Se volessi…

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Commedia in tre atti

di Paul Geraldy e Robert Spitzer

Libreria Cesati – Milano

1947

PERSONAGGI:

FILIPPO

BERTHIER

PANON

RENATO

GERMANA

MARCELLA

LUISA

CATERINA

ATTO PRIMO

La stanza principale d'un villino in campagna; d'esta­te, di sera. Una scala di legno sale alle camere. Porta e larga vetrata aperta su di un giardino in fiore.

SCENA PRIMA

Filippo, Berthier, Germana

(I due uomini son seduti su due comode poltrone. Ger­mana è presso la vetrata. Piccola siesta, dopo un de­sinare succulento:  caffè, liquori, sigari, lettura...).

Germana    ... Ma è un delitto restarsene rinchiusi. Guardate che splendida serata!... Ebbene? Non mi rispondete?

Berthier     Avete ragione, Germana.

Filippo       Sicuro. Che stiamo a far qui? Avremo tempo di ri­tornarci quando piove. Perché qui ci piove bene, sai... Non hai mai visto piovere qui? Vedrai! Non c'è verso di riscaldarsi. Uscire non si può. Si gela... E poi, ci sono i temporali!

Berthier     Usciamo! Usciamo!

(Tutti e due fanno atto e ricadono sulle poltrone).

Germana    Su! Coraggio! Andiamo fino ai platani!

Berthier     Magnifica idea! È un cantuccio delizioso. A que­st'ora non c'è sito migliore...

Filippo       Ma sicuro! Qui si soffoca... Fa un fresco, laggiù... E c'è un profumo!... Whisky e un po' di ghiaccio non farebbero mica male, laggiù...

Germana    Allora, spicciatevi, io mi porto il cuscino... Via!

Berthier     (a Filippo) Si va?

Filippo       Si va.  (Come sopra).

Germana    Berthier, non vi sapevo tanto pigro. Lo siete an­che più di Filippo.

Filippo       Colpa tua. Sei tu che ci hai fatto restare. Noi usci­vamo.

Germana    Faccia tosta!

Berthier     Voi m'avete teso un bel tranello, Germana!

Germana    Perché?

Berthier     Perché ci date pranzi impossibili.

Germana    Non era buono il mio pranzetto, stasera?

Berthier     Era indecente di perfezione.

Filippo       Vero. Io ho scialato.

Berthier     M'invitate con la promessa di trattarmi con la mas­sima semplicità. I cavoli dell'orto, le uova delle vostre galline...

Germana    Ebbene?

Berthier     Ebbene, anche stasera si è mangiato come patriarchi!

Filippo       Ti meravigli? Da noi è sempre così.

Germana    Vi son piaciute le mie piccole anitre?

Berthier     Mai mangiato nulla di simile! Dove le trovate ani­tre così squisite, Germana?

Germana    A Parigi, in via dei Mathurins.

Berthier     Fate le vostre provviste a Parigi?

Germana    Ma sì. Sessanta chilometri. Son niente per l'au­tomobile!

Filippo       (che leggeva, rigettando il libro) Ah! Ma è proprio stupido questo libro di Renato!

Germana    Ti sta bene. Così imparerai ad occuparti degli amici...  Vi dovete annoiare terribilmente con noi, mio povero Berthier!

Filippo       Adesso, vedi, hai mancato di tatto. Certo Berthier, si annoia, ma non c'era bisogno  di farglielo notare. Sta a vedere che adesso ti annuncia la sua partenza. Quando te ne vai, di'?

Berthier     Non lo so.

Filippo       È imbarazzato. Non osa fissare una data. Ma quan­to è educato questo ragazzo! Ha tutte le delicatezze!

Berthier     Se credi ch'io rimanga per far piacere a te?

Filippo        E perché rimani,  allora?

Berthier     Ti sbagli. Se m'annoiassi, ti giuro che non resterei un'ora di più. Io non posso annoiarmi; buscherei una malattia. Mi ricordo che una volta che mi feci pren­dere dalla noia, mi toccò mettermi a letto con l'in­fluenza. Ti giuro.

Germana    Però, non mi farete credere che le nostre serate vi divertono.

Berthier     In verità, Germana, arrivando qui non mi sentivo troppo sicuro. Pensavo. Brava gente, veramente cara, amici simpaticissimi... Ma quel loro benedetto Berneville... via, francamente... la campagna, i campi, l'orizzonte... Brrr...

Germana    È naturale.

Berthier     Ad ogni estate, del resto, rammentatevi, ho tro­vato sempre un pretesto garbato per declinare il vostro invito. Avevo d'altronde sempre qualche affaruccio che mi attirava verso spiagge assurde. Finalmente que­st'anno mi son detto...

Germana    Finiranno per aversene a male.

Berthier     Andrò a passare da loro otto giorni, via!

Germana    (a Filippo) Te lo dicevo che bisognava lasciarlo tranquillo anche quest'anno! Che si sarebbe incomo­dato per farci piacere!

Berthier     Sì, sì. Tanto è vero che son qui già da quindici giorni.

Germana    Povero Berthier! Bisogna ripartire...

Berthier     Già, ma è che io, non me ne sento proprio nes­suna voglia.

Filippo        Benone. Era sincero.  Adesso comincia a mentire.

Berthier     Perché mentire? Per regola tua, io non so men­tire. Se dico una bugia, mi, tradisco subito.

Germana   Non avete voglia d'andarvene?

Berthier     No.

Germana    No?               

Filippo       E insiste! Vuoi proprio farlo andar via!

Berthier     Adoro questo paese:  Berneville!

Germana    (incredula) Evvia!

Berthier     Sì. Adoro la vostra vita... In fondo, questa è la vita!

Germana    Non sarò io, Berthier, a dirvi male della vita che conduciamo. Per me è la più bella! Ma ciò che forma l'incanto di questo cantuccio, non può accontentare un uomo come voi, andiamo!...

Berthier     Un uomo come me? Ma che diamine le hai detto di me a tua moglie?

Filippo       Io? Le ho detto che sei un tipo classico, un tipo come me.

Berthier     Cosa credete che io sia?

Germana    Tutto l'opposto di Filippo. Un uomo irrequieto, ricercato, conteso; che conosce tutta Parigi, che deve avere una quantità enorme d'avventure, in tutti i luo­ghi, in tutti i mondi dove la gente si diverte, nei mondi più imprevisti.

Berthier     Imprevisti?

Germana    Non vorrete farmi credere che non ce ne sia uno... in qualche parte, via?...

Berthier     Oh! Non ci provo nemmeno. C'è...

Germana    Per bene?... Veramente per bene?-..

Berthier     No, diciamo... per benino...

Germana    E l'avete lasciata sola?

Berthier     In campagna. Adora la campagna.

Germana    E non si annoia?

Berthier     Ohibò! L'ho sistemata in una campagna di suo gusto.

Germana    Foresta?  Montagna?

Berthier     Non le fanno paura.

Filippo       Basta che vi trovi le corse, un teatro, un baccarat, un gioielliere, brave modiste...

Berthier     È vero che, per parte mia, io mi sento più in campagna nel mio appartamento di Neuilly.

Germana    E voi non lo sentite il bisogno di corse, di teatro, di giuochi?

Filippo       Oh! Berthier non esige la loro soppressione. Ma è perfettamente capace di gustare la grazia d'una atmo­sfera intima, suggestiva, la compagnia d'amici intelli­genti è fini. Ci si trova benissimo qui questo buontem­pone! Non si agita come un sonaglio per persuadersi che si diverte. Se ne va a letto di buon ora solo, solo, con un libro; cosa che non gli accadeva mai!

Berthier     È verissimo. Leggo.

Filippo       Guarda gli alberi. Accarezza i cani. Insomma, fa la cura.

Berthier     Ha ragione. Mi sento beato in mezzo a voi. Sa­pevo già che voi formavate una coppia squisita, che avevate realizzata l'intimità la più rara. Ma ero lon­tano dall'immaginarmi che fosse perfetta a tal pun­to. Mai un'inquietudine, mai stanchezza, mai la più piccola civetteria; una calma sempre eguale, una specie d'eleganza profonda sotto l'aspetto d'una sempli­cità assoluta. La Felicit à, insomma! Con una F maiuscola. E fa veramente bène vedere la gente felice!

Germana    Questo mi fa piacere, Berthier. Da quando siete con noi ho avuto subito i miei dubbi che voi foste l'uomo leggero, superficiale che avevo creduto.

Berthier     Ah! Avete creduto?...

Germana    Diamine, con la vita che fate!

Berthier     Ma Filippo mi conosce da un pezzo. E lui sa...

Germana    Filippo mi ripeteva sempre: non ha la vita che si merita. Ma io pensavo: gli uomini han sempre la vita che si meritano.

