Scauri, 20 agosto 1966

Stampa questo copione

SCAURI, 20 AGOSTO 1966

Commedia in 3 atti e 4 quadri di:            

   Patrizia De Cristofaro

TRAMA

Geppino Di Lorenzo e Melania Santoro sono fidanzati, ma la mamma del ragazzo, Menichina, va sbandierando a destra e a manca che Melania non è degna di suo figlio perché è “troppo zoccolina”. Però quando la ragazza vince il titolo di “Miss Lido Scauri 1966”…

Intanto Augusto Di Lorenzo, il marito di Menichina, scherza in modo abbastanza pesante con la signora Salvati, con sommo disappunto di sua moglie la quale tiene molto alla forma. Giovanna, nipote dei Di Lorenzo, si barcamena a dare ragione ora a questo, ora a quello, a seconda “il vento che tira”; partecipa alla serata di “Miss Lido Scauri 1966” e forse si fidanzerà con Fofò. I piccoli Umbertino e Teresita si divertono a scimmiottare gli adulti. La signora Dora Franzelli è gelosissima di suo marito Clemente perché secondo lei l’uomo fa troppo “lo scemo” con la vedova Clelia  Delneri. Adriana, la figlia quindicenne dei coniugi Franzelli, si “strugge” d’amore per Flavio, il bel figlio della Delneri.

PERSONAGGI

AUGUSTO DI LORENZO

MENICHINA, sua moglie

GEPPINO, loro figlio

GIOVANNA, loro nipote

MELANIA

FOFO’ MASTRANZA

FELICE

SIGNORA SALVATI

TERESITA, figlia della Salvati, 5 anni

MARCELLO, negoziante di giocattoli

LAURETTA

CLELIA  DELNERI

FLAVIO, suo figlio

COSTANZO, barista

CARLO, bagnino

CLEMENTE FRANZELLI

DORA, sua moglie

ADRIANA, loro figlia, 15 anni

UMBERTINO, loro figlio, 9 anni

ANTOINE, presentatore

ROSSANA

AVVENTORI, comparse

GIANNI

GINO

PAOLO                                        componenti del complesso The Beach Room

PAKI

(Canzoni del jukebox: “Nel sole”; “Il peperone”; “Andiamo a mietere il grano”;  “Il mare in cartolina”; “La rapsodia del vecchio Liszt”; “Michelle”;“Il ragazzo della via Gluck”; “Che colpa abbiamo noi”; “Tema”; “Nessuno mi può giudicare”; “Perdono”; “Riderà”; “E’ la pioggia che va”; “La notte”; “Il mondo”; “Lei”; “Notte di ferragosto”. Canzoni eseguite dal complesso: “Il geghegè”; “Sapore di sale”; “Nun è peccato”; “I watussi”; “Una rotonda sul mare”; “Roberta” e qualche altra canzone “confidenziale” a discrezione del regista)

PRIMO ATTO

                      PRIMO QUADRO

Scauri, 20 agosto 1966. Ore otto del mattino.

Lo spiazzo antistante una salumeria (in fondo a destra) e un negozio di giocattoli (in fondo a sinistra). Si entra nella salumeria scostando gli elementi di una tenda parasole di plastica gialla. Alla sinistra della salumeria c’è il cartellone pubblicitario dell’ambra solare Coppertone, mentre dall’altra parte c’è quello dei formaggini Invernizzi milione. Il negozio di giocattoli, in verità, è un emporio che vende le cose più svariate: bamboline, palette, secchielli, formine di plastica, rastrelli, bocce, pinne, canne da pesca, occhialini da mare, tamburelli, occorrente per cucire, ecc.

All’alzarsi del sipario Marcello, il proprietario del negozio, sta esponendo la sua merce, per cui entra ed esce con una certa libertà fino a quando arriverà la signora Salvati. Dopo un poco dalla salumeria entrano Menichina e sua nipote Giovanna.

GIOVANNA (ha 20 anni, ma si esprime ed è di indole iperprotettiva e preoccupata come una donna navigata) Zi’ Menichi’, però chesta salumeria ha sempe tenuto ‘a rrobba bona, è vero?

MENICHINA (si trascina un carrello per la spesa. Orgogliosa, con spiccatissimo accento napoletano) E comme! Giova’, ‘a zia, ‘a quanno vengo a villeggia’ a Scauri, so’ venuta sempe a ffa’ ‘a spesa cca. Chesta salumeria m’’a fece conoscere ‘a signora Franzelli quinnece anne fa: era incinta ‘e Adriana.

GIOVANNA Figurete!

MENICHINA Oh. Mo famme ricorda’. Allora: ‘o mercato simme iute; ‘a carne l’avimma  pigliata; ‘a salumeria pure simme venute… Che ato avimm’’a fa’?

GIOVANNA Ce n’avimm’’a i’ ‘a casa. A chest’ora zi’ Augusto e Geppino già se saranno scetate.

MENICHINA (superficiale) Eh… Statte accorta.

GIOVANNA (ridendo con nervosismo) Uh! “Statte accorta.”! Zi’ Menichi’, mo so’ ll’otte passate. (Alludendo ad Augusto e a Geppino) Chille so’ uommene: c’’a famma se còccano e c’’a famma se sceteno.

MENICHINA E ghiammo. (Mette la mano in una tasca del prendisole, quindi nell’altra, poi inizia ad asciugarsi il sudore con un fazzoletto. Le si disegna sul volto la tipica espressione di chi sia stata colta da un malore improvviso)

GIOVANNA (insiste) E vulimm’ i’?

MENICHINA (frugando meglio nelle tasche, con un filo di voce) Sì… Giova’… aspetta nu mumento…

GIOVANNA  (allarmata) Zi’ Menichi’, che c’è? Uè! Tu tiene tutto ‘o sanghe ‘a parte r’’a capa! Ma non ti senti bene?

MENICHINA (continuando a cercare) No, sto bona. E’ che… Giova’, io nun trovo ‘e cchiave r’’a casa.

GIOVANNA (catastrofica) Uh mamma mia! E mo comme facimmo?! Zi’ Menichi’, tu aspietteme cca, che io vaco a chiamma’ ‘e carabiniere.

MENICHINA (c.s., incuriosita) ‘E carabiniere?

GIOVANNA (c.s.) E ppe’ forza! Si zi’ Augusto e Geppino so’ asciute oppure stanno fore ‘o balcone e nun ce senteno, nuje comme trasimmo? Sienteme a me: vaco a chiamma’ ‘e carabiniere. Tu nun te movere.

MENICHINA (serena) Ma nossignore. Tu si’ sempe esagerata, figlia mia! (Alludendo alle chiavi) Mo se trovano. Chianu chianu.

GIOVANNA (ansiosa) Zi’ Menichi’, cerca ‘e t’arricurda’ T’’e ffusse scurdate ‘ncopp’’o banco r’’a macelleria? Ll’avisse appoggiate inavvertitamente vicino ‘o fruttivendolo quando simmo iute a compra’ i peperoni? Stessero int’’a salumeria?

MENICHINA (infastidita) Giova’, pe’ piacere, calmate nu poco.

GIOVANNA (c.s.) Va bene, ma rico: si ‘e cchiave nun se trovano…

MENICHINA (serena) Mo se trovano, nun te preoccupa’.

Menichina e Giovanna cercano in ogni dove, La signora Di Lorenzo con calma e Giovanna agitatissima. Dal fondo a destra entra la signora Salvati che tiene per mano la piccola Teresita, sua figlia, una bella bambina di 5 anni. La donna e la bimba si avvicinano al negozio di giocattoli.

SIGNORA SALVATI Buongiorno, Marcello.

MARCELLO (rispettoso) Buongiorno, signora. (Dando alla bambina un buffetto sulla guancia) Ciao, Teresita.

TERESITA Ciao. Mi dai la Sheila? E’ arrivata?

MARCELLO (prende una bambolina e la dà a Teresita) Eccola qua.

TERESITA (entusiasta, ammirata e vivace ) Come è bella! Guarda, mamma.

SIGNORA SALVATI Bellissima. Marcello, mi devi credere: stanotte ogni tanto Teresita mi chiedeva a che ora dovevamo venire da te. Quasi non ha dormito.

MARCELLO (sorridendo) Il pensiero. Eh… i bambini…

SIGNORA SALVATI Quanto pago?

MARCELLO Sono duemila lire.

SIGNORA SALVATI Eh… Esagerato! Mille e cinquecento lire.

MARCELLO Va be’, proprio perché siete voi, datemi mille e ottocento lire.

SIGNORA SALVATI No, Marcello: mille e cinquecento lire, se no ce ne andiamo. (E continua a trattare il prezzo)

MENICHINA (in questo momento apre la zip di una tasca della borsa della spesa e trova la chiave) ‘A vi’ ccanno, ‘a vi’… Santa Lucia mia!

GIOVANNA Teh!... Steva a purtata ‘e mano…. Quann’uno s’ha da ‘ncazza’… Zi’ Menichi’, mo avimm’’a correre subito ‘a casa, che zi’ Augusto e Geppino ce aspettano pe’ fa’ colazione. Uè, vire buono addo’ miette ‘a chiave,

MARCELLO (intascando i soldi) Grazie.

SIGNORA SALVATI A te. Teresita, andiamo. Ciao, Marcello.

MARCELLO Buona giornata, signora.

TERESITA (c.s.) Mamma, mamma, mi compri anche Simona?

SIGNORA SALVATI (severa) No! Basta! Andiamo!

GIOVANNA Uh, zi’ Menichi’, ‘a signora Salvati.

MENICHINA (meravigliata) ‘A signora Salvati? Addo’ sta?

GIOVANNA ‘A vi’ llanno: vicino ‘o negozio ‘e giocattole e chella criatura è ‘a figlia. Aspetta, comme se chiamma…

MENICHINA Teresita.

GIOVANNA Brava!

MENICHINA (dopo averla scorta, sicura del fatto suo) Noo. Giova’, tu he’ pigliato na svista. ‘A signora Salvati nun vene a Scauri ‘a nu paro r’anne…

GIOVANNA (testarda) Sì, te rico che è essa. Aspetta, mo ce ‘o domando. (Prima che Menichina possa fare qualche obiezione, già è vicina alla signora) Buongiorno.

SIGNORA SALVATI (sulle sue) Buongiorno.

GIOVANNA Non vi ricordate di me?

SIGNORA SALVATI (c.s., non ricorda) No… veramente… Mi scusi… Lei chi è?

GIOVANNA Come. Sono Giovanna, la nipote della signora Di Lorenzo.

SIGNORA SALVIATI (mortificata e commossa) Oh… Giovannella… (L’abbraccia) Mi devi scusare se non ti ho riconosciuta subito, ma sto attraversando un brutto periodo perché… Beh, lasciamo perdere… Come stai, Giovanne’?

GIOVANNA Bene, grazie.

SIGNORA SALVATI E la zia?

GIOVANNA Sta là.

SIGNORA SALVATI La voglio salutare. Vieni, Teresita, andiamo a salutare la signora Di Lorenzo. (E con la bambina e Giovanna si avvicina a Menichina. Abbracciandola con trasporto) Cara signora Di Lorenzo! Come state?

MENICHINA (altrettanto cordiale) Eh, discretamente. Signo’, allora mia nipote aveva visto giusto. Io poi, siccome l’anno passato non vi ho vista, ho detto: “No, Giova’, ti sbagli.”. Invece siete proprio voi. Siete ritornata un’altra volta. Brava! Ciao, Teresita. Come ti sei fatta grande.

TERESITA Mamma, la signora chi è?

SIGNORA SALVATI La signora è un’amica di mamma, tesoro.

MENICHINA Signo’, e quel simpaticone di vostro marito come sta? (Divertita) Ci faceva fare un sacco di risate. Voi vi ricordate? Era geloso di voi. Ah, ah. (La Salvati si rannuvola)

TERESITA (abbacchiata) Papà è partito per un viaggio e io e la mamma non sappiamo quando ritorna.

MENICHINA (ha capito. Triste) Mi dispiace. Condoglianze. Io non sapevo niente.

GIOVANNA Sentite condoglianze.

MENICHINA (c.s.) Signo’, quando è successa la disgrazia?

SIGNORA SALVATI (turbata) Scusatemi… Vengo subito… (Si accosta con sua figlia a Marcello. Sottovoce) Marcello, per piacere, intrattieni Teresita. Falle vedere tutto quello che vuole.

MARCELLO (ossequioso) Non dubitate. Ci penso io

SIGNORA SALVATI  Grazie. (Torna presso le due donne) Eccomi qua. Mi dovete scusare, ma non volevo parlare davanti alla bambina perché Teresita non sa niente e per il momento non voglio che sappia.

GIOVANNA E’ giusto.

MENICHINA Certo. Come no. Avete fatto bene. E’ meglio che i bambini rimangono fuori quanto più è possibile da queste cose così “triste”. Signo’, e quando è finito ‘a buonanima ‘e vostro marito?

SIGNORA SALVATI Ma mio marito non è morto. Io e mio marito non viviamo più insieme. L’anno scorso ci siamo separati.

GIOVANNA (non crede a ciò che ha ascoltato)Uh!!! Madonna! Veramente? Voi che dite?

MENICHINA Aspettate…Perciò l’anno scorso non siete venuta a Scauri?

SIGNORA SALVATI (sospirando) Eh, sì, purtroppo.

GIOVANNA (c.s.)Teh! Cose dell’altro mondo! E come va, neh, signora? Io mi ricordo che voi e vostro marito vi volevate così bene…

SIGNORA SALVATI (c.s.) Eh… Giovannella cara, si vede che io gli volevo bene, ma lui… Alla prima occasione mi ha fatto le corna. Sapete, trovava le solite scuse: “Mi devo trattenere in ufficio”; “Ho una riunione”… E io come una scema gli credevo. E gli ho creduto fino a quando… L’anno scorso, una sera…  il dieci marzo, per la precisione… e chi se lo può scordare!... Torno a casa… ero andata a trovare mia madre… e lo trovo con la sua segretaria (abbassando la voce e un poco a disagio) in un atteggiamento che non lasciava dubbi. Mi cadde addosso una pentola di acqua bollente. Mi feci le valigie e me ne tornai da mammà.

GIOVANNA (segnandosi) Gesù, Giuseppe, sant’Anna e Maria! E bravo! Sembrava un uomo tutto d’un pezzo vostro marito, invece… come dice zi’ Augusto, teneva ‘o serpe int’’o manecone.

MENICHINA (dopo una pausa) Signo’, ma io so’ naso fino. Io avevo capito che vostro marito teneva qualche cosa ‘a se fa’ perdona’. Signo’, voi vi siete dimenticata che vostro marito era talmente geloso che a un altro poco, parlando con decenza, non vi faceva andare nemmeno nel gabinetto a voi sola?

GIOVANNA (con un gesto eloquente, per mandare sua zia a quel paese) Jammo! Zi’ Menichi’, tu po’…! La signora Salvati è una bella signora e giustamente il marito era geloso. Piuttosto, lui non si doveva permettere di fare una cosa del genere.

MENICHINA Sissignore, Giova’, ‘a zia, ‘o marito r’’a signora è stato un maiale e va bene… Signo’, scusate la parola sconveniente, eh?

SIGNORA SALVATI No, figuratevi! Avete detto la verità.

MENICHINA Giova’, staje a senti’ a zi’ Menichina pecchè io so’ na femmena pratica r’’a vita. Quando n ommo fa troppo ‘o geluso, quando è asfissiante, quando n ommo è scassa ‘mbrello, insomma, chesto sta a significa’ che è isso che nun marcia adderitto.

GIOVANNA (stringendosi nelle spalle) Mah… che ti devo dire io… (Interessata) Signo’, e la bambina che dice? Avete detto che non sa niente… Povera anima innocente!

SIGNORA SALVATI  (mesta) Eh… Che deve dire, che deve dire… Poveretta… Sono stata fortunata che il padre fa un lavoro che lo porta spesso a viaggiare e le ho potuto dire che questa volta il papà starà fuori più tempo del solito. Ma secondo me… E’ passato più di un anno… Se sapessi, a volte fa tenerezza. Quante volte mentre sta dormendo, salta e grida: “Papà!”.

GIOVANNA Teh… Poverina!

SIGNORA SALVATI (nel tono di chi voglia darsi una smossa) Va be’, adesso basta. Non voglio parlare più di queste cose. Parliamo d’altro.

