Salmodia della speranza

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SALMODIA DELLA SPERANZA

di p. David Maria Turoldo

INTROITO

Fuori scena, voce di un sacerdote che celebra.

SACERDOTE: Salirò all’altare di Dio

ASSEMBLEA: Di Dio che allieta la mia giovinezza.

Entra in scena Primo coro

PRIMO CORO: Udite la voce del quarto animale: un cavaliere dal piede al capo vestito di teschi, eserciti di belve chiama a raccolta.

A lui è dato ogni potere sulle quattro parti della terra.

Dalle selve di tutta l’Europa si è levato un gracidare di corvi a stormo.

Gridi di corvi a stormo fanno vibrare di bianco il silenzio mortale delle strade,

il silenzio delle case vuote, il silenzio impaurito delle campane.

Talloni d’acciaio a milioni continueranno a ritmare il notturno stupore delle capitali morte.

PRIMO DITTATORE: Popolo mio, popolo che amo, o popolo grande e sovrano, popolo!

PRIMO CORO: Avete udito, avete udito.

SECONDO DITTATORE: Dacci la tua anima una volta per sempre.

La tua anima è un peso troppo grande alle tue forze, un lusso pericoloso.

PRIMO CORO: Parlano bene.

A che serve l’anima se abbiamo bisogno di pane.

SECONDO CORO: Uomini d’Europa, vegliate.

DITTATORI: Cedi davanti a noi come davanti alle leggi della vita.

Saremo noi per te i giudici del bene e del male.

SECONDO CORO: Uomini d’Europa, vegliate. Vegliate per non cadere in tentazione.

DITTATORI: Ai primi che rinnegheranno la loro anima saranno colmate le mani di tutti i tesori.

Questo è il vero, è il necessario, è il tuo bene, o popolo.

SECONDO CORO: Uomini d’Europa, uomini d’Europa, questo non e vero, questo non è necessario.

Vere saranno le pene atroci che dovreste soffrire, necessaria l’aspra certezza che siete tutti in inganno.

DITTATORI: Questo è vero, questo è necessario.

Così dicono i ricchi, i sapienti, i forti:

che è necessario, che è il tuo bene,

popolo mio, popolo che amo, popolo grande e sovrano, popolo!

SECONDO CORO: Vegliate, vegliate, uomini umili, uomini schiavi!

Ormai non v’è salvezza al di fuori di voi.

KIRYE ELEISON

Fuori scena il sacerdote continua la celebrazione.

SACERDOTE: Signore pietà.

ASSEMBLEA: Signore, pietà.

LE GENERAZIONI

PRIMO CORO: Un duè, un duè, un duè:

talloni d’acciaio a milioni su selciati deserti.

Ormai pietra è divelta da pietra,

ogni casa è una tomba, ogni uomo è una bara.

Maggiore il vuoto oramai tra cuore e cuore che fra la terra e gli astri.

PADRE: Figlio mio, divenuto uomo ti chiederai: come è potuto accadere?

Schiavitù e assassinio scorrevano l’Europa.

Ogni boccone di pane veniva inghiottito in ginocchio.

MADRE: Piccino mio, i tuoi occhi vedranno un mondo diverso.

Tu non saprai quanto era tenue il filo che teneva le nostre vite.

PADRE: Sembra, dirai, che sia avvenuto in un tempo smisuratamente lontano.

Eppure mio padre e mia madre sono vissuti in quel tempo.

MADRE: Siamo la semente gettata sotto terra.

Non tutti germineremo.

Ognuna di quelle scarpe ferrate che passano sul nostro capo

per calpestarci, per fracassarci, per caso, per malvagità,

per il piacere di distruggerci.

PADRE: Ti chiederai: come hanno potuto mio padre e mia madre amarsi e vivere?

MADRE: Figlio, potrai tu comprendere se noi stessi siamo allibiti dall’orrore?

PRIMO CORO: Come potremo difendere la pienezza dei nostri cuori dalla devastazione che è attorno a noi?

GIOVANE: Vi è nella nostra vita un momento nel quale chi è vissuto per un ideale deve decidere di abbandonare le parole.

SECONDO CORO: Signore, che fra gli uomini drizzasti la tua croce, segno di contraddizione, che predicasti e soffristi la rivolta dello spirito contro le perfidie e gli interessi dei dominanti, la sordità inerte della massa,

a noi oppressi da un giogo oneroso e crudele che in noi e prima di noi ha calpestato Te

fonte di libere vite, dà la forza della ribellione.

GIOVANE: Eppure ti faccio questa orribile cosa, cara, di lasciarti.

Non siamo solo noi e il nostro amore:

c’è tutta una vita che può rendere felici o infelici noi e gli altri.

