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GIORGIO CASINI

GIORGIO CASINI

R I T A G L I

Commedia in due atti

MARINA

PATRIZIA

SILVANO

FABIO

GIULIA

NINO

PROSPERO

__________________________________

In casa di Marina

ai giorni nostri

___________________________________

PRIMO ATTO

Stanza di soggiorno. Due porte: a destra, verso le altre stanze; a sinistra, verso l'esterno. A destra un tavolo, a sinistra portatelefono e divanetto; altro mobile sul fondo. Patrizia, seduta al tavolo, con la radio accesa, ritaglia da alcuni giornali dei pezzi che incolla su di un album. Marina, sua madre, è al telefono.

SCENA 1 - MARINA, PATRIZIA

MARINA- (Al telefono, compone il numero)... Pronto, signora Sbrana? Sono Marina... sì... alla festa di compleanno della bambina della signora Mariani... come sta?... Bene, mi fa piacere... Oh, i figli! Non me ne parli!... danno tante preoccupazioni!... io poi, ho anche mio padre che, poveretto è un po' vecchietto... Come dice?... Ah, la rima: poveretto vecchietto... mi è venuta così, non sono adatta io, per queste cose... Parlavo di mio padre: devo tenermelo in casa... è un grosso pensiero... Sì, esistono i pensionati per anziani: gli ospizi... Eh sì, un giorno o l'artro bisognerà proprio che mi decida... Senta signora Sbrana, io l'avevo chiamata per quel set di pentole... Si ricorda?... Sì, set... No, non sette pentole... sono tante, saranno una ventina fra pentole e tegami... Set, per dire tutto il completo, che lo vendono tutto insieme... No, non costa molto... lo vendono a rate, con una piccolezza lo prende... Se lo immagina che pranzetti; a suo marito, io dico, viene la voglia di risposarla un'altra volta... Lo so che non siete divorziati, facevo per dire... Ci può fare di tutto: dall'arrosto... all'uovo sodo, sentirà suo marito... Signora Sbrana, cosa ha capito?... Non mi permetterei mai di dare dell'uovo sodo a suo marito, c'è stato un equivoco... E poi le mie pentole hanno la cucina dietetica, non fanno ingrassare... Lo so che non è il caso suo; c'è scritto sul libretto delle istruzioni... (sfoglia un dépliant). Insomma, se possiamo incontrarci le faccio vedere tutto per bene... domani?... Allora domani l'artro?... Me lo farà sapere... Grazie signora Sbrana. (Attacca il telefono). Ha riattaccato... (Alla figlia, con la rabbia dovuta all'insuccesso della telefonata). Vuoi chiudere un po' quella radio! Come faccio a telefonare alla gente con questa confusione nella testa!

PATRIZIA- (Ha spento la radio). Scusa mamma, pensavo che non ti disturbasse. A me, fa compagnia, mi rilassa, mi aiuta a passare il tempo.

MARINA- Te, il tuo tempo, lo sciupi, lo butti via; sempre rinchiusa qui in casa a ritagliare cotesti giornali, ad incollarli sull'album. Ne e Ne Nnhai già un armadio pieno, che quasi trabocca. Di cosa te ne fai?!

PATRIZIA- Li conservo... un giorno, potrò sfogliarli per ricordare cosa è successo nel mondo.

MARINA- E c'è bisogno di stare sempre lì, fissa a ritagliare per sapere cosa succede nel mondo? Ti compri un bel libro di storia, ci trovi tutto: da Adamo ed Eva fino alla bomba atomica!

PATRIZIA- Ma sui giornali ci sono le notizie dei concerti, dei film...

MARINA- O se non ci vai mai al cinematografo! A malapena guardi qualche film alla televisione: di quelli vecchi che non li davano già più nemmeno ai miei tempi perché erano già vecchi anche per quei tempi là.

PATRIZIA- Parlano d'amore. E l'amore è un sentimento che non passa mai di moda.

MARINA- Povera illusa! (Materna ma disincantata). L'amore passa... passa di moda...e di... Sì, in principio è tutto bello, tutto dolce, tutto romantico. Si sogna... anche di giorno... ma poi ci si sveglia... e ti ritrovi sola, in mezzo ad un mucchio di macerie.

PATRIZIA- Dove l'hai letto? O l'hai sentito alla televisione?

MARINA- (Sta allo scherzo).Non me lo ricordo.

PATRIZIA- Ho capito: l'hai trovato su quei libri che vendevi prima di metterti a vendere le pentole!

MARINA- Già: quei libri. Erano carini; romanzi rosa li chiamavano. Non mi riusciva venderne nemmeno uno e così, me li son dovuti leggere tutti.

PATRIZIA- Povera mamma, ti sei sempre data tanto da fare per tirare avanti la barca, con me e mio fratello.

MARINA- Buono quello! Non si vede mai; in casa non ci sta mai: qualche volta per mangiare e dormire ma molto di rado. Di soldi, non porta nemmeno una lira!

PATRIZIA- Eppure, uno stipendio lo riscuoterà. Lavora lì, a quel supermercato...

MARINA- Chissà come li spende, è sempre senza una lira! E poi mi sa che ci dura poco in quel posto: ha già avuto un'ammonizione.

PATRIZIA- Ci deve avere delle amicizie... mica tanto raccomandabili.

MARINA- So che ha una ragazza, mi pare si chiama Giulia, che non si sa chi è, di dove viene... cosa fa.

PATRIZIA- Ci voleva che babbo fosse ancora vivo. Io me lo ricordo poco... era un bell'òmo, vero? Simpatico...

MARINA- Affascinante! Così affascinante che dopo avere affascinata me, affascinò un'altra donna.

PATRIZIA- Era straniera, vero?

MARINA- Sudamericana, ricca... dice. E così scappò e mi lasciò nelle peste con due figlioli piccini piccini.

PATRIZIA- Ma qualche soldo, mi pare, te lo mandava.

MARINA- Sul principio, ogni tanto, arrivava qualcosa tramite il consolato, dell'Uruguay mi pare. Poi smisero e non arrivò più nulla.

PATRIZIA- O, da Roma, ti fecero sapere qualcosa?

MARINA- Ho scritto tante di quelle volte! Al consolato, al ministero... Non ne hanno più traccia: non sanno più dov'è, se è vivo, se è morto... Per fortuna tuo nonno venne a stare con noi quando rimase vedovo.

PATRIZIA- Povero nonno: è tanto buono, anche se un po' arteriosclerotico.

MARINA- Beh, sai com'è: quando s'invecchia, si rincoglionisce un po' tutti. Bisogna sopportarlo: si può dire che se si tira avanti con la sua pensione...Vedi Patrizia; non siamo eterni. Ti dovresti sistemare, trovare un lavoro; sei giovane, se esci un po' di casa, ti fai delle amicizie. Ce ne son tante ragazze, anche qui nei paraggi, che ti hanno invitata... non so: alla parrocchia, al centro sociale, per assistere gli anziani, per organizzare qualche festa nel quartiere... poi, non si sa mai, da cosa nasce cosa.

PATRIZIA- Mamma lo sai: non sono buona per certe cose.

MARINA- A cosa sei buona?! Andasti alla scuola di dattilografia: veniste via non eri ancora a metà anno.

PATRIZIA- Mi prendevano tutti in giro perché arrivavo sempre ultima e non mi riusciva andare a capo. Diceva l'istruttore che se gli rompevo la macchina me la faceva pagare.

MARINA- Al negozio della sora Gina, ci durasti tre giorni. Non sarà stato un gran lavoro ma era sempre una bottega di mercerie: la sora Gina ormai è vecchia, fra poco si ritira, potevi rilevarlo te il negozio, ti saresti sistemata. Le botteghe di mercerie, a saperle tirare avanti possono rendere bene.

PATRIZIA - Non mi riusciva servire le clienti. Non sapevo mai cosa far vedere, cosa dire. Certe volte, dovevo scappare alla latrina, perché mi veniva da vomitare, dal patimento.

MARINA- (Breve pausa, sospira). Almeno capitasse un uomo, un fidanzato...

PATRIZIA- (Sorride all'idea). Dovrebbe volermi bene...essere innamorato...

MARIÌNA- Il principe azzurro... Bambina mia: non son più di moda, i sogni non esistono più.

PATRIZIA- Ma anche te, con tuo marito sarai stata felice.

MARINA- I primi tempi, finché non gli entrò in testa l'avventura!... Era bello... poi, tutto sparisce... come se un'ondata avesse spazzato via tutto.

PATRIZIA- Dài! Ci risiamo con i romanzi rosa! Mamma, sei melodrammatica: dovresti metterti a recitare.

MARINA- Sì, magari con i bambini dell'asilo, a recitare le poesie davanti al presepe...Non farmi perdere altro tempo: lasciami fare qualche altra telefonata. Le pentole aspettano, cara la mia Patrizia! (Sfoglia l'agenda; è interrotta dall'entrata di Silvano).

SCENA 2 - SILVANO, MARINA, PATRIZIA

SILVANO- (Entra da destra. Anziano, ben portante anche se con qualche incongruenza senile. Indossa un abito estivo che, ai suoi tempi, doveva essere elegante; cappello di paglia, porta un ombrello. Euforico). Donne!... Siamo qua!... Diciamo di andare fuori?!... Vi compro il gelato a tutte e due! Oggi mi sento in vena di scialacquare!... L'impiegato di concetto Silvano Guardabassi, oggi, offre da bere a tutti!

MARINA- Babbo, stai un po' calmo, cosa ti è successo? Perché ti sei messo il vestito delle feste? Hai soltanto cotesto, un po' decente.

SILVANO- (A Patrizia). Bimba, di' un po' a tua madre, che giorno è oggi!

PATRIZIA- Giovedì

SILVANO- Ma... di numero. Quanti n'abbiamo?

PATRIZIA- Cinque.

SILVANO- E cosa succede il cinque dei mesi dispari?! (Effetto suspence. Si pavoneggia).

MARINA- (Sta al gioco: di nascosto, a Patrizia, fa il gesto dei soldi). Via babbo, diccelo: non stiamo più nella pelle.

PATRIZIA- (Sta al gioco).Via! Signor impiegato di concetto Silvano Guardabassi, non ci tenga più sulle spine.

SILVANO- (Trionfante). Vado a riscuotere la pensione!!

MARINA- Te lo sei ricordato? Ti sei messo anche il vestitino buono, per quei tre bicci! Quando l'hai finito, voglio vedere cosa ti metti!

SILVANO- Oggi, è giorno di follie!

MARINA- Sì, poi se ne parla. Ti accompagno io alla posta... metti a posto l'ombrello.

SILVANO- O se piove!?

PATRIZIA- O nonno, c'è un sole spacca le pietre!

SILVANO- No no no. Piove; e anche parecchio: ho sentito lo scroscio dell'acqua, di là.

MARINA- (A Patrizia). Positivo ha lasciato ancora aperto il rubinetto del lavandino! Ha riallagato tutto un'altra volta! Fammi andare a vedere. Intanto te, Patrizia, sbarazza tutto: ora l'accompagno alla posta, quando ritorno ci sarà da preparare per il desinare. Dammi l'ombrello, lo metto al posto. (Prende l'ombrello a Silvano ed esce a destra).

SCENA 3 - SILVANO, PATRIZIA

SILVANO- (A Patrizia che ha cominciato a raccogliere i ritagli). O, cotesti fogli, per esempio, a cosa dovrebbero servire?

PATRIZIA- Son ritagli. Quando, su un giornale trovo un articolo che mi interessa, lo ritaglio e lo incollo sull'album.

SILVANO- E li compri tutti te, cotesti giornali?

PATRIZIA- No; la maggior parte me li passa la Ginetta, la parrucchiera. Sai: lei li deve tenere in negozio per le clienti.

SILVANO- O cosa serbi, le reclami?

PATRIZIA- No, conservo quelli che parlano degli attori del cinematografo.

SILVANO- Brava! Anche a me piaceva andare al cinema... Mi ricordo tutti i film di cow-boy C'era quello alto, con la pistola, che sparava sempre per primo e li ammazzava tutti. Dovevi vedere quando arrivavano gli indiani con le frecce; che tutti si dovevano nascondere dietro ai carretti rovesciati! Che da ultimo arrivava lo squadrone di cavalleria che in testa c'era un soldatino che suonava la tromba, sul cavallo...

PATRIZIA- Suonava la carica!

SILVANO- Chi?

PATRIZIA- Il trombettiere: quel soldato a cavallo.

SILVANO- Non mi pare... (Sforzo mentale).Non lo so mica cosa suonava.

