Rosmersholm

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Rosmersholm

di Henrik Ibsen

PERSONAGGI

GIOVANNI ROSMER, proprietario di Rosmersholm

REBECCA WEST, che abita a Rosmersholm

RETTORE KROLL, cognato di Rosmer

PIETRO MORTENSGAARD, giornalista

ULRICO BRENDEL

SIGNORA HELSETH, governante di casa Rosmer

L'azione si svolge a Rosmersholm, vecchia tenuta signorile nei dintorni d'una cittadina costiera della Norvegia

occidentale.

ATTO PRIMO

A Rosmersholm, un salone spazioso, piuttosto antiquato, ma di gusto. Alla parete di destra, una stufa in maiolica,

ornata di rami di betulla freschi e di fiori campestri; più indietro, sempre a destra, una porta. Nella parete di fondo, un

uscio a doppio battente che dà in anticamera. A sinistra, una finestra munita di doppi vetri, con molti vasi di fiori sul

davanzale. Vicino alla stufa, una tavola con divano e poltrone. Alle pareti, grandi ritratti antichi e recenti di pastori,

ufficiali, dignitari di Stato. È una sera d'estate, dopo il tramonto. La finestra è aperta; sono spalancate anche la porta

dell'anticamera e quella d'ingresso. Si vedono, fuori, i grandi vecchi alberi del viale che conduce alla casa.

Rebecca West è seduta in un'ampia poltrona vicino alla finestra e sta lavorando a maglia un grande scialle di lana

bianca che è quasi finito. Di tratto in tratto guarda di tra i fiori della finestra. Dopo alcuni minuti entra dalla porta di

destra la signora Helseth.

SIGNORA HELSETH

Signorina Rebecca, devo intanto cominciar ad apparecchiare la tavola?

REBECCA

Faccia pure. Il pastore non deve tardar molto.

SIGNORA HELSETH

Non sente corrente d'aria, signorina?

REBECCA

Sì , un po'. Vuol chiudere, per piacere?

SIGNORA HELSETH

Subito. (chiude le due porte del fondo, poi si avvicina alla finestra, guardando fuori) Se non mi sbaglio, quello è il

signor Rosmer!

REBECCA (guardando)

Quale? (alzandosi ed avvicinandosi alla finestra) Sì , è lui (si ritira dietro le tende) Non voglio che ci veda; venga un

poco indietro.

SIGNORA HELSETH (chiude i primi vetri della finestra e viene nel mezzo della scena)

Ha visto? Ricomincia a passare dalla strada del mulino.

REBECCA

Lo fece anche l'altro giorno. (guardando attraverso i vetri) Voglio vedere se...

SIGNORA HELSETH

... passa anche dal ponticello?

REBECCA (dopo breve pausa)

No: è tornato indietro, prende il sentiero dietro il mulino... (allontanandosi dalla finestra) Un giro ben lungo.

SIGNORA HELSETH

Capisco come debba essere penoso per il pastore attraversare il ponte; fu... fu là che accadde la terribile disgrazia...

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REBECCA (deponendo il lavoro)

Ma come si è attaccati ai morti qui a Rosmersholm...

SIGNORA HELSETH

Io credo piuttosto, signorina, che siano i morti a restar attaccati a Rosmersholm.

REBECCA (fissandola)

I morti...?

SIGNORA HELSETH

Come se non volessero allontanarsi del tutto da chi resta.

REBECCA

Cosa glielo fa pensare?

SIGNORA HELSETH

Mah... se no non si spiegherebbe l'apparizione del cavallo bianco.

REBECCA

Com'è la storia del cavallo bianco, signora Helseth?

SIGNORA HELSETH

Oh, una leggenda... Inutile parlarne. Tanto lei non ci crede.

REBECCA

Dica, signora Helseth, (andando a chiudere i secondi vetri della finestra) e lei ci crede?

SIGNORA HELSETH

Be', non voglio farmi burlare da lei, signorina. (guardando fuori della finestra) Ma chi è quello là? Il pastore, ancora

sulla strada del mulino?

REBECCA (guardando fuori della finestra)

Quello... (ritirandosi prontamente) Ma è il rettore Kroll.

SIGNORA HELSETH (sempre guardando fuori della finestra)

Sì , ora lo riconosco, è il rettore.

REBECCA

Questa visita viene a proposito! Si dirige qui, vero?

SIGNORA HELSETH

Sì , sta attraversando ora il ponte. Non ci fa caso, lui. Eppure era sua sorella... Ma ora debbo andare a preparar la tavola.

(esce da destra)

REBECCA (rimane qualche istante alla finestra; sorride, saluta chinando il capo, poi va alla porta di destra e parla

verso l'interno)

Signora Helseth, veda se può preparare qualcosa di più del solito, per cena; lei conosce i gusti del rettore.

SIGNORA HELSETH (dall'interno)

Non dubiti, signorina, lasci fare a me. (la scena comincia ad oscurarsi)

REBECCA (va alla porta dell'anticamera e l'apre)

Benvenuto, rettore. Finalmente la rivediamo qui!

KROLL (entra in anticamera, depone il bastone in un angolo)

Disturbo forse?

REBECCA

Lei...? Ma perché dice queste cose?

KROLL (entrando nella stanza)

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Grazie. Sempre gentile. (guardandosi attorno) Rosmer è su nel suo studio?

REBECCA

No, è uscito a fare la sua passeggiata. Non capisco però perché ritardi... Ma sarà qui a momenti. (accennando al divano)

Si accomodi, prego.

KROLL

Grazie. (siede sul divano vicino a Rebecca guardandosi attorno) Ma come è riuscita a render accogliente e simpatica

questa vecchia casa... E poi, fiori dappertutto.

REBECCA

A Rosmer piacciono molto.

KROLL

E anche a lei, penso.

REBECCA

Sì . Danno una sorta di serena ebbrezza... Una volta non potevamo tenerne.

KROLL (con emozione)

È vero, la povera Beata non ne sopportava il profumo.

REBECCA

E neppure i colori. La turbavano.

KROLL (c. s.)

Ricordo, ricordo. (cambiando discorso) Come va la vita qui?

REBECCA

Oh, sempre la solita... I giorni passano, tutti eguali. Lei piuttosto, in città...? La signora?

KROLL

La prego, cara signorina, non parliamo di me. In una famiglia, si sa, c'è sempre qualche contrarietà. Specialmente in

questi tempi.

REBECCA (dopo brevissima pausa, va a sedersi su una poltrona vicino al divano)

Perché non è mai venuto a Rosmersholm in queste vacanze?

KROLL

Non si può ad ogni momento andare ad invadere la casa d'altri.

REBECCA

Sapesse come abbiamo sentito la sua mancanza.

KROLL

E poi, sono stato in viaggio.

REBECCA

Lo so, ma poche settimane. Propaganda per le elezioni, vero?

KROLL (scuotendo il capo)

Chi l'avrebbe detto che, da vecchio, mi sarei messo a fare l'agitatore politico...?

REBECCA (sorridendo)

Veramente mi sembra di ricordare che alquanto battagliero ella sia stato sempre.

KROLL (interrompendola)

Un tempo facevo un po' di politica quasi per passatempo; ma ora la faccio sul serio. Legge mai i giornali radicali?

REBECCA

Sì , signor rettore; inutile ch'io lo neghi.

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KROLL

Non c'è nulla di male... fino a quando non si tratta di lei. Del resto, poi, lei è una donna e non si può pretendere che

prenda posizione in questa... sì , in questa vera guerra civile. Ha visto gli insulti che mi hanno scagliato quei signori del

popolo?

REBECCA

Anche lei però gli ha risposto per le rime.

KROLL

Sì , lo riconosco: han trovato pane pei loro denti. Ma non potevo lasciargli credere che mi si potessero mettere i piedi sul

collo... (interrompendosi) Ma la prego, per questa sera non tocchiamo più questo tasto.

REBECCA

Oh, sì . Come vuole.

KROLL

Discorriamo piuttosto di lei. Come se la passa qui a Rosmersholm, da quando è rimasta sola, dopo che la povera Beata...

REBECCA

Oh, quanto a me, bene, grazie. Naturalmente, ci son momenti in cui si avverte un gran vuoto qui, senza di lei... e

rimpianto, anche. Ma del resto...

KROLL

E pensa di restar sempre così ?

REBECCA

Io non penso nulla... Ormai mi son tanto abituata a viver qui che mi par quasi di far parte di Rosmersholm.

KROLL

Oh, la capisco bene.

REBECCA

E finché il signor Rosmer penserà che la mia presenza possa essergli di qualche conforto o utilità, credo che resterò.

KROLL (fissandola)

Ma sa che c'è qualcosa di grande in una donna che sacrifica tutta la sua gioventù per gli altri?

REBECCA

Non ho altri scopi nella mia vita.

KROLL

Giovinetta, si dedicò tutta o quasi a quel suo padrigno paralitico e intrattabile...

REBECCA

Non deve credere ch'egli fosse stato sempre così , quando abitavamo lassù nel Finmarken. Furono quei terribili viaggi di

mare che rovinarono il povero dottor West. E gli anni difficili vennero quando ci stabilimmo qui. Finché finì di soffrire.

KROLL

Ma non furono facili neppure questi di Rosmersholm.

REBECCA

Non dica questo. Io ho voluto realmente molto bene a Beata. Ed essa aveva, povera creatura, un così profondo bisogno

di tenerezza e di comprensione...

KROLL

Dio la ricompensi, signorina, per questo modo di ricordarla con tanta indulgenza.

REBECCA (avvicinandosi a Kroll)

Caro rettore, ella mi parla con tanta naturalezza e cordialità che quasi mi convince che non ci sia in lei ombra di

risentimento.

KROLL

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Di risentimento? E perché?

REBECCA

Temevo che la mia presenza, la presenza di una estranea, qui a Rosmersholm, le riuscisse in qualche modo penosa.

KROLL

Oh, no...

REBECCA

No davvero, dunque? (stringendogli la mano) Grazie, caro rettore, grazie di cuore.

KROLL

Ma come le è potuta venire un'idea simile?

REBECCA

Da tanto tempo non la vedevo più qui, signor rettore, che cominciavo a esserne inquieta.

KROLL

Si è proprio ingannata, signorina. D'altronde non è vero che le cose siano cambiate; ella dirigeva tutto, qui, anche

quando era tuttora in vita la povera Beata.

REBECCA

Sì . Ma allora la padrona di casa c'era, ed io ne facevo soltanto le veci.

KROLL

Comunque... Deve credermi, signorina Rebecca, se le dico ch'io non avrei nulla in contrario anche se... Ma non

parliamo di queste cose.

REBECCA

Scusi, che intende dire?

KROLL

Che non l'avrei con lei, anche se un giorno la vedessi occupare il posto di Beata.

REBECCA

Io occupo il posto che desidero.

KROLL

Per il lavoro, certamente, ma...

REBECCA (interrompendolo con severità)

Signor rettore Kroll, non scherzi, la prego, su queste cose...

KROLL (non badando alla severità di Rebecca)

Certo, l'esperienza coniugale del nostro buon Rosmer non è stata troppo incoraggiante... Ma ciò non vorrebbe dire...

REBECCA

Ma lei ha voglia di scherzare.

KROLL (c. s.)

Eppure... Mi scusi, signorina West, se la domanda non è indiscreta: quanti anni ha?

REBECCA

Ventinove... Entrerò nei trenta...

KROLL

E Rosmer... Aspetti, mi lasci pensare... mi ricordo... quando eravamo ragazzi... io avevo cinque anni più di lui... dunque

ne ha quarantatrè. Per l'età, andreste benissimo.

REBECCA (alzandosi)

Certo, certo, benissimo! (dopo breve pausa) Si trattiene a prendere una tazza di tè con noi, stasera?

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KROLL

Volentieri, tanto più che devo parlare anche col mio vecchio amico... E perché non abbia più a pensare le assurdità di

prima, ho intenzione di tornar qui spesso, come nei tempi andati.

REBECCA (stringendogli la mano)

Grazie; la prendo in parola. Lei deve essere un uomo di cuore.

KROLL (sorridendo ironicamente)

Crede? La mia famiglia non sembra di questo parere.

(Giovanni Rosmer entra dalla porta di fondo)

REBECCA

Vede, signor Rosmer, chi c è qui?

ROSMER

Me l'aveva già detto la signora Helseth. (lentamente, commosso, si dirige verso Kroll che intanto si è alzato) Oh, sii il

benvenuto in casa mia, Kroll. (i due uomini si abbracciano; poi Rosmer, mettendo una mano sulla spalla a Kroll, lo

guarda fisso negli occhi) Ero certo che saresti tornato, che saremmo ridivenuti amici.

KROLL

Anche tu allora hai potuto credere che io avessi qualcosa con voi?

REBECCA (a Rosmer)

Pensi, signor Rosmer, che non c'era nulla di vero!

ROSMER (a Kroll)

Ma perché non ti sei più fatto vedere?

KROLL (abbassando la voce)

Non volevo con la mia presenza ravvivarti il ricordo dei tempi passati... perché io ti devo ricordare colei... che finì nella

gora del molino.

ROSMER (commosso)

I l tuo animo fu sempre delicato; ma non dovevi allontanarti per questo... Vieni, sediamoci qui sul divano. (siedono)

Credilo, non mi fa male il pensare alla povera Beata. Parliamo di lei tutti i giorni. È come se vivesse ancora.

KROLL

Davvero?

REBECCA (accendendo la lampada)

Sì , sì , sempre.

ROSMER

È naturale. L'amavamo sinceramente, perché anche Rebecca... (correggendosi) la signorina West le si era affezionata. E

abbiamo coscienza d'aver fatto quanto era in noi per quella martire. Non ho nulla da rimproverarmi. Ecco perché la

memoria di Beata mi è dolce e quasi consolante.

KROLL

Siete due care, brave persone. Credo che d'ora in avanti verrò spesso da voi.

REBECCA (sedendo in poltrona)

Purché non manchi ancora di parola.

ROSMER (premurosamente)

Ah, Kroll... Se tu sapessi quante volte ho sospirato questo momento... Fummo sempre amici... tu eri il mio confidente, il

mio consigliere fin dall'infanzia... da quando eravamo studenti...

KROLL

È vero; e ne fui sempre orgoglioso. Forse che anche ora...?

ROSMER

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Sì . Ho molte cose di cui vorrei trattare con te, parlandoti a cuore aperto, confidandomi.

REBECCA

Ed è ciò che bisogna fare tra vecchi amici.

KROLL

Anch'io, Rosmer, ho molte cose da dirti. Come saprai, ora sono un uomo d'azione: la politica m'ha preso.

ROSMER

Lo so; ma come hai fatto...?

KROLL

Ci fui costretto, volente o nolente. Ci sono tempi in cui è possibile restare spettatori, passivi. Poiché ora,

sciaguratamente, i radicali hanno afferrato il potere, ho creduto giunto il momento d'uscire in campo. Così mi sono

adoperato a riunire in un sol gruppo tutti i nostri amici. Il tempo stringe.

ROSMER (con un lieve sorriso)

Non è forse già un po' tardi?

KROLL

Certo, sarebbe stato meglio poter arginare prima la fiumana... Ma chi avrebbe potuto prevedere...? (si alza e passeggia

per la scena) Comunque, io non mi arrendo... Purtroppo lo spirito di rivolta è penetrato anche nelle scuole.

ROSMER

Nelle scuole? Ma non nella tua?

KROLL

Anche nella mia. Ho scoperto che da più di sei mesi gli studenti delle classi superiori, parecchi almeno, hanno costituito

una società segreta, e si sono abbonati al giornale di Mortensgaard.

REBECCA

«La Face»?

KROLL

Sicuro. «La Face»! Ditemi voi se quella è una sana lettura per futuri impiegati dello Stato...! Ma il peggio sta in questo,

che gli organizzatori del complotto sono i giovani migliori, i più intelligenti. Solo gli zucconi ne son restati fuori.

REBECCA

E tutto ciò la addolora tanto, rettore?

KROLL

Mi addolora perché vedo sorgere continuamente ostacoli al lavoro della mia vita. (abbassando la voce) Eppure avrei

forse finito per passarci sopra. Ma c'è ancora di peggio... (guardandosi attorno) Non c'è pericolo che qualcuno ci senta?

REBECCA

No, stia tranquillo.

KROLL

Ebbene, sappiate che lo spirito di rivolta non è penetrato solo nella scuola, ma anche nella mia casa, nella mia famiglia

stessa...

ROSMER (alzandosi)

Che dici?

REBECCA (avvicinandosi al rettore)

Ma cosa è successo, dunque?

KROLL

Tra i miei figli stessi: Lorenzo, il primogenito, era il caporione della piccola congiura che scopersi, e Ilda, che sapeva

tutto, aveva ricamato una cartella per riporvi «La Face»!

ROSMER

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Questa non me la sarei aspettata. Che nella tua stessa famiglia...

KROLL

Vero? Chi l'avrebbe immaginato? In una casa dove finora avevan sempre regnato ordine e disciplina, dove tutti

obbedivano a una sola volontà!

REBECCA

Cosa ne dice sua moglie?

KROLL

Mia moglie? Ebbene, la sorpresa maggiore me l'ha riservata proprio lei. Una donna che mi aveva sempre obbedito, che

tanto nelle grandi come nelle piccole cose, era sempre del mio parere... oggi è quasi arrivata a mettersi dalla parte dei

ragazzi. Dice che io solo ho la colpa di quanto avviene. Che io opprimo la gioventù, come se la severità non fosse cosa,

più che necessaria, indispensabile. E così ora ho la discordia in famiglia. Io, naturalmente, ne parlo il meno possibile,

perché su queste cose è meglio tacere. (passeggia per la scena) Oh! Sì , è una vita molto felice la mia! (si ferma davanti

alla finestra e guarda fuori)

REBECCA (avvicinatasi a Rosmer, gli dice sottovoce, senza che Kroll se ne accorga)

Parla.

ROSMER (rispondendo piano senza farsi sentire da Kroll)

No, questa sera, no!

REBECCA (c. s.)

Ma sì , questa sera, subito. (va a regolare la lampada)

KROLL (allontanandosi dalla finestra)

E adesso sai, mio Rosmer, come lo spirito del tempo sia venuto a gettare la sua triste ombra tanto sulla mia attività

pubblica quanto sulla mia vita privata stessa. E non è giusto che io combatta con tutte le armi che sono a mia

disposizione contro queste teorie dissolventi e distruggitrici? Per conto mio son deciso: con la parola e con la penna!

ROSMER

E hai speranza di riuscire?

KROLL

In ogni caso avrò fatto il mio dovere di cittadino. E credo che così debba fare ogni uomo che abbia il sentimento della

patria e voglia il trionfo della buona causa. Ed anche per questo sona venuto a Rosmersholm stasera.

ROSMER

Che vuoi da me, amico mio? Cosa posso fare io?

KROLL

Aiutare i vecchi amici. Appoggiare la nostra causa: sostenerla con tutte le forze.

REBECCA

Ma lei, signor rettore, sa che il signor Rosmer ha sempre rifuggito da tali cose...

KROLL (interrompendola)

Devi vincerla questa ripugnanza, devi aprirti una strada. Rimani troppo chiuso tra queste quattro pareti in mezzo alle tue

collezioni storiche. Non per mancar di rispetto ai tuoi studi... Ma purtroppo non puoi immaginare in che stato sia ridotto

il paese. Ogni elementare principio è sconvolto. Sarà un lavoro gigantesco, estirpare di nuovo tanti errori.