Filippo       Questa è per te.

Berthier     Carina! Ma tra la vita che faccio e me, c'è nessun rapporto.

Germana    Incomincio a crederlo. Gli amici bisogna vederli in campagna per conoscerli. Adesso son certa che siete un uomo... un uomo da fare il paio con Filippo.

Filippo       Ringrazia, ringrazia...

Berthier     Non era poi difficile a indovinare. Filippo è il mio migliore amico. Se non ci somigliassimo...

Germana    Questo mi  diceva Filippo...

Berthier     E non gli credevate?

Germana    Sentite, Berthier. Un giorno eravamo tutti e due in un restaurant alla moda. Voi siete entrato in dolce compagnia..

Berthier     In dolce compagnia?

Germana    Molto graziosa, e molto nota, del resto.

Berthier     Dove? Quando?

Germana    Non so più. Poco importa. Vi siete seduto proprio vicinissimo a noi, senza vederci. Io vi guardavo e mi dicevo:  « Cosa strana che un uomo elegante, distinto, possa vivere con donne simili! ».

Berthier     Era brutta?

Germana    Adesso ha paura! V'ho detto che era bellissima! Ma io non posso credere che quel genere di donne non vi diminuisca. Penso a voi e penso a loro... Eb­bene,  no...  cosa volete... no...

Berthier     Avete una maniera di dirmi delle verità che mi toc­cano!...

Germana    In campagna è facile.

Berthier     La mia vita... capisco... la mia vita... Ma se cam­biarla non dipendesse che da me!...

Germana    Non è troppo tardi. Prendete moglie.

Berthier     Ionon domando di meglio.

Germana    Vi ammogliereste?

Berthier     Io? Domani. Trovatemi una donna come voi, Ger­mana, la sposo subito.

Germana    Davvero?

Berthier     Non mi credete?

Germana    Non so.

Berthier     Vi dico che io sono fanatico di questo paese: Berneville!  (Si sente in giardino un fischio familiare).

Filippo       Ah! ah! Ecco tuo cugino!

Germana    Fatemi il piacere, non ricominciate a burlarvi di Luisa Sul serio, vi spingete un po' troppo. E  un buon figliuolo...

Filippo       Tanto simpatico.

Germana    (con indulgenza) Ha vent’anni!

Filippo        (con un sospiro) Ah! sì! Ha vent'anni!

Germana    Non mi piacciono le. cattiverie... (Entra Renato,  giovanottino elegante,  amabile,  vivace, saputello, insopportabile).

SCENA SECONDA

Detti - Renato

Renato       (come un moscone) Siete qua? Ma è un delitto! Non ve ne state in giardino con una serata simile?... Se sentiste che aria dolce, fuori!... La luna non s'è ancora levata, ma non tarderà... Sapete che ci sono le poltrone che vi attendono... Sale un profumo a que­st'ora! Una delizia! Io ne vado pazzo! Già per me i profumi mi fanno pensare. A voi, no?... Signor Ber­thier, su, un po' di coraggio! E voi, Filippo?... Cari miei, io lo dico per voi; per me è indifferente. Ho finito il mio trasloco. Sapete che ho la camera blu? Mia cugina mi ha usato la cortesia di darmi la came­ra blu che era libera... Non so se siete come me, ma io trovo che non in tutte le camere si ha la medesima anima... Voi, no, cugina?

Germana    Sì, caro.

Renato       Dal mio letto, vedo un pioppo... È l'albero che preferisco. A voi non piacciono i pioppi, cugino? Non s'è più soli quando si guarda un pioppo. Anzitutto, quel tremore delle foglie, perché la foglia del piop­po, non so se l'avete osservato, non trema in una maniera triste... Il pioppo poi mi fa l'effetto d'un al­bero... femmineo, d'un albero tenero... Se voleste alzarvi un poco, vi condurrei in un sito straordina­rio!... Non volete? Bene, bene, andrò solo. Voi non sapete quello che perdete... Nessuno viene? Deciso? E vado solo... non mi curo più di voi... (via di corsa).

Berthier     È tremendo il maschietto!

Germana    No, veramente voi, non siete gentili. Gli aveste detta mezza parola! Arche voi forse eravate come lui alla sua età.

Filippo       Oh, no davvero! Io alla sua età ero timido. Non è vero,  di',  Berthier?

Berthier     Sì, anch'io.

Germana    Eri timido? Tu?!

Filippo       Fammi un piccolo cocktail, Germana.

Germana    Vieni prima a fare un giro.

Filippo       E ci tiene! Andiamo!

Berthier     (trattenendoli) No, seriamente, è sempre così la vostra vita?                             

Filippo       Sempre.

Berthier     Non vi bisticciate mai?

Germana    Filippo brontola di tanto in tanto. È il suo carat­tere. L'avete sentito, ieri?

Berthier      E voi lo chiamate bisticciarvi? Son tutti così i vostri grandi alterchi?

Germana    Naturalmente.

Berthier     Oh, che bellezza! E non vi seccate mai?

Germana    Mai.

Berthier     E sono dieci anni che vi siete sposati?

Filippo       Undici.

Berthier     Che bellezza!... E non, vi siete mai lasciati?

Germana    Mai, mai.

Berthier     E dopo undici anni, vi amate come i primi giorni?

Filippo       Oh, no! non come i primi giorni. Di più, molto di più.

Berthier     C'è un crescendo?

Filippo       Naturalmente.

Berthier     Oh, che bellezza!... E lo sapete almeno cosa mai di speciale possedete tutti e due?

Filippo       Credo di sì.

Berthier      Perché tu non penserai, credo, che vi siano al mondo molti matrimoni come il tuo?

Filippo       Senti caro, cambiamo argomento. Tu diventi imba­razzante.

Berthier     È un argomento che non deve esserti sgradito.

Filippo       Ma noi, ti giuro, non ne parliamo mai.

Berthier     Non vi dite mai...?

Filippo       Ma no!

Berthier     Siete adorabili!

Filippo       Guarda Germana: l'hai messa nell'imbarazzo.

Berthier      Vero, Germana? Siete?...  Oh! Che bellezza!... (Tromba d'auto) Che cos'è?

Filippo        Benone? Chi arriva adesso?

Germana    Chi vuoi che venga a quest'ora? Sarà Lorenzo che era uscito con la macchina.

Filippo        (guardando in giardino) Ma no, non è la nostra... Quelli non sono i miei fari! Chi può essere?

Berthier     Un vicino.

Filippo       Siamo tutti a letto!

Germana    (chiama verso il giardino) Renato!

Renato       (d. d.) Cugina?

Germana    Va’ un po' a vedere chi arriva, fammi la gentilez­za... (Renato esce) Oh! È una donna!

Berthier     Una donna? Me ne vado!

Filippo       Sarà qualcuno che si sbaglia...

Germana    Macché. Entra.

Berthier     Una donna, sola, in automobile, alle dieci di sera? Niente! Niente! Rimandala via!

Filippo       Zitto.

Renato      (tornando} Germana, è la signora Savignon. Vuol vedere voi sola. Deve dirvi qualche cosa.

Filippo       Marcella?

Germana    A quest'ora, che vuol dire? (a Renato) Dov'è? Valle incontro... La riceverò qui. (Agli uomini) Ragazzi, andate a sedervi in giardino, fatemi il favore, e la­sciatemi il salotto libero.

Berthier     Ci mettete alla porta?

Germana    Non ho  altra  stanza per riceverla, scusate...

Berthier     Si stava troppo tranquilli!...

Filippo       Su, non brontolare... Vieni... (lo trae; i due uo­mini escono).

SCENA TERZA

Marcella - Germana - Luisa -  poi Filippo - indi Renato

Germana    Marcella!... Tu! Che bella sorpresa!... Abbiamo sentito l'automobile... Chi poteva mai immaginare!...

Marcella   Iosono d'una indelicatezza, spaventosa... Arrivare ad un'ora simile! Ti domando mille volte perdono...

Germana    Scherzi! Ci fai un piacere immenso... Sbarazzati...

Marcella   Dimmi francamente, Germana. Puoi farmi restare per questa notte?

Germana    Come, se posso? Ma sei in casa tua qui, carina mia. (Ha suonato) Sarà un piacere per tutti... (a Luisa, appena entrata) Luisa, cambierete subito di camera il signor Re­nato e lo rimetterete dov'era. La signora Savignon passa qualche giorno con noi... Un momento! (a Mar­cella) Tu non hai pranzato?

Marcella   Sì, sì,ho pranzato.

Germana    Giuri?

Marcella   Giuro.

Germana    Non vuoi prendere nulla?

Marcella   No.

Germana    Davvero?

Marcella   No, t'assicuro. (a Luisa) Solamente... buona sera, Luisa.

Luisa          Buonasera, signora.