PATRIZIA- La carica... ta-ta...ta-ta...ta-ta, ta-ta-ta-taaa

SILVANO- Non si sentiva mica nulla.

PATRIZIA- Eravate tutti sordi?... Ah, ho capito: era il tempo del cinema muto.

SILVANO- Sì sì. Doveva essere proprio quello lì. Difatti, dopo un po' principiarono a chiacchierare.

PATRIZIA - Vennero i film che parlavano d'amore.

SILVANO- Che c'era quell'attrice... come si chiamava... Gratta.

PATRIZIA- E vinci!

SILVANO- No no, non si vinceva nulla: il biglietto mi toccava sempre comprarmelo. A volte sgattaiolavo fra le gambe di qualche signore più grosso ma c'era quell'uomo in divisa, nato di cane, mi pigliava per un orecchio mi ributtava fuori.

PATRIZIA- C'erano degli attori bravi, a quei tempi?!

SILVANO- C'era... Bob Tailor... Tommicse... Rintintin...

PATRIZIA- Rintintin? Ma quello era un cane!

SILVANO- Ma era quasi più bravo degli altri... o le attrici!?

PATRIZIA- Erano belle donne, vero?

SILVANO- Non ne ragioniamo! C'era la Marlène Ditricce... la Gratta... no, Gre... Gretta...

PATRIZIA- Greta! La Garbo!

SILVANO- Ecco: brava! Come c'ero intotanato! Mi ricordo quando feci la dichiarazione a tua nonna, le dissi. "Greta, ti garbo; te mi garbi: garbiamoci e pigliamoci!"

PATRIZIA- E lei, ti cascò ai piedi.

SILVANO- No: mi lasciò andare due schiaffoni!

PATRIZIA- Perché?

SILVANO- Non si chiamava mica Greta! Si chiamava Carlotta!... Credette che fossi andato da lei per sbaglio.

PATRIZIA- Ma poi vi siete voluti bene. Me lo ricordo: andavate sempre d'accordo.

SILVANO- Era sempre tanto buona con me. Dovevi sentire com'era gentile, delicata a dirmi le cose. "Silvano, ci sarebbe da rigovernare i tegami, Silvano metti l'acqua sul fuoco, non scordarti il sale; i letti li hai rifatti? Hai spazzato? Spolvera bene dietro al canterale... e sbrigati che devi andare a fare la spesa". Povera Carlottina, era tanto gentile... un'anima dolce... musicale.

PATRIZIA- Le piaceva la musica?... O che canzoni andavano ai vostri tempi?

SILVANO- Eran belle; non come quelle d'oggi che non si sa mai se cantano o se hanno il mal di pancia... Poi venne fuori la radio, principiarono a suonare le canzoni sincopate.

PATRIZIA- Lo swing. Andavate anche a ballare?

SILVANO- Qualche volta. Ma la tua nonna non era mica capace: era un po' grossa di fianchi e a smuoverla ci duravo una fatica!... Ce l'avevi bell'e ballato il valzer... o il tango col casché!

PATRIZIA- Ma se ci aveva l'anima musicale, qualcosa le sarà piaciuto: la musica classica, la lirica, le opere...

SILVANO- Le opere garbavano a me: La Bohème, la Tosca, il Nabuccodònosor...

PATRIZIA- Andavi a vederle a teatro?

SILVANO- No, non ne ho mai vista nemmeno una… Ci avevo una pila di dischi così.

PATRIZIA- Li ascoltavi insieme alla tua Carlotta, eh?

SILVANO- Macché, lei non c'era per quelle cose lì: me ne suonava qualcuno mentre rigovernavo.

PATRIZIA- Ho capito!... Povero nonno: anche te le hai passate le tue.

SILVANO- (Quasi allegro). Si, non mi lamento, via: in tutta la mia vita matrimoniale, di piatti ne avrò rotti... due o tre soli... e anche quando spolveravo, tutti quei gingillini: centrini, statuine, scatoline; mi riusciva scansarli abbastanza bene. Oh! la mia povera Carlotta portava sempre in casa qualche orribile gingillino che poi toccava a me spolverare. Ma ormai ci avevo fatto la mano!

PATRIZIA- Sei diventato un artista dello spolvero!

SCENA 4 - MARINA, PATRIZIA, SILVANO

MARINA- (Rientra: ha indossato un soprabito). Allora, babbo, diciamo di andare? Guardiamo di far presto perché poi ho da fare. Patrizia, sbarazza la tavola e poi vai in cucina: intanto metti l'acqua sul fuoco... Ah, dovevo telefonare alla signora Barbieri..

PATRIZIA- Per le pentole?

MARINA- Sì... la chiamerò quando ritorno, ora non faccio più a tempo.

SILVANO- Hai da rigovernare qualche pentola?

MARINA- No, devo venderle, le pentole... e i tegami!

SILVANO- A venderle non mi è mai riuscito. Ma a rigovernarle...

MARINA- Sì, lo so. Andiamo a riscuotere la pensione, sennò è capace finiscono i quattrini.

SILVANO- (Allarmato).No! Lo stato non me lo deve fare questo! Un onesto lavoratore che ha sacrificato tutta la sua vita nel lavoro, il pubblico erario non lo può abbandonare!...Marina, ci saranno i soldi alla posta... vero?!

MARINA- Certo, certo; non preoccuparti. Caso mai ci facciamo una rapina, lì all'ufficio postale.

PATRIZIA- (Sta allo scherzo). Allo sportello delle raccomandate ci son più soldi.

SILVANO- (Fulminato da una grande idea). La diligenza!!... Come in quel film... Ombre Rosse! Che Gion Vain s'innamorava di quella sposina... o era lei che si innamorava di lui... Poi arrivava la cavalleria col soldatino in cima che suonava... (A Patrizia). Cosa suonava?

PATRIZIA- La carica.

SILVANO- Ah, già: la carica dei seicento.

PATRIZIA- La carica dei centouno.

SILVANO- No no; erano seicento, me lo ricordo bene. Moriron tutti.

MARINA- Si vede c'era entrato qualche virus, in quel cinematografo!

SILVANO- Oh, l'ho visto tre volte!

MARINA- E morirono tutti e seicento!? Tutte e tre le volte!?

SILVANO- (Riflette). Già! Bischeri!... Dopo la prima volta, lo sapevano che dovevano morire... cosa ci son ritornati a fare?!

MARINA- (Gesto di commiserazione, poi).Sarà meglio andare alla posta. (Si avvia con Silvano verso la porta). Te Patrizia, intanto sbarazza e comincia a preparare in cucina.

SILVANO- (Già alla porta, torna al centro della scena). Fermi tutti!! (Con circospezione). Se si deve assaltare lo sgabuzzino dei raccomandati, bisognerà essere armati: vado a prendere la rivoltella. (Si avvia).

MARIÌNA- Stai buono babbo; non occorre la rivoltella; basta il libretto della pensione. L'ho preso io, l'ho nella borsa. Andiamo, vieni via, fai presto sennò si fa tardi. (Esce seguita da Silvano che cerca di mimare un libretto, una pistola spianata, infine esce con le mani in alto).

PATRIZIA- (Rimasta sola, accende la radio, mette i giornali in un cestino, sfoglia qualche pagina dell'album che poi stringe al petto, ci reclina sopra il capo, un sorriso malinconico le illumina il viso, esce).

SCENA 5 - FABIO, GIULIA, NINO

FABIO- (Entra da sinistra, seguito dagli altri; abbassa il volume della radio). Venite, entrate: qui siamo sicuri.

NINO- Io telefono al Sordo. (Si apparta sul fondo armeggiando con un telefono portatile. Non riesce ad ottenere la comunicazione).

FABIO- (A Giulia). Mia mamma e mio nonno sono usciti ora, mia sorella sarà di là in camera sua: sta sempre a giocherellare con le forbici e con i giornali.

GIULIA- (Molto truccata, abbigliamento piuttosto trasandato). Cosa fa: la giornalista?

FABIO- No, si diverte a ritagliare gli articoli dai giornali e a incollarli sull'album... Sai, le fotografie degli artisti.

GIULIA- O quanti anni ha? Non è mica più una bambina.

FABIO- Ha tre anni meno di me.

GIULIA- E si diverte sempre con le figurine?

FABIO- Che vuoi: è cresciuta un po' così, sempre in casa... Da quando il babbo andò via è sempre stata attaccata alle gonnelle di sua madre. Era piccina e un babbo le è mancato... sai come sono le bimbe.

GIULIA- Non son mica tutte uguali. Io il babbo e la mamma, per esempio, ce l'ho, ce l'ho sempre avuti ma sono stata io che ho voluto lasciarli! I genitori son sempre una palla! A me piace essere libera, andare dove mi pare, vedere chi mi pare, fare cosa mi pare senza doverne rendere conto a nessuno.

FABIO- Certo, la vita è fatta di esperienze: non puoi stare sempre lì, tutto 'r giorno a fare sempre le solite cose... Guarda: io in casa ci vengo perché, magari non so dove andare a dormire... e per cercare di spillare due soldini a mio nonno. Ma non è facile.

NINO- Ragazzi: il Sordo non risponde. Ho provato a casa sua, dalla sua donna... ora provo al bar, anche se non vuole essere cercato lì... ma la cosa va stacciata. (Riprova con il telefonino, a tempo esce per sentire meglio). Spegni un po' quella radio: non mi riesce di sentire nulla!

FABIO- (Spegne la radio). I soldi! Cara la mia Giulia! Mi ce ne vogliono tanti! E non so proprio dove prenderli... Ora poi, mi hanno anche licenziato, lì al supermercato.

GIULIA- Non sarà stato tanto ma era sempre uno stipendio.

FABIO- Te lo immagini!... Ma non ci potevo più resistere. Mi ci vedi me, a rifornire gli scaffali della carta igienica o... dei pannolini... Io ho bisogno di soldi, ho bisogno della roba... Dove posso andare a trovarli!?

GIULIA- Ascolta: i miei vecchi, un po' di soldi ce l'hanno, potrei andare a chiederglieli... Dovrei fare la pecorella smarrita che torna all'ovile; almeno per un po' di tempo.

FABIO- No no, Giulia. Mi fai comodo qui, accanto a me. Quando mi prendono quei momenti... mi ci vuole almeno una donna... e te ormai mi conosci, sai come prendermi...

GIULIA- Sono a disposizione. (Ironica). La schiava e il padrone.

FABIO- Non prenderla su cotesto tono.

GIULIA- A volte mi domando perché mi son messa con un tipo come te.

FABIO- Si vede... piaccio.

GIULIA- Povero illuso! E magari ne sei anche convinto... Te discorri tanto ma hai sempre la mentalità borghese: garbo, son bello, le donne mi cascano ai piedi.

FABIO- No, Giulia; io non l'ho mai detto cotesto.

GIULIA- Dovresti sposarti: metti su famiglia, magari ti trovi una moglie ricca... tre o quattro figlioli...

FABIO- Giulia!!!

GIULIA- Ti ci vedo, per la strada a trascinare il passeggino..."Buongiorno signora, l'ha visto il mi bimbo? Ha tre mesi, mi somiglia, vero? Da grande farà l'ingegnere... elettrotecnico".

FABIO- Smettila!!! (La pende per le braccia, la scuote; poi, più calmo). Però, sarebbe bello... sarebbe bello... Ma mi sono messo su una strada che non ritorna indietro, è a senso unico... Proprio come mio padre...sarà morto, sarà vivo, sarà... felice!?

GIULIA- Oh... Sveglia! Ti sei buttato sul romantico, sul patetico: la felicità, l'amore... Nel nostro mondo l'amore non esiste... e nemmeno la felicità.

FABIO- Esiste... la droga, i soldi... che non bastano mai... esiste il pericolo di essere scoperto mentre spacci una bustina... la galera! Io mi domando: vale la pena!?

GIULIA- Ma allora siamo proprio alla tragedia! Al piagnisteo!... Fabio: io ti sono sempre stata vicina, son diventata la tua donna, ti aiuto a superare i momenti di crisi...ma ora non tentare di farmi diventare anche una crocerossina!!

FABIO- Hai ragione, scusa. Ci siamo scelti una vita che bisogna tirarla avanti così com'è. Ci credi: a volte invidio mia sorella che si diverte sempre a ritagliare i giornali.

GIULIA- Me la fai conoscere, questa perla di ragazza?

FABIO- Ora la chiamo, così ci facciamo portare qualcosa da bere. (Chiama in quinta). Patrizia, son Fabio: vieni un po' qua; portaci qualcosa da bere.

