Rollo il grande

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ROLLO IL GRANDE

Commedia in tre atti

di DINO FALCONI

PERSONAGGI

STEVE MAR­KESTONE

SANDY DUST

MELVYN MASCHOURIAN

ABE WELLINGTON BERGWYN

EZRA PHILLPOTTS

JIMMY

MANNERS

BLISS

Un   INSERVIENTE

MAR­THA

POPPY   BRIGGS

MAE   DESMOND

Miss  PO­CKET

Miss SIDNEY

A   Hollywood. Oggi.

Commedia formattata da

ATTO PRIMO

La hall della bella villa di Steve Marke­stone, a Beverley-Hill. Una vetrata rettango­lare taglia l'angolo de­stro della camera e dà accesso ad un giardi­no fronzuto. In primo piano, a destra, la co­mune che si suppone dia adito all'anticame­ra e ai locali di servi­zio. Anche l'angolo sinistro è tagliato da un'apertura quadrata;ivi è la parte più intima della hall ed è situata su di una specie di ripiano al quale conducono due o tre gradini. Una leggera ba­laustrata in legno li fiancheggia e scorre lungo il ripiano, il quale viene così, per mezzo suo, diviso dal resto della scena. È di lì che si va alle altre camere. Lusso, moder­nità e una luce quieta e riposante. Mattina.

(All'alzarsi del sipario, non c'è nessuno in iscena. Poi Manners, il maggiordomo   - marsina, panciotto nero, cal­zoni grigi e cravatta nera lunga       - entra dalla comune, si guarda attorno e va al telefono. È un uomo sulla tren­tina, di aspetto insignificante).

Manners                      - (compone il numero, poi) Allò... Parlo con la Rivista Screen?... Datemi Monty Abbot, per favore... Allò Monty... Parla Tony... Non c'è male... Dunque... Sì, bravo, scrivi... la negra non è sua madre... Sicurissimo... le ho visto il passaporto: ha cinquantaquattro an­ni... Perciò non è possibile che quella sia sua madre. Ma tu prima di pubblicare certe cose, aspetta di esserne certo. Riguardo all'età precisa di Rollo... Niente. Mistero. Silenzio... Però ti so dire una cosa: Mae Desinone1 è la sua amante... Sì, sì, la Desmond... quella di « Urto di Razze ». Sicurissimo. Ho trovato una lettera... Di lei... Da quel che mi risulta dura da una diecina di giorni... Sta a sentire: lei si firma « la sua cucciola » e lo chia­ma « il suo Bagheera »... Bagheera... Bagheera è la pan­tera nera di Kipling!... Te lo immagini Rollo Markesto­ne,  Bagheera?... Questo vale venti dollari, spero!...

Poppy                         - (È entrata da qualche secondo; è una grossa mu­latta, vestita di cotonina scozzese a colori vivaci, con un gran grembiule a tinta unita intonata a quella dell'abito; buona, devota, credula, rissosa, linguacciuta e confidenziosa; ode, s'indigna e prorompe nella sua grottesca par­lata) Cagnaccio!... Sudicio cagnaccio!... Carogna di un cagnaccio.

Manners                      - (preso in fallo, riattacca subito il ricevitore e vorrebbe scusarsi) No... perché?.., Io stavo...

Poppy                         - Abbiamo sentito tutto!... Fai spia, eh?... Mol­to bene!... Diremo padrone...

Manners                      - No, signora Briggs... Io telefonavo a un amico...

Poppy                         - Così si fa, eh?... Si viene in casa di Steve Markestone a far finta di fare cameriere e invece si danno informazioni a giornalisti?... Così si fa, eh?... Cagnac­cio!... Cagnaccio bastardo!

Manners                      - Vi assicuro che...

Poppy                         - Sta zitto. Ti abbiamo già sorpreso ad ascol­tare dietro porte e a frugare in carta straccia. Ma ci siamo noi con occhi spalancati, per grazia del Divino Redentore... A pedate, ti faremo cacciare via!... A pe­date in tuo sederaccio!

Manners                      - E andate all'Inferno!... Comandate voi? Provatevi a raccontare tutto a Rollo. Io dirò che non è vero. E vedremo se crederà più a me o a una

Poppy                         - Sì?!... Prima di tutto qui non c'è nessun Rollo! Qui c'è signor Steve Markestone, più glande ar­tista del mondo e che nessuno scalzacane d'un servacelo spione mai permesso chiamare Rollo. E in quanto a vecchia negra rimbambita, se non chiedi perdono in gi­nocchio, faccio sputare fuori tua animacela dannata... (E di fatti l'ha preso per la collottola all'improvviso e lo sbatacchia di qua e di là incurante dei suoi urli) Stril­la! Strilla!... Sono quindici anni faccio massaggio pan­cia tuo padrone tre volte al giorno... Ne abbiamo forza in queste mani. Strilla!  Strilla!

Sandy Dust                 - (piccolo, magro, calvo, rossiccio; nasetto rubicondo su due baffetti color rame e sotto due occhiali cerchiati d'oro, tutto scatti e risatine, un eterno sigaro più grosso di lui fissato nell'angolo della bocca. Entra dal giardino) Ehi!... (Non gli si bada) Ehi!... (Allora emette un breve fischio stridente e grida) Break!... (Pop­py lascia la presa. Manners cerca di rimettersi in ordine) Lotta libera o « Ju-Jitsy? »... Mia cara piccola Poppy, wtresti esercitarti nella palestra?

Poppy                         - Signor Dust, questo cagnaccio è spia! Ho sorpreso telefonava a uno... e voleva venti dollari perché aveva scoperto che chiamano padrone Bagheera!... Lui credeva di farla a noi, ma noi siamo neri ma non stupidi,   signor  Dust!

Sandy                         - E noi siamo bianchi, ma non siamo stupidi neanche noi! Il nostro eccellente amico Manners, qui presente, telefonava alla Rivista Screen, e più precisa­mente a quell'altro nostro eccellente amico che si chia­ma Monty Abbot e che redige la rubrica intitolata « Scan­dali di celluloide».

Poppy                         - Allora sapevate?...

Sandy                         - Mia cara piccola Poppy, se un giorno trove­rai qualche cosa che Sandy Dust non sa, mandami un telegramma urgente con una sola parola: «Cretino! ».

Poppy                         - (a bocca aperta) I santi padri del Cielo vi benedicano!

Sandy                         - Ci conto, Poppy!... (A Manners) Tu piut­tosto che cos'hai detto a Monty Abbott?

Manners                      - (umile) Quel che mi avete detto voi. Che il padrone e la Desmond se l'intendevano... Che lei lo chiama Bagheera e lui la chiama Cucciola... e che non è vero  che  questa  qui sia sua  madre.

Poppy                         - Cosa?!...

Manners                      - Per quanto io non so a quale imbecille possa essere venuta una simile idea...

Sandy                         - Voglio levarti una curiosità, mio vezzoso cre­tinoide, tanto perché ti serva di lezione e perché tu ca­pisca che Sandy Dust è un tipo sul genere di Napoleone: sono io che ho sparso la voce che Poppy fosse la madre di Rollo.

Poppy                         - Noi madre di padrone?

Manners                      - Voi?...  E perché?

Sandy                         - È sempre utile per un divo dello schermo es­sere vittima di una calunnia. Il pubblico si commuove: « Oh, povero Steve Markestone »... E giù lettere di am­miratori e dimostrazioni di simpatia. È così che si fa la pubblicità, capisci, bimbo? E adesso telefona pure al tuo caro amico dello « Screen ». Essere di razza negra in America è una cosa grave. Informarsi prima di stampare certa roba! Un bel processone per diffamazione e fior di danni morali da liquidarsi alla emissione della sentenza. Così impareranno a inchinarsi davanti a « Rol­lo » Markestone e a levarsi il cappello a me. Vai, caro, vai. (E spinge Manners, inebetito, fuori della stanza. Poi si rivolge a Poppy) Rollo?

Poppy                         - È in palestra con maestro  ginnastica.

Sandy                         - Bene. Digli di smettere e di vestirsi come gli ho detto. Tira fuori il ivhishy e la soda. (Poppy esegui­sce. Aprendo un mobile bar) Mettili al solito posto, be­ne in luce. No, meno in ordine. Così. (Si avvicina al tavolino su cui Poppy ha deposto il vassoio con le bot­tiglie e i bicchieri e li dispone secondo le proprie idee).

Poppy                         - Perché quando padrone si lascia fotografare, ci sono sempre quelle bottiglie?

Sandy                         - (con un buffetto alle sue guancie) Oh, inge­nuo fiore dei tropici! Questa bottiglia di whisky che appare in ogni fotografia di Rollo sorpreso dall'obbiet­tivo nell'intimità della sua casa, rappresenta 500 dollari alla settimana che la ditta produttrice del liquore ci ver­sa. Dicitura autorizzata: « Steve Markestone, non beve che il nostro  whisky ».

Poppy                         - Ma padrone non beve.

Sandy                         - Questo non ha importanza. (Si getta su di un divano) Poppy, sono contento di me. Oggi vengono qui il vecchio Bergwyn e quel mezzo pazzo di Maschourian a proporre un nuovo film a Steve. Sono contento di me.

Poppy                         - (sorridente) A noi sembra che un po' di me­rito abbia anche padrone.

Sandy                         - D'accordo. Molto merito, anzi. Steve è un asso. Il pubblico lo adora. Il suo ultimo film ha reso più di tutti quelli apparsi in America quest'anno. Ma tu sai giocare a bridge, Poppy? Che cosa è un asso, se viene tagliato da un'a tout? Niente. Ecco: io faccio cadere gli à touts. Io, il suo manager. Capito? Non sai giocare a bridge?... Allora... Sai quei frullini per far fare la spu­ma allo champagne? Ecco: io sono il frullino che lo fa mussare.

Poppy                         - Noi non abbiamo mai bevuto champagne.

Sandy                         - Mi secchi. (Precisando) Se hai la tosse che pasticche prendi?

Poppy                         - Bambury. Sono  migliori.

Sandy                         - Le hai provate tutte? No? E allora come fai a sapere che son le migliori?

Poppy                         -  C'è reclame  dappertutto...

Sandy                         - Tu l'hai detto, crisantemo equatoriale! C'è la reclame dappertutto! So anche chi la fa. Un certo Isacco Coen. Bene. Io sono l'Isacco Coen del tuo pa­drone.

Poppy                         - (che non ha capito niente, ora ride convinta di imo scherzo).

Sandy                         - Vai ad avvertire Rollo.

Poppy                         - Vado, signor Sandy... (Credendo di far la spi­ritosa) Vado, signor Isacco Coen. (Ride) Che burlone! (Ed esce).

Sandy                         - (ha un gesto di pena, poi va alla comune) Manners! !

Manners                      - (apparendo) Signore?

Sandy                         - Un uomo, due donne,  un fotografo...

Manners                      - Sì, signore.

Sandy                         - Allora... falli passare qui. (Manners esce. Sandy va sul ripiano sopra i tre gradini e strilla) Steve!

Voce di Steve             - Oh!

Sandy                         - Sono le 10 e due. Alle 10 e 7 precise entra dal giardino.

Voce di Steve             - Bene.

Sandy                         - Hai imparato le quattro frasi per quei quat­tro scocciatori?

Voce di Steve             - Vai giulivo!

Sandy                         - Ciao. (Torna verso il centro della scena, in tempo per ricevere i giornalisti. Un uomo, due donne, ab­bastanza graziose ad onta degli occhiali, e un  fotografo) Buon giorno, signori. (Al fotografo) Allò, Bliss! (Agli altri) Questa, signori, è la stanza preferita di Steve Mar-kestone. Mobili di Johnson, tappeti di Isaacson e tappez­zerie di Brown, 142, Broadway, Los Angeles. Ci farete cosa grata se li menzionerete. (/ quattro prendono ap­puntì).

Miss Pocket                - A quale nuovo film, sta lavorando ora il signor Markestone?

Sandy                         - È allo studio un « Casanova », in cui egli, naturalmente, sarà il famoso avventuriero italiano. Ma prima, forse, girerà un film ispirato a qualcosa di recen­te, di attuale... Avrete letto il romanzo di Martins, La conversione del grande Joe?

Miss Sidney                - (che prende appunti) E Steve Marke­stone sarà Joe? il bandito innamorato?... Oh, sarà ma­gnifico.

Sandy                         - Lo speriamo. (Vede che Phillpottz guarda con curiosità uno strano apparecchio composto da uno spazzo­lone per pavimenti e da un vaso di fiori in terracotta che sta chiuso in una specie di reliquario, appeso al muro, as­sieme ad una specie di archetto fatto d'un piumino per la polvere) Guardate quell'aggeggio, Mister Phillpottz?... Quel curioso arnese, segna l'inizio della carriera di colui che vi permettete di chiamare il nostro più famoso arti­sta cinematografico. Quello è lo strumento, inventato da Steve Markestone, che lo rese celebre nei music-hall eu­ropei di alcuni anni fa, quando egli vi si esibiva sotto il nome di Yvansky, nel suo numero di clown musicale. L'ha voluto assicurare per centomila dollari. Potete scri­verlo.

Phillpottz                    - Sarebbe interessante farne una fotogra­fia, Bliss,  volete...

Sandy                         - È inutile. Bliss l'ha già fotografato altre vol­te. Ne avrà certo delle copie.

Miss Sidney                - Ma... non vedremo il signor Marke­stone?

Sandy                         - Lo spero. Mi ha promesso di venire. Era an­dato a fare la sua solita partita di polo. (A Kant) Potete scriverlo. Ogni mattina si alza alle sette e via di galoppo per i  prati fioriti.

Miss Pocket                - Vi confesso che spero molto di ve­derlo. Io vado pazza per la sua arte.

Miss Sidney                - Oh, io sono più sincera di voi. Io va­do pazza di lui... So che non è più giovane, ma... È il mio ideale d'uomo...

Steve                           - (apparendo dietro la balaustrata del ripiano di si­nistra; è in tenuta da « polo », stivaloni marron, calzoni da cavallo bianchi, camicia alla Robespierre con maniche corte. Casco bianco; è un simpatico uomo ridente, dall'apparenza ancora giovanile, ad onta di un principio di embompoint, e sa di essere un divo con molta D maiu­scola) Hallo, tutti quanti! (Segue un attimo di con­fusione, come all'ingresso inatteso d'un sovrano. 1 quat­tro giornalisti balzano in piedi. Le donne aggiustandosi istintivamente un particolare della toilette, gli uomini ab­bozzando un lieve inchino. Soltanto Sandy non si scom­pone; avanza di un passo e con la mano protesa e il tono dell'arbitro di boxe che presenta il campione del mondo, annuncia).

Sandy                         - Signore e signori, ecco Steve Markestone!

Steve                           - (salta con elastico volteggio la balaustra ed è così che entra in scena. Getta lontano con grazia signorile ad onta del gesto un pochino canagliesco, il copricapo e il frustino, appallottola i guanti e con una sventola li fa balzar via. Poi sì pianta teatralmente a gambe larghe, le mani sui fianchi in mezzo al gruppo e con un largo sor­riso esclama) Come va, carissimi?

Sandy                         - (gran cerimoniere) Steve, ecco Miss Sidney di Casa e giardino... ecco Miss Pocket di II cane e l'uo­mo... ed ecco Mister Phillpotts, del Bridge illustrato... (Confusi « Come state », dopo ogni presentazione, con re­lative strette di mano).

Steve                           - Molto gentili di essere venuti a trovarmi. Sandy, hai offerto qualcosa di bere a questi ottimi amici?

Sandy                         - Ti si aspettava, caro... (Indica il fotografo) Ed ecco Joe Bliss, reporter fotografico del Mondo all'obbiettivo.

Steve                           - Caro Bliss (stretta di mano) noi ci conoscia­mo! (Ai giornalisti) Un diavolo d'uomo, Bliss... La lince dei reporters fotografi... « Nulla sfugge al mio obbiet­tivo »,  eh?...

Sandy                         - Già... Questi signori desiderano che tu di­cessi loro qualcosa sugli argomenti che interessano le lo­ro  riviste.

Steve                           - Naturalmente. Naturalmente... Casa e giardi­no, vero?...  il cane e l'uomo... e... Il Bridge illu­strato... Ma certo! (Si avvicina a Miss Sidney, e a lei e a Miss Pocket) Accomodatevi, care signorine... Ve ne prego..... (Le donne siedono, egli appoggia il ginocchio sulla poltrona dov'è seduta la Sidney, e ini­zia col suo più seducente sorriso) Io adoro i cani, signo­rina... Nei loro umidi occhi marrone, io leggo tutta la bontà che non è scritta, ahimè, in quelli del genere umano. Ma faccio eccezione per i vostri, signorina! (Si volge di scatto verso la Pocket, le sorride, si siede sul bracciolo della sua poltrona) E i fiori, signorina?... Vi pare che un artista possa non amare queste meravigliose creature che Dio deve aver creato insieme all'amore. Un sorriso, una donna e un fiore. Era questo... non ve ne ricordate?... il motto dell'avventuriero Rollo!... Ed ec­covi, signorina, un sorriso e un fiore. (E quasi con mo­venza di danza, strappa un fiore da un vaso e glielo get­ta sul  grembo. Poi con altro  tono)  Va  bene?

Sandy                         - (col tono del maestro che rimprovera) Tranne che è Miss Pocket della rivista II cane e l'uomo, mentre è Miss  Sidney  della  Casa e giardino!

Le due donne             - (che son rimaste in estasi a guardar Steve) Oh... non importa... non fa nulla...

Steve                           - (con due occhiate assassine) Grazie, signori­ne... Però, scusate... (Sempre aggraziato, toglie il fiore dia Pocket e lo getta in grembo alla Sidney) Ecco fatto... (Calma il moto di protesta della Pocket con una carez­zina sulla sua mano... Le sorride... Poi a Phillpottz, con ma manata sulla spalla) E voi?... Bridge, vero? Ah, il bridge!... Il re dei giochi di carte, la star del tappeto verde!... Non c'è altro che il bridge, signori, per ripo­sare con intelligenza, dopo una giornata passata al tea­tro di posa. Venite, vi farò vedere la mia biblioteca sul bridge... (Conduce il giornalista su per i gradini del ri­piano. Spariscono per un attimo).

