Santa Rita da Cascia

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PERSONAGGI


Azione storica in sei tempi e un quadro

di Mario Rosso

PERSONAGGI

Rita figlia di

Antonio Mancini e

Amata Ferri

Paolo Ferdinando marito di Rita, padre di

Giangiacomo

Un viandante

La madre Badessa

Suor Maria

Il falegname cecco Barbaro

Un popolano « Guelfo »

Una voce interna

L'azione si svolge nei primi tre atti a Rocca Porena nell'Umbria.

Negli altri al Convento delle Agostiniane in Cascia (Anni 1397-1457).

MILANO

Libreria Editrice Ditta Serafino Majocchi

Via Meravigli n. 7

1946


ATTO PRIMO

LA SCENA: Cameretta in una casa colonica, appartenente ad agri­coltori benestanti. Porte laterali verso il proscenio, grande camino antico in cui brilla vivida la fiamma. Al centro una rozza tavola.

Porta centrale.  Un crocefisso alla parete.  Quadri  re­ligiosi.

E' una sera d'inverno, fuori nevica; l'atmosfera è ovat­tata di silenzio.

SCENA I

Antonio Mancini e Amata Ferri.

(Simpatici vecchi dai capelli brizzolati, dallo sguardo affabile e sereno, nobili nel portamen­to, religiosi nell'animo fino allo scrupolo. Amata Ferri è intenta al rattoppo di alcuni abiti. Antonio guarda fuori dalla porta di fon­do con una certa ansietà).

Amata. Nevica ancora, Antonio!

Antonio. Vien giù fitta, fitta; se continua a ca­der così l'intera notte domani dovremo star­cene tappati in casa al par di talpe.

Amata. M'impensierisce il ritardo di Rita.

Antonio.  Dove l'hai mandata con  questo tempo da lupi?

Amata. In paese, l'ho mandata a comperarsi un abito decente per la cerimonia di domani; la veste che indossa è ormai sdrucita e rattoppata, ed io voglio che non sfiguri tra le com-pagne sue; tanto più che all'arrivo del Ve-scovo la condurrò con me perché ella è buona, pia e giudiziosa...

Antonio (sorride con compiacimento). L'orgoglio onesto di una madre ha i suoi diritti...

Amata.   E ben sa meritarselo il nostro affetto, Rita.

Antonio. E chi ti dice il contrario? Nostra figlia è  un angelo di  bontà donatoci dal  cielo!  E' imprudente però che non sia ritornata ancora in quest'ora che si fa tarda. Con queste lotte accanite tra  ghibellini e guelfi, occorre stare all'erta. Molti fra i ghibellini - tu lo sai - odiano la Chiesa e la  fede  di  noi  credenti; non vorrei quindi...

Amata. Occorre essere fiduciosi nella protezione del Signore... Rita è virtuosa e buona, nessuno oserebbe recarle molestia e danno. Antonio...  ma  con  tante  canaglie che si aggi­rano a  Roccaporena  capeggiate da quel mi­scredente di Paolo Ferdinando c'è da fidarsi ben poco...

Amata. A proposito di quel degno messere, sai che si dice nelle nostre contrade?

Antonio. Lo so; si dice che vorrebbe per sua sposa la nostra Rita. Il consenso mio però non l'avrà mai! Se è volontà del Signore che ella si appresti a giuste nozze, un altro giovane le sceglierò per compagno, non lui!

Amata. E fai bene; perché accanto a quell'uo­mo, nostra figlia così bambina ancora, ma già così alta nella nobiltà dell'anima, sarebbe in­felice per la vita tutta.

Antonio. Hai ragione. Del resto la mia decisione è presa. Paolo Ferdinando è un miscredente nemico della Chiesa e del lavoro ; incompati­bile è quindi la sua posizione di ghibellino sfe­gatato, e per di più scomunicato dal Pontefice, con la nostra famiglia educata alla più sincera carità cristiana.

SCENA II

Paolo Ferdinando e detti.

Paolo (Giovane spavaldo ed arrogante. Entra dalla porta di fondo. Altezzoso, ha lo sguardo bieco e cattivo; ha 20 anni circa, ma sul viso ha impresse le stigmate della dissolutezza e del vizio). Buona sera a messere Antonio Mancini ed alla sua degna consorte donna Amata!

Antonio (seccato). E' abitudine delle persone educate chiedere permesso prima di introdursi in casa altrui.

Paolo. E' vero ; ma appunto perché io non sono una persona educata, sono entrato così senza tanti preamboli. Questione di carattere e di gusti...

Antonio. Che non esito a dichiarare pessimi e villani.

Paolo (beffardo). A quanto pare siete seccati del­la mia improvvisa venuta, stavate forse intes­sendomi elogi... immagino...

Antonio: Avete voglia di celiare.

Paolo. Il buon umore fa buon sangue, dicevano gli antichi, e chi è allegro campa assai...

Antonio (seccato). Insomma... la vostra chiac­chierata poco mi interessa... Che volete?

Paolo. Cercavo di vostra figlia Rita per parlar­le... e seriamente...

Antonio. Quale il motivo?

Paolo. Alba di nozze, lo sapete: si tratta del no­stro matrimonio; di cosa seria assai, dunque...

Antonio. Con voi... mai!...

Paolo (ridendo). E' cosa da vedersi... io ho di già parlato a Rita...

Antonio. Ed essa che vi ha risposto?

Paolo. Mi ha indirizzato a Voi... ed ecco ora per­ché sono qui in casa vostra... quale ospite poco gradito a quanto sembra!...

Antonio. Avete indovinato, ospite poco gradito!

Paolo. Non mi offendo; sono avvezzo a tutte le ingiurie ed a tutti gli affronti... Stiano però in guardia i miei nemici, perché il pugnale io so maneggiarlo a meraviglia...

Antonio. E' una minaccia la vostra?

Paolo. No... non è minaccia, è semplicemente un consiglio! Non sono abituato a scherzare su tali argomenti. Ed ora bando alle inutili ciar­le, parliamo di Rita.

Antonio (freddamente). Come volete!

Paolo. Io amo vostra figlia con sincerità, le vo­glio bene più che la luce dei miei stessi occhi e voglio sposarla. Vi giuro che saprò renderla felice!... ecco il motivo, ripeto, perché sono qui a quest'ora.

Amata (timidamente). Benedetto figliolo, non possiamo accontentare questa vostra richiesta ; Rita è assai giovane, mentre...

Paolo. Io sono troppo vecchio per lei, volete ag­giungere... Questi sono scrupoli da sorpassar­si... L'uomo non è mai vecchio se le sue brac­cia sono forti e saldo è il suo corpo... credete a me... madre Amata...

Antonio. Mia figlia Rita vuol dedicare la sua vita a Dio e rinchiudersi in convento.

Paolo. Ed appunto per questo va a passeggiare quando la sera è alta (ridendo). Una bella monachella ne faremo della vostra colomba, at­tenti però agli sparvieri.  

Amata. Rita sarà passata in Chiesa ad elevare le sue preci a Dio; ecco perché ritarda...

Paolo. Insomma... io son qua a chiedervi la sua mano, pronto anche a commettere delle pazzie se insistete nel vostro testardo diniego; ricordate che io sono abituato a farmi ubbidire e che ben difficilmente mi inchino al volere al­trui. Tutti temono Paolo Ferdinando a Roccaporena!

Antonio. Ben lo sappiamo; vi temono solamente perché siete prepotente e volgare, insolente e brutale.

Paolo (afferra per un braccio Antonio). Modera il tuo linguaggio, vecchio. Non costringermi a usarti violenza! Dammi tua  figlia con le buo­ne, contrariamente me la prendo a tuo dispet­to, e fra i ghibellini troverò chi mi sarà di valido aiuto in questa nuova bravata!...

Amata (supplichevole). Calmatevi, messere Pao­lo! Cercate di ragionare e capirci. Nostra fi­glia Rita appartiene ad una famiglia di cre­denti... mentre voi...

Paolo. Mentre io non credo che al demonio...! che male c'è...? è questione di idee...! del resto sono anch'io cristiano!

Antonio. Uno scomunicato sei!...

Paolo. Vuol dire che andrò a genuflettermi dal Papa ed otterrò il perdono... (ridendo) sarò degno di Rita allora...!

Antonio. Non beffeggiare le cose sacre...

Amata. Come ben disse mio marito Antonio, no­stra figlia vuoi ritirarsi in convento e farsi suora.

Antonio. Non è il caso, ripeto, di parlar di matrimonio.