GIOVANNA Avete ragione, è meglio. Parliamo d’altro.

SIGNORA SALVATI Signora, voi state un amore. E don Augusto come sta?

MENICHINA Bene, sta bene, grazie.

SIGNORA SALVATI (divertita, alludendo ad Augusto) Si vuole giocare sempre la ciambella a scopa, o no?

MENICHINA (divertita a sua volta) Sempre, sempre. Vi ricordate, eh?

SIGNORA SALVATI (c.s.) E come, no? Mi ricordo che io vincevo e don Augusto si arrabbiava. E vostro figlio? E’ fidanzato ancora con quella Melania?

GIOVANNA (ridacchiando) Aeh!!!... Signora, mo avete toccato un tasto spinoso.

SIGNORA SALVATI Perché?

GIOVANNA (c.s. e tentennando) Perché… Diciamo che mia zia non vede di buon occhio questo fidanzamento.

SIGNORA SALVATI (stupita) Ma veramente? Io mi ricordo, anzi, che voi eravate contenta che Geppino si era fidanzato con Melania perché Melania era una brava ragazza… Mi ricordo male?

MENICHINA No, signo’, vi ricordate bene. Giova’, a zia, è chiaro che se tu dici così, chi sa ‘a signora Salvati che si crede. Signo’, il fatto è che mi sono accorta che Melania non è degna di Geppino perché è un poco zoccolina.

SIGNORA SALVATI (superficiale) Noo! Che dite? Io non credo proprio! E’ una vostra impressione.

MENICHINA  No, signo’, scusate, ma io so quello che dico. Signo’, io sono venuta a sapere che questa Melania ha fatto lei la dichiarazione a mio figlio e questo non sta bene.

SIGNORA SALVATI (c.s.) Eh… Non significa niente! Vostro figlio è timido e secondo me perciò è stata Melania a fare il primo passo. Ma sono sicura che Geppino già la voleva bene.

MENICHINA Ad ogni modo questa Melania sta tutto il giorno in giro ‘ncopp’’e motociclette ‘e ll’uommene! Signo’, na bona guagliona certe cose non le fa!

GIOVANNA E’ giusto: non sta, non sta.

SIGNORA SALVATI (c.s.) Ma no! Signora, voi non vi dovete fossilizzare in certe sciocchezze. Oggi una ragazza che sta sempre chiusa in casa dove la trovate più! Giovanne’, mi meraviglio di te: pure tu sei ragazza…

GIOVANNA (accomodante) Ah, certo. Ma quando è troppo, è troppo.

SIGNORA SALVATI (insinuante) Perché, a te non ti è mai capitato di farti dare un passaggio sulla motocicletta da qualche tuo amico? Dici la verità.

GIOVANNA  (divertita) Io? Seh! Signora, avete trovato il tipo!

MENICHINA (circospetta) Signo’, quello il fatto sapete qual è? E’ che a Napoli ci sta la figlia di una commarella mia… Reginella, Giova’… Signora Salva’, non offendendo, una bravissima ragazza… Ma Geppino niente. Non ne vuole sapere. (Con maggiore circospezione alla Salvati) Questa Reginella non ha mai fatto l’amore con nessuno. Capitemi…

SIGNORA SALVATI Ho capito.

GIOVANNA (c.s.) E per forza! Chi vuo’ che se mette cu chillu marruffo!... Zi’ Menichi’, pe’ piacere, jammo… Nientedimeno, signora, questa ragazza porta ancora ‘a gonna longa fino abbascio ‘e piere.

SIGNORA SALVATI Veramente? Mamma mia!

MENICHINA (alludendo a Reginella) Pecchè è na ragazza onesta, Giova’.

GIOVANNA (c.s.) Uh… Teh!... Signo’, allora io e voi siamo disoneste.

MENICHINA (confusa) Che c’entra…

GIOVANNA (c.s.) No, c’entra. Scusa, tu hai detto che Reginella è una ragazza onesta perché porta ‘e gonne longhe. Allora significa che io, ‘a signora e pure tu siamo disoneste perché portiamo i vestiti corti. O no?

SIGNORA SALVATI Giovannella Giovannella… Sei sempre capziosa tu, eh?

GIOVANNA (seria) No, io volevo dire che mia zia ha sbagliato a…

SIGNORA SALVATI (interrompendola) Va bene, va bene… Non è successo niente… E tu? Ti sei fidanzata?

GIOVANNA (ridacchiando) Beh… Insomma… Così e così.

MENICHINA Signo’, è inutile! Al tempo di oggigiorno tutte le ragazze vonno fa’ a capa lloro… Uè, senza salva’ ‘a faccia ‘e nisciuno!... Mia nipote, la vedete?, mi pare una ragazza posata…

SIGNORA SALVATI (c.s., convenendo) Certo. Vostra nipote è una brava ragazza.

MENICHINA E’ vero? Invece pure mia nipote… Signo’, quello ci sta Felice… Ve lo ricordate?

SIGNORA SALVATI No… no…

MENICHINA Sì, signo’, voi quando lo vedete, ve lo ricordate sicuramente. Quel ragazzo tanto educato… quello che parla con un poco di zeppola in bocca…

SIGNORA SALVATI Ah, sì, sì.

GIOVANNA (riferendosi a ciò che ha detto sua zia) Un poco di zeppola in bocca, zi’ Menichi’?! Chillo quando parla, te fa ‘a doccia…

MENICHINA (tagliandocorto) Eh, sì, va bene… ‘A doccia… (Ripigliando il discorso interrotto, alla Salvati) Avete visto? Ve lo siete ricordato. Embè… Voi tenete presente quando ‘e mmosche vanno attorno al miele? Eh. Accussì questo Felice runzèa attorno a mia nipote. Non si è dichiarato ancora, per la verità, perché è troppo educato e si mette paura di fare una brutta figura. Ma si vede che ci tiene.

GIOVANNA Zi’ Menichi’, pe’ piacere! Chillo è nu cataplasemo! A chi ‘o vuo’ fa’ passa’ stu guaio!

MENICHINA Signo’, le ragazze moderne il buono non lo sanno apprezzare. Sapete perché Giovanna dice che Felice è nu cataplasemo? Perché questa signorina qua ha perzo ‘a capa pe’ nu bellu mobile che ha conosciuto all’inizio del mese ‘ncopp’’a spiaggia. Si chiama Fofò. Io appena me ne so’ accorta, mi so’ messa in movimento e mi so’ informata questo Fofò chi è, chi non è… Oddio, non ci sta niente da dire, però… Signo’, voi sapete questo ragazzo come fa ‘e cognome? Mastranza.

SIGNORA SALVATI (incuriosita) Beh?

MENICHINA Gesù! Allora non avete capito? Io poi devo vedere che un domani mia nipote diventa la signora Mastranza, che se sbagliano a dire, dicono la signora Mastronza?

GIOVANNA Vedete mia zia a che cosa è andata a pensare!

TERESITA (avvicinandosi correndo verso la Salvati e mostrandole un set di bocce di plastica, vivace) Mamma, mamma! Guarda. Marcello mi ha regalato le bocce. Ci sta anche il pallino.

SIGNORA SALVATI Ah! Che belle! Tesoro, hai ringraziato?

TERESITA (portandosi una mano alla tempia) Uh! Mi sono dimenticata… Aspetta, mamma: mo vado a ringraziare. (Fa per tornare nel negozio, ma scorge Marcello sulla soglia che le sorride. Grida) Grazie, Marcello.

MARCELLO Prego.

TERESITA Mamma, mo le bocce le porto sulla spiaggia così io e Umbertino giochiamo. Sì?

SIGNORA SALVATI Va bene. Ora però dobbiamo andare a casa; ci prepariamo e andiamo in spiaggia. Signora, arrivederci, mi ha fatto piacere rivedervi. Ciao, Giovannella.

MENICHINA Arrivederci.

GIOVANNA Arrivederci. Sicuramente ci rivedremo ancora, tanto stiamo qua.

SIGNORA SALVATI Come no. Di nuovo. (Esce con Teresita per il fondo a destra)

GIOVANNA (dopo aver guardato l’orologio, allarmata e in fretta) Maronna!!! ‘E nnove meno venti!!! Zi’ Menichi’, mo avimm’’a fa’ una corza ‘a casa, che zi’ Augusto e Geppino stanno aspettanno a nuie pe’ fa’ colazione. Jammo, ja’!

Buio.

                          SECONDO QUADRO

Lo stesso giorno. Sono le 11,30.

La terrazza del lido Scauri. In fondo vi è un’ampia vetrata. Una porta a sinistra dà accesso all’interno del lido. A destra una scala che finisce in quinta immette alla spiaggia. Accanto alla vetrata c’è un jukebox. In primo piano, partendo da sinistra, ci sono tre tavolini con delle poltroncine di plastica colorata. Due di tali tavolini sono occupati: uno dal signor Franzelli, annoiato, che legge un giornale sportivo; l’altro da Felice, Fofò, Adriana, imbronciata; Giovanna; Lauretta  e Rossana.  Le ragazze indossano shorts o bermuda con sopra una maglietta con scollo “all’americana” o un prendisole corto. Tutti i ragazzi indossano pantaloncini e sono a torso nudo. Tutti i ragazzi tranne Felice che veste un paio di pantaloni di antica foggia lunghi fin sotto il ginocchio e una maglietta a giro collo di un colore spento. Felice sta leggendo un libro. Dopo un poco:

VOCE (dall’interno) Attenzione prego. La signora Nella Boscaglia è attesa al telefono. Ripeto: la signora Nella Boscaglia è attesa al telefono.

ROSSANA Uè, e come va? Oggi la signora Nella Boscaglia è stata chiamata a telefono con mezz’ora di ritardo. La cosa è preoccupante: qualcosa è successo.

LAURETTA (ridendo di cuore) Ah, ah… Giusta osservazione, Rossa’.

FOFO’ E si vede che oggi il marito non voleva ancora la Boscaglia.

GIOVANNA (ridendo imbarazzata) Fofò, si’ sempe tu.

Una donna sale in fretta la scala ed esce per la porta. La donna ha un asciugamani allacciato alla meglio in vita, mentre il seno è coperto dal pezzo superiore di un bikini rosso fiammante.

FOFO’ (mentre la donna entra nel lido, goliardico) Signo’, currite, currite, facite ampressa. Si no l’albero se secca.

GIOVANNA  (severa a Fofò) E guarda! ‘A vuo’ ferni’?

FOFO’ (superficiale) Eh… Sto pazzianno.

GIOVANNA (alludendo alla donna) Sì, va bene, ma chella te sente.

COSTANZO (entra dalla porta. Regge in equilibrio sulla mano aperta un vassoio contenente una tazzina di caffè e una zuccheriera. Si avvicina al signor Franzelli) Ecco il  caffè, signor Franzelli.(Poggia il vassoio sul tavolino)

CLEMENTE (burbero) Finalmente! Devo ancora aspettare?

COSTANZO (mortificato e rispettoso) Mi dispiace che l’ho fatta aspettare un poco.

CLEMENTE (c.s.) Un poco? Tre quarti d’ora!

COSTANZO (c.s.) Le ripeto, mi dispiace, ma al bar ho avuto molto da fare.

CLEMENTE (c.s.) Va bene… Quant’è?

COSTANZO (c.s.) Sessanta lire.

CLEMENTE (prendendo i soldi dal portamonete, c.s.) Senti, ragazzo, io adesso ti pago perché non mi piace fare discussione. Ma devi dire al proprietario del lido che deve abbassare il costo del caffè a cinquanta lire, come tutti gli altri lidi e gli altri bar, altrimenti mi vedrò costretto a denunciarlo per concorrenza sleale. Uomo avvisato, mezzo salvato.

COSTANZO (c.s.) Riferirò. Però le devo fare rispettosamente osservare che un caffè come questo, con questa cremosità, sugli altri lidi e negli altri bar non lo trova.

CLEMENTE E’ vero, lo ammetto. Ciò tuttavia non toglie che questa è concorrenza sleale. Io potrei denunciare il lido Scauri e se non l’ho ancora fatto, è perché…

COSTANZO Ma sì! Lo so benissimo! Lei è affezionato al lido Scauri e a tutti noi del personale ci vuole bene.

CLEMENTE (burbero) Ragazzo, poca confidenza, stai a posto tuo. E se proprio lo vuoi sapere, questo è l’ultimo anno che vengo qua. Stamattina sotto il mio ombrellone ho trovato un ammasso  di bottiglie vuote di Coca cola e per giunta mi si è appiccicata una gomma americana sotto il piede.

COSTANZO Mi dispiace. Ma di questo inconveniente deve parlare con il bagnino. La spiaggia non è competenza mia.

CLEMENTE (c.s.) Va bene: parlerò con il bagnino. Chiamamelo!

COSTANZO (mettendosi ironicamente sugli attenti) Agli ordini! (E si allontana)

Intanto la signora Boscaglia entra dalla porta ed esce per la scala.

FOFO’ (facendo il verso a Clemente) Chiamamelo, Costa’!

COSTANZO (curando di non farsi sentire né vedere da Franzelli) A Fofò, se non fosse che devo da lavora’ pe’ ‘a pagnotta, con questo (fa il gesto dell’ombrello) che glielo chiamerei!

GIOVANNA (comprensiva) Hai ragione. Senti, per piacere, dopo mi porti un Piper?

COSTANZO Sì. Come lo vuoi? A cioccolato o a pistacchio?

GIOVANNA A cioccolata, grazie.

COSTANZO Va bene. (Esce per la porta)

LAURETTA A proposito, Rossa’, ieri sera poi è venuta quella coppia di amici dei tuoi a cena? Com’è andata? Na palla, immagino.

ROSSANA No, no, anzi. Dopo cena siamo andati pure a ballare. Siamo andati al Bikini. Laure', llà sì che se fettèa. Qualche sera ci dobbiamo andare tutti quanti.

LAURETTA He’ capito ‘a furbacchiona?! Nun è vuluta veni’ cu nuje ‘o luna park e se n’è andata a ballare al Bikini!

Adriana, come svegliata da un torpore, si fa attenta.

GIOVANNA Scusa, Rossa’, quanto costa l’ingresso?

ROSSANA Duemila e cinquecento lire a persona, compresa la consumazione.

GIOVANNA E’ nu poco caro, ‘a verità propria. Ma se sape: ‘o Bikini è ‘o lido dei giovani.

ADRIANA (ansiosa) E dimmi, Rossana: ci stava anche Flavio?

ROSSANA Non l’ho visto. Ma perché, ci doveva andare?

ADRIANA Non lo so, ma so che ci va spesso con gli amici. Tu non l’hai proprio visto?

ROSSANA No. (Ammiccando) Ti piace Flavio, eh? E’ un bel ragazzo.

ADRIANA (portando l’indice al naso) Shhh!!! Per carità, abbassa la voce. Papà sta qua vicino e potrebbe sentire.

ROSSANA (sotto tono) Ah, eh…

ADRIANA (felice) Sì, Rossana, mi piace assai assai: lo amo. Ma lui purtroppo non si è ancora accorto di me. Senti, dammi un consiglio. Secondo te cosa devo fare per farmi notare?

ROSSANA Mah… Che ti posso dire?... Fai una cosa: stasera truccati di più.

ADRIANA (c.s.) Brava! Grazie. Senti, stasera ci sta la serata per l’elezione della Miss e io mi metto quel vestito blu e viola, lo tieni presente? (Rossana dice di sì con la testa) E senti: poi mi metto l’ombretto azzurro, e il rimmel e il rigo nero. Va bene così?

ROSSANA Perfetto!

FOFO’ (sarcastico) Maronna mia! Feli’, m’he’ fatto na capa ‘e chiacchiere! E statte zitto nu poco!

FELICE (cadendo dalle nuvole e ridendo come un cretino) Io? Io non ho detto niente.

FOFO’ (esasperato) Feli’, io stevo ricenno chesto! Chiure nu poco stu libro! Rice quacche cosa, partecipa, parla!

FELICE (mettendo accuratamente un segnalibro dove ha interrotto la lettura e chiudendo il libro, c.s.) Eccomi qua. Cantami, o Diva, del pelide Achille l’ira funesta, che infiniti lutti addusse agli achei.

FOFO’(c.s.) Basta, basta! Ih che allegria! Statte zitto, è meglio.