Sandy                         - (che ha seguito con lo sguardo, benevolo) Ed ecco com'è Steve Markestone.

Miss Sidney                - Che uomo incantevole!...

Miss Pocket                - Veramente!... Ha ancora un sorriso!... Ma, diteci la verità,  signor Dust... Quanti anni ha?

Sandy                         - (con un sogghigno) Me l'aspettavo!... Ma che ve ne importa, della sua età?

Miss Pocket                - Curiosità... Un uomo in vista...

Sandy                         - Si, sì, la solita storia.

Miss Sidney                - Per conto mio, la sua età non m'in­teressa... Mi piace e mi basta.

Sandy                         - Brava!... Questo è ragionare... In ogni mo­do... Ma mi raccomando... è un'indiscrezione... e se Rol­lo venisse a saperlo...

Miss Pocket                - Oh, dite, dite?

Sandy                         - (misterioso) Quarantadue... quasi quarantatre.

Miss Pocket                - Soltanto!

Sandy                         - Come «soltanto? »... Siete matta?

Miss Pocket                - Avevo sentito dire...

Sandy                         - Ecco, naturalmente!... Lo so che tutti quelli della Paragold van dicendo che Rollo ne ha per lo meno quarantaquattro, tome se poi l'età contasse... e non la personalità! In fin dei conti il loro John Barryinore ne ha ben 45, no?... Ma... tanto perché non restino dubbi... (Va a una scrivania, fruga in un tiretto) Mi son procu­rato... (Estrae una carta) Ecco il suo atto di nascita...

Le due donne             - Vedere... vedere... Questo sì che è in­teressante...

Sandy                         - A voi, dunque... Singapore, 10 luglio 1893... Come  vedete...

Miss Pocket                - Singapore!... Avevano detto che era in­glese.

Sandy                         - Ma nato a Singapore... Suo padre era il co­mandante d'uno schooner.

Miss Sidney                - Allora è vero? Che suo padre era una specie di pirata...

Sandy                         - Macché pirata, via!... Trafficava onestamente... Trafficava come poteva.

Miss Sidney                - (che sta prendendo degli appunti) Ec­co, già... (Fra i denti, scrivendo) Il padre era un feroce corsaro... E la madre era italiana?

Sandy                         - Sì... italiana... di distintissima famiglia.

Miss Sidney                - (come sopra, scrivendo) « La madre un'italiana dell'alta aristocrazia ». Ora mi spiego il fa­scino singolare di quell'uomo.

 Miss Pocket               - (a Sandy) ... Sentile... non potremmo fotografare il documento?   (Al fotografo) Bliss!

Sandy                         - (spaventato) Che cosa vi salta in testa? Se Steve  sa   che  ve l'ho  mostrato...

Miss Pocket                - (con un sorriso malizioso) Vorreste darci ad intendere che il signor Markestone non sa che?...

Sandy                         - Vi assicuro che...

Miss Pocket                - ...Ma smettetela!

Steve                           - (apparendo con Phillpotts) Che c'è?... Che cos'è quella carta,  Sandy?

Sandy                         - (turbatissimo) Niente, Steve... Si... si chiac­chierava...

Steve                           - (saltando con un solo balzo i gradini) Fai ve­dere... (Gliela leva di mano, lo guarda. Si arrabbia) Ah, benone!... Imbecille che non sei altro!... E si che te l'avevo detto!... Bene, bene! Poi faremo i conti! (Si vol­ge ai giornalisti) In quanto a voi, signori, vi ringrazio moltissimo!

Miss Pocket                - (interdetta) Ma... noi...

Steve                           - Voi fate il vostro mestiere, siamo d'accordo.

Miss Pocket                - È stato il signor Sandy che...

Steve                           - E difatti il signor Sandy si cercherà un altro posto!

Sandy                         - (avvilito) Oh, Steve!... Dopo tanti anni che...

Steve                           - (secco) Basta!... E buon giorno, signori.

Miss Sidney                -  Signor Markestone, siamo dolenti...

Steve                           - Ormai, il male è fatto.

Miss Sidney                - (timidamente) Ma... speravamo... (Ac­cenna a Bliss).

Steve                           - (amaro) - -  Già, la fotografia... Oh, so che non conviene inimicarsi la stampa... (A Bliss) Avanti, Bliss, piazzate la macchina.

Phillpottz                    - Ma è che i nostri giornali trattano ar­gomenti  così  diversi...

Steve                           - E allora?

Miss Pocket                - Non so se una sola fotografia...

Steve                           - Ah, dovrei farne tre? In tre pose diverse?... No, mai. Non ne ho voglia. Ma non vi sgomentate. Casa e giardino, Il cane e l'uomo, Il bridge illustrato, vero?... È presto fatto... (Si mette sotto l'arco della vetrata, ac­canto a una pianta d'ortensie, poi a Bliss) Buona la lu­ce?... Bene. Una poltrona. (In quattro gliene porgono una) Grazie. (Verso l'interno) Kiss... Kissy... (Un cane entra in iscena) Bravo, qua, cuccia... qui... (A PhiUpotts) Phillpotts, avete in tasca una copia della vostra rivi­sta? Grazie. (Sì siede nella poltrona, col ernie ai piedi, la rivista in una mano e l'altra mano poggiala fra le or­tensie) Via, Bliss... Siamo pronti. (Il fotografo fa scat­tare la macchina) Benone. Una copia per uno a questi signori.

Phillpottz                                - Ma...

Steve                           - Oh, semplicissimo. Non avete visto la pesa?... Per Casa e giardino, la scritta: « Steve Markestone adora riposare fra i suoi bellissimi fiori ». Per il Cane e l'uo­mo: « Il compagno preferito dei riposi di Steve Markestone, è il suo cane Kiss ». E per il Bridge illustrato: « Steve Markestone trascorre i suoi ozi leggendo la nostra rivista ». E siete tutti a posto. Buon giorno, signori. Buon   giorno... Ora   (con   tono   minaccioso)   ho   da sbrigare le faccende di questo idiota... ( E indica Sandy) Hallo, tutti quanti. (/ quattro si avviano),

Sandy                         - (sottovoce, avvintissimo, a Miss Pocket) Se perdo il posto, farete qualche cosa per me. (/ quattro escono).

Steve                           - (al fotografo che sta per uscire) Bliss... (Gli si accosta) Per favore, della fotografia fatta poc'anzi, spe­ditene una copia a questo indirizzo. (Gli dà un foglietto) E scriveteci a tergo: « Steve Markestone non adopera che stivaloni Fletcher ». Grazie mille. Arrivederci. (Bliss esce. A voce mollo alta a Sandy) E adesso a noi due, si­gnor spione...

Sandy                         - (supplice) Io ti giuro, Steve...

Steve                           - (furibondo) Me ne infischio! Io ti avevo or­dinato, perdio!... (Una pausa. Altro tono) Sono usciti. È andata bene?

Sandy                         - (fregandosi le mani) Sei stato grande. Se quei quattro cretini ora non son convinti dell'autenticità di quell'atto di nascita, mi faccio tagliare il  collo.

Steve                           - Me lo fai vedere anche a me? (Lo prende, lo legge) Singapore?... Ma perché Singapore?

Sandy                         - Sai... è più romantico Singapore di Aber­deen.

Steve                           - 43...  Non ti sembrano troppi?

Sandy                         - Bravo! A loro sembravano pochi...

Steve                           - (gettandosi in una poltrona) Però sono stufo!

Sandy                         - Di che?

Steve                           - Di aver quarantatre anni... A volte mi piglia la smania di gridare: «Non è vero!... Io ne ho quarantanove!... ». Ah! Poter dire a qualcuno la verità, final­mente!

Sandy                         - (tranquillo) Allora dovresti gridare: « Non è vero! Ne ho cinquantaquattro! ».

Steve                           - (sinceramente sorpreso) Cinquantaquattro?

Sandy                         - Eh, già!

Steve                           - Tanti?!... Sei sicuro?

Sandy                         - Sicurissimo.

Steve                           - Lo vedi?... A furia di mentire e di sentir men­tire, non so più neanch'io... (Deciso) E va bene! Cinquaritaqnaro.,. Che me ne importa? (Come se lo gri­dasse ad altri) Ne ho cinquantaquattro!  (Altro tono) Al­meno mi sentirei dire: « Ma no! Cinquantaquattro?!... È straordinario... Ne dimostra dieci di  meno!!...

Sandy                         - Di che li lagni? Io ti cavo addirittura quei dieci   che   dimostri   in meno...

Steve                           - Già! E quando dico: «Ne ho quarantatre» la gente ha l'aria di pensare: «Sicuro! Quarantatre! Se ne dimostra almeno dieci di più! ». Perché la gente con noi attori è così, caro mio. E io sono stufo. E gli stivali che mi fanno male... E la cintura elastica nuova mi sega l'addome...

Sandy                         - E chi ti obbliga?... sei ricco... Il giorno che vorrai  smettere...

Steve                           - Non ne ho il diritto!

Sandy                         -  Di  che?

Steve                           - D'invecchiare! Non ne ho il diritto. Siamo d'accordo, è tutto un inganno. Ma è il mio pubblico che lo vuole... Non posso e non devo invecchiare, perché mi amano cosi, perché sono per loro la personificazione del­la forza e della generosità, dell'avventura e dell'allegria.

 Poppy                        - (entrando con su di un vassoio un bicchiere pie­no di liquido rosso) Steve Markestone, è per te.

Steve                           - (volgendosi) Oh, Poppy, no. Oggi non ne ho voglia.

Poppy                         - Prendilo, ti fa bene.

Sandy                         - (sorridendo) Ah, il sugo di pomodoro col li­mone!

Steve                           - È schifoso... l'hai mai provato?... È schifoso! Va là, Poppy... Oggi no.

Poppy                         - Ne hai bisogno, Steve Markestone. Questo di. inagrire.

Steve                           - Lo so, cara. Ma oggi proprio...

Poppy                         - (inflessibile) Metti su pancia, Steve Marke­stone. E Rollo con la pancia, non è più Rollo.

Steve                           - (impressionato) Metto su pancia? (E si sforza a tirarla indietro).

Poppy                         - (c. s.) E la pappagorgia. (Con una smorfia di disprezzo) Rollo col doppio mento! Puah!

Steve                           - (sporgendo il mento e allungando il collo) La pappagorgia?

Poppy                         - Sì. Sei troppo grasso.

Steve                           - Sentì chi parla! Ma non ti guardi mai allo specchio?

Poppy                         - Noi non siamo una star! Noi siamo Poppy Briggs. Tu sei Rollo.  Bevi!

Steve                           - (a Sandy) È peggio d'un aguzzino. E bevia­mo! (Beve. Fa mia smorfia) È schifoso! Poppy, tu mi devi odiare a morte!...

Poppy                         - (improvvisamente materna) Oh, no, Steve Markestone... Noi ti vogliamo tanto bene. Tu sei tutto per noi, padrone! Non aver rancore per questa povera vecchia, grassa, stupida, nera Poppy. Ti vogliamo tanto bene! (Ed esce).

Sandy                         - E ti  vuol bene  davvero, sai!

Steve                           - Anche questa di sorbirsi tre volte al giorno quella porcheria lì! E perché poi? per chi?

Sandy                         - Ho bell'e visto. Oggi sei di malumore.

Steve                           - Vuoi sapere perché? Perché da quando mi son destato mi frulla nell'orecchio il motivo della Serenata di Schubert... (Lo accenna. Sandy lo guarda) Non capi­sci?... Era il cavallo di battaglia di Yvansky... (Indica lo strumento, poi si atteggia come se lo suonasse e ac­cenna ancora il motivo) Il clown Yvansky!

Sandy                         - Il clown Yvansky!... Cinque dollari alla set­timana, quando ti ho conosciuto io... E una valigia gran­de così piena di cambiali in scadenza... E oggi...

Steve                           - Lascia andare, l'oggi. (Canticchia ancora l'aria Schubertiana) Avevo finito di suonarlo in iscena... Era piaciuto quella sera, ti ricordi?... E quando tornai in camerino...

Sandy                         - Lascia andare...

Steve                           - ...Contro lo specchio... così... come un pro­memoria... « Non posso più sopportare questa vita di stenti... Lo faccio anche per la bimba... Addio. Non cer­care di me. Maria ».

Sandy                         - Bella roba!... Ora non pensarci, va là!

Steve                           - Oh, non mi commuovo più, stai tranquillo. E non ne ho merito. L'amore che dura anche dopo che una donna ci ha fatto quello che ha fatto a me mia mo­glie...   È   roba   da   romanzo... Da  film,   ecco.   Nella  vita no, sai. Nella vita è come se si rompesse qualcosa qui dentro... (Indica il petto) Sai, come le molle degli oro­logi che si svolgono alla rovescia quando si rompono? Cosi. Alla rovescia. Disprezzo e rancore. Avrei voluto farle male. E quel poco che ho potuto, gliel'ho fatto. Voleva il divorzio? Niente! Non le ho risposto mai. Cosi non avrà potuto « rifarsi la vita » come si suol dire.

Manners                      - (apparendo sull'uscio) La signorina De­sinomi...

Steve                           - (a Sandy) Giusto... (A Manners) Fai passare. (Manners via).

Sandy                         - Ecco, di tutte le donne che... (caricato) ti sei obbligato a... questa è quella che capisco meno. Non ti stanca? Non sta un minuto ferma, Dio la benedica!

Steve                           - È la donnina più chic di Hollywood! Non poteva mancare alla collezione di Rollo.

Mae                             - (entrando. Vestito eccentricissimo, trucco aggres­sivo, biondo platino. Minuscola, tre cagnolini al guin­zaglio) Dì, Tipaccio!... Da quando in qua fai fare an­ticamera alle signore?... Allò, Sandy! Sempre calvo?... Tenete un momento... (Gli mette fra le mani il triplice guinzaglio, poi si precipita contro Steve) Tu!... Tu!... Tu!... Tipaccio!... (Lo picchia coi suoi piccoli pugni, lo costringe a scansarla, a sfuggirla, a fuggirla) Perché non ti sei fatto vivo ieri?... Perché mi fai fare anticamera?... Ma non sai che io ti cavo gli occhi?... che io ti mangio il naso?... Eh?... Eh?... Eh?... (E ad ogni « Eh » è uno scherzoso ma energico pugno nei fianchi del povero Steve, che si sente il fiato un po' corto).

Steve                           - (per farla smettere) Su, Mae... non siamo soli.

Mae                             - Sandy?... Ma Sandy non conta... (Corre da Sandy e gli fa un'audace carezza al volto stupito) Vero, Sandy, che non ve ne importa niente?

Steve                           - Mae, andiamo!

Mae                             - Ti arrabbi? (A Sandy) Guardatelo, com'è ca­rino, quando si arrabbia! Non è un tesoro?

Sandy                         - (che ha voglia di ridere) Eeeh!  altro  che!

Mae                             - (precipitandosi addosso a Steve) Caro il mio Bagheera!... (Ma Bagheera non se l'aspettava e casca sul divano,   perdendo  l'equilibrio).

Steve                           - Stai ferma, benedetta te!

Mae                             - Knock-out! Visto, Sandy?... Knock-out! La fragile colomba e lo sparviero senza cuore... No, anzi (ha un'idea) Aspetta... Giù!... (Costringe Steve a riada­giarsi come al momento della caduta) Così. Fermo. Là! (Con un balzo gli si siede addosso) La pantera domata! (Ride) Caro il mio panterone!... (Lo bacia).

Steve                           - (che soffoca) Finiscila... Via... Lasciami re­spirare... (Riesce a liberarsi) Oh!... Bambolina mia, io non ho più vent'anni...

Mae                             - Oh, civettone!... Che civettone sei!... (A San­dy) È sempre cosi civettone?... Per farsi dire che è an­cora in gamba, mica per altro!  Già, poi, a quarantatre anni... Perché ne hai quarantatre, no? Te lo chiedo perché so che vai in collera... Per farti arrabbiare... (A Sandy) Mi diverto io a farlo arrabbiare... Volete vedere a fargli il solletico?

Steve                           - (spaventato) No. Va là, cucciolina, mi fa male, mi viene il convulso...

Mae                             - (che ci si diverte) Macché, ti fa bene... ti ri­mette in circolazione il sangue... (E gli si avvicina).

Steve                           - (sfuggendole) No... Sandy... diglielo anche tu... Stai buona, cucciolina...

Mae                             - E sia. Però, ricatto... Ho saputo che alla Bergwyn devono mettere su una cinerivista... Voglio una par­te. Glielo dici al vecchio Abramo?

Steve                           - Io glielo dico. Deve venire qui stamattina. Ma non so se lui...

Mae                             - Oh, vai la pena di essere l'amica del più gran­de attore cinematografico del mondo se poi... Vero, Sandy?

Sandy                         - (che si e aggrovigliato nel guinzaglio dei cani) Verissimo,  ma ripigliatevi  questi bastardi...

Mae                             - Bastardi!! ... Hanno un pedigree che neanche un re di Francia... Me li ha regalati lui. Allora siamo d'ac­cordo, Bagheera?  Gliene parli davvero?...

Steve                           - Appena vien qui.

Manners                      - (entrando) Il signor Bergwyn e il signor Maschourian.

Steve                           - Un momento... Falli passare quando suono. (Manners esce. A Mae) Adesso tu fila, tesoro.

Mae                             - (attaccandoglisi al collo) Gliene parli?

Steve                           - Subito, te l'ho detto.

Mae                             - Caro! (Lo bacia facendolo piroettare) E sta­sera mi tieni con te?

Steve                           - Sì. Adesso vai.

