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Vittorio Alfieri

Vittorio Alfieri

Saul

[e-text prodotto dal Bolero di Ravel

www.ilbolerodiravel.org

Edizione cartacea di riferimento:

Vittorio Alfieri, Tragedie, a cura di L. Toschi, Firenze, Sansoni, 1985

febbraio 2002]

Personaggi

Saul

Gionata

Micol

David

Abner

Achimelech

Soldati israeliti

Soldati filistei

Scena, il campo degli Israeliti, in Gelboè

Atto I

Scena 1

David. Qui freno al corso, a cui tua man mi ha spinto,

          onnipossente Iddio, tu vuoi ch'io ponga?

          Io qui starò. - Di Gelboè son questi

          i monti, or campo ad Israèl, che a fronte

          sta dell'empia Filiste. Ah! potessi oggi

          morte aver qui dall'inimico brando!

          Ma, da Saúl deggio aspettarla. Ahi crudo

          sconoscente Saúl! che il campion tuo

          vai perseguendo per caverne e balze,

          senza mai dargli tregua. E David pure

          era già un dí il tuo scudo; in me riposto

          ogni fidanza avevi; ad onor sommo

          tu m'innalzavi; alla tua figlia scelto

          io da te sposo... Ma, ben cento e cento

          nemiche teste, per maligna dote,

          tu mi chiedevi: e doppia messe appunto

          io ten recava... Ma Saúl, ben veggio,

          non è in se stesso, or da gran tempo: in preda

          Iddio lo lascia a un empio spirto: oh cielo!

          miseri noi! che siam, se Iddio ci lascia? -

          Notte, su, tosto, all'almo sole il campo

          cedi; ch'ei sorger testimon debb'oggi

          di generosa impresa. Andrai famoso

          tu, Gelboè, fra le piú tarde etadi,

          che diran: David qui se stesso dava

          al fier Saulle. - Esci, Israèl, dai queti

          tuoi padiglioni; escine, o re: v'invito

          oggi a veder, s'io di campal giornata

          so l'arti ancora. Esci, Filiste iniqua;

          esci, e vedrai, se ancor mio brando uccida.

Scena 2

Gionata. Oh! qual voce mi suona? odo una voce,

          cui del mio cor nota è la via.

David.                    Chi viene?...

          Deh, raggiornasse! Io non vorria mostrarmi,

          qual fuggitivo...

Gionata.                  Olà. Chi sei? che fai

          dintorno al regio padiglion? favella.

David. Gionata parmi... Ardir. - Figlio di guerra,

          viva Israèl, son io. Me ben conosce

          il Filisteo.

Gionata.        Che ascolto? Ah! David solo

          cosí risponder può.

David. Gionata...

Gionata.                           Oh cielo!

          David,... fratello...

David.           Oh gioia!... A te...

Gionata.                                     Fia vero?...

          tu in Gelboè? Del padre mio non temi?

          Io per te tremo; oimè!...

David.           Che vuoi? La morte

          in battaglia, da presso, mille volte

          vidi, e affrontai: davanti all'ira ingiusta

          del tuo padre gran tempo fuggii poscia:

          ma il temer solo è morte vera al prode.

          Or, piú non temo io, no: sta in gran periglio

          col suo popolo il re: fia David quegli,

          che in securtade stia frattanto in selve?

          Ch'io prenda cura del mio viver, mentre

          sopra voi sta degli infedeli il brando?

          A morir vengo; ma fra l'armi, in campo,

          per la patria, da forte; e per l'ingrato

          stesso Saúl, che la mia morte or grida.

Gionata. Oh di David virtú! D'Iddio lo eletto

          tu certo sei. Dio, che t'inspira al core

          sí sovrumani sensi, al venir scorta

          dietti un angiol del cielo. - Eppur, deh! come

          or presentarti al re? Fra le nemiche

          squadre ei ti crede, o il finge; ei ti dà taccia

          di traditor ribelle.

David. Ah! ch'ei pur troppo,

          a ricovrar de' suoi nemici in seno

          ei mi sforzava. Ma, se impugnan essi

          contro lui l'armi, ecco per lui le impugno,

          finché sian vinti. Il guiderdon mio prisco

          men renda ei poscia; odio novello, e morte.

Gionata. Misero padre! ha chi l'inganna. Il vile

          perfid'Abner, gli sta, mentito amico,

          intorno sempre. Il rio demon, che fero

          gl'invasa il cor, brevi di tregua istanti

          lascia a Saulle almen; ma d'Abner l'arte

          nol lascia mai. Solo ei l'udito, ei solo,

          l'amato egli è: lusingator maligno,

          ogni virtú che la sua poca eccede,

          ei glie la pinge e mal sicura, e incerta.

          Invan tua sposa ed io, col padre...

David.                              Oh sposa!

          oh dolce nome! ov'è Micol mia fida?

          M'ama ella ancor, mal grado il padre crudo?...

Gionata. Oh! s'ella t'ama?... é in campo anch'essa...

David.                                                 Oh cielo!

          vedrolla? oh gioia! Or, come in campo?...

Gionata.                                              Il padre

          ne avea pietade; al suo dolor lasciarla

          sola ei non volle entro la reggia: e anch'ella

          va pur porgendo a lui qualche sollievo,

          benché ognor mesta. Ah! la magion del pianto

          ella è la nostra, da che tu sei lungi.

David. Oh sposa amata! A me il tuo dolce aspetto

          torrà il pensier d'ogni passata angoscia;

          torrà il pensier d'ogni futuro danno.

Gionata. Ah, se vista l'avessi!... Ebbeti appena

          ella perduto, ogni ornamento increbbe

          al suo dolor: sul rabbuffato crine

          cenere stassi; e su la smunta guancia

          pianto e pallore; immensa doglia muta,

          nel cor tremante. Il dí, ben mille volte,

          si atterra al padre; e fra i singhiozzi, dice:

          "Rendimi David mio; tu già mel desti".

          Quindi i panni si squarcia; e in pianto bagna

          la man del padre, che anch'egli ne piange.

          E chi non piange? - Abner, sol egli; e impera,

          che tramortita come ell'è si strappi

          dai piè del padre.

David.           Oh vista! Oh! che mi narri?

Gionata. Deh! fosse pur non vero!... Al tuo sparire,

          pace sparí, gloria, e baldanza in armi:

          sepolti sono d'Israello i cori;

          il Filisteo, che già fanciullo apparve

          sotto i vessilli tuoi, fatto è gigante

          agli occhi lor, da che non t'han piú duce:

          e minacce soffriamo, e insulti, e scherni,

          chiusi nel vallo, immemori di noi.

          Qual maraviglia? ad Israello a un tempo

          manca il suo brando, ed il suo senno, David.

          Io, che già dietro ai tuoi guerrieri passi

          non senza gloria iva nel campo, or fiacca

          sento al ferir la destra. Or, che in periglio,

          a dura vita, e da me lungi io veggo

          te, David mio, sí spesso; or, piú non parmi

          quasi pugnar pel mio signor, pel padre,

          per la sposa, pe' figli: a me tu caro,

          piú assai che regno, e padre, e sposa, e figli...

David. M'ami e piú che nol merto: ami te Dio

          cosí...

Gionata.        Dio giusto, e premiator non tardo

          di virtú vera; egli è con te. Tu fosti

          da Samuèl morente in Rama accolto;

          il sacro labro del sovran profeta,

          per cui fu re mio padre, assai gran cose

          colà di te vaticinava: il tuo

          viver m'è sacro, al par che caro. Ah! soli

          per te di corte i rei perigli io temo;

          non quei del campo: ma, dintorno a queste

          regali tende il tradimento alberga

          con morte: e morte, Abner la dà; la invia

          spesso Saulle. Ah! David mio, t'ascondi;

          fintanto almen che di guerriera tromba

          eccheggi il monte. Oggi, a battaglia stimo

          venir fia forza.

David. Opra di prode vuolsi,

          quasi insidia, celar? Saúl vedrammi

          pria del nemico. Io, da confonder reco,

          da ravveder qual piú indurato petto

          mai fosse, io reco: e affrontar pria vo' l'ira

          del re, poi quella dei nemici brandi. -

          Re, che dirai, s'io, qual tuo servo, piego

          a te la fronte? io di tua figlia sposo,

          che di non mai commessi falli or chieggo

          a te perdono: io difensor tuo prisco,

          ch'or nelle fauci di mortal periglio

          compagno, scudo, vittima, a te m'offro. -

          Il sacro vecchio moribondo in Rama,

          vero è, mi accolse; e parlommi, qual padre:

          e spirò fra mie braccia. Egli già un tempo

          Saulle amava, qual suo proprio figlio:

          ma, qual ne avea mercede? - Il veglio sacro,

          morendo, al re fede m'ingiunse e amore,

          non men che cieca obbedienza a Dio.

          Suoi detti estremi, entro il mio cor scolpiti

          fino alla tomba in salde note io porto.

          "Ahi misero Saúl! se in te non torni,

          sovra il tuo capo altissima ira pende".

          Ciò Samuèl diceami. - Te salvo

          almen vorrei, Gionata mio, te salvo

          dallo sdegno celeste: e il sarai, spero:

          e il sarem tutti; e in un Saúl, che ancora

          può ravvedersi. - Ah! guai, se Iddio dall'etra

          il suo rovente folgore sprigiona!

          Spesso, tu il sai, nell'alta ira tremenda

          ravvolto egli ha coll'innocente il reo.

          Impetuoso, irresistibil turbo,

          sterpa, trabalza al suol, stritola, annulla

          del par la mala infetta pianta, e i fiori,

          ed i pomi, e le foglie.

Gionata.                                     - Assai può David

          presso Dio, per Saúl. Te ne' miei sogni

          ho visto io spesso, e in tal sublime aspetto,

          ch'io mi ti prostro a' piedi. - Altro non dico;

          né piú dei dirmi. Infin ch'io vivo, io giuro

          che a ferir te non scenderà mai brando

          di Saúl, mai. Ma, dalle insidie vili...

          Oh ciel!... come poss'io?... Qui, fra le mense,

          fra le delizie, e l'armonia del canto,

          si bee talor nell'oro infido morte.

          Deh! chi ten   guarda?

David.           D'Israèle il Dio,

          se scampar deggio; e non intera un'oste,

          se soggiacer. - Ma dimmi: or, pria del padre,

          veder poss'io la sposa? Entrar non debbo

          là, fin che albeggi...

Gionata.                           E fra le piume aspetta

          fors'ella il giorno? A pianger di te meco

          viene ella sempre innanzi l'alba; e preghi

          porgiam qui insieme a Dio, per l'egro padre. -

          Ecco; non lungi un non so che biancheggia:

          forse, ch'ella è: scostati alquanto; e l'odi:

          ma, se altri fosse, or non mostrarti, prego.

David. Cosí farò.