LAURETTA (a Felice) Che leggi di bello?

FELICE “Guerra e pace”.  Tolstoj.

FOFO’ (ironico) Na cosa leggera… Giusto pe’ perdere nu poco ‘e tiempo.

FELICE (serio) Beh, non è una lettura amena, ma è molto bella, interessante.

FOFO’ (c.s.) Eh!...

COSTANZO (entra dalla porta e si avvicina a Giovanna consegnandole il gelato) Ecco a te.

GIOVANNA Grazie. (Scarta il gelato e comincia a mangiarlo)

CLEMENTE (richiamando perentoriamente l’attenzione del barista che sta per uscire per la porta) Ragazzo! (Costanzo si ferma) Ti avevo ordinato di chiamarmi il bagnino!

COSTANZO (ipocrita) Mi scusi, ha ragione! Mi è sfuggito. Lo faccio chiamare subito.

CLEMENTE Vai e fai presto!

Costanzo esce per la porta.

GIOVANNA (a Rossana che si è alzata) Addo’ vaje?

ROSSANA (mentre va al jukebox) A mettere qualche canzone.

LAURETTA Brava, fai bene. Un poco di musica ci vuole.

FOFO’ (riferendosi al dubbio gusto di Rossana in fatto di musica leggera) Sì, Laure', quacche canzone mo ce vo’, ma no ‘e ccanzone a cumpariello che ce piaceno a Rossana.

FELICE (a Fofò) Scusami, non ho capito che cosa c’entrino le canzonette con il compariello.

FOFO’ (esasperato) Feli’!!! Ma tu si’ ‘e Napoli o scennisse r’’a muntagna?

FELICE Sono di Napoli; abito in via Luca Giordano.

FOFO’ Embè, nun saje che vo’ ricere quando na canzone è a cumpariello? (Giungono le prime note dell’introduzione di “Nel sole”) Senti? Questo è un classico esempio della canzone a cumpariello. (Accenna in modo sguaiato il ritornello, mentre Rossana canticchia sottovoce insieme al disco) “Quando il sole tornerà…” Jammo, rimme tu che sta a significa’ sta canzone.

FELICE Ho capito. Chiamasi canzone del compariello una canzone senza un preciso significato estrinseco. Beh, io invece ti dico che questa canzone intrinsecamente è un inno alla gioia, all’amore, al sole che anche se vi sono le nuvole, c’è sempre…

GIOVANNA (tagliando corto) Va buo’, Feli’, chiurelo stu cesso!

FELICE (con calma irritante) Giovanna, da te non mi sarei mai aspettato una parola tanto triviale.

VOCE (dall’interno) Attenzione prego. Carlo il bagnino è atteso in direzione. Ripeto: Carlo il bagnino è atteso in direzione.

Carlo entra dalla scala. Il bagnino ha circa 40 anni. E’ atletico ed è abbronzatissimo. Ricorda molto vagamente Marcello Mastroianni.

FOFO’ (mentre il bagnino fa per uscire in tutta fretta per la porta, gli grida dietro) Marcello! Chianu chiano. (L’altro lo manda a quel paese con un gesto)

CLEMENTE (perentorio) Carlo!

CARLO (in fretta) Signor Franzelli, arrivo subito: mi stanno chiamando in direzione.

CLEMENTE (c.s.) Vieni da me! Ti ho fatto chiamare io! (Sottolineando il particolare) Da un quarto d’ora!

CARLO (avvicinandosi a Franzelli) Ah, lei mi ha fatto chiamare un quarto d’ora fa? E’ strano: io ho sentito l’annuncio un minuto fa e, come vede, subito sono venuto.

CLEMENTE Meno male.

CARLO  Mi dica. C’è qualcosa che non va?

CLEMENTE Qualcosa soltanto? Tutto non va, caro lei!

CARLO Se c’è qualcosa che le dà fastidio, mi dispiace davvero, mi creda, signor Franzelli. Lei è un cliente affezionato… E poi, noi del personale facciamo il possibile e l’impossibile per accontentare i nostri clienti.

CLEMENTE (con un sorrisetto sardonico) Non credo proprio, visto le cose che già succedevano gli anni passati e che quest’anno si stanno ripetendo con più frequenza. Basta! Questo è l’ultimo anno che mi vedete!

CARLO (stringendosi nelle spalle) Cosa vuole che le dica? Se ha deciso così… Ma se lei mi dice che cosa le ha dato o le dà fastidio…

CLEMENTE (tagliando corto) Lasciamo stare. Sorvoliamo.

CARLO (insistendo) Ma no! La prego, mi dica. Risolverò io il disguido.

CLEMENTE Devo sciorinare? Tu vuoi proprio che io sciorini? E va bene. Sciorino. Te l’ho detto già: ti ho mandato a chiamare mezz’ora fa e in direzione si sono degnati di fare l’annuncio soltanto da cinque minuti.

CARLO Lo so, ma lei deve capire che oggi è una giornata particolare: dentro stanno preparando per stasera e al bar c’è folla.

CLEMENTE (continuando) Il caffè qua costa sessanta  lire. Vatti a fare una passeggiata sugli altri lidi: il caffè lo pagherai cinquanta lire.

CARLO (niente affatto intimorito dal tono rude e deciso dell’altro) So anche questo. Vede, noi usiamo una miscela particolare. Ecco perché lei paga dieci lire in più.

CLEMENTE (c.s.) Stamattina la mia signora ha trovato sotto l’ombrellone un cumulo di bottigliette vuote di Coca cola e porcherie varie. Come se  non bastasse, a me si è appiccicata una gomma masticata sotto il piede.

CARLO (sospirando e allargando le braccia) Eh, lo so… Io e il mio collega cerchiamo di tenere la spiaggia sempre in ordine, ma purtroppo i vandali ci sono dappertutto.

CLEMENTE E sia ben chiaro: se non la smetti di ribattere alle mie obiezioni, io non so che cosa faccio. Io ho ragione!

CARLO Certo, però…

CLEMENTE (furente) Tu devi soltanto addivenire a tutto quello che dico. Intesi?

CARLO Va bene. Adesso, col suo permesso, devo ritornare sulla spiaggia. (Si allontana ed esce per la scala)

FOFO’ (che ha assistito divertito alla scena, alludendo al bagnino) Ha fatto buono che se n’è gghiuto, C’’e pazze nun se sape maje comme po’ gghi’ a ferni’. (Dal jukebox giungono le prime note della canzone “Il peperone”) Tie’ tie’! Vire ‘o cielo che te mena!!!

FELICE Questa secondo te è un’altra canzone del compariello, eh?

FOFO’ (ironico) Noo. Sta canzone è piana di significato.

FELICE Certo. E’ un invito a non esporsi al sole, o per lo meno a non esporsi nelle ore centrali della giornata. Il sole fa male alla pelle, fa venire la malattia del secolo.

GIOVANNA (superficiale) Va buo’, Feli’…

FELICE (sorridendo con amarezza) … chiudi… il bagno.

GIOVANNA (c.s.) No, ma noi mo stiamo in vacanza e tu te metti a pensa’ che il sole fa male alla pelle? Quando  è settembre, se ne parla.

FELICE La prudenza non è mai troppa, cara Giovanna.

FOFO’ Feli’, m’’a lieve na curiosità? Ma tu quant’anne vuo’ campa’?

AUGUSTO (entrando dal fondo a sinistra con sua moglie e la signora Salvati, che tiene per mano Teresita, e continuando un discorso) E vi dicevo, signo’: quando mia moglie me l’ha detto, mi ha fatto un piacere immenso. Signo’, l’anno scorso Scauri senza voi non era Scauri. (Piccola pausa) Certo… Mia moglie mi ha detto pure il fatto di vostro marito… Che vi devo dire? Sono cose che non dovrebbero mai succedere, ma purtroppo succedono. E’ la vita. (Intanto sono arrivati vicino al tavolino libero) Prego, signo’, accomodatevi.

SIGNORA SALVATI (sedendosi) Grazie.

AUGUSTO Menichi’, assettete nu poco pure tu, ‘o vvi’? (Menichina prende posto e l’uomo si siede a sua volta imitando scherzosamente i bambini mentre si seggono) Ah ah! Allora. Signo’, che cosa vi posso offrire?

TERESITA (che appena è entrata si è avvicinata di corsa alla scaletta per vedere giù sulla spiaggia, adesso va vivace verso sua madre) Mamma, mamma, Umbertino già sta sulla spiaggia. Io vado a giocare con lui. (E si allontana)

SIGNORA SALVATI  Vai, vai, tesoro. Però non ti allontanare e stai attenta, non ti fare  male, mi raccomando.

TERESITA (uscendo per la scala) Va bene. (Esce)

AUGUSTO Signo’, lo gradite un caffè, una bibita fresca…

SIGNORA SALVATI No, vi ringrazio. Il caffè l’ho preso prima di scendere. Sarà per un’altra volta.

AUGUSTO Come volete. Vuol dire che da domani mattina riprendiamo le nostre vecchie e piacevoli abitudini e ci giochiamo la ciambella a scopa.

MENICHINA (vede che in questo momento entra Melania dalla scala e s’irrigidisce. La ragazza va al jukebox. Infastidita per ciò che ha detto suo marito, ma soprattutto perché ha visto la sua “rivale”) Augu’, si’ sempe tu!

MELANIA (indossa un costume a due pezzi e un paio di bikini. Le mani sui fianchi, si avvicina al gruppo dei giovani) Ciao a tutti! (Gli amici fanno eco al saluto) Chi manca?

MENICHINA (ironica e nervosa) E’ arrivata ‘a santarella! “Chi manca?” E nun ‘o ssaie chi manca?

MELANIA (sensuale) Qualcuno mi faccia sedere. Felice, se non mi dai la tua sedia, mi siedo sulle tue cosce.

FELICE  (alzandosi in fretta e quasi timoroso) No, no. Prego, prego, siediti pure. Io resto in piedi.

MELANIA (si siede e accavalla le gambe, c.s.) Grazie.

MENICHINA (alludendo a Melania) Bella faccia tosta! Augu’, tu he’ visto?

AUGUSTO No, che è succieso?

MENICHINA Melania ha fatto sòsere a chillu povero Felice e s’è assettata essa.

AUGUSTO (superficiale ed evasivo) Va buo’… Vo’ ricere che ‘a prossima vota essa se sòsa e isso s’assetta.

MENICHINA (seguendo il filo dei suoi pensieri) Chillo po’ Felice è cchiù fesso che buono, è scurmuso: subito s’è susuto e l’ha fatto assetta’ a chella sporca! Vire, vire comme sta indecente!

AUGUSTO (un poco più nervoso, ma sempre leggero) Menichi’, ‘assamme sentere: a te che te ne ‘mporta? Nun dà retta. Vuo’ quacche cosa ‘o bar?

Echeggiano le prime note di “Andiamo a mietere il grano”.

MELANIA (c.s.) Madonna! Quanto è bella questa canzone! La adoro! (Canta con il disco) … il grano, il grano…

FOFO’ Mela’, pe’ favore!!!

FELICE Scusami, Fofò, ma io concordo con Melania: oggi come oggi, ahimè!, c’è troppo poco personale che lavora la terra.

MELANIA (c.s.) … e tra le spighe dorate avrai la mia estate ed il mio amor…

AUGUSTO Menichi’, ‘a vuo’ quacche cosa ‘o bar?

MENICHINA (c.s.) Tie’ tie’! Ih che galletta ‘e Castellammare!

AUGUSTO (disorientato) Allora? Vulisse nu cornetto? Mo chiammo a Costanzo e t’’o faccio purta’, sì?

MENICHINA (c.s.) Niente… Nun voglio niente… Aspetta… Augu’, tu he’ sentuto? Quella allude! E sì! Io po’ accussì avev’’a ritto! Piglio e ce faccio dà l’estate toia e l’ammore tuoio a chillu figliu mio!  Ma famme ‘o piacere!... ‘A staggiona toia e l’ammore tuoio c’’e ddaje a quaccheruno ato!

AUGUSTO (dopo una pausa, studiatamente calmo) Senti, Menichi’, io tengo la impressione che tu ti stai fissando. ‘A canzone nun ‘a cunusce? ‘A guagliona sta cantanno pure essa. Che c’entra che allude?!

MENICHINA (per amore di pace) Sì, è overo, hai ragione. Però chella nun avrà maje ‘o piacere ‘e se piglia’ ‘o figlio mio.

AUGUSTO (autoritario) Aspetta nu mumento. Mo staje sbaglianno. Menichi’, oramaje Geppino tene vinticinche anne. ‘A vita è ‘a soia e nuje nun ce avimm’ azzecca’ niente. E’ chiaro? Signo’, diteglielo pure voi a mia moglie.

SIGNORA SALVATI Ma certo! Don Augu’, anche stamattina gliel’ho detto alla signora. D’altra parte Melania è una bravissima ragazza. Non vedo…

MENICHINA (con mal celato nervosismo) Voi non vedete niente, ma io veco troppi ccose, signo’! Ditemi voi: quello è un modo composto di sedersi?

AUGUSTO (tra il serio e il faceto) Aggio capito, jammo: quanno turnammo ‘a casa, te porto a vere’ addu nu specialista.

GIOVANNA (alludendo alla canzone che il jukebox sta suonando adesso, “Il mare in cartolina”) Aeh!... Ma chi l’ha misa sta canzone?

MELANIA (impettita) Io. Bella, vero?

GIOVANNA Mela’, fa schifo!

FLAVIO (entrando dal fondo a sinistra con Geppino. Appena lo vede, Adriana sussulta. Quasi tra sé) E già… Uno pensa sempre… Invece…

GEPPINO Salute! (La comitiva fa eco al saluto. Il ragazzo si avvicina a Melania e la bacia sulla bocca)

AUGUSTO (visto che sua moglie si è alzata bellicosa, temendo il peggio) Che vuo’ fa’? Aro’ vuo’ i’?

MENICHINA (frugando nervosamente dappertutto, infastidita) Niente, Augu’, niente. Fa cavero: voglio ‘o ventaglio pe’ mme sciuscia’ e nun ‘o trovo. Dio santo! Quando se va ‘e pressa…

AUGUSTO E va buo’, nun fa niente. Forse l’he’ rimasto ‘a casa. Assesstete mo: tanto oggi non fa chillu caldo… E’ vero, signo’?

SIGNORA SALVATI Sì, si sta bene.

Intanto Flavio ha preso una poltroncina e si è seduto accanto a Lauretta. Adriana fa di tutto per attirare l’attenzione del ragazzo, ma invano.

GEPPINO Mo me vaco a piglia’ pure io una sedia. (E fa per andarla a prendere)

MELANIA (tempestiva e leziosa) Ma che sedia, Geppino! Siediti qua, sulle mie cosce.

GEPPINO (sedendosi sulle ginocchia di Melania, ben sapendo che sta per dire una sciocchezza) Certo… No… è che pensavo che oggi non mi volevi vicino…

MELANIA (c.s.) Cretino! (Lo abbraccia e lo bacia)

MENICHINA (c.s.) Siente, Augu’, io cierti ccose nun m’’e ffiro r’’e vere’. Mo o ce ne jammo, oppure me ne strafo… Uh, signo’, scusata… Oppure nun me ne ‘mporta niente ‘e chello che puo’ dicere tu, vaco vicino a chella e ce rico che è na zoccola e che ha da lassa’ ‘mpace a mio figlio. (Si alza)

AUGUSTO (tra i denti, tuttavia in tono persuasivo e superficiale) N’ata vota mo?! Assettete. (Sua moglie quasi meccanicamente si risiede) Na vota tanto sta’ a senti’ a tuo marito. Chille so’ guagliune. Lassa sta’. Quando è settembre se ne parla. He’ capito?

MENICHINA (quasi convinta) Sissignore: faccio comme vuo’ tu. Però quando turnammo ‘a casa Geppino s’ha da mettere a ffa’ ‘ammore cu Reginella.

AUGUSTO T’aggio ritto che se ne parla a settembre. (Pausa. Cambia discorso) Signora Salva’, avete visto? Il Festival di Napoli l’hanno vinto Nino Taranto e Gloria Christian con la canzone “’O munno è na palla”.

SIGNORA SALVATI Ah, sì? Ha vinto quella canzone là? No, non lo sapevo perché la serata finale non l’ho vista. Adesso mi sfugge perché non l’ho vista. Quella canzone è molto orecchiabile. Poi Nino Taranto e la Christian sono il non plus ultra della canzone napoletana.