Paolo. Vostra figlia mi piace... ed insisto a volerla per moglie... o me la date o me la  pren-do...   (fa per uscire ma si scontra con Rita che entra in quel momento).

SCENA III

Rita e detti.

Rita- (E' una fanciulla graziosa. Ha lo sguardo umile, il sorriso benevolo ed una grande dol­cezza nel timbro della voce; veste modestamen-te). Buona sera a tutti. Perdonatemi, babbo e mamma, se ho ritardato è perché sono stata ad apportare un po' di confortoa Gianni il mendicante, prima di passare in chiesa per le consuete preghiere. La neve che continua a ca­dere ingombrando le strade, ha rallentato i miei passi. (Scorgendo Paolo abbassa pudica­mente lo sguardo, poi con dolcezza) Buona sera anche a voi, messere!

Paolo. Buona sera a te, Rita. Stavo parlando con i tuoi di un importante affare.

Amata (cercando di sviare il discorso). La stoffa per il vestito l'hai comperata?

Rita. No, mamma (indicando il vestito che in­dossa). Quest'abito è ancora decente; non oc-corre cambiarlo; serve a meraviglia.

Paolo. Quest'abito è ridicolo e goffo; ha ragione tua  madre nel richiederne  uno  nuovo  (sollevando con la destra il mento di Rita). Guar­dami, fanciulla... tu sei giovane e bella, ed è necessario ed utile che l'eleganza aggrazii le tue forme!

Rita. Come parlate, messere Paolo?

Paolo. Come chi ha il diritto di consigliare la propria donna. Io ti amo e ti voglio felice! Non devi intristir tra queste mura che non conoscono né sorrisi né gaiezza!....

Rita. L'amore dei genitori mi basta per rendermi lieta!

Paolo. Non dir sciocchezze, ricordati che io non sono avvezzo ad  incontrare  ostacoli  sul mio cammino, e che il mio è il diritto della forza e della prepotenza.

Rita. Non vi capisco, messere!

Paolo. Ho chiesto la tua mano di sposa ai tuoi!

Rita. Ed essi, che hanno risposto?

Paolo. Me l'hanno negata, ma saprò prendermela o con le buone o con la prepotenza ; è questione di scelta.

Rita (con dolcezza). Siate buono, Paolo, lasciate­mi alla tranquillità della mia famiglia, non distoglietemi dalla pace santa che mi conforta lo spirito e che è l'unico scopo della mia vita di umile ancella del Signore!

Paolo (avvicinandoci a Rita). Sei bella, virtuosa e ti voglio; se ora non mi ami, mi vorrai bene in un giorno non lontano, perché cadranno al­lora i pregiudizi e le puerilità stolte che odorano di vecchiume; allora saprai comprender­mi e capirmi... La mia richiesta è onesta e non ammette dinieghi... Pensateci. A domani la risposta. (Si avvia verso il fondo, si ode bussar dal di fuori).

Amata. Chi sarà a quest'ora tarda?

Paolo. Qualche vagabondo di certo.

Rita. Vado ad aprire, babbo?

Antonio. Sì, apri.

(Rita esce per ritornare poco dopo accompagnata dal viandante che si ferma in mezzo all'inquadratura della porta di fondo).

SCENA IV

Il Viandante e detti.

(Il Viandante indossa un ampio mantello nero. Ha i capelli lunghi alla nazzarena, barba e baffi spioventi. E' il Cristo, parla con molta dolcezza).

Viandante. Sono un povero viandante che chiede ospitalità.

Paolo (freddamente). In qualche cascinale avre­ste dovuto rivolgervi, non qui!

Rita. La nostra casa è aperta a tutti!

Paolo (ironico). Anche ai vagabondi?

Rita. Non abbiamo mai ricusato l'ospitalità ad alcuno.

Antonio. Buon uomo; venite pure avanti!

Viandante (avvicinandosi). Grazie per la vostra cortesia (solenne). L'amore per il prossimo che soffre è, e sarà sempre, il fiore e la poesia più bella della vita;  Dio ce lo raccomanda!

Paolo. Fiori... poesia... parole grosse di effetto sicuro sugli spiriti ignoranti. Dio!... assurdità che noi neghiamo quali materialisti convinti. La fede noi vogliamo distruggere... La pusil­lanimità combattere ed annientare... L'uomo deve essere uomo; non coniglio!...

Antonio. Non bestemmiate, Paolo, ve ne supplico!...

Viandante. Lasciate... lasciate che dica!

Paolo. Il mio è il linguaggio del buon senso!

Viandante (calmissimo). Il tuo è un linguaggio da miscredente! Io leggo nel cuore degli uo­mini e so comprenderne gli intimi segreti... Perché nutri un odio così feroce contro l'uma­nità che ti sei creata nemica? Perché ti lasci dominare dalla malvagità che ti attanaglia l'anima e la carne mentre il tuo cuore potrebbe essere buono? No, Paolo... la tua via non è la giusta, il cammino che tu percorri al pari di un ignaro fanciullo potrebbe condurti alla perdizione! Ravvediti!... Dio potrà perdonarti ancora!...

Rita (gli prende amorevolmente le mani). Siate buono, Paolo... Siatelo per me... (Paolo china la fronte quasi soggiogato dalle parole dello sconosciuto).

Viandante (con solennità). Sorella Rita, il pec­catore ha bisogno di un cuore e di un'anima che sappia comprenderlo e santificarlo. Inchi-natevi al volere del vostro Signore! (indican-do Paolo). Egli vi vuole per moglie; ebbene siate la sua sposa diletta ed affettuosa; Dio vi benedirà, perché avete accettato per amore suo il grande sacrificio!

(Rita si inginocchia, mentre il Viandante le posa le mani sul capo rivolgendo lentamente, lo sguardo al cielo).

FINE DEL PRIMO ATTO


ATTO SECONDO

La scena del primo atto.

Sono passati 18 anni. I genitori di Rita sono morti. Rita è divenuta moglie di Paolo Ferdinando, il cui ca­rattere però non si è per nulla mutato. Un crocefisso è appeso alla parete di fondo, sotto qualche fiore e una lampada votiva accesa. Rita, sola, sta cucendo.

SCENA PRIMA

Rita, poi suor Maria.

Suor Maria (dal di fuori e bussa all'uscio). Rita Ferdinando, sono suor Maria.

Rita (apre l'uscio). Avanti, buona sorella.

Suor Maria (entrando). La pace del Signore sia nella vostra casa.

Rita (con dolcezza). E sempre vi rimanga.

Suor Maria. Perdonate se disturbo.

Rita. Non disturbate nessuno, venendomi a trovare.                                          

Suor Maria. Mi manda la superiora a racco­gliere rose nel vostro giardino, dobbiamo infiorare l'altare della Vergine; è il suo mese, Maggio.

Rita. Ed io ve ne do il consenso con tutta l'a­nima: cogliete le più belle, quelle rosse, ed offritele alla Madonna con le mie preghiere di umile e devota figlia.

Suor Maria. Sarà fatto come voi volete, sorella Rita.

Rita (guardando l'abito monacale di Suor Maria) Come sarei stata felice di indossare anch'io il vostro saio, e poter pregare nella chiesetta dèi vostro convento a Cascia. La volontà di­vina del mio Signore ha voluto però che io mi dedicassi ad altra vita ; sia benedétto ora e sempre questo supremo volere.

Suor Maria. Si dice che il vostro sposo sia cat­tivo e malvagio... E' vero,  Rita?

Rita. Bugie, suor Maria. Il mio Paolo è buono, (cercando di sviare il discorso) ditemi piutto­sto, sapete anche voi che il buon Vescovo di Perugia verrà a visitare le nostre terre'?

Suor Maria. Sì, lo si dice in convento.

Rita. Quale il motivo?

Suor Maria. Verrà per assolvere dalla scomunica quei ghibellini che si ricrederanno, di­mostrandosi pentiti del male commesso verso la nostra  Chiesa.

Rita. A Roccaporena entrerà allora la grazia per la benedizione di Dio, e la Chiesa catto­lica rafforzerà le sue schiere per altri figli devoti.

Suor Maria. Questo è il nostro più ardente desiderio!...   (breve   pausa).   Andranno i vostri due figli ad incontrare il Vescovo?

Rita. Certamente; e con loro andrà anche il mio Paolo... Suor Maria. Ma egli è  nemico  della   Chiesa e dei suoi ministri! Rita (con convinzione). Lo era un giorno... ora non più.

SCENA II

Paolo e dette.