Marcella   Siate tanto gentile, Luisa, di farmi prendere la mia valigia nell'automobile...

Luisa          Subito,  signora...

Germana    Fate presto... (richiamandola) Ah! Accendete pri­ma!...

(Luisa dà luce al lampadario ed esce; Germana si ac­corge che Marcella è in lacrime)

Ma... che hai?... In quale stato?... Che ti succede? E non dicevi nien­te... Che c'è?...

Marcella   (scoppiando in singhiozzi) Se tu sapessi!... Sono disgraziata!... Sono disgraziata!...

Germana    Tu?... Oh! Tu mi spaventi cara!... Che cosa c'è?

Marcella   Se tu sapessi quello che mi succede!

Germana    Una disgrazia?

Marcella   Se ne è andato... È partito oggi per un lungo viaggio...                                                  

Germana    (sollevata) Oh!... Avevo temuto una disgrazia, per te!...

Marcella   Ma è una cosa terribile! Non capisci?... sola, adesso, solissima... M'ero  giurata di farmi coraggio, ma l'idea di rimanere in casa, così... Non ho potuto... non posso... È partito per l'Estremo Oriente, in missione, non so nemmeno dove... È orribile!

Germana   Ancora la  solita  storia!... (sospirando) Ah!   mio Dio!... Ora resterai qui... Si farà il possibile per con­solarti... Usciremo... ti distrarrai... Non sarà poi una grande disgrazia come te la figuri... Ricordati, te l'ho sempre detto, io:  non era l'uomo per te.

Marcella   (semplice) Ma non è l'uomo che tu credi!

Germana    Come? Non è il signor di Bréauté? È un altro?

Marcella   Ma sì! Se ti dico che è partito per l'Oriente! Che ci sarebbe andato a fare, Enrico, in Oriente?... È già finito da un pezzo tra me e Enrico... Questo è un ufficiale... sai bene gli ufficiali... Ha ricevuto all'im­provviso l'ordine di partire... È stata una cosa così brutale!...                        

Germana    È enorme quello che mi dici! Enorme!... Tu non lo consideri...

Marcella   Se tu sapessi che uomo era e ciò che ha potuto essere per me! E come è stato bello il nostro amore... Ascolta...

Germana    Ma non ascolto niente affatto! Credevo che tu fossi diventata ragionevole, una buona volta, che avessi fat­to tesoro dei miei consigli...

Marcella   Ma tu non sai...

Germana    Zitta! Zitta! No, cara, no! Vi son pure dei li­miti!...

Marcella   Ti dico che se sapessi come è avvenuto...

Germana    Non voglio saper nulla! T'avverto semplicemente che tu ti avvii per una brutta china...  Io non  sono di idee ristrette. Capisco le cose... Quando avesti quel­la prima avventura, ricordati, non ti dissi niente. Non eri stata felice con tuo marito, eri divorziata, eri li­bera... Ma pensa un poco  a quello che fai... Finirai col degradarti completamente. Cosa si penserà di te! Anche coloro che ti sono amici non potranno più pren­dere le tue difese... Io ti giuro che se continuerai di questo passo, finirò per distaccarmi completamente da te... Sarà un grande dolore per me, ma non ti vor­rò più vedere!... Del resto, è vita questa? Via!... Sempre scene, sempre lacrime!...

Marcella  (ricominciando a piangere)  Ma io sono felice!

Germana    Tu? Ma guardati!   

Marcella  (semplice)  Si vede molto?

Germana    Quello che ti dico, figliuola mia, lo dico per te. Lo sai il bene che ti voglio. Ci siamo conosciute da bambine. Io non ho amica migliore di te. Non voglio affliggerti, ma è mio dovere parlarti con tutta since­rità. Pensa alla riputazione che ti stai facendo. Pensa alla tua felicità, infine! Credi a me, ti dirò una cosa sciocca, vecchia come il mondo, ma per donne come noi, non c'è che il matrimonio.

Marcella   L'ho provato.

Germana    Riconosco che non sei stata fortunata. Dico, del resto, il matrimonio, così per dire... Non sono poi tanto borghese... Anche se tu trovassi la felicità fuori del matrimonio, non ne sarei scandalizzata. Se t'in­contrassi in un uomo che ti volesse veramente bene, in modo serio, duraturo... mi conosci abbastanza. Mal­grado la mia intransigenza per me stessa, potrei be­nissimo ammettere...

Marcella   No, no, tu non puoi capirmi. Sei troppo diffe­rente da me. Tu sei la donna che pensa a suo marito, e basta. Sei felice con tuo marito. È tutta un'altra cosa... Tu lo sai quanto t'ammiro! Non ho' mai mes­so nessuno più in alto di te. Ma io, cosa vuoi... Non è la stessa cosa. A me piace la società, il cambiamen­to, l'imprevisto... non ero fatta pel matrimonio...

Germana    Allora, ti piace la vita che fai?

Marcella   È la mia vita!... Tu non puoi comprendere. Non si resiste a una certa corrente... Non è poi colpa mia, se, quando mi presento in un salotto, mi vedo subito preferita, circondata, adulata... Cosa vuoi, Germana mia, vedersi guardata dagli uomini più brillanti, più eleganti, sentire che son felici d'avvicinarti, di ri­volgerti la parola, che han più spirito quando ti sono accanto, per una donnina semplice come sono io, son cose che... eccitano! Basta che uno di quegli uomini si senta emozionato, perda la testa e te lo dica... E le dichiarazioni, e i fremiti, e le vertigini... Se ti dico che non puoi capirmi!...

Germana    Ma, figliuola mia, codesto gusto, che tu definisci così bene, vuoi che ti dica come si chiama? Si chiama civetteria! Tu sei una civetta, semplicemente, una civettina coi fiocchi... E non è una bella cosa, ti prego credere...

Marcella   Non capisci. Non capisci... Le donne civette sono quelle che vogliono essere desiderate e fan di tutto per riuscirvi. E questo è orribile, d'accordo. Ma io non faccio nulla per questo!... Mi conosci, via!.... Senti, a te posso dir tutto... Io piaccio... Che vuoi! Non lo faccio mica apposta... C'è in me come... un fascino... non so come dire... Non è colpa... Io non ci penso, non cerco affatto... Eppure, tu non puoi immaginar­ti... (quasi vergognosa ed esitante) Ma è tremendo il successo che ho!

Germana    Ma... scusa... che cos'è ciò che tu chiami « piacere »?

Marcella   Ma quello che ti sto dicendo... Emanare, mio mal­grado, una seduzione... un incanto...

Germana    Già, dicevo bene... eccitare il desiderio degli uo­mini, semplicemente! Mio marito, che infine è uomo di mondo, ha orrore di questo genere di donne.

Marcella   Non si tratta di questo. Niente affatto. Cosa vai a pensare! Eccitare il desiderio... si capisce... se fosse così. Oh! C'entra anche un pochino di questo, non dico... quando una donna suscita interesse in un uomo, c'è sempre un tantino di questo... Ma io ti giuro che se dovessi piacere solo a quel modo, sarebbe cosa che non mi sedurrebbe né punto ne poco. Al contrario! Mi fanno la corte, crediti, con tutta finezza, con tutta ele­ganza, con delle paroline scelte, spiritose...  È  diffi­cile resistere in queste condizioni, sai...

Germana    Scuse magre, cara mia... Tu parli dei tuoi successi come  se  fossero  eccezionali, come  se i  complimenti degli uomini ti fossero esclusivamente riservati... Tut­te le donne ne ricevono.

Marcella   Ah, no! Non tutte!

Germana    Ma sì! Ma sì! Qualunque donna, un po' bellina...

Marcella   Ma no!

Germana    Evvia! Questione di contegno... Se io mi compor­tassi come te...

Marcella  (sorriso incredulo) Oh! Tu!...

Germana    Ebbene? Io?...

Marcella   Si sa... che tu...

Germana    E perché? Io sono una donna come le altre. So contenermi, ecco tutto. E tu, no. Che vuoi che ti dica. Sappiamo bene che cosa sono gli uomini. Se io non stessi in guardia, se mi lasciassi andare come te, rac­coglierei tutti i suffragi. E molti! (Pausa, piccole occhiatine imbarazzanti).

Marcella   (a fior di labbra) Sarà!...

Germana   (pausa) Tu credi, che, se io volessi, non potrei?

Marcella   Non so...

Germana    (indispettita) Come, non sai? Sono brutta?

Marcella   Ioti trovo bella.

Germana    Vuol dire che tu sola sei di questo parere?

Marcella   Tulo sai benissimo che sei bella.

Germana   Dunque, secondo te... non avrei la bellezza che piace?

Marcella   Non dico questo... Dico che non so.

Germana   (ridendo) Infine, Filippo, che se ne intende,  mi ha sempre detto che avevo dello « charme »...

