Scritto sull’acqua

Stampa questo copione

Scritto sull’acqua

Commedia in tre atti, in cinque quadri,

di Eugenio Bertuetti e Sergio Pugliese

PERSONAGGI

ANTONIO EVENO, attore 55 anni

ANNA        20 anni

ELISA, sorella di Eveno       60 anni

CONCA, autore drammatico 38 anni

FANNI, attrice nella Compagnia

di Eveno     30 anni

NINO, domestico di Eveno

PRIMA, SECONDA,     giovani signore eleganti

TERZA e QUARTA AMMIRATRICE.

IL SIGNORE, che accompagna la quarta ammiratrice

UN ALTRO SIGNORE

IL SEGRETARIO della Comp. di Eveno

IL CUSTODE DEL TEATRO

UN INSERVIENTE

Signore e signori che non parlano

GHITA LIPPI

BARRA

ALCUNE ATTRICI

ALCUNI ATTORI

IL SUGGERITORE

IL DIRETTORE DI SCENA

Voci nel pubblico

ATTO PRIMO

Il camerino di Antonio Eveno in un grande teatro di prosa a Roma. Gli attori, che ne sanno più degli autori, vi metteranno tutto il necessario.

Indispensabili all'azione sono: una tenda a destra - specie di baldacchino o di alcova - dietro la quale Eveno si ritirerà per spogliarsi e vestirsi quando c'è gente in camerino. Uscio in fondo, che dà sul palcoscenico. Una vasta specchiera. Un grande baule-arma­dio. Una maschera teatrale, bene in vista, al muro. Un violino posato dove si vuole. Fuori, in palcoscenico, sta per finire la rap­presentazione del Piacere dell'onestà di Pi­randello, mirabile interpretazione di Antonio Eveno. Sono in scena Elisa e Nino.

Elisa                            - (riassettando degli abiti, che ripone con cura meticolosa in un gigantesco baule-armadio, a Nino) Su» muoviti, ritira gli abiti del secondo atto. Bada che nella tasca interna della giacca ci siano i cinque fo­glietti della contabilità per la scena tra Bal­dovino e il Marchese.

Nino                            - (ripiegando la giacca) Ci sono.

Elisa                            - (pignolesca) Controlla! Ti dico di con­trollare!

Nino                            - Eccoli!

Elisa                            - Contali! Lo sai che a me piace l'or­dine,.. Uno, due, tre, quattro e cinque. Bene. Rimetti a posto, nella tasca a sini­stra.

Nino                            - Lo so, lo so, signorina.

Elisa                            - Lo so, Io so, e poi me lo piantate in scena a frugare inutilmente in tutte le ta­sche, come quella volta a Torino.

Segretario                   - (irrompendo affannato) Signo­rina! signorina! Quattro applausi a scena aperta nel terzo atto! Il pubblico sembra impazzito... Queste sono serate d'onore!

Elisa                            - (tranquilla) Quando mio fratello re­cita il piacere dell'onestà è sempre così. Voi non eravate con noi a Milano all'Odeon!

Segretario                   - Devo pensare alla Duse per ri­cordarmi serate come questa!... Qui c'è la contabilità, signorina. Aspetto il commen­datore?

Elisa                            - No, date qua, firmo io: sapete bene che mio fratello non vuole seccature. (In­forcando gli occhiali, firma meticolosa' mente alcuni fogli). Specialmente adesso bisogna lasciarlo tranquillo...

Sbgretario                   - Per domani, malgrado sia il prmo giorno di Quaresima, c'è già mezzo teatro venduto.

Conca                         - (apparendo di corsa) Ma che fate rintanata qui, signorina Elisa?... Correte giù in platea se volete essere rapita! Un pubblico, un entusiasmo!... Come recita Eveno! Direi che la malinconia gli fa be­ne: non l'ho mai visto recitare come que­st'anno.

Elisa                            - (dandosi da fare e mettendo ordine ora qua ora là) Sì, quando è in scena dimen­tica: guai se non avesse questa distrazio­ne... Credete, durante il giorno, non so più che farne.

Conca                         - Sempre tanto triste?

Elisa                            - Svagato, silenzioso, assente... Non si interessa più a nulla: pronuncia sì e no dieci parole al giorno...

Conca                         - Ormai è più d'un anno. Speravo che il tempo valesse a consolarlo.

Elisa                            - Macché! Sempre peggiol

Conca                         - Ma io sono sicuro che un poco alla volta il lavoro, la soddisfazione di sentirsi vivo nel cuore del pubblico...

Elisa                            - Per questo ho voluto che facesse Com­pagnia! ma purtroppo non si riesce a scuo­terlo... I successi, le lodi... (alza le spalle): come quel baule lì.

Conca                         - Parla qualche volta di lei?

Elisa                            - Mai.

Conca                         - E Fannì non serve a distrarlo?

Elisa                            - Neppure. È una brava figliola pa­ziente, allegra... Se riuscisse a giovargli le perdonerei perfino d'essere la cagnetta che è.

Conca                         - La scena, ora, con Eveno non l'ha fatta male.

Elisa                            - Uh, per carità, lasciamo stare!... Piut­tosto ho bisogno di parlare con voi un po' a lungo... Se volete bene ad Eveno dovre­ste scrivere subito una commedia per lui.

Conca                         - Siamo già d'accordo.

Elisa                            - Bisogna aiutarmi a non lasciarlo stac­care dal teatro. Se lo abbandoniamo, quello va a chiudersi lassù, nella sua casa di campagna... se non peggio...

Inserviente                  - (entrando, posa sulla soglia una grande canestra di fiori) Sono arrivati ancora dei fiori... li metto con gli altri?

Elisa                            - Sicuro! Nel camerino accanto, e chiu­dete bene la porta. Sapete che il commen­datore non vuol vedere più fiori. (L'inser­viente se ne va coi fiorì).

Conca                         - Non vuol vedere più fiori?

Elisa                            - Da quel giorno... E ne arrivano tan­ti... Io li faccio nascondere e poi li mando in chiesa. (A Nino, che nel frattempo è andato e venuto affaccendato nei prepara­tivi) Su, sbrigati, sta per giungere. Metti due asciugamani puliti, qui, presto, mar­motta...

Conca                         - Salirà molta gente... Una brigata di belle signore... Vogliono portare Eveno a ballare. È l'ultima notte di Carnevale...

Elisa                            - Non ci andrà, scommetterei... Nino, scovami fuori quel pentolino che metto sulla testa.

Nino                            - Il vostro cappello, signorina?

Elisa                            - Ma sì, chiamalo cappello! È qui... (Estrae da un mucchio d'asciugamani un cappelluccio ammaccato, che si mette in testa di furia) Io me ne vado.

Conca                         - Non lo aspettate?

Elisa                            - Ci sarà troppa bella gente qui, e io stonerei. Domani sono le Ceneri: voglio andare alla prima Messa... Addio, Conca, mi raccomando... (Indugiando un attimo a mettere ordine sulla specchiera) E tu, Nino, attento... non farlo arrabbiare. (Uscendo) Arrivederci, dunque.

Segretario                   - (aprendo l'uscio e incontrandosi con Elisa) Finito! Il pubblico in piedi continua ad applaudire, non vuole andar­sene. (Sì fa da una parte per lasciar posto a un gruppo di ammiratori, uomini e don­ne, che chiedono di entrare. Sono in abiti da sera e da veglione).

Prima ammiratrice       - È questo il camerino di Antonio Eveno?

Segretario                   - Sì, signora.

Seconda ammiratrice  - Dov'è lui?

Segretario                   - È ancora in palcoscenico per le fotografie di scena. (Esce).

Terza ammiratrice       - Che bravo! Che artista! Da abbracciarlo!

Quarta ammiratrice     - Non sono mai stata in un camerino d'attore. Curioso!...

Prima ammiratrice       - Oh, Conca, ho visto a Milano una vostra commedia. Molto bella, bravo!

Conca                         - A Milano? In che teatro? Quando?

Prima ammiratrice       - In questi giorni; vero, Elena?

Seconda ammiratrice  - No, mi pare che fosse un film con soggetto di Conca...

Conca                         - Non credo... Non è possibile...

Prima ammiratrice       - Be', fa lo stesso...

Quarta ammiratrice     - Vogliamo portare Eve­no al Veglione.

Terza ammiratrice       - Credete che verrà? Vor­rei tanto ballare con lui!

Prima ammiratrice       - Certo che verrà: Fannr ha promesso di condurlo.

Seconda ammiratrice  - (osservando la masche­ra teatrale appesa al muro) E questo che cos'è?

Il signore che l'accompagna    - Un portafor­tuna. Gli attori sono molto superstiziosi.

Quarta ammiratrice     - Com'è divertente il mondo del teatro!

(Insieme al gruppo degli amici e degli am­miratori di Eveno è entrata, quasi inav­vertita, una fanciulla in un gonfio ed aereo vestito bianco. S'è messa in disparte, in un angolo, silenziosa, coprendosi il viso con una bautta bianca. È Anna).

Segretario                   - (da fuori, aprendo l'uscio) Ci sono dei vostri amici.

Voce di Eveno            - Chi?

Segretario                   - Non...

Eveno                         - (compare sulla soglia accolto da ac­clamazioni, da saluti, da evviva. Altra gen­te si riunirà fuori senza entrare) Buona sera... buona sera...

Prima ammiratrice       - Eveno, come siete stato bravo!

Seconda ammiratrice  - Ho le mani che bru­ciano a furia di applaudire!

Prima ammiratrice       - Permettete, Eveno: vi presento la mia amica Elena Lacava: mo­riva dalla voglia di conoscervi. Suo marito...

Terza ammiratrice       - Sapete che abbiamo de­ciso di portarvi con noi?

Quarta ammiratrice     - Al Veglione degli Am­basciatori...

Seconda ammiratrice  - No, all'Excelsior!

Prima ammiratrice       - Dove vorrete voi...

Quarta ammiratrice     - Ci farete felici, mae­stro!

Fannì                           - (entrando già vestita per uscire) Ec­comi pronta! (Ad Eveno) Oh, ancora da vestirei... Fuori ci sono altre signore che vogliono vederti... O almeno avere una tua fotografia firmata. Dico a Nino di prov­vedere?

Eveno                         - (assente) Sì... sì... (Nino prende al­cune fotografie ed una penna. Le porge ad Eveno per la firma. Dopo uscirà a distri­buirle).

Fannì                           - Dunque, avete combinato? Dove si va?

Prima ammiratrice       - Aspettiamo prima la de­cisione di Eveno.

Terza ammiratrice       - (ad Eveno, che continua a firmare fotografie) Venite... Non vi pentirete...

Un altro signore          - Che uomo fortunato: tutte ai suoi piedi le ha!

Eveno                         - Va bene, verrò per voi, signora...

Le altre ammiratrici    - (insieme) Bravo! E noi?

Fannì                           - (abbracciandolo) Oh, Antonio, gra­zie! Avevo promesso...

Eveno                         - Temo però d'essere un peso: dopo la recita sono stanco... Ma vi raggiungerò...

Fannì                           - Allora ti aspettiamo agli Ambascia­tori.

Terza ammiratrice       - Benissimo. (Fissandolo) Intesi?

Eveno                         - (indifferente) Intesi.

Quarta ammiratrice     - Badate che se non man­tenete la parola, verremo a scovarvi...

Terza ammiratrice       - Magari in casa vostra, nella vostra stanza...

Eveno                         - (sorridendo, senza entusiasmo) Al­lora corro subito a letto... (Ridono tutti) Ma verrò... Arrivederci... A presto. Sì.» sì... grazie... (La piccola folla se ne va sciaman­do, con molti saluti, promesse e reiterate raccomandazioni. Eveno si siede alla spec­chiera e incomincia a struccarsi. Anna e sempre immobile nel suo angolo. Con sor­presa, Eveno scorge riflessa nello specchio la figurina vaporosa, che pare un giocat­tolo. Dopo un silenzio, si volta) Ma che cos'è? Qualcuno ha perduto una bambola in maschera?... Una bambola muta... naturalmente. (Si rigira e torna tranquillo al­l'opera dello strucco. Chiama) Nino! (Ni­no compare dall'uscio di sinistra) La mar­sina. (Nino ritorna via. Eveno, che si sarà tolta la barba e pulito ti viso dal cerone, ora con un gesto lento e preciso si leva la parrucca rossa),

Anna                           - (meravigliata) Oh, avete i capelli d'ar­gento!

Eveno                         - Per Giove! La bambola parla, è viva...

Anna                           - Non verrà più nessuno a trovarvi?

Eveno                         - Me lo auguro...

Anna                           - Vi dò fastidio?

Eveno                         - Un bell'oggetto, anche se dimenti­cato da quella gente, perchè dovrebbe dar­mi fastidio?

Nino                            - (rientrando con la marsina) Ecco, commendatore.

Eveno                         - (indicando dietro la tenda) Metti là.

Anna                           - Allora rimango ancora un po'?

Eveno                         - Ma fin che volete!... Mi vesto in fretta e poi sono a vostra disposizione. (Scomparendo dietro la tenda) Perdonate... (Al domestico che s'avmra per il camerino) Nino, cercami delle fotografie: fai scegliere, lì, a quella mascherina paziente intanto. (Nino prende alcune fotografie e le porge ad Anna, che le osserva appena, le ripone, si alza, guardando curiosa intorno a sé. Scorge il violino, lo esamina) È vostro il violino?

Eveno                         - (da dietro la tenda) Mio.

Anna                           - Suonate?

Eveno                         - Ogni tanto... quando le parole mi hanno stancato.

Anna                           - Che parole?

Eveno                         - Tutte quelle che sono costretto a dire, parole degli altri... Un giorno mi pia­cerebbe sapere il numero delle parole che ho pronunciate: dev'essere una cifra astro­nomica... (Dopo una breve pausa) Ebbene, avete scelto?

Anna                           - Che cosa?

Eveno                         - Come che cosa? Non siete venuta per la fotografia con la firma?

Anna                           - (confusa) No. Alla fotografia non avevo pensato.