(Paolo entra dal fondo, ha un moto di disap­punto scorgendo Suor Maria, avanza verso il proscenio, è avvinazzato, ha lo sguardo torvo, butta la giubba su di una sedia; è barcollante per il troppo vino bevuto. Suor Maria si alza e salutandolo con un cenno del capo fa per avviarsi alla porta  di fondo).

Suor Maria (uscendo). Vi tolgo il disturbo, sorella Rita.

Paolo (seccato e adirato nello stesso tempo). E fate bene! La mia casa si direbbe tramutata in un convento. Sempre monache tra i piedi; gente sfaccendata, e null'altro capace se non a biascicar rosari (rivolgendosi al crocifisso). E quel Crocefisso là, che ci sta a fare in casa di un miscredente? Ti ho già detto e ripetuto le mille volte che sono stufo di vedermelo da­vanti.  Siccome hai paura di toglierlo tu, mi interesso  io a collocarlo  in altro luogo...   (fa per andare a toglierlo).

Rita (interponendosi). Per carità, mio buon Paolo... lascialo al suo posto, non lo toccare!

Paolo. Ho le mani pulite, sai... non te lo insudicio.

Rita. Per quale ragione sei così adirato oggi, buon Paolo?

Paolo. Per quella monaca pettegola che è venuta qui; ti ho già detto e ripetuto che non voglio vedermela tra  i piedi.

Rita. Non fa male a nessuno Suor Maria.

Paolo. Tu lo dici, non sarà venuta qui certa­mente per intessere lodi a  mio riguardo.

Rita. Tu sei buono, Paolo!

Paolo. Tuo padre buon 'anima però diceva il con­trario (ride, sguaiatamente). Buono era il vi­nello che ho tracannato oggi in quantità... gu­stoso e frizzante... vera ambrosia... Io ben co­nosco di essere malvagio ma non me ne dolgo...

Rita.Vuoi mutarti gli abiti, oggi è giorno di festa a Roccaporena...

Paolo. Non  seccarmi, cosa  vuoi  che m'importi del giorno festivo; per me è festa quando ho

in tasca denaro da spendere e buon vino da bere...

Rita  (premurosa). Mangia almeno un boccone, Paolo;  da stamane non hai toccato cibo...

Paolo. All'osteria  da  mangiare ne danno,  fino a prova contraria ; e poi qualora avessi fame

non ho bisogno delle lue esortazioni  per man­giare...  (tossisce).

Rita. Hai la tosse, Paolo; sei sudato forse... in­dossa almeno la giubba... potresti ammalarti...

Paolo (allontanandola in malo modo). Vuoi la­sciarmi tranquillo una buona volta, pettegola linguacciuta? Alla mia salute ci devo pensare io, non tu.

Rita   (china la fronte e  tace).

Paolo.  Giangiacomo  e  Paolo Maria dove sono?

Rita. Oggi è Domenica ; li ho mandati in chiesa ; devono imparare ad essere buoni.

Paolo. C'è proprio bisogno d'andare ad odorare candele ed incenso per essere buoni. Buffo-nate...

Rita. Non mortificarmi così, Paolo; i tuoi figli sono nati cristiani e da buoni credenti devono vivere.  

Paolo (seccato). Non l'ho con te... (indica il cro­cefisso)  l'ho con  quel  crocefisso là...

Rita (angosciata). Non bestemmiare. Paolo... Non bestemmiare! Non scagliarti così crudelmente contro l'emblema purissimo della nostra reli­gione santa (con amore). Guardalo Gesù crocefisso, considera per un istante solo lo stra­zio di quella carne per il martirio patito onde redimerci dal peccato. Erabuono Lui, e lo hanno ucciso fra mille inauditi tormenti, ha perdonato i suoi carnefici, e lo hanno vilipeso, ingiuriato,  deriso... Ora tu Paolo non rinnovare il suo martirio, non rinnegarlo né ora né mai... ma diventa buono verso di Lui, pro­strati, sii credente... rinnega qui al suo co­spetto la falsità del male che ti trascina sem­pre più in basso, che ti abbrutisce la coscien­za, torturandoti l'anima inutilmente... piega le ginocchia, Paolo... Egli è tanto buono e ti perdona, ma credi... credi in Lui... (Paolo a poco a poco si scuote, è dominato da una evi­dente intima lotta).

Paolo. No... Non posso lasciarmi dominare dalle tue parole... mancherei di fronte alla mia stes­sa dignità di uomo se riconoscessi una soltanto delle mie colpe... Vedi, Rita, queste tue sup­pliche, questa tua voce carezzevole, dolce, ma pur terribile mi fa male all'anima, mi rode, mi frusta come uno staffile che colpisce a san­gue... perché mi torturi così, perché non ho dunque più il diritto di essere il padrone as­soluto delle mie azioni, siano esse oneste o no? Perché mi costringi a riflettere?!... Non sai come sia penoso e vergognoso riconoscere le proprie colpe... tanto più quando queste colpe ti son buttate in viso da una donna... sia pur essa amorevole... come alle volte sai esserlo tu...

Rita  (è commossa e piange in silenzio).

Paolo. (ha un moto di cattiva  ribellione).

Sempre lacrime! sempre lacrime... voialtre donne non sapete far altro che piangere! (scostandosi da   Rita che lo avrà preso dolcemente per un braccio). Lasciami, Rita... Devo uscire da questo luogo chiuso... perché ho bi­sogno di aria... di luce... qui soffoco... soffoco, non ne posso più... Non ne posso più... (Esce scostando in malo modo Rita che cadrà in gi­nocchio singhiozzando).

Rita (col pianto che le sale in gola). Buon Gesù, perdonagli.

SCENA III

Rita e Giangiacomo.

Giangiac. (Ha 18 anni. Entra e scuote dolorosa­mente il capo notando l'abbattimento e la pro­strazione di sua madre).

Mamma, ho incontrato mio padre che usciva; era barcollante ed adirato; le consuete sce­nate immagino...

Rita. Fui cattiva con lui; gli risposi male ed egli se ne adontò...

Giangiac. Non ci credo... l'attaccabrighe è lui... mio padre  lo conosco bene.

Rita. Sono i cattivi compagni che male lo con­sigliano.

Giangiac.  Edio ne conosco il capo; Pietro il mugnaio, ghibellino di animo malvagio e di co­stumi pessimi. Stia attento però; un giorno o l'altro dovrà  fare i  conti con  me.

Rita (autorevolmente). Giangiacomo, come parli? dal tuo  labbro non devono essere profferite oscure minacce!

Giangiac. Buono sono coi buoni; sprezzante e cattivo con  i malvagi.

Rita. Buono e cortese con tutti devi essere; come tuo fratello Paolo Maria.

Giangiac. E' debole ed arrendevole lui, perché malaticcio, mi spiacerebbe assomigliargli.

Rita. Perché non è rientrato con te! Dove è ri­masto?       

Giangiac. Chi lo sa! Sono forse tenuto ad essere il tutore di mio fratello? E' giudizioso ormai, s'arrangi! il dovere del buon cristiano oggi l'abbiamo adempiuto udendo la Messa, dopo ognuno è libero di far ciò che gli garba ; non ti pare, mamma?

Rita. Hai ragione... lontani sempre però dal peccato.

Giangiac. Mamma... un bacio... ed esco... ritorno per la cena.

Rita Non tardare, mi raccomando!

Giangiac Sarò puntuale... mamma... arrivederci (esce).

(Rita rimasta sola si dà d'attorno  per accu­dire alle faccende domestiche; breve pausa).

SCENA IV

Paolo e Rita.

Paolo (entra, ha una mano sanguinante che terrà avvolta in un fazzoletto). Rita, presto una ben­da! mi hanno ferito ad una mano i vigliacchi, quattro contro uno... bel coraggio...

bella pro­dezza! erano  fuori ad attendermi...

Rita. Come è accaduta simil cosa?

Paolo. E' stato Pietro a ferirmi... ma te lo giuro me la pagherà cara.

Rita (accorre con le fascie ed avvolge la mano sanguinante di Paolo). Ecco, così il sangue più non sgorga...  come è andata, Paolo?

Paolo (un po' reticente). E' andata che mi han­no ferito, perché non intendo più di far parte alla loro fazione. A giorni dovrà giungere a Roccaporena il Vescovo di Perugia; io al co­mando dei miei dovevo oppormi con la forza alla sua entrata. Mi sono rifiutato recisamen­te. Quei cani allora hanno tentalo di colpirmi al  cuore  per vendicarsi  dell'affronto patito, io ho alzato le mani per difendermi, un attimo, il pugnale mi ha ferito la destra di striscio. Accorse gente, i vigliacchi sono fuggiti...