Marcella   (vaga) Sì... Tuo marito...

Germana    (impallidendo) Allora... credi che gli altri uomi­ni...?

Marcella   Ma non lo so... E poi, che le ne importa? Piaci a tuo marito? Hai realizzato tutti i tuoi sogni. A ri­fletterci, anzi, mi par meglio che tu non piaccia trop­po agli altri. Nella tua posizione, non faresti che crear­ti imbarazzi... Per me è tutt'altro, capirai... Ah! Se tu sapessi, tra me e Andrea, come successe... Eravamo dai Blondel, una sera. Cera parecchia gente. Io me ne stavo seduta, sola, in un .angolo del salotto. Avevo un abito tutto ricamato di perle, un amore!... Lui entra, alto, molto chic... Non ti dico il suo nome di famiglia, ma pensa a un gran nome, grandissimo... Mi vede, a subito sento che lo interesso. Si avvicina, si fa presentare. Si siede accanto a me... Aveva un fare disinvolto, ma io sentivo benissimo che era tutt'altro che tranquillo quando lo guardavo... Io stessa, non so che avessi quella sera, ma mi sentivo bella!... Sentivo che i miei occhi brillavano!... No, tu non puoi sapere, Germana! (Notando l'aria pensierosa e con­centrata di Germana)  A che pensi?

Germana    A niente... Permetti un momento? Vorrei vedere se la tua camera è pronta.

Marcella   Non sei in collera con me?

Germana    Che idea!

Marcella   Non mi giudichi male? Sai, non ero molto tran­quilla, venendo... mi domandavo: che cosa penserà Germana?... Mi sentivo una pena!  Una pena!...

Germana    Sono io che ti chiedo mille scuse. Tu sei stanca, sei triste ed io ti annoio con la mia morale... M'a­spetti qua? Non ti secca che ti mandi mio marito?

Marcella   Che dici? Mi farà piacere...

Germana    (chiama) Filippo!

Marcella   Non hai nessuno in casa?

Germana    Sì, un nostro amico, carissimo, vedrai... E Re­nato. Lo conosci Renato? S'è fatto un giovinotto, adesso.

Marcella   L'ho visto arrivando. È lui che m'ha ricevuta.

Filippo        (entrando) Buona sera, Marcella.

Germana    Rimane con noi per qualche giorno.

Filippo       Ah! Questo sì che è carino!... Nulla di fastidioso, almeno?

Marcella   Nulla, nulla... Vi dò un bel disturbo!...

Filippo       Scherzate!

Germana    Occupati della sua macchina, Filippo.

Filippo       Riparte per Parigi? Penso io...

Marcella   Grazie. Vi dò da fare, veramente... sono così con­fusa...  (Filippo esce. A  Germana) Salgo  con te?

Germana    No, resta qua... non t'affaticare. Ti chiamerò. Che cosa prendi la mattina? Cioccolata?

Marcella   Del tè.

Germana    Benissimo. (Entra Renato) Ah! Renato! Tieni in­tanto compagnia  alla  signora Savignon.

Renato       Con piacere.

Germana    (salendo) Vero, eh, che s'è fatto grande?

SCENA QUARTA

Renato - Marcella, poi Berthier

Renato       (eterno chiacchierino) Di nuovo, buona sera... Siete arrivata tardi. Avreste dovuto venire per l'ora di pranzo. Abbiamo pranzato in giardino. Un sogno! Tutto era color di rosa. Venite da Parigi? Avete avuto una panna, ci scommetto!... È tremenda quella strada!... Una volta io ho bucato due volte... Sarete passata per Vernon, naturalmente?... (si accorge che Marcella non ascolta; si volta e vede Berthier) Ah! Siete qua, signor Berthier? (a Marcella) Conoscerete il signor Berthier, certamente. No?... Vi domando scusa... (Presenta) Il signor Berthier... La signora Savignon...

(Berthier saluta con un cenno del capo, senza muoversi)

Il signor Berthier è qui da diversi giorni. Io son qui da tre setti­mane. Rimarrò probabilmente fino al quindici agosto e poi me ne andrò da mia zia. Conoscete mia zia, ve­ro?... Buona idea che avete avuta a venir qui. Vi ri­cordate di quella lunga camminata che facemmo un giorno? Tornammo a casa a notte inoltrata. Ci crede vano perduti. Faremo ancora delle belle passeggiate, se volete. Siete mattiniera, voi? Io dico che in campa­gna bisogna alzarsi di buon'ora. Se v'alzate presto, una mattina vi farò fare una passeggiata straordinaria. Vi mostrerò una strada che nessuno conosce...

Germana   (da sopra) Marcella!

Renato      Ah! Mia cugina vi chiama... Vi faccio strada... (corre verso la scala) Passo avanti... So che avete la camera blu...

(Berthier frat­tanto tende a Marcella gli oggetti che già le ha presi. Piccolo saluto di lui a lei e di lei a Luisa Marcella co­mincia a salire, preceduta da Renato che continua il suo cicaleccio)

Vedrete il pioppo dal vostro letto... D'al­tronde è una camera che già conoscete... Figuratevi che stavo per prenderla io. Se non foste venuta questa sera...

(Marcella e Renato sono usciti).

SCENA QUINTA

Berthier - Filippo

(Berthier, rimasto solo, muove i volumi posati su di un tavolinetto. Ne prende uno, lo rigetta, un altro, idem. Entra Filippo).

Berthier     Di', Filippo, non hai altri libri che questi?

Filippo       Hai lì tutti premi letterari dell'anno, amico mio.

Berthier     Passi qui cinque mesi dell'anno. Dovresti avere una biblioteca...

Filippo       Ho un Montaigne di sopra, in camera mia. Lo vuoi?

Berthier     Sì.

Filippo       Vado a prenderlo.

Berthier     Aspetta...   (sfoglia un volume)  Prendo  questo per stasera... Fa lo stesso... Buona sera...

Filippo       Non hai bisogno di niente?

Berthier     No, grazie... (sulla porta) Ma che notte, di'!... (esce fumando) Buona sera, Filippo. (Germana scende la scala).

SCENA SESTA

Germana - Filippo

Germana    Sei qua? Che fai? Dove è andato Berthier?

Filippo       È andato a letto... Dì, che le è capitato di nuovo a Marcella?

Germana    Ti racconterò... (chiude il pianoforte, rassetta un po').

Filippo       Però, è un fatto, si fa sempre più carina... Vieni?

Germana    Oh! Senti, è un vero peccato! (respira l'odore della notte) Non facciamo due passi, prima?

Filippo       Tunon hai sonno?

Germana    No.

Filippo       Ionon ne posso più... Chiacchiereremo di sopra...

Germana    Oh, lo so! Io entro nel mio gabinetto di toilette, tu nel tuo. E poi si dorme.  E così non ci si parla mai.

Filippo       Hai da parlarmi?

Germana    No, no. Tu hai sonno... Saliamo... (Spegne la luce).

Filippo       Che mi vuoi dire?

Germana    Niente, niente.

Filippo       Beh, allora, andiamo... (spegne).

Germana    Filippo!

Filippo       Eh?

Germana   Tunon sei carino con me.

Filippo       Eh?!... (riaccende) Cosa? Sei in collera perché non mi sento voglia di uscire a quest'ora? Ebbene, an­diamo...

Germana    Ma non si tratta di questo. Non ho punto voglia di passeggiare io.

Filippo       Senti, cara. Credo che tu sia stanca stasera. Andia­mocene a letto.

Germana    Sali tu. Io salgo fra poco.

Filippo       Ionon sono carino con te?

Germana    No.

Filippo       Che t'ho fatto?

Germana    Non m'ascolti.

Filippo       (sbadigliando) Ma sì, t'ascolto... Via, spiegami che cosa non va.

Germana    Iotrovo strano che, quando si è quelli che siamo, due che si voglian bene come ce ne vogliamo noi, si possa vivere come viviamo senza scambiarci mai due parole.

Filippo       Noi non ci parliamo?

Germana    No.          

Filippo       E che vuoi che ci diciamo? Facciamo la stessa vita...

Germana    Il bello, per quelli che s'amano, non è soltanto amarsi. È di dirselo.

Filippo       Tuvorresti che ti dicessi che t'amo?

Germana    Non è una buona ragione, mi pare, solo perché si vive insieme giorno e notte, per non assicurarsi, di tanto in tanto, che si prova l'un per l'altro un senti­mento. ..

Filippo       Germana, lo sai a chi mi somigli? A uno di quei bimbi che fan la lagna perché cascano dal sonno e non vogliono andarsene a letto.

Germana    Ioti giuro che non ho punto voglia di dormire in questo momento.

Filippo       Allora... la faccenda è seria? 