Per quella felicità, più grande della nostra ma che la comprende,

io parto.

PRIMO CORO: Dio, che sei verità e libertà, facci liberi e intensi,

vestici della tua armatura.

SECONDO CORO: Comincia una pagina nuova nella storia dell’uomo,

la prima pagina vera.

PRIMO CORO: Signore, che porti la spada e la gioia,

ascolta la preghiera di noi, ribelli per amore.

SECONDO CORO: Siamo la giovinezza del mondo. Prepariamo dei domani che cantano.


OFFERTORIO

Fuori scena

SACERDOTE: Pregate fratelli, affinché il mio e vostro sacrificio sia gradito a Dio Padre Onnipotente.

ASSEMBLEA: Il signore accetti questo sacrificio, a lode e gloria del suo nome, per il bene nostro e di tutta la sua santa Chiesa.

UN POPOLO

PRIMO CORO: Sulle cetre abbandonate in riva al fiume

Ulula un lugubre vento al ricordo di Sion.

Ci chiedono un canto i nostri oppressori,

un canto di gioia e il cuore rotto abbiamo e le mani legate alla nuca.

La salsedine ha bruciato la gola.

Come i morti non abbiamo più voce a lodarti, o Signore.

Abbiamo pece nel sangue e grumi di fango negli occhi.

I vermi non trovano più carne attorno alle nostre ossa.

Non noi vivi, ma i morti, Signore, sono più numerosi della rena del mare

Più numerosi della rena del mare.

FANCIULLO: Dove siamo noi ora?

ANZIANO: Ora siam qui schiavi.

L’anno prossimo saremo in terra d’Israele, liberi.

FANCIULLO: Cosa disse Dio a nostro padre Abramo?

ANZIANO: Sappi che i tuoi discendenti saranno prigionieri in terra non loro e li asserviranno e li affliggeranno.

EBREI: L’agnello ormai è ucciso.

Al tuo popolo Signore hanno forato le mani e i piedi, hanno enumerate tutte le ossa.

Quando mangeranno le carni dell’Agnello ucciso?

GAULEITER (rivolto ai suoi soldati)    Cento di questi pidocchiosi ebrei

per ciascuno di voi che fosse ucciso.

Nessuna pietà se apprendiamo che sono stati fucilati cento o centomila individui.

Siamo d’accordo sul principio che per nessuno proviamo pena o altro sentimento,

se non per il nostro grande popolo.

DUE NAZISTI UBRIACHI: Dormi piccino, dormi, chiudi gli occhi dolci.

Ascolta, la pioggia cade, ascolta, il giudeo urla… (ridono)

PRIMA DONNA EBREA: Ogni giorno che passa significa nuovo alimento ai campi di sterminio.

Ogni giorno che passa significa migliaia di martiri.

Maledetto, maledetto, chi predica la rassegnazione.

SECONDA DONNA EBREA: Io non ho più uomo ormai.

Vengo da Tarnopol. A Tarnopol subito furono uccisi cinquemila uomini,

fra i quali Davide, mio marito…

Ah, beato lui! Per lui è finita. Noi invece aspettiamo ancora.

PRIMA DONNA EBREA: Noi invece aspettiamo ancora…

SECONDA DONNA EBREA: Il 31 Agosto ha avuto inizio la grande azione,

occorrevano altre tremila vittime.

Sul piazzale cominciarono a fucilarci. Tutti gli uomini cadevano.

Alle porte degli uffici del Gauleiter migliaia di persone attendevano di essere uccise.

Credevo di impazzire, ma non si impazzisce…

PRIMA DONNA EBREA: Il cinque Novembre era domenica.

Improvvisamente alle undici di mattina il ghetto fu circondato e il ballo ricominciò.

Gli altri furono portati a Petrikow.

Ho saputo che a Petrikow la cosa si presenta così: dinanzi alla fossa si è spogliati nudi,

ci si deve inginocchiare e si attende il colpo. Le vittime stanno in riga ed attendono il loro turno.

Intanto devono sistemare ordinatamente i primi, i fucilati, nelle fosse, in modo che lo spazio sia ben sfruttato e ci sia ordine.

L’intera procedura non dura molto.

GAULEITER (rivolto ai suoi soldati)    Ciascuno di noi, signori, ha una madre, dei vecchi parenti,

qualcuno la fidanzata, la moglie, il figlioletto.

In questi lunghi mesi penseranno a voi e si diranno:

Mio Dio, egli è in Polonia, dove sono tanti pidocchi e tanti ebrei,

chi sa, povero ragazzo, che vita da cane.

Inviate loro una bella fotografia e scrivete: nel governatorato generale si sta meravigliosamente.

Lo so: il periodo trascorso non è stato sufficiente per sbarazzarci di tutti i pidocchi e di tutti gli ebrei.