Rita (con un raggio di felicità nello sguardo). Tu Paolo, mio buon Paolo, hai fatto ciò?

Paolo (evidentemente si mostra convertilo). Sì, ho fatto ciò, Rita, per amor tuo e per rispetto al tuo Dio... Una luce nuova è scesa nella mia anima, inebriandola di intimo spirituale be­nessere... mi sento mutato ora, perché la fede ha trionfato nella mia coscienza, liberandola dall'incubo della malvagità che l'abbrutiva.

Rita (inginocchiandosi). Grazie... O Signore, gra­zie per la felicità che mi avete concessa (va alla parete, stacca il crocefisso e lo porge a Paolo che attonito lo fissa con una dolcezza nuova nello sguardo). Paolo, mio buon Paolo, per 18 anni ho sofferto in silenzio sapendoti lontano dalla nostra fede; mai ho disperato nel mio dolore però, perché ero sicura che in un giorno benedetto ti saresti ravveduto! Ba­cialo e pregalo ora il tuo Salvatore...

Paolo (afferra il crocifisso con le mani tremanti e lo bacia). Gesù crocefisso... perdono... per­dono!...

Rita (sorride felice e commossa, ha gli occhi ri­volti al cielo in muto ringraziamento per il miracolo della conversione del proprio marito, poi con enfasi). Grazie, mio Divino Salvatore, che hai voluto confortare la mia vita di umile sposa, con una grazia che credevo ancora tan­to lontana! (Quadro).

SIPARIO


ATTO TERZO

La   scena   degli   atti   precedenti. 

Fuori  infuria  il temporale,  lampi,  tuoni,  scrosciar  di pioggia. L'uragano imperversa in tutta la sua intensità.

SCENA I

Paolo e Rita.

Paolo (indossa il mantello. E' sull'uscio in atti­tudine di partire). Un bacio, Rita, e arrive­derci (bacia la moglie).

Rita (affettuosamente). Ti prego, Paolo, non uscire con questo tempo, ti inzupperai fino alle ossa. La strada per giungere a Cascia è lunga e disagevole.

Paolo. Mi servirò dei sentieri che ben conosco ed abbrevierò così il cammino.

Rita. Sii buono, rimanda la tua partenza a do­mani.

Paolo. Non posso farlo; ho un mercato urgente da sbrigare e poi mi preme di apprendere nuo­ve di nostro figlio Paolo Maria ricoverato all'ospedale. Il dottore dice che potrà guarire mediante pazienti e penosi medicamenti.

Rita. Lo voglia il buon Dio! poveretto; anche Giangiacomo suo fratello è malfermo in salute: ieri era febbricitante.

Paolo. Occorre impedirgli di uscire di casa e obbligarlo a letto.

Rita. Farò come desideri, mio buon Paolo.

Paolo (con dolcezza). Ora sì che mi sento buo­no! Dal giorno che in seguito al tuo deside­rio confidai al confessore ogni mia colpa, la mia anima è mutata e una dolcezza sconosciu­ta fino allora mi ha fatto tremare di gioiosa commozione (al crocefisso). Dio... ora credo in Te, m'inchino riverente alla tua potenza e Ti ringrazio di avermi data per compagna que­sto angelo di bontà.

Rita (commossa appoggia il capo sulla spalla di suo marito che l'accarezza con dolcezza).

Paolo (accomiatandosi). Ora vado perché si fa tardi ed è necessario e prudente che io ritorni prima di notte. Tu lo sai che ormai non porto più armi addosso; i miei nemici potrebbero approfittarne...

Rita. Va pure, Paolo; bacia lungamente per me il figlio nostro, ricordagli le preghiere, e la santa pietà in Dio.

Paolo (uscendo). Ogni tuo desiderio è ordine per me (bacia Rita ed esce rinserrandosi l'uscio alle spalle).  Arrivederci!

     

SCENA II

Giangiacomo e Rita.

Giang.  (entra, è pallidissimo). E il babbo?

Rita. E ' uscito ora per recarsi a Cascia.

Giang. Con questo tempo?

Rita. L'ho sconsigliato, ma affari urgenti richie­dono altrove la sua presenza ed è partito.

Giang. (guarda fuori). Per fortuna il temporale si è calmato: quando torna?

Rita. Questa sera stessa... passerà a trovare tuo fratello Paolo e gli porterà il tuo saluto ed i miei voti augurali. E tu, Giangiacomo, come ti senti!

Giang. Questa notte ho avuto, credo, un po' di febbre ed ho tossito assai...

Rita. Poverino... devi usarti ogni riguardo se la salute vuoi fiorente. E' male star fuori di casa a notte alta. Vuoi un po' di cibo ora?

Giang. No, mamma... mi basta un sorso d'acqua.

Rita. Esco un istante a prenderla (esce per rientrare quasi subito con una coppa ricolma di acqua). Giang.  Cara  mamma,  quanto sei  buona!

Rita. Eccola  (porge, la coppa, al figlio).

Giang. Grazie... (la beve con avidità). La gola mi arde sempre per l'arsura.

Rita (stringendo le mani ai figlio). Giangiacomo, le tue mani sonoscottanti, hai la febbre alta, come ti senti?

Giang. Non allarmarti, mamma, non è nulla, è un malessere passeggero, domani sarò rista­bilito certamente.

Rita. Da troppo tempo la tua salute è malferma, sarebbe bene che tu ora andassi a letto, l'iner­zia ed il riposo rafforzano le membra...

Giang. Stai tranquilla, mamma, non è nulla di grave ripeto... domani starò meglio certa­mente.

Rita. Il buon Dio lo voglia...

(Si odono dei rumori esterni).

SCENA III

Un popolano Guelfo, Paolo e detti.

(Un popolano Guelfo da di fuori). Messer Gian­giacomo,  aprite...

Giang. Che si vorrà da me a quest'ora e con questo tempo da lupi?

Rita   (allarmata).  Qualche disgrazia forse?

Popolano (c.s.) Fate presto, messere, fate pre­sto, si tratta di un moribondo...

Giang. Eccomi (corre e apre la porta).

Rita (angosciata). Mio Dio! che sarà accaduto?

Popol. (aiutato da Giangiacomo trasporta ver­so il proscenio Paolo, gravemente ferito al petto da una pugnalata). Fate piano, adagia­molo qui...

Giang. (folle di dolore). Chi è stato a colpirti, padre mio?                     

Rita (si inginocchia vicino al marito colpito a morte). Che ti hanno fatto, mio buon Paolo?

Paolo (aprendo come trasognato gli occhi e vol­gendo lo sguardo attorno). Mi hanno ferito a morte, Rita... i miserabili.

Giang. Chi è stato?

Paolo (con un soffio). Pietro il mugnaio... L'ho riconosciuto mentre fuggiva...

Giang. Miserabile, canaglia... sempre lui...!

Popolano (raccontando). Ad un chilometro circa dal villaggio l'ho trovato; là dove la strada è tortuosa, tutta nascondigli e anfratti sotto le vigne di Collegiacone, vicino al mulino dei Si­gnori di Poggiodono... era steso a terra ed im-plorava aiuto. L'ho riconosciuto subito e l'ho riportato a voi...

Rita. Grazie, buon messere! Ora Giangiacomo corri subito per un dottore.

Paolo (afferrando il figlio per la mano). No, ri­mani, figlio mio, è inutile, giungerebbe troppo tardi. La mia vita se ne va, lo sento... perché il mio nemico ha colpito bene questa volta, a fondo... io gli perdono però... e perdonategli voi pure. Mi sento morire...

Rita (col pianto che le sale in gola). Come parli, Paolo? No, tu devi vivere ancora per me, per i tuoi figli...

Paolo (mancando a poco a poco). E' un piccolo sacrificio che compio offrendo la mia vita a Dio. Il martirio di Cristo fu ben più lungo ed atroce... entrerò così più puro nel regno degli onesti e dei giusti. Venitemi vicino... co­sì... che io vi veda sorridenti... (Rita e Giangiacomo lo sorreggono amorevolmente). Ricor­date a Paolo Maria il mio piccolo ammalato lontano, che non potrò più rivedere, che il pensiero ultimo di suo padre è stato per lui... (a poco a poco il delirio lo pervade, egli af­fannosamente si sorregge a stento e dalla sua bocca non escono che suoni rauchi, parole di­mezzate, parla come assorto in una visione). Guardate là... una schiera compatta ed inva­dente dei ghibellini che sghignazzano... che gridano, che mi vogliono ancora come loro capo per impedire con le armi l'entrata del buon Vescovo, del Santo Vescovo... Oh... no... non mi avrete più con voi... le vostre minacce non mi fanno paura; io... Paolo Ferdinando... sfido la vostra ira... Offro il mio petto ai vo­stri colpi nefandi... colpite... colpite pure... ma io non rinnegherò mai... mai la mia fede... la mia pura fede per la quale ora... muoio (ria­vendosi). Rita.... Rita.... mia sposa buona!.... Giangiacomo... figlio mio... perdonatemi in que­sto momento supremo tutto il male, che la mia incosciente malvagità di un giorno vi ha fatto patire... (abbandonandosi). Ringrazio Dio che mi ha reso la pace... la felicità nell'anima... e che mi schiude la via al regno dei buoni... Che io lo baci ancora una volta il crocefisso... per l'ultima volta... (bacia il simbolo della religio­ne, poi reclina leggermente il capo e spira).