Germana    Non ti faccio nessun rimprovero. Ma non credi che, a forza d'ammettere come cosa provata e stabilita, che noi ci amiamo; verrà poi un giorno in cui ci sembrerà di non amarci più affatto? Per quanto si viva insieme da dieci anni, vi possono esser tante cose che ci riguar­dano da vicino, molto da vicino, che non ci siamo mai dette. Amarsi, non significa solo vivere da buoni com­pagni, senza discussioni, senza scene... Vuol dire... tante altre cose... che sarebbe bene verificare di tanto in tanto... Per esempio... (cerca) Oh, lo so che ci dicia­mo tutto; ma vedi, a forza di dirci tutto non ci si dice più nulla. Rifletti. Quanto tempo è che non abbiamo più avuto una vera conversazione, seria? Tu mi parli dei tuoi affari, dei tuoi progetti, delle nostre spese, dei nostri piaceri, dei nostri amici, ma ciò che è più im­portante, a te, non ti preme? Il nostro amore, è cosa già catalogata.

Filippo       Ebbene, su! Fammi una scenata!

Germana    Ma già! Che interesse può avere! Filippo, Germana, unione perfetta! Tutti lo sanno! E questo ti basta!

Filippo       Vorrei essere impiccato se ci capisco qualche cosa!

Germana    Tucapisci!

Filippo       (impressionato dal tono, è dopo riflessione) Forse, hai ragione. Oh! Ragione, cosi, così... Ci si abitua, in­fatti, alla felicità... Si è meno esaltati, meno espansivi, non dico di no... Ma siamo seri, questa sera, cocca mia, sono... (guarda l'orologio) Sono le dieci passate! Sveglieremo tutta la casa! (Fa saltare il colletto e se lo mette sulla testa).

Germana    Bravo! Fai la scimmia, adesso!... Io cerco di par­larti, sono gentile... E tu ridi. Non mi ascolti... Vedi! Vedi!...

Filippo       (prendendola fra le braccia, teneramente) Germana!...

Germana    (schivandosi, imbronciata) No, no! Vai su. Vattene a letto. Tu hai voglia di dormire...

Filippo       (la guarda e d'un tratto) Tu hai da dirmi qualche cosa!... Tutte queste storie, tutti questi preamboli qual­che cosa nascondono... Ma che sciocchezze!... Che c'è, tesorino mio?...  (la prende sulle ginocchia).

Germana    Ebbene, sì, ho da dirti qualche cosa.

Filippo       Che cosa?

Germana    Non ti burlerai di me?

Filippo       Ma no!

Germana    Mi risponderai seriamente?

Filippo       Ma sì.

Germana    Quando domandasti la mia mano...

Filippo       Oh!

Germana    Cosa? « oh! »?

Filippo       Niente. Niente... Quando domandai la tua mano...?

Germana    Vorrei sapere se...

Filippo       Se cosa?

Germana    Non guardarmi così, via!

Filippo       Oh! Germana, mia piccola Germana, te ne prego, cara, dimmi che cosa vorresti sapere!... Vorresti sapere se...?

Germana    (d'un tratto) Se ti piacevo veramente.

Filippo       (sbalordito) Eh?!

Germana    Rispondi, adesso.

Filippo       Ti assicuro che mi cominci a impensierire sul serio... Vuoi sapere se tu mi piacevi quando t'ho... sposata?

Germana    Tulo fai apposta a non capire! Intendo dire: se ti piacevo come donna?

Filippo       Avevo capito benissimo.

Germana    E allora, rispondi.

Filippo       Ma non posso risponderti nulla, tanto è sciocca la domanda che mi fai. Se tu non mi fossi piaciuta, non avrei chiesto la tua mano, e noi, stasera, non staremmo qua a dirci un sacco di corbellerie.

Germana    Sei tu che non capisci proprio niente, stasera! La mia mano tu non l'hai domandata subito, subito! Pri­ma, ci siamo conosciuti.

Filippo       Naturalmente.

Germana    E anche prima di conoscermi, mi avrai vista qual­che volta senza parlarmi.

Filippo       Verissimo.

Germana    Ebbene, sarò stata giovanissima... ancora bimbetta... Ma, infine, da quello che m'han detto, non ero poi tanto male!...

Filippo       Non eri male niente affatto! (sbadiglia).

Germana    Ah?! E nel vedermi, che ti sei detto?

Filippo       Che mi son detto?

Germana    Sì. Non puoi averlo dimenticato. Quale è stata la tua impressione? Nota che io ti faccio una domanda gentile. È carino che io mi preoccupi del tuo giudizio a mio riguardo, prima ancora che tu m'avessi parlato.

Filippo       (senza convinzione) Tanto, tanto carino...

Germana    Dunque, rispondi. Quale è stata la tua prima im­pressione?

Filippo       La mia prima impressione?

Germana    Sarebbe poco lusinghiero per me se tu non te ne ricordassi più, Filippo.

Filippo       Scherzi! Me ne ricordo benissimo.

Germana    Rispondi, dunque! Cosa ti sei detto?

Filippo       Mi son detto... Oh! mi son detto un mondo di cose tutte lusinghiere per te.

Germana    (felice) Ah! Vedi! Dimmi! Dimmi!

Filippo       Tupuoi immaginartele, se un mese dopo...

Germana    Vorrei che me le dicessi lo stesso.

Filippo       Ebbene, mi son detto... mi son detto... tutto ciò che di più lusinghiero si può dire per una signorina...

Germana    (ridendo dalla gioia) Davvero? Ripetilo. (si stringe a lui) Ripetilo... Ti sei detto: «È carina! »...

Filippo       Sì.

Germana    Ti sei detto... «Ah! quella piccina! quanto mi pia­cerebbe stringerla fra le braccia!»...

Filippo       (con un balzo) Eh!...

Germana    (abbassando gli occhi e sottovoce) Insomma, mi hai desiderata, no?                                 

Filippo       Ah! no! Ah! Questo, mai! Ti giuro di no!... Un'idea simile non mi sarebbe mai venuta!.., (Germana mostra una fisionomia sconcertata) Anzi, aspetta... Sì, mi ram­mento... (ride) Mi fai ridere con queste domande... Chi ci andava più a ripensare... Tu vuoi proprio sapere quello che ho detto la prima volta che t'ho vista?... C'era presente Berthier, mi ricordo... Siamo usciti in­sieme... Lui m'ha detto: « Come ti pare Germana Hitler? ». Io ho risposto: « Uhm! Che frigorifero! »... E ho soggiunto... (ride) Me ne ricordo benissimo... «Se aspetti che quella ti ecciti, stai fresco!...» (ride, la bacia).

Germana    (schiva il bacio).

Filippo       Come? Ti dispiace?... Ma ragiona... Ma ricordati la bimbetta che eri... Io osavo appena parlarti...

Germana    E perché ti son piaciuta, allora?

Filippo       Già, è vero, di questo non se n'è mai parlato... E la tua domanda non è poi tanto assurda... Ma guarda un po' che razza d'interrogatorio, a quest'ora!... (si to­glie la giacca).

Germana    Che fai? Ti spogli?

Filippo       Sei in vena di ricevere dei complimenti, questa se­ra? Vuoi proprio che tuo marito ti faccia la corte?... (più serio camminando per la stanza con la giacca sul braccio e senza guardarla, quasi per un senso di pu­dore) Quando ci conoscemmo, tu eri per me, non solo una fanciulla, ma la Fanciulla, capisci? E tu non puoi immaginare che cosa era per me, che cosa rappresenta­va per me, a quei tempi, una fanciulla!... Ciò che mi piaceva in te, giacché vuoi saperlo, è appunto questo, che tu eri idealmente la fanciulla... la vera giovinezza che nulla sa dell'amore, che non ci ha mai pensato, che non ha voluto' pensarci, che è gelosamente custo­dita... Insomma, il sogno d'un uomo che si era pre­fisso di farsi da sé la sua donna... E la prova che io t'avevo subito compresa, e che t'amavo, ma... in modo veramente puro... come meritavi d'essere amata, sta appunto in questo, che tu non mi suscitavi nessun de­siderio... E come avrei potuto osare di pensare a te altrimenti?... Ma ero lontano le mille miglia!...

Germana    ... Allora, è stato... solo dopo il nostro fidanza­mento?

Filippo       Ma no, sbagli ancora.                                           

Germana    Non mi desideravi quando eravamo fidanzati?