NINO- (Rientra). Allora son riuscito a parlare con il Sordo. Va tutto bene: la roba è al magazzino solito, bisogna andare a prenderla subito. (Estrae di tasca una busta di plastica con un pacco di soldi). Qui ci sono i soldi.

GIULIA- Vacci te Fabio che sei pratico dell'ambiente.

FABIO- Vieni anche te, accompagnami.

GIULIA- Ma se vedono tanta gente, è capace non ti fanno nemmeno entrare.

NINO- Andateci tutti e due. (Dà i soldi a Fabio). Oh, mi raccomando: sono un deca... di milioni! Magari te, Giulia, aspetta fuori, senza farti vedere: è piuttosto sospettoso il Sordo.

GIULIA- Perché lo chiamano Sordo? Non ci sente?

NINO- Sentirebbe anche il rumore che fa un ragno a cucire la ragnatela.

GIULIA- E allora?

FABIO- Non sente quello che non deve sentire. Sa tutto di tutti ma non ha sentito nulla. Puoi raccontargli tutto di te, stai sicura che non lo dirà mai a nessuno; salvo che tu non gli tocchi i suoi interessi.

NINO- Ora andate. Io devo fare qualche telefonata... ci devo anche avere le pile scariche: prima non mi riusciva sentire nulla.

FABIO- C'è il telefono lì: adopera quello.

NINO- Ma se viene qualcuno...

FABIO- Avverto mia sorella, l'ho già chiamata. (Chiama). Patrizia, quanto ti ci vuole!? Vieni qua!. (Agli altri). Quando si ficca su quell'album, non c'è verso di smuoverla.

SCENA 6 - PATRIZIA, FABIO, GIULIA, NINO

PATRIZIA- (Ha in mano l'album, che stringe al seno. Al vedere ospiti rimane un po' imbarazzata). Eccomi Fabio... Scusate, ero in cucina a preparare... Mamma è uscita con nonno... Volevi qualcosa?

FABIO- Ci sono degli ospiti: il meno che si possa fare è offrire da bere. Porta... un po' di whisky, del cognac...

PATRIZIA- (Imbarazzata). Liquori non ce ne sono... l'ultimo goccio l'hai finito tu l'artro giorno... Posso farvi un po' di caffè.

NINO- No grazie. Loro devono andare via e a me il caffè fa male... mi rende nervoso.

GIULIA- (Ha osservato Patrizia con interesse misto a ironia. A Fabio). Sarebbe questa, la perla della tua sorellina?... Carina, non ti somiglia punto. (Saluta Patrizia). Salve, sono Giulia.

PATRIZIA- Piacere, Patrizia.

GIULIA- Quello è Nino. Si chiamerebbe Giovanni ma lo chiaman tutti Nino: è più svelto.

PATRIZIA- Piacere. (A Giulia). Sicché te, sei Giulia.

GIULIA- Si, sono la ragazza di Fabio, anzi: la "donna" di tuo fratello.

PATRIZIA- Allora siamo quasi cognate.

GIULIA- Andiamoci piano con le parentele: non si sa mica come va a finire. (Patrizia, perplessa, interroga Fabio con lo sguardo).

FABIO- Poi, poi avrete tutto il tempo per conoscervi meglio. Ora dobbiamo andare via.

GIULIA- È il libro della collezione degli artisti, cotesto?

PATRIZIA- (Lo mostra con ritrosia). Sì... ci passo il tempo.

GIULIA- (Le prende l'album e lo sfoglia). Bello... Chi è questo attore?... No no, non mi piace punto: ha i capelli tutti impomatati.

PATRIZIA- È la parte che doveva fare.

GIULIA- Sì, ma mi garba di più il tipo selvaggio: un po' capellone, barbuto, un po' trasandato... anche un pochino sudicio.

PATRIZIA- (Interdetta). Ah...

NINO- Ragazzi: del cinematografo ne potete ragionare un'altra volta. Ora, lo sapete quel che avete da fare.

FABIO- Si, andiamo via. (Alla sorella). Questo mio amico rimane qui: deve fare una telefonata. (A Nino). Ci si vede al bar.

PATRIZIA- Ciao Giulia, ritorna qualche volta.

GIULIA- Certo. Ti porto qualche giornale (ironica) per i tuoi ritagli.

PATRIZIA- Grazie, ciao. Ciao Fabio. (Escono Giulia e Fabio).

SCENA 7 - NINO, PATRIZIA

NINO- Allora, se non ti dispiace, faccio questa telefonata. Il cellulare non mi funziona tanto bene, si vede ci son le pile scariche.

PATRIZIA- Fai fai, il telefono è lì. (Si siede sul divano e sfoglia l'album).

NINO- (Al telefono. Compone il numero)... Sono io... La merce è già pronta... la posso mandare al solito recapito... diciamo fra una mezz'ora... Per il pagamento... la cifra che si era detto... Ci sarà il solito uomo... va bene. (Riattacca. A Patrizia). Grazie per la telefonata.

PATRIZIA- Figuriamoci: per così poco... Tratti gli affari?

NINO- Eh?... Ah!... (Preoccupato). Hai sentito... Già: il telefono...

PATRIZIA- Non ne ho potuto fare a meno. Ma non volevo essere importuna.

NINO- No no, non c'è nulla di male... Si sa: quando si telefona... (Le si siede vicino, indagatore). E così, hai capito che sono in affari.

PATRIZIA- Mi è sembrato. Parlavi con un cliente, vero?

NINO- Si certo, un cliente... Mi aveva fatto un'ordinazione...

PATRIZIA- Una cosa importante?

NINO- Abbastanza. Bisogna che gliela faccia avere subito.

PATRIZIA- Un'ordinazione urgente.

NINO- Beh, sì... La merce non bisogna tenerla tanto fra le mani.

PATRIZIA- Le consegne le fai da te o mandi qualcuno?

NINO- Certe volte le faccio da me ma nella maggior parte dei casi mando qualcun'altro. A me piace starmene nell'ombra, senza farmi vedere. Qualche telefonata e i soldi arrivano lo stesso.

PATRIZIA- Che articoli tratti?

NINO- Beh... polveri.

PATRIZIA- Che polveri?

NINO- Si... droghe.

PATRIZIA- Eeh!!??

NINO- Droghe... alimentari... Spezie, aromi... per la cucina: pepe, senape... noce moscata...

PATRIZIA- Ah... Mi avevi fatto prendere uno spavento!

NINO- Però, ora che mi ci fai pensare: potrebbe essere una bella copertura... valida.

PATRIZIA- Per cosa?

NINO- Per... Non ha importanza... Ma parliamo di te: cosa fai, come passi il tuo tempo'. Studi?

PATRIZIA- No, smisi di andare a scuola.

NINO- Perché?

PATRIZIA- Non la spuntavo. Quando arrivava il giorno dell'interrogazione, cominciava a dolermi lo stomaco dalla sera prima e mi durava fino a due o tre giorni dopo.

NINO- Sicché la scuola, per te era come un virus, un bacillo!

PATRIZIA- Mi si bloccava tutto...non mi riusciva spiccicare una parola.

NINO- Hai fatto bene a smettere: ti ci saresti ammalata.

PATRIZIA- Alla mamma dispiacque quando smisi; poverina, si era sacrificata tanto. Si è sempre data tanto da fare per tirarci avanti, me e mio fratello

NINO- Il babbo non ce l'hai? Ti è morto?

PATRIZIA- Da una parte sarebbe meglio.

NINO- Meglio?! C'è qualcosa peggiore della morte?

PATRIZIA- Se fosse morto, perlomeno ci sarebbe una tomba dove portare un fiore... Vedi: una lapide, una fotografia, una lucina, un vaso per i fiori... son cose tristi ma ti dicono che lì c'è tuo padre, quello che avrebbe dovuto insegnarti a stare al mondo, darti il calore dell'affetto. Magari, una malattia o un incidente se lo son portato via... ma è lì e continua a dirti qualcosa anche dalla tomba... Invece, non c'è più nulla, come se non fosse nemmeno esistito.

NINO- Già, me l'ha raccontato Fabio. Scappò, vero?

PATRIZIA- Andò 'n Sud America e non se ne è più saputo nulla.

NINO- Cosa faceva?

PATRIZIA- Era impiegato alle poste. Mamma dice che è tutta colpa dell'ufficio delle corrispondenze internazionali. A furia di vedere lettere e francobolli esteri, anche a lui venne la voglia di partire.

NINO- Allora è vero: fare il postino, è un mestiere piuttosto pericoloso! (Ride compiaciuto della propria battuta).

PATRIZIA- È meglio prenderla in allegria. Anche mamma la dice come battuta. Ma non ci ride quando va a fare la spesa e non ha quattrini nel borsellino.

NINO- Ma te, non fai proprio punti lavori?

PATRIZIA- Sono andata per un po' di tempo in un negozio: una merceria, dovevo servire le clienti.

NINO- Hai smesso?

PATRIZIA- Si... non mi... soddisfaceva come lavoro.

NINO- Non deve essere tanto divertente stare tutto il giorno fra bottoni ed elastici.

PATRIZIA- Quando entrava una cliente, non sapevo mai 'osa dire, cosa far vedere.

NINO- (Breve pausa, la guarda). Te, devi essere piuttosto timida.

PATRIZIA- Ma... forse...

NINO- La timidezza, vedi, è una malattia noiosa... ma si guarisce. Bisogna andare fuori, stare in mezzo alla gente... Ce l'hai delle amicizie?

PATRIZIA- Si, conosco delle ragazze.

NINO- Il ragazzo non ce l'hai?

PATRIZIA- (Sottovoce, un po' vergognosa). No, non ho nessuno.

NINO- NNNon ci sarebbe mica nulla di male; è una cosa normale, tutte le ragazze hanno uno spasimante. A volte anche qualcosa di più di uno spasimante.

PATRIZIA- Io son cresciuta senza babbo. Si può dire che non l'ho nemmeno conosciuto ma me lo son sempre figurato come uno che ha fatto per tutta la vita il comodo suo e, quando mi si presentava davanti un ragazzo, mi pareva di vederci mio padre e così facevo di tutto per mandarlo indietro, inventavo delle scuse che forse ci avrò fatto anche la figura di una che si dà tante arie, che vuol tenere le distanze... ma era più forte di me... e così, passa il tempo...

NINO- Tuo fratello invece, l'ha presa in un altra maniera.

PATRIZIA- La mancanza del babbo, per lui è stata come la mancanza di ogni freno. Spero soltanto che non finisca in qualche guaio serio: non si sa mai cosa fa, dove va, con chi va...

NINO- Fabio si sa difendere, non gli succederà nulla. Ma te, dicevo, dovresti farti delle amicizie.

PATRIZIA- Ce l'ho qualche amica; ogni tanto usciamo insieme. Ma mi garba anche stare in casa.

NINO- E cosa ci fai rintanata in casa?

PATRIZIA- Aiuto la mamma a fare le faccende. Poi guardo un po' la televisione ma soprattutto leggo, ascolto la radio... Raccolgo i giornali: ci ritaglio gli articoli che parlano del cinematografo e li metto nell'album. (Mostra l'album). Ne ho già parecchi; li ho tutti ordinati per periodi: dal cinema muto fino ai giorni nostri.

NINO- Ti piace il cinematografo?

PATRIZIA- Si... è un modo per sognare, per viaggiare... vivere le avventure, le situazioni, i sentimenti.

NINO- (Scorre l'album). Vedo che collezioni anche gli articoli sulla vita privata degli attori: scandali, amori, divorzi.

PATRIZIA- Anche quello rientra nel mondo della celluloide, come lo chiamano. Ma il più importante è quello che riguarda i films, con le notizie sulle trame, i giudizi della critica.

NINO- Sì, l'idea mi pare abbastanza originale, potrebbe essere una storia del cinematografo fatta con le notizie della cronaca; non credo ci sia tanta gente che ci abbia mai pensato. Credi di poterla vendere a qualcuno, pubblicarla?

PATRIZIA- No... A chi vuoi 'he interessi. La tengo così, per soddisfazione mia.

NINO- Già; per passare il tempo. (Posa l'album, la guarda come un medico che emette una diagnosi). Si, te hai qualche complesso... che devi buttarlo via, te ne devi liberare! Non è facile; ti capisco perché anch'io, da ragazzetto ero parecchio timido, poi principiai a imbrancarmi con gli altri ragazzi e allora... Anch'io ero parecchio solo: i miei genitori andavano a lavorare, di studiare ne ho sempre avuta pochissima voglia... Ho imparato però a sapermi difendere, a dare le gomitate... a guardarmi le spalle, per non beccarmi qualche coltellata.

PATRIZIA- (Spaurita, incredula, un po' giocosa). Coltellate?!