Miei cari... addio... arrivederci... arrive... derci... lassù... in  Pa... ra... di... so...  (è spirato).

Giang. (con un grido angosciosoinginocchian-dosi) Padre mio...

Rita. ... Paolo... Paolo!..

Popolano. La morte del giusto vi ha strappato in questa vita terrena l'essere che amavate. Non disperate però, in un'altra vita migliore lo ritroverete ancora; coraggio, Rita; corag­gio, Giangiacomo...

Giang. (adergendosi con gli occhi scintillanti dal­la cupa fiamma della vendetta). No... quel mi­serabile non la passerà liscia! (strappando dalla cintura del popolano il pugnale che vi sarà appeso). Il tuo pugnale dammi, il sangue deve essere lavato col sangue; la mia vendetta è umana del resto, l'assassino di mio padre non mi sfuggita, voglio straziargli le carni e ripagarlo dello stesso tormento che .mi atta­naglia il cuore.

Rita (supplicandolo). In nome di Dio, non an­dare, Giangiacomo, non vendicarti, rispetta il desiderio di tuo padre morente...

Giang. (con voce cattiva). All'esaltazione di un moribondo non è il caso di prestar fede...

Rita. Tu bestemmi, figlio, offendi la memoria di tuo padre...

Giang. La vendetta deve compiersi perché la gente non ci derida ; nessuna forza umana po­trebbe quindi arrestare la mia volontà indomabile e precisa (il popolano tenta di trattenerlo).

Popolano. Ascoltate l'esortazione di vostra madre...

Giang. No... Lasciatemi... lasciatemi...  (si è svincolato).

Una voce dal di fuori. Giangiacomo, abbiamo preso l'assassino di tuo padre. E' qui fra noi che urla e si dibatte...

Voci. Assassino, assassino...

Giang. (brandendo il pugnale ed affacciandosi) Tenetelo ben saldo... tenetelo ben saldo... ven­go... vengo!...

Rita (cercando di interporsi fra la porta ed il figlio). Sii ragionevole, Giangiacomo, non an­dare... non vendicarti... Dio potrebbe punirti.

Giang. (fuori di sé, scosta la madre con una spinta ed esce urlando). Non temo la sua ira!... (via).

Rita. (supplichevole al popolano). Per carità rin­corretelo... Non permettete che compia il suo in­sano proposito... Mi raccomando a voi... cor­rete... andate per carità...

Popolano. State calma... ho le braccia salde... e so il mio dovere (via).

(Le grida si saranno allontanate spegnendosi a poco a poco).

Rita (si inginocchia vicino al cadavere del ma­rito, lo bacia, e poi sollevando gli occhi al cielo e scoppiando in singhiozzi). Paolo, mio adorato Paolo, ora che la tua anima è salita al trono di Dio, concedimi la forza di dominare in santa rassegnazione la mia angoscia suprema!... (si abbatte singhiozzando sul cadavere del marito).

SIPARIO

QUADRO

La scena rappresenta una roccia brulla che reca alla sommità una enorme pietra sporgente in modo da l'or­nare nello spazio sottostante, una grotta naturale. Sulla roccia vi è infissa una grande croce di legno. Rita sente la nostalgia di quella grotta e sovente si reca in essa a pregare. Come tutte le grandi anime si bea della con-templazione della natura, opera immane della Divina potenza del  Signore.

Rita (sola, indossa una veste nera segno di lutto, un grande vuoto ha intorno a sé, ma la deso-lazione della sua anima trova vivo conforto nella preghiera).

Mio Dio, che su quella croce di martirio hai voluto morire per offrire agli uomini la via della salvezza, abbi pietà, delle mie sofferenze ed accogli le mie devote preci. Ormai sono sola al mondo, anche i miei due figliuoli hanno raggiunto in paradiso il loro diletto padre, che mi resta a fare? Permetti dunque che io segua la mia inclinazione alla vita claustrale, voglio ritirarmi al Monastero di Santa Maria Maddalena a Cascia, perché il mio desiderio è di pace e di solitudine. Voglio offrirmi in una intima comunione di affetti a te, Supremo Creatore delle umane cose. Desidero che la pa­rola « odio » scompaia da ogni labbro umano e sia sostituita dalla parola « carità ». Tu, o buon Gesù, che hai voluto il mio sacrificio supremo togliendomi l'affetto del mio Paolo e dei miei due figli, accogli por lo spasimo da me patito la mia preghiera umile di povera penitente.

(Appare la mistica figura del viandante cir­confusa di vivida luce. Veste alla nazarena, tunica rossa e manto azzurro, capelli spioventi gli cadono sulle spalle, parlerà con voce piana carezzevole).

Viandante. Non disperare, Rita, la tua supplica sarà accolta!

Rita  (alzandosi). Chi siete Voi... messere?

Viandante. Sono un essere che non è di questa terra.

Rita (inginocchiandosi). Forse uno dei miei Ce­lesti Patroni? S. Giovanni Battista? S. Agostino? S. Nicola di Tolentino?     

Viand. (sorridendo). Nessuno dei tre, Rita! (pau­sa brevissima). Presto... alzati... prendi le cose tue... va... rag­giungi il Monastero...

Rita. Per ben tre volte mi sono recata alla casa del Signore... ma ho sempre trovato la porta chiusa. La madre badessa non vuole accogliermi.

Viand. Non disperare, sorella Rita! Sii fiduciosa nella potenza di Dio! per Lui è parola vana l'impossibile! (forte). Rita... va... fa presto!

Rita (inginocchiata dinnanzi allo sconosciuto che la guarderà con immensa dolcezza). Ma chi siete...   Chi  siete  Voi, Messere?

Viand. (con solennità dolcissima). Sono Colui che tante volte hai inondato di amorose lacrime; baciandomi crocefisso.

Rita (quasi con un grido prostrandosi). Mio Ge­sù, mio buon Gesù...!

SIPARIO RAPIDISSIMO


ATTO QUARTO

Cameretta modestamente arredata che  serve anche di Ufficio  alla  Madre  Badessa;   tavolino  da  un lato;   sul tavolino un crocefisso, libri,  due sedie. Quadri religiosi alle pareti.                            

SCENA I

La Madre Badessa e Cecco Barbaro.

(La Madre superiora e Cecco Barbaro. La suora è seduta al tavolino, Cecco Barbaro col grembiulone da falegname e copricapo in mano le sta innanzi cercando di convincerla).

Cecco. Le assicuro, Madre superiora, che la colpa non è tutta mia... Quello che è accaduto è ac-caduto a caso...

Madre.  Echi fu  il colpevole allora?

Cecco.   E'   stato l'ultimo  bicchiere di vino che ho tracannato. Ieri  faceva caldo... un caldo a dismisura; la gola avevo asciutta... e di conse-guenza ho sentito il bisogno di inumidirla.

Madre. Mi risulta che troppo spesso sentite que­sto prepotente bisogno. Non lo sapete che siete già stato minacciato di licenziamento per la vostra ubriachezza abituale...

Cecco. Vede, Madre badessa, che mi succeda qualche volta di bere più del necessario può anche darsi ; ma che la mia sia ubriachezza abituale, questa è una calunnia.

Madre. E sapete pure che se io non avessi inter­posto i miei buoni uffici in Vostro favore a quest'ora avreste già perduto l'impiego di giardiniere e falegname del nostro convento.

Cecco. Lo so; e sono di questo riconoscente a lei, Madre badessa; ma vede, è quella parola « ubriaco abituale » che stona; passi per ubria­co, ma « abituale » suona male... insomma, non mi va giù...

Madre. Dovreste dare ascolto ai consigli di chi vi vuol bene; e invece parole buttate al vento... ieri poi avete altercato con Giacomo il fab­bro, e lo avete anche picchiato con le mani... è vero ciò.

