Riccardo II

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WILLIAM SHAKESPEARE

RICCARDO II

Tragedia in 5 atti

Traduzione e note a cura di Goffredo Raponi

Titolo originale: "KING RICHARD THE SECOND"


NOTE PRELIMINARI

1) Il testo inglese adottato per la traduzione quello del prof. Peter Alexander (William Shakespeare, "The Complete Works", Collins, London & Glasow, 1960), con qualche variante suggerita da altri testi, specialmente quello prodotto dal Furnival per la "Early English Text Society", e la recente edizione dell"Oxford Shakespeare" curata da S. Wells e Gary Tylor per la Clarendon Press, New York, 1988 - 1994.

2) Alcune didascalie sono state aggiunte dal traduttore di sua iniziativa, per la miglior comprensione dellazione scenica alla lettura, al qual fine questa traduzione essenzialmente diretta, il suo curatore ritenendo Shakespeare irrappresentabile nellra attuale.

3) Allinizio di ciascuna scena i personaggi sono introdotti con il rituale "Entra" o "Entrano", che ripete l"Enter" del testo; giova avvertire per che tale dizione non implica che i personaggi debbano "entrare" in scena allinizio di essa; spesso possibile che essi si trovino gi, in un qualunque atteggiamento.

4) Il metro lendecasillabo sciolto, intercalato da settenari, come labbia richiesto al gusto del traduttore lo scorrere della verseggiatura.

5) La divisione in atti e scene, com noto, non si trova nell"in-folio"; essa stata elaborata, spesso anche con lelenco dei personaggi, da vari curatori nel tempo, a cominciare da Nicolas Rowe (1700). Li si riproduce come figurano nella citata edizione dellAlexander.


PERSONAGGI

RE RICCARDO II

GIOVANNI DI GAUNT, Duca di Lancaster

EDMONDO DI LONGLEY, Duca di York, zii del re

ENRICO, soprannominato BOLINGBROKE, Duca di Hereford, figlio di Giovanni Gaunt, poi Re Enrico IV

IL DUCA DI AUMERLE, figlio del Duca di York

TOMASO MOWBRAY, Duca di Norfolk

IL DUCA DI SURREY

IL CONTE DI SALISBURY

IL CONTE DI BERKELEY

BUSHY

BAGOT

GREEN, favoriti del re

IL CONTE DI NORTHUMBERLAND

ENRICO PERCY, suo figlio, soprannominato "Hotspur" ("Sperone ardente")

LORD ROSS

LORD WILLOUGHBY

LORD FITZWATER

IL VESCOVO DI CARLISLE

LABATE DI WESTMINSTER

IL LORD MARESCIALLO

SIR STEPHEN SCROOP

SIR PIERCE EXTON

IL CAPITANO DI UNA BANDA DI GALLESI

DUE GIARDINIERI

LA REGINA, moglie di Re Riccardo

LA DUCHESSA DI YORK

LA DUCHESSA DI GLOUCESTER, vedova di Tomaso di Woodstock, Duca di Gloucester

UNA DAMA DI COMPAGNIA DELLA REGINA

Lords, araldi, ufficiali, soldati, un carceriere, un messo, un valletto e altri servitori.

SCENA: In Inghilterra e nel Galles

SCHEMA DELLA POSIZIONE DINASTICA

DI RE RICCARDO II

EDOARDO III (1312-77)

Sposa Philippa Hainault

Figlia di William, duca di

Olanda e Hainault

 


EDMONDO

di Langley

duca di York

(1341-1402)

EDOARDO LIONELLO GIOVANNI DI GAUNT

pr. di Galles duca di Clarenza duca di Lancaster

detto "Il Principe (1338-1368) (1340-1399)

nero" (1330-76)

sposa Giovanna Wood- TOMASO

tock, figlia di Edmondo, ENRICO IV di Woodstock

conte di Kent duca di

Gloucester

4 figlio di Edoardo I ENRICO V (1355-1397)

 


ENRICO VI

RICCARDO II

(1367-1400)

re dal 1377 al 1399 (deposto)

 


EDOARDO IV RICCARDO III


ATTO PRIMO

SCENA I

Londra. Il palazzo reale.

Entrano RE RICCARDO, GIOVANNI DI GAUNT, nobili e seguito

RICCARDO -

Dunque, Giovanni Gaunt,

vetusto e venerabile Lancaster,

tu, ligio alla giurata tua promessa,

hai condotto ora qui, davanti a noi,

Enrico dHereford, tuo fiero figlio,

a confermarci lirruente accusa,

cui non abbiam potuto dare udienza

finora, contro il duca di Norfolk,

Tomaso Mowbray?

GAUNT -

Per lappunto, sire.

RICCARDO -

Dimmi ancora, lhai tu sondato a fondo

per sincerarti chegli accusi il duca

di notorio e palese tradimento

mosso non gi da qualche antica ruggine,

ma da un onesto, personale impulso,

come dovrebbe fare ogni buon suddito?(1)

GAUNT -

Per quanto potei stringerlo da presso

sullargomento, ho potuto vedere

che lo muove un pericolo evidente

contro lAltezza vostra,

e nessun vecchio rancore tra i due.

RICCARDO -

Bene, falli venire faccia a faccia

dinanzi a me, cipiglio con cipiglio;

voglio udirli parlar liberamente,

entrambi, accusatore ed accusato.

Son due tipi altezzosi luno e laltro,

sordi nella lor rabbia come il mare,

e pronti ad infiammarsi come fuoco.

Entrano Enrico BOLINGBROKE e Tomaso MOWBRAY

BOLINGBROKE -

Giorni felici per molti anni ancora

al mio grazioso e nobile sovrano,

mio bene amato sire!

MOWBRAY -

E vaccresca ogni giorno la letizia

di quello gi trascorso,

finch il cielo, invidioso della terra,

non abbia aggiunto alla vostra corona,

il titolo dellimmortalit!

RICCARDO -

Grazie ad entrambi; ma in uno di voi

questo augurio non pu suonar sincero,

almeno a giudicare dalla causa

per cui siete venuti innanzi a me,

ch daccusarvi dalto tradimento,

luno a danno dellaltro.

Cugino dHereford, che accusa muovi

al Duca di Norfolk, Tomaso Mowbray?

BOLINGBROKE -

Primo ed attesti il cielo quel che dico -

io vengo a questa regale presenza

scevro da qualsivoglia vil rancore

ma mosso solo dalla devozione

del suddito che ha cara la salvezza

della preziosa vita del suo principe.

(Al Duca di Norfolk)

E mi volgo ora a te, Tomaso Mowbray,

porgi bene lorecchio a quel che dico,

ch della verit di quanto affermo

risponder il mio braccio quaggi in terra

e la divina mia anima in cielo.

Tu sei un traditore e un miscredente:

troppo di sangue nobile per esserlo,

tanto meno perci degno di vivere;

giacch quanto pi limpido lazzurro

della volta celeste su di noi,

tanto pi sporche ci appaion le nubi

che la trascorrono. Una volta ancora,

per aggravarti il marchio dellinfamia,

io torno a rinserrare la tua strozza

col turpe titolo di traditore;

e, prima di lasciare questo luogo,

mauguro - cos piaccia al mio sovrano -

di poterti provare, spada in pugno, (2)

vero quello che afferma la mia lingua.

MOWBRAY -

(A Riccardo)

Che il mio freddo parlare, maest,

non sia inteso dallaltezza vostra

come segno di poco mio rispetto.

Non con un litigio da comari

o col molesto stridulo clamore

di due mordaci e velenose lingue

che si pu arbitrar questa contesa.

Il sangue caldo, s, ma va frenato;

anche sio stesso non potrei vantarmi

di tanta mansuetudine e pazienza

da imporre alla mia lingua di tacere.

Se non fosse per il devoto ossequio

che debbo in primo luogo a Vostra altezza

e che mi tiene dal dar briglia e sprone

al mio parlare, questo a briglia sciolta

comincerebbe a galoppar s forte

da ricacciargli in gola, raddoppiati,

questi suoi termini di tradimento.

Mettendo a parte lalta nobilt

dei suoi natali e facendo astrazione

dalla sua parentela col mio re,(3)

io qui lo sfido, sputandogli addosso,

e chiamandolo vil calunniatore,

e brigante della peggiore risma.

E son pronto a provarglielo in duello,

dandogli tutto il vantaggio che vuole,

si tratti pur di raggiungerlo a piedi

fin sulle creste innevate dellAlpi

o in un qualunque pi disabitato

e pi sperduto sito della terra

dove inglese ard mai mettere piede.

Per ora bastino le mie parole

alla difesa della mia lealt.

E giuro sulle sacre mie speranze,

chegli mentisce spudoratamente.

BOLINGBROKE -

O pallido, tremante, gran codardo,

ecco, ti getto il mio pegno di sfida(4)

(Gli getta il cappuccio)

proclamando qui stesso di spogliarmi

della mia parentela con il re,

e lasciando da parte

lorigine regale del mio sangue,

che tu eccepisci solo per paura

e non per reverenza.

Se il rimorso ti lascia ancor la forza

di raccoglier il pegno del mio onore,

chinati e fallo. Ed io per questo pegno,

nelle leggi della cavalleria,

son pronto a confermarti, braccio a braccio,

quanto tho detto o quanto ancor di peggio

tu possa immaginare sul tuo conto.

MOWBRAY -

Io lo raccolgo, e su questa mia spada

al cui tocco gentile sulla spalla

ricevetti lonor di cavaliere,(5)

ti giuro che dar degna risposta

alla tua sfida, in piena lealt

con le regole della cavalleria.

E chio non scenda vivo da cavallo,(6)

se sono traditore,

o se lotto per una ingiusta causa.

RICCARDO -

Che cosa nostro cugino ha da opporre

allaccusa di Mowbray?

Devessere ben grave contraccusa

per far nascere in noi

un sospetto di male su di lui.

BOLINGBROKE -

Vi baster di udire ci ch'io dico,

la mia vita a provar ch verit:

accuso Mowbray d'aver ricevuto

a titolo di paga pei soldati

di vostra altezza, ventimila nobili,(7)

e di averli intascati e sperperati

a suo sol personale beneficio,

da quellipocrita falso impostore

e presuntuoso furfante chegli .

Affermo inoltre - e sapr dimostrarlo

battendomi con lui qui stesso o altrove,

sino allestremo lembo del pianeta

che sia stato esplorato da occhio inglese -

che tutti i tradimenti

da diciottanni orditi in Inghilterra

trassero primamente impulso ed origine

dal traditore Mowbray.

Aggiungo - e sono pronto a confermarlo

sulla sua pelle di bieca canaglia -

ch stato lui a tramare la morte(8)

di Tomaso di Gloucester,

subornando i suoi creduli nemici;

e che fu lui, malvagio traditore,

a farne uscire lanima innocente

dal corpo in mezzo a rivoli di sangue;

ora quel sangue come quel dAbele

sacrificale, lancia a me il suo grido

di giustizia e di dura punizione

fin dai muti precordi della terra.

E giustizia far questo mio braccio,

in nome del glorioso mio lignaggio;

o che questa mia vita mi sia spenta!

RICCARDO -

Che vetta attinge la sua decisione!

Che rispondi, Tomaso di Norfolk?

MOWBRAY -

Oh, voglia il mio sovrano

volgere altrove gli occhi e fare sordi

per poco i propri orecchi,

fin tanto chio non abbia rinfacciato

a un tal diffamatore del suo sangue

quanto obbrobrioso sia a Dio e agli uomini

un cos spudorato mentitore.

RICCARDO -

I nostri occhi ed orecchi

sono imparziali, Mowbray.

Fossegli mio fratello,

anzi, lerede stesso del mio regno

e non figlio a un fratello di mio padre,

giuro su questo scettro

che questa nostra consanguineit

non gli darebbe nessun privilegio,

cos da rendere meno imparziale

la solida fermezza del mio animo

che vuol restare retto e spassionato.

Suddito nostro lui,

Mowbray, come sei tu, n pi n meno.

Parla liberamente e senza remore.

Ne hai piena licenza.

MOWBRAY -

Ebbene, Enrico Bolingbroke,

dal pi profondo del tuo basso cuore

per il falso pertugio della gola,

tu menti. Del denaro ricevuto

per essere da me distribuito

ai soldati di sua maest, a Calais,

tre parti furono regolarmente date

ai soldati del re: la quarta parte

lho ritenuta io col suo consenso,

a saldo duna pi cospicua somma

di cui mera rimasto debitore

in occasione del mio viaggio in Francia

per lui, a prelevar la sua regina.(9)

Ringiati, perci, quella menzogna.

Quanto alla morte del duca di Gloucester,

a ucciderlo non sono stato io,

anche se, a mia vergogna, debbo ammettere

daver negletto, in quella circostanza,

di tener fede a un dovere giurato.

(A Giovanni di Gaunt)

E quanto a voi, nobilissimo Lncaster,

padre onorevole del mio avversario,

vero, un giorno vi ho teso uninsidia

per togliervi la vita; e questa colpa

turba sempre lafflitta anima mia;

ma me ne son sgravato avanti a Dio,

in confessione, prima daccostarmi

al sacramento della comunione,

e nho invocato da voi il perdono

che spero tanto d'avere ottenuto.

Questa la vera ed unica mia colpa.

Riguardo al resto, tutte le altre accuse

nascono dal rancore dun ribaldo,

dun vile e vergognoso rinnegato,

dal pi degenere dei traditori.

Ci son pronto a provare a testa alta,

al prezzo stesso della mia persona;

e perci getto, di rimando, ai piedi

di questo tracotante traditore,

il mio pegno di sfida,

per provare nel suo sangue migliore, (10)

la mia lealt di retto gentiluomo.

E perch la difesa del mio onore

non soffra indugi, prego Vostra altezza

di stabilire il giorno della prova.

RICCARDO -

Furibondi signori,

lasciatevi guidare ora da me.

Vediamo di purgare questa collera

senza che scorra sangue. Vi prescrivo

questa cura, pur non essendo medico:

odio profondo incide sempre a fondo;

dimenticare quindi, e perdonare.

Chiudete il caso e rappacificatevi.

I nostri medici son del parere

che questo non un mese per salassi.

(A Gaunt)

Facciamo, caro zio, che questo affare

si concluda laddove cominciato.

Noi calmeremo il Duca di Norfolk,

tu penserai a calmare tuo figlio.

GAUNT -

Saddice allet mia far da paciere.

Figliolo, avanti, getta via da te

quel pegno della sfida del Norfolk.

RICCARDO -

E tu, Norfolk, getta via quello suo.

GAUNT -

Che aspetti, Enrico? Obbedienza di figlio

vuole chio non te lordini due volte.

RICCARDO -

Via quel pegno, Tomaso di Norfolk!

Non ti ostinare. Gettalo. Te lordino!

MOWBRAY -

Getto me stesso, temuto sovrano

ai piedi tuoi. Tu della mia vita

puoi disporre, ma non del mio buon nome:

a te debbo la vita, ma il mio nome

che deve vivere nella mia tomba,

aldil e a dispetto della morte,

tu non lavrai per farne un tale impiego

che lesponga alloscuro disonore.

Io qui son accusato e dileggiato,

insultato, trafitto nel profondo

da velenosa lancia; e per tal piaga

non c altro balsamo risanatore

fuori del sangue sticciato dal cuore

di colui che ha sticciato quel veleno.

RICCARDO -

La collera devessere frenata!

Consegnami quel pegno!

E non dimenticare che il leone

fece sempre mansueto il leopardo.

MOWBRAY -

Non gli cambi per il colore al pelo.

Rimuovetemi lonta dellinsulto,

ed io render il pegno.

Mio signore, amatissimo sovrano,

il tesoro pi raro e pi prezioso

che la vita pu dare ad un mortale

un nome senza macchia: tolto quello,

ciascun di noi non altro che malta

placcata doro, o colorata argilla.

Spirito altero in cuore onesto e schietto

come gemma chiusa in uno scrigno

da protegger con dieci serrature.

Il mio buon nome la mia stessa vita;

crescono insieme sullo stesso tronco;

toglietemelo, e la mia vita spenta.

Lasciate, dunque, amabile sovrano,

chio metta lonor mio alla sua prova.

In esso vivo; per esso morr.

RICCARDO -

(A Bolingbroke)

Comincia tu, cugino: getta il pegno.

BOLINGBROKE -

Dio guardi la mia anima, maest,

dal macchiarsi dun tal nero peccato!

Dovrei mostrare dabbassar la testa,

proprio sotto lo sguardo di mio padre?

E col volto sbiancato di paura,

negare, da contrito peccatore,

la dignit degli alti miei natali

davanti a questo pezzo dimbecille

che mi son pure abbassato a sfidare?

Prima che la mia lingua abbia a segnare,

con parole dignobile vilt

e di colpevole arrendevolezza

la fine del mio onore,

saran gli stessi denti a fare a pezzi

il vergognoso mobile strumento

della mia pavida ritrattazione,

ed a sputarlo fuori, sanguinante

e con tutto il suo obbrobrio, in faccia a Mowbray,

l dove la vergogna sta di casa.

(Esce Gaunt)

RICCARDO -

Non per chiedere, ma per comandare

noi siamo nati. Se non possiamo fare

che ritorniate amici, siate pronti

a battervi, a rischio della vita,

a Coventry, nel d di San Lamberto.

Saran le vostre spade

a decidere l questa contesa

gravida dodio acerbo e inveterato.

Se non possiamo rappacificarvi,

sia la giustizia a fare che prevalgano,

con la vittoria delluno sullaltro,

le ragioni della cavalleria.

Lord Maresciallo,(11) vogliate ordinare

agli ufficiali darmi della corte

che si tengano pronti per dirigere

questa nobil domestica tenzone.

(Escono)

SCENA II

Londra. Il palazzo del Duca di Gloucester.

Entrano GIOVANNI DI GAUNT con la DUCHESSA di GLOUCESTER

GAUNT -

Lesser io parte del suo stesso sangue

sarebbe per me stimolo maggiore

delle tue stesse lacrime di vedova

a perseguire e punire gli autori

delluccisione di Tomaso Woodstock.

Ma purtroppo il potere di punire

sta nelle stesse mani del colpevole,

sicch il delitto rimane impunito;

a noi non resta quindi che affidare

la nostra causa al volere di Dio

che far piovere sul capo ai rei

il croscio ardente della sua vendetta

quando giudicher venuta lora.

DUCHESSA -

Non trova dunque in te pi forte stimolo

la fratellanza? Nel tuo vecchio sangue

non arde pi lamore di fratello?

I sette figli nati da Edoardo(12)

erano sette ampolle - e tu sei una -

ripiene del suo sangue venerabile,

sette floridi rami germogliati

e cresciuti da ununica radice.

Alcuni sono stati disseccati

dal naturale scorrere del tempo,

altri furon troncati dal destino;

ma Tomaso, lo sposo mio diletto,

la mia vita, il mio Gloucester, unampolla

colma del sacro sangue di Edoardo,

un ramo rigoglioso germogliato

dalla sua nobilissima radice,

fu schiantato dal tronco con violenza,

e versata la sua preziosa linfa,

e reciso, e le sue fiorenti foglie

fatte appassire tutte

dallodio e dalla scure sanguinaria

dun infame assassino. E quella linfa

era la stessa linfa del tuo tronco!

E quel sangue era anche sangue tuo:

lo stesso talamo, lo stesso grembo,

lo stesso conio, lo stesso metallo

onde fosti anche tu plasmato, Gaunt,

avevan fatto lui; sicch tu stesso,

tu che ancora respiri e ancora vivi,

in lui sei stato ucciso. E ti fai complice,

nel riguardar cos passivamente

la morte del tuo povero fratello,

ed anche, in parte, quella di tuo padre,

chera la sua immagine vivente...

Non chiamarla pazienza, questa tua,

Gaunt, sol mancanza di coraggio.

Nel tollerar con tanta indifferenza

lassassinio di questo tuo fratello,

tu non fai che mostrar nuda la via

a chi vuol attentare alla tua vita,

quasi additando al feroce assassino

la maniera di abbattere anche te.

Quella che noi chiamiamo tolleranza

nelle persone dumile lignaggio

, quando ha sede nei nobili petti,

fredda ed indifferente codardia.

Che dirti pi? Il modo pi sicuro

per proteggere la tua stessa vita

vendicar la morte del mio Gloucester.

GAUNT -

Prenditela con Dio. Il suo vicario,(13)

unto con lolio santo al Suo cospetto,

ha causato la morte di Gloucester;

se fu ingiusta, che la punisca il cielo,

perchio non potr mai darmi lardire

dalzar un braccio contro il suo ministro.

DUCHESSA -

A chi rivolger dunque il mio lamento?

GAUNT -

A Dio, campione e scudo delle vedove.

DUCHESSA -

tutto che mi resta. Vecchio Gaunt,

addio. Tu vai a Coventry,

a veder l nostro cugino Hereford

combattere con lo spietato Mowbray.

Oh, sassidano in punta alla sua lancia

tutti i torti recati a mio marito,

s chessa vada ad infiggersi in petto

al macellaio Mowbray!

O, se morte lo manchi al primo assalto,

gli pesino sul petto tanto gravi

i suoi delitti, da spezzar le reni

al bavoso schiumante suo destriero,

s che questo lo sgroppi sulla lizza,

lasciandolo contrito prigioniero,

di mio nipote Enrico!

Addio, mio vecchio Gaunt!

Colei che fu di tuo fratello sposa

condannata a chiudere la vita

avendo sol compagna lafflizione.

GAUNT -

Addio, cognata. Devo andare a Coventry.

Sia tanto bene con te che rimani

quanto con me che vado.

DUCHESSA -

Una parola ancora, tuttavia:

lafflizione rimbalza, quando cade,

non, come palla, in virt del suo vuoto,

ma in forza del suo peso.

Mi congedo da te

prima daver ancora cominciato;

perch il dolore non finisce mai,

anche quando ti par che sia passato.

Saluta tuo fratello Edmondo York...

Beh, questo tutto... Eppure, no, no, aspetta,

non andar via cos... S, questo tutto...

Per non te ne andare cos in fretta...

C qualcosa che ancor mi viene in mente...

Ah, s, dovresti dirgli... Ohim, che cosa?...

Ah, s, che venga a visitarmi a Plastry

quanto prima possibile per lui...

Ahim, che ci verrebbe a far laggi

il vecchio York? A vedere che cosa?

Stanze vuote, pareti disadorne,

dispense nude, ambienti spopolati

che gi furono pieni di famigli,(14)

pianciti non calcati da alcun piede...

E che potranno udir gli orecchi suoi

altro che i miei lamenti,

a dargli il benvenuto a casa mia?

No, no, salutalo per conto mio,

ma che non venga l

dove niente potrebbe ricercare

oltre il dolore che vabita ovunque.

Desolata, ti lascio, desolata,

per andare a morire desolata.

Questi miei occhi umidi di lacrime

prendon da te lestremo lor congedo.

(Escono)

SCENA III

La lizza a Coventry

Entrano il LORD MARESCIALLO E LORD AUMERLE

MARESCIALLO -

Lord Aumerle, s armato il duca dHereford?

AUMERLE -

Di tutto punto, s, Lord Maresciallo,

ed impaziente di scendere in lizza.

MARESCIALLO -

Il duca di Norfolk gi sul campo,

e aspetta fiero e pieno di coraggio,

che lavversario squilli la sua sfida.(15)

MARESCIALLO -

Allora i contendenti sono pronti.

Sattende solo larrivo del re.

Squilli di tromba.

Entra RE RICCARDO, col seguito; poi GIOVANNI DI GAUNT, BUSHY, BAGOT, GREEN e la folla di cortigiani.(16)

RICCARDO -

Maresciallo, chiedete a quel campione

la causa della sua venuta in armi,

il suo nome, e, com costume e legge,

fategli far solenne giuramento

che si batte per una causa giusta.

MARESCIALLO -

(A Mowbray)

Nel sacro nome di Dio e del re,

declina le tue generalit

e la ragione perch vieni in armi;

dichiara chi colui con cui ti batti

e qual largomento della disputa.

Parla da cavaliere, franco e aperto,

e sotto vincolo di giuramento,

e come tale possano proteggerti

il cielo e il tuo valore.

MOWBRAY -

Tomaso Mowbary, Duca di Norfolk,

il mio nome; e son qui venuto in armi,

sotto impegno di sacro giuramento,

- Dio guardi un cavaliere dal violarlo -

per difendere la mia fede in Dio,

al mio sovrano ed ai suoi successori,

dallaccusa del Duca Enrico di Hereford,

e per provare, in questa mia difesa,

chEnrico d'Hereford un traditore

del mio Dio, del mio re e di me stesso.

Il cielo mi protegga,

perch mi batto pel mio buon diritto.

(Si siede)

Squillo di tromba.

Entra Enrico BOLINGBROKE, Duca di Hereford, sfidante, preceduto da un ARALDO

RICCARDO -

Maresciallo, a quel cavaliere in armi

domandate chi , per qual ragione

viene qui corazzato in quella foggia;

in buona forma, come vuol la legge,

fategli dire sotto giuramento,

che combatte per una causa giusta.

MARESCIALLO -

(A Bolingbroke)

Dichiarami chi sei, come ti chiami,

e perch ti presenti cos armato

davanti al re Riccardo, alla sua lizza;

contro chi vieni e qual la tua causa.

Parla anche tu da vero cavaliere,

e ti protegga il cielo.

BOLINBROKE -

Enrico dHereford, duca di Lncaster

e Derby il nome mio, e son qui in armi

a provar col valore del mio braccio,

e con laiuto dellOnnipotente,

su questa lizza, che Tomaso Mowbray

un malvagio e nefasto traditore

di Dio, di re Riccardo e di me stesso.

Poich combatto per la buona causa,

maccordi il cielo la sua protezione.

MARESCIALLO -

(Al pubblico degli astanti)

Sotto pena di morte,

che nessuno si prenda lardimento

di scender sul terreno della lizza,

eccetto il maresciallo e gli ufficiali

scelti a dirigere lo svolgimento

di questo nobile combattimento.

BOLINGBROKE -

Lord Maresciallo, datemi licenza

di baciare la mano al mio sovrano

e di prostrarmi innanzi a Sua maest,

perch in questo momento Mowbray ed io

siamo due pellegrini

votati ad un asperrimo cammino.

Lasciate quindi che prendiam congedo

dai nostri amici con le buone forme

e diamo loro un affettuoso addio.

MARESCIALLO -

(Al re)

Con profondo rispetto, maest,

lo sfidante vi porge il suo saluto

e chiede di baciar la vostra mano

e di prender cos da voi congedo.

RICCARDO -

Voglio scendere io stesso

per abbracciarlo.(17) Cugino di Hereford,

come giusta la causa

per cui ti batti, cos sia la sorte

con te in questo regale cimento.