NINO- (Dapprima giocoso poi deciso, con durezza). Beh... in senso metaforico. Quando entri in un certo ambiente, devi essere pronto a tutto. Trovi sempre qualcuno che cerca di farti fuori! E allora ti devi saper difendere: attaccare, ammazzare prima di essere ammazzato!

PATRIZIA- In senso... metaforico...

NINO- Sì... in senso, metaforico.

PATRIZIA- Appunto... Perché a fare il commerciante, anche all'ingrosso, sarà faticoso ma tanti pericoli non ci dovrebbero mica essere.

NINO- (Sopraffatto dal candore di Patrizia). Sei ingenua. Oltre che timida sei anche ingenua. Io dico che sei rimasta l'unica ragazza al mondo fatta così.

PATRIZIA- Sono una ragazza come tutte, anzi: meno importante delle altre, proprio insignificante; mi sento quasi una nullità... chi vuoi che si accorga di me.

NINO- Sbagli! Sbagli di grosso. Non esistono persone inutili, insignificanti; tutti hanno un qualcosa che li rende interessanti, diversi dagli altri. Pensa che di te ce n'è una sola; in tutto il mondo non esiste un'altra ragazza come te... che abbia il tuo viso... i tuoi pensieri...

PATRIZIA- I miei difetti...

NINO- Sì, ma anche le tue qualità! Te devi avere fiducia, tirare fuori la volontà per volere arrivare.

PATRIZIA- Dici bene... ma come si fa?

NINO- Anch'io me lo chiedevo da bambinetto, quando principiai a vedere il mondo così com'è. Mi avevan detto che era una gran palla... e io ci volevo giocare: volevo tirarla, farla rimbalzare... ma quando feci per mollargli una pedata, quella palla era diventata un sasso, che per smuoverlo ci voleva la dinamite... Vedi, Patrizia, vorrei tornare indietro... perché i sassi, anche se son grossi, li puoi smuovere tranquillamente, con una leva; con un bastone puoi farli rotolare dove ti pare... Ma indietro non si torna. E così, son qui...

PATRIZIA- Te, perlomeno sei arrivato.

NINO- Non si arriva mai dove si vuole

PATRIZIA- Mi pare, però che non sei felice nemmeno te. Eppure hai il tuo lavoro, guadagni, hai una vita interessante... Però, mi pare che ti manchi qualcosa.

NINO- Non mi manca niente... e mi manca tutto... Forse, mi manca una donna.

PATRIZIA- Non mi dirai che non sei buono a trovarti una donna.

NINO- Di donne posso trovarne quante ne voglio, ma non ce n'è una che abbia quella semplicità dei sentimenti, quell'ingenuità... che a guardarla ti vien voglia di chiudere gli occhi e tornare indietro... quando della vita non sapevi nulla e tutto era bello, era tutto rosa. (Le è molto vicino, con un braccio le ha cinto le spalle, le sfiora il viso con la guancia). Ma addietro non si torna.

PATRIZIA- Ma si può andare avanti. Lo dicevi te: bisogna avere fiducia, tirare fuori la volontà.

NINO- Sì, la volontà. Ma certe volte non basta. Quando ti ritrovi in certe situazioni, non è facile sortirne.

PATRIZIA- Perché non mi racconti tutto?

NINO- Non posso... almeno per ora non posso... Ma domani, chissà. (Tenta ancora di baciarla, lei si ritrae. Da fuori giungono le voci di Marina e Silvano. Nino, per darsi un contegno si alza sfogliando l'album).

SCENA 8 - MARINA, SILVANO, PATRIZIA, NINO

MARINA- (Entrando). Vieni babbo, non farmi perdere del tempo ho da preparare il desinare. (In scena). O quel signore lì, chi è?

NINO- Mi chiamo Nino, sono un amico di Fabio.

MARINA- Piacere. Lo aspetti? Ma non lo so se verrà. Non si sa mai nulla di quel figliolo; ci credi, mi dà tanti pensieri... ma in fondo, è un buon ragazzo.

PATRIZIA- Fabio era qui proprio due minuti fa; ora è andato via, aveva da incontrare un cliente, vero? (A Nino che annuisce). Nino si è fermato un po' perché doveva fare una telefonata. Ha un commercio all'ingrosso.

MARINA- Commercio? C'è in mezzo anche Fabio? O non lavora al supermercato?... Già! È commercio anche quello... Ho capito: lei, signor Nino, deve essere il principale di Fabio! Perché non lo ha detto subito... Si metta a sedere, gradisce qualcosa da bere?

NINO- No signora, non si disturbi. Io con il supermercato non c'entro niente, sono soltanto un amico di Fabio. E mi dia del tu, signora.

PATRIZIA- C'era anche Giulia, la ragazza di Fabio

MARINA- Ah sii? Com'è, com'è? La conosci anche te, Nino? (A Patrizia). L'aveva portata per farcela conoscere?

PATRIZIA- Mah... non mi pare, sono andati via subito; dovevano andare da qualcuno... doveva essere una persona importante perché sono andati via tutti di corsa.

MARINA- Ma ritornerà? (A Nino). La conosce anche lei, vero signor Nino? (Reazione di Nino). Voglio dire: la conosci anche te... Dille che ritorni, la vedrei volentieri. Almeno fosse capace di riportarlo sulla retta via, quel ragazzo.

SILVANO- (Si presenta a Nino che ha osservato minuziosamente durante le battute precedenti). Io sarei l'impiegato di concetto Silvano Guardabassi. Anche te sei del cinematografo? Cosa fai, l'artista? Una volta l'ho fatto anch'io, il cinematografo: fu Beppe della Giovannona, che di soprannome lo chiamavano Sansone perché era piccinino così, tutto brutto pareva un peccato. Lavorava a Tirrenia, lo conosci?

NINO- No, non è il mio ambiente.

SILVANO- Lo devi conoscere per forza: s'interessava di trovare le comparse.

PATRIZIA- Nonno, non insistere. Nino fa il commerciante, tutt'un altro genere di cose.

SILVANO- Già! E poi Sansone è morto tanti anni fa, io dico che te eri sempre piccinino, nella culla; come fai a conoscerlo.

NINO- Gliel'ho detto.

SILVANO- No no, non lo puoi aver conosciuto! Ma stai a sentire: dovevano fare un film sui guerrieri antichi, mi diedero una corazza di cartone, una sciabola di latta e in testa mi ci appiopparono un elmetto che pareva un colino rovesciato. Dovevamo combattere, quel tale che comandava tutto... come lo chiamavano...

NINO- Il regista.

SILVANO- Di cognome... ma il nome di battesimo non me lo ricordo. Insomma quello lì: diceva che si doveva far finta di fare sul serio, ammazzare senza farsi male. Alla prima botta, mi si troncò la sciabola: per forza, me l'avevano data di latta!

MARINA- Via, babbo, ormai conosciamo la tua carriera artistica.

SILVANO- Ce l'hanno messo quel film, in cotesto libro? Mi ricordo, quando mi si ruppe la sciabola mi fecero fare il morto... tutto sdraiato per terra, con gli occhi chiusi, fermo stecchito come un baccalà.

PATRIZIA- Era una parte difficile!

SILVANO- Me lo diceva sempre Sansone... lo chiamavano Sansone perché era un seghino così: secco rifinito, faceva impressione.

PATRIZIA- Ce l'hai già detto.

SILVANO- (Pensa per un momento). Che era brutto, ve l'ho detto?

MARINA- Si; ormai sappiamo tutto di Sansone!

SILVANO- Me lo diceva sempre... aveva una vocina fessa che non si capiva nulla quando discorreva... mi diceva: te, Silvano, dovresti fare l'artista!

MARINA- Ci mancava anche quello!

SILVANO- Ci avevo certi bei capelli neri, lustri di brillantina, se ci picchiava il sole ...accecavano!... Il petto poi, se trattenevo il respiro, poteva arrivare anche a un metro e venti!

PATRIZIA- E perché non l'hai fatto il cinematografo?

SILVANO- Fu tua nonna che non me lo fece fare! Mi faceva stare in casa.

PATRIZIA- A rigovernare.

SILVANO- Eh... però, avevo imparato bene: certi piatti lustri...

MARINA- Lascia stare i dolci ricordi, babbo; vieni a cambiarti. Se lo consumi tutto cotesto vestito, poi non ne hai altri! Vieni: così mi dài i soldi della pensione, li metto nel canterale.

SILVANO- (Istintivamente porta la mano al petto dove, nella tasca interna della giacca tiene i soldi. A Nino, con sussiego). Oggi, ho riscosso la pensione! Pago il gelato a tutti! Vieni anche te, bimbo? Come ti piace: all'amarena o alla crema e cioccolata? Se ti piace lo puoi prendere anche al pistacchio, basta che non ti faccia male! Mi ricordo una volta, la mia povera Carlottina si accorse che il gusto del pistacchio non le si confaceva, mi toccò mangiarlo tutto a me. Si vede ne mangiai troppo: certi stropiccioni di pancia! Del resto, non potevo mica buttarlo via! L'avevo pagato!

NINO- Certo! La ringrazio dell'invito ma bisogna proprio che vada via.

PATRIZIA- Devi andare a trovare quel cliente?

NINO- Sì, ho già fatto piuttosto tardi e quella è gente che non bisogna farla aspettare.

MARINA- Ritorna qualche volta. Vieni con Fabio; portate anche la sua ragazza, mi struggo di vedere chi è, com'è, cosa fa...

NINO- Va bene, signora: verrò a trovare lei... e Patrizia, se sarà contenta di vedermi.

PATRIZIA- Certo. Vieni pure quando vuoi.

SILVANO- Se c'è da fare un film, sono pronto. Il guerriero però, non so se posso più farlo.

NINO- Caso mai le facciamo fare il generale!

SILVANO- Sì!... Mi garba! (Si pavoneggia in atteggiamenti militareschi).

SCENA 9 - FABIO, GIULIA, MARINA, PATRIZIA, SILVANO

FABIO- (Entra trafelato, seguito da Giulia). Mamma!... Nonno!... Nino, aiutatemi!... Devo scappare: mi cercano!

MARINA- Chi!?

FABIO- Mamma, aiutami...ma non farmi domande... Ho bisogno di soldi! Devo andar via; lontano...

SILVANO- (A sentire nominare i soldi, porta le mani sulla giacca, all'altezza della tasca interna, dove tiene il portafogli e volge le spalle a Fabio).

MARINA- Come tuo padre!!?

FABIO- No mamma, la cosa è diversa: non vado via per divertirmi. Mi cercano!

MARINA- Ma chi?!

NINO- Calmati Fabio, e spiegati: i soldi che ti ho dato, dove sono?

FABIO- Non ce li ho più!

NINO- Come: non li hai più! La roba ce l'hai? (Fabio fa cenno di no). Giulia: me lo puoi dire te cosa è successo?

GIULIA- (Ammicca ai familiari di Fabio). Ma... non lo so se...

NINO- Anche loro, ormai ci sono dentro. Discorri, cosa è successo?

GIULIA- Hanno arrestato il Sordo!.. Tutto era filato liscio: mi ero messa lì da una parte e ho visto tutto. Fabio è entrato in quel bar, è andato alla toeletta e ci ha lasciato il pacchetto con i dieci milioni; è uscito, nella toeletta c'è entrato il Sordo, è venuto fuori e aveva una tasca gonfia, dove aveva messo i soldi; dopo poco è ritornato con quell'artra tasca gonfia: ci aveva il pacchetto della roba; ha fatto per entrare nella toeletta, due tizi che stavano a un tavolino e bevevano un caffè gli son saltati addosso: "Fermi tutti! Polizia!". Con le rivoltelle puntate l'hanno arrestato. Fabio, nella confusione, è riuscito a sgattaiolare fuori; uno dei poliziotti l'ha inseguito per un po' ma poi ha pensato bene di tornare a dar manforte al suo collega per arrestare il Sordo, il pesce più grosso. Anch'io, allora son uscita fuori, ho rintracciato Fabio e tutti di corsa siamo arrivati fin qui.

NINO- E ora come si fa! La roba l'avevo già promessa a Berto per organizzare la distribuzione. Ora c'è da sentirlo, è capace se la rifà con me... No, te puoi stare tranquillo: il Sordo non canta, non ha mai spifferato nulla. D'altra parte sei incensurato, non possono averti riconosciuto. Comunque, per un po' ti conviene cambiare aria... e andare parecchio lontano.

FABIO- Mi ci vogliono soldi: mamma, nonno; mi dovete aiutare!

