Romeo e Giulietta
Traduzione Salvatore Quasimodo
PROLOGO
Entra il CORO
CORO
L'azione si svolge nella bella Verona,
dove fra due famiglie di uguale nobiltà,
per antico .odio nasce una nuova discordia
che sporca di sangue le mani dei cittadini.
Da questi nemici discendono i due amanti,
che, nati sotto contraria stella,
dopo pietose vicende, con la loro
morte, annientarono l'odio di parte.
Le tremende lotte del loro amore,
già segnato dalla morte, l'ira spietata dei genitori,
che ha fine soltanto con la morte dei figli,
ecco quello che la nostra scena vi offrirà in due ore.
Se ascolterete con pazienza, la nostra fatica
cercherà di compensare qualche mancanza. Esce
[I. I]
Entrano SANSONE e GREGORIO,
armati di spade e di scudi, della casa dei Capuleti
SANSONE Sulla mia parola, Gregorio, non mandere-
mo insulti giù nella strozza.
GREGORIO Certo, perché saremmo degli strozzini.
SANSONE Volevo dire che se la collera aumenta tire-
remo fuori la
spada.
GREGORIO Credo che finché sarai vivo, tirerai fuori il
collo dal collare.
SANSONE Io faccio presto a muovere le mani, quando
mi eccito.
GREGORIO Già, ma non ti ecciti facilmente per muove-
re le mani.
SANSONE Basta un cane di casa Montecchi per farmi
eccitare.
GREGORIO Ma eccitarsi significa muoversi, mentre chi
ha coraggio resta fermo; se ti muovi troppo finirai
per scappare.
SANSONE Dico che un cane di quella casa mi ecciterà
a star fermo. Avrò il lato del muro da qualunque
servo, ed anche serva, di casa Montecchi che incon-
trerò.
GREGORIO Ciò dimostra che sei un debole schiavo, per-
ché chi è debole va sempre al muro.
SANSONE Verissimo; e per questo le donne, che sono
i vasi più deboli, sono spinte sempre contro il muro.
Caccerò, dunque, via dal muro i servi del Montecchi
e forzerò al muro le sue serve.
GREGORIO La lite è fra i nostri padroni e fra noi ser-
vitori.
SANSONE Non importa. Voglio fare il tiranno; quando
mi sarò battuto con gli uomini, sarò duro con le ra-
gazze e le sferzerò tutte.
GREGORIO Sferzare le ragazze?
SANSONE Sì, sferzare o sforzare le ragazze. Prendilo
nel senso che vuoi.
GREGORIO Loro devono prenderlo nel senso giusto,
quando lo sentiranno.
SANSONE E lo sentiranno finché potrò tener duro.
Sono un bel pezzo di carne, questo si sa.
GREGORIO Meglio per te: se tu fossi un pesce, saresti
certamente un baccalà. Fuori la spada: ecco qualcu-
no di casa
Montecchi.
Entrano ABRAMO e un altro servo dei Montecchi
SANSONE La mia lama è fuori: su, litiga; io ti starò
alle spalle.
GREGORIO E come? Voltando le spalle e fuggendo?
SANSONE Non aver paura di me.
GREGORIO Ma no, veramente: aver paura di te!
SANSONE Stiamo dalla parte della legge; lascia che
siano loro i primi.
GREGORIO Passando vicino a loro li guarderò di tra-
verso. E la prendano come vogliono.
SANSONE Anzi, come avranno coraggio. Li guarderò
fissi mordendomi il pollice; è un'offesa, se la sop-
portano.
ABRAMO Vi mordete il pollice per noi, signore?
SANSONE Io mi mordo il pollice, signore.
ABRAMO Vi mordete il pollice per noi, signore?
SANSONE [a parte a GREGORIO] La legge è dalla no-
stra parte, se rispondo di sì?
GREGORIO [a parte a SANSONE] No.
SANSONE No, signore; non mi mordo il pollice per
voi. Ma mi mordo il pollice, signore.
GREGORIO Volete litigare, signore?
ABRAMO Litigare, signore? No, signore.
SANSONE Ma se voleste, signore, sono ai vostri ordini.
Io servo un padrone che vale quanto il vostro.
ABRAMO Ma non di più.
SANSONE Dunque, signore?
Entra BENVOLIO
GREGORIO [a parte a SANSONE] Digli che vale di più:
c'è un parente del padrone.
SANSONE Sì, vale più del vostro, signore.
ABRAMO Tu menti.
SANSONE Fuori le spade, se siete uomini. Gregorio,,
ricorda il tuo
colpo da spaccone. Si battono
BENVOLIO Separatevi, sciocchi!
Giù le spade. Non sapete che cosa fate.
Entra TEBALDO
TEBALDO
Come, hai alzato la spada fra questi vili servi?
A me, Benvolio, e guarda in faccia la tua morte.
BENVOLIO
Io cerco di mettere pace; riponi la spada,
o aiutami con essa a separare costoro.
TEBALDO
Come? Con la spada in pugno parli di pace?
Odio questa parola come l'inferno: e così
te e tutti i Montecchi! A te, vile. Si battono
Entrano tre o quattro CITTADINI armati di mazze
CITTADINO Avanti con le mazze, le picche, le partìgia-
ne! Colpiteli! Annientateli! A morte i Capuleti! / A
morte i Montecchi!
Entrano CAPULETI, in veste da camera, e DONNA CA-
PULETI
CAPULETI
Perché questo fracasso? Portatemi la mia grande spa-
DONNA CAPULETI [da, Su!
Una gruccia, una gruccia semmai. Che volete farne
[della spada?
Entrano MONTECCHI e DONNA MONTECCHI
CAPULETI
La mia spada, ho detto. Il vecchio Montecchi
è qui e agita la
spada per sfidarmi.
MONTECCHI
Vile Capuleti! - Non mi tenere; lasciami andare.
DONNA MONTECCHI
Non muoverai un passo contro il nemico.
Entra il Principe DELLA SCALA con il seguito
PRINCIPE
Sudditi ribelli, nemici della pace,
che profanate le spade col rosso del sangue cittadino...
Ah, non mi ascoltate! Dico a voi, belve, non uomini,
che volete spegnere il fuoco della collera impetuosa
nei rossi ruscelli che scorrono dalle vostre vene.
Pena la tortura, gettate le spade dalle mani
piene di sangue e udite la condanna del vostro prin-
È già la terza volta che una rissa civile [cipe.
nasce per colpa vostra da parole d'orgoglio
e di insulto, e che voi, vecchio Capuleti e voi Mon-
turbate la quiete delle nostre strade [tecchi
costringendo perfino i vecchi di Verona
a lasciare i loro abiti severi e a riprendere
con mano tremante le vecchie partigiane
arrugginite nella pace, per dividere voi, arrugginiti
[nell'odio.
Se ancora una volta oserete turbare la nostra città
pagherete con la vita la vostra colpa.
Per oggi, vada. Allontanatevi di qua.
Voi Capuleti seguitemi, e voi Montecchi:
trovatevi stasera nel vecchio castello di Villafranca,
dove udrete la mia sentenza per i fatti avvenuti,
nel luogo di giudizio ordinario. Allontanatevi, ripeto,
pena la morte.
Escono [tutti tranne MONTECCHI, la MOGLIE e BEN-
VOLIO]
MONTECCHI
Chi è stato a
riprendere questa antica lite?
Eravate qui, caro nipote, quando è cominciata?
BENVOLIO
Quando giunsi, i vostri servi e quelli del vostro ne-
erano già in lotta. Io ho cercato [mico
di separarli con la spada, ma proprio allora
è intervenuto il violento Tebaldo, che sibilando paro-
[le di sfida
al mio orecchio ha cominciato ad agitare la spada
intorno al suo capo e a tagliare il vento,
che, incolume, rispondeva coi suoi fischi dì scherno.
Mentre eravamo là e i colpi si seguivano ai colpi,
la folla cresceva sempre più a estendere la mischia.
Poi è arrivato il Principe a dividere le due parti.
DONNA MONTECCHI
E Romeo dov'è? Lo avete visto oggi?
Sono felice che non abbia partecipato a questa rissa,
BENVOLIO
Signora, un'ora prima che il divino sole
apparisse al balcone dell'oriente,
una vaga tristezza mi spinse nel boschetto
che si stende sul fianco di Verona,
e là ho visto Romeo nell'ora mattutina.
Volevo andargli incontro,
ma appena mi vide scomparve nella selva.
Misurai la sua tristezza dalla mia
che cercava conforto dove non c'era;
e stanco di me, della mia noia,
ho seguito cupi pensieri m Ila solitudine,
e volentieri ho lasciato Romeo, che mi fuggiva,
alla sua malinconia.
MONTECCHI
Più volte l'hanno visto là prima dell'alba
a crescere col pianto la rugiada
fresca del mattino, dare nuvole alle nuvole
con profondi sospiri; ma non appena il sole,
che fa lieta ogni cosa, comincia nel lontano
limite d'oriente
ad aprire le buie
cortine al letto dell'Aurora, quel dolente mio figlio
fugge in casa, chiude le finestre alla sua stanza
perché non entri la bella luce del giorno,
e fa notte per sé. E l'oscura tristezza sovrumana
lo farà molto soffrire in solitudine
se non avrà qualcuno che l'aiuti.
BENVOLIO
Mio nobile zio, sapete perché si tormenta?
MONTECCHI
Non lo so; né lo posso sapere da lui.
BENVOLIO
Ma lo avete costretto in qualche modo?
MONTECCHI
Io e molti amici abbiamo provato:
ma egli confida solo a se stesso
i suoi dolori (non so con quanta verità),
ed è così chiuso e segreto che è difficile
scoprire quello che ha dentro, come il germoglio
d'un fiore divorato da un verme odioso
prima di poter aprire nell'aria i teneri petali
e offrire al sole la sua bellezza. Se potessimo
conoscere la causa dei suoi tormenti,
cercheremmo con amore di guarirli.
Entra ROMEO
BENVOLIO
Ecco che viene. Se non vi dispiace
allontanatevi un poco. Saprò ciò che l'addolora
o ancora una volta tacerà.
MONTECCHI
Spero che restando, tu riesca ad avere
una leale confessione. Venite, signora, andiamo.
Escono MONTECCHI e DONNA MONTECCHI
BENVOLIO
Buon giorno, cugino.
ROMEO È ancora così presto?
BENVOLIO
Sono appena le nove,
ROMEO Ahimè, come sembrano lunghe
le ore tristi. Quello che si è allontanato
così in fretta, era mio padre?
BENVOLIO
Sì. Quale tristezza fa lunghe le ore di Romeo?
ROMEO
Non avere ciò che le farebbe brevi.
BENVOLIO Sei innamorato?
ROMEO Privo...
BENVOLIO D'amore?
ROMEO
Privo delle grazie della donna che amo.
BENVOLIO
Ahimè, perché Amore, di aspetto così gentile
è poi, alla prova, così aspro e tiranno?
ROMEO
Ahimè, perché Amore, anche bendato, deve
vedere senza occhi il sentiero che lo guidi
ai suoi desideri. Dove andremo a pranzare?
Povero me! Che lite c'è stata qui?
È inutile che parli, ho già capito tutto.
Qui c'è molto da fare per l'odio, ma più ancora
per l'amore. O amore furioso! O odio amoroso!
O tutto, creato dal nulla! O leggerezza che gravi!
O seria vanità! Caos informe di graziose forme!
Piuma di piombo! Fumo luminoso! Gelido fuoco! In-
[ferma salute!
O sonno che ha sempre gli occhi aperti e non è
mai sonno! Questo l'amore che provo,
senza sentire amore in esso. E tu, non ridi?
BENVOLIO
No, cugino, invece piango.
ROMEO Perché,
mio dolce cuore?
BENVOLIO
Perché il tuo tenero cuore è tormentato,
ROMEO
Ma è così quando l'amore non è corrisposto.
La pena è grave nel mio petto, e tu vuoi ancora
aggiungere il peso della tua, perché l'affetto
che mi dimostri accresce il dolore già troppo grande.
L'amore è una nuvola che si forma col vapore
dei sospiri: se la nuvola svanisce
l'amore è un fuoco che brilla negli occhi degli amanti;
se s'addensa ai venti contrari può diventare
un mare che cresce con le lacrime dell'amante.
E che cos'è l'amore, se non una pazzia mite,
un'amarezza che soffoca, una dolcezza che da sol-
Addio, cugino. [lievo?
BENVOLIO Piano. Vengo anch'io;
se mi lasci così mi offendi.
ROMEO
Ho smarrito me stesso. Io non sono qui;
questo non è Romeù; Romeo è in un altro luogo.
BENVOLIO
Dimmi seriamente l chi ami.
ROMEO
Come? Dovrei allora piangere per dirtelo?
BENVOLIO
Piangere? Ma no; dimmi con serietà, chi è?
ROMEO
Diresti a un ammalato di fare con serietà
il suo testamento? Sarebbe una parola
mal diretta a uno che sta già così male.
Seriamente, cugino, amo una donna.
BENVOLIO
Colpivo quasi nel segno quando supponevo
che tu fossi innamorato.
ROMEO
Sei un perfetto
tiratore. E la donna che amo è bella.
BENVOLIO
Un bellissimo bersaglio, mio bel cugino, è più facile
ROMEO [da colpire.
Va bene; ma con questo colpo hai mancato il segno:
essa non sarà colpita dalla freccia di Cupido
perché ha la saggezza di Diana; poi è ben difesa
nella forte armatura della sua castità
e vive serena, lontana dal debole e infantile arco
[d'Amore.
Essa non permette di essere assediata da parole amo-
evita gli sguardi che tentano l'assalto, [rose,
e non apre il grembo nemmeno all'oro
che seduce perfino i santi. Essa è ricca di bellezza
ed è soltanto povera in questo: che quando morirà,
con la bellezza morirà la sua ricchezza.
BENVOLIO
Allora ha deciso di conservare la purezza?
ROMEO
Sì; e con questo risparmio, sperpera immensamente,
perché la bellezza che non viene nutrita dall'amore,
a causa della sua severità, ruba ai posteri la bellezza.
Essa è troppo bella, troppo saggia, troppo saggiamen-
[te bella
perché vuole meritare la felicità celeste con la mia
[disperazione.
Ha giurato di non amare, e per quel voto
io vivo essendo morto, e vivo per dirtelo ora.
BENVOLIO
Ascoltami, non pensare più a lei.
ROMEO
Insegnami come posso non pensare più.
BENVOLIO
Libera i tuoi occhi e guarda altre bellezze.
ROMEO
Questo sarebbe proprio
1l modo di ricordare ancora di più
la sua rara
bellezza. Le fortunate maschere
che baciano il viso delle belle donne, col loro colore
[nero
non ci fanno pensare alla bellezza che nascondono?
Chi è diventato cieco non può dimenticare
il prezioso tesoro che i suoi occhi hanno perduto.
Fammi vedere una donna che sia bellissima
fra le altre; la sua bellezza non sarà altro
per me che una pagina dove leggerò di quella
che supera tutte per bellezza. Addio;
tu non puoi insegnarmi a dimenticare.
BENVOLIO
Ti devo questo insegnamento o morirò con un debito.
Escono
[I. II.]
Entrano CAPULETI, PARIDE e un SERVO COMICO
dì Capuleti
CAPULETI
Anche Montecchi è ormai legato come me,
con la minaccia della stessa pena.
Penso, del resto, che non sarà difficile
a uomini vecchi come noi di stare in pace.
PARIDE
Tutti e due siete molto stimati ed è penoso
che per lungo tempo sia durata la vostra discordia.
Ma, signore, che cosa rispondete alla mia domanda?
CAPULETI
Non posso che ripetere quello che ho già detto.
Mia figlia non ha esperienza del mondo, non ha
ancora quattordici anni. Prima che sia matura
per le nozze lasciamo che l'estate
inaridisca ancora per due volte nelle sue fiamme.
PARIDE
Molte fanciulle più
giovani di lei sono già madri felici.
CAPULETI .
Già; ma quelle che si sposano troppo presto
perdono subito la loro bellezza.
La terra ha inghiottito tutte le mie speranze
e ora ho lei sola; e ogni mia grande speranza
è in lei, padrona della mia terra.
Intanto, fatele la corte, mio gentile Paride,
cercate di conquistare il suo cuore.
La mia volontà è una parte della sua.
Se essa è contenta, avrete il mio consenso
insieme alla sua dolce parola che ve lo accorda.
Questa sera, per antica usanza, c'è festa in casa mia:
ho invitato molte persone, fra le più care. Venite
ad accrescere quel numero: sarete il prediletto.
Nella mia povera casa potrete vedere stanotte
le stelle che camminano sulla terra, stelle che danno
al buio del ciclo. Questa notte, in casa mia, [luce
in mezzo ai fiori ancora chiusi delle fanciulle,
sentirete la gioia che provano i giovani allegri
quando l'aprile con la sua bella veste è alle calcagna
dell'inverno che se ne va zoppicando.
Parlate con tutte, guardatele tutte, e amate quella
che, per le sue doti, vi sembrerà che valga più delle
Tra le molte fanciulle vi sarà anche la mia, [altre.
è una rispetto al numero, ma non nel valore.
Andiamo, venite con me. [Al SERVO] E tu, miserabile,
va in giro per la bella Verona; cerca le persone segna-
[te qui, [gli consegna un foglio]
dirai che saranno bene accolte nella mia casa.
Escono [CAPULETI e PARIDE]
SERVO "Cerca le persone segnate qui"? Sta scritto
che il calzolaio si deve servire de! metro, il sarto del-
la forma delle scarpe, il pescatore del pennello e il
pittore delle reti? E a me si comanda di cercare le
persone segnate in questa carta, quando io non sono
capace di leggere
i nomi che vi ha scritto chi l'ha
scritta. Bisogna che cerchi qualcuno che ha studiato.
Benissimo!
Entrano BENVOLIO e ROMEO
BENVOLIO
Eh, mio caro: un fuoco spegne un altro fuoco,
un dolore s'attenua con la pena d'un altro dolore;
se girando ti viene il capogiro,
per farlo passare giri in senso contrario.
Un dolore disperato si guarisce con un nuovo dolore.
Se il tuo occhio avvelenato assorbe un altro veleno,
quest'ultimo distrugge l'azione del primo veleno.
ROMEO
La tua foglia di piantàggine è ottima per questo.
BENVOLIO
Per che cosa, scusami?
ROMEO Per il tuo stinco, se è rotto.
BENVOLIO
Ma Romeo, tu diventi pazzo.
ROMEO
Pazzo, no; ma più legato d'un pazzo,
chiuso in prigione, affamato, frustato,
torturato, e... [Al SERVO] Buona sera, caro ragazzo.
SERVO Dio renda a voi la buona sera. Scusate, signore,
sapete leggere?
ROMEO
Sì, la mia sorte nella mia sventura.
SERVO Forse non l'avete imparata sui libri; ma vi pre-
go, sareste capace di leggere qualunque cosa vedete?
ROMEO
Certo, purché si tratti di un alfabeto e di una lingua
SERVO Benissimo; state allegro. [che conosco.
ROMEO Aspetta, ragazzo: so leggere. (Legge) "II si-
gnor Martino con la moglie e le figlie; il conte An-
selmo e le sue graziose sorelle; la vedova del signor
Vitruvio; il
signor Piacenzio e le sue leggiadre nipo-
ti; Mercuzio e suo fratello Valentino; mio zio Capu-
leti con la moglie e le figlie; la mia bella nipote Ro-
salina; Livia; il signor Valente e suo cugino Tebaldo;
Lucio, con la sua allegra Elena."
Una bella comitiva. E dove si devono riunire?
SERVO Lassù.
ROMEO Dove?
SERVO A cena, in casa nostra.
ROMEO In casa di chi?
SERVO Del mio padrone.
ROMEO Già, avrei dovuto chiedertelo subito.
SERVO Ora ve lo dirò senza bisogno di domandarmelo:
il mio padrone è il ricchissimo Capuleti. E se non
siete uno di casa Montecchi, vi prego, venite a bere
con noi una tazza di vino. State allegro! Esce
BENVOLIO
Alla festa che i Capuleti danno per tradizione,
troverai a cena la bella Rosalina, che tu ami tanto,
e le più ammirate bellezze di Verona.
Va' là, e con occhio imparziale confronta il suo viso
con quello di altre fanciulle che ti indicherò,
e vedrai che il tuo cigno è un corvo.
ROMEO
Se la viva fedeltà dei miei occhi si dimostrasse cosi
possano le mie lacrime mutarsi in fuoco. [falsa,
E questi trasparenti eretici, che non possono morire
(e tante volte annegarono nel pianto),
siano bruciati come stregoni. Un'altra donna
più bella del mio amore! Il sole, che tutto vede,
non ne vide mai una simile a lei, dal principio del mondo.
BENVOLIO
Certo! La credi bella perché non l'hai vista mai
insieme ad altre e perché è stata valutata
sempre sola, dall'uno o dall'altro dei tuoi occhi;
ma su queste bilance cristalline,
metti da una parte
la fanciulla che ami e dall'altra
qualcuna che vedrai risplendere nella festa,
e Rosalina ti sembrerà appena bella
mentre ora ti pare la più bella.
ROMEO
Verrò; non per quello che mi vuoi mostrare,
ma per avere gioia dallo splendore della mia fanciulla.
Escono
[I. III.]
Entrano DONNA CAPULETI e la NUTRICE
DONNA CAPULETI
Nutrice, dov'è mia figlia? Chiamala, che venga qui,
NUTRICE
L'ho già avvertita di venire qui; ve lo giuro
sulla verginità di quando avevo dodici anni.
Ehi, agnellina! Dove sei, coccinella? Dio la guardi!
Dov'è questa bambina? Ehi, Giulietta!
Entra GIULIETTA
GIULIETTA
Che c'è? Chi mi vuole?
NUTRICE Vostra madre.
GIULIETTA
Madonna, sono qui; che volete?
DONNA CAPULETI
Ecco di che si tratta... Nutrice, lasciaci sole un mo-
[mento,
dobbiamo parlare in segreto... No, torna qui, nutrice.
Ci ho ripensato; è meglio che tu assista
al nostro colloquio. Tu sai che mia figlia ha ormai
NUTRICE [una bella età.
Potrei dire la sua età senza sbagliare d'un'ora.
DONNA CAPULETI
Non ha ancora
compiuto quattordici anni.
NUTRICE
Posso scommettere quattordici dei miei denti
( ma per mia disperazione ne ho soltanto quattro)
che essa non ha ancora quattordici anni.
Quanto manca al mese d'agosto?
DONNA CAPULETI Quindici giorni o poco più.
NUTRICE
Più o meno non importa; però, quando fra tutti
i giorni dell'anno, verrà il primo agosto,
la notte della vigilia essa avrà quattordici anni.
Susanna e lei (pace, mio Dio, a tutte le anime cri-
[stiane!)
avevano allora la stessa età. Ora Susanna è con Dio.