Altrimenti cosa resterebbe da fare  ai nostri successori?

EBREI: Terra, non cancellare le tracce del nostro sangue sparso.

Siamo qui soli, senza mamma e papà, non abbiamo che un abito.

Siamo qui, tutti bambini del paese.

Non sappiamo dove sono i nostri genitori.

Dunque, bimbo, ti lascio senza padre?

Tutto un popolo, no, ancora troppo poco, tutto il genere umano sarà padre per te.

Senza piangere muoio e mi levo la maglia.

Cantatemi una canzone che devo partire.


CONSACRAZIONE

Fuori scena

SACERDOTE: La notte del tradimento prese del pane e lo spezzò e alzati gli occhi al cielo disse:

“Prendete e mangiate, questo è il mio corpo”.

UN CONTINENTE

PRIMO CORO: Terra, perdona la nostra civiltà di sangue.

Le campagne sono percorse da bande di lupi.

Selve di vivi cadaveri i lager: in processione senza fine camminano ombre da capitale a capitale.

Tutta l’Europa piange e non è consolata, piange sulle figlie violentate ed uccise.

Oslo è caduta, Olanda è caduta,

Belgio è caduta, Parigi è caduta

È caduta Belgrado, Atene è caduta,

Varsavia è uccisa,

la radio di Breslavia trasmette Lilì Marlene,

a Praga sono alzate le forche,

e Kiev e Smolensk e Karlow sono cadute,

Mosca è un mare di fango,

e Budapest è ancora sgozzata come un agnello.

SECONDO CORO: Raymond R.L., francese, ha scritto sul muro della cella:

RAYMONDO R.L.:  Non fate nulla dunque per me?

Vi supplico di venire in mio soccorso perché morirò…

Ho quattro bambini, forse avranno pietà di questi innocenti e la mia povera moglie che mi piange notte e giorno…

PRIMO CORO: Serafim Triantafilou, della Tessaglia, di anni trentadue, avvocato, figlio di contadini, fucilato, ha detto…

SERAFIM TRIANTAFILOU:  Non vediamo nulla, soltanto sentiamo il rumore della città come una tomba.

Sono inconsolabile perché non possiedo una bomba per gettare in aria i tedeschi.

Quando vai a Tritala, passa dal villaggio e baciami il vecchio, il suo sudore mi ha portato sin qui.

Ciao, Niko, non invidio quelli che vivono ma quelli che vivranno in un mondo libero.

SECONDO CORO: Un’ignota fanciulla di Francia ha scritto sul muro della cella:

FANCIULLA: Mi hanno messo in catene, ma il mio cuore è libero di sperare, di credere in un avvenire radioso.

Là se domani muoio, slegatemi i piedi.

PRIMO CORO: Rudolf Hlobil, di Vienna, di anni trentaquattro, macchinista, decapitato, ha detto:

RUDOLF HLOBIL: Me ne vado da questa vita diritto e sereno.

Era infatti dovere d’uomo aiutare gli altri.

E spero che tu non ti vergognerai d’avermi avuto per marito.

Salutami ancora tutti gli amici e tutti gli uomini buoni.

SECONDO CORO: Franz Mager, di Vienna, di anni quarantasette, falegname, giustiziato:

FRANZ MAGER:  Ho dovuto morire perché la solidarietà umana mi era filtrata nel sangue.

Perché stimavo superiore alla mia salvezza personale il rispetto verso il mio prossimo, verso i miei compagni di lavoro.

Non ho commesso alcun delitto contro lo Stato.

E non sono nemmeno un eroe, un martire, sono soltanto ciò che sono sempre stato, un uomo semplice, semplicissimo, che ha dovuto morire perché non era adatto per questi tempi.

PRIMO CORO: Jules Gengler, di Liegi, ventenne, studente di medicina, fucilato:

JULES GENGLER: Questa notte ho fumato più di cinquanta sigarette;

è stato difficile pregare;

il cappellano è venuto a parlare una mezz’ora con ciascuno di noi, poi abbiamo avuto una funzione nella cappella…

Ho compreso solo allora come Dio ci ami…

Il nemico non conta più…

La mia salma va a Beverloo fino alla fine della guerra.

Alle sei avremo la messa, poi la Comunione, poi la partenza per il cielo.

Ecco finita la mia ultima notte.

SECONDO CORO: Oleks Borkaniuk, ucraino, di anni quarantuno, impiccato:

OLEKS BORKANIUK: Congedandomi da voi, vi auguro di vedere la pace e una vita felice.