Mae                             - E mi porti in qualche locale molto equivoco, con la gente che si ubriaca e fa a cazzotti?... Sì, che mi piace tanto.

Steve                           - (a Sandy) Questa deve essere un po' pazza!

Mae                             - Sì, sono pazza. (Improvvisamente gli fa il sol­letico) Sono pazza, sono pazza, sono pazza! (Gli si getta addosso) Caro, ti mangio il naso!... (Si rialza) Ciao, a stasera. (E corre via).

Sandy                         - È divertente, però.

Steve                           - (che è sudato e sbuffa) Ah, sì... Un po' fa­ticosa, magari. Un giorno sì e un giorno no va benis­simo. Tutti i giorni sarebbero troppo. Ma guarda se ci si deve ridurre così. (Si ricompone).

Sandy                         - Suono per farli entrare? (Steve annuisce e Sandy suona) E ne parli davvero al vecchio Abramo?

Steve                           - Fossi matto! Così se la scritturano l'ho tutto il giorno in stabilimento a farmi quegli scherzi! (En­trano  i due)  Hallo, tutti  quanti...

Bergwyn                     - (entra seguito da Maschourian. È un omone massiccio, troppo elegante ed untuoso, dal viso rosso ac­ceso sotto i capelli bianchissimi. Maschourian è magro, alto, cadaverico, coi nerissimi capelli a zazzera sempre spioventi sugli occhialoni cerchiati dì tartaruga) Hallo, Steve... Che si dice?... Che si dice? Hallo, Sandy! (Ri­sposte confuse).

Steve                           - Buongiorno,  figlio dell'Oriente!

Maschourian               - (sta allo scherzo) Gli Dei siano con te, straniero. (Altro tono) Dove hai il whisky? (Si guar­da attorno, rapido) Ho visto. (E va a versarsi da bere).

Sandy                         - A cecce, a cecce!

Steve                           - Abramo, su quella poltrona. Non si rompe. È collaudata da Poppy.

Bercwyn                     - Smettila con l'Abramo. Abe... tutti mi chiamano Abe.

Steve                           - Anche in Sinagoga? A proposito, come sta il gran Rabbino?

Bergwyn                     - È uno scherzo idiota, Rollo...

Sandy                         - (falso) Davvero, Steve!... Lo sai che Bergwyn è cristiano  come me e te.

Steve                           - Ah, già... È vero. Me ne dimentico sempre...

Maschourian               - (che vede il vecchio irritarsi) Beh, cambiamo   discorso...   Eccellente   questo  whisky.

Steve                           - Sfido! Guarda la data... 1850!

Bergwvn                     - (feroce) L'hanno imbottigliato sotto i tuoi stessi occhi, vero, Steve?        - (Si ride).

Maschourian               - Toccato!... Devi accusare la botta, Steve!

Steve                           - (agro dolce) E sia, toccato. Ma non è per l'età che è buono... È perché non è battezzato, lui!... (A Bergwyn) Piglia e porta a casa. (Si ride).

Bercwyn                     - Beh, beh... Ora parliamo d'affari. Ma­schourian ha pronto lo scenario della « Conversione del grande Joe ». Io l'ho letto e mi par buono.

Steve                           - Fatte quelle modifiche che ti avevo detto?

Maschourian               - Fatte. È a posto.

Bercwyn                     - Che modifiche?

Steve                           - Niente. Roba da niente. È per la scena di mare. Quando Joe salva la vita a Stella.

Bergwyn                     - Ma non è al mare. È frenando un cavallo imbizzarrito.

Maschourian               - Ora. L'ho ridotto io così. Prima era a Miami. Joe era lì che faceva i bagni e si incendiava il fuoribordo di Stella.

Bergwyn                     - Molto più originale... Perché si è cam­biato ?

Steve                           - Perché io in costume da bagno non mi metto. Vero, Sandy?

Sandy                         - Non si mette.

Bercwyn                     - Ma è un peccato. Darebbe pretesto per far vedere delle belle figliuole in costume.

Steve                           - Io in costume da bagno non mi metto.

Bergwyn                     - Se è per l'acqua fredda, si può fare la scena in teatro di posa, con l'acqua riscaldata...

Steve                           - Non insistere. Io in costume da bagno non mi metto.

Bergwyn                     - Ma perché, santi numi?!

Steve                           - (energico) Perché non voglio far vedere la pancia. Chiaro?...

Maschourian               - Ma tutto è accomodato. Il film andrà benissimo così.

Bergwyn                     - Sì, sì... Ma parliamoci chiaro. Per « La Conversione del grande Joe » ci vuole una donna. (Steve fa per dire qualcosa). Permetti. Tu sei l'attore che sei e io non lo discuto nemmeno. Ma questo sarà il tuo quindicesimo film in tre anni. Caro mio, qui ci vuole una donna.

Steve                           - Scusate... L'ultimo mio film ha reso più di tutti gli altri.

Bercwyn                     - Cento dollari di più... Non esageriamo, poi.

Steve                           - Siano pure cento dollari, il fatto è...

Maschourian               -   Scusate. Sono d'accordo anch'io  con lui. (Indica Bergwyn) Non è per diminuirti. Resta in­teso che la star sei tu. Ma bisogna essere pronti a tutti gli eventi. Il pubblico lo sai com'è. Porta su, porta su, d'un tratto ti molla e non si sa perché.

Steve                           - Beh... E chi sarebbe questa tale?

Bercwyn                     - Ah, bravo! Qui ti voglio. Prima ti si è voluto dire. Poi la troveremo.

Maschourian               - Ci vuole un tipo liliale, lunare. Ma­gari non bella ma con un fascino morboso anche se spi­rituale.

Bergwyn                     - Insomma il tipo che va  oggi.

Steve                           - Trovala.

Maschourian               - La troveremo. Penso io. Basta che tu non faccia il difficile.

Steve                           - Io, per  me...

Bercwyn                     - E un'altra cosa. Bisogna che Sandy abbia una trovata.

Sandy                         - Io?

Steve                           - Per che cosa?

Bergwyn                     - Per te, caro. Io ti parlo come uomo d'af­fari.

Steve                           -  Niente  Abe,   allora. Parla  Abramo...

Bergwyn                     - Scherza pure... Ma occorre far del chiasso su di te. Bisogna ricordarsi che non sei più un ragazzo.

Steve                           -  Quanto  sei carino!

Bergwyn                     - Caro mio, io ti dò una paga che...

Steve                           - Ecco. Se me la dai tu... che sei tu... è segno che io valgo almeno il doppio. Dunque piantala con Vctìtt La mia età è... quella che dimostro. (Un piccolo si­lenzio).

(Sotto l'arco che dà sul giardino è apparsa da qualche istante una giovane donna. Ha uno strano viso pallido e affilato e molti riccioli biondi. È esile, ma non gracile. Veste maschilmente e semplicemente. S'è guardata intorno. Nel vedere Steve ha avuto un gesto di particolare in­teresse. Ora crede giunto il momento di parlare).

La donna                    -   Scusate...

(I quattro si volgono di scatto).

Steve                           - E questa ehi è?

La donna                    - Voglio parlare con voi, Steve Markestone.

Sandy                         - Ma chi vi ha fatto entrare?

La donna                    - Nessuno. Ho scavalcato il cancello.

Sandy                         - Ah!... E il cane?

La donna                    - Avevo portato un osso. (Si sorride).

Steve                           - Sono dolente, signora...

La donna                    - No. Non me ne vado. Devo parlarvi. Non me ne andrò, se non dopo essere rimasta sola con voi.

Bergwyn                     - È un bel tipo!

Maschourian               - Ha un visetto interessante.

Steve                           - Signorina, io devo parlar di affari... Vi sarei grato  se...

La donna                    - È inutile. Non me ne andrò che con la forza. So quanto è difficile avvicinarvi. Altrimenti avrei scelto un mezzo... più  normale.

Steve                           - Ma...

Bergwyn                     - Dannato Rollo!... Anche le donne che sca­valcano i cancelli per lui!

Sandy                         - (prendendo la palla al balzo) Vedete? Ve­dete?... È inutile. Steve ha un certo non so che...

Bergwyn                     - (fra i denti) Alla sua età! È magnifico...

La donna                    - (a Bergwyn e gli altri) Non vorranno que­sti «ignori lasciarmi cinque minuti sola con Steve Markestone ?

Bergwyn                     - (sorridendo) E va bene... Tanta pertinacia merita un premio. Steve, andiamo di là... Parleremo con Sandy, intanto.

La donna                    - Grazie, signori. Vadano pure. Non lo tratterrò  a  lungo.

Bergwyn                     - Prego, signorina. (Avviandosi) E buona fortuna,   Rollo!

Maschourian               - (id.) A fra poco, eterno Don Gio­vanni.

Sandy                         - (a Steve) Non ti preoccupare. Tratto io tutto col vecchio Àbramo. (Dandogli un colpetto sulla pan­cia) Va là, che questo è un buon spunto per un artico-letto  d'indiscrezioni. (/ tre escono. Una pausa).

La donna                    - Buon giorno...

Steve                           - Buon giorno... Ecco qui. Guardatemi pure... Davanti, di dietro... di profilo... Eccomi qui... (E gira su sé stesso com'è un manichino) Fatto?... Soddisfatta?

La donna                    - ...Oh, non ridete di me... Se sapeste... Se... (È davvero turbata) ... Sono venuta da Edimburgo fino a qui... per... per voi... per vedervi... per parlarvi...

Steve                           - E avanti... Parlate pure... Sentiamo. Che cosa mai avete da dire a Rollo?

La donna                    - A Rollo?... Oh, no. A Rollo, niente. A Steve  Markestone,  sì. Tante   cose.

Steve                           - Cominciamo col sentirne una... (Un silenzio. Martha lo fissa con una luce strana negli occhi) Beh?...

La donna                    - (come se dicesse una gran cosa) ...Io sono Martha. (E tace sorridendo).

Steve                           - (interdetto) E siete venuta da Edimburgo fino qui per dirmelo? (Con un sorriso) Ah, sì... Ho capito. (Martha ha uno sguardo di speranza. Paterno) Ma io non ho  letto  le vostre lettere.  Mi  dispiace deludervi.

Martha                        - Le mie lettere?

Steve                           - Ma sì. Voi mi avrete scritto delle lettere ap­passionate... e credete che io nell'udire il nome... No, bimba mia, io non leggo che le lettere d'affari'...

Martha                        - Non vi ho mai scritto lettere. Sapevo che non le avreste lette. Sopratutto  le mie.

Steve                           - (galante, per abitudine) Oh, no!... Perché?... Se avessi saputo che provenivano da una così leggiadra...

Martha                        - (con una smorfia volge gli occhi altrove).

Steve                           - (un pochino offeso) Scusale... Non credevo che... Generalmente io... Scusate. Non potevo immagi­narlo. (Altro tono) Forse volete un mio autografo? E va bene... Volete anche la fotografia?... E va bene. (Apre un cassetto, ne estrae vari ritratti) Qui, scegliete.

Martha                        - (c.   s.) Grazie. Ne   ho   già   una.

Steve                           - Oh bella!  Datemela, allora... La  firmerò.

Martha                        - È già firmata.

Steve                           - (stupito) Oh bella bella!  Da me?

Martha                        - Da voi.

Steve                           - Oh, bella, bella, bella... Dedicata a voi?

Martha                        - A me. E con una bella dedica. Una dedica che nessun'altra vostra fotografia ha mai avuto, credete.

Steve                           - Oh, bella, bella, bella, bella.

Martha                        - (frugando nella borsetta) Eccola... Avrei voluto dire lutto in un altro  modo... Avrei voluto  che foste voi... Oh, tutto è così difficile... (Tendendogli la fotografia, fremente) Tenete... Guardate... (E casca a se­dere).

Steve                           - (che cade dalle nuvole, prendendo il ritratto) Ma che diavolo... (Osserva la fotografia... È sbalor­dito) Ma come avete questa fotografia?

Martha                        - (lo guarda senza parlare).

Steve                           - (turbatissimo) Ma è dedicata a  mia figlia...

Martha                        - (non ha la forza di sorridergli e si protende tutta in una trepidazione ansiosa).

Steve                           - (la fissa, inarca le ciglia. D'un tratto, cambiando tono, cinico, sprezzante) Ah no, cara! Non attacca!... Ho  una  certa esperienza  in fatto  di ricatti!

Martha                        - (pronta a protestare) Ricatti?... Io?... È in­degno!

Steve                           - Bene, brava!... Ben ruggito, leone!... (Ridac­chia poi) Ma non avete pensato, stupidella che siete, che io avrei avuto cento mezzi per smascherarvi?... Volete vederne uno?... Subito... Come vi chiamavo io quando eravate piccola? E qual'è la mia vera età? Con esattezza non  la sa nessuno... ma  i figli,  in genere...

Martha                        - Michey e 54. Siete nato il 10 luglio 1880, ad Aberdeen in Tower Street, 142, al secondo piano. E perché non vi restino più dubbi... Vostra figlia aveva un neo sulla nuca, presso l'orecchio sinistro. (Scostandosi i capelli sul collo) Guardate. (Con una leggera amarezza) Potete strofinare con un fazzoletto. Non se ne va. E d'altronde, ho anche il mio certificato di nascita. (E gli porge anche quello).

Steve                           - (avvilito e suo malgrado) Ti chiedo scusa. (Una pausa. Steve guarda la propria figliola con stupore attento;Martha tiene gli occhi ostinatamente rivolti verso terra. Ad un tratto) Ma perché non mi hai subito mostrato le tue carte? Io non potevo immaginare... Ero così lontano... E viene tanta gente qui a tentare di... (Sta­rebbe per dire « ricattarmi », ma il verbo ora non gli piace) Sai... ora con un pretesto... ora con l'altro... Do­vevi   tu   subito...

Martha                        - (senza calore) Credevo che bastasse mo­strarti quella fotografia...

Steve                           - Ora che me lo dici, sì... Forse doveva ba­stare...  In fin  dei  conti  sono  passati  più  di vent'anni...

Martha                        - Credevo che gli anni, quando si tratta di una figlia...

Steve                           - Fai presto, tu, a dirlo... Una figlia!... Avessi saputo qualche cosa di te, durante tutto questo tempo... Niente. Neanche una parola, un rigo... Non sapevo dove eri, come eri... Niente.. E allora, capirai, un uomo... con la vita che ho fatto io, poi... I primi anni... uno, due anni... ho sofferto... Perché ho sofferto, sai!... Poi mi sono rassegnato... E poi... (Ha un gesto come per dire:  « Chi ci ha pensato più? »).

Martha                        - Capisco. Dovevo prevederlo... ma speravo che...

Steve                           - La voce del sangue, eh?... Già. Ma sai... in certi casi... (Cambia tono) Ma lasciati guardare... Hai ventisette anni, eh?... Eri un cosino, roseo, grasso..-Quanto eri  bella   da   piccola!

Martha                        - Oggi lo sono molto meno, lo so.

Steve                           - (senza convinzione) No, perché?...

Martha                        - (senza allegria) Capisco che non  vi piac­cio. Lo sento dalla vostra voce.

Steve                           - (c. s.) No, ti assicuro... (E la guarda, intanto, quasi per tentare di riconoscervi il visetto di allora) È che... È  strano...   è  ridicolo,  anzi,  quello   che  ti  dico... È che non credevo che saresti cresciuta... che saresti di­ventata così. Pensavo a tutto un altro tipo, allora, quan­do ti guardavo... Chi l'avrebbe mai detto?... (Un altro silenzio. Poi, con voce quasi indifferente) E... la mamma?

Martha                        - (senza  tono) È  morta.

Steve                           - (colpito) Ah!... (Pausetta)  Da... tanto?

Martha                        - Due anni.

Steve                           - Non ne  sapevo niente. Lo  vedi?...  Non sa­pevo niente... Di voi,  di  le... Niente.

Martha                        - Non vi scusate. Non ne avete bisogno.

Steve                           - Puoi chiamarmi papà, se vuoi.

Martha                        - (gliene è grata) Grazie...  Papà...

Steve                           - (con  un  sorriso  un po'  forzato) Ecco., credo  che  ci  potremmo   abbracciare,   no?

Martha                        - (gli butta le braccia al collo) Papà...

Steve                           - (ricambia l'effusione, impacciato) Ecco fatto...

Martha                        - (sgelandosi un pochino) Mi sembra di star meglio, ora...

Steve                           - (senza entusiasmo) Eh già... (Sviando il di­scorso) E tu?...  Hai fatto tutto questo viaggio da sola?

Martha                        - Da sola. Perché ero sola. Da quando la mamma era morta.

Steve                           - Sola?... Non?...

Martha                        - No. Devi sapere che la povera mamma morì in un incidente automobilistico insieme a pa... (Si corregge con un piccolo sforzo) al signor Spencer...

Steve                           - (freddo) Ah,  si  chiamava  Spencer.

Martha                        - Giorgio Spencer. (Involontariamente) Era tanto buono.

Steve                           - (con un senso di fastidio) Lo credo.

Martha                        - (per scacciare il ricordo di lai) Ed ero rimasta sola... E povera. La guerra aveva fatto perdere il posto a pa... (e. s.) al signor Spencer e dal 18 in poi le condizioni non erano più state molto floride. Soltanto negli ultimi anni pa... il signor Spencer aveva trovato un buon impiego. Ma non da permettergli di mettere da parte denari. E così...

Steve                           - E così  ti sei ricordata che c'ero anch'io.

Martha                        - Oh, non  devi  dir  questo! Da  quando sei diventato il grande Rollo... da quando li vedemmo sullo schermo  a  Edimburgo... Io  non  sapevo allora che tu... Steve     - Ah, non  sapevi  che  io  fossi vivo?

Martha                        - (arrossisce)  No. Me lo  disse poi la mam­ma... quando   la   vidi   piangere  l'indomani...   Ed   allora tutti  i  tuoi fllms...  Che bello!   Che bravo!...  Ti  segui­vamo la mamma e io attraverso le notizie dei giornali... Io, poi...   ero   come  invasata... Quando  tornavo   a   casa, rifacevo tutte le tue scene... La mamma mi stava a sen­tire con le lacrime agli occhi... Diceva che ero tale quale a   te... a Buon  sangue  non  mente »  diceva...