AUGUSTO (scherzoso) Signo’, se ‘o munno è na palla, don Augusto Di Lorenzo è il re di due mondi… (La Salvati ride di cuore. Menichina gli dà uno spintone) ‘Aspita, Menichi’! N’ata vuttata ‘e chesta e mme faje i’ direttamente a mare. Che c’è?

MENICHINA (irritata) E fa’ ‘a perzona seria ogni tanto!

GIOVANNA (canta con il  disco un verso della canzone “La rapsodia del vecchio Liszt”)…” la maggiore età”.  (Commenta) Questa canzone  nun vo’ ricere niente, ma è troppo simpatica.

FOFO’ Allora stasera jammo ‘ncopp’’e go – kart? M’aggi’’a rifa’.

MELANIA Fofò, ma sei scemo? Ti sei dimenticato che stasera c’è l’elezione della Miss?

FOFO’ Ah, già.

GIOVANNA A proposito, chi partecipa?

MELANIA Non lo so, ma io di sicuro.

MENICHINA (quasi tra sé) E ti pareva!...

ADRIANA (con intenzione) Io vorrei partecipare, ma ho quindici anni. Melania, che dici? Se mi trucco bene, posso partecipare?

MELANIA Ma sì! Quelli dell’organizzazione non guardano la carta d’identità.

FLAVIO Invece, secondo me, tu al massimo puoi partecipare allo Zecchino d’oro.

Adriana scoppia a piangere ed esce correndo per la scala.

ROSSANA Adria’, vieni qua.

CLEMENTE (allarmato) Adriana, figlia mia, che c’è? Chi ti ha fatto piangere? Dici tutto a papà tuo. (Esce anch’egli per la scala)

LAURETTA Flavio, scusami tanto, ma tu perché ce l’hai tanto con Adriana? Che cosa ti ha fatto di male?

FLAVIO Laure', Adriana si è innamorata di me e io non la voglio illudere. Lo faccio per il suo bene.

FOFO’ (dopo una pausa, tira un sospiro liberatorio e si riferisce alla canzone “Michelle”) Ah! Finalmente! Na canzone decente!

ROSSANA Ma è vero che John Lennon è nato nel trentanove?

GIOVANNA Aeh!!! Rossa’, tu po’ faje cierti domande…

ROSSANA Mi è venuto in mente.

GIOVANNA Che t’interessa a te! Pienze ‘a salute!

GEPPINO A proposito del trentanove, stamattina per radio ho sentito una notizia incredibile.

FELICE Sì, l’ho ascoltata anche io: il presidente del Cile ha rassegnato le dimissioni.

GEPPINO No, Feli’, nun è chesta ‘a notizia.

GIOVANNA Beh? E quale sarebbe sta notizia?

GEPPINO (divertito) Allora. Ogni anno Natale e Capodanno vengono nello stesso giorno della settimana, no?

FELICE Perfettamente! Perché il primo gennaio viene a cadere precisamente sette giorni dopo il venticinque dicembre.

GEPPINO (c.s.) Stamattina la radio ha detto che nel trentanove Natale e Capodanno sono capitati in due giorni diversi.

ROSSANA (incredula) Veramente?

FOFO’ Geppi’, tu che staje ricenno?! E comme va, neh?

GIOVANNA Ah! Fofò, ‘o trentanove è stato anno bisestile.

FOFO’ No, nun po’ essere: ‘o trentanove è dispari, l’anno bisestile è sempe pari.

GIOVANNA Ah, eh… Giusto.

LAURETTA (avendo notato che Flavio ridacchia sotto i baffi) Ragazzi,  Flavio lo sa, sta sorridendo. Dai, Flavio, dillo tu.

FLAVIO (sadico) Non ancora. Cercate di arrivarci da soli.

MELANIA Nel trentanove il regime fascista sospese il concorso di Miss Italia.

FOFO’ Mela’, sulamente tu putive spara’ na vongola del genere.

FELICE Un momento. Ci sono. Nel trentanove Natale e Capodanno caddero in due giorni diversi perché il trentuno agosto di quell’anno furono dichiarate aperte le ostilità che diedero inizio al secondo conflitto mondiale per l’incursione dei carri armati tedeschi in territorio polacco.

FOFO’ Uh… Feli’, pe’ piacere…

FELICE … chiudi…

FOFO’ No, nun vulevo dicere chesto… Però si ‘o vuo’ chiurere, nuje nun te ricimmo niente… No, Feli’, io ti volevo dire che noi lo sappiamo che’a scola tu si’ ‘o primmo r’’a classe. E’ inutile che ce azzallisce pure ‘a staggione tu e ‘a storia.

FELICE Come, la storia contemporanea è così bella e interessante.

GIOVANNA Jammo, Geppi’, nun ce fa’ spanteca’ cchiù, diccelo tu: perché nel trentanove Natale e Capodanno non sono venuti nello stesso  giorno?

GEPPINO (c.s.) Perché si pensa sempre a Natale e a Capodanno. Io vi ho parlato di un anno specifico: il 1939. Tutti gli anni è così: il primo gennaio e il venticinque dicembre cadono in due giorni diversi della settimana.

ROSSANA E già…

FELICE (sorridendo) Giusto, giusto… Io avevo pensato a una cosa del genere.

GIOVANNA Geppi’, Maronna! Me crerevo che era! Ih che cretinata!

LAURETTA (candida) Uh!... Io non ho capito.

FLAVIO Laure', è semplice: quando noi diciamo che Natale e Capodanno capitano lo stesso giorno, parliamo di due anni diversi; invece Geppino ha parlato specificatamente del trentanove.

LAURETTA Ah. Adesso ho capito.

FOFO’ (ironico) Menu male. Ce vuleva ‘a zengara. (Riferendosi a “Il ragazzo della via Gluck”) Guagliu’, intanto sta canzone a Sanremo è stata scartata  e sta vennenno nu sacco ‘e dischi. Avite visto?

ROSSANA  Ma per forza doveva essere così! A Sanremo non hanno capito niente! Questa canzone è sublime, paradisiaca!

GIOVANNA (ridendo per sottolineare l’inopportunità dell’enfasi dell’amica) Rossa’, tu po’… Paradisiaca,,, Nun ce sfottere…

FELICE (dopo una brevissima, ma scrupolosa meditazione) Beh, Rossana non ha tutti i torti, cara Giovanna. “Il ragazzo della via Gluck” è una canzone a favore dell’ecologia e in questo modo ci riporta all’Eden, dove Adamo ed Eva prima di commettere il peccato originale vivevano felici e beati. (Lunga pausa) Geppino, ritornando alla celia che hai fatto prima, perché proprio il trentanove? Questo particolare mi sfugge, in verità.

GEPPINO Uh!!! Tu staje pensanno ancora ‘o trentanove?!

FLAVIO Ha detto il trentanove per confondere le idee.

FOFO’ Poteva dire pure il ventisette, il trentaquattro,,, Geppi’, dico bene?

GEPPINO E certo.

FELICE Giusto, giusto. (Guarda l’orologio da polso, quindi constata) Sono quasi le dodici e trenta. Beh, io direi che la temperatura dell’acqua del mare a quest’ora si dovrebbe aggirare sui trentasei gradi e mezzo – trentasette gradi… Sì, alle dodici e trenta il mare raggiunge la temperatura ideala per fare il bagno. Va bene. Stando così le cose, io chiedo permesso e mi vado a bagnare e a farmi una mulinata.

GIOVANNA (incuriosita) Che vai a fa’?

FELICE Una mulinata.

GIOVANNA (che davvero non ha capito) Teh! E che è na mulinata?

FELICE (mimando il nuoto con le braccia) Vado a nuotare.

GIOVANNA (esasperata) Uh!!! Feli’, e parla comme t’ha fatto mammeta! ‘A mulinata…

FELICE Questo, cara Giovanna, è un linguaggio un poco arcaico. E vado anche a pescare un poco.

FOFO’ Ah, bravo! Vaje pure a pisca’. Cacanno?

FELICE (ingenuo) No, con la rete.

Gli amici ridono.

FOFO’ Ah, con la rete? Io mi credevo che pescavi cacanno.

FELICE No, con la canna non riesco a pescare. Con la rete è più facile. (Avviandosi ad uscire per la scala) Con permesso. (Esce)

GIOVANNA (ridendo) Uè!!!... Io… io stevo murenno!...

ROSSANA (alludendo a Felice) Madonna mia! Ma si può essere così battilocchio?

MELANIA (c.s. ed ironica) Povero cocco!

GIOVANNA (sottovoce a tutti e in particolare a Fofò) E zi’ Menichina vorrebbe che io mi fidanzassi con Felice…

FOFO’ Giova’, ma tua zia sta bona c’’a capa?

AUGUSTO (alzandosi) Menichi’, io me vaco a ffa’ na nuotata.

MENICHINA Va’, va’.

AUGUSTO (alla Salvati) Permesso.

SIGNORA SALVATI Prego.

Dal jukebox giungono i primi accordi di “Che colpa abbiamo noi”. Augusto sta per uscire per la scala e s’imbatte in Clemente e in Adriana che stanno entrando. Adriana piange.

AUGUSTO (affabile) Don Cleme’, ve ne salite già?

CLEMENTE (volutamente sbrigativo ed evasivo) No, no. Devo risolvere un affaruccio. Signor Augusto, mi dovete credere: quello che sto vedendo quest’anno è una suburra!

AUGUSTO (quasi scherzoso) Addirittura?! Signorina Adriana, e voi perché state piangendo?

CLEMENTE (rabbioso) Eh, perché, perché… Perché qualcuno di quei ragazzacci l’ha offesa gratuitamente. Signor Augusto, voi mi insegnate che con i sentimenti non si scherza e io adesso devo fare valere le mie ragioni. Anzi, se non vi è di fastidio, venite anche voi. Mi farebbe piacere se state presente perché voi siete una persona di età, perbene e rispettabilissima e mi potete dire obiettivamente se ho ragione o se ho torto.

AUGUSTO (conoscendo Clemente, ha intuito che il suo interlocutore di lì a poco verrà alle mani con qualcuno dei ragazzi e vuole restare fuori; nel contempo, tuttavia, non vuole farlo innervosire ulteriormente) Ma lasciate stare, don Cleme’. Queste sono cose vostre, io non c’entro. Guardate, io mi volevo andare a fare una nuotata.

CLEMENTE (insiste e c.s.) Signor Augusto, venite con me, quando vi prego. Si tratta di cinque minuti soltanto.

AUGUSTO (c.s.) Ma no…

CLEMENTE (fissandolo con occhi da folle) No! Voi dovete venire con me! E’ chiaro?

AUGUSTO (si arrende) Va bene, va bene, come volete; ma non vi arrabbiate, state calmo. (Tra sé) Basta che facimmo ampressa…

CLEMENTE (avvicinandosi con sua figlia e Augusto alla comitiva dei ragazzi, che si alzano) Sono calmissimo. (Tenero ad Adriana) Bella di papà, allora? Chi ti ha fatto piangere? (Pausa. Con rabbia) Parla, perdio! Non avere paura!

ADRIANA (piangendo, balbetta, indicando Flavio) Papà… lui.

Intanto anche Menichina e la signora Salvati si alzano e si accostano incuriosite ai ragazzi.

CLEMENTE (amaro) Ah, è lui? E già… Dal figlio di una donna piacente e ancora giovane… non ci si poteva aspettare altro. (Minacciosamente calmo a Flavio) Ragazzo, tu che hai fatto piangere mia figlia, ora ti devi difendere.

FLAVIO (cantando con il disco) Ma che colpa abbiamo noi.

CLEMENTE (c.s.) E ti consiglio di essere serio. Per tua norma e regola, la mia bambina non è più una bambina.

FOFO’ Io nun aggio capito. Se po’ sape’? Adriana è o nun è na criatura?

I ragazzi ridono.

MENICHINA (alla Salvati) Signo’, ma ch’è stato?

SIGNORA SALVATI Non lo so. Pare che la figlia del signore sia stata  insultata da un ragazzo.

CLEMENTE (c.s.) Non hai il coraggio di difenderti, è vero? Lo sai che sei nel torto.

LAURETTA Questa è cretinaggine pura!

GIOVANNA Sìì. Chisto è n ommo ‘e niente.

ROSSANA Alla fine Flavio non ha detto niente di male.

MELANIA (alludendo a Clemente) Ma ‘sto deficiente che cosa vuole?

GEPPINO Vaje, Flavie’, che noi tifiamo per te. Fatte vale’.

FOFO’ Flavio, fa’ l’ommo!

FLAVIO (forte delle parole d’incoraggiamento degli amici) Signor Clemente, lei ha detto che io non ho coraggio. Giusto?

CLEMENTE Perfettamente.

FLAVIO E che quindi sono un vile e un vigliacco.

CLEMENTE No, questo non l’ho detto.

FLAVIO L’ha pensato, però. Bene. Io adesso le dimostro che il coraggio ce l’ho eccome! Sua figlia è una bambina. Anzi, è cento volte bambina perché se non lo fosse, non sarebbe andata a piangere da papà. Se la sarebbe sbrigata da sola.

CLEMENTE Ragazzo, ti ricordo che stai parlando con un uomo serio e di età. (A denti serrati) Tu sei un povero pivello. (Si scaglia contro Flavio che lo evita andandosi a nascondere dietro una poltroncina)

AUGUSTO (grida allarmato) Don Cleme’, per l’amor di Dio, calmatevi!!!

MENICHINA (gli occhi sbarrati per lo spavento) Maronna! Chisto è pazzo! Signo’, andiamocene noi.

SIGNORA SALVATI Sì, forse è meglio. (Ed esce con Menichina per il fondo a sinistra)

AUGUSTO (amaro) He’ visto, Fofò. Io ‘o ssapevo che ghieve a ferni’ accussì.

Richiamati dal tono alto e concitato delle voci, accorrono pure Costanzo dall’interno del lido e Carlo dalla scala. Il barista, il bagnino e i ragazzi calmano Flavio con parole appropriate. Augusto, dal canto suo, cerca di calmare Clemente. Il quale non intende sentire ragioni e continua a ripetere: “Lasciatemi, lasciatemi.” Tutto questo mentre i Giganti cantano dei versi che dato il momento, risultano sarcastici: “Viva, viva l’amor / E’ per l’amore che si canta…”.

Buio.

FINE DEL PRIMO ATTO

SECONDO ATTO

La stessa scena del secondo quadro. Sono le sette del pomeriggio.

(Durante l’atto, a piacere e a discrezione del regista, passeranno gli avventori, che saranno 5 o 6 e che magari saluteranno ed entreranno nel lido, per poi uscirne, senza mai sostare in scena. La scaletta di accesso alla spiaggia è stata chiusa con un piccolo cancello di legno, per cui le entrate saranno il fondo a sinistra e la vetrata.)

All’alzarsi del sipario Costanzo sta spazzando a terra: ha impilato le poltroncine e i tavolini accanto alla scaletta. Dalla vetrata entra Carlo.

CARLO (avviandosi in fretta ad uscire per il fondo a sinistra) A Costa’, ciao, io vado. Se vedemo più tardi.

COSTANZO (immediatamente) Aspetta! E damme ma mano, no? Ce ne andiamo insieme.

CARLO (tornando indietro) Okay, però sbrigamose.

COSTANZO (andando a portare scopa e paletta al di là della vetrata) Sì, sì, ecco, ecco. (Ritorna dalla vetrata,  si avvicina alla pila di tavolini e si accinge a sistemarli come all’inizio del secondo quadro)

CARLO Io che devo da fa’?

COSTANZO Prendi quelle sedie e mettile tutt’attorno ai tavolini.

CARLO (eseguendo) A Costa’, stasera me dichiaro a Rossana.

COSTANZO (indifferente) Auguri.

CARLO (un tantino preoccupato) E se me rifiuta?

COSTANZO (c.s.) Condoglianze.

CARLO (ridendo) A Costa’, sei unico! Ma che stje a di’?! Condoglianze… (Dopo una piccola pausa, pavoneggiandosi) Macché! A me nun m’ha mai rifiutato nessuna ragazza! (Impettito) Guarda qua! Che fisico che c’ho! (Mostrando con orgoglio i muscoli delle braccia) Che muscoli! L’acciaio! (Altra piccola pausa) Oh, e se me rifiuta, peggio per lei… Ce sono tante regazze in giro… Pure più belle de lei.