Cecco. No, Madre... Non l'ho picchiato con le mani... qui c'è un piccolo errore informativo...

Madre. Il che vuol dire che dubitereste delle mie parole?...

Cicco. Non lo pensi neppure, Madre badessa...!

Madre. E allora?

Cecco. Invece delle mani... ho adoperato un no­doso bastone...

Madre. Azione pessima e riprovevole... che non abbia più a ripetersi... mi raccomando...

Cecco. Stia sicura, Madre... (inchinandosi). Cer­cherò di non litigar più... Posso ritirarmi ora?

Madre. Andate... c'è molto da fare in giardino... e contate i bicchieri se ritornate a bere.

Cecco (uscendo ride furbescamente). Anni e bic­chieri, Madre, non si contano mai.

Madre. Andate, burlone, andate...

Cecco. Riverisco (via in fretta).

(In scena rimane soltanto la Madre superiora che leggerà un libro di preghiere).

SCENA II

Suor Maria e detta.

S. Maria (affacciandosi concitata). Madre, delle grandi novità sono accadute in convento.

Madre (sorpresa). Venite avanti, suor Maria e spiegatevi in fretta.

S. Maria. Stanotte mentre tutti dormivano ed ogni porta era chiusa, ed il mazzo di chiavi giaceva nella vostra cella, Rita Ferdinando è riuscita ugualmente ad introdursi da noi. L'abbiamo trovata nel coro, io e suor Imma­colata, prostrata dinnanzi al crocefisso in muta preghiera.

Madre. Ciò che dite ha del miracoloso; presto la si conduca qui.

S. Maria. Corro ad ubbidirvi. (fa per uscire ma si imbatte con Rita, che entra a fronte china vestita dell'abito monacale).

SCENA III

Madre e Rita.

Rita (entrando). Non disturbatevi, sorella Maria, sapevo che mi cercavate per interrogarmi, ec­comi.

Madre.  Come mai siete qui, Rita  Ferdinando?

Rita. Ascolti, madre. Ben tre volte ho bussato alla sua porta ; e Lei, madre badessa, sempre ha rifiutato di accogliermi.

Madre. Le nostre regole vietano che le donne che furono spose e madri abbiano a vestire l'abito monacale.

Rita. Lo so, madre. Pure non ho mai disperato. Ho nutrita sempre la più cieca fiducia nel mio Signore ed egli ha accolte le mie preghiere e le mie suppliche. Ieri sera è venuto a me in sembianze umane, e mi comandò di ritor­nare a Lei affidandomi in custodia ai miei tre celesti protettori che nel silenzio della notte, sotto lo scintillio arcano delle stelle, in mezzo alla natura addormentata; pianamente mi sol­levarono quasi sfiorando il suolo. Fu una visione di paradiso la mia; quando mi destai dal sogno, un crocefisso mi stava dinnanzi, il vostro!...

Madre  (si alza ed abbraccia  Rita).  Il volere di Dio appare ben chiaro in questo miracolo, resta pure qui fra noi, ti chiameremo «Madre Corista ».

Rita. Grazie.

Madre. Nell'orto del Monastero c'è un legno arido e secco... da  domani mattina tu dovrai innaffiarlo ogni giorno e per un anno intero.

Rita. Sarà ubbidita, Madre...

Madre. Bene. Sai ora definirmi  la  parola «ubbidienza?                                                              

Rita.  L'ubbidienza  consiste  non soltanto nell'eseguire  un ordine ragionevole, ma  nell'adem­piere un comando, qualunque esso sia.

Madre. Hai detto  giusto. Ora  Suor Maria,  ve­nite con me; andremo dalle altre Suore ad ar­recar loro la  lieta  novella; prima però en­triamo in Chiesa a porger grazie a Dio per la santa compagnia che ci ha mandato.  

(Le due Suore salutano Rita con un leggero cenno del capo e poi si allontanano lasciandola sola).

SCENA IV

Cecco e Rita.

Cecco (entra dopo breve tempo dal fondo, ha il berretto ira le mani). Permette, sorella Rita?

Rita. Che volete, buon uomo?

Cecco. Ho veduto uscire di qui la madre supe­riora e suor Maria; nella certezza di trovarvi quindi sola  mi sono permesso di infastidirvi con lamia presenza.

Rita. Chi siete? Che  fate qui al convento?

Cecco. Mi chiamo Cecco Barbaro; e faccio un po' di tutto, tre cariche in una, sacrestano, giardi­niere e falegname!

Rita. E volete?

Cecco. Conoscere dappresso la nuova ospite del convento. Tutti dicono che siete veramente buona, quindi oso rivolgermi a voi per otte­nere un grande favore.

Rita. Parlate.

Cecco. Ecco di che si tratta. Qui in convento tutti i giorni polpette mi fan mangiare; capi­rete, sorella, anche il più brav'uomo ne ri­mane stufo.

Rita. Dovreste ringraziare Dio che a voi non manca il cibo. Vi sono al mondo poveri che si accontentano di pan solo.

Cecco. Suquesto ha ragione, ma gli è che oltre alle polpette mi fan mangiare certe minestre... Io sono di stomaco alquanto delicato e se con-tinuo a cibarmi in tale modo, temo che mi ven­ga il calcinaccio come ai passerotti...

Rita. Che dovrei fare io per voi?

Cecco.   Una  cosa  semplicissima,  pregare a  nome mio la  superiora che d'ora innanzi mi faccia dare dalla dispensiera due pastasciuttine, un po' d'arrosto, uno stuffatino...  perché le polpette son troppo monotone... Pazienza se sul mio modesto desco ci fosse a mia disposizione qualche bicchierotto di vino in più. Invece manca anche quello! E quel poco che c'è è innaffiato senza economia. Il mio mestiere qui in convento è faticoso assai e richiede una certa energia... se mi manca il vino sono un uomo finito.

Rita (sorridendo). La madre superiora che dice di voi?

Cecco, Né bene, né male; se devo essere sincero non posso di lei lagnarmi; sono soltanto quelle polpette che non posso trangugiare!

Rita. Siete un gran brav'uomo, Cecco Barbaro, ma ricordatevi che in questa vita è necessario che ognuno si accontenti del proprio stato, so­lamente così potremo piacere a Dio...

Cecco. Ma... se oltre alle polpette ci fosse anche un pezzettino di  arrosto, come lo ringrazierei più volentieri il buon Dio! 

(suono esterno di unacampanella).

Ecco la campanella che mi chiama. Con per­messo, sorella Rita, neanche due chiacchiere con un po' di tranquillità riesco a fare... nep­pure il tempo di curare queste mie povere mani, che troppo sovente mi fan soffrire.

Rita. State tranquillo, buon uomo!

SCENA V

Suor Maria e detti.

S. Maria (a Cecco Barbaro). Cecco Barbaro, avete sentito la campanella? La madre badessa vi attende in cucina; dovete aiutare suor Concetta a preparare 200 polpette alla comunità per il pranzo di domani...

Cecco (sconsolato). Preparar polpette per il pran­zo di domani?... Duecento... Vado... vado su­bito. E' destino (uscendo). A furia di man­giar polpette finirò col diventare un polpet­tone (via) .

S. Maria Siete felice di trovarvi qui, sorella Rita?

Rita. Infinitamente felice. Questo luogo di pace esalta, la mia fede e la mia religione. Qui sono certa di trovare la parola efficace, alata, im­maginosa che mi avvicinerà sempre più al mio Signore! e sarà preghiera di fortezza e di spe­ranza la mia.

S. Maria. Vi lascio nel vostro devoto raccogli­mento. Diverse cure richiedono altrove la mia presenza. Quando avremo bisogno di voi vi fa­remo chiamare. Arrivederci, sorella Rita!

Rita. Arrivederci, sorella Maria (pausa).

(Rita  rimasta sola si inginocchia dinnanzi al crocefisso e con esaltazione mistica) Buon Gesù, grazie per la gioia che mi hai procurata al cuore; sono intimamente felice, ancora una grazia ti chiedo, fammi partecipe dei tuoi do­lori, fa sì che una delle spine che ti straziano le carni torturi perennemente la mia fronte, soltanto così potrò soffrire degnamente per amore tuo.

(Si compie in questo momento il mi­racolo della spina. Rita ha un grido di dolore e di gioia, si alza, si volge al pubblico, un rag-gio di luce l'avvolge tutta. Ha la fronte ferita verso l'occhio destro da una piaga vermiglia; soffre, ma sa dominare il terribile dolore).