Eveno                         - (uscendo e continuando a vestirsi) Allora?... Pei vedere l'autentico colore dei capelli sotto la parrucca?

Anna                           - (esitando, con fare infantile) Non so... è difficile spiegarvi... Sono venuta al teatro per caso... Volevo andare a ballare... in un posto... in un posto dove credo che tro­verò una persona... Eh?

Eveno                         - Non ho aperto bocca.

Anna                           - Ma quella persona prima della mez­zanotte non c'è... E allora per passare il tempo sono venuta qui... Ho visto... Ho sentito... Come se tutti fossero innamorati di voi... Come se al mondo... Ma se non rispondete mi confondo!

Eveno                         - (fissandola intenerito) Io ascolto.

Anna                           - Almeno non scrutatemi e non sorri­dete... Per avere il coraggio di parlare non mi tolgo la maschera...

Eveno                         - (ritornando dietro la tenda) Così ti­mida?

Anna                           - No, non sono timida, ma ora devo spiegarvi una cosa difficile... Devo pur dir­vi perchè sono salita qui, confusa fra tante persone che non conosco...

Eveno                         - Consolatevi: le conosco pochissimo anch'io.

Anna                           - E quella signora... l'unica che vi chia­masse Antonio?...

Eveno                         - È proprio quella che conosco meno.

Anna                           - Già!

Eveno                         - (uscendo) Se vi dicessi che mi sta troppo addosso e troppo dentro? Che ho perduto il senso delle prospettive? (Deso­lato) La vedo troppo! troppo! (A Nino) Vai pure a casa. Avverti il custode per un tassì.

Nino                            - Buona notte, commendatore.

Eveno                         - Ciao... (Divertito) E allora, questo discorso difficile, come lo farete? Con la maschera o senza maschera?

Anna                           - Come volete voi.

Eveno                         - Si tratta d'una confessione? Allora è naturale che la penitente abbia il viso coperto.

Anna                           - (ridendo) È certamente una scioc­chezza.

Eveno                         - (con gesto galante le toglie la bautta) Le sciocchezze le diciamo tutti a viso aper­to... (Fissandola sorpreso, parlando sotto­voce, quasi a se stesso) Una bambinai... Siete una bambina!... Quanti anni?...

Anna                           - (gli occhi negli occhi di Eveno) Venti!

Eveno                         - Tanti?

Anna                           - (pronta) Non ancora! Non ancora!... (Mostrando le dita) Mancano tre mesi... Non guardatemi così: senza maschera mi pare di essere nuda... Ora vado via, scap­po... Prima, in quell'angolo, non potevo muovermi: mi pareva d'essere prigioniera e difesa...

Eveno                         - E adesso?

Anna                           - (maliziosa) Adesso mi rincresce, per­chè è già finito.

Eveno                         - Capisco: quella persona, al ballo, vi aspetta...

Anna                           - (semplice) No, non avete capito... (Una pausa, poi tendendo l'orecchio un po' smarrita) Che silenzio in questo teatro, che silenzio strano!,.. Non c'è proprio più nes­suno?

Eveno                         - Io e voi... (Durante tutto questo tempo egli avrà continuato a vestirsi, ora allo specchio, ora dietro la tenda, ora pres­so il baule, a soggetto insomma. Infilan­dosi la marsina) Dunque... perchè siete ve­nuta?

Anna                           - (con subitaneo abbandono, di furia) Perchè non avevo mai provato ciò che ho provato stasera laggiù in platea... Perchè ero sola... (Intensamente) Perchè una voce dentro mi diceva di venire su... E gli ap­plausi mi hanno ubbriacata, quegli applau­si fìtti come una pioggia... Una pioggia tutta per voi... Mi avete fatto pena...

Eveno                         - (colpito) Oh!... Di solito non si viene dal primo attore, nella sua serata, per dirgli: «Mi fate pena!...».

Anna                           - (delusa) Pensavo che voi mi avreste capita a un cenno... e invece... A meno che non giochiate...

Eveno                         - (prendendole una mano) In princi­pio può darsi... Un'abitudine, una civette­ria di questo nostro mestiere... Ma ora!... Voi avete detto che vi ho fatto pena... e questo è esatto.

Anna                           - (ribellandosi) Ma non pena, pena dolore, capite? No! Che so?... Malinconia... e il bisogno grande di dirvelo...

Eveno                         - E vi ringrazio... Ogni sera io rice­vo sacchi d'ammirazione, uragani di ap­plausi, di pioggia, come dite voi, raccolgo molte invidie, ma un po' di pietà no, mai... Eppure ne avrei bisogno...

Anna                           - (improvvisamente aperta, confidenzia­le) Ascoltate: vi racconto una cosa che mi è venuta in mente adesso... I! mio pa­pà, che è morto quand'io non avevo an­cora undici anni, faceva il pittore. Un pit­tore di quelli che copiano, sapete? che tan­no quadri ricalcando persino le cartoline illustrate. Nel suo studio c'erano i ritratti di tanti personaggi famosi, ritratti che il papà cercava di vendere a questo o a quel circolo, o associazione, o collegio. Mi ricor­do che erano sempre tutti in mostra, im­pettiti, sgargianti: insomma si vedeva su-oito che erano celebrità. Ebbene: sapete che io giocavo di nascosto a dare ad ognu­no l'elemosina? (Sottolineando) La com­passione che mi facevano!...

Eveno                         - E stasera avete fatto l'elemosina a me.

Anna                           - Mah... Certo che mi avete com­mossa!...

Custode                      - (da fuori) Con permesso?

 Eveno                        - (seccato) Avanti!

Custode                      - (apparendo sull'uscio) C'è una let­tera. L'ha portata un fattorino d'albergo.

Eveno                         - (stracciando la busta) Va bene, grazie.

Custode                      - (sulla soglia) Il tassi, poi, è giù.

Eveno                         - (leggendo) Ora scendo...

Anna                           - Dovete andare via subito?

Eveno                         - (irritatissimo) Oh, che noia! E dov'è questa borsetta?

Anna                           - Borsetta?

Eveno                         - (nervoso, cercando in giro con lo sguardo) Sì, una borsetta da signora...

Anna                           - (indicando una sedia dove, sopra un mucchio di indumenti, c'è un cappello da uomo, e sul cappello una borsetta) Forse là, sul cappello?

Eveno                         - (prendendola seccatissimo) Auf! (La butta sulla specchiera fra gli oggetti del trucco).

Anna                           - Che è successo? (Eveno di malumore le porge la lettera, che Anna legge): « Ba­da che non siamo agli Ambasciatori, ma all'Excelsior tutti insieme. E fammi il fa­vore di cercare la mia borsetta, che ho dimenticata costì. Portamela. Arrivederci tra poco... ». È lei? Quella signora... delle pro­spettive?

Eveno                         - (fa cenno di sì col capo. D'un tratto allegro, prende la borsetta e con smania fanciullesca cerca un posto ove nascon­derla).

Anna                           - Che fate?

Eveno                         - La nascondo... Se è nascosta, che non si vede, io non posso trovarla... Non avendola trovata io telefono a Fannì che non ho niente da portarle e che essendo stanco preferisco il letto... (Mutando espres­sione) Dove la nascondiamo, dunque?

Anna                           - (infervorandosi al gioco) Dove? (Mo­strando il baule-armadio aperto) In uno di quei cassetti, dentro?

Eveno                         - Brava! Se Fannì la teneva in mano...

Anna                           - Oh, che stupida! È vero... (Aggiran­dosi per il camerino mettendo tutto sotto­sopra) Allora qui?... qui?... In terra, in un angolo?...

Eveno                         - Forse... (Getta la borsetta lontano, nel buio, attraverso l'uscio aperto) Allò!... Fannì l'ha persa là fuori e io non l'ho tro­vata... (Ridono).

Anna                           - Ma adesso dovrete telefonare.

Eveno                         - Telefonerò.

Anna                           - Sicché usciamo insieme? Noi due?

Eveno                         - Insieme certamente e sùbito, che non giungano altri messaggi...

Anna                           - (porgendogli il biglietto) La lettera?...

Eveno                         - (volto allo specchio) Stracciatela.

Anna                           - (leggendo sulla busta) Però, Eveno... Sapete cne non riuscivo a figurarmelo un uomo che si chiama Eveno?

Eveno                         - E neanch'io una volta, per quanto mi specchiassi! Poi ho conosciuto Socrate. Avete conosciuto Socrate voi?

Anna                           - Io no.

Eveno                         - Io sì. E un giorno o l'altro lo por­terò sulla scena. Lo farò resuscitare... So­crate diceva (recitando): «Questo, o Cebete, devi far sapere ad Eveno, e digli an­che che, se è saggio, mi segua al più presto possibile. Io me ne vado, a quanto sembra, oggi... ».

 Anna                          - E dove andava Socrate?

Eveno                         - Lontano, molto lontano... (Accom­pagnando le parole col gesto) Nell'aldilà!

Anna                           - E voi avreste dovuto seguirlo?

Eveno                         - (con un sorriso, indicandosi nello spec­chiò) Lui, Eveno, se saggio, avrebbe do­vuto...

Anna                           - (lo guarda assorta, con pietà tutta fem­minile. Dopo un attimo di silenzio) Ve­dete che avevo ragione? Perchè siete tri­ste? Perchè soffrite?

Eveno                         - (accarezzandole i capelli, studiandone il viso attentamente) Perchè?... Alle bam­bine, io lo so, si possono dire un mondo di cose... le bambine se ìe mettono nel cuore senza pensarci. È il loro modo di ca­pire.

Anna                           - E allora dite.

Eveno                         - Dopo, più tardi. Adesso andiamo.

Anna                           - (raccattando in fretta la pelliccia, che aveva deposta in un angolo) Andiamo... (Si fa sull'uscio, mette fuori la testa) Nes­suno... Silenzio... (Volgendosi sorridente) Datemi la mano... In questo viaggio vi guido io!

Quattro o cinque ore dopo, nello studio di Antonio Eveno. Una vasta stanza severa, con mobili massicci e molti libri. A destra: un uscio in primo piano, e, subito dopo, l'ampia tavola da lavoro di Eveno e una finestra. A sinistra: due usci con una finestra in mezzo. Nella parete di fondo: la comune a sinistra. A destra, un sofà con poltrone. Sopra (unico quadro in tutta la stanza) campeggia il gran­de ritratto a olio di Lia. Un tavolino basso con poltroncine al centro della stanza. Pochissimi altri mobiletti, a pia­cere, negli spazi liberi contro i muri. Non molto in vista, ma un po' dappertutto, le fo­tografie incorniciate di Lia. Non un fiore. All'alzarsi del velario Nino sonnecchia sul sofà. È accesa la sola lampada sulla tavola di Eveno.

Elisa                            - (in vestaglia e cuffia da notte fa ca­polino dall'uscio a destra. Chiama sotto­voce) Nino!... Nino!...

Nino                            - (svegliandosi) Eh? Cosa?

Elisa                            - Non è venuto ancora? Sono le quat­tro!

Nino                            - Le quattro? (Correndo ad accendere la luce) Perbacco! No, non è tornato.

Elisa                            - Che gli sia successo qualcosa?... Sai dove andava?

Nino                            - A sentire quello che lui ha promesso dovrebbe essere andato dappertutto. Se ha mantenuto verrà a casa fra un mese.

Elisa                            - Non fare lo stupido. Con chi l'hai lasciato? Con la Fannì? (Sarà entrata in scena per mettere ordine sulla tavola, per porre un cuscino al suo giusto nosto, ecc.).

Nino                            - L'ho lasciato che si vestiva. Ha vo­luto la marsina.

Elisa                            - (stizzita) Vai a farti benedire! Ti do­mando con chi era.

Nino                            - (volutamente misterioso) E chi lo sa?... Era in maschera...

Elisa                            - (curiosa) Donna? In maschera?

Nino                            - Giovane. Questo l'ho capito anch'io... (Seccato) Ma voi, signorina Elisa, tornate a dormire. Lo aspetto io.

Elisa                            - (bisbetica) Lo aspetto, lo aspetto!... Così tardi non ha fatto mai... Gli prendono poi quelle crisi di scontento per cui ci fa disperare... E Fannì, dico, quella scema di Fannì? E Conca? (Si odono rumori di là, è la voce di Eveno, che brontola).

Elisa                            - (scappando) Eccolo... meno male... Dagli qualcosa di caldo... mi raccoman­do... Tra poco io andrò alla Messa. (Fa segno al domestico di stare zitto, di non dire che lei era lì, e fugge). (Entra Anna e, subito dopo, Eveno. Sono allegri, vivaci, fanciulleschi. Si vede che lo spumante ha fatto effetto, in lei più che in lui, ma non è ubbriaca: soltanto ineb-briata. Ha le mani e le braccia colme di quei doni che si ricevono ai balli di lusso: fra trombe, cappelloni, ventagli, ci sono anche due enormi ali di farfalla. Scorgendo Nino gli corre incontro, come se lo cono­scesse da sempre).

Anna                           - (ridendo) Oh!... (Richiamandosi a me­moria il nome, felice di ricordarlo) Questo è Nino! (Ad Eveno) Sapete che c'è Nino? (Contraffacendo la voce di Eveno) Nino, la marsinaaa!

Nino                            - (per nulla sorpreso) Buon giorno!

Eveno                         - Ancora in piedi?

Anna                           - Oh, povero Nino!... Prendi qua, aiu­tami: sono carica. Vedi che è passata la Befana? (Gli consegna ogni cosa). Adagio! Adagio'... Guai se si gualciscono: sono ri­cordi... Non sai che diventeranno ricordi?

Eveno                         - (che l'avrà aiutata a disfarsi degli og­getti) Gli diamo anche le ali?

Anna                           - (strillando) No no no! Le ali no!... (Le riprende, cercando intorno un posto ove po­sarle: sceglie la tavola di Eveno). Le ali me le dovrò rimettere al momento di volar via...

Nino                            - Devo portare il caffè?

Anna                           - (lasciandosi cadere come morta in una poltrona) Al signore un caffè, e anche a me... un caffè con latte... e pane tanto tanto...

Eveno                         - (paterno) Hai fame?