Addio, tu, sangue del mio stesso sangue;

sul quale, se oggi ti sar versato,

caro cugino, noi potremo piangere,

ma non proporci di fare vendetta.

BOLINGBROKE -

Oh, che nessuna lacrima

per me profani nobile pupilla,

se maccadr di rimaner trafitto

dalla spada di Mowbray.

Io maccingo a combattere con lui

con la risolutezza del falcone

che piomba su un uccello a farne preda.

(Al Lord Maresciallo)

Mi congedo da voi, caro signore,

(A Lord Aumerle)

da te, mio nobile cugino Aumerle;

ma non prendete questo mio commiato

come duno ch moribondo a letto,

anche se avr a che fare con la morte,

ma duno che, nel vigore degli anni,

ha nel cuore la gioia della vita

e ne respira tutta la letizia.

(A Gaunt)

Ed ora, come nei banchetti inglesi,

mi volgo a dare lultimo saluto

al piatto pi squisito della tavola,

per addolcirmi al massimo la chiusa.

O tu, terreno autore del mio sangue,

il cui giovane spirito

rinato in me con raddoppiata forza

mi leva in alto ad acciuffar pei crini

alta sulla mia testa la vittoria,

rendi pi forte, con le tue preghiere,

la resistenza della mia corazza

e affila, con le tue benedizioni,

la punta della mia temprata lancia,

chessa trapassi come molle cera

la corazza di Mowbray,

e nuovo lustro possa derivare

alla casata di Giovanni Gaunt

dal fiero comportarsi di suo figlio.

GAUNT -

Dio tassista nella tua buona causa.

Sii ratto nellazione come il fulmine,

e fa che i colpi tuoi, due volte doppi,

cadano come tuono che stordisce

sullelmo del mortale tuo nemico.

Fa divampare il giovane tuo sangue,

sii valoroso e vivi!

BOLINBROKE -

La mia innocenza e San Giorgio trionfino!

MOWBRAY -

Qualunque sorte Dio o la Fortuna

mi riservino, qui vivr o morr,

in fedelt di cuore a re Riccardo

un leale ed onesto gentiluomo.

Mai con pi franco cuore

prigioniero gett via le catene

ed abbracci il dorato suo riscatto

di quanto lesultante anima mia

celebra in festa questo scontro darmi.

Sovrano potentissimo, e voi pari,

miei cari amici, accogliete da me

laugurio di anni felici per tutti.

Maccingo a sostenere questo scontro

col cuore in festa, come andassi a un gioco:

la verit rende sereno lanimo.

RICCARDO -

Addio, mio lord: io vedo nel tuo sguardo

la virt e il valore insiem congiunti.

Lord Maresciallo, si vada alla prova:

date gli ordini vostri, e sincominci.

MARESCIALLO -

Enrico Bolingbroke, duca di Lancaster

e signore di Hereford e Derby,

ricevi dalla mano mia la lancia,

e sia Dio difensore del diritto!

BOLINBROKE -

Saldo nella speranza come torre,

vi rispondo a gran voce: "E cos sia!".

MARESCIALLO -

(Ad un Ufficiale)

Va da Tomaso, Duca di Norfolk,

dgli questa lancia.

1 ARALDO -

qui presente Enrico duca di Hereford,

e signore di Lancaster e Derby,

a provar, sotto pena di spergiuro,

per Dio, pel suo sovrano e per se stesso,

che il duca di Norfolk, Tomaso Mowbray,

reo di tradimento

a Dio, al suo sovrano ed a se stesso

e lo sfida a venir avanti in lizza,

per misurarsi in singolar tenzone.

2 ARALDO -

qui presente il Duca di Norfolk,

Tomaso Mowbray, col fiero proposito,

sotto pena di falso e di spergiuro,

sia di difendere la sua persona,

sia di provare che Enrico di Hereford,

di Lncaster e Derby,

mente a Dio, al suo re ed a se stesso;

e, con animo franco e risoluto,

aspetta solo il segnale dattacco.

MARESCIALLO -

Tromba! Venite avanti, combattenti!

La tromba suona linizio dello scontro, ma appena i contendenti si stanno per scontrare, il re si alza e getta a terra la mazza.(18)

Fermi! Il re ha gettato la sua mazza!

RICCARDO -

Che depongano entrambi lancia ed elmo,

e facciano ritorno ai loro scanni!

(Ai consiglieri del seguito)

Venite, voi, riuniamoci in consiglio

e squillino le trombe, fino a tanto

che non ritorneremo a palesare

le nostre decisioni a questi duchi.

Lunga fanfara, mentre il re si consulta coi suoi consiglieri. Poi, rivolto ai due:

Fatevi qui da presso ed ascoltate

la decisione del nostro consiglio:

affinch il suolo del nostro reame

non sia macchiato dal sangue prezioso

chesso nutr; e poich gli occhi nostri

hanno in orrore la crudele vista

di ferite da fratricide spade

scavate nella carne del vicino;

e come nostra ferma convinzione

ch lorgoglio, con le sue ali daquila,

ispiratore dambiziosi voli

e di cupide mire verso lalto,

accoppiato ad astiosa gelosia,

ad indurvi a destar la nostra pace,

che, qual tenero infante addormentato

nella culla di questa nostra terra,

respira calma e serena il suo sonno

la cui brusca rottura,

pel discorde rullare di tamburi

o per laspro squillar dorride trombe

o pel ferreo cozzar darmi guerriere

pu fugar dai tranquilli nostri lidi

la bella pace finora goduta,

se non addirittura trascinarci

a nuotare nel sangue di fratelli;

per tutto questo, abbiamo decretato

di bandirvi dal nostro territorio.

Tu, Hereford, cugino,

a pena la vita, col divieto

di mettere pi piede in Inghilterra

a salutare i nostri bei dominii

prima che per due volte cinque estati

abbiano fatti ricchi i nostri campi,

calcherai i sentieri dellesilio.

BOLINBROKE -

La vostra volont sar eseguita.

Mi sar come unico conforto

il pensare che il sole che vi scalda

qui nel regno splende anche su di me;

ed i raggi dorati che vi dona

verranno ad appuntarsi su di me

ad indorarmi i giorni dellesilio.

RICCARDO -

Norfolk, a te condanna anche pi dura,

che pronuncio con qualche riluttanza:

il corso lento e furtivo del tempo

mai segner per te lultimo limite

del duro esilio, che non avr termine.

"Senza ritorno": questa la sentenza

chio pronuncio per te, pena la vita.

MOWBRAY -

Dura pronuncia, mio temuto sire,

ed invero del tutto inaspettata

dalle labbra di vostra maest.

Io mattendevo dalle vostre mani

miglior compenso per i miei servigi

che non una ferita s profonda

come quella desser buttato via

dal vostro regno, alla merc del mondo.

Dovr dunque cessare di parlare

lidioma appreso nei miei quarant'anni,

il mio nativo inglese;

la mia lingua non mi sar pi utile

duna viola o dunarpa senza corde;

o sar come un magico strumento,

racchiuso nel suo astuccio,

o dato in mano, quando di l tolto,

da qualcuno incapace di suonarlo

per modularne la dolce armonia.

E cos voi mavete imprigionato

la lingua nella bocca,

sbarrata con la duplice serranda

delle labbra e dei denti...

Lottusa, sterile, crassa ignoranza

sar cos il mio solo carceriere,

posto a guardia di questa mia impotenza.

Sire, son troppo vecchio

per fare le graziucce ad una balia;

son troppo in l negli anni,

per ritornare a far lo scolaretto.

Quale condanna , dunque, questa vostra

se non ad una morte silenziosa,

che priva la mia lingua

di fiatare lidioma suo natale?

RICCARDO -

Non implorare compassione. inutile.

La decisione presa.

Ogni lagnanza ormai fuori tempo.

MOWBRAY -

E dunque dovr volgere le spalle

alla luce che ho qui, nel mio paese,

per andare a fissare la mia dimora

allombra duna notte senza fine...

RICCARDO -

Volgiti intanto nuovamente a me,

e fammi il giuramento che ti chiedo

e che dovrai portarti via con te.

(Anche rivolto a Bolingbroke)

Posate entrambi qui, sulla mia spada(19)

di re le vostre mani di proscritti,

e per la fede che dovete a Dio

- quella dovuta a noi, vostro sovrano,

labbiamo messa al bando insieme a voi -

giurate dosservare la consegna

che qui solennemente vi facciamo:

mai non dovrete - e in ci vi sian daiuto

Dio e la vostra lealt di sudditi -

unirvi in alleanza nellesilio,

mai luno riveder dellaltro il volto;

n mai comunicare per iscritto;

mai scambiarvi un saluto;

mai cercare di mitigar, tra voi,

la torbida tempesta di quellodio

che vha resi cos nemici in patria;

mai associarvi nel comune intento

di tramare, di ordire, complottare

contro di noi, o contro il nostro stato,

i nostri sudditi, la nostra terra.

(I due posano le mani sullelsa della spada del re)

BOLINGBROKE -

Lo giuro.

MOWBRAY -

Anchio, dosservar tutto questo.

BOLINGBROKE -

Norfolk, ti dico addio, come a un nemico.(20)

A questora, se avesse il nostro re

acconsentito a che noi ci battessimo,

una delle nostre anime,

si troverebbe ad aleggiar nellaria

bandita dalla fragil sepoltura

del suo corpo, cos com bandito

il nostro corpo dalla nostra terra.

Ma prima di lasciare questo regno,

confessa in pubblico i tuoi tradimenti;

non trascinarti dietro, s lontano

- perch lontano tu ne devi andare -

il fardello dunanima colpevole.

MOWBRAY -

No, Bolingbroke; sio fui mai traditore,

sia cancellato per sempre il mio nome

dal libro della vita, ed io bandito

sia dal cielo, come lo son da qui.

Ma quello che sei tu ben lo sa Dio,

e tu ed io, ed anche troppo presto

il re dovr riceverne cagione,

temo, di gran dolore.

(Al re)

Addio, maest. Non c nessuna strada,

dora in avanti, chio possa smarrire,

se non quella che mena allInghilterra:

ch mia strada sar lintero mondo.

(Esce)

RICCARDO

(A Gaunt)

Zio, scorgo nello specchio dei tuoi occhi

il riflesso del tuo cuore angosciato,

e la tristezza che ti vaga in viso

ti guadagna un abbuono di quattro anni

dal numero di quelli del suo esilio.

(A Bolingbroke)

Saranno solo sei gelidi inverni,

e tornerai in patria benvenuto.

BOLINGBROKE -

Che lungo tempo in una paroletta!

Quattro torpidi e letargosi inverni,

quattro ubertose e pingui primavere

fatte svanire con una parola:

tale fiato hanno i re!...

GAUNT -

Ringrazio il mio sovrano

che per riguardo a me,

accorcia di quattranni

lesilio di mio figlio. Ma, purtroppo,

io ne trarr modesto beneficio,

ch prima che i sei anni da scontare

abbian visto mutar le loro lune

e avvicendarsi le loro stagioni,

la mia lucerna, ormai senza pi olio,

con la sua luce vieppi affievolita

sar gi spenta dal peso degli anni

e della notte che non ha pi fine;

il mozzicone della mia candela

sar tutto bruciato e consumato,

e il sopraggiunger della cieca morte

non mi lascer pi veder mio figlio.

RICCARDO -

Oh, zio, molti anni ancora hai tu da vivere.

GAUNT -

Ma non un sol minuto

di pi che tu, re, possa concedermi.

Tu puoi spezzare il corso dei miei giorni

infliggendomi la pi cupa pena,

e privarmi altres delle mie notti,

ma non mi potrai dare un sol mattino;

puoi aiutare la mano del tempo

a scanalarmi la faccia di rughe,

ma non potrai fermar nessuna ruga

chesso possa tracciar col suo trascorrere.

Con lui la tua parola

moneta sonante alla mia morte,

ma quando io sia morto,

non ti potr bastar tutto il tuo regno

a riscattar da lui il mio respiro.

RICCARDO -

Il bando di tuo figlio scaturito

da maturo consiglio, cui tu stesso

hai avuto parola. Perch dunque

ti mostri cos scuro e risentito

con la nostra giustizia?

GAUNT -

Cose dolci al palato

si fanno acide alla digestione.

Mavete consultato come giudice:

sarebbe stato meglio domandarmi

di parlar come padre.

Oh, si fosse trattato dun estraneo

invece di mio figlio, assai pi facile

mi sarebbe riuscito, assai pi facile

sarei io stato a sminuir la colpa.

Ho voluto fuggir nel mio verdetto

ogni sospetto di parzialit,

e con esso ho distrutto la mia vita.

Maspettavo che alcuno tra di voi

dicesse chero stato troppo duro

nel bandire una parte di me stesso;

ma voi alla mia lingua riluttante

consentiste di far che, controvoglia,

io mi recassi questo grave torto.

RICCARDO -

(A Bolingbroke)

Addio, cugino.

(A Gaunt)

Zio, dgli congedo.

Noi labbiamo bandito per sei anni.

Deve andare.

Squillo di tromba.

(Esce Re Riccardo con seguito)

AUMERLE -

Addio, cugino Hereford.

Ci che non mi puoi dire qui, in presenza,

me lo dirai per lettera

dal luogo dove andrai a stabilirti.

MARESCIALLO -

Io non prendo congedo, monsignore,

perch cavalcher al vostro fianco

fin dove terraferma lo consente.

GAUNT

(A Bolingbroke)

Perch sei tanto avaro di parole,

che non rendi il saluto a questi amici?

BOLINGBROKE -

Troppo poche son quelle che ho per voi

per congedarmi, quando di parole

la mia lingua dovrebbessere prodiga

per dar voce alla pena che mambascia.

GAUNT -

Quel che ti affligge soltanto il pensiero

di rimaner assente tanto tempo.

BOLINGBROKE -

cos infatti: assente la letizia,

sar presente solo lafflizione.

GAUNT -

Che son sei inverni? Passano veloci.

BOLINGBROKE -

Per la gente felice;

ma il dolore di unora ne fa dieci.

GAUNT -

E tu chiamalo un viaggio di piacere.

BOLINGBROKE -

Anche a chiamarlo, impropriamente, tale,

il mio cuore sospirer lo stesso,

perch non potr a meno di sentirlo

una forzata peregrinazione.

GAUNT -

Al sordo andare dei tuoi passi stanchi

guarda come una specie di castone

nel quale incastonare, a impreziosirlo,

il gioiello del tuo ritorno a casa.

BOLINGBROKE -

Ahim, che invece ogni tedioso passo

non far che portarmi col pensiero

a quale immenso mondo mi separi

dai gioielli che amo. La mia sorte

sar di fare un lungo apprendistato

per cammini stranieri, ed alla fine,

riottenuta la libert, vantarmi

di non essere stato niente pi

che un semplice apprendista del dolore.(21)

GAUNT -

Tutti i luoghi che il cielo col suo sguardo

visita son felici porti e approdi

per il saggio. Necessit tinsegni

questo: che pari alla necessit

non esiste virt. Fa di pensare

che non stato il re a bandire te,

ma tu il re. Il dolore pi pesante

per chi lo porta con animo fiacco.

Va, pensa che a mandarti dove andrai

sia stato io, a procurarti onore,

non che tabbia esiliato il tuo sovrano;

o immagina magari che nellaria

incomba una vorace pestilenza

e tu vada fuggendo in altri luoghi

alla ricerca dun clima pi sano.

Pensa a ci ch pi caro alla tua anima,

e immagina che stia l dove vai,

non gi da dove vieni;

immagina che il canto degli uccelli

sia musica e che lerba che calpesti

sia la gran sala delle udienze a corte

parata a festa, i fiori belle dame

ed i tuoi passi leggiadre scansioni

di misure di danza.

Il dolore ringhioso ha meno forza

di mordere se luomo se ne irride

e non gli d importanza.

BOLINGBROKE -

Oh, ma chi pu tenere la brace in mano

solo pensando alle nevi del Cucaso?

Chi pu placare i morsi della fame

solo pensando ad un lauto banchetto?

O voltolarsi nudo nella neve

a dicembre pensando allafa estiva?

Ah, no, la sola immagine del buono

non fa che acuire il senso del cattivo.

Il dolore di denti pi straziante

quandesso rode dentro,

senza che possa incidersi lascesso.

GAUNT -

Vieni figlio, ti metto sulla strada.

Avessi let tua e i tuoi motivi,

non resterei un sol minuto ancora.

BOLINGBROKE -

Allora, suolo dInghilterra, addio!

Addio, mia dolce terra,

madre, nutrice che ancor mi sorreggi!

Dovunque io vada, pur se messo al bando,

di questo almeno potr menar vanto:

desser di genuino ceppo inglese!

(Escono)

SCENA IV

Londra. La grande sala della corte.

Entrano RE RICCARDO, BAGOT e GREEN da una parte; il DUCA DI AUMERLE dalla parte opposta.

RICCARDO - (A Bagot e a Green, come continuando un discorso)

Labbiamo gi osservato.(22)

(Ad Aumerle)

Cugino Aumerle, fino a che punto

accompagnasti laltezzoso Hereford

per la sua strada?

AUMERLE -

"LAltezzoso Hereford"

- se cos che vi piace chiamarlo -

lho accompagnato fino dove ha inizio

la via maestra, e l lho salutato.

RICCARDO -

E, dimmi, quante lacrime daddio

furon versate da entrambe le parti?

AUMERLE -

Da parte mia, nessuna, in verit;

solo che un forte vento di nord-est

che soffiava mordendoci la faccia

ci ridest lumore che dormiva,

dando cos al bugiardo nostro addio

la grazia duna lacrima.

RICCARDO -

E che ti disse il nostro cuginetto

sul punto che vi siete separati?

AUMERLE -

"Addio", mi disse, senza nulla aggiungere.

Al che il mio cuore, forse avendo sdegno

che la lingua potesse profanare

la parola, mi sugger di fingere

desser talmente preso dallangoscia,

che le parole parvero sepolte

nella tomba del mio grande dolore.

Sacramento! Se la parola "addio"

avesse avuto il magico potere

dallungar lore e aggiunger anni ed anni

a quelli del suo troppo breve esilio,

di "addio" ne avrebbe ricevuti a iosa!

Ma poich questo non era possibile,

egli da me non sebbe alcun addio.

RICCARDO -

Egli nostro cugino, cugino Aumerle;

ma c da dubitare seriamente

che quando il tempo lavr richiamato

dallesilio, quel caro cuginetto

brami di rivedere i suoi parenti.

Ho avuto modo di osservare io stesso,

e con me anche Bagot, Green e Bushy,

comei riesca corteggiare il popolo,

e immergersi nel fondo dei lor cuori

con umili ed affabili maniere;

e prodigarsi a loro in grandi gesti

corteggiando quei poveri artigiani

con larte del sorriso,

o col mostrar di sopportar paziente

il destino di questa sua condanna,

quasi a voler portar con s in esilio

il loro affetto... Si tolse il cappello

davanti ad una povera ostricaia;

due carrettieri gli fanno laugurio

"Che Dio vassista!", e shanno, in contraccambio,

lomaggio duna sua genuflessione,

con un bel: "Grazie, miei compatrioti,

miei cari amici!"; quasi a voler dire

che lInghilterra sua per reversione(23)

e chegli la pi prossima speranza

dei nostri sudditi.

GREEN -

Beh, se n andato,

e vadano con lui questi pensieri.

Ora sha da pensare, mio sovrano,

ad adottare urgenti decisioni

contro i ribelli in armi nellIrlanda,

prima che un ulteriore nostro indugio

possa offrir loro, a tutto nostro danno,

lagio di rifornirsi daltri mezzi.

RICCARDO -

A questa guerra andremo di persona.

E poich per tener troppo gran corte,

e per essere troppo liberali,

le nostre casse sono alleggerite,

siamo costretti a dare in affittanza

lintero nostro regno; il suo provento

servir a finanziare questa impresa.

E se ci non dovesse ancor bastare,

lasceremo ai ministri carta bianca

per accertarsi dove sono i ricchi,

sottoporli a pagare forti tasse,

e mandarci i ricavi del prelievo,

per fronteggiar le spese della guerra.

Noi partiremo per lIrlanda subito.

Entra BUSHY

Che nuove, Bushy?

BUSHY -

Il vecchio Gaunt, signore,

in grave stato: un malore improvviso,

e mi manda di volo a Vostra Altezza

per chiedervi di andarlo a visitare.

RICCARDO -

Dov ricoverato?

BUSHY -

A Ely House.

RICCARDO -

O Dio, ispira adesso il suo dottore

che laiuti a calarsi nella tomba.

La sola fodera dei suoi forzieri

pu servire a confezionar casacche

per buona parte dei nostri soldati.

Signori, andiamo tutti a visitarlo.

In tutta fretta, ma pregando Iddio

di farci arrivar tardi.(24)

TUTTI -

E cos sia.

(Escono)


ATTO SECONDO

SCENA I

Londra. Ely House.

GIOVANNI DI GAUNT a letto infermo: con lui il fratello EDMONDO LANGLEY, Duca di York

GAUNT -

Che dici, il Re verr al mio capezzale,

chio possa spender lultimo mio fiato

ad istillare qualche onesto monito

alla sua irrequieta giovinezza?

YORK -

Non datevene cruccio,

non fate a gara con il vostro fiato;

al suo orecchio ogni consiglio vano.

GAUNT -

Oh, dicon che la voce di chi muore

attragga le coscienze

come leco dunarmonia profonda;

che le parole di chi nha pi poche

raramente son pronunciate invano:

esala dalla bocca verit

chi vi d fiato nellestremo duolo.

Chi sta sul punto di tacer per sempre

pi ascoltato daltri

cui giovinezza e vita spensierata

appresero a parlare per blandire.(25)

Simprime pi lestremo nostro istante

che tutto il resto della nostra vita.

Il sole che tramonta allorizzonte,

una musica allultime sue note,

lultimo sapore della torta,

pi dolce proprio perch alla fine,

destinato a restare nel ricordo

pi di quanto si sia prima gustato.

Se Riccardo non ascolt consigli

da me vivo, c almeno da sperare

che le parole dello zio morente

valgano adesso a scuotergli lorecchio.

YORK -

No, quellorecchio tutto rintronato

dai suoni della bassa piaggeria:

le lodi il cui sapore sempre dolce

anche allorecchio degli uomini saggi;

le canzoni lascive,

al velenoso suono delle quali

la giovent d volentieri orecchio;

o lultime notizie delle mode

venute in voga nellaltera Italia,

la cui maniera segue scimmiottando

con passo zoppo e in vile imitazione,

questo nostro retrogrado paese.

C forse qualche frivolezza al mondo

- per quanto vile e bassa, purch nuova -

che non gli venga soffiata allorecchio?

Tardi giunge pertanto ogni consiglio

per trovare un orecchio che lascolti

l dove volont

sempre ammutinata contro il senno.

Rinunciate a indicar la giusta via

a chi vuol scegliersi la sua da solo.

Vi manca il fiato, e volete sprecare

quel poco che vi resta?

GAUNT -

Mi sento come un profeta ispirato

e, nel trarre il mio ultimo respiro,

formulo su di lui questo presagio:

la sua sfrenata, furiosa deboscia

una fiammata che non pu durare;

perch i fuochi violenti

divorano se stessi in poco tempo;

le pioggerelle durano di pi

dei grossi rumorosi temporali;

cavallo cui sia dato troppo sprone

presto stanco; cibo trangugiato

con ingordigia strozza chi lo mangia;

la vanit, insaziato cormorano,

consumati i suoi mezzi, si fa preda

subito di se stessa.

Questo superbo nostro regal trono,

questisola scettrata,

questa terra dauguste maest,

questo seggio di Marte che Natura

s costruita a farne sua difesa

contro linfetta mano della guerra;

questa felice nostra stirpe duomini,

questo piccolo mondo, questa gemma

incastonata nellargenteo mare

che la protegge come un alto vallo

o il profondo fossato dun castello

dallinvidia di terre men felici;

questangolo di mondo benedetto,

questo nostro paese, questo regno,

questInghilterra, nostra alma nutrice,

questo grembo prolifico di principi

di stirpe regia e per questo temuti,

illustri per natali, celebrati

per le gesta compiute fuori casa

al servizio della cristiana fede

e dellautentica cavalleria

fin l, dove, nella Giudea caparbia,

sta il sepolcro del Redentor del mondo,

il figlio di Maria benedetta;

questa patria di tante anime fulgide,

questa cara, adorata nostra terra,

cara, per la sua gloria, a tutto il mondo,

ora data in affitto,

- e mi vien da morire solo a dirlo -,

al pari dun qualunque fondo rustico

o duna fattoria da quattro soldi.

E cos lInghilterra,

cinta da questo trionfante mare,

la cui costa, con lalte sue scogliere

respinge linvido, perenne assedio

dellequoreo Nettuno,

ora cinta solo di vergogna,

di scartafacci imbrattati dinchiostro

e di vari strumenti dipoteca

vergati su marcite pergamene.

Questa nostra Inghilterra,

usa da sempre a conquistare gli altri

fa con vergogna conquista di s.

Ah, potesse svanire un tale obbrobrio

con lo svanire di questa mia vita,

qual morte lieta sarebbe la mia!

Entrano RE RICCARDO, la REGINA, AUMERLE, BUSHY, GREEN, BAGOT, ROSS e VILLOUGBY

YORK -

Il re qui. Cercate di trattare

con molto tatto la sua giovinezza;

i puledri son gi per s focosi,

se pungolati, subito simpennano.

REGINA -

Come sta il nobile nostro zio Lancaster?

RICCARDO -

Caro zio, come state?

Come si sente il nostro vecchio Gaunt?

GAUNT -

Come saddice bene questo nome

al mio stato presente!... "Vecchio Guanto":(26)

e smunto sono, e logoro dagli anni.

che dentro di me

il dolore ha osservato e mantenuto

un tedioso digiuno; e chi digiuna

senza ridursi smunto e macilento?

Troppo tempo ho vegliato al capezzale

di questa nostra assonnata Inghilterra,

e lo star troppo svegli fa magrezza

e chi magro ha laspetto macilento.

La gioia di cui godon gli altri padri

- la vista dei lor figli -

osserva in me un digiuno rigoroso;

e tu, imponendomi tale digiuno,

mhai reso cos smunto ed emaciato.

Ed ora vo preciso come un guanto

nella tomba, che mi sta come un guanto

la cui cava ventraia

nientaltro eredita da me che ossa.

RICCARDO -

Possibile che un uomo cos infermo

scherzi con tanta arguzia sul suo nome?

GAUNT -

la stessa disgrazia

che si diverte a beffarsi di s.

Tu vuoi uccidere il mio nome in me,(27)

ed io mi faccio beffa del mio nome,

per lusingarti, possente sovrano.

RICCARDO -

Oh, bella! Devon forse i moribondi

lusingare chi loro sopravvive?