Scena 3

Micol.                     Notte abborrita, eterna,

          mai non sparisci?... Ma, per me di gioia

          risorge forse apportatore il sole?

          Ahi lassa me! che in tenebre incessanti

          vivo pur sempre! - Oh! fratel mio, piú ratto

          di me sorgesti? eppur piú travagliato,

          certo, fu il fianco mio, che mai non posa.

          Come posar poss'io fra molli coltri,

          mentre il mio ben sovra la ignuda terra,

          fuggitivo, sbandito, infra covili

          di crude fere, insidiato giace?

          Ahi d'ogni fera piú inumano padre!

          Saúl spietato! alla tua figlia togli

          lo sposo, e non la vita? - Odi, fratello;

          qui non rimango io piú: se meco vieni,

          bell'opra fai; ma, se non vieni, andronne

          a rintracciarlo io sola: io David voglio

          incontrare, o la morte.

Gionata.                           Indugia ancora;

          e il pianto acqueta: il nostro David forse

          in Gelboè verrà...

Micol.                     Che parli? in loco,

          dov'è Saúl, David venirne?...

Gionata.                                     In loco

          dov'è Gionata e Micol, tratto a forza

          dal suo ben nato cor fia David sempre.

          Nol credi tu, che in lui piú assai l'amore

          che il timor possa? E maraviglia avresti,

          s'ei qui venirne ardisse?

Micol.                               Oh ciel! Per esso

          io tremerei... Ma pure, il sol vederlo

          fariami...

Gionata.        E s'ei nulla or temesse?... E s'anco

          l'ardir suo strano ei di ragion vestisse? -

          Men terribil Saúl nell'aspra sorte,

          che nella destra, sbaldanzito or stassi

          in diffidenza di sue forze; il sai:

          or, che di David l'invincibil braccio

          la via non gli apre infra le ostili squadre,

          Saúl diffida; ma, superbo, il tace.

          Ciascun di noi nel volto suo ben legge,

          che a lui non siede la vittoria in core.

          Forse in punto ei verrebbe ora il tuo sposo.

Micol. Sí, forse è ver: ma lungi egli è;... deh! dove?...

          e in quale stato?... Oimè!...

Gionata.                           Piú che nol pensi,

          ei ti sta presso.

Micol.           Oh cielo!... a che lusinghi?...

Scena 4

David. Teco è il tuo sposo.

Micol.                               Oh voce!... Oh vista! Oh gioia!...

          Parlar... non... posso. - Oh maraviglia!... E fia...

          ver, ch'io t'abbraccio?...

David.                    Oh sposa!... Oh dura assenza!...

          Morte, s'io debbo oggi incontrarti, almeno

          qui sto tra' miei. Meglio è morir, che trarre

          selvaggia vita in solitudin, dove

          a niun sei caro, e di nessun ti cale.

          Brando assetato di Saúl, ti aspetto;

          percuotimi: qui almen dalla pietosa

          moglie fien chiusi gli occhi miei; composte,

          coperte l'ossa; e di lagrime vere

          da lei bagnate.

Micol.                     Oh David mio!... Tu capo,

          termine tu d'ogni mia speme; ah! lieto

          il tuo venir mi sia! Dio, che da gravi

          perigli tanti sottraeati, invano

          oggi te qui non riconduce... Oh quale,

          qual mi dà forza il sol tuo aspetto! Io tanto

          per te lontan tremava; or per te quasi

          non tremo... Ma, che veggo? in qual selvaggio

          orrido ammanto a me ti mostra avvolto

          l'alba nascente? o prode mio; tu ignudo

          d'ogni tuo fregio vai? te piú non copre

          quella, ch'io già di propria man tessea,

          porpora aurata! In tal squallor, chi mai

          potria del re genero dirti? All'armi

          volgar guerrier sembri, e non altro.

David.                                       In campo

          noi stiamo: imbelle reggia or non è questa:

          qui rozzo saio, ed affilato brando,

          son la pompa migliore. Oggi, nel sangue

          de' Filistei, porpora nuova io voglio

          tinger per me. Tu meco intanto spera

          nel gran Dio d'Israèl, che me sottrarre

          può dall'eccidio, s'io morir non merto.

Gionata. Ecco, aggiorna del tutto: omai qui troppo

          da indugiar piú non parmi. Ancor che forse

          opportuno tu giunga, assai pur vuolsi

          ir cautamente. - Ogni mattina al padre

          venirne appunto in quest'ora sogliamo:

          noi spierem, come il governi e prema

          oggi il suo torbo umore: e a poco a poco

          preparando l'andrem, se lieta è l'aura,

          alla tua vista; e in un torrem, che primo

          null'uomo a lui malignamente narri

          la tua tornata. Appartati frattanto;

          che alcun potria conoscerti, tradirti;

          ed Abner farti anco svenare. Abbassa

          la visiera dell'elmo: infra i sorgenti

          guerrier ti mesci, e inosservato aspetta,

          ch'io per te rieda, o mandi...

Micol.                                        Infra i guerrieri,

          come si asconde il mio Davíd? qual occhio

          fuor dell'elmo si slancia a par del suo?

          Brando, chi 'l porta al suo simíl? chi suona

          cosí nell'armi? Ah! no; meglio ti ascondi,

          dolce mio amor, fin che al tuo fianco io torni.

          Misera me! ti trovo appena, e deggio

          lasciarti già? ma per brev'ora; e quindi

          no, mai piú, mai, non lascerotti. Or pure

          vo' pria vederti in securtà. Deh! mira;

          di questa selva opaca là nel fondo,

          a destra, vedi una capace grotta?

          Divisa io spesso là dal mondo intero,

          te sospiro, te chiamo, di te penso;

          e di lagrime amare i duri sassi

          aspergo: ivi ti cela, infin che il tempo,

          sia di mostrarti.

David.           Io compiacer ti voglio

          in tutto, o sposa. Appien securi andate:

          è senno in me; non opro a caso; io v'amo;

          a voi mi serbo: e solo in Dio confido.

Atto II

Scena 1

Saul. Bell'alba è questa. In sanguinoso ammanto

          oggi non sorge il sole; un dí felice

          prometter parmi. - Oh miei trascorsi tempi!

          Deh! dove sete or voi? Mai non si alzava

          Saúl nel campo da' tappeti suoi,

          che vincitor la sera ricorcarsi

          certo non fosse.

Abner.                    Ed or, perché diffidi,

          o re? Tu forse non fiaccasti or dianzi

          la filistea baldanza? A questa pugna

          quanto piú tardi viensi, Abner tel dice,

          tanto ne avrai piú intera, e nobil palma.

Saul. Abner, oh! quanto in rimirar le umane

          cose, diverso ha giovinezza il guardo,

          dalla canuta età! Quand'io con fermo

          braccio la salda noderosa antenna,

          ch'or reggo appena, palleggiava; io pure

          mal dubitar sapea... Ma, non ho sola

          perduta omai la giovinezza... Ah! meco

          fosse pur anco la invincibil destra

          d'Iddio possente!... o meco fosse almeno

          David, mio prode!

Abner.                    E chi siam noi? Senz'esso

          piú non si vince or forse? Ah! non piú

          mai snudar vorrei, s'io ciò credessi, il brando,

          che per trafigger me. David, ch'è prima,

          sola cagion d'ogni sventura tua...

Saul. Ah! no: deriva ogni sventura mia

          da piú terribil fonte... E che? celarmi

          l'orror vorresti del mio stato? Ah! s'io

          padre non fossi, come il son, pur troppo!

          Di cari figli,... or la vittoria, e il regno,

          e la vita vorrei? Precipitoso

          già mi sarei fra gl'inimici ferri

          scagliato io, da gran tempo: avrei già tronca

          cosí la vita orribile, ch'io vivo.

          Quanti anni or son, che sul mio labro il riso

          non fu visto spuntare? I figli miei,

          ch'amo pur tanto, le piú volte all'ira

          muovonmi il cor, se mi accarezzan... Fero,

          impaziente, torbido, adirato

          sempre; a me stesso incresco ognora, e altrui;

          bramo in pace far guerra, in guerra pace:

          entro ogni nappo, ascoso tosco io bevo;

          scorgo un nemico, in ogni amico; i molli

          tappeti assiri, ispidi dumi al fianco

          mi sono; angoscia il breve sonno; i sogni

          terror. Che piú? chi 'l crederia? spavento

          m'è la tromba di guerra; alto spavento

          è la tromba a Saúl. Vedi, se è fatta

          vedova omai di suo splendor la casa

          di Saúl; vedi, se omai Dio sta meco.

          E tu, tu stesso, (ah! ben lo sai) talora

          a me, qual sei, caldo verace amico,

          guerrier, congiunto, e forte duce, e usbergo

          di mia gloria tu sembri; e talor, vile

          uom menzogner di corte, invido, astuto

          nemico, traditore...

Abner.                    Or, che in te stesso

          appien tu sei, Saulle, al tuo pensiero,

          deh, tu richiama ogni passata cosa!

          Ogni tumulto del tuo cor (nol vedi?)

          dalla magion di que' profeti tanti,

          di Rama egli esce. A te chi ardiva primo

          dir, che diviso eri da Dio? l'audace,

          torbido, accorto, ambizioso vecchio,

          Samuèl sacerdote; a cui fean eco

          le sue ipocrite turbe. A te sul capo

          ei lampeggiar vedea con livid'occhio

          il regal serto, ch'ei credea già suo.

          Già sul bianco suo crin posato quasi

          ei sel tenea; quand'ecco, alto concorde

          voler del popol d'Israello al vento

          spersi ha suoi voti, e un re guerriero ha scelto.

          Questo, sol questo, è il tuo delitto. Ei quindi

          d'appellarti cessò d'Iddio l'eletto,

          tosto ch'esser tu ligio a lui cessasti.

          Da pria ciò solo a te sturbava il senno:

          coll'inspirato suo parlar compieva

          David poi l'opra. In armi egli era prode,

          nol niego io, no; ma servo appieno ei sempre

          di Samuello; e piú all'altar, che al campo

          propenso assai: guerrier di braccio egli era,

          ma di cor, sacerdote. Il ver dispoglia

          d'ogni mentito fregio; il ver conosci.

          Io del tuo sangue nasco; ogni tuo lustro

          è d'Abner lustro: ma non può innalzarsi

          David, no mai, s'ei pria Saúl non calca.

Saul. David?... Io l'odio... Ma, la propria figlia

          gli ho pur data in consorte... Ah! tu non sai. -

          La voce stessa, la sovrana voce,

          che giovanetto mi chiamò piú notti,

          quand'io, privato, oscuro, e lungi tanto

          stava dal trono e da ogni suo pensiero;

          or, da piú notti, quella voce istessa

          fatta è tremenda, e mi respinge, e tuona

          in suon di tempestosa onda mugghiante:

          "Esci Saúl; esci Saulle"... Il sacro

          venerabile aspetto del profeta,

          che in sogno io vidi già, pria ch'ei mi avesse

          manifestato che voleami Dio

          re d'Israèl; quel Samuèle, in sogno,

          ora in tutt'altro aspetto io lo riveggo.