Anna                           - (con voracità di ragazza sana) Fame !

Nino                            - C'è tutto. Non ho che da accendere il fornello.

Eveno                         - E allora, avanti! (Nino s'inchina verso destra) La signorina Elisa? Dorme?

Nino                            - S'è alzata poco fa. Era in pensiero. Mi ha detto che sarebbe andata in chiesa. È il giorno delle Ceneri.

Eveno                         - Se non è ancora uscita, dille che sto benone...

Nino                            - (con furberia) Glielo dirò...

Eveno                         - E che si faccia dare doppia razione di ceneri: una serve a me...

Nino                            - (sorridendo) Sarà fatto. (Esce portan­do via tutti gli oggetti di Anna, meno le alt).

Anna                           - (sempre giù, nella poltrona, come se dormisse) La signorina Elisa è la vostra sorella ?

Eveno                         - Tua! tua!... Si dice la tua sorella...

Anna                           - Giusto, ma faccio ancora fatica... È la tua sorella? Che ti vuole cosi bene?

Eveno                         - Che mi vuole così bene.

Anna                           - Che mette a posto tutti gli oggetti? Anche quelli piccoli piccoli?

Eveno                         - Lei.

Anna                           - E io la vedrò?

Eveno                         - Se vorrai, certamente.

 Anna                          - Ma non adesso... in questo stato!... Sapete, sai, che mi pare d'essere un po' brilla? Mentre la signorina Elisa ritornerà... coperta di cenere!... Dopo... la vedrò dopo... (Un silenzio) Se almeno ci sarà un dopo...

Eveno                         - E perchè non dovrebbe esserci?

Anna                           - Lo so che ci sarà... Ma se il dopo fosse un risveglio di quelli soliti, che non è vero niente di ciò che stavi sognando?

Eveno                         - Perchè tu ora stai sognando?

Anna                           - (a occhi chiusi, con un brivido di gioia) Sì... mi vedo... Capita qualche volta, che si dice, vedendosi nel sogno: « Com'è bel­lo tutto questo! » e nel medesimo tempo si sa che o prima o dopo dovremo svegliarci, e si è già tristi.

Eveno                         - E sei dunque anche triste?

Anna                           - (cingendogli il collo con le braccia, in dolce abbandono) E anche felice...

Nino                            - (entrando col vassoio colmo, e dispo­nendo ogni cosa per bene sul tavolino al centro) La signorina Elisa è andata in chiesa. Mi ha raccomandato di dirvi che, se non avete disposizioni contrarie, non vi sveglierà. Vi ricorda però che oggi alle cin­que verranno il sarto e il pittore per i co­stumi della nuova commedia. E poi...

Eveno                         - (bonario) E poi?...

Nino                            - (malizioso) Questa mattina alle nove devono venire i muratori per le riparazioni al bagno... Dice che li manderà via...

Eveno                         - Dio sia lodato! (Con un'occhiata all’Anna) Li vorresti tu i muratori?

Anna                           - (con una smorfia buffonesca fa cenno di no col dito).

Nino                            - Allora posso andare?

Eveno                         - Ma certo!... Nessuno per nessuna ra­gione al mondo mi deve seccare.

Nino                            - (sulle mosse d'andarsene, all'Anna) lì c'è il pane. Bastano due pagnotte?

Anna                           - (ridendo) Bastano! Bastano!

Nino                            - Buon riposo.

Anna                           - Addio.

Eveno                         - Salve!

Anna                           - (di slancio) Adesso faccio io. Vi di­mostro... (A un cenno di lui) Ti ti ti dimo­stro che so fare anche la massaia... Ma che bravo quel Nino!... (Versando il caffè, pre­murosa) Caffè caldo... Anche un po' di burro? No?... (Servendosi) Io sì, dentro, nella zuppa... (Dopo una pausa, mangian­do) Questa è casa vostra? Casa tua?

Eveno                         - Che non riesco a godere... La mia vera casa è l'albergo.

Anna                           - L'albergo non è una casa... è un tre­no, che sta fermo.

Eveno                         - Ma ne ho un'altra.

Anna                           - Un'altra casa?

Eveno                         - Grande, più grande di questa.

Anna                           - Dove, al mare?

Eveno                         - Non al mare.

Anna                           - In montagna? Sul lago?

Eveno                         - In mezzo ai campi, su nel bresciano, dove sono nato per caso...

Anna                           - Per caso?

Eveno                         - Per combinazione. Mio padre reci­tava a Brescia... Mia madre, incinta, sof­ferente, andò in un paese là fuori... Io nac­qui là e ho la mia casa. Però il lago è vi­cino, il Garda. Sei mai stata sul Garda?

 Anna                          - Non sono mai stata in nessun posto. Non conosco che Roma.

Eveno                         - Una campagna qualunque... molte vigne, molti gelsi... tanti ciclamini nei bo­schi. È bello... Una volta mi piaceva...

Anna                           - Perchè una volta?

Eveno                         - Perchè una volta... (Ribellandosi, in­viperito tutt'a un tratto) Una volta, una volta!... Ma che razza di discorsi mi fai fare?... Proprio quello che non volevo!.. E adesso tu...

Anna                           - (sbalordita) Io? !

Eveno                         - Sì, tu, con codeste domande: e per­chè questo, e perchè quest'altro... Che c'en­tra con la nostra avventura?

Anna                           - (smarrita, col pianto nella voce) Scu­satemi... scusami... ma non capisco... Ti ho chiesto della tua casa, mi pare naturale questo di chiedere...

Eveno                         - (sempre eccitato) È naturale, Io so, ma io m'illudevo... (A un cenno d'incom­prensione di Anna) M'illudevo che con te non sarei caduto nella solita trappola col dover ricordare e poi raccontare e poi spie­gare... Tu non sei venuta a cercarmi per sa­pere come sto di morale!

Anna                           - E chi ti ha chiesto qualche cosa? Che ti ho chiesto io?

Eveno                         - (strillando) Niente!... Niente!... Ma io sono sospettoso lo stesso...

Anna                           - (trasecolando) Sospettoso?!

Eveno                         - Come dire?... Diffidente... Perchè dei miei sentimenti sono avaro, sia pure con un angelo pietoso... piovutomi chissà da dove e chissà perche... Ho paura...

Anna                           - E io l'ho caoito! Quasi non avrei nem­meno voluto chiederti di tua sorella... (Cambiando espresìsone con la volontà ma­nifesta di dissipare la pena e di esaltarsi) Sai che facciamo per non cadere più nella trappola? Ci inventiamo due nomi nuovi... tanto il mio non lo sai ancora... Due nomi coi quali nessuno ci ha mai chiamati... due nomi per noi, che non ci ricordino niente: ci battezziamo, io e te... e il passato è via, fuggito... (Allegra) Facciamo così?

Eveno                         - (stando al gioco) Facciamo così...

Anna                           - Stavamo per diventare cattivi... Colpa del caffelatte... La nostra atmosfera di que­sta notte era un'altra... Che caffelatte! Spu­mante ci vuole! Ne hai?

Eveno                         - Bere?!... Ancora?!...

Anna                           - Ancora!.. Caoite, capisci che io desi­dero un bel nome? E che per trovarlo ci vuole il frizzo nella testa?... Ce n'è vino?

Eveno                         - (ridendo) Ce n'è sì... Aspetta. (Uscen­do da destra) Di là, è di là...

Anna                           - (rimasta sola, e cadutale d'un tratto la esaltazione artificiosa, si guarda intorno, im­provvisamente smarrita e straniera in casa sconosciuta. I suoi occhi, naturalmente, si posano ora su un oggetto ora su un altro, poi, di colpo, si fermano sul grande qua­dro a olio. Attratta come da un'apparizio­ne, v'accorre e si ferma a mirarlo, affasci­nata).

Eveno                         - (appare sulla soglia con in mano la bottiglia dello sfumante e i bicchieri. Scor­ge Anna immobile dinanzi al quadro ed ha un gesto tra di sgomento e di fastidio. Con voce sorda, implorante auasi) No... no... Vieni via... (Prendendola per un braccio, con lo scopo evidente di distrarla) Vieni, c'è il vino... l'ho trovato...

Anna                           - (seguendolo assorta, gli occhi sempre fissi ali immagine, mormora) Chi è?

Eveno                         - (con ira) Lascia stare!... Vieni qui, ti dico!

Anna                           - (sorridente, felice della scoperta) Sem­bra un mio ritratto... Come mi assomigliai

Eveno                         - (urlando) Non è verol

Anna                           - (sorpresa e spaventata) Ma perchè gridi?

Eveno                         - (fuori di si) Perchè non è verol... Ti dico che non è vero!

Anna                           - (conciliante) E va bene: non sarà vero... (Si rifolta a guardare) A me pare­va... Non l dirò più...

Eveno                         - (brusco) E allora pace. Lascia stare i quadri e bevi... (La fissa) Beviamo...

Anna                           - (scoppiando a ridere) Ma lo sai che mi fai ridere? Ti sei messo a urlare come un matto... Evidentemente ho toccato un tasto molto doloroso... (Insinuante) Un ri­cordo che punge...

Eveno                         - (implorante) Zitta, zitta, ti suppli­co... (Preoccupato, persino timido, dopo un silenzio) Senti piuttosto... Dimmi un po'... Dimmi... forse... io stesso... io ti ho forse fatto pensare a questa rassomiglianza ?

Anna                           - (profondamente stupita) Come?

Eveno                         - Non so... io posso non ricordarmi... non ricordo infatti... Forse, al ballo... in quella baraonda... ti ho detto, io... ti ho detto che mi ricordavi qualcuno?... Che il tuo viso?... (Con uno scatto) Ma no, io non d'ho pensatoi lo non posso averti detto niente!

Anna                           - Niente, infatti... Da me, da me sola, ora, mentre eri di là, osservando quel ri­tratto ho visto...

Eveno                         - (rapito) Ahi... Hai vistol... Tu hai visto che le assomigli... Non è una mia fan­tasia, un mio terrore, il solito incubo, no: l'hai notato tu, tu che non sai niente... (Scostandola con un brivido dì raccapric­cio e di terrore) E allora... Noi No! Noi... Allora stai lontana, perchè è proprio vero!...

Anna                           - (raccogliendo la pelliccia e i guanti, mortificata, avvilita, dopo una pausa) -Dimmi chi è e poi andrò via.

Eveno                          - (non ascoltandola) Fatti vedere qua, sotto la luce... Il viso... Gli occhi... chiari... E qui, qui intorno alla bocca... codesta li­nea delicata e un po' patita... anche lei... I capelli!... (Glieli accarezza) Hai i capelli un po' più scuri... ma questi riccioli, anche lei... E le mani? Lei aveva l'indice lunghis­simo, sottile... E io ho notato, che anche tu... Questa notte, quando chiamavi l'autista, hai fatto cosi col dito, come faceva lei...

Anna                           - (cattiva) Hai finito?... Che altro ti faccio ricordare ancora?... Vuoi vedere di più? Vuoi spogliarmi?

Eveno                         - (mesto, dopo una lunga pausa) Guar­dala... era la mia figliola, la mìa bambina... Cosi grande...

Anna                           - (folgorata) La tua figlia!... Una tua Figlia!...

Eveno                         - Mia... e è mancata lassù, in quella

Anna                           - (smarrita) Dio!... Perdonami...

Eveno                         - Perdonarti? E che cosa?

Eveno                         - Tu hai detto giusto: è un ricordo che punge.

Anna                           - (mirando il quadro) Come era bella!

Eveno                         - Il ritratto è niente. Com'era lei!

Anna                           - Vestita di bianco... i fiori...

Eveno                         - Se n'è andata tutt'a un tratto... Mi ha lasciato solo con la mia arte, che non serve a niente, che non durerà niente...

Anna                           - E com'è stato? Perchè?

Eveno                         - E chi può rispondere? Forse perchè era mia... Forse perchè i fiori non le vole­vano bene, o gliene volevano troppo... È stata infatti la puntura d'una spina, una spina di rosa...

Anna                           - Mio Dio!

Eveno                         - È morta di tètano... a diciannove anni meno qualche giorno.

Anna                           - Quando avvenne?

Eveno                         - Un anno e mezzo fa, settembre... (Conducendola in giro e mostrandole le fotografie) Guarda... non hai visto tutto... Lia, Lia, Lia, sempre Lia... Lia piccina, con la balia, a pochi mesi... Sei anni, con me, a Venezia... A dieci, nella divisa del collegio, a Firenze... Questa fotografia l'ho fatta io, in campagna, c'è anche il suo

Anna                           - Ma qui era già grande...

Eveno                         - Oh, no... Soltanto che dagli otto ai nove anni crebbe fuori di misura : n'ero anzi preoccupato... E lei si alzava sulla punta dei piedi e diceva : «Papà, sono qua­si alta come le tue spalle... Papà....» (Ha la voce rotta dal pianto).

Anna                           - No, non fare cosi...

Eveno                         - (con voce strozzata) È... è... Sapessi che cos'è! Eppure è passato tanto tempo, ma a ripensarci... non è passato... E poi tu... atioarsa in questo modo strano... Vie­ni, lasciati ancora vedere, toccare... Come ri chiami?

Anna                           - Io?

Eveno                         - Si... il tuo nome vero...

Anna                           - (con vivo rimpianto) Non mi chiamo Lia...

Eveno                         - (scuotendosi) Senti: un'altra setti­mana avrò quindici giorni di riposo... Ho rinunciato a un giro in provincia... Andia­mo lassù, nella mia casa, nella casa di Lia...

Anna                           - Ma...

Eveno                         - Non rifiutare... devi venire... Chi ti ha mandata qui?... Troveremo la neve.Quante volte avevo promesso a Lia di por­tacela... Voleva vedere la neve sul suo giardino... La vedrai tu...

Anna                           - Si... ma...

Eveno                         - C'è qualcuno che te lo impedisce? La famiglia?

Anna                           - Sono sola.

Eveno                         - (felice) Ah! Lo vedi? Lo vedi?

Anna                           - Ma se non sai chi sono... Non ti ho ancora parlato di me... Non ti ho ancora detto neanche il mio nome... e tu...