GAUNT -

Al contrario: sono i sopravviventi

a lusingar chi muore..

RICCARDO -

E allora perch tu, che stai morendo,

affermi di volermi lusingare?

GAUNT -

Perch chi sta morendo qui sei tu,

anche sio son, tra i due, il pi malato.

RICCARDO -

Io son sano e respiro, caro zio.

GAUNT -

vero, ma Colui che mha creato

sa comio veda quanto tu stia male;

anche se, da malato, io veda poco.

Il tuo letto di morte il tuo paese,

e tu vi giaci sopra

ammalato nella reputazione;

e affidi, da malato sprovveduto,

la cura del tuo corpo consacrato

ai medici che primi than ferito.

Nel breve cerchio della tua corona

sono annidati mille adulatori;

un cerchio non pi grande del tuo capo,

eppure, chiuso in cos angusto limite,

c un guasto grande come la tua terra.(28)

Oh, se tuo nonno,(29) con occhio profetico,

avesse mai potuto antivedere

la rovina della sua discendenza

ad opera del figlio di suo figlio,

non tavrebbe permesso di raggiungere

questo potere che la tua vergogna;

avrebbe fatto in modo di privartene

prima che tu ne venissi in possesso,

ch tu stesso non sei or posseduto

al punto di destituir te stesso.

Fossi tu pure re del mondo intero,

sarebbe gi per te grande vergogna

concedere in affitto questo regno;

ma poich il mondo del quale sei re

solo questa povera Inghilterra,

tanta pi vergogna

coprirla di vergogna in questo modo.

Ma tu dellInghilterra non sei il re,

sei solo il suo padrone-proprietario.

Ora il tuo stato, in termini legali,

quello duno soggetto alla legge,

e tu...

RICCARDO -

E tu, lunatico svampito,

che ti fai forte nella presunzione

del privilegio che ti d la febbre,

ardisci col tuo gelido rabbuffo

di far impallidir la nostra guancia,

scacciando dalla sua nativa sede

il regal nostro sangue?...

Per la legittima regal maest

del mio trono, non fossi tu il fratello

del figlio di Edoardo, il grande re,

codesta tua linguaccia

che ti rotola sciolta nella testa

farebbe rotolare quella testa

via da quelle tue spalle irriverenti!

GAUNT -

Non risparmiarmi, non avere scrupoli,

perchio sia figlio dello stesso sangue

di tuo padre Edoardo, mio fratello!

Tu come il pellicano,(30)

quel sangue lhai spillato gi ben bene,

e tracannato fino a ubriacartene.

Lanima pura e innocente di Gloucester,

mio fratello(31) - che sia beata in cielo,

mi pu esser daiuto a dimostrare

che non avesti remora a spillare

anche il sangue di tuo cugino Edoardo.(32)

Allati col male che maffligge,

e sia pari la tua efferatezza

alladunca vecchiezza,

che tu possa recidere dun colpo

un fiore ch dassai tempo avvizzito.

Vivi nellignominia,

ma lignominia non muoia con te:

queste parole sian, da qui in avanti,

il tuo tormento.

(Agli assistenti)

Portatemi al letto,

per poi portarmi assai presto alla tomba.

Resti ad amar la vita

chi da essa riceve amore e onore!

(Esce portato dai servi)

RICCARDO -

E muoia la vecchiaia e lumor nero!

Tu li possiedi entrambi,

ed entrambi saddicono alla tomba.

YORK -

Sire, mettete questi suoi scongiuri

nel conto del suo male e dellet.

Io vi posso giurar sulla mia vita,

chegli vi vuole bene e vi tien caro

almeno al pari di suo figlio Enrico,

il duca dHereford, se fosse qui.

RICCARDO -

Dici giusto: qual lamore di Hereford,

tale il suo; e cos per loro il mio.

E tutto vada come deve andare.

Entra NORTHUMBERLAND

NORTHUMBERLAND -

Altezza, il vecchio Gaunt si raccomanda

alla vostra maest.

RICCARDO -

Che cosa dice?

NORTHUMBERLAND -

Pi nulla. Ormai per lui detto tutto.

La sua lingua strumento senza corde.

Ormai parole, vita e tutto il resto

il vecchio Lancaster lha consumato.

YORK -

Sia ora York il prossimo

a fare simigliante bancarotta.

La morte, pur nel suo tetro squallore,

pone un fine agli affanni dei mortali.

RICCARDO -

Il frutto pi maturo cade prima;

ora toccato a lui, consumato

il suo tempo; a noi il cammino

rimane ancora tutto da percorrere.

Basta perci di questo.

Ora pensiamo alla guerra dIrlanda.

Dobbiamo sradicare da quellisola

quei loro rozzi, setolosi kerni,

che vivon come bestie velenose

dove nessun veleno cresce e vive.(33)

E poich questa poderosa impresa

esige un grosso sforzo finanziario,

decretiamo fin dora, a farvi fronte,

la confisca di tutto il vasellame,

del denaro contante e delle rendite

che furono di questo nostro zio.

YORK -

Ah, fino a quando dovr pazientare?

Fino a quando la mia lealt di suddito

mi dar ancor la forza

di patire in silenzio lingiustizia?

N lassassinio di Tomaso Gloucester,

n lesilio di Bolingbroke,

n le atroci insolenze contro Gaunt,

n il veto posto alle nozze dEnrico,(34)

n la mia stessa caduta in disgrazia

sono valsi finora ad inasprire

la paziente espressione del mio volto,

o a tracciarvi una ruga di dispetto

contro il mio re. Son lultimo dei figli

di quel nobile padre chera Edoardo,(35)

e dei quali tuo padre era il maggiore.

Mai leone fu pi feroce in guerra,

mai agnello pi mansueto in pace

di quel giovane gentiluomo e principe.

Sue sono le fattezze del tuo viso,

ed anche come il tuo era laspetto

quando aveva la stessa tua et;

e quando gli veniva di accigliarsi

contro qualcuno, era contro i francesi,

mai contro i suoi congiunti.

La sua nobile mano dispensava

ci che aveva egli stesso conquistato;

mai dispens quello che conquistato

aveva il vittorioso padre suo.

N giammai le sue mani

si macchiarono del sangue di parenti;

lebbe sempre arrossate

di quello dei nemici di sua gente.

Ohim, Riccardo, questo vecchio York,

s fatto trascinar troppo lontano

portato dal dolore;

non farebbe altrimenti un tal confronto...

(Singhiozza)

RICCARDO -

Oh, oh, che ti succede, zio? Che hai?

YORK -

Oh, mio Sire, vogliate perdonarmi,

se vi piaccia; ma se non vi piacesse,

son contento lo stesso.

Perch dunque volete confiscare,

per poi ridurli nelle vostre mani,

i beni mobili e le propriet

spettanti in successione da suo padre

allesiliato figlio Enrico dHereford?

Forse che non morto il vecchio Gaunt?

Forse suo figlio Enrico non vivo?

Non era forse Gaunt un uomo giusto?

Forse non leale Enrico dHereford?

Giovanni Gaunt non meritava eredi?

E non forse degno il figlio?

Private Hereford dei suoi diritti,

ed avrete spogliato il vostro tempo

degli statuti e delle guarentigie

che sono suoi per antico retaggio;

fa che domani non sia come loggi,

non essere te stesso. Giacch a quale titolo

sei re se non per un diritto antico

di chiara discendenza e successione?

Ora, davanti a Dio,

e Dio non voglia che questo savveri!,

se tu confischi ingiustamente a Enrico

quanto deve venirgli per diritto,

chiamando in revoca la concessione

delle reali lettere patenti,

s chei non possa pi rivendicare

pel tramite dei suoi procuratori

la consegna dei beni a lui spettanti,

e gli rifiuti di offrirti lomaggio,(36)

tattirerai addosso mille rischi,

perderai mille cuori ben disposti,

e spronerai il mio paziente spirito

a nutrire pensieri incompatibili

con lonore e la lealt di suddito.

RICCARDO -

Tu puoi pensare, zio, quello che vuoi;

ma noi procederemo a confiscargli

denaro, vasellame, beni e tutto.

YORK -

In questo caso, io non ci star.

Non contare su me. Addio, mio sire.

Che avverr dopo, nessuno pu dire;

facile, comunque, prevedere

che dal male non possa uscire il bene.(37)

(Esce)

RICCARDO -

Bushy, corri dal conte di Wiltshire

e digli di venire ad Ely House,

per sistemare la nostra faccenda.(38)

Partiamo per lIrlanda posdomani,

ed gran tempo, credo. In nostra assenza,

conferiamo lincarico a zio York

di Lord Governatore dInghilterra,

perch probo e ci volle sempre bene.

Venite, mia regina:

domani sar forza separarci.

Allegra, ci rimane poco tempo.

(Escono il Re, la Regina, Aumerle, Bushy, Bagot e Green)

NORTHUMBERLAND -

Cos, signori, Lancaster morto.

ROSS -

E vivo a un tempo, ch duca suo figlio.

WILLOUGHBY -

Per il titolo; per gli averi, no.

NORTHUMBERLAND -

Lo sarebbe per luna e laltra cosa,

se la giustizia avesse lungo corso.

ROSS -

Ho il cuore gonfio; ma, povero cuore,

sar costretto a crepare in silenzio

prima di liberarsi dal suo peso

e mandar la mia lingua in libert.

NORTHUMBERLAND -

Aprilo, invece; di quello chhai dentro;

e si secchi la lingua

a chi riferir le tue parole

per farti danno.

WILLOUGHBY -

Se quel che vuoi dire

cosa che riguarda il Duca di Hereford,

coraggio, parla pure con franchezza

e senza remore, perch al mio orecchio

non par vero di udire finalmente

qualcuno che gli parla in suo favore.

ROSS -

Favori, in verit, non posso fargliene,

salvo che non prendiate come tale

la piet che mispira la sua sorte,

defraudato e spogliato dei suoi beni.

NORTHUMBERLAND -

una vergogna, dico, avanti a Dio,

che noi si debba star passivamente

a subir lonta di tanti soprusi

a un principe del sangue come egli ,

e a tanti altri di nobile lignaggio,

in questo nostro paese in sfacelo.

Il re non pi lui.

pervertito dal maligno influsso

di bassi adulatori: tutta gente,

che per nientaltro che perch ci odia,

ci potrebbe accusar di ci che vuole

e il re, senza alcun dubbio, a secondarli

ci punirebbe assai pesantemente

nella vita, nei figli e loro eredi.

ROSS -

Ha gi spogliato con odiose tasse

il popolo, alienandosi del tutto

il cuore della gente.

andato a rivangare antiche cause

per far pagare ammende a molti nobili,

perdendone del tutto lamicizia.

WILLOUGHBY -

E ogni giorno si vanno escogitando

nuovi prelievi, come assegni in bianco,(39)

benevolenze,(40) e non so pi che cosa.

Ma nel nome di Dio, questo denaro

si pu sapere dove va a finire?

NORTHUMBERLAND -

Non certo a finanziare nuove guerre,

perch di guerre non ne ha fatte pi,

preferendo con vili compromessi,

cedere tutto quanto i suoi degni avi

avevan conquistato combattendo.

ROSS -

E ha dato il regno in affitto a Wiltshire.

WILLOUGHBY -

Un re che ha dichiarato fallimento

come un ignobile bancarottiere!

NORTHUMBERLAND -

Rovina e infamia gli pendon sul capo.

ROSS -

Ora, per questa sua guerra in Irlanda,

malgrado le pesanti tassazioni,

non ha saputo trovare altri mezzi

che derubarli al duca che ha bandito.

NORTHUMBERLAND -

Che, per giunta, suo nobile parente.

O re degenere!... Per, signori,

noi ce ne stiamo tutti qui, tranquilli,

a udire il sibilar della tempesta

che sapprossima, e non facciamo nulla

per cercarci un riparo.

Vediamo il vento sbatacchiar le vele

con paurosa violenza, e stiamo fermi,

senza togliere lacqua dallo scafo,(41)

andando incontro a sicuro naufragio.

ROSS -

Che ci attenda il naufragio, lo sappiamo;

ma come fare a scampare il pericolo,

se siamo stati noi a provocarlo,

per aver tollerato le sue cause?

NORTHUMBERLAND -

Beh, direi proprio che non cos;

ch dalle cupe occhiaie della morte

intravvedo spuntare ancor la vita.

Ma non marrischio a fare previsioni

sul tempo della nostra redenzione.

WILLOUGHBY -

Parla, Northumberland, liberamente!

Perch noi tre non siamo che un sol uomo,

e parlando fra noi,

le tue parole restano segrete,

come nella tua mente i tuoi pensieri.

Su, non aver paura, parla franco!

NORTHUMBERLAND -

Ecco, allora: m giunta informazione

da Port le Blanc, una baia in Bretagna,

che il duca dHereford, con altri nobili

- Lord Rinaldo di Cobham,

Tomaso figlio del conte di Arundel

e suo erede, che or non molto

aveva rotto con il Duca di Exeter

suo fratello, Arcivescovo di Canterbury;

Sir Thomas Erpingham, Sir Thomas Ramston,

Sir John Norbery, Sir Robert Waterton,

e Francis Quoint ed altri grossi nomi -

tutti questi, dal Duca di Bretagna

ben riforniti di otto grosse navi

e di tremila armati, fanno rotta

a tutta vela verso queste coste

e contan di toccar la nostra terra

tra breve su una spiaggia a settentrione;

e sarebbero forse gi sbarcati,

se non che vogliono prima aspettare

la partenza del re verso lIrlanda.

E dunque se vogliamo liberarci

dal giogo che ci opprime come schiavi;

se vogliamo infoltir di nuove penne

lala ferita della nostra patria;

riscattar la corona sfigurata

dal marchio dellignobile ipoteca;

forbire il regal scettro dalla polvere

che ne offusca lavita lucentezza,

e fare che laugusta maest

abbia a riprendere il suo vero volto,

non c pi da indugiare: tutti insieme

con me, di corsa, verso Ravenspurgh!

Ma se sentite che vi manca il cuore,

restate e zitti! Ci vado da solo.

ROSS -

Macch, nessun indugio! Via, a cavallo!

Questi tuoi dubbi, mio caro Northumberland,

sollevali soltanto a chi ha paura.

WILLOUGHBY -

Io sar l per primo,

se il mio cavallo regger lo sforzo.

(Escono)

SCENA II

Il castello di Windsor

Entrano la REGINA, BUSHY e BAGOT

BUSHY -

Vi vedo dumor triste, mia signora.

Quando vaccomiataste da Sua Grazia

gli prometteste di metter da parte

lopprimente mestizia,

umore che fa male alla salute,

e di serbare un umore piacevole.

REGINA -

Lo promisi per compiacere al Re;

per compiacere a me stessa, non posso.

E del resto non vedo altro motivo

per dare il benvenuto a un tal ospite

com questa tristezza,

se non laver da poco detto addio

ad un ospite dolce, al mio Riccardo.

Eppure sento avvicinarsi a me

una pena che non ancora nata,

ma gi matura in grembo alla Fortuna,

perch lanima mia intimamente,

trasale, trepida, per un nonnulla.

C qualche cosa che laffligge pi

del distacco dal suo signore, il re.

BUSHY -

Loggetto dogni pena ha mille ombre

che sembrano dolore, ma non sono.

che locchio di chi soffre una pena,

attraverso le lacrime che accecano,

scompone una visione in pi soggetti,

come succede di certe pitture

che se sono guardate di prospetto

non offrono che immagini indistinte,

mentre presentano netti contorni

se guardate di sghembo o di traverso.(42)

Cos la vostra dolce maest,

guardando tra le lacrime

la partenza del re, vostro signore,

scopre forme che, viste senza lacrime,

son ombre di qualcosa che non c.

Quindi, tre volte graziosa regina,

pi di quanto richieda la partenza

del re, vostro signore, non piangete.

Non si vede altra causa;

o, se mai si vedesse, non altro

che leffetto ingannevole dellocchio

che piange come vere certe cose

che sono invece solo immaginarie.

REGINA -

Sar cos, ma il cuore, nel mio intimo,

insiste a dire ch tuttaltra cosa.

Sia come sia, mi sento tutta presa

da una tristezza a tal punto opprimente,

che se pur mi proponga, ragionando,

di non farmi venir pensieri tristi,

basta un niente per ritornar depressa,

e mancare.

BUSH -

Non che fantasia,

questa vostra, graziosa mia signora.

REGINA -

No, non questo; lidea del dolore

deriva sempre da un dolore vero,

se pur remoto; il mio non cos:

non c nulla di cui io possa dire

che ha generato in me quel qualche cosa

che maffligge; e nemmeno c qualcosa

chio possa dire chabbia generato

quel nulla. Cosa sia poi questo nulla,

non lo so, non riesco a dargli un nome.

So solo ch una pena senza nome.

Entra GREEN

GREEN -

Dio salvi la maest della regina!

E ben trovati a voi, cari signori!

Spero che il re non sia salpato ancora

per lIrlanda.

REGINA -

Perch speri tu questo?

Meglio sperare invece che lo sia:

rapidit esigono i suoi piani;

nella rapidit sta la speranza.

Ma perch speri che non sia partito?

GREEN -

Perch, quale unica nostra speranza,

potrebbe richiamare le sue truppe,

e render disperata la speranza

di un nemico che ha messo saldo piede

su questa terra. Lo sbandito Bolingbroke

s revocato il bando da se stesso

e con armi brandite a dar battaglia

approdato felicemente a Ravenspurgh.

REGINA -

Oh, non lo voglia il cielo!

GREEN -

Ahim, signora,

purtroppo proprio vero; e quel che peggio

Northumberland col suo giovane figlio,

Enrico Percy e i Lord Beaumont e Ross,

e Willoughby con tutti i loro amici,

son corsi ad un suo cenno.

BUSHY -

Perch non proclamaste traditori

Northumberland e tutti gli altri nobili

del gruppo dei ribelli?

GREEN -

Labbiam fatto;

ma sopra quel decreto il conte Worcester

spezz la mazza,(43) rassegn la carica

di siniscalco,(44) ed accorse da Bolingbroke

insieme a tutti i servi della casa.

REGINA -

Allora, Green, se vero quel che dici,

tu sei lostetrico della mia pena,

e Bolingbroke ne lorrido parto.(45)

Lanima mia ha partorito il mostro,

ed io, novella puerpera in affanno,

aggiungo pena a pena, doglia a doglia.

BUSHY -

Signora, non dovete disperarvi.

REGINA -

Chi mai potr impedirmelo, oramai?

Vo darmi preda alla disperazione,

vo dichiarare guerra alla speranza,

questa guardiana adulatrice e ipocrita,

sempre pronta a respingere la morte,

che invece scioglierebbe nobilmente

i lacci della vita,

chessa, la parassita, tiene stretti.

Entra il DUCA DI YORK

GREEN -

Ecco il duca di York.

REGINA -

Con le insegne di guerra(46) al vecchio collo.

Oh, che gravi pensieri nel suo sguardo!

Zio, per lamor di Dio,

ditemi una parola di conforto.

YORK -

Se lo facessi, falserei, regina,

il mio pensiero. Conforto solo in cielo,

e noi siam sulla terra,

dove son solo croci, affanni e triboli.

Vostro marito voluto partire

per salvare a s terre assai lontane;

altri vengono qui,

a far chegli ne perda in casa sua;

e a fargli da puntello qui, nel regno,

non rimasto alcuno eccetto me,

che, debole e spossato dallet,

non so nemmeno puntellar me stesso.

arrivata per lui lora del vomito,

dopo tanti bagordi;

e di mettere a prova le amicizie

che lhanno lusingato fino ad oggi.

Entra un SERVO

SERVO -

Monsignor Duca, il re vostro nipote

era gi in mare. Non ha fatto in tempo.

YORK -

Gi?... Vada allora tutto come vada!

I nobili fuggiti...

il popolo che gli si fatto ostile,

pronto anchesso, ho paura, alla rivolta,

ed a passare tutto a Enrico dHereford...

Corri a Plashy, da mia cognata Gloucester,

chiedile che mi mandi per tuo mezzo

mille sterline. Toh, prendi il mio anello.(47)

SERVO -

Oh, signore, a proposito...

non ve lho detto: oggi, al mio ritorno,

mero fermato appunto l, signore,...

ma vi dar cordoglio a dirvi il resto.

YORK -

Quale resto, gaglioffo, che hai da dire?

SERVO -

La Duchessa, signore, era gi morta,

unora prima chio giungessi l.

YORK -

Piet di Dio! Che marea di sciagure

si sta abbattendo tutta in una volta

su questa triste, tormentata terra!

Non so che fare. Avesse Dio voluto

che il re - pur senza mia infedelt

verso di lui a dargliene motivo -

mavesse fatto mozzare la testa,

insieme a mio fratello!... Come mai!

Non ci sono corrieri per lIrlanda?

Come faremo a trovare il denaro

per questa guerra?

(Alla regina)

Vi prego, cognata,

- nipote dovrei dire - perdonatemi.

(Al servo)

Senti ragazzo, corri a casa mia,

vedi di procurarti qualche carro,

e porta via le armature che trovi.

(Esce il servo)

Signori, vi volete dar lo scomodo

dandar in giro a reclutar soldati?

Se vi dicessi che so come fare

per districarmi nel grosso garbuglio

degli affari che sono in mano mia,

non credetemi. Luno come laltro

son miei parenti: uno il mio sovrano

che il mio dovere ed il mio giuramento

mimpongon di difendere;

ma laltro anchegli mio parente, e il re

gli ha fatto grave torto

a cui coscienza e vincoli di sangue

anche mimpongono di rimediare.

Bene, qualcosa si dovr pur fare.

(Alla regina)

Intanto moccupo di voi, nipote:

venite. Nel frattempo voi, signori,

andate a reclutare i vostri uomini,

e raggiungetemi immediatamente

al Castello di Berkeley.

Dovrei passare, invero, pure a Plashy,

ma il poco tempo non me lo consente.

tutto uno sconquasso,

ciascuna cosa in balia di se stessa.

(Esce con la regina)

BUSHY -

In mare il vento spira favorevole

allinvio di dispacci per lIrlanda,

ma non ce ne riporta di ritorno.

Per noi mettere insieme grandi forze

da tener fronte a quelle del nemico

impossibile.

GREEN -

In pi lessere noi

s vicini alle simpatie del re,

ci fa per questo tanto pi vicini

allodio di coloro che lo avversano.

BAGOT -

E chi son questi? Il volubile volgo

che sa nutrire solo simpatia

per la sua borsa; e chi quella gli vuota

riempie, in proporzione, i loro petti

di mortale rancore.

BUSHY -

E cos il re da tutti condannato.

BAGOT -

Ah, condannati lo saremo tutti,

se tal potere cada in mano al popolo,

noi che al re siamo stati pi vicini.

GREEN -

Stando cos le cose,

io vado a rifugiarmi in tutta fretta

al castello di Bristol.(48)

Il conte di Wiltshire gi l.(49)

BUSHY -

Ed io vengo con te,

perch dal popolo, che gi ci ha in odio,

c da aspettarsi ben pochi riguardi,

se non ci sbraneranno come cani.

E tu Bagot, che fai? Vieni con noi?

BAGOT -

No, io raggiungo sua maest in Irlanda.

Se i presagi del cuore non son vani,

ho il sentimento, amici,

che questa volta noi ci separiamo

per non vederci pi.

BUSHY -

Dipende dal successo che avr York

nel ricacciare indietro Bolingbroke.

GREEN -

Il successo di York?... Povero Duca!

S sobbarcato a un compito impossibile.

come se volesse far la conta

dei granelli di sabbia sulla spiaggia,

o prosciugare gli oceani a sorsate.

Per ciascun uomo che gli resta al fianco

altri mille da lui diserteranno.

E quindi, amici, diciamoci addio

per una volta, per tutte, per sempre.

BUSHY -

Forse ci rivedremo...

BAGOT -

Mai pi, temo.

(Escono)

SCENA III

Campagna nella contea di Gloucester

Entrano BOLINGBROKE, NORTHUMBERLAND e soldati

BOLINGBROKE -

Northumberland, quanto cammino c

fino a Berkeley?

NORTHUMBERLAND -

Mio nobile signore,

credetemi, io qui, nel Gloucestershire,(50)

sono quel che si dice uno straniero.

Queste alture cos rudi e selvagge,

queste strade sassose e sgarrupate

fan pi lunghe le miglia da percorrere

e le rendono assai pi faticose;

per mia fortuna ho voi come compagno,

il cui parlare per me come zucchero

che ha convertito il nostro duro andare

in un dolce e piacevole percorso.

Ma penso come sar stato lungo

e massacrante per Ross e per Willoughby

da Ravenspurgh alle alture di Castwold;(51)

manca loro la vostra compagnia

che, vassicuro, ha molto mitigato

il tedio e la lunghezza del mio viaggio.

Che renda almeno dolce quello loro

la speranza davere presto anchessi

a goder dello stesso mio piacere:

la speranza dun gaudio che ci aspetta

godimento non molto minore

del suo appagamento.

E con siffatto godimento in cuore,

i suddetti affannati gentiluomini

troveranno pi breve il lor cammino;

come abbreviato stato quello mio

dalla vista di ci che ho qui davanti:

la vostra eletta compagnia, signore.

BOLINGBROKE -

Oh, credo chessa valga molto meno

di queste vostre amabili parole.

Ma chi viene?

Entra Enrico PERCY

NORTHUMBERLAND -

mio figlio, Enrico Percy,

mandato qui da mio fratello Worcester,

monsignore, non so per da dove.

Ebbene, Enrico, come sta tuo zio?

PERCY -

Mi sarei aspettato, mio signore,

che foste voi a darmene notizia.

NORTHUMBERLAND -

Perch, non con la regina a corte?

PERCY -

No, se n bruscamente allontanato,

ha spezzato la mazza del suo ufficio

e disperso la servit del re.

NORTHUMBERLAND -

Com? Non era risoluto a tanto

lultima volta che ci siamo visti.

PERCY -

che vhan proclamato traditore,

signore; ed egli se n andato a Ravenspurgh

a offrire i suoi servigi al Duca dHereford

ed ha spedito me a Berkeley Castle

per scoprir quali forze vi ha raccolto

il Duca(52); ed io ho lordine

di far ritorno a Ravenspurgh.

NORTHUMBERLAND -

Ragazzo,

hai tu dimenticato il Duca dHereford?

PERCY -

Dimenticato? Come lo potrei,

mio buon signore, se non lho mai visto?

Chio sappia, mai lho visto in vita mia.

NORTHUMBERLAND -

Allora impara a conoscerlo adesso.

Questo il Duca.

PERCY -

Grazioso mio signore,

onorato di offrirvi i miei servigi,

quali vi possa dar let mia giovane,

ancora troppo tenera ed acerba,

ma che gli anni faranno maturare,

s da darvene pi e di maggior merito.