          Io, da profonda cupa orribil valle,

          lui su raggiante monte assiso miro:

          sta genuflesso Davide a' suoi piedi:

          il santo veglio sul capo gli spande

          l'unguento del Signor; con l'altra mano,

          che lunga lunga ben cento gran cubiti

          fino al mio capo estendesi, ei mi strappa

          la corona dal crine; e al crin di David

          cingerla vuol: ma, il crederesti? David

          pietoso in atto a lui si prostra, e niega

          riceverla; ed accenna, e piange, e grida,

          che a me sul capo ei la riponga... - Oh vista!

          Oh David mio! tu dunque obbediente

          ancor mi sei? genero ancora? e figlio?

          e mio suddito fido? e amico?... Oh rabbia!

          Tormi dal capo la corona mia?

          Tu che tant'osi, iniquo vecchio, trema...

          Chi sei?... Chi n'ebbe anco il pensiero, pera... -

          Ahi lasso me! ch'io già vaneggio!...

Abner.                                                 Pera,

          David sol pera: e svaniran con esso,

          sogni, sventure, vision, terrori.

Scena 2

Gionata. Col re sia pace.

Micol.                               E sia col padre Iddio.

Saul. ... Meco è sempre il dolore. - Io men sorgea

          oggi, pria dell'usato, in lieta speme...

          ma, già sparí, qual del deserto nebbia,

          ogni mia speme. - Omai che giova, o figlio,

          protrar la pugna? Il paventar la rotta,

          peggio è che averla; ed abbiasi una volta.

          Oggi si pugni, io 'l voglio.

Gionata.                                     Oggi si vinca.

          Speme, o padre, ripiglia: in te non scese

          speranza mai con piú ragione. Il volto

          deh! rasserena: io la vittoria ho in core.

          Di nemici cadaveri coperto

          fia questo campo; ai predatori alati

          noi lasceremo orribil esca...

Micol.                                        A stanza

          piú queta, o padre, entro tua reggia, in breve,

          noi torneremo. Infra tue palme assiso,

          lieto tu allor, tua desolata figlia

          tornare a vita anco vorrai, lo sposo

          rendendole...

Saul.                      ... Ma che? tu mai dal pianto

          non cessi? Or questi i dolci oggetti sono

          che rinverdir denno a Saúl la stanca

          mente appassita? Al mio dolor sollievo

          sei tu cosí? Figlia del pianto, vanne;

          esci; lasciami, scostati.

Micol.                                        Me lassa!...

          Tu non vorresti, o padre, ch'io piangessi?...

          Padre, e chi l'alma in lagrime sepolta

          mi tiene or, se non tu?...

Gionata.                                     Deh! taci; al padre

          increscer vuoi? - Saúl, letizia accogli:

          aura di guerra, e di vittoria, in campo

          sta: con quest'alba uno spirto guerriero,

          che per tutto Israèl de' spandersi oggi,

          dal ciel discese. Anco in tuo cor, ben tosto,

          verrà certezza di vittoria.

Saul.                                                   Or, forse

          me tu vorresti di tua stolta gioia

          a parte? me? - Che vincere? che spirto?...

          Piangete tutti. Oggi, la quercia antica,

          dove spandea già rami alteri all'aura,

          innalzerà sue squallide radici.

          Tutto è pianto, e tempesta, e sangue, e morte:

          i vestimenti squarcinsi; le chiome

          di cener vil si aspergano. Sí, questo

          giorno, è finale; a noi l'estremo, è questo.

Abner. Già piú volte vel dissi: in lui l'aspetto

          vostro importuno ognor sue fere angosce

          raddoppia.

Micol.                     E che? lascierem noi l'amato

          genitor nostro?...

Gionata.                           Al fianco suo, tu solo

          starti pretendi? e che in tua man?...

Saul.                                                            Che fia?

          Sdegno sta su la faccia de' miei figli?

          Chi, chi gli oltraggia? Abner, tu forse? Questi

          son sangue mio; nol sai?... Taci: rimembra...

Gionata. Ah! sí; noi siam tuo sangue; e per te tutto

          il nostro sangue a dar siam presti...

Micol.                               O padre,

          ascolto io forse i miei privati affetti,

          quand'io lo sposo a te richieggo? Il prode

          tuo difensore, d'Israèl la forza,

          l'alto terror de' Filistei ti chieggo.

          Nell'ore tue fantastiche di noia,

          ne' tuoi funesti pensieri di morte,

          David fors'ei non ti porgea sollievo

          col celeste suo canto? or di': non era

          ei, quasi raggio alle tenèbre tue?

Gionata. Ed io; tu il sai, se un brando al fianco io cinga;

          ma; ov'è il mio brando, se i sonanti passi

          del guerrier dei guerrier norma non danno

          ai passi miei? Si parleria di pugna,

          se David qui? vinta saria la guerra.

Saul. Oh scorsa etade!... Oh di vittoria lieti

          miei gloriosi giorni!... Ecco, schierati

          mi si appresentan gli alti miei trionfi.

          Dal campo io riedo, d'onorata polve

          cosperso tutto, e di sudor sanguigno:

          infra l'estinto orgoglio, ecco, io passeggio;

          e al Signor laudi... Al Signor, io?... Che parlo?... -

          Ferro ha gli orecchi alla mia voce Iddio;

          muto è il mio labro... Ov'è mia gloria? dove,

          dov'è de' miei nemici estinti il sangue?...

Gionata. Tutto avresti in Davíd.

Micol.                                        Ma, non è teco

          quel David, no: dal tuo cospetto in bando

          tu il cacciavi, tu spento lo volevi...

          David, tuo figlio; l'opra tua piú bella;

          docil, modesto, piú che lampo ratto

          nell'obbedirti; ed in amarti caldo,

          piú che i propri tuoi figli. Ah! padre, lascia...

Saul. Il pianto (oimè!) su gli occhi stammi? al pianto

          inusitato, or chi mi sforza?... Asciutto

          lasciate il ciglio mio.

Abner.          Meglio sarebbe

          ritrarti, o re, nel padiglione. In breve

          presta a pugnar la tua schierata possa

          io mostrerotti. Or vieni; e te convinci,

          che nulla è in David...

Scena 3

David.                    La innocenza tranne.

Saul. Che veggio?

Micol.           Oh ciel!

Gionata.                           Che festi?

Abner.                              Audace...

Gionata.                                              Ah! padre...

Micol. Padre, ei m'è sposo; e tu mel desti.

Saul.                                                   Oh vista!

David. Saúl, mio re; tu questo capo chiedi;

          già da gran tempo il cerchi; ecco, io tel reco;

          troncalo, è tuo.

Saul.                      Che ascolto?... Oh David,... David!

          Un Iddio parla in te: qui mi t'adduce

          oggi un Iddio...

David.           Sí, re; quei, ch'è sol Dio;

          quei, che già in Ela me timido ancora i

          nesperto garzon spingeva a fronte

          di quel superbo gigantesco orgoglio

          del fier Goliatte tutto aspro di ferro:

          quel Dio, che poi su l'armi tue tremende

          a vittoria vittoria accumulava:

          e che, in sue mire imperscrutabil sempre,

          dell'oscuro mio braccio a lucid'opre

          valer si volle: or sí, quel Dio mi adduce

          a te, con la vittoria. Or, qual piú vuoi,

          guerriero, o duce, se son io da tanto,

          abbimi. A terra pria cada il nemico:

          sfumino al soffio aquilonar le nubi,

          che al soglio tuo si ammassano dintorno:

          men pagherai poscia, o Saúl, con morte.

          Né un passo allora, né un pensier costarti

          il mio morir dovrà. Tu, re, dirai:

          David sia spento: e ucciderammi tosto

Abner. - Non brando io cingerò né scudo;

          nella reggia del mio pieno signore

          a me disdice ogni arme, ove non sia

          pazienza, umiltade, amor, preghiere,

          ed innocenza. Io deggio, se il vuol Dio,

          perir qual figlio tuo, non qual nemico.

          Anco il figliuol di quel primiero padre

          del popol nostro, in sul gran monte il sangue

          era presto a donar; né un motto, o un cenno

          fea, che non fosse obbedienza: in alto

          già l'una man pendea per trucidarlo,

          mentre ei del padre l'altra man baciava. -

          Diemmi l'esser Saúl; Saúl mel toglie:

          per lui s'udia il mio nome, ei lo disperde:

          ei mi fea grande, ei mi fa nulla.

Saul.                                                   Oh! quale

          dagli occhi antichi miei caligin folta

          quel dir mi squarcia! Oh qual nel cor mi suona!... -

          David, tu prode parli, e prode fosti;

          ma, di superbia cieco, osasti poscia

          me dispregiar; sovra di me innalzarti;

          furar mie laudi, e ti vestir mia luce.

          E s'anco io re non t'era, in guerrier nuovo,

          spregio conviensi di guerrier canuto?

          Tu, magnanimo in tutto, in ciò non l'eri.

          Di te cantavan d'Israèl le figlie:

          "Davidde, il forte, che i suoi mille abbatte;

          Saúl, suoi cento". Ah! mi offendesti, o David,

          nel piú vivo del cor. Che non dicevi?

          "Saúl, ne' suoi verdi anni, altro che i mille,

          le migliaia abbatteva: egli è il guerriero;

          ei mi creò".

David.           Ben io 'l dicea; ma questi,

          he del tuo orecchio già tenea le chiavi,

          dicea piú forte: "Egli è possente troppo

          David: di tutti in bocca, in cor di molti;

          se non l'uccidi tu, Saúl, chi 'l frena?" -

          Con minor arte, e verità piú assai,

          Abner, al re che non dicevi? "Ah David troppo

          è miglior di me; quindi io lo abborro;

          quindi lo invidio, e temo; e spento io 'l voglio".

Abner. Fellone; e il dí, che di soppiatto andavi

          co' tuoi profeti a susurrar consigli;

          quando al tuo re segreti lacci infami

          tendevi; e quando a' Filistei nel grembo

          ti ricovravi; e fra nemici impuri

          profani dí traendo, ascose a un tempo

          pratiche ognor fra noi serbavi: or questo,

          il dissi io forse? o il festi tu? Da prima,

          chi piú di me del signor nostro in core

          ti pose? A farti genero, chi 'l mosse?

          Abner fu solo...

Micol.                     Io fui: Davide in sposo,

          io dal padre l'ottenni; io il volli; io, presa

          di sue virtudi. Egli il sospir mio primo,

          il mio pensier nascoso; ei la mia speme

          era; ei sol, la mia vita. In basso stato

          anco travolto, in povertà ridotto,

          sempre al mio cor giovato avria piú David,

          ch'ogni alto re, cui l'oriente adori.