MARINA- (Esterrefatta). Era questo che facevi... campavi con i soldi di quei disgraziati... che forse sono andati a rubarli, per comprarsi un attimo... d'annebbiamento del cervello. E magari qualcuno ci lascerà la buccia. (A Giulia). E te saresti la sua ragazza: Giulia... Ti ho aspettato per tanto tempo; ti avrei voluto bene… come a una figlia...

GIULIA- Come son tutti patetici in questa casa! Spiacente, mammina cara, a Fabio gli ho voluto bene ma si vede non sono stata capace di riportarlo sulla retta via. Anzi: ora che deve scappare, è meglio che vada da solo. Se lo cercano, c'è da farsi arrestare se ti trovano insieme a lui.

NINO- (A Marina). Stia tranquilla signora: non succederà nulla. Son cose che capitano; Fabio starà via per un po' di tempo, poi tornerà.

PATRIZIA- E continuerete a fare il solito commercio, all'ingrosso, di droghe... alimentari.

NINO- Non mi sembra proprio il caso di buttarla tanto sul tragico. Lasciamo passare un po' di tempo... tutto si accomoda.

PATRIZIA- No, quando si rompe qualcosa qui dentro (si tocca il petto) non si accomoda più... Sarebbe stato bello... ma si è rotto.

FABIO- Mamma, mi ci vogliano tanti soldi; dammi tutto quello che hai... Nonno, qualche volta mi hai aiutato; ora devo andar via per un bel po' di tempo... I tuoi risparmi, dove li tieni?...Poi riscuoterai la pensione... o l'hai già riscossa... (Silvano comprime le mani sul portafogli).

MARINA- (Si mette in mezzo ai due). Lascialo stare il nonno; non ne ha soldi...e nemmeno io ne ho. E anche se li avessi non ti darei una lira. Fatti aiutare dai tuoi amici...dalla dolce Giulia, la cara creatura che nel momento del bisogno ti butta via come lo strofinaccio della spazzatura!

GIULIA- (Ironica e divertita). Siamo alla scena madre! Il drammone è arrivato alla fine del primo atto. La primadonna ha declamato la sua battuta melodrammatica! Brava! Facciamole un bell'applauso! Forza: battetele le mani! (Applaude).

MARINA- Poveretta; mi fai compassione. E te Fabio, vattene... e non tornare più. Ho perso il marito, posso perdere anche il figlio.

FABIO- Mamma! (Vede Silvano, trincerato dietro Marina, che strige disperatamente la giacca all'altezza della tasca interna). Nonno, cosa stringi fra le mani? (Con una spinta, scansa la madre; è davanti al nonno). Quanti ne abbiamo oggi? Hai riscosso la pensione!

SILVANO- (Scuote disperatamente il capo. Ha un filo di voce). No... no... no

FABIO- Fammi vedere nonno (persuasivo) fammi vedere; te li restituisco i soldi. (Improvvisamente violento) Nonno, dammi i soldi! (Riesce a impradonirsi del portafogli di Silvano). Mi dispiace, nonno ma questo serve a me! Te li ridò, stai sicuro... Andiamo Nino, bisogna organizzarsi. (Esce, seguito da Nino che saluta le donne con aria un po' incerta).

GIULIA- (Divertita). Mammina... Sorellina cara; siamo al finale d'atto, l'ultima battuta la dico io, se non vi dispiace: faccio l'uscita di scena. E voglio l'applauso! Nonno, su con la vita, son cose che succedono! Ah, cognatina: ti manderò tanti giornali per i tuoi ritagli. Vi sta bene se l'uscita la faccio così? (Assume una posa molto teatrale. Sulla porta si ferma e sbotta in una gran risata sguaiata, mentre esce). Ah... ah...!

SILVANO- (Dopo la colluttazione con Fabio, barcolla sostenuto da Marina e Patrizia. Si siede, sempre assistito dalle due donne, mormora parole sconclusionate; è in preda a evidente choc). I soldi... la pensione... Il gelato... il gelato...

SECONDO ATTO

La stessa scena del primo atto.

Patrizia, seduta al tavolo, incolla i suoi ritagli. Marina al telefono. Radio accesa; durante la telefonata Marina fa cenno a Patrizia che la spegne.

SCENA 1 - MARINA, PATRIZIA

MARINA- (Al telefono). Pronto, signora Cecchini?... Come sta... sono Marina, si ricorda?... La settimana scorsa, in casa della signora Mancini... sì, dei pasticcini squisiti; a dirlo a lei ci ho preso quasi l'indigestione: stetti due giorni tutta scombussolata di stomaco... Anche lei? Ma allora c'era qualcosa dentro... Ci crede, signora Cecchini, non si sa più cosa si mangia al giorno d'oggi! Per me è tutta colpa della televisione... Brava! Lo dico sempre anch'io: ci rifilano quel che vogliono loro! Ma l'ha sentito di quella fabbrica di surgelati, che nelle scatolette della carne, per farla venire più saporita, ci infilavano l'essenza di lavanda... sì: la lavanda gastrica la dovrebbero fare a loro! Dice era avanzata dalla fabbricazione della benzina verde... che non inquina... Non inquinerà l'aria ma il mal di pancia me l'ha fatto venire lo stesso... sì, sono le multinazionali, come le chiamano... In che mondo si vive!... Guardi, signora Cecchini, l'unica cosa sicura sono le mie pentole; gliele ho mai fatte vedere le mie pentole?... Signora, non mi permetterei mai... E poi, a questa età cosa vuole che abbia da far vedere... Le pentole: i tegami; quelli dietetici. Guardi: non per dire ma sono favolosi... Come dice?... Ora ha da fare... un minuto... hanno suonato il campanello... l'aspetto?... Ho capito: richiama lei. Arrivederla signora Cecchini, mi saluti suo marito. (Aggancia. A Patrizia). Ha riattaccato. Non è mica vero che le ha suonato il campanello: ce l'ha lì davanti e non ho sentito nulla... E chiamare, non richiama certo.

PATRIZIA- Non te le compra nessuno coteste pentole... povera mamma.

MARINA- Poverini tutti! Qui, se non troviamo il modo di guadagnare un po' di soldini, finiamo male. Parecchio male.

PATRIZIA- Io, se trovassi da vendere la mia collezione... (Marina la guarda con commiserazione). Potrebbe essere interessante per chi fa gli studi sul cinematografo... Potrebbe essere una storia attraverso le notizie della cronaca... (Marina c.s.). Me l'hanno detto.

MARINA- Chi te l'ha detto?

PATRIZIA- Beh... qualcuno.

MARINA- Qualcuno... che poi se ne è andato. Dovevi mettergli un po' di sale sulla coda!

PATRIZIA- Se bastasse un po' di sale, per farlo tornare...

MARINA- Ah, perché te, ci speri sempre. Bimba: individui come quello è meglio perderli che trovarli!

PATRIZIA- Sì, la sua attività non è tanto raccomandabile ma se riuscisse a trovare la persona adatta, io penso che potrebbe ritornare sulla retta via.

MARINA- La pecorella smarrita! Scòrdatelo, Patrizia, scòrdatelo: è tanto ma tanto meglio.

PATRIZIA- L'indole l'avrebbe buona. Ha dovuto lottare: si è ritrovato in un ambiente dove, per restare a galla, devi fare la guerra ma dentro è rimasto un bimbo... gli piace sognare... ricordarsi di quando giocava con gli altri bimbi.

MARINA- Da bambini son tutti buoni... Il guaio è che crescono.

PATRIZIA- E ci rimane soltanto il ricordo... o una vita piena di pericoli, come Giulia, la ragazza di Fabio.

MARINA- Buona anche quella! Ma come si è contornato bene quel figliolo! E non si sa più dov'è, cosa fa, come vive, con chi vive... se è in galera. Almeno ritornasse, si facesse vivo; avere un figliolo e non saperne più nulla così.

PATRIZIA- Se fosse in galera si sarebbe saputo. Starà con Giulia... Perlomeno lei, la sua vita se la vive.

MARINA- (Le è alle spalle, l'abbraccia; sospira). Continua la tua collezione... ma non la vendere: è tua. (Si scioglie dall'abbraccio). E poi, chi vuoi che te la compri!

PATRIZIA- Io vorrei aiutarti, mamma: perché qui, con nonno in quelle condizioni, tirare avanti sarà un problema.

MARINA- È stato un colpo troppo forte per lui: a vedersi portare via tutti i soldi della pensione, non ha retto. Era l'unica cosa che gli era rimasta nella vita perché, di cervello, da quando era rimasto solo, non è che fosse più tanto stabile.

PATRIZIA- Eppure non sarebbe stato neanche tanto vecchio ma il cervello, alle volte fa dei brutti scherzi. Ora poi, con la batosta che gli è capitata, poveruomo, ci vuole qualcuno che gli stia sempre d'intorno.

MARINA- Ieri siamo andati un po' fuori: volevo arrivare fino ai giardinetti per fagli prendere un po' d'aria per vedere se, incontrando altra gente riuscivo a farlo uscire un po' da quel torpore... Cosa vuoi vedere: non eravamo ancora arrivati in cima alla strada ha principiato a ciondolare, a dire che non ce la faceva più; meno male c'erano i tavolini del bar sul marciapiede, l'ho fatto mettere a sedere e dopo un po' siamo ritornati a casa.

PATRIZIA- Sta sempre a dire che ci vuol comprare il gelato. Si vede era l'ultima cosa che pensava prima del fattaccio... gli è rimasto come un chiodo fisso.

MARINA- Toh, lì al bar ha principiato a fermare tutti quelli che passavano: voleva sapere chi erano, cosa facevano, dove andavano; a raccontare a tutti che lui era l'impiegato di concetto Silvano Guardabassi. Che aveva lavorato per tanti anni all'ufficio ipoteche e aspettava di riscuotere la pensione per pagare il gelato a tutti... E siccome parla un po' male per via di quella mezza paralisi che gli è presa, qualcuno credeva che chiedesse l'elemosina, addirittura hanno lasciato degli spiccioli sul tavolino. Ho pensato bene di riportarlo subito a casa...

PATRIZIA- (Divertita). E i soldi sul tavolino?

MARINA- Li avrà presi il cameriere.

PATRIZIA- A volte fa certi discorsi che ci sarebbe da riderci sopra, se non facesse tanta pena. Certo che a stargli dietro, ormai non è più possibile. Bisogna trovargli una sistemazione.

MARINA- Sono andata a sentire, lì all'ospizio: hanno detto il posto c'è... ce lo prendono.

PATRIZIA- Quando?

MARINA- Quando vogliamo. Oggi. Son rimasta d'accordo: fra poco vengono a prenderlo.

PATRIZIA- Ora, subito?... Lui lo sa?

MARINA- Gli ho accennato qualcosa... che per un po' di tempo andrà in un posto dove ci troverà tanti amici... Figurati: ha detto che spera di trovarci Sansone, quel suo amico del cinematografo.

PATRIZIA- È capace crede di andare a girare un film!

MARINA- Da una parte sarebbe la miglior cosa: andrebbe via tranquillo.

PATRIZIA- O, di soldi, quanti ne occorrono? So che certi ambienti costano un bel mucchio di quattrini.

MARINA- Quasi tutta la pensione.

PATRIZIA- E noi come facciamo?... Bisognerebbe che trovassi da lavorare... o da sposarmi. (Si entusiasma). Si potrebbe andare ad abitare tutti assieme: con quello che occorre per mangiarci in due, ci si mangia anche in tre!

MARINA- Non preoccuparti. Qualche santo provvederà. (Campanello) Chi sarà a quest'ora? (Va ad aprire, rientra con Nino e Giulia)

SCENA 2 - NINO, GIULIA, MARINA, PATRIZIA

NINO- Scusate, si passava da queste parti e abbiamo pensato di farvi una visitina... Ciao Patrizia.

PATRIZIA- (Molto imbarazzata). Ciao... ciao Giulia.

GIULIA- Ciao cognatina, come stai, sei sempre dietro alla tua collezione? Già! Dovevo portarti i giornali! Scusa, me li sono dimenticati. Ci sono state tante cose da fare, vero Nino?

NINO- Sì, in questi ultimi tempi siamo stati un po' in giro, abbiamo cambiato aria. Sai com'è il commercio: bisogna trovare sempre nuovi mercati, nuove piazze...

GIULIA- Nuovi clienti. E siccome per inserirsi nei posti nuovi ci vogliono le public relations, detto in americano fa più effetto; insomma conoscere la gente, convincerla, stringere amicizie... a volte qualcosa di più... E siccome son cose che a me riescono piuttosto bene, sono entrata in società... fifty fifty. (Prende Nino sottobraccio).

PATRIZIA- Auguri...in bocca al lupo, come si dice in questi casi?