Eveno                         - Niente! Io so già tutto... Parlerai do­mani, se vorrai... Ora sei stanca... sei pal­lida, stremata...

Anna                           - (con un filo di voce) Sì...

Eveno                         - Lia andava a letto presto... (Mostran­dole l'uscio in primo piano a sinistra) Là ci sono le sue stanze... Quando ritornavo da teatro mi fermavo a guardare le sue scarpine, qui, fuori dell'uscio... (Aprendo e indicandole all'internò) Questo è il suo sa-lottino, quella la sua camera da letto...

Anna                           - (con profonda commozione) E io dor­mirò?...

Eveno                         - Non è mutato niente... Tutto è rima­sto tale e quale... Troverai il letto con le lenzuola rimboccate... Chiudi bene questo e quell'uscio: non sentirai rumore... E stai tranquilla : nessuno entra qui senza il mio permesso... Vai... vai... (Dolcemente la spinge).

Anna                           - (trepida, smarrita, con voce che si sente appena) Buona notte...

Eveno                         - (la stringe a sé, le dà un bacio sui ca­pelli respirandola a lungo) Va!... Buona notte... (E chiude l'uscio. Rimasto solo, si accorge della pelliccia e dei guanti dimen­ticati da Anna. Li prende e li porta nella propria stanza, uscendo dall'altro uscio di sinistra).

CALA LA TELA

ATTO SECONDO

 Uno spiazzo davanti alla casa di campagna di Eveno nel bresciano. Non è una villa, e tanto meno nel senso moderno e borghese della parola: una bella costruzione, forte, vec­chia, con un che di rustico e di nobile insie­me, patriarcale, come ancora ce ne sono in tutte le campagne d'Italia. A destra si vede un lato della casa con bal­coni panciuti di ferro. In primo piano, una porta incorniciata di pietra scolpita, che mette all'interno e alla quale si accede per tre gra­dini pure di pietra. In secondo piano, un arco per dove si può evidentemente girare tutt'in-torno la casa e recarsi nei poderi. L'arco, i balconi, la porta e gran parte del muro fino alla grondaia sono invasi da rampicanti. In fondo, un muretto basso, verde di muschi, di rose rampichine, d'ogni sorta di cespugli fioriti, e una panchina di pietra. Di là dal muro s'indovinano i campi con piante alte da frutto, alcune delle quali fanno capolino di qua. A sinistra, alberi. Si capisce che da questa parte è l'ingresso grande al giardino. Nello spiazzo, una tavola rotonda con om­brellone, un tavolino e sedie di ferro, sedie a sdraio, poltroncine di vimini, con libri, gior­nali, ecc. All'alzarsi del sipario, Eveno, con un copio­ne in mano, studia. Cammina, si ferma, ge­stisce, come se avesse un interlocutore di fron­te. Insomma recita, ma non parla. Quando giunge la voce di Anna egli sarà nell'atteg­giamento di chi è dinanzi a una sorpresa gra­dita, a una dolce apparizione.

Voce di Anna (da sotto l'arco) I lucherini! I lucherini! Hanno portato i lucherini!

Eveno                         - (interrompendosi, contento) Sì?... Quanti?

Anna                           - (entrando di corsa) Due!

Eveno                         - Chi li ha portati? L'uccellatore dei Mora?

Anna                           - Quell'uomo lungo, brutto, che ma­stica tabacco...

Eveno                         - Li avete messi neiruccelliera?

Anna                           - Sì, con Nino... Quell'uomo ha detto che domani mi porterà un uccello rosso, che ha un nome burlo... aspetta, un nome come di prete.

Eveno                         - Rosso? Sarà un ciuffolotto, un pio­vano...

Anna                           - Ecco. Me lo porta domani. (Indican­do da dove è venuta) Sono stata anche là fuori dove pigiano l'uva... Non berrò più il tuo vino!

Eveno                         - (che avrà ripreso a leggere il copione) Perchè?

Anna                           - Pestano l'uva coi piedi, ciaf! ciaf!, coi piedi sporchi dei contadini... (Con una smorfia) Bah!

Eveno                         - (gli occhi sul copione aperto) E tu non pensarci... È così buono il nostro vino!

Anna                           - Che cosa fai, studi?

Eveno                         - Guardavo una scena... Una scena che non mi convince...

Anna                           - Fammi vedere.

Eveno                         - Ma tu non puoi capire: dovresti leg­gere...

 Anna                          - Leggere? Io so...

Eveno                         - (dopo di averla fissata sorpreso un at­timo) Va be'... Allora qui...

Anna                           - (che avrà dato un'occhiata alla pagina aperta )ilprimo atto... l'incontro tra Fe­derico e Ghita.

Eveno                         - (con un nuovo sguardo interrogativo) Appunto... la mia parte è quella d'un giovanotto, un po' troppo pivello...

Anna                           - (accalorandosi) Va, che sarai bellissi­mo! E poi la scena, non so, a me pare gen­tile... Come mi piacerebbe di essere Ghita!

Eveno                         - Perchè si fidanza con Federico, cioè... con me?

Anna                           - (ridendo) Non per questo... (Con en­tusiasmo) Ma Ghita è così pura!... lo me la figuro con quei fiori messi per ischerzo sul capo... E noi l'incontro, dopo tanti anni che non si vedono!... E le prime frasi!... Senti... (Recitando le battute a memoria con esattissima espressione di voce e di at­teggiamenti) Armena la vede, lui mormora tremando: «Ghita...» E lei: «Federico...» « Su... un bacio... » soggiunge la madre di Ghita... (Interrompendosi) Chi farà la ma­dre? Fannì?... La scritturi Farmi?

Eveno                         - (scrutandola tra curioso e insospettito) Non preoccuparti, vai avanti...

Anna                           - Vuoi che la reciti tutta?... La so... (Riprendendo gli atteggiamenti dell'attri­ce) Tu mi dici,.. Tu, Federico, a me, Ghi­ta: «Come sei...» (Interrompendosi di scatto) No, non mi piace... Scusa: perchè devo dire tutto io?... Fai anche tu la tua parte...

Eveno                         - (condiscendente) Va bene... Allora io sono qui, tu entri di là... Ti vedo... Sor­presa... Un bacio... (Le cinge le spalle tene­ramente) E poi... (Recitando con viva pas­sione) «Come sei bella!... Come sei cre­sciuta!... E dopo tanto tempo ti ritrovo, mia!...».

Anna                           - (pronta) « Ricordi? ».

Eveno                         - (lasciandosi trasportare) « E ci sia­mo voluti bene sempre... Che strano!... Sembrava un gioco... Perchè non ci siamo più visti? ».

Anna                           - (accalorandosi, d'un fiato solo, senza sbagliare) « Sei partito, sei sempre stato al­l'estero... Quei tuoi studi!... Eppure ricordi che per tutti i nostri amici siamo sempre stati i fidanzati, fin da quando io andavo all'asilo e tu eri già alla scuola dei grandi?»

Eveno                         - (smettendo di recitare, sarcastico) Ma brava!... (Dopo un silenzio) Uhm!... (Al­tro silenzio) Vieni qui... Più vicino... Guar­dami!... Che c'è? Che è successo?

Anna                           - (con un'impercettibile esitazione, sor­ridendo) Niente!... Ne ho parlato a lungo col Conca... Mi ha insegnato lui...

Eveno                         - (sorpreso) Ti ha insegnato lui?

Anna                           - Sì, le battute me le ha insegnate lui.

Eveno                         - E perchè? Quando?

Anna                           - Perchè Questa sua nuova commedia gli piace. E anche a me...

Eveno                         - (accarezzandole i capelli) Mi dici tutto?

Anna                           - Tutto.

Eveno                         - Ti piace...

Anna                           - Tanto... Tu invece non ne sei con­tento... Ho indovinato?

Eveno                         - Indovinatissimo... Può darsi che Pla­tone m'abbia rovinato il gusto.

Anna                           - Lascia stare questo tuo noiosissimo Platone. 11 Conca dice che è una cosa di­vina... per andare in malora... E poi stai zitto da troppo tempo: devi fare un pic­colo sforzo, vincere un po' la pigrizia. Lo voglio anch'io... Lo vogliamo tutti...

Eveno                         - E soprattutto il Conca.

Anna                           - Certo: ha scritto per te.

Eveno                         - E tu? Perchè lo vuoi, tu?

Anna                           - O Dio.., non sono la tua figliola?

Eveno                         - Una ragione di più... Tutto quello che mi ruba a te...

Anna                           - Dovrei non volerlo?... Con quale di­ritto?... Che fai qui, in fin dei conti?... Non dico, è bello, un incanto, ma ora è tempo di pensare al resto. Lo dice anche Elisa: si tratta della tua vita.

Eveno                         - Del Conca, vuoi dire! Per il Conca sì che puoi affermarlo! Se non altro quello che fa lui resta, ammesso che sia fatto bene... E poi il Conca è giovane, ha tanto tempo davanti a sé.

Anna                           - Giovane!... Trentotto anni!...

Eveno                         - Ti ha detto anche l'età?

Anna                           - Non lui... il dottor Farri. Quando sono stata ammalata, che mi faceva com­pagnia nelle ore in cui tu non c'eri, mi ha detto un mucchio di cose... So anche la tua..

Eveno                         - Non è un mistero.

Anna                           - Da te non l'ho mai potuta sapere, dall'Elisa neanche...

Eveno                         - E quanti anni mi ha dato il signor dottore?

Anna                           - (facendo cenno con le mani, con un gesto che le conosciamo) Undici volte cin­que.

Eveno                         - (fa un gesto come a dire: purtroppo!)

Anna                           - Quanti, però! Lo sai che sono tanti? Cinquantacinque...

Eveno                         - Diceva mia nonna che per non in­vecchiare non c'è che un mezzo: impic­carsi prima... Siccome non ne seguirai il consiglio, un giorno li avrai anche tu.

Anna                           - E vorrei portarli bene come te... (Os­servandolo affettuosamente) Sarai un Fe­derico!... Io ti vedo: biondo, elegante, la giacca bianca da sera, il fiore rosso all'oc­chiello, i tuoi atteggiamenti di bell'uomo viziato... (Un guizzo, uno strillo) Ahi! Ahi! Uh!

Eveno                         - Che ti piglia?

Anna                           - Ahi! Una vespa, dentro, qui!... Ih!

Eveno                         - Ma dove?

Anna                           - (premendosi il seno) Qui, qui... Mi ha punta... mi brucia...

Eveno                         - Vedere... (Turbato) Vedere questa vespa, che s'intende di rose...

Anna                           - Qui... Aspetta... (Piano piano, casta­mente, s'apre la camicetta. S'accorge del turbamento di Eveno, senza parere si ri­copre) Ahi, brucia.

Eveno                         - (che ha notato il gesto di Anna, fingendo assoluta indifferenza) Ci vorrebbe un poco d'ammoniaca... Di sopra...

Anna                           - Sì... (Incamminandosi e incontrandosi con Elisa) So anche dov'è... (Esce).

Elisa                            - (apparendo assonnata, sbadigliarne) Ma che cosa fate? È la maniera di stril­lare? M'ero appisolata appena appena...

Eveno                         - Niente... Una vespa che ha punto l'Anna

Elisa                            - L'ho sempre detto che questa casa è lo zoo degli insetti 1

Eveno                         - Dorme ancora Conca?

Elisa                            - (sprimacciando i cuscini, mettendoli a posto sulle sedie, ordinando i giornali, ecc. secondo la sua manìa) Non Io so. Vera­mente ha detto che dopo colazione voleva lavorare.

Eveno                         - (con ostentata indifferenza) L'Anna ha imparato la commedia a memoria. Gliela ha insegnata lui.

Elisa                            - Ho visto. Ogni tanto predicano lei e e Conca. La manìa del teatro, aria di casa.

Eveno                         - Ma dove, quando leggono?

Elisa                            - (senza importanza) Che so? Un po' dappertutto.

Eveno                         - Credevo che l'Anna non s'occupasse che dei suoi conigli e dei suoi lucherini...

Voce di Anna             - (dalle stanze) Conca, basta! Adesso basta, andiamo giù!

Conca                         - (apparendo di sotto l'arco, grida) Ma io sono già qui!

Anna                           - (sempre da dentro) Ah, bravo!... Al­lora scendo anch'io!

Eveno                         - (al Conca) Hai lavorato?

Conca                         - Credo d'avere russato... Mi sono ac­corto che per lavorare sul serio bisogna stare a casa propria, ben tappati tra le no­stre cose. I campi, e così il mare, i monti sono agenti di distrazione.

Eveno                         - E chi ti disturba qui? Mi pare che più casa tua di questa!

Conca                         - Non dico! (È ritornata Anna) Ma se io possedessi una campagna, non vi an­drei per lavorare.

Anna                           - Sicché non avete fatto niente, nean­che oggi?

Conca                         - No, piccola suocera. (Ad Eveno) Lo sai che non mi dà pace?... (Ride, accarez­zandole familiarmente una spalla).

Eveno                         - (seccato) Allora vuol dire che il tuo agente di distrazione è Anna.

Conca                         - (allegro) Semmai la suocerina, tra le infinite distrazioni... rappresenta l'assillo del dovere.

Elisa                            - A me pare che la piccina non abbia poi tutti i torti.

Anna                           - Certo, Elisa, credi: se questi due si­gnori non li svegliamo un pò noi...

Eveno                         - Io non ne ho bisogno. Io aspetto.

Conca                         - Aspetti?

Eveno                         - Fino a che t'accontenterai di leggere e discutere la commedia solo con lei...

Conca                         - Bella scusa! La commedia la conosci...

Eveno                         - Ebbene?

Conca                         - Voglio dire che chi aspetta sono io... Aspetto sempre che ti decida a dirmi se va o non va, se fai sul serio.

Eveno                         - Domandalo a lei se va o non va... Non è lei?...

Conca                         - Ch be'! Se si tratta di scherzare...

Elisa                            - (ad Eveno) Abbi pazienza: che c'en­tra lei?

Anna                           - Non so proprio...