Saul. Ma tu, David, negar, combatter puoi

          d'Abner le accuse? Or, di': non ricovrasti

          tra' Filistei? nel popol mio d'iniqua

          ribellione i semi non spandesti?

          La vita stessa del tuo re, del tuo

          secondo padre, insidiata forse

          non l'hai piú volte?

David.                    Ecco; or per me risponda

          questo, già lembo del regal tuo manto.

          Conoscil tu? Prendi; il raffronta.

Saul.                                                   Dammi.

          Che veggio? è mio; nol niego... Onde l'hai tolto?...

David. Di dosso a te, dal manto tuo, con questo

          mio brando, io stesso, io lo spiccai. - Sovvienti

          d'Engadda? Là, dove tu me proscritto

          barbaramente perseguivi a morte;

          là, trafugato senza alcun compagno

          nella caverna, che dal fonte ha nome,

          io m'era: ivi, tu solo, ogni tuo prode

          lasciato in guardia alla scoscesa porta,

          su molli coltri in placida quiete

          chiudevi al sonno gli occhi... Oh ciel! tu, pieno

          l'alma di sangue e di rancor, dormivi?

          Vedi, se Iddio possente a scherno prende

          disegni umani! ucciderti, a mia posta,

          e me salvar potea, per altra uscita:

          io il potea quel tuo lembo assai tel prova.

          Tu re, tu grande, tu superbo, in mezzo

          a stuol d'armati; eccoti in man del vile

          giovin proscritto... Abner, il prode, ov'era, dov'era a

          llor? Cosí tua vita ei guarda?

          serve al suo re cosí? Vedi, in cui posto

          hai tua fidanza; e in chi rivolto hai l'ira. -

          Or, sei tu pago? Or l'evidente segno

          non hai, Saúl, del cor, della innocenza,

          e della fede mia? non l'evidente

          segno del poco amor, della maligna

          invida rabbia, e della guardia infida

          di questo Abner?...

Saul.                      Mio figlio, hai vinto;... hai vinto.

          Abner, tu mira; ed ammutisci.

Micol.                                                  Oh gioia!

David. Oh padre!...

Gionata.                  Oh dí felice!

Micol.                                        Oh sposo!...

Saul.                                                            Il giorno,

          sí, di letizia, e di vittoria, è questo.

          Te duce io voglio oggi alla pugna: il soffra

          Abner; ch'io 'l vo'. Gara fra voi non altra,

          che in piú nemici esterminare, insorga.

          Gionata, al fianco al tuo fratel d'amore

          combatterai: mallevador mi è David

          della tua vita; e della sua tu il sei.

Gionata. Duce Davíd, mallevadore è Iddio.

Micol. Dio mi ti rende: ei salveratti...

Saul.                                                   Or, basta.

          Nel padiglion, pria della pugna, o figlio,

          vieni un tal poco a ristorarti. Il lungo

          duol dell'assenza la tua sposa amata

          rattempreratti: intanto di sua mano

          ella ti mesca, e ti ministri a mensa.

          Deh! figlia, (il puoi tu sola) ammenda in parte

          del genitor gli involontari errori.

Atto III

Scena 1

Abner. Eccomi: appena dal convito or sorge

          il re, ch'io vengo a' cenni tuoi.

David.                                       Parlarti

          a solo a solo io volli.

Abner.                    Udir vuoi forse

          della prossima pugna?...

David.                              E dirti a un tempo,

          che me non servi; ma ch'entrambi al pari

          il popol nostro, il nostro re, l'eccelso

          Dio d'Israèl serviamo. Altro pensiero

          in noi, deh! no, non entri.

Abner.                              Io, pel re nostro,

          del di cui sangue io nasco, in campo il brando

          sanguinoso rotai, già pria che il fischio

          ivi si udisse di tua fionda...

David.                              Il sangue

          del re non scorre entro mie vene: a tutti

          noti sono i miei fatti: io non li vanto:

          Abner li sa. - Deh! nell'obblio sepolti

          sian pur da te; sol ti rammenta i tuoi:

          emulo di te stesso, oggi tu imprendi

          a superar solo te stesso.

Abner.                              Il duce

          io mi credea finor: David non v'era:

          tutto ordinar per la vittoria quindi

          osai: s'io duce esser potessi, or l'odi. -

          Incontro a noi, da borea ad austro, giace

          per lungo, in valle, di Filiste il campo.

          Folte macchie ha da tergo; è d'alti rivi

          munito in fronte: all'oriente il chiude

          non alto un poggio, di lieve pendío

          ver esso, ma di scabro irsuto dorso

          all'opposto salire: un'ampia porta

          s'apre fra' monti all'occidente, donde

          per vasto piano infino al mar sonante

          senza ostacol si varca. Ivi, se fatto

          ci vien di trarvi i Filistei, fia vinta

          da noi la guerra. é d'uopo a ciò da pria

          finger ritratta. In tripartita schiera

          piegando noi da man manca nel piano,

          giriamo in fronte il destro loro fianco.

          La schiera prima il passo affretta, e pare

          fuggirsene; rimane la seconda

          lenta addietro, in scomposte e rade file,

          certo invito ai nemici. Intanto, scelti

          piú prodi de' nostri, il duro poggio

          soverchiato han dall'oriente, e a tergo

          riescon sovra il rio nemico. In fronte,

          dalle spalle, e dai lati, eccolo, è chiuso;

          eccone fatto aspro macello intero.

David. Saggio e prode tu al pari. All'ordin tuo,

          nulla cangiare, Abner, si debbe. Io laudo

          virtude ov'è: sarò guerrier, non duce:

          e alla tua pugna il mio venir null'altro

          aggiungerà, che un brando.

Abner.                              Il duce è David:

          di guerra il mastro è David. Chi combatte,

          fuorch'egli, mai?

David.           Chi men dovria mostrarsi

          invidio, ch'Abner, poich'ei val cotanto?

          Ottimo, ovunque io 'l miri, è il tuo disegno.

          Gionata ed io, di qua, verso la tenda

          di Saúl schiereremci; oltre, ver l'orsa,

          Us passerà; Sadòc, con scelti mille,

          salirà il giogo; e tu, coi piú, terrai

          della battaglia il corpo.

Abner.                              A te si aspetta;

          loco è primiero.

David.                    E te perciò vi pongo. -

          Ascende il sole ancora: il tutto in punto

          terrai tu intanto; ma non s'odan trombe,

          fin che al giorno quattr'ore avanzin sole.

          Spira un ponente impetuoso, il senti;

          il sol negli occhi, e la sospinta polve,

          anco per noi combatteran da sera.

Abner. Ben dici.

David.           Or, va'; comanda: e a te con basse

          arti di corte, che ignorar dovresti,

          pregio non tor di capitan, cui merti.

Scena 2

David. Astuto è l'ordin della pugna, ed alto. -

          Ma, il provveder di capitan, che giova,

          s'ei de' soldati il cor non ha? Ciò solo

          ad Abner manca; e a me il concede Iddio.

          Oggi si vinca, e al dí novel si lasci

          un'altra volta il re; ch'esser non puote

          per me mai pace al fianco suo... Che dico?

          nuova palma or mi fia nuovo delitto.

Scena 3

Micol. Sposo, non sai? Da lieta mensa il padre

          sorgeva appena, Abner ver lui si trasse,

          e un istante parlavagli: io m'inoltro,

          egli esce; il re già quel di pria non trovo.

David. Ma pur, che disse? in che ti parve?...

Micol.                                                           Egli era

          dianzi tutto per noi; con noi piangea;

          ci abbracciava a vicenda; e da noi stirpe

          s'iva augurando di novelli prodi,

          quasi alla sua sostegno; ei piú che padre

          pareane ai detti: or, piú che re mi apparve.

David. Deh! pria del tempo, non piangere, o sposa:

          Saulle è il re; farà di noi sua voglia.

          Sol ch'ei non perda oggi la pugna; il crudo

          suo pensier contro me doman ripigli;

          ripiglierò mio stato abbietto, e il duro

          bando, e la fuga, e l'affannosa vita.

          Vera e sola mia morte emmi il lasciarti:

          e il dovrò pure... Ahi vana speme! infauste

          nozze per te! Giocondo e regio stato

          altro sposo a te dava; ed io tel tolgo.

          Misero me!... Né d'ampia prole, e lieta,

          padre puoi far me tuo consorte errante,

          e fuggitivo sempre...

Micol.                               Ah! no; divisi

          piú non saremo: dal tuo sen strapparmi

          niuno ardirà. Non riedo io no, piú mai,

          a quella vita orribile, ch'io trassi

          priva di te: m'abbia il sepolcro innanzi.

          In quella reggia del dolore io stava

          sola piangente, i lunghi giorni; e l'ombre

          l'aspetto mi adducean d'orrende larve.

          Or, sopra il capo tuo pender vedea

          del crudo padre il ferro; e udia tue voci

          dolenti, lagrimose, umili, tali

          da trar del petto ogni piú atroce sdegno;

          e sí l'acciar pur t'immergeva in core

          il barbaro Saulle: or, tra' segreti

          avvolgimenti di negra caverna,

          vedeati far di dure selci letto;

          e ad ogni picciol moto il cor balzarti

          tremante; e in altra ricovrarti; e quindi

          in altra ancor; né ritrovar mai loco,

          né quiete, né amici: egro, ansio,

          stanco... da cruda sete travagliato... Oh cielo!...

          Le angosce, i dubbi, il palpitar mio lungo

          poss'io ridir? - Mai piú, no, non ti lascio;

          mai piú...

David. Mi strappi il cor: deh! cessa... Al sangue,

          e non al pianto, questo giorno è sacro.

Micol. Pur ch'oggi inciampo al tuo pugnar non nasca.

          Per te non temo io la battaglia; hai scudo

          di certa tempra, Iddio: ma temo, ch'oggi

          dal perfid'Abner impedita, o guasta,

          non ti sia la vittoria.

David.                    E che? ti parve

          dubbio il re d'affidarmi oggi l'impresa?

Micol. Ciò non udii; ma forte accigliato era,

          e susurrava non so che, in se stesso,

          di sacerdoti traditor; d'ignota

          gente nel campo; di virtú mentita...

          rotte parole, oscure, dolorose,

          tremende, a chi di David è consorte,

          e di Saulle è figlia.

David.                    Eccolo: si oda.

Micol. Giusto Iddio, deh! soccorri oggi al tuo servo:

          l'empio confondi; il genitor rischiara;

          salva il mio sposo; il popol tuo difendi.

Scena 4

Gionata. Deh! vieni, amato padre; a' tuoi pensieri

          da' tregua un poco: or l'aura aperta e pura

          ti fia ristoro; vieni: alquanto siedi

          tra i figli tuoi.

Saul.                      ... Che mi si dice?

Micol.                                                  Ah! padre!...