NINO- Lascia stare: se le cose debbono andar bene, andranno bene anche senza i tuoi auguri e se debbono andar male...

MARINA- Arrivederci in tribunale!

NINO- La signora ce l'ha con me per via di Fabio. Ma deve sapere che suo figlio io non lo conoscevo nemmeno; è venuto lui da me perché aveva bisogno della roba. Era già drogato! E chi ce l'aveva spinto? Lei signora, che chiacchiera tanto, non ci ha mai pensato a questo? Io, in fondo in fondo, faccio un commercio: vendo della merce che, in fin dei conti nessuno è obbligato a comprare. E chi la compra lo fa perché forse le famiglie, le famiglie perbene, non gli sanno presentare qualcosa di più valido.

MARINA- Lo sapevo: la colpa è tutta mia!

NINO- No, la colpa è di tutti... e di nessuno.

GIULIA- Del resto cosa c'è di male? Allora è molto peggio alla televisione quando ti convincono a comprare, che so: magari un chewing-gum perché qualcosa devi sempre masticare o, non so: la bottiglia del whisky da tenere nella dispensa dei liquori perché se ti viene un ospite in casa e non ti ce la trova, che figura ci fai! Cara mammina, il mondo va così. Cara sorellina, bisogna svegliarsi, mettersi in giro, guadagnare tanti soldi, divertirsi.

PATRIZIA- Felice te, che sei capace di farlo, il fifty fifty... Io non ne son buona.

NINO- Vedi Patrizia: sarebbe stato bello continuare il discorso... che avevamo cominciato, ma le circostanze... Insomma, non si può fare sempre come si vuole.

PATRIZIA- Ti capisco... le circostanze. Ma, come dice il proverbio: non è mai troppo tardi.

MARINA- Quasi mai! Il signore ha già fatto le sue scelte mi pare e farlo tornare indietro è quasi impossibile.

GIULIA- Dovete capire che quando uno entra negli affari, risulta molto ma molto difficile venirne fuori.

MARINA- Già: bisognerebbe nemmeno entrarci negli affari, perché a sortirne... Ma ora non vi voglio far perdere altro tempo. Siete venuti per raccontarci del fifty fifty, ce l'avete detto; se avete da fare non vi tratteniamo: tanti saluti.

NINO- Veramente la nostra visita, aveva un altro scopo.

GIULIA- Diglielo, alla svelta. Poi andiamo via, visto che son tanto premurose da non volere approfittare del nostro tempo.

MARINA- Tempo prezioso, a quel che ho capito.

GIULIA- Lo puoi dire! Dobbiamo organizzare un giro che ci farà guadagnare tanti ma tanti milioni.

MARINA- Buon per voi. Ma non vi invidio proprio.

NINO- Giulia: non è il caso di spiattellare tutte le nostre cose; bisogna essere prudenti.

GIULIA- Ma anche a loro conviene stare zitte. Hanno un figliolo e un fratello che ci sta nel mezzo.

PATRIZIA- Cosa c'entra Fabio?

MARINA- Lo hanno preso? Dov'è? Ne sapete qualcosa?

NINO- Eravamo venuti appunto per questo. Ma se vi diamo noia, sarà meglio andarcene.

GIULIA- (Molto ironica). Poverine! Non le disturbiamo: hanno da giocare con le figurine. (Fanno per avviarsi).

MARINA- (Con veemenza),No!! (Si domina; con gentilezza). Restate...Accomodatevi. (Nino e Giulia si siedono sul divano assumendo pose compassate da perfetti ospiti).

GIULIA- (Con ostentata ironia. Pronuncia ben specificata). Nino, ti ci andrebbe qualcosa da bere? Un whisky uno cherry... (A Marina, come se ordinasse a un cameriere). Oppure, una coppa di champagne... francese, naturalmente.

MARINA- Mi dispiace, in casa non abbiamo nulla.

PATRIZIA- Nino, se sai qualcosa di Fabio diccelo, è tanto che non ne sappiamo nulla. Devi capire la nostra situazione: oltre tutto ha fatto ammalare suo nonno, gli è venuta una mezza paralisi, non gli riesce più nemmeno parlare. Bisognerà portarlo all' ospizio.

NINO- Mi dispiace: era un signore tanto simpatico, distinto.

GIULIA- Arzillo. (Prende una sigaretta che Nino le accende con studiata lentezza).

PATRIZIA- Nino, sei un bravo ragazzo. Dentro di te, son sicura, sei rimasto il ragazzo che eri una volta. Vedi in che condizioni siamo. Dicci di Fabio: se c'è bisogno di aiutarlo, ci sacrificheremo... a patto che ritorni sulla retta via. Nino: una volta ti sei confidato con me: mi sembrava tanto facile capirsi... ora questa casa potrebbe essere sempre aperta per te. Sarebbe bello poter stare tutti assieme...onestamente... con Fabio... e anche con Giulia.

GIULIA- (Confidenzialmente a Nino ma a voce alta). Un'altra scena madre! Deve essere la casa degli artisti! O siamo capitati nel teatrino della parrocchia?

NINO- (Si alza, va vicino a Patrizia). Fabio sta bene; pericoli, per ora non ne corre: il Sordo non ha parlato, uscirà fra poco. Fabio era andato all'estero, in Francia mi pare; ora che il caso è stato archiviato è tornato e mi ha detto di venire qui a preparare il terreno per il suo ritorno.

MARINA- Ritorna!?

NINO- Sì, dovrebbe star poco.

PATRIZIA- Ma, come ritorna? Lavorerà, cosa farà?

NINO- Per ora non potrà mettersi tanto in evidenza, il Sordo per un po' è bruciato; dovrà trovarsi un altro giro. Anch'io insieme a Giulia, andiamo un po' via... in Germania; ci sono... delle conoscenze, dovremmo sistemarci bene. Caso mai, Fabio fra un po' di tempo, potrà venire anche lui.

MARINA- (Sconsolatamente).Tutto come prima... non è cambiato nulla

NINO- Sai, Patrizia: quando ci siamo incontrati qui, ci avevo quasi creduto. E ora... la casa sempre aperta, la vita tutti insieme... sarebbe bello. Ma se fai tanto di sgarrare un tantino così, due pallottole nella testa non te le leva nessuno. Voglio solo augurarti che il tuo prossimo visitatore non sia un commerciante di droghe alimentari... Buona fortuna.

GIULIA- Leviamo le tende? Se dovesse venire Fabio salutatelo tanto da parte mia. Mi dispiace di un poterlo aspettare... Dobbiamo andare in Germania... la società, sapete (abbraccia Nino) fifty fifty... su tutto! Ah, signora Marina: grazie per lo champagne... peccato che fosse dolce, a me piace secco... (guarda Nino) forte... brut! (Escono abbracciati. Patrizia, con movimenti da automa accende la radio: irrompe una musica rock in stridente contrasto con l'atmosfera cupa in cui sono piombate le due donne. Patrizia, prima di scoppiare in lacrime esce. Marina, anch'essa meccanicamente prende l'agenda, cerca un nome va al telefono, compone il numero poi riattacca con una mimica che significa: "A cosa serve?")

SCENA 3 - MARINA, SILVANO

SILVANO- (Entra da destra; è semiparalizzato: strascica un piede e una mano è scossa da forte tremore. La paresi gli ha deformato la bocca che, per metà, non può essere utilizzata. Farfuglia parole, spesso senza senso che interrompe a metà per riprendere fiato. Indossa i pantaloni del primo atto e una giacca da camera, in testa ha un berretto tipo basco). Mari...ììna Mari...ìna.

MARINA- (Si scuote, aiuta il babbo a sedersi poi spegne la radio). Babbo, perché non mi hai chiamato...stai attento.

SILVANO- Chi c'era? Ho sentito chia... chiacchie... rare... c'era...gente.

MARINA- No babbo, sono andati via.

SILVANO- (Emette grugniti di rabbia). Uh... non son (ansima, si calma)...non son mica ri... ri... Non son mica ri... (respira) rimpinconito. Ci sento bene! Magari non mi riesce più di... di riconoscere le voci... di capire quello che dicono... Ma sentire... sentire, ci sento bene.

MARINA- Erano... erano due signori... di quel posto dove devi andare te, in vacanza. Ora che si va nella bella stagione, chissà come ci starai bene! C'è un bel giardino!...

SILVANO- C'è anche la pi... la piscina?

MARINA- Cosa c'entra la piscina?

SILVANO- Per farci il bagno. (Piagnucola). Ma ci vorrebbe l'acqua mica tanto profonda... se... se... sennò ci annego.

MARINA- Babbo, cosa ti salta in testa? Io dico non ce l'hai mai fatto in tutta la tua vita il bagno nella piscina, ce lo vuoi fare proprio ora?

SILVANO- O la televisione ce... ce l'hanno?

MARINA- Di certo, vuoi che non abbiano la televisione.

SILVANO- Fanno anche vedere quei film con tutte le donne nude?

MARINA- Babbo! Alla tua età! In coteste condizioni!

SILVANO- (Piagnucolando). Non... non... non mi toccan più?

MARINA- Certe cose, babbo, lasciale fare ai giovani.

SILVANO- Ma a me... a me mi garbava.

MARINA- Ci troverai tanti amici

SILVANO- (Illuminato da nuovo entusiasmo). Sansone!

MARINA- Non so se ci sarà propio lui.

SILVANO- (Disperato). Se... se non c'è lui... come faccio a fare il cine... il cine (respira) il cinematografo.

MARINA- Se non c'è Sansone ci sarà qualche artro.

SILVANO- Piccolino?... Sansone era... era un seghino così... brutto... mi voleva bene, mi faceva fare (respira) mi faceva fare il guerriero antico.

MARINA- Ora ti faranno fare il generale.

SILVANO- Davvero?!... Ma mica con la sciabola di latta... eh?

MARINA- Te la daranno vera, di ferro.

SILVANO- Sii?... o... o una... una schiava... tutta mezza nuda... ce la posso avere?

MARINA- Babbo!!...

SILVANO- Mi garberebbe...mm... mora... nera... come l'Aida. (Tenta di cantare). Se quel guerrier io fossi...

MARINA- Stai tranquillo, avrai l'Aida... e la Traviata. Il tuo amico Sansone ti farà fare tutto quel che ti pare.

SILVANO- Ma Sansone... è morto da tanti anni. Allora dove mi porti? Al camposanto?

MARINA- No, c'è un altro... è il figlio di Sansone.

SILVANO- Sansone giu... giugno... giuniore... Geiar... come dicono in America.

MARINA- Ecco, appunto: Sansone Junior.

SILVANO- È piccolino anco lui? (Marina annuisce). Brutto? Una vocina che non si capisce nulla?... Allora gli assomiglia... Già. Ma Sansone non era mica sposato. Come ha fatto...a avere un ...un... un figliolo?

MARINA- Babbo: devo insegnartele io, certe cose?!

SILVANO- Aaah... mi ricordo: ci aveva la schiava anche lui... mora... stava sempre tutta mezza... nu... nuda. Si... si... si vede... (respira: potrebbe parlare spedito, invece fa una mimica eloquente)...Eeh!?

MARINA- Ora stai un po' qui tranquillo perché devo andare a trovare quella gente: ti vengono incontro in cima alla strada; ho già preparato la valigia.

SILVANO- Le mu... mu... le mutande ce l'hai messe?

MARINA- Certamente.

SILVANO- Quelle imbottite?

MARINA- Le mutande imbottite? Ah, i pannoloni... Sì, c'è tutto, non avere paura.

SILVANO- Sennò... mi bagno...Non sta mica bene... vero? (Campanello, Marina va ad aprire). Sennò... Aida... è capace si mette a litigare.

SCENA 4 - PROSPERO, MARINA, SILVANO

MARINA- (Rientra con Prospero). Venga, Sor Prospero, si accomodi. Mi trova in un momento di confusione: con mio padre in quelle condizioni ho sempre la casa tutta sottosopra. Che vuole, non ci ho proprio la testa.

PROSPERO- (Ex capufficio di Silvano. Distinto signore che ancora conserva i tratti di un antico privilegio, pur nella trasandatezza del vestire e nella confusione mentale, cui l'età avanzata ormai lo costringe. Ha un minuscolo pacchettino legato con un fiocco che tiene appeso al dito mignolo). Signora Marina, la sua casa non pende, come si suol dire, di un capello. La mia invece... ma lasciamo perdere: quando in una casa ci manca la donna...

MARINA- Già, anche lei, Sor Prospero, è rimasto solo. La sua signora...

PROSPERO- (Con il tono di chi commenta una dolorosa dipartita). Parce et sepulta. Requiescant in pacem... Amen.