ROSMER

Lo vedo, lo capisco; ma non è lavoro per me.

REBECCA

E poi mi sembra che oggi il signor Rosmer veda le cose ben diversamente da un tempo.

KROLL (fissando Rebecca)

Diversamente? Che intende dire, signorina?

REBECCA

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Con maggior libertà, e meno pregiudizi.

KROLL

Voglio sperare, Rosmer, che non sarai stato tanto ingenuo da lasciarti impressionare dal fatto, puramente accidentale,

della vittoria effimera di certi demagoghi.

ROSMER

Io, lo sai, di politica non me ne intendo. Mi sono accorto però che in questi ultimi anni tutti, dal più al meno, hanno

acquistato una maggior indipendenza di giudizio.

KROLL

E lo credi un bene? Ti sbagli di grosso, caro mio. Informati, informati sulle opinioni che, tanto qui che in città, circolano

tra i radicali. Si tratta in fondo delle idee propugnate dalla famosa «Face».

REBECCA

Mortensgaard esercita infatti molta influenza sulla gente del paese.

KROLL

Un uomo col passato di Mortensgaard! Un uomo che fu cacciato dal posto di professore per una relazione illecita e

vergognosa... Costui pretende farsi guida del popolo? E ci riesce! Ci riesce... Ho sentito che vuol ingrandire il formato

del giornale, e so anche di sicuro che cerca un collaboratore.

REBECCA

Come mai lei e i suoi amici non lo combattono?

KROLL

È quello appunto che stiamo per fare. Abbiamo comperato la «Gazzetta Ufficiale», e non è la questione di danaro che ci

preoccupa, bensì ... (si volge a Rosmer) Ora sono arrivato al vero scopo della mia visita. Abbiamo bisogno d'un direttore.

Rosmer, dimmi: per il bene della nostra causa, accetteresti quest'incarico?

ROSMER (con spavento)

Io!?

REBECCA

Ma come si può pensare a lui!

KROLL

Capisco che tu voglia evitare le riunioni pubbliche, con tutto ciò cui in esse ci si espone. Ma noi qui ti offriamo il posto

ritirato di direttore, o meglio...

ROSMER

No, no, Kroll: non insistere, te ne scongiuro.

KROLL

Vorrei assumermi io anche l'impegno della direzione, ma mi è assolutamente impossibile. Sono già oberato di lavoro.

Tu invece sei libero. E ti assicuro che avrai in noi uomini pronti ad aiutarti con tutte le loro forze.

ROSMER

Tra l'altro me ne sentirei incapace. Non posso, Kroll.

KROLL

Tu? Ricordo che dicevi lo stesso, quando tuo padre lasciò la sua carica.

ROSMER

E non avevo forse ragione...? Infatti mi dimisi.

KROLL

Ah, Rosmer! Noi ci stimeremmo ben fortunati se tu divenissi un così buon direttore come fosti buon pastore.

ROSMER

Insomma: assolutamente, no.

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KROLL

Almeno, ci presterai il tuo nome...

ROSMER

Il mio nome...?

KROLL

Sicuro, a noi tornerà di grande vantaggio anche solo il nome di Giovanni Rosmer. Noi siam tutti troppo conosciuti come

uomini di parte. Quanto a me, passo addirittura per un fanatico... Se il giornale portasse il nostro nome, non potremmo

proprio per questo sperare di introdurlo tra quelle masse che vogliamo strappare all'errore. Tu invece ti sei sempre

tenuto fuori delle lotte. Il tuo spirito di equità e di disinteresse... il tuo sentire elevato... la tua condotta irreprensibile...

son tutte qualità conosciute e apprezzate. Inoltre, ti sei guadagnato la stima ed il rispetto da quando eri pastore... Infine,

il nome stesso della tua famiglia...

ROSMER

Oh! Il nome di famiglia...

KROLL (additando i ritratti appesi alle pareti)

Sicuro, i Rosmer di Rosmersholm, pastori, ufficiali, alti dignitari di Stato... tutti uomini di vaglia... uomini d'onore. Una

generazione che da più di due secoli si conserva la prima del distretto. (mettendo una mano sulle spalle di Rosmer)

Rosmer, non solo per te, ma anche per le tue tradizioni stesse, devi unirti a noi, che stiamo per difendere quanto fino ad

oggi fu reputato buono ed inviolabile nella nostra società... (allontanandosi da lui) E lei che ne dice, signorina West?

REBECCA (sorridendo lievemente)

Caro rettore, tutto ciò fa un effetto un po' comico.

KROLL

Comico...? E perché?

REBECCA

Perché ora senza più indugi voglio dichiarare...

ROSMER (agitato, l'interrompe)

No... no, non voglio... non ancora.

KROLL (guardando ora l'uno ora l'altra)

Che cosa c'è dunque, amici miei?... (interrompendosi) Ehm... Ehm...

SIGNORA HELSETH (entrando da destra)

C'è un uomo, di là nel corridoio, che vorrebbe parlare con lei, signor Rosmer.

ROSMER (con un respiro di sollievo)

Bene. Chi è? Lo faccia entrare...

SIGNORA HELSETH

Qui in sala?

ROSMER

Ma sì !

SIGNORA HELSETH

A vederlo, non si direbbe che sia da far passare qui.

REBECCA

Che aspetto ha, signora Helseth?

SIGNORA HELSETH

Oh, solo molto misero, signorina.

ROSMER

Non ha detto come si chiama?

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SIGNORA HELSETH

Sì , Hekman, se non mi sbaglio.

ROSMER

Non conosco.

SIGNORA HELSETH

Sì , ora mi ricordo: Ulrico Hekman, ha detto.

ROSMER (sorpreso)

Ulrico Hekman. Non ha detto così ?

SIGNORA HELSETH

Sì , sarà Hekman.

KROLL

Questo nome non mi è nuovo.

REBECCA

Se non mi sbaglio firmava così ...

ROSMER (a Kroll)

È lo pseudonimo di Ulrico Brendel.

KROLL

Già! Quel miserabile...

REBECCA

È ancora vivo, dunque.

ROSMER

Credevo viaggiasse con una compagnia teatrale.

KROLL

Quando ebbi le sue ultime notizie, era stato messo in prigione.

ROSMER (alla signora Helseth)

Lo faccia passare.

SIGNORA HELSETH

Bene. (esce)

KROLL

Ma vuoi proprio ricevere quell'uomo?

ROSMER

Sai che Brendel fu un tempo mio precettore.

KROLL

E so anche che fu lui a riempirti la testa di teorie rivoluzionarie... tanto che tuo padre lo cacciò fuori di casa a colpi di

scudiscio.

ROSMER (con un sorriso un poco amaro)

Mio padre non si poté mai dimenticare di essere ufficiale dell'esercito anche tra le pareti domestiche.

KROLL

E tu dovresti esserne ancora grato alla sua memoria, caro Rosmer.

(La signora Helseth introduce da destra Brendel, poi esce richiudendo la porta. Ulrico Brendel, con capelli e barba

grigi, è un uomo di figura magra e portamento elegante, dai movimenti vivacissimi: porta un abito logoro, senza

soprabito, scarpe rotte, vecchi guanti neri e sotto il braccio un cappello a cencio)

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BRENDEL (dapprima un poco esitante, guarda le persone che lo circondano e poi speditamente va verso Kroll,

stendendogli la mano)

Salute, Giovanni.

KROLL (ritirandosi)

La prego...

BRENDEL

Chi l'avrebbe detto che ci saremmo riveduti... e proprio qui, tra queste maledette mura...?

KROLL (c. s.)

S cusi. È in errore. (addita Rosmer)

BRENDEL (voltandosi verso Rosmer)

Oh, infatti... Ecco Giovanni. Ragazzo mio... il mio allievo prediletto.

ROSMER (dandogli la mano)

Mio vecchio maestro!

BRENDEL

Quantunque io non abbia qui troppo dolci ricordi, pure non ho potuto passare da Rosmersholm senza venirti a trovare.

ROSMER

Ha fatto bene: qui ora è sempre il benvenuto.

BRENDEL (vedendo Rebecca)

E questa bella signora...? (inchinandosi) Tua moglie, vero?

ROSMER

La signorina West.

BRENDEL

Capisco, una tua parente... (additando Kroll) E quel signore che non conosco... un tuo collega?

ROSMER

Il rettore Kroll.

BRENDEL (pensando)

Kroll... Kroll... Non mi è un nome nuovo... (a Kroll) Ha studiato filologia?

KROLL

Naturalmente.

BRENDEL (battendosi la fronte)

Ah! Ecco dunque: mi pareva di averti conosciuto...

KROLL

Signor Brendel, vorrei pregarla...

BRENDEL

Anzi, non sei stato tu...

KROLL

La prego, signore...

BRENDEL

Non era tra quei giovani paladini della virtù che mi espulsero dalla Società delle Conferenze?

KROLL

Può essere. Comunque la prego di risparmiarmi la sua intimità.

BRENDEL

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Come desidera, egregio signor rettore. A me è assolutamente indifferente: Ulrico Brendel rimane sempre lo stesso

uomo.

REBECCA

È diretto in città, signor Brendel?

BRENDEL

La signora ha indovinato. Di tempo in tempo sono costretto a lottare un po' per l'esistenza. Non è la cosa più piacevole,

ma... enfin... necessità non ha legge.

ROSMER

Signor Brendel, se posso esserle utile in qualcosa, faccia assegno su me.

BRENDEL

Giovanni... a me una proposta simile! No, no, non voglio che i nostri legami...

ROSMER

Cosa vuol fare in città? Dubito che non le sarà troppo facile...

BRENDEL

Lascia fare a me, ragazzo mio. Il dado è tratto: sono impegnato in una grande campagna, la più grande di tutte quelle

ch'io abbia combattuto fino ad oggi. (a Kroll) Posso chiederle, così , entre nous, chiarissimo professore, se nella sua

onorata città esista un locale grande e decoroso per riunioni?

KROLL

Il più spazioso è il salone della Società dei Lavoratori.

BRENDEL

Suppongo che ella abbia grande influenza su questa utilissima e saggia istituzione.

KROLL

Io? Non ci ho nulla a che vedere.

REBECCA (a Rosmer)

Deve rivolgersi al signor Mortensgaard.

BRENDEL

Pardon, madame... ma chi è questo idiota?

REBECCA

Non lo conosce e lo chiama idiota?

BRENDEL

Mi basta sentirne il nome per capire che è un plebeo.

KROLL

Non mi sarei mai aspettato una simile risposta.

BRENDEL

Ma farò di necessità virtù. Quando un uomo è come me, a un punto critico della sua vita... Sono deciso: mi presenterò a

questo signore, entrerò con lui in trattative dirette.

ROSMER

Dica: è veramente a un punto critico?

BRENDEL

Sì , ragazzo mio, tu sai che Ulrico Brendel non conta mai storie. Sono sul punto di diventare un altro uomo. Uscirò dal

riserbo che finora m'ero imposto. Burrascosi tempi sono questi in cui viviamo. Voglio anch'io portare il mio tributo

all'altare della libertà.

ROSMER

E come?

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BRENDEL

Mi getto nella vita pubblica.

KROLL

Anche lei vuole...?

BRENDEL (guardandosi attorno)

C'è tra i presenti qualcuno che abbia conoscenza dei miei scritti di divulgazione?

KROLL

Io no.

REBECCA

Ne lessi alcuni. Li aveva tutti il mio padrigno.

BRENDEL

Bella signora, ha sciupato il suo tempo: perché quanto ho fatto fino ad ora non è che roba senza importanza.

REBECCA

Davvero?

BRENDEL

Nessuno conosce le mie opere migliori. Nessuno... all'infuori di me.

REBECCA

E come mai?

BRENDEL

Sì , perché non le ho scritte ancora.

ROSMER

Ma, mio caro Brendel...

BRENDEL

Tu sai, Giovanni, che io sono, in un certo senso, un epicureo, un raffinato. Sono stato così sempre. Mi piace di godere in

solitudine. La solitudine mi raddoppia, mi centuplica il godimento. Vedi, quando mirifici sogni d'oro scendevano su di

me a inebriarmi... quando dentro di me nascevano nuovi pensieri, vertiginosamente alti, che mi trascinavano col vento

stesso delle loro ali possenti... oh, allora, io trasformavo tutto quel mondo in poesia, visione, immagini... Così ... a grandi

linee; intendi?

ROSMER

Sì ; sì .

BRENDEL

Sapessi quali gioie... vere orge spirituali... ho godute in vita mia! La misteriosa felicità della creazione... sia pure a

grandi linee, così come ti ho detto... il successo, il premio, la gloria, l'alloro... tutto, tutto ho raccolto e stretto in me, con

mani colme e tremanti di gioia. E mi sono saziato di quelle solitarie visioni d'una voluttà... d'una voluttà vertiginosa.

KROLL

Eh! Ehm... (crolla le spalle)

ROSMER

E non ha mai scritto nulla di quanto...

BRENDEL

Nulla. Il lavoro materiale dello scrivere mi ha sempre irritato. E non c'era ragione perché profanassi il mio ideale,

quando potevo godermelo io solo, e immacolato, in tutta la sua purezza. Ora però sono deciso a sacrificarlo. È curioso...

provo l'emozione di una madre che mette la sua giovane figlia nelle braccia dello sposo. È un sacrificio, ma sono deciso

a farlo: è il mio tributo all'altare della libertà umana. Voglio dare una serie di conferenze ben congegnate... per tutto il

paese...

Henrik Ibsen Rosmersholm

16

REBECCA (con vivacità)

Ella fa una bella cosa, signor Brendel. Dare agli altri ciò che si ha di più caro...

ROSMER

Ciò, anzi, che unicamente si possiede...

REBECCA (guardando Rosmer con intenzione)

... mentre molti son quelli che non osano.

ROSMER (rispondendo allo sguardo di Rebecca)

E chi sa...

BRENDEL

Mi sembra di notare un certo eccitamento nella rispettabile assemblea. Ciò mi rinfranca il cuore... e la volontà. È venuto

ormai il momento d'agire. Però, permetta ancora una domanda... (a Kroll) Può dirmi, Herr precettore... se c'è in città

una società di temperanza?

KROLL

Certo, e io ne sono il presidente.

BRENDEL

Dovevo immaginarmelo. Ebbene, è facile che venga a iscrivermici come membro per una settimana.

KROLL

Non accettiamo soci a settimane.

BRENDEL

À la bonne heure, Herr pedagogo. Del resto, Ulrico Brendel non ha mai forzato le porte di simili istituzioni. (voltandosi

verso Rosmer e Rebecca) Il tempo passa, e io non posso trattenermi di più; bisogna che vada in città per scegliermi un

alloggio conveniente.

REBECCA

Non vuole prima di partire prendere qualcosa di caldo?

BRENDEL

E cioè, gentile signora?

REBECCA

Mah, una tazza di tè...

BRENDEL

Ringrazio la generosa massaia, ma non accetto mai nulla dall'ospitalità dei privati. (salutando con la mano) Salute a

tutti. (va fino alla porta, poi torna indietro) Ah; sì ... Giovanni... pastore Rosmer... vorresti rendere un piccolo servigio al

tuo vecchio maestro?

ROSMER (con premura)

Con tutto il cuore.

BRENDEL

E allora prestami... per pochi giorni... una camicia bianca stirata...

ROSMER

Volentieri. Nient'altro?

BRENDEL

No, perché viaggio a piedi questa volta. Il baule mi deve essere spedito.

ROSMER

Subito. Non le occorre proprio altro?

BRENDEL

Sì ... Se non sai cosa fartene... e se l'hai... potresti darmi un tuo vecchio abito da estate?

Henrik Ibsen Rosmersholm

17

ROSMER

Sicuro che lo posso.

BRENDEL

E se ci fosse anche un paio di scarpe decenti...

ROSMER

Ci saranno. Appena mi darà il suo indirizzo, sarà mia cura mandarle il pacco.

BRENDEL

Ah! Non lo posso permettere: porterò con me queste cosucce.

ROSMER

Come desidera. Se vuol favorire con me...

REBECCA

Lasci fare a me e alla signora Helseth.

BRENDEL

Non sarà mai detto che io disturbi una signora come lei...

REBECCA

Via, venga signor Brendel. (esce da destra)

ROSMER (trattenendo Brendel)

E non posso esserle utile in altro modo...?

BRENDEL

Non saprei... Ah! Sì ... Hai in tasca otto corone?

ROSMER (guardando nel portafogli)

Ho due biglietti da dieci.

BRENDEL

Fa lo stesso: prenderò anche questi; in città troverò da cambiare. Intanto grazie; e non ti dimenticare che mi hai dato

venti corone. Addio, mio caro ragazzo, buona notte. (a Kroll) Buona notte, eccellentissimo signore. (esce dalla porta di

destra, Rosmer chiude l'uscio dietro a lui)

KROLL

Dio di misericordia! È questi dunque quell'Ulrico Brendel che pareva, un tempo, dovesse diventare qualcuno?

ROSMER (con tono basso e fermo)

Ulrico Brendel ha, se non altro, avuto il coraggio di vivere a suo modo. E non è poco.

KROLL

Invidi una vita come la sua? Dubito quasi che Brendel sarebbe capace di sconvolgerti la testa un'altra volta...

ROSMER

Sta' tranquillo; ora so pensare e giudicare da me.

KROLL

Te l'auguro, ma sei così facile a lasciarti influenzare...

ROSMER

Sediamoci, Kroll, ho da parlarti

KROLL

Volentieri. (si siedono sul divano)

ROSMER (dopo una breve pausa)

Non ti pare che qui a Rosmersholm si viva in un'atmosfera piacevole e serena?

Henrik Ibsen Rosmersholm

18

KROLL

Sì ; e tu devi trovartici bene. Ah, Rosmer! Tu almeno hai ancora un focolare tranquillo, mentre io l'ho perduto.

ROSMER

Saran cose passeggere... Presto tornerà il sereno.

KROLL

No, purtroppo no; il seme della discordia ormai ha attecchito. Non ritorneremo mai più come prima.

ROSMER

Dimmi, Kroll: noi siamo amici fin da ragazzi... Credi tu che la nostra amicizia potrebbe un giorno finire?

KROLL

Per niente al mondo, credo. Ma perché mi fai questi discorsi?

ROSMER

Perché vedo che tu esigi dagli amici una concordanza quasi assoluta di idee.

KROLL

È vero; ma noi due abbiamo le stesse opinioni; almeno sulle questioni essenziali.

ROSMER

No. Non più.

KROLL (facendo l'atto di alzarsi)

Rosmer!

ROSMER (fermandolo)

Non te ne andare, te ne prego, Kroll...

KROLL

Le tue parole mi sono oscure; parla, spiegati.

ROSMER

Il mio spirito è come nato a nuova vita... Idee larghe, nobili, giovanili si sono impossessate di me; così che... ora...

KROLL

Ora?...

ROSMER

Sono dalla parte dei tuoi figli.

KROLL

Tu? Tu? Non è possibile! Come hai detto...?

ROSMER

Che sono dalla parte di Lorenzo e Ilda.

KROLL (abbassando il capo con grande tristezza mista a disprezzo)

Rinnegato... Giovanni Rosmer, un rinnegato!

ROSMER

Questo mutamento mi avrebbe reso così profondamente felice... se non mi avesse amareggiato il pensiero che per te

sarebbe stato un gran dolore.

KROLL (guardandolo con tristezza)

Rosmer! Rosmer! Un dolore da cui non mi riavrò mai più. Anche tu, dunque, coopererai allo sfacelo, alla distruzione di

quest'infelice paese.