COSTANZO (c.s.) Bravo!

PAOLO (entrando dalla vetrata e parlando seccato a Gianni e a Gino che lo seguono) Mannaggia la pupazza! Sono le sette meno venti e Paki non si vede ancora. (Siede accanto a un tavolino)

GIANNI (sedendosi) Mo lo vedi arrivare, su!

GINO (sedendosi) E dai, Paolo! Del resto quasi quasi non abbiamo più bisogno di provare: sono due mesi che tutte le sere facciamo sempre le stesse canzoni… Porta pazienza.

PAOLO (irritatissimo) Gino! Anche tu, adesso?! Si può sapere questa pazienza dov’è che la devo portare?! D’accordo: sono due mesi che stiamo lavorando, ma stasera c’è l’elezione di “Miss Lido Scauri” e deve filare tutto liscio come l’olio. Va bene?

GINO (serafico) E non ti preoccupare, che filerà, filerà. Paolo, tu c’hai una voce… Sei meglio di Bongusto e Di Capri messi insieme.

PAOLO (c.s.) Costanzo, portami un’acqua tonica ghiacciata.

COSTANZO Sono fuori servizio. Finisco di pulire e me ne vado.

CARLO A proposito, datte na mossa, daje!

COSTANZO Sì.

PAKI (entra dal fondo a sinistra, l’andatura molto dinoccolata) Ciao, ragazzi. Eccomi qua.

PAOLO (c.s.) Finalmente! Tu venisti, eh?

PAKI Hai ragione, dobbiamo provare. Ma… Un’ora e mezza  fa… Roba da non credere… Oh, capitano tutte a me!...

CARLO ‘A solita panzana.

PAKI  Magari! Stavolta è la verità, purtroppo. In questo momento sto tornando dal commissariato di Minturno.

PAOLO (abbastanza allarmato) Commissariato di Minturno? Perché, che cosa è successo?

PAKI Dunque, all’altezza di “Nocella” la salumeria sull’Appia… Avete presente?

PAOLO Sì. Beh?

PAKI Io stavo con il “Cencinquanta”. Mi sono fermato alla pasticceria di fronte e stavo prendendo un caffè. All’improvviso… BUM!!!

PAOLO (sussultando come gli altri presenti) Un’esplosione?

PAKI No. Una “Centoventiquattro” ha fatto un testa – testa con una “Cinquecento” che veniva nel senso inverso. Naturalmente io sono uscito  per vedere che cosa stava succedendo. Fortunatamente nessuno si è fatto male. Si è ammaccato soltanto un poco il paraurti della “Centoventiquattro”.

GINO Meno male, va’. Una sciocchezza.

PAKI E infatti. Però quello che stava nella macchina… un tipo con una puzza insopportabile sotto il naso… mi ha costretto quasi a andare con lui al commissariato a denunciare il danno.

PAOLO (ridacchiando) Una piccola ammaccatura al paraurti? Sentite, quello che si vede in giro è assurdo.

GINO Per forza! Non hai sentito? Secondo me quello che stava nella “Centoventiquattro” doveva essere il classico figlio di papà stronzo.

GIANNI E certo!

CARLO Stronzo come er signor Franzelli, che stamattina n antro poco faceva corere a ‘e Carabinieri perché Flavio aveva detto a ‘a figlia che nun c’aveva nessuna intenzione de fa’ movimento con lei.

COSTANZO (a mo’ di congedo) Beh, è ora: io vado. Carlo, tu vuoi venire?

CARLO E come no! Ciao, rega’. Se beccamo più tardi.

I componenti del complesso “The Beach Room” fanno eco al saluto. Carlo esce per il fondo a sinistra.

COSTANZO Ciao. (E segue il bagnino)

PAOLO (alzandosi) Dai, su, andiamo a provare. (Fa per uscire in fretta per la vetrata con gli altri del gruppo)

LAURETTA (entra dal fondo a sinistra) Ciao, ragazzi.

GIANNI Oh, ciao, bella!

LAURETTA Avete visto Flavio?

GIANNI No. (Esce per la vetrata, seguendo gli altri, i quali già erano entrati nel lido)

Un poco delusa, Lauretta va al jukebox, mette tre canzoni e va a sedersi. L’apparecchio suona “Perdono”.

GEPPINO (entrando per il fondo a sinistra con Felice. Geppino vorrebbe riuscirci, ma non riesce proprio a trattenere una sonorissima risata) Feli’, ma comme te si’ cumbinato? Ciao, Laure'.

LAURETTA Ciao. (Si accorge di Felice) Uh…!!! Ah, ah, ah…

FELICE (è davvero ridicolo nel suo tight di raso nero. Ha con sé il libro “Guerra e pace”. Dubbioso) Scusami, Geppino, ma non sto bene con questo vestito?

GEPPINO (diplomatico) No, il fatto di stare bene, stai bene… E’ solo che… Penso che il tight non è adatto: troppo elegante. Laure', te pare pure a te?

LAURETTA Sì.

GEPPINO Feli’, ti giuro: quando ci siamo incontrati qua fuori, ho pensato: “Ma Felice che s’ha miso ‘ncuollo?! Me pare…” Lasciamo perdere…

LAURETTA Feli’, sembri un pinguino.

FELICE (a Geppino) Beh, forse avrò esagerato un pochino… Questo è il vestito che indossai al funerale di un mio zio, un fratello di papà… Sì, mammà pretese che io per quel funerale avessi indossato il tight perché mio zio fece la guerra del quindici – diciotto, anzi del quattordici – diciotto. Mio zio era importante…

GEPPINO (ironico) Eh, sì. Ho capito.

FELICE (prosegue) Ma, capirai, questa sera vorrei tentare di fare colpo su tua cugina.

GEPPINO (tra sé) E chello a Giovanna nu colpo ce vene quando te vere, puo’ sta’ sicuro!

FELICE A proposito di pinguini, lo sapete che sono in via di estinzione? Proprio stamane leggevo…

DORA (dall’interno) Signora Clelia, la prego, accomodiamoci sul lido e mi stia a sentire un momento. Signora, venga anche lei, prego.

SIGNORA SALVATI (dall’interno) Ma no! Io me ne vado e vi lascio stare tranquille. E’ stato un piacere incontrarvi. Arrivederci. Ci vediamo domani sulla spiaggia.

TERESITA (dall’interno, piagnucolando) No, mamma, dai, andiamo sul lido.

SIGNORA SALVATI (c.s.) E va bene. Però un quarto d’ora solamente.

TERESITA (c.s., felice) Yuhu!!! (Entrando dal fondo a sinistra, seguita da Umbertino) Vieni, Umbertino: sediamoci qua. (Seggono a un tavolino)

Entrano anche la signora Salvati, la signora Clelia  Delneri e Dora Franzelli. Le tre vanno ad occupare il tavolino accanto a quello dei bambini. Dal jukebox proviene la canzone “Nessuno mi può giudicare”. La  Delneri  accende una sigaretta. Da questo momento sporadicamente si udiranno accordi di chitarra e tastiere, nonché il classico “Prova, prova… Sa”: sono i Beach Room che stanno provando gli strumenti e la fonica.

GEPPINO (dopo aver dato un’occhiata all’orologio) ‘Mbe’, mo me ne vaco. Ce verimmo cchiù tarde. Ciao, Feli’; ciao, Laure'.

FELICE Ciao. (Apre il libro e si mette a leggere)

LAURETTA Aspetta, accompagnami a casa.

GEPPINO Sì. Vieni, vieni. (E i due ragazzi escono per il fondo a sinistra)

UMBERTINO Teresita, gradisci qualche cosa al bar? Offro io.

TERESITA No, grazie. Lo so che tu sei un gentiluomo, ma io già ho mangiato il gelato.

SIGNORA SALVATI (sorridendo intenerita) Che dolci i nostri bambini! Eh, signora Dora?

DORA (la mascella serratissima) Già…

SIGNORA SALVATI E Umbertino come si è fatto grande! Mi ricordo che due anni fa era piccolo così, invece adesso… Un ometto!

DORA (c.s.) Già… (Accende anch’ella una sigaretta) Signora Clelia, il comportamento di suo figlio non me lo sarei mai aspettato! Offendere così una bambina! Lo sa che Adriana a tavola non ha voluto mangiare?

CLELIA (flemmatica) Questo mi dispiace. Però le devo dire che lei ha detto bene: Adriana è una bambina. Ha quindici anni, ma si comporta come una bambina di sei anni. Cara signora Dora, mio figlio le aveva detto che tutt’al più Adriana avrebbe potuto partecipare allo Zecchino d’oro? Benissimo. Se sua figlia fosse stata un poco più matura, si sarebbe fatto una bella risata e la cosa sarebbe finita lì. Invece no. La bambina ha coinvolto i genitori e una goccia d’acqua è diventata l’oceano Atlantico.

DORA (colpita e patetica) Ma Adriana si sta struggendo d’amore per Flavio. Lo vuole capire? All’età di Adriana una cosa del genere può provocare serie e gravi conseguenze.

CLELIA (superficiale) Eh… Che frase grossa! “Si sta struggendo d’amore”… Signora, sua figlia si è presa soltanto un’infatuazione. Infatuazione che durerà lo spazio di un’estate. Anzi, siamo al venti agosto: pochi altri giorni ancora e tutto sarà finito.

SIGNORA SALVATI (leggera) Ma sì! Signora, di questo può essere più che certa. Lei ne sta facendo una tragedia. Mi scusi, eh?

DORA  (c.s.) Tragedia o non tragedia, nessuno ha il diritto di giudicare l’operato di una mamma. Se ne accorgerà quando sua figlia avrà l’età di Adriana.

SIGNORA SALVATI (alzandosi offesa) Basta! Me ne vado! Teresita, andiamo. Certe stupidaggini io non le posso tollerare. Io non sto giudicando nessuno. Chiedo permesso. Buonasera.

CLELIA (persuasiva, “costringendo” la Salvati a risedersi) Su, signora, non faccia così. Lei e la signora Dora sembrate due ragazzine! E questo che diavolo è?!

UMBERTINO (a Teresita) Tu ti struggisti per me?

TERESITA Che cosa?

UMBERTINO Insomma… Tu per me fai quella cosa che sta facendo mia sorella?

TERESITA Umbertino, ma tua sorella che cosa sta facendo?

UMBERTINO Non lo so… Boh!... (Scoppia a ridere con Teresita)

CLEMENTE (entra dal fondo a sinistra e si accosta al tavolino delle signore) Buonasera alle mie belle signore. (Le donne fanno eco al saluto. Clemente prende una poltroncina e si siede) Allora. Che cosa pren…? Accidenti! A quest’ora non potete prendere niente perché il cameriere non c’è. Questo è un altro sconcio del lido Scauri. Dora, l’anno prossimo andiamo a Rimini, sei avvertita.

DORA Va bene.

CLEMENTE Tu sei andata dal parrucchiere? Sei tornata già? Non hai trovato folla?

DORA No, fortunatamente non ho trovato gente. Poi ho incontrato la signora Salvati e la signora Clelia: abbiamo fatto un giretto per i negozi e siamo venute a sederci cinque minuti sul lido per mettere i puntini sulle “i”.

CLEMENTE (galante, ammiratissimo) Signora Clelia amabilissima! (Le prende la mano, gliela bacia e la trattiene nella sua) Accidenti! Come siamo belle! Che eleganza! Che raffinatezza! Ehi! Dico, mica stasera lei deve andare a qualche incontro galante?! Non mi faccia questo affronto! Guardi che io sono geloso.

CLELIA (lusingata e civettuola) Sempre gentile il signor Clemente!

CLEMENTE (c.s.) Macché gentile! E’ la pura e semplice verità! (Qualcuno avrà messo nel jukebox la canzone “Riderà”) Clelia, io le giuro che se ci fosse il divorzio anche in Italia, divorzierei immediatamente da mia moglie e sposerei lei. (Dora comincia a schizzare odio dagli occhi)

CLELIA (c.s.) Oh! Questo poi!... Addirittura?

CLEMENTE (a sua moglie, incuriosito) Scusa, quali puntini sulle “i” dovevi mettere?

DORA (fredda ed ironica) E già! Tu quando si tratta di fare lo scemo, sei sempre pronto e ti dimentichi immediatamente delle scortesie ricevute.

CLEMENTE (sincero) Scusa, cara, non ho afferrato. A cosa ti riferisci?

DORA (c.s.) Il bel gioco dura poco. Fino ad ora ho “abbozzato”, come si dice. Ma quando è troppo, è troppo! Vuoi divorziare? Va bene. Andiamo in Svizzera e divorziamo, tanto la signora Clelia è consenziente…

CLELIA (dignitosa) Un momento, Dora. Lo scherzo  non ha niente a che vedere con la gelosia. Oggi non è la prima volta che io e suo marito scherziamo a scambiarci carinerie. Però mi sto accorgendo che lei è gelosa sul serio. Allora io alzo i tacchi e me ne vado perché onestamente non vorrei essere la causa di dissapori tra lei e il signor Clemente.

SIGNORA SALVATI (ammirata) Giusto! Così si fa! Brava la signora!

DORA Signora Clelia, forse non mi sono spiegata bene. Io non ce l’ho con lei. Io capisco benissimo che i complimenti di un uomo fanno sempre piacere… Capita spesso anche a me… Io ce l’ho con Clemente, che stamattina dopo che Adriana gli ha detto che Flavio l’ha trattata da bambina, sembrava che volesse rivoltare il mondo ed è salito sul cavallo di Orlando. Invece adesso…

CLEMENTE Invece adesso,,, niente. Ho riflettuto e mi sono reso conto che Adriana ha appena quindici anni e che come tutti i ragazzi della sua età si è presa la sua prima, bella cotta. Nulla più che questo. E’ normale.

DORA (impermalita) Ecco. Io sapevo che finiva tutto in una bolla d’aria.

SIGNORA SALVATI (indifferente) Ma sì! (Scherzosa, riferendosi alla canzone del jukebox) Lo stanno dicendo anche i Rokes: è la pioggia che va e ritorna il sereno.

MENICHINA (entrando dal fondo a sinistra e rivolgendosi a suo marito) No, no, Augu’, tu si’ nu fesso! Geppino a chella sfaccetta nun s’’a piglia. Reginella è degna ‘e chillu figlio mio! (Augusto sbuffa discretamente) Cose ‘e ll’atu munno! Augu’, io nun ce pozzo penza’! Melania è na licchettella ‘e primma categoria e già se sapeva, ma ogge ha rotto tutte ‘e mmesure! S’è permettuta r’’o veni’ a chiamma’ ‘a casa! (Con accentuata caricatura) “Signora, scusatemi, fatemi scendere Geppino.”(Commenta sprezzante) Avesse tenuto almeno ‘a crianza ‘e ricere “per piacere”! Che sfacciata! Io me so’ mantenuta, ma… (Si accorge di Felice e cambia repentinamente tono) Uè, Feli’, tu qua stai?

FELICE (si alza. Rispettoso) Signora. Signor Augusto. Beh, sì, sono venuto poco prima. Stavo leggendo “Guerra e pace”.

MENICHINA Bravo, bravo. (Ammirata esageratamente, ma senza nessuna ombra di  sfottò nella voce) Oh oh! E come stai elegante, Feli’! Questo è il vestito per stasera?

FELICE (timido) Beh… sì… Già l’ho indossato perché tanto non devo fare nulla che me lo possa imbrattare.

MENICHINA (c.s.) E come, no! Hai fatto bene.

FELICE (a disagio e incerto) Signora, ma voi davvero dite che con questo tight sono elegante?

MENICHINA Perché, Feli’, lo metti in dubbio?

FELICE (c.s.) Beh… Un po’… sì… In confidenza… Gli amici, nella fattispecie Geppino e Lauretta, mi hanno detto che sembro un pinguino.

MENICHINA Quando maje! Nun ‘e da’ retta! Feli’, si’ bello! Staje a senti’ ‘a signora Menichina.

FELICE Grazie. Se me lo dite voi, ci credo ad occhi chiusi. (Chiude gli occhi e barcolla)

MENICHINA (pronta e premurosa) Attenzione. (Sottotono) Mo rimme na cosa: tu t’’a vulisse spusa’ a Giovanna mia nipote, è vero?