MARINA- (Con il tono di chi risponde ad una preghiera). Amen.

PROSPERO- La mia povera Elvira... compagna di una vita. Ed ora sono solo, senza un affetto, senza un'amica, senza qualcuno che riempia le mie giornate, le mie serate... Senza qualcuno che mi faccia le faccende domestiche, che mi curi la casa.

MARINA- O non ha la governante?!

PROSPERO- La signora Domitilla: molto brava, ma è sempre una domestica... prezzolata, mi costa, mi costa se sapesse. Ed è anche un po' dispotica. Quando mi siedo sulla mia comoda poltrona e mi affondo nelle mie letture preferite: qualche trattato di ragioneria o tecnica aziendale, la signora Domitilla, immancabilmente arriva con la sua scopa o con qualche strofinaccio e mi caccia!... Mi caccia!... E io pago!

MARINA- Le persone di servizio... al giorno d'oggi... che vuol farci...

PROSPERO- Siamo nati per soffrire, cara signora Marina. Ma mi faccia salutare suo padre, un caro amico, un collega; abbiamo lavorato insieme per tanti lustri. Cioè: io nel mio ufficio, ero direttore, lui nell'altra stanza con gli altri impiegati... Tanto per la precisione, vero.

MARINA- Babbo, guarda un po' chi è venuto a trovarti.

SILVANO- Chi è? Aida? Mi hanno già mandato la schiava? (Guarda Prospero, non lo riconosce. Sottovoce alla figlia). Non mi garba punto. E non è nemmeno nera.

MARINA- È il Sor Prospero, il tuo capufficio, te lo ricordi?

SILVANO- Capufficio?... Sii, il Sor Prospero... mi voleva bene,

MARINA- (A Prospero). Lo sente, la ricorda.

PROSPERO- I miei impiegati. Volevo bene a tutti e tutti volevano bene a me. Ragioniere Guardabassi Silvano, impiegato di concetto, secondo livello, con familiari a carico, massima anzianità, pensione all'ottanta per cento. Sempre puntuale.(Estrae l'orologio dal taschino del panciotto. Per avere le mani libere, dà il pacchetto a Marina). Per quanto... siamo già alle otto e trentadue primi!

MARINA- Ma ora è in pensione... poi siamo di dopopranzo, è quasi buio.

PROSPERO- È vero ma che vuole... ricordi. Le confesso una mia debolezza, signora Marina: questo orologio è ormai fermo da diversi anni; io l'ho posizionato sulle otto e trentadue, così, quando incontro qualche mio ex dipendente posso ancora sfoderare il mio vecchio cipiglio, che mi rese famoso negli ambienti parastatali della città.

MARINA- Era parecchio severo, con i suoi impiegati?

PROSPERO- Tutta facciata, tutta esteriorità! Chi ricopre un posto direttivo deve avere autorità! Ma i miei impiegati erano come figli per me. È vero, caro Guardabassi?

SILVANO- Sì sì: cosa?

PROSPERO- Ero come un padre.

SILVANO- Quanti scapaccioni...

PROSPERO- Chi?! Io?!

SILVANO- No, mio padre: non voleva mandarmi al cinematografo.

MARINA- Questo pacchettino, posso ridarglielo? Cosa c'è dentro?

PROSPERO- Un piccolo pensierino per il nostro impiegato di secondo livello. Una sciocchezzuola, proprio per non venire, come si suol dire, con le mani in mano.

MARINA- Troppo gentile, non doveva disturbarsi... Guarda, babbo, il signor Prospero ti ha portato un regalino. (Gli da il pacchetto).

SILVANO- (Lo osserva, lo soppesa). Dov'è il regalo?

PROSPERO- Sono dei confetti. (A Marina). Creda, il cuore darebbe molto di più ma... la pensione non ancora rivalutata, le trattenute, le tasse, la governante...

MARINA- Già, la Domitilla.

PROSPERO- Appunto. Veda: quando uno dei miei impiegati si sposava, mi offriva sempre uno di quei graziosi sacchetti di tulle o d'organza con cinque confetti dentro. Che vuole: a mia moglie non piacevano i confetti, io ho sempre avuto dei rapporti piuttosto difficili con il mio dentista... e così, i confetti si sono accumulati con il passare degli anni. D'altro canto, non potevo gettarli: io, il regalo di nozze, l'ho sempre fatto.

MARINA- E così, ora, li ricicla. Tanto, son belli freschi.

PROSPERO- Una graziosa, piccola confezione, un nastrino rosso... è il pensiero che conta. Inoltre, se suo padre dovrà lasciarci...

MARINA- A parte che mio padre, è un po' messo male ma di morire non mi pare ne abbia nessuna voglia; ma poi, nella cassa, gli ci dovrei mettere i confetti?

PROSPERO- No, dicevo: per il viaggio.

MARINA- Mio padre, quando sarà il suo momento, andrà certamente in Paradiso, non ha mai fatto male a una mosca. Sarà un viaggio lungo... ma che uno debba presentarsi a San Pietro con un fagottino di confetti in mano, non mi sembra mica tanto normale!

PROSPERO- Lei non mi ha compreso: il viaggio, il trasporto.

MARINA- Appunto! Mi fai toccare ferro! E poi, per il trasporto altro che confetti... e fichi secchi.

PROSPERO- Un funerale! Mio Dio, no! Intendevo dire: trasporto nel senso di spostamento, trasferimento. Suo padre deve prendere dimora, a quanto si dice, in quella casa di riposo, quel pensionato... clinica gerontologica.

MARINA- All ospizio, vuol dire?

PROSPERO- Come preferisce. Ecco, durante il viaggio, succhiare qualcuno di quei confetti potrebbe essere un contentino, il talismano per renderlo più disponibile, per così dire, al trapasso.

MARINA- Chissà come sarà contento! Farà le capriole dalla contentezza!

PROSPERO- Non oso sperare che la mia trovata abbia un così felice risultato ma certamente può essere d'aiuto. (A Silvano). E così, il nostro caro Guardabassi Silvano ci lascia! Ma sa che fa proprio bene. Potessi andarmene io... Un eremo, in cima a una montagna, nutrirsi di bacche, di mirtilli, bere l'acqua dei ruscelli, con la sola compagnia di qualche animale selvatico... Via, via da questo mondaccio!

SILVANO- Ma la televisione ce l'hanno?

PROSPERO- Dove?

SILVANO- Lì... in quel posto, colle bo... bocche fatte a mm... martello, l'acqua minerale del ruscello e le sca... scatolette d'animali ss... selvatici.

MARINA- Sor Prospero, lei si trattiene un pochino, vero? Allora, se non le dispiace andrei a vedere se sono arrivati con l'ambulanza: si era detto di farli aspettare in cima alla strada... per la gente; sa com'è il casamento... Così, senza fare tanta processione...

PROSPERO- Lei ha perfettamente ragione: donna saggia. Quante volte, se sapesse, ho pensato di rimpiazzare il vuoto lasciato dalla mia povera Elvira, vuoto incolmabile ma... con una donna come lei...

MARINA- O non ha la Domitilla!

PROSPERO- Una fantesca, una domestica... prezzolata!

MARINA- Se il prezzemolo non le piace, le ci faccia mettere la salvia! Mi faccia andare di là: ho già preparato la valigia, la metto qui per essere pronta. Poi vado in cima alla strada ad incontrarli.

PROSPERO- La prego, faccia con comodo.

MARINA- Gli vada a sedere accanto; gli garba essere considerato. Babbo dammi i confetti te li serbo di là, sennò va a finire che all'ospizio ci arrivi senza denti. (Esce a destra. Rientra a tempo, durante la scena seguente con una valigia che depone sul fondo, controlla che il colloquio Silvano - Prospero proceda bene ed esce a sinistra).

SCENA 5 - PROSPERO, SILVANO

PROSPERO- (Osserva, sospirando, l'uscita di Marina quindi si siede sul divanetto accanto a Silvano). Caro Guardabassi, mi siederò accanto a lei, anche se le antiche consuetudini non lo permetterebbero. Gli impiegati stavano in piedi davanti al loro capufficio. Ma forse non sono più quei tempi... e quei costumi... O tempora! O mores!

SILVANO- No, una... una mora sola... mi dànno. Aida si chiama... è la mia schiava.

PROSPERO- Una volta si avevano delle gerarchie ben definite, una scala di valori dove ciascuno aveva il suo posto ben preciso.

SILVANO- Mi fanno fare il generale... con la sciabola di ferro...

PROSPERO- Nessuno si sarebbe mai sognato di scavalcare un superiore. C'era il rispetto dell'autorità...

SILVANO- Il guerriero antico... non lo posso più fare...

PROSPERO- Ciascuno alla sua scrivania: quella del direttore un metro e sessanta per ottanta, quella dell'impiegato un metro e venti per sessanta...

SILVANO- Mi garberebbe fare... il generale americano... Il generale Custer... a combattere contro gli indiani...

PROSPERO- (Sognante).La scrivania del capo divisione: due metri e dieci per un metro e venti...

SILVANO- Tutto rinchiuso... dentro un carro armato...

PROSPERO- Ma serenità, signorilità verso i subalterni...

SILVANO- E poi accendere il ca... il calumet della pace con l'incendio del Quo Vadis...

PROSPERO- Tutte le pratiche ben ordinate nello schedario, ciascuna con la sua cartellina verde...

SILVANO- Poi andarono tutti via col vento... e chi s'è visto s'è visto...

PROSPERO- Cartelline rosa per pratiche in corso di evasione, gialle per pratiche urgenti...

SILVANO- Poi arrivò la caduta di Troia!

PROSPERO- Guardabassi! Non la ritenevo capace di un simile linguaggio! Mi vedrò costretto a mettere una nota di biasimo nel suo curriculum.

SILVANO- Sansone me... me lo diceva sempre: "Te fai bene il morto!"...

PROSPERO- Ma a che servono le note di biasimo... o le note di merito...

SILVANO- Povero Sansone. (Quasi ridendo), Ora lo fa lui, il morto, ma mica nel film, lo fa sul serio...

PROSPERO- Una vita di onorato lavoro, al servizio del parastato italiano...

SILVANO- Era un cosino così... brutto, (confidenziale) aveva anche un po'... le gambe storte...

PROSPERO- Quarant'anni! Tutte le mattine alle otto precise in ufficio...

SILVANO- Potevo fare l'artista... Fu la mia povera Carlotta... che non volle...

PROSPERO- ...a controllare l'arrivo degli impiegati alle otto e trenta...

SILVANO- ...era un po' robusta nei fianchi... la mia Carlottina...

PROSPERO- Alle nove, si dava accesso al pubblico: quattro sportelli si aprivano contemporaneamente...

SILVANO- Mi aspettava col grembiule in mano... me lo metteva, mi apriva persino il rubinetto dell'acqua calda... per farmi rigovernare...

PROSPERO- (Si esalta). L'assalto del pubblico: una fiumana di gente. Io controllavo che tutto si svolgesse con ordine e disciplina...

SILVANO- Se qualche piatto... non lo sciacquavo bene... me lo faceva rilavare...

PROSPERO- Il rumore dei timbri sui tamponi e poi sui documenti: una musica...

SILVANO- Mi suonava i dischi delle opere... per farmi rigovernare contento...

PROSPERO- Quarant'anni... poi tutto finisce, tutto passa...

SILVANO- Di piatti... ne avrò rotti... soltanto due o tre...

PROSPERO- Si rimane soli... ferrivecchi; amati soltanto dalla ruggine...

SILVANO- Mi sgusciavano di mano... Carlotta litigava. (Piange). Ma io ci stavo attento... è stata una disgrazia...

PROSPERO- E si aspetta, si aspetta. (Si accorge del pianto di Silvano). Guardabassi, che fa? Piange? Da lei non me lo sarei mai aspettato. L'ho sempre considerata un uomo forte davanti alle avversità ed ora mi ritrovo accanto un bambino che piange. Questo è un tradimento!

SILVANO- La mia povera Carlottina... era un po' grossa ma era buona... A dirlo a lei, aveva anche qualche pelo... qui, sotto al naso...

PROSPERO- La ricordo, la ricordo bene, l'ho conosciuta: donna forte, donna virile!... Cioè... (Non trova altre definizioni) donne... come usavano una volta!

SILVANO- Portava sempre in casa... ogni specie di ninnolo che poi toccava a me spolverare.

PROSPERO- Anche la mia povera Elvira aveva l'abitudine di comprare quei gingilli, perfettamente inutili ma che, in un certo senso illeggiadriscono il nido familiare. Caro amico, mi consenta di considerarla tale, abbiamo vissuto la nostra vita, abbiamo dato alla società tutte le nostre energie ed ora, cosa ci rimane in mano? Dica, dica: cosa ci rimane in mano?