Eveno                         - (nervoso, seccato, ingiusto) Infatti, lei non c'entra, e neanche tu. Se vi occu­paste delle cose vostre?

Elisa                            - Le cose nostre?! E quali sono per pia­cere?... Non è cosa mia occuparmi di te?

Anna                           - Non vuoi che io mi occupi?...

Eveno                         - Non voglio niente, cara, niente: oc­cupatene pure, studia, recita... Vuoi fare l'attrice? Ma benissimo!... Qui c'è l'autore che ti può lanciare... Ghita! GhitaL. c'è già la parte!... A me non fa né caldo né freddo!... Ti faccio solo notare che se mia figlia si fosse sognata un giorno di voler recitare...

Anna                           - E chi dice questo?... (Volgendosi) Elisa...

Elisa                            - Non capisco un cavolo. (Ad Antonio) Avrai mica preso sul serio le mie parole di poco fa? La manìa del teatro... l'aria di casa...

Conca                         - Forse capisco io.

Eveno                         - Ecco, è naturale.

Conca                         - Naturale, proprio, non direi. Se il capire fosse naturale, caro te... Comunque, capisco... guarda: tu non hai nessuna vo­glia di recitare, nessuna voglia di rifare Compagnia, né con Fannì, né con un'altra, e tanto meno hai voglia di commedie mie. Tu quest'autunno non ti muoverai di qui, neanche se ti scrivessi, che, so, l'Enrico IV...

Eveno                         - Scrivilo, VEnrico IVI...

Conca                         - (sogghignando) Ma neanche un Amleto ti porterebbe via di qui...

Eveno                         - (prendendosi Anna sottobraccio, con fare dolce e paterno e rivolto al Conca con malcelata irrisione) Scrivi, scrivi qualche cosa di buono... A me pare -perdonami sai -a me pare che tu sia un po' stanco... Distratto, forse... (Incamminandosi) Capi­ta, capita a tutti.

Elisa                            - Ma cosa gli piglia?...

Conca                         - Eveno, senti...

Eveno                         - (trascinandosi Anna, con premura af­fettuosa) Io vado fino a Gavardo a vedere se hanno finito di montare il torchio. Io faccio il vino, per adesso... Anna mi ac­compagna un pezzo... (Escono).

Elisa                            - (dopo un silenzio, durante il quale Ni­no, portando a mano una bicicletta, avrà attraversato il giardino uscendo dietro Eve­no) A quell'uomo gli ha preso di nuovo qualcosa... Stava cosi bene...

Conca                         - Possibile che non vi siate accorta?

Elisa                            - Accorta di che?

Conca                         - Che è innamorato cotto.

Elisa                            - (sbalordita) Della piccina?!

Conca                         - Non certo di me.

Elisa                            - Conca!

Conca                         - (allargando le braccia, imitando Eve­no) Capita, capita a tutti...

Elisa                            - Ma no, vi assicuro di no. Voi non sa­pete niente.

 Conca                        - (con ira muovendo una sedia) So ab­bastanza per affermare che non ha più la testa a posto.

Elisa                            - Per cortesia, lasciate le sedie dove sono... Se vi dico...

Conca                         - (agitatissimo) Vi ripeto che so, che so tutto: la povera Lia, la sua immagine rediviva, eccetera... Così dice lui, perche io, e scommetto neanche voi, io non ci credo... Questa qui infatti assomiglia all'altra come io assomiglio non so a chi, al Nino, ecco...

Elisa                            - Ascoltate, venite qui, che mi sembrate uno spaventapasseri: siete nervoso... vi dico una cosa: quello che pensate voi adesso, l'ho pensato anch'io, ma io l'ho pensato sùbito, quando me la sono trovata in casa... Non sono mica nata ieri. Ebbene...

Conca                         - Benedetta donna! Lui da principio era in buona fede. Dopo... il resto è ve­nuto dopo...

Elisa                            - E io non avrei visto?

Conca                         - Allora ammettiamo che certe com­plicazioni sentimentali io non le capisca. Ma c'è lei!

Elisa                            - Lei, cosa?

Conca                         - Lei, la piccina, come dite voi... Per­chè sta qui?

Elisa                            - Che? Non fa la signora forse? E vi par poco?...

Conca                         - L'avete osservata la vostra piccina?... È donna, e che donna! Sapete chi era, che cosa faceva prima di capitare da Eveno?

Elisa                            - (curiosa) Avreste fatto un'inchiesta?

Conca                         - Lo sapete che ha sempre avuto un debole, diciamo così, per le persone ma­ture? Che stava con un vecchio?

Elisa                            - Non so niente, caro voi. Proibizione assoluta a tutti, da parte di Antonio, di par­larne...

Conca                         - Si può sapere anche senza parlarne.

Elisa                            - La verità è che io ho sempre avuto paura, paura di sapere, paura soprattutto di dover giudicare. E ho paura anche ades­so... Mi capite, credo... Antonio è contento, ecco l'importante! L'apparizione della ragazza l'ha cambiato di colpo, da così a così: l'ha guarito! Che a guarirlo sia un angelo o un diavolo, per me fa lo stesso... Lasciamolo piantare alberi per adesso!... Avete visto quanti?... Dice che quelli durano, più della sua arte... È pieno di debo­lezze, è un bambino... credetemi che anche con Anna è in buona fede, come il primo giorno...

Conca                         - (scattando) Recita, cara Elisa! Re­cital... E lui stesso non se ne rende conto. Ma non è il primo che recitando la parte del padre s'innamora di colei che sostiene la parte della figlia... Senonchè in questo caso la faccenda è più complicata... (Rumore d'automobile sulla ghiaia a sinistra, suono d'avvisatore).

Elisa                            - Che c'è adesso?... Tutto sommato, io penso che voi non dovreste badargli. Finite questa benedetta commedia... (Alzando la voce e guardando a sinistra) Ma chi c'è? (Gridando e incamminandosi dalla parte del suono) Va bene! Abbiamo sentito!... Ah, Fannì!... Avanti, cara, avanti! Che sor­presa!... (Entra da sinistra Fannì. Le due donne si abbracciano).

Fannì                           - Oh, Conca, evviva!... Ma che fatica a trovare questa casa!... Fortuna che lì sotto, alla chiesa, ho visto Nino. Mi ha detto che Antonio è a... a... a,..?

Elisa                            - A Gavardo. È il paese. Ci sei passata.

Fannì                           - E la Compagnia? La fa la Compa­gnia? Io non ho più saputo niente...

Conca                         - E qui non se ne sa di più...

Elisa                            - (aggiustando i cuscini sulle sedie, gli fa cenno di non sbilanciarsi) È presto an­cora,

Fannì                           - Ai primi di ottobre è presto? Tutte le altre Compagnie sono fatte. Io non ho preso impegni appunto perchè aspettavo lui... Ma questo silenzio... Oggi mi sono detta: andiamo. Sono qui con una mac­china di piazza.

Conca                         - Da dove?

Fannì                           - Ma da Milano! Ho visto anche Ran-gone, arrabbiato di non sapere più niente neanche lui... I capitali ci sono, ma biso­gnerebbe che Antonio s'impegnasse...

Conca                         - (guardando a sinistra) Come, già di ritorno?

Anna                           - (che non si vede) Non ha voluto che l'accompagnassi di più! (Apparendo) Oh, la signorina Fannì!

Fannì                           - (fredda) Buon giorno, signorina.

Anna                           - Da Milano, in tassì?

Fannì                           - Per vedere Antonio, e lui non c'è.

Anna                           - (al Conca) Questa volta l'avete fatto proprio inquietare!

Elisa                            - Ti ha detto qualcosa?

Anna                           - Pare arrabbiato con me, non so. Mi ha rimandata indietro dicendomi che an­dava anche a vedere se sono arrivate le ci-pressine e che sarebbe tornato a cena.

Fannì                           - A cena? E io che faccio col tassa­metro che cammina? Mandiamo qualcuno a chiamarlo!

Elisa                            - Vuoi che andiamo a cercarlo noi? Due passi... Forse è meglio.

Fannì                           - Per me, andiamo pure. Purché lo veda. (Al Conca) Venite?

Conca                         - Hai sentito? Io sono la causa d'un piccolo temporale... Non servirei.

Elisa                            - Ha ragione. Andiamo noi sole... Ti faccio fare una bella scorciatoia.

Fannì                           - (incamminandosi con Elisa) Vada per la scorciatoia. Addio allora...

Conca                         - Arrivederci. (Silenzio. Conca cam­mina sopra pensiero).

Anna                           - (strappando una fronda da un rampi­cante) Che cosa vuole la signorina Fannì?

Conca                         - Cosa può volere? Vuole essere pri­ma donna.

Anna                           - O povera lei! È il momento giusto! Eveno ha un muso lungo così... (Dopo un silenzio, di scatto) Conca, sentite un po': m'è venuto un dubbio...

Conca                         - (impacciato) Un dubbio?

Anna                           - Sì... Non entrereste per caso un po­chino voi in questa faccenda?

Conca                         - Io?... Ma, secondo in che senso... Se volete dire che lui s'è ingelosito di me...

Anna                           - No, no... Ingelosito per quale ragione?

Conca                         - Per quale ragione! Un innamorato è sempre sospettoso...

 Anna                          - Innamorato?... Perchè dite questo?... Voi lo sapete che Eveno non è innamo­rato...

Conca                         - Ma, Anna, via!... Siamo tutti e due abbastanza intelligenti, sì, dico, abbastanza navigati... Avete ventanni, beata voi, ma li avete spesi tutti... Per Eveno vorreste es­sere una bambina... Per me, no, non lo siete, cara... E poi sarò sincero, sincerissi-mo: a me sembra che ora tutto questo bam-boleggiamento potrebbe finire, a meno che non si tratti d'un calcolo, d'un puro vostro calcolo...

Anna                           - E quale sarebbe secondo voi?

Conca                         - Che a tempo e luogo, quando vi parrà, l'angelo scenda dal quadro e diventi donna... con quel che segue. Metamorfosi che lui, adesso, desidera assai più dell'altra, sempre che non sia ancora successa.

Anna                           - (con straordinaria pacatezza) No, Conca, siatene certo: non è "Successo nien­te... E non succederà, non può succedere...

Conca                         - (perdendo ogni controllo) E quindi basta, benedetto Iddio! È uno scherzo ri­dicolo... (Afferrandola alle spalle) Anna! Ma Anna!... Vi siete «-ertamente accorta che io...

Anna                           - (ironica) Che voi?

Conca                         - Io... non vaneggio, Anna!... Non confondo i miei sentimenti, il mio desi­derio. Io so esattamente che cosa vorrei fare di noi.

Anna                           - Oh, una cosa non molto nuova, e che non mi attira affatto.

Conca                         - (dopo una pausa, sconcertato) Dite­mi almeno dove contate di arrivare con lui... Sua amante no...

Anna                           - (fa cenno di no col capo, rabbrivi­dendo) Mai...

Conca                         - Non sperate, come Fannì, di avere un posto in teatro.

Anna                           - No davvero.

Conca                         - Non lo amate.

Anna                           - Gli voglio bene.

Conca                         - E per questo vi sareste votata a lui vita naturai durante? E sempre nella parte di comparsa?

Anna                           - (fa ancora cenno di no col capo).

Conca                         - (con intensità aggressiva) E allora?... Siete viva, giovane!... Sangue ne avete... E in quanto a scrupoli, mi sembra...

Anna                           - Scrupoli nessuno, Conca. Ed è inu­tile, proprio inutile, che cerchiate di stuz­zicarmi, di scuotermi, perchè io non posso più offendermi. Potreste dirmi tutto quello che volete, farmi le proposte che più vi piacciono, insultarmi, ma io, guardate (strappando le foglie alla fronda che ha in mano), come queste foglie, che lasciano fare...

Conca                         - Ma perchè?... Non capisco... (Pren­dendola per le mani) Anna, venite qui... Siete bella... Siete libera...

Anna                           - (svincolandosi dolcemente) No, Con­ca... Ascoltatemi bene... Ora viene fuori quel dubbio di cui parlavo poco fa... Io so che vi siete informato sul mio conto...

Conca                         - (contrariato) Niente di straordinario. E poi non è neanche esatto. Ho saputo per caso.

Anna                           - Dunque, avete saputo. Vi ripeto che

 non me n'importa. Però se ne aveste par­lato a Eveno...

Conca                         - Neanche una parola.

Anna                           - Grazie. Vuol dire che i suoi nervi provengono da altro... (Assorta) Mah... (Ri­prendendosi) Ad ogni modo, qualcuno, o presto o tardi, gliene parlerà, appunto per­chè lui non vuole... C'è sempre qualcuno... L'avete trovato voi, perchè non dovrebbe trovarlo anche lui? Vi hanno detto con chi stavo, prima?

Conca                         - Sì, ma non importa...

Anna                           - Era un vecchio: gli fui data, dirò così, in eredità. Un antiquario, lo sapete questo? Un antiquario che aveva sempre dato da mangiare a mio padre, che era in­vece un povero pittore. Mia madre non l'ho conosciuta, mio padre morì d'un col­po... Avevo sedici anni, e rimasi all'anti­quario insieme ai quadri, ai colori, a un gatto e al resto... Poco dopo scappavo! La vita che ho fatto! Un po' di tutto! Io so che cos'è la fame. Non crediate di saperlo voi, e neanche di poterlo immaginare... Guai la fame!... Quella sera... Quella sera che capitai da lui, da Eveno, che cosa avessi in me non so... Un capriccio, una pazzia, né più né meno di tante altre. V'ero abi­tuata... L'avevo visto in un modo, e più che visto sentito... Non ridete...

Conca                         - Anna, vi pare...

Anna                           - Ma i nostri sentimenti di quella not­te, per quanto confusi, ci avrebbero con­dotti senza dubbio alla soluzione naturale, che io volevo, che lui desiderava, se d'un tratto non mi fossi accorta...

Conca                         - E questo lo so.