Mio Dio...! Grazie...! Grazie...! (si prostra dinnanzi al crocefisso mentre scende il

SIPARIO RAPIDISSIMO


ATTO QUINTO

Scena uguale a quella precedente.

SCENA I

Suor Maria e Cecco Barbaro.

S. Maria. L'avete appresa, Cecco Barbaro, la grande novità di questi giorni?

Cerco. Che volete che sappia il vostro sacrestano: da mesi non esco dal convento; ormai il mio mondo è tutto qui tra Chiesa ed orto.

S. Maria  (sorridendo). Qualche scappata dal rivenditor di vini la fate pure sempre.

Cecca. Raramente però e non ho neppure il tem­po di guardarmi adorno, un bicchierotto di quello buono e via di corsa...

S. Maria. Un bicchiere solo... non si direbbe, avete il viso così rosso...

Cecco. Ho il viso rosso?!... eppure guardi la stranezza della combinazione, io non bevo che vino bianco; ora sentiamo la grande novità.

S. Maria. Domani dobbiamo partire per Roma, Suor Maddalena, Suor Concetta ed io!

Cecco. Tre suore che vanno a Roma... A far che cosa poi?

S. Maria. Andremo in pio pellegrinaggio! In questi giorni il nostro amato Pontefice Nicco­lò V ha indetto il sesto Giubileo...

Cecco. E per qual motivo?

S. Maria. Bernardino da Siena sarà fatto Santo, e grandiose feste prepara la nostra Chiesa in questi giorni. Da tutta l'Umbria si muovono pellegrini verso la città eterna...

Cecco. Ora mi spiego perché sono affissi editti in ogni casa di Cascia...

S. Maria. E' per questo.

Cecco. Gran brutta cosa non saper leggere; se non avessi queste mie vecchie ruote arruggi­nite, andrei anch'io a Roma molto volentieri.

S. Maria. Non dubitate, Cecco, vi porteremo di là una memoria.

Cecco. Grazie in anticipo; ma e Suor Rita non verrà con loro?

S. Maria. Non credo!

Cecco. Perché?

S. Maria. Chilo sa!

SCENA II

LaMadre badessa e detti.

Madre (entrando) Cecco Barbaro, il vostro posto non è qui, ben lo sapete. Da tre giorni il ro­seto è privo di acqua, un po' troppo sovente vi dimenticate di innaffiarlo.

Cecco. Si parlava di Roma... del Giublibeo... cioè del Giubileo...

Madre. Andate subito in giardino ad innaffiare le rose.

Cecco (uscendo). Come innaffierei più volentieri la mia gola con un buon vinello ma di quel gustoso! (forte). Vado ad innaffiar le rose...

SCENA III

Madre badessa e Suor Maria.

Madre. Volete andare a chiamarmi sorella Rita?

S. Maria. Avete acconsentito, Madre, che essa venga con noi?

Madre. E' impossibile, perché la sua infermità è cagione di tedio e di molestia per chi l'avvicina.

S. Maria. Povera Rita, sarebbe andata a Roma tanto volentieri; vado ad ubbidirvi (via).

SCENA IV

Madre Badessa, Rita, indi Cecco.

Madre. Rincresce anche a me di non poter ac­cogliere un desiderio così ardente, forse è vo­lontà di Dio che ella qui rimanga.

Rita (entrando). Mi ha fatto chiamare, Madre?

Madre. Sì, perché desidero parlarvi.

Rita (con ansia). Forse per annunciarmi qualche lieta novella?

Madre. Al contrario, per confermarvi una no­tizia spiacevole. Voi più volte mi avete chie­sto di poter andare in pellegrinaggio a Roma, vero?

Rita. Sì, madre per unirmi alle schiera della pe­nitenza e della pietà che marciano verso la città eterna. Accondiscendete?

Madre. Sono spiacente ma devo ancora opporvi un rifiuto!

Rita. Perché, madre?

Madre. Per motivo della vostra infermità. La piaga che vi ferisce la fronte e che nessun me­dicamento riesce a far scomparire è purulenta e fetida; desterebbe in chi non vi conosce nausea e disgusto, occorre quindi evitare la­gnanze anche per il buon nome delle Agostiniane.

Rita (commossa). Non potrò dunque mirare la città radiosa della nostra fede, prostrarmi sulla tomba del Principe degli apostoli, e ricevere forse la paterna benedizione del Vicario di Cristo? Scendere nelle catacombe e piangere sull'arena dei martiri che il segno purissimo della croce ha divinizzati? Mi acconsenta, Ma­dre, di partire anch'io, tornerò di là con una fede più pura, più grande, più fulgida.

Madre. Non chiedetemi l'impossibile, sorella Rita, non insistete...

Rita. Ebbene, Madre, mi permetta una domanda ancora e poi mi ritiro in cella.

Madre. Dite pure!

Rita. Se fossi sana come le altre sorelle, se nes­suna infermità mi affliggesse la carne, accon­sentirebbe tale viaggio anche a me?

Madre. In tal caso non potrei ostacolare il vo­stro desiderio, ne avreste il diritto.

Rita. Non ho altro da aggiungere... grazie, Ma­dre... (esce).

SCENA V

Cecco e Madre Badessa.

Cecco (allegro). Eccomi, madre, sono passato un momento dal bettoliere qui vicino ma ne ho bevuto un boccale... no, cioè un bicchière soltanto.

Madre. Che dite?

Cecco. Volevo dire che vengo dal giardino dove ho innaffiato le rose... che profumo hanno quel­le rose! Ora, madre, se non ha altri ordini da darmi mi ritiro nel mio ricovero, dovrò la­vorare di pialla l'intera, giornata!

Madre. Sapete, Barbaro, che domani partono dal nostro  convento tre suore per recarsi  a Roma?...

Cecco. Lo so... in occasione del Giu..bi..leo... e so anche che la strada è lurida e disagevole il cammino.

Madre. La fede e le preghiere allevieranno loro le asperità del viaggio. Ora passate dal fornaio ed ordinate maggior numero di pani per le sorelle che partono e scansate la bettola se vo­lete in premio un po' di stuffatino invece delle solite polpette.

Cecco (guarda sorridendo la Madre badessa) Faccio come comanda.... Girerò al largo... (Uscendo si imbatte con Rita che entra. La piaga verminosa è totalmente scomparsa dal viso della suora). Che cosa vedo? Avrò mica le traveggole!... La piaga che segnava quale fe­rita, verminosa la fronte di sorella Rita è scom­parsa. Il suo volto è ridiventato sano come prima. Madre Superiora, un altro miracolo è accaduto!

Madre. Che dite mai?... Cecco!

Cecco. La verità!... la verità...

Rita (entra e si prostra dinnanzi alla superiora). Madre, ho pregato con tanta fede il mio Dio che Egli ha voluto ancora questa volta esaudirmi!

Madre. Come spiegate ciò, sorella Rita?

Rita. Ho chiesto a Lui la grazia perché la mia ferita alla fronte scomparisse: Egli me l'ha concessa.

Cecco (contento). Allora potrà partire anche lei domani?

Madre. Correte a chiamarmi Suor Maria.

Cecco (uscendo). Volo... Volo...

Madre (osservando la fronte di Rita). Siete ve­ramente guarita. La piaga è totalmente scom­parsa. La volontà del Signore in questo nuovo miracolo appare ben manifesta; a me non re­sta che inchinarmi al suo Divin volere!

Rita. Quando ritornerò da Roma, ricomincerò a soffrire; anche questa grazia ho chiesto!

SCENA VI

Suor Maria e Cecco Barbaro.

Cecco. Eccomi... ho volato!...

S. Maria. Desiderate, madre?

Madre. Domani all'alba sorella Rita partirà con voialtre e vi sarà di consigliera e di guida. Da questo momento conferisco a lei la mia stessa autorità: ubbiditele.

S. Maria (col massimo stupore). Come, sorella Rita  risanata!

Rita. Sì, sono miracolosamente guarita per es­servi compagna nella preghiera, nella pietà, nel sacrificio.

Madre (consegna a Rita una borsa di danaro). Prendete, sorella, questo denaro, vi servirà per il viaggio!

Rita. Non mi occorre, Madre. Perdoni questo mio atto che le sembrerà inconsulto... ecco che ne faccio del denaro... (lo butta dalla fine­stra). Lo getto nel fiume che qui sotto scorre.

Madre. Perché fate questo, Rita?

Rita. Perché in pellegrinaggio dovremo recarci a mani vuote, senza ricchezza alcuna, vivremo della carità dei buoni; il cuore puro dovremo possedere, la fiducia in Dio, e una sola e grande speranza nella « Provvidenza Divina ». (rivolge lo sguardo al cielo).