Steve                           - Ma neanche un rigo... Non dico da lei... Ma da te, almeno...

Martha                        - La mamma non voleva... Per un certo or­goglio... E anche per un riguardo a... che era stato molto buono  con me.

Steve                           - (amarognolo) Sì, sì. E ora che cosa ti proponi di fare?

Martha                        - (sorpresa dalla domanda, incerta)  Ma... star con te, se mi vuoi...  Stare col mio papà...

Steve                           - Già. (Un silenzio, poi con una certa durezza) Eh, già! Sei sola, sei povera... Andiamo a stare da papà. Da quell'altro papà, vero?... Da quel papà che abbiamo ignorato per ventidue anni... che ci ha ignorato per ventidue anni. Da quell'altro papà che è celebre, che è ric­co... Da quell'altro... al quale si dirà papà, prima an­cora di aver dimenticato che papà si diceva solamente al signor Spencer... Credi che non mi sia accorto della fatica che fai per chiamarlo semplicemente il signor Spencer? Andiamo  da  quell'altro papà.

Martha                        -  Ma  ammetterai  che io  possa   considerare una gioia il viverti accanto d'ora in poi... all'ombra della tua  fama... Ammetterai  che sarò  superba  di far sapere a tutti che son tua figlia e che sei il mio papà... (Steve fa per parlare) Sì, lo so. Tu non riesci ancora a consi­derarti tale. Non mi  conosci... Forse mi avresti deside­rata diversa... Più bella... Più fiorente... Non so. Ma a furia  di stare insieme... Vedrai...  Vedrai...

Sandy                         - (entra trafelato) Di'... Dov'è il Larousse?

Steve                           - Al solito posto, secondo scaffale.

Sandy                         - Sì, grazie. (Corre alla biblioteca) C... C... C... Eccolo. (Toglie un volume, lo sfoglia) Cab... Cad... Caf... Car...   Gas... Casanova   di   Shilgalt   Giacomo...   Nato  nel 1725 a Venezia (Leggicchia febbrilmente in un mormorio incomprensibile) Ah, ecco:  «Nel 1755 egli era a Vene­zia, conducendo  una vita piena  di intrighi e di avven­ture, quando fu denunciato al Governo della repubblica e imprigionato nei piombi per ragioni di Stato ». Benis­simo. (Rapido) Dicevano che eri troppo vecchio per l'e­pisodio  dei piombi!   Devi aver trent'anni. Ne hai  qua­rantatre.   Può  andare benone. (Corre  dentro,   portando con sé il volume, gridando) Trent'anni... Deve aver trent'anni. E vi pare che Rollo non possa farlo? (Sparisce).

Steve                           - Hai sentito?

Martha                        - Che cosa?

Steve                           - Io ho quarantatre anni. Tu ne hai ventisette. Ti avrei fatta a sedici anni. Mi par difficile.

Martha                        - Che cosa dici? Tu ne hai cinquantaquattro!

Steve                           - Può darsi. Ma nessuno lo sa. E nessuno lo deve sapere. Tu ignori che cosa sia Hollywood. Addio Rollo! Addio cinematografo! Addio celebrità!... Siamo come le pietre preziose noi cosiddetti divi. Sai, uno zaf­firo? Basta una incrinatura perché perda metà del suo valore. Eppure è lo stesso gioiello di prima.

Martha                        - (sorride) E va bene. Se non ti vuoi invec­chiare  tu, mi  ringiovanirò  io. Meglio.  Avrò  vent'anni.

Steve                           - Ma io non sono  sposato! Io non ho figli... Scapolo... Sono   scapolo.  Tutta  l'America  lo sa.   Mezzo mondo lo  crede. Come vien fuori ora  una figlia?

Martha                        - Ma quella è pubblicità.

Steve                           - Togli la pubblicità e non siamo niente. È la nostra vita, cara mia. Ognuno sceglie un genere, qui. E io sono l'eterno scapolo, il solo scapolo, l'autentico sca­polo. Senza  legami,   senza  pensieri,  senza  sentimentali­smi. E ora dovrei avere addirittura una famiglia!

Martha                        - ... Una figlia in caso.

Steve                           - È l'inizio. Ed è già troppo. È una figlia in età di marito. Rollo suocero?... Neanche a pensarci. Il suo­cero è l'anticamera  del nonno. Rollo nonno?...  E vuol far Casanova!...  Già li  sento. Oh, se tu avessi dieci  o dodici anni... Perché  no?   Sarebbe   carino,  anzi...

Martha                        - Ma  parli  sul serio?

Steve                           - Credevo  che te ne fossi accorta.

Martha                        - E non trovi un fremito?... Una vibrazio­ne?... Un turbamento?

Steve                           - Perché tu l'hai avuto? Tutto a un tratto, dopo più di venti anni che non lo provavi?... Beh,  si vede che io ci metto di più. Sarà l'età.

Martha                        - (ironica) Quarantatre anni!

Steve                           - Ma no... Meno ancora... Non hai sentito Sandy? Trenta.  In «Casanova» ne avrò trenta.

Martha                        - E allora non mi vuoi con te?

Steve                           - Non posso. Ma  non impensierirti. Mi occu­però ugualmente di  te. Sceglierai la  città  in cui vorrai vivere e io  penserò  lautamente alla tua vita.

Martha                        - (con fierezza) Ti ringrazio. Ma non è que­sto che ti chiedo. Te l'ho detto. Volevo starti accanto. Vivere con te. Credevo che tu saresti stato contento di ritrovare la tua figliuola. Oh, non mi aspettavo slanci di entusiasmo. Ma pensavo che col tempo... Invece, quat­trini, sì. Affetto no. Proprio il contrario di quel che vo­levo io. Ciao, papà... (Lo dice con amarezza) ... E chissà se ci rivedremo!  

Steve                           -  Senti,   Martha...

Martha                        - (i cui occhi si son posati sullo strumento di Yvansky) Oh, lo conservi ancora, quello!... Non te ne vergogni? Eppure ti parla della tua età, anche quello!... Ti ricordi?... Mi cantavi la ninna nanna, allora!... (Ac­cenna l'aria della Serenata di Schubert. Steve è imba­razzato) Oh, scusa... Mi son sbagliata... Non poteva trat­tarsi di me... Quella era la figlia di Yvansky... (Un sa­luto impercettibile) By, by, Rollo! (E starebbe per av­viarsi quando entrano i tre di poco prima).

Bercwyn                     - Tutto fatto, Steve. Sandy ha dato il nulla osta e ha firmato anche per te. (A Martha) Come vedete, signorina, abbiamo rispettato i vostri desideri... e vi ab­biamo lasciato il vostro idolo tutto per voi! Eh, fortu­nato Steve!

Steve                           - (involontariamente  urtato)  Non  dire  scioc­chezze, Abe! La signorina non è... quello che tu pensi!

Martha                        - (con una punta d'ironia, a Steve) Ringrazio Steve Markestone per questa dichiarazione.

Bercwyn                     - (gentile) Perdonatemi... Ma non avevo nes­suna intenzione... Avevo pensato, dinanzi a quella cu­riosa insistenza...

Martha                        - No... Si trattava di tutt'altra cosa. Non vo­lete dir loro quello che chiedevo?... (Sotto il tono leg­gero si cela una piccola ansia e un po' di perfidia).

Steve                           - (imbarazzato) Ma... non credo che...

Martha                        - No?... (Quasi come una sfida) Ebbene, lo dirò io. Ero venuta dal signor Markestone per... (Sor­ride amara, poi con allegria) per chiedergli di lavorare. (Steve è evidentemente sollevato).

Bergwyn                     - Di lavorare?... A lui?... Vorreste far del cinematografo?

Martha                        - Magari! Qual'è la ragazza che non sogni lo schermo, oggigiorno?... lo, poi, ho già recitato coi filodrammatici... Mia madre diceva che avevo talento... Ah, se   riuscissi   in   cinematografo!

Maschourian               - Scusate... (A Bergwyn, sottovoce) Di', se si provasse questa?... La ragazza mi va... È interes­sante... Il tipo che volevamo, c'è... Se tanto tanto riu­scisse...

Bergwyn                     - Dici?... (Guarda Martha) Eh!... Chissà!...

Maschourian               - (a Marta) Signorina, io sono Melvyn Maschourian... di professione regista cinematografico  (Ella ha un gesto come per dire che lo conosceva) E questo grosso signore è Abe Wellington Bergwyn... il despota della « Bergwyn Brothers Corporation »... Non vi sorprendete di quanto stiamo per dirvi. Volete passare domani agli stabilimenti per quello che si suol chiamare un provino?

Steve                           - Eh?

Martha                        - Ma è troppo bello!

Maschourian               - Vi dichiaro subito che se andrete be­nino, voi avrete l'onore di recitare la parte della pro­tagonista   accanto   al   nostro   Steve  Markestone...

Steve                           -  Siete  matti?

Maschourian               - O mi sbaglio di grosso, o la signo­rina  ha  delle  forti  possibilità  di  riuscita.

Sandy                         - Ci scommetterei anch'io.

Bercwyn                     - (galante a Martha) E io me lo auguro di gran  cuore.

Martha                        - (con un lampo negli occhi) Accetto con en­tusiasmo, signori.

Martha                        - E se riesco... (a Steve) Ve l'avevo detto, signor Markestone, che desideravo tanto starvi accanto!...

Sandy                         - E io mi offro per la pubblicità...

Steve                           - Ma niente affatto!... Mi rifiuto assolutamente.

Bercwyn                     - Oh, Rollo, fa così per abitudine... Non gli badate, signorina...  signorina...

Martha                        - Mi chiamo Martha... (Dà uno sguardo a Steve)  ... Martha Yvansky...

Maschourian               - Yvansky. Eccellente... Ha qualcosa di slavo.

Sandy                         - Yvansky... È quello che ci vuole...

Bergwyn                     - E allora, signorina Yvansky... Se lo per­mettete  vi   accompagnamo...

Martha                        - Grazie, signor Bergwyn... (Si avvicina a Steve) Allora, signor Markestone questa volta... arrive­derci... (Ride e poi esce con i due che salutano a sog­getto Steve e Sandy).

Sandy                         - (entusiasta) Quella ragazza lì, accanto a te, starà benissimo, vedrai!... Adesso telefono subito ai gior­nali... (Mentre compone il numero guarda Steve) Ma perché fai quella faccia? Dovresti essere contento... (Al telefono) Pronto... Pronto... Son Sandy Dust... La « Berg­wyn Brother » ha fatto una scoperta... Una nuova di­va... Nuovissima... Reciterà accanto a Rollo... Si chiama Martha Yvansky... Yvansky... Yvansky...

Steve                           - (togliendogli il cornetto)  Yvansky... Yvansky...

Sandy                         - (comprendendo, ricordando finalmente) Yvan­sky!...

Fine del primo atto

ATTO SECONDO

Un angolo di un teatro di posa della « Bergwyn Bro-ther ». Un pezzo di scena è già costruito: si tratta di una ricca sala settecentesca, di cui però non si vedono che tre pareti e un lembo di soffitto. In queste tre pa­reti, una porta e un balcone, oltre il quale si affaccia un albero di pesco in fiore. Al di là della scena sgargiante, si scorgono i nudi e disadorni muri del teatro di posa. Qualche scritta: « No smoking »; « Silente ».

Una macchina cinematografica da ripresa è da un lato, su di un carrello. Un microfono pende da un sistema di treppiedi a braccio in mezzo alla scena.

Gli elettricisti dispongono le ultime luci, sotto la vigi­lanza di Maschourian, del suo assistente, degli operatori e d'una signorina che prende ogni tanto misteriosi ap­punti. Brusìo confuso e lavorativo. Poi:

Maschourian               - (agli operai) Non ci siamo capiti. Io voglio vedere il raggio entrare da quel balcone, dopo aver giocato sui rami fioriti, (fa in mezzo alla scena e verso un invisibile operaio) Qua... Il raggio deve bat­tere addosso a me... Così... Bravo!... Finalmente... (All'operatore, andando dietro la macchina) Fa' vedere... (E si mette in osservazione).

(Accompagnata da un inserviente,  entra Miss Pocket).

Inserviente                  - Miss Yvansky lavora qui, oggi... Vado a   vedere   se...

Miss Pocket                - (accennando la scena) È una scena di  « Casanova? ».

Inserviente                  - Credo, sì. Quello è Melwyn Maschou­rian, il regista.

Miss Pocket                - Oh, non lo conoscevo... Faccia inte­ressante...  È  straniero,  vero?

Inserviente                  - Oh sì, credo. È... non persiano... come si dice?... È di dove hanno fatto tanti massacri... dove c'è  la  carta profumata  da  bruciare...

Miss Pocket                - Oh, armeno!,.. Interessante!...

Inserviente                  - Ora vedo se Miss Yvansky è nel suo camerino...

Miss Pocket                - Non vorrei disturbarla... Ma il mio giornale...

Inserviente                  - Scusate, qui c'è Mister Dust. Potrete chiedere a lui; è il suo manager. (Difatti è entrato Sandy)  Mister Dust, la  signorina  ha  un biglietto   del...

Sandy                         - Ma noi  ci  conosciamo. Hallo, Miss Pocket!

Miss Pocket                - Come  va, Mister Dust?!

Inserviente                  - (a Miss Pocket) Mister Dust potrà dirvi tutto. Con permesso... (Ed esce).

Miss Pocket                - Allora siete voi il manager di Martha Yvansky?

Sandy                         - Caspita. C'è qualcuno che non lo sa?

Miss Pocket                - L'avevo sentito dire, ma... E Steve Markestone?

Sandy                         - Rollo? Presente. Dite pure a me, se volete parlare  con  lui.

 Miss  Pocket              - Ah,  tutti e due?

Sandy                         - Si racconta che Giulio Cesare dettasse i suoi commentari tre alla volta. Io sono un tipo sul genere di   Giulio Cesare.

Miss Pocket                - Complimenti. Il  divo e la  diva, eh?

Sandy                         - Non c'è gran merito. Sopratutto ora che Mar­tha Yvansky e Rollo torneranno ad apparire nei mede­simi films. La campagna pubblicitaria dell'uno impli­cherà  quella  dell'altra e  viceversa.

Miss Pocket                - Siete un vecchio volpone, mister Dust. Appena vi siete accorto che l'astro volgeva al tramonto, eh?... Vi siete aggrappato  all'astro  che sorgeva...

Sandy                         - Rollo al tramonto? Siete matta? Se è nel ful­gore  della  sua  gloria!

Miss Pocket                - Da troppo, carissimo signor Dust. Date retta a una donna. Sono le donne quelle che vanno di più al cinematografo...

Sandy                         - Purtroppo per il cinematografo... e per loro! In ogni modo vi faccio cortesemente osservare che è stato Rollo Markestone a lanciare Martha Yvansky nella « Conversione del Grande Joe »...

Miss Pocket                - Sì, ma nella « Maga bianca » Rollo Markestone non c'entrava ed è stato un successo clamo­roso più grande ancora che per la « Conversione »...

Sandy                         - E intanto in questo « Casanova » la rimet­tono a fianco a Rollo!

Miss Pocket                - Per valorizzare lei o per sostenere lui?

Sandy                         - Egregia signorinella mia, si capisce subito che la vostra rivista è II Cane e l'Uomo, non vi intendete troppo   di   cinematografo.

Miss Pocket                - Mi dispiace, ma sono da tre giorni al « Picture-goer »  (pr. Picciorgòa) Cinematografo in pieno, eccellente   signor  Dust.

Sandy                         - (colpito) Ah?... Beh, complimenti. Dalla zoo­logia allo schermo. È vero che il passo non è poi tanto lungo.

Miss Pocket                - Perciò credete a me... Il vostro Rollo...

Sandy                         - (che è calvo) Senti piccola. Li vedi i miei capelli grigi? Quando li avrai anche tu così potrai per­metterti il lusso di dar dei consigli a Sandy Dust. (A Maschourian) Di', adoratore di Zoroastro, non sai mica dov'è Martha?

Maschourian               - Deve essere andata al bar col vecchio A bramo.

Sandy                         - No, figlio... di Arsace, vengo anch'io da! bar e non  c'era.

Maschourian               - Allora è in camerino. M'ha detto che aveva da scrivere.

Sandy                         - Grazie, vittima dei curdi. (A miss Pocket) Scusate un momento... Vado a vedere... (Si avvia, si ar­resta) Ah!... Melwyn Maschourian, il grande regista... Miss Pocket, del Picture-goer. (Ed esce).

Miss Pocket                - Sono felice di conoscervi, mister Ma­schourian. Siete un grande artista.

Maschourian               - Oh, prego... (Agli operai) Accendete quel sun-light (pr. sòn-lait). Via le luci. Ma credo ve­ramente che la Cinematografia sia designata ad un grande avvenire. Vedrete in questo « Casanova » qualcosa che farà rumore.

Miss Pocket                - Oh, credo... La vostra mentalità tipi­camente orientale nel senso  che...

Sandy                         - (rientrando) Si, gliel'hanno già detto molte volte. Ormai lo sa a memoria. Piuttosto venite; Martha vi aspetta. C'è   poco   tempo   perché   poi  deve   girare.

Miss Pocket                - (a Maschourìan) Con permesso...

Sandy                         - Ecco... (Indica verso l'interno) Là, a destra. Il terzo uscio dopo la vetrata... Vengo subito anch'io. (Miss  Pocket   esce).

Maschourìan               - (« Sandy, accennando col mento) Per Martha anche questa?

Sandy                         - (con lieve imbarazzo) Già... già... (Menti­sce)  Ma  poi  vuol  vedere anche Rollo.

Maschourìan               - (sorride) Non sono  mica  sordo, sai.