Filippo       Ma non ci pensavo neppure! Ma mi sarei ben guar­dato dal pensarci!... Per mia fortuna, non ho intaccato quel periodo squisito del fidanzamento, neppure con l'ombra di un desiderio, te l'assicuro, Germana. E se volevi giungere a saper questo, puoi essere completa­mente e definitivamente rassicurata. No, no, amavo troppo in te la Fanciulla. Veramente. Prova ne sia che, quando si trattò di stabilire la data del matrimo­nio, io non mostrai nessuna fretta. Ricordati. E tu me l'hai quasi rimproverato, mi pare... Eravamo a Marlotte, dai tuoi. Io ti vedevo tutto il giorno. Avevo la sensazione di vivere un periodo squisito della mia vita... L'amore di una giovinetta come te, questa cosa così preziosa e così fine, avrei voluto prolungarla, as­saporarla a lungo completamente, senza aver fretta, come una cosa infinitamente rara che non avrei ri­trovata mai più. (Entusiasta di se stesso) È curioso che non abbia mai pensato a dirti queste cose!... E che questo sentimento così raro, così bello, te lo pa­lesi soltanto ora per la prima volta... Non è vero che è un bel sentimento, delicato?... Però, è strano, questo che ti dico non sembra farti piacere... Mi pare che dovrebbe farti piacere.

Germana    Mi fa piacere.

Filippo       Davvero?

Germana    (freddissima e con sforzo) Ma sì, davvero. E ti rin­grazio profondamente per tutte queste cose bellissime, delicatissime che mi hai dette, e che mi fanno tanto, tanto, tanto piacere!...

Filippo       Dammi un bacio! (essa lo bacia) Non c'è altro? (contento di sé)  Però, sai, quando guardo gli altri, non posso fare a meno di dirmi che noi siamo invi­diabilissimi tutti e due! Hai ragione. Son cose che non ci si dicono mai abbastanza. E fa bene riparlarne di tanto in tanto.  (pausa).

Germana    ... E adesso?

Filippo       Adesso, che?

Germana    Mi desideri?

Filippo       Che intendi dire? Ti desidero... Ma c'è da dirlo? Sicuro che ti desidero! Cioè, no! Non ti desidero. Ti amo. È tutt'altro. Tu sei mia moglie, insomma!...

Germana    Ma se tu non fossi mio marito, e mi vedessi?...

Filippo       Se io non fossi tuo marito... Vuoi sapere, se non fossi tuo marito, se io ti desidererei?...

Germana    Sì.

Filippo       ... Ma che razza di domande, stasera!...

Germana    Tumi capisci? Io non dico desiderare in un modo brutto... Intendo dire: ti piacerei? T'innamorerei?

Filippo       Cosa vuoi che sappia?

Germana    Stammi a sentire...

Filippo       (rassegnato a tutto e con uno sbadiglio formidabile)  Dì, dì pure.                                                           

Germana    Noi siamo marito e moglie, vero?

Filippo       Mi pare di sì... Sai, a quest'ora, non bisogna affa­ticarsi con domande troppo difficili...

Germana    Ebbene,  ammetti., che non lo fossimo.

Filippo       Aspetta! (si prende la testa) Ci sono! Ma, Dio, che fatica!... E allora?

Germana    Tusei scapolo.

Filippo       Va bene.

Germana    Entri in un salotto.

Filippo       Entro... ma per farti piacere.

Germana    Filippo! Non mi dare ai nervi!

Filippo       Via! Sono entrato...

Filippo       Ti noto.

Germana    Mi noti.

Germana    Che fai?

Filippo       Ti guardo.

Germana    E poi?

Filippo       Come, e poi?... E poi... me ne vado a letto!

Germana    Non capisci... tu sei scapolo.

Filippo       E che vuol dire!

Germana    Hai il diritto di farti un'amante, se sei scapolo.

Filippo       Credi?

Germana    Mi hai vista. Ho un vestito graziosissimo... Che pensi di me?

Filippo       Penso... che non c'è niente da fare.

Germana    Tulo dici perché mi conosci. Ma, se non mi co­noscessi, non potresti sapere.

Filippo       Ma sì! Ma sì! Son cose che si vedono subito.

Germana    Ma, infine, avresti o non avresti piacere, se ci fosse invece da fare?... Ti faresti presentare? Verresti a se­derti accanto a me? Avresti voglia di parlarmi? Di far­mi la corte? Ti sentiresti... turbato? Perderesti la testa?

Filippo       Non lo so. Come vuoi che lo sappia?

Germana    Cerca di immaginare.

Filippo       Sì, forse. Naturalmente... Tu sei bellina... se fossi libero, è probabile... però non è certo... (scattando) E poi, e poi, che ne so io!...

Germana    (pressante, quasi grave) Ti prego, Filippo, rispon­dimi a tono. Ti assicuro che sarei curiosa di sapere... (si siede sulle sue ginocchia: lo bacia) Ti piacerei, di'?

Filippo       (senza nessuna convinzione)  Ma sicuro! C'è da do­mandarlo?

Germana    Seriamente?

Filippo       Ma serissimamente!

Germana    Ti piacerei, proprio?

Filippo       (assonnato)  Ma sì! Ma sì! Mi faresti girare la testa, ecco! È semplicissimo.

Germana    (lasciandolo)  Mi annoi! Via!... Non se ne cava niente, stasera! Andiamocene a letto. Tu dormi.

Filippo       Brava! Andiamo a letto.

Germana    Spegni...

Filippo       (spegne. Oscurità. Bel chiaro di luna alla vetrata e nel giardino) Andiamo...

Germana    (a un tratto) Aspetta!... Ascolta!...

Filippo       Che c'è?

Germana    Qualcuno cammina...  nel giardino...

Filippo       Sarà Marcella...

Germana    Sei pazzo. Tu non sai in quale stato è arrivata quel­la povera figliola.

Filippo       Ha delle noie?

Germana    Soffre tanto! Sta piangendo nel suo letto, ne sono sicura...

Filippo       Poverina!

Germana    Che sia Berthier?

Filippo       Berthier? Dorme da un pezzo... Sarà tuo cugino che fa dei versi alla luna...

Germana    Ascolta... Parlano...

Filippo       (guardando) Masì, è Marcella... È Marcella con... Aspetta. Con Berthier.

Germana    Marcella e Berthier? E che fanno?

Filippo       Oh, bella! Passeggiano. Cosa vuoi che facciano?... Lasciamoli stare... Andiamo una buona volta... Beh, io salgo... (si sente ridere Marcella nel giardino. Dalla scala) Di', oh!, Germana... Non mi sembra poi tanto infelice!

Germana    Sali! Via!...

(Filippo sale. Germana resta in ascolto. Entrano, silen­ziosi, Marcella e Berthier. Germana si nasconde presto nell'angolo oscuro del sottoscala; in fondo, a sinistra).

Berthier     (in sordina) Ecco la vostra scala... Buona notte, si­gnora.

Marcella   (sottovoce)  Grazie, signore.

Berthier     Non vi dispiace troppo che io vi faccia andare a letto così tardi?

Marcella   Ma niente affatto... Non è tardi.

Berthier     Oh! Sì! Per Berneville, è tardissimo. È un'ora in­debita!... Le undici... meno venti!

Marcella   (con una risatina discreta) È terribile!... Sveglierò tutti lassù!... (a voce bassa, intima) Buona notte, si­gnore... a domani... (comincia a salire).

Berthier     Ci vedete abbastanza?

Marcella   Sì, sì,ci si vede benissimo, con questo chiaro di luna... (dalla porta in alto) Di nuovo, buona notte. E grazie...

Berthier     (in sordina presso la vetrata) Buona notte!

(La guarda uscire, poi apre la vetrata ed esce nel giardino. Germana sola, gira il commutatore vicino a lei, fa  la luce e va a guardarsi ad uno specchio...).

Sipario


ATTO SECONDO

La stessa sala. Il mattino.

SCENA PRIMA

Luisa - Caterina poi Filippo

Luisa          È per la signora quel vassoio?

Caterina    Ma sì, è per la signora...

Luisa          E alla signora portate quella teiera slabbrata?

Caterina    Non ce ne sono altre.

Luisa          Come non ce ne sono altre? Basta guardare... An­date a finire il salotto, via... Mi occupo io dei vassoi...

(Caterina esce. Luisa ha preparata un vassoio e va per salire al primo piano. Entra Filippo in pigiama e pa­nama da giardino, recando un piattino di fragole).

Filippo       Buon giorno, Luisa, Che fate?

Luisa          Portavo la colazione alla signora...

Filippo       No, no. Date. Faremo colazione qui... Non è sceso ancora nessuno?

Luisa          È sceso il signorino Renato. Non so dove sia an­dato. Gli avevo messo qui la cioccolata. (Tocca la cioccolatiera) Naturalmente, ora è fredda. (Porta via la cioccolatiera con aria desolata).

Filippo       Avremo bel tempo, Luisa?

Luisa          Puòessere tranquillo, signore. Il lattaio ci diceva stamani che oggi avrebbe fatto più caldo di ieri... (e­sce).

Filippo       Una cosa allegra...

(Germana in vestaglia, scende la scala).