ROSMER

Ecco il tuo errore, Kroll: la nostra è un'opera di redenzione.

Henrik Ibsen Rosmersholm

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KROLL

Così dicono i ribelli e gli illusi. Ma credi sul serio che possa venire una redenzione dallo spirito dominante... che sta

corrompendo tutta la nostra società?

ROSMER

Ma io non mi regolo su questo spirito, né appartengo ad alcun partito. Io voglio tentar di riunire gli uomini di buona

volontà, di qualunque tendenza siano: e quanto più strettamente possibile. Voglio adoperare tutte le mie energie per

cercar di dare al paese una vera autocoscienza... e creare un autentico regime popolare.

KROLL

Come se non ne avessimo già avuto abbastanza del regime popolare! A me sembra che esso ci stia trascinando tutti nel

fango, che, infatti, è l'elemento naturale del più basso popolo.

ROSMER

È perciò che io perseguo il proposito di creare un vero regime popolare come una missione.

KROLL

E come?

ROSMER

Cercando di nobilitare gli uomini.

KROLL

Tutti...!

ROSMER

Per lo meno, quanti più posso.

KROLL

E con quali mezzi?

ROSMER

Col liberare gli spiriti dai pregiudizi, col purificare le volontà.

KROLL

Rosmer, tu sei un sognatore. Pretendi, tu, di poter riuscire a liberare, purificare gli uomini...

ROSMER

No, caro: io voglio solo incitarli a questo. Quanto a farlo tocca a loro.

KROLL

E credi che possano?

ROSMER

Sì .

KROLL

Senza altro stimolo che la loro forza?

ROSMER

Sì . Non ce ne sono altri.

KROLL (alzandosi)

Ed è un pastore che parla così ?

ROSMER

Non sono più pastore.

KROLL

È vero. Ma la fede della tua famiglia?

Henrik Ibsen Rosmersholm

20

ROSMER

Non ho più...

KROLL

Non l'hai più...

ROSMER

L'ho abbandonata. Ho dovuto abbandonarla, Kroll.

KROLL (commosso, padroneggiandosi)

Ah, sì ... Una cosa tira l'altra. Ora capisco perché hai abbandonato il servizio della chiesa!

ROSMER

Abbandonai la chiesa quando mi accorsi che la mia non era una tentazione passeggera, ma qualcosa di molto serio e

profondo.

KROLL

La cosa data dunque da tempo? E hai potuto tacerne sempre con noi, coi tuoi amici... Ah! Rosmer, come hai potuto

nasconderci la triste verità?

ROSMER

Pensavo che riguardasse soltanto me. E poi, esitavo a darvi un dolore, in fondo, inutile: perché pensavo di poter

continuare a vivere come ho fatto finora, tranquillo e sereno in silenzio. Volevo leggere e approfondire quelle opere che

fino ad allora mi erano state precluse, e penetrare così nel gran mondo della libertà e della verità, che mi si è rivelato.

KROLL

Rinnegato! Rinnegato! Ogni tua parola ti accusa. Ma perché proprio adesso ti sei risolto a confessare questa tua

apostasia?

ROSMER

Sei tu che mi ci hai condotto.

KROLL

Io?

ROSMER

Quando ho saputo del tuo contegno violento nelle riunioni, in cui lanciavi quei terribili anatemi ai tuoi avversari. Oh,

Kroll! Come, come hai potuto diventare così ? È ben vero che gli uomini nella lotta diventano cattivi. Allora, vedi, capii

quale era il mio compito: ricondurre pace e concordia negli animi. Ed ecco perché ora mi faccio conoscere per quello

che sono veramente. Voglio provare anch'io le mie forze. Kroll... perché non ti unisci a me?

KROLL

Fino a che avrò vita combatterò coloro che vogliono la distruzione della società.

ROSMER

Allora, se la battaglia è inevitabile, combatteremo almeno con armi nobili.

KROLL

Non posso usare riguardi a chi non divide le mie idee.

ROSMER

Vale anche per me?

KROLL

L'hai voluto tu, Rosmer.

ROSMER

Dunque... è una rottura tra noi due?

KROLL

Non solo con me, ma con tutti quelli che fino ad oggi furono i tuoi amici. Ora ne devi portar le conseguenze.

Henrik Ibsen Rosmersholm

21

REBECCA (entrando dalla porta di destra che lascia spalancata)

Ecco: si avvia al gran sacrificio... E ora noi possiamo andare a tavola. Favorisca, signor rettore.

KROLL (prendendo il suo cappello)

Buona notte, signorina West. Io non ho più nulla da fare qui.

REBECCA (sorpresa)

Che cosa è successo? (chiude la porta e si avanza rapidamente sulla scena) Ha detto...?

ROSMER

Sa tutto.

KROLL

Ma non ti lasceremo andare, Rosmer; faremo di tutto per riaverti tra noi.

ROSMER

Impossibile.

KROLL

Lo vedremo. Io ti conosco; non sei uomo da poter sopportare l'abbandono, la solitudine...

ROSMER

Non rimarrò abbandonato. Saremo in due qui a sopportare la solitudine.

KROLL

Ah! (colpito da un sospetto) Anche questo... Dunque, le parole di Beata...

ROSMER

Di Beata...?

KROLL

No, no. Sarebbe stata un'infamia: perdonami.

ROSMER

Cosa? Cosa?

KROLL

Basta. Oh... ! Perdonami. (dirigendosi verso la porta d'entrata) Addio...

ROSMER (seguendolo)

No, Kroll; non possiamo lasciarci così . Domani verrò a casa tua.

KROLL (che è già in anticamera, voltandosi)

In casa mia tu non metterai più piede. (prende il bastone ed esce. Rosmer rimane alcuni secondi sulla soglia dell'uscio,

poi lo chiude è ritorna verso la tavola)

ROSMER

Non fa nulla, Rebecca. Lotteremo noi due soli, uniti.

REBECCA

Che cosa ha voluto dire quel...?

ROSMER

Non te ne preoccupare. Non credeva egli stesso alle sue parole. Del resto, domani andrò da lui in città. Buona notte,

Rebecca.

REBECCA

Anche questa sera ti ritiri così presto? Dopo quel ch'è avvenuto...

ROSMER

Questa sera, come sempre. Ora che la tempesta è passata, sto meglio, assai meglio. Vedi, io sono tranquillo; procura di

esserlo tu pure. Buona notte.

Henrik Ibsen Rosmersholm

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REBECCA

Buona notte, caro. (Rosmer esce dalla parte dell'anticamera. Quando è uscito, dopo brevissima pausa, Rebecca tira il

cordone del campanello che sarà vicino alla stufa; alcuni secondi dopo, entra la signora Helseth)

REBECCA (alla signora Helseth)

Può sparecchiare: il rettore è tornato in città, e il signor pastore non vuol cenare.

SIGNORA HELSETH

Come, il signor rettore se n'è già andato? Ma cosa è accaduto?

REBECCA (prendendo il suo lavoro)

Temeva che lo cogliesse un temporale e...

SIGNORA HELSETH

Strano: il cielo è sereno.

REBECCA

Purché non incontri il Cavallo Bianco... Perché temo che presto riavremo la visita del fantasma, qui a Rosmersholm.

SIGNORA HELSETH

Per amor del cielo, non parli così , non dica di queste eresie.

REBECCA

Via, non ci badi...

SIGNORA HELSETH (a bassa voce)

Ma ella crede che abbia da morire ancora qualcuno qui?

REBECCA

No. Ma ci sono tante specie di cavalli bianchi a questo mondo, signora Helseth... E ora, buona notte. Vado in camera

mia.

SIGNORA HELSETH

Buona notte, signorina. (Rebecca esce da destra)

SIGNORA HELSETH (sola, mentre spegne la lampada)

Gesù... Gesù... Questa signorina West... certe volte fa di quei discorsi...

ATTO SECONDO

Studio di Rosmer. Porta d'entrata, a sinistra. In fondo, un vano con portiere di stoffa, aperte, che conduce in camera da

letto. Una finestra a destra; davanti alla finestra, una scrivania ingombra di carte e moltissimi libri. Alle pareti,

librerie e scaffali. A sinistra, un vecchio divano con un tavolo davanti. Sedie, poltrone, mobili semplici, austeri.

ROSMER (in veste da camera, è alla scrivania, seduto su un seggiolone dall'alta spalliera. Taglia e sfoglia le pagine di

una rivista, leggendo qua e là. Dopo alcuni secondi, udendo picchiare all'uscio, senza voltarsi)

Avanti!

REBECCA (in vestaglia)

Buon giorno.

ROSMER

Sei tu, Rebecca? Desideri qualcosa?

REBECCA

No, grazie: saper soltanto se hai dormito bene.

ROSMER

Benissimo. Un sonno solo, senza sogni. (voltandosi) E tu?

Henrik Ibsen Rosmersholm

23

REBECCA

Grazie. Verso l'alba.

ROSMER

Oh, come ho fatto bene a dire tutto! Non so da quanto tempo non mi sentivo leggero come oggi.

REBECCA

Sarebbe stato anche meglio se quel passo tu l'avessi fatto prima.

ROSMER

Lo so anch'io. Ma avevo paura!

REBECCA

No, non fu la paura...

ROSMER

Credimi; fu anche paura.

REBECCA

Anche fosse, ieri ti mostrasti coraggioso, parlando. (sedendo vicino alla scrivania) Ora devo dirti anche d'una cosa che

ho fatta io ma non devi inquietarti.

ROSMER

Inquietarmi, cara...?

REBECCA

Forse ho agito leggermente, ma...

ROSMER

Via, dimmi cosa è stato.

REBECCA

Ieri, quando quel Brendel stava per andarsene, gli diedi un biglietto per Mortensgaard.

ROSMER (stupito)

Tu...? (breve pausa) Cosa gli hai scritto?

REBECCA

Gli dicevo che ti avrebbe fatto cosa gradita interessandosi un po' di quel disgraziato e aiutandolo come poteva.

ROSMER

Non avresti dovuto farlo: intanto hai danneggiato Brendel. E, quanto a me, non desidero aver rapporti con un uomo

come Mortensgaard: anche tu sai quanto avvenne anni fa...

REBECCA

E non sarebbe conveniente, invece, che tu ora avessi un riavvicinamento con lui?

ROSMER

Io, con Mortensgaard...? A quale scopo?

REBECCA

Ora sei abbandonato dai tuoi amici e devi unirti a qualcuno.

ROSMER (la guarda scuotendo la testa)

Tu supponi, dunque, che Kroll e gli altri vogliano vendicarsi... Li credi capaci di...

REBECCA

Io non credo nulla, ma nel primo impeto, sai... dal modo con cui il rettore ieri se n'è andato...

ROSMER (interrompendola)

Henrik Ibsen Rosmersholm

24

Tu, dovresti conoscerlo meglio. Kroll è un perfetto gentiluomo... (sorridendo) Oggi andrò da lui in città. Anzi, voglio

parlare anche con gli altri. E vedrai che tutto si risolverà.

SIGNORA HELSETH (entra da sinistra avviandosi verso Rosmer)

C'è giù il signor rettore Kroll.

ROSMER

Kroll!

SIGNORA HELSETH

Chiede se può venire di sopra dal signor pastore.

ROSMER

Sicuro: venga. (va alla porta a voce alta) Avanti, avanti. Benvenuto! (tiene aperta la porta aspettando Kroll. La

signora Helseth esce. Intanto Rebecca chiude le portiere dell'alcova e mette un po' d'ordine nella stanza. Kroll entra

col cappello in mano)

ROSMER (commosso)

Ero sicuro che saresti tornato.

KROLL

Oggi vedo le cose ben diversamente da ieri...

ROSMER

Sì , vero, Kroll...? Ora che hai potuto ripensarci...

KROLL

No, tu non mi comprendi... (pausa, poi depone il cappello sul divano) Desidererei parlare a quattr'occhi con te.

ROSMER

E perché non alla presenza della signorina West?

REBECCA

No, no, signor Rosmer, è giusto ch'io me ne vada.

KROLL (fissando Rebecca)

Le chiedo perdono, signorina, d'essere entrato troppo presto, senza darle nemmeno il tempo di ritirarsi.

REBECCA (stupita)

Sarebbe a dire? Trova sconveniente ch'io sia ancora in vestaglia?

KROLL

Dio mi guardi! D'altronde non conosco affatto le nuove usanze vigenti a Rosmersholm.

ROSMER

Kroll, cos'hai oggi...? Non ti capisco.

REBECCA (inchinandosi)

Con permesso, signor rettore... (via a sinistra)

KROLL (sedendosi sul divano)

Permetti.

ROSMER (dopo uscita Rebecca)

Sì , mio vecchio amico, sediamoci e parliamo francamente, a cuore aperto. (si siede di fronte al rettore)

KROLL

Questa notte non ho chiuso occhio, pensando a te.

ROSMER

E sei venuto per dirmi...

Henrik Ibsen Rosmersholm

25

KROLL

Oh! Devo parlarti a lungo. Prima però voglio darti notizie di Ulrico Brendel.

ROSMER

È stato a casa tua?

KROLL

No: ha preso alloggio in un albergo d'infimo ordine. Là ha bevuto e fatto baldoria finché ha avuto soldi in tasca; poi ha

preso ad insultare tutti gli avversari trattandoli da manigoldi e canaglie. E in questo, non aveva torto. Ma quelli alla fine

l'han bastonato di santa ragione e gettato fuori.

ROSMER

È incorreggibile!

KROLL

Aveva già impegnato anche il tuo abito, ma qualcuno poi gliel'ha disimpegnato. Indovini chi?

ROSMER

Tu forse?

KROLL

No, il nobile signor Mortensgaard.

ROSMER

Ah...?

KROLL

Appena arrivato in città la sua prima visita fu per quel plebeo idiota... (appoggiandosi alla tavola) Ed ora, Rosmer, ora

debbo avvisarti come tuo vecchio amico, come il tuo più vecchio amico...

ROSMER

Caro, dimmi... Non ti capisco...

KROLL

In casa tua c'è una persona che si fa gioco di te.

ROSMER

Che dici...? Tu alludi a Rebecca... (correggendosi) Alla signorina West.

KROLL

Proprio. E non mi meraviglia. Oh, lo so che da molto tempo si è abituata a far alto e basso, a suo piacimento.

ROSMER

T'inganni, Kroll. Tra noi non c'è il minimo segreto.

KROLL

E ti ha detto anche di essere in relazione col direttore della «Face»?

ROSMER

Oh, per quel biglietto che diede a Brendel...?

KROLL

Dunque lo sai! E tolleri ch'essa sia in rapporti con un uomo che in ogni numero del suo giornale mi insulta, tanto come

insegnante quanto come pubblico funzionario?

ROSMER

Kroll, certo essa non pensò a nulla di tutto questo quando consegnò quel biglietto a Brendel. D'altra parte, poi, è arbitra

delle sue azioni, come io delle mie.

KROLL

Anche questo fa parte dei tuoi nuovi criteri di vita. E la signorina West, immagino, li condivide.

Henrik Ibsen Rosmersholm

26

ROSMER

Infatti, ci siamo evoluti insieme, da leali amici.

KROLL (guardandolo e scuotendo la testa)

Cieco e illuso...

ROSMER

Io? Ma che vai dicendo?

KROLL

Solo questo, non volendo pensare al peggio. Dimmi, Rosmer... tieni tu ancora un poco alla mia amicizia e alla mia

stima?

ROSMER

Che domande, Kroll...

KROLL

Ma vi sono altre domande, vedi, che esigono risposta. Permetti ch'io ti faccia una specie di interrogatorio?

ROSMER

Un interrogatorio...?

KROLL

Sì . Anche intorno a cose che ti sveglieranno ricordi penosi. Questa tua apostasia - o emancipazione, come la chiami tu -

si riconnette a vicende di cui, nel tuo proprio interesse, sei tenuto a rendermi conto.

ROSMER

Interrogami pure: non ho nulla da nascondere.

KROLL

E allora, dimmi... conosci tu le vere ragioni che spinsero la povera Beata ad uccidersi?

ROSMER

Puoi avere dubbi? È possibile cercare la ragione per cui una povera creatura malata venne a un passo disperato?

KROLL

Sei, insomma, fermamente persuaso che Beata fosse irresponsabile? Eppure i medici non ne erano sicuri.

ROSMER

Perché non le erano vicino, giorno e notte, come le ero vicino io.

KROLL

Allora io pure n'ero sicuro.

ROSMER

Purtroppo è impossibile dubitarne: ti raccontai della sua passione selvaggia alla quale esigeva io corrispondessi, finendo

con l'infondermi una specie di spavento. E poi le accuse ingiuste che faceva a se stessa, specie negli ultimi anni.

KROLL

Da quando seppe d'essere sterile.

ROSMER

Giudica tu... Una simile disperazione, spaventevole e senza requie, per qualcosa di cui era assolutamente innocente...

Come considerarlo un fatto normale?

KROLL

Ehm...! E non ti ricordi se ci fossero per casa libri che trattassero del matrimonio... propugnatori di quelle idee

moderne...?

ROSMER

Henrik Ibsen Rosmersholm

27

No. Una volta, la signorina West che, come sai, ereditò la biblioteca del vecchio dottore, me ne prestò uno. Ma sta' pur

sicuro che non abbiamo avuto l'imprudenza di farlo cadere nelle mani della povera malata. La mia coscienza è

tranquilla: solo lo sconvolgimento della sua mente la condusse al passo fatale.

KROLL

Io, però, devo dirti una cosa: che nella sua dolorosa esaltazione, quella povera tormentata creatura pose fine alla sua

vita, perché tu potessi vivere felice, libero... a tuo modo.

ROSMER (alzandosi)

Non ti comprendo. Cosa vuoi dire?

KROLL (obbligandolo a sedere ancora)

Ascoltami, Rosmer: voglio dirti tutto; negli ultimi due anni Beata venne da me due volte e mi svelò le sue angosce, la

sua disperazione.

ROSMER

Sempre per la stessa ragione?

KROLL

No. La prima volta mi disse che eri incamminato sulla strada dell'apostasia... che stavi per abbandonare la fede dei tuoi

padri.

ROSMER (con vivacità)

È impossibile, Kroll. Semplicemente impossibile. T'inganni.

KROLL

Perché impossibile?

ROSMER

Perché, mentre era in vita Beata, io lottavo ancora dentro di me, segretamente. E quella lotta l'ho combattuta tutta da

solo e nel più profondo silenzio. Nessuno, neppure Rebecca...

KROLL

Rebecca...?

ROSMER

Sì , la signorina West: a volte la chiamo Rebecca.

KROLL

Me ne sono accorto.

ROSMER

Non riesco a immaginare come Beata abbia potuto intuire... E poi... perché non me ne parlò direttamente? Invece mai,

neppure una parola.

KROLL

La poverina era venuta appunto per pregarmi di parlartene io.

ROSMER

E perché non l'hai fatto?

KROLL

Ma appunto perché credevo che tutto fosse frutto della sua immaginazione malata. Un'accusa simile a un uomo come

te... Un mese dopo Beata ritornò; mi parve più tranquilla; partendo, però, mi disse: «Presto a Rosmersholm vedranno il

Cavallo Bianco.»

ROSMER

Sì , ricordo; l'apparizione... il Cavallo Bianco... A quel tempo ne parlava spesso.

KROLL

E siccome io cercavo di distoglierla da quelle idee, essa mi rispose: «Ormai ne ho per poco. Giovanni deve sposar

presto Rebecca.»