Sandy                         - Cioè?

Maschourìan               - Ho sentito  quello  che  diceva.

Sandy                         - (ci rimane male) Ah... (Poi alzando le spalle) È un'oca!

Maschourìan               - D'accordo. Ma intanto... voleva solo Martha!

Sandy                         - Appunto perché è un'oca.

Maschourìan               - (a voce più bassa) Però, bada che Steve non  è  in forma.

Sandy                         - (alzando le spalle) Se ha cominciato a girare solo  da ieri!

Maschourìan               - Dammi retta. Certe cose si capiscono a volo. Del resto anche nelle ultime scene della « Con­versione del grande Joe » non è stato il solito Rollo. Tutta la parte dell'amore... Sì, va bene perché ha ancora tante  di  quelle  simpatie, ma...

Sandy                         - (seccato) Voialtri non vedete più che Martha Yvansky,  da  quando  è  entrata  qui.

Maschourìan               - Eh, caro mio! Abbiamo bisogno qui dentro d'una forza giovane. Se no ci si mummificava!

Sandy                         - Ma sì! Non esagerare.

Maschourìan               - Del resto, tu sei un bel tipo! Non curi anche i suoi affari? E allora perché hai l'aria di dolertene se abbiamo stima di lei?

Sandy                         - Lascia andare la stima... Che vi conosco tutti e due, tu con le tue arie da gatto persiano e quell'altro tartufo del vecchio Abramo. E poi, anche se sono il ma­nager di Martha Yvansky, non posso dimenticare chi è e che  cos'è  Steve Markestone...

Maschourìan               - Finché dura.

Un assistente              - (dal fondo, verso Maschourìan) Qui sarebbe  pronto.

Maschourìan               - (a Sandy) Scusa... (Andando verso il cosiddetto  « Set »)   Vediamo  un  po'...

Steve                           - (entrando. È in parrucca bianca settecentesca, il volto cosparso del cerone rossiccio usato in cinemato­grafo; indosso ha una veste da camera elegantissima, in­torno al collo un asciugamano bianco) Hello, Sandy...

Sandy                         - Hello, Steve... Pare che sia pronto. Come va? Oggi  ci  sarebbe  la  gran  scena.

Steve                           - (senza entusiasmo) Sì, sì. Hai visto Martha?

Sandy                         - È nel suo camerino, con una giornalista. Ma è pronta anche  lei.

Steve                           - Con una giornalista! De ha fatta di carriera, in  poco  più  di  sei  mesi!

Sandy                         - (sottovoce) Buon sangue non mente...

Steve                           - (con una punta di irritazione) Ma fammi il piacere!... Se non si fosse presentata sullo schermo ac­canto a me, non si sarebbero neanche accorti che esi­steva!

Sandy                         - Ah, senza dubbio... Tu le bai dato una bella spinta... ,

Steve                           - Troppo bella!... E troppa gente ha l'aria di dimenticarsene, qui dentro. A principiare da lei!...

Sandy                         - Non dir questo. Martha ti è molto grata.

Steve                           - A parole!... Il che però non le impedirebbe, di fare  un film senza  di me...

Sandy                         - Ma questo è umano, scusa!

Steve                           - Non parliamo di umanità, va là! Se c'è una situazione fuori dell'umanità è la nostra. Tu che sei il solo qua dentro a sapere i nostri rapporti, tu solo puoi rendertene  conto!

Maschourìan               - (ricomparendo, a Steve) Cosa c'è? Nervi anche oggi?

Steve                           - Perché anche oggi?

Maschourìan               - M'era parso che anche ieri... Quando si son fatte  le fotografie...

Steve                           - Ab, grazie tante!  Si fanno le fotografie del « Casanova » da mandare ai giornali e non si usa nep­pure la  cortesia  di aspettarmi...

Maschourìan               - Oh Dio... che vuoi...

Steve                           - Sì, Sandy poi me l'ha spiegato il perché...

Maschourìan               - Vero? Capisci anche tu che non si poteva far aspettare una  signora.

Steve                           - (drizzando le orecchie) Una signora?... Come una  signora?...

Maschourìan               - Sì... Martha doveva recarsi a un the all'associazione dei...

Steve                           - (voltandosi di scatto verso Sandy, che ha ten­tato di fare, ma inutilmente, un cenno di intesa all'ar­meno) Ah, è stato per Martha? (Marca) È stato per Martha!... (Ha un piccolo gesto d'irritazione, poi si ri­volta a Maschourimi e sorridente) Avevo capito che si trattasse  di te,  che avevi un appuntamento  tu...

Maschourìan               - No, no... Si è proprio fatto per un riguardo a Martha...

Steve                           - (agrodolce) Giustissimo. Troppo giusto. Bi­sogna aver molti riguardi per la signorina Yvansky... Bi­sognerebbe anzi metterlo sull'ordine del giorno: «Si pregano tutti gli scritturati, impiegati o salariati della " Bergwyn Brother ,, , di avere molti riguardi per miss Martha Yvansky».

Maschourìan               - (ride) Chissà che non ci si arrivi! Il vecchio Abramo ne  dev'essere tentato.

Steve                           - Oh, quello lì... basta che veda una sottana!...

Maschourìan               - (senza accorgersi di certi tentativi di Sandy) Sì, ma per Martha... È stracotto... E finora... almeno a quel che sembra... non ha ottenuto niente...

Steve                           - (involontariamente) Spero bene!

Maschourìan               - Ma... Io non so se sperarlo...

Steve                           - (si infervora) Sei matto?... Una giovane... una  ragazza  con quel vecchio  coso...

Maschoukian              - Va bene... Ma « dopo » ci sarebbe più probabilità per gli altri...

Steve                           - (urtato) Che discorsi!... Se credi che quella ragazza lì sia come tutte le altre sgualdrinelle da quattro soldi che hai conosciuto tu...

Maschoukian              - (seccato) Beh, intanto, se lo vuoi sa­pere, per me ha molta simpatia... E se volessi...

Steve                           - (beffardo)  Sì, con  quella  faccia!

Maschoukian              - Oh, un uomo è sempre bello.

Steve                           - Sì, ma c'è un limite in tutto. Io, se somi­gliassi  a  te,  mi  sveglierei  la  notte  per piangere.

Maschoukian              - Eh beh! Non tutti possono essere sim­paticoni come te.

Steve                           - Che c'entro io?

Maschourian               - Ti scaldi tanto! Tutte per te le vuoi? Riposati, va là...  Riposati che è meglio!

Steve                           - (sinceramente seccato) Ma  tu stai dicendo...

Mae                             - (apparendo) Baghee!...

Steve                           - Ci mancavi tu!

Mae                             - Hai il muso??? Oh, Maschourian... Non me lo fate lavorare troppo il mio Steve... Da qualche tempo è molto   cambiato...

Maschourian               - (secco) Troppa gioventù, Mae. Quan­do si è tanto  giovani  come lui, ci si dovrebbe curare!

Steve                           - (sprezzante) E quando si è tanto stupidi come te, ci si butta  dalla finestra.

Maschourian               - Obbligatissimo. Fai, fai pure il divo. Finché la dura, vero Sandy?

Sandy                         - (che freme) Siete peggio di due ragazzi... C'è bisogno di prenderla su questo tono? Peggio di due bambini!

Maschourian               - Non l'ho detto? Troppa gioventù! Si rimbambisce! (Ed esce).

Steve                           - (ribellandosi) Ah, ma...

Sandy                         - (fermandolo) Scherza... Non hai sentito che scherzava...

Mae                             - Ma che cosa è stato?

Steve                           - Niente. Una discussione... Lui diceva che Martha...

Mae                             - (beffarda) Ah, ah!... Volevo dire che non c'en­trasse la  diva!

Steve                           - Già, lui diceva...

Mae                             - (interrompendolo) Non me n'importa un fico... Piuttosto, di'... È la quarta volta che si dà a un'altra una parte che avrei potuto benissimo fare io.

Stexe                           - E che vuoi  che ci faccia?

Mae                             - E il tuo nome? La tua autorità?... Sono o non sono   la   tua   amica?

Sandy                         - (conciliante) Su, su... me ne occuperò io. An­diamo insieme da Sanderson... È Sanderson, vero, il re­gista?

Mae                             - (a Steve) Ecco! E non potevi dirlo prima a Sandy che se ne occupasse lui?

Steve                           - Piccola, non ho voglia oggi di sentir sce­nate.

Mae                             - (o Sandy) Non ha voglia e litigava lui con Maschourian... (Carezzevole a Steve) Di' che hai voglia, gallone?... Dev'esser coccolato... (Gli carezza i capelli e si accorge che è parrucca) Non ti si può neanche toc­care così conciato... Però sei bello... Fatti vedere... Levati la vestaglia... (Lo costringe a togliersela. Steve ap­pare in calzoncini corti di raso nero, assai attillati, ca­micia di seta sbuffante, guarnita di merletti, calze di seta e scarpine con la fibbia) Uh, come sei bello...

Sandy                         - Vero che è bello?

Steve                           - (pavone) Sì... non sto male...

Mae                             - Sei un gran simpaticone... Stai bene col collo nudo... (Glielo carezza, sensuale) ... Hai una faccia di... Ho una voglia di darti un bacio... (Gli si attacca, al collo molto   « ventosa »).

(In quel punto entrano Martha con la Pocket, accom­pagnate da Bergwyn. Martha è in una vaporosa vestaglia settecentesca, i capelli artisticamente sciolti, il volto truccato per la scena. È visibilissimo in lei un cambia­mento dovuto ai sagaci consigli dei rifacitori di bellezza per lo schermo).

Bercwyn                     - (vedendo i due) Oh, anche qui... Questo Rollo!  Questo Rollo!

Steve                           - (seccatissimo per la presenza di Martha) Sen­sate... (A Mae) Levati, via... Mi togli il trucco... (Agli altri)  Scusate... Hallo  tutti  quanti.

Martha                        - Buon giorno... Conoscete la signorina Po­cket, del « Picture-goer? ».

Steve                           - Sì. È già venuta altre volte anche da me.

Miss Pocket                - Per,conto del Cane e l'uomo. Ora mi occupo di cinematografo.

Steve                           - Ahi

Sandy                         - (sottovoce a Steve) Dille qualcosa di carino!

Steve                           - (forzato) Dunque d'ora in poi sarò sicuro di avere una bella donnina di più tra i miei spettatori.

Miss Pocket                - (compiaciuta) Molto galante...

Bercwyn                     - Come il solito!... Ma quando ti deciderai a fare la persona  seria?

Mae                             - Mai, finché io avrò dell'influenza su di lui. Steve deve sempre essere il mio sfrontatissimo Rollo. Vero  Baghee?... (E fa per carezzarlo).

Steve                           - (imbarazzato a cagione della figlia) Stai buo­na. Non siamo  soli...

Mae                             - Oh, la signora Pocket non si scandalizzerà... e nemmeno la signorina Yvansky, vero?... Sapete, Mar­tha, che io -sono un po' gelosa di voi? Ho il sospetto che voi piacciate molto a questa  canaglia...

Steve                           - (scosso) Finiscila, Mae!

Mae                             - (ridendo) Vedete? Si risente. Ma non gli date retta, eh? Non è l'uomo che ci vuole per voi.

Steve                           - (c. s.) Insomma, smettila di dire sciocchezze!..

Mae                             - (offesa) Di', potresti essere più gentile...

Steve                           - Non... non mi piace che tu sia qui, quando lavoro.  Fammi  il  piacere:  va'  via.

Mae                             - Oh, pardon... Non supponevo addirittura di disturbare... Allora... Hallo tutti quanti, come dici tu. Buon lavoro. Però Martha, attenta! Conosco Rollo... State in guardia.

Steve                           -  Te  ne vai?

Mae                             - Villano! Poi, faremo i conti. (Ed esce, sde­gnosa).

Steve                           - È inconcepibile...

Bercwyn                     - Eh, non t'irritare.

Steve                           - È una cosa così idiota...

Bercwyn                     - Piuttosto dov'è Maschourian? Sbrigate presto questa scena, che poi Martha deve far colazione con me.

Steve                           -   Dove   la   porti?

Bergwyn                     - (molto galante a Martha) Dove vorrà la mia deliziosa ospite... Io sono a sua completa disposi­zione... (Grande   inchino   e   baciamano).

Steve                           - Ma sei tu Casanova, o io?

Bergwyn                     - Scemo! (Freddo) Naturalmente se vuoi venire anche  tu, fai  come  ti  pare...

Steve                           - La cordialità del tuo invito mi commuove. Ma sai, Abramino,  a   me   non piace  il  Kuskussù!

Bergwyn                     - Sei insopportabile!

Maschoukian              - (entrando) Ah, bravi,  ci siete!

Bergwyn                     - Ti raccomanderei di far presto.

Steve                           - (sarcastico) Sì... sì... Mi raccomando... il pa­drone, qui, ha da fare una cosa molto importante... Niente meno che colazione con la prima donna... (Secco a Bergwyn)  Vecchio  buffone!

Sandy                         - (sottovoce a Steve) Ma che hai, oggi? Sembri un istrice!

Steve                           - (id.) Ho., ho che c'è qualcosa che non va, qui dentro, da quando è entrata qui lei... (Indica Mar­tha e vedendo che Maschourian le tiene una mano e le carezza un braccio, mentre parla con lei e la Pocket, continua) Guarda là... tutti intorno a lei... quell'armeno della malora...

Sandy                         - (id.) Ma non te ne occupare... Come se fosse la prima volta che un direttore fa lo stupido con la prima  attrice...

Steve                           - (lo squadra e poi) Non capisci niente! (Ed esce per qualche minuto).

Maschourian               - (seguitando un discorso) ... veramente io sono restìo a far assistere dei visitatori al nostro la­voro, specie se sono giornalisti... ma poiché me lo chie­dete voi, Martha... non voglio scontentare la mia diva... (A  miss Pocket)  Restate pure, signorina.

Miss Pocket                - Vi ringrazio molto. (A Martha) E anche voi...

Martha                        - Maschourian è sempre molto carino con me. È a lui che devo i miei successi... Fin ora è lui che  mi ha   diretto.

Maschourian               - Non vi diminuite troppo. Voi avete un grande talento... È geniale quanto inaccessibile que­sta  donnina...

Martha                        - Inaccessibile, poi...  Che ne sapete?

Maschourian               - (molto carino, guardandola negli occhi) Lo dite per non farmi disperare?... (Martha, fingen­dosi scandalizzala, gli prende una mano che egli lascia).

Miss Pocket                - (ridendo) Ah, ah! Ma questo è un idillio... Badate che c'è un rappresentante della stampa. (Si ride. Poi, a tempo, Maschourian va a dare le ultime disposizioni per le luci; « piazzando » di tanto in tanto Martha.   Nel  frattempo).

Bergwyn                     - Sì, Sandy... Ho creduto bene avvertire, e badate... Io voglio bene a Steve, e anzi, l'ho difeso in consiglio. Tuttavia devo  confessare...

Sandy                         - (preoccupato) Sì, sì... ma forse non è che bisogno di riposo. Comunque gli parlerò io a suo tem­po...  Ora  sarebbe peggio.

Bergwyn                     - Fate voi. So che posso sembrarvi spie­tato, ma in questo « Casanova » sono in  gioco milioni.

Maschourian               - (forte) Allora io ho tutto pronto. Lu­ci. Macchina. Tutto. Non c'è che da provare e poi pos­siamo girare.

Bergwyn                     - Che fate oggi?

Maschourian               - La grande scena fra Martha e Rollo. La contessina Buondarmin e Casanova... (A Martha) Bi­sogna essere all'altezza, Martha... Voglio vedere qualcosa di splendido...

Bergwyn                     - Oh, la mia piccola grande scoperta non ci deluderà vero?... E dov'è Steve?

Sandy                         - Era qui... Sarà in camerino... Steve! Steve! (Esce per un attimo).

Martha                        - Volevo pregarvi d'una cosa, Bergwyn... La « Broadcasting Limited » (pr. « Bròdcasting Limited ») vuole che io parli alla radio giovedì sera... Dovreste pen­sare voi a farmi scrivere qualcosa da Lewis... Io non so che cosa  dire...

Bergwyn                     - Penso io, cara, penso io... (Vedendo en­trare Steve seguito da Sandy) Oh, eccoti qui. Dove ti eri cacciato?

Steve                           - Eh, che premura!  Va a fuoco lo stabilimento ? Tanto  lo  avrai  certo  assicurato  e ci  faresti  un  affare.

Maschourian               - Su, su... cominciamo... (E mentre due truccatori rinfrescano i volli di Steve e di Martha egli spiega) Per intenderci... se vi ricordate il soggetto... questa scena viene dopo la scalata al palazzo Buondarmin fatta da Casanova       - (indica Steve) per scommessa, dopo aver ucciso l'alfiere Ottavio... Sicché cominciamola così.

La contessina              - (indica Martha) si ritira spaventata dal balcone; Casanova dopo un attimo piomba nella camera. (A Steve) Hai lo spadino sguainato in mano, perché hai ucciso l'alfiere Ottavio che era sotto il balcone a farle la serenata. La scena del duello la giriamo domani... Avete le parti?

Martha                        - Io so già a memoria le battute.

Steve                           - Io ho la parte qui. (E mostra un foglio. Ne legge le prime parole) Non mi fuggire, colomba... (Par­lato) È questo?

Maschourian               - Benissimo. Vediamo un po' come vie­ne. Naturalmente (a Steve) tu sei pazzo di desiderio, ap­passionato, ecc. ecc.. Voi (a Martha) lo respingete con orrore, perché siete stata testimone del duello, e perché siete innamorata di Ottavio, l'ucciso. Su, vediamo. Luci! (Agli altri) Silenzio, prego. (Martha va sul balcone po­sticcio. Steve sparisce per un attimo dalla vista del pub­blico) Cominciamo... Un grido di terrore, soffocato... Poi venite avanti.

Martha                        - (eseguisce) Oh!...