Anna                           - Lo sapete, ma non lo potete capire!... Non potete!... Quel ritratto che pareva vi­vo... che pareva lo specchio di me... Da principio una specie di terrore, e poi una consolazione, una felicità... Come se a po­co a poco rinascessi... Era la mia prima emozione vera... La grazia! Si dice la gra­zia?.,. Quando mi ha aperto le stanze del­la sua figliola, mi sarei inginocchiata, forse l'ho fatto... E dopo, sola in quel lettino, in quel candore nuovo... quanto non ho pian­to, quanto!... Piangevo... e mi pareva d'es­sere in Paradiso...

Conca                         - (commosso) Anna...

Anna                           - (posandogli famigliarmente le mani sulle spalle) E voi mi chiedete che ci sto a fare? A fare la mia parte, rispondo, a volergli bene. Perchè glie ne voglio tanto: tutto quello che gli voleva Lia... Preciso!... Non importa se un giorno dovrò andar­mene, anche Lia se ne sarebbe andata un giorno... avrebbe trovato qualcuno...

Conca                         - (abbracciandola intorno alla vita) Anna, state attenta, state attenta perchè quello che dite è grave. Ciò significa che siete disposta ad amare. E un uomo che vi ama può benissimo non preoccuparsi di lui. Mentre Eveno...

Anna                           - Lui lo sa, lo sa che io sono la sua figliola...

Eveno                         - (è apparso da sinistra e s'è fermato scorgendo i due allacciati. Non può udirne le parole. Anna gli volta la schiena, e Con­ca, avendo gli occhi fissi in quelli di Anna, non l'ha potuto vedere. Sarcastico) Comodi!

Anna                           - (con un balzo) Oh!... (Ride) No... Cosa pensi?

Eveno                         - Perchè ti allarmi? Ho detto co­modi...

Anna                           - Sì, appunto... Tu forse credi... Oh, che buffo!,.. Conca, diteglielo voi... Si par­lava anche di te...

Conca                         - (tra seccato e perplesso) Niente si fa­ceva, mi pare, niente che possa dispiacere... (sforzandosi di sorridere) al signor padre.

Eveno                         - Sei presuntuoso. Come autore po­tresti anche piacermi, come genero non è detto...

Conca                         - Auff! Oggi non c'è scampo... Anna  - Ma no, guarda, ti spiego: abbiamo avuto una discussione, e abbiamo fatto

pace...

Eveno                         - Non ho chiesto niente... Vi ho forse domandato spiegazioni? (Al Conca) Ma a te, dato che sei convinto del contrario, devo pur dirlo... che al « signor padre » di­spiace...

Conca                         - E io potrei risponderti che ne sono addolorato, addoloratissimo, che preferirei diversamente, senonchè in certe situazioni la volontà importante è un'altra.

Anna                           - Ma Conca, ma... Cosa dite?... Sem­bra che vi divertiate!...

Eveno                         - Certo che si diverte... È un po’ che si diverte... e anche tu... Però, caro Conca, forse non hai riflettuto che sei mio ospite... Se tu qui volessi divertirti con la came­riera...

Anna                           - Eveno!

Eveno                         - ...la volontà della cameriera è im­portante, d'accordo, ma qui, in casa mia, non lo permetterei.

Conca                         - (brusco) Ho capito, ho capito. Ti do­mando scusa. (Andandosene) Leveremo l'incomodo...

Anna                           - (quasi gridando) Ma Conca!... Con­ca!...

(Un lungo penoso silenzio. Anna guarda smarrita prima Conca, che se ne va, e poi Antonio, il quale rimarrà pensieroso ad occhi bassi).

Eveno                         - (alzando improvvisamente lo sguardo su Anna e fissandola) E allora?

Anna                           - Ti ripeto che è un equivoco. Soltanto non capisco perchè Conca...

Eveno                         - Che cosa avrebbe dovuto dire Con­ca? Conca ti difende.

Anna                           - Mi difende?

Eveno                         - Difende la sua conquista. Lui è lo­gico: è deciso a tenersela: se non qui, sotto i miei occhi, altrove... Hai sentito?... Perbacco, come dev'essere sicuro!...

Anna                           - E io ti giuro... ti giuro...

Eveno                         - E anche in questo - a parte il ga­lateo - è più a posto lui, che non si sforza di mentire...

Anna                           - Ma certo che mente! (Gridando) Mente!

Eveno                         - Parola d'onore che mi stupisci: hai una bella faccia tosta: ti sei buttata giù, giù alla cieca a negare, a negare, come se bastasse codesta cecità testarda a... a... a trasformare quello che ho visto... che ho vistol...

Anna                           - (con uno sforzo per mantenersi calma, cercando di esprimersi chiaramente', ada­gio) Abbi pazienza, ascoltami, un minuto solo, ma con calma... se no mi smarrisco...

Eveno                         - (buttandosi sopra una poltrona e pren­dendosi la testa fra le mani) Avanti.

Anna                           - Ammettiamo... ammettiamo che sia vero...

Eveno                         - Ammettiamolo, sì... concediamolo...

Anna                           - Rifletti: perchè dovrei negarlo? Dim­mi: perchè dovrei vergognarmene?

Eveno                         - Ma è quello appunto che io voglio sapere! Voglio sapere perchè neghi!... Sa­rebbe come se ti avessi còlta a rubare, con la roba in mano, e tu dicessi no, che io vedo male... Mi offende, mi... mi indigna codesta tua mancanza di sincerità, di con­fidenza, di affetto... sì, di affetto, perchè m'illudevo... dopo il bene che ti ho fatto...

Anna                           - (col pianto nella voce) Io lo conosco il bene che mi hai fatto, e nessuno lo sa quanto me; anch'io ho ragione di lamen­tarmi, di offendermi, se col bene... che ti voglio non riesco a farmi credere sincera quando ti dico che sei in errore...

Eveno                         - (balzando in piedi, ed afferrandola da innamorato) E allora... Se quello che dici è vero, perchè fai così con lui?... Come non t'accorgi...

Anna                           - (staccandosi) Perchè con lui non fac­cio niente... non ho mai fatto niente.

Eveno                         - Non lo ami? Non ti ama?

Anna                           - No no e no! Io non ci penso nem­meno. Lui... non so. Per lui si tratta ad ogni modo d'un sentimento naturale, nor­malissimo in un uomo capitato vicino ad una donna giovane... Tutto qui... E anche poco fa...

Eveno                         - Lo seguiresti se lui te lo propo­nesse?...

Anna                           - (sorridendo) Ma neanche per sogno! (Con l'intenzione evidente di distrarlo) ...Lo sai che è arrivata la signora Farmi?...

Eveno                         - Non cambiare discorso! Lo sai che di Fannì non m'importa niente... Fannì la mandiamo a cercare la sua borsetta, come quella notte... (Rovesciandole la faccia, per baciarla sulla bocca) Anna... sono geloso... geloso...

Anna                           - (con un guizzo, rabbrividendo, si svin­cola dall'abbraccio) Eveno!

Eveno                         - (dopo un silenzio, avvilito, umiliato) Non vuoi?

Anna                           - (terrorizzata) No... no...

Eveno                         - No! (Le si avvicina).

Anna                           - (scostandosi) Perdonami, ma...

Eveno                         - Ma che cosa?

Anna                           - (tremante) Non... non...

Eveno                         - (afferrandola brutalmente alle braccia e scuotendola fuori di se) Allora... allora è vero!... Parla! è vero allora!

Anna                           - (cadendogli in ginocchio ai piedi) No, no, ascolta... ascolta... Io credo... te lo giuro.

Eveno                         - (urla) Bugiarda!

Anna                           - Non farmi dire... Tanto non so, non so... Eccomi... se lo desideri... se lo coman­di, prendimi!... non dirò niente... non pian­gerò... ma sarà come se tu,., (scoppia a piangere convulsa),

Eveno                         - (ossessionato dalla gelosia e dal dub­bio, cupamente) Va da lui, seguilo...

Anna                           - (ribellandosi con strazio vivo) Ma per­chè, perchè non mi hai voluta allora? La prima volta?... Io allora non desideravo altro!... Non chiedevo che questo!... Eppure non fu possibile... lo sai... Qualcosa ci ha stregati, qualcosa o qualcuno... Ricordo, ricordo il tuo sguardo pieno di spavento pieno di ribrezzo quando mi hai allonta­nata con la mano... Il tuo no! no!... E adesso sono io che dico no!... Ora non si può più!... più!...

Eveno                         - (freddo, dopo una lunghissima pau­sa) Non ti credo.

Anna                           - No?... E allora ti svelerò un segreto, un segreto che custodivo gelosamente, con la trepidazione d'una fanciulla... Ma pur­troppo io non sono mai stata fanciulla, non mi lasciarono il tempo,.. Il dottor Farri...

Eveno                         - Farri?

Anna                           - Sì, il nostro dottore di Roma... Quan­do fui ammalata... Allora...

Eveno                         - Farri è il tuo amante?

Anna                           - (con un sorriso mesto) Se fosse il mio amante... Non so, ma suppongo che una figlia non possa dire certe cose... Ci vo­gliamo bene...

Eveno                         - Farri!... E io...

Anna                           - Tu dirai, come poco fa, che non ho avuto confidenza in te... Non è vero: io credevo di potertelo confessare un giorno, me l'ero promesso, proprio come una figlio­la lo confessa al suo papà, e immaginavo che quello dovesse essere un bel giorno per me...

Eveno                         - (pacato tutt'a un tratto, triste, dopo una lunga pausa) Hai fatto male... male, male,., a non parlare prima... Se me l'avessi detto subito, quando vi siete voluti bene... chissà... Ma adesso... adesso... (Mutando tono) Come, come non ti sei accorta, dopo, che ero un altro... mutato?

Anna                           - No,., oppure sì, qualche volta mi prendeva il dubbio... Ma era un attimo... Mi pareva che tu stesso te ne ritraessi quasi vergognoso...

Eveno                         - (straziato) E mi hai umiliato di più... Ora perdo te e perdo Lia... perchè tu mi lascerai e Lia la dimenticherò... (con inten­sità) per ricordare te...

Anna                           - Ma io non conto, Eveno!... Anna non esiste più!... Una notte sono entrata nella tua casa... Tu mi hai raccolta e protetta senza chiedermi niente... Mi hai comperato due ali,.. Mi sono abituata a quelle ali... E allora... perchè non posso dirti: spero, spero che un giorno mi sposerò e tu che sei il mio papà mi condurrai all'altare?

Voce di Fannì             - (da sinistra) Eveno! Maestro!

Eveno                         - (con una smorfia dolorosa, quasi di raccapriccio, accarezzando i capelli di An­na e dominando a stento l'impeto suo ve­ro) Certo... certo che ti condurrò...

Fannì                           - (apparendo, seguita da Elisa) Amico mio, abbiamo girato tutto il paese...

Elisa                            - Ma come hai fatto, che non ti ab­biamo incontrato? (Ad Anna) Non gliel'hai detto, tu?

Anna                           - Sì...

Eveno                         - Me l'ha detto... (quasi continuando i pensieri di prima) certo... (A FannÌ do­minandosi) Come stai?

Fannì                           - Bene! Benissimo, e ho piacere di ve­derti... Tu non sembri entusiasta invece...

Eveno                         - Al contrario...

Elisa                            - (sospettosa) Ma... a guardarti… (Osservando lui e Anna) A guardarvi non si direbbe... Ancora bronci? Qualcosa che non va?... E Conca?...

Anna                           - Non so...

Eveno                         - Sarà di sopra...

Elisa                            - (inquieta, a Fannì) Ehm!... Scusami, Fannì, un momento... (Uscendo da destra) Torno sùbito.

Eveno                         - (a Fannì) E questa Compagnia?

Fannì                           - Lo domandi a me?... Io sono qui appunto...

Eveno                         - Sicché vuoi essere prima donna, col nome in ditta?...

Fannì                           - Magari il nome, caro, ma non spero tanto.

Eveno                         - (soprapensiero) Certo... (dopo un si­lenzio, scuotendosi) Certo, il nome è un po’ troppo

Fannì                           - A me basterebbe di essere sicura...

Eveno                         - (distratto) Hai ragione... Tu vuoi la certezza...

Elisa                            - (da dentro) No, no!... Che siamo, matti? (Ricomparendo) Antonio, che cos'è questa storia? Il Conca parte?

Eveno                         - (guardando Anna, con un sorriso) Senti?... Parte, poveretto...

Elisa                            - (smaniando) Ha le valige pronte... Ma che c'è? Che è successo? Conca (da destra) Niente, signorina Elisa, vi ripeto che non è successo niente... Qui non riesco a lavorare, avete visto anche voi... Ora c'è l'occasione di Fannì... Approfitto della sua macchina...

Eveno                         - (a Fannì) Perchè tu riparti subito?

Fannì                           - Caro, quando mi hai detto che sta bene io non ho più niente da fare... E poi là fuori c'è un tassametro che... (fa con la mano il movimento della ruota).

Conca                         - Se è per questo. Fannì...

Eveno                         - E io direi invece di rimandarlo vuo­to... (A Fannì) Abbiamo bisogno di par­lare, di discutere... Dobbiamo metterci a'ac-cordo su molte cose... Faremo venire Ran-gone... E anche tu, Conca, se vogliamo stu­diare... Procureremo di non distrarci... Ora faccio sul serio... Studieremo, non dubi­tare... Quest'inverno reciterò la tua comme­dia... Non è questo che volevi?

Conca                         - Veramente, sai...

Fannì                           - Per conto mio... m'inviti a nozze...

Eveno                         - (a Fannì, ma guardando Anna) Eb­bene, t'invito!... mandalo via, su...

Elisa                            - (che non ha capito niente e non ne può pia dalla voglia di sapere, fa cenno ad Anna di seguirla) Anna, senti, una pa­rola per piacere... (Escono parlottando da destra) Una parola...

Fannì                           - Allora lo pago? (S'incammina, cer­cando nella borsetta) Chissà che zuppa!...

Eveno                         - Ti rimborserò, stai buona...È colpa mia, del mio silenzio... Riconosco... (Eveno e Conca rimangono soli).

Conca                         - (impacciato) Dirò come Elisa: che è successo?