Era troppo buona per me. Ma, come dicevo, essa
[compirà
i quattordici anni proprio alla vigilia del primo agosto.
Senza dubbio, è così; mi ricordo benissimo.
L'ho svezzata il giorno di quel forte terremoto,
undici anni fa. Non lo dimenticherò mai;
proprio in quel giorno avevo messo un po' di assenzio
e stavo seduta al sole contro il muro, [al capezzolo
sotto la colombaia. Il signore e voi eravate allora
a Mantova (eh, ho una memoria, io!); ma, come di-
appena succhiò l'assenzio del capezzolo [cevo,
e lo sentì amaro, bisognava vederla
con che furia picchiava sulla mammella!
Fuggì, disse a un tratto la colombaia;
ma credetemi, non ci fu bisogno
che mi dicessero di scappare... Sono passati undici
[anni,
da quel tempo, ed essa stava già in piedi da sola;
certo, per la Croce, e correva e sgambettava dovun-
II giorno avanti aveva battuto la testa per terra, [que.
e fu mio marito (Dio salvi la sua anima!
Era un uomo molto vivace! ) a tirare su la bambina;
"Ehi" le disse "sei caduta con la faccia in avanti:
quando sarai più
abile, imparerai a cadere
all' indietro, non è vero Giulietta?" E allora, per la
la piccina smise di piangere e disse: "Sì!". [Vergine,
Guardate un po' come uno scherzo, a volte,
può cogliere nel segno.
Vi assicuro che non lo dimenticherò mai,
anche se vivessi mille anni: "Non è vero, Giulietta?"
disse lui, e la piccola capricciosa smise di piangere
e disse: "Sì".
DONNA CAPULETI
Ora basta; taci, ti prego.
NUTRICE
Sì, signora. E non posso fare a meno di ridere
quando penso che smise di piangere per dire: "Sì".
E già, ve lo assicuro, aveva sulla fronte
un bernoccolo grande come un testicolo di galletto;
aveva preso un brutto colpo ed urlava forte.
"Come" fece mio marito "tu cadi sulla faccia?
Quando avrai l'età buona cadrai sulla schiena,
non è vero, Giulietta?" Lei si calmò e disse: "Sì".
GIULIETTA
E, per favore, taci anche tu, nutrice, dico io.
NUTRICE
Pazienza, ho finito. Dio ti protegga. Tu sei stata
la bambina più graziosa che io abbia allattato,
e se posso vivere fino a vederti maritata, non desidero altro.
DONNA CAPULETI
Maritata! Proprio di questo voglio parlare.
Dimmi, Giulietta, bambina mia, che cosa ne pensi?
Ti senti di maritarti?
GIULIETTA
È un onore che non sogno neppure.
NUTRICE
Un onore! Se non fossi stata io la tua sola nutrice
direi che hai succhiato saggezza dalla tua mammella,
DONNA CAPULETI
Bene, è tempo che
tu pensi al matrimonio;
qui a Verona vi sono fanciulle molto stimate
che, più giovani di te, sono già madri;
se non mi sbaglio nel conto, io alla tua età
non ero fanciulla come te, ma già tua madre.
Ecco, allora, in poche parole:
il nobile Paride ti chiede di amarlo.
NUTRICE
Un uomo, ragazza mia! Un uomo
che tutto il mondo... proprio un uomo fatto di cera!
DONNA CAPULETI
L'estate di Verona non ha un simile fiore.
NUTRICE
Sì, è un fiore, un bellissimo fiore davvero!
DONNA CAPULETI
Che ne dici? Puoi amare quel gentiluomo?
Questa notte lo vedrai alla nostra festa:
e vi troverai la felicità che vi fu scritta
con la penna della bellezza: osserva i lineamenti
e vedrai come uno faccia felice l'altro,
e ciò che è oscuro nel bel libro, cercalo scritto
ai margini degli occhi. Questo prezioso libro
d'amore, questo amante non legato,
per diventare più bello ha bisogno di una sola lega-
li pesce vive nel mare; la bellezza visibile [tura:
che in sé nasconde l'altra bellezza invisibile,
ha grandissimo valore. Agli occhi di molti
ha più valore quel libro che in fermagli d'oro
racchiude la sua dorata storia: così tu,
avendolo come sposo, avrai tutto
ciò che egli possiede, senza diminuire te stessa.
NUTRICE
Diminuire! Anzi, diventerà più grossa:
le donne ingrossano per colpa degli uomini.
DONNA CAPULETI
Allora dimmi,
senti di poter amare Paride?
GIULIETTA
Lo guarderò, se il guardare spinge ad amare;
ma non lascerò che il mio occhio sì abbandoni
a Paride non più di quanto il vostro
consenso gli darà forza di farlo.
Entra un SERVO
SERVO Madonna, sono qui gli invitati, la cena è ser-
vita, tutti chiedono di voi e della mia padroncina;
giù bestemmiano contro la nutrice e ogni cosa va
all'aria. Io scappo a servire; vi scongiuro, seguitemi
subito. Esce
DONNA CAPULETI
Eccoci, veniamo. Giulietta, il conte è là che attende.
NUTRICE
Va', bambina, e trova notti felici ai tuoi giorni felici.
Escono
[I.IV]
Entrano ROMEO, MERCUZIO e BENVOLIO, insieme a
cinque o sei maschere, portatori di fiaccole e altri
ROMEO
Dunque, questo discorso per scusarci si fa, o entriamo senza preamboli?
BENVOLIO
II tempo di queste chiacchiere è passato!
Noi non avremo nessun Cupido bendato,
con la sua sciarpa e armato con l'arco di legno
dipinto alla Tartara, per spaventare le dame
come uno spauracchio; e neppure entreremo recitando
fiocamente il prologo a memoria
con l'aiuto del
suggeritore; lasciate
che ci misurino con la misura che vogliono,
noi misureremo loro una "misura", e via!
ROMEO
Dammi una torcia, non ho voglia dì ballare,
mi sento pesante e porterò la luce che è leggera.
MERCUZIO
No, gentile Romeo, noi vogliamo che tu balli.
ROMEO
No, credetemi, voi avete scarpini da ballo
con suole leggere: io ho l'anima di piombo
che m'inchioda al suolo; non posso muovermi.
MERCUZIO
Tu sei innamorato: fatti prestare le ali
di Cupido e vola al di là di ogni limite.
ROMEO
Io sono ferito troppo profondamente
dalla sua freccia per potere volare
con le sue penne leggere: e così legato,
non posso sorvolare l'altezza del triste dolore:
sotto il grave peso dell'amore, io precipito.
MERCUZIO
E tu precipitando su di lui schiacceresti l'amore:
troppo grave peso per una così tenera cosa.
ROMEO
L'amore è una tenera cosa? È troppo rude, troppo
brutale, troppo aspro e punge come una spina.
MERCUZIO
Se Amore è brutale con te, sii brutale con Amore,
rendi a lui puntura per puntura, e lo metterai giù.
Datemi una guaina per metterci dentro il mio viso.
Una maschera sopra una maschera! Che m'importa
se un occhio curioso cercherà di scoprire i miei di-
Questo" mascherone arrossirà per me. [fetti?
BENVOLIO
Via, bussiamo ed entriamo; e, non appena dentro,
ognuno si affidi
alle proprie gambe.
ROMEO
Una torcia a me; i giovani dal cuore leggero
accarezzino con i loro talloni le insensibili stuoie;
per me va bene l'antico proverbio: "Tengo il cande-
[liere
e sto a vedere". La caccia non è stata mai tanto bella,
ma io ho già cacciato.
MERCUZIO
Be'! Il topo, è giù, come dice il conestabile.
Se sei giù ti tireremo su dal pantano,
o, con tutto il rispetto, dall'amore,
nel quale sei affondato fino alle orecchie.
Vieni, faremo luce al giorno, alla fine.
ROMEO
No, non è così!
MERCUZIO Dico, signore, che perdendo tempo
sprechiamo le nostre luci inutilmente,
come lampade accese di giorno. Prendilo con buona
[intenzione,
cioè in senso buono, perché il nostro senno
ha cinque volte più buon senso dei nostri cinque sensi.
ROMEO
Infatti con buona intenzione noi andiamo a questa
ma non sarebbe di buon senso andarci, [mascherata,
MERCUZIO Perché, si può sapere?
ROMEO
Ho fatto un sogno questa notte!
MERCUZIO Anch'io.
ROMEO
Ebbene, che hai sognato?
MERCUZIO Che i sognatori spesso mentono...
ROMEO
Quando dormono e sognano cose vere.
MERCUZIO
Ecco: la regina Mah è certo venuta da te,
Mab, levatrice delle fate, appare
non più grande d'un'agata che splende
sull'indice a un priore. In volo, la tira una muta
d'invisibili farfalle sul naso di chi dorme.
Le ruote del cocchio girano con raggi
di lunghe zampe di ragno. Sono le redini
di lieve ragnatela, il mantice d'ali
di cavallette, i finimenti d'umidi
raggi di luna; un osso di grillo
serve per la frusta, la sferza è una membrana,
cocchiere un moscerino in livrea grigia
grande meno della metà del verme
che gonfia il dito alle fanciulle pigre.
Il suo cocchio è un guscio di nocciola:
uno scoiattolo che lavora il legno
o un vecchio lombrico, da tempo assai lontano,
fanno i piccoli carri delle fate.
E così Mab galoppa, notte dopo notte,
dentro i cervelli degli amanti,
ed essi sognano d'amore, o sulle ginocchia
dei cortigiani che allora sognano inchini e cerimonie
o sulle dita dei legali che allora sognano compensi,
o su labbra di donne che allora sognano baci:
labbra che spesso Mab copre di bollicine
perché fiatano aria di guaste confetture.
Talvolta galoppa sul naso a un cortigiano
che allora sogna l'odore d'una buona carica,
o s'avvicina al naso d'un prelato
che dorme, e lo sfiora piano con la coda
d'un porcellino della decima, ed ecco il sogno
d'un nuovo beneficio. Altre volte passa
sul collo d'un soldato, che allora sogna
gole nemiche tagliate, brecce, imboscate,
lame spagnole, brindisi con tazze profonde cinque braccia;
poi risuona di colpo un tamburo al suo orecchio:
il soldato si scuote Impaurito e si sveglia,
bestemmia una preghiera e s'addormenta ancora.
Questa è Mab, la stessa che di notte
arruffa le criniere dei cavalli
e impasta, nei luridi e grassi crini,
nodi d'elfi, che a scioglierli portano sventura;
Mab è la strega che se trova supine le ragazze
le costringe all'abbraccio, ed è così che insegna
a "portare" per la prima volta; e le fa donne
dì buon "portamento". Questa è colei…
ROMEO Basta, basta, Mercuzio! Taci!
Tu parli di nulla.
MERCUZIO Parlo infatti, dei sogni,
figli della mente in ozio,
che nascono da una vana fantasia
la quale ha natura leggera come l'aria
e più incostante del vento,
che ora è in amore sul grembo gelido del Nord,
e poi sdegnato se ne va sbuffando
con la faccia al Sud, fresco di rugiada.
BENVOLIO
II vento di cui parli ci soffia da noi stessi;
la cena ormai è finita, arriveremo tardi.
ROMEO
Troppo presto, temo; perché il mio cuore
predice un triste avvenimento,
ancora sospeso nelle stelle: questa notte,
durante la festa, avrà un tremendo inizio,
che alla vita inutile, chiusa nel mio petto,
segnerà un limite con una vile
morte violenta. Ma chi guida il mio viaggio
diriga ora la vela. Allegri, compagni, andiamo!
BENVOLIO
Batti, tamburo!
Marciano su e giù per la scena mentre entrano i SER-
VITORI [di casa Capuleti] con tovaglioli [e allestisco-
no un rinfresco]
PRIMO SERVO Dov'è Pentola, che non ci aiuta a spa-
recchiare? Ah, sì; proprio lui che cambia un piatto,
che raschia un tagliere!
SECONDO SERVO Quando la pulizia è nelle mani di uno
o due uomini che, per abitudine, non se le lavano, la
cosa è sporca.
PRIMO SERVO Vìa gli scanni, scosta la credenza, oc-
chio all'argenteria! A te, caro: mettimi da parte un
pezzo di marzapane; e se mi vuoi bene, avverti il por-
tiere di lasciare entrare Susanna e Nella. Antonio e
Pentola!
TERZO SERVO Eccomi, ragazzo!
PRIMO SERVO Vi cercano, vi chiamano, vi desiderano,
nel salone.
TERZO SERVO Non si può essere qua e là nello stesso
tempo. Svelti, ragazzi: chi campa più a lungo prende
tutto. Escono
Entrano [CAPULETI, con GIULIETTA, DONNA CAPULE-
TI, TEBALDO e] tutti gli invitati e le maschere
CAPULETI
Benvenuti, signori. Le donne che non hanno calli
vogliono fare un giro con voi. Ah, ah! Signore mie!
Chi di voi, ora, rifiuterà di ballare?
Chi farà la sdegnosa, lo giuro, ha qualche callo.
Ho toccato il punto debole? Benvenuti, signori!
Ho conosciuto anch'io il tempo
in cui con una maschera sul viso,
mormoravo all'orecchio di qualche bella dama
delle storie piacevoli: ora è passato, è passato, è pas-
[sato!
Siate i benvenuti, signori. Avanti, suonatori, musica.
Largo, largo! Fate spazio! E voi, ragazze, ballate.
La musica suona e si balla
Altri lumi, furfanti! Sgombrate le tavole
e spegnete il fuoco: fa troppo caldo qui dentro.
Ah, bravo! Questa festa improvvisata va proprio
[bene.
Qui, sedete, sedete, mio buon cugino Capuleti,
perché per voi e per me non è più tempo di ballare.
Quanti anni sono passati da quando ci vedemmo
l'ultima volta in maschera?
SECONDO CAPULETI Per la Vergine: trentanni!
CAPULETI
Ma, no, caro. Di meno, di meno!
L'ultima volta fu alle nozze di Lucenzio;
quando verrà la Pentecoste (ci mascherammo allora)
saranno venticinque anni.
SECONDO CAPULETI
Di più, di più! Il figlio di Lucenzio ha di più;
ha trent'anni.
CAPULETI Ma che dite?
Due anni fa era ancora sotto tutela.
ROMEO
[A un SERVO] Sai chi è quella donna che con la sua
onora quel cavaliere? [preziosa mano
SERVO Non so, signore.
ROMEO
Oh, essa insegna alle torce come splendere.
Sembra pendere su! volto della notte
come ricca gemma all'orecchio d'una Etiope.
Ma è bellezza di valore immenso
che mai nessuno avrà, troppo preziosa
per la terra. Come colomba bianca
in una lunga fila di cornacchie
sembra la fanciulla fra le sue compagne.
La voglio vedere, dopo questo ballo;
come sarei felice se la mia mano rude
sfiorasse quella sua. Ha amato mai il mio cuore?
Negate, occhi: prima di questa notte
non ho mai veduto
la bellezza.
TEBALDO
La sua voce sembra quella d'un Montecchi.
Vammi a prendere la spada, ragazzo. Come!
Quel vile ha il coraggio di venire qui
con una maschera dell'antica commedia sulla faccia
per ghignare sulla nostra festa? Ebbene,
per la nobiltà e l'onore della mia stirpe
credo che se lo colpisco a morte non commetto un
CAPULETI [peccato.
Ma che c'è, nipote? Perché sei così in collera?
TEBALDO
Zio, costui è un Montecchi, un nemico,
un miserabile che è venuto questa sera
per disprezzare la nostra festa.
CAPULETI Non è il giovane Romeo?
TEBALDO
Proprio lui, quel miserabile Romeo!
CAPULETI
Calmati, mio gentile nipote, e lascialo stare.
Si comporta come un vero gentiluomo,
e, per la verità, Verona è orgogliosa di lui
perché è un giovane virtuoso e bene educato.
Io non vorrei, per tutte le ricchezze della città,
che egli venisse offeso in casa mia;
quindi, abbi pazienza, non curarti di lui,
così voghe: e s- vuoi rispettare la mia volontà,
sii di buon umore e rasserena la tua faccia,
che nessuno ha voglia di vedere buia in una festa.
TEBALDO
Anzi, è il viso che ci vuole, quando fra gli ospiti
c'è un miserabile come lui; non lo sopporterò.
CAPULETI
Invece lo sopporterai, ragazzo mio! Ripeto;
lo sopporterai. Andiamo! Qui, sono io il padrone o
Ma, andiamo: non lo sopporterai! [tu?
Dio mi guardi
l'anima! Vorresti provocare una rissa
fra i miei invitati? Non fare il galletto!
Saresti proprio l'uomo adatto!
TEBALDO
Ma, zio, questa è una vergogna!
CAPULETI Andiamo, andiamo
sei un ragazzo insolente; non è vero?
Questo scherzo lo potresti pagare caro;
so quello che sto dicendo. Non contrariarmi!
Hai scelto il momento buono, te lo dico io.
- Benissimo, cari ragazzi! - Sei un arrogante,
va' e stai tranquillo. - Più luce, più luce.
-È una vergogna; ci penserò io a tenerti fermo,
-Allegri, ragazzi!
TEBALDO
La pazienza alla quale sono costretto,
urtando con la mia collera furibonda,
mi agita il sangue per il contrasto delle due forze,
Me ne andrò; ma la presenza di Romeo,
c he ora può sembrare dolce, diverrà amarissimo fiele.
Esce
ROMEO
Se credete che io profani con la mano più indegna
questa sacra reliquia (peccato degli umili, del resto),
le mie labbra rosse come due timidi pellegrini cerche-
[ranno
di rendere morbido l'aspro contatto con un tenero
GIULIETTA [bacio.
Buon pellegrino, voi fate un grave torto
alla vostra mano, che non ha fatto altro
che dimostrare un'umile devozione.
Anche i santi hanno le mani, e le mani
dei pellegrini le toccano; palma contro palma:
infatti è questo il bacio sacro dei palmieri.
ROMEO
Ma i santi e i palmieri non hanno labbra?
GIULIETTA
Sì, pellegrino,
labbra che servono per !a preghiera.
ROMEO
Oh, allora, dolce santa, lascia che le tue labbra
facciano come le tue mani; esse pregano, tu esaudi-
[scile,
in modo che la fede non si muti in disperazione.
GIULIETTA
I santi non si muovono, eppure
esaudiscono coloro che li pregano.
ROMEO
Allora non muoverti, così la mia preghiera
sarà esaudita. [La bacia] Ecco, le tue labbra
hanno tolto il peccato dalle mie.
GIULIETTA
Allora le mie labbra portano il peccato che hanno
ROMEO [tolto.
II peccato dalle mie labbra? O colpa dolcemente
rimproverata! Rendimi il mio peccato!
GIULIETTA
Voi baciate come insegna il libro.
NUTRICE
Giulietta, vostra madre vuole parlarvi.
ROMEO
Chi è sua madre?
NUTRICE Come, giovanotto!
Sua madre è la padrona di questa casa,
una dama buona, saggia e virtuosa.
Io ho allattato sua figlia, la fanciulla con la quale
avete parlato finora. Vi assicuro che essa
sarà oro sonante per chi avrà la fortuna di averla.
ROMEO
Allora è una Capuleti. Oh, caro prezzo!
Sono debitore della vita alla mia nemica.
BENVOLIO
Via, andiamocene; il bello sta per finire!
ROMEO
Temo che sia così; più restiamo e più l'infelicità s'ac-
[cresce.
CAPULETI
No, signori, non andatevene: c'è ancora una piccola
[cena,
tanto per stare un po' allegri. Ma volete proprio la-
[sciarci?
Gli parlano all'orecchio
Ebbene, allora vi ringrazio tutti,
miei cari signori. - Grazie, buona notte. –
Altre fiaccole, qui! - Allora andiamocene a letto
O amico, è troppo tardi, vado a riposare.
Escono tutti tranne GIULIETTA e la NUTRICE
GIULIETTA
Vieni qui, nutrice: chi è quel gentiluomo?
NUTRICE
II figlio e l'erede del vecchio Tiberio.
GIULIETTA
E quello che sta uscendo in questo momento?
NUTRICE
Quello? Credo che sia il giovane Petruccio,
GIULIETTA
E l'altro che lo segue e che non ha voluto ballare?
NUTRICE
Non lo so,
GIULIETTA
Va' chiedi il suo nome. Se è sposato,
la tomba sarà il mio letto di nozze
NUTRICE
Si chiama Romeo, ed è un Montecchi,
l'unico figlio del vostro grande nemico.
GIULIETTA
II mio unico amore nato dal mio unico odio!
O sconosciuto, troppo presto visto, e troppo tardi
conosciuto! O sovrumana forza d'amore,
tu mi fai amare il nemico che odiavo.
NUTRICE
Che dici, che dici?
GIULIETTA Alcuni versi che ho imparato ora
da uno che ballava con me.
UNA VOCE DALL'INTERNO Giulietta!
NUTRICE Subito, subito! Andiamo: gli ospiti sono
andati via tutti. Escono
[II. PROLOGO]
[Entra il CORO]
CORO
Ora l'antica passione sta sul letto di morte
e un nuovo affetto vuole esserne l'erede.
La bella fanciulla, per cui l'amante soffriva
e desiderava la morte,
vicino alla soave Giulietta non è più bella.
Ora Romeo è amato e ama un'altra volta,
i due amanti sono legati dall'incanto degli sguardi;
ma egli deve soffrire credendola sua nemica,
ed essa deve rubare la dolce esca d'amore da tremendi ami.
Ed essendo cons VV'ato un nemico, egli non può
avvicinarla per mormorarle le promesse degli amanti;
ma per lei che ama con uguale misura,
sono più difficili le occasioni per incontrarsi
in qualche luogo con l'amato.
Ma la passione presta loro la forza, il tempo, i mezzi
[e il modo
per incontrarsi e consolare le estreme sofferenze
con estreme
dolcezze. [Esce
[II. I.]
Entra ROMEO solo
ROMEO
Posso andare avanti, se il mio cuore è qui?
Torna indietro, o mia instabile terra, e trova il tuo
[centro.
[Si nasconde nel giardino dei Capuleti]
Entrano BENVOLIO e MERCUZIO
BENVOLIO
Romeo! Cugino Romeo! Romeo!
MERCUZIO
Sulla mia vita, quel Romeo è saggio;
e sono certo ch'è già a casa nel suo letto.
BENVOLIO
Invece lo vidi qui; andava in fretta
e poi ha scavalcato il muro di questo giardino.
Chiamalo, mio buon Mercuzio.
MERCUZIO Non solo, ma lo evocherò:
Romeo! Capriccioso! Pazzo! Amante furioso!
Rivelati almeno con un sospiro,
con una rima, e io sarò soddisfatto.
Grida un semplice "ahimè", pronuncia solo
"bella" e "stella", trova una dolce parola
per Venere, la mia comare, un soprannome per il figlio cieco,
il suo erede, il giovane Abramo Cupido,
che colpì nel segno quando il re Cofetua
s'innamorò della fanciulla povera.