Henrik Ibsen Rosmersholm

28

ROSMER (commosso)

Kroll... cosa dici... io... sposare...

KROLL

Questo accadde nel pomeriggio di giovedì : la sera del sabato Beata si gettò nel torrente.

ROSMER

Ma tu dovevi avvertirci...

KROLL

Sai meglio di me come la povera Beata parlasse spesso del suo presentimento di morir presto.

ROSMER

È vero: in ogni modo avresti dovuto farmi sapere...

KROLL

Infatti; ma sciaguratamente arrivai troppo tardi.

ROSMER

Però, dopo la disgrazia... perché non mi hai detto nulla?

KROLL

A quale scopo turbarti e tormentarti ancora? Del resto, ero convinto che quei suoi sospetti fossero completamente

infondati. Ne fui convinto fino a iersera.

ROSMER

E oggi...?

KROLL

Beata mi aveva predetto che tu avresti rinnegato la tua fede...

ROSMER (guardando fisso davanti a sé)

Ma come ha fatto a scoprire...! Ecco quanto mi è incomprensibile.

KROLL

Incomprensibile o no, ha indovinato. Quello che voglio sapere è quanto c'è di vero nella seconda accusa.

ROSMER

Accusa? La chiami un'accusa?

KROLL

Forse non hai badato abbastanza al senso preciso delle sue parole. Essa doveva, disse, morire perché... Dillo tu.

ROSMER

Perché io potessi sposare Rebecca.

KROLL

Le sue parole non suonarono precisamente così . Beata disse di non aver più molto tempo davanti, perché Giovanni

doveva sposare presto Rebecca.

ROSMER (fissa Kroll, alzandosi)

Ora capisco, Kroll.

KROLL

Ebbene, cosa mi rispondi?

ROSMER (tranquillo)

Ad una tale domanda... l'unica risposta conveniente sarebbe di...

KROLL (alzandosi)

Sta bene.

Henrik Ibsen Rosmersholm

29

ROSMER (piantandosi dinanzi a Kroll)

Ascoltami: è più di un anno che Beata ci ha lasciati... e che Rebecca ed io viviamo soli a Rosmersholm. Durante questo

tempo, in cui tu già conoscevi l'accusa della mia povera moglie, non ho mai notato, neppure per un istante, che tu

trovassi niente a ridire su questa nostra vita in comune.

KROLL

Fino a ieri non sapevo che tu fossi un rinnegato e lei una donna emancipata.

ROSMER

Non ammetti, dunque, che un rinnegato ed una emancipata possano essere puri? Non ammetti che possano sentire in sé

un alto senso di moralità che li governi come una legge naturale?

KROLL

Io non mi fido troppo di quelle moralità che non hanno radici nei principi della Chiesa.

ROSMER

E non deroghi da questo criterio neanche per noi... cioè per Rebecca e per me?

KROLL

Non posso, per farvi piacere, recedere dal convincimento che non c'è che un passo tra libero pensiero e...

ROSMER

... e che...?

KROLL

... e libero amore. Ecco!

ROSMER

E tu che mi conosci da fanciullo, tu... puoi dirmi una cosa simile? Ma dove ne trovi il coraggio?

KROLL

Appunto perché ti conosco da fanciullo, so quanto tu sia facile a subire l'influenza di chi sa dominarti. E di questa tua

Rebecca, di questa signorina West, non sappiamo poi gran che... Insomma, Rosmer, io ti voglio salvare, ma tu stesso

devi aiutarmi.

ROSMER

E in che modo? (alla signora Helseth che entra dalla porta di sinistra, fermandosi però sulla soglia) Cosa c'è?

SIGNORA HELSETH

Vorrei pregare la signorina di scendere un momento.

ROSMER

La signorina qui non c'è.

SIGNORA HELSETH (meravigliata)

Non c'è? (guarda intorno) Strano: scusi. (esce)

ROSMER

Dicevi?

KROLL

Ascolta, Rosmer. Di quanto successe... vivente la povera Beata... di quanto succede ora qui... non voglio saper nulla. Il

tuo matrimonio non fu felice e questo è per te un'attenuante...

ROSMER

Oh, Kroll! Come in fondo non mi conosci!

KROLL

Non interrompermi. Son venuto per dirti che se questa vita in comune con la signorina West deve continuare, è più che

mai necessario che tu nasconda agli occhi di tutti l'apostasia a cui essa sola ti ha indotto. (Rosmer vorrebbe

interromperlo) Lasciami finire: se vuoi dunque continuare a vivere così , pensa, giudica, credi tutto quel che vuoi... ma,

Henrik Ibsen Rosmersholm

30

per carità, tieniti le tue idee per te. È una faccenda tua personale. Non c'è nessun bisogno d'andare a divulgarla per tutto

il paese.

ROSMER

Ma è necessario per me, invece, uscire da una posizione equivoca come questa.

KROLL

Tu hai dei doveri anche verso le tradizioni della tua famiglia. Rosmersholm è da secoli e secoli la culla di uomini

d'ordine e di buon costume. Da qui si sono sempre irradiati rispetto e considerazione per tutto ciò che l'alta nostra

società approva e difende. Tutto il paese ha preso da Rosmersholm la sua impronta morale. Pensa lo scandalo che

nascerebbe, se si divulgasse la notizia che un Rosmer, l'ultimo dei Rosmer, di questa gloriosa famiglia portata ad

esempio in tutti i dintorni, ha ripudiato le idee sempre validamente sostenute dai suoi padri.

ROSMER

Io la penso ben diversamente, Kroll: io credo sia mio dovere portare un po' di luce e di gioia proprio qui dove per secoli

i Rosmer mantennero tenebre e oppressione.

KROLL (fissandolo)

Opera veramente degna dell'ultimo rampollo di una razza illustre! Lascia stare, via! Non è una parte che ti si convenga.

Tu sei nato per essere uno studioso.

ROSMER

Forse: ma da oggi voglio prender parte alla lotta della vita.

KROLL

La lotta della vita... E sai che cosa significherà questo per te? Una lotta di vita o di morte con i tuoi antichi amici.

ROSMER (con mitezza)

Non tutti saranno fanatici come te.

KROLL

Sei ingenuo, Rosmer, e inesperto: tu non immagini nemmeno che tempesta stai per attirarti addosso.

SIGNORA HELSETH (tornando a far capolino all'uscio)

Scusi; la signorina West mi manda a vedere...

ROSMER (interrompendola)

Cosa c'è ancora?

SIGNORA HELSETH

È venuto un signore che desidera parlare con lei, pastore.

ROSMER

Chi è? Ancora quello di ieri sera?

SIGNORA HELSETH

No; credo si chiami Mortensgaard.

ROSMER (con meraviglia)

Mortensgaard!

KROLL (c. s.)

Siamo già a tanto!

ROSMER

Cosa vuole da me costui? Perché non l'ha congedato?

SIGNORA HELSETH

La signorina mi ha mandato a domandare se vuol riceverlo.

ROSMER

Dica che sono occupato; che non posso.

Henrik Ibsen Rosmersholm

31

KROLL (alla signora Helseth)

No, lo faccia pur entrare. (la signora Helseth esce, Kroll prende il suo cappello) Addio, Rosmer. Cedo il campo, pel

momento; ma ricordati che la lotta vera tra noi non è ancor cominciata.

ROSMER

Ti giuro, Kroll, che io non ho alcun rapporto con Mortensgaard.

KROLL

Non giurare: non posso crederti. Non ho più fiducia in te, sotto nessun aspetto. Tra noi è dichiarata guerra; tu la vuoi e

noi ti annienteremo.

ROSMER

Oh! Kroll, quanto sei caduto in basso!

KROLL

Io...? E me lo dici tu! Ricordati di Beata!

ROSMER

Ricominci...?

KROLL

No. È affar tuo, della tua coscienza, se ne hai ancora una... spiegare il mistero della gora del mulino.

MORTENSGAARD (entra tranquillo e discreto da sinistra. un omino gracile, con capelli radi e rossicci.)

KROLL (con uno sguardo pieno d'odio)

Ora che «La Face» è venuta a illuminare Rosmersholm, ora so quale via devo tenere.

MORTENSGAARD (con tono pacato)

«La Face» è sempre pronta a rischiarare la strada al signor rettore.

KROLL

Sì . Conosco da un pezzo le sue buone disposizioni. C'è un comandamento che dice: Non testimoniare il falso contro il

tuo prossimo.

MORTENSGAARD

Il signor rettore può risparmiarsi d'insegnarmi i comandamenti.

KROLL

Anche il settimo...?

ROSMER (con rimprovero)

Kroll...!

MORTENSGAARD

In ogni caso, la persona più adatta sarebbe il signor pastore.

KROLL (con malcelata ironia)

Il pastore? Certo, il pastore è infatti assai competente in materia. Buon divertimento, signori miei. (esce sbattendo

l'uscio)

ROSMER (guarda per alcuni istanti dietro Kroll)

Sia pure così . (verso Mortensgaard) Vuol dirmi, prego, signor Mortensgaard, cosa desidera?

MORTENSGAARD

Veramente, sono venuto per parlare con la signorina West: volevo ringraziarla per la cara lettera...

ROSMER

La signorina, infatti, mi disse d'averle scritto. Le ha parlato?

MORTENSGAARD

Henrik Ibsen Rosmersholm

32

Sì , un momento. (con un leggero sorriso) Sento che, da qualche tempo, a Rosmersholm, le idee sono cambiate alquanto.

ROSMER

È vero; le mie idee sono molto, direi totalmente cambiate.

MORTENSGAARD

Me lo disse la signorina, e fu lei che credette opportuno un colloquio tra noi due.

ROSMER

A proposito di che...?

MORTENSGAARD

Vuol permettermi di annunciare su «La Face» questo suo cambiamento di idee, e che aderisce al nostro moto liberale?

ROSMER

Faccia pure; anzi la prego di farlo.

MORTENSGAARD

L'articolo uscirà domattina, Ah! Farà grande impressione la notizia che il pastore Rosmer di Rosmersholm si schiererà

con noi, per il trionfo di idee di libertà e progresso.

ROSMER

Scusi, non comprendo bene.

MORTENSGAARD

Non le pare che sia un vero acquisto, per un partito, l'adesione di un uomo come lei, serio e animato da vero spirito

cristiano?

ROSMER (meravigliato)

La signorina West allora non le ha detto...

MORTENSGAARD

La signorina West aveva fretta: mi disse ch'ella m'avrebbe poi dato altre notizie.

ROSMER

Sappia allora ch'io sono libero sotto tutti gli aspetti: che non ho più rapporto con la Chiesa e con i suoi credi.

MORTENSGAARD

Ah, questo poi no, signor pastore. Scusi... ma è meglio non toccar questo tasto.

ROSMER

Nuocerebbe?

MORTENSGAARD

Si vede, signor pastore, ch'ella non è addentro come me nella conoscenza delle cose. Ma dal momento che aderisce al

movimento liberale, e che, come dice la signorina West, vuol anche prendervi parte attivamente, immagino voglia

giovargli il più possibile.

ROSMER

Infatti.

MORTENSGAARD

Bene. Ma se ella rende di pubblica ragione quanto m'ha confessato or ora, si demolisce fin dal principio.

ROSMER

Crede...?

MORTENSGAARD

Ma certo. In questo paese, le sarebbe subito preclusa ogni via. Che vuole? Di liberi pensatori ne abbiamo già

abbastanza: anzi ne abbiamo fin troppi. Al partito occorrono altri elementi: persone inattaccabili, che impongan rispetto

proprio per le loro credenze. Questa gente ci manca. Penso che la cosa più conveniente è ch'ella mantenga il silenzio su

questo lato della questione... che d'altronde non riguarda il pubblico.

Henrik Ibsen Rosmersholm

33

ROSMER

Lei, dunque, non accetterebbe il mio aiuto, se io abiurassi completamente?

MORTENSGAARD (scuote il capo)

Che vuole? In questi ultimi tempi mi sono proposto di non sostenere nulla o nessuno che possa urtare gli interessi della

Chiesa.

ROSMER

Si è forse in questi ultimi tempi riavvicinato alla Chiesa?

MORTENSGAARD

Ciò riguarda solo me stesso.

ROSMER

Se è così , la capisco.

MORTENSGAARD

Signor pastore, non deve dimenticarsi che io... io particolarmente... non ho libertà d'azione.

ROSMER

E perché? Chi glielo impedisce?

MORTENSGAARD

Il fatto d'essere un uomo segnato.

ROSMER

Ah... già...

MORTENSGAARD

Un uomo segnato, pastore Rosmer. E lei dovrebbe saperlo, lei che fu il primo a bollarmi.

ROSMER

Se allora avessi avuto le idee che ho oggi, avrei giudicato con maggior indulgenza il suo errore.

MORTENSGAARD

Ne sono persuaso: ma ora è troppo tardi. Ormai il marchio d'infamia me l'ha messo, indelebile. Forse non può ancora

rendersi conto bene di ciò che questo significa. Ma purtroppo ne dovrà far presto l'esperienza.

ROSMER

Io?

MORTENSGAARD

Sì . Non crederà che il rettore Kroll e tutto il suo gruppo vogliano lasciar passare una cosa come questa. La «Gazzetta

Ufficiale» è in vena d'essere violenta. Non è quindi improbabile che presto diventi lei pure un uomo segnato.

ROSMER

Credo che la mia vita privata sia incensurabile.

MORTENSGAARD (con un sorriso)

Incensurabile? Be' il termine è forse alquanto ardito.

ROSMER

Ho il diritto di usarlo.

MORTENSGAARD

Anche se esaminasse tutta la sua condotta cosi scrupolosamente come un tempo esaminò la mia?

ROSMER

Lei usa uno strano tono, signor Mortensgaard. Intende alludere a qualcosa di positivo?

MORTENSGAARD

Henrik Ibsen Rosmersholm

34

Qualcosa di positivo. Ho certe prove che servirebbero assai ai suoi antichi amici, se potessero averle...

ROSMER

Si spieghi.

MORTENSGAARD

Non potrebbe arrivarci da solo?

ROSMER

No. Affatto.

MORTENSGAARD

Bene. Allora dirò io: sono in possesso di una curiosa lettera, scritta qui a Rosmersholm.

ROSMER

La lettera della signorina West?

MORTENSGAARD

No. Quella non ha niente di particolare. Ma io, un tempo, ricevetti, da Rosmersholm, un'altra lettera.

ROSMER

Sempre dalla signorina?

MORTENSGAARD

Le ho già detto di no.

ROSMER

E di chi allora?

MORTENSGAARD

Della sua povera moglie.

ROSMER (con grande stupore)

Di mia moglie? Ha nelle mani una lettera di mia moglie?

MORTENSGAARD

Sì , me la scrisse poco prima di morire, circa diciotto mesi fa. Ed è una lettera molto strana, signor pastore.

ROSMER

Non deve dimenticare che la mia povera moglie, negli ultimi tempi, non era sana di mente.

MORTENSGAARD

Lo so. Almeno così tutti credono. Ma dalla lettera non si direbbe. Quando dico che era una strana lettera, alludo ad

altro.

ROSMER

Ma cosa le ha potuto scrivere? Me la faccia leggere, prego.

MORTENSGAARD

L'ho a casa. Ma ricordo che cominciava dicendomi che essa viveva in un'ansia continua, perché in questo paese c'è

molta gente cattiva, che non desidera altro che far del male a lei, signor pastore.

ROSMER

A me?

MORTENSGAARD

Sono le sue parole; e poi soggiungeva... Ma mi permette di parlare liberamente?

ROSMER

Parli, parli, dica tutto senza riguardo.

MORTENSGAARD

Henrik Ibsen Rosmersholm

35

La povera signora mi pregava di essere generoso verso di lei. Sapeva che era stato lei a farmi perdere il posto e mi

scongiurava di non vendicarmi...

ROSMER

Vendicarsi? E come avrebbe potuto?

MORTENSGAARD

Continuava dicendomi che, se mi fossero pervenute voci intorno a certe cose che avvenivano a Rosmersholm, non

dovevo prestarci fede. Erano solo dicerie divulgate da persone cattive...

ROSMER

E mia moglie ha potuto scriverle tutto ciò?

MORTENSGAARD

Le mostrerò l'originale.

ROSMER

E le dicerie cosa avrebbero riguardato?

MORTENSGAARD (come continuando a ricordarsi il contenuto della lettera)

Primo, che ella aveva intenzione di abiurare... cosa che la signora, a quel tempo, negava recisamente. E poi...

ROSMER

E poi?

MORTENSGAARD

E poi scriveva... e qui la cosa è piuttosto imbrogliata... di non sapere assolutamente di nessuna relazione colpevole, qui

a Rosmersholm. Mai le era stato fatto torto alcuno... E se voci simili si fossero sparse, mi scongiurava di non

raccoglierle nella «Face».

ROSMER

E non faceva nomi?

MORTENSGAARD

Nessuno.

ROSMER

Chi le portò la lettera?

MORTENSGAARD

Promisi di non dirlo. Mi fu portata una sera, che era già buio.

ROSMER

Doveva accertarsi subito come stavano le cose, e si sarebbe persuaso che mia moglie non era del tutto responsabile delle

sue azioni.

MORTENSGAARD

Mi sono informato infatti; ma la conclusione cui sono giunto non è proprio questa.

ROSMER

No...? E per quale ragione mi parla solamente oggi di questa lettera?

MORTENSGAARD

Per consigliarle di non commettere imprudenze.

ROSMER

Nella mia vita privata, vuol dire?

MORTENSGAARD

Non dimentichi ch'ella non riveste più alcun carattere religioso.

ROSMER

Henrik Ibsen Rosmersholm

36

Persiste a credere ch'io abbia qualcosa da nascondere?

MORTENSGAARD

D'altronde, ora che è un uomo libero, è naturale ch'ella voglia godere la vita... Soltanto, sia prudente, perché se una delle

dicerie cui accennava sua moglie si propalasse, il partito liberale ne avrebbe danno... Arrivederci, pastore Rosmer.

ROSMER

Arrivederci.

MORTENSGAARD

Corro alla redazione della «Face» per annunziare la grande notizia.

ROSMER

Dica tutto.

MORTENSGAARD

Non dubiti: tutto ciò che occorre si sappia... (saluta ed esce)

ROSMER (rimane sul limitare della porta: si sente chiuder l'uscio di casa. Dopo alcuni secondi chiama a bassa voce)

Rebecca, Rebecca...! (più forte) Signora Helseth, la signorina non è con lei?

SIGNORA HELSETH (da sotto Nossignore, qui non c è.

REBECCA (entra da sinistra sollevando le portiere di stoffa)

Rosmer.

ROSMER (voltandosi)

Come? Eri nella mia stanza? Ma perché mai?

REBECCA (avvicinandosi)

Ho ascoltato.

ROSMER

Perché hai fatto una cosa simile?

REBECCA

Mah... l'ho fatta. C'era tanta cattiveria nelle sue parole, per avermi trovata in vestaglia...

ROSMER

Eri dunque nascosta fin da quando era qui Kroll?

REBECCA

Volevo sapere cosa ti avrebbe detto.

ROSMER

Te lo avrei più tardi ripetuto io stesso.

REBECCA

Non credo: o almeno, non con le sue parole.

ROSMER

Hai sentito tutto, dunque?

REBECCA

Quasi tutto. Sono dovuta andar giù un momento quando è arrivato Mortensgaard.