Eveno                         - Spiegarti in due parole è difficile, Fannì tornerà subito... Ma avremo tempo di parlarne... Quanto tempo avremo!... Piuttosto: ti piace Anna?

Conca                         - Ancora?... Basta, se ti dico che sono disposto a partire!

Eveno                         - (sarcastico) L'ami?

Conca                         - Ma perchè vuoi saperlo? Tanto...

Eveno                         - Così... vorrei saperlo per avere un compagno...

Conca                         - Un compagno?

Eveno                         - Sì... Perchè anch'io...

Conca                         - (esasperato) Lo so... Io so... non ho bisogno cne tu me lo dica!... E per questo ti ripeto...

Eveno                         - (prendendolo sottobraccio) Non in­quietarti... Non gridare, povero Conca... (Con strazio sorridente) Io non grido... Non grido più... Ascolta: sai che faremo noi due?... Non lo indovini di certo... Sa­remo i suoi testimoni al matrimonio...

Conca                         - (sbalordito) Al matrimonio!?...

Eveno                         - (ridendo amaro) Al matrimonio! Al matrimonio!... Non ti piace?... E le com­preremo un regalo in società, un regalone, io e te!...

CALA LA TELA

ATTO TERZO

 A sipario chiuso avanzeranno, dai due lati del proscenio, il Direttore di scena e il Se­gretario della Compagnia di Antonio Eveno. Siamo in un teatro di Milano, la sera della prima rappresentazione della nuova commedia di Conca, della quale si parlò al secondo atto.

Direttore di scena       - (comparendo a sinistra) Siamo pronti? Posso dare il segnale per il sipario?

Segretario                   - (da destra, affannato) Ancora un momento... Eveno ha detto di attendere...

Direttore di scena       - Ma che accade? Il pub­blico s'impazienta in sala... È pericoloso irritarlo, proprio una sera di prima...

Segretario                   - Dovevi vedere il Conca poco fa!

Direttore di scena       - Oh quello, quando va in scena una sua novità, è il primo a per­dere la testa! (Si ode uno squillo di campanello).

Segretario                   - Oh, ecco il segnale del signor Eveno! È pronto! In fretta. Fai spegnere la sala!

Direttore di scena       - (scomparendo a sinistra seguito dal Segretario, gridando) Ribal­ta! Sipario!

Il sipario si apre. Per dare al pubblico la sensazione immediata che si tratta di un palcoscenico nel palcoscenico, il regista si regolerà come meglio crede. Pensiamo tut­tavia che sia indispensabile un secondo ve­lario dietro a quello grande. La scena rappresenta la piccola ma elegantissima veranda di una villa in riva al ma­re. Le vetrate socchiuse danno sul cielo libero e buio. I personaggi del Conca sono: Federico (Eveno), La signora Lippi (Fannì), Ghìta, figlia della signora Lippi e fidanzata di Federico, Un domestico di casa Lippi. Eveno sarà perciò truccato da giovinotto elegante sui trent'anni con capelli biondi ondulati e giacca bianca da sera. Fannì è invece una bella signora di cin­quanta e più anni, che si devono vedere tutti. Ghita: signorina sui vent'anni, fresca, leggiadrissima. Indosserà un abito bianco, ariegpiante quello di Anna al primo atto, e porterà, come per gioco, sui capelli scuri una ghirlandetta. II domestico avrà il portamento e l'abito di un irreprensibile servitore di casa ricca e sontuosa. Si alzerà prima il velario grande, rima­nendo il secondo per un momento chiuso. S'udrà quindi un coro lontano di voci fem­minili accompagnate da una lievissima mu­sica d'archi, e sul canto s'aprirà lentamente il secondo velario. Sono in scena Eveno (Federico) e il Domestico.

Eveno                         - (seguitando una conversazione iniziata da tempo) ...e allora dicevate?

Domestico                  - Dicevo, signore, che è un fidan­zamento snìendido, al quale partecipa non soltanto tutta casa Lìddì, ma l'intero paese e la colonia dei villeggianti al completo... Persino il mare... Sentite questo canto?...

Eveno                         - Sono le amiche della signorina e le sue conoscenti di stagione: l'ho immagi­nato.

 Domestico                 - Una gran barca piena di fan­ciulle, là vicino alla spiaggia...

Eveno                         - Ma io dovrò aspettare molto?

Domestico                  - Mi ha detto la signora... (con un inchino) la vostra signora madre...

Eveno                         - La mia futura suocera...

Domestico                  - (altro inchino) Lei... mi ha detto di pregarvi di aver pazienza, che non si farà aspettare molto... Non l'avete ancora vista la signorina?... La fidanzata?...

Eveno                         - No, pare che sia proibito: mistero... sorpresa... L'ultima volta che la vidi aveva tredici anni.

Domestico                  - Sicché il momento dell'incontro dovrebbe riuscire emozionante... Un'appa­rizione..

Eveno                         - Speriamo... (Evidentemente impac­ciato di doversi informare da un domesti­co) Allora, bambina, era molto bella...

Domestico                  - Oh, non dubitate! Anche ades­so... (il canto si sarà allontanato, spento).

Eveno                         - Non cantano più?

Domestico                  - Forse... (S'odono voci fresche di ragazze di là) Forse, signore, è l'ora vo­stra...

Voce di Fannì             - Federicooo!

Domestico                  - (inchinandosi) Col vostro per­messo.

Fannì                           - (entrando) Federico!

Eveno                         - (facendo l'atto di baciarle la mano) Signora...

Fannì                           - (espansiva) No!... (Abbracciandolo) Qua, sul cuore... Che tesoro!... È molto che aspetti?

Eveno                         - Minuti... Sono arrivato un'ora fa; il domestico mi ha condotto subito nella mia camera in gran segreto... Mi sono cam­biato d'abito...

Fannì                           - Che hai pensato? Che sono matta?

Eveno                         - (galante) Per carità!... Lo so, non l'ho dimenticato che avete sempre avuto il gusto dei giochi, delle sorprese... E poi... il mistero è l'abito di gala dell'amore.

Fannì                           - Caro, sempre immaginoso... Ma hai riflettuto bene? Sei dunque proprio pro­prio deciso a sposarti?

Eveno                         - Decisissimo.

Fannì                           - E come te la figuri? Come te la fi­guri dopo tanto tempo?

Eveno                         - Non saprei: a me è rimasta in men­te la bambina che era, quando partii per Berlino. Non sono capace di figurarmela un'altra.

Fannì                           - Anche lei dice che non sa... imma­ginarti. Eri così brutto da ragazzo!... Come ti ha atteso!... È lì fuori, che trema come una foglia...

Eveno                         - (scherzando) Mio Dio! Guardatemi prima voi, studiatemi: credete che le farò paura ?

Fannì                           - (lo accarezza sorridendo) No... non sei un orco... (Chiama) Ghita! Vieni!

Ghita                           - (di là) Mamma! (Ghita appare, ve­stita nel modo che s'è detto, fra due amiche leggiadramente abbigliate come lei, ma in colore e senza fiori sul capo, le quali la con­ducono per mano festose).

Eveno                         - (improvvisamente trasognato, pieno di angoscioso stupore, riprendendo l'atteggia­mento già assunto al principio del secondo atto quando recitava da solo, le va incon­tro, le porge le mani) Ah... (Pausa).

Suggeritore                 - (con voce strozzata) Ghita!... Ghita!...

Eveno                         - (quasi impercettibile) Ghita...

Ghita                           - (infantilmente) Federico... (Si guar­dano tra abbagliati e timidi. Le amiche bat­tono le mani).

Fannì                           - (con le lacrime agli occhi) Su... un bacio...

Eveno                         - (abbracciando Ghita, che s'abbandona un po' confusa, la bacia sui capelli) L'ul­tima volta che ti diedi un bacio mi rispon­desti con uno schiaffo.

Ghita                           - Mi avevi tirato le trecce...

Fannì                           - (ridendo) Ragazze, correte alle ta­vole, informatevi se tutto è in ordine... La­sciamoli un momento soli... (Ai due) Non picchiatevi però!... (A Eveno, andandosene dietro alle ragazze) Non tirarle i capelli!... Ho fatto preparare in giardino, vedrai... Quando riprenderà il canto laggiù, vuol dire che dovrete scendere a cena.

Eveno                         - D'accordo. (Fissando con intenzione

Ghita) A meno che Ghita... non mi ripudi prima.

Ghita                           - (che ha ripreso coraggio) E se fos­se?... (Volgendosi poi alla madre, con espressione radiosa) Sì, mamma, verremo.

Fannì                           - (da sull'uscio) Addio, figlioli. (Si­lenzio lungo).

Ghita                           - E adesso? (Silenzio).

Suggeritore                 - Come sei cresciuta!... Come...

Eveno                         - (vaneggiante, con gli stessi gesti e le stesse intonazioni del primo atto con An­na) Fatti vedere qua... sotto la luce...

Suggeritore                 - (incalzando Pronto) Come sci cresciuta! Come sei bella!...

Eveno                         - (smarrito tra il suggeritore e i propri vaneggiamenti) Come sei cresciuta!... il viso... gli occhi... Hai i capelli un po' più scuri... E le mani...

Ghita                           - (guarderà atterrita ora Eveno ora il Suggeritore).

Suggeritore                 - (fortissimo) Come sei bella! E dopo tanto tempo... Come…

Voci nel pubblico       - Suggeritore!... Sst!... Si­lenzio!...

Eveno                         - (riprendendosi) Sì... Come sei bella! E dopo tanti anni ti ritrovo, mia...

Ghita                           - Ricordi? Non ricordi che per tutti i nostri amici siamo sempre stati « i fidan­zati»? Fin da quando io andavo all'asilo e tu eri già alla scuola dei grandi?

Eveno                         - E ci siamo voluti bene sempre... Che strano!... Si sarebbe detto un gioco, pareva che recitassimo. Perchè non ci siamo più visti?

Ghita                           - Sei partito, sei stato sempre all'este­ro... Quei tuoi studi...

Eveno                         - Mi sembra che anche tu giocassi al­lora... Non credevi che fosse vero...

Ghita                           - Io sì, io lo sapevo...

Eveno                         - Lo sapevi!... Ricordo infatti... (S'in­terrompe smarrito).

Suggeritore                 - Un giorno che cadesti!... Un giorno che cadesti!...

Eveno                         - Ricordo... Quel giorno in campagna...

Suggeritore                 - (sbraitando) ...che cadesti in giardino!

Voci nel pubblico       - Silenzio!... Insomma!... Suggeritore!...

Eveno                         - ...quel giorno che ti punse una ve­spa... (Le tocca il seno con un dito).

(Ghita lo fissa con gli occhi sbarrati, gli sug­gerisce qualcosa sottovoce. Le braccia del suggeritore si agitano fuori della buca).

Eveno                         - Come fosse ora... Io ti ho detto: « ...questa vespa, che s'intende di rose... » (Tace, si passa una mano sugli occhi, fa un cenno stizzito al suggeritore, come a dire zitto, basta, ho trovato) E quella volta che cadesti in giardino, che ti portai sulle braccia...

Ghita                           - (la quale reciterà con evidente ango­scia) Eravamo qui... mi portasti proprio in questa stanza...

Eveno                         - E ho finto di sdrucciolare, per te­nerti più avvinta...

Ghita                           - (sorridendo) Lo so, me ne accorsi.

Eveno                         - (con lo sguardo fisso lontano) È ve­ro... Ti sei coperta il seno come una mo­nachina... « Brucia », hai detto... e sci an­data via...

Suggeritore                 - (disperato) Allora ho pensato che un giorno... Allora ho pensato... Allora...

Eveno                         - (non ascolta, non sente più. Presa da un totale vaneggiamento, si esalterà via via dinanzi al muto sgomento di Ghita e agli inutili reiterati appelli del suggeritore. Con slancio appassionato) Sì, che ti ho voluto bene! Che te ne voglio!... Ho reci­tato, hai ragione... Ho recitato la parte del padre... Ho costretto anche te a diventare un'altra... ma non l'ho potuto distruggere l'amore (battendosi il petto) che nasceva qua dentro, che ingigantiva!...

Voce imperiosa da dietro le quinte     - Sipa­rio! Giù il sipario!

Eveno                         - No! no! lasciate stare!... Ora bisogna che dica, che finisca!... Con Lia, solo con Lia non avevo recitato mai!... Era il mio rifugio, l'anima in cui mi ritrovavo per durare, capisci? Per sopravvivere!... (il si­pario accenna a chiudersi, rimarrà anzi un po' abbassato, e lui grida) No!... E poi un giorno Lia è sparita... E dopo sei venuta tu... E io ho creduto per un certo tempo che il miracolo fosse possibile... Invece niente: è nata una mostruosità... Non posso più nemmeno fingere, finito!... (Con dispe­razione) Sono un povero vecchio, che ti ama... che ti amai... (Scuotendo Ghita da forsennato) E che tu non puoi, che tu non puoi sposare!... (Strappandole la ghirlanda dal capo) Butta pur via i fiori!...

Voce irosa dietro le quinte      - Giù il sipario, vi dico! Siparioool

Ghita                           - (sconvolta e atterrita fugge di scena, mentre il secondo sipario è chiuso di furia).

Eveno                         - (inseguendo Ghita continua a gridare, e la voce s'udrà anche a sipario abbassato) Buttali via i fiori!... Buttali via!... (il pubblico strepita commenta ride rumorosamente, ma dopo un poco, di tra i due lembi del secondo sipario, si presenta alla ribalta Conca. È pallido, profondamente turbato, e parla a scatti, cercando le parole a fatica).