SIPARIO


ATTO SESTO

La cella di Rita.

Sono passati tantissimi anni. Rita è morente, coricata su di un ampio seggiolone a braccioli. Ha 72 anni.

SCENA I

Rita, Madre Badessa, Suor Maria.

Madre. Le tue sofferenze come possiamo alle­viarle, sorella Rita?

Rita (con un soffio nella voce). Con le preghiere!

S. Maria. Le nostre sorelle in questi giorni hanno pregato tanto per te.

Rita. Ringraziatele a nome mio (pausa). Che giorno è oggi?

S. Maria (anch'essa molto invecchiata). E' sa­bato, sorella.

Rita. Giorno dedicato alla Madonna dunque! Fuori che tempo fa'?

Madre. La neve è alta e il freddo intenso. De­sideri qualche cosa, Rita?

Rita. Sì, ho due grandi desideri...

Madre. Manifestaceli, sorella!

Rita. Suor Maria, tu che sei tanto buona, fammi un piacere; va a Roccaporena nell'orto di casa mia, troverai una rosa in fiore e due frutta mature, portamele.

Madre (stupita). Ma come mai possibile tro­vare una rosa fiorita e frutta matura nelri­gido inverno? In questa stagione inclemente i monti di Roccaporena sono tutti ricoperti di neve.

Rita (sorridente). La potenza di Dio... non cono­sce ostacoli, sorelle!

S. Maria. Farò quello che desideri, Rita (uscen­do). Coraggio.

Rita. Grazie!

SCENA II

Rita e Madre Badessa.

Rita (affabilmente). Come è buona Suor Maria!

Madre. Seguendo il tuo esempio edificante non si può far a meno di essere tali.

Rita. Io sono un'umile peccatrice... povera an­cella del Signore!

Madre. Tu sei una santa, Rita!

Rita (prendendo tra le sue una mano della superiora). Questa notte ho avuto la visione di Dio! Egli mi sorrideva attorniato dai miei tre celesti protettori. Gli chiesi quando sarei potuta andare a Lui; egli mi rispose: « Oggi stesso ». Constatate dunque, Madre, come è immensa la bontà sua.

Madre (piange sommessamente).

Rita. Non piangete, Madre; quando sarò col mio Buon Gesù, ed avrò raggiunto in Paradiso il mio buon Paolo ed i miei due figli, mi ricor­derò di voi tutte nelle preci mie.

Madre. La tua anima pura conseguirà la sua mèta con la felicità eterna. Potessi anch'io esclamare come te: « Sono felice » perché so di morire tranquillamente nelle braccia del mio Signore! (breve pausa).

SCENA III

Cecco e detti.

Cecco (facendo capolino). Posso salutare la buo­na sorella Rita e prendere nuove della sua salute?

Rita. Siete voi, Cecco, venite pure avanti...

Cecco   (avanza quasi  timoroso).  Come  va   oggi?

Rita. Sono alla  fine ormai... lo sento...

Cecco. Povera sorella!

Madre. Non affaticatela, Cecco, con le vostre interrogazioni... ella ha bisogno di tranquillità e di riposo.

Rita (sorridendo). Tra breve il mio riposo sarà eterno...

Cecco. E come lo dice con tranquillità... io ben­ché vecchio, sinceramente confesso di avere paura di morire.

Rita. Perché vi fa paura la morte, Cecco?

Cecco. Perché... comprenderete anche voi, sorella, che in questo mondo, o bene o male, mi è concesso di bere qualche bicchiere di gustoso vinello; ma nell'altro mondo... chi lo sa se po­trò bere!...

Rita. Un simpatico burlone siete...

Madre. Andate... andate ora... Rita ha bisogno di tranquillità.

Rita. Madre... lasciate pure che Cecco qui ri­manga. Le vostre mani come vanno?

Cecco. Di male, in peggio, sorella; ormai sono rattrappite e non posso nemmeno articolar le dita... Un cencio umano che cammina sono di­venuto; un buono a nulla.

Rita. Nella vita ognuno deve portare con ras­segnazione la  propria croce...

Cecco. Purché non sia troppo pesante la porto volentieri anch'io... ora vado perché ho qual­che faccenda da sbrigare in giardino... con permesso.

Madre. Andate pure.

Cecco (avvicinandosi alla suora prima di  uscire) Coraggio, sorella Rita!

Rita. Grazie, buon Cecco... Cecco (asce asciugandosi con il lembo della manica gli occhi lacrimosi).

SCENA IV

Suor Maria e dette.

Madre. E' un po' chiacchierone ma in fondo è un gran brav'uomo il nostro Cecco!...

Suor Maria (Entra con affanno, ha una rosa fra le mani e due mele). Miracolo, miracolo, so­rella Rita aveva ragione. Ecco la rosa; l'unica rosa fiorita nel tuo giardino tra la neve alta, ed ecco pure la dolce frutta, staccata dalle piante verdi di foglie!  (porge tutto a Rita).

Rita. Grazie, Maria, Dio ti ha premiata per aver­mi creduta vedi? (odora la rosa). Come è bella e profumata questa rosa, come sa parlarmi con la sua semplicità della grandezza di Dio! E come devono essere squisite queste frutta! Ora sono contenta che il mio desiderio puerile sia stato accolto. Questa rosa ponetela accanto al crocefisso. Grazio per tutto quello che hai fatto per me, sorella Maria. (parla come assor­ta in una visione). La mia vita terrena è finita, lo sento. Guardate là, vedo uno sciame di api, sono nere... quando nacqui attorno alla mia culla vennero a svolazzare delle api bianche... quelle avevano preconizzato la purezza del mio spirito... queste preannunciano il mio sereno trapasso... (con voce morente) il crocifisso da­temi a baciare... ch'io lo guardi per l'ultima volta in questa vita terrena... perché il croce-fisso è la più grande scuola del più grande. amore... (la madre badessa glielo porge).

Rita (lo bacia con la più intensa commozione). Mio Gesù, divino sposo celeste... eccomi... so­no... da... te... (Spira. Le suore si inginocchiano mentre la cella si illumina di una luce vivissima e nel silenzio notturno la campana del con­vento suona senza essere mossa da alcuno).

Madre. Sorella Rita non è più!

S. Maria (alla Madre superiora). Madre, osser­vate, la ferita verminosa che tanto dolore ha causato a Rita, risplende ora sulla sua fronte come gemma preziosa!

Madre. E' vero, pare un rubino fiammeggiante!

S. Maria. Sorella Rita, ora che la tua anima è salita tra una schiera di angeli, prega per noi. (Quadro).

SCENA  V

Cecco e dette.

Cecco (entra, capisce, si scopre il capo poi). So­relle, le campane suonano senza essere toc­cate da nessuno. Una mano invisibile le agita! E' un nuovo prodigio che accade in convento!

Madre. Suonano per il trapasso sereno di que­st'anima!

Cecco. Poveretta, era tanto buona!

S. Maria, Era l'ammirazione delle spose, delle madri, delle vedove!

Madre. Nei secoli Ella sarà ricordata e bene­detta!

S. Maria. Ora occorre infiorare questa cella, adornarla di ceri accesi, ed apprestar la cassa funebre!

Cecco. Oh! come vorrei poterlo far io il sarcofago di albuccio se avessi le mani sane (con tri­stezza). Così rattrappite ambedue non posso lavorare... ed è per me una mortificazione grande... Era tanto buona con Cecco Barbaro (si avvicina al cadavere di Rita, accosta le mani quasi a sfiorarla e le ritira guarite, ha un grido soffocato da una intensa commozione e si prostra in ginocchio). Miracolo, miracolo, sorella Rita mi ha guarito. Le mie mani rat­trappite possono ora schiudersi come prima... Sono guarito!!! miracolo!...

Madre (vivamente commossa). Inginocchiamoci, sorella Maria, e benediciamo, la memoria della Santa degli impossibili.

 

(Musica lievissima. La scena si illumina di un raggio vivissimo che avvolge la figura divina del Redentore, che avanza leggerissima per fermarsi in mezzo alla scena, dietro però alla poltrona di Rita).

Redentore. (Con voce carezzevole e solenne). Non piangete, umili ancelle del Signore! La vostra buona sorella è salita fra gli angeli alla gloria eccelsa del Paradiso e circonfusa dalla felicità che non conoscerà tramonti, pregherà, nei secoli, per l'umanità che soffre, e che a lei ricorre devotamente fiduciosa.

(Musica leggerissima - Quadro)

F I N E