E se vivrete fino ad allora, ricordatevi anche di me con una parola sommessa, senza rancore…

PRIMO CORO: Felicien Joly, di Valenciennes, di anni ventuno, studente, fucilato:

FELICIEN JOLY: Muoio giovane, molto giovane…

Io riderò della morte perché non morirò, non  mi uccideranno, mi faranno vivere eternamente;

il mio nome risuonerà dopo la morte non come ritocco funebre ma con un volo di speranza.

SECONDO CORO: Cristian Ulrik Hansen, di Fars, di anni ventitré, studente fucilato:

CRISTIAN ULRIK HANSEN: Tra due ore il sole sorge, si udranno gli spari,

l’erba piange, ma il sole sorge e bacia l’erba.

A casa, in giardino, i fiori aprono i petali profumati.

La rosa è vivida.

Guardate! Il sole sorge.

Tutti voi a casa, inginocchiatevi all’alba…

A guerra terminata, vi esprimo il mio ultimo desiderio:

dovete prendere un orfano tedesco al mio posto.

PRIMO CORO: Anche Sesto San Giovanni che nel Marzo 1943 vide i primi scioperi nell’Europa schiacciata dai nazisti ha pagato il suo duro tributo:

novecento deportati, ottanta morti nei lager, oltre mille arrestati,

quarantacinque caduti in combattimento, quattordici fucilati.

SECONDO CORO: Umberto Fogagnolo, di trentadue anni, ingegnere alla Ercole Marelli, fucilato a piazzale Loreto, ha scritto:

UMBERTO FOGAGNOLO: Tu, Nadina, mi perdonerai se oggi io gioco la mia vita.

In questi giorni ho vissuto ore di dramma.

Tu però sii come sempre calma e pensami con tutta l’anima perché ho tanto bisogno di sentirti vicina.

Sii forte come sempre lo sei stata.

Ricorda che nulla al mondo è superiore al nostro amore e nessuna forza umana, capisci, potrà mai distruggerlo.

Siimi vicina, ricordami e scrivimi.

La nostra unione è stata la più grande grazia che Dio potesse concederci.

Prega e pensami. A Gioia il mio ricordo.

Sono sereno.

PRIMO CORO: Giulio Casiraghi, di quarantaquattro anni, montatore elettromeccanico, più volte arrestato, fucilato a piazzale Loreto, scrisse sulla porta del carcere di Monza:

GIULIO CASIRAGHI: Il mio pensiero alla mia cara moglie e ai miei cari, il mio corpo alla mia fede.

SECONDO CORO: Domenico Fiorani, di trentuno anni, perito industriale, fucilato a piazzale Loreto, ha scritto:

DOMENICO FIORANI: Pochi istanti prima di morire a voi tutti gli ultimi palpiti del mio cuore. Viva l’Italia.


COMUNIONE

Fuori scena

SACERDOTE: Ecco l’Agnello di Dio, ecco Colui che toglie i peccati.

UNA FAMIGLIA

PRIMO CORO: Un uomo è ritornato dai campi deserti:

una croce di ossa a sorreggere sette cuori.

Aveva sette figli. Tutti ammazzati.

Ghirlande di spine gli era la vecchia madre e le nuore e i bimbi

che fiorivano come novelle gocce di sangue giù per il corpo esangue.

Raggiustò la casa, ricongiunse le strade interrotte,

e innalzò nuovi alberi nelle grandi fosse,

e riprese l’aratro e ritornò ai campi.

“A raccolto distrutto, uno nuovo se ne prepari”,  disse!


ITE MISSA EST

Fuori scena.

SACERDOTE: Possa il sacrificio che ho offerto esserti accetto e ottenere la Tua misericordia su di me e su tutti coloro per cui è stato offerto.

Amen.

PRIMO CORO: Credo ogni uomo possa tornare fanciullo.

Credo ogni fanciullo sia messaggero di Dio.

Dobbiamo cessare di temere gli uomini e volere solamente l’amore.

Ho certezza che Dio si riveli ogni giorno ad ogni uomo veramente sincero.

Cessiamo tutti di essere sordi alla mia piccola e silenziosa voce.

LETTORE: E udii una gran voce dal trono, che diceva:

“Ecco Dio si è attendato con gli uomini.

Essi saranno il suo popolo e Dio stesso sarà il loro Dio.

Egli asciugherà ogni lacrima dai loro occhi, e non sarà più morte, né lutto né grida né travaglio;

perché le cose di prima se ne sono andate”.

E disse:

“E’ fatto! Io sono l’alfa e l’omega, il principio e la fine.

A chi ha sete, io darò della fonte dell’acqua della vita gratuitamente.

Chi vince, erediterà queste cose, e io sarò Dio per lui,

e lui sarà per me un figliolo”.

E vidi un nuovo cielo e una terra nuova,

perché il cielo di prima e la terra di prima

se ne sono andati e il mare non c’è più.

FINE