Ma Romeo non ascolta, non si fa vivo, non si muove.
Quella scimmia è morta; bisogna proprio che lo evochi.
Io ti scongiuro, per i luminosi occhi di Rosalina,
per la sua bella fronte, per le sue labbra scarlatte,
per i suoi piedi bellissimi e le sue gambe diritte.
per le sue cosce vibranti e quello che vi sta vicino,
di apparire a noi come veramente tu sei.
BENVOLIO
Se ti sente, certo andrà in collera.
MERCUZIO
Questo non può irritarlo. Avrebbe ragione di infuriarsi con me
se facessi rizzare nel cerchio della sua amata,
uno spirito di strana natura e ve lo lasciassi là diritto
fino a che lei non l'avesse soddisfatto
e placato. Questa sarebbe una vera offesa,
ma la mia invocazione è giusta e onesta,
perché vuole solo far levare su lui in nome della sua
BENVOLIO [donna.
Vieni; si sarà nascosto fra quegli alberi,
per avere compagna l'umida notte.
Il suo amore è cieco e quindi sta bene nell'oscurità.
MERCUZIO
Se l'amore è cieco, non può colpire il segno.
Ora Romeo sta seduto sotto un nespolo e sogna
con desiderio la sua donna; la vede nella forma
di quel frutto che le ragazze ridendo chiamano "ne-
quando sono sole. O Romeo, se ella fosse, [spola",
se ella fosse un'aperta... eccetera... e tu una pera di
[Poperin!
Buona notte, Romeo! Vado a dormire nel mio letto,
perché questo letto da campo è troppo freddo per me.
Vieni; andiamo via?
BENVOLIO Andiamo, allora.
È inutile cercare chi non vuole farsi trovare. Escono
[II. II.]
ROMEO [facendosi avanti]
Chi non ha mai avuto una ferita, ride
di chi ne porta i
segni.
[GIULIETTA appare al balcone]
Ma quale luce
apre l'ombra, da quel balcone? Ecco l'oriente
e Giulietta è il sole... Alzati, dunque, o vivo sole
e spegni la luna già fioca, pallida di pena,
che ha invidia di te perché sei bella
più di lei, tu che la servi. E se ha invidia di te
lasciala sola. Il suo manto di vestale
ha già un colore verde di palude,
e più nessuna vergine lo porta.
Gettalo via! Oh, è la mia donna, è il mio amore!
Ma non lo sa! Parla e non dice parola:
il suo occhio parla, e a lui risponderò.
Ma che folle speranza; non è a me che parla.
Due fra le stelle più lucenti, che girano
ora in altre zone, pregano i suoi occhi
di splendere nelle sfere senza luce,
fino al loro ritorno. E se i suoi occhi
fossero nel ciclo veramente e le stelle
nel suo viso? Lo splendore del suo volto
farebbe pallide le stelle, come la luce del giorno
la fiamma d'una torcia. Se poi i suoi occhi
fossero nel ciclo, quanta luce su nell'aria:
tanta che gli uccelli credendo imita la notte
comincerebbero a cantare. Guarda come posa
la guancia sulla mano! Oh, se fossi un guanto
su quella mano per sfiorarle la guancia!
GIULIETTA Ahimè!
ROMEO
Ecco, parla. Oh, parla ancora, angelo splendente!
Tu in questa notte appari a me, dall'alto,
di forte luce come un alato messaggero
agli occhi
meravigliati dei mortali, quando
varca lente nuvole e veleggia nell'aria
immensa.
GIULIETTA O Romeo! Romeo! Perché tu sei Romeo?
Rinnega dunque tuo padre e rifiuta quel nome,
o se non vuoi, legati al mio amore
e più non sarò una Capuleti.
ROMEO
Devo rispondere o ascoltare ancora?
GIULIETTA
Solo il tuo nome è mio nemico: tu, sei tu,
anche se non fossi uno dei Montecchi.
Che cosa vuoi dire Montecchi? Né mano,
non piede, né braccio, né viso, nulla
di ciò che forma un corpo. Prendi un altro nome!
Che c'è nel nome? Quella che chiamiamo rosa,
anche con altro nome avrebbe il suo profumo.
Anche Romeo senza più il suo nome
sarebbe caro, com'è, e così perfetto.
Rinuncia al tuo nome, Romeo, e per il nome,
che non è parte di te, prendi me stessa.
ROMEO
Ti prendo sulla parola, chiamami solo amore,
e avrò nuovo battesimo; ecco, non mi chiamo più
GIULIETTA [Romeo.
Chi sei tu che difeso dall'ombra della notte
entri nel mio chiuso pensiero.'
ROMEO
Con un nome non so dirti chi sono;
odio il mio nome che ti è nemico,
straccerei il foglio dove fosse scritto.
GIULIETTA
II mio orecchio
non ha bevuto cento parole
di quella voce, e già ne riconosco il suono.
Non sei Romeo, uno dei Montecchi?
ROMEO
Né l'uno, mia bella fanciulla, né l'altro,
se non ti è caro né l'uno né l'altro.
GIULIETTA
Come, perché, sei giunto fino a qui?
Alti sono i muri del giardino e aspri
da scalare; e se qualcuno ora ti scopre,
se penso chi sei, questo è luogo di morte,
ROMEO
Con le ali leggere d'amore volai su questi muri:
per amore non c'è ostacolo di pietra,
e ciò che amore può fare, amore tenta:
non possono fermarmi i tuoi parenti.
GIULIETTA
Se ti vedono qui, ti uccideranno.
ROMEO
Ahimè! Il pericolo è più nei tuoi occhi
che non in venti delle loro spade:
se mi guardi con dolcezza, sarò forte
contro il loro odio.
GIULIETTA Non vorrei
che ti vedessero qui, per tutto il mondo.
ROMEO
II manto della notte mi nasconde; ma se non mi ami
lascia che mi trovino. Meglio che il loro odio
tolga la mia vita, e non che la morte tardi
senza il tuo amore.
GIULIETTA Chi ti ha guidato in questo luogo?
ROMEO
Con i miei occhi, amore m'aiutò a cercarlo,
e con il suo consiglio. Io non sono pilota
ma se tu fossi lontana, quanto
la più deserta spiaggia del più lontano mare,
io mi spingerei là, sopra una nave,
per una mercé
tanto preziosa.
GIULIETTA La maschera
della notte mi nasconde il viso: vedresti il rosso,
allora, che copre le mie guance, per le parole dette
questa notte! Oh, come vorrei volentieri, volentieri,
smentire le parole; ma ormai, addio finzioni!
Mi arni tu? So che dirai di sì, ed io ti crederò;
ma se giuri, tu puoi ingannarmi. Dicono che Giove
rida dei falsi giuramenti degli amanti.
O gentile Romeo, se mi ami, dimmelo veramente;
ma se credi che mi sia presto abbandonata,
sarò crudele (e lo diranno le mie ciglia),
dirò di no, e allora sarai tu a pregarmi;
se non lo pensi, non saprei dirti di no
per tutto il mondo. O bel Montecchi, è vero,
il mio amore è troppo forte, e, con ragione,
potresti dirmi leggera, mio gentile signore,
ma vedrai che sono più sincera delle donne
che più di me conoscono l'astuzia
di appare timide. E più timida,
certo sarei stata, se tu, a mia insaputa,
non mi avessi sentito parlare del mio amore.
Perdonami dunque, e non attribuire
a leggerezza questo mio abbandono,
che l'ombra della notte ti ha rivelato.
ROMEO
Per la felice luna che imbianca le cime
di questi alberi, io giuro...
GIULIETTA Oh, non giurare per la luna,
per l'incostante luna che ogni mese muta
il cerchio della sua orbita: non vorrei
che il tuo amore fosse come il moto della luna.
ROMEO
E per che cosa devo allora giurare?
GIULIETTA
Non giurare; o
giura per te, gentile,
che sei il dio che il mio cuore ama,
e sarai creduto.
ROMEO Se il caro amore del mio cuore...
GIULIETTA
No, non giurare. Ogni mia gioia è in te,
ma non ho gioia dal nostro patto d'amore
di questa notte; improvviso, inaspettato, rapido,
troppo simile al lampo che finisce prima
che si dica "lampeggia". Buona notte, mio amore!
Questo germoglio d'amore che si apre al mite
vento dell'estate, sarà uno splendido fiore
quando ci rivedremo ancora. Buona notte,
buona notte! Un sonno dolce e felice
scenda nel tuo cuore come nel mio!
ROMEO Oh, tu mi lasci
con tanto desiderio!
GIULIETTA E che desiderio puoi avere
questa notte?
ROMEO Scambiare il tuo amore con il mio.
GIULIETTA
Prima che lo chiedessi, io t'ho dato il mio,
e vorrei non averlo ancora dato.
ROMEO Vorresti, forse,
riprenderlo? E per quale ragione, amore mio?
GIULIETTA
Per offrirlo ancora una volta. Io desidero
quello che possiedo; il mio cuore, come il mare,
non ha limiti e il mio amore è profondo
quanto il mare: più a te ne concedo
più ne possiedo, perché l'uno e l'altro
sono infiniti. Sento qualche rumore
nella casa; caro amore, addio!
La NUTRICE chiama dall’ interno
"Subito, mia buona nutrice." E tu, amato Montecchi
sii fedele: aspetta un momento il mìo ritorno. Esce
ROMEO
O felice, felice
notte! Io temo, poi ch'è notte,
che sia un sogno il mio, dolce di lusinghe
e non realtà.
GIULIETTA torna al balcone
GIULIETTA Due parole, mio caro, e poi
davvero, buona notte. Se questo tuo amore
è onesto e mi vuoi come sposa, domani
mandami a dire da chi verrà da te,
dove e in che giorno compiremo il rito,
avrai allora ai tuoi piedi la mia sorte,
e verrò con te, mio signore, in tutto il mondo.
NUTRICE
(Dall' interno) Signora!
GIULIETTA "Vengo subito! " Ma se il tuo amore
non è onesto, ti supplico...
NUTRICE
(Dall'interno) Signora!
GIULIETTA " Vengo, vengo ! "
Non parlarmi più e lasciami al mio dolore;
domani manderò qualcuno...
ROMEO Per la salvezza dell'anima mia...
GIULIETTA
Mille volte buona notte! Esce
ROMEO Mille volte cattiva notte,
ora che mi manca la tua luce. Amore va verso amore
come i ragazzi fuggono dai libri;
ma amore lascia amore con la malinconia
dei ragazzi quando vanno a scuola.
GIULIETTA torna al balcone
GIULIETTA
Pss! Romeo! Pss! O se avessi voce di falconiere
per richiamare il mio falco gentile.
Il prigioniero parla sottovoce, non può urlare;
certo saprei spezzare la caverna
dove Eco si chiude, e fare la sua voce aerea più fioca
della mia, a furia di ripetere il nome di Romeo.
ROMEO
Forse è l'anima mia che mormora il mio nome.
Come nella notte la voce degli amanti
ha chiaro suono d'argento, di musica dolcissima,
all'orecchio che ascolta!
GIULIETTA Romeo!
ROMEO Mia cara!
GIULIETTA
A che ora, domani, vuoi che mandi da te?
ROMEO
Alle nove.
GIULIETTA Non tarderò. Mancano vent'anni
fino a quell'ora. Non ricordo perché t'ho richiamato.
ROMEO
Lasciami qui finché tu lo ricordi.
GIULIETTA Allora lo scorderò,
perché tu resti, ricordando solo la cara
tua compagnia.
ROMEO E io rimango se ancora
non ricordi, dimenticando qui ogni altra casa,
tranne questa.
GIULIETTA È quasi giorno, ed io vorrei
che tu fossi andato; ma non più in là d'un uccello
c he una fanciulla libera dalla mano,
come un povero prigioniero dalle catene,
e poi con un filo di seta lo riporta a sé,
amante gelosa di quella libertà.
ROMEO
Vorrei essere io
quell'uccello.
GIULIETTA Anch'io lo vorrei, caro;
ma avrei paura d'ucciderti con le mie carezze.
Buona notte, buona notte! Lasciarti è dolore
così dolce che direi buona notte fino a giorno. Esce
ROMEO
Scenda sui tuoi occhi il sonno, e la quiete
nel tuo cuore! Oh, fossi il sonno e la quiete
per riposare così dolcemente! Ora andrò via,
dal mio padre spirituale, a chiedere il suo aiuto,
a dirgli del mio felice incontro di stanotte. Esce
[II III.]
Entra FRATE LORENZO con una cesta
FRATE LORENZO
II mattino dagli occhi grigi sorride alla cupa notte,
mandando strisce di luce verso le nuvole d'oriente;
e l’oescurità già livida di macchie, come un ubriaco che
[barcolla,
si allontana dal sentiero del giorno e dalle ruote di
[fuoco del Titano.
Ora, prima che il sole giunga col suo occhio di fiamma
a rallegrare il giorno e ad asciugare
l'umida rugiada della notte,
devo riempire questo paniere di vimini
con erbe velenose e fiori dal succo prezioso,
La terra è madre e tomba della natura:
i1 suo sepolcro è il grembo dal quale ha origine
la sua vita; e noi vediamo nascere
da questo grembo figli di varie specie, che succhiano
dal suo seno. Alcuni, ottimi per numerose virtù
(nessuno che ne sia privo), e ognuno differente dal-
[l'altro.
Oh, come grande e potente è la virtù che risiede nelle
[piante,
nelle erbe, nelle pietre, e nelle loro più segrete qua-
Infatti nulla esiste sulla terra di cosi umile, [lità!
che non possa dare alla terra qualche bene particolare;
e nulla è così buono che, sviato dal suo uso,
non si ribelli alla sua vera natura, cadendo nell'abuso.
La virtù stessa, male adoperata, può diventare un
[vizio,
e qualche volta il vizio si nobilita per la sua azione.
Sotto la tenera membrana di questo fragile fiore,
c'è insieme un veleno e un potere medico;
infatti se l'odori, eccita ogni senso,
se lo assaggi, ferma il cuore e tutti i sensi.
Come nelle erbe, così nell'uomo stanno accampati
due re nemici: la grazia e la volontà spietata.
E quella pianta dove predomina la peggiore di queste
forze, è presto divorata dal cancro della morte.
Entra ROMEO
ROMEO
Buon giorno, padre.
FRATE LORENZO Benedicite!
Quale voce mi saluta tanto dolcemente di primo mat-
[tino?
Mio giovane figliolo, se tu dai così presto il buon-
[giorno
al tuo letto, significa che qualcosa agita la tua mente;
solo negli occhi dei vecchi veglia l'inquietudine,
e dove c'è l'inquietudine non c'è mai il sonno.
Ma dove stende le membra la forte gioventù,
che ha la mente libera, là regna un sonno felice.
Perciò, la tua visita mattutina mi dice
che qualche preoccupazione ti ha fatto alzare dal letto,
o se non è così, questa volta credo d'indovinare:
il nostro Romeo questa notte non è andato a dormire.
ROMEO
Quest'ultima tua ipotesi è vera; ma il mio riposo
è stato più dolce
delle altre notti.
FRATE LORENZO
Dio perdoni il tuo peccato! Sei stato con Rosalina?
ROMEO
Con Rosalina? No, mio padre spirituale;
ho dimenticato quel nome e ogni sua tristezza.
FRATE LORENZO
Bene, figliolo; ma dove sei stato, allora?
ROMEO
Te lo dirò prima che me lo domandi un'altra volta.
Sono stato a una festa in casa del mio nemico;
e là di colpo fui ferito da chi avevo ferito.
Non c'è che un solo rimedio per tutti e due,
ed è il tuo aiuto e la medicina benedetta che tu ci
Io non odio nessuno, padre; e come vedi, [darai,
ti prego anche per il mio nemico.
FRATE LORENZO
Sii chiaro, mio buon figliolo, e dimmi brevemente
11 significato del tuo discorso; una confessione ambi-
non può avere che un'assoluzione poco chiara, [gua
ROMEO
Allora ti dirò apertamente che il mio cuore
ha posto il suo amore più caro nella bella figlia
del ricco Capuleti; e come il suo amore è posto nel
[mio,
così il mio è nel suo. Tutto è combinato fra noi:
resta solo da fare ciò che spetta a te,
celebrare il santo matrimonio. Quando, dove e come
ci siamo incontrati, abbiamo parlato d'amore, e ci
[siamo
scambiate la nostra promessa, te lo dirò strada fa-
ma intanto, ti prego di sposarci oggi stesso, [cendo;
FRATE LORENZO
Benedetto San Francesco! Che mutamento è questo?
Hai già dimenticato Rosalina, che dicevi di amare
così teneramente? Allora l'amore dei giovani
non si trova nel cuore, ma solo negli occhi.
Gesummaria!
Eppure, quante lacrime
hanno bagnato le tue pallide guance!
Quant'acqua salata hai sparso inutilmente
per dare sapore a un affetto che ora non vuoi più
[gustare
II sole non ha ancora schiarito il cielo dalla nebbia
dei tuoi sospiri, e i tuoi lamenti d'un tempo
risuonano nel mio orecchio; e qui sulla tua guancia
è rimasto il segno di un'antica lacrima
che non si è ancora asciugata. Se tu eri te stesso
e tuoi i sospiri, tu e i sospiri eravate unicamente
per Rosalina. Sei tu dunque mutato?
Allora ripeti questa sentenza: "Le donne
possono cadere, dato che agli uomini manca ogni
ROMEO [forza".
Tu mi hai spesso rimproverato perché amavo Rosa-
FRATE LORENZO [lina.
Non di amarla, ma la tua furia nell'amore, mio fi-
ROMEO [gliolo.
E mi hai pure suggerito di seppellire quest'amore.
FRATE LORENZO
Ma non di mettere un amore nella tomba
per tirarne fuori un altro.
ROMEO
Ti prego, non rimproverarmi: quella che amo ora,
mi rende grazia per grazia, e amore per amore:
l'altra non faceva così.
FRATE LORENZO Perché aveva capito
che il tuo amore recitava a memoria, e non sapeva
né leggere né scrivere. Ma, vieni, volubile ragazzo,
vieni con me; andiamo: per una sola ragione
voglio aiutarti: perché questo matrimonio potrebbe
far mutare in sincero amore l'odio delle vostre fa-
ROMEO [miglie,
Su, andiamo, bisogna fare presto.
FRATE LORENZO
Calma e saggezza: chi corre troppo inciampa.
Escono
[II IV.]
Entrano BENVOLIO e MERCUZIO
MERCUZIO
Dove diavolo sarà questo Romeo?
Non è tornato a casa stanotte?
BENVOLIO
A casa di suo padre, no; ho parlato col suo servo.
MERCUZIO
Certo quella pallida sgualdrina dal cuore duro,
quella Rosalina lo tormenta fino a farlo diventare
BENVOLIO [pazzo.
Tebaldo, parente del vecchio Capuleti,
ha mandato una lettera a casa di suo padre.
MERCUZIO Una sfida, certo.
BENVOLIO Romeo gli risponderà.
MERCUZIO Chiunque sa scrivere, può rispondere a una
lettera.
BENVOLIO Ma no, volevo dire che risponderà con la
sfida a chi gli ha scritto la lettera; sfida per sfida.
MERCUZIO Povero Romeo, sei già morto! Ferito dagli
occhi neri di una bianca fanciulla, colpito all'orecchio
da un canto d'amore, trafitto nel centro del cuore dal-
la freccia del piccolo arciere cieco. Ti pare un uomo
che può battersi con Tebaldo?
BENVOLIO Perché? Che cosa è dunque questo Tebaldo?
MERCUZIO Certo più del principe dei gatti, te lo
posso assicurare. Oh, egli è valoroso campione dì
cerimonie! Si batte con la stessa facilità con la quale
tu canti un'arietta, sa tenere il tempo, la distanza e la
misura; ti fa prender fiato in una pausa e poi, uno,
due, tre, è nel tuo petto! È proprio un beccaio dei
bottoni di seta: un vero maestro di spada, uno spa-
daccino; un
gentiluomo d'antica stirpe, di prima e
seconda causa. Ah, che immortale "passado"! Che
"punto reverso"! che "hai"!
BENVOLIO Che cosa dici?
MERCUZIO Peste ai grotteschi balbuzienti, bizzarri am-
biziosi; a questi nuovi coniatori di parole! "Cristo,
che buonissima lama! " "Che grand'uomo! " "Che per-
fetta puttana!" Vecchio mio, com'è triste essere af-
flitti da questi mosconi stranieri, da questi figurini
alla moda, da questi pardonnez-moi che tengono tan-
to all'ultimo modello, e che per non sciuparlo hanno
paura di sedersi comodamente sulle vecchie panche!
Oh, quei loro bons, quei loro bons!
Entra ROMEO
BENVOLIO Ecco Romeo, ecco Romeo!
MERCUZIO Guarda com'è secco e sfiancato, sembra
un'aringa senz'uova. O carne, carne, diventata pe-
sce! Ora è per le rime nelle quali Petrarca era molto
versato. Laura, a paragone della sua donna, era una
lavapiatti (ma aveva un amante più abile nel cantar-
la); Bidone, una cialtrona; Cleopatra, una zingara;
Elena ed Ero, miserabili puttane; Tisbe, nient'altro
che un occhio di gatto o qualcosa di simile: ma que-
sto non importa. Signor Romeo, bon jour: ecco
un saluto francese, per le tue brache alla francese. Ce
l'hai fatta bella, stanotte!
ROMEO Buongiorno a tutti e due. Ma che cosa ho fatto?
MERCUZIO Ti sei ritirato di colpo, signore: una riti-
rata! Capisci?
ROMEO Pardon, mio buon Mercuzio, avevo un grande
affare, e in un caso come il mio, un uomo può anche
forzare la cortesia.
MERCUZIO II che vuol dire che un caso come il tuo
forza un uomo a piegarsi sulle natiche per...
ROMEO Per fare un inchino?
MERCUZIO L'hai
capita nel modo più gentile.
ROMEO Certo, è un'interpretazione molto cortese.
MERCUZIO Sì! Io sono proprio il pinco della cortesia.
ROMEO Pinco per dire fiore.
MERCUZIO Precisamente.
ROMEO Allora anche il mio scarpino che ha la forma
d'un pinco, è un bel fiore.
MERCUZIO Questo è vero spirito; continua pure su
questo tono, finché tu non abbia rotto il tuo scarpi-
no; e quando l'unica suola di esso sarà consumata,
resterà da consumare la tua arguzia unica e sola.
ROMEO O arguzia a una sola suola; singolare solo per
la sua mancanza di singolarità.
MERCUZIO Vieni qui fra noi, Benvolio; il mio spirito
sta per esaurirsi.
ROMEO Vieni con frusta e speroni, frusta e speroni! O
avrò già vinto la gara.
MERCUZIO Anzi : se le nostre arguzie corrono alla cac-
cia dell'oca selvatica, io sono spacciato, perché in una
delle tue c'è più oca selvatica che in cinque delle
mie: ne sono certo. E nella caccia, ero con te a fare
la parte dell'oca?