BOLINGBROKE -

Grazie, gentile Percy, e sta sicuro

che in nulla mi ritengo fortunato

come nel possedere un cuore memore

dei buoni amici; e se la mia fortuna

fiorir anche grazie allamor tuo,

trover sempre in essa ricompensa

questo tuo sentimento.

Questo il patto che fa con te il mio cuore,

e cos lo suggella la mia mano.

(Gli stringe la mano)

Dimmi un po, quanto c da qui a Berkeley?

E quali mosse va facendo l

il bravo vecchio York con le sue truppe?

PERCY -

Eccolo l, il castello:

in mezzo a quel lontano ciuffo dalberi,

difeso, a quanto ho potuto sapere,

da trecento soldati,

e son l dentro York, Berkeley e Seymour;

nessun altro di fama o dalto rango.

Entrano ROSS e WILLOUGHBY

NORTHUMBERLAND -

Arrivano i signori Ross e Willoughby,

imbrattati del sangue dei cavalli

menati a tutto sprone, accesi in viso

per laffannosa corsa.

BOLINGBROKE -

Benvenuti,

miei lords. il vostro amore che vi spinge,

nho coscienza, a seguire un traditore

ch messo al bando. Tutto il mio tesoro

consiste ora nei ringraziamenti,

solo parole, nulla di tangibile;

ma se sar chio diventi pi ricco,

sar largo didonea ricompensa

al vostro affetto, alle vostre fatiche.

ROSS -

Ci fa gi ricchi la vostra presenza

in mezzo a noi, mio nobil signore.

WILLOUGHBY -

Essa ci compensa largamente

dogni fatica fatta per raggiungerla.

BOLINGBROKE -

In ogni tempo la riconoscenza

fu il tesoro del povero;(53) e per ora

essa dovr sostituire in me

ogni forma di liberalit,

finch la mia fortuna, ancora infante,

non si sia maturata e fatta adulta.

Ma chi viene?

Entra BERKELEY

NORTHUMBERLAND -

Lord Berkeley, se non sbaglio.

BERKELEY -

Ho un messaggio per voi, Duca di Hereford...

BOLINGBROKE -

..."di Lancaster", "di Lancaster", signore!(54)

Io rispondo soltanto a questo nome;

e questo nome son venuto qui,

a riscattar per me, in Inghilterra;

e questo nome dalla vostra bocca

voglio udir pronunciato

prima di darvi qualsiasi risposta

a tutto ci che possiate annunciarmi.

BERKELEY -

Non mi fraintenda la signoria vostra.

Non assolutamente mia intenzione

sottrarvi un solo titolo donore;

io vengo solo a voi, signor... signor...

del titolo qualunque che volete,

da parte di Sua grazia il Lord Reggente

di questo regno, il buon Duca di York,

per sapere che cosa vabbia spinto

a profittar dellassenza del re

per venire a sconvolgere la pace

in questa terra con armi impugnate

dagli stessi suoi figli.

Entra, con scorta, il DUCA DI YORK

BOLINGBROKE -

Non avr pi necessit di voi,

per far sapere la mia risposta al Duca.

Ecco infatti Sua grazia, di persona,

(Inginocchiandosi al Duca di York)

Nobile zio...

YORK -

Lumilt del tuo cuore

devi mostrarmi, non del tuo ginocchio,

il cui omaggio falso ed insincero!

BOLINGBROKE -

Grazioso zio!...

YORK -

Poh... Poh... Va l, sta zitto!

Intanto graziami di quel "grazioso",

e soprattutto non chiamarmi "zio":

io non sono lo zio dun traditore,

e la parola "grazia"

in bocca senza grazia profanata.

Ma come hanno potuto le tue gambe

di fuori legge venire a calcare

per un istante un sol grano di polvere

del suolo dInghilterra?...

E - pi grave "perch" - come han potuto

attraversare in armi miglia e miglia

di queste sue pacifiche contrade,

spaventando i suoi pavidi villaggi

col terrore dun apparato bellico

da lor tenuto da gran tempo in spregio?

Vieni perch il legittimo suo re

via? Sciocco ragazzo! Il re sta qui,

e qui, sopra il mio petto, a lui fedele,

riposa intera la sua potest.

Fossi ancor io lardente giovinetto

del tempo quando, insieme al padre tuo,

il coraggioso mio fratello Gaunt,

riuscimmo a togliere il "Principe Nero",(55)

quellautentico Marte giovinetto,

da un cerchio di migliaia di francesi,

oh, allora, come rapido il mio braccio,

or prigioniero della ria paralisi,

ti avrebbe gi punito

col castigo dovuto alla tua colpa.

BOLINGBROKE -

La mia colpa? Chio sappia, zio, qual ?

E in che cosa consiste?

E dove e quando e come lho commessa?

YORK -

Oh, gravissima colpa, la pi grave!

Aperta ribellione e tradimento!

Tu sei un uomo bandito dal regno,

e torni prima che scada il tuo termine,

e in pi sfidando in armi il tuo sovrano.

BOLINGBROKE -

Quando da quel sovrano fui bandito,

io fui bandito come Enrico dHereford;

ora ritorno come Enrico Lancaster;

e supplico la grazia vostra, zio,

di riguardare con un occhio equanime

i torti di cui sono stato vittima.

Io vi considero come mio padre,

perch rivedo in voi il vecchio Gaunt.

Allora, padre, come mai possibile

che tolleriate chio resti costretto

ad andare girovago pel mondo,

e che dal mio blasone siano avulsi

i diritti, le rendite, ogni cosa,

per essere sperperati, scialacquati

da una genia di villani rifatti?(56)

Ero nato per questo?

Se mio cugino ha il trono dInghilterra,

si deve ammettere, allo stesso titolo,

che a me competa il ducato di Lancaster.

Voi pure avete un figlio, il duca dAumerle,

mio beneamato e nobile cugino;

se voi foste mancato, e i suoi diritti

calpestati, come lo sono i miei,

egli avrebbe trovato in suo zio Gaunt

un altro padre pronto a levar alta

la protesta pei torti ricevuti,

e ne sarebbe ben venuto a capo.(57)

A me si nega, appunto, qui il diritto

di esigere il possesso del mio titolo,

con tutto che le lettere patenti

mautorizzino a far tale rivendica.

I beni posseduti da mio padre

son tutti confiscati ed alienati,

e male usati, come tutto il resto.

Che vorresti chio faccia? Sono un suddito

ed invoco la legge a mio favore;

e poich mi si negan gli avvocati,

son costretto a venire di persona

a perseguir la mia giusta pretesa

di riottenere quello che mi spetta

per diritto di piena successione.

NORTHUMBERLAND -

Troppi e gravi soprusi ha sopportato

questo nobile Duca, Vostra grazia.

ROSS -

A Vostra grazia di fargli giustizia.

WILLOUGHBY -

Dei suoi beni si sono rimpinguati

e fatti grandi bassi personaggi.

YORK -

Consentitemi, pari dInghilterra,

di dirvi questo: ho piena comprensione

dei torti fatti a questo mio nipote,

e ho fatto tutto chera in mio potere

per ottener per lui piena giustizia.

Ma presentarsi in patria in questa guisa,

in armi, a farsi giustizia da s,

con la pretesa di aprirsi la via

a conquistar un diritto col torto...

tutto questo non pu trovar ragione.

E voi tutti che listigate a tanto

non fate che nutrir la ribellione,

e ribelli perci lo siete tutti.

NORTHUMBERLAND -

Il Duca ha formalmente dichiarato

che viene solo per riavere il suo;

e per il giusto di questa pretesa

noi tutti abbiam fatto giuramento

di dargli il nostro aiuto;

e non sabbia pi gioia chi linfrange.

YORK -

Bene, bene, ora vedo chiaramente

a quale mira son tese quellarmi.

N posso porvi io alcun rimedio;

esigua la mia forza militare,

e affatto inadeguata a questo compito.

Ma giuro, per Colui che mha creato,

che se potessi, varresterei tutti,

e vi costringerei, proni in ginocchio,

ad implorar la clemenza del re.

Ma dal momento che non m possibile,

vi sia palese chio resto neutrale.

E cos vi saluto... ammenoch

non vi piaccia venire nel castello,

e riposare l per questa notte.

BOLINGBROKE -

Questa unofferta che accettiamo, zio.

Ma dobbiamo convincer Vostra Grazia

a venir poi al castello di Bristol,

dove si dice siano rifugiati

Bushy, Bagot ed altri lor compari.

Costoro sono i veri parassiti

della nazione, e ho fatto giuramento

di schiacciarli e di sterminarli tutti.

YORK -

Forse verr; ma converr rifletterci,

perch sento una certa ripugnanza

a violare le leggi del paese.

Voi non siete n amici, n nemici

per me; siete soltanto benvenuti;

ed inutile chio mi prenda cura

delle cose di cui non c pi cura.(58)

(Escono)

SCENA IV

Un accampamento nel Galles

Entrano il Conte di SALISBURY e un CAPITANO gallese

CAPITANO -

Lord Salisbury, son gi dieci giorni

che a stento stiamo a trattenere qui

un certo numero di gente in armi,

e del re ancora nessuna notizia.

Perci ci scioglieremo. Vi saluto.

SALISBURY -

Aspettiamo, aspettiamo ancora un giorno,

fedel gallese, il re ripone in te

tutta la sua fiducia. Ancora un giorno!

CAPITANO -

Qui son tutti convinti

che il re morto. Non aspetteremo.

I verdi allori ormai su questa terra

sono tutti avvizziti,

le meteore atterriscono le stelle

fisse nel cielo; pallida, la luna

getta sguardi sanguigni sulla terra,

e profeti dal volto scheletrito

van sussurrando tremende catastrofi;

i ricchi han tutti facce ammusonite,

i malfattori danzano ed esultano:

gli uni perch pervasi dal terrore

di perder tutto quello di cui godono,

gli altri per lallettante prospettiva

di profittar dellira e della guerra.

Sono i tipici segni annunciatori

della caduta e la morte di re.(59)

Addio signore, i nostri cittadini

han preso tutti il volo,

certi che il loro re Riccardo morto.

(Esce)

SALISBURY -

Ah, Riccardo, chio guardo alla tua gloria

con gli occhi duna mente addolorata,

come una stella che dalla sua sfera

precipita su questa vile terra!

Il sole cala basso sulloccaso

e piange nel veder lapprossimarsi

di tempeste, sciagure, sedizioni.

Gli amici thanno tutti abbandonato

per correre a dar mano ai tuoi nemici,

e la fortuna ti sta tutta contro.(60)

(Esce)


ATTO TERZO

SCENA I

Il campo di Bolingbroke davanti a Bristol

Entrano BOLINGBROKE, YORK, NORTHUMBERLAND; soldati conducono prigionieri BUSHY e GREEN

BOLINGBROKE -

Conduceteli qui, davanti a me.

Bushy e Green, io non voglio tormentare

lanime vostre - che dovran ben presto

separarsi dai corpi - incrudelendo

contro le vostre vite perniciose

e infami. Non sarebbe carit.

Eppure per aver monde le mani

del vostro sangue, avanti a questi uomini

convien chio dica alcuni dei motivi

che vi fan meritevoli di morte.

Voi siete responsabili in comune

daver corrotto e pervertito un principe,

un sovrano regale, un gentiluomo,

per nobilt di nascita e lineamenti,

e avete fatto di lui un bastardo,

sfigurando la limpida sua vita.

Con le immonde vostre ore di lascivia

avete cagionato, virtualmente,

un divorzio tra lui e la regina,

rotto luso del talamo regale,

e macchiata la venust del viso

duna radiosa, splendida regina

con le lacrime scorse dai suoi occhi

a causa delle vostre turpi pratiche.

Io stesso, nato principe regale,

vicino al re nel sangue e nellaffetto

- almeno fino a tanto che voi due

non mi metteste in falsa e odiosa luce -

fui obbligato a piegare la testa

sotto il peso delle calunnie vostre,

e ad andar per il mondo,

a sospirare a nuvole straniere

il mio alito inglese

mangiando il pane amaro dellesilio,

mentre voi facevate osceno strame

dei miei dominii, abbattevate i boschi,

sradicavate dalle mie finestre

gli stemmi di famiglia,

cancellavate ovunque la mia impresa,(61)

facendo che di me nessuna traccia

di me restasse se non laltrui stima

ed il mio sangue. Tutto questo ed altro,

assai pi che due volte tutto questo,

vi condanna. Portateli al patibolo,

lasciateli alle mani del carnefice.

BUSHY -

Vien pi gradito a me

il colpo della scure del carnefice

che allInghilterra Bolingbroke. Addio.

GREEN -

Il Cielo prender le nostre anime,

e danner allinferno lingiustizia.

BOLINGBROKE -

Northumberland, vogliate provvedere

a che sian giustiziati, senza indugio.

(Escono Northumberland coi soldati e coi due prigionieri)

(A York)

Mi dicevate, zio, che la regina

a casa vostra. Nel nome di Dio,

che sia trattata come si conviene.

Ditele che le mando il mio saluto

e abbiate cura che le sian trasmessi

i miei migliori e pi devoti ossequi.

YORK -

Ho appunto gi spedito un gentiluomo

del mio seguito con una mia lettera

che le ricorda tutto il tuo riguardo.

BOLINGBROKE -

Grazie, gentile zio.

Signori, avanti, ad affrontar Glendower

e i suoi complici. Un altro sforzo ancora,

e poi sar la festa!

(Escono)

SCENA II

La costa del Galles

Rulli di tamburi e squilli di tromba.

Entrano RE RICCARDO, il VESCOVO DI CARLISLE, AUMERLE e soldati

RICCARDO -

quello che si vede laggi in fondo

il Castello di Barkloughly?

AULERLE -

S, mio signore. Non ha vostra grazia

sollievo allaria, dopo il tramestio

del mare grosso?

RICCARDO -

Oh, s, mi piace molto.

E mi viene da piangere

per la gioia di stare nuovamente

coi piedi sul mio regno. Cara terra,

ti saluto col gesto della mano

sebbene ti feriscan dei ribelli

con gli zoccoli dei loro cavalli.

Come una madre stata troppo tempo

lungi dal suo bambino, al rivederlo

gioca con lui tra lacrime e sospiri,

colmo il cuore dimmensa tenerezza,

cos pur io, piangendo e sorridendo,

ti saluto, mia terra, e taccarezzo

col tocco delle mie mani regali.(62)

Non fornire, gentile terra mia,

nutrimento al nemico del tuo re,

n confortare con le tue dolcezze

lingordigia dei suoi sensi bestiali;

ma fa che siano intralcio al traditore

suo piede che con passo usurpatore

ti calpesta, i tuoi ragni

tumidi di veleno, e i traballanti

tardigradi tuoi rospi.

Offri pungenti ortiche ai miei nemici

e se colgano un fiore dal tuo grembo

metti a guardia, ti prego di quel fiore,

una vipera occulta che col tocco

mortale della biforcuta lingua

dia lor subita morte.

Non ridete di questo mio scongiuro

a cose prive danima,(63) signori.

Questo suolo avr sensi ed intelletto,

queste pietre saran tanti soldati

prima che il loro legittimo re

sia scrollato o vacilli sotto lurto

duna vile obbrobriosa sedizione.

CARLISLE -

Non dovete temere, mio signore:

lalto Potere che vha fatto re

pu conservarvi re, malgrado tutto.

E i mezzi che offre il cielo per difenderci

van sempre accolti, giammai rifiutati;

se il ciel vuole una cosa

e noi non siam disposti ad accettarla

come rifiutare la sua offerta

dei mezzi di soccorso e di salvezza.

AUMERLE -

Ei vuol significare, mio signore,

che noi ce ne restiamo troppo inerti

su quel che sha da fare, mentre Bolingbroke

profitta della nostra negligenza

per rafforzarsi duomini e di mezzi.

RICCARDO -

Sconfortante cugino!

Non sai che quando locchio indagatore

del cielo(64) si nasconde dietro al globo

a illuminare il sottostante mondo(65)

quaggi si sfrenano spavaldamente

orde di ladri e daltri malfattori

protetti dal favore della notte

a compiere omicidi e ruberie,

ma quando, uscendo dalle prode australi

della terrestre sfera esso risorge

a infiammar lorgogliose cime a oriente,

sfavillando i suoi raggi tuttintorno

a illuminare ogni buco del crimine,

allora gli assassinii, i tradimenti,

gli esecrati delitti dogni specie,

una volta che il manto della notte

sia stato tolto dalle loro spalle

appaiono alla vista spogli e nudi,

e tremanti alla vista di se stessi?

Cos quando quel ladro traditore

di Bolingbroke, che in tutto questo tempo

ha fatto i suoi bagordi nella notte

mentre noi eravamo cogli antipodi,(66)

ci vedr sorgere ancora ad oriente

sul nostro trono, allora i suoi delitti

gli appariranno nel rossor del viso;

e, non potendo sostener lo sguardo

del giorno, sar clto da tremore,

sgomentato dalla sua stessa colpa.

Tutta lacqua del burrascoso mare

non lava il sacro crisma dellunzione

dalla fronte dun consacrato re.

N vale umano fiato a dir parola

che deponga chi fu scelto da Dio

ad esser suo vicario sulla terra.

Per ciascun uomo costretto da Bolingbroke

a sollevar il suo perverso acciaio

contro la nostra dorata corona,

Iddio Signore, per il suo Riccardo

ha reclutato, al soldo celestiale,

un angelo della gloriosa schiera.

E quando gli angeli scendono in campo,

i deboli mortali han da soccombere,

ch sempre il cielo vigila sul giusto.

Entra SALISBURY

Salute a voi, signore.

Quanto ancora lontano il vostro esercito?

SALISBURY -

Lontano, pi o meno,

ma lo sconforto muove la mia lingua

e mi fa dir parole disperate.

Laver tu ritardato dun sol giorno

ha oscurato, ho paura, mio signore,

i tuoi giorni radiosi sulla terra.

Oh, se potessi richiamare indietro

il giorno che fu ieri,

e comandare al tempo di arretrare,

e poter riavere, come ieri,

dodicimila uomini

pronti a combattere; ma oggi, oggi,

troppo tardivo sciagurato giorno,

distrugge la tua gioia, i tuoi amici,

le tue fortune, la tua potest;

perch tutti i gallesi,

dando credito a chi ti dice morto,

sono passati a Bolingbroke,

e si sono dispersi, o son fuggiti.

AUMERLE -

Animo, Sire! Fatevi coraggio!

Perch impallidita vostra grazia?

RICCARDO -

Ancora poco fa,

sulla mia guancia trionfava il sangue

di ventimila uomini...

e son fuggiti. Fino a che altrettanto

non torni a rifluirvi,

non ha forse ragione la mia faccia

dapparirti cos pallida e smorta?

Tutti quelli che vogliono scamparla

fuggono dal mio fianco, perch il tempo

ha gettato una macchia sul mio orgoglio.

AUMERLE -

Coraggio, Sire! Pensate a chi siete!

RICCARDO -

vero, ho perso coscienza di me.

Svegliati, trasognata maest! Tu dormi.

E che! Non sono il re? E questo nome

non vale forse ventimila uomini?

Su, rmati, mio nome!

Armati! Un meschinello di tuo suddito

tenta colpire la tua grande gloria.

Non ve ne state l con gli occhi bassi,

favoriti dun re! Non siamo in alto?

E dunque in alto i cuori!

So che zio York ha forze sufficienti

per servire allimpresa...

Entra Sir STEPHEN SCROOP

Ma chi viene?

SCROOP -

Felicit e salute al mio sovrano,

pi di quanto gli annunci la mia voce

affannata.

RICCARDO -

Il mio orecchio aperto

ed il mio cuore preparato a tutto.

Il peggio che tu possa rivelarmi

non sar che una perdita terrena.

perduto il mio regno?

Ebbene il regno era la mia croce.

Quale perdita mai

venire scaricati di una croce?

Bolingbroke si vuol far come noi grande?

Non sar mai pi grande.

Se serve Dio, anche noi lo serviamo,

e in questo siamo pari, lui ed io.

Sono in rivolta alcuni nostri sudditi?

A questo non abbiamo alcun riparo:

rompon, prima che a noi, la fede a Dio.

Annunciami sciagure, distruzione,

rovina, decadenza dal mio regno...

La morte sempre il peggio

ed essa sapr sceglier la sua ora.

SCROOP -

Ho piacere a vedere vostra altezza

cos ben corazzata

a ricever notizie di sventura.

Simile ad uno di quei temporali

che si scatenano fuori stagione,

e fanno straripar gli argentei fiumi

e sommerger le rive,

quasi il mondo si sciolga tutto in lacrime,

tale straripa, traboccando gli argini,

lira gonfia di Bolingbroke,

coprendo la sgomenta vostra terra

di lampi di corrusco, duro acciaio,

e di cuori di questo ancor pi duri.

Contro la tua maest

hanno ferrato i lor canuti crani

esili vecchi dalla barba bianca;

ragazzi imberbi e di femminea voce

si rinforzano di far la voce grossa

e insaccano le lor femminee membra

dentro pesanti rigide armature,

contro la tua corona.

Perfino i pregatori a pagamento(67)

hanno imparato a tender i loro archi

dinfausto tasso,(68) contro il tuo regime.

Perfin le donne, allaspo solo aduse,

hanno imbracciato picche arrugginite

contro il tuo soglio. I giovani ed i vecchi

sono in rivolta e tutto va assai peggio

di quanto io sappia dire con parole.

RICCARDO -

Oh, lhai detta fin troppo bene, invece,

una s brutta storia!

Dov il conte di Wiltshire? Dov Bagot?

E Bushy? E Green?... Doverano costoro

per lasciar che un nemico insidioso

misurasse con passo indisturbato

il nostro territorio in lungo e in largo?

Se prevarremo, con la loro testa

pagheranno per questo. Sono certo

che han fatto pace con Enrico Bolingbroke.

SCROOP -

Pace con lui, s, certo, mio signore.

RICCARDO -

Ah, scellerati, vipere, dannati,

senza speranza pi di redenzione!

Cagnacci pronti a far festa a chiunque!

Serpenti riscaldati col mio sangue,

che mhanno morso il cuore!

Tutti e tre Giuda, e ciascuno dei tre

tre volte peggio! Hanno fatto la pace?

Per questa infamia, il tenebroso inferno,

faccia guerra alle lor anime perse!

SCROOP -

Il pi tenero amore, cambiando natura,

si converte nellodio pi mortale;

come vedo, ma le maledizioni

test scagliate sulle loro anime,

potete rimangiarvele, signore:

perch quelli la pace lhanno fatta

colle lor teste, non con le lor mani.

Quelli che avete or ora maledetto

han ricevuto la peggior ferita

che morte possa infliggere ad un uomo;

e il loro posto al fondo duna fossa.

AUMERLE -

Come! Bushy, Green morti?

E anche morto il conte di Wiltshire?

SCROOP -

Tutti han lasciato le lor teste mozze

a Bristol, mio signore.

AUMERLE -

Dov il duca mio padre con le truppe?

RICCARDO -

Ormai pi non mimporta di saperlo.

Nessun pi mi parli di conforto.

Di tombe tempo di parlare, adesso,

di epitaffi, di vermi e di nientaltro;

sia nostra carta ormai solo la polvere

della terra, e scriviamoci "dolore".

Non ci resta che sceglierci il notaio

a cui dettare i nostri testamenti.

Anzi, nemmeno questo: un re deposto

lascia solo il suo corpo, steso a terra:

le nostre propriet, le nostre vite

tutto ora di Bolingbroke;

nulla c pi che possiamo dir nostro

tranne la morte, e quel pugno di terra

che servir da calco e da coperchio

alle tristi ossa nostre. Per lamor di Dio,

sediamo in terra(69) a raccontarci storie

della morte di re... e come alcuni

furon deposti, ed altri uccisi in guerra,

altri perseguitati dai fantasmi

di quelli chessi avevano deposto;

alcuni avvelenati dalle mogli,

altri uccisi nel sonno:

tutti scomparsi per morte violenta...

Perch nel cerchio di quella corona

che dun re cinge le mortali tempie

Madonna Morte tiene la sua corte,

e l siede, grottesca commediante,

a farsi scherno della sua maest,

a sogghignar a tutta la sua pompa,

concedendogli un alito di vita,

una piccola parte sulla scena,

perchegli possa, in veste di monarca,

signoreggiare, incutere timore

col fulminante sguardo;

infondendogli boria e vanit,

come se questa frale nostra carne

che ci cinge la vita come un muro

fosse fatta di bronzo inespugnabile;

e, dopo averci cos lusingato,

arriva lei e, con un spillino,

perfora, tic, il muro, ed addio re!...

Signori, gente, copritevi il capo,

e non beffate con solenni inchini

uno ch forma sol di carne e sangue.

Gettate via rispetto, tradizione,

cerimoniale e bassa sudditanza!

Fino ad oggi mavete mal compreso

scambiandomi per quello che non sono;

mentrio vivo di pane come voi,

ho i bisogni che avete tutti voi,

assaporo il dolore come voi,

necessito di amici come voi.

Se dunque son soggetto a tutto questo,

come potete voi chiamarmi re?

CARLISLE -

Signore, il saggio non si siede mai

a lacrimare sulle sue sciagure;

pensa piuttosto a prevenirle in tempo.

La paura che abbiamo del nemico,

indebolisce in noi la resistenza,

e d al nemico quella maggior forza

che gli vien dalla nostra debolezza.

Ed cos che il nostro vaneggiare

ci si ritorce contro a nostro danno.

Temete, e non potrete che soccombere:

se invece combattete,

nulla di peggio vi potr accadere;

morire combattendo,

la morte che vince sulla morte;

morir nella paura di morire,

rende alla morte un ben servile omaggio.

AUMERLE -

Mio padre ha un esercito;

raggiungetelo e fate insieme a lui

un sol corpo di queste sparse membra.

RICCARDO -

Giusto richiamo il tuo! Borioso Bolingbroke,

ti verr a rendere colpo per colpo,

e sar il giorno del nostro destino!

Questo attacco febbrile di paura

m passato; ed impresa da poco

riconquistare il proprio. Parla, Scroop,

dov mio zio York con le sue truppe?

Parla dolce, se pure dal tuo aspetto

traspare lamarezza.

SCROOP -

Dallaspetto del cielo, monsignore,

si giudica del tempo che far.

Cos dallocchio mio smarrito e cupo

potete anticiparvi da voi stesso

le pi gravi notizie

che la mia lingua ha ancora da annunciarvi;

ed io a dirvi il peggio a brano a brano,

non farei altro che il torturatore.

Dunque ecco tutto: il Duca vostro zio

passato da Bolingbroke, signore;

tutte le vostre roccaforti a nord

si sono arrese; al sud, i vostri nobili

sono accorsi da lui, armi e bagagli.