SCENA SECONDA

Filippo - Germana

Filippo       Buon giorno, signora!

Germana    Buon giorno, signore.

Filippo       Avete dormito bene?

Germana    Benissimo.

Filippo       Son passate le lune?

Germana    No.

Filippo       Bene.

Germana    Sei stato ancora a saccheggiare le fragole?

Filippo       Se tu sapessi che sapore hanno le tue fragole colte a quest'ora! Una delizia!... Assaggia questa, to'!

Germana    No.

Filippo       Questa piccina!

Germana    No!... Non mangio fragole col tè.

Filippo       Hai torto.

Germana    Una cosa nuova! Adesso dovrò ordinare le frutta per colazione.

Filippo       Che si fa oggi?

Germana    Passami il burro, per favore.

Filippo       Di'! Che si fa?

Germana    Cosa vuoi che sappia!

Filippo       Potresti rispondermi con un tono migliore. Sei di cattivo umore.

Germana    Perché dovrei essere di cattivo umore?

Filippo       Non so... Questa mattina, ho voluto essere gentile. Non sono stato ricevuto troppo bene.

Germana    M'avevi irritata.

Filippo       Io? Quando?

Germana    Ieri sera.

Filippo       Facendo cosa?

Germana    Col non rispondermi. Io ti facevo una domanda. Tu non avevi che da rispondermi.

Filippo       È quello che ho fatto.

Germana    Lochiami rispondere, tu! Siamo saliti in camera. Ho fatto un nuovo tentativo...

Filippo       Ho risposto ancora male?

Germana    No. Ti sei addormentato.

Filippo       Erano le undici.

Germana    Per una volta che cercavo di parlati seriamente!

Filippo       Appunto, che cosa t'è preso, ieri? Che significano tutte quelle storie?

Germana    Non era poi difficile a capirsi.

Filippo       Credi? Io non ci ho capito un'acca.

Germana    Sfido! Quando ci si addormenta in mezzo a una conversazione!

Filippo       Hopaura che chi era mezza addormentata eri tu. Mi hai rivolto certe domande astruse... Aspetta... che cosa m'hai domandato?

Germana    Lovedi come mi davi ascolto!

Filippo       No, seriamente, Germana, che cosa m'hai domanda­to? Ora che ti sei bene riposata, che hai ben dormito, che hai fatto il tuo bagno, vorrei che mi ripetessi, alla luce del giorno, quello che m'hai domandato ieri sera.

Germana    Non ho più voglia dì parlare stamane.

Filippo       È più prudente... Tu m'hai chiesto precisamente... Aspetta! (cerca) Ho buona memoria, non ti credere!... M'hai chiesto se tu mi saresti piaciuta, se io non ti conoscessi... Se io ti desideravo quando non ti cono­scevo!

Germana    Già!

Filippo       È così?

Germana    Perfettamente.

Filippo       E come vuoi che lo sappia?

Germana    Lovedi? Non hai capito nulla!

Filippo       Di'piuttosto che non sapevi neppure tu quello che volevi dire.

Germana    Tunon hai capito nemmeno mezza parola!

Filippo       Ma è seccante essere sposata con uno che non ca­pisce niente.

Germana    Molto seccante.

Filippo       Come devi essere disgraziata!

Germana    Ionon vedo che vi sia di sorprendente a chiedere al proprio marito... Non conosco altri, bisogna bene che mi rivolga a lui!... È anzi una gentilezza da parte d'una moglie domandar questo al proprio marito...

Filippo       Domandare cosa?

Germana    Se potrebbe piacere agli uomini.

Filippo       A quali uomini?

Germana    Ad altri uomini.

Filippo       Eh?! Tu vuoi piacere ad altri uomini, adesso? Tu?!

Germana    Iovoglio sapere se potrei piacere ad altri uomini se lo volessi.

Filippo       Non è mica questo che m'hai domandato ieri.

Germana    Sì, è questo.

Filippo       Tum'hai domandato se mi piacevi quando non ti conoscevo ancora. Se mi piacevi, a me.

Germana    Tum'hai risposto di no; che io non ti piacevo, nel senso di « piacere ». Ma non ci sei tu solo al mondo. Ci sono altri uomini.

Filippo       E vorresti che t'informassi io? Scherzi, cara!...

Germana    Ah! ma sei curioso! Allora un marito, per quanto sia sicurissimo di sua moglie e la sappia incapace della più piccola civetteria non può toglierle questa curiosità, formulata senza ombra di malizia, dirle cioè se può pia­cere agli uomini?

Filippo       Questo vuoi sapere?

Germana    Sì.

Filippo       Se tu piaci agli uomini?

Germana    Sì.

Filippo       Ah! questa poi!... Ti rendi conto dell'enormità di questo scherzo! È d'un gusto! Scusa se te lo dico.

Germana    Volevo ben dire che non finissi per dirmi cose vol­gari!

Filippo       Come! Io?!... È ammirevole!

Germana    (scandendo le sillabe) Se io volessi essere una mo­glie poco onesta... posso dirlo questo!... Se io. volessi... Se non fossi la donna che sono... Eppure è chiaro!... Potrei, di'?

Filippo       Lo dicevo, è pazza!

Germana    (impallidendo) Non potrei? Questo vuoi dire... Dil­lo, via! Dillo francamente. Non lo potrei?

Filippo       Ma tu mi stai dicendo cose che non han ombra di senso! Una donna bella, che ha voglia di farsi un aman­te, può farsi benissimo un amante. Perché non lo po­trebbe? Non mancano uomini per incoraggiarla.

Germana    Quanto sei stupido!

Filippo       Puòfarsi un amante, due amanti, tre amanti...

Germana    (rinunciando) Ho capito. Che vuoi che ordini per la colazione? (Chiama) Luisa. Luisa?

SCENA TERZA

Detti - Luisa

Luisa          (entrando) Signora?

Germana    Che si può fare oggi a colazione?

Luisa          Un pollo.

Filippo       Oh! Pollo! sempre pollo!

Germana    Cosa vuoi che si faccia?... Forse si potrebbero ave­re delle ostriche. Telefonerò a Coureix... E dite anche a Bernardo di farmi avere due tacchinelle non troppo grasse.

Luisa          Sì, signora.

Germana    Siete salita dal signor Berthier?

Luisa          Oh! Signora! Sono le otto! Il signor Berthier non si sveglia prima delle dieci.

Germana    E la signora Savignon non ha suonato?

Luisa          No, signora.

Germana    Vi raccomando in modo speciale, la signora Savignon, Luisa. Non sta troppo bene in questi giorni. Ha delle gravi preoccupazioni. Vi occuperete di lei voi stessa.

Luisa          Puòcontare su me, signora.

Filippo       (a Germana mentre Luisa volta le spalle)  Suvvia, scioccona, dammi un bacio...                                      

Germana    No, sei troppo stupido.

Filippo       Vuoi spicciarti? (La stringe. Lei si dibatte).

(Ber­thier, elegantissimo, appare a capo delle scale).

SCENA QUARTA

Filippo - Germana - Luisa - Berthier - Renato

Berthier     (sulla scala) Vi colluttate? Oh! Come siete belli!

Filippo       Tu! A quest'ora?

Luisa          Già alzato, signor Berthier?

Berthier     Buongiorno, Germana. Buongiorno, Filippo.

Germana    Ma che eleganza, Berthier, stamattina!

Filippo        (osservandolo)  Diventi matto?

Berthier     Cosa? Sono ridicolo?

Germana    State benissimo, troppo bene. Ma in campagna, a quest'ora...

Filippo        (facendogli notare l'esiguità del tavolinetto) Tu ci scusi se non t'invitiamo al nostro tavolo?

Berthier     (passando innanzi a loro) Fortunati! Hanno delle fragole!...

Germana    Ne volete?

Berthier     No, grazie, impossibile di mattina. (Luisa lo serve al tavolinetto di destra) Buon giorno, Luisa.

Luisa          Ha dormito bene, signor Berthier?

Berthier     Benissimo, Luisa.

(Entra Renato, scalmanato, urtando tutti i mobili).

Renato       Non è qua Panon?

Germana    Lovedi bene. Potresti dire buongiorno, prima.

Renato       (stringendo le mani)  Cara cugina... cugino... Buon­giorno, signor Berthier.

Germana    Stai attento a quello che fai. Hai fatto colazione?

Renato       Sì, l'ho fatta, cioè, non l'ho fatta... (va per sedersi al tavolo di Berthier).

Berthier     (che ha prudentemente inchinato la spalliera della sedia) Pardon, il posto è preso.

Germana    Siediti là, guarda, e non muoverti più.

Renato       Ionon capisco. Gli avevo detto di essere qui per tempo. A quest'ora, il tennis è all'ombra. Se ci si mette a giocare alle undici, è inutile. Sempre lo stesso con lui. O si giuoca o non si giuoca. E se si giuoca...