ROMEO Tu sei stato con me soltanto per fare l'oca.
MERCUZIO Ti morderò un orecchio in premio della
tua arguzia.
ROMEO No, buon'oca, non mordermi.
MERCUZIO II tuo spirito è agrodolce; è una salsa mol-
to piccante.
ROMEO E non è forse ben servita con un'oca dolce?
MERCUZIO Ecco dello spirito di pelle di capretto, che
dalla misura di un pollice, a furia di tirare, diventa
largo come un braccio.
ROMEO Io lo tiro fino a quella parola "largo" che ag-
giunta ad "oca" dimostra in lungo e in largo che sei
una grossa oca.
MERCUZIO Be'! Non è meglio questo che spasimare
d'amore? Ora, finalmente, sei trattabile; ora sei Ro-
meo, ora sei
veramente quale ti ha fatto natura e ar-
te; perché quest'amore che tormenta è come un gran
balordo che corre penzoloni in su e in giù per ficcare
il suo balocco in un buco.
BENVOLIO Basta! Basta!
MERCUZIO Tu vuoi fermare il mio argomento pro-
prio "contro il pelo".
BENVOLIO Altrimenti lo avresti fatto troppo lungo,
MERCUZIO Oh, ti sbagli; l'avrei fatto corto, perché ero
già arrivato in fondo, e non intendevo andare più
addentro con il mio argomento.
ROMEO Ecco un bell'arnese!
Entrano la NUTRICE e PIETRO
Una vela, una vela!
MERCUZIO Due, due! Una camicia da uomo e una da donna!
NUTRICE Pietro!
PIETRO Che c'è?
NUTRICE II mio ventaglio, Pietro.
MERCUZIO Daglielo, mio buon Pietro: così potrà na-
scondere la faccia; quella del ventaglio è più bella.
NUTRICE Dio vi conceda il buongiorno, signori!
MERCUZIO E a voi la buona sera, bella gentildonna!
NUTRICE È già ora della buona sera?
MERCUZIO Appunto, ve lo dico io; poiché l'asta osce-
na della meridiana è sul buco di mezzogiorno.
NUTRICE Finitela! Che uomo siete?
ROMEO Un uomo, mia gentildonna, che Dio ha creato
per far danno a se stesso.
NUTRICE Parola mia, veramente ben detto, questo
"per far danno a se stesso"! Signori, qualcuno di voi
sa dirmi dove posso trovare il giovane Romeo?
ROMEO Posso dirvelo io; ma il "giovane" Romeo,
quando l'avrete trovato, sarà più vecchio di quando
lo cercavate. In mancanza di peggio, io sono il più
giovane di questo
nome.
NUTRICE Va bene!
MERCUZIO Come: va "bene"il "peggio"? Molto ben
detto, in verità: che saggezza, che saggezza!
NUTRICE Se siete voi Romeo, signore, desidero farvi
una confidenza.
BENVOLIO Vorrà, forse, comunicargli un invito a cena.
MERCUZIO Una ruffiana, una ruffiana, una ruffiana! At-
tenzione: là!
ROMEO Che cosa hai trovato?
MERCUZIO Non certo una lepre, signore; a meno che
non sia una lepre, signore, da pasticcio di quaresima,
che sa di muffa prima d'essere mangiata.
Gira loro intorno canticchiando:
"Una vecchia lepre che puzza di muffa,
una vecchia lepre che puzza di muffa,
è un'ottima pietanza di Quaresima:
ma una lepre che puzza di muffa
è anche troppo per venti persone
se già puzza di muffa alla vista."
Romeo, non vieni da tuo padre? Noi andiamo a pran-
zo a casa tua.
ROMEO Vengo anch'io.
MERCUZIO Addio, mia vecchia signora, addio! Signo-
ra, signora, signora! Escono MERCUZIO e BENVOLIO
NUTRICE Sì, addio! Vi prego, signore, ditemi: che tipo
di sfacciato mercante era costui, con tutta quella vol-
gare merce da forca?
ROMEO Un gentiluomo, nutrice, che gode ad ascoltarsi
quando parla, e che in un minuto è capace di dire
più parole di quelle che ascolta in un mese.
NUTRICE Se crede di parlare contro di me, lo saprò
mettere a posto, fosse più forte di quanto è, e più
forte di venti pezzi da forca come lui; e se non baste-
rò io, troverò chi mi aiuterà. Volgare furfante! Non
sono una delle sue puttanelle, io; non sono una della
sua brigata! (Rivolta
a PIETRO) E tu, come puoi an-
cora stare lì fermo e tollerare che un qualsiasi fara-
butto si serva di me per il suo piacere?
PIETRO Io non ho mai visto un uomo servirsi di voi
per il suo piacere. Se lo avessi visto, avrei sfoderato
subito il mio stocco, ve lo assicuro. Io ho il coraggio
di sfoderare la spada come chiunque altro, se mi ca-
pita l'occasione in una giusta lite, e quando la legge
è dalla mia parte.
NUTRICE Ve Io giuro davanti a Dio: sono così invipe-
rita, che tremo tutta. Volgare farabutto! Vi prego,
signore: una parola. Come vi stavo dicendo, la mia
giovane padrona mi ha mandato a cercarvi. Terrò per
me quello che mi ha ordinato di dirvi. Ma lasciate
che prima di tutto vi dica che, se avete intenzione di
condurla nel paradiso dei pazzi, come si dice, vi com-
portereste, come si dice, in un modo indegno; perché
questa gentildonna è giovane, e se credete di fare con
lei il doppio gioco sarebbe una cattiva azione verso
una gentildonna, e il vostro modo di comportarvi
veramente meschino.
ROMEO Nutrice, puoi raccomandarmi alla tua signora
e padrona! Io ti giuro...
NUTRICE Che buon cuore! Vi assicuro che le dirò
tutto. O Signore, Signore! Sarà una donna felice!
ROMEO Ma che le dirai, nutrice, se ancora non ho par-
lato?
NUTRICE Le dirò, signore, che voi avete giurato; e,
secondo me questa è una promessa da gentiluomo.
ROMEO
Dille che trovi, nel pomeriggio, un pretesto
per andare da frate Lorenzo a confessarsi.
E nella sua cella, infatti, si confesserà
e si sposerà. Questo è per il tuo disturbo.
NUTRICE No, signore, neppure un soldo, veramente...
ROMEO Andiamo, accettalo, ti dico.
NUTRICE Oggi nel pomeriggio, signore? Va bene sa-
rà là.
ROMEO
E tu, buona nutrice, entro quest'ora,
aspetta dietro il muro del convento;
il mio servo ti porterà una scala di corda
che nel segreto della notte mi porterà in alto,
al colmo della felicità. Addio, sii fedele,
ed io compenserò le tue fatiche.
Addio, raccomandami alla tua padrona.
NUTRICE
Ed ora, Iddio ti benedica! Ascoltate, signore.
ROMEO
Parla, mia cara nutrice!
NUTRICE
È fidato il vostro servo? Non avete mai sentito dire
che due persone possono serbare un segreto
se soltanto una sola lo conosce?
ROMEO
Ti assicuro, non parla; il mio servo resiste come l'ac-
[ciaìo.
NUTRICE Bene, signore. La mia padroncina è la più
gentile delle fanciulle. Signore, Signore! Bisognava
vederla quand'era una piccola cosa che cinguettava!
Oh' C'è in città un nobile, un certo Paride, che si
batterebbe volentieri per lei; ma lei, anima cara,
quando lo vede, preferirebbe avere davanti un rospo,
proprio un rospo. Io qualche volta la faccio andare
in collera dicendole che Paride è l'uomo adatto per
lei: ma, vi assicuro, quando le dico così, essa diventa
più pallida d'un panno. "Rosmarino" e "Romeo" non
cominciano con la stessa lettera?
ROMEO Sì, nutrice. E con ciò? Tutte e due cominciano
con R.
NUTRICE Ah, buffone! Ma così fa il cane. R è per
il... No; so che incomincia con un'altra lettera, ed
essa unisce voi al rosmarino con un grazioso giro di
parole, che se lo sentiste vi farebbe felice.
ROMEO
Raccomandami alla tua signora.
NUTRICE Sì; mille volte! Pietro!
PIETRO Eccomi!
NUTRICE Pietro, prendi il mio ventaglio e va' avanti.
Escono
[II V.]
Entra GIULIETTA
GIULIETTA
Battevano le nove quando ho mandato la nutrice,
ed essa mi aveva assicurato che sarebbe tornata
in una mezz'ora. Forse non è riuscita a trovarlo.
No, non è così. Oh, ma è zoppa!
I messaggeri d'amore dovrebbero essere i pensieri,
che corrono dieci volte più dei raggi del sole,
quando cacciano le ombre dalle cime dei monti.
Per questo, colombe dalle ali veloci portano Amore;
e per questo, Cupido, fulmineo come il vento,
ha le ali. Il sole è già al punto più alto del suo corso,
e dalle nove alle dodici vi sono tre lunghe ore,
ed essa non è ancora tornata. Se il suo cuore fosse
agitato dagli affetti e dal sangue caldo della giovi-
essa si muoverebbe rapida come una palla. [nezza,
Le mie parole la lancerebbero verso il mio dolce
e quelle di Romeo verso di me. [amore,
Ma i vecchi, molte volte, sembrano già morti:
incerti, lenti, pesanti e lividi come il piombo.
Entrano la NUTRICE e PIETRO
Dio mio! Eccola! Che notizie mi porti,
cara nutrice? L'hai veduto? Manda via quell'uomo!
NUTRICE
Pietro, aspettami
fuori della porta. [PIETRO esce]
GIULIETTA
"Dunque, mia buona e dolce nutrice?... Oh, Dio, per-
[chè
hai un aspetto così triste? Anche se le notizie sono
[cattive,
dimmele sorridendo: se sono buone., non guastare
la loro dolce musica suonandole con un viso così duro.
NUTRICE
Sono stanca! Lasciatemi riposare un momento.
Ahi, come mi fanno male le ossa! Che corsa ho fatto!
GIULIETTA
Ti darei volentieri le mie ossa, per avere le tue no-
Su, parla, ti prego, cara, cara nutrice; parla! [tizie!
NUTRICE
Gesù, che fretta! Non potete aspettare un momento?
Non vedete che sono senza fiato?
GIULIETTA
Come puoi essere senza fiato, se hai fiato
per dirmi che sei senza fiato? La scusa
per non parlare subito è più lunga del racconto
che ti scusi di non poter fare. Insomma, le notizie
sono buone o cattive? Rispondi almeno a questo;
dimmi l'una o l'altra parola, e poi aspetterò il resto.
Accontentami: sono buone o cattive?
NUTRICE Ebbene, avete fatto una scelta infelice; voi
non sapete proprio scegliere un uomo! Romeo? No,
non è l'uomo per voi. La sua faccia è più bella di
tutte; però la sua gamba è più diritta di qualunque
altra; delle mani, poi, dei piedi, dell'aspetto, è inu-
tile parlarne: sono incomparabili. Egli non è il fiore
della cortesia ma, ve lo garantisco, è docile come un
agnello. Segui la tua strada, fanciulla mia; servi Dio.
Come, avete già pranzato?
GIULIETTA
No, no! Ma tutto questo lo sapevo già.
Che cosa dice
delle nostre nozze? Che ne pensa?
NUTRICE
Dio, come mi fa male la testa! Oh, la mia testa!
Me la sento spaccare in venti pezzi.
Oh, la mia schiena, proprio qui dietro; oh, la mia
oh, la mia schiena! Che cuore duro avete! [schiena,
Mandarmi in giro di corsa in su e giù per afferrare la
GIULIETTA [mia morte.
Credimi, mi dispiace che tu non stia bene.
Ma, mia cara, mia cara, mia cara nutrice: che dice il
[mio amore?
NUTRICE II vostro amore, da gentiluomo onesto, cor-
tese, gentile, bello, e, ve lo assicuro, virtuoso, mi ha
detto... Ma dov'è vostra madre?
GIULIETTA
Dov'è mia madre? Ma è in casa; e dove dovrebbe
[essere?
Che strano modo di rispondere; "il vostro amore,
da gentiluomo onesto, dice: dov'è vostra madre?".
NUTRICE
O Madonna santa! Vi scaldate così presto?
Vergine mia, vi lascio immaginare...
E questo sarebbe il balsamo per le mie ossa doloranti?
D'ora in poi i vostri messaggi li porterete voi stessa.
GIULIETTA
Oh, quante storie! Su, che cosa dice Romeo?
NUTRICE
Avete avuto il permesso di andare oggi a confessarvi?
GIULIETTA Sì.
NUTRICE
Allora, andate presto da frate Lorenzo.
Là c'è un marito che vuole farvi sposa.
Ecco che il sangue ardente vi sale alle guance;
per qualsiasi sciocchezza diventano scarlatte.
Correte in chiesa; io andrò da un'altra parte
a prendere una scala, con la quale il vostro amore,
appena farà buio, salirà come al nido di un uccello.
Ora lavoro come un
facchino per la vostra felicità;
ma stanotte il peso lo porterete voi.
Andiamo; io vado a cenare, e voi correte da frate
GIULIETTA [Lorenzo.
Volo verso la suprema felicità! Addio, mio buona
[nutrice! Escono
[II. VI.]
Entrano FRATE LORENZO e ROMEO
FRATE LORENZO
II Cielo sorrida felicemente a questo sacro rito,
e che l'avvenire non lo rimproveri con qualche dolore.
ROMEO
Amen, Amen! Ma nessun dolore potrà mai
uguagliare la gioia che mi da un solo istante
della sua presenza! Congiungi le nostre mani
con le tue devote parole; e poi sia fatta
la volontà della morte che divora l'amore.
Io voglio soltanto chiamare mia il mio amore.
FRATE LORENZO
Le gioie violente hanno fine violenta, e muoiono
nel loro trionfo come il fuoco e la polvere
che si consumano in un bacio. Il miele più soave
nausea per la troppa dolcezza, e basta assaggiarlo,
per non averne più desiderio. Amatevi, dunque,
con misura; così l'amore durerà più a lungo.
Chi è troppo veloce, arriva tardi, come chi va troppo
[lentamente.
Entra GIULIETTA impetuosamente. Abbraccia ROMEO
Ecco la fanciulla! Oh, un piede così leggero
non consumerà mai la pietra eterna! Un amante
può cavalcare sul filo di ragno che oscilla nell'aria
[vivace
dell'estate, e non
cadere, tanto è leggera la vanità.
GIULIETTA
Buona sera al mio padre spirituale!
FRATE LORENZO
Romeo ti ringrazierà per tutti e due, figliola!
GIULIETTA
E saluto anche lui, altrimenti non meriterei il suo
ROMEO [ringraziamento.
Oh, Giulietta, se la misura della tua gioia
è piena come la mia, e la tua arte è superiore alla mia
[nell'esprimerla, allora fa dolce
col tuo respiro l'aria che ci circonda
e lascia che la soave armonia della tua voce
esprima la felicità sovrumana che noi riceviamo
l'uno dall'altro con questo caro incontro!
GIULIETTA
II sentimento, più ricco di sostanza che di parole,
si vanta della sua essenza, non delle forme vane.
Solo i poveri possono contare le loro ricchezze;
ma il mio amore sincero è cresciuto in così forte mi-
[sura,
che io non posso calcolare nemmeno la metà della mia
FRATE LORENZO [ricchezza.
Venite, venite con me; faremo in fretta;
col vostro permesso, non posso lasciarvi soli, finché
la santa Chiesa non vi abbia uniti in una sola persona.
Escono
[III. I.]
Entrano MERCUZIO, BENVOLIO, e i loro servi
BENVOLIO
Ti prego, caro Mercuzio, con questo caldo
è meglio andare a casa; poi i Capuleti sono fuori
e se dovessimo incontrarli, non potremmo evitare
una lite; in queste giornate torride,
il sangue
s'infuria e ribolle.
MERCUZIO Mi sembri uno di quei tali che appena en-
trano in una taverna sbattono la spada sulla tavola e
dicono: "Dio non voglia che abbia bisogno di te", e
al secondo bicchiere la impugnano senza alcun motivo
per minacciare l'oste.
BENVOLIO Mi credi uno di quei tipi?
MERCUZIO Ma va'. Sei così focoso di natura, come
nessun altro in Italia; e con tanta facilità ti lasci tra-
sportare dalla collera quanto la collera è pronta a
trasportarti.
BENVOLIO E che cosa ancora?
MERCUZIO Oh, niente: se ci fossero al mondo due co-
me te, li perderemmo subito, perché si ucciderebbero
a vicenda. Insomma, tu litigheresti con uno soltanto
perché la sua barba ha un pelo di più o di meno della
tua; con un altro perché schiaccia nocciole, e tu hai
occhi color nocciola: e quale altro occhio, se non il
tuo, sarebbe capace di vedere un tale motivo di lite?
La tua testa è piena come un uovo, ma di liti; e, a
furia di litigare, ha ricevuto tante scosse che s'è ri-
dotta alla fine come un uovo fradicio. Hai litigato con
uno che tossiva per la strada, dicendo che aveva sve-
gliato il tuo cane che dormiva al sole; e poi con un
sarto perché portava un giustacuore nuovo, prima di
Pasqua; e con un altro perché aveva dei nastri vecchi
alle sue scarpe nuove. E proprio tu ora vieni a farmi
una predica contro le liti?
BENVOLIO Ma io non sono come te pronto ad attaccare
briga e, per dimostrartelo, potrei scommettere con
chiunque un'ora e un quarto di vita, contro la pro-
prietà pura e semplice di tutta la mia vita.
MERCUZIO La proprietà pura e semplice? Oh, puro e
semplice!
Entrano TEBALDO e altri
BENVOLIO Per il
mio capo, ecco i Capuleti,
MERCURIO Per i tacchi delle mie scarpe, non me n'im-
porta!
TEBALDO
State al mio fianco: voglio parlare con loro.
Buongiorno, signori; una parola a uno di voi!
MERCUZIO Soltanto una parola? E con uno solo di
noi? Aggiungetevi qualcosa; facciamo, una parola e
un colpo.
TEBALDO Sono pronto anche a questo, ma datemene
l 'occasione.
MERCUZIO E non potete prendere voi l'occasione sen-
za che vi sia data?
TEBALDO Mercuzio, hai preso accordi con Romeo...
MERCUZIO Accordi? Ci prendi per giullari? Se ci con-
sideri giullari, preparati a udire i nostri "disaccordi".
Ecco l'archetto del mio violino [tocca la spada];
con questo ti farò ballare. E sentirai che accordi!
BENVOLIO
Stiamo parlando in mezzo alla gente;
o ci appartiamo in qualche luogo chiuso
a ragionare con calma delle nostre beghe,
oppure separiamoci; qui tutti ci guardano.
MERCUZIO
Gli occhi sono fatti per guardare, lasciate dunque
[che guardino.
Non mi muoverò per far piacere a nessuno, io.
Entra ROMEO
TEBALDO
Ah, la pace sia con voi, signore. Ecco il mio uomo.
MERCUZIO
Ehi, signore, mi farò impiccare se porta la vostra
[livrea!
Avanti, scendete per primo sul terreno: lo vedrete
al vostro "seguito"; e solo allora vostra Signoria
potrà veramente
chiamarlo "suo uomo".
TEBALDO
Romeo, l'amore che ho per te non trova un modo
migliore di esprimersi: "Sei un vigliacco! ".
ROMEO
Tebaldo, la ragione per la quale ti voglio bene,
mi permette di scusare l'offesa violenta
del tuo saluto. Non sono un vile;
perciò, addio! Vedo che non mi conosci.
TEBALDO
Ragazzo, questo non ripara la tua offesa;
voltati, dunque, e mano alla spada.
ROMEO
Ti assicuro che non ti ho mai offeso;
e ripeto che ti voglio bene, più di quanto
tu possa immaginare. Potrai credere al mio affetto,
quando ne conoscerai la ragione. E questo dovrebbe
[bastarti,
mio buon Capuleti (nome che mi è caro quanto il
MERCUZIO [mio).
Che fredda, disonorevole e vile sottomissione!
Ah, una stoccata la porti via. [Tira fuori la spada]
Tebaldo, acchiappasorci, vuoi fare qualche passo?
TEEALDO
Vuoi qualche cosa da me?
MERCUZIO Nulla, buon re dei gatti: solo una delle tue
nove vite, con la quale intendo farmi più audace. Poi,
secondo come ti comporterai con me, mi propongo
di picchiare secco sulle altre otto. Vuoi tirare per le
orecchie la tua spada dal fodero? Sbrigati, se non
vuoi avere la mia spada intorno alle tue orecchie pri-
ma che la tua sia fuori.
TEBALDO Ai tuoi ordini. [Tira fuori la spada]
ROMEO
Metti giù la spada, caro Mercuzio.
MERCUZIO
Avanti, signore; il vostro colpo. [Si battono]
ROMEO
Fuori la spada, Benvolìo, e disarmiamoli con un colpo.
Signori, vergognatevi: evitate questa infamia.
Tebaldo! Mercuzio! Il Principe ha severamente
proibito le risse nelle vie di Verona.
Fermati, Tebaldo! Fermo, caro Mercuzio!
TEBALDO ferisce MERCUZIO passando sotto il braccio
di ROMEO e fugge
MERCUZIO Sono ferito!
Peste alle vostre due famiglie! È finita:
e quello se n'è andato, e non ha nulla?
BENVOLIO Come, sei ferito?
MERCUZIO
Sì, sì, un graffio, un graffio; ma perdio, basta.
Dov'è il mio paggio? Va', furfante, cerca un medico!
ROMEO
Coraggio! La ferita non può essere grave.
MERCUZIO No, non è profonda come un pozzo né lar-
ga come il portale di una chiesa. Ma è sufficiente;
basterà! Chiedete di me, domani, e troverete un uo-
mo severo. Ti assicuro che sono condito per questa terra.
Peste sulle vostre due case! Perdio, un cane,
un topo, un sorcio, un gatto per graffiare a morte un
uomo! Uno spaccone, un furfante, un farabutto che
si batte con precisione matematica! Perché diavolo
vi siete messo fra noi due? Sono stato colpito di sot-
to al tuo braccio.
ROMEO Io ho creduto di fare bene.
MERCUZIO
Aiutami, Benvolio; portami in una casa qualunque;
mi sento mancare. Peste alle vostre famiglie!
Mi hanno ridotto cibo per i vermi:
l'ho presa e proprio secca. Ah, le .vostre case!
Esce MERCUZIO [sorretto da BENVOLIO]
ROMEO
Questo gentiluomo,
parente del Principe,
e mio vero amico, è stato colpito a morte
per causa mia. II mio onore è macchiato
dall'offesa di Tebaldo che da un'ora è mio cugino.
O dolce Giulietta, la tua bellezza mi ha reso effemi-
[nato
e ha indebolito la tempra d'acciaio del mio coraggio.
Rientra BENVOLIO
BENVOLIO
Oh, Romeo, Romeo, il valoroso Mercuzio è morto!