Saul. Chi sete voi?... Chi d'aura aperta e pura

          qui favellò?... Questa? è caligin densa;

          tenebre sono; ombra di morte... Oh! mira;

          piú mi t'accosta; il vedi? il sol dintorno

          cinto ha di sangue ghirlanda funesta...

          Odi tu canto di sinistri augelli?

          Lugúbre un pianto sull'aere si spande,

          che me percuote, e a lagrimar mi sforza...

          Ma che? Voi pur, voi pur piangete?...

Gionata.                                                        O sommo

          Dio d'Israello, or la tua faccia hai tolta

          dal re Saúl cosí? lui, già tuo servo,

          lasci or cosí dell'avversario in mano?

Micol. Padre, hai la figlia tua diletta al fianco:

          se lieto sei, lieta è pur ella; e piange,

          se piangi tu... Ma, di che pianger ora?

          gioia tornò.

Saul.                      David, vuoi dire. Ah!... David...

          deh! perché non mi abbraccia anch'ei co' figli?

David. Oh padre!... Addietro or mi tenea temenza

          di non t'esser molesto. Ah! nel mio core

          perché legger non puoi? son sempre io teco.

Saul. Tu... di Saulle... ami la casa dunque?

David. S'io l'amo? Oh ciel! degli occhi miei pupilla

          Gionata egli è; per te, periglio al mondo

          non conosco, né curo: e la mia sposa,

          dica, se il può, ch'io nol potrei, di quanto,

          di quale amore io l'amo...

Saul.                                         Eppur, te stesso

          stimi tu molto...

David.           Io, me stimare?... In campo

          non vil soldato, e tuo genero in corte

          mi tengo; e innanzi a Dio, nulla mi estimo.

Saul. Ma, sempre a me d'Iddio tu parli; eppure,

          ben tu il sai, da gran tempo, hammi partito

          da Dio l'astuta ira crudel tremenda

          de' sacerdoti. Ad oltraggiarmi, il nomi?

David. A dargli gloria, io 'l nomo. Ah! perché credi,

          ch'ei piú non sia con te? Con chi nol vuole,

          non sta: ma, a chi l'invoca, a chi riposto

          tutto ha se stesso in lui, manca egli mai?

          Ei sul soglio chiamotti; ei vi ti tiene:

          sei suo, se in lui, ma se in lui sol, ti affidi.

Saul. Chi dal ciel parla?... Avviluppato in bianca

          stola è costui, che il sacro labro or schiude?

          vediamlo... Eh no: tu sei guerriero, e il brando

          cingi: or t'inoltra; appressati; ch'io veggia,

          se Samuèle o David mi favella. -

          Qual brando è questo? ei non è già lo stesso

          ch'io di mia man ti diedi...

David.                              équesto il brando,

          cui mi acquistò la povera mia fionda.

          Brando, che in Ela a me pendea tagliente

          sul capo; agli occhi orribil lampo io 'l vidi

          balenarmi di morte, in man del fero

          Goliàt gigante: ei lo stringea: ma stavvi

          rappreso pur, non già il mio sangue, il suo.

Saul. Non fu quel ferro, come sacra cosa,

          appeso in Nobbe al tabernacol santo?

          Non fu nell'Efod mistico ravvolto,

          e cosí tolto a ogni profana vista?

          consecrato in eterno al Signor primo?...

David. Vero è; ma...

Saul.                      Dunque, onde l'hai tu? Chi ardiva

          dartelo? chi?...

David.           Dirotti. Io fuggitivo,

          inerme in Nob giungea: perché fuggissi,

          tu il sai. Piena ogni via di trista gente,

          io, senza ferro, a ciascun passo stava

          tra le fauci di morte. Umíl la fronte

          prosternai là nel tabernacol, dove

          scende d'Iddio lo spirto: ivi, quest'arme,

          (cui s'uom mortal riadattarsi al fianco

          potea, quell'uno esser potea ben David)

          la chiesi io stesso al sacerdote.

Saul.                                                   Ed egli?...

David. Diemmela.

Saul.                      Ed era?

David.                    Achimelèch.

Saul.                                                   Fellone.

          Vil traditore... Ov'è l'altare?... oh rabbia!...

          Ahi tutti iniqui! traditori tutti!...

          d'Iddio nemici; a lui ministri, voi?...

          Negr'alme in bianco ammanto... Ov'è la scure?...

          Ov'è l'altar? si atterri... Ov'è l'offerta?

          svenarla io voglio...

Micol.                               Ah padre!

Gionata.                                              Oh ciel! che fai?

          ove corri? che parli?... Or, deh! ti placa:

          non havvi altar; non vittima; rispetta

          nei sacerdoti Iddio, che sempre t'ode.

Saul. Chi mi rattien?... Chi di seder mi sforza?...

          Chi a me resiste?...

Gionata.                           Padre...

David.                              Ah! tu il soccorri,

          alto Iddio d'Israèle: a te si prostra,

          te ne scongiura il servo tuo.

Saul.                                         La pace

          mi è tolta; il sole, il regno, i figli, l'alma,

          tutto mi è tolto!... Ahi Saúl infelice!

          chi te consola? al brancolar tuo cieco,

          chi è scorta, o appoggio?... I figli tuoi, son muti;

          duri son, crudi... Del vecchio cadente

          sol si brama la morte: altro nel core

          non sta dei figli, che il fatal diadema,

          che il canuto tuo capo intorno cinge.

          Su strappatelo, su: spiccate a un tempo

          da questo omai putrido tronco il capo

          tremolante del padre... Ahi fero stato!

          meglio è la morte. Io voglio morte...

Micol.                                                  Oh padre!...

          noi vogliam tutti la tua vita: a morte

          ognun di noi, per te sottrarne, andrebbe...

Gionata. -Or, poiché in pianto il suo furor già stemprasi,

          deh! la tua voce, a ricomporlo in calma,

          muovi, o fratello. In dolce oblio l'hai ratto

          già tante volte con celesti carmi.

Micol. Ah! sí; tu il vedi, all'alitante petto

          manca il respiro; il già feroce sguardo

          nuota in lagrime: or tempo è di prestargli

          l'opra tua.

David.           Deh! per me, gli parli Iddio. -

          "O tu, che eterno, onnipossente, immenso,

          siedi sovran d'ogni creata cosa;

          tu, per cui tratto io son dal nulla, e penso,

          e la mia mente a te salir pur osa;

          tu, che se il guardo inchini, apresi il denso

          abisso, e via non serba a te nascosa;

          se il capo accenni, trema lo universo;

          se il braccio innalzi, ogni empio ecco è disperso:

          già su le ratte folgoranti piume

          di Cherubin ben mille un dí scendesti;

          e del tuo caldo irresistibil nume

          il condottiero d'Israello empiesti:

          di perenne facondia a lui tu fiume,

          tu brando, e senno, e scudo a lui ti festi;

          deh! di tua fiamma tanta un raggio solo

          nubi-fendente or manda a noi dal polo.

          Tenebre e pianto siamo..."

Saul.                                         Odo io la voce

          di David?... Trammi di mortal letargo:

          folgor mi mostra di mia verde etade.

David. "Chi vien, chi vien, ch'odo e non veggo? Un nembo

          negro di polve rapido veleggia

          dal torbid'euro spinto. -

          Ma già si squarcia; e tutto acciar lampeggia

          dai mille e mille, ch'ei si reca in grembo...

          Ecco, qual torre, cinto

          Saúl la testa d'infuocato lembo.

          Traballa il suolo al calpestío tonante

          d'armi e destrieri:

          la terra, e l'onda, e il cielo è rimbombante

          d'urli guerrieri.

          Saúl si appressa in sua terribil possa;

          carri, fanti, destrier sossopra ei mesce:

          gelo, in vederlo, scorre a ogni uom per l'ossa;

          lo spavento d'Iddio dagli occhi gli esce.

          Figli di Ammòn, dov'è la ria baldanza?

          dove gli spregi, e l'insultar, che al giusto

          popol di Dio già feste?

          Ecco ora il piano ai vostri corpi angusto;

          ecco, a noi messe sanguinosa avanza

          di vostre tronche teste:

          ecco ove mena in falsi iddii fidanza. -

          Ma, donde ascolto altra guerriera tromba

          mugghiar repente?

          é il brando stesso di Saúl, che intomba

          d'Edom la gente.

          Cosí Moàb, Soba cosí sen vanno,

          con l'iniqua Amalèch, disperse in polve:

          Saúl, torrente al rinnovar dell'anno,

          tutto inonda, scompon, schianta, travolve".

Saul. Ben questo è grido de' miei tempi antichi,

          che dal sepolcro a gloria or mi richiama.

          Vivo, in udirlo, ne' miei fervidi anni... -

          Che dico?... ahi lasso! a me di guerra il grido

          si addice omai?... L'ozio, l'oblio, la pace,

          chiamano il veglio a sé.

David.                              Pace si canti. -

          "Stanco, assetato, in riva

          del fiumicel natío,

          siede il campion di Dio,

          all'ombra sempre-viva

          del sospirato alloro.

          Sua dolce e cara prole,

          nel porgergli ristoro,

          del suo affanno si duole,

          ma del suo rieder gode;

          e pianger ciascun s'ode

          teneramente,

          soavemente

          sí, che il dir non v'arriva.

                   L'una sua figlia slaccia

          l'elmo folgoreggiante;

          e la consorte amante,

          sottentrando, lo abbraccia:

          l'altra, l'augusta fronte

          dal sudor polveroso

          terge, col puro fonte:

          quale, un nembo odoroso

          di fior sovr'esso spande:

          qual, le man venerande

          di pianto bagna:

          e qual si lagna,

          piú ch'ella faccia.

                   Ma ferve in ben altr'opra

          lo stuol del miglior sesso.

          Finché venga il suo amplesso,

          qui l'un figlio si adopra

          in rifar mondo e terso

          lo insanguinato brando:

          là, d'invidia cosperso,

          dice il secondo: e quando

          palleggerò quest'asta,

          cui mia destra or non basta?

          Lo scudo il terzo,

          con giovin scherzo,

          prova come il ricopra

                   Di gioia lagrima

          su l'occhio turgido

          del re si sta:

          ch'ei di sua nobile

          progenie amabile

          è l'alma, e il sa.

                   Oh bella la pace!

                   Oh grato il soggiorno,

          là dove hai dintorno

          amor sí verace,

          sí candida fé!

                   Ma il sol già celasi;

          tace ogni zeffiro;

          e in sonno placido

          sopito è il re". -

Saul. Felice il padre di tal prole! Oh bella

          pace dell'alma!... Entro mie vene un latte

          scorrer mi sento di tutta dolcezza... -

          Ma, che pretendi or tu? Saúl far vile

          infra i domestich'ozi? Il pro' Saulle

          di guerra or forse arnese inutil giace?

David. "Il re posa, ma i sogni del forte

          con tremende sembianze gli vanno

          presentando i fantasmi di morte.