Maschourian               - (a Steve invisibile) Avanti, tu...

Steve                           - (affacciandosi al balcone) Lo faccio col salto? Fa più effetto.

Maschourian               - O. K. Avanti. Per piacere, Martha.

Martha                        - (ripetendo) Oh!

Steve                           - (balzando in iscena dal balcone) Non mi fug­gire colomba... (Cerca la parte in tasca, la trova) Non mi fuggire, colomba... Arrestati!... Vedi ai tuoi ginocchi il più fervente degli innamorati.

Martha                        - (recitando) Indietro, signore... La vostra spada è lorda di sangue...

Steve                           - (id.) Ah!... del mio rivale... Macché importa? Io passo su tutti gli ostacoli, pur di arrivare alla mèta...

Martha                        - (cadendo in ginocchio) Pietà, cavaliere... Volete uccidere me pure, come il mio povero Ottavio?

Steve                           - (id.) Uccidervi?... Oh!... Rialzatevi, mia bella contessina...

Maschourian               -  Aiutala  a  rialzarsi...

Steve                           - (recitato) Rialzatevi, mia leggiadra contessi­na... Mi piaci... Le tue labbra... (Si interrompe) Ma­schourian,  c'è una battuta  troppo forte.

Maschourian               - Quale?

Steve                           - (leggendo) Le tue labbra procaci sono un volut­tuoso   frutto  che io  voglio   mordere.

Maschourian               - E ti par forte?...

Steve                           - Non mi pare di buon gusto. La censura la toglierà.

Maschourian               - Va là, va là!... Tu cerca di dirle me­glio che puoi e vedrai che fanno un effettone... Avanti, su...

Steve                           - (recitando senza convinzione) Mi piaci... Le tue labbra procaci sono un voluttuoso frutto che io vor­rei mordere...

Martha                        - (id.) Lasciatemi... (Parlato) Ma se non mi tiene, come faccio a dir lasciatemi?

Maschourian               - Naturalmente. (A Steve) Tu devi ab­bracciarla. Baciarla. Dirle la battuta, viso contro viso... E poi con più foga, con più desiderio... Questa è una scena che deve far palpitare... Su, vediamo...  Baciala...

(Una pausa penosa. Contrariamente all'aspettativa dei presenti Steve, inceppato in ogni slancio, non riesce a ba­ciare Martha che sulla fronte).

Maschourian               - Ma no... Così fai ridere... Ma ti pare Casanova, questo?

Steve                           - Non mi piace la situazione. È inutile!

Maschourian               - Beh, vai avanti ora. Poi si vedrà. Su, Martha.

Martha                        - (recitando) Lasciatemi, mi fate orrore...

Maschourian               - E qui le strappi il corpetto...

Steve                           - Le strappo il corpetto?

Maschourian               - Sì, in modo da denudarle la spalla e parte  del seno.

Steve                           - Oh!

Maschourian               - (rifacendolo) Oh!... Non si è mai visto in cinematografo? Caso mai chi si può lamentare è lei. (Indica Martha).

Steve                           - (molto nervoso) Beh, avanti... E poi che suc­cede?

Maschourian               - Lei sviene, tu ti precipiti su di lei pazzo di desiderio... E la scena finisce. « Fondu ». Vi­sione della laguna  con la luna  su  S. Marco.

Steve                           - (sarcastico) Originalissimo. Spero che ci farai passare anche una gondola.

Maschourian               - Originale o no, al pubblico certe cose piacciono sempre. Tu, piuttosto cerca di metterci più animo... Sei freddo, oggi... Slavato... Non convinci... Scusa, lo  dico  nell'interesse  comune.  Avanti,  su...  su...

Martha                        - (recitando) Oh, lasciatemi... è orribile... Lasciatemi...

 Maschourian              - Avanti... qui le strappi il vestito... (Steve eseguisce).

Martha                        - (cadendo svenuta sul divano) Oh!,..

Maschourian               - Su, azione... Pazzo di desiderio ti precipiti su  di lei...  Su!

Steve                           - (forte, quasi con un urlo) No!  (Stupore di tutti).

Maschourian               - Ma che ti piglia?

Steve                           - No... È grottesco, è ripugnante!... Non farò mai questa scena... Non voglio! Avete capito? Non vo­glio! (E casca a sedere).

(Un  piccolo  silenzio).

Maschourian               - (dopo essersi consultato con un'occhiaia con Bergwyn) Beh, sospendiamo per dieci minuti... (Verso gli operai) Via le luci... Dieci minuti di ri­poso...

Bergwyn                     - (a Sandy) Ma che cos'ha?

Sandy                         - (che si morde un labbro) Sarà stanco... Non saprei...

Martha                        - (a miss Pocket) Mi dispiace di avervi fatto assistere a...

Miss Pocket                - Prego. Anzi mi ha interessato...

Martha                        - Sapete, tutti gli artisti sono molto nervosi...

Miss Pocket                - E poi... si capisce... con l'andare degli  anni...

Martha                        - No, non questo... Steve Markestone è an­cora...

Miss Pocket                - Capisco... Siete molto carina.

Bergwyn                     - (avvicinandosi a loro) Sarà meglio la­sciarlo solo... Nervi... nervi... (Si allontanano).

Maschourian               - (si avvicina a Steve, gli batte sulla spal­la) Su, su, Steve... Lo so, sei stanco... Eh, è una brutta vita... Riposati, eh?... Poi vedrai che andrà tutto benone. Noi ci dimentichiamo troppo spesso che tu non sei più un ragazzo, l'orziamo un po' i tempi... Colpa tua! Li porti così bene... Ora, stai tranquillo... e vedrai che andrà benone... Ciao, eh!... (Ed esce).

Sandy                         - (si avvicina a Steve, affettuoso) Vecchio mio...

Steve                           - Va' all'inferno!... (Sandy scappa via spaventato. Un silenzio. Steve si alza, ha un sospiro di tedio che somiglia a un ringhio, trova su di un tavolo il proprio spadino. Lo afferra e batte un'irosa piattonata sul divano; poi piglia a passeggiare nervosamente in lungo e in largo, mormorando tra i denti) Gli anni... Gli anni non c'entrano!... Imbecilli! Appena possono: « È vecchio! »... vecchio!... (Sghignazza rabbioso) Vecchio!... (Si ferma davanti a uno specchio che adorna la scena del film e si guarda con sempre mag­giore attenzione) Vecchio!!... (Abbozza una espressione d'amore, poi una risata, poi una smorfia di dolore e ogni volta si scruta nella specchio scoprendovi con di­sappunto nuove rughe; borbotta senza convinzione) C'è la luce falsa... (E passa ad osservarsi la figura di pro­filo, di tre quarti... Si allunga in un « a fondo ». Pi­roetta... Balza in piedi sul divano... Ma un dolore im­provviso all'anca lo fa fermare bruscamente strofinandosi con una smorfia il lato dolente. Si siede con una certa difficoltà).

Poppi"                         - (entra con un bicchiere su di un vassoio) Vuoi bere, Steve Markestone?...

 

Steve                           - (sorride) Grazie!... Poppy, se tu avessi una figlia che ti desse fastidio, che cosa faresti?

Poppy                         - (con un gesto espressivo) Sculaccioni!...

Steve                           - No, ma... una figlia grande!

Poppy                         - Grandi... sculaccioni. Noi diciamo: figlia de­ve rispettare madre. Nostra figlia non rispetta? Nostra figlia deve essere castigata.

Steve                           - È un'idea. Ma perché parli sempre di te col plurale come i sovrani?

Poppy                         - Noi parliamo con plurale?  Chi è?

Steve                           - Non ci badare. (Sorridendo) Poppy... voglio darti un bacio...

Poppy                         - (allarmata) Cosa?

Steve                           - (c. s.) Non spaventarti. È perché ti sono grato. Mi hai suggerito qualcosa che mi ha fatto piacere. Tieni. Le tue labbra procaci sono un frutto voluttuoso che vor­rei mordere. (La bacia).

Sandy                         - (che entra in  quel punto)  Disturbo?

Poppy                         - (vergognosa, scappando) Oh, signor Dust!... (Esce).

Sandy                         - (a Steve) Passati i nervi?

Steve                           - Mah!... Vedremo. Martha è di là?

Sandy                         - Credo. Vuoi riprendere il lavoro?

Steve                           - Prima vorrei parlare a Martha.

Sandy                         - (sorpreso) Ah?... Beh, te la chiamo.

Steve                           - Bravo. (Sandy esce per un momento. Steve mormora fra sé) Sculaccioni?... Eh, magari. Staremo a vedere.

(Sandy rientra accompagnato da Martha).

Martha                        - (a Steve) Sandy mi ha detto...

Steve                           - Che volevo parlarti. Sì, è esatto.

Martha                        - (fredda) A che cosa debbo l'onore? Sa­rebbe la prima volta che parliamo fra noi da... da quel giorno.

Steve                           - Già! Ho pensato che è meglio parlarci a cuore aperto.

Martha                        - La parola « cuore » mi sorprende.

Steve                           - Lascia stare l'ironia. Non è il caso.

Sandy                         - Se sono  di troppo...

Steve                           - Tutt'altro. Sei il solo che sa come stanno le cose tra me e lei. E per di più sei tu che tratti i nostri affari. Dunque...

Martha                        - Ah, volevo ben dire che non c'entrassero gli affari...

Steve                           - (più secco) Ti ho detto di smetter con l'ironia.

Martha                        - Se intanto potessi sapere che cosa si vuole da me...

Steve                           - Hai paura di darmi del tu?

Martha                        - Non sapevo se la cosa fosse gradita.

Steve                           - (autoritario) Ho parlato al muro? T'ho detto di smetterla.

Martha                        - (alza le spalle, poi) Beh, avanti. Che c'è?

Steve                           - Martha... (Si concentra un attimo, poi) Mar­tha... tu sei venuta da me per dirmi che eri mia figlia...

Martha                        - (sussultando) Adagio... Per amor di Dio. Se qualcuno   sentisse...

Steve                           - ... Fra poco saprai che per me ciò non ha importanza.

Sandy                         - Ma sei matto?... Non è questo il momento...

Steve                           - (energico) Sta' zitto. E lascia parlare me. (A Martha) Dunque, sei venuta a dirmi che eri mia figlia... e ti sei sorpresa, offesa, addolorata nel constatare che io non avevo per te quello slancio di affetto che tu forse aspettavi. Ma non ti sei detta che se anche tu mi davi le prove materiali dei nostri rapporti... mi mancavano delle prove per così dire morali... Eh, sì, cara!! Quando eri piccola, eri poco più d'una deliziosa bestiolina, come tutti i bimbi. Non sono le tue moine di allora che pos­sono provare oggi, dopo venti anni, che tu mi vuoi bene davvero.

Martha                        - E che cosa avrei dovuto fare, secondo te?

Steve                           - Appena ti sei ripresentata a me, non so... Ma c'è oggi qualche cosa che puoi fare.

Martha                        - Ah?

Steve                           - Sì. (Un piccolo silenzio) Non capisci?... La prova di  oggi non ti ha detto niente.

Martha                        - Eri stanco?

Steve                           - (secco) No. (Più dolce) Vedi cara... Che tu sia qui mi turba... mi toglie la serenità... mi inceppa nel mio lavoro... È un brutto ambiente, Martha... Troppi pe­ricoli per una ragazza...

Martha                        - Non preoccuparti. So badare a me stessa...

Steve                           - Ma non è questo soltanto... è tutto un com­plesso di cose... Quando dobbiamo recitare insieme, per esempio... Non posso!... È più forte di me, non posso... Dirti parole d'amore, abbracciarti, baciarti... È una fin­zione, sì, lo so... Ma... anche fingere... Il primo film che abbiamo fatto insieme... mi son forzato... e poi si trattava di un altro genere di scene... di un altro genere d'amore... Ora, in questo « Casanova » che proprio a le io debba... Insomma, non posso... Non ci riesco. Mi ca­pisci?

Martha                        - Sì, capisco benissimo. Anche a me, sai, fa un'impressione strana... quasi penosa. E... guarda: se non pensassi che ormai è questa la mia vita, forse mi ribellerei. Ma d'altra parte non vedo come si possa rimediare.

Steve                           - Non vedi? Mi sembra che la cosa sia chiara...

Martha                        - No, scusa, non mi sembra.

Steve                           - Basterebbe che tu rifiutassi questa parte.

Martha                        - No, non puoi chiedermi questo. Lo sai be­nissimo. Rinunziare a questo film? Ma vorrebbe dire che non sono riuscita, e perderei un'occasione unica nella mia  carriera.

Steve                           - È della mia carriera, non della tua che si tratta. Puoi ben fare qualche cosa per me. Dimentichi che quel poco  che  sei  lo  devi a me!  ?

Martha                        - A te?... (Ride, amara) No, scusa. Non mi sembra di doverti niente... a te! Non hai fatto niente per me, tu!

Steve                           - Ah sì? E non pensi che se sei riuscita, se sei intelligente, se sei brava è perché io li ho fatta così... Io, tuo padre!

Martha                        - No, non lo penso. Tu non credi alla voce del sangue, l'hai detto tu. E io non credo all'ereditarietà. Sei mio padre, sì? Ma tutto quello che hai saputo fare è di respingermi  quando t'ho  chiesto asilo...

Steve                           - Non ti ho rifiutato asilo. Io ti ho detto... E poi ti dissi anche perché...

Martha                        - Appunto: la medesima ragione per cui oggi ti dico  di no, io.

Steve                           - (che freme) Dunque, rifiuti?

Martha                        - Mi dispiace, ma rifiuto. Capiscimi. Mi chiedi troppo. Lo so, lo so! per te recitare questa parte accanto a me è uno sforzo troppo grande. Ma se vera­mente credi che la presenza di uno di noi due sia im­possibile... se veramente credi che uno di noi due debba cedere il posto all'altro... pensa che qui si tratta del mio avvenire. Un avvenire che può essere radioso, come è stata... come è la tua carriera. Pensa che io sono gio­vane, mentre...

Steve                           - Mentre io sono vecchio, ormai? Ma si! Dillo... ditelo chiaro. Sono vecchio... Sono tramontato, finito! Ah, come sapete buttarla bene sul viso voi giovani que­sta parola!... Vecchio... come uno schiaffo!... Come se fosse il vostro trionfo!... (Cattivo) Ma credete proprio che sia merito vostro?... A voi non costa niente, vero, dire: « Quello li è vecchio! ». Niente vi costa... Che cosa costa a uno che la natura ha fatto diritto di dare del gobbo a un gobbo? Niente. Anzi, fa ridere, no?... Oh, come fa ridere vedere noi vecchi aggrapparci alla giovinezza che vuol lasciarci... Vero?... Come siamo ri­dicoli a voler lottare, vero?... A tingerci i capelli, a farci i massaggi... a metterci le ventriere... Ah, come siamo buffi!... (Brusco, quasi bieco) Ma siete voi gli imbecilli... voi, che non capite la vostra ricchezza... che non capite la vostra fortuna... Che non capite che le vo­stre fotografie di oggi... giovani, fiorenti, belli... saranno la vostra condanna di qui a vent'anni quando le paragonerete alla triste immagine che vi rifletterà allora uno specchio senza pietà... Perché anche i tuoi capelli diven­teranno grigi... anche le tue gote si afflosceranno... an­che il tuo sorriso si avvizzirà... e anche tu, un giorno, penserai con sgomento agli anni trascorsi e con terrore a quelli che ti resteranno... E allora anche tu, sai, anche tu, soffrirai... e sconterai con la disperazione il tuo pec­cato d'orgoglio d'oggi. Anche tu, sai! Anche tu! Sandy        - (quasi spaventato) Steve... Ma è tua figlia!

Martha                        - Lasciate, Sandy... Non mi spavento. (A Steve) E va bene!  Invecchierò, mi avvizzirò, mi spe­gnerò anch'io... come tutti, se è questo che ti può con­solare. Ma appunto per questo non puoi farmi rinunziare oggi alla gioia di sbocciare, di splendere, di essere più che giovane... di essere una stella...

Steve                           - Una stella! Ti sei aggrappata a me per sa­lire!... Ti sei servita della mia luce per brillare!... E cosa credi? di brillare quanto me? più di me? Stupida!... Stupida bambina! Piccola stupida bambina! Senza di me tu non sei più niente, capisci?... Più niente! (Entrano Bergwyn e Maschourian) Giusto voi...

Bergwyn                     - Cosa c'è?... Ma non ti sei riposato...

Steve                           - Non c'entra  il riposo.   Si   tratta    di   altro, adesso...

Sandy                         - Non dategli retta... Lo vedete in che stato è...

Steve                           - E tu sta' zitto perdio!... (E vedendo che Mar­tha sta per intervenire) E anche te!  Ora parlo io...

Maschourian               - Tu non stai bene, Steve... Non devi affaticarti.

Steve                           - (cercando dì apparire calmo) Macché!... Sto  benone. Sono   calmissimo.  Ed  è  con  la massima  calma che dico  a  te  (a Bergwyn) e a te  (Maschourian)  che se volete  girare « Casanova »    con   me...    dovete   mandare via lei.

Bergwyn                     - Che cosa?... Ma sei matto?

Steve                           - Niente affatto. So quello che dico. Il film s'è cominciato  a  girare ieri. Lei non ha  « girato »  che un centinaio di  metri. Siete ancora  in  tempo  a  sostituirla.

Maschourian               - Ma non è possibile.

Steve                           - Allora me ne vado io. Buon giorno, signori. Sandy vi liquiderà la penale... (E fa per andarsene).

Bergwyn                     - Te l'ho già detto prima... Questi sono ca­pricci.

Steve                           - Capricci o non capricci è così.

Bergwyn                     - Sandy, è una cosa idiota... Diteglielo an­che voi...

Steve                           - Sandy non c'entra. Sono disposto a pagare 'a penale fino all'ultimo centesimo. Ma io con lei non la­voro.