Quel nobile spirito, sdegnando la terra
molto prima del tempo, ha voluto raggiungere le
ROMEO [nuvole.
Il cupo fato di questo giorno penderà
su molti giorni che verranno; questo inizia la sven-
altri la compiranno. [tura:
Rientra TEBALDO
BENVOLIO
Ecco di ritorno il furioso Tebaldo.
ROMEO
Vivo e in trionfo! E Mercuzio è stato ucciso.
Torna al cielo, o prudente dolcezza; e tu ora guidami,
o furia dall'occhio di fuoco. Tebaldo, riprenditi il
["vile"
che mi hai detto poco fa, perché l'anima di Mercuzio
è solo poco più in alto delle nostre teste,
e aspetta che la tua vada a farle compagnia.
O tu o io, o insieme, dobbiamo raggiungerla.
TEBALDO
Tu, maledetto ragazzo, che fosti suo amico sulla terra,
sarai con lui lassù.
ROMEO Questa spada lo deciderà.
Si battono, TEBALDO cade
BENVOLIO
Vattene, Romeo, fuggì!
I cittadini sono già in allarme;
e Tebaldo è morto. Non stare lì sbalordito.
II Principe ti condannerà a morte, se ti prenderanno;
vattene, fuggì, fuggì!
ROMEO
Oh, come la sorte mi ha giocato!
BENVOLIO Perché non te ne vai?
Esce ROMEO
Entrano dei CITTADINI, ecc.
PRIMO CITTADINO
Da che parte è fuggito l'uomo che ha ucciso Mer-
Dov'è andato quell'assassino di Tebaldo? [cuzio?
BENVOLIO
Ma Tebaldo è qui a terra morto.
PRIMO CITTADINO Via, signore, seguitemi,
ve l'ordino in nome del Principe: obbedite!
Entrano il PRINCIPE, MONTECCHI, CAPULETI, le loro mogli e altri
PRINCIPE
Dove sono i vili che hanno provocato questa rissa?
BENVOLIO
O nobile Principe, io posso raccontarvi
come si è svolta questa rissa fatale.
Quell'uomo disteso là ha ucciso il valoroso Mercuzio,
vostro parente; ed è stato il giovane Romeo a ucci-
DONNA CAPULETI [derlo.
Tebaldo, mio nipote! Il figlio di mio fratello!
O Principe! O sposo! Si è sparso il sangue
di un mio caro parente! Principe, se sei giusto,
per il nostro sangue, fa scorrere sangue dei Mon-
O
nipote, nipote! [tecchi!
PRINCIPE
Benvolio, chi ha provocato questa rissa?
BENVOLIO
Tebaldo, che vedete qui morto, ucciso dalla mano di
di Romeo che gli parlava gentilmente [Romeo;
invitandolo a considerare quanto meschina
fosse la ragione della lire, e quale
grande dolore vi avrebbe procurato. E parlava
con modi cortesi, quasi con le ginocchia piegate, umil-
[mente;
e il suo sguardo era docile; ma non riuscì lo stesso
a calmare l'ira sfrenata di Tebaldo
che, sordo ad ogni parola di pace, vibrò un colpo
della sua spada al petto del valoroso Mercuzio.
E Mercuzio, con uguale furore, risponde punta contro
e con eroico disprezzo, prima svia [punta,
da se la fredda morte, e poi la rimanda a Tebaldo
che pronto la respinge. Allora Romeo urla:
" Fermi, arnie:, amici, dividetevi! ". E più veloce della
[lingua,
il suo agile braccio riesce ad abbassare le loro spade,
e poi si lancia :n mezzo a loro;
ma un malvagio colpo vibrato al di sotto
del braccio di Romeo, ferisce a morte Mercuzio.
Tebaldo fugge; ma torna subito indietro
verso Romeo, che medita vendetta
Rapidi come lampi si precipitano
l'uno contro l'altro. Prima ch'io potessi
separarli con la mia spada, il forte Tebaldo
veniva ucciso, e, mentre cadeva, Romeo fuggiva.
Questa è la verità, ch'io possa morire qui di colpo.
DONNA CAPULETI
Egli è parente dei Montecchi, l'affetto gli fa dire
bugie; non dice la verità. Erano almeno in venti
a combattere in questa rissa mortale,
e insieme riuscirono a uccidere un uomo.
Chiedo
giustizia, e tu, Principe, la devi fare.
Romeo uccise Tebaldo, e Romeo deve morire.
PRINCIPE
Romeo uccise Tebaldo, ma Tebaldo aveva ucciso Mer
chi ora pagherà questo sangue prezioso? [cuzio;
MONTECCHI
Non certo Romeo, Principe. Egli era amico di Mecu-
e la sua colpa coincide col diritto della legge [zio,
che condanna Tebaldo.
PRINCIPE E appunto per questo arbitrio
nei confronti della legge, lo condanniamo immedia-
[tamente
all'esilio. Il vostro odio ha colpito anche me.
A causa dei vostri violenti dissidi è stato versato san-
[gue mio;
e per questo v'impongo una multa così forte
che vi farò pentire della perdita da me subita.
Non ascolterò né difese né scuse; né pianti né pre-
[ghiere
serviranno a riscattare gli arbitrii in danno della
[legge;
perciò saranno inutili. Dunque, Romeo s'allontani
subito; se venisse trovato ancora qui
dopo il bando sarebbe messo a morte.
Portate via il corpo di Tebaldo e rispettate i miei
[ordini:
la clemenza è un delitto quando perdona un assas-
[sino. Escono
[III. II.]
Entra GIULIETTA
GIULIETTA
Correte
veloci, o cavalli dai piedi di fuoco
alla casa di Febo. Fetonte a colpi di frusta
vi avrebbe spinto con furia in occidente
e sarebbe già qui la cupa notte.
Stendi la tua cortina nera, o notte,
che proteggi l'amore; e gli occhi della luce
che fugge, chiuderanno le palpebre,
e Romeo verrà nelle mie braccia,
in segreto e difeso dal silenzio. Agli amanti
basta la loro bellezza come luce
nei convegni d'amore; e se l'amore è cieco,
è in armonia con la notte. Vieni, o gentile
notte, signora nella semplice veste nera,
e insegnami a perdere una gara
che sto per vincere, dove si giocano
due verginità intatte. Copri col nero manto
il sangue acceso che batte sul mio viso,
e fai l'amore timido più audace,
ma sempre puro in ogni suo abbandono.
Vieni, o notte, vieni, o Romeo; vieni, tu giorno nella
qui disteso sull'ali della notte [notte:
più bianco di fresca neve sopra un corvo.
Vieni, dolcissima notte, amorosa notte
dalle ciglia nere, dammi il mio Romeo,
e alla sua morte scioglilo in piccole stelle:
il volto del ciclo sarà così splendente
che tutti avranno amore per la notte
dimenticando di adorare il sole.
Oh, io ho comprato la reggia dell'amore
che ancora non possiedo. Io pure fui comprata
ma ancora non goduta! Oh, la noia
di questo giorno infinito come la notte
a una fanciulla che attende la festa
per adornarsi del vestito nuovo.
Entra la NUTRICE torcendosi le mani; con la scala dì corde
Oh,
ecco viene la mia nutrice che mi porta sue notizie.
Ogni lingua che pronunci soltanto il nome di Romeo
parla un linguaggio celeste.
Dunque, nutrice, che notizie mi porti? Che hai lì?
Le corde che Romeo ti disse di procurare?
NUTRICE Sì, sì, le corde. [Le getta per terra]
GIULIETTA
Ahimè, che notizie hai? Perché tormenti così le tue
NUTRICE [mani?
Ah, che giorno! Egli è morto, è morto, è morto!
Siamo perdute, o signora, siamo perdute!
Ah, che giorno! È andato, è stato ucciso, è morto!
GIULIETTA
II Cielo può essere così crudele?
NUTRICE Romeo può esserlo,
ma il Cielo non può. O Romeo! Romeo!
Chi l'avrebbe mai immaginato? Romeo!
GIULIETTA
Che diavolo sei tu, che mi tormenti così?
Questo supplizio farebbe ruggire anche nel tremendo
Romeo si è ucciso? Dimmi soltanto sì, [inferno!
e questa sillaba "sì" sarà più velenosa
degli occhi del basilisco che lanciano frecce di morte.
Io non son io, se vive questo "sì"
o chiuderò quegli occhi che ti fan dire "sì".
Se egli è morto, dimmi "sì",
altrimenti, dimmi "no". Queste due sillabe
decideranno per me la felicità o la sventura.
NUTRICE
Vidi la ferita, la vidi con i miei occhi
(Dio perdoni quello sfregio) sul suo forte petto!
Un cadavere che destava pietà, un cadavere insangui-
pallido, pallido come cenere: tutto sporco [nato:
di sangue, di croste di sangue. Appena lo vidi
ho perduto i sensi.
GIULIETTA
Oh, spezzati, mio cuore! Povero disperato,
spezzati
subito! In prigione, o miei occhi,
dove non potrete più guardare liberamente!
Vile terra, ritorna alla terra, e resta lì immobile,
e una sola pesante bara gravi su te e Romeo.
NUTRICE
O Tebaldo, Tebaldo, o mio più caro amico!
O gentile Tebaldo, vero gentiluomo!
Non fossi mai tanto vissuta da vederti morto!
GIULIETTA
Che bufera infuria in ogni senso!
Romeo è ucciso? E Tebaldo è morto?
Il mio carissimo cugino e il mio signore
ancora a me più caro? Allora, o spaventosa
tromba, suona il Giudizio Universale!
Chi può vivere ancora se loro sono morti?
NUTRICE
Tebaldo è morto, e Romeo è messo al bando.
Romeo ha ucciso Tebaldo e sarà mandato in esilio.
GIULIETTA
O Dio! La mano di Romeo ha sparso il sangue di
NUTRICE [Tebaldo?
L'ha sparso, l'ha sparso, maledetto giorno, l'ha sparso!
GIULIETTA
O cuore di serpente, in un corpo simile a un fiore!
Quale drago abitò in un antro così bello?
Bellissimo tiranno! Angelico demonio!
Corvo con ali di colomba, agnello famelico come un
Lurida materia dall'apparenza divina! [lupo!
Perfetto contrario di quello che sembravi!
Santo dannato! Nobile farabutto!
O natura, che metterai nell'inferno,
se hai accolto lo spirito di un demonio
dentro il paradiso mortale di un corpo così perfetto?
Vi fu mai un libro così ben rilegato,
e
di contenuto così vile? Può l'inganno
abitare in un palazzo così sontuoso?
NUTRICE Non c'è lealtà,
né fede, né onestà negli uomini! Tutti spergiuri,
tutti bugiardi, tutti malvagi, tutti ipocriti.
Ah, dov'è il mio uomo? Datemi un po' di acquavite.
Questi dolori, queste sciagure, queste pene
mi fanno invecchiare. Disonore a Romeo!
GIULIETTA Ti si gonfi la lingua,
per quest'augurio. Romeo non è nato
per il disonore; il disonore non sarebbe onorato
di stare sulla sua fronte, perché essa è un trono
sul quale l'onore potrebbe essere incoronato
unico re dell'universo. Sono un mostro
se ho potuto insultarlo!
NUTRICE E potreste parlare
bene di lui, che ha ucciso vostro cugino?
GIULIETTA
E dovrei parlare male di lui, che è il mio sposo?
Oh, mio povero signore; quale lingua dirà bene
del tuo nome, se io, tua sposa solo da tre ore,
ti ho ingiuriato? Ma perché, crudele, hai ucciso mio
[cugino?
Perché quell'infame di mio cugino avrebbe voluto
[uccidete il mio sposo.
Tornate, tornate alla vostra sorgente,
o lacrime sciocche; le vostre gocce sono un tributo
che appartiene al dolore, e voi per errore
le avete offerte alla gioia. Vivo è il mio sposo,
che Tebaldo avrebbe voluto uccidere; e morto è Te-
che avrebbe voluto uccidere il mio sposo. [baldo,
Questo mi consola; allora perché piango?
Perché una parola, più grave della morte di Tebaldo,
mi ha annientata; -parola che vorrei dimenticare,
ma ahimè, essa pesa sulla mia memoria
come un'azione dannata sull'anima del colpevole.
"Tebaldo
è morto e Romeo è bandito";
quel "bandito", quella sola parola "bandito"
ha ucciso diecimila Tebaldi! La morte di Tebaldo
sarebbe stato un dolore già grave, se fosse rimasto
ma se l'amaro dolore ama la compagnia, [solo;
e ha bisogno di unirsi ad altri dolori,
perché, quando la nutrice disse: "Tebaldo è morto"
non aggiunse anche "Tuo padre", o "Tua madre",
e perché no, "Tutti e due sono morti"?
Questo mi avrebbe dato una disperazione comune a
ma quello che disse dopo "Tebaldo è morto", [tutti;
quel "Romeo è bandito" mi colpì come se avesse
padre, madre, Tebaldo, Romeo, Giulietta, [detto:
tutti uccisi, tutti morti! Romeo è "bandito"!
Non c'è fine, non c'è limite, non misura, né confine
alla morte contenuta in quella parola. Nessuna parola
può esprimere quel dolore.
Nutrice, dove sono mio padre e mia madre?
NUTRICE
Piangono e si disperano sul corpo di Tebaldo.
Volete andare da loro? Vi condurrò io.
GIULIETTA
Lavino le sue ferite con le lacrime: le mie saranno
[versate
per l'esilio di Romeo, quando le loro saranno secche.
Prendi quelle corde! Povere corde, siete deluse
come me perché Romeo è in esilio?
Egli aveva fatto di voi la strada maestra
per giungere al mio letto. Ma io, ancora fanciulla,
morirò vergine e vedova. Andate, o corde,
va' nutrice; io andrò nel mio letto di nozze:
la morte, non Romeo, prenderà la mia verginità.
NUTRICE
Andate nella vostra stanza: andrò a cercare Romeo
perché venga a consolarvi, io so dove si trova.
Ascoltatemi; il vostro Romeo sarà qui stanotte.
Vado
da lui: è nascosto nella cella di frate Lorenzo,
GIULIETTA
Oh, trovalo!
Porta questo anello al mio fedele cavaliere
e digli che venga a prendere il mio ultimo addio.
Escono
[III. III]
Entra FRATE LORENZO
FRATE LORENZO
Vieni fuori, Romeo; vieni fuori, uomo pauroso!
La sventura si è innamorata
delle tue doti e tu l'hai sposata.
Entra ROMEO
ROMEO
Che notizie, padre? E la sentenza del Principe?
Quale dolore che ancora non conosco
vuole stringermi la mano?
FRATE LORENZO II mio caro figliolo
ha già molta confidenza con quel suo triste compagno.
Conosco la sentenza del Principe.
ROMEO
II giudizio del Principe, di quanto è meno grave
del Giudizio Universale?
FRATE LORENZO
Una sentenza mite è uscita dalle sue labbra:
non la morte del corpo, ma l'esilio del corpo.
ROMEO
Ah, l'esilio! Abbi misericordia; dimmi "morte",
piuttosto. La paura è più negli occhi dell'esilio,
molto di più, che in quelli della morte.
Non dirmi più "esilio".
FRATE LORENZO Tu sei bandito da Verona.
Abbi
pazienza, il mondo è grande.
ROMEO
Non esiste mondo oltre le mura di Verona;
fuori c'è solo il purgatorio, il tormento, l'inferno.
Chi è bandito di qui, è bandito dal mondo,
e l'esilio dal mondo è la morte. Il bando è la morte
chiamata con altro nome. E tu, chiamando
esilio la morte, mi tagli il capo con una scure d'oro
e sorridi al colpo mortale che mi schianta.
FRATE LORENZO
O peccato mortale! Oh, dura ingratitudine!
La nostra legge punisce con la morte
una colpa come la tua; ma il Principe, clemente,
si è messo dalla tua parte e, trascurando la legge,
ha sostituita la fosca parola "morte" con "esilio".
Questa è una grazia che dimostra
l'affetto del Principe e tu non vuoi riconoscerlo.
ROMEO
Tortura, e non grazia. Il Cielo è qui
dove vive Giulietta. Ogni gatto, ogni cane,
ogni piccolo topo, quello che c'è di più vile,
può vivere qui in Cielo, e guardare Giulietta;
solo Romeo non può. C'è più rispetto,
più cortesia, più dignità per le mosche
che girano intorno a una carogna, che per Romeo.
Le mosche possono toccare la bianca meraviglia
della mano di Giulietta, e rubare
una felicità sovrumana alle sue labbra,
che, nella loro modestia, diventano ancora più rosse
considerando peccato quei baci; ma Romeo
non può! Egli è al bando. Questo possono fare
le mosche, e io no, perché devo fuggire.
Esse sono libere, e io al bando. E tu mi dici
ancora che esilio non è morte?
Non
avevi, per uccidermi, un veleno, un coltello
dalla punta affilata, un mezzo qualsiasi di morte,
più immediato di questo miserabile "bandito"?
"Bandito"? O padre, i dannati nell'inferno
dicono questa parola a cui fa eco un lungo lamento.
Tu che sei un servo di Dio, un confessore di anime,
uno che libera dai peccati, tu che dici di essere
mio amico, come hai il cuore di annientarmi
con la parola " bandito " ?
FRATE LORENZO
O amante forsennato, ascolta una parola.
ROMEO
Oh, ma tu parlerai ancora di esilio!
FRATE LORENZO
Ti darò un'armatura per difenderti
da questa parola: il dolce latte d'ogni avversità,
la filosofia. Ti sarà di conforto anche nell'esilio.
ROMEO
Ancora "bandito"? S'impicchi la filosofia!
Se non può darmi una Giulietta, spostare una città,
cancellare la sentenza d'un Principe, la filosofia
non aiuta, non serve a nulla: non parlarne più.
FRATE LORENZO
Mi accorgo che i pazzi non hanno orecchie!
ROMEO
Come potrebbero averle, se i saggi non hanno occhi?
FRATE LORENZO
Parliamo insieme del tuo caso.
ROMEO
Tu non puoi parlare di ciò che non provi:
se tu fossi giovane come me, e Giulietta fosse il tuo
[amore,
se tu fossi sposato solo da un'ora e tu avessi ucciso
[Tebaldo;
se tu fossi innamorato follemente come me, e bandito
allora potresti parlare, allora potresti [come me,
strapparti i capelli e buttarti a terra,
come
io faccio ora per prendere
la misura di una fossa non ancora aperta,
La NUTRICE bussa alla porta
FRATE LORENZO
Alzati, qualcuno bussa; nasconditi, Romeo.
ROMEO
Io no; a meno che il fiato dei miei dolorosi sospiri
mi nasconda come una nebbia agli occhi che mi cer-
FRATE LORENZO [cano. Bussano
Senti, come bussano! "Chi è?" Alzati, Romeo;
non devi farti prendere! "Aspettate un momento."
Bussano ancora
Alzati! Corri nel mio studio! "Un attimo."
Dio Santo, che sciocchezza è questa? "Vengo, vengo."
Bussano di nuovo
"Chi bussa così forte? Chi vi manda? Che volete? "
NUTRICE [dall'interno]
Lasciatemi entrare, e conoscerete il mio messaggio.
Mi manda madonna Giulietta.
FRATE LORENZO Allora, benvenuta!
Entra la NUTRICE
NUTRICE
O padre santo, oh, ditemi, padre santo,
dov'è Io sposo della mia padrona, dov'è Romeo?
FRATE LORENZO
È là per terra, ubriaco di lacrime.
NUTRICE
Oh, è proprio nelle condizioni della mia signora,
proprio nell'identico stato!
FRATE LORENZO Oh, dolore a cui risponde
uguale dolore! Che situazione penosa!
NUTRICE Anche Giulietta
è là per terra e singhiozza e piange, piange e sin-
[ghiozza.
Alzatevi,
alzatevi! Alzatevi, se siete un uomo!
Per l'amore di Giulietta, per il suo amore, alzatevi.
Perché lasciarsi andare a una disperazione così pro-
ROMEO [fonda?
(Si alza) Nutrice...
NUTRICE Ah, signore, signore!
Su, su, soltanto la morte è la fine d'ogni cosa.
ROMEO
Parlavi di Giulietta? Che cosa dice?
Non mi ritiene un vero assassino, ora che ho mac-
l'infanzia della nostra gioia con sangue [chiato
che è quasi il suo? E come sta? E che dice
del nostro amore distrutto, la mia sposa segreta?
NUTRICE
Oh, non dice nulla, signore, ma piange e piange;
e ora si getta sul letto, ora si alza
e chiama Tebaldo; ora urla per Romeo
e ricade sul letto.
ROMEO Come se quel nome,
quasi colpo d'arma mortale, l'avesse uccisa
nello stesso modo col quale la mano maledetta
di colui che porta quel nome uccise suo cugino.
Oh, ditemi, padre, ditemi in quale parte miserabile
di questo corpo è chiuso il mio nome!
Ditemelo perché io possa saccheggiare
quel luogo odioso.
Fa l'atto di pugnalarsi, ma la NUTRICE gli strappa II
pugnale
FRATE LORENZO Ferma la tua mano disperata!
Sei un uomo? L'apparenza lo afferma,
ma le tue sono lacrime di una donnetta!
La tua violenza ricorda il furore selvaggio di una
[belva.
O donna che ti nascondi nell'aspetto d'un uomo,
o, meglio, mostruoso animale che sei
l'uno e l'altra insieme! Tu mi hai davvero meravi-
[gliato:
credevo che il tuo animo fosse più forte. Hai ucciso
e ora ti vuoi uccidere, e uccidere la donna [Tebaldo
che vive della tua vita, con un atto di odio maledetto
su te stesso? Perché maledici la tua vita, il ciclo e la
Forse perché vita,, cielo e terra, in un attimo [terra?
si unirono in te, tu ora vuoi perderle in un attimo?
Via, via! Tu così offendi la tua bellezza,
il tuo amore, la tua intelligenza, e come un usuraio
non usi queste tue grandi ricchezze nel modo più
che farebbe ancora più amabile [giusto,
la tua bellezza, il tuo amore, la tua intelligenza.
La tua bellezza singolare è un'immagine di cera
che non ha più valore d'uomo. L'amore
che hai teneramente giurato è un'infame rnenzogna,
se uccide la donna che avevi promesso di adorare.
La tua intelligenza (quest'ornamento
della bellezza e dell'amore) è incapace
di guidare la bellezza e l'amore,
e, come la polvere nella fiasca di un soldato inesperto,
si è accesa per la tua inesperienza, e ti riduce
a brani invece di servire per la tua difesa.
Su, alzati, ragazzo!La tua Giulietta,
per amore della quale tu volevi morire, ora è viva;
per questo devi essere felice. Tebaldo voleva uccide-
[re te
e tu hai ucciso Tebaldo; anche per questo devi essere
[felice
La legge che minacciava la morte, ti diventa amica
e muta la morte in esilio. Devi essere felice.