          Ecco il vinto nemico tiranno,

          di sua man già trafitto in battaglia;

          ombra orribil, che omai non fa danno.

          Ecco un lampo, che tutti abbarbaglia...

          Quel suo brando, che ad uom non perdona,

          e ogni prode al codardo ragguaglia. -

          Tal, non sempre la selva risuona

          del Leone al terribil ruggito,

          ch'egli in calma anco i sensi abbandona;

                   né il tacersi dell'antro romito

          all'armento già rende il coraggio;

          né il pastor si sta men sbigottito,

                   ch'ei sa, ch'esce a piú sangue ed oltraggio.

                             Ma il re già già si desta:

                   armi, armi, ei grida.

                   Guerriero omai qual resta?

                   Chi, chi lo sfida?

                   Veggio una striscia di terribil fuoco,

          cui forza è loco - dien le ostili squadre.

          Tutte veggio adre - di sangue infedele

          l'armi a Israèle. - Il fero fulmin piomba,

          sasso di fromba - assai men ratto fugge,

          di quel che strugge - il feritor sovrano,

          col ferro in mano. - A inarrivabil volo,

          fin presso al polo - aquila altera ei stende

          le reverende - risuonanti penne,

          cui da Dio tenne, - ad annullar quegli empi,

          che in falsi tempi - han simulacri rei

          fatti lor Dei. - Già da lontano io 'l seguo;

          e il Filisteo perseguo,

          e incalzo, e atterro, e sperdo; e assai ben mostro

          che due spade ha nel campo il popol nostro".

Saul. Chi, chi si vanta? Havvi altra spada in campo,

          che questa mia, ch'io snudo? Empio è, si uccida,

          pera, chi la sprezzò.

Micol.                               T'arresta: oh cielo!...

Gionata. Padre! che fai?...

David.                    Misero re!

Micol.                                                  Deh! fuggi...

          a gran pena il teniam; deh! fuggi, o sposo.

Scena 5

Micol. O padre amato,... arrestati...

Gionata.                                     T'arresta...

Saul. Chi mi rattien? chi ardisce?... Ov'è il mio brando?

          Mi si renda il mio brando...

Gionata.                           ... Ah! con noi vieni,

          diletto padre: io non ti lascio ir oltre.

          Vedi, non è co' figli tuoi persona:

          con noi ritorna alla tua tenda: hai d'uopo

          or di quiete. Ah! vieni: ogni ira cessi;

          stai co' tuoi figli...

Micol.           E gli avrai sempre al fianco...

Atto IV

Scena 1

Micol. Gionata, dimmi; al padiglion del padre

          può tornare il mio sposo?

Gionata.                                     Ah! no: placato

          non è con lui Saúl; benché in se stesso

          sia appien tornato: ma profonda è troppo

          in lui la invidia; e fia il sanarla lungo.

          Torna al tuo sposo, e nol lasciare.

Micol.                                        Ahi lassa!...

          Chi piú di me infelice?... Io l'ho nascosto

          sí ben, ch'uom mai nol troveria: men riedo

          ver esso dunque.

Gionata.                           Oh cielo! ecco, sen viene

          turbato il padre: ei mai non trova stanza.

Micol. Misera me!... Che gli dirò?... Sottrarmi

          voglio...

Scena 2

Saul.            Chi fugge al venir mio? Tu, donna?

Micol. Signor...

Saul.            Davide ov'è?

Micol.                               ... Nol so...

Saul.                                                   Nol sai?

Gionata. Padre...

Saul. Cercane; va'; qui tosto il traggi.

Micol. Io rintracciarlo?... or,... dove?

Saul.                                         Il re parlotti,

          e obbedito non l'hai?

Scena 3

Saul.                                         Gionata, m'ami?...

Gionata. Oh padre!... Io t'amo: ma ad

          un tempo io cara

          tengo la gloria tua: quindi, ai non giusti

          impeti tuoi, qual figlio opporsi il puote,

          io mi oppongo talvolta.

Saul.                                Al padre il braccio

          spesso rattieni tu: ma, quel mio ferro,

          che ad altri in petto immerger non mi lasci,

          nel tuo petto il ritorci. Or serba, serba

          codesto David vivo; in breve ei fia...

          Voce non odi entro il tuo cor, che grida?

          "David fia 'l re." - David? fia spento innanzi.

Gionata. E nel tuo cuore, in piú terribil voce,

          Dio non ti grida? "Il mio diletto è David;

          uom del Signore egli è". Tal nol palesa

          ogni atto suo? La fera invida rabbia

          d'Abner, non fassi al suo cospetto muta?

          Tu stesso, allor che in te rientri, al solo

          apparir suo, non vedi i tuoi sospetti

          sparir, qual nebbia del pianeta al raggio?

          E quando in te maligno spirto riede,

          credi tu allor, ch'io tel rattenga, il braccio?

          Dio tel rattiene. Il mal brandito ferro

          gli appunteresti al petto appena, e tosto

          forza ti fora il ritrarlo: cadresti

          tu stesso in pianto a' piedi suoi; tu padre,

          pentito, sí: ch'empio, nol sei...

Saul.                                         Pur troppo,

          vero tu parli. Inesplicabil cosa

          questo David per me. Non pria veduto

          io l'ebbi in Ela, che a' miei sguardi ei piacque,

          ma al cor non mai. Quando ad amarlo io presso

          quasi sarei, feroce sdegno piomba

          in mezzo, e men divide: il voglio appena

          spento, s'io il veggo, ei mi disarma, e colma

          di maraviglia tanta, ch'io divento

          al suo cospetto un nulla... Ah! questa al certo,

          vendetta è questa della man sovrana.

          Or comincio a conoscerti, o tremenda

          mano... Ma che? donde cagione io cerco?...

          Dio, non l'offesi io mai: vendetta è questa

          de' sacerdoti. Egli è stromento David

          sacerdotale, iniquo: in Rama ei vide

          Samuèl moribondo: a lui gli estremi

          detti parlava l'implacabil veglio.

          Chi sa, chi sa, se il sacro olio celeste,

          ond'ei mia fronte unse già pria, versato

          non ha il fellon su la nemica testa?

          Forse tu il sai... Parla... Ah! sí, il sai: favella.

Gionata. Padre, nol so: ma, se pur fosse,

          io forse al par di te di ciò tenermi offeso

          or non dovrei? non ti son figlio io primo?

          Ove tu giaccia co' tuoi padri, il trono

          non destini tu a me? S'io dunque taccio,

          chi può farne querela? Assai mi avanza

          in coraggio, in virtude, in senno, in tutto,

          David: quant'ei piú val, tanto io piú l'amo.

          Or, se chi dona e toglie i regni, il desse

          a David mai, prova maggior qual altra

          poss'io bramarne? ei piú di me n'è degno:

          e condottier de' figli suoi lo appella

          ad alte cose Iddio. - Ma intanto, io giuro,

          che a te suddito fido egli era sempre,

          e leal figlio. Or l'avvenir concedi

          a Dio, cui spetta: ed il tuo cor frattanto

          contro Dio, contro il ver, deh! non s'induri.

          Se in Samuèl non favellava un Nume,

          come, con semplice atto, infermo un veglio,

          già del sepolcro a mezzo, oprar potea

          tanto per David mai? Quel misto ignoto

          d'odio e rispetto, che per David senti;

          quel palpitar della battaglia al nome,

          (timor da te non conosciuto in pria)

          donde ti vien, Saulle? Havvi possanza

          d'uom, che a ciò basti?...

Saul.                                Oh! che favelli? figlio

          di Saúl tu? - Nulla a te cal del trono? -

          Ma, il crudel dritto di chi 'l tien, nol sai?

          Spenta mia casa, e da radice svelta

          fia da colui, che usurperà il mio scettro.

          I tuoi fratelli, i figli tuoi, tu stesso...

          non rimarrà della mia stirpe nullo...

          O ria di regno insaziabil sete,

          che non fai tu? Per aver regno, uccide

          il fratello il fratel; la madre i figli;

          la consorte il marito; il figlio il padre...

          Seggio è di sangue, e d'empietade, il trono.

Gionata. Scudo havvi d'uom contro al celeste brando?

          Non le minacce, i preghi allentar ponno

          l'ira di Dio terribil, che il superbo

          rompe, e su l'umil lieve lieve passa.

Scena 4

Abner. Re, s'io ti torno innante, anzi che rivi

          scorran per me dell'inimico sangue,

          alta cagione a ciò mi sforza. Il prode

          Davidde, il forte, in cui vittoria è posta,

          non è chi il trovi. Un'ora manca appena

          alla prefissa pugna: odi, frementi

          d'impaziente ardore, i guerrier l'aure

          empier di strida; e ribombar la terra

          al flagellar della ferrata zampa

          de' focosi destrieri: urli, nitríti,

          sfolgoreggiar d'elmi e di brandi, e tuoni

          da metter core in qual piú sia codardo;...

          David, chi 'l vede? - ei non si trova. - Or, mira,

          (soccorso in ver del ciel!) mira chi in campo

          in sua vece si sta. Costui, che in molle

          candido lin sacerdotal si avvolge,

          furtivo in campo, ai Beniamíti accanto,

          si appiattava tremante. Eccolo; n'odi

          l'alta cagion, che a tal periglio il guida.

Achimelech. Cagion dirò, s'ira di re nol vieta...

Saul. Ira di re? tu dunque, empio, la merti?...

          Ma, chi se' tu?... Conoscerti ben parmi.

          Del fantastico altero gregge sei

          de' veggenti di Rama?

Achimelech.                                Io vesto l'Efod:

          io, dei Leviti primo, ad Aròn santo,

          nel ministero a che il Signor lo elesse,

          dopo lungo ordin d'altri venerandi

          sacerdoti, succedo. All'arca presso,

          in Nobbe, io sto: l'arca del patto sacra,

          stava anch'ella altre volte al campo in mezzo:

          troppo or fia, se vi appare, anco di furto,

          il ministro di Dio: straniera merce

          è il sacerdote, ove Saulle impera:

          pur non l'è, no, dove Israèl combatte;

          se in Dio si vince, come ognor si vinse -.

          Me non conosci tu? qual maraviglia?

          e te stesso conosci? - I passi tuoi

          ritorti hai dal sentier, che al Signor mena;

          ed io là sto, nel tabernacol, dove

          stanza ha il gran Dio; là dove, è già gran tempo,

          piú Saúl non si vede. Il nome io porto

          d'Achimelèch.

Saul.                      Un traditor mi suona

          tal nome: or ti ravviso. In punto giungi

          al mio cospetto. Or di', non sei tu quegli,

          che all'espulso Davidde asilo davi,

          e securtade, e nutrimento, e scampo,

          ed armi? E ancor, qual arme! il sacro brando

          del Filisteo, che appeso in voto a Dio

          stava allo stesso tabernacol, donde

          tu lo spiccavi con profana destra.