Bergwyn                     - Ma testardo che sei! « Casanova » è un film che ci sta a cuore. Il nome della Yvansky ci oc­corre... È una garanzia per il lancio...

Steve                           - (scattando) Ma perché esitate tanto? Io non cedo, non cedo, non cedo! 0 via lei o via io!... Avete capito?  Se lei resta, io me ne vado. Avete  capito?

Bergwyn                     - (dopo un silenzio) E va bene. Fai come credi, Rollo. Sei tu che lo vuoi!

(Una pausa. Martha abbassa gli occhi. Sandy si caccia in bocca un sigaro rabbiosamente. Maschourian si de­dica con attenzione a studiare il disegno della stoffa d'una tenda. Bergwyn si morde un labbro. Steve è pallido, li guarda tutti uno per uno. Per ultimo guarda Martha che spiegazza un fazzoletto; stringe i pugni e con voce roca):

Steve                           - Ah... È  così?...

Bergwyn                     - (sincero) Non te l'avrei detto così bru­talmente, Steve. Ma anche in consiglio di direzione si era parlato... Tu sei ancora un grande attore, senza dub­bio, ma...

Martha                        - (con uno sforzo) Signor Bergwyn... penso che forse Steve Markestone ha ragione... E non voglio essere io a...

Steve                           - (con una specie di urlo) No!... Me ne vado io. (Per un momento sembra aver ricevuto una mazzata sul capo. Tentenna).

Sandy                         - (gli corre accanto e con voce smorzata) Mio caro Steve...

Steve                           - (gli si afferra a un braccio, gli getta uno stanco sorriso affettuoso, poi si passa la mano libera sulla fac­cia, lasciando uno strano solco sul trucco rossastro che gli deforma il viso. Si guarda la mano sporca di bel­letto, improvvisamente si strappa la parrucca e la getta in terra, sprezzante. Ha una specie di riso silenzioso, amarissimo. Si guarda in giro... Guarda le sue scene... Accarezza un riflettore... Si avvia. Martha, istintivamente si avanza dì, un passo. Steve la fissa, gelido. Martha china gli occhi pieni di lacrime. E Steve dice con voce che si sforza di rendere squillante) Hallo tutti quanti... (Ed esce con  Sandy, mentre   cala  la  tela).

Fine del secondo atto

ATTO TERZO

L'ufficio di Sandy Dust. Due finestrelle nella parete di fondo, con le vetrate a ghigliottina. Fra le due finestre un armadio a muro. Nella parete di sinistra, due porte foderate di verde e borchiate d'ottone. Perpendicolar­mente alla ribalta, una ringhiera di legno divide la sce­na in due parti disuguali; la ringhiera si appoggia al muro di fondo, dopo la prima finestra. Nella ringhiera si apre un cancelletto ed è attraverso di esso che si ha ac­cesso nel vero e proprio ufficio di Sandy, il quale è costi­tuito da un'amplissima scrivania e da tre o quattro pol­trone. Ai muri, molte fotografie con dedica e un grande cartellone raffigurante un coniglio caricaturale con la scritta: « Rollo the Rabbit ». Si tratta evidentemente di un eroe da cartoni animati.

 (All'alzarsi della tela, Sandy è in maniche di camicia, seduto su una poltrona dietro la scrivania coi piedi sulla medesima. Mae Dusmond, più bionda, più truccata e più eccentrica di sempre, è seduta su di un angolo di essa. Su di una seggiola, buono buono, per benino, è seduto un giovanottino biondo, elegante, roseo, dall'aspetto non eccessivamente intelligente, ma, in compenso, tipica­mente yankee).

Mae                             - Andiamo, Sandy... Un buon movimento!

Sandy                         - Non è possibile. Con tutte le migliori inten­zioni della terra, non potrebbe che essere un movimento cattivo.

Mae                             - Cinquecento dollari alla settimana vi paiono insufficienti?

Sandy                         - Sono una somma che intenerirebbe una tigre, bellezza mia.

Mae                             - E  dunque.

Sandy                         - Cosa volete che vi dica? Si vede che io ho il cuore più duro  di quello d'una tigre.

Mae                             - Siete odioso. (Al giovanottino) Vero Jimmy? Diglielo anche tu. È odioso. (Il giovanottino non si com­promette,  abbozza un sorrisetto vago e tace).

Sandy                         - Come ve lo debbo dire che l'affare non m'in­teressa?

Mae                             - Ma perché, antipatica creatura? Voi siete uno dei più reputati manager di divi cinematografici. Io vi vengo a proporre di diventare il manager mio. Ho com­prato gli stabilimenti della « Wonder Film », vi si sta preparando la più sontuosa cine-rivista che mai sia stata fatta ad Hollywood. Vi offro duemila dollari al mese. Il nome di Jimmy vi attesta la più scrupolosa serietà dell'affare dal punto di vista finanziario. (Al giovanot­tino) Vero Jimmy, tesoro bello? (A Sandy) L'ho portato qui per questo. (Proseguendo) E mi venite a dire che la cosa non vi interessa. Ma  che  cosa  chiedete di più?

Sandy                         - Mio affascinante pericolo biondo, vi faccio notare che io non vi chiedo niente; siete voi che chie­dete qualche cosa a me.

Mae                             - E  dovrebbe farvi  piacere,   diamine.    È    una prova della stima che ho per voi. (Al giovanottino) Vero Jimmy, tesoro caro? Non ho detto subito che ci voleva Sandy Dust?

Sandy                         - Io ve ne sono riconoscentissimo, ma non ac­cetto.

Mae                             - E io voglio sapere il perché.

Sandy                         - Oh, sentite, è da un'ora che insistete e che io   rifiuto!   Potreste  averlo   già   capito   il  perché!

Mae                             - E invece no, non l'ho capito. E non l'ha ca­pito neanche Jimmy. (Al giovanottino) Vero Jimmy, te­sorone, che non l'hai capito? (A Sandy) E se non l'ha capito neanche lui, che è un uomo intelligente... No, perché io lo so... Voi, perché lo vedete così biondino e ben educato, pensate che sia stupido. Invece no. È molto intelligente e molto colto... Figuratevi che ha stu­diato a Oxford, in Europa... E che suo padre, quando è morto, lo ha lasciato alla testa della più grande fab­brica di « Chewing-Gum » (pr. Ciùingom) d'America. Dunque, pensate un po' se non è un uomo intelligente. E con tutto ciò non vi ha capito... E non vi ho capito neanch'io. Se è per farvi pregare...

Sandy                         - (che non ne può più, togliendo i piedi dallo scrittoio) Allora ve lo dico chiaro. L'affare non mi interessa perché ci siete di mezzo voi. Perché voi siete una matta senza testa e una mediocrissima attrice, e io non mi occupo che di affari seri. Ecco. È chiaro adesso?

Mae                             - (che è rimasta a bocca aperta) Jimmy, hai sen­tito, tesoro mio? (A Sandy, furiosa) Villano! Villan­zone!

Sandy                         - (andando  ad  aprire il  cancelletto, impassibile) Si esce da  questa parte.

Mae                             - (nell'ira si rivela la donnicciuola che è) Ma guarda che arie!... Chissà cosa crede di essere! Perché ha avuto la fortuna di far da manager a Steve Markestone, crede di aver fatto tutto lui!... Si è visto il bel successo della vostra Martha Yvansky... Neanche sei mesi è durata... E vi siete ridotto ai cartoni animati... Ecco che cosa avete saputo fare!... Le pagliacciate di uno sgorbio, quelle sì che fan per voi!... Pagliaccio presun­tuoso e maleducato  che non siete altro!

Sandy                         - (come se non l'avesse neppure udita, stringendo con molta effusione la mano del giovanottino intontito) Arrivederci, e molto lieto d'aver fatto la vostra per­ sonale conoscenza.

Mae                             - (fuori della grazia di Dio) Villanzone... (Strap­pando il giovanottino alla stretta di mano di Sandy e trascinandoselo via) Vieni, vieni Jimmy, tesoro, non ti compromettere... (E corre come una furia verso la porta sulla quale, però sbatte con Poppy che entra) E guardate dove mettete i piedi... (Vede che è una negra e strilla a Sandy) Una sporca negra, ecco quello che fa per voi! (E con un ultimo strattone al giovanottino sempre più intontito) Vieni, Jimmy, angelo... Vieni... (E spari­scono) .

Poppy                         - (che è rimasta interdetta per un attimo, ora sbotta) Sporca negra!... Il Divino Redentore mi pro­tegga!... (E quasi starebbe per andarle dietro se)

Sandy                         - (aggrappandosi a lei) Stai buona, Poppy... Cuccia!  Cuccia!

Poppy                         - (poco persuasa) Chi è quella piccola donna «attiva ?

Sandy                         - Vecchie conoscenze, mia paffuta Venere tro­picale...  Miss  Mae  Desmond...

Poppy                         -  Quella  di  padrone?

Sandy                         -   Quella!

Poppy                         - (inviperita) E ci dà di sporca negra?... È più sporca nostra faccia nera o sua faccia tinta di tutti i colori ?!

Sandy                         - Lascia andare. Gliene ho dette io quattro. Già, mi è sempre stata antipatica... Ma da quando si è comportata con Steve in quel modo... Canaglietta! Ap­pena seppe che aveva lasciato Bergwyn... Neanche più con un rigo si fece viva... Proprio quando avrebbe po­tuto far qualcosa per lui... (Si appoggia alla spalla di Poppy) Eh, cara la mia Poppy, se non ci fossimo Stati noi due... il nostro Steve avrebbe fatto qualche sciocchezza!

Poppy                         - (commossa) Vero! Povero padrone... Quando noi sentivamo che nella notte non dormiva e Camminava su giù, su giù per camera... e nella mattina trovavamo con grandi occhiaie... Noi eravamo molto tristi. Ma la mattina che noi volevamo fare massaggio a sua pancia, e lui disse non importava più... Quello fu un grosso colpo!... Eravamo così fiere di lui... Quando vedevamo in cinematografo e sentivamo ragazze sospirare: « Che uomo! »... noi sempre ci stringevamo mani per compli­mento...

Sandy                         - Un gran bell'attore, Poppy!

Poppy                         - Un gran buono padrone, signor Dust... (D'im­provviso, felice) È  tornato!

Sandy                         - Chi?

Poppy                         - Signor Markestone... Padrone!

Sandy                         - Quando?

Poppy                         - Questa notte. È sceso Hotel Roosevelt. E su­bito ci ha fatto avvertire... Nostro nipote è facchino d'Hotel Roosevelt.

Sandy                         - E tu me lo dici soltanto adesso! (Afferrando la giacca) Corro  da lui...

Poppy                         - No. Viene lui qui. Ci ha detto lui poco fa. Noi lo abbiamo già visto. (Con orgoglio) Alle otto que­sta mattina noi eravamo già in Hotel.

Sandy                         - Perché non mi hai avvertito subito ieri sera, appena l'hai saputo!... (Senza rancore) Hai voluto far bella figura tu sola, eh, cioccolata al latte!

Poppy                         - No, signor Dust. Noi abbiamo telefonato qui...   anche   in   casa  vostra... Nessuno  ha   risposto...

Sandy                         - Ero fuori a pranzo... Accidenti, se sapevo!... Beh, come  sta,  come sta  il mio vecchio  Rollo?

Poppy                         - Non è malato, ma... non mi piace...

Sandy                         - ( preoccupato) Perché ?

Poppy                         - Non sappiamo dire... Ma non è più Rollo...

Sandy                         - È  giù?

Poppy                         - (ha un cenno d'assenso, poi, come confidasse un triste segreto) Ha bianco  nei  capelli!

Sandy                         - (che se l'aspettava) Eh, già... S'è lasciato an­dare... Me lo figuravo! (Altro tono) Ma dove è stato tutto  questo  tempo, che non s'è fatto vivo?

Poppy                         - Sul Gran Canon... In albergo solitario... fra indiani...

Sandy                         - Per più di un anno?

Poppy                         - No. Poi anche caccia in Oregon...

Sandy                         - Nientemeno. E non poteva scrivere un rigo?... (Poppy allarga le braccia) ... Di'..., t'ha chiesto niente?

Poppy                         - Lui non chiesto, noi non detto.

Sandy                         - Neanche...  di  Martha?

Poppy                         - Non parlato. Noi nemmeno.

Sandy                         - Ma  t'è  parso che sapesse?...

Poppy                         - (sincera) Signor Dust, noi dobbiamo dire ve­rità.

Sandy                         - Sì, sì... e allora?

Poppy                         - (proseguendo) Noi non siamo molto intel­ligenti e non abbiamo capito niente se padrone sì o non sa o che cosa sa. Voi perdonate?

Sandy                         - Ma sì, cara vecchia mia!...

Poppy                         - È venuto a prendere quella roba di lui che voi avete e poi... andarsene in Europa.

Sandy                         - Olà!

Poppy                         - Io detto se voleva andassimo lui con noi. Ma lui detto no. (Triste) Non ci vuole! Ha detto: « Tu sei Hollywood; io vado in Europa per aver più niente fare con te »... Ma noi non abbiamo capito bene che cosa voleva dire... solo capito che non ci vuole più...

Sandy                         - Non te la prendere, Poppy... È meglio così per lui... Soltanto... Io penso a Martha... Povera fi­gliola...

Poppy                         - Volete andiamo dirle padrone arrivato?

Sandy                         - No... Sarà opportuno che prima io parli a Rollo... Non vorrei che Martha... Non si sa mai... E francamente non si meriterebbe anche questo... Ieri non stava bene...

Poppy                         - Sappiamo. Siamo state da lei tutto pome­riggio.

Sandy                         - Ah?

Poppy                         - (con l'aria di scusarsi) Lei era a letto... Non c'era nessuno... (Con un sorriso) E lui così prepotente!... Allora noi pensato meglio rimanere... (Subito) Ma non dite padrone... Già, non ci vuole più... Forse ci odie-rebbe... Ma noi non potevamo lasciare lei sola con lui...

Sandy                         - Sei un gran buon pezzo di cioccolata al latte, Poppy!... (E da una porta di sinistra entra Steve. Ha le tempie brizzolate, il viso pallido e segnato, l'aspetto me­no curato, l'aria meno gioviale. È insomma tutto un altro Steve, diversissimo da quello del primo atto che dice).

Steve                           - (in tono minore) Hallo tutti quanti!...

Sandy                         - (precipitandoglisi incontro) Steve... Caro Steve!... (Lo abbraccia).

Steve                           - (che vuol celare la propria commozione dietro un'aria burbera e scontenta) Addio, vecchia scatola di chiacchiere...

Sandy                         - Oh, come son contento di rivederti... Il mio Steve... Vieni  qui...  siediti...   Prenditi  un  sigaro...

Steve                           - (sedendosi, scorge Poppy e brusco) Cosa fai tu  qui?

Poppy                         - Eravamo venute...

Steve                           - (sempre brusco) A fare l'avanguardia, vero?... Ad avvertire le autorità... A dire a Sandy... « L'ho tro­vato così e così... Dice così e così... Bisogna dirgli così e così... »

Sandy                         - (un po' sorpreso del tono) Ma no, caro... Sapeva come mi avrebbe fatto piacere rivederti ed è «orsa ad avvertirmi... Dunque... Come stai?

Steve                           - Benone. Sto benone. Sto benissimo. (A Poppy, duro) Capito?  Sto benone.

Sandy                         - (c. s.) Meglio così.

Steve                           - No, perché mi figuro che t'avrà detto che mi ha trovato  giù... che le son  sembrato...

Sandy                         - Ma no. Non mi ha detto niente...

Steve                           - (interdetto) Ah... (Più dolce) Siccome stamattina s’era  messa a  piangere...

Poppy                         - Per gioia, padrone!...  Per gioia!

Steve                           - (un mugolo vago, poi, stizzito, più con se stesso che con lei) E poi non sono più il tuo pa­drone... Chiamami signor Markestone...

Poppy                         - (mogia mogia) Per noi sarai sempre nostro padrone.

Steve                           - Ridicolaggini. Non siamo più ai tempi della capanna dello zio Tom. Io non ti pago più il salario, non ho più la mia villa. Che mi vieni a raccontare di padrone e non padrone! Tanto... basta... È finita... Se speri che ti riprenda con me. No! Me ne vado in Europa e tanti saluti.

Poppy                         - (seria, triste) Anche di qui a trenta anni, sarai sempre nostro padrone. Noi non sappiamo che co­sa ti abbiamo fatto... Tu volevi bene un tempo alla grossa nera Poppy. E Poppy voleva molto bene a te. Non per salario... Se vuoi anche adesso, stiamo con te senza danaro... Perché sei il padrone... Perché sei gran­de Rollo.

Steve                           - (energico) Sono il signor Markestone! Rollo... (E alza le spalle con una smorfia come per dire che non c'è più. Poi dolcemente, a Poppy) E tu... scusami... so­no... insomma, scusami... (Le sorride) Matto son sem­pre stato, no?... Ti ricordi il sugo di pomodoro col li­mone?...

Poppy                         - ( pronta a servirlo) Vuoi ancora?... Possiamo farlo.

Steve                           - Per amor di Dio! (E subito con un po' di amarezza) Tanto ormai, grazie al cielo, (e si batte sul ventre)   ... me ne  infischio!

Sandy                         - Ma cosa mi ha detto Poppy? Che sei stato nell'Oregon?

Steve                           - Sì... già... fra i cacciatori di pellicce... Ho cacciato anch'io... Strana gente, lassù... Interessante... Volevo arrivare fino in Alaska... Mi ha spaventato il freddo!

Sandy                         -  E ora?... Vuoi andartene  in  Europa?

Steve                           - Sì. In fondo, ci son nato. È anche logico che ci  muoia, no?

Poppy                         - (spaventata) I santi padri del cielo lo pro­teggano...

Steve                           - Poppy cara... Non te ne aver per male... Do­vresti andartene... Tanto io per due o tre giorni mi fer­merò ancora qui... Vieni la mattina in albergo. Va be­ne? Così   ci  lasci  parlare un po'.