Un cumulo di benedizioni scende sul tuo capo;
la fortuna si fa bellissima per piacerti;
ma tu, come una ragazza ostinata e dispettosa,
sdegni la fortuna e l'amore. Sta' attento,
sta' attento perché facendo così non avrai nulla.
Dunque, va' dal tuo amore, come era deciso,
salì nella sua stanza, e confortala; ma non state
là fino all'ora in cui monta la guardia,
perché non potresti più allontanarti per
andare a Mantova. A Mantova dovrai vivere
finché non avremo trovato il momento favorevole
per rendere noto il vostro matrimonio, per mettere
pace tra i vostri amici, chiedere perdono
al Principe e per farti tornare a Verona.
Allora avrai una gioia ventimila volte più grande
della disperazione che provi ora allontanandoti.
Tu va' avanti, nutrice, saluta rispettosamente
per me la tua padrona, e raccomandale
di fare in modo che tutti vadano presto a letto,
cosa che certo faranno, per il dolore che li tormenta.
Dille che Romeo sta per arrivare.
NUTRICE
0 signore! Starei qui tutta la notte ad ascoltare
i vostri saggi consigli. Oh, che cosa vuoi dire essere
[istruiti!
O signore, avvertirò la mia padrona del vostro arrivo.
ROMEO
Corri e avverti la mia dolce fanciulla
che si prepari a rimproverarmi.
La NUTRICE in atto di uscire si volge indietro
NUTRICE
Ecco, signore, un anello che essa mi ordinò
di consegnarvi. Su, sbrigatevi; è già molto tardi.
Esce
ROMEO
O come rinasce il mio coraggio con questo dono!
FRATE LORENZO
Va', buona notte. Il tuo destino è tutto qui:
o andare via prima che monti la guardia,
o, al rompere del mattino, fuggire di qui travestito.
Ti fermerai a Mantova; io cercherò il tuo servo,
e
di tanto in tanto egli ti darà notizia
dì tutto ciò che qui faremo per il tuo bene.
Ora dammi la mano, è tardi. Addio, buona notte!
ROMEO
Se una gioia che supera ogni gioia non mi attendesse
altrove, proverei dolore a separarmi da voi così pre-
Addio! [sto!
Escono
[III. IV.]
Entrano CAPULETI, DONNA CAPULETI e PARIDE
CAPULETI
All'improvviso, signore, accaddero fatti tanto dolo-
[rosi
che non abbiamo avuto il tempo di parlare a nostra
[figlia.
Vedete, essa amava teneramente suo cugino Tebaldo,
e io pure. È vero, siamo nati per morire!
È molto tardi; questa sera Giulietta
non scenderà più. Credetemi,
se non fosse stato per voi, sarei già a letto da un'ora.
PARIDE
Questi giorni di dolore non ci consentono certo
di fare promesse d'amore. Buona notte, signora,
ricordatemi a vostra figlia.
DONNA CAPULETI
Lo farò: e domattina saprò quello che pensa.
Questa sera Giulietta è tutta presa dal suo dolore.
PARIDE si appresta ad uscire ma CAPULETI lo richiama indietro
CAPULETI
Conte Paride, voglio fare a voi la ferma offerta
dell'amore di mia figlia: io penso che Giulietta
si lascerà guidare completamente da me, anzi ne sono
[certo.
Moglie mia, andate da lei, prima di coricarvi,
e ditele l'amore che mio figlio Paride ha per lei;
e avvertitela (mi ascoltate?) che mercoledì prossimo...
Piano! Che giorno è oggi?
PARIDE Lunedì, signore.
CAPULETI
Lunedì? Be'! Be'! Allora mercoledì è troppo presto;
facciamo giovedì. Ditele che giovedì sarà sposata
a questo nobile conte. E voi, sarete pronto?
Vi fa piacere questa premura? Non faremo
molto rumore: un amico o due, perché, vedete,
Tebaldo è stato ucciso da poco, e si può pensare
che non ci fosse caro, pur essendo nostro nipote,
se facessimo grandi feste; quindi ci saranno
una mezza dozzina di amici e non più.
Per giovedì; ma, voi che ne dite?
PARIDE
Mio signore, vorrei che giovedì fosse domani.
CAPULETI
Bene, e ora andate. Allora, d'accordo per giovedì. -
Moglie mia, prima di mettervi a letto,
andate da Giulietta, e preparatela per queste nozze,
ditele il giorno che abbiamo fissato.
- Addio, signore! Ehi! Fate luce nella mia stanza.
Davvero è così tardi che fra poco si potrà dire
che è presto. Buona notte! Escono
[III. v.]
Entrano ROMEO e GIULIETTA, in alto, al balcone
GIULIETTA
Vuoi andare già via? Ancora è lontano il giorno:
non era l'allodola, era l'usignolo
che trafisse i! tuo orecchio timoroso:
canta
ogni notte laggiù dal melograno;
credimi, amore, era l'usignolo.
ROMEO
Era l'allodola, messaggera dell'alba,
non l'usignolo. Guarda, amore, la luce invidiosa
a strisce orla le nubi che si sciolgono a oriente;
le candele della notte non ardono più e il giorno
in punta di piedi si sporge felice dalle cime
nebbiose dei monti. Devo andare: è la vita,
o restare e morire.
GIULIETTA Quel chiarore laggiù
non è la luce del giorno, lo so: è una meteora
che si libera per te dal sole questa notte,
la torcia per farti lume sulla via di Mantova;
dunque rimani ancora, c'è tempo per andare.
ROMEO
Mi prendano pure, sarà certo la morte,
ma sono felice se tu vuoi così. E dirò, allora,
che là, quel grigio non è l'occhio del mattino
ma il fioco riverbero della fronte di Cinzia;
che non è l'allodola a battere la volta
del cielo, così alta su noi. Io voglio restare,
non veglio più partire: vieni, o morte,
sarai la benvenuta! Vuole così Giulietta.
Che c'c, anima mia? Parliamo, non è giorno.
GIULIETTA
E giorno, è giorno: dunque, presto, va' via!
È l'allodola che canta fuori tono
forzando su dissonanze e aspri acuti.
Dicono che l'allodola divida con dolcezza
ogni accordo: questa non ci divide con dolcezza;
e ancora, che l'allodola e il rospo ripugnante
abbiano scambiato i loro occhi:
così avessero fatto anche della voce,
poi che quella voce lotta il nostro abbraccio,
perché ti caccia da me, col suo richiamo al giorno.
Oh,
va', ora, va'; si fa sempre più luce.
ROMEO
Sempre più luce! Sempre oscura di più la nostra pena!
La NUTRICE entra in fretta
NUTRICE
Signora!
GIULIETTA
Nutrice!
NUTRICE
Vostra madre viene qui. Il giorno è spuntato;
siate prudente, guardatevi intorno. [Esce]
GIULIETTA
Allora, o balcone, fai entrare il giorno e uscire la vita!
ROMEO
Addio, addio; ancora un bacio e scendo. Scende
GIULIETTA
Sei dunque andato via così, amore, signore,
mio sposo, mio amico? Voglio avere tue notizie ogni
[giorno;
ma ogni ora, ogni minuto sono molti giorni.
Oh, con questo modo di misurare il tempo
diventerò vecchia prima di rivedere il mio Romeo.
ROMEO
Addio! Non perderò un'occasione
per mandarti i miei saluti, amore.
GIULIETTA
Ti ringrazio; ma ci rivedremo ancora?
ROMEO
Certo, e tutte queste sofferenze serviranno
per
fare più dolci i colloqui nel tempo che sarà nostro.
GIULIETTA
O mio Dio, ho nell'anima un triste presagio.
Ti vedo, ora che sei giù, come un morto
in fondo alla tomba.
Forse non vedo bene, ma tu mi sembri pallido.
ROMEO
Credimi, amore mio, anche tu ai miei occhi sembri
[pallida:
l'angoscia ha sete e beve il nostro sangue. Addio,
[addio! Esce
GIULIETTA
O fortuna, fortuna!
Tutti gli uomini ti chiamano volubile.
Se tu sei volubile, che farai di lui,
che tutti stimano così fedele? Sii incostante, fortuna,
perché così spero che non lo terrai
a lungo lontano, ma lo rimanderai presto da me.
Scende dal balcone [e riappare in scena]
Entra DONNA CAPULETI
DONNA CAPULETI Figlia mia, sei alzata?
GIULIETTA
Chi mi chiama? È mia madre?
Non si è ancora coricata, così tardi, o si è alzata
così presto? Per quale ragione è qui?
DONNA CAPULETI
Come stai, Giulietta?
GIULIETTA Non sto bene,
DONNA CAPULETI
Piangi ancora la morte di tuo cugino?
Credi di poterlo strappare alla tomba con le lacrime?
E- se anche tu potessi strapparlo di là,
non potresti ridargli la vita. Basta, dunque:
un dolore ragionevole è segno di molto affetto,
ma
un dolore esagerato indica mancanza di saggezza.
GIULIETTA
Lasciatemi piangere per una perdita così sensibile.
DONNA CAPULETI
Ma così sentirai la perdita, e non l'amico
per cui piangi.
GIULIETTA Ma sentire la perdita
significa anche piangere l'amico.
DONNA CAPULETI
Tu, fanciulla, non piangi tanto per la sua morte,
quanto per quel vile, ancora vivo, che l'uccise.
GIULIETTA
E chi è quel vile?
DONNA CAPULETI Quel vile si chiama Romeo.
GIULIETTA
Tra la viltà e lui c'è una distanza di parecchie miglia.
Dio lo perdoni, come faccio io con tutto il cuore,
sebbene nessuno faccia soffrire il mio cuore quanto
DONNA CAPULETI [lui.
E questo perché quell'assassino e traditore è vivo.
GIULIETTA
È vero; perché è lontano da queste mani. Potessi,
da sola, vendicare la morte di mio cugino.
DONNA CAPULETI
La vendicheremo, non temere; dunque non piangere
[più!
Manderò qualcuno a Mantova, dove vive quel ban-
e gli farò dare una bevanda così miracolosa [dito,
che lo manderà subito a tenere compagnia
a Tebaldo. Spero che così sarai contenta.
GIULIETTA
Non sarò mai contenta, ve l'assicuro,
finché non vedrò Romeo... morto...
il mio povero cuore è così tormentato per un parente!
Se troverete chi procuri soltanto il veleno,
io saprò mascherarlo in maniera tale,
che dopo averlo mandato giù Romeo si addormenterà
subito
tranquillamente. Oh, come il mio cuore soffre,
perfino a sentirlo nominare! Oh, non poter andare
a trovarlo, per sfogare la perdita dell'amore
che portavo a mio cugino, sul corpo di colui che l'ha
DONNA CAPULETI [ucciso.
Trova tu il modo di raggiungere lo scopo,
e io troverò l'uomo che ci occorre;
ma ora eccoti delle novità che ti daranno molta gioia.
GIULIETTA
Venga infine la gioia in un momento
in cui è tanto necessaria. Vi prego, ditemi questa no-
DONNA CAPULETI [vita.
Bene, ecco: tu hai un padre molto affettuoso, barn-
[bina,
un padre che, per liberarti dal dolore, ha deciso
improvvisamente di destinarti un giorno di felicità,
per te inatteso e da me neppure immaginato.
GIULIETTA
Arriva a proposito, ma di che giorno si tratta?
DONNA CAPULETI
Ecco, bambina mia; la mattina di giovedì prossimo,
il valoroso, il giovane, il nobile gentiluomo
conte Paride avrà la fortuna di farti
sposa felice nella chiesa di San Pietro.
GIULIETTA
Per la Chiesa di San Pietro, per lo stesso San Pietro,
egli non farà di me la sua sposa felice!
Questa premura mi meraviglia. Io dovrei andare a
[nozze
senza che lo sposo mi abbia mai parlato d'amore.
Vi prego, dite al mio signore e padre che per ora
non penso a scegliermi lo sposo; quando vorrò
sceglierlo, vi giuro, che sarà Romeo
che io odio, come voi sapete, piuttosto che Paride.
Davvero novità, le vostre!
DONNA CAPULETI
Ecco vostro padre; date a lui
la
vostra risposta. Vedremo come l'accoglierà,
Entrano CAPULETI e la NUTRICE
CAPULETI
Quando il sole tramonta, l'aria goccia rugiada,
ma per il tramonto del figlio di mio fratello,
piove a dirotto. Ebbene, sei una grondaia,
ragazza mia? Ancora in lacrime? Continui a diluviare?
Tu, mia piccola, sei nello stesso tempo
una barca, il mare, il vento; perché nei tuoi occhi,
che potrei chiamare il mare, c'è il flusso e il riflusso
delle lacrime; la barca è il tuo corpo che naviga
in questo flutto salato; i tuoi sospiri, il vento.
E questi sospiri lottano con le lacrime, e queste
contro il vento, che, se non verrà un'improvvisa
calma, travolgerà il tuo corpo sbattuto dalla tempesta.
Ebbene, moglie mia, le avete detto
quello che abbiamo deciso?
DONNA CAPULETI
Sì, mio signore: ma non ne vuole sapere e vi ringrazia,
Vorrei che quella sciocca sposasse la sua tomba!
CAPULETI
Calma! Fatemi capire bene, moglie, fatemi capire
[bene!
Come? Non ne vuoi sapere? Invece di ringraziarci?
Non ne è orgogliosa? Non crede di essere fortunata,
indegna come è, che siamo riusciti a convincere
un gentiluomo così degno, di sposarla?
GIULIETTA
Non sono orgogliosa, ma riconoscente.
Non potrei mai essere orgogliosa di ciò che odio;
ma posso essere riconoscente perfino per l'odio
inteso come amore.
CAPULETI
Come, come, come, come? Ehi, sofista! Che vuoi dire
questo "sono orgogliosa", e "vi ringrazio"
e "non vi ringrazio" e poi ancora
"non
sono orgogliosa"? Voi, graziosa padrona,
senza ringraziare o non ringraziare,
con orgoglio o senza orgoglio, preparate per giovedì
[prossimo
le vostre belle gambe per andare con Paride
alla chiesa di San Pietro, o ti trascinerò là su un gra-
[ticcio.
Via, anemica carogna, via, puttana, faccia di sego!
DONNA CAPULETI Via, via! Ma siete pazzo?
GIULIETTA
Padre mio buono, vi supplico in ginocchio,
ascoltatemi con pazienza: almeno una parola!
CAPULETI
Alla forca, puttanella, ribelle sciagurata!
Ascolta bene quello che ti dico: preparati
per andare in chiesa giovedì, o non mi guardare più
[in faccia.
Non parlare, non ribattere, non rispondere.
Mi sento prudere le mani! Moglie mia,
noi credevamo di non essere abbastanza benedetti da
perché ci aveva mandato soltanto questa figlia; [Dio,
ma ora vedo che anche questa è troppo,
ed è una vera maledizione. Vattene, bagasciona!
NUTRICE
Dio la benedica dal Cielo! Sbagliate, mio signore,
a trattarla così.
CAPULETI E perché, madonna Saggezza?
Frenate la vostra lingua, madonna Prudenza;
andate a ciarlare con le vostre comari!
NUTRICE
Ma parlare non è un delitto.
CAPULETI Che Dio vi maledica!
NUTRICE
Non si può parlare?
CAPULETI Zitta, sciocca pettegola!
Tirate fuori la vostra sapienza quando bevete
con le comari; qui non serve.
DONNA CAPULETI Vi
scaldate troppo.
CAPULETI
Per l'Ostia sacra, io divento pazzo!
Giorno e notte, in ogni ora, in ogni minuto
durante il lavoro, nei divertimenti, solo o in compa-
[gnia,
la mia unica preoccupazione è stata quella di mari-
e ora che le ho trovato un uomo leale, [tarla;
di famiglia patrizia, con un buon patrimonio,
giovane, educato nobilmente, dotato,
come si dice, delle più alte qualità,
che sempre si desiderano in un uomo,
ecco quella ragazzaccia sciagurata che si lamenta sem-
quella bambola piagnona, che all'offerta [pre,
di una fortuna risponde: "Non voglio sposarmi",
"Non posso amare", "Sono troppo giovane",
"Perdonatemi, vi prego! ". Ma se non volete sposarvi,
vedrete come vi perdonerò: andate a brucare
l'erba dove vi pare, perché non vi voglio più in casa
Attenta; pensateci! Io non scherzo mai: [mia.
giovedì è vicino: mettetevi una mano sul cuore,
e decidete. Se mi ubbidirete, vi darò al mio amico;
altrimenti, impiccati, vai a stendere la mano, crepa,
sulla strada, perché, per l'anima mia, [muori
non ti riconoscerò più come figlia; nulla di ciò
che possiedo andrà a te. Pensaci bene:
io non mancherò di parola, credimi. Esce
GIULIETTA
Non c'è pietà lassù fra le nuvole, che veda
nel profondo il mio dolore? O dolce madre mia,
non mi cacciare; ritarda queste nozze,
di un mese, di una settimana; o, se non lo puoi,
prepara il mio letto nuziale in quell'oscuro sepolcro
dove riposa Tebaldo.
DONNA CAPULETI
Non dirmi nulla, non ti risponderò una parola;
fa'
quello che vuoi, ne ho abbastanza di te. Esce
GIULIETTA
Dio! O nutrice, come si potrà impedire tutto questo?
Qui sulla terra ho lo sposo, e la fede nel Cielo.
Come potrà quella fede tornare sulla terra,
se lo sposo mio non me la renderà dal Cielo
lasciando la terra? Dimmi una parola di conforto,
consigliami! Ahimè! ahimè! Il Cielo può ingannare
così una povera fanciulla come me? Che dici?
Non trovi una parola di gioia?
Un po' di consolazione, nutrice!
NUTRICE Allora, eccovela!
Romeo è bandito; e, scommetto tutto il mondo
contro nulla, che non tornerà più indietro a cercarvi,
o, se lo farà, lo dovrà fare segretamente.
E dunque, stando così le cose, io penso sia meglio
che sposiate il conte. Oh, egli è un adorabile genti-
[luomo!
Romeo al suo confronto è uno straccio! Un'aquila,
[signora,
non ha l'occhio così acuto, così vivace, così luminoso,
come quello di Paride. Sia maledetto il mio cuore
se non penso alla vostra felicità, perché queste se-
nozze sono migliori delle prime. [conde
E se anche non fosse così, il vostro primo marito
è morto, è come se fosse morto, dato che,
pure essendo vivo, non potete goderlo.
GIULIETTA
Parli col cuore?
NUTRICE
E anche con l'anima; se dico una menzogna,
siano maledetti tutti e due.
GIULIETTA
Amen!
NUTRICE
Come?
GIULIETTA
Ebbene,
mi hai consolata meravigliosamente.
Ora va' a dire alla signora che, avendo fatto addolo-
[rare
mio padre, ho pensato di andare da frate Lorenzo
per confessarmi e ottenere l'assoluzione.
NUTRICE
Per la Vergine! Ma vado subito: questa è una buona
[idea. Esce
GIULIETTA (seguendo con gli occhi la NUTRICE)
O vecchia dannata! O demonio perfido
tra i perfidi! Io mi domando se essa pecca
maggiormente spingendomi a essere spergiura,
o a disprezzare il mio sposo con la stessa lingua
che lo ha lodato migliaia di volte
mettendolo al di là di ogni confronto.
Va' via, consiglierà ! Tu e il mio cuore,
d'ora in poi, sarete due cose distinte.
Andrò dal frate a chiedere consiglio
e, se tutto fallisce, non mi resta che la morte. Esce
[IV. I.]
Entrano FRATE LORENZO e PARIDE
FRATE LORENZO
Giovedì, signore? Il tempo è veramente poco,
PARIDE
Mio padre Capuleti ha deciso così, e io non sarò
tanto indolente da rallentare la sua premura.
FRATE LORENZO
Mi dite che non sapete nulla dei sentimenti della
questo non mi piace, non è giusto. [fanciulla;
PARIDE
Essa non fa che piangere la morte di Tebaldo,
perciò raramente ho potuto parlare con lei d'amore:
Venere non sorride in una casa di lacrime.
Suo
padre teme che alla fine essa si lasci vincere
dal dolore, e con saggezza affretta le nostre nozze;
spera così di arginare la piena delle sue lacrime.
Sta sempre sola, chiusa nel dolore,
dal quale può distoglierla soltanto
la compagnia di qualcuno.
Ora conoscete il perché di questa fretta.
FRATE LORENZO
[Fra sé] Così non conoscessi la ragione
per la quale bisognerebbe rallentare questa fretta.
- Ecco, signore, la fanciulla si dirige verso la mia
[cella.
Entra GIULIETTA
PARIDE
Felice incontro, mia signora e mia sposa!
GIULIETTA
Signore, mi chiamerete così quando potrò essere vo-
PARIDE [stra sposa!
E questo "potrà essere", deve essere, amore mio, gio-
GIULIETTA [vedi prossimo.
Ciò che deve essere, sarà.
FRATE LORENZO Questa è una sentenza sicura.
PARIDE
Venite dal padre a confessarvi?
GIULIETTA
Se rispondo, mi confesso a voi.
PARIDE
Non gli direte di non amarmi!
GIULIETTA
Invece confesserò a voi che amo luì.
PARIDE
Confesserete anche, sono certo, che amate me.
GIULIETTA
Se lo farò, avrà più valore la confessione
fatta
in vostra assenza, e non davanti a voi.
PARIDE
Povera anima, come il pianto ha consumato il tuo
GIULIETTA [viso!
Le lacrime hanno avuto una tenue vittoria
perché era molto sciupato prima ancora della loro
PARIDE [furia.
Con queste parole l'offendi più che con le lacrime.
GIULIETTA
Non è una calunnia, signore, è la verità;
e l'ho detta a viso aperto.
PARIDE
II tuo viso è il mio, e tu l'hai offeso.
GIULIETTA
Può darsi, poiché non è mio.
Avete tempo ora, padre?
O devo tornare stasera dopo la Messa?
FRATE LORENZO
Va bene ora, mia pensierosa fanciulla.
— Signore, dobbiamo restare un momento soli.
PARIDE
Dio non voglia che io disturbi i vostri esercizi reli-
Giulietta, giovedì verrò a svegliarti all'alba. [giosi.
Addio fino a quell'ora. Eccovi un bacio di fedeltà.
Esce
GIULIETTA
Ora chiudi la porta e vieni a piangere con me;
non c'è più speranza, non c'è riparo, non c'è aiuto.
FRATE LORENZO
Ah, Giulietta, conosco il tuo dolore;
esso mi sconvolge la mente. So che giovedì prossimo
vogliono farti sposare Paride, senza possibilità di
GIULIETTA [rinvio.
Non parlarmi, padre, di queste nozze,
se non sai aiutarmi a impedirle.
Se nella tua saggezza non puoi darmi aiuto,
ammetti
però che la mia decisione è saggia:
con questo coltello io mi salverò subito.