ROSMER

E poi sei risalita...?

REBECCA

Non inquietarti, amico mio.

Henrik Ibsen Rosmersholm

37

ROSMER

Sai che ti lascio fare ciò che vuoi... Ma che dici di tutto questo, Rebecca? Mai come in questo momento ho sentito tanto

bisogno di te.

REBECCA

Ma a questo eravamo più o meno preparati.

ROSMER

Oh... non così .

REBECCA

Non così ?

ROSMER

Purtroppo mi aspettavo che un momento o l'altro la nostra amicizia tanto pura, tanto bella potesse venir profanata

censurata. Ma da Kroll... no... non l'avrei mai creduto... Solo dalla gente volgare, ignobile, che vede tutto coi suoi occhi

luridi. E per loro volevo nascondere gelosamente agli occhi del mondo il nostro legame... E come avevo ragione!

REBECCA

Ma perché dobbiamo preoccuparci tanto del giudizio degli altri, quando noi sappiamo d'esser senza colpe?

ROSMER

Senza colpe...? Io...? Lo credevo, fino a pochi minuti fa, ma ora...

REBECCA

Ma ora?

ROSMER

Ora non riesco a spiegarmi la terribile accusa di Beata.

REBECCA (con impeto)

Non parlar di Beata. Non pensar più a Beata. Eri finalmente riuscito a liberarti di quella morta.

ROSMER

Da quando so tutte queste cose, mi par ritornata terribilmente viva.

REBECCA

Oh no, questo no... Rosmer! Non pensare, Rosmer, non sentire così .

ROSMER

Bisogna, invece. Dobbiamo cercar di andar a fondo di questo mistero. Come ha potuto cadere in un simile errore?

REBECCA

Non comincerai a dubitare ch'ella fosse sana di mente...

ROSMER

È proprio ciò che comincio a chiedermi. E poi... anche fosse stata malata...

REBECCA

Ebbene? Anche fosse stata...?

ROSMER

Come.... perché... la sua malattia ebbe proprio queste manifestazioni?

REBECCA

A che ti giova perderti in simili problemi che non puoi risolvere?

ROSMER

Non posso, non posso soffocare questo dubbio che ora mi ha preso.

REBECCA

Ma può diventar pericoloso continuare a fissarsi su un punto solo... e irresolubile.

Henrik Ibsen Rosmersholm

38

ROSMER (andando su e giù, pensoso e agitato)

Devo essermi tradito in qualche modo. Forse essa notò che cominciai a sentirmi felice da quando tu venisti a star con

noi.

REBECCA

E se anche fosse così ...?

ROSMER

Avrà notato che leggevamo gli stessi libri, che eravamo contenti di stare insieme, che parlavamo delle nostre idee

nuove. Eppure, io le prodigavo ogni cura, ogni riguardo. Se ci ripenso... sento d'aver fatto tutto, tutto il possibile per

tenerla al di fuori di quanto ci concerneva. Dimmi, non l'ho fatto?

REBECCA

Ma sì , ma sì ; tu non hai nulla da rimproverarti.

ROSMER

E nemmeno tu, vero? Eppure... È terribile, però. Essa viveva in mezzo a noi, povera creatura, dilaniata da quel suo

amore morboso. Taceva... e pur tacendo ci ha osservati, notando tutto e... e fraintendendo tutto.

REBECCA (torcendosi le mani)

Non avrei mai dovuto venire a Rosmersholm.

ROSMER

Pensare quello che deve aver sofferto in silenzio... Quante cose, con la sua fantasia morbosa, deve essersi immaginata...

ammucchiando contro di noi orribili prove. Ma non ti disse mai nulla che ti desse un sospetto di ciò che la torturava?

REBECCA (come ferita)

A me? E credi che avrei potuto rimanere ancora in questa casa?

ROSMER

No, no. Non può essere, lo capisco. Ma quale lotta deve aver combattuto quella donna... Da sola. Da sola, Rebecca... e

disperata... E ha vinto..! Terribilmente vinto la sua patetica accusatrice vittoria, laggiù nella gora del mulino. (siede alla

scrivania tenendosi la testa fra le mani)

REBECCA (avvicinandosi alle sue spalle)

Dimmi, Rosmer. Se fosse in tuo potere richiamarla a te... qui a Rosmersholm... lo faresti?

ROSMER

So io quello che farei? Non riesco a pensar ad altro che a quanto successe: e che è irrevocabile. Questo so.

REBECCA

Ora che dovevi cominciar a vivere, Rosmer, ora che avevi già cominciato... Ti eri liberato da tutto; ti sentivi contento, in

pace con te stesso.

ROSMER

Oh, sì . È vero. Ma ora questo dubbio mi annichilisce.

REBECCA (dietro di lui, appoggiando le braccia sullo schienale del seggiolone di Rosmer)

Che belle ore abbiam passate, quando sul crepuscolo sedevamo giù in salone e facevamo i piani di una nuova esistenza.

Tu, allora, ti proponevi di partecipare alla vita, alla intensa vita attuale... dicevi, ricordi? Ti proponevi di conoscere e

frequentare tutti gli ambienti, quasi messaggero di libertà e progresso... di risvegliare con la tua parola gli spiriti e la

volontà... di creare intorno a te veri uomini, e in cerchie sempre più vaste

ROSMER

Sì , veri uomini, e uomini contenti... perché solo la gioia nobilita le anime, Rebecca.

REBECCA

E non credi che le nobiliti anche il dolore... il grande dolore?

ROSMER

Purché l'uomo sappia sopportarlo, cioè anche superarlo.

Henrik Ibsen Rosmersholm

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REBECCA (con forza)

È ciò che tu devi fare.

ROSMER (scuotendo il capo)

Non vi riuscirò mai completamente: il dubbio mi tormenterà sempre e non mi lascerà godere ciò che rende la vita così

ineffabilmente dolce.

REBECCA (chinandosi su di lui, a voce bassa)

Rosmer, a che pensi?

ROSMER (sollevando il capo per guardarla)

All'innocenza.

REBECCA (arretrando d'un passo)

Sì , l'innocenza... (pausa)

ROSMER (tornando ad appog giare la testa sulle mani e guardando diritto davanti a sé)

E con che logica stringente ha saputo coordinare i fatti... Di deduzione in deduzione, sistematicamente. Comincia ad

avere dei dubbi sulla mia fede. Come le vengono...? Ma le vengono. E poi si mutano in certezza. Poi, poi, dopo questo,

le viene naturale ritener possibile tutto il resto. (si alza, passandosi una mano sulla fronte) Oh, che ossessione! Non me

ne libererò mai più. Lo sento. Lo so. Mi perseguiterà continuamente sorgendomi davanti d'improvviso, a ricordarmi

quella sua morte.

REBECCA

Come il Cavallo Bianco di Rosmersholm!

ROSMER

Sì . Palpitante nelle tenebre e nel silenzio.

REBECCA

Ma sacrificherai a codeste larve la nuova tua vita, che già cominciavi a vivere?

ROSMER

Hai ragione, Rebecca, è triste; ben triste. Ma non ho libertà di scelta. Come svincolarmi dal passato?

REBECCA (da dietro)

Creandoti nuove ragioni di vita.

ROSMER (stupito, alzando il capo)

Nuove ragioni di vita?

REBECCA

Sì . Entrando in nuovi rapporti col mondo esterno. Vivi, agisci, lavora. Non restar qui a tormentarti, cercando la chiave

di enigmi insolubili.

ROSMER

Contrarre nuove relazioni? (passeggia, poi si ferma nuovamente alla tavola) Mi viene in mente una domanda. Te la sei

fatta mai Rebecca?

REBECCA (come respirando a fatica)

Dimmi... di che si tratta.

ROSMER

Quali saranno d'ora in avanti i nostri rapporti?

REBECCA

Quanto a me, credo che la nostra amicizia resisterà a qualunque prova.

ROSMER

Sì . Ma non intendo questo. Penso a ciò che fin dal principio ci ha attratti, che lega cosi profondamente i nostri spiriti.

Penso alla nostra fede comune in una relazione pura fra uomo e donna.

Henrik Ibsen Rosmersholm

40

REBECCA

Sì , sì ... Ebbene?

ROSMER

Voglio dire che quei nostri rapporti... come li sognavamo... si possono attuare solo se si conduce un'esistenza tranquilla,

ritirata...

REBECCA

Ebbene?

ROSMER

Ma se ora per me si prepara un periodo di lotte, di inquietudini, di emozioni continue; se non voglio più che altri mi

tracci il cammino... non lasciandomi dominare né dai vivi, né dai morti...

REBECCA

Sì , Rosmer, devi farlo. Sii veramente libero.

ROSMER

Ma sai cosa penso? Non vedi il modo di liberarmi da tutti i ricordi penosi, da tutto il passato?

REBECCA

Come?

ROSMER

Opponendo alle ombre di quel passato una realtà viva, presente, vicina.

REBECCA (stringendo lo schienale del seggiolone)

Una realtà viva... E quale?

ROSMER

Rebecca, e se io ti domandassi se... vuoi essere la mia seconda moglie?

REBECCA (resta un momento senza parole, poi, con impeto di gioia)

Io tua moglie?!... tua?

ROSMER

Sì . Proviamo. Facciamo delle nostre due una sola vita. Il posto che la morta ha lasciato non può più restar vuoto.

REBECCA

Al posto di Beata... io...

ROSMER

Solo cosi potrò farla scomparire, cancellarla per sempre dalla mia vita.

REBECCA (dolce, tremante)

Lo credi, Rosmer?

ROSMER

Dev'esser così . Non posso, non voglio camminar nella vita con un cadavere sulle spalle. Aiutami a levarmelo di dosso,

Rebecca: nella libertà, nella gioia e nella passione dilegueranno i tristi ricordi. Tu diventerai mia moglie, la sola moglie

ch'io abbia amata.

REBECCA (cercando di dominarsi)

No, non parlarmi più così : non sarò mai tua moglie.

ROSMER

Mai? Vuoi dire che non potrai mai amarmi? Non hai capito dunque che nella nostra amicizia c'è già il principio

dell'amore?

REBECCA (portandosi le mani nelle orecchie come terrorizzata di udire ancora)

Taci, Rosmer, taci, per carità!

Henrik Ibsen Rosmersholm

41

ROSMER (afferrandole le mani)

Sì . Tra noi c'è già il germe dell'amore. E vedo che anche tu te ne sei accorta.

REBECCA (ritorna sicura e decisa)

Ascoltami, ora... Se persisti, io abbandonerò Rosmersholm.

ROSMER

Tu...? Non puoi. È impossibile.

REBECCA

Impossibile è che io diventi tua moglie. Non potrò mai.

ROSMER

In che modo strano lo dici... Perché...?

REBECCA (prendendogli le mani)

Amico, pel bene tuo e mio: non domandarmi altro. (lasciandogli le mani) Basta così , Rosmer.

ROSMER

Fin che avrò vita, ti chiederò perché.

REBECCA (voltandosi)

Allora tra noi tutto è finito.

ROSMER

Fra te e me?

REBECCA

Sì .

ROSMER

Tra noi due non sarà mai finita. E mai tu abbandonerai Rosmersholm.

REBECCA (aprendo l'uscio)

No, forse non partirò. Ma se tu mi costringi a parlare... tutto finirà per sempre!

ROSMER

Per sempre? Come...?

REBECCA

Anch'io dovrei prendere il cammino di Beata. Ora lo sai, Rosmer!

ROSMER

Rebecca!

REBECCA (dalla porta, accennando lentamente)

Ora lo sai, Rosmer.

ROSMER (guarda fisso la porta chiusa, poi, smarritamente, fra sé)

Cosa vuol dir ciò...?

ATTO TERZO

Il salone, a Rosmersholm. La finestra e la porta dell'anticamera sono aperte. Mattino di sole.

REBECCA (vestita come nel primo atto, sta alla finestra accudendo ai fiori. Il suo lavoro a maglia è sulla poltrona. La

signora Helseth sta spolverando i mobili con un piumino. Pausa)

Strano che stamane il pastore non sia ancora sceso.

Henrik Ibsen Rosmersholm

42

SIGNORA HELSETH

Lo sa, signorina, che spesso tarda. Ma verrà tra poco.

REBECCA

L'ha veduto stamane?

SIGNORA HELSETH

Un momento, quando sono salita col caffè. Stava vestendosi.

REBECCA

Glielo chiedo, perché iersera non si sentiva troppo bene.

SIGNORA HELSETH

Me ne sono accorta anch'io. Dev'essere accaduto qualcosa tra lui e suo cognato.

REBECCA

Cosa pensa che ci sia stato?

SIGNORA HELSETH

Io non lo so; ma temo che quel Mortensgaard li abbia messi su l'uno contro l'altro.

REBECCA

Può darsi. Lo conosce lei... Pietro Mortensgaard?

SIGNORA HELSETH

Io...! Ma come può chiedermi se conosco un uomo di quella specie?

REBECCA

Ah! Capisco... Ne ha un così cattivo concetto perché è direttore del giornale che...

SIGNORA HELSETH (interrompendola)

Non solo per questo. Non ha mai sentito che ebbe un figlio... da una donna abbandonata dal marito?

REBECCA

Lo so, sì . Ma molto tempo fa, mi pare... prima ch'io venissi qui.

SIGNORA HELSETH

È vero che era molto giovane, allora; e sarebbe toccato a lei aver più giudizio di lui... Egli poi avrebbe anche voluto

sposarla, ma non riuscì ad avere il permesso. E la pagò cara. Ma da allora è certo che si è rialzato... e che molta gente,

oggi, lo ricerca.

REBECCA

Quasi tutte le persone del popolo si rivolgono a lui quando hanno bisogno.

SIGNORA HELSETH

Oh, anche non del popolo...

REBECCA (guardandola di sottecchi)

Davvero?

SIGNORA HELSETH (vicino al divano, spolverando e fregando con forza)

E proprio certe persone di cui meno si crederebbe, signorina.

REBECCA (occupandosi sempre dei fiori)

Questa però è una sua supposizione, immagino. Perché di preciso non può saper nulla.

SIGNORA HELSETH

Non posso saperlo, dice? E se invece lo sapessi? Perché, se devo proprio dirlo, sono io che una volta portai una lettera a

Mortensgaard.

REBECCA (con grande meraviglia)

Come lei? Una lettera?

Henrik Ibsen Rosmersholm

43

SIGNORA HELSETH

Sicuro. E la lettera era stata scritta qui. E suggellata con ceralacca rossa.

REBECCA

Ed ebbe lei questo incarico? Allora, signora Helseth, non è difficile indovinare chi gliela diede.

SIGNORA HELSETH

Cioè?

REBECCA

Non può esser stata che la povera signora Rosmer quando... malata...

SIGNORA HELSETH

È stata lei a dirlo, non io.

REBECCA

Ma cosa diceva in quella lettera...? Già, lei non può saperlo.

SIGNORA HELSETH

No: questo, proprio no. Ma il signor Mortensgaard, dopo averla letta, cominciò a farmi tante domande che finii per

capire di che si trattava.

REBECCA

Ed era...? Me lo dica... via... signora Helseth.

SIGNORA HELSETH (spaventata)

Oh, questo poi no. Per tutto l'oro del mondo, non oserei.

REBECCA

Non si fida di me? Non siamo forse due buone amiche?

SIGNORA HELSETH

Dio mi guardi dal parlarne. Le posso dire soltanto che si trattava di una cosa orribile, che avevan messo in testa alla

povera signora.

REBECCA

Chi mai...?

SIGNORA HELSETH

Gente cattiva, signorina West, molto cattiva.

REBECCA

Cattiva?

SIGNORA HELSETH

Sì , ripeto, maligna e cattiva.

REBECCA

E lei non sa chi possa essere?

SIGNORA HELSETH

Quanto a saperlo, credo di saperlo... Ma Dio mi guardi dal far nomi. Purtroppo in città c'è una certa signora...

REBECCA

Ho capito a chi allude: alla signora Kroll.

SIGNORA HELSETH

Che tipo, quella... Con me si dà grandi arie. Ma non so se abbia notato che non guarda di buon occhio neanche lei.

REBECCA

Crede che, quando la incaricò di portare la lettera a Mortensgaard, la povera signora Rosmer avesse la testa a posto?

Henrik Ibsen Rosmersholm

44

SIGNORA HELSETH

Difficile dire quando uno ha la testa proprio a posto... Pazza non era di certo.

REBECCA

La sua mente si sconvolse completamente quando seppe di non poter avere figli. Allora si manifestò la pazzia vera e

propria.

SIGNORA HELSETH

Sì , povera signora: se ne addolorò molto.

REBECCA (prende il lavoro e siede vicino alla finestra)

D'altra parte... non crede che per il pastore sia stato, in fondo, quasi un bene?

SIGNORA HELSETH

Che cosa?

REBECCA

Non aver avuto figli.

SIGNORA HELSETH

Non saprei, veramente.

REBECCA

Sì . In fondo, sì . Il pastore non è fatto per sentir strillare bambini.

SIGNORA HELSETH

A Rosmersholm, i bambini non strillano mai.

REBECCA (guardandola)

Non strillano?

SIGNORA HELSETH

No. Per quanto si ricorda... i bambini di Rosmersholm non han mai strillato.

REBECCA

Strano.

SIGNORA HELSETH

Strano, sì . Ma in questa famiglia accade così . E c'è un'altra cosa strana. Quando quei bambini diventano grandi, non

ridono mai... mai per tutta la vita.

REBECCA

È strano!

SIGNORA HELSETH

Ha forse mai visto ridere il signor pastore?

REBECCA

È vero. Adesso che ci penso, mi par che lei abbia ragione. Ma mi sembra che in questo paese, in genere, non si rida

certo molto.

SIGNORA HELSETH

No, infatti... Ma la gente dice che il fenomeno è cominciato qui a Rosmersholm. E può darsi che poi si sia diffuso come

per contagio.

REBECCA

Signora Helseth, lei è una donna dotata di molto discernimento.

SIGNORA HELSETH

La prego di non burlarsi di me, signorina. (ascoltando) Silenzio, viene il signor pastore. Non gli piace veder in giro il

piumino della polvere! (esce da destra)

Henrik Ibsen Rosmersholm

45

ROSMER (entra dal mezzo, con bastone e cappello in mano)

Buon giorno, Rebecca.

REBECCA

Buon giorno, caro. (pausa) Esci?

ROSMER

Sì ...

REBECCA

Il tempo è tanto bello.

ROSMER

Stamane non sei salita da me.

REBECCA

No, infatti. Oggi, no.

ROSMER

E non verrai più?

REBECCA

Non lo so.

ROSMER

Non è arrivata posta per me?

REBECCA

Sì , la «Gazzetta Ufficiale». Eccola là sul tavolo.

ROSMER (deponendo cappello e bastone)

E c'è qualche novità?

REBECCA

Sì .

ROSMER

Perché non me l'hai mandata subito in camera?

REBECCA

La leggerai sempre in tempo.

ROSMER (prende il giornale e legge in piedi vicino al tavolo)

«Non si diffida mai abbastanza di certi disertori senza carattere». Ah! Come, mi chiamano disertore...?

REBECCA

Non è fatto il tuo nome.

ROSMER

Non importa. (leggendo) «Traditori della buona causa, razza di Giuda, che spudoratamente palesano la loro apostasia

nel momento in cui torna loro di maggior vantaggio... Vergognosa offesa alle sacre tradizioni di venerandi antenati, in

attesa che coloro che detengono il potere non lesinino una congrua ricompensa...» (deponendo il giornale) E di me

scrivono così ...? Proprio coloro che mi conoscono da tanto tempo, e intimamente? Sanno loro stessi che non c'è nulla di

vero; ma lo scrivono.