          E tu il cingevi al perfido nemico

          del tuo signor, del sol tuo re? - Tu vieni,

          fellone, in campo a' tradimenti or vieni:

          qual dubbio v'ha?

Achimelech.             Certo, a tradirti io vengo;

          poiché vittoria ad implorare io vengo

          all'armi tue da Dio, che a te la niega.

          Son io, sí, son, quei che benigna mano

          a un Davidde prestai. Ma, chi è quel David?

          Della figlia del re non egli è sposo?

          Non il piú prode infra i campioni suoi?

          Non il piú bello, il piú umano, il piú giusto

          de' figli d'Israèl? Non egli in guerra,

          tua forza, e ardire? entro la reggia, in pace,

          non ei, col canto, del tuo cor signore?

          Di donzelle l'amor, del popol gioia,

          dei nemici terror; tale era quegli,

          ch'io scampava. E tu stesso, agli onor primi,

          di', nol tornavi or dianzi? e nol sceglievi

          a guidar la battaglia? a ricondurti

          vittoria in campo? a disgombrar temenza

          della rotta, che in cor ti ha posta Iddio? -

          Se danni me, te stesso danni a un tempo

Saul. Or, donde in voi, donde pietade? in voi,

          sacerdoti crudeli, empi, assetati

          di sangue sempre. A Samuèl parea grave

          delitto il non aver io spento

          l'Amalechíta re, coll'armi in mano

          preso in battaglia; un alto re, guerriero

          di generosa indole ardita, e largo

          del proprio sangue a pro del popol suo. -

          Misero re! tratto a me innanzi, in duri

          ceppi ei venía: serbava, ancor che vinto,

          nobil fierezza, che insultar non era,

          né un chieder pur mercé. Reo di coraggio

          parve egli al fero Samuèl: tre volte

          con la sua man sacerdotale il ferro

          nel petto inerme ei gl'immergea. - Son queste,

          queste son, vili, le battaglie vostre.

          Ma, contra il proprio re chi la superba

          fronte innalzar si attenta, in voi sostegno

          trova, e scudo, ed asilo. Ogni altra cura,

          che dell'altare, a cor vi sta. Chi sete,

          chi sete voi? Stirpe malnata, e cruda,

          che dei perigli nostri all'ombra ride;

          che in lino imbelle avvoltolati, ardite

          soverchiar noi sotto l'acciar sudanti:

          noi, che fra il sangue, il terrore, e la morte,

          per le spose, pe' figli, e per voi stessi,

          meniam penosi orridi giorni ognora.

          Codardi, or voi, men che oziose donne,

          con verga vil, con studiati carmi,

          frenar vorreste e i brandi nostri, e noi?

Achimelech. E tu, che sei? re della terra sei:

          ma, innanzi a Dio, chi re? - Saúl rientra

          in te; non sei, che coronata polve.

          Io, per me nulla son; ma fulmin sono,

          turbo, tempesta io son, se in me Dio scende:

          quel gran Dio, che ti fea; che l'occhio appena

          ti posa su; dov'è Saúl? - Le parti

          d'Agàg mal prendi; e nella via d'empiezza

          mal tu ne segui i passi. A un re perverso

          gastigo v'ha, fuor che il nemico brando?

          E un brando fere, che il Signor nol voglia?

          Le sue vendette Iddio nel marmo scrive;

          e le commette al Filisteo non meno,

          che ad Israèl. - Trema, Saúl: già in alto,

          in negra nube, sovr'ali di fuoco

          veggio librarsi il fero angel di morte:

          già, d'una man disnuda ei la rovente

          spada ultrice; dell'altra, il crin canuto

          ei già ti afferra della iniqua testa:

          trema Saúl. - Ve' chi a morir ti spinge:

          costui; quest'Abner, di Satàn fratello;

          questi, che il vecchio cor t'apre a' sospetti;

          che, di sovran guerrier, men che fanciullo

          ti fa. Tu, folle, or di tua casa il vero

          saldo sostegno rimovendo vai.

          Dov'è la casa di Saúl? nell'onda

          fondata ei l'ha; già già crolla; già cade;

          già in cener torna: è nulla già. -

Saul.                                                   Profeta

          de' danni miei, tu pur de' tuoi nol fosti.

          Visto non hai, pria di venirne in campo,

          che qui morresti: io tel predico; e il faccia

          Abner seguire. - Abner mio fido, or vanne;

          ogni ordin cangia dell'iniquo David;

          che un tradimento ogni ordin suo nasconde.

          Doman si pugni, al sol nascente; il puro

          astro esser de' mio testimon di guerra.

          Pensier maligno, io 'l veggio, era di David,

          scegliere il sol cadente a dar nell'oste,

          quasi indicando il cadente mio braccio:

          ma, si vedrà. - Rinvigorir mi sento

          da tue minacce ogni guerrier mio spirto;

          son io 'l duce domane; intero il giorno,

          al gran macello ch'io farò, fia poco. -

          Abner, costui dal mio cospetto or tosto

          traggi, e si uccida...

Gionata.                           Oh ciel! padre, che fai?

          Padre...

Saul.            Taci. - Ei si sveni; e il vil suo sangue

          su' Filistei ricada.

Abner.                    égià con esso

          morte...

Saul.            Ma, è poco a mia vendetta ei solo.

          Manda in Nob l'ira mia, che armenti, e servi,

          madri, case, fanciulli uccida, incenda,

          distrugga, e tutta l'empia stirpe al vento

          disperda. Omai, tuoi sacerdoti a dritto

          dir ben potranno: "Evvi un Saúl". Mia destra,

          da voi sí spesso provocata al sangue,

          non percoteavi mai: quindi sol, quindi,

          lo scherno d'essa.

Achimelech.                      A me il morir da giusto

          niun re può torre: onde il morir mi fia

          dolce non men, che glorioso. Il vostro,

          già da gran tempo, irrevocabilmente

          Dio l'ha fermato. Abner, e tu, di spada,

          ambo vilmente; e non di ostile spada,

          non in battaglia. - Or vadasi. - D'Iddio

          parlate all'empio ho l'ultime parole,

          e sordo ei fu: compiuto egli è il mio incarco:

          ben ho spesa la vita.

Saul.                                         Or via, si tragga

          a morte tosto; a cruda morte, e lunga.

Scena 5

Gionata. Ahi sconsigliato re! che fai? t'arresta...

Saul. Taci; tel dico ancor.- Tu se' guerriero? -

          Tu di me figlio? d'Israèl tu prode?

          Va'; torna in Nob; là, di costui riempi

          il vuoto seggio: infra i levitichi ozi

          degno di viver tu, non fra' tumulti

          di guerra; e non fra regie cure...

Gionata.                                              Ho spento

          anch'io non pochi de' nimici in campo,

          al fianco tuo: ma quel che or spandi, è sangue

          sacerdotal, non Filisteo. Tu resti

          solo a tal empia pugna.

Saul.                                         E solo io basto

          a ogni pugna, qual sia. Tu, vile, tardo

          sii pur domani al battagliare: io solo

          Saúl sarò. Che Gionata? che David?

          duce è Saúl.

Gionata.                  Combatterotti appresso.

          Deh! morto io possa su gli occhi caderti,

          pria di veder ciò che sovrasta al tuo

          sangue infelice!

Saul.                      E che sovrasta? morte?

          Morte in battaglia, ella è di re la morte.

Scena 6

Saul. Tu, senza David?...

Micol.                               Ritrovar nol posso...

Saul. Io 'l troverò.

Micol.                     Lungi è fors'egli; e sfugge

          tuo sdegno...

Saul.                      Ha l'ali, e il giungerà, il mio sdegno.

          Guai, se in battaglia David si appresenta:

          guai, se doman, vinta da me la guerra,

          tu innanzi a me nol traggi.

Micol.                                        Oh cielo!

Gionata.                                              Ah! padre...

Saul. Piú non ho figli. - Infra le schiere or corri,

          Gionata tosto. - E tu, ricerca, e trova

          colui.

Micol.           Deh!... teco...

Saul.                                Invan.

Gionata.                                     Padre, ch'io pugni

          lungi da te?

Saul.                      Lungi da me voi tutti.

          Voi mi tradite a prova, infidi, tutti.

          Itene, il voglio: itene al fin; lo impongo.

Scena 7

Saul. Sol, con me stesso, io sto. - Di me soltanto,

          (misero re!) di me solo io non tremo.

Atto V

Scena 1

Micol. Esci, o mio sposo; vieni: è già ben oltre

          la notte... Odi tu, come romoreggia

          il campo? all'alba pugnerassi. - Appresso

          al padiglion del padre tutto tace.

          Mira; anco il cielo il tuo fuggir seconda:

          la luna cade, e gli ultimi suoi raggi

          un negro nuvol cela. Andiamo: or niuno

          su noi qui veglia, andiam; per questa china

          scendiamo il monte, e ci accompagni Iddio.

David. Sposa, dell'alma mia parte migliore,

          mentre Israello a battagliar si appresta,

          fia pur ver che a fuggir David si appresta?

          Morte, ch'è in somma? - Io vo' restar: mi uccida

          Saúl, se il vuol; pur ch'io nemici pria

          in copia uccida.

Micol.                     Ah! tu non sai: già il padre

          incominciò a bagnar nel sangue l'ira.

          Achimelèch, qui ritrovato, cadde

          vittima già del furor suo.

David.                              Che ascolto?

          Ne' sacerdoti egli ha rivolto il brando?

          Ahi misero Saúl! ei fia...

Micol.                                        Ben altro

          udrai. Crudel comando ad Abner dava,

          ei stesso, il re; che, se in battaglia mai

          tu ti mostrassi, in te convertan l'armi

          campion nostri.

David.                    E Gionata mio fido

          il soffre?

Micol.  Oh ciel! che puote? Anch'ei lo sdegno

          provò del padre; e disperato corre

          infra l'armi a morire. Omai, ben vedi,

          qui star non puoi: cedere è forza; andarne

          lungi; e aspettare, o che si cangi il padre,

          o che all'età soggiaccia... Ahi padre crudo!

          Tu stesso, tu, la misera tua figlia

          sforzi a bramare il fatal dí... Ma pure,

          io no, non bramo il morir tuo: felice

          vivi; vivi, se il puoi; bastami solo

          di rimaner per sempre col mio sposo...

          Deh! vieni or dunque; andiamo...

David.                                       Oh quanto duolmi

          lasciar la pugna! Ignota voce io sento

          gridarmi in cor: "Giunto è il terribil giorno

          ad Israèle, ed al suo re"... Potessi!...

          Ma no: qui sparso di sacri ministri

          fu l'innocente sangue: impuro è il campo,

          contaminato è il suolo; orror ne sente

          Iddio: pugnar non può qui omai piú David. -

          Ceder dunque per ora al timor tuo

          emmi mestiero, ed all'amor tuo scaltro. -

          Ma tu, pur cedi al mio... Deh! sol mi lascia...