Dio ha unito il mio cuore a quello di Romeo,
tu le nostre mani; ebbene, prima che questa mano,
che tu hai congiunto col tuo rito a quella di Romeo,
stringa un altro patto, o il mio cuore leale,
con un perfido mutamento si abbandoni a un altro,
questo coltello trapasserà la mano e il cuore.
Dunque, con la tua lunga esperienza, dammi consiglio;
o, ascolta, tra me e la mia disperata follia
questo coltello giudicherà col sangue
ciò che l'autorità dei tuoi anni e la tua saggezza
non hanno potuto risolvere. Perché tardi a rispon-
Non voglio tardare la mia morte, [dere?
se non mi dirai una parola di salvezza.
FRATE LORENZO
Calmati, figliola mia, forse possiamo sperare,
ma dobbiamo tentare un'avventura disperata,
come è disperato ciò che vorremmo impedire.
Se mi dici che vuoi veramente morire
piuttosto che sposare il conte Paride,
allora tu, che già sfido la morte,
certo avrai il coraggio di accettare una prova
che ha l'apparenza della morte,
pur d'impedire quella vergogna.
Se osi tanto, io troverò un rimedio.
GIULIETTA
Oh, piuttosto che sposare il conte Paride,
dimmi di lanciarmi dai merli di quella torre,
o che m'avventuri per strade battute dai ladri:
costringimi nel covo delle serpi; legami in catene
dove urlano gli orsi, o chiudimi di notte
dove crepitano ossa di morti, tibie guaste dalla muffa,
e gialli teschi scavati; o dimmi di scendere
in
una fossa aperta e di chiudermi
insieme a un morto, stretta al suo lenzuolo.
Tutte queste cose, al cui solo racconto prima tremavo
[di paura, ora le accetterei
con fermezza, senza timore, pur di restare
la sposa purissima del mio dolce amore.
FRATE LORENZO
Ascolta, allora; va' a casa, fatti vedere
contenta e acconsenti a sposare Paride.
Domani è mercoledì; allora domani notte
cerca di coricarti sola e non lasciare che la nutrice
dorma nella tua stanza, e, quando sarai a letto,
bevi il liquore di questa fiala. Subito il sangue scor-
sonnolento e freddo nelle tue vene, e il polso [rerà
arresterà il suo battito; e non ci sarà più calore
in te né respiro a rivelare la vita.
Le rose delle labbra e del viso appassiranno
nel pallido colore della cenere; sugli occhi
le palpebre scenderanno come quando la morte
scende sul giorno della vita. Le membra
private del movimento, dure, rigide, fredde
avranno l'aspetto della morte; resterai
in questo stato simile alla morte
per quarantadue ore, e dopo ti sveglierai
come da un sonno tranquillo.
Dunque, quando lo sposo verrà al mattino
per farti alzare dal letto, ti crederà morta.
Secondo l'usanza del nostro paese,
ti metteranno in una bara scoperta, vestita
con gli abiti più belli; sarai portata nell'antica
cripta dove sono sepolti tutti i Capuleti.
Intanto,
con una lettera avvertirò Romeo
del nostro progetto, e lui verrà con me
ad aspettare il tuo risveglio. In quella stessa notte,
Romeo ti porterà a Mantova. Così ti salverai
dalla vergogna che ora ti minaccia,
se un capriccio improvviso o un timore
da femminuccia non ti faranno perdere
il coraggio al momento d'agire.
GIULIETTA
Dammi, dammi, non mi parlare di paura.
FRATE LORENZO
Tieni, e va', presto: sii forte e serena
nel tuo proposito. E subito io manderò
un frate a Mantova con una lettera per il tuo signore,
GIULIETTA
Dammi tu la forza, amore, e sarò salva.
Addio, padre. Escono
[IV. II]
Entrano CAPULETI, DONNA CAPULETI, la NUTRICE e due o tre SERVI
CAPULETI
Va', e invita tutte le persone segnate qui. –
E tu, furfante, corri a cercare venti cuochi molto
[bravi.
SERVO Non ne avrete neppure uno che sia cattivo, per-
ché vedrò prima se sanno leccarsi la punta delle dita.
CAPULETI
Ma questa è una prova della loro bravura?
SERVO Certo, signore; chi è pessimo cuoco non può
leccarsi la punta delle dita, quindi non prenderò chi
non se la può leccare.
CAPULETI Vattene; via! Il SERVO esce
Non saremo ben preparati in questa occasione.
Dunque,
mia figlia è andata da frate Lorenzo?
NUTRICE Sì, certo.
CAPULETI
Bene; chissà che non riesca a mutarla un poco;
è una ragazza cattiva, ostinata e chiusa.
Entra GIULIETTA
NUTRICE
Eccola: guardate come torna felice dalla confessione.
CAPULETI
Dunque, che c'è, mia piccola testarda?
Dove sei andata a vagabondare?
GIULIETTA
Dove ho imparato a pentirmi di aver disobbedito
a voi e ai vostri desideri, e dove padre Lorenzo
mi ha imposto d'inginocchiarmi ai vostri piedi
e di chiedervi perdono. Perdonatemi, vi supplico!
Da questo momento mi lascerò guidare solo da voi.
CAPULETI
[A un servo] Andate dal conte: voglio che questo
sia stretto domattina; diteglielo! [nodo
GIULIETTA
Ho incontrato il giovane conte da padre Lorenzo
e gli ho provato il mio amore, come si conviene,
nei limiti della modestia.
CAPULETI
Sono contento, va bene: alzati. Così doveva essere!
Lascia che ora veda il conte.
Avanti, ripeto, andate: conducetelo qui.
Ora, davanti a Dio, tutta la città
deve riconoscenza a questo frate venerabile e santo.
GIULIETTA
Nutrice, volete venire nella mia stanza
per aiutarmi a scegliere le vesti e i gioielli
che vi sembreranno più adatti per domani?
DONNA CAPULETI
Ma
no, aspettiamo giovedì. C'è molto tempo.
CAPULETI
Andate, nutrice, andate con lei: domani andremo in
[chiesa. Escono GIULIETTA e la NUTRICE
DONNA CAPULETI
Non. avremo molto tempo per prepararci;
è quasi notte!
CAPULETI Ma no! Me ne occuperò io
e tutto andrà bene, te lo assicuro, moglie mia.
Va' da Giulietta e aiutala a vestirsi;
stanotte non andrò a dormire; farò io
la donna di casa per una volta. Ehi, ehi!
Seno tutti fuori: andrò io dal conte Paride
a prepararlo per la giornata di domani;
il mio cuore è meravigliosamente leggero,
ora che la mia ostinata ragazza ha messo giudizio.
Escono
[IV. III]
Entrano GIULIETTA e la NUTRICE
GIULIETTA
Sì, quel vestito è il migliore; ma, ti prego,
cara nutrice, lasciami sola, questa notte;
devo pregare a lungo perché il Cielo abbia pietà
e sia indulgente verso la mia penosa condizione
che tu conosci, piena di peccati.
Entra DONNA CAPULETI
DONNA CAPULETI
Come, avete ancora da fare? Volete che vi aiuti?
GIULIETTA
No, signora, abbiamo già scelto quanto occorre
per domani. Ora, se non vi dispiace,
vorrei
restare sola, e lasciate che questa notte
la nutrice vi aiuti, perché, sono certa,
avrete molto da fare per questo avvenimento inatteso.
DONNA CAPULETI Buona notte!
Va' a letto, riposati; ne hai bisogno.
Escono DONNA CAPULETI e la NUTRICE
GIULIETTA
Addio! Il Ciclo sa quando ci rivedremo!
Sento nelle vene un leggero freddo brivido di paura
che quasi gela il calore della vita.
Ora le richiamo; ne avrò conforto. "Nutrice! "
Ma, che farebbe qui? Devo essere sola
a recitare la mia lugubre scena.
Vieni, o fiala!
E se questa mistura non agisse?
Allora, sarei sposa domattina?
No, no, questo lo impedirà. Tu aspetta qui.
[Posando accanto un pugnale}
E se fosse un veleno che il frate avesse preparato
con astuzia per farmi morire,
piuttosto che avere disonore da queste nozze,
perché proprio lui mi aveva già unita con Romeo?
Temo che sia così; ma penso poi che non è possibile
perché egli è stimato come un santo.
E se mi svegliassi nella tomba prima dell'arrivo
di Romeo? Ecco un pensiero terribile!
Non resterei soffocata nel sepolcro, in quella bocca
fetida dove non entra un soffio d'aria pura,
e non morrei là prima che giunga il mio Romeo?
E se resto viva, non può darsi che l'orribile pensiero
della
morte e della notte, unito al terrore del luogo
(di quel sotterraneo che è una antica cripta,
dove si alzano in cumuli le ossa dei miei antenati,
sepolti qui da secoli e secoli; dove il corpo di Tebaldo,
ancora sporco di sangue, già si corrompe,
mentre poco prima fioriva sulla terra;
dove, come dicono, a una cert'ora della notte
si adunano gli spiriti),
ahimè, ahimè, non può darsi che svegliandomi
troppo presto in mezzo al nauseabondo
lezzo di morte e a urla lamentose
simili a quelle della mandragora tratta fuori dalla
che fanno impazzire gli uomini che le odono; [terra,
non può darsi che svegliandomi allora,
io diventi pazza fra questi terrori sovrumani?
E così pazza da mettermi a giocare
con le ossa dei miei padri? E non strapperò dal su-
le membra di Tebaldo, a brano a brano? [dario
E in quest'impeto d'ira forsennata,
alzando nella mano, come clava,
la tibia d'un antichissimo avo,
non colpirò il mio capo tante volte
fino a che ne schizzi via il cervello ormai spento?
E ora, ecco, mi pare di vedere
l'ombra di mio cugino inseguire Romeo,
che lo trafisse con la spada. Fermati, Tebaldo,
fermati! Eccomi, Romeo! Bevo per te.
Si getta sul letto dietro la tenda
[IV. IV.]
Entrano DONNA CAPULETI e la NUTRICE recando spezie
DONNA CAPULETI
Tieni, nutrice, prendi queste chiavi e cercami altre
[spezie.
NUTRICE
I cuochi, per i dolci, chiedono datteri e mele cotogne.
Entra CAPULETI
CAPULETI
Andiamo - svelte! Svelte! Svelte! Il gallo ha cantato
per la seconda volta, la campana ha suonato:
sono le tre. Sta' attenta al forno,
mia buona Angelica; e non badare a spese.
NUTRICE
Andate, andate a letto, sbriga-faccende;
giuro che domani starete male,
dopo questa notte di veglia.
CAPULETI
Ma no, macché! Già ho vegliato notti intere
per ragioni meno importanti di questa,
e non mi sono mai ammalato.
DONNA CAPULETI
E già! Ai bei tempi eravate cacciatore di topi,
ma d'ora in poi veglierò io per non farvi vegliare.
Escono DONNA CAPULETI e la NUTRICE
CAPULETI
La gelosa! La gelosa!
Entrano tre o quattro SERVI con spiedi, legna e ceste
Ebbene, giovanotto, che c'è qui?
PRIMO SERVO
Non so; è roba per il cuoco.
CAPULETI
Sbrigatevi! Sbrigatevi! Tu, furfante, va' a prendere
un po' di legna più secca; chiama Pietro,
ti dirà dove trovarla.
SECONDO SERVO
Ho anch'io una testa e saprò trovare
quella
legna senza seccare Pietro.
CAPULETI
Bene-detto, per la Messa, allegro furfante;
ti chiamerò "testa di legno". Ma è quasi giorno.
Musica dall'interno
II conte sarà qui tra poco con la musica
come aveva promesso.
Sento che s'avvicina.
Nutrice! Moglie! Su! Su! Nutrice, dico!
Entra la NUTRICE
Va' a svegliare Giulietta, e aiutala a vestirsi;
io andrò a chiacchierare un po' con Paride.
Sbrigati, dunque; presto, presto! Lo sposo è già qui;
presto, dico. Esce
[IV. v.]
NUTRICE [aprendo le tende del letto]
Signora! Su, su, signora! Giulietta! Certo, dorme
Su, agnellino! Su, signora! Su, dormigliona! [forte.
Amore mio! Padroncina mia! Cuor mio! Su, sposa!
Come, non una parola? Volete farvene una buona
[scorta, ora?
Dormite per una settimana; perché questa notte, vi
[assicuro,
il conte ha la ferma idea di lasciarvi ferma ben poco
[nel sonno.
Dio mi perdoni! Madonna! E amen! Come dorme!
Ma bisogna assolutamente che la svegli. Signora! Si-
[gnora! Signora!
Ma sì, lasciatevi trovare a letto dal conte;
vi farà saltar giù dallo spavento, ve lo giuro! No?
Come, siete vestita? Con i vostri abiti più belli,
vi
siete ancora sdraiata?
Debbo svegliarvi ad ogni costo. Madonna, Madonna!
[Madonna!
Ahimè! Ahimè! Aiuto! Aiuto! La mia signora è
O che giorno! Oh, non fossi mai nata! [morta!
Un po' d'acquavite, Dio mio! Mio signore! Mia si-
[gnora!
Entra DONNA CAPULETI
DONNA CAPULETI
Che cosa sono queste urla?
NUTRICE O giorno di pianto!
DONNA CAPULETI
Ma che accade?
NUTRICE Guardate! Guardate! O giorno di sventura!
DONNA CAPULETI
Povera me, povera me! Bambina mia, mia unica vita!
Svegliati, riapri gli occhi, o morirò con te!
Aiuto! Aiuto! Chiamate aiuto!
Entra CAPULETI
CAPULETI
Vergogna! Fate scendere Giulietta; Io sposo è già qui.
NUTRICE
È morta, è morta, è morta! Ahimè che giorno!
DONNA CAPULETI
Ahimè, che giorno! È morta, è morta, è morta!
CAPULETI
Oh, lasciatemela vedere. Ahimè, è già fredda!
Il sangue s'è fermato, le sue membra sono rigide;
la vita ha lasciato da tempo queste labbra.
La morte è scesa su lei come brina inaspettata
sul fiore più delicato di tutto il campo.
NUTRICE
O giorno di lamenti!
DONNA
CAPULETI O giorno di sventura!
CAPULETI
La morte che me l'ha presa per farmi urlare di dolore,
mi frena la lingua per non farmi parlare.
Entrano FRATE LORENZO e PARIDE
FRATE LORENZO
Andiamo; la sposa è pronta per andare in chiesa?
CAPULETI
Pronta per andarci, ma non per ritornare!
O figlio, la notte prima del giorno delle nozze,
ecco la morte ha posseduto la tua donna:
ora è qui distesa, fiore violato dalla morte.
La Morte è mio genero, la Morte è mia erede.
La Morte ha sposato mia figlia; e io voglio morire
e lasciare tutto a lei; la vita e ciò che possiedo, tutto
PARIDE [è della Morte.
Ho desiderato lungamente di vedere il volto
di questo mattino, ed ecco quale spettacolo mi offre.
Tutti gridano e si torcono le mani
DONNA CAPULETI
Maledetto, fatale, sventurato, odioso giorno!
Ah, ora più infelice che il tempo abbia veduta
nell'infinita fatica del suo pellegrinare!
Non avevo che una figlia, una sola, un'unica adorata
la sola cosa che mi dava gioia e conforto, [bambina,
e la morte crudele l'ha tolta ai miei occhi!
NUTRICE
Ahimè! O triste, triste, triste giorno!
O giorno più doloroso, o giorno più triste
che io abbia mai, mai veduto! O giorno,
o giorno! O giorno! O odioso giorno!
Mai si vide un giorno così nero come questo!
O
triste giorno, o triste giorno!
PARIDE
Tradito, allontanato, ingannato, offeso, assassinato!
Tradito da te, odiosissima morte, da te, crudele, crudele,
e ormai distrutto! O amore! O vita!
Non più vita, ma amore nella morte!
CAPULETI
Disprezzato, abbandonato, odiato, torturato, ucciso!
O tempo desolato, perché sei venuto ora
a distruggere, distruggere la nostra festa di nozze?
O bambina, bambina mia! O anima mia;
anima, più che mia figlia! Tu sei morta, morta!
Ahimè, la mia bambina è morta, e con lei
tutte le mie gioie sono sepolte!
FRATE LORENZO
Tacete, vi prego. Vergogna! La disperazione
non si vince disperandosi. Questa bella fanciulla
era vostra e del Cielo; ora è tutta del Cielo;
ed è la cosa più bella per lei. Voi non avete potuto
salvare dalla morte la parte della fanciulla che era
[vostra,
ma il Cielo serba la sua parte nella vita eterna!
Il vostro desiderio più alto era la sua gloria,
perché il vederla più in alto era il vostro cielo;
e voi ora piangete, ora, che la vedete più in alto
delle nuvole, alta come lo stesso cielo?
Oh, con questo amore, voi amate così male la vostra
e siete come pazzi perché essa è felice! [figliola,
Non è bene maritata la donna che vive a lungo con il
[marito;
quella che è meglio maritata è la sposa che muore
[giovane.
Asciugate le lacrime e spargete questo bel corpo
di rosmarino e, secondo l'usanza,
fatelo portare in chiesa con le sue vesti più belle.
Sebbene l'amorevole natura ci spinga tutti al pianto,
le
lacrime della natura fanno sorridere la ragione.
CAPULETI
Tutto ciò che avevamo preparato per la festa
servirà ora per la cerimonia funebre;
i nostri strumenti si mutino in malinconiche campane;
la nostra allegria per le nozze in un rito di morte,
i nostri inni solenni, in lugubri lamentazioni;
i nostri fiori per la sposa servano per una tomba.
Ogni cosa servirà per il suo scopo contrario.
FRATE LORENZO
Signore, rientrate; e voi, signora, andate con lui;
anche voi, Paride! Ognuno si prepari a seguire
la bella salma fino alla tomba. Il Cielo è in collera
per qualche vostra colpa; cercate di non irritarlo
ancora ostacolando la sua suprema volontà.
Escono tutti tranne la NUTRICE, che dopo aver depo-
sto rametti dì rosmarino presso Giulietta, chiude le
tende del letto
[Entrano i SUONATORI]
PRIMO SUONATORE
Credo che ormai possiamo mettere via i nostri flauti
NUTRICE [e andarcene.
Buona e onesta gente, metteteli via, sì, metteteli via;
lo vedete bene, ci ha lasciato un vuoto doloroso!
[Esce]
PRIMO SUONATORE
Sì, è vero, occorre riempire questo vuoto.
Entra PIETRO
PIETRO Suonatori, ehi, suonatori! "Pace del cuore!"
"Pace del cuore! " Se mi volete ridare la vita, suonate
"Pace
del cuore!"
PRIMO SUONATORE Perché " Pace del cuore ! " ?
PIETRO Oh, suonatori, perché il mio cuore già suona:
"II mio cuore è pieno di tristezza!". Oh, suonatemi
delle allegre cantilene, per consolarmi.
SECONDO SUONATORE Non suoneremo nulla; non è que-
sto il momento!
PIETRO Allora, non volete?
PRIMO SUONATORE No.
PIETRO Allora ve lo darò sonoramente.
PRIMO SUONATORE Che cosa ci darai?
PIETRO Non certo denaro, ma dello "strimpellatore",
vi darò del "menestrello"!
PRIMO SUONATORE E io ti darò del "servo-animale"!
PIETRO Allora io vi batterò la mia daga di servo-ani-
male sulla zucca, e non farò mai pause alle battute.
Vi do "la fa re". Lo notate?
PRIMO SUONATORE Con "la", "fa", "re'\ sei tu che ci
dài note.
SECONDO SUONATORE Ti prego, metti dentro la daga, e
tira fuori lo spirito.
PIETRO Allora, attenti al mio spirito. Vi batterò col
ferro del mio spirito; metterò dentro il ferro della
mia daga. Rispondetemi da uomini:
" Quando la pena ci ferisce il cuore
e la tristezza amara grava l'anima
la musica allora, col suo suono d'argento..."
Perché suono d'argento? Perché la musica col suo
suono d'argento? Che ne dici tu, Simon Cavata?
PRIMO SUONATORE Be' signore, perché l'argento ha un
dolce suono.
PIETRO Non c'è
male! Che ne dici tu, Ugo Solfa?
SECONDO SUONATORE Dico che c'è "suono d'argento"
perché i suonatori suonano per l'argento!
PIETRO Buona anche questa! Che ne dici tu, Giacomo
del Suono?
TERZO SUONATORE Davvero, non so che dire!
PIETRO Oh, ti chiedo scusa: tu sei un cantante. Lo
dirò io per te. Ecco: "la musica col suo suono d'ar-
gento" perché i suonatori come voi non hanno oro
da far suonare:
"La musica allora, col suo suono d'argento
dà subito conforto di dolcezza." Esce
PRIMO SUONATORE Che razza di sporco imbroglione!
SECONDO SUONATORE Impiccate quella canaglia! Veni-
te, entriamo! Aspetteremo i piagnoni; restiamo qui
per mangiare. Escono
[V. I.]
Entra ROMEO
ROMEO
Se devo credere alla verità adulatrice del sonno,
i miei sogni mi fanno presagire prossima qualche lieta
[notizia.
Chi è padrone del mio cuore siede allegro sul suo
[trono,
mentre oggi, per tutto il giorno, una forza insolita
mi solleva al di sopra della terra con pensieri felici.
Ho sognato che la mia donna veniva e mi trovava
[morto
(strano sogno che permette a un morto di pensare),
e suscitava coi baci sulle mie labbra una tale potenza
di vita da farmi rivivere: ed ero padrone del mondo.
Ahimè! Quanta dolcezza si prova nell'amore,
se
soltanto le sue ombre sono così ricche di gioia!
Entra BALDASSARRE
Notizie da Verona! Ebbene, Baldassarre,
non mi porti lettere del frate?
Che cosa fa la mia donna? Mio padre sta bene?
Come sta la mia Giulietta? Te lo chiedo di nuovo,
perché nulla va male quando Giulietta sta bene.
BALDASSARRE
Allora Giulietta sta bene, e nulla può andare male.
Il suo corpo riposa nella tomba dei Capuleti
e la sua parte immortale vive con gli angeli.
Io la vidi distesa nella tomba, e subito mi misi in
per venirvelo a dire. Oh, perdonatemi [cammino
se vi dico tristi cose, mio signore; ma mi avevate la-
a Verona per darvi notizie. [sciato
ROMEO
È davvero così? E allora, vi sfido, o stelle.
Tu sai dove abito; portami carta e inchiostro
e noleggia dei cavalli di posta. Partirò stanotte.
BALDASSARRE
Vi scongiuro, signore, calmatevi.
Siete così pallido e stravolto
che temo qualche vostro atto disperato.
ROMEO
Sbagli; lasciami e fa ciò che ti ho chiesto.
Non hai lettere del frate per me?
BALDASSARRE
No, mio buon signore.
ROMEO Non importa.
Va', e noleggia i cavalli. Io verrò subito.
BALDASSARRE esce
Allora, Giulietta, stanotte dormirò con te.
Vediamo
come! O morte, come entri rapida
nei pensieri degli uomini disperati.