REBECCA

Prosegui; c'è dell'altro.

ROSMER (tornando a leggere)

«Serva di scusa la mancanza di spirito critico... e una trista influenza che si estende fors'anche in un campo che non

osiamo per ora far oggetto di pubbliche accuse.» (guardando Rebecca) Cosa vogliono dire?

Henrik Ibsen Rosmersholm

46

REBECCA

È per me, come vedi.

ROSMER (deponendo il giornale)

Questo è un agire da vigliacchi, da uomini senza onore.

REBECCA

Sì , mi sembra che diano dei punti a Mortensgaard.

ROSMER (camminando per la scena)

Qui bisogna porre un rimedio. Se si lascian continuare così le cose, tutto quanto c'è di buono e di nobile nell'uomo vien

profanato. Ciò non deve continuare. Come mi sentirei felice se riuscissi a risollevare gli spiriti da questa

degradazione...!

REBECCA (alzandosi)

Sarebbe un nobile, magnifico compito.

ROSMER

Poter risvegliare la loro coscienza... indurli a vergognarsi e pentirsi della loro condotta... riunirli in un sentimento

reciproco di amore e di comprensione...

REBECCA

Sì . Mettici tutte le tue energie, e riuscirai.

ROSMER

Dovrebbe esser possibile. E che gioia, allora... la vita! Non più lotte avvelenate dall'odio; ma emulazione di spiriti

generosi verso una meta comune. Tutte le volontà tese verso quell'ideale... agendo ciascuno secondo la propria natura.

La felicità per tutti, creata dallo sforzo comune... (guarda fuori casualmente, trasale, e poi, con tristezza). Ma non vi

riuscirò.

REBECCA

Rosmer... perché?

ROSMER

E neppure potrei goderne i vantaggi...

REBECCA

Oh, Rosmer, non ti far riprendere dai dubbi.

ROSMER

La felicità, Rebecca, è... sopra tutto... innocenza. Assenza di colpa.

REBECCA (guardando nel vuoto)

Sì , innocenza...

ROSMER

Tu non puoi avere il senso della colpa. Ma io...

REBECCA

Tu meno ancora.

ROSMER (accennando a un punto, fuori della finestra)

Quella gora del mulino...

REBECCA

Rosmer!

SIGNORA HELSETH (alla porta di destra)

Signorina.

REBECCA

Henrik Ibsen Rosmersholm

47

Dopo. Ora non posso.

SIGNORA HELSETH

Solo una parola.

(Rebecca va verso la porta. La signora Helseth le dice qualcosa. Parlano piano un momento. La signora Helseth

accenna di sì , poi esce)

ROSMER (togliendosi dalla finestra)

Qualcosa per me?

REBECCA

Nulla, faccende di casa... Và Rosmer, esci; hai bisogno di fare una passeggiata all'aria aperta.

ROSMER (prendendo bastone e cappello)

Hai ragione; vieni, usciamo insieme.

REBECCA

No, amico mio, ora non posso. Va' solo. Promettimi però che scaccerai i tristi pensieri.

ROSMER

Temo, purtroppo, che non vi riuscirò mai più.

REBECCA

Ma è possibile che tu ti tormenti così per cose senza fondamento...?

ROSMER

Hanno fondamento: ho riflettuto tutta la notte e mi sono persuaso che Beata aveva intuito perfettamente ogni cosa.

REBECCA

Ma cosa...?

ROSMER

Sapeva del mio amore per te, Rebecca.

REBECCA

Il tuo amore...

ROSMER (torna a deporre bastone e cappello)

Ecco un pensiero che mi ritorna continuamente: noi ci illudevamo a vicenda, chiamando amicizia il sentimento che ci

attirava l'uno verso l'altra.

REBECCA

Dunque i nostri rapporti...?

ROSMER

Erano rapporti amorosi. Tutti i miei pensieri erano per te anche quando Beata era ancora in vita. Io non desideravo che

te, non ero felice che vicino a te. Il nostro amore, Rebecca, è nato come nel cuore dei giovani, quasi senza che noi ce ne

accorgessimo... Non l'hai provato anche tu? Ma rispondimi...!

REBECCA (cercando di dominare l'interno tumulto)

Io non so, non so cosa risponderti.

ROSMER

Noi abbiam preso per amicizia questa vita interiore che conducevamo assieme, l'uno con l'altra, l'uno per l'altra. No, il

nostro legame è stato, forse fin dai primi giorni, quasi un matrimonio spirituale. Ed ecco la mia colpa: io non ne avevo il

diritto... io... per via di Beata.

REBECCA

E tu credi, Rosmer, di non avere diritto d'esser felice? Lo credi davvero?

ROSMER

Henrik Ibsen Rosmersholm

48

Essa osservava i nostri rapporti con gli occhi del suo amore per me... e della natura del suo amore. E di conseguenza

non poté giudicare che come ha giudicato.

REBECCA

Ma perché vuoi ritenerti responsabile dell'errore in cui cadde Beata?

ROSMER

Rebecca... la verità è che essa si è sacrificata per questo suo amore. Nella gora del mulino ci si è gettata per questo. I

fatti non mutano, Rebecca... E non posso fare come se non fossero avvenuti.

REBECCA

Ma ora tu devi pensare solo al grande, nobile compito, cui hai consacrato la tua vita.

ROSMER (scuotendo la testa)

Non potrò assolverlo mai... No... non io... Dopo quanto ho saputo, non posso.

REBECCA

Perché non puoi?

ROSMER

Non c'è possibilità di vittoria per un'impresa che ha le radici nella colpa.

REBECCA (con violenza)

Ed ecco che rinascono in te tutti i dubbi, le angosce, gli scrupoli della tua stirpe... Si racconta che qui i morti ritornino,

come cavalli bianchi accorrenti. Mi sembra che nel tuo spirito accada la medesima cosa.

ROSMER

Può darsi. Non importa cosa sia... se io non posso liberarmi dal potere che mi tiene... Credimi, Rebecca: solo un uomo

cui sia dato esser felice, solo un uomo innocente, può far trionfare la propria causa.

REBECCA

Dunque, è la felicità la cosa di cui hai più bisogno?

ROSMER

Sì , la felicità, la gioia.

REBECCA

A te, che non ridi mai?

ROSMER

Eppure tutto l'animo mio vi aspira.

REBECCA

Ora va', amico mio. Prendi il cappello e il bastone e cammina a lungo, ché ne hai bisogno. (porge il cappello e il

bastone)

ROSMER

Grazie. (prendendoli) Non mi accompagni?

REBECCA

No; ora non posso.

ROSMER

Come vuoi. Ti ho con me lo stesso. (esce dall'anticamera. Rebecca lo segue con lo sguardo)

REBECCA (va alla porta di destra e parla verso l'interno)

Signora Helseth, faccia passare. (si allontana dalla porta e si avvicina alla finestra)

KROLL (saluta silenzioso e compassato, e non depone il cappello)

È andato?

REBECCA

Henrik Ibsen Rosmersholm

49

Sì .

KROLL

Di solito resta fuori molto?

REBECCA

Sì . Ma oggi non c'è da contarci. E se non vuole incontrarlo...

KROLL

No. Desidero parlare con lei... da soli.

REBECCA

Approfittiamo allora di questo momento. Prego, si accomodi. (siede sulla poltrona vicino alla finestra e Kroll presso di

lei)

KROLL

Non può credere quanto dolore mi abbia recato il cambiamento di Rosmer!

REBECCA

L'avevamo preveduto che nei primi tempi... sarebbe purtroppo stato così .

KROLL

Nei primi tempi...?

REBECCA

Sì , Rosmer sperava che anche lei... in seguito... si sarebbe unito a lui.

KROLL

Io?

REBECCA

Sì , lei e i suoi amici.

KROLL

Da questo si può vedere come gli manchi il senso della realtà.

REBECCA

D'altra parte, egli sente questo bisogno... di rendersi libero sotto ogni aspetto.

KROLL

Ed è appunto questo ch'io non credo.

REBECCA

Che cosa crede lei allora?

KROLL

Io credo, signorina, che lei sola sia la cagione di questo suo mutamento.

REBECCA

E questa è, naturalmente, anche l'idea di sua moglie... vero, signor rettore?

KROLL

Non importa di chi sia. Una sola cosa è certa, se ci si ripensa bene: che il mutamento di Giovanni è cominciato da

quando lei è entrata in questa casa.

REBECCA (fissandolo)

Eppure, se non ricordo male, ci fu un tempo in cui lei aveva in me piena, cieca fiducia.

KROLL (abbassando la voce)

E chi non stregherebbe lei, se ci si mette?

REBECCA

Henrik Ibsen Rosmersholm

50

Mi ci son messa...?

KROLL

Certo. Non sono tanto sciocco da illudermi che fosse per un sentimento di simpatia per me: voleva entrare a

Rosmersholm e si è servita di me. Ora capisco e mi spiego tutto.

REBECCA

Lei però dimentica che io acconsentii ad entrare in questa casa solo dietro le grandi, insistenti preghiere di Beata.

KROLL

Sì . Ma aveva stregato anche lei. L'attaccamento di Beata per lei non era semplice amicizia... ma una specie di

adorazione, di idolatria. Finì col degenerare in una forma di amore disperato. Non so definirlo altrimenti.

REBECCA

Si ricordi dello stato mentale di sua sorella... Quanto a me, non credo mi si possa dire che sono una esaltata.

KROLL

No, di sicuro; ma appunto per questo riesce più pericolosa alle persone su cui vuole esercitare il suo dominio. Lei sa

agire deliberatamente, con esatto calcolo, perché il suo cuore è freddo.

REBECCA

Ne è proprio sicuro?

KROLL

Sicurissimo. Se così non fosse, non avrebbe potuto perseguire per tanto tempo, e con tanta tenacia, il suo scopo. Ormai

l'ha raggiunto... e lui e tutto quanto lo circonda sono in suo potere. Per arrivare a questo, però, non ebbe scrupolo di

renderlo infelice.

REBECCA

Non è vero! Non fui io a gettar lo sconforto nel suo cuore; ma lei, rettore: lei.

KROLL

Io?

REBECCA

Lei... facendogli nascere il sospetto d'essere responsabile della terribile fine di Beata.

KROLL

Questo gli ha fatto molta impressione?

REBECCA

Può dubitarne? Un animo delicato come il suo...

KROLL

Credevo che un uomo che si proclama libero pensatore come lui non patisse di questi scrupoli. Ma, in fondo, dovevo

aspettarmelo... Un discendente di coloro che vediamo qui intorno a noi non potrà mai liberarsi del tutto da ciò che gli è

stato tramandato di generazione in generazione.

REBECCA (abbassando gli occhi, pensosa)

Questo è vero. Giovanni Rosmer ha profondamente radicati nel cuore i sentimenti e le superstizioni della sua famiglia.

KROLL

E se lei avesse avuto un po' di attaccamento a lui, avrebbe dovuto tenerne conto. Ma non poteva avere simili riguardi. I

suoi precedenti sono così diversi da quelli di Rosmer!

REBECCA

A cosa allude?

KROLL

Alle sue origini, signorina West, ai precedenti della sua nascita.

REBECCA

Henrik Ibsen Rosmersholm

51

Infatti: io sono nata da genitori modesti, oscuri; tuttavia...

KROLL

Non pensavo a questo, ma ai precedenti morali.

REBECCA

Precedenti morali? Ma sotto che aspetto...?

KROLL

Per spiegare ciò che è diventata.

REBECCA

Cosa mi vien dicendo?

KROLL

Vi insisto, perché chiariscono tutta la sua condotta.

REBECCA

Non capisco. Si spieghi meglio.

KROLL

Credevo che sapesse ogni cosa. Altrimenti sarebbe assai strano che si fosse lasciata adottare dal dottor West.

REBECCA (alzandosi)

Ora comprendo tutto il suo pensiero.

KROLL

E con l'adozione, naturalmente, ne prese il nome; perché il nome di sua madre è Ganvik.

REBECCA (passeggiando)

Il nome di mio padre era Ganvik, signor rettore!

KROLL

Sua madre, per la sua professione stessa, aveva spesso rapporti col medico condotto.

REBECCA

Certo.

KROLL

E quando sua madre morì , il vecchio dottore la prese con sé, non è vero, signorina? E lei ci rimase, quantunque egli non

la trattasse bene. Sapeva che il dottore, morendo, non le avrebbe lasciato niente... Infatti non ebbe, se non mi sbaglio,

che una cassa di libri. E tuttavia non lo abbandonò, sopportando tutto da lui, curandolo e assistendolo fino all'ultimo.

REBECCA (appoggiata alla tavola, guarda Kroll con disprezzo)

E perché feci tutto questo, lei suppone che io sia figlia della colpa?

KROLL

Attribuisco quanto fece per lui a un inconscio istinto filiale. E tutta la sua condotta secondo me, dipende dalla sua

origine.

REBECCA (con vivacità)

Signor rettore, non c'è una parola di vero in ciò che dice; e posso facilmente provarlo: il dottor West non era ancor

venuto nel Finmarken quando io nacqui.

KROLL

Scusi; Ci era stato però l'anno prima; me ne sono informato.

REBECCA

S'inganna.

KROLL

No; ella stessa, poco tempo fa, disse d'avere compiuto ventinove anni.

Henrik Ibsen Rosmersholm

52

REBECCA. Io ho detto...?

KROLL

Proprio lei. E i conti non son difficili a farsi.

REBECCA

Piano. I conti invece non tornano. Perché mi son tolta un anno.

KROLL (con un sorriso incredulo)

Davvero? Questa è nuova.

REBECCA

Quando arrivai ai venticinque anni ancora ragazza, mi parve d'esser troppo vecchia. E cominciai a togliermene uno.

KROLL (ridendo)

Andiamo, via, signorina: una donna emancipata quale è lei, come può conservare simili pregiudizi...

REBECCA

Una cosa sciocca... un po' ridicola, è vero... Ma che vuole? A noi donne, anche le più emancipate, qualche pregiudizio

resta sempre.

KROLL

Ebbene, ammettiamo pure che lei abbia trent'anni: ma il dottor West fece un breve soggiorno lassù un anno prima di

ottenere il posto.

REBECCA (con collera)

Non è vero!

KROLL

Non è vero?

REBECCA

No: mia madre non me ne parlò mai.

KROLL

Davvero? Mai?

REBECCA

Assolutamente. E neanche il dottor West. Mai una parola.

KROLL

Potrebbe darsi che tutt'e due avessero le loro buone ragioni per saltar un anno. Come ha fatto lei, signorina. Potrebbe

essere una caratteristica di famiglia.

REBECCA (cammina agitata)

È impossibile! È lei che vuol mettermi quest'idea per il capo! Non è vero! È impossibile! Impossibile!

KROLL (si alza)

Ma cara... perché se la prende tanto, in nome di Dio? Mi sgomenta. Cosa devo credere o pensare?

REBECCA

Niente. Non deve credere o pensare niente.

KROLL

Allora mi spieghi perché prende questa cosa... questa possibilità... tanto a cuore.

REBECCA (cercando di calmarsi)

Ma è abbastanza naturale, signor rettore: non mi garba affatto essere una figlia illegittima.

KROLL

Contentiamoci di questa spiegazione, pel momento... Ma è un altro pregiudizio conservato da una donna emancipata.

Henrik Ibsen Rosmersholm

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REBECCA

Ebbene, sì .

KROLL

Bene. Sono d'avviso che sia di questo genere la maggior parte almeno di ciò che chiama la sua emancipazione. Dai libri

ha attinto gran quantità di pensieri e idee nuove, acquisito nozioni di studi nei vari campi dello scibile... nozioni che

sembran sovvertire quei principi che fin qui eran ritenuti inoppugnabili, inattaccabili. Ma tutto ciò è restato per lei allo

stato di nozione, di teoria... non è entrato a far interamente parte del suo essere intellettuale e morale.

REBECCA (riflettendo)

Forse ha ragione.

KROLL

Sì . Si studi a fondo e vedrà che ho ragione. Giudichi ora, da ciò che accade a lei, quel che deve essere accaduto a

Rosmer... È pazzia pura e semplice. Se rende pubblica la sua nuova fede, corre incontro alla rovina. Confessando la sua

diserzione, tutti quelli che fino ad oggi lo hanno amato e stimato - vale a dire i migliori della nostra società - lo

insulteranno, lo disprezzeranno! Pensi... lui, col suo carattere timorato...! Mai, egli saprà sopportare tutto ciò.

REBECCA

Ormai deve trovarne in sé la forza. È troppo tardi per ritirarsi.

KROLL

No, che non è troppo tardi. Quel che è successo si può mettere in tacere... Alla peggio, presentarla come una

momentanea, e sia pur deplorevole, aberrazione. Ma è però indispensabile una regola di condotta.

REBECCA

Vale a dire?

KROLL

I vostri rapporti devono essere legalizzati. Ella deve indurlo a far ciò.

REBECCA

Lei è sempre persuaso che i nostri rapporti abbiano bisogno di essere... legalizzati...?

KROLL

Non voglio approfondir troppo la cosa. Ma ho notato che non è mai tanto facile romperla con i pregiudizi... come

quando si tratta di rapporti...

REBECCA

Fra uomo e donna, vuol dire?

KROLL

Ebbene, francamente, sì .

REBECCA (cammina un po', poi va alla finestra e guarda fuori)

Stavo quasi per dire: vorrei che avesse ragione lei, rettore Kroll.

KROLL

Perché? Lo dice in un modo così strano...

REBECCA

Tronchiamo questo discorso... Cambiamo argomento... Ah! Ecco Rosmer che ritorna.

KROLL

Lui...? Di già? Allora me ne vado. (prende il cappello)

REBECCA (avvicinandosi a Kroll)

No, resti. Udrà cose che la faranno stupire.

KROLL

Non posso, non voglio vederlo.

Henrik Ibsen Rosmersholm

54

REBECCA

La prego, resti, o se ne pentirà poi. È l'ultima volta che le rivolgo una preghiera.

KROLL (la guarda meravigliato, poi, dopo una pausa, depone il cappello)

Ebbene, signorina, resto.

(Pausa di alcuni secondi, dopo i quali Rosmer entra)

ROSMER (dal mezzo, fermandosi sulla porta, e volgendosi stupito a Kroll)

Tu qui?

REBECCA

Egli avrebbe preferito non incontrarti Rosmer.

KROLL

Incontrarti?

REBECCA

Sì , signor rettore. Rosmer ed io ci diamo del tu: fa parte dei nostri rapporti.

KROLL

Era questo che dovevo sapere?

REBECCA

Questo e altro.

ROSMER (entrando)

Perché sei tornato oggi?

KROLL

Per tentare un'ultima volta di trattenerti... per ricondurti sulla via della ragione.

ROSMER (mostrandogli il giornale)

Dopo quanto c'è qui?

KROLL

Non l'ho scritto io.

ROSMER

Però non hai impedito che fosse pubblicato.

KROLL

Sarebbe stato venir meno alla causa che servo. D'altra parte non era in mio potere.

REBECCA (prende il giornale, ne fa una palla e la getta nella stufa)

Ecco. Ora è distrutto. E cerchiamo di dimenticarlo. Intanto, sta' pur sicuro, Rosmer, che di quella roba non ne vedrai

più.

KROLL

Dio voglia che lei ci riesca.