Micol. Ch'io ti lasci? Pel lembo, ecco ti afferro,

          da te mai piú, no, non mi stacco...

David.                                       Ah! m'odi.

          Male agguagliar tuoi tardi passi a' miei

          potresti: aspri sentier di sterpi e sassi

          convien ch'io calchi con veloci piante,

          a pormi in salvo, poiché il vuoi. Deh! come

          i piè tuoi molli, a strazio inusitato

          regger potranno? Infra deserti sola

          ch'io ti abbandoni mai? Ben vedi; tosto,

          per tua cagion, scoperto io fora: entrambi

          alla temuta ira del re davanti

          tosto or saremmo ricondotti... Oh cielo!

          solo in pensarvi, io fremo... E poniam anco,

          che si fuggisse; al padre egro dolente

          tor ti poss'io? Di guerra infra le angosce,

          fuor di sua reggia ei sta: dolcezza alcuna

          pur gli fa d'uopo al mesto antico. Ah! resta

          al suo pianto, al dolore, al furor suo.

          Tu sola il plachi; e tu lo servi, e il tieni

          tu sola in vita. Ei mi vuol spento; io 'l voglio

          salvo, felice, e vincitor:... ma, tremo

          oggi per lui. - Tu, pria che sposa, figlia

          eri; né amarmi oltre il dover ti lice.

          Pur ch'io scampi; che brami altro per ora?

          Non t'involare al già abbastanza afflitto

          misero padre. Appena giunto in salvo,

          io ten farò volar l'avviso; in breve

          riuniremci, spero. Or, se mi dolga

          di abbandonarti, il pensa... Eppure,... ahi lasso!

          come?...

Micol.                     Ahi me lassa!... e ch'io ti perda ancora?...

          Ai passati travagli, alla vagante

          vita, ai perigli, alle solinghe grotte,

          lasciarti or solo ritornare?... Ah! s'io

          teco almen fossi!... i mali tuoi piú lievi

          pur farei,... dividendoli...

David.                              Ten prego,

          pel nostro amor; s'è d'uopo, anco il comando,

          per quanto amante il possa; or non mi dei,

          né puoi seguir, senza mio danno espresso. -

          Ma, se Dio mi vuol salvo, omai non debbo

          indugiar piú: l'ora si avanza: alcuno

          potria da questo padiglion spiarne,

          e maligno svelarci. A palmo a palmo

          questi monti conosco; a ogni uom sottrarmi

          son certo. - Or, deh! l'ultimo amplesso or dammi.

          Dio teco resti; e tu, rimani al padre,

          fin che al tuo sposo ti raggiunga il cielo...

Micol. L'ultimo amplesso?... E ch'io non muoia?... Il core

          strappar mi sento...

David.           ... Ed io?... Ma,... frena... il

          pianto... -

          Or, l'ali al piè, possente Iddio, m'impenna.

Scena 2

Micol. ... Ei fugge?... oh cielo!... Il seguirò... Ma, quali

          ferree catene paion rattenermi?...

          Seguir nol posso. - Ei mi s'invola!... Appena

          mi reggo,... non ch'io 'l segua... Un'altra volta

          perduto io l'ho!... Chi sa, quando il vedrai?...

          Misera donna! e sposa sei?... fur nozze

          le tue?... - No, no; del crudo padre al fianco

          piú non rimango. Io vo' seguirti, o sposo... -

          Pur, se il seguo, lo uccido; è ver, pur troppo!

          Come nasconder la mia lenta traccia,

          su l'orme sue veloci?... - Ma, dal campo

          qual odo io suon, che d'armi par?... Ben odo...

          ei cresce; e sordamente anco di trombe

          è misto... E un correr di destrieri... Oh cielo!

          Che fia?... La pugna anzi al tornar del giorno,

          non l'intimò Saúl. Chi sa?... I fratelli...

          il mio Gionata... Oimè!... forse in periglio... -

          Ma, pianto, ed urli, e gemiti profondi

          dal padiglion del padre odo inalzarsi?...

          Misero padre!... a lui si corra... Oh vista!

          Ei viene; ei stesso; e in quale aspetto!... Ah! padre...

Scena 3

Saul. Ombra adirata, e tremenda, deh! cessa:

          lasciami, deh!... Vedi: a' tuoi piè mi prostro...

          Ahi! dove fuggo?... - ove mi ascondo? O fera

          ombra terribil, placati... Ma è sorda

          ai miei preghi; e m'incalza?... Apriti, o terra,

          vivo m'inghiotti... Ah! pur che il truce sguardo

          non mi saetti della orribil ombra...

Micol. Da chi fuggir? niun ti persegue. O padre,

          me tu non vedi? me piú non conosci?

Saul. O sommo, o santo sacerdote, or vuoi

          ch'io qui mi arresti o Samuèl, già vero

          padre mio, tu l'imponi? ecco, mi atterro

          al tuo sovran comando. A questo capo

          già di tua man tu la corona hai cinta;

          tu il fregiasti; ogni fregio or tu gli spoglia;

          calcalo or tu. Ma,... la infuocata spada

          d'Iddio tremenda, che già già mi veggo

          pender sul ciglio,... o tu che il puoi, la svolgi

          non da me, no, ma da' miei figli. I figli,

          del mio fallir sono innocenti...

Micol.                                        Oh stato,

          cui non fu il pari mai! - Dal ver disgiunto,

          padre, è il tuo sguardo: a me ti volgi...

Saul.                                                   Oh gioia!...

          Pace hai sul volto? O fero veglio, alquanto

          miei preghi accetti? io da' tuoi piè non sorgo,

          se tu i miei figli alla crudel vendetta

          pria non togli. - Che parli?... Oh voce! "T'era

          David pur figlio; e il perseguisti, e morto

          pur lo volevi". Oh! che mi apponi?... Arresta.

          Sospendi or, deh!... Davidde ov'è? si cerchi:

          ei rieda; a posta sua mi uccida, e regni:

          sol che a' miei figli usi pietade, ei regni... -

          Ma, inesorabil stai? Di sangue hai l'occhio;

          foco il brando e la man; dalle ampie nari

          torbida fiamma spiri, e in me l'avventi...

          Già tocco m'ha; già m'arde: ahi! dove fuggo?...

          per questa parte io scamperò.

Micol.                                                  Né fia,

          ch'io rattener ti possa, né ritrarti

          al vero? Ah! m'odi: or sei...

Saul.                                         Ma no; che il passo

          di là mi serra un gran fiume di sangue.

          Oh vista atroce! sovra ambe le rive,

          di recenti cadaveri gran fasci

          ammonticati stanno: ah! tutto è morte

          colà: qui dunque io fuggirò... Che veggo?

          Chi sete or voi? - "D'Achimelèch siam figli.

          Achimelèch son io. Muori, Saulle,

          muori". - Quai grida? Ah! lo ravviso: ei gronda

          di fresco sangue, e il mio sangue ei si beve.

          Ma chi da tergo, oh! chi pel crin mi afferra?

          Tu, Samuèl? - Che disse? che in brev'ora

          seco tutti saremo? Io solo, io solo

          teco sarò; ma i figli... - Ove son io? -

          Tutte spariro ad un istante l'ombre.

          Che dissi? Ove son io? Che fo? Chi sei?

          Qual fragor odo? ah! di battaglia parmi:

          pur non aggiorna ancor: sí, di battaglia

          fragore egli è. L'elmo, lo scudo, l'asta,

          tosto or via, mi si rechi: or tosto l'arme,

          l'arme del re. Morir vogl'io, ma in campo.

Micol. Padre, che fai? Ti acqueta... Alla tua figlia...

Saul. L'armi vogl'io; che figlia? Or, mi obbedisci.

          L'asta, l'elmo, lo scudo; ecco i miei figli

Micol. Io non ti lascio, ah! no...

Saul.                                         Squillan piú forte

          le trombe? Ivi si vada: a me il mio brando

          basta solo. - Tu, scostati, mi lascia;

          obbedisci. Là corro: ivi si alberga

          morte, ch'io cerco.

Scena 4

Abner.          Oh re infelice!... Or dove,

          deh! dove corri? Orribil notte è questa.

Saul. Ma, perché la battaglia?...

Abner.                              Di repente,

          il nemico ci assale: appien sconfitti

          siam noi...

Saul.            Sconfitti? E tu fellon, tu vivi?

Abner. Io? per salvarti vivo. Or or qui forse

          Filiste inonda: il fero impeto primo

          forza è schivare: aggiornerà frattanto.

          Te piú all'erta quassú, fra i pochi miei,

          trarrò...

Saul.            Ch'io viva, ove il mio popol cade?

Micol. Deh! vieni... Oimè! cresce il fragor: s'inoltra...

Saul. Gionata,... e i figli miei,... fuggono anch'essi?

          mi abbandonano?...

Abner.                    Oh cielo!... I figli tuoi,...

          no, non fuggiro... Ahi miseri!...

Saul.                                                   T'intendo:

          morti or cadono tutti...

Micol.                               Oimè!... I fratelli?...

Abner. Ah! piú figli non hai.

Saul.                                - Ch'altro mi avanza?...

          Tu sola omai, ma non a me, rimani. -

          Io da gran tempo in cor già tutto ho fermo:

          e giunta è l'ora. - Abner, l'estremo è questo

          de' miei comandi. Or la mia figlia scorgi

          in securtà.

Micol.           No, padre; a te dintorno

          mi avvinghierò: contro a donzella il ferro

          non vibrerà il nemico.

Saul.                                Oh figlia!... Or, taci:

          non far, ch'io pianga. Vinto re non piange.

          Abner, salvala, va': ma, se pur mai

          ella cadesse infra nemiche mani,

          deh! non dir, no, che di Saulle è figlia;

          tosto di' lor, ch'ella è di David sposa;

          rispetteranla. Va'; vola...

Abner.                              S'io nulla

          valgo, fia salva, il giuro; ma ad un tempo

          te pur...

Micol.           Deh!... padre... Io non ti vo', non voglio

          lasciarti...

Saul.            Io voglio: e ancora il re son io.

          Ma già si appressan l'armi: Abner, deh! vola:

          teco, anco a forza, s'è mestier, la traggi.

Micol. Padre!... e per sempre?...

Scena 5

Saul.                                Oh figli miei!... - Fui padre. -

          Eccoti solo, o re; non un ti resta

          dei tanti amici, o servi tuoi. - Sei paga,

          d'inesorabil Dio terribil ira? -

          Ma, tu mi resti, o brando: all'ultim'uopo,

          fido ministro, or vieni. - Ecco già gli urli

          dell'insolente vincitor: sul ciglio

          già lor fiaccole ardenti balenarmi

          veggo, e le spade a mille... - Empia Filiste,

          me troverai, ma almen da re, qui... morto. -