Ecco: c'è uno speziale che abita qui vicino;
l'ho visto di recente con un vestito lacero,
mentre pensieroso raccoglieva erbe medicinali.
Aveva il volto scavato: la miseria
più crudele lo aveva distrutto fino alle ossa.
Nella sua squallida bottega stavano appese
una tartaruga, un coccodrillo imbalsamato
e altre pelli di pesci di strane forme;
sugli scaffali si vedevano sparse
in mostra alcune scatole vuote, verdi vasi
di terracotta, vesciche, sementi ammuffite,
pezzi di spago e vecchie pasticche di estratto di rosa:
davanti a tanta miseria, dissi a me stesso:
"Se un uomo avesse bisogno di un veleno,
la cui vendita è punita a Mantova con la morte,
certo questo miserabile glielo venderebbe"
Questo pensiero non era che il presentimento
del bisogno in cui ora mi trovo; e questo stesso
uomo bisognoso deve ora vendermi il veleno.
Oggi è festa e la bottega di questo sciagurato
è chiusa, ma, se ben ricordo,
questa dovrebbe essere la sua casa.
Ehi, ehi, speziale!
Entra lo SPEZIALE
SPEZIALE Chi mi chiama, urlando così?
ROMEO
Vieni qui, amico. Sei povero, tieni:
ecco quaranta ducati, e procurami
un forte veleno, che agisca così rapido
e con tale violenza, che, appena dentro le vene,
chi lo prende perché stanco della vita,
possa rimanere subito senza respiro e cadere morto
con la fulminea violenza con cui l'accesa polvere
s'avventa
dal grembo fatale del cannone.
SPEZIALE
Certo, ho dei veleni così potenti; ma la legge
di Mantova punisce con la morte chiunque li venda.
ROMEO
Tu, così nudo e miserabile, hai paura di morire?
Sulle tue guance c'è la fame, nei tuoi occhi agonizzano
le privazioni e le sofferenze, sulle tue spalle
pendono il disprezzo e la miseria;
il mondo ti è nemico e così la legge del mondo.
Il mondo non ha legge per farti ricco; dunque,
non restare povero, ma spezza la legge e prendi que-
SPEZIALE [sto.
Acconsente la mia miseria, non la mia volontà.
ROMEO
E io pago la tua miseria, non la tua volontà.
SPEZIALE
Mettete questo veleno in un liquido qualunque
e bevetelo. Morirete subito
anche se aveste la forza di venti uomini.
ROMEO
Prendi il tuo denaro: il denaro è il veleno peggiore
per l'anima umana, in questo odioso mondo;
esso uccide più di queste deboli misture
che tu non potresti vendere. Io, ti vendo il veleno;
non sei tu a vendermelo. Addio!
Comprati da mangiare e mettiti in carne.
Vieni, per me sei un cordiale, non un veleno;
andiamo insieme alla tomba di Giulietta: là mi ser-
[ virai. Escono
[V. II.]
Entra FRATE GIOVANNI
FRATE GIOVANNI
Frate
di San Francesco! Fratello! Ehi!
Entra FRATE LORENZO
FRATE LORENZO
Questa mi pare la voce di frate Giovanni.
Benvenuto da Mantova! Che dice Romeo?
Oh, se egli mi ha scritto, dammi la sua lettera.
FRATE GIOVANNI
Ero andato a cercare un fratello scalzo,
uno del nostro Ordine, che stava visitando
gli ammalati in città, perché venisse con me;
l'avevo trovato, quando le guardie,
sospettando che fossimo stati in una casa contagiata
dalla peste, chiusero le porte e non ci lasciarono pas-
Così finì il mio viaggio a Mantova. [sare.
FRATE LORENZO Allora chi ha portato la mia lettera a Romeo?
FRATE GIOVANNI
Io non ho potuto consegnargliela e l'ho ancora qui.
E non ho trovato nemmeno un messaggero
per rimandartela, tanta è la paura
che tutti hanno della peste.
FRATE LORENZO
Oh, destino avverso! O Ordine nostro!
Non era una lettera inutile, ma molto importante
per le sue notizie; e non averla recapitata
può essere causa di grande sventura. Frate Giovanni,
va', procurami una leva di ferro e portala subito
nella mia cella.
FRATE GIOVANNI Fratello, vado a prenderla subito.
Esce
FRATE LORENZO
Ora devo andare da solo alla tomba.
Fra tre ore la bella Giulietta si sveglierà,
e io avrò le sue maledizioni quando saprà
che Romeo non è stato informato dei nostri progetti;
scriverò
ancora a Mantova,
e intanto terrò Giulietta nella mia cella
fino al ritorno di Romeo. Povera morta
che vive chiusa nella tomba, destinata ai morti. Esce
[V. III.]
Entrano PARIDE e il suo PAGGIO, con fiori, acqua pro¬fumata [e una torcia]
PARIDE
Dammi la torcia, ragazzo, e allontanati.
Anzi, spegnila, perché non voglio essere veduto.
Va' sotto quegli alberi di tasso e poggia
l'orecchio per terra; così potrai udire
ogni rumore di passi sul suolo del cimitero
che risuona chiaro perché sempre sconvolto
dagli scavi delle fosse. Se odi qualcuno
che s'avvicina, fischia: questo sarà il segnale.
Dammi quei fiori, fa' come ti ordino, va'.
PAGGIO
Ho paura di trovarmi solo nel cimitero;
ma dovrò stare qui ugualmente. Esce
PARIDE (spargendo fiori sulla tomba)
O dolce fiore, io copro di fiori il tuo letto dì nozze.
Ahimè, il baldacchino è polvere e pietra,
e io porterò ogni notte a questi fiori
dolce acqua o lacrime pure di pianto.
Ecco le offerte funebri: i fiori e i lamenti.
Il PAGGIO fischia
Qualcuno s'avvicina: quale piede maledetto
viene
a turbare un rito d'amore?
Entrano ROMEO e BALDAS SARRE con una torcia, un
piccone e una leva di ferro
Vedo una torcia. Nascondimi, o notte! [Si ritira]
ROMEO
Prendi quel piccone e la leva di ferro.
Tieni, prendi questa lettera; domani mattina
consegnala a mio padre. Dammi la torcia.
E ora, allontanati: qualunque cosa tu senta o veda,
pena la vita, non interrompere il mio lavoro.
Io scendo in questo letto di morte
per ammirare ancora il volto della mia donna,
e per togliere dal suo dito un anello prezioso,
del quale ho bisogno per un uso a me caro.
Va', dunque! Ma se tu tornassi per spiare
Il mio lavoro, per il Cielo, ti farò a pezzi
e disperderò le tue membra per questo cimitero
insaziabile. Questo momento, e ciò che decido,
sono feroci, selvaggi e inesorabili
più delle tigri affamate e del mare che rugge.
BALDASSARRE
Vado, signore, e non vi disturberò.
ROMEO
Così mi dimostrerai la tua amicizia. Prendi questo,
vivi e sii felice. Addio, caro amico.
BALDASSARRE
Io però mi nasconderò qui vicino. Il suo sguardo
mi fa paura: ho dei dubbi su quello che farà. Esce
ROMEO
Tu, o bocca maledetta, tu ventre della morte,
saziati
col boccone più dolce della terra!
Così spalanco le marce mascelle
e vi spingo a forza nuovo cibo.
ROMEO apre il sepolcro
PARIDE
Questo è il superbo Montecchi, bandito da Verona,
che uccise il cugino del mio amore.
Si pensa che la bella creatura sia morta di dolore.
Forse viene qui per profanare questi morti.
Io lo arresterò. - Interrompi
Il tuo infame lavoro, o vile Montecchi!
Può la vendetta continuare al di là della morte?
Vile bandito, io ti arresto.
Obbedisci e seguimi. Tu devi morire.
ROMEO
Infatti, devo morire. Per questo sono venuto qui.
Sei buono e gentile, non sfidare un uomo disperato;
vattene e lasciami solo. Pensa a questi morti
e trema per te; ti scongiuro, o giovane,
non aggiungere un'altra colpa sul mio capo
eccitando la mia collera. Vattene, per il Cielo,
io ti amo più di me stesso, perché sono venuto
qui armato contro me stesso.
Non fermarti, vattene: vivi e racconta
che la pietà di un pazzo ti lasciò fuggire.
PARIDE
Io sfido i tuoi ordini e ti arresto, o vile!
ROMEO
Vuoi provocarmi? Ebbene, a te, ragazzo. Sì battono
PAGGIO
O Dio! Si battono. Andrò a chiamare le guardie.
[Esce]
PARIDE cade
PARIDE
Oh, mi ha ucciso! Se tu fossi pietoso,
dovresti aprire la tomba e mettermi accanto a Giu-
[lietta. Muore
ROMEO
Ti giuro, lo farò. Ma lascia che guardi la tua faccia.
È un parente di Mercuzio, il nobile conte Paride.
Che cosa diceva il mio servitore, quando-cavalcavamo
durante il viaggio e la mia mente sconvolta
non badava alle sue parole? Non diceva, forse,
che Paride avrebbe dovuto sposare Giulietta?
Non ha detto questo? L'ho sognato forse?
O sono pazzo, sentendolo parlare di Giulietta,
a pensare che egli dicesse questo? Ora dammi la tua
[mano,
tu che sei segnato con me nel triste libro della sven-
lo ti seppellirò in una tomba sontuosa. [tura.
Una tomba? Oh, no; in un faro, o mia giovane vit-
[tima,
perché qui giace Giulietta, e la sua bellezza trasforma
questa tomba in una sala di festa, piena di luce.
O Morte, riposa, sepolta qui da un morto!
[Depone PARIDE nella tomba]
Spesso è felice l'uomo in agonia
e chi veglia chiama lampo della morte
quell'istante. Io non avrò quel lampo!
O mio amore, mia sposa!
La morte, che ha già succhiato il miele
del tuo respiro, nulla ha potuto sulla tua bellezza.
Ancora non sei vinta, e l'insegna di bellezza,
sulle labbra e sul viso, è ancora rossa, e la pallida
bandiera della morte su te non è distesa.
Tu sei là, Tebaldo, nel sudario insanguinato,
ma con la mano che t'uccise spezzerò la vita
al tuo nemico, e sarà grande onore per te. Perdonami.
O amata Giulietta, perché sei ancora bella?
Ti
ama forse la morte senza corpo?
L'odioso, squallido mostro ti tiene qui nell'ombra
come amante? Questo io temo, e resterò con te,
per sempre, chiuso nella profonda notte.
Qui voglio restare, qui, coi vermi,
i tuoi fedeli; avrò qui riposo eterno,
e scuoterò dalla carne, stanca del mondo,
ogni potenza di stelle maligne.
Occhi, guardatela un'ultima volta,
braccia, stringetela nell'ultimo abbraccio,
o labbra, voi, porta del respiro, con un bacio puro
suggellate un patto senza tempo con la morte
che porta via ogni cosa. Vieni, amara guida,
vieni, scorta ripugnante. E tu, pilota disperato,
avventa veloce su gli scogli la tua triste barca
stanca del mare. Eccomi, o amore! [Beve] O fedele
[mercante,
i tuoi veleni sono rapidi: io muoio con un bacio!
[Muore]
Entra FRATE LORENZO con una lanterna, la leva dì ferro e una vanga
FRATE LORENZO
San Francesco m'accompagni! Quante volte stanotte
i miei piedi hanno urtato contro le tombe! Chi è là?
BALDASSARRE
Un amico che vi conosce bene.
FRATE LORENZO
Siate benedetto. Ditemi, mio buon amico,
vedete quella torcia che vanamente illumina
vermi
e teschi? Mi pare accesa
nel sepolcro dei Capuleti.
BALDASSARRE
Infatti, padre, là c'è il mio padrone,
uno che vi ama.
FRATE LORENZO E chi è?
BALDASSARRE Romeo.
FRATE LORENZO
Da quanto tempo è là?
BALDASSARRE Da più di mezz'ora.
FRATE LORENZO
Accompagnami al sepolcro.
BALDASS ARRE Ho paura ;
il mio padrone crede che io sia andato via.
Non vuole nessuno, e per farmi allontanare
mi ha minacciato di morte.
FRATE LORENZO
Allora rimani. Andrò solo.
Temo che sia successa una sventura.
BALDASSARRE
Mentre dormivo sotto quel tasso, ho sognato
che il mio padrone si batteva con un altro,
e lo uccideva. [Esce]
FRATE LORENZO Romeo!
Si china a guardare il sangue e le armi
Ahimè, che cosa vuoi dire questo sangue
sull'entrata della tomba? Che significano
queste spade sporche di sangue, in questo luogo di
[pace?
Romeo! Oh, come è pallido! E chi c'è ancora?
Come? Anche Paride? E tutto insanguinato?
E quando sarà avvenuta questa sventura?
La
fanciulla si muove. GIULIETTA si sveglia
GIULIETTA
O frate consolatore, dov'è il mio Romeo?
Ricordo bene dove avrei dovuto trovarmi.
E infatti sono qui. Dov'è il mio Romeo?
FRATE LORENZO
Sento rumore, esci da quel luogo di morte,
di putrefazione e di sonno non naturale.
Una forza superiore a cui non possiamo opporci
ha contrastato i nostri progetti. Vieni, vieni via!
Il tuo sposo è morto e si trova al tuo fianco;
e anche Paride. Vieni, ti farò entrare
in un convento di monache.
Non perdiamo tempo, ora, non domandarmi;
la guardia sta per arrivare. Vieni, andiamo via,
buona Giulietta. Non è prudente restare qui.
GIULIETTA
Ebbene, vattene; io non ti seguirò.
Esce FRATE LORENZO
Che c'è qui? Una tazza, stretta ancora
dalla mano del mio fedele amore.
Capisco, è stato il veleno a ucciderlo prima del tempo,
Oh, egoista! L'ha bevuto tutto
e non ne ha lasciato una goccia amica per me.
Ora lo bacerò: forse un po' di veleno
è rimasto sulle sue labbra e basterà
a darmi una morte consolatrice. [Lo bacia]
Le tue labbra sono calde!
Entrano le GUARDIE e il PAGGIO di Paride
PRIMA GUARDIA
Guidaci, ragazzo. Quale è la strada?
GIULIETTA
Ancora rumore! Devo fare presto. Oh, caro pugnale!
Questo è il tuo fodero! Riposa qui e fammi morire.
Si
uccide con il pugnale [di ROMEO]
PAGGIO
Ecco, è là: dove brilla quella torcia.
PRIMA GUARDIA
II terreno è insanguinato; bisogna cercare qui intorno,
e arrestare chiunque si trovi nel cimitero.
[Alcuni escono]
O spettacolo pietoso! Il conte è stato ucciso
ed è qui a terra, e anche Giulietta è coperta di sangue.
È morta da poco perché è ancora calda: ed èra qui
[sepolta da due giorni.
Andate a chiamare il Principe. Correte dai Capuleti,
svegliate i Montecchi. E si continui a cercare intorno.
[Escono altre GUARDIE]
Questo è il luogo dove vediamo le vittime
di pietose sventure, ma non potremo mai stabilire
dove veramente ebbe luogo l'origine di esse,
senza conoscerle in ogni particolare circostanza.
Entrano [alcune GUARDIE con] BALDASSARRE
SECONDA GUARDIA
Ecco il servo di Romeo; l'abbiamo trovato nel cimi-
PRIMA GUARDIA [tero.
Tenetelo al sicuro, fino all'arrivo del Principe.
Entra un'altra GUARDIA con FRATE LORENZO
TERZA GUARDIA
Ecco qui un frate. Trema, sospira e piange;
lo abbiamo preso con questa leva e questa vanga
mentre veniva da quella parte del cimitero.
PRIMA GUARDIA
Arrestate anche lui: è molto sospetto.
Entrano il
PRINCIPE e il seguito
PRINCIPE
Quale sventura è accaduta così presto,
che ci ha fatto interrompere il riposo mattutino?
Entrano CAPULETI, DONNA CAPUTETI e altri
CAPULETI
Che cosa può essere accaduto? Si sente gridare da
DONNA CAPULETI [ogni parte.
Il popolo strepita per le vie: alcuni gridano: "Ro-
[meo! "
altri: "Giulietta!"; e altri ancora: "Paride!".
E tutti corrono con grande tumulto verso la nostra
PRINCIPE [tomba.
Ma perché tante grida paurose?
PRIMA GUARDIA
Altezza, qui ci sono i cadaveri del conte Paride,
di Romeo e di Giulietta. Giulietta, ch'era già morta,
è stata uccisa da poco: è ancora calda.
PRINCIPE
Domandate e cercate di sapere
come è avvenuta questa terribile strage.
PRIMA GUARDIA
Qui c'è un frate e il servitore di Romeo,
con alcuni ferri che possono servire a forzare le tombe.
CAPULETI
O Cielo! O moglie mia! Guarda com'è insanguinata
nostra figlia! Questo pugnale ha sbagliato.
La sua custodia è vuota al fianco di Montecchi:
è entrato per errore nel petto di mia figlia.
DONNA CAPULETI
Ahimè!
Questo spettacolo di morte è come una campana
che chiama la mia vecchiaia al sepolcro.
Entrano
MONTECCHI e altri
PRINCIPE
Vieni, Montecchi: oggi ti sei alzato prima del tempo
per vedere il tuo figlio ed erede coricato
ancora prima del tempo.
MONTECCHI
Ah, mio Principe, mia moglie è morta stanotte.
Il dolore per l'esilio di Romeo ha fermato il suo re-
[spiro.
Quale altra sventura si prepara contro la mia vec-
PRINCIPE [chiaia?
Guarda e vedrai.
MONTECCHI
O figlio, mi hai mancato di rispetto. Che modo è que-
di affrettarti alla tomba prima di tuo padre? [sto
PRINCIPE
Calma per un momento la tua disperazione
fino a che riusciremo a chiarire questi fatti
e a conoscerne l'origine, la forza, e il vero scopo.
Poi ti guiderò nel tuo dolore e ti sarò compagno
fino alla morte. Per ora, calmati e lascia
che la sciagura sia schiava della pazienza.
Fate venire le persone sospette.
FRATE LORENZO
Su di me grava il maggiore sospetto;
ma io sono il meno capace di compiere
questo orrendo delitto. Tuttavia il tempo e il luogo
sono contro di me; eccomi dunque pronto ad accusar-
e a difendermi, a condannarmi e ad assolvermi, [mi
PRINCIPE
Allora, racconta quello che sai.
FRATE LORENZO
Sarò breve perché il mio fiato
non è sufficiente ad annoiarvi con un lungo racconto.
Romeo
era il marito di Giulietta
e lei era la sposa fedele di Romeo.
Sono stato io a sposarli; il loro matrimonio segreto
fu celebrato proprio nel giorno della morte di Te-
[baldo,
morte che fece bandire Romeo da questa città.
Giulietta soffriva per lui, non per Tebaldo.
Voi, per allontanare la causa del suo dolore,
l'avevate promessa, e l'avreste data in sposa per forza
al conte Paride. Giulietta, disperata,
venne da me, e mi pregò di trovare un mezzo
per liberarla da questo secondo matrimonio;
in caso contrario si sarebbe uccisa nella mia cella.
Allora io, valendomi della mia arte,
le feci prendere un sonnifero che ebbe l'effetto
desiderato, perché le diede l'apparenza
d'una morta. Intanto scrissi a Romeo
di venire qui, in questa notte fatale,
per aiutarmi a toglierla dalla tomba,
appena cessato l'effetto del sonnifero.
Ma frate Giovanni, che doveva consegnare la mia let-
[tera,
fu trattenuto da un incidente, e la scorsa notte
venne a riportarmela. Perciò, all'ora in cui Giulietta
si doveva svegliare, venni qui per toglierla
dalla tomba e accompagnarla nella mia cella,
dove intendevo nasconderla fino a quando
non avessi trovato un mezzo opportuno
per informare Romeo. Ma, appena giunto,
alcuni minuti prima del suo risveglio,
trovai morti il nobile Paride e il fedele Romeo.
Intanto Giulietta si svegliava e io la supplicai
di venire via e di sopportare con rassegnazione
la volontà del Cielo. Ma un rumore improvviso
mi fece allontanare dalla tomba:
e Giulietta, nella sua grande disperazione,
non volle venire con me, ma, a quanto pare,
fece
violenza su se stessa. Questo è quanto io so;
il matrimonio era a conoscenza della nutrice.
Ora, se ho qualche colpa in questa sciagura,
la mia vita sia sacrificata prima del suo tempo,
con la pena della legge più severa.
PRINCIPE
Noi ti abbiamo sempre ritenuto un santo.
E ora, sentiamo il servo di Romeo.
Che cosa puoi dire?
BALDASSARRE
Sono stato io a portare al mio padrone la notizia
della morte di Giulietta, ed egli partì subito
da Mantova; e, appena qui, si recò alla tomba.
Qui, mi ordinò di consegnare, il mattino seguente,
questa lettera a suo padre; e, prima di entrare
nella tomba, mi minacciò di morte
se non mi fossi allontanato, perché voleva restare solo.
PRINCIPE
Dammi la lettera, voglio leggerla. Dov'è il paggio
del conte che chiamò la guardia? Ditemi, giovanotto,
che cosa faceva qui il vostro padrone?
PAGGIO
Venne a portare dei fiori sulla tomba
della sua donna, e mi ordinò di allontanarmi;
e così feci. Dopo un po' un uomo
con una torcia si avvicinò alla tomba per aprirla.
Il mio padrone s'avventò su di lui
con la spada in mano e io corsi a chiamare la guardia.
PRINCIPE
Questa lettera di Romeo conferma le parole
del buon frate. Racconta il loro amore,
l'annuncio della morte di Giulietta,
come egli aveva comprato un veleno
da un povero speziale, e come poi era venuto
qui per morire e stare vicino a Giulietta!
Dove sono questi nemici? Capuleti! Montecchi!
Ecco quale punizione è scesa sul vostro odio.
Il
Cielo ha ucciso con l'amore i vostri figli,
e io, per avere tollerato le vostre discordie,
ho perduto due dei miei parenti. Siamo tutti puniti»
CAPULETI
O fratello Montecchi, dammi la mano!
Ecco la dote di mia figlia, poiché io non posso
domandare di più.
MONTECCHI Ma io posso darti molto di più
Io innalzerò una statua tutta d'oro a Giulietta;
e finché duri la città di Verona,
nessun'altra immagine sarà tanto onorata,
come quella della pura e fedele Giulietta.
CAPULETI
E Romeo con uguale splendore starà accanto alla
[statua
della sua donna. Povere vittime del nostro odio!
PRINCIPE
Questo giorno porta con sé una grigia pace.
Il sole per 51 dolore nasconde la sua faccia.
Andiamo: parleremo ancora di questi fatti dolorosi,
perché fra coloro che vi parteciparono,
alcuni saranno perdonati, altri puniti.
Certo non vi fu mai una storia più infelice
di quella di Giulietta e del suo Romeo. Escono tutti