FELICE (volutamente evasivo) Eh…

MENICHINA Uè! E questo che cos’è? Te miette scuorno? (Materna) No, Feli’. Tu nun t’he’’a mettere scuorno. Tu pe’ Giovanna ce tiene. Io me ne so’ accorta: io tengo ‘o naso muscariello. Nun te preoccupa’: stasera ‘a signora Menichina te fa fidanza’ cu Giovanna.

FELICE (raggiante di gioia e commosso) Sul serio? Ma… per me sarebbe un onore!

MENICHINA Eh!... Per carità! L’onore sarà tutto nostro! E’ vero, Augu’?

AUGUSTO (facendola breve) Va bene… Facimmo accussì: l’onore sarà nostro e di Felice. Cinquanta per cento e cinquanta per cento e nessuno se piglia collera.

FELICE (sorridendo mellifluo) Giustissimo!

AUGUSTO E mo jammo a saluta’ ‘a signora Salvati.

MENICHINA Uh, ce sta pure ‘a signora Salvati? Addo’ sta? (Scorgendola) Ah, sta llà. Sì, sì, jammela a saluta’, si no pare brutto. Feli’, con permesso.

FELICE Prego. (Augusto e Menichina si avvicinano al tavolino della signora Salvati, i Franzelli e Clelia. Felice riprende a leggere. Dal jukebox Adamo canta "La“notte”.)

AUGUSTO (cordiale) Buonasera. Signora Salvati.

SIGNORA SALVATI (ugualmente espansiva) Oh! Caro don Augusto! Buonasera. Signora Menichina, vi vedo meglio rispetto a stamattina. Mi fa piacere. (Alzandosi e facendo… gli onori di casa, ai nuovi arrivati) Prego, prego, accomodatevi vicino a noi. Facciamo quattro chiacchiere. (Agli altri) Voi permettete, no?

DORA Certo.

CLEMENTE Come no!

CLELIA S’immagini!

CLEMENTE (mentre Augusto e Menichina accostano due poltroncine prendendo posto e mentre la Salvati siede nuovamente) Clelia, lei conosce il signor Augusto?

CLELIA Ci siamo intravisti qualche volta sulla spiaggia.

CLEMENTE Signor Augusto, permettete che vi presenti la signora Clelia Delneri, la donna più bella del lido. (Dora gli lancia un’occhiataccia)

AUGUSTO Sono d’accordo.

SIGNORA SALVATI (cambiando apposta discorso) Don Augu’, che avete mangiato a pranzo?

AUGUSTO Mia moglie ha fatto gli spaghetti a filetto di pomodoro.

SIGNORA SALVATI Buoni! Io invece ho cucinato pasta e patata.

AUGUSTO (allusivo) Ah! Sarà venuta ottima senz’altro perché la patata vostra è tutta un’altra cosa!

MENICHINA (severa) Augu’, mo si nun ‘a fernisce, m’aizo e me ne vaco!

AUGUSTO (incuriosito e dolce) Ch’è stato, Menichi’?

MENICHINA (c.s.) Niente, nun è stato niente. (A bassa voce) ‘A patata r’’a signora è tutta n’ata cosa, è overo? E ‘a mia nun te piace?

AUGUSTO (ridendo di cuore per girare la frittata a suo favore) Ma tu te crire sempe che chi sa io a che penso?! ‘A signora Salvati accatta na qualità ‘e patate più farinose. Dico bene, signo’?

SIGNORA SALVATI  Sì. A trecento lire al chilo, ma sono ottime!

MENICHINA (facendo buon viso a cattivo gioco) Eh, sì, sì… (A suo marito a denti stretti) Comme si nun te canuscesse a te!

Felice si alza e va a mettere un disco. Dal fondo a sinistra entrano Fofo’, Lauretta, Rossana e Giovanna.

FOFO’ Ciao, Feli’. L’he’ misa tu sta canzone?

FELICE Sì, sì. Bellissima!

FOFO’ Feli’, sulo a te te puteva piace’ sta canzone. (La canzone in questione è “Il mondo”)

FELICE (incuriosito) Perché? Vuoi dire che è una canzone del compariello?

FOFO’ No. E’ na canzone… attempata. Va’, ricimmo accussì.

FELICE  Beh, forse sì. Sì, questa canzone risale allo scorso anno. A mio avviso, la tengono ancora nel jukebox perché è molto melodica, sai?

ROSSANA (notato l’abbigliamento di Felice, divertita) Uh, Laure’, tu hai visto Felice che s’è mmiso ‘ncuollo?

LAURETTA (divertita) Sì, Rossa’, già avevo notato.

GIOVANNA (ridendo sguaiatamente) Uè! Io nun ce avevo fatto caso.

FELICE Non sto bene?

GIOVANNA (c.s.) Me pare nu spaventapasseri! No, ma io t’aggi’’a fa’ vere’ ‘a zi’ Menichina. (E va al tavolino dove sua zia e gli altri signori sono in piacevole conversazione) Buonasera. Scusate. Zia, con il permesso dei signori, ti voglio fare vedere una cosa.

MENICHINA (alzandosi) Permesso. (Con intimità a sua nipote) Ch’è stato, Giova’, ‘a zia? Che me vuo’ fa’ vere’?

GIOVANNA (c.s.) No, dico: ma tu l’he’ visto a Felice? Me pare Felice Sciosciammocca! E io po’ secondo te me fidanzo cu chella macchietta?

MENICHINA (c.s.) Overo è na macchietta, eh? Ma… (A disagio) Giova’, comme t’aggi’’a ricere mo, ‘a zia… Nella società oggi come oggi si vuo’ essere pigliata in considerazione, t’he’’a mettere cu n ommo che ha da tene’ nu cognome altisonante. Giova’, io ‘o ssaccio che te piace Fofò, però na signora Mastranza nun è manco ‘a zòza ‘e sotto ‘e scarpe, ‘a verità…

GIOVANNA (su tutte le furie) Zi’ Menichi’, ma tu overo faje?! Teh! Io me crerevo che tu pazziave, invece tu overo faje. Zi’ Menichi’ cheste so’ cose che secondo me nun ce se teneva nemmeno cient’anne fa! Tu te ne viene… ‘A società, ‘o cugnome, ‘a zòza… Zi’ Menichi’, arronza!!!

MENICHINA (c.s.) Po’… chesto veramente aggia sbagliato… Ce aggia prummiso che stasera ‘o facevo fidanza’ cu te.

GIOVANNA (c.s.) Ma tu veramente si’ scema?! Chi te l’ha fatto fa’?! (Più calma) No, ma dico: perché non ti sei fatta i fatti tuoi?

MENICHINA (circospetta) Giova’, ‘a zia, Felice è nu poco curiusiello e io ce aggia rato nu poco ‘e brodo… Tu he’ ‘a sape’ campa’.

GIOVANNA (ironica) E certo! Tanto so’ io che m’aggi’’a mangia’ chella zuppa!

MENICHINA (pentita) Hai ragione. A chesto nun ce avevo pensato.

GIOVANNA (ridendo con nervosismo) Teh! Zi’ Menichi’, tu he’ ritto che non ci avevi pensato comme si avisse ritto: “ramme nu bicchiere r’acqua.”.

MENICHINA (c.s.) E mo comme facimmo?... (Piccola pausa) Aspetta. Mo ce ‘o ffaccio ricere ‘a zi’ Augusto che ce levasse ‘o penziero pecchè nun è cosa. (Fa per allontanarsi)

GIOVANNA (fermandola immediatamente) Zi’ Menichi’, aspetta! Addo’ vuo’ i’? (Quasi a se stessa, riferendosi a sua zia) Mo chi sa che ato ‘nciucio vo’ fa’! Zi’ Menichi’, tu nun te preoccupa’. Stasera me la vedo io. E mi raccomando: tu non parlare proprio; non dire niente a nessuno; sta vocca te l’he’ ‘a cosere!

MENICHINA (rassegnata) Va bene.

LAURETTA (canticchiando insieme al disco) “… accarezzo la sua ombra…” Sentite, questa canzone mi fa morire: è meravigliosamente stupendissima!

UMBERTINO (ridendo) Ah, ah, ah. Teresita, tu hai sentito?

TERESITA (incuriosita) Cosa?

UMBERTINO (c.s.) Lauretta è una ciuccia! Ha detto: “meravigliosamente stupendissima.”. Non si può dire così.

TERESITA (ridendo) Sì, sì. E’ una ciuccia proprio!

ANTOINE (dall’interno, in fretta) Questo sto facendo. Se ci sono tutte, confermo e siamo a posto. (Entra dalla vetrata, si guarda intorno e tira un sospiro di sollievo) Meno male! Ci siamo quasi! (A Rossana e a Lauretta) Ragazze, allora mi confermate che volete partecipare a “Miss Lido Scauri 1966”?

ROSSANA (entusiasta e allegra) E certo! Si no cca che ce stammo a ffa’? A perdere ‘o tiempo?

LAURETTA Sì, Antoine, confermo pure io. Però voglio sapere con esattezza noi che cosa dobbiamo fare.

ANTOINE (minimizzando) Ma niente. Dovete sfilare davanti a una giuria di esperti… diciamo così… prima in costume intero e poi in abito da sera.

ROSSANA (c.s.) Uè, io tengo un costume che è la fine del mondo! L’ho comprato la settimana scorsa a Formia, a via Vitruvio. Antoine, devo vincere io!

ANTOINE E perché no? Devi convincere la giuria, però. (Brevissima pausa) Dunque, veniamo a noi. Tu sfilerai con il numero uno. (A Lauretta) Tu con il numero due. Poi… (Guardandosi intorno, preoccupato) Eh… E Melania non c’è… Ragazze, sapete se Melania conferma la partecipazione?

ROSSANA (a colpo sicuro) Sì, sì, stamattina ha detto che avrebbe partecipato.

ANTOINE Perfetto. Allora Melania avrà il numero tre.

LAURETTA (sotto tono, pettegola, maliziosa e divertita) Uè, Rossa’, a proposito di Melania, ti devo dire una cosa.

ROSSANA (vogliosa di sapere) Sì? Che cosa, che cosa?

LAURETTA (c.s.) Secondo me… Geppino uno  di questi giorni si sveglia con un paio di corna così in fronte. Quando tu sei andata a mangiare, io sono scesa sulla spiaggia e ho visto Melania e Carlo il bagnino che parlavano fitto fitto.

ROSSANA Tu dici veramente? Guarda, per me se Melania si mette con Carlo, fa bene. Laure’, io non dico che Geppino è brutto, ma… che so?...è nu poco insignificante. Invece Carlo… Non è il mio tipo, ma è nu bellu guaglione.

MENICHINA (in tono stridulo) Augu’, tu he’ capito niente? Chella zuc… chella Melania oggi steve parlanno c’’o bagnino. E tu vulisse che io avess’’a ra’ a chillu figliu mio a una che… nun ne fa passa’ a nisciuno liscio? No, no! Mai e poi mai!

AUGUSTO (stavolta non gli reggono i nervi) Menichi’, io nun voglio niente! E’ chiaro? Ma tu l’he’’a ferni’ cu sta fissazione! (Agli altri occupanti il tavolino) Chiedo scusa, ma quando ci vuole, ci vuole!

SIGNORA SALVATI Ma certo!

CLELIA Giustissimo!

CLEMENTE Figuratevi! Voi non dovete chiedere nessuna scusa. (Si alza. Autoritario) Dora, andiamo! Signori, a tutti.

DORA (alzandosi) Arrivederci. A più tardi.

CLELIA Certamente.

SIGNORA SALVATI (con enfasi) Stasera c’è l’elezione della miss, ci sarà da divertirsi.

MENICHINA (contrariata) Eh… Sì, sì… ‘A miss pummarola…

DORA Umbertino, andiamo, su.

UMBERTINO (frignando) Mamma, altri cinque minuti, ti prego.

CLEMENTE (c.s.) Umbertino, ubbidisci

UMBERTINO (alzandosi a malincuore e sbuffando) Uffà!!!

CLEMENTE (dandogli un ceffone) T’insegno io a rispondere così a tuo padre!

SIGNORA SALVATI (depreca il comportamento di Clemente) Madonna! Che modi! (Convincente) Umbertino, da bravo, vai a casa, che adesso se ne va anche Teresita. Teresita, andiamo.

TERESITA (uscendo con sua madre per il fondo a sinistra, vivace al suo amichetto) Ciao!!! (Esce. Escono pure i coniugi Franzelli e Umbertino, sempre frignando)

Ora il jukebox sta “trasmettendo” “Notte di ferragosto”.

FOFO’ Tie’ tie’! “Notte di ferragosto”! Già è passato. Mo ce vo’ n at’anno pe’ veni’ n atu ferragosto.

FELICE (sorridendo mellifluo) No, altri trecentosessanta giorni.

GIOVANNA (che intanto si è avvicinata al gruppo dei ragazzi) Feli’, te pareva che tu nun sottolineavi!

FELICE (c.s.) Per la precisione, no?, cara Giovanna.

ANTOINE Giovanna, stasera vuoi partecipare?

GIOVANNA (leggera) Noo… Antoine, a me addo’ me miette? Io so’ vecchia.

ANTOINE Sì, vecchia…

ROSSANA E dai, Giova’, partecipa. Ci divertiamo. Partecipo pure io.

LAURETTA Sì, sì, partecipa.

FELICE (c.s. e inginocchiandosi ai piedi della ragazza) Giovanna, ti supplico: fallo per me.

GIOVANNA (scherzosa) Feli’, proprio pe’ te nun ‘o facesse. (Ad Antoine) Sì, va bene, inseriscimi pura a me.

ANTOINE Perfetto. Tu gareggi con il numero quattro.

ROSSANA Ah, scusa, Antoine, stamattina Adriana mi ha detto che vorrebbe partecipare anche lei. Ha quindici anni, però.

ANTOINE Non fa niente, non fa niente. Lei avrà il numero cinque. (Esce per la vetrata)

AUGUSTO Menichi’, che dice? Vulessemo i’ a cena’?

MENICHINA Avviate tu. Io vengo fra poco.

AUGUSTO (si alza) Va be’, t’aspetto ‘a casa. (Piccola pausa) Anzi, mo sai che faccio? Me vaco a piglia’ primma nu cafè. Tu vulisse quacche cusarella?

MENICHINA No, no, lassa sta’.

AUGUSTO (facendo schioccare la lingua) Non lo so, ma ogge tengo na vocca amara… (Esce per la vetrata)

GEPPINO (entra dal fondo a sinistra abbracciato a Melania. Alludendo a Felice) Che ti dicevo?

MELANIA (spoetizzata) Dio mio!!! Felice, mi sembri un pinguino, uno spaventapasseri e un becchino messi insieme!

FELICE (umiliato) Va bene, va’ ..  Ho capito….  (Avviandosi per uscire per il fondo a sinistra) Ci si vede più tardi. Forse. (Ed esce)

GIOVANNA (riferendosi a Felice) Si è offeso. Mela’, tu po’… Addirittura nu becchino…

MELANIA Giovanna, scusami tanto, ma avrei dovuto fare finta di dirgli: “Come stai bene!” e “Che eleganza!”? Gli ho detto la verità. Si è offeso e chi se ne frega.

MENICHINA (completamente fuori di sé) Ah, “Chi se ne frega”, sì? Neh, zoccolina, te pare bello a mortifica’ accussì a nu povero cristiano? (Melania fa per replicare, ma la donna glielo impedisce) Nun te permettere ‘e risponnere, o si no, cu ‘e nierve che m’he’ fatto veni’, te sòno nu buffettone annante a tutte quante. Faccio fa’ ‘e nummere. (Grottescamente patetica a Geppino che fa per reagire) Geppi’, figliu mio, core ‘e mamma! Chesta guagliona nun è degna ‘e se piglia’ a tte! Mammà t’ha pittato cu ‘o penniello ‘ncopp’’a na tela d’oro! (Nuovamente aggressiva) Chesta figlia ‘e bbona mamma quanno tu nun ce staje, se mette a ffa’ ‘a culumbrina c’’o bagnino e va ‘ncopp’’e motociclette cu ll’uommene. Tu si’ nu chiachiello e nun te ne accuorge ‘e niente. Ma mammà ha visto tutte cose. Core mio, nun ‘a ra’ retta a sta malafemmena, mammà te fa spusa’ a Reginella che nun ha maje fatto ‘ammore cu nisciuno. (Augusto entra dalla vetrata) Augu’, jammuncenno! (Ed esce con l’uomo per il fondo a sinistra)

Durante la battuta di Menichina tutti, chi più e chi meno, si sono trattenuti dal ridere. Ora esplode una risata generale e liberatoria.