RICCARDO -

Basta, hai detto abbastanza!

(Ad Aumerle)

E tu, cugino,

maledetto, che mhai test stornato

dal sentiero della disperazione

che avevo s dolcemente imboccato!

Che dici adesso? Quale altro conforto

dici che ci rimane?... Per il cielo,

chiunque ormai mi parli di conforto

savr il mio odio eterno! Andiamo, andiamo!

Al castello di Flint!(70) E l rinchiuso

io voglio consumare la mia angoscia:

un re ridotto schiavo del dolore!

Congedate le mie residue truppe:

che se ne tornino ad arar la terra

che almeno d speranza dun raccolto:

io, speranza di frutti, non ne ho pi.

E dunque che nessuno apra pi bocca

ad esortarmi di cambiare idea,

perch sarebbe vano ogni consiglio.

AUMERLE -

Una parola ancora, mio sovrano.

RICCARDO -

Cugino, mi fa doppiamente torto

chi voglia ancor tentare di ferirmi

con le lusinghe della propria lingua.

Mettete i miei seguaci in libert.

Che lascino la notte di Riccardo

per il radioso mattino di Bolingbroke!

(Escono)

SCENA III

Entrano, con tamburi e bandiere, BOLINGBROKE, YORK, NORTHUMBERLAND, con soldati.

BOLINGBROKE -

Dunque, secondo quanto scritto qui,

i gallesi si son tutti sbandati,

e incontro al re, sbarcato qui da presso

su questa costa, andato solo Salisbury

con un manipolo di fedelissimi.

NORTHUMBERLAND -

Mi pare una notizia confortante.

Riccardo dunque qui poco lontano,

a nascondersi il capo.

YORK -

Lord Northumberland,

per voi Riccardo ancora "Re Riccardo"!

Fareste meglio a chiamarlo cos.

Infausti tempi quelli in cui un re

si vede stretto a nascondersi il capo.

NORTHUMBERLAND -

Vostra grazia mi deve aver frainteso:

ho omesso il titolo per brevit.

YORK -

C stato un tempo in cui se aveste usata

anche con lui la vostra brevit,

sarebbe stato anchegli tanto breve

con voi, da raccorciare il vostro corpo

di tutta la lunghezza della testa,

per aver voi accorciato il suo titolo.

BOLINGBROKE -

Non prendete le cose pel malverso

pi di quanto dovreste, caro zio.

YORK -

E tu, mio buon nipote,

non intendere pi di quanto devi,

che non abbia a fraintendere anche il cielo

che sta sul nostro capo.

BOLINGBROKE -

Lo so, zio,

ed io non vado contro i suoi disegni.

Entra Enrico PERCY

Oh, ma chi vedo qui! Salute, Enrico!

Dunque, sarrende o no, questo castello?

PERCY -

guardato dagli uomini del re,

che ne sbarran laccesso, monsignore.

BOLINGBROKE -

Del re?... L dentro non c nessun re!

PERCY -

Uno ce n, signore: Re Riccardo,

che dentro quelle mura ha preso alloggio;

e son con lui Lord Aumerle, Lord Salisbury,

Sir Stephen Scroop ed un alto prelato

del quale non potei sapere il nome.

NORTHUMBERLAND -

Probabilmente il vescovo di Carlisle.(71)

BOLINGBROKE -

Northumberland, andate con laraldo

ai piedi del rupestre contrafforte

dellantico castello,

e con lo squillo duna bronzea tromba

mandate nelle sue dirute orecchie

il segnale dinvito a parlamento,

accompagnato da queste parole:

"Enrico Bolingbroke, inginocchiato,

"bacia la mano a Riccardo suo re,

"e rivolge allaugusta sua persona

"i sensi della sua sottomissione

"e della sua sincera fedelt.

"Egli pronto a deporre ai piedi suoi

"armi ed armati, a patto che il suo bando

"si revochi, e gli sian rese le terre

"libere e senza vincoli di sorta.

"Diversamente, si vedr costretto

"ad usare il vantaggio della forza

"ed a bagnare questa estiva polvere

"col sangue che sar versato a pioggia

"dalle ferite degli inglesi uccisi.

"Ma quanto sia lontano dal suo animo

"di far che un tal rossigno temporale

"abbia a inondare il fresco grembo verde

"della terra del biondo re Riccardo(72)

"Enrico Bolingbroke lo vuol provare

"rendendo a lui il suo devoto omaggio"

Andate e proclamate questannuncio.

Noi proseguiamo la nostra avanzata

sullerboso tappeto della piana.

(Northumberland, con un trombettiere,

avanza fin sotto le mura del castello)

Marciamo senza fragor di tamburi,

chessi possano scorger da lontano,

dagli spalti diruti del castello,

lo scintillio delle nostre armature.

Mi pare come se Riccardo ed io

dovessimo scontrarci

con la stessa terribile veemenza

degli elementi del fuoco e dellacqua

allor che il loro cozzo rimbombante

squarcia del ciel lannuvolata faccia.

Sia egli il fuoco, io larrendevol acqua,

sia sua la rabbia, mentrio non su di lui,

ma sulla terra piover benigna.

In marcia, dunque, andiamo ad osservare

con che piglio ci accoglie Re Riccardo.

Tromba a parlamento - Risposta dal castello.

Appaiono sugli spalti RE RICCARDO, il VESCOVO DI CARLISLE, AUMERLE, SCROOP, SALISBURY

PERCY -

Guardate, toh, Re Riccardo in persona

che appare di lass simile al sole

quando si leva, rosso di corruccio,

dallinfuocato portale doriente

e saccorge che le invidiose nuvole

saccingono a offuscare il suo splendore

e a macchiare la luminosa traccia

del suo pellegrinaggio ad occidente.

YORK -

Eppure ha sempre laspetto dun re.

Guarda il suo occhio, com luminoso,

come quello dunaquila,

e dardeggia imperiosa maest.

Ah, che pena, che s bella visione

debba patire dessere offuscata

dalla macchia della cattiva sorte!

RICCARDO

(A Northumberland)

Siamo stupiti; a lungo abbiamo atteso,

che flettessi il ginocchio innanzi a noi,

in atto di timore e riverenza,

credendoci il legittimo tuo re.

Se vero che lo siamo, qual motivo

fa tanto ardite quelle tue giunture

da non renderci il doveroso ossequio?

Se poi credi che non lo siamo pi,

additaci la mano

con la quale la volont di Dio

ci dispens da questo ministero;

ma noi sappiamo che nessuna mano

di sangue e dossa pu tenere in pugno

il sacro nostro scettro

se non in forza dunusurpazione

profanatrice, o duna ruberia.

Se pur tu pensi che, sul tuo esempio,

tutti han da noi strappato le loro anime,

lasciandoci impotenti e senza amici,

sappi, per, che Dio Onnipotente,

mio signore e padrone,

va reclutando per me tra le sue nuvole

interi eserciti di pestilenze

ed esse colpiranno i vostri figli

non ancor nati, e neppur concepiti,

di voi che osate alzar contro il mio capo

le vostre mani dumili vassalli

per attentare alla regal maest

ed alla gloria della mia corona.

Fa sapere pertanto a Enrico Bolingbroke,

perch immagino sia laggi in attesa,

chogni suo passo su questa mia terra

un tradimento, gravido di rischi.

Egli viene ad aprire il testamento

vermiglio(73) duna guerra sanguinosa;

ma prima che potr godersi in pace

lagognata corona sul suo capo,

la "corona"(74) di diecimila teste

sanguinolente di figli di madre

avr ridotto secco ed avvizzito

il bel fiore del volto dInghilterra,

e tinto di vermiglia indignazione

il virgineo pallor della sua pace,

ed irrorato lerba dei suoi pascoli

di devoto e fedele sangue inglese.

NORTHUMBERLAND -

Non voglia il Re dei cieli

che sabbatta sul re nostro signore

una s barbara civil contesa!

Il tuo nobil cugino Enrico Bolingbroke

ti bacia supplice laugusta mano

e ti giura, sullonorata tomba

che serra lossa del vostro grande avo;

sulla regalit del vostro sangue,

comune alluno e allaltro, scaturigine

da una stessa purissima sorgente;

sulla mano del suo sepolto padre,

lardimentoso Gaunt;

sul suo stesso valore e sul suo onore

- giuramento che tutti gli altri assomma -,

chaltro scopo non ha, venendo qui,

che reclamar gli aviti suoi diritti

e chiedere in ginocchio a Vostra altezza

la revoca immediata del suo bando;

che tutto ci una volta garantitogli

dalla sovrana vostra autorit,

consegner alla ruggine

tutte le sue sfolgoranti armature,

alle lor stalle i bardati destrieri,

ed il suo cuore al leale servizio

della vostra maest. Giura da principe,

che tutto questo giusto e sacrosanto,

ed io, da gentiluomo, lo confermo.

RICCARDO -

Northumberland, cos risponde il re:

gli dirai: il suo nobil cugino

benvenuto, ed ogni suo diritto

trover incontrastato accoglimento.

Con tutto il garbo di cui sei capace

da al suo nobile orecchio il mio saluto.

(Northumberland si ritira)

(Ad Aumerle)

Cugino, ci abbassiamo, non vero,

a mostrarci cos condiscendenti

e ad esprimerci in cos dolci termini?

Che dici, richiamiamo qui Northumberland,

e mandiamo una sfida al traditore,

per poi morire?

AUMERLE -

No, mio buon sovrano.

Combattiamo a parole di dolcezza,

fin che il tempo ci porti degli amici,

e con essi il soccorso delle spade.

RICCARDO -

Ahim, mio Dio, che proprio questa lingua

che pronunci il verdetto dellesilio

contro quel tracotante traditore

si debba trovar ora a ritrattarlo,

ed anche con parole di lusinga!

Oh, fossio grande come la mia ambascia

o pi piccolo del mio nome!... Ahim,

poter dimenticar chi sono stato,

o poter cancellarmi dalla mente

quellio che ora sono costretto ad essere!

Orgoglioso mio cuore, ti fai gonfio?

Ed io ti lascio libero di battere;

tanto i nostri nemici sono liberi

di batterci ambedue, sia me che te.

AUMERLE -

Ecco Northumberland che torna, Sire;

ci porter la risposta di Bolingbroke.

RICCARDO -

Che cosa dovr fare adesso il re?

Chinare il capo? Ebbene, lo far.

Farsi deporre? Si rassegner.

Devo perdere il titolo di re?

Vada anche quello, nel nome di Dio!

I miei splendidi ori

per un filo di grani di rosario;

la mia ricca dimora

per unumile cella da eremita;

la mia veste fastosa

per un saio di frate zoccolante;

i miei sfarzosi calici

per una rozza ciotola di legno;

il mio scettro da re,

per un umil bordone da palmiere;(75)

la massa dei miei sudditi

per un paio di statue di santi;

ed il mio vasto regno,

per unoscura, minuscola fossa!...

O meglio, no: mi far seppellire

sotto il selciato duna via maestra,

una di quelle strade pi battute,

dove i piedi dei sudditi, ad ogni ora,

calpestino la testa al loro re:

perch se adesso, mentre sono vivo,

mi calpestano il cuore,

perch non devon calpestarmi il cranio,

una volta sepolto?...

(Ad Aumerle che si asciuga una lacrima)

Tu piangi, mio sensibile cugino.

Ma con le dileggiate nostre lacrime

faremo strame delle messi estive,

tanto da provocar la carestia

su questa terra di gente ribelle;

o potremo magari divertirci,

burlandoci di tutti i nostri guai,

a gareggiar tra noi a chi pi bravo

a versar lacrime. Cos, ad esempio:

farle cadere sullo stesso punto,

per terra, fino a scavare due fosse,

e su di noi, l seppelliti, scritto:

"In questo luogo giaccion due cugini

che si scavarono da s la tomba

con le lacrime uscite dai loro occhi".

Un tal dolore non farebbe colpo?

Eh, ma maccorgo di parlare a vanvera

e tu ridi di me... Mio Lord Northumberland,

potentissimo principe,

che dice allora il nostro Enrico Bolingbroke?

La sua maest conceder a Riccardo

la licenza di vivere,

finch Riccardo muoia di sua morte?

Fategli un bellinchino,

e Bolingbroke a voi dir di s.

NORTHUMBERLAND -

Vaspetta di persona, monsignore,

gi nella bassa corte,

per parlarvi. Degnatevi di scendere.

RICCARDO -

Scender, scender,

come un Fetone tutto sfavillante,

ma incapace di trattenere le briglie

a una pariglia di cavalli brocchi.

Gi nella bassa corte: gi, la corte

dove i re si riducon tanto in basso

da accorrere solleciti allappello

dei traditori a render loro omaggio!

Gi nella bassa corte?

S, gi corte, gi re! Perch lass

dove dovrebbero cantar le allodole

ormai non stridono che le civette!

(Si ritira con gli altri dagli spalti)

BOLINGBROKE -

(A Northumberland)

Che dice sua maest?

NORTHUMBERLAND -

Dolore e ambascia lo fanno parlare

come uno che farnetica. Ma eccolo.

Entra RE RICCARDO, uscendo dal Castello col seguito

BOLINGBROKE -

Fate largo, e mostrate a sua maest

il dovuto rispetto...

(Inginocchiandosi a Riccardo)

Mio grazioso sovrano...

RICCARDO -

Bel cugino,

tu umilii il principesco tuo ginocchio

e lasci insuperbir la bassa terra

nel permettere ad essa di baciarlo.

Avrei pi caro che fosse il mio cuore

a sentire il tuo affetto,

non il mio occhio a vedere questo ossequio

chesso non pu gradire.

(Rialzandolo)

Su, su, cugino, che il tuo cuore su,

lo so. Sta in alto almeno fino qui,

(Si tocca la fronte)

anche se il tuo ginocchio tocca terra.

BOLINGBROKE -

(Alzandosi)

Vengo soltanto a chieder quel che mio.

RICCARDO -

Il tuo tuo, e tuo son pure io,

e tuo tutto.

BOLINGBROKE -

Voi sarete mio,

mio signore, per quanto i miei servigi

abbiano a meritarmi il vostro affetto.

RICCARDO -

Tu meriti gi molto.

Sono ben meritevoli di avere,

quelli che sanno il modo pi deciso

per ottenere.

(A York)

Zio, le vostre mani.

(Gli prende le mani)

Asciugatevi gli occhi, via le lacrime!

Le lacrime son mostra daffezione,

ma non rimedio a ci che le produce.

(A Bolingbroke)

Io sono troppo giovane, cugino,

per essere tuo padre,

mentre tu sei maturo quanto basta

per essere mio erede.

E quel che brami io te lo dar,

ed anche volentieri;

dobbiamo fare ci che forza vuole,

e forza vuole che si vada a Londra.

Non cos, cugino?

BOLINGBROKE -

S, signore.

RICCARDO -

Se per te s, non posso io dire "no".

(Escono)

SCENA IV

Il giardino del Duca di York

Entra la REGINA con due DAME

REGINA -

Che gioco inventeremo, qui in giardino,

per divagare la mente

dallansioso pensiero che lopprime?

DAMA -

Si pu giocare alle bocce, signora.

REGINA -

Questo gioco mi fa tornare in mente

che la mia vita cosparsa dintoppi,(76)

e che la mia fortuna va sbilenca,

correndo obliqua, come contro un peso.(77)

DAMA -

Si pu danzare, allora.

REGINA -

No, nemmeno;

le mie gambe non trovano diletto

in nessuna misura, (78) quando il cuore

non conosce misura nella pena.

Perci, fanciulla cara, niente danza.

Pensa a qualche altro gioco.

DAMA -

Ci raccontiamo qualche storia, allora?

REGINA -

Triste o gioiosa?

DAMA -

Luno e laltro genere.

REGINA -

No, nessuno dei due, ragazza mia;

perch quelle che parlano di gioia,

poich di questa son del tutto priva,

tanto pi mi ricordan la mia pena,

mentre quelle che parlan di dolore,

poich solo dolore m rimasto

servirebbero solo ad aggravarlo.

Quello che ho gi non voglio raddoppiarlo,

quel che mi manca, non voglio compiangerlo.

DAMA -

Signora, allora canter. Va bene?

REGINA -

Son felice che tu nabbia motivo;

ma pi gradito sarebbe al mio cuore,

se ti mettessi a piangere.

DAMA -

Posso anche piangere, se vi fa bene.

REGINA -

E io, se mi facesse ben piangere,

canterei, senza mai chiedere in prestito

da te una sola lacrima...

Entra un GIARDINIERE con due SERVITORI

Ma zitta!

Vengono i giardinieri.

Entriamo sotto lombra di questi alberi.

La mia miseria contro qualche spillo

che quelli parleranno di politica:

ne parlan tutti, quando nello Stato

sannuncia qualche grosso cambiamento.

Un malanno precede sempre un altro.

(La regina e le dame si ritirano sotto gli alberi)

GIARDINIERE -

(A uno dei suoi uomini)

Va, lega i rami di quellalbicocco

che come tanti indocili monelli

fanno piegar la schiena al loro padre

con tutto il peso della lor grandezza.

Metti un puntello a quei rami pendenti.

(Ad un altro)

E tu va a fare il boia agli altri rami

che svettano, cresciuti troppo in fretta,

taglia loro la testa,

che non spicchino troppo in mezzo agli altri

di questa nostra piccola repubblica.

Sotto il nostro governo, tutti eguali!

E mentre voi voccupate di questo,

io vado a sradicare quelle erbacce

che succhiano la forza del terreno

senza dare alcun frutto, e fanno ostacolo

al crescere di fiori salutari.

PRIMO SERVO -

Perch dovrebbe poi toccare a noi,

nel breve spazio duna staccionata,

mantener legge e ordine e misura,

quasi a esibire questo nostro fondo

come un modello di governo dordine,

quando il nostro giardino acqua-cintato,(79)

questa intera Inghilterra, voglio dire,

rigurgita derbacce, e i suoi bei fiori

son soffocati, e le siepi arruffate,

le belle aiuole tutte in gran disordine,

e le buone erbe sommerse dai bruchi?

GIARDINIERE -

Zitto. Colui che questa primavera

caotica ha permesso, giunto anchegli

al suo spogliante autunno. Le malerbe

cresciute sotto il largo suo fogliame

e che sembrava che lo proteggessero

mentre lo divoravano, strappate

sono state con le radici e tutto

da Bolingbroke, intendo il conte di Wiltshire,

e Bushy e Green.

PRIMO SERVO -

E che! Son tutti morti?

GIARDINIERE -

Morti; ed Enrico Bolingbroke

ha catturato il re dissipatore.

Che peccato non abbia egli curata

la sua terra, e non labbia coltivata

come noi questo piccolo verziere.

Noi, quand la stagione,

facciamo unincisione alla corteccia

ch la pelle degli alberi da frutto

perch il troppo rigoglio della linfa,

che sarebbe per essi come il sangue,

pu danneggiar la vita della pianta

per troppo nutrimento.

Avesse fatto lui cos con gli uomini

grandi ed in crescita del suo reame,

quelli potevan seguitare a vivere

fino a dar frutti dopere leali,

ed egli assaporarli. I rami inutili

noi li tagliamo perch vivan gli altri

che portan frutti. Avesse ei cos fatto,

avrebbe ancora in testa la corona

che lo sperpero in ozio di tante ore

ha trascinato in totale rovina.

PRIMO SERVO -

Che vuoi dire, che il re sar deposto?

GIARDINIERE -

Spodestato l gi; che sia deposto

probabile. Sono giunte ieri

a un caro amico del Duca di York

lettere con notizie disastrose.

REGINA -

(Uscendo dal nascondiglio)

Ah, son compressa a morte!

Soffoco dalla voglia di parlare!

(Al giardiniere)

Tu, chhai laria dun vecchio padre Adamo

ordinato a curar questo verziere,

come osa la tua rozza e goffa lingua

dar voce a s sgradevoli notizie?

Quale Eva, qual serpe ti ha tentato

a presagir la caduta delluomo

una seconda volta maledetto?

Perch di per deposto Re Riccardo?

Osi tu, che sei poco pi del fango,

predir la sua caduta?

Come ti sei imbattuto, dove, quando

in queste ciance? Parla, miserabile!

GIARDINIERE -

Perdonatemi. Provo poca gioia

a diffonder notizie come questa,

mia signora, ma quel che dico vero.

Re Riccardo si trova gi costretto

nella possente morsa di Bolingbroke.

Le lor fortune adesso si misurano

sulla stessa bilancia:

ma ormai sul piatto del signore vostro

non c che lui, con altre nullit

che gli fan calo al peso,

mentre sul piatto del potente Bolingbroke

ci sono tutti i pari dInghilterra

e ci fa tracollare la bilancia

da questa parte. Affrettatevi a Londra,

vedrete che cos comio vi dico;

e non pi di quanto sanno tutti.

REGINA -

O sventura, che s veloce hai il piede,

il tuo messaggio non era per me?

E perch son io lultima a saperlo?

Ah, forse hai tu pensato

di servirmi per ultima chio serbi

pi a lungo in petto tutta la mia pena.

Mie dame, andiamo ad incontrare a Londra

il re di Londra nella sua afflizione.

Misera me, per questo sarei nata?

Per ornare col mio volto attristato

il trionfo del vittorioso Bolingbroke?

Giardiniere, per queste dolorose

notizie che mhai detto,

far rivolgere preghiere a Dio

perch non faccia pi crescer germoglio

da quante piante tu possa innestare.

(Esce con le dame)

GIARDINIERE -

Sventurata regina! Se valesse

questo scongiuro a non volgere in peggio

la sorte che tattende,

pesi pur esso sulla mia perizia.

Ella ha lasciato cadere una lacrima

in questo punto; e qui voglio piantare

un bel ceppo di ruta,

lamarissima erba della grazia.

E ruta si vedr spuntare tra poco

in questo luogo, in segno di piet,

a ricordo duna regina in lacrime.(80)

(Escono)


ATTO QUARTO

SCENA I

Laula del Parlamento a Westminster

Entrano, come per una seduta del Parlamento, BOLINGBROKE, AUMERLE, NORTHUMBERLAND, PERCY, FITZWATER, SURREY, il VESCOVO DI CARLISLE e lABATE DI WESTMINSTER

BOLINGBROKE -

Fate entrare Bagot.

Entra BAGOT con ufficiali

Ora, Bagot,

parla libero e di quello che sai

sulluccisione del nobile Gloucester:

chi la tram col re,

chi fu di quella morte prematura

il sanguinario vero esecutore.

BAGOT -

Mettetemi a confronto con Lord Aumerle.

BOLINGBROKE -

(Ad Aumerle)

Cugino, degnati di farti avanti,

e venire a confronto con questuomo.

BAGOT -

So che la tracotante vostra lingua,

Lord Aumerle, non degna di smentita

ci che una volta ha detto.

Ma la notte in cui si tram tra noi

la morte di Lord Gloucester, son sicuro

davervi udito dire queste frasi:

"Non forse il mio braccio tanto lungo

da portarsi gi gi fino a Calais

dalla tranquilla corte dInghilterra

per agguantar la testa di mio zio?"

E vudii anche dire, son sicuro,

tra molti altri discorsi, quella notte,

che avreste volentieri rinunciato

a unofferta di centomila scudi,

pur di non far tornare Enrico Bolingbroke

sul suolo dInghilterra;

ed anche aggiungere che la sua morte

sarebbe una fortuna per la patria.

AUMERLE -

Quale risposta, principi e signori,

dovr io dare a questo miserabile?

Dovr disonorare le mie stelle(81)

al punto da dovergli dar con larmi

da pari a pari un severo castigo?

Mi sar forza farlo,

se lonor mio non vuol restar macchiato

dalla nefanda accusa chei mi muove.

Ecco il mio pegno,(82) sigillo di morte

che di mia man ti bolla per linferno.

(Gli getta in terra il segno di sfida)

Dichiaro che tu menti per la gola,

e prover col sangue del tuo cuore,

per quanto indegno dimbrattare il filo

di questa spada mia di cavaliere,

che falso, tutto falso quanto hai detto.

(Bagot sinchina e raccoglie il pegno,

ma Bolingbroke gli grida)

BOLINGBROKE -

Fermati, non raccoglierlo, Bagot!

AUMERLE -

Tranne uno,(83) di tutta questaccolita

vorrei fosse il migliore a provocarmi.

FITZWATER -

Se proprio il tuo valore tiene tanto

alluguaglianza di rango, Lord Aumerle,

ecco il mio pegno contro il tuo: ti sfido.

(Getta a terra il suo pegno di sfida)

Giuro per questo sole luminoso

che mi ti fa stanare dove sei,(84)

daverti udito dire, e menar vanto,

desser stato tu la causa prima

dellassassinio del nobile Gloucester.

E se pur lo negassi mille volte,

io ti dico che menti, e son pronto

a ricacciarti questa tua menzogna

nel cuore, l dovessa generata.

AUMERLE -

Vile, tu non vivrai fino a quel giorno!

FITZWATER -

Ah, per lanima mia!

Vorrei che fosse subito quellora!

AUMERLE -

Questa menzogna, Fitzwater,

ti condanna allinferno.

PERCY -

Tu menti, Aumerle:

lonore suo in questaccusa integro

quanto tu sei sleale nel negarla.

E che tale tu sia, ecco il mio pegno,

(Gli getta anche lui il pegno di sfida)

a dimostrartelo sulle tue carni,

fino allultimo anelito di vita.

Raccoglilo, se osi.

AUMERLE -

E se non oso,

mi vadano in cancrena le due mani

per non brandire pi vindice acciaio

sullelmo lucido del mio nemico.

(Raccoglie il pegno di sfida di Percy)

UN ALTRO LORD -

E la terra riceva pure il mio,

spergiuro Aumerle, ed a raccoglierlo

io ti sprono, con tutte le smentite

che possan rintronar, da un sole allaltro,(85)

il cavo del tuo orecchio traditore.

Eccoti il pegno del mio onore, Aumerle,

(Getta anchegli a terra il pegno)

e raccogli la sfida, se hai coraggio.

AUMERLE -

Non ce n pi che vogliano sfidarmi?

Perdio, son pronto a battermi con tutti!

Ho mille anime in corpo

per rispondere ad altri diecimila.

SURREY -

(Ironico)

Ah, s, ricordo bene, Lord Fitzwater,

quella volta che Aumerle e voi

discorrevate insieme...

FITZWATER -

vero, infatti,

ceravate anche voi, ricordo bene,

e mi potete far da testimonio

che quanto affermo pura verit.

SURREY -

Falso, falso, per quanto vero Iddio!

FITZWATER -

Surrey, tu menti!

SURREY -

Infame ragazzaccio!