REBECCA

Ed ora vieni, caro. Sediamoci qui tutti e tre: vi dirò tutto.

ROSMER (sedendosi meccanicamente)

Cosa è successo, Rebecca? La tua tranquillità è strana.

REBECCA

Perché ormai sono decisa. Si sieda lei pure, rettore. (il rettore si siede)

ROSMER

Henrik Ibsen Rosmersholm

55

Decisa a che... Rebecca?

REBECCA

A ridarti quanto ti ho tolto, ciò di cui hai bisogno per vivere: la coscienza della tua innocenza.

ROSMER

Cosa vuoi fare?

REBECCA

Racconterò tutto. Basterà.

ROSMER

Parla.

REBECCA

Quando venni qui, dal Finmarken, col dottor West, fu come se mi si aprisse davanti un nuovo mondo. Il dottore mi

aveva insegnato un po' di tutto... e quell'insieme di nozioni slegate costituiva tutta l'esperienza ch'io avevo della vita. E

allora...

KROLL

Allora...?

ROSMER (interrompendola)

Ma Rebecca... queste cose le so.

REBECCA (riflettendo)

Hai ragione. In fondo, le sai.

KROLL (fissando Rebecca)

Forse è meglio che me ne vada.

REBECCA

No, rettore, deve rimanere. (a Rosmer) Era questo, vedi. Io volevo prender parte al movimento dei tempi, vivere nello

spirito delle nuove idee. Il rettore Kroll mi aveva un giorno narrato come Ulrico Brendel avesse esercitato su te, in altri

tempi, un grande ascendente, un vero dominio... quando eri ancora ragazzo. Pensai allora che io avrei potuto continuare

l'opera sua.

ROSMER

Allora tu sei venuta con questa segreta intenzione?

REBECCA

Ti volevo compagno nel cammino della libertà... da percorrere insieme... avanti... sempre più... avanti, fino al limite

estremo... Ma fra te e quell'assoluta indipendenza si drizzava davanti un cupo, insormontabile ostacolo.

ROSMER

Che ostacolo...?

REBECCA

Intendo dire, Rosmer, che la tua evoluzione doveva compiersi alla luce del sole; mentre tu intristivi negli oscuri legami

del tuo matrimonio.

ROSMER

Rebecca, non mi hai mai parlato così !

REBECCA

Non osavo: temevo spaventarti.

KROLL (a Rosmer)

La senti?

REBECCA

Ma sapevo dove stesse la tua salvezza... l'unica tua possibilità di salvezza. E agii di conseguenza.

Henrik Ibsen Rosmersholm

56

ROSMER

Come, agisti...?

KROLL

Vuol dire che...

REBECCA

Sì , Rosmer. (si alza) Sta' seduto; e anche lei, rettore. Bisogna che ora riveli la verità. Non fosti tu, Rosmer. Tu sei

innocente... Fui io ad attrarre, ad avviare Beata per la tragica via dell'errore...

ROSMER (balzando in piedi)

Rebecca!

KROLL (alzandosi)

Sulla via dell'errore?

REBECCA

Quella... che la portò nella gora del mulino. (affranta) Ora lo sapete tutti e due!

ROSMER (stordito)

Ma io non comprendo! Mio Dio, che cosa dice?

KROLL

Ed io, invece, comincio a comprendere ogni cosa.

ROSMER (a Rebecca)

Ma cosa hai fatto...? Ma cosa le hai detto...? Non c'era nulla... assolutamente nulla tra noi.

REBECCA

Fu informata che tu avevi deciso di rinnegare la fede dei tuoi padri.

ROSMER

Ma a quel tempo, non era vero.

REBECCA

Sapevo che presto ci saresti arrivato.

KROLL (guardando Rosmer)

Ah!

ROSMER

E poi... e poi...? Adesso voglio saper tutto.

REBECCA

Un po' di tempo dopo, la scongiurai di lasciarmi partire da Rosmersholm.

ROSMER

Partire... tu? Perché volevi partire?

REBECCA

No, non volevo partire... Volevo anzi rimanerci e per sempre. Ma le dissi che sarebbe stato meglio per noi tutti se mi

fossi allontanata... Le feci comprendere che se fossi rimasta qui ancora... tra me e te...

ROSMER

E hai fatto questo...?

REBECCA

Sì , Rosmer.

ROSMER

Questo, tu chiamavi agire?

Henrik Ibsen Rosmersholm

57

REBECCA

con voce rotta) Sì ...

ROSMER

(Hai confessato tutto, ora, Rebecca?

REBECCA

Sì .

KROLL

Tutto, no.

REBECCA (lo guarda spaventata)

E cos'altro ancora ci dovrebbe essere?

KROLL

Non ha, alla fine, insinuato a Beata che era meglio... che anzi era necessario... anche per Rosmer... che essa se ne

andasse... altrove, il più presto possibile?

REBECCA (con voce appena percettibile)

Può essere... ch'io abbia detto qualcosa di simile.

ROSMER (lasciandosi cadere sulla poltrona vicino alla finestra)

E quell'infelice ha creduto a questo tessuto di menzogne e d'inganni... Ciecamente, ci ha creduto. Perché non si è mai

rivolta direttamente a me? Mai... (guarda Rebecca) Neppure una parola...! Ah! Rebecca! Te lo leggo negli occhi; eri tu

che la persuadevi a non farlo!

REBECCA

Si era messa in mente che non aveva più diritto di rimanere qui e che se avesse veramente voluto assolvere tutto il suo

dovere verso di te, avrebbe dovuto lasciare libero il posto.

ROSMER

Hai fatto nulla per convincerla del contrario?

REBECCA

No.

KROLL

E non l'ha piuttosto rafforzata in questa sua idea? Risponda. Non è così ?

REBECCA

Credo... ch'essa abbia interpretato in questo senso le mie parole.

ROSMER

Sì , perché Beata ti si sottometteva in tutto. E così si è sacrificata: ha lasciato il suo posto. (alzandosi) Come hai potuto

ordire una simile infamia?

REBECCA

Mi pareva di dover scegliere tra due vite, Rosmer.

KROLL (severo)

E con quale diritto fece questa scelta?

REBECCA (con violenza)

Ma voi credete dunque che io agissi così ... tutto ordinato, tutto calcolato... secondo un piano stabilito? Ma io non ero

così come mi vedete ora, che son qui a raccontarvi queste cose. E poi, in ogni creatura umana ci sono, credo, due

opposte forze. Io volevo toglier Beata dalla mia strada. Ma tuttavia credevo che ciò non sarebbe mai avvenuto... Ogni

passo avanti che tentavo, osavo... era come se qualcosa dentro di me gridasse: Non più! Basta! E tuttavia non potevo

smettere. La forza opposta mi spingeva un poco, ancora un poco, sempre un poco ancora più avanti. E così , sino alla

fine... (un breve silenzio)

Henrik Ibsen Rosmersholm

58

ROSMER

E ora, cosa credi che sarà di te?

REBECCA

Non lo so, né me ne curo; avvenga quel che vuole!

KROLL

Neppure una parola di pentimento, neppure un rimorso! Non ne sente?

REBECCA (freddamente)

Scusi rettore; questa è cosa che riguarda me sola.

KROLL (a Rosmer)

E questa è la donna, con la quale tu vivi sotto lo stesso tetto... in intimità. (accennando ai ritratti) Se quelli che se ne

sono andati potessero vedere ciò che accade!

ROSMER (a Kroll)

V ai in città?

KROLL (prendendo il cappello)

Sì . Immediatamente.

ROSMER (afferrando il cappello)

Vengo con te!

KROLL

Ah! Lo sapevo che non potevamo averti perduto!

ROSMER

Andiamo, Kroll, andiamo! (escono tutt'e due senza guardare Rebecca)

(Pausa. Rebecca si avvicina alla fì nestra e scosta i fiori che le impediscono di veder fuori)

REBECCA (a mezza voce)

Nemmeno oggi egli osa passare dal ponte... Fanno il giro. Sulla gora, mai... (si ritira) Sì , sì ! Bene. (pausa. Va a tirare il

cordone del campanello)

SIGNORA HELSETH (entrando)

La signorina ha chiamato?

REBECCA

Prego, mi faccia portare in camera il mio baule.

SIGNORA HELSETH

Il baule?

REBECCA

Sì , quello ricoperto di pelle di foca. Lo conosce no?

SIGNORA HELSETH

Lo conosco; ma... scusi, vuol forse partire?

REBECCA

Sì , signora Helseth.

SIGNORA HELSETH

Ma quando?

REBECCA

Non appena avrò preparato il mio bagaglio.

SIGNORA HELSETH

Henrik Ibsen Rosmersholm

59

Davvero... non capisco. E tornerà presto?

REBECCA

Non tornerò mai più.

SIGNORA HELSETH

Mai più? È impossibile! Che cosa diventerà Rosmersholm, se la signorina parte? Ora che il povero pastore sembrava

così contento...

REBECCA

Già. Ma oggi ho avuto paura. Paura, signora Helseth.

SIGNORA HELSETH

Paura? Mio Dio! E perché?

REBECCA

M'è apparso, laggiù... lontano lontano... un cavallo bianco.

SIGNORA HELSETH

Il Cavallo Bianco?... Di pieno giorno?

REBECCA

I cavalli bianchi a Rosmersholm si fanno vedere a qualunque ora... (cambiando tono) Allora, signora Helseth, la prego,

il baule.

ATTO QUARTO

Scena come nel terzo atto. È notte. Una lampada accesa sul tavolo.

REBECCA (alla tavola di mezzo prepara la valigia. Sul divano stanno il mantello, il cappello e lo scialle bianco di

Rebecca)

SIGNORA HELSETH (entra da destra e parla a voce sommessa; con fare riservato)

Tutti i bagagli sono già stati portati fuori, signorina: sono in corridoio.

REBECCA

Sta bene. È stato avvertito il cocchiere?

SIGNORA HELSETH

Sì . Aspetta solo di sapere l'ora precisa in cui deve trovarsi qui.

REBECCA

Alle undici: parto col battello di mezzanotte.

SIGNORA HELSETH (con titubanza)

E il signor pastore...? Se a quell'ora non sarà ancora rientrato?

REBECCA

Io devo partire lo stesso. S'io non lo vedessi, gli dica che gli scriverò... Una lunga lettera... Glielo dica.

SIGNORA HELSETH

Sì . Va bene scrivere... Ma, povera signorina, se cercasse di parlargli un'altra volta?

REBECCA

Forse. Ma... meglio di no.

SIGNORA HELSETH

Ah! Non avrei mai creduto di dover assistere a una cosa simile.

Henrik Ibsen Rosmersholm

60

REBECCA

A cosa...? Signora Helseth... cosa aveva creduto?

SIGNORA HELSETH

Veramente, ecco... che il pastore fosse un uomo più onesto.

REBECCA

Più onesto...?

SIGNORA HELSETH

Sì , certo: e lo dico sul serio.

REBECCA

Ma, cara... cosa ha capito?

SIGNORA HELSETH

Quello che c'era da capire, ho capito: non doveva tirarsi indietro a questo modo.

REBECCA (guardando la signora Helseth)

Signora Helseth, mi dica francamente... per quale ragione crede lei ch'io parta?

SIGNORA HELSETH

Oh Dio...sì , è necessario. Ma, secondo me, il pastore Rosmer non si comporta bene. Mortensgaard aveva, almeno, una

scusa, perché era ancora in vita il marito di quella donna; e loro due non potevano sposarsi. Ma il pastore...

REBECCA (con un mezzo sorriso)

E lei ha potuto pensare una cosa simile del pastore e di me?

SIGNORA HELSETH

Mai prima d'oggi. Dio me ne guardi!

REBECCA

Ma da oggi, invece...

SIGNORA HELSETH

Ma! Dopo tutto quello che m'han detto che c'è scritto sul giornale, del pastore...

REBECCA

Ah!

SIGNORA HELSETH

Che cosa vuole, signorina, avrò torto; ma per me un uomo che sconfessa i suoi principi per accettare quelli di un

Mortensgaard... Ebbene... per me è un uomo dal quale ci si può aspettare di tutto.

REBECCA

Ah, è così ... Ma... e io? Di me, cosa pensa?

SIGNORA HELSETH

Di lei? Mio Dio, di lei c'è poco da dire. Non è tanto facile per una donna sola saper resistere... penso. Siamo tutti deboli,

signorina West.

REBECCA

Questo è vero: siamo tutti deboli... Cosa sta ascoltando?

SIGNORA HELSETH

Gesù mio! Credo che potrà parlargli ancora una volta prima di partire.

REBECCA (spaventata)

No... vederlo ancora... (risoluta) Ebbene, sia pure.

ROSMER (dal fondo, vedendo i bagagli)

he vuol dire questo?

Henrik Ibsen Rosmersholm

61

REBECCA

Parto.

ROSMER

Questa notte stessa?

REBECCA

Sì . (alla signora Helseth) Allora, per le undici.

SIGNORA HELSETH

Va bene: vado a dar l'ordine. (esce)

ROSMER (dopo una pausa)

Rebecca, dove vai?

REBECCA

Verso il nord. Col battello.

ROSMER

Verso il nord? Cosa vai a fare lassù?

REBECCA

Venni di là.

ROSMER

Ma non hai più nulla che ti chiami lassù.

REBECCA

E qui...?

ROSMER

Quali sono le tue intenzioni?

REBECCA

Non desidero altro che finirla.

ROSMER

Finirla?

REBECCA

Rosmersholm mi ha spezzata.

ROSMER (attento)

Cosa intendi dire?

REBECCA

Spezzata, sì . Quando venni, avevo una volontà ferma e coraggiosa. Ora... è come se mi fossi piegata a una legge

estranea. Mi pare che non saprò più intraprendere nulla.

ROSMER

Perché? Di che legge parli?

REBECCA

Caro... lasciamo andare in questo momento. Dimmi piuttosto cosa è avvenuto tra te e il rettore.

ROSMER

Ci siamo riconciliati.

REBECCA

Bene; così ormai è finita.

Henrik Ibsen Rosmersholm

62

ROSMER

Kroll aveva radunato in casa tutti i nostri vecchi amici. E mi hanno convinto che nobilitare gli uomini non è un lavoro

adatto per me. D'altronde, è una cosa così disperata in se stessa... Un'utopia. E ho deposto il pensiero.

REBECCA

E forse è meglio così .

ROSMER

Ah! sì ... Anche tu, dunque, hai questa opinione?

REBECCA

Sì , da qualche giorno.

ROSMER

Tu menti, Rebecca.

REBECCA

Io mento?

ROSMER

Sì . Menti. Tu non hai mai creduto in me. Non mi hai mai creduto capace di ottenere da solo le vittorie, in quella lotta

nella quale mi spingevi...

REBECCA

Credevo che noi due insieme avremmo potuto vincere.

ROSMER

Non è vero. Hai creduto, invece, di poter tu stessa compiere qualche grande impresa nella vita. E di me intendevi

servirti per i tuoi scopi; ero uno strumento per raggiungere ciò che volevi.

REBECCA

Rosmer, permettimi di parlare...

ROSMER (lasciandosi cadere sul divano)

È inutile, ormai. Vedo tutto io, ora... sino in fondo. Sono stato come un guanto nella tua mano.

REBECCA

Ascoltami, Rosmer... ascoltami per l'ultima volta. (siede vicino a Rosmer) Avevo deciso di scriverti questo, quando

fossi arrivata lassù, al nord. Ma al punto in cui siamo, è meglio tu sappia ogni cosa.

ROSMER

Hai ancora qualcosa?

REBECCA

Sì ... il più.

ROSMER

Il più?

REBECCA

Sì . Una cosa che tu non hai mai sospettato. E che... sola... dà rilievo a tutto il resto.

ROSMER (scuotendo la testa)

Spiegati.

REBECCA

È vero che avevo teso le mie reti per venire a Rosmersholm... Perché sapevo che qui avrei fatto la mia fortuna, in un

modo o nell'altro.

ROSMER

Ed infatti hai ottenuto quello che volevi...

Henrik Ibsen Rosmersholm

63

REBECCA

Oh! Credo che allora avrei potuto ottenere qualsiasi cosa. Perché allora ero ancora padrona di tutta la mia volontà, libera

e audace. Non conoscevo ritegni, ostacoli... che potessero farmi recedere dalla mia strada. Ma poi, a poco a poco, venne

ciò che ha spezzato la mia forza, e mi ha dato questo senso di paura... per sempre.

ROSMER

Cosa è stato? Parla in modo ch'io ti intenda.

REBECCA

Sorse in me allora... quel desiderio, un desiderio selvaggio.

ROSMER

Desiderio? Tu...? Di che?

REBECCA

Sì , di te.

ROSMER (tenta d'alzarsi)

Cosa dici?

REBECCA (trattenendolo)

Aspetta, caro, non ho finito ancora.

ROSMER

Tu vuoi dire... che mi hai amato. In quel modo.

REBECCA

Credevo che fosse amore: così almeno capivo l'amore a quel tempo... Ma era solo un desiderio ardente, irresistibile.

ROSMER (dominandosi)

Rebecca, ma sei tu che parli? Sei proprio tu che siedi qui e racconti tutto ciò?

REBECCA

E adesso, cosa ne pensi?

ROSMER

Fu sotto il dominio di questa passione che tu agisti, come hai detto...

REBECCA

Si abbatteva su di me col furore di una tempesta invernale nei nostri mari, lassù al nord. Che se prende uno, lo trascina

con sé, sai... lontano... fin dove vuole... Inutile resistere.

ROSMER

E trascinò anche la povera Beata... nella gora del mulino.

REBECCA

Beata era fra me e te: e ci fu... in quel tempo... come una lotta di naufraghi intorno a una zattera.

ROSMER

E tu eri la più forte a Rosmersholm. Eri più forte di Beata e di me uniti insieme.

REBECCA

Ti conoscevo troppo per non sapere che l'unico mezzo per arrivare a te era di renderti prima completamente libero... sia

materialmente che moralmente.

ROSMER

Non arrivo ancora a capirti, Rebecca. Per me, tu, con tutta la tua condotta, sei ancora un enigma impenetrabile. Ora... io

ero libero, sia di spirito che da altri legami. Ora... tu eri arrivata alla meta che t'eri prefissa. Eppure... ieri...

REBECCA

Mai sono stata tanto lontana dalla meta!

Henrik Ibsen Rosmersholm

64

ROSMER

Eppure, voglio dire... ieri... quando ti proposi, anzi ti pregai di diventare mia moglie, ricusasti... Hai gridato, come

spaventata, che ciò non sarebbe mai potuto avvenire.

REBECCA

Ho gridato per disperazione.

ROSMER

Perché?

REBECCA

Rosmersholm mi ha snervata. La mia volontà, qui, s'è spezzata, annientata. È passato per me il tempo in cui credevo di

poter osare qualunque cosa... Ho perduto ogni capacità di agire, Rosmer.

ROSMER

Com'è avvenuto?

REBECCA

È avvenuto... vivendo con te!

ROSMER

Ma come? Come...?

REBECCA

Quando son rimasta sola con te, e tu ritrovasti te stesso.

ROSMER

Ebbene?

REBECCA

Perché non sei mai stato veramente tu, finché visse Beata.

ROSMER

Purtroppo, questo è vero.

REBECCA

Quando cominciammo a vivere da soli, quieti... e tu prendesti a confidarmi ogni tuo pensiero, ogni tuo sentimento...

come lo sentivi tu, così delicato e fine... cominciò in me un cambiamento. A poco a poco, capisci? Quasi

insensibilmente; ma alla fine permeò tutto il mio essere... sino in fondo.