MELANIA (ridendo) Geppino, meno male che tua madre se n’è andata: io non ce la facevo più a contenermi… Tua madre è un caso patologico.

GEPPINO Lo credo pure io.

FOFO’ (ridendo) Geppi’, lo crediamo tutti.

MELANIA (c.s. e incuriosita) Ma chi è questa Reginella?

GIOVANNA Nu cuoppo ‘allesse!

FINE DEL SECONDO ATTO

 TERZO ATTO

                              TERZO QUADRO

Il medesimo giorno. Ore 22,30. La sala da ballo del lido Scauri.

L’intera parete di fondo è occupata da un murales che raffigura una grande tastiera obliqua. Immediatamente dopo il murales, procedendo verso il proscenio, c’è una pedana su cui è sistemato il complesso The beach room: Paolo è alle tastiere ed è la voce solista; Paki suona la batteria; Gianni la chitarra elettrica e Gino il sassofono. I tre tavolini che abbiamo visto nel quadro precedente sono in primo piano: uno è occupato da Augusto, Menichina, la signora Salvati , Clelia Delneri e Teresita, insofferente; al secondo tavolino ci sono Giovanna, Fofò, Geppino, Melania, Flavio, Lauretta e Rossana. L’ultimo tavolino è libero. Naturalmente, essendoci più gente, vi sono altre poltroncine colorate sparse qua e là.

E’ in corso la serata finale di “Miss Lido Scauri 1966” e  il sipario va su mentre il complesso sta terminando di eseguire una canzone. Finito il brano, Antoine entra correndo dalla destra e guadagna il centro della pedana, s’impossessa del microfono e fa enfatico:

ANTOINE Buonasera a tutti! (Gli astanti applaudono) Grazie. Grazie. Allora. Prima di proseguire, devo fare due comunicazioni di servizio. Innanzitutto, voglio ricordare a… (Spiegando un foglietto di carta che aveva portato con sé e sorridendo) Un momento, che qui tra microfoni, fili… la cosa non è semplice… (I presenti ridono e applaudono) Ecco qua. Ci sono riuscito. Evviva! Dunque, voglio ricordare a (leggendo) Melania, Giovanna, Rossana, Lauretta e Adriana, che sono le aspiranti Miss, che fra una mezz’oretta circa sono attese nella direzione del lido. (Le ragazze si guardano tra loro e bisbigliano qualcosa) Poi… Beh, dobbiamo formare la giuria… Chi se la sente di venire a fare da giurato?

ROSSANA (timida) Antoine, scusa…

ANTOINE Sì? Che c’è?

ROSSANA (incerta) Qua… Manca Adriana.

ANTOINE Ma arriverà entro mezz’ora. O no?

ROSSANA Mah… Io credo di sì…

FLAVIO (cattivo) Io penso che la bambina è andata a dormire o al massimo è andata sulle giostre con mamma e papà. (E in uno slancio d’amore dà un bacio con lo schiocco sulla guancia di Lauretta)

GIOVANNA (infastidita) Aeh… Mo Flavio ha da vere’ comme ha da fa’ ‘ncazza’ a tutti quanti!

FOFO’  E’ overo. Flavio, a te Adriana nun te piace e nisciuno rice che t’ha da piace’ pe’ forza, però evita ‘e fa’ commenti.

GIOVANNA Ma sì!

LAURETTA Effettivamente…

GEPPINO (scherzoso) Flavio, non fare l’indisponente.

MELANIA (alludendo ad Adriana) Povera cocca! Quella già sta male di suo.

ANTOINE (tagliando corto) Va bene, va bene… Adesso mi servono almeno quattro persone per comporre la giuria. Chi si offre?

AUGUSTO Signora Salvati, andate voi.

SIGNORA SALVATI (ridendo) Io? Don Augu’, volete scherzare?! Ma voi mi ci vedete a me a giudicare le miss?

AUGUSTO (con noncuranza) Eh… Che ci vuole! Andate, andate. A Teresita la guardiamo noi. Eh, piccolina? Vuoi rimanere con noi?

TERESITA (piagnucolando) Mamma, ma Umbertino quando viene?

SIGNORA SALVATI Adesso viene, tesoro. E va bene, don Augu’: vado a fare la giuria. Lo faccio per voi.

AUGUSTO Brava! Signo’, voi siete quello che siete! Signora Clelia, andate pure voi.

CLELIA (ridendo sonoramente) Ah, ah! Ma certamente! Dal momento che in estate il tempo si deve perdere in un modo o nell’altro, vado a fare anche la giurata.

ANTOINE Allora siamo a due. Su, signor Di Lorenzo, venga anche lei con la sua signora, così la giuria e formata.

MENICHINA (alzandosi) E ghiammo, Augu’. Antoine, dove dobbiamo venire? Che cosa dobbiamo fare?

AUGUSTO (facendola risedere) Menichi’, aspetta nu mumento. Addo’ vuo’ i’?

MENICHINA A ffa’ ‘a giuria.

AUGUSTO E aspetta.

CLEMENTE (entra dalla sinistra con passo marziale, portando sottobraccio Dora. Marito e moglie si avvicinano al tavolo di Augusto, Menichina, Clelia e la signora Salvati) Signori, buonasera. (Gli occupanti il tavolo fanno eco al saluto. Andando a prendere una poltroncina per sé e una per Dora) Vado a prendere le sedie. (Le prende, poi perentorio) Dora, siediti! (La donna si accomoda e si siede anch’egli)

AUGUSTO (leggero) Giusto giusto, signor Clemente. Stavamo aspettando voi e la vostra signora: servono altre due persone per formare la giuria.

CLEMENTE (risentito) E aspettavate me e mia moglie. E io poi, caro lei, dovrei giudicare anche mia figlia? Mai e poi mai! Signor Augusto, le dico la verità: un tiro basso come questo da una persona come lei non me lo sarei mai aspettato!

DORA (suadente) Ma no, Clemente! Andiamo a fare la giuria! E’ un gioco.

SIGNORA SALVATI Ma sì!

CLELIA Certo! Vada, vada.

CLEMENTE E va bene, ti voglio accontentare. Però ti avverto che questo è l’ultimo anno che si viene a Scauri!

DORA (con pazienza lievemente beffarda) Va bene.

AUGUSTO (si alza per poter parlare meglio con il presentatore) Antoine, allora vengono pure i signori Franzelli. Stiamo a posto, no?

ANTOINE (soddisfatto) A postissimo, signor Di Lorenzo! Grazie per l’aiuto. Allora voi componenti della giuria vi accomoderete qua (indica un lungo banco posto sulla sinistra dell’organo elettronico) quando sarà il momento.

AUGUSTO (risedendosi) Signor Clemente, e i figlioli?

CLEMENTE Stanno arrivando. (Scorgendo Adriana ed Umbertino entrare dalla sinistra) Ah, eccoli qua. Parlando del sole…

ADRIANA (si avvicina al tavolino dei ragazzi, mentre Umbertino si accosta a Teresita, che finge di essere ancora più imbronciata) Ciao. (I ragazzi, tranne Flavio, fanno eco al saluto)

FLAVIO (simpaticamente cattivo) Ciao, piccola.

GIOVANNA (prontissima, prima che Adriana possa avere un prevedibile scoppio di pianto) Adriana, vieni qua, non lo pensare. Mamma mia, quanto è brutto!

UMBERTINO Teresita, vogliamo andare a giocare a biliardino?

TERESITA (dispettosa) No! (Si alza) Guarda che razza di amichetto mi sono andata a scegliere! Un bambino a modo non si comporta così! Ti sto aspettando da… tre quarti venti minuti! (Tutti ridono) Mamma, ho detto bene?

SIGNORA SALVATI (ridendo) Certo, tesoro.

UMBERTINO Teresita, la colpa non è mia, te lo giuro. Ho fatto tardi perché mia sorella si è messo l’ombretto sugli occhi e se l’è tolto tre volte.

FLAVIO (c.s.) E ha perso soltanto tempo, la bambina! (Stavolta Adriana non lo ha manco ascoltato: è impegnata a chiacchierare con Giovanna e Fofò)

TERESITA E va bene, ma però…

SIGNORA SALVATI Tesoro, non si dice ma però. O ma o però.

TERESITA Uh! Hai ragione, mamma. (Di nuovo a Umbertino) Ti perdono solo se mi offri il gelato.

UMBERTINO (vivace, uscendo correndo per la destra) Sì, vieni, vieni. (Esce)

TERESITA (altrettanto allegra, seguendo l’amichetto) Arrivo!!! (Esce)

MENICHINA (molto divertita) Signo’, vostra figlia promette bene, eh?

SIGNORA SALVATI (orgogliosa) Sì, sì…

ANTOINE (maggiormente enfatico) Ed ora scateniamoci tutti nel Geghegè! (Ed esce per la destra)

I Beach Room attaccano a suonare. Da questo momento ci sarà una serie di azioni: Costanzo porterà bibite e gelati ai tavolini; arriveranno gli avventori che andranno ad occupare il tavolino libero; gli avventori staranno per lo più in pista, ma la cosa importante è che al tavolino ci dovranno essere sempre due avventori in conversazione; Carlo entra dalla destra, si avvicina a Rossana e l’invita a ballare, la ragazza rifiuterà, per cui il bagnino andrà deluso da solo in pista e inizierà a ballare (sarà un pezzo di legno…).

FOFO’ (si alza. Prendendo Giovanna per mano e facendola alzare) Viene, Giova’. Jammece a ffa’ stu “svelto”.

GIOVANNA (di buon grado) Sì, sì. Adria’, vieni pure tu. (E tutti e tre scendono in pista)

GEPPINO (alzandosi) Mela’, ‘o Geghegè nun ce l’avimm’’a perdere. Viene, vie’. (Si avvia in pista)

MELANIA (si alza in tutta fretta) Un momento. Mi accendo una sigaretta e vengo. (Infatti accende la sigaretta e segue il fidanzato)

MENICHINA (oltremodo scandalizzata) Uh Maronna!!! Che cosa dovevano vedere questi occhi miei!

AUGUSTO (incuriosito) Ch’è stato?

MENICHINA (c.s., riferendosi a Melania) Augu’, tu he’ visto? Quella zoccolina fuma pure!

AUGUSTO (sbuffando) Menichi’, ma tu te fusse pigliata na fissazione? No, tu nun è che te “fusse” pigliata na fissazione: tu te “si’” pigliata na fissazione. (Per distrarla, divertito) Piuttosto, guarda ‘o bagnino. (Ironico) ‘Aspita! Balla bunarone proprio! Me pare Ercolino sempre in piedi!

Terminata la canzone, tutti ritornano al proprio posto. I Beach Room attaccano a suonare un “lento” e precisamente “Nun è peccato”. Giovanna e Fofò, mano nella mano, vanno a ballare; così pure Geppino e Melania e allo stesso modo Flavio e Lauretta. Adriana non perde d’occhio il “suo” Flavio, che stringe forte a sé Lauretta. Adriana “rosica”.

ADRIANA (quasi piangendo) Rossana, ti prego, dammi una sigaretta.

ROSSANA (meravigliata) Vuoi una sigaretta? Ma perché, Adria’, tu fumi?

ADRIANA (c.s.) No, ma… Rossana, io non ce la faccio più. Io… io sto impazzendo. Flavio mi considera una bambina e io gli voglio fare vedere che sono grande. Su, dammi una sigaretta.

ROSSANA (intenerita da tanta semplicità e ingenuità, sospira grave) Eh… L’amore… Certo che tu ti sei pigliata una bella cotta, ma lui no. Purtroppo non c’è cosa peggiore.

ADRIANA (c.s.) Accidenti! Rossana, e io ora che cosa devo fare? Dammi un consiglio.

ROSSANA (sorridendo) Eh… Che vogliamo fare?... Mo gli diciamo che se non si fidanza con te, tu lo spari.

ADRIANA (c.s.) No, Rossana, io non farò mai una cosa del genere. Non ne sono capace.

ROSSANA(c.s.) Statte zitta! Gli diciamo che tu lo vuoi sparare. Può darsi che lo convinciamo. (E ride)

ADRIANA (finalmente ha capito. Piagnucolando) E no, dai, non scherzare. (Intanto il complesso ha attaccato “Sapore di sale”)

CARLO (tornando alla carica, a Rossana, con esagerata e sarcastica galanteria) Madamigella Rossana, mi concede l’onore di questo ballo?

ROSSANA (ironica) Simpatico! Vedi, mi stai facendo schiattare dalle risate. Carlo, io con te non ci ballo. E’ inutile che insisti.

CARLO (sbruffone) A Rossa’, tu non sai che ti perdi! (Mostrando fiero la muscolatura di entrambe le braccia) Guarda qui, guarda: il ferro filato!

ROSSANA (c.s.) Sì… Il ferro filato… Pizzomunno…

CARLO (colpito dall’ultima parola pronunciata dalla ragazza, divertito) Aspetta, aspetta. Come hai detto? Pizzo…?

ROSSANA Pizzomunno.

CARLO (c.s.) A Rossa’, e che cosa dovrebbe da esse ‘sto coso che hai detto tu?

ROSSANA (divertita) Lo vedi? E poi vorresti fare acchiappanza con me. Tu sei ignorante… Non conosci nemmeno Pizzomunno…

CARLO (tagliando corto) Ebbene no! Nun ‘o conosco ‘sto coso! Comunque, qualunque cosa fosse, ‘sto pizzomunno a me me fa un baffo. (Mettendo in evidenza ancora di più i muscoli) Tie’!!!

ADRIANA (sgranando gli occhi) Accidenti!

ROSSANA (a Carlo) Invita a ballare Adriana. Vai, Adria’, vai a ballare con Carlo. Guarda che bel ragazzo! Altro che Flavio!

CARLO (prende la mano di Adriana per invogliarla ad alzarsi) Vieni, bella.

ADRIANA (si è alzata. Improvvisamente radiosa) Ma sì! Rossana, come dice quel proverbio?

ROSSANA Quale proverbio?

ADRIANA Il proverbio del chiodo.

ROSSANA Il chiodo?

CARLO Va be’, non importa. (Iniziano i primi accordi di “Una rotonda sul mare”) Vieni, bella. ‘Sta canzone la dobbiamo ballare assolutamente, pure perché stiamo in tema: qua la rotonda ce l’avemo, er mare pure… (E i due ridendo vanno in pista)

SIGNORA SALVATI (commenta con una nota di rammarico nella voce) Questa canzone è bellissima! (Pausa) Mi ricordo che due anni fa io e mio marito la ballavamo tutte le sere. (Altra piccola pausa. Serena) Ogni sera alle nove veniva la bambinaia, mettevamo Teresita a letto e andavamo a ballare. Poi… è successo quello che è successo… Pazienza…

AUGUSTO (volutamente superficiale) Va bene, signo’: è acqua passata, non vi deve riguardare più. Anzi, è meglio che non ci pensate.

SIGNORA SALVATI (c.s.) Ma no! Don Augu’, non vi preoccupate. Ormai me ne sono fatta una ragione.

AUGUSTO (soddisfatto) Brava! Voi siete troppo intelligente! Ed è perciò che mi piacete.

SIGNORA SALVATI Per esempio, ieri sera, don Augu’, ho fatto venire la bambinaia a guardare Teresita e io sono andata all’arena Vittoria a vedere il “Dottor Zivago”. Non l’avevo visto ancora.

MENICHINA (interessatissima) E v’è piaciuto, signo’, v’è piaciuto?

SIGNORA SALVATI Molto!

MENICHINA Signo’, io l’ho visto undici volte. E’ vero, Augu’?

AUGUSTO (scherzoso) Nun me ce fa’ pensa’! Stu film è uscito più o meno l’anno scorso di questi tempi, no? E mia moglie doveva stare presente ogni volta che lo facevano a Napoli e dintorni.

CLEMENTE Colpa sua, caro il mio signor Augusto. Prenda me. Io a mia moglie non gliene do vinta una! Sono un uomo tutto d’un pezzo, io!