Questa smentita tua

peser tanto sopra la mia spada,

che render vendetta per vendetta,

rivalsa su rivalsa,

fino a che tu, maestro di menzogne,

non giacerai con esse sottoterra,

inerte come il teschio di tuo padre.

Ed a prova di ci, questo il mio pegno,

e raccogli la sfida se hai coraggio.

(Butta anchegli a terra il suo pegno di sfida)

FITZWATER -

Sciocco! Sproni un cavallo gi al galoppo!

Non credo che moccorra pi coraggio

di quanto me noccorre per mangiare,

e bere, e respirare, e stare in vita,

per affrontare uno come te,

magari in mezzo a una landa selvaggia,

e l sputargli addosso,

gridandogli: "Tu menti, menti, menti!"

Ecco qua la mia polizza di credito

che tassicura una buona lezione.

Come vero chio voglio progredire

in questo rinnovato nostro regno,

cos vero che Aumerle colpevole

di ci di cui laccuso. C di pi:

dal duca di Norfolk, ora in esilio,

ho pure udito che fosti tu, Aumerle,

a spedire a Calais due tuoi sicari

per far assassinare il nobil duca.

AUMERLE -

Non c tra voi un onesto cristiano(86)

che voglia farmi credito dun pegno(87)

perch'io possa lanciar da qui a Norfolk

la mia sfida, e provargli ch un bugiardo?

Ecco, per ora butto a terra questo:(88)

mi prover con larmi lonor suo

se mai sia richiamato dallesilio.

BOLINGBROKE -

Tutte queste contese

rimangano in sospeso, come impegni,

finch Norfolk non sar richiamato.

Lo sar, infatti. E bench mio nemico,

sar reintegrato nei dominii

e nelle signorie che sono sue.

Decideremo dunque al suo ritorno

la sua prova dellarmi contro Aumerle.

CARLISLE -

Quel giorno, allora, non si vedr mai.

Lesiliato Norfolk ha combattuto

per la gloria di Cristo a pi riprese

contro pagani turchi e saraceni

sotto linsegna della santa croce;

poi, stanco dello sforzo della guerra,

si ritir in Italia, e l, a Venezia,

alla terra di quel dolce paese

affid il corpo, e lanima sua pura

al suo gran capitano Ges Cristo,

sotto le cui bandiere

aveva cos a lungo combattuto.

BOLINGBROKE -

Che, vescovo! Norfolk dunque morto?

CARLISLE -

Morto, comio son vivo, monsignore.

BOLINGBROKE -

Guidi lanima sua la dolce pace

nel grembo del buon vecchio padre Abramo.

Quanto alle vostre sfide, miei signori,

per ora restino tutte sospese:

fisser io le date delle prove.

Entra YORK

YORK -

Grande Duca di Lancaster,

io vengo a te da parte di Riccardo,

senza pi penne, che ben volentieri

ti adotta come suo diretto erede,

e rimette nella regal tua mano

il suo augusto scettro.

Ascendi dunque al trono dInghilterra

come suo successore, e vivi a lungo,

Enrico, quarto re di questo nome.(89)

BOLINGBROKE -

E nel nome di Dio Onnipotente,

io maccingo a salire al regal seggio.

CARLISLE -

Dio non lo voglia!... Di tutti il pi umile

in mezzo a tanta regal compagnia,

io son per colui che pi saddice

di parlare e di dir la verit.

Dio volesse che alcuno dei presenti

in questo nobilissimo consesso

trovasse in s abbastanza nobilt

per levarsi, sereno ed imparziale,

a giudice del nobile Riccardo:

quella sua nobilt gli detterebbe

di astenersi da un tale empio sopruso.

Ma a qual suddito dato

di pronunziar sentenza sul suo re?

E di quanti son qui

chi non suddito di re Riccardo?

Nemmeno i ladri sono giudicati

senzessere ascoltati,

per manifesta che sia la lor colpa.

Ed un re, ch limmagine vivente

della maest di Dio Onnipotente,

il suo primo soldato sulla terra,

il suo luogotenente, il suo vicario

unto dallolio santo, incoronato,

da tanti anni insediato nel trono,

come pu, dico, venir giudicato

dal subalterno accento dun suo suddito,

e in sua assenza?... Dio Onnipotente,

non permettere che in cristiana terra

anime battezzate faccian mostra

duna s empia, odiosa, oscena azione!

Io parlo a sudditi, io stesso suddito,

s arditamente per il mio sovrano

perch mi sento ispirato da Dio.

Questo Enrico, che voi chiamate re,

un turpe traditore del suo re

ch anche re dellorgoglioso Hereford.

E se a questo darete la corona,

questa la predizione chio vi faccio:

sangue inglese concimer la terra

per questa turpe azione, e gemeranno

per tale crimine le et future.

La pace andr a dormire il proprio sonno

tra i turchi e glinfedeli,

e in questa terra gi nido di pace

una serie di guerre tumultuose

metter contro fratelli a fratelli,

e famiglie a famiglie dun sol sangue.(90)

Qui siederanno allora la rivolta,

lo scompiglio, lorrore, la paura,

e faranno di questa terra un Golgota,

campo dei teschi degli inglesi uccisi.

Oh, se solleverete questa casa

contro questaltra casa,

sar la pi funesta spaccatura

che mai colp questa dannata terra.

Impeditelo, non lo permettete!

Fate del tutto perch non accada,

che i vostri figli ed i figli dei figli

non vi gridino la maledizione!

NORTHUMBERLAND -

Bella perorazione, monsignore!

E noi, in compenso di tanta fatica,

vi arrestiamo per alto tradimento.

A voi, signor Abate di Westminster

lincarico di prenderlo in custodia

fino al d del processo.

Signori, ora vogliate compiacervi

di accoglier la richiesta dei Comuni.(91)

BOLINGBROKE -

Voglio che sia condotto qui Riccardo

a confermar la sua abdicazione

avanti a tutti,

che non rimanga pi alcun sospetto.

YORK -

Vado a prenderlo ed a scortarlo qui.

(Esce)

BOLINGBROKE -

Signori, che qui siete sotto arresto,

procuratevi una malleveria

che vassista nel giorno del processo.

Poco dobbiamo noi al vostro affetto

cos come ben poco affidamento

abbiamo sempre fatto su di voi.

Rientra YORK con RE RICCARDO e ufficiali che recano la corona e lo scettro

RICCARDO -

Ahim, vedermi tratto avanti a un re

prima daver rimosso dalla mente

i pensieri del tempo mio di regno!...

Io non conosco larte di adulare,

di formular mielate piaggerie,

di chinare la schiena ed i ginocchi:

sia dato almeno il tempo alla mia pena

diniziarsi a una tal sottomissione.

Eppure le sembianze di questi uomini

me le ricordo bene. Erano i miei.

Gli stessi che gridavan: "Viva il re!"

Giuda fece lo stesso con il Cristo;

solo che dei suoi dodici seguaci

tutti egli ebbe fedeli, meno uno:

con me, nessuno su dodicimila!

"Dio salvi il re!"... Nessuno dice "amen"?

Tocca a me far da prete e da sacrista?

Amen, allora! Che Dio salvi il re!

Il re non son pi io? Amen lo stesso,

se per tale mi tiene ancora il Cielo!

Per qual bisogna sono qui chiamato?

YORK -

Per ripetere in pubblico

lofferta che di sua libera scelta

vostra maest ha gi fatto

di rinunciare al titolo di re

in favore del Duca Enrico Bolingbroke.

RICCARDO -

(A un ufficiale)

Datemi la corona.

(Lufficiale gli porge la corona)

(A Bolingbroke)

Ecco, cugino,

afferrala: la mano mia di qua,

la tua di l... Questa corona doro

ora somiglia ad un profondo pozzo

con due secchi che scendono gi a turno:

uno vuoto, che dondola nel vuoto,

laltro, non visto, in fondo, colmo dacqua.

Il secchio che va gi, pieno di lacrime,

son io, che delle mie profonde pene

mabbevero; tu sei quello che sale.

BOLINGBROKE -

Vi credevo disposto alla rinuncia.

RICCARDO -

Alla corona, s; ma le mie pene

restano e resteranno sempre mie.

Voi potete spogliarmi dei miei titoli,

della mia maest, delle mie glorie:

delle mie pene, no, perch di queste

ancora e sempre sar io il re.

BOLINGBROKE -

Con la corona, voi cedete a me

una parte di queste vostre cure.

RICCARDO -

Quelle cure che tu taccolli, in alto,

non malleviano delle mie qui in basso.

La mia cura la perdita di cure,

ora che ogni altra cura se n andata;

la tua cura lacquisto di altre cure

che tanta cura hai messo a perseguire.

Io mi tengo anche quelle che ti cedo;

restano ancor con me,

se pur sattengono alla corona.

BOLINGBROKE -

Siete daccordo a ceder la corona?

RICCARDO -

S, no; no, s... Perchio non son pi nulla,

non debbo dire n s e n no,

perci no, no: io mi rassegno a te.(92)

Attento ora a come mi disfaccio:

mi tolgo via dal capo questo peso,

dalla mia mano questo scettro incomodo,

dal mio cuore lorgoglio del potere.

Con le mie stesse lacrime

mi lavo lolio della sacra unzione.

Di mia mano consegno la corona.

Con la mia stessa lingua

rinnego il mio potere sconsacrato.

Con il mio fiato sciolgo i giuramenti,

rimetto a tutti i voti di lealt,

ripudio fasto e dignit regale,

rinuncio ai miei castelli, alle mie rendite,

revoco atti, statuti, decreti.

Voglia Dio perdonare i violatori

di tutti i giuramenti fatti a me,

e mantenere quelli fatti a te

inviolati; concedere a me

che ormai non ho pi nulla

di non avere a dolermi di nulla;

a te, che tutto ormai hai conseguito,

di tutto rallegrarti.

Possa tu vivere e sedere a lungo

sul trono di Riccardo,

e Riccardo giacere quanto prima

supino al fondo di terragna fossa.

"Dio salvi Enrico re!",

dice lo spodestato re Riccardo,

"e a lui mandi molti anni

di radiose giornate". Che pi resta?

NORTHUMBERLAND -

Nientaltro, solo che leggiate in pubblico

questa sequela di nefandi crimini

da voi commessi e dai seguaci vostri

contro lo Stato e il bene del paese

affinch, per la vostra confessione,

possano tutti giudicare giusti

i motivi per cui siete deposto.

RICCARDO -

Devo proprio? Disfare innanzi a tutti

il groviglio delle mie debolezze?

Mio gentile Northumberland,

se tutti i torti da te perpetrati

si trovassero scritti in un registro,

li leggeresti tu, senza vergogna,

dinnanzi a cos inclito consesso?

Supponiamo che tu potessi farlo:

tu potresti trovare in quellelenco

un paragrafo atroce

sulla deposizione dun sovrano

e la rottura del ferreo legame

dun sacro giuramento, e quel paragrafo

vedresti tinto duna macchia nera

e condannato nel libro del Cielo.

Anzi, voi tutti qui,

che avete gli occhi fissi su di me,

che abbaio su me stesso

come un cane tenuto alla catena,

pur se alcuno tra voi, come Pilato,

dentro di s se ne lavi le mani

e al di fuori fa mostra di piet,

voi tutti qui, come tanti Pilati,

mavete abbandonato alla mia croce;

e non c acqua che tal colpa lavi.

NORTHUMBERLAND -

Via, monsignore, non perdiamo tempo.

Leggete dunque questo documento.

RICCARDO -

Gli occhi mi si riempiono di lacrime,

non posso leggere; ma lumor salso

non me li rende ciechi fino al punto

chio non possa discernere qui attorno

un assortito branco di felloni.

Anzi, se volgo gli occhi su di me,

mi scopro dessere uno come loro,

per aver consentito alla mia anima

di spogliare di tutta la sua pompa

il corpo dun sovrano consacrato,

di avvilirne la gloria,

di abbassarne ad unumil sudditanza

lorgogliosa maest,

la potest al livello dun bifolco.

NORTHUMBERLAND -

Mio signore...

RICCARDO -

No, no, n tuo signore,

n dalcun altro, borioso insolente!

Io non ho nessun nome, nessun titolo,

e non ho pi nemmeno il nome mio

che mi fu imposto al fonte di battesimo.(93)

Ah, che giorno terribile mai questo,

che io, con tanti inverni sulle spalle,

non sappia pi con che nome chiamarmi!

Oh, fossi un re per gioco, un re di neve,

e dissolvermi in mille gocce dacqua

al calore del sole di Bolingbroke!

(A Bolingbroke)

O tu, buon re, gran re - seppur non grande

nella bont - se ancor la mia parola

moneta che ha corso in Inghilterra,

fammi portare subito uno specchio(94)

chio vi possa vedere la mia faccia

com, dopo che in essa la maest

ha fatto bancarotta.

BOLINGBROKE -

Vada qualcuno a prendere uno specchio.

(Esce uno del seguito)

NORTHUMBERLAND -

Intanto, nellattesa dello specchio,

mio signore, leggete questa carta.

RICCARDO -

Demonio! Vuoi gi darmi il tuo tormento

avanti chio precipiti allinferno!

BOLINGBROKE -

Lascia stare, Northumberland, desisti.

NORTHUMBERLAND -

Ma i Comuni non saccontenteranno.

RICCARDO -

I Comuni saranno soddisfatti

perchio legger loro quanto basta,

quando avr sotto gli occhi il vero libro

dove son scritti tutti i miei peccati,

vale a dire me stesso.

(Rientra luomo con lo specchio,

Riccardo glielo strappa dalle mani)

Qua quello specchio! qua chio voglio leggere.

(Guardandosi allo specchio)

Come! Non pi scavata di cos

la mia faccia? Con tanti colpi inferti,

non vi lasci il dolor pi grossa traccia?

Ah, specchio adulatore, tu minganni

come facevano i miei cortigiani

nella felice stagion del mio regno.

Era questa la faccia che, ogni giorno,

provvedeva per diecimila uomini

sotto il tetto della sua stessa casa?

La stessa che, radiosa come un sole,

costringeva chiunque la guardasse

ad abbassar le palpebre?

Che s allietata di tante follie

per abbassarsi infine avanti a Bolingbroke?

Fragile gloria splende in questa faccia,

fragile com fragile la gloria!

(Scaglia lo specchio a terra)

Eccoti frantumato in mille pezzi!

Annota, re votato ormai al silenzio,(95)

la morale di tutto questo scherzo:

con qual rapidit

il dolore ha distrutto la mia faccia.

BOLINGBROKE -

(Indicando lo specchio in frantumi)

Quella era lombra della vostra faccia

e a distruggerla, come avete fatto,

stata lombra del vostro dolore.(96)

RICCARDO -

Lombra del mio dolore... S, ripetilo...

Ah, s, vediamo, vero, proprio vero!

Il mio dolore infatti tutto dentro

e queste forme esterne

sono soltanto ombre della pena

che non si vede e che cresce in silenzio

allinterno dellanimo straziato.

l lessenza vera del dolore;

e grazie, o re, alla tua munificenza

che mi fornisce non solo le cause

dei miei lamenti, ma minsegna il modo

anche di lamentare quelle cause.

Ti chiedo solo una grazia, e poi vado,

non ti disturbo pi. Posso ottenerla?

BOLINGBROKE -

Senzaltro. Ditela, gentil cugino.

RICCARDO -

"Gentil cugino"... Sono pi dun re!

Quandero re, i miei adulatori

non erano che sudditi;

ed ora che son divenuto suddito,

ho come adulatore un re. Ma allora,

quale bisogno ho io di supplicare

per una grazia, se son cos grande?

BOLINGBROKE -

Chiedete, ad ogni modo.

RICCARDO -

Ed otterr?

BOLINGBROKE -

Ma certo!

RICCARDO -

Allora lasciami andar via.

BOLINGBROKE -

Dove?

RICCARDO -

Dove vorrai, purch lontano

il pi possibile dalla tua vista.

BOLINGBROKE -

(A quelli del seguito)

Allora accompagnatelo alla Torre!

RICCARDO -

Oh, bene: "accompagnatelo!"

Potevi dir "rubatelo", piuttosto,

perch qui siete tutti quanti ladri,(97)

voi che con tanta rapida destrezza

salite perch un vero re discende.

(Esce scortato da alcune guardie e da alcuni pari)

BOLINGBROKE -

Stabiliamo che mercold venturo

abbia solennemente luogo il rito

dellincoronazione...

Signori, preparatevi.

(Escono tutti meno il Vescovo di Carlisle,

labate di Westminster e Lord Aumerle)

WESTMINSTER -

Doloroso spettacolo!

CARLISLE -

E foriero di chi sa che sciagure.

I figli che non sono ancora nati

dovran sentire nelle loro carni

le trafitture di questa giornata!

AUMERLE -

Sacri prelati, ma non c alcun piano

per cancellare da questo paese

lonta di questa perniciosa macchia?

WESTMINSTER -

Signore, prima chio vi possa dire

liberamente il mio pensiero in merito,

voglio che mi facciate giuramento

non solo di tener sepolti in voi

i miei piani segreti, ma altres

di dichiaravi pronto a porre in atto

qualunque cosa io possa progettare.

Vedo le vostre fronti corrucciate,

specchio dei vostri cuori esacerbati,

i vostri occhi offuscati dalle lacrime...

Venite a cena da me questa sera:

vi esporr un piano che aprir la via

a giorni pi felici per noi tutti.

(Escono)


ATTO QUINTO

SCENA I

Londra, una via che mena alla Torre.

Entra la REGINA con alcune DAME.

REGINA -

Ecco, da qui deve passare il Re;

questa la via che conduce alla Torre,

questa funesta Torre,

fatta erigere un d da Giulio Cesare,(98)

e dentro le cui viscere di pietra

condannato a viver prigioniero

lo spodestato sposo mio signore,

per volont del tracotante Bolingbroke.

Ecco, sediamoci un momento qui,

se ancora questa sediziosa terra

sa offrire un lembo in cui possa sostare

la moglie del legittimo suo re.

Entra RICCARDO scortato da una guardia

Eccolo l, guardate...

- anzi, no, non guardate, non guardate -

come appassisce la mia bella rosa!...

Ma s, levate gli occhi su di lui,

s che possiate sciogliervi in rugiada

dalla piet e ridare a quella rosa

la freschezza di amorose lacrime...(99)

(Avvicinandosi a Riccardo)

O tu, modello di quella ruina

in cui rifulse tutta la grandezza

di Troia antica, atlante dellonore,

tomba di re Riccardo non pi re!

Tu, bellissimo ostello,

perch dovresti dare ricettacolo

nel tuo interno allattristata ambascia,

mentre il trionfo diventato lospite

duno spaccio di birra?

RICCARDO -

Non ti fare alleata del dolore,

cara, ad accelerare la mia fine.

Cerca di abituarti, anima bella,

a pensare al trascorso nostro stato

come ad un dolce sogno,

pure se la cruda realt al risveglio

non ci mostra che questo.

Dolcezza mia, io son compagno darmi

dun destino beffardo, a lui legato

sar fino alla morte. Torna in Francia,

e trova asilo in qualche monastero:

una vita vissuta santamente,

quando saremo in un diverso mondo,

ci far conquistar quella corona

che ci hanno in questo strappato dal capo

lore da noi vissute nel profano.

REGINA -

E che! Tanto malato e indebolito

nellanima e nel corpo il mio Riccardo?

Bolingbroke ha deposto il tuo intelletto?

penetrato al fondo del tuo cuore?

Il leone morente, a non far altro,

avventa lunghia al suolo e lo ferisce,

rabbioso di sentirsi sopraffatto;

e tu, come un contrito scolaretto,

accetti docilmente il tuo castigo,

baci la sferza e, avanti allaltrui collera,

vai strisciando con vile umiliazione?

Tu, il leone, tu, il re degli animali?

RICCARDO -

Hai detto bene: re degli animali!

Se non fossero stati tutti bestie,

sarei ancora un re felice duomini.

Ma tu, cara, che gi fosti regina,

preprati a partire per la Francia.

Fa conto chio sia morto,

e di ricever lultimo mio addio,

come fosse dal mio letto di morte.

Nelle tediose tue notti dinverno

siediti accanto al fuoco,

in mezzo alla tua vecchia brava gente,

fatti da loro raccontare storie

di tempi dolorosi ormai lontani;

e prima di dir loro "buona notte",

per ricambiarli delle lor tristezze

racconta la mia storia lamentevole,

e tutti se nandranno a letto in lacrime;

giacch perfino gli inerti tizzoni

ai tristi accenti delle tue parole

avranno un empito di compassione

e spegneran la brace con il pianto;

e qual per lutto si volger in cenere

quale in nero carbone

nellascoltare come fu deposto

un legittimo re.

Entra NORTHUMBERLAND con una scorta

NORTHUMBERLAND -

Bolingbroke ha mutato idea, signore:

non alla Torre voi dovete andare,

ma al castello di Pomfret (100).

S disposto, signora, anche per voi:

che partiate senzaltro per la Francia.

RICCARDO -

Tu sei stato, Northumberland, la scala

per la quale il prevaricante Bolingbroke

ora sale al mio trono;

ma il tempo non sar molto pi vecchio

di molte ore da questa in cui ti parlo

che questo turpe, immondo tuo peccato,

giunto al suo punto di suppurazione

scoppier marcio come un gran bubbone.

Quandanche egli divida il suo potere

con te, met e met,

tu penserai che aver quella met

misero compenso per laiuto

che gli hai prestato a conquistarlo tutto;

lui, dal suo canto, penser che tu,

da quellesperto che ti sei mostrato

nellarte dinsediare re illegittimi,

saprai trovare il modo anche per lui,

per poco chegli te ne dia lo spunto,

di farlo stramazzare a capofitto

dallusurpato trono.

Lamore tra due uomini malvagi

si converte in reciproca paura,

e la paura si converte in odio,

e lodio getta entrambi, o luno dessi,

in pericolo e meritata morte.

NORTHUMBERLAND -

Bene, ricada pure la mia colpa

sul mio capo, e facciamola finita!

Ora ditevi addio e separatevi,

perch dovete separarvi e subito.

RICCARDO -

Eccomi doppiamente divorziato.

Empia genia, voi violate cos

una duplice sacrosanta unione:

quella tra me e la mia corona, prima,

e poi tra me e la donna ch mia sposa!

Vieni, mia sposa, il vincolo giurato

che ci ha tenuti uniti fino ad oggi

sciogliamo con un bacio,

anche se con un bacio esso fu stretto.

(Si baciano)

Ora puoi separarci, Lord Northumberland:

io, verso settentrione,

dove malaria e brividi di freddo

fanno il clima malsano;

mia moglie in Francia, donde era passata

in Inghilterra in fasto di regina,

adorna e bella come il dolce maggio,(101)

e dove adesso da voi rinviata

come il giorno dei morti

o come il giorno pi breve dellanno.

REGINA -

E dobbiam separarci? Esser divisi?

RICCARDO -

S, purtroppo, amor mio,

mano da mano, ahim, cuore da cuore.

REGINA -

(A Northumberland)

Esiliateci entrambi,

e mandate in esilio il re con me.

NORTHUMBERLAND -

Sarebbe certamente un po pi umano,

ma assai meno politico, signora.

REGINA -

Lasciate, allora, chio vada con lui.

RICCARDO -

Cos piangendo insieme,

faremo in due un unico dolore.

Piangi tu per me in Francia,

io per te qui. Molto meglio lontani,

se vicini non si pu stare insieme.

Va, misura i tuoi passi

coi tuoi sospiri; io far dei miei

la stessa cosa con i miei lamenti.

REGINA -

E pi lunghi saranno i miei ed i tuoi

quanto pi lungo ci sar il cammino.

RICCARDO -

Io gemer due volte ad ogni passo,

il mio cammino essendo assai pi breve;

lo allungher langoscia del mio cuore

con il suo peso... Su, anima mia,

non stiamo a corteggiar troppo il dolore;

perch, sposandolo, di tal lentezza

che sar poi fatica liberarcene (102).

Chiudiamoci la bocca con un bacio,

cos...

(Si baciano)

... e separiamoci in silenzio..

Ti do cos il mio cuore, e prendo il tuo.

REGINA -

No, quello mio ridammelo.

Non giusto chio prenda su di me

di tenermi il tuo cuore per ucciderlo.

(Si baciano ancora)

Ecco, cos me lo sono ripreso.

Ed ora va, chio possa ancora ucciderlo

ma con un gemito.

RICCARDO -

Con questi indugi

facciamo del dolore un gioco frivolo.

Ancora addio. Dica il dolore il resto.

SCENA II

Il palazzo del Duca di York

Entrano il DUCA e la DUCHESSA di YORK

DUCHESSA -

Mavevate promesso, mio signore,

quando il pianto vi fe troncare il filo

della storia dei nostri due cugini

al lor ritorno a Londra,

che mavreste poi raccontato il seguito.

YORK -

Dov che linterruppi?

DUCHESSA -

A quel triste momento, mio signore,

che da mani villane ed incivili

si buttava sul capo a Re Riccardo

dalle finestre cenere e rifiuti.

YORK -

Allora, come vi dicevo, il Duca,

il grande Bolingbroke, montato in sella

ad un destriero chera tutto fuoco,

e pareva anche lui tutto compreso

dellalterigia del suo cavaliere,

con andatura lenta e maestosa

teneva il passo, mentre mille voci

gli gridavano: "Dio ti salvi, Bolingbroke!"

Avreste detto che anche le finestre

fossero tutte un grido, tanti gli occhi

di giovani e di vecchi tripudianti

che dardeggiavano dai davanzali,

tutti desiderosi di lanciarsi

su quella faccia; e che gli stessi muri

tutti ornati con fantasie dipinte

gridasser tutti insieme: "Benvenuto!

Ges ti benedica, Enrico Bolingbroke!"

mentregli, a testa nuda,

ed or di qua ed or di l voltandosi,

a loro si chinava gi del collo

di quel suo scalpitante palafreno

dicendo: "Grazie, grazie, cittadini!",

e cos sempre facendo, passava oltre.

DUCHESSA -

Ah, povero Riccardo!

E lui, frattanto, come procedeva?

YORK -

Come a teatro, quando esce di scena

lattore favorito, tutti gli occhi

danno appena uno sguardo noncurante

su quello chentra dopo, gi pensando

di restare annoiati alle sue chiacchiere,

cos, e con fare ancora pi sprezzante,

sogguardavano il nobile Riccardo

gli occhi di tutti. Nessuno tra loro,

che gridasse anche a lui un: "Dio ti salvi",

nessuna lingua che, con lieto accento,

gli volesse gridare un " bentornato";

anzi, sopra il suo capo consacrato

gli buttavano cenere,

chegli, con mite smorfia di dolore,

si scuoteva di dosso rassegnato,

combattuto fra lacrime e sorriso

- segni dinterna angoscia e tolleranza -

talch se tutti i cuori cheran l,

se Dio, per qualche suo alto disegno,

non li avesse induriti come acciaio,

avrebbero dovuto intenerirsi,

ch a quella vista la stessa barbarie

avrebbe avuto un moto di piet.