Poppy                         - Sì, padrone... Buon giorno, signor Dust. (A Steve) E se per caso ci volesti prima... Josuah, facchino dodicesimo piano è nostro nipote e dorme nostra casa... Puoi dire lui... Noi corriamo subito. Buon giorno, pa­drone. (Si avvia).

Sandy                         - Ah, brava... Passando di fuori, di' a Tom, al fattorino che se ne vada pure. Tanto io non aspetto nessuno... E noi potremo chiacchierare più tranquilli. Ciao, cara. (Poppy via. Un silenzio. Sandy involonta­riamente squadra Steve).

Steve                           - (che si vede osservato, di malumore) Beh, cos'hai da guardarmi? Mi trovi giù?... E sì... È vero. Sono giù. E poi?

Sandy                         - Rollo mio, sei diventato intrattabile. Prima con quella povera Poppy, adesso... Che, dico! Anche se non tratto più i tuoi affari, io sono ancora un tuo amico,  sai?

Steve                           - Il solo!... I soli. Tu e lei. (Indica per dove è uscita Poppy) E la cosa è così strana che non riesco a  persuadermene.

Sandy                         - Non  credi  di esagerare?

Steve                           - (duro) No. No. Ho fatto l'esperienza. Un anno e mezzo... e nessuno si ricorda più di me. Oh, è stata una progressione... sì... Appena smisi e me ne an­dai a Miami in Florida. Tutti i giornali a pubblicar fo­tografie... e a dar notizie... Ma solo quattro mesi dopo andai a una première in un teatro di New York... L'in­domani il cronista mondano scrisse: « Era tra i pre­senti il noto attore cinematografico che certo ricorderete ancora ». Il « noto » attore... che « ricorderete ancora ». ... Dopo quattro mesi!...

Sandy                         - Oh, sai... I giornalisti  di New York...

Steve                           - Sì, sì... Naturalmente. (Riprendendo il rac­conto) Sette mesi fa, all'Hotel El Tovar sul Gran Canon, ero sulla terrazza, quando è sceso in macchina Syd Brown... il regista, sai... Abbiamo chiacchierato... Non m'ha neanche chiesto se avevo intenzione di tornare a lavorare... Niente di male, si capisce. Aveva con sé una donnina... Quando son risaliti in macchina, ho sentito che lei gli ha chiesto: « Chi è quello lì? ». (Più agro) Eh già! le donne! (E ripiglia, sempre più acerbo) A San Francisco so che nel mio stesso Hotel c'è Harry Green, il Consigliere Delegato della « Paragold ». M'an­noiavo. Gli scrivo un biglietto dicendogli se voleva far due chiacchiere. Mi ha risposto che era dolente, ma era occupatissimo. Niente di male, vero? (Cattivo) E vuoi che io non mi sorprenda che voi due vi ricordate an­cora chi sono?

Sandy                         - Ma vuoi mettere Poppy e me con quella gente...

Steve                           - (jeroce) E Maschourian?... Non c'era intimità con Maschourian?... Bene, alla stazione di San Fran­cisco ha fatto finta di non vedermi. Ne sono più che si­curo. Niente di  male  neanche in questo?

Sandy                         - (con un po' di sdegno) Maschourian, eh?... C'era  da   aspettarselo.  Ma  non  per  quello che  credi te.

Steve                           - Fammi il piacere! Partire... Questo sì... Pian­tare questo grottesco paese di celluloide, dove non si è uomini in carne ed ossa, ma si è le ombre che di noi si proiettano sullo schermo. Andarsene in Europa! Al­meno lì, se anche non si ricordano più di me, sono per­donabili. Ecco  perché  me  ne vado.   Aria    nuova,    aria nuova! Tu mi prepari la roba mia che ti avevo lasciato... e tanti saluti a tutti...

Sandy                         - (che non vuol prenderla seriamente) La tua roba... Da quando mi hai incaricato di vendere la tua villa, la roba tua che ho io si riduce al tuo famoso stru­mento... e a  qualche pacco   di autografi...

Steve                           - (alzando le spalle) Gli autografi!... Che li hai tenuti  a   fare ?...

Sandy                         - Credevo ti facesse piacere...

Steve                           - No. Roba  che riguarda quell'altro...

Sandy                         -  Chi?

Steve                           - Rollo, il divo. Tant'è vero che adesso non saprebbero  forse  neanche  più  chi  sono.

Sandy                         - È un po' il destino di voi attori...

Steve                           - Con una differenza... Che il ricordo di un Talma, di un Salvini, di un Bierbom Tree o di una Duse, non lo può sciupare più nessuno... È chiuso nei cuori e nelle memorie di coloro che li hanno ammirati ed amati... Chiuso e inviolabile. Ma noi attori di cine­matografo!... Dopo tre o quattro anni che siamo scom­parsi, un impresario tira fuori un nostro film reso ri­dicolo dalla moda invecchiata, dalla tecnica sorpassata, dalla recitazione superata... e quegli stessi che ci ave­vano ammirato un tempo, adesso vanno a ridere di noi... Neanche la dolcezza dei ricordi altrui ci è concessa!... Soltanto i ricordi nostri, per rendere più amaro il pre­sente... Credi a me, credi a me... Brucia quegli illustri scarabocchi! E a me non dare che il buffo strumento del clown Yvansky... Forse qualcuno, nella vecchia Eu­ropa, si ricorderà ancora di quel pagliaccio e sorriderà al  suo  ricordo.

Sandy                         - (grattandosi la testa pelata, perplesso) Cosa vuoi che ti dica? ... Mi enunci delle cose alle quali non avevo mai pensato... Può darsi che tu abbia ragione. Ma guai a pensarci. Con che coraggio potrei fare il ma­nager delle star?

Steve                           - Oh, giusto. Chi hai ora sotto la tua alta pro­tezione?

Sandy                         - Disegni animati. Mi sono accorto che i pu­pazzi sono in fondo gli artisti che hanno il cervello più a posto. Non vedi? (E accenna  il cartellone).

Steve                           - Rollo il coniglio... Rollo?

Sandy                         - Che vuoi... M'ero abituato ad avere un Rollo di cui occuparmi...

Steve                           - Dove è finito!...

Sandy                         - Non lagnarti. Se non altro, il nome di un personaggio che tu hai reso famoso, è rimasto...

Steve                           - (poco persuaso) Dammi il mio aggeggio, va là...

Sandy                         - (apre l'armadio a muro, ne tira fuori lo stru­mento, glielo porge) Ecco qua... Sarà impolverato, ma...

Steve                           - Non fa niente... (È quasi con tenerezza che egli tiene fra le mani il goffo strumento e lo rigira e lo guarda) Oh, ha la corda rotta?

Sandy                         - Già. Era chiuso lì. Un giorno sentii un « drin »...  S'era rotta la corda.

Steve                           - Poverino!... (Ne tira fuori qualche nota, piz­zicando l'unica corda. Serra una vite. Si mette in posa per suonare).

Sandy                         - (d'un tratto, ma l'ha covata da un po') Di'... e  Martha?

Steve                           - (ridiventando subito cupo) Che cosa?

Sandy                         - Non ne hai saputo più niente?

Steve                           - Niente. (E ripiglia  il suo  armeggio).

Sandy                         - Mi  disse  che ti aveva scritto.

Steve                           - E non ti ha detto che le ho rimandata la sua lettera senza aprirla? (Agro) È comodo, a volte, che il mittente, per timore che la lettera vada smarrita, scriva a tergo della busta il proprio nome. Almeno chi la riceve può fare a meno di leggerla. Non te l'aveva detto?

Sandy                         - Sì, ma...

Steve                           - E allora non fare il finto tonto e non do­mandar cose inutili.

Sandy                         - Volevo dirti...

Steve                           - Non mi interessa. Se vuoi saperlo, non sono più entrato in un cinematografo, non ho più letto una recensione cinematografica per non essere costretto a ri­vedere lei o il suo nome. È celebre, non lo è... Non me  ne   importa   niente.

Sandy                         - Forse se tu sapessi come stanno le cose...

Steve                           - Non voglio saperlo. Non parliamone più... (Altro tono falsamente gaio) Beh... è mezzogiorno e mezzo. Facciamo colazione insieme?...

Sandy                         - Figurati. Mi lasci far la barba?... Cinque mi­nuti... Di là... (Si avvia per una delle due porte di si­nistra) .

Steve                           - Tempo sprecato, Sandy... Tanto resti brutto lo   stesso...

Sandy                         - (da dentro) Brutto va bene... ma almeno in ordine...

Steve                           - (sdraiandosi su di una poltrona) ... Però se tu sapessi che sollievo per me... Non essere più obbli­gato ad azziniarsi, a sorridere anche se non se ne ha voglia, a farsi la barba ogni giorno anche quando brucia la pelle... a non dover più buttar via un paio di scarpe proprio quando finalmente hanno preso la forma del tuo piede... Poter finalmente fare i comodi miei... i più bassi e i più completi comodi miei!... Ah! (E si stira).

Martha                        - (entrando, è tornata ad essere quella del pri­mo atto, semplice come allora, forse un po' meno fresca) Allò, Sandy... Poppy m'ha detto che...

Steve                           - (volgendosi) Ah!

Martha                        - Tu!...

Steve                           - (indifferente) Una congiura, eh!... Tu, Pop­py, Sandy, tutti d'accordo!... E va bene. Avanti, avanti, che  cosa vuoi ancora da me?

Martha                        - (è molto commossa ed umile) Se mai una cosa  sola:  Che tu mi  perdoni.

Steve                           - (beffardo) Molto melodrammatico. Ci vorreb­bero  due lagrime e la scena  sarebbe  commoventissima.

Martha                        - Ti giuro che non sapevo di trovarti qui. Altrimenti non sarei venuta.

Steve                           - (inalberandosi) E perché non saresti venuta? Cosa credi che mi faccia il vederti? Pena?... Rabbia?... No, cara. Non me ne importa niente. Vorresti il mio perdono?... Ma cosa credi di avermi fatto, tu?... Tu?... Non mi hai fatto niente, tu! Non potevi e non puoi farmi niente tu a me! Ricordatelo bene. Sei stata un pretesto... un qualsiasi pretesto... Tu o un'altra era la stessa cosa. È inutile che tu ti sia montata la testa.

Martha                        - (sincera, amara) Oh no... So troppo bene che non c'è di che.

Steve                           - (sarcastico) Oh, quanta modestia!

Martha                        -  Hai  buon   giuoco  a   riderti  di  me. (Con amara derisione) Bella carriera è stata la mia!  Otto mesi e poi... finita!

Steve                           - (sorpreso) Come?

Martha                        - Vuoi  dire  che  non lo  sai?... È quasi un anno che non lavoro più.

Steve                           - No?!

Martha                        - Sì. Non sanno neanche più che io esista...

Steve                           - (con imo scatto di cattiva gioia) Ah, per Dio! Questo mi compensa a usura!... Finita, eh?... Dimenti­cata? Tramontata!... Era questo, eh, l'avvenire tanto ra­dioso che apponevi alla mia fama!... Era questa la bella tempra di artista che pretendeva di scavalcare me!... (Una sghignazzata) Brava!... Complimenti!... Compli­menti!

Martha                        - (senza ribellione) Non vuoi avere nessuna pietà...

Steve                           - Perché tu ne hai avuta?!... Ma come è per te, che io ho dovuto subire... e ora vorresti che ti com­piangessi?... Ma al mio tramonto almeno ho avuto la scusa inesorabile della vecchiaia... E tu? al tuo?... È bastato che me ne andassi io perché si accorgessero che tu non valevi niente.

Martha                        - (con mite fierezza) No. Non è stato  così. Ho dovuto interrompere io il lavoro... Per ragioni mie...

Steve                           - (incredulo) Davvero?

Martha                        - Sì... Non stavo bene. Il lavoro era troppo faticoso...

Steve                           - La nuova generazione! Guadagnare senza fa­tica...

Martha                        - No... (Quasi senza voce) Aspettavo un bam­bino. (Una pausa).

Steve                           - (tra i denti) Ci mancava questo!... (Pausa. Amaro) Era questo che ti attraeva, eh?... La vita del ci­nematografo!   L'arte!... (Sdegnoso)  Vergogna!...

Martha                        - (umile, ma offesa) No... L'amavo... E mi aveva promesso di sposarmi... Non sono come tu credi... Ma ero sola... Più sola che mai dopo che tu... Ero tri­ste, piena di rimorsi... Ti ho scritto... Speravo tanto che... E invece...

Steve                           - Sì, dà la colpa a me, adesso!  

Martha                        - No, no... È colpa mia, lo so. Ma... il mon­do  nuovo... l'ambiente  nuovo...  E lui sempre vicino... sempre più vicino...

Steve                           - Lui, chi?... Si può sapere?

Martha                        - Melvyn Maschourian...

Steve                           - Bel tipo! E hai sposato quell'armeno lì?

Martha                        - (cupa) È andato via... In Russia, l'hanno scritturato laggiù... Non mi ha più scritto. Non so più niente...

Steve                           - (istintivamente) Mascalzone!... (Ma subito) Ti sta bene!... Hai quello che ti meriti...

Martha                        - Forse... Ma il piccolo che colpa ne ha?...

Steve                           - Il piccolo?

Martha                        - Sì...  Ha già tre mesi.

Steve                           - (un silenzio. Poi sibilante) Vergognati!... (Un lungo silenzio) E osi chiedermi di perdonarti!... Tutto m'hai sciupato. Tutto!... Ho una figlia e non mi ha dato che dolori... dolori... e vergogna!.., È tremen­do!... Io non posso pensare a te senza rinnovare una piaga... I primi anni quando tua madre ti portò via... Guardavo la tua fotografia... in cui mi sorridevi con la tua boccuccia di bambola... e mi pareva che mi si spez­zasse il cuore... Ho tanto sofferto che ti ho quasi odiata, per la pena che mi avevi inflitto. Una pena che non puoi sapere... (E poiché Martha lo guarda fra le lacrime come per ricordargli che la stessa pena ora l'ha sofferta lei) No... no... Non puoi saperlo. Perché tu la tua creatura l'hai con te... Tu puoi abbracciarla, stringerla... cercare e ritrovare nelle sue manine la consolazione e il con­forto... Ma io... io... (Non può continuare e per nascon­dere la commozione che lo soffocherebbe ripiglia a in­veire) E quando sei tornata mi hai inflitto una nuova pena. Forse ancora più terribile... È un anno e mezzo che la soffro... Un'umiliazione ogni giorno... Uno scorno ogni ora... Un rancore ogni momento. Mi sento diven­tato cattivo e spietato... Mi sento... ora sì, terribil­mente... finito... e solo come sono... Non puoi sapere! Non puoi sapere! (Vedendosi ancora guardato come prima) No, no, no! Perché tu hai ventotto anni. E perché tu puoi ancora, devi ancora vivere per qualcuno... puoi ancora, devi ancora sperare delle gioie da qual­cuno... da qualcuno che è tuo, che hai fati» tu, che è creatura tua... Ma a me, anche questo è stato negato! Anche  questo!

Martha                        - (con gli occhi pieni di lacrime, ma con molta dolcezza) Perché... papà?

Steve                           - (si interrompe colpito, la guarda, poi alza le spalle sdegnoso) Ma va!... (E si avvicina a una fine­stra del fondo, voltando il dorso al pubblico. Un si­lenzio).

Martha                        - (dopo un sospiro) Hai ragione. Non ti ho fatto che del male. Non puoi perdonarmi. Ti ho fatto troppo male. (E si alza per andarsene).

Steve                           - (improvvisamente) Come si chiama?... Il bambino...

Martha                        - Steve... Steve Markestone... perché porta il mio nome...

Steve                           - Già, (Istintivamente rabbioso) E quell'altro mascalzone... Che ha finto persino di non vedermi... Se l'avessi saputo... (Poi con altro tono, ma sempre brusco) E com'è?... Forte?

Martha                        - È un bel pupo... Biondo, biondo... Con gli occhi celesti... (Con molta soavità) Come te. (Silenzio).

Steve                           - (c. s.) È... sano?

Martha                        - Anche troppo... Ha sempre fame...

Steve                           - E... tu?

Martha                        - Io... sto meno bene... Ho avuto delle feb­bri... E anche per questo non ho potuto più lavorare... E avrei voluto. Anche perché... Ce ne sarebbe stato bi­sogno... Ma...

Steve                           - (quasi indignato) Neanche quell'animale del vecchio Abramo?

Martha                        - (un po' amara) Lui meno che gli altri.

Steve                           - Perché? (Capisce) Bel galantuomo anche quello...

Martha                        - Mah!...

Steve                           - (più dolce) ... E si chiama Steve, eh?...

Martha                        - (con un movimento d'assenso) Si... Ma... io non lo chiamo cosi...

Steve                           - (oscurandosi) Ah!?

Martha                        - (con dolce  malizia) Lo  chiamo Rollo...

Steve                           - (ha un mezzo sorriso) Ah... Non hai una fotografia?

Martha                        - (premurosa, cerca nella borsetta, gliela porge) Si... ecco.

Steve                           - (prendendola) Ah!... (Silenzio).

Sandy                         - (entrando) Ho fatto presto?... (Vede Martha) Oh, Martha... Voi!...

Martha                        - (gli fa cenno di tacere indicando Steve, im­merso nella contemplazione  del ritratto).

Sandy                         - (inarca le sopracciglia, poi interroga con lo sguardo Martha che gli sorride. Allora, con falsa disin­voltura) Sicché, Steve! Andiamo a far colazione? Steve!...

Steve                           - (scuotendosi) Eh?... Colazione?... No. Pri­ma devo andare a trovare Rollo... il piccolo... (E cor­reggendosi, fra il sorriso e la fierezza) ... Rollo il gran­de! (Con un po' di malinconia) Il piccolo, ormai... (Co­me a dire « sono io » poi pigliandosi la figlia a brac­cetto) Vieni, Martha... (E si avviano  mentre)

FINE