ROSMER

Ma cos'era, Rebecca?

REBECCA

Tutto il resto... quell'orribile desiderio sensuale... mi lasciò. La potenza oscura che m'aveva sbattuta e dilaniata,

dileguava. Una immensa pace scese sull'animo mio... un silenzio... come lassù da noi al nord... sulle rupi dense d'uccelli

marini, al sole di mezzanotte.

ROSMER

Dimmi ancora, tutto quello che puoi.

REBECCA

Non c'è più molto. Una cosa sola: allora, nacque in me l'amore: grande, capace di rinuncia, che si appagava di una vita

in comune, come fu la nostra.

ROSMER

E mai supposi nulla di ciò...

REBECCA

Meglio così . Ieri, quando mi chiedesti di diventar tua moglie, provai una tal gioia...

ROSMER

Henrik Ibsen Rosmersholm

65

Sì , vero...? L'ho intuito.

REBECCA

Per un momento. Un momento d'oblio, in cui mi parve rinascesse, per affermarsi, la mia intrepida volontà d'un tempo.

Ma ormai non ha più presa su di me... non dura.

ROSMER

Come ti spieghi... quel che è successo in te?

REBECCA

È il modo di concepire la vita di Rosmersholm. Il tuo modo... Ha contagiato la mia volontà.

ROSMER

Contagiato?

REBECCA

Sì : sottomettendola a una legge che prima le era estranea. La vita che ho condotto qui con te mi ha nobilitata.

ROSMER

Potessi crederlo, Rebecca!

REBECCA

Oh... puoi crederlo, Rosmer. La concezione di vita dei Rosmer nobilita (scuotendo il capo) ma... ma...

ROSMER

Ma...?

REBECCA

Uccide la volontà.

ROSMER

Lo credi, Rebecca?

REBECCA

Almeno per me.

ROSMER

Ne sei sicura? Che faresti, Rebecca, se l'offerta di ieri te la ripetessi oggi?

REBECCA

Non parliamone più, amico mio, è una cosa impossibile. Perché, Rosmer, devi sapere anche questo: io ho un passato.

ROSMER

Più di quanto mi hai già detto?

REBECCA

Sì , qualcosa di più e di diverso.

ROSMER (con un pallido sorriso)

Non è strano, Rebecca? Pensa che più d'una volta me n'è come balenato un sospetto.

REBECCA

Sì ? E tuttavia...

ROSMER

Ma creduto non ci ho mai. Era una cosa vaga, fugace...

REBECCA

Se vuoi sono pronta a dirti anche questo.

ROSMER (schermendosi)

No. Non voglio saper nulla. Qualunque cosa sia, è come sepolta per me.

Henrik Ibsen Rosmersholm

66

REBECCA

Ma non per me.

ROSMER

Oh, Rebecca...!

REBECCA

Sì , vedi. Qui sta la terribile ironia del mio destino. Ora che mi si offre tutta la gioia della vita... ora son cambiata così

che proprio il mio passato mi impedisce di goderne

ROSMER

Il tuo passato è morto, Rebecca: recisi i suoi legami. Non ha più rapporto con te, quale sei ora.

REBECCA

Oh, caro, queste sono parole. Ma i fatti restano. E... l'innocenza?

ROSMER (accasciato)

Sì , sì . L'innocenza.

REBECCA

L'innocenza. In cui sola stanno felicità e gioia... Era il tuo sogno, ridare la gioia agli uomini.

ROSMER

Non me lo ricordare. Ma era appunto soltanto un sogno, un'aspirazione confusa cui non credo più nemmeno io. Gli

uomini non si lasciano render migliori.

REBECCA (adagio)

Neppure da un puro amore...?

ROSMER (pensoso)

Sì . Sarebbe una grande, splendida cosa, la più degna di tutta una vita. Se fosse... Ma come saperlo veramente?

REBECCA

Dunque non mi credi più?

ROSMER

Come posso crederti, Rebecca? Tu che sei qui e... hai nascosto e dissimulato tante cose... Anche ora, tu mi palesi un tuo

nuovo aspetto. Ma come posso esser sicuro che non ci sia dietro un secondo fine? Se c'è, dimmelo. C'è qualcosa cui miri

con questo? Farò volentieri per te quanto è in mio potere.

REBECCA (torcendosi le mani)

Oh! Questo dubbio spaventoso, Rosmer!

ROSMER

Hai ragione: spaventoso. Ma io non ci posso nulla, né posso liberarmene. Non saprò mai con certezza se mi appartieni

per un puro, un vero amore.

REBECCA

Ma non senti, nel profondo di te, la certezza che non sono più la donna di una volta... e che tu solo hai operato in me

questo cambiamento?

ROSMER

Ah! Rebecca, ormai non credo più in nulla; e tanto meno nella mia missione di migliorare gli uomini. Non ho più fede

né in me né in te.

REBECCA (guardandolo cupa)

Rosmer... come vuoi vivere, allora?

ROSMER

Non so. Non credo di poter vivere. Non vedo nulla al mondo per cui poter vivere.

Henrik Ibsen Rosmersholm

67

REBECCA

Oh! La vita... ha in sé tante possibilità di rinnovamento. Teniamoci saldi a lei. Ne usciremo sempre troppo presto lo

stesso...

ROSMER (alzandosi; con angoscia)

Oh! Rebecca, Rebecca; rendimi allora la mia fede... la mia fede in te. La fede! Dammi la prova che mi ami... Voglio una

prova.

REBECCA

Una prova? Ma quale prova posso io darti?

ROSMER

Lo devi. (camminando agitato) Non posso sopportare questa solitudine, questo vuoto che s'è fatto intorno a me. (si

sente bussare forte all'uscio)

REBECCA (alzandosi)

Chi è...? Hai sentito tu? (la porta del fondo si spalanca ed entra Brendel. Porta un abito nero, con camicia bianca, e

calza stivaloni. Guarda con aria stravolta i due)

ROSMER (stupito)

Il signor Brendel !

BRENDEL

Giovanni, ragazzo mio, ti saluto.

ROSMER

A quest'ora tarda? Ma dove va?

BRENDEL

Discendo.

ROSMER

Cioè?

BRENDEL

Sì , verso casa... Mi ha preso la nostalgia del gran nulla, giovanotto mio.

ROSMER

Ma cosa le è successo? Una disgrazia, forse?

BRENDEL

Ah! Ti accorgi del mio cambiamento, eh? Infatti, quando venni qui l'ultima volta, ero ancora ricco...

ROSMER

Sì ...? Non comprendo.

BRENDEL

Chi invece ti sta davanti questa sera è come un re spodestato, sulle ceneri del suo castello arso.

ROSMER

Posso aiutarla in qualcosa?

BRENDEL

Giovanni, tu hai conservato il tuo cuore di fanciullo. Puoi farmi un prestito?

ROSMER

Sì , volentieri.

BRENDEL

Disponi di uno o due ideali?

ROSMER

Henrik Ibsen Rosmersholm

68

Come dice?

BRENDEL

Sì , anche ideali usati... Farai una buona azione, perché sono al verde: miseria assoluta.

REBECCA

Non è dunque riuscito a tenere conferenze?

BRENDEL

No, vezzosa signora. Proprio al momento in cui mi accingevo a profondere tutte le mie inestimabili ricchezze, feci la

pénible scoperta d'essere in bancarotta.

REBECCA

E tutte le sue opere non ancora scritte?

BRENDEL

Per venticinque anni fui come l'avaro che siede giorno e notte davanti alla sua cassaforte. Ed ecco che ieri, quando la

volli aprire per trarne alla luce il tesoro... vidi che non c'era più nulla. Il tempo l'aveva ridotto in polvere. Rien, rien du

tout, di tanta superba ricchezza.

ROSMER

Ma ne è sicuro?

BRENDEL

Non v'è dubbio. E poi me ne persuase anche il presidente.

ROSMER

Il presidente?

BRENDEL

Sì ... Sua Eccellenza. Comme il vous plaît.

ROSMER

Ma di che parla?

BRENDEL

È facile capire che parlo di Pietro Mortensgaard.

ROSMER

Come?

BRENDEL (con grande mistero)

Taci, silenzio...! Pietro Mortensgaard è il capo, è il signore dell'avvenire. Mai in vita mia mi trovai di fronte a persona

tanto eletta: egli può tutto ciò che vuole.

ROSMER

Non lo creda.

BRENDEL

Certo, invece. Perché Mortensgaard non vuole nulla più di quanto può. Pietro Mortensgaard è capace di vivere senza

ideali. E questo, vedi, è il grande segreto per agire, per vincere. Questa è la somma sapienza. Dixi.

ROSMER (lentamente)

Ora comprendo perché dice di ritornarsene via molto più povero di quando venne.

BRENDEL

Bien! Impara dunque dal tuo vecchio maestro. Dimentica tutto quanto egli ha un tempo cercato di imprimere in te.

Guardati dal fabbricare il tuo castello sulle sabbie malfide. E sta' bene attento... E misura le tue forze... prima di fidarti

di questa graziosa creatura che ti rende dolce la vita.

REBECCA

Allude a me?

Henrik Ibsen Rosmersholm

69

BRENDEL

Sì , bella sirena.

REBECCA

Perché Rosmer non dovrebbe fidarsi di me?

BRENDEL (avvicinandosi a Rebecca)

Mi hanno detto che il mio antico scolaro ha una causa da far trionfare.

REBECCA

Ebbene?

BRENDEL

La vittoria è sicura. Ma stia ben attento il mio ex scolaro: solo a una condizione.

REBECCA

E quale?

BRENDEL (prendendola delicatamente per il polso)

Che la donna che lo ama, vada in cucina e si tagli il suo fine roseo dito, proprio qui, alla falange media. Item: che la

stessa donna innamorata si tagli non meno lietamente anche il suo orecchio sinistro, così ben modellato. (lasciando

ricadere il braccio di Rebecca e volgendosi a Rosmer) Addio, Giovanni, ti saluto vincitore.

ROSMER

Vuol partire, con questa notte così buia?

BRENDEL

Meglio le tenebre. La pace sia con voi! (parte) (Breve pausa)

REBECCA (respirando a fatica)

Che aria greve, afosa! (va alla finestra, l'apre e vi rimane guardando fuori)

ROSMER (sedendosi vicino alla stufa)

Al punto in cui siamo, Rebecca, non ci resta che separarci.

REBECCA

Sì . Non c'è altra possibilità.

ROSMER

Approfittiamo di questi ultimi momenti. Vieni, siediti vicino a me.

REBECCA (siede vicino a lui)

Cosa vuoi dirmi, Rosmer?

ROSMER

Prima di tutto che non devi preoccuparti del tuo avvenire.

REBECCA (con un amaro sorriso)

Il mio avvenire...!

ROSMER

Già da tempo ho predisposto ogni cosa; per qualunque evenienza.

REBECCA

Anche questo, caro!

ROSMER

Non l'avevi indovinato?

REBECCA

È più di un anno che non mi prendo più alcun pensiero del mio avvenire.

Henrik Ibsen Rosmersholm

70

ROSMER

Già. Tu pensavi, non è vero?, che tra noi tutto sarebbe continuato così .

REBECCA

Sì , infatti.

ROSMER

Anch'io... Ad ogni modo, avrei potuto sempre andarmene prima di te.

REBECCA

Tu? Ah, no, Rosmer: tu devi vivere.

ROSMER

È forse in mio potere fare ciò che voglio?

REBECCA

Rosmer, non penserai a...

ROSMER

Ti parrebbe strano? Ti meraviglierebbe, dopo la sconfitta che ho subita... prima ancora di cominciare la lotta? Perché io

sono fuggito, senza neppur dare battaglia.

REBECCA

Ritorna alla tua lotta e vincerai. Nobiliterai gli animi. Ne sei capace. Prova soltanto...

ROSMER

Rebecca, ormai io stesso non ci credo più.

REBECCA

Eppure, quanto hai fatto fino ad oggi, ti dice il contrario. Perché tu hai già nobilitato un'anima abbietta: la mia.

ROSMER

Oh! Potessi crederti...

REBECCA (torcendosi le mani)

Dimmi che cosa posso fare perché tu mi creda. Dimmelo... che io possa ridarti la fede.

ROSMER (trasalendo con spavento)

Taci, taci; non proseguire... non voglio.

REBECCA

Continuiamo a parlarne, invece. Dimmi, Rosmer, conosci tu un mezzo, una prova che ti allontani per sempre questo

dubbio? Dimmelo tu: io non lo so.

ROSMER

Meglio per te, meglio per noi due che tu non lo sappia.

REBECCA

Ah, no! Tu conosci qualche cosa che basterebbe per salvarmi, per redimermi ai tuoi occhi: dimmi cos'è. Ho il diritto di

saperlo.

ROSMER (parlando con fatica, quasi trascinato contro la sua volontà)

Ebbene... pensa a quanto stai per dire, pensaci bene... Tu sostieni d'amarmi; e che io ho nobilitato la tua anima. Sei ben

sicura? Vogliamo fare la prova?

REBECCA

Sono pronta.

ROSMER

Quando?

Henrik Ibsen Rosmersholm

71

REBECCA

Quando vuoi. E più presto, meglio.

ROSMER

Vediamo allora, Rebecca. Se tu per me, stasera stessa...? (s'interrompe) No, no.

REBECCA

Sì , Rosmer. Dillo e vedrai.

ROSMER

Avresti il coraggio tu, spontaneamente... lietamente... come dice Ulrico Brendel... di prender stanotte, per me, la stessa

strada per cui andò Beata?

REBECCA (si alza lentamente dal divano, e con voce appena intelligibile)

Rosmer!

ROSMER

Ecco la prova che volevo chiederti. Perché quando sarai partita, a me resterà sempre questo enigma, che mi

ossessionerà. Sarà come se tu mi stessi davanti in carne e ossa. Ti vedrò: sul ponticello, in mezzo. Ti chini sul parapetto.

La vertigine ti prende; la corrente ti attira... Ma no! Tu indietreggi, non osi... non osi ciò che l'altra osò.

REBECCA

E se io avessi, invece, il coraggio? Lietamente...

ROSMER

Ti crederei. E dovrebbe allora tornarmi la fede nella mia impresa: la certezza di poter nobilitare l'anima umana.

REBECCA (prende lentamente lo scialle bianco, se lo getta sul capo e dice, decisa)

Riavrai la tua fede, Rosmer.

ROSMER (stupito)

Rebecca, avresti questo coraggio?

REBECCA

Ne giudicherai tu stesso... domani... o il giorno in cui mi ritroveranno.

ROSMER (portandosi una mano alla fronte)

C'è un fascino orribile in tutto questo.

REBECCA

Non vorrei restar troppo tempo laggiù, in fondo. Non più del necessario. Bisognerà provvedere che mi vengano a

cercare. Avranno cura di venirmi a cercare?

ROSMER (balzando in piedi)

Ma tutto ciò è follia. Parti. O... resta.

REBECCA

Son cose che si dicono, Rosmer. Non è più tempo di vigliaccherie. Tu non puoi più credermi sulla parola!

ROSMER

Non voglio assistere alla tua sconfitta, Rebecca.

REBECCA

Non sarà una sconfitta.

ROSMER

Mai e poi mai tu oserai prendere la via di Beata.

REBECCA

Credi...?

ROSMER

Henrik Ibsen Rosmersholm

72

No. Impossibile. Non sei, come lei, sopraffatta dalla coscienza di una vita mancata.

REBECCA

Ma dalla coscienza dei Rosmer, sì ... ormai. Ed è giusto ch'io sconti così il male che ho commesso.

ROSMER

Sei giunta a questo?

REBECCA

A questo.

ROSMER (risoluto)

Sta bene. Seguiamo il nostro nuovo concetto di vita, Rebecca, per cui ci sentiamo liberi. Per noi non ci sono giudici;

dobbiamo quindi farci giustizia da noi stessi.

REBECCA (fraintendendo il senso delle parole di Rosmer)

Va bene. Scomparendo, salverò il meglio di te.

ROSMER

In me non c'è più nulla da salvare.

REBECCA

Non è vero. Piuttosto, ti sarei d'ostacolo. Sono per te come un demone marino che, attaccato al tuo naviglio, gli

impedisce d'andare. Devo essere gettata a mare, fuori, in fondo. Peggio sarebbe andar in giro pel mondo a trascinare una

vita maledetta... riandando di continuo, tormentosamente, a una felicità che il mio passato m'ha preclusa. Meglio

abbandonar la partita, Rosmer.

ROSMER

Se vai... vengo con te.

REBECCA (con un sorriso impercettibile, lo guarda e dice sommessa)

Sì , vieni. Sarai testimone.

ROSMER

Ti dico che vengo con te.

REBECCA

Fino al principio del ponte... Non hai mai osato passarlo.

ROSMER

Te ne sei accorta?

REBECCA (con accasciamento)

Sì .., ed era questo che mi faceva disperare del mio amore.

ROSMER

Rebecca, io pongo la mia mano sul tuo capo (eseguisce) e ti dico mia sposa, mia legittima sposa.

REBECCA (stringendo le mani di Rosmer e chinando il capo sul suo petto)

Grazie, Rosmer. (si svincola) Ora posso andare... lietamente.

ROSMER

Gli sposi non possono lasciarsi: andiamo insieme.

REBECCA

Solo fino al principio del ponte.

ROSMER

No, anche più avanti: insieme. Dove tu andrai, io verrò, perché ora posso osarlo.

REBECCA

E sei sicuro che questo è il miglior cammino che tu possa prendere?

Henrik Ibsen Rosmersholm

73

ROSMER

L'unico.

REBECCA

E se ti sbagliassi... se fossero illusioni. Cavallo Bianco che appare a Rosmersholm?

ROSMER

Può essere. Noi di Rosmersholm, non ce ne libereremo mai.

REBECCA

Pensaci, Rosmer.

ROSMER

Il marito deve seguire la moglie, come la moglie il marito.

REBECCA

E dimmi prima un'ultima cosa: sei tu che mi segui, o sono io che seguo te?

ROSMER

Non lo sapremo mai.

REBECCA

Eppure vorrei saperlo.

ROSMER

Ognuno dei due segue l'altro: io te; tu me.

REBECCA

Credo anch' io che sia così .

ROSMER

Perché ormai le nostre due vite si sono fuse in una sola.

REBECCA

Sì . Ora siamo uno solo. Vieni. Andiamocene contenti.

(Tenendosi per mano, escono traversando l'atrio. Si vedono voltare a sinistra. Dietro di loro la porta resta aperta.

Breve pausa. Scena vuota. Poi entra da destra la signora Helseth)

SIGNORA HELSETH

Signorina, la carrozza è arrivata. (guardandosi attorno) Non è qui? A quest'ora... sono usciti insieme? Eh, volevo ben

dire io... (va in anticamera, ma ne ritorna subito stupita) Ma non sono neanche sulla panca. (corre alla finestra; dopo

aver guardato, emette un grido di spavento) Ah! Ah...! Gesù mio! Quel bianco là...! Sì , per l'anima mia, sono sul

ponticello tutt'e due. (con terrore crescente) Dio perdoni a quei peccatori... Si abbracciano... Ah!... Tutti e due giù...

nella gora! Aiuto! Aiuto...! (le tremano le ginocchia si appoggia allo schienale d'una sedia, e balbetta con affanno) No!

No! Nessun aiuto! L'anima della povera morta li ha presi con sé!

SIPARIO