Conca                         - (con cenni di muta implorazione in­vita il pubblico a calmarsi) Vi prego di avere pazienza. Quale autore di questa commedia, ho il dovere di chiedervi scusa, per me e per Antonio Eveno. Che cosa è accaduto al nostro attore? Non saprei ancora dirvi... Crisi di nervi, uno smarrimento, un male più grave? Non so... (Dopo una pausa). Che compassionevole cosa un attore! Basta un soffio, un accidente da nulla, un cedi­mento subitaneo della volontà e tutto cade... (Pausa). Povero Eveno! Qualcosa forse s'è rotto ine­sorabilmente nei legami misteriosi che in­tercorrevano tra la sua vita e la sua arte, tra l'uomo e l'artista... Legami intimi, così sotterranei, così profondi, che senza accor­gersene egli poteva vivere la finzione con la stessa naturalezza della verità. Legami che sono però diventati quanto mai peri­colosi il giorno in cui una strana avventura lo trascinò a recitare -nella vita -una parte da palcoscenico, quella di padre, per esempio... assurda nella vita perchè o pre­sto o tardi l'Eveno commediante doveva trovarsi fatalmente a contrasto con l'Eveno uomo: uomo vivo, l'uomo senso... inna­morato. Vi sono momenti nell'esistenza dell'attore in cui egli medesimo non sa più... non sa più dove sia l'invenzione e dove la verità... se quella creatura l'ha incontrata sul pal­coscenico o per la strada... se una parola, una preghiera, un giuramento li ha prof­feriti (additando le tavole del palcoscenico) qua, oppure là fuori... Nella crisi di poc'anzi, quali possono esse­re stati i richiami che hanno provocato questa resa, per cui egli ha confuso un mio personaggio con se stesso? Ma! Chissà! (Dopo una pausa, cercando). Ghita che va sposa, Ghita fanciulla in un giardino, un vago riaffiorare del fantasma della donna amata e perduta... ed ecco di un colpo l'uomo prendere il sopravvento e scacciare il commediante... (Dopo una pausa) Dio non voglia... ma forse assistiamo alla fine di un attore, proprio perchè in lui è nato l'uomo: temo che egli non potrà più vivere la vita dei suoi per­sonaggi. Eveno artista è ormai tutto preso e vinto dalla sua sofferenza oiù vera. Usci­re di sé, dimenticarsi nelle creature diverse dell'arte, non gli sarà più possibile. L'at­tore l'abbiamo perduto, dell'opera sua non rimane più niente. Niente a noi... niente a lui... Ha scritto sull'acqua! Per questo vorrei pregarvi di essere buoni, pietosi con lui! Se permettete ora rientro a vedere... a informarmi. Saprete subito qual­che cosa. Con permesso. (Si ritira e scompare, mentre il secondo si­pario si apre adagio sulla stessa scena vista di dietro, col resto del palcoscenico oscuro, triste, disseminato di bauli, di casse, di sce­ne a pezzi, di suppellettili d'ogni genere. C'è persino una tavola apparecchiata. In fondo si vedrà il rovescio della piccola ve­randa dove poco prima si recitava. Eveno, seduto alla tavola, col capo appoggiato sulle braccia come se dormisse, è circondato da tutti i suoi attori. Accanto a lui sono Elisa, Fannì, Nino. Pia discosti, un pompiere e un paio di suonatori, quelli che dietro le quinte accompagnavano il coro in onore di Ghita. Il gruppo, che s'è così formato, na­sconde Eveno, quando il velario si alza).

Fannì                           - Si riprende!

Nino                            - Sì, sì...

Un attore                    - (ad un altro) Ma com'è stato?... Che cosa ha detto?...

Un'attrice                    - (ad una compagna) Ha scam­biato... Non sentiva pio il suggeritore...

Un altro attore            - Forse la memoria... Un malessere...

Elisa                            - (curva su Eveno, si rialza e grida spi­ritata) Via, via tutti! Che cosa fate voi qui? Gli togliete il respiro!

Fannì                           - Ha ragione... Vi prego, tornate nei vostri camerini... vi chiameremo se si po­trà continuare...

(Il gruppo si scioglie lentamente, disperden­dosi per il palcoscenico. Accanto a Eveno rimangono Elisa, Fannì, Nino e Conca, che appena alzato il sipario sarà entrato correndo da un uscio della veranda).

Elisa                            - E questo medico che non arriva! Ma non c'è un medico in tutto il teatro?

Eveno                         - (che si sarà tolta la parrucca giova­nile, pulito il viso dal cerone, assumendo un aspetto disfatto, più vecchio del consue­to, alza il capo, con un gesto di affaticato diniego) No... Non occorre...

Elisa                            - Ma perchè, Antonio?

Eveno                         - Ho detto di no!... Guai a te!...

Conca                         - Ho parlato al pubblico... Ho cercato di spiegare... Ora però bisognerebbe deci­dere. (Ad Elisa) Che si fa? (Nessuno gli risponde. A Fannì) Allora mandiamo tutti a casa?

Elisa                            - (seccata) Ma sì! Ma sì!... Cosa volete che m'importi?...

Fannì                           - Ho pia avvisato l'Amministratore! Gli ho detto che faccia lui.

Conca                         - (passeggiando in fondo alla scena e mugolando agitatissimo) Me lo potevi dire che non ti sentivi bene!... Si poteva riman­dare... Un disastro!

Elisa                            - (meravigliata) Non ti sentivi bene? E non me l'hai detto?

Conca                         - (furibondo) Già! (Indicando Fannì) Chiedetelo a lei!...

Fannì                           - (incerta) Ieri, alla prova generale...

Conca                         - Macché ieri! Dal primo giorno, da quando ha rifatto compagnia! Non è stato più lui! (Ad Elisa) Non avete visto nean­che questo, voi?...

Elisa                            - (furente a sua volta, superstiziosa) Non dite sciocchezze, Conca!

Conca                         - Quei maledetti mesi lassù, in quella campagna del diavolo...

Eveno                         - (supplichevole) Vi prego di smette­re!... Vorrei solo sapere... il pubblico?...

Conca                         - (scoraggiato) Eh, cosa vuoi, ormai il pubblico...

Fannì                           - Vado a guardare dal sipario... (Si di­rige verso il fondo della scena, là dove è entrato Conca).

Elisa                            - Ma com'è stato, Antonio? Che cosa ti sei sentito? Che cosa hai visto?

Eveno                         - (tormentato) Non so... non so.... non riuscivo a ricordare... confondevo... (A Conca) Com'è, com'è la battuta, che do­vevo dire? (Cercando in se stesso, doloro­samente) Com'è? « Allora... allora... ».

Conca                         - (secco) Lasciamo stare! Non tormen­tarti….

Eveno                         - (riabbassa il capo; poi, scorgendo Eli­sa che trattiene a stento i singhiozzi, con un gesto affettuoso) Povera Elisa!... (Vol­gendosi al Conca) Ti domando scusa...

Conca                         - (commosso a sua volta, con un gesto di rinuncia) Ah!

Eveno                         - Mi rincresce... Avevi scritto per me... Ora, per causa mia...

Elisa                            - (accarezzandogli i capelli) Che causa? Se ti sei sentito male...

Eveno                         - (crollando il capo) Sì... diciamo pu­re... male certamente...

Fannì                           - (ritornando) In platea non c'è quasi più nessuno...

Eveno                         - (con profondo dolore) Più nessu­no!... Meglio così...

Fannì                           - Senti, ora dovresti salire nel tuo ca­merino e cambiarti... poi ti accompagne­remo...

Eveno                         - (con raccapriccio) No... Vorrei rima­nere qui ancora un po'...

Elisa                            - (agli altri) Lasciatemi un istante sola con lui. Lo farò salire poi... Fatemi la ca­rità... Vi chiamerò più tardi... (Fannì, Conca, Nino escono salutandolo).

Elisa                            - (materna) Ed ora Antonio, tu ed io, piano, piano, ce ne torniamo a casa... e ti sfogherai con me.., che capisco molte cose... E domani tutto questo...

Eveno                         - (guardandosi intorno desolato) Ascol­ta ciò che ti dico, vecchia mia: questa è l'ultima sera che Antonio Eveno sta ih pal­coscenico...

Elisa                            - (dandogli sulla voce) Ma non direi..

Eveno                         - S'è rotto qualcosa (accennando con la mano al cuore) qua dentro... (Battendosi la fronte col pugno) E qui... un pensiero fisso...

Elisa                            - Un po' di debolezza... Una piccola crisi... Sentiremo il medico, via...

Eveno                         - Il medico non vedrebbe niente... È un male che non ha nome... L'anima che non può più sdoppiarsi... E la memoria... È spaventoso: tutte le parole, da qualun­que parte vengano, qualunque sia il loro significato... tutte le parole e tutu gli aspet­ti della vita sono lì a ricordarti una cosa sola... (Pausa) Quanti anni sono che recito, Elisa?

Elisa                            - Trentasette anni...

Eveno                         - Un'esistenza intera, per congedarmi così! Hai sentito come rideva il pubbli­co?... Ha creduto che fossi impazzito e... ha riso!... E domani, dopodomani, dimenticato l'incidente di cronaca, per lui sarò morto... peggio: non sarò mai esistito... Torneremo lassù, vecchia, a piantare albe­ri... Chissà se si ricordano gli alberi di noi...

Elisa                            - Antonio, fallo per me: non pensare più...

Eveno                         - Vorrei!... Quando recitavo non pen­savo... È lo stesso che sognare... Ma Anna diceva: « E se poi il risveglio... » (Dopo un lungo silenzio, trepidando) C'era Anna in teatro?

Elisa                            - Via!... Lo sai bene che è in viaggio di nozze...

Eveno                         - Ancora!... È più di un mese...

Elisa                            - (impacciata) E poi, ormai, Antonio... come puoi illuderti?... Anna adesso avrà una casa sua... una famiglia... la sua vita... È naturale: non si può pretendere...

Eveno                         - Tutti abbiamo la nostra vita... ma di quella sola non si vive... (Dono una pau­sa) E... non ha scritto? Telegrafato?

Elisa                            - (incerta) Sì, ha telegrafato...

Eveno                         - (ansioso) Perchè non me l'hai detto?

Elisa                            - Hanno telegrafato... al Conca... Lo in­caricano di fare gli auguri anche a te... Lei e suo marito...

Eveno                         - Ah!... (Dopo un silenzio} Tu dici che questo è naturale, che non si può pre­tendere...

Elisa                            - Dio... dico che era da aspettarcelo...

Eveno                         - (cupamente) È naturale che Lia sia morta... che Anna pensi alla sua nuova esi­stenza... che il pubblico dimentichi... che io finisca così... Tutto è naturale... Un gior­no i figli di Anna, andando a teatro, po­tranno sapere chi fu Luigi Conca... ma chi sia stato... Antonio Eveno... no. Non lo ri­corderà nemmeno lei... (Crescendo d'inten­sità) Tutto è naturale! Com'è naturale che ora io chiami i miei attori qui, uno per uno, e mi congedi... (Chiamando, esaltan­dosi via via sempre di più) Barra! Albani!... Certo, li voglio salutare uno per uno... (Chiama) Fannì!

Elisa                            - No... no, Eveno, calmati, non preci­pitare...

Eveno                         - (gridando) Uno per uno!... Bianchi!

Elisa                            - Eveno, ascoltami...

Una voce                    - (lontana, in alto, nell'ombra) Ve­niamo!... Vengono!...

Eveno                         - Tutti qui in palcoscenico!...

Elisa                            - (disperata) Ti supplico, non dire nien­te, per carità! Potrebbe nuocerti...

Eveno                         - (mutando improvvisamente, dolce) Potrebbe nuocermi?... (Con una carezza) Povera la mia Elisa! (Nel frattempo gli attori, con Nino e Conca, saranno apparsi, premurosi e in silenzio, da ogni parte del palcoscenico, chi completamente vestito, chi in procinto di esserlo, ma tutti già struc­cati, in modo da assumere nella penombra aspetti emaciati e tristi. La sola Ghita con­serverà l'abito e il trucco intatti della scena passata) Avanti, venite avanti... Eccoli qui, i miei compagni... Sì, vi ho chiamati io... L'ordine del giorno è sbrigativo... (Gli at­tori si guardano sorpresi e preoccupati ma nessuno osa chiedere spiegazioni).

Un'attrice                    - (rompendo l'indugio, dopo un attimo di silenzio) Non vi sentite ancora bene, maestro?

Eveno                         - Meglio, meglio, grazie... Ma vi ho chiamati perchè desidero salutarvi, uno ner uno... (Tra gli attori un mormorio som­messo) Non capite? Lascio il teatro... è sem­plice, anzi, è naturale... Ecco tutto! (S'av­vicina al gruppo, stringe una mano, acca­rezza un volto. Qualcuno si commuove) Su, su, non bisogna commuoversi... noi sap­piamo piangere bene soltanto fingendo in scena. Le lacrime vere guastano il cerone e ci sporcano la faccia... Addio, Albani... studia, lavora, hai delle qualità... Mio vec­chio Barra... da quanti anni sei con me?

Barra                           - (mormora) Nove...

Eveno                         - Ti ho trattato male qualche volta... perdonami... (Dinanzi a Fannì si ferma. La fissa un momento in silenzio. Mutando tono) Cara Fannì, congedo anche te... Sì...

Fannì                           - (singhiozzando mormora) Perchè?

Eveno                         - Bada che Righi ha bisogno d'un'attrice... Righi è un maestro... (Si volge ver­so colei che impersonava Ghita, ancora ve­stita, come abbiamo detto, dell'abito di sce­na, ma senza i fiori sul capo e coi capelli disciolti. Dopo un lungo silenzio, traso­gnato) E tu?... Sei la più giovane, l'ultima venuta... ed io non ricordo il tuo nome...

Ghita                           - (con un filo di voce) Marcella Valpreda.

Eveno                         - Dove l'hai messa la mascherina?... (Sorride mesto) Via, piccola, non fare co­desto viso spaventato! Hai la stessa espres­sione di poco fa, in scena... Hai paura che riprenda a vaneggiare... Ma non vaneg­giavo neanche allora, non credere. Eppure il suggeritore urlava, urlava sempre più for­te e c'intronava le orecchie... L'hai sentito quel grido?... quel grido?... (Urla) Giù il sipario! Giù il sipario!... (Sconsolato, dopo una pausa) Infatti, piccola, infatti... (Ritto, in mezzo alla scena, ad occhi chiusi per frenare il pianto, ordina con voce soffocata agli inservienti dietro le quinte) Giù... giù... giù il sipario! (E il sipario grande lentamente si chiude).

 

FINE