AUGUSTO Eh… Don Cleme’, so’ bell’’e chiacchiere! V’avess’’a vuluto fa’ sta’ a vuje ‘o posto mio quando mia moglie si ammusoniva fino a che nun ‘a purtavo a vere’ ‘o film.

MENICHINA (sognante alla Salvati) Signo’, dite la verità. E che era Omar Sharif quando teneva la neve in mezzo ai baffi!

DORA E’ vero, è vero! Quella è una scena stupenda!

CLEMENTE (contrariato) Lo vede, signor Augusto? Queste sono le donnette! Sognano sempre, a occhi chiusi e a occhi aperti! Ma abbiate il coraggio di affrontare la tristezza e la durezza della realtà! (A denti stretti a sua moglie) Con te facciamo i conti quando torniamo a casa. Te la faccio vedere io la scena stupenda!

La canzone è terminata. Come all’inizio dell’atto, Antoine entra dalla destra e annuncia:

ANTOINE Va bene, va bene. (Applausi) Grazie. Signori, ci siamo. Tra qualche minuto daremo inizio alla sfilata delle ragazze per l’elezione di “Miss Lido Scauri 1966”, primo passo per accedere a Miss Italia. Pertanto prego (leggendo su un foglietto che avrà portato con sé) Rossana, Lauretta, Melania, Giovanna e Adriana di recarsi nella Direzione del lido. (Le ragazze salgono sulla pedana ed escono per la destra) Prego altresì i componenti la giuria, e precisamente… (scorrendo il foglietto) la signora Salvati, la signora Delneri, il signor Franzelli e la signora Franzelli, di accomodarsi qui (indica il banco accanto alle tastiere. I succitati signori salgono sulla pedana e vanno ad accomodarsi dietro il banco) Grazie… grazie… E adesso… un’altra canzone e poi saremo ancora insieme. (Esce per la destra. I Beach Room attaccano a suonare “Roberta”)

MENICHINA (estasiata) Maronna mia! Quant’è bella sta canzone! Augu’, ‘a quantu tiempo nun ‘a sentevo! (Augusto non batte ciglio. Dopo una pausa) Eh… ponno passa’ ll’anne, ma chesta canzone è sempe bella! Peppino Di Capri è sempe ‘o meglio!

AUGUSTO (di palo in frasca) Menichi’, ma io a Felice nun ‘o veco. Ma nun è venuto? Tu sapisse quacche cosa?

MENICHINA (in un sospiro) Eh… Augu’, secondo me Felice se sarrà pigliato collera pecchè chella zoccolina ha ritto che me pareva nu spaventapasseri, nu pinguino e nu schiattamuorto.

AUGUSTO Guarda, Menichi’, io tengo la impressione che Melania tene ragione. (Riferendosi all’abbigliamento del ragazzo di quel pomeriggio) Dico io: tu Felice se po’ dicere che è ancora juorno e te presiente ‘ncopp’’o lido vestuto comme a nu fantoccio? Jammo…

MENICHINA (riprendendo il discorso) E po’… Niente, niente…

AUGUSTO (insiste) E po’…? Che ato è succieso?

MENICHINA (con voluta reticenza) No… niente… niente… E’ na fessaria…

AUGUSTO (persuasivo) Menichi’, quando faje accussì… Parla!

MENICHINA No, no. Me metto scuorno ‘e t’’o dicere.

AUGUSTO (c.s.) E che scuorno?... Jammo, parla!

MENICHINA Mannaggia il demonio! Augu’, io nun me voglio fa’ maje ‘e fatte mieje. Ce avevo prummiso che stasera ‘o facevo mettere a fa’ ‘ammore cu Giovanna, ma Giovanna nun ‘o vo’.

AUGUSTO Menichi’, ha tenuto ragione pure Giovanna, ‘a verità.

ANTOINE (entra dalla destra) Signori e signore, ci siamo veramente. Le aspiranti miss stanno scalpitando, per cui direi di non perdere altro tempo. Allora, la prima a sfilare è… No, no. Devo rubarvi un altro attimo di attesa per ricordare ai signori giurati che devono votare dopo ogni singola “esibizione” e che possono esprimersi con un voto dal sei al dieci. Va bene. Ora ho detto veramente tutto. (Enfatico) La prima a sfilare è Rossana con il numero uno! (Dalla destra entra Rossana, che sfila davanti alla giuria. I giurati votano su un notes davanti a loro, quindi la ragazza va a mettersi alla sinistra del presentatore in “posa fotografica”) Signori, un applauso d’incoraggiamento, diamine! (Tutti applaudono) Grazie, Rossana. E adesso è il turno della concorrente numero due: Lauretta! (Entra Lauretta dalla destra e si esplica tutto il procedimento: sfilata, votazione, “posa fotografica” e applausi) Grazie. Grazie. E’ la volta di Melania, numero tre! (La ragazza entra e va a sfilare ancheggiando sensualmente davanti alla giuria)

MENICHINA (quasi tra sé, a denti strettissimi) E te pareva che nun avev’’a fa’ ‘o ssuojo! Quella sporca zozza!

ANTOINE (c.s.,dopo che la giuria ha votato e dopo che Melania si è messa in posa tra gli applausi) Grazie. La numero quattro è Giovanna! (Si ripete la medesima cosa)

MENICHINA (ammirata) Augu’, però Giovanna è na bella guagliona, eh?

AUGUSTO (distratto) Ah…

ANTOINE (c.s.) Infine Adriana! Numero cinque! (C.s.) Ecco tutte le aspiranti al titolo di Miss Lido Scauri 1966. Qualche altro minutino e poi proclameremo la vincitrice. Poche ore fa abbiamo deciso di introdurre una novità. Una novità che spero sia di vostro gradimento. E’ una cosa a mio parere abbastanza simpatica: anziché fare sfilare nuovamente le ragazze, questa volta in abito da sera, abbiamo deciso di metterle alla prova facendo ballare loro un indiavolato hully gully. Che dite? Vi piace l’idea?

TUTTI (all’unisono ed entusiasti) Sììì!!!

ANTOINE (c.s.) E allora, Beach Room, andate con “I Watussi”!!!

Clima di euforia generale. Mentre tutti ballano, Antoine raccoglie i notes ed esce per la destra. Terminata la canzone:

SIGNORA SALVATI (accaldata e divertita, tornando al tavolino con la Delneri, i Franzelli, Augusto e Menichina) Uhhh! Non ce la faccio più!!! Erano anni che non mi divertivo tanto!!!

AUGUSTO Brava ‘a signora! Me fa piacere!

ANTOINE (entra dalla destra ha in mano una fascia trasversale bianca con la scritta a lettere maiuscole e dorate “MISS LIDO SCAURI 1066”) Signori e signore, è arrivata l’ora ics. Mentre voi ballavate, noi di là in direzione abbiamo scrutinato i voti ed ora… No, un momento. Per correttezza, devo dirvi che non abbiamo fatto secondo, terzo, quarto e quinto posto: sono giunte tutte ex aequo. Dunque, detto ciò, vi annuncio che Miss Lido Scauri 1966 è…

Pausa.

AUGUSTO E ghiammo, Antoine, nun ce fa’ sta ‘ncopp’’e spine. Chi è, chi è?

ANTOINE Un attimino. Vorrei sapere innanzitutto se la serata è stata di vostro gradimento. Vi siete divertiti?

TUTTI (c.s.) Sì!!!

AUGUSTO (scherzoso) Sissignore, ce simme divertiti. Basta che faje ampressa!

ANTOINE Subito. Prego le cinque concorrenti di disporsi alla mia sinistra. (Le ragazze eseguono. Super enfatico) Va bene così. Proclamo Miss Lido Scauri 1966 la concorrente con il numero tre: Melania!!! (Applausi. Tra lacrime, abbracci, congratulazioni la ragazza viene “insignita” dal presentatore della fascia trasversale)

MENICHINA (contrariata) E te pareva!

ANTOINE Melania, vuoi dire qualcosa?

MELANIA (commossa ed emozionata, riesce a balbettare soltanto) No… Non… non ce la faccio…

ANTOINE Va bene. Melania, tu hai diritto a partecipare alle selezioni regionali di Miss Italia. Inoltre hai diritto a un premio di cinquecentomila lire.

MENICHINA (dopo una pausa) Augu’, sto penzanno che alla fin fine Melania è na bona guagliona, ‘o ssaje? E po’… Purtasse pe’ dote pure ‘e cinquecientomila lire…

AUGUSTO (c.s., conoscendo sua moglie) ‘E sorde hanno fatto effetto, eh?

Buio di colpo.

QUARTO QUADRO

E’ la mattina del 31 agosto. La stessa scena del secondo quadro, ma il jukebox non c’è più. I quattro componenti i Beach Room stanno bivaccando, letteralmente stravaccati sulle poltroncine.

PAKI (dopo aver osservato il cielo, con una nota triste) Ragazzi, anche il tempo ci sta dicendo che ce ne dobbiamo andare. Guardate che nuvole si stanno addensando là. (Indica dietro di sé)

GINO E’ vero. Qua fra poco viene una grandinata… Ma che dico fra poco? Sta venendo: ho sentito una goccia.

GIANNI (sfottente) Che esagerazione! Questa è una nuvola passeggera. Vi faccio vedere che tra… massimo dieci minuti uscirà un sole che spacca le pietre.

PAKI (una pausa e poi c.s.) Però che tristezza il trentuno agosto!

PAOLO (sospirando) Il tempo passa… E meno male che è così.

GIANNI (col tono di chi voglia scrollarsi da quel torpore) Ehi, ma che cos’è ‘sto mortorio? Dai, non ci lamentiamo! Ci siamo divertiti, o perlomeno io mi sono divertito.

GINO Ah, se è per questo, pure io mi sono divertito.

PAKI (ridacchiando improvvisamente) Ragazzi, ma avete visto che cambiamento che ha fatto Felice?

GIANNI (divertito) Sì, sì. E’ diventato da così a così. E ieri si è fidanzato con Giovanna.

PAOLO Veramente?

GINO Tu che dici, Gianni?

PAKI Aspetta. Ma Giovanna non era fidanzata con Fofò?

GIANNI (scherzoso) Sì, ma voi non seguite… Giovanna era fidanzata con Fofò, ma la sera dopo l’elezione della Miss lo trovò sulla spiaggia con Lauretta e allora…

PAOLO No! Non ci credo! Lauretta con Fofò! E Flavio?

GIANNI E Flavio… Boh!

PAOLO Bene. Mi fa piacere per Felice.

GINO (vedendo entrare dalla sinistra Giovanna e Felice abbracciati) Zitti, zitti. Stanno arrivando. Parlando del diavolo…

GIANNI (sfottente) … escono fuori le corna. Che teneri! Sembrano i fidanzatini di Peynet.

FELICE Ciao. (I quattro ragazzi rispondono al saluto “giusto per”. Lunga pausa) Si batte la fiacca, eh?

PAOLO Già…

FELICE (dopo un altro interminabile silenzio, a Giovanna) Cucciolo, andiamo a prendere un gelato?

GIOVANNA Ma sì! L’ultimo Piper ‘e ll’estate! Jammo! (Felice si scioglie dall’abbraccio. Meravigliata) Uh… E mo pecchè m’he’ lassata? (Lo abbraccia di nuovo)

FELICE (divincolandosi) E dai!

GIOVANNA Che c’è?

FELICE Dobbiamo entrare nel bar. Un poco di contegno.

GIOVANNA Feli’, tu si’ cagnato, sissignore, ma io aggi’’a fatica’ ancora… (E i due ridendo escono per la vetrata)

GIANNI (c.s.) Avete sentito? “Cucciolo”. Chi se lo sarebbe aspettato da Felice! Potenza dell’amore!

ADRIANA (entra dal fondo a sinistra. Ha in mano un fotoromanzo) Ciao, ragazzi.

GIANNI Ciao, bella. (Adriana si siede poco distante dai quattro ed apre il giornale) Che leggi di bello?

ADRIANA Un fotoromanzo: “Troppo donna per i tuoi quindici anni”.

GIANNI (dopo aver fatto l’occhiolino agli amici) Flavio si è lasciato con Lauretta, lo sai?

ADRIANA (si alza di scatto, con forza) Gianni, per piacere, non mi nominare quel cretino! (Si risiede e ripiglia a leggere)

GIANNI (ipocrita) Va bene. Scusami.

PAOLO E dai, Gianni, smettila!

FLAVIO (entra mogio dal fondo a sinistra e si dirige dove ci dovrebbe essere il jukebox. Si accorge che non c’è e chiede) E il jukebox?

GIANNI E’ andato a fare la nanna. Se ne parla a luglio dell’anno prossimo.

FLAVIO (constata amaramente) L’estate è proprio finita. (Accende una sigaretta)

ADRIANA (si alza e con studiata indifferenza fa per uscire per il fondo a sinistra dicendo) Ciao.

GIANNI E GLI ALTRI (tranne Flavio) Ciao.

FLAVIO (raggiungendola) Adriana…

ADRIANA (fredda, ma in fondo con il cuore gonfio di speranza) Che cosa vuoi?

FLAVIO (calmissimo) Niente. Ti voglio accompagnare a casa. Posso?

ADRIANA (c.s.) No, grazie. La strada la conosco bene. (E muove per uscire)

FLAVIO (la costringe a fermarsi stringendole un braccio. Quasi implorante) Dai! Non fare così! (In un sussurro) Sei arrabbiata?

ADRIANA (c.s.) Flavio, tu sei un cretino! Dopo un’estate intera che mi sono strutta per te, che cosa pretendevi? Che ora stessi felice e contenta?

FLAVIO Ti sei strutta per me? Vuoi dire che sei diventata come la sugna? (Involontariamente Adriana ride) Dai! Abbracciamoci e non ne parliamo più.

ADRIANA (c.s.) No! Mi fai rabbia!

FLAVIO (stringendola teneramente a sé, a voce bassissima) Va bene: ti arrabbi dopo… (Le sfiora la tempia con le labbra)

ADRIANA (piangendo) Perché mi hai trattata così?

FLAVIO (si scioglie dall’abbraccio) Perché… Te lo dico quando ti vengo a trovare a Natale.

ADRIANA (luminosa) Mi vieni a trovare a Natale?

FLAVIO (solenne) Te lo prometto. Ti posso accompagnare a casa?

ADRIANA (confusa per ciò che le ha promesso Flavio) Sì… (I due escono per il fondo a sinistra)

GIANNI (scettico) Sarà… Ma io non ci credo che Flavio la va a trovare a Natale.

PAOLO (alzandosi) Ragazzi, andiamo a preparare gli strumenti, che oggi si parte. (Ed esce per la vetrata, seguito dagli altri componenti i Beach Room)

AUGUSTO (entrando dal fondo a sinistra con sua moglie) Viene, Menichi’, viene. Mo ce mangiammo nu bellu  cornetto,  po’ jammo ‘a casa e ghiammo a ferni’ ‘e pripara’ ‘e bagaglie.

MENICHINA Augu’, ‘o cornetto pigliatillo tu. Io nun voglio niente: me s’è chiuso ‘o stommeco.

AUGUSTO (allarmato e premuroso) Ch’è stato? Nun te siente bona?

MENICHINA (rassicurante) No, nun te preoccupa’, sto bona. Sulamente… Sto penzanno a chello che trovo ‘a casa quanno stasera arrivammo a Napoli…

AUGUSTO (superficiale) E va buo’… Nun ce penza’. Quando arrivammo ‘a casa, se ne parla.

MENICHINA Nu cuofeno ‘e panne ‘a lava’… Po’… Saje quanta povere ce sta ‘ncopp’’e mobele?...

AUGUSTO (con provocazione) Ah, po’ tu he’ parla’ pure cu Reginella p’’a fa’ fidanza’ cu Geppino…

MENICHINA (dopo una breve pausa) Augu’, ce aggio penzato buono: me so’ accorta che è Melania ‘a guagliona adatta pe’ Geppino. Aveva ragione ‘a signora Salvati: Melania fa ‘a pagliaccella, sissignore, ma è na brava guagliona. (Portandosi una mano alla fronte) Uh!... A proposito r’’a signora Salvati, è partuta e io me so’ scurdata ‘e ce chiedere l’indirizzo.

AUGUSTO (superficiale) Va buo’… Ce ‘o chiede l’anno che vene.

F  I  N  E