Ma in queste cose ha la sua mano il cielo

ed alla sua suprema volont

noi dobbiamo inchinarci rassegnati.

A Bolingbroke abbiamo ora giurato

fedele sudditanza: il suo potere

io riconosco e la sua dignit.

Entra AUMERLE

DUCHESSA -

Ecco mio figlio Aumerle.

YORK -

Fu Aumerle,

questo titolo ormai egli ha perduto

per la sua amicizia con Riccardo.

Dovrete dora in poi chiamarlo Rutland (103),

mia signora. Mi son fatto garante

in Parlamento della sua lealt

e costanza di fede al nuovo re.

DUCHESSA -

Salute, figlio mio. Quali violette

ornano il manto della giovinetta

primavera?

AUMERLE -

Lo ignoro, madre mia,

n me ne importa molto.

Dio sa se m del tutto indifferente

esser uno e nessuno di quel numero.

YORK -

Bravo, ma bada a comportarti bene

in questa nostra nuova primavera,

che non ti cpiti desser falciato

prima che nasca il fiore dal tuo boccio.

Che notizie da Oxford?

Quelle giostre e tornei avranno luogo?

AUMERLE -

Chio sappia, mio signore, puntualmente.

YORK -

Ci sarai anche tu, per quanto so.

AUMERLE -

Ne ho intenzione, se Dio non lo vieta.

YORK -

Ma cos quel sigillo

che vedo penderti fuori dal petto?

E che! Impallidisci?... Andiamo, su,

fammi vedere che c in quella scritta.

AUMERLE -

nulla, mio signore...

YORK -

Se nulla, poco importa chi la vede.

Mi voglio sincerare. Fa vedere.

AUMERLE -

Supplico vostra grazia di scusarmi.

cosa che non ha molta importanza,

che per qualche ragione

vorrei non fosse vista da nessuno.

YORK -

E chio, tuo padre, per qualche ragione

voglio vedere. Ho paura, ho paura...

DUCHESSA -

Di che cosa dovresti aver paura?

Si tratter di qualche obbligazione

per procurarsi un bellabbigliamento

da indossare per i festeggiamenti.

YORK -

Obbligazione verso se medesimo?

Che ci fa lui con unobbligazione

a se stesso? Non esser sciocca, moglie.

Ragazzo, fammi veder quello scritto.

AUMERLE -

Vi scongiuro, scusatemi. Non posso.

YORK -

Ed io voglio vedere che cos.

Fa vedere, ti dico.

Gli strappa il cartiglio sigillato(104) dal petto,

lo legge e subito esclama:

Oh, tradimento!

Infame tradimento! Traditore!

vile furfante!

DUCHESSA -

Che c, mio signore?

YORK -

(Chiamando)

Ehi, l, oh, oh! Non c nessuno in casa?

Entra un servo

Sellatemi il cavallo! Dio, piet,

qual perfidia devesserci qui sotto!

DUCHESSA -

Si pu sapere che c, mio signore?

YORK -

Sellatemi il cavallo! Gli stivali!

(Esce il servo)

Ribaldo! Sul mio onore, la mia vita,

sulla mia gola, vado a denunciarlo!

DUCHESSA -

Si pu sapere, insomma, che successo?

YORK -

Zitta, femmina sciocca!

DUCHESSA -

Zitta un corno!

Voglio sapere. Che successo, Aumerle?

AUMERLE -

Madre mia, state calma.

Niente di pi di quanto pu rispondere

la mia povera vita.

DIUCHESSA -

La tua vita!

YORK -

I miei stivali, dico! Andr dal re.

Entra un servo con gli stivali

DUCHESSA -

(Cercando di impedire al servo che dia gli stivali al marito)

Picchia questuomo, Aumerle!

Povero mio ragazzo, sei intontito...

(Al servo)

Via di qua, tu, canaglia!

E non venirmi pi davanti agli occhi.

(Strappa gli stivali dalle mani del servo, che esce)

YORK -

Dammi quegli stivali.

DUCHESSA -

Insomma, York, che cosa intendi fare?

Non vuoi saperne di tener celata

la trasgressione del tuo proprio sangue?

Abbiam forse altri figli?

O non siam pi ormai in et di averne?

Non stata la mia fecondit

ingoiata dal tempo?

E vuoi strappare tu alla mia vecchiaia

questo bel figlio mio,

e privarmi del bel nome di madre?

Non simile a te? Non tuo sangue?

YORK -

Insensata, demente duna femmina!

Vuoi tu coprir questa losca congiura?

(Mostrandole il cartiglio strappato al figlio)

Qui sono una dozzina che han giurato

a mani giunte e messo per iscritto

dassassinare il re alla festa dOxford.

DUCHESSA -

Lui non sar del numero.

Lo tratterremo qui. Chi pu incolparlo?

YORK -

Va, va, insensata donna!

Fosse anche venti volte figlio mio,

correrei ugualmente a denunciarlo.

DUCHESSA -

Avessi urlato tu per questo figlio

comio nel partorirlo,

ti mostreresti adesso pi pietoso.

Ah, s, ora capisco quel che pensi:

tu sospetti chio sia stata infedele

al tuo letto, e che lui non sia tuo figlio.

Mio caro York, dolce marito mio,

allontana da te questo pensiero;

somiglia a te come pu uomo a uomo;

non a me, n ad alcuno di mia razza.

Ma io lo amo.

YORK -

Togliti di mezzo,

femmina scervellata e petulante!

(Esce precipitosamente)

DUCHESSA -

Corrigli dietro, Aumerle.

Galoppa a tutto sprone

e va dal re a chiedergli perdono,

prima che giunga lui ad accusarti.

Io ti seguo. Con tutto che son vecchia,

so cavalcare almeno come York;

e non rialzer le mie ginocchia

davanti a Bolingbroke, se prima questi

non tabbia perdonato. Corri, va!

(Escono)

SCENA III

Il castello di Windsor

Entrano BOLINGBROKE, in paramento da re, PERCY e altri nobili

BOLINGBROKE -

Possibile che non ci sia nessuno

che sappia darmi una qualche notizia

di quello scioperato di mio figlio?

Tre interi mesi che non lo rivedo.

Se un flagello mincombe, quello lui (105)!

Vorrei, signori, che alcuno di voi

potesse andarne in cerca e rintracciarlo.

Cercate in tutta Londra,

specie nei bassifondi e le taverne,

perch l chegli bazzica, mi dicono,

con compagnacci rotti a tutti i vizi,

addirittura quelli che, di notte,

si dice che sappostino nei vicoli

per rapinar le guardie ed i passanti;

e lui, viziato e debole novizio,

si fa un punto donore a dare mano

ad una s dissoluta congrega.

PERCY -

Mio signore, saranno ora due giorni,

ho visto io il principe,

e gli ho parlato di questi tornei

che si terranno ad Oxford.

BOLINGBROKE -

E che cosa vha detto, il bellimbusto?

PERCY -

Mha risposto che andava al lupanare

e che, sfilato un guanto dalla mano

della pi bassa pulzella del posto,

se lo sarebbe infilato sullelmo

a testimone dei di lei favori,

e con quel guanto di puttana in testa

si sarebbe sentito di sfidare

e scavallare il miglior cavaliere.

BOLINGBROKE -

Altrettanto vizioso che smargiasso!

E tuttavia attraverso questi vizi

scorgo qualche favilla di speranza

duna vita migliore

che let pu far ben maturare.

Ma chi vedo arrivare?

Entra AUMERLE stravolto

AUMERLE -

Dov il re?

BOLINGBROKE -

Che mai vorr questo nostro cugino

che arriva qui con gli occhi stralunati

e con lo sguardo fisso da demente?

AUMERLE -

Dio salvi Vostra Grazia!

Vengo qui a chiedere a vostra maest

di concedermi un breve abboccamento,

segretamente.

BOLINGBROKE -

Bene, voi signori,

per favore lasciateci un momento.

(Escono Percy e gli altri nobili)

AUMERLE -

Le mie ginocchia mettan le radici

per sempre qui, incollata al palato

mi rimanga la lingua, mio signore,

sio malzer o pronuncer parola,

prima desser stato perdonato.

BOLINGBROKE -

Per una colpa solo intenzionale

o per azione diggi perpetrata?

Nel primo caso, per grave che sia,

non esito a concederti il perdono,

per acquistarne affetto e gratitudine.

AUMERLE -

Permettete chio chiuda quella porta

a chiave, che nessuno possa entrare

prima chabbia finito di parlarvi.

BOLINGBROKE -

Va bene, chiudi pure.

Come Aumerle ha chiuso, si sente bussare alla porta, e la voce del DUCA DI YORK che grida da fuori:

YORK -

Attento, Sire! Statti bene in guardia!

Davanti a te, cost, c un traditore!

BOLINGBROKE -

(Mettendo mano alla spada)

Ribaldo! Ti sistemo io, adesso!

AUMERLE -

No, ferma quella tua vindice mano!

Non hai nessun motivo di temere.

YORK -

(Da fuori)

Apri, re credulone e temerario!

O mi costringi per amor di suddito,

a parlarti con modi irriverenti!(106)

Apri la porta, o chio la mando in pezzi!

BOLINGBROKE -

(Apre la porta e lascia entrare York, poi la richiude a chiave)

Che c, zio? Dite, riprendete fiato.

Parlate: che pericolo cincombe,

perch possiamo armarci ad affrontarlo?

YORK -

Toh, leggi qua, ed apprendi da te stesso

il tradimento: laffannosa corsa

mi toglie il fiato per dirtelo a voce.

AUMERLE -

Ricorda, mentre leggi, la promessa

che mhai fatta test. Io son pentito.

Fa come se il mio nome non figuri

in calce a quello scritto; il cuore mio

non pi complice della mia mano.

YORK -

Lo stato, sciagurato,

prima che la tua mano lo firmasse.

Glielho strappato di mano, signore:

adesso la paura, non laffetto

la causa della sua resipiscenza.

Dimentica davergli perdonato,

che la clemenza non ti si riveli

come un serpente che ti morda il cuore.

BOLINGBROKE -

Congiura odiosa, grave ed ambiziosa!

O tu, leale e fedel genitore

dun figlio traditore,

tu, chiara, pura, immacolata polla

donde s originato questo rivolo

che poi s aperto il corso deviando

per limacciosi, torbidi meandri;

la piena straripante del tuo bene

s convertita in male,

ma la bont che alberga nel tuo cuore

sapr scusare questa brutta macchia

del tuo traviato figlio.

YORK -

No, signore,

costringerei cos la mia virt

a fare da ruffiana al di lui vizio,

ed egli andr spacciando il nome mio

pel mondo insieme con la sua vergogna,

come fan certi figli spendaccioni,

che scialacquano tutto il patrimonio

raggranellato dal padre frugale.

No, no, lonore mio torner a vivere

il giorno che morr tanto disdoro;

o questa vita mia si giacer

nella vergogna del suo disonore.

Uccidi me, se salvi a lui la vita.

Facendogli la grazia del respiro,

tu lasci in vita un bieco traditore,

e metti a morte un tuo fedele suddito.

(Bussano alla porta)

DUCHESSA -

(Da dentro)

Oh, mio signore, lasciatemi entrare!

Per lamore di Dio, fatemi entrare!

BOLINGBROKE -

Qual supplicante con s acuta voce

manda da fuori queste ansiose grida?

DUCHESSA -

(Da fuori)

Una donna, tua zia, possente re!

Son io, debbo parlarti, abbi piet!

Apri. Viene da te per mendicare

una che non ha steso mai la mano.

BOLINGBROKE -

Sta a vedere che questa nostra scena

da tanto seria e tragica qual era

si muta ne "La Mendicante e il Re"!(107)

(A Aumerle)

Apri, pericoloso mio cugino,

falla entrare; tua madre viene qui

certamente, capisco, ad intercedere

presso di me per il tuo odioso crimine.

YORK -

Se tu perdoni chiunque interceda,

chi sa quanti altri orribili misfatti

la tua clemenza far prosperare.

Questarto infetto: una volta amputato,

tutto il resto del corpo resta sano;

risparmiato, corrompe tutto il corpo.

(Aumerle apre la porta)

Entra la DUCHESSA

DUCHESSA -

Non date ascolto a questo cuor di pietra,

Sire. Lamore che non ama i suoi

non capace damar nessun altro.

YORK -

Che fai tu qui, femmina scervellata?

Vogliono forse quei tuoi vizzi seni

allevare di nuovo un traditore?

DUCHESSA -

Dolce York, sii paziente.

E tu mio buon sovrano, dammi ascolto.

(Singinocchia)

BOLINGBROKE -

(Sollevandola)

Su, su, mia cara zia.

DUCHESSA -

No, ti supplico,

non ancora: star davanti a te

a trascinarmi in ginocchio in eterno,

e non vorr veder giorno felice

finch non mavrai imposto tu la gioia

di concedere il tuo perdono a Rutland,

a questo mio colpevole figliolo.

AUMERLE -

Mi unisco alla preghiera di mia madre,

e piego insieme a lei i miei ginocchi.

(Singinocchia)

YORK -

E contro luna e laltro io piego i miei

che ti sono fedeli, innanzi a te.

(Singinocchia anchegli)

Se accorderai la grazia a questi due,

ti verr male.

DUCHESSA -

Supplica sul serio?

Guardalo in faccia: nemmeno una lacrima.

Le sue preghiere sono sol per finta;

le sue parole vengon dalla bocca,

le nostre ci prorompono dal cuore.

Egli ti prega senza convinzione,

sperando di non essere esaudito:

non ti preghiamo col cuore e con lanima,

con tutti noi. Le sue ginocchia stanche,

lo so, non vedon lora di rialzarsi:

le nostre resterebbero piegate

fino a mettere le radici in terra.

Le sue preghiere sono ipocrisia;

le nostre piene di sincero zelo

e di profonda, sincera onest.

Esse soverchiano dassai le sue;

fa che incontrino dunque quella grazia

che attende chi con vera fede prega.

BOLINGBROKE -

Bene, alzatevi adesso, cara zia.

DUCHESSA -

Non: "alzatevi"; di prima: "perdono"!

Fossio la tua nutrice,

e dovessi insegnarti a sillabare,

"perdono" la parola

che dovresti imparare a pronunciare

per prima. Mai ho tanto sospirato

dudire pronunciare una parola!

Pronunciala, mio Sire, di: "perdono",

e ad insegnartelo sia la piet;

una parola breve,

ma pi che breve, una parola dolce;

e nessuna parola sta s bene

sulla bocca dun re, come "perdono".

YORK -

Dilla in francese, o re: "pardonnez-moi".

DUCHESSA -

Ah, crudele marito cuordipietra!

Tu vuoi mutar "perdono" in "non perdono",(108)

mettere addirittura la parola

contro se stessa!...(109) No, niente francese!

Di: "perdono", mio re,

come si dice dalle parti nostre;

perch questo francese a doppio taglio

noi non lo comprendiamo...

Ah, gli occhi tuoi accennano a parlare:

presta loro la lingua,

e intanto appggiati lorecchio al cuore,

s che piet, sentendolo trafitto

dalle preghiere nostre e dai lamenti,

possa spinger la lingua a pronunciarla,

quella parola.

BOLINGBROKE -

Su, su, zia, alzatevi.

DUCHESSA -

Io non ti chiedo di dirmi di alzarmi:

ti chiedo solo di dirmi: "perdono".

Tutto quello che voglio il tuo perdono.

BOLINGBROKE -

Ebbene, gli perdono.

E cos spero mi perdoni Iddio.

DUCHESSA -

(Alzandosi)

Oh felice successo duna supplica!

Son tutta ancor gelata di paura.

Ripetilo: due volte dir: "perdono"

non vuole dir perdonare due volte,

ma rafforzare il perdono gi dato.

BOLINGBROKE -

Gli ho perdonato, via, con tutto il cuore.

DUCHESSA -

Un dio in terra, ecco cosa sei!

BOLINGBROKE -

Quanto agli altri, per, di quella cricca,

il nostro fido cognato e lAbate,(110)

sentiranno abbaiarsi alle calcagna

molto presto la loro distruzione.

Buon zio, provvedi ad inviare a Oxford,

o dovunque si siano rintanati,

forze adeguate: non c luogo al mondo

dovio, lo giuro, non sapr raggiungerli.

Arrivederci, zio. Cugino, adieu.

Tua madre ha ben pregato. Ora sta a te

di dimostrarti un suddito fedele.

DUCHESSA -

Vieni, vecchio bambino di tua madre.

Or non mi resta che pregare Iddio

che faccia di te un uomo tutto nuovo.

(Escono, Re Enrico da una parte, York, la Duchessa di York e Aumerle da unaltra)

SCENA IV

La stessa

Entra Sir Pierce EXTON con un SERVO

EXTON -

Hai sentito quello che ha detto il re?

"Possibile che non ci sia un amico

che voglia liberarmi da questincubo

in carne e ossa?" Non disse cos?

SERVO -

Esattamente, son le sue parole.

EXTON -

Ha detto proprio: "... non ci sia un amico",

ha insistito due volte. Vero o no?

SERVO -

vero, s.

EXTON -

E mentre lo diceva,

guardava me negli occhi, fissamente,

come a dire: "Vorrei che fossi tu

luomo disposto a liberarmi il cuore

da tal paura", alludendo a Riccardo,

che sta rinchiuso a Pomfret.

Su, su, ho capito: son io quellamico

che lo liberer da quel tormento.

(Escono)

SCENA V

Pomfret, un torrione del castello

Entra RE RICCARDO

RICCARDO -

Da qualche tempo vado comparando

il carcere in cui vivo e il mondo esterno;

ma, pensando che il mondo popolato

e qui dentro non c anima viva

allinfuori di me, non ci riesco.

Ma a forza di picchiare su quel chiodo,

dovr spuntarla. Mi figurer

come se la mia mente sia la femmina

e il mio spirito il maschio,

e far che messi insieme diano vita

a una generazione di pensieri

che daran vita a loro volta ad altri,

e questi ad altri ancora, e tutti insieme

vengano a popolare il microcosmo

dei miei diversi umori,

come diversa la gente del mondo;

perch nessun pensiero soddisfatto.

Quelli della miglior generazione,

come i pensieri delle cose sacre,

si mischiano agli scrupoli, alle ubbie,

fino a mettere Verbo contro Verbo,

come, ad esempio, questo: (111)

"Sinite parvulos venire ad me",

e laltro: "pi difficile ad un ricco

entrare in Paradiso che a un cammello

attraversare la cruna dun ago."

I pensieri inclinati allambizione

tramano inverosimili ardimenti,

come quello chio possa aprirmi un varco

con solo ausilio di queste unghie fragili,

attraverso le costole di pietra

di questo duro mondo ch il mio carcere;

e, come lunghie non sono da tanto,

essi sestinguono nel loro orgoglio.

I pensieri ispirati a tolleranza

trovan motivo dautolusingarsi

chessi non sono i primi ad esser schiavi

della fortuna, n saranno gli ultimi,

similemente a sciocchi mendicanti

che, messi in ceppi, trovano rifugio

a quellumiliazione nel pensiero

che molti sono a seder come loro,

e molti ancora saranno; e in questidea

trovan qualche sollievo,

trasferendo la propria malasorte

sopra chi ne ha sofferto unaltra simile.

Ed io cos mi recito, da solo,

la parte di diversi personaggi,

nessuno soddisfatto del suo stato.

A volte sono un re,

ma subito lidea del tradimento

mi fa desiderar dessere un povero,

e tal divengo; ma subito dopo

lopprimente miseria mi convince

che re meglio. E re io ridivento

subito dopo, ma poi, ma poi...

penso dessere stato spodestato

da Bolingbroke, e l non so pi nulla.

(Musica da dentro).

Della musica! Qui?... Ma andate a tempo!

Anche la dolce musica sgradevole

se chi suona non tiene bene il tempo

e non osserva bene la misura.

Cos della musica del vivere.

Ed io ho qui tal finezza dorecchio

da avvertire se c una stonatura

in una corda o non si tiene il tempo;

mentre a tener laccordo del mio regno

mai maccadde daver s buon orecchio

da accorgermi le volte che io stesso

andavo fuori tempo.

Ho fatto del mio tempo il peggior uso,

il tempo fa mal uso ora di me.

Il tempo ha fatto di me lorologio

che ne misura il corso: i miei pensieri

sono i minuti, e a forza di sospiri

accompagnano il loro scorrimento

sul quadrante dei miei occhi veglianti;

ed il mio dito, come una lancetta,

li terge di continuo dalle lacrime,

mentre segnano il battere delle ore

i fragorosi, altissimi lamenti

che batton la campana del mio cuore,

cos come sospiri e pianti e gemiti

scandiscono minuti e quarti ed ore. (112)

Ma il mio tempo trascorre di carriera

per la gioia dellorgoglioso Bolingbroke,

mentrio me ne sto qui, stupidamente,

a fargli da pupazzo allorologio...

Ma questa musica mi fa impazzire.

Fatela smettere! Ch se la musica

ha ricondotto i pazzi alla ragione,

con me, sembra che fa impazzire i savi.

Benedizione scenda, in ogni modo,

su chi me ne fa dono,

perch segno damore, e per Riccardo

un prezioso gioiello, molto raro,

in un mondo tuttodio come questo.

Entra uno STALLIERE

STALLIERE -

Iddio ti salvi, principe reale!

RICCARDO -

Ti ringrazio, mio nobile signore.

Quello che val di meno fra noi due

valutato dieci soldi in pi

di quel che vale in realt.(113) Chi sei?

E come hai fatto a penetrar qui dentro

dove non giunge mai anima viva

fuor del muso cagnazzo

incaricato di portarmi il cibo

per mantenere in vita la disgrazia?

STALLIERE -

Ero un tuo umile mozzo di stalla

quando eri re, e, in viaggio verso York,

ho avuto modo, in mezzo a unagran folla,

di riguardare finalmente in faccia

colui chera gi stato il mio padrone.

Ah, che stretta di cuore,

nel rimirare per le vie di Londra,

il d dellincoronazione, Bolingbroke

in sella al nostro roano dArabia,

che tante volte tu hai cavalcato

ed io con tanta cura governato!

RICCARDO -

Ah, cavalcava quel roano berbero?

E dimmi, buon amico, quel cavallo

come si comport con lui in sella?

STALLIERE -

Trotterellava in modo s superbo,

che il terreno pareva tutto suo.

RICCARDO -

Superbo di portare in groppa Bolingbroke?

E dire che quel brocco

ha mangiato dalla regal mia mano

il suo foraggio; e questa stessa mano

lha fatto insuperbire di carezze!

Perch non ha inciampato

sgroppandolo e sbattendolo per terra

- ch una caduta deve pur toccare

alla superbia - e non ha rotto il collo

al borioso che ne usurp la monta?

Perdonami, cavallo! Non giusto

chio me la debba prendere con te

che sei stato creato da natura

per esser sottoposto e per portare.

Io, non nato cavallo, tuttavia

porto su me la soma come un asino,

speronato, piagato, flagellato

dal superbo caracollante Bolingbroke.

Entra un CARCERIERE con il cibo

CARCERIERE -

(Allo stalliere)

Amico, sgombra, qui non puoi restare.

RICCARDO -

(Allo stalliere)

Se mi vuoi bene, lasciami, va via.

STALLIERE -

Quel che non osa dirti la mia lingua,

te lo dica il mio cuore.

(Esce)

CARCERIERE -

Monsignore, volete mandar gi?

RICCARDO -

Come al solito, assaggia prima tu.

CARCERIERE -

Monsignore, non mi ci arrischio pi.

Pocanzi giunto qui

dalla parte del re sir Pierce Exton,

e mha ordinato di non farlo pi.

RICCARDO -

Che il diavolo si porti Enrico Lancaster

e te con lui! La mia pazienza al limite!

Io sono stufo, stufo!

(Picchia il carceriere)

CARCERIERE -

Aiuto! Aiuto!

Irrompe EXTON con alcuni armati

RICCARDO -

Ehi l, che c? Che intenzioni di morte

ha questo rude assalto?...

(Strappa larma dalle mani di un sicario

e con quella in mano gli si avventa)

Scellerato!

La tua mano mi tende lo strumento

della tua morte!

(Lo uccide, e savventa subito su un altro)

Ed anche tu, carogna,

vatti a trovare il tuo posto allinferno!

(Uccide anche questo, ma Exton su di lui,

e lo ferisce a morte. Riccardo cade.)

Bruci nel fuoco eterno la tua mano

che fa crollar cos la mia persona!

Con questo tuo violento braccio, Exton,

hai macchiato del sangue del suo re

questa terra ch sua... Anima mia,

va in alto, involati, la tua dimora

lass, mentre greve del suo peso

quaggi sprofonda la mia carne e muore.

(Muore)

EXTON -

Ricolmo di valore

non meno che di principesco sangue!

Io li ho versati entrambi. Questa azione

fosse almeno accaduta a fin di bene.

Perch il diavolo, che maveva detto:

"Fai bene a farla", gi mi fa sapere

ch scritta nei registri dellinferno.

Questo re morto porter al re vivo.

Trascinate via gli altri,

date lor sepoltura nei dintorni.

(Escono)

SCENA VI

Il castello di Windsor

Entrano BOLINGBROKE, YORK e nobili

BOLINGBROKE -

Caro zio York, dallultime notizie,

i ribelli hanno messo a ferro e a fuoco

la nostra Cicester, nel Gloucestershire.

Ma le stesse notizie non ci dicono

se siano stati catturati o uccisi.

Entra NORTHUMBERLAND

Salve, Northumberland, che nuove porti?

NORTHUMBERLAND -

Prima di tutto, auguri dogni bene

alla tua consacrata maest;

quindi lannuncio che ho spedito a Londra

le teste dei seguenti congiurati:

Lord Salisbury, Spencer, Blunt e Kent.

Le circostanze della lor cattura

son tutte dettagliate in questo scritto.

(Gli porge un foglio)

BOLINGBROKE -

Grazie per quanto hai fatto, caro Percy:

ed a questo tuo merito

aggiungeremo idonei compensi.

Entra FITZWATER

FITZWATER -

Sire, ho spedito da Oxford a Londra

le teste mozze di Brocas e Seely,

due della banda di quei traditori

che avevan complottato per tentare

ad Oxford la tua fine scellerata.

BOLINGBROKE -

Fitzwater, non sar dimenticata

codesta tua fatica. So gi bene

quanto nobile ed alto sia il tuo merito.

Entrano PERCY e il vescovo di CARLISLE

PERCY -

Il gran cospiratore,

lAbate di Westminster, sopraffatto

dai rimorsi e da squallida amarezza,

ha reso il corpo in seno a Madre Terra.