SILVANO- (Si guarda le mani con aria interrogativa, poi, con entusiasmo). Io ci avevo la sciabola! (Deluso). Mi si troncò subito... me l'avevan data di latta.

PROSPERO- Lei può già considerarsi fortunato: una spada di latta. Io, nemmeno quella.

SILVANO- Ora se mi fanno fare il generale... me la daranno di ferro... Gliela presto... Volentieri.

PROSPERO- Grazie. Lei è sempre stato un impiegato modello; ora la scopro anche generoso. La proporrò per un avanzamento di carriera... già... ormai...

SILVANO- Posso dire al figliolo di Sansone... se fa fare una parte anche a lei... capitano; il generale lo faccio io.

PROSPERO- Non si disturbi. Ormai non mi resta che la mia poltrona, con i miei libri... Domitilla permettendo... La saluto, caro Guardabassi... caro Silvano; ho avuto tanto, tanto piacere di averla rivista ancora una volta. Ora devo proprio andare, si è fatto tardi. (Estrae l'orologio dal taschino, si accorge che è fermo, guarda l'ora sull'orologio al polso, raccoglie l'altro con la catena in una mano e lo offre a Silvano). Questo lo tenga lei; per mio ricordo. A me, non serve più. (Si alza, consuma il resto della battuta avviandosi all'uscita di sinistra). La governante mi aspetta. Se ritardo, è capace di chiudermi fuori di casa. Gran brava donna ma dispotica, puntigliosa, invadente, e anche un po' antipatica la mia Domitilla! E io la pago!... La pago, io la pago! (Esce. Silvano giocherella con l'orologio. Breve pausa).

SCENA 6 - MARINA, SILVANO, PATRIZIA

MARINA- (Rientra). Allora babbo, siamo pronti. Il signor Prospero è andato via? Meglio così, non c'è bisogno di dare tanto spettacolo. Vieni babbo, alzati (chiama) Patrizia! (Aiuta il padre ad alzarsi, gli toglie la giacca da casa e gli fa indossare quella del vestito, gli cambia il berretto con il cappello. Il tutto con frasi a soggetto: "Fai presto ci aspettano" "Infila questa manica" "Stai su" alle quali Silvano risponde adeguatamente. Chiama ancora). Patrizia!

PATRIZIA- (Entra, ammicca al nonno). Va via?

MARINA- Sì, lo aspettano in cima alla strada.

PATRIZIA- Ce la fai da te mamma, o vuoi che ti aiuti?.

MARINA- No no, faccio da me. Non è bene fare tanta processione per la strada.

PATRIZIA- Allora lo saluto qui. (Lo abbraccia). Ciao nonno, stai bene; stai allegro, vedrai ti ci trovi bene... Poi verrò a trovarti. (Si scioglie dall'abbraccio).

SILVANO- (Ha subìto passivamente l'abbraccio di Patrizia, forse senza comprenderne il senso. Ora realizza d'un colpo che sta per partire). Pa... Patrizia... dove... dove mi portano?

PATRIZIA- In un bel posto, nonno.

MARINA- (Durante le battute precedenti ha portato fuori la valigia). Ti aspettano per girare il film, senza di te non lo possono mica finire.

PATRIZIA- Serbami le fotografie, nonno: voglio metterle nell'album, insieme con tutti gli artisti.

SILVANO- (Faccia illuminata da un riflesso di gloria). Insieme... a Gary Cooper?

PATRIZIA- Si nonno, tutti quelli famosi: Ramon Novarro, Clark Gable...

SILVANO- (Entusiasta). Mi garberebbe anche Tom Mix... Ce l'hai... ce l'hai una pagina accanto a Tom Mix?

PATRIZIA- Te l'ho lasciata apposta: tutta per te, vestito da generale.

MARINA- Ti aspettano per darti il costume da generale... Presto, non farli aspettare.

SILVANO- (Prepara l'uscita). Generale Custer... Settimo cavalleggeri! (Alza il bastone come fosse una spada, si erge sulla vita). Ca... cari... (Non ce la fa. Respira molto profondamente come un subacqueo che prepara l'immersione. Infine raccoglie le sue ultime forze per il gran finale). Caricaaa!!!... (Infila l'uscita con il bastone proteso in avanti, la faccia stravolta per il grande sforzo; corre di sghimbescio trascinando penosamente ma baldanzosamente la gamba impedita. Marina lo segue).

SCENA 7 - PATRIZIA, FABIO

PATRIZIA- (Per alcuni secondi segue la visione del nonno fuori scena. Va per sedersi, rinuncia, accende la radio ma la spegne subito: non sa che fare. Il campanello suona, va ad aprire, rientra subito con Fabio). Sei tornato, finalmente. Non sapevamo più cosa pensare: se eri vivo, se eri morto.

FABIO- Venni anche ieri; stetti quasi un'ora davanti all'uscio, di là dalla strada...non ebbi il coraggio di entrare. Anche ora ho aspettato un bel po'. Poi ho visto uscire mamma insieme a nonno, mi sono fatto coraggio, e ho suonato.

PATRIZIA- Le chiavi di casa non ce le hai più?

FABIO- Devo averle perse. Sai com'è: sono stato in tanti posti, ho girato mezzo mondo.

PATRIZIA- Cos'hai fatto in tutto questo tempo? Come sei vissuto, dove stavi, con chi stavi?

FABIO- Ho girato un po' in Francia... Marsiglia soprattutto; intorno al porto c'è sempre qualche traffico da rimediare: ci capita gente da tutto il mondo.

PATRIZIA- Traffico... Di lavori seri, non se ne parla... (Con tono di rimprovero). Con i tuoi traffici, l'hai visto nonno; come l'hai ridotto? Poveruomo, è fuori di cervello, cammina male, è semiparalizzato... se la fa addosso... Lo sai dove andava quando è uscito di casa? Non te lo immagini punto?... Andava all'ospizio! Perché mamma non ce la fa più a sopportarlo!

FABIO- Mi dispiace... mi devi credere: mi dispiace... Ma di quei soldi ne avevo bisogno: dovevo scappare, almeno in Francia ci dovevo arrivare. Ma a nonno i soldi glieli restituisco tutti, fino all'ultimo centesimo.

PATRIZIA- E quando l'avrai ricoperto d'oro, la gamba impedita gli ritorna a posto? La bocca, gliela riaggiusti... di cervello, lo fai tornare sano?

FABIO- Un po' svanito è sempre stato.

PATRIZIA- Allora ammazzalo! Se uno è vecchio, un po' rimbambito, cosa ci sta a fare al mondo! O perché, quando gli hai rubato il portafoglio non hai preso un coltello e l'hai sgozzato? Sarebbe stato tutto più semplice. nòo?

FABIO- Te l'ho detto: mi dispiace, è stato un momento che non avevo altra scelta.

PATRIZIA- Un momento... Ma per nonno sarà tutta la vita. Quei pochi anni che avrà ancora da campare, invece di starsene tranquillo in mezzo a noi, li dovrà passare in una mezza prigione, perché gli ospizi belli, con tutte le comodità costano un mucchio di soldi... In quello dove lo abbiamo ricoverato, anche se è dei più scalcinati, gli prendono tutta la pensione... che noi non sappiamo come si farà a tirare avanti.

FABIO- Ora che sono qui, a te e a mamma ci penso io; e anche nonno lo metterò in un ambiente più bello: in Francia ho visto certi ospizi che sembrano grandi alberghi.

PATRIZIA- Hai intenzione di tornare in Francia?

FABIO- Ma... non lo so. Bisogna vedere come si mettono le cose. Intanto mi sistemo qui per qualche giorno, faccio qualche telefonata... da cosa nasce cosa... Avevo proprio voglia di ritornare a vivere con la mia mamma e con la sorellina.

PATRIZIA- Hai qualche lavoro serio alle viste?

FABIO- Sì... cioè: per ora no. Ma dato che il Sordo è stato rimesso fuori, qualcosa si vedrà di organizzare.

PATRIZIA- I soliti lavori del Sordo. O perché, invece di star qui non ritorni con la tua donna? Ah già, forse non lo sai: la tua Giulia ora se la fa con un altro, col tuo amico; il tuo caro amico Nino!

FABIO- Cosa vuoi che me ne importi di quella... esaltata! Io ora, voglio stare un po' in famiglia.

PATRIZIA- Con la mammina e la sorellina, vero?

FABIO- Appunto: è tanto tempo che non ci si vedeva.

PATRIZIA- Ma la sorellina non è più una bimbetta: è cresciuta, è diventata donna... una donna che ha imparato anche a dire: no!

FABIO- Fai bene. Nella vita bisogna saper scegliere: quello sì, quello no...

PATRIZIA- Il no, lo dico a te, caro fratellino... Sarebbe stato bello, Fabio, sarebbe stato bello fare tutta una famiglia: te con la tua donna, io col mio ragazzo. In qualche modo si sarebbe tirato avanti.

FABIO- Ti sei fatta 'il ragazzo? Bene! Se lo vuoi portare qui in casa, si sta tutti assieme...

PATRIZIA- Lo dovrei portare in un covo di drogati, di spacciatori, di ladri; col pericolo di venire arrestato da un momento all'altro?... E poi il ragazzo non ce l'ho. Avrei potuto averlo... ma è partito...

FABIO- Ritornerà?

PATRIZIA- No... E questo non te lo posso perdonare! Io vivevo una vita, un po' monotona ma era la mia vita, mi ci ero abituata. Mi hai fatto conoscere un tale... e ho creduto che il mio avvenire potesse cambiare da così a così. Io ci avevo creduto!... E questo non te lo posso perdonare!

FABIO- Non te la devi prendere: il mondo è pieno d'uomini.

PATRIZIA- Anche di donne! Vai a cercartene una che sia un po' meglio della tua amica Giulia. E restaci! Qui in casa, io non ti ci voglio.

FABIO- Ti capisco, ora sei sconvolta da tutte queste cose. Fra qualche giorno ripasso, ti sarai un po' calmata, ci sarà anche mamma...

PATRIZIA- Mamma sarà d'accordo con me. E io, fra qualche giorno sarò del medesimo sentimento. Vattene, e non fare storie!

(Fabio vorrebbe replicare ma, vinto dalla determinazione della sorella, esce. Patrizia accende la radio, con l'album tra le mani. Durante il dialogo, la luce si è andata attenuando: si fa sera. Alla fine della scena seguente ci sarà appena una penombra rotta da una luce lampeggiante, forse una insegna nella strada, che insinuandosi da qualche finestra, illumina le due donne).

SCENA 8 - MARINA, PATRIZIA

MARINA- (Entra). Ce l'ho lasciato... Perché stai al buio? (Va per accendere la luce).

PATRIZIA- No, lascia... c'è il riflesso della strada. Lì, c'è qualcuno vivo.

MARINA- Dicevo del nonno: all'ultimo momento si era pentito, voleva venire a casa. Meno male un'infermiera l'ha preso e l'ha portato nel refettorio, era quasi l'ora di cena. Lui ha creduto che fosse la sua schiava; anche se non era nera, gli è andata a genio lo stesso. Ci avevano la minestrina di verdura, figurati: a lui non è mai piaciuta...

PATRIZIA- È tornato Fabio.

MARINA- Sì?... Dov'è?

PATRIZIA- L'ho buttato fuori di casa.

MARINA- (Con un filo di voce). Patrizia...

PATRIZIA- Non ci rimetterà più piede... Né lui, né i suoi amici.

MARINA- (È scioccata. Sospira. Come un automa prende l'agenda, la consulta, compone il numero al telefono. Con un supremo sforzo per apparire allegra e salottiera, attende la comunicazione). Signora Sbrana... sì, sono io... ma lo sa che pensavo a lei proprio oggi: ho accompagnato mio padre all'ospizio... sì: degli anziani e allora mi son detta, bisogna che chiami la signora Sbrana... No, signora... guardi che ha capito male... Cosa dice, lei è così giovane... c'è stato un malinteso... Le volevo soltanto chiedere se ha parlato con suo marito dei tegami... Ne ha già tanti dintorno... Ma non si arrabbi signora... (Posa il ricevitore). Ha riattaccato. (Sospira. Si siede accanto alla figlia, le cinge le spalle con un braccio, con l'altra mano l'aiuta a sfogliare le pagine dell'album. La penombra, sempre più fitta continua ad essere rotta dal lampeggiare esterno, la radio continua a vomitare la sua inutile musica. Sipario).