Ma c qui, vivo, il Vescovo di Carlisle

per udire la tua real condanna

e subire il castigo del suo orgoglio.

BOLINGBROKE -

Questa, Carlisle, la tua condanna:

scegliti un sito remoto, un pio eremo,

pi di quello che hai, e vivi l

felicemente il resto di tua vita.

Cos come sarai vissuto in pace,

morir potrai lontano dalle contese.

Che, se pur sempre fosti a me nemico,

ho visto in te rilucere

alte scintille di grandezza danimo.

Entra EXTON con uomini recanti una bara

EXTON -

Grande maest, racchiuso in questa bara

io ti presento, spento, il tuo timore.

L dentro giace, privo di respiro,

il tuo grande nemico, il pi potente,

Riccardo di Bordeaux. Te lho portato.

BOLINGBROKE -

Exton, non ti ringrazio.

Con la tua mano fatale hai commesso

un misfatto che chiamer vergogna

sul tuo capo e su tutta lInghilterra.

EXTON -

Ebbi, signore, dalla vostra bocca

questordine.

BOLINGBROKE -

Non amano il veleno

quelli che del veleno hanno bisogno.

Cos io te. Seppure la sua morte

desiderassi, odio il suo assassino,

amo lui vittima dellassassinio.

A compenso di questa tua fatica

tieniti il rimorso della tua coscienza,

ma nessuna parola di consenso

da parte mia, n favore di principe.

Va, con Caino a fianco per compagno,

errando per la tenebra notturna

e non mostrare pi la faccia al giorno.

(Escono Exton e gli uomini con la bara)

Signori, vassicuro,

la mia anima piena di dolore

nel pensar che doveva sprizzar sangue

a irrorare la via della mia crescita.

Associatevi dunque al mio compianto

e vestiamoci tutti di gramaglie.

Far pellegrinaggio in Terrasanta

per lavare la mia mano colpevole

da questo sangue. Fatemi ora seguito

in un mesto corteo. Fatemi grazia

dunirvi al mio cordoglio,

piangiamo insieme, dietro questa bara,

un uomo morto prematuramente.

FINE


(1) In realt, laccusa storicamente infondata, e nel dramma la figura di Norfolk sar riabilitata. Ma simili denunce di slealt verso il sovrano avevano regolare corso nell'Inghilterra del tempo. "Cos rilassati erano i costumi tra la nobilt, insieme coi principii donore e di delicatezza, che Enrico duca di Hereford, primo conte di Derby e figlio del Duca di Lancaster, non arross di accusare il duca di Norfolk di avergli in privato tenuto discorsi ingiuriosi contro il monarca. Norfolk gli diede una smentita e lo sfid al duello". (L. Galibert & C. Pell, "Storia dInghilterra", vol. 1, pag. 380, Venezia, Antonelli, 1845).

(2) "... my right drawn sword": ".. con la mia spada tratta secondo legge" ("right" sta per "rightly"), cio in un duello autorizzato e condotto secondo le regole della cavalleria.

(3) Enrico Bolingbroke, in quanto figlio di Giovanni di Gaunt, cugino carnale del re, e non avrebbe potuto accettare di battersi in duello con uno come Mowbray che, se pur nobile duca, di rango inferiore.

(4) In segno di sfida, al tempo di Shakespeare, si gettava in terra un guanto; ma al tempo di Riccardo II - due secoli prima - si gettava anche a terra il cappuccio o il copricapo in genere. E che qui si tratti del cappuccio, lo si arguisce dalla battuta di Aumerle (IV, 1, 83): "Some honest Christian trust me with a gage", dove "gage" non pu essere un guanto, che doppio, ma un oggetto singolo.

(5) Il rito dell'investitura di cavaliere voleva che il re toccasse, col lato piatto della spada, la spalla dellinvestito.

(6) La tenzone avr luogo a cavallo, coi combattenti armati di spada e di lancia.

(7) "Noble" si chiam la moneta coniata da Edoardo III, doro, del valore corrente di 10 scellini.

(8) Cio dellaltro fratello di Giovanni di Gaunt, zio comune di Riccardo II e di Enrico Bolingbroke, Tomaso di Woodstock, ucciso nel 1397. Si legga, per la metrica, "Glo-ster".

(9) Cio Isabella, figlia di Carlo VI di Francia, che Riccardo II aveva sposato in seconde nozze dopo la morte della prima moglie Anna di Boemia. Isabella, al momento delle nozze, aveva otto anni. Il matrimonio venne celebrato prima in Francia, per procura, in una localit presso Calais; poi nellottobre dello stesso anno (1396) a Westminster.

(10) Testo: "Even in the best blood chambered in his bosom" = "nel sangue migliore albergato nel suo petto", cio fino al cuore.

(11) "Lord Marshall": era lalto funzionario della corte incaricato di organizzare e presiedere le cerimonie, i banchetti e le contese cavalleresche.

(12) In realt i figli legittimi di Edoardo III erano cinque (v. schema genealogico allegato e note della mia traduzione dellEnrico VI - Seconda parte).

(13) Nella religione anglicana il re lunto del Signore, e suo vicario in terra.

(14) "Unpeopled offices": "offices" la stanza, o la serie di stanze della casa patrizia dove alloggia il personale di servizio. Litaliano non ha un vocabolo corrispondente, donde la necessit di renderlo con un giro di frase.

(15) "The summons of the appelants trumpet": gli squilli di adunata della tromba dello sfidante.

(16) Il Dover-Wilson ("The Essential Shakespeare", Cambridge, 1932) immagina cos la disposizione di questa scena sul palcoscenico: "Da un lato, una piattaforma con il trono per il re, riccamente addobbato, e i seggi per i membri della corte; alle due estremit della lizza, una sedia per ciascuno dei contendenti; di faccia, la folla degli spettatori, gli araldi e gli altri di servizio."

(17) da immaginare che nel dire questa parole Riccardo scenda dal suo seggio sul terreno della lizza e vada ad abbracciare Bolingbroke, restandovi fino al termine della successiva battuta di questi, e poi tornando al suo posto lentamente quando Bolingbroke si rivolge al Lord Maresciallo.

(18) "His warder": il bastone del comando, una mazza di foggia diversa, usata come simbolo della funzione sovrana o di quella di alti dignitari del regno, ma anche come strumento per dare il segnale dinizio o di cessazione in tornei, scontri armati ecc.

(19) Lelsa della spada dei guerrieri cristiani era fatta a forma di croce: giurando su di essa, sinvocava a testimone il Cielo.

(20) Il testo ha: "So far as mine enemy", ma lezione dubbia.

(21) "A journeyman to grief": "journeyman" loperaio che dopo aver servito come apprendista ("apprendice") in un mestiere si qualifica per lavorare con diritto a una paga giornaliera. Bolingbroke, vuol intendere chegli sar legato al dolore per sei anni, come gli apprendisti erano legati al "master" per il tempo che serviva loro a diventare "journeman".

(22) Quello che Riccardo ha osservato lo dir tra poco: che il cugino Bolingbroke intenderebbe usurpargli il trono.

(23) "In reversion": "reversione" termine giuridico che significa "ritorno di beni e diritti a chi li possedeva in precedenza. Riccardo sospetta che suo cugino Bolingbroke aspiri a ritogliergli il trono per diritto di reversione, come discendente di Enrico III. Come poi avverr.

(24) Cio di trovarlo gi morto.

(25) Allude, naturalmente, alla vanesia e lussuriosa compagnia dei Bushy, Bagot e Green di cui il re si circondato.

(26) "Gaunt" in inglese significa "smunto", ma anche, in senso figurato, "lugubre", "sinistro"; su questo doppio senso e sullassonanza con "gauntlet", il guanto di ferro e cuoio delle armature, Shakespeare far qui giocare il personaggio nel suo colloquio con il re; ma il bisticcio ("Gaunt I am for the greve, gaunt as a grave") sar, purtroppo, intraducibile.

(27) Intendi: "Tu, uccidendo mio figlio, uccidi il mio nome, perch ne impedisci la perpetuazione attraverso la discendenza".

(28) "Reduce dalla sua spedizione (in Scozia), Riccardo, travolto dal suo amore per i piaceri, non diede la sua confidenza se non a coloro che seppero procacciargliene, e si attorni di giovani dissoluti e dissipatori... Il fato e linsolenza dei favoriti del re non tardarono a suscitargli contro la generale scontentezza" (L. Galibert & C. Pell, op. cit., I, 378).

(29) Cio Edoardo III, liniziatore della guerra dei cento anni (v. grafico genealogico).

(30) Limmagine del pellicano femmina, che si becca il petto fino ad uccidersi per farne uscire sangue con cui nutrire i suoi piccoli fa parte della favolistica del medioevo. Ce n un accenno anche nel "Re Lear" (These pelican daughters", II, 4, 74).

(31) Gaunt accusa Riccardo di aver causato la morte di Tomaso Woodstock, duca di Gloucester, altro figlio di Edoardo III; delitto del quale Enrico Bolingbroke ha accusato, come si visto, Tomaso Mowbray, duca di Norfolk.

(32) LEdoardo cui accenna qui Gaunt il duca di York, figlio di Edmondo di Langley. Egli , oltre allesiliato Enrico Bolingbroke, lunico Plantageneto coetaneo di Riccardo ( di quattro anni pi grande) e lunico principe reale di cui egli possa pensar di sbarazzarsi. Laggiunta "tuo cugino" del traduttore.

(33) Alcuni autori vedono in questa frase di Riccardo un accenno al fatto che in Irlanda - come in Sardegna - non esistano serpenti velenosi. Una credenza popolare voleva che lisola ne fosse stata liberata dal suo patrono, San Patrizio.

(34) Bolingbroke, in esilio a Parigi, avrebbe voluto sposare la cugina del re di Francia; ma Riccardo, con laccusa di tradimento, aveva posto il veto al matrimonio.

(35) In realt York (Edmondo Langley) non lultimo, ma il penultimo dei cinque figli legittimi di Edoardo III: lultimo si chiama Tomaso di Woodstock.

(36) Testo: "And deny his offered homage": la legge feudale imponeva al vassallo, prima di entrare in possesso del feudo concessogli dal re, di rendere a questi omaggio. Riccardo nel negare a Enrico Bolingbroke di fargli questo atto di sottomissione, gli negherebbe il diritto di ereditare il feudo paterno, come Duca di Lancaster.

(37) Testo: "But by bad courses may be understood/ That their events can never fall out good": "ma possibile comprendere dal cattivo corso delle cose che i loro esiti non possono mai essere buoni".

(38) Il Conte di Wiltshire, come ci far sapere pi sotto Ross, colui che dovr prendere in affitto i domini reali.

(39) "As blanks": "blank" detta ogni obbligazione firmata in bianco da una persona, e della quale il beneficiario decide lammontare.

(40) "... as benevolences": "benevolences" erano dette le somme di denaro, mascherate da contribuzione volontaria, richieste dal sovrano ai sudditi senza lautorizzazione del Parlamento.

(41) "And yet we strike not": "strike" ha qui il senso di "tap the cask", che frase idiomatica del gergo marinaresco, per indicare loperazione che i marinai fanno nel togliere dallinterno dello scafo lacqua entrata con la forza dei marosi, o per una falla.

(42) "LArden Shakespeare" cita, come esempio di "perspective" (il "trompe-loeil" francese), il ritratto di Edoardo VI nella "National Gallery" di Londra, che, visto di prospetto, presentava una caricatura del soggetto, guardata da sotto in su diventava un ritratto normale.

(43) "Hath broken his staff": "staff" il bastone, di legno o di avorio, portato da alti funzionari della corona come segno della loro dignit.

(44) "Resignd his stewardship": "stewardship" era la carica del "Lord of the kings Household", cio dellamministratore dei beni della corona e capo del governo della casa reale (antico siniscalco, "senascallus Angliae").

(45) Intendi: "del mio dolore senza nome, che non era ancora venuto alla luce, tu fai da levatrice recandomi la notizia dello sbarco di Bolingbroke: questo era levento inconsciamente temuto dal mio animo, e la causa della mia tristezza."

(46) Che cosa siano queste "insegne di guerra"("signs of war") la critica si affannata ad arguire. Forse York ha indosso unarmatura, di cui la regina indica la gorgiera; o forse, nella sua carica di reggente del regno porta al collo un qualche emblema indicante che la nazione in stato di guerra.

(47) Si capisce che lanello porta inciso lemblema gentilizio della casa York e deve servire per far riconoscere dalla duchessa di Gloucester - che lo conosce - lidentit del servo.

(48) I testi hanno "Bristow" (dal celtico "Brycstow", "sito presso il ponte"), che era lantica denominazione di quella che oggi Bristol.

(49) Per la metrica, si legga "Wilt-sciaire".

(50) Per la metrica, si legga: "Glo-ster-sciair".

(51) "Costwold Hills" la catena di monti che, attraversando la contea di Gloucester, va dal fiume Avon a Bath, nel Somerset, per circa 80 miglia.

(52) Il Duca di York, sintende.

(53) "The exchequer of the poor": l"exchequer"("scacchiere"), cos chiamato dal tavolo coperto di un panno diviso in tanti quadrati, come quello degli scacchi, era il luogo dove in origine i contabili tenevano i conti delle pubbliche entrate; sotto i re normanni ebbe anche funzioni giudiziarie; in seguito si chiam cos - e ancora si chiama - la Tesoreria di Stato vera e propria.

(54) Bolingbroke rivendica il titolo di duca di Lancaster, che era di suo padre.

(55) Cos era chiamato Edoardo principe di Galles, primo figlio di Edoardo III. Laccenno alla spedizione di Francia, da lui comandata, per riaffermare il possesso della corona inglese sui territori dAquitania, apportati come dote ad Enrico II dalla moglie Eleonora dAquitania, figlia del re di Francia.

(56) Lallusione ai favoriti del re.

(57) "And chase them to te bay": letteralm. "e li avrebbe condotti in porto". "To chase the bay" (o semplicemente "to bay") locuzione del gergo marinesco (cfr. "Sogno duna notte di mezza estate" IV, 1, 110: "When in a wood of Crete theyd bayd the bear").

(58) Intendi: "dellirrimediabile, inutile andar cercando rimedi". Il vecchio York ha capito linarrestabilit dellavanzata al trono di Bolingbroke.

(59) Questo capitano Gallese lo stesso personaggio che Shakespeare far entrare in scena nell"Enrico IV" col nome di Own Glendower, e che in quel dramma presentato come un mago. Ci spiega, forse, il suo funesto vaticinio, con linterpretazione dei segni celesti. il comandante in capo delle forze gallesi: pi sotto Bolingbroke dice: "Andiamo ad affrontare Glendower".

(60) Testo: "And crossly to the good all fortune goes": "e la fortuna va tutta di traverso al (tuo) bene".

(61) Limpresa, o stemma gentilizio, il simbolico disegno che figura negli stemmi nobiliari, consistente in una figura o in un motto. Quello che figurava sullimpresa di Bolingbroke era "Souverain".

(62) Il Dover-Wilson (op. cit.) annota queste parole di Riccardo con questa didascalia: "Egli siede su un monticciolo e accarezza lerba con la mano". Il rito del seder per terra e raccontarsi le proprie sventure ripreso da Shakespeare nel IV atto del "Riccardo III".

(63) "Mock not my senseless conjuration, lords": "senseless" riferito a persone vale "insensibile", "incapace di percepire"; riferito, come qui, a cose, ha il senso di "privo della facolt di percepire".

(64) "... the searching eye of heaven", cio il sole.

(65) "... the lower world", cio le regioni dellaltro emisfero.

(66) LIrlanda, in verit, non certo agli antipodi dellInghilterra; ma Riccardo, che ravvisa se stesso nel sole, simbolo della regalit, vede il suo passaggio in Irlanda come il passaggio del sole allaltro emisfero, cos come ha visto il suo ritorno in Inghilterra come il risorgere del sole da oriente.

(67) "Beadsmen": si chiamavano le persone che a pagamento, o per obbligo di lascito testamentario, pregavano per lanima di unaltra, normalmente del proprio benefattore.

(68) "Of double-fatal yew": il tasso "due volte infausto" perch lalbero che nei cimiteri inglesi ha la presenza che nei nostri ha il cipresso, e perch del suo legno si facevano gli archi che recano morte.

(69) V. la nota 62.

(70) La fortezza fatta costruire a Flint da Edoardo I nel XIII sec., e dove Riccardo si arrender a Bolingbroke, trovando ivi stesso la morte (1399).

(71) Leggasi, per la metrica, "Car-lail".

(72) Riccardo II, secondo la descrizione fattane da un cappellano francese contemporaneo, e riportata dal Dover - Wilson, era biondiccio di capelli e di carnagione bianco - rosata.

(73) Il testo ha "purple testament", "testamento purpureo" (il colore del sangue).

(74) "But ere the crown he looks for live in peace/ Ten thousand bloody crowns of mothers sons...": il solito gioco di doppi sensi, frequente in Shakespeare, sul duplice significato di "crown" che vale "corona" (serto regale) ma anche "zucca", "cranio".

(75) "My sceptre for a palmers walking staff": "palmer" (da "palm", "palma") era chiamato il pellegrino che tornava dai luoghi di Terrasanta e che, a ricordo delle visite a quei luoghi santi, riportava un ramo o solo una foglia di palma della Palestina. Il termine ha poi indicato "pellegrino" in generale.

(76) "Is full of rubs": "rub" termine del gioco del "bowling" che si giocava su un prato verde ("bowling green") e indica tutto ci che pu impedire a una boccia, che scorra su un piano, di proseguire la corsa impressale dal giocatore, senza deviare. Per metafora, ogni ostacolo fisico.

(77) "My fortune runs against the bias": nello stesso senso, cfr. "Amleto", II, 1, 65, "With windlasses and with assays of bias".

(78) "Measure", nel senso di "misura (del tempo)", ogni passo di danza.

(79) "Sas-walled", "al quale il mare fa da vallo protettore".

(80) "Rue even for ruth here shortly shall be seen/ In the remembrance of a weeping queen": gioco di assonanze fra "rue", "ruta" e "ruth", "compassione", "piet".

(81) "My fair stairs": "le mie benigne stelle", le stelle sotto il cui influsso io son nato nobile: dunque la nobilt della mia nascita".

(82) V. la nota 4.

(83) Si capisce che quelluno Bolingbroke.

(84) Le funzioni del sole nello scoprire, illuminandoli nei suoi raggi, i luoghi oscuri dove, con favore della tenebra notturna, si nasconde il crimine, esaltata da Riccardo nella scena seconda dellatto terzo. Fitzwater giura sul sole, quasi a invocarlo di scoprire a tutti il nascondiglio che, nel buio della coscienza di Aumerle, questi cela il suo delitto.

(85) Cio di continuo, nelle 24 ore, da unalba allaltra.

(86) Aumerle chiede ai presenti di prestargli un cappuccio perch il suo lo ha gi gettato a terra per sfidare Bagot.

(87) Su questo v. la nota 4.

(88) Che cosa butti a terra qui Aumerle, non si sa. O qualcuno dei presenti gli ha dato in prestito il proprio cappuccio, come da lui richiesto, o Aumerle s ripreso da terra il suo, gettatovi per la sfida a Bagot, visto che a questi Bolingbroke aveva impedito di raccoglierlo.

(89) Lannuncio di York fatto, naturalmente, per il pubblico, perch Bolingbroke conosce gi la decisione di Riccardo: egli ha gi condotto Riccardo a Londra (con la loro partenza per Londra si chiude la scena 3 dellatto precedente), lha accusato davanti alla camera dei comuni, e ha fatto votare da questa una mozione unanime che ne chiede la deposizione; Riccardo, in seguito a ci, e temendo per la vita, s lasciato strappare una dichiarazione - quella appunto recata ora dal Duca di York - con la quale, riconoscendosi indegno di portare la corona, indica al suffragio della nazione il suo "buon cugino" Enrico di Lancaster.

(90) la predizione della guerra delle due rose. Questo intervento del vescovo Carlisle, che qui Shakespeare introduce ad accentuare la drammaticit della scena della rinuncia di Riccardo a favore di colui che sar Enrico IV, cos narrata dagli storici L. Galibert e C. Pell (op. cit., I, pagg. 381-382): " In mezzo a tante bassezze e spergiuri, solo il venerabile Vescovo di Carlisle mostr un cuore nobile e pieno di coraggio: alzossi per rammentare i diritti imprescrittibili del suo signore, lillegittimit di tutti gli atti del parlamento... ma appena ebbe pronunciato il suo discorso fu preso e mandato in prigione nellabbazia di SantAlbano."

(91) Cio la richiesta del parlamento a Bolingbroke di accettare la successione di Riccardo.

(92) "Ay, no; no, ay; for I must nothing be;/Therefore no, no, for I resign to thee": proposizione involuta come il pensiero del personaggio che la pronuncia, e il cui senso pu esser questo: "Il mio s e il mio no non valgono pi nulla; perci ti dico no, ma nel dirtelo ti cedo la corona, che s".

(93) "No, not that name was given me at the font": allusione, secondo alcuni, alla voce che correva a quel tempo (senza peraltro alcun riscontro storico) secondo cui Riccardo non fosse figlio di Edoardo "Il Principe Nero", ma fosse un bastardo e il nome impostogli al battesimo non fosse Riccardo, ma Giovanni ("John").

(94) "Let it command a mirror hither straight...": letteralm.: "Consenti ad essa (alla parola/moneta) di ordinare che sia portato qui subito un specchio".

(95) "Silent king": forse un presentimento in Riccardo del suo prossimo imprigionamento (nelle prigioni inglesi vigeva il cosiddetto "Silent system" che imponeva ai reclusi il silenzio assoluto; o forse un riferimento al silenzio che - come dir pi sotto - caratterizza la vera essenza del dolore.

(96) Discorso piuttosto contorto, anche nel testo. Intendi: "Cos come lo specchio non che lombra delloggetto che riflette, non la realt di esso, lombra della tua faccia addolorata era anchessa un dolore - ombra, dolore solo apparente e non reale.

(97) S cercato di mantenere, in qualche modo, il gioco dei doppi sensi. Bolingbroke dice: "Covey him to te Tower", "accompagnatelo" alla Torre; ma "convey" ha anche il significato di "rubare", e "conveyers" sono detti i ladri che operano con la massima destrezza, "sulla punta delle dita".

(98) Un riferimento a Giulio Cesare come leggendario iniziatore della Torre di Londra durante la spedizione in Britannia (55-54 a. C.) si trova anche nel "Riccardo III", II, 1, 84-86.

(99) Questa battuta della regina indicata dallArden (op. cit.) con la didascalia "Tra s", anzi "A se stessa"; che appare verosimile, sembrando un po forzato che la regina possa pronunciare questa frase rivolta alle sue dame.

(100) Il castello di Pomfret (o Pontefraet), nella Contea di York, lo stesso dove nel "Riccardo III", saranno chiuse, per essere giustiziate, le vittime di questo re: i Lords Rivers, Grey, Vaughan e Hastings.

(101) Isabella, figlia di Carlo VII, re di Francia, sposata da Riccardo II in secondo nozze nel 1396, dopo la morte della prima moglie Anna di Boemia, allepoca del matrimonio, celebrato in Francia presso Calais, non aveva che otto anni; essa pertanto, alla deposizione di Riccardo (1399) ne ha solo undici. Ma al poeta la verit storica non ostacolo a immaginare questa scena damore, che, evidentemente, presuppone una pi matura regina.

(102) "... since wedding it, there is such lenth in grief": prosegue la metafora del corteggiamento introdotta dal precedente "in wooing sorrow".

(103) Prima di esser fatto Duca di Aumerle da Riccardo, il figlio del Duca di York era soltanto Conte di Rutland, che titolo nobiliare inferiore.

(104) Che cosa sia questo oggetto che il padre ha indicato prima come "That seal that hangs without thy bosom", "quel sigillo che pende al di fuori del tuo petto" non si capisce bene: forse un cartiglio arrotolato e sigillato con ceralacca. Il lettore immagini quello che vuole.

(105) Il personaggio di cui si parla, che non ha parte nel dramma, ma che sar il protagonista dell"Enrico V" e avr anche una parte cospicua nell"Enrico IV", il Principe di Galles, primogenito di Enrico Bolingbroke. Di lui cos si legge nella citata "Storia dInghilterra" di L. Galibert e C. Pell (I, pag. 305): "Questo giovane principe, nato con temperamento focoso, condannato allinattivit politica, davasi a tutti gli eccessi della dissolutezza, s che vedevasi, accompagnato da giovani libertini, correr le vie e le strade maestre, attaccare i contadini, derubarli e divertirsi del loro spavento e delle loro doglianze; se veniva arrestato un suo compagno di piaceri, non arrossiva di andarlo a reclamare e a difendere pubblicamente". Uno di questi "compagni di piaceri" sar Sir John Falstaff.

(106) "Shall I, for love, speak treason to thy face?": "to speak treason" espressione idiomatica che significa "esprimersi in modo irriverente verso unautorit civile, religiosa, verso una istituzione, ecc."

(107) "The Beggar and the King", era il titolo di una ballata popolare che narra la leggenda del re Cofetua il quale sposa la figlia di un mendicante.

(108) Lespressione francese "pardonnez-moi" usata spesso come un "no" di cortesia ("Perdonate, ma non posso"). La regina francese.

(109) Il testo ha: "Dost thou teach pardon to destroy?", letteralm.: "insegni tu al perdono come distruggere il perdono", che espressione abbastanza incomprensibile anche in inglese. Ho preso di peso, per il senso, l'endecasillabo suggeritomi dal Lodovici.

(110) Il cognato di Bolingbroke, che questi dice ironicamente "fido", il Conte di Kent, marito della sorella Isabella; lAbate lAbate di Westminster: entrambi membri della congiura contro Bolingbroke, insieme con i conti di Rutland e di Hudginton, e Lord Spencer.

(111) lesortazione evangelica di Ges: "Lasciate che i pargoli vengano a me".

(112) quasi inutile notare che al tempo di Riccardo II (fine sec. XIV) non esistevano orologi che battessero ore e minuti; ci nulla toglie alla suggestione poetica di questo suo monologo.

(113) una delle molte battute basate sui doppi sensi delle parole, che Shakespeare introduce abilmente allimprovviso per rompere e alleggerire la tensione drammatica della vicenda. Qui il gioco sta in quel "reale" della battuta dello stalliere ("Hail, royal Prince!) e nel "nobile" della risposta di Riccardo ("Thanks noble peer"): "reale" e "nobile" erano due monete dargento di scarso valore; la prima, corrente in Spagna ("real de la plata") valeva poco pi dellaltro, corrente in Inghilterra (di circa l0 pence). Riccardo vuol dire che lui, "reale" valutato dieci soldi di troppo, sentendosi pari allo stalliere.

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