Germana    Ci secchi! Mangia!

Berthier     (a Germana) Vedo che avete delle belle cosine voi due.

Filippo       Noi? Abbiamo delle marmellate. Tu non hai mar­mellata?

Berthier     Non ho proprio niente. Un semplice tè e basta.

Filippo       Povero Berthier! Germana, passagli la marmellata.

Berthier     Si può fumare?

(Marcella appare a capo della scala, fresca, sorridente, in leggiadra toilette da spiaggia. Tutti gettano un «aah!» di ammirazione).

SCENA QUINTA

Filippo - Germana - Berthier - Renato – Marcella - Luisa

Marcella   (scendendo) Non vi disturbate... no... no... (tutti si alzano).

Filippo       Bellissima!

Tutti          Buongiorno... buongiorno... buongiorno... buon­giorno...

Germana    Che bella toilette! È splendida, sai, questa vestina...

Berthier     Splendida!

Marcella   Davvero?

Filippo       Splendida!

Renato       (che s'è alzato rumorosamente per andare a cer­carle una sedia) Volete permettermi, signora?...

Berthier     (mostrando a Marcella la sedia inchinata davanti a lui)  Guardate, vi ho serbato un posto.

Marcella   Molto gentile.

Berthier     Tutti lo volevano. Non è stata una cosa facile. Ma l'ho tenuto per voi. Credo che vi starete bene; è un posticino d'angolo...

Marcella   (sedendosi di fronte a lui) Sto benissimo... (a Luisa) No, del tè, Luisa, solamente del tè.

Germana    (alzandosi) Non t'ha svegliata il canto degli uccel­li? Hai potuto riposare un poco?

Berthier     Volete permettermi di servirvi?

Marcella   (a Germana) Ho dormito splendidamente. Ti rin­grazio.

Berthier     Quanto zucchero?

Marcella   Senza zucchero.

Renato       E Panon che non viene! La trovate una bella cosa, voi? Io dico che quando si dà un appuntamento...

Filippo       Se tu gli andassi incontro?

Renato       Ah, no, grazie, con questo caldo... Signora Savignon, voi giocherete a tennis con me. Panon è fortissimo, vi prevengo.

Marcella   Chi è questo giovane campione?

Germana    Non conosci Panon?

Marcella   No.

Germana    È un amico di Renato.

Filippo       Belle amicizie!

Renato       Ah! Ah! Si ricomincia!...

Marcella   Non è un giovane per bene?

Berthier     Non c'è male, un po'noioso...

Filippo       Puoi dire:  antipatico.

Renato       (protestando) Eh, via!...

Germana    Ah, sì, Renato, scusa, ma è un « poseur », non mi dirai il contrario.

Renato       Sicuro che lo dico.

Germana    Ma non agitarti così, ti prego!

Filippo       Insomma, è uno di quei giovincelli che non sono affatto indispensabili nelle riunioni familiari.

Renato       Ionon posso soffrire che si dica male dei miei amici davanti a me!                                                         

Germana    Ah, no, Renato, non offenderti, via!...

Renato       Pare impossibile, tutte le volte che si parla di lui, si deve trovare sempre il modo di dirmi cose spiace­voli... Me ne vado!...  (se ne va imbronciato).

Marcella   Povero Renato!

Germana    Ha preso la cioccolata, almeno?

Marcella   Sul serio, chi è questo Panon?

Germana    Ma niente, un ragazzone in voga che in questo mo­mento fa un po' parlare di sé.

Filippo       Già, ma le voci che corrono sono vere.

Germana    Giacomina Sauvageot?

Filippo       Ormai è cosa pubblica.

Berthier     Promette bene quel giovinotto...

Germana    Dirò io a Renato che smetta di frequentarlo. (a Fi­lippo) Del resto, io te l'avevo detto...

Filippo       Beh, lascia andare...

Berthier  (a Marcella) Tutto questo prendete, signora? Oh! ma in campagna bisogna mangiare. Io mangio.

Germana    (a suo marito) Non ti vesti questa mattina, Filippo?

Filippo       E tu?

Germana   Iosalgo.

Filippo       Salgo anch'io.

Germana    Due minuti, Marcella, permetti? Berthier, vi con­fido la mia amica. Due minuti e torno.

Berthier     Fate pure il comodo vostro. Oggi ho tempo, figura­tevi...

                  (Via Filippo e Germana)

SCENA SESTA

Marcella - Berthier

Berthier     Non prendete di queste marmellate?  Avete torto. Sono le marmellate di Luisa.

Marcella   Allora...  (si lascia servire).

Berthier     Attiro la vostra attenzione sul burro della casa...

Marcella   Grazie... grazie... (morde una tartina; egli la guarda).

Berthier     Mi avete fatta una paura, voi!

Marcella  Io? Come?

Berthier     La nostra passeggiata di ieri sera era così ben riu­scita; io vi trovavo talmente bella che mi dicevo: « Non è possibile; non può essere tanto bella! ».

Marcella   No? Davvero?

Berthier     Pensavo: « Stasera ha dei collaboratori di primo ordine: il mantello d'automobile, il cappello, la notte d'estate...  Ma,  domani mattina, al  sole, povera pic­cina, che cosa sarà?... ».

Marcella   Ehi! Dico!

Berthier     Mettetevi al mio posto.

Marcella   Allora, la delusione è grande?

Berthier     Macché, affatto! La luce del sole vi sta divinamen­te. E me ne intendo io. Non tutte la possono indossare.

Marcella   Avete una maniera di fare i complimenti, voi! Il bello è che io ve li lascio fare.

Berthier     Non potreste impedirmelo. È la mia natura.  Io sono franco. Bisogna che dica la verità.

Marcella   L'ho visto bene ieri sera come siete.

Berthier     Vale a dire?                                           

Marcella   Oh! Io non so fare complimenti. (Ride).

Berthier     Del tè?

Marcella   No. Perché mi guardate?

Berthier     Un momento, aspettate!... Venti tre?... Quattro?... Cinque?...

Marcella   Eh! pianino!

Berthier     Venti quattro?

Marcella   Venti quattro anni, sì.

Berthier     Staremo benissimo qui. Vedrete!

Marcella   Noi? Siete di una disinvoltura...

Berthier     Sì, sono molto contento di me, stamattina. (Lei fa    per darsi un po' ci cipria) Volete lasciar stare?

Marcella   Solo un poco!...

Berthier     No! No!Qui non ci si mette di quella roba!

Marcella   Oh! Ma è necessario.

Berthier     (conciliante) Questa sera, vedremo... rimarrete per qualche tempo, beninteso?

Marcella   Non so.

Berthier     Sì, sì! Rimarrete.

Marcella   Voi avete già deciso?

Berthier     Sì.

Marcella   Siete straordinario! E io che vi ascolto!...

Berthier     Perché non dovreste ascoltarmi?

Marcella  Ma,  infine, io non vi conosco!  Non  so chi siete dopo tutto.

Berthier     Ve lo dico subito. Mi chiamo Berthier. Andrea Berthier. Sono molto amico di Filippo e di Germana. A parte ciò ho fatto qualche sciocchezza. Ecco. E voi?

Marcella   Iosono... Sono divorziata...

Berthier     (alzandosi) Volete che facciamo un giretto in giar­dino? (Leggera esitazione di Marcella) Avete paura del sole? A quest'ora non è terribile. Passeremo pel castagneto...

Marcella   (esitante) Aspettiamo Germana.

Berthier     Germana? Ma si sta vestendo Germana. È salita adesso. Non può essere pronta. Torneremo a prender­la, Germana. Via, venite!

Marcella   Così, senza cappello?

Berthier     Ma sì, che fa?... (la trae)  Me lo metto io forse il cappello? Via!... (escono).

SCENA SETTIMA

Germana - Luisa - Panon - poi Renato

Germana   (scende la scala). 

(Entra Luisa).

Luisa          C'è il signor Panon.

Germana    Fatelo entrare. E poi avvertite Renato che il suo amico è arrivato.

Luisa          Sì, signora. Com'è bella, signora, questa mattina!.

Germana    È carino, vero, Luisa, questo vestitino. Non lo mettevo mai, non so perché... (Luisa esce) I capelli non mi reggono questa mattina. Che seccatura!... (a Panon che entra) Buongiorno, signor Panon.

Panon       Signora! (le bacia la mano).

Germana    State bene? La vostra mamma sta bene? Avete portata la vostra racchetta, bravo. Ecco il vostro amico.

Renato       (entrando) Ciao, vecchio. Per dove sei passato? Ero nei rosai, non. ti ho visto venire...

Germana    Accomodatevi, signor Panon.

Renato       Giocate con noi, cugina?

Germana    No, figliolo, no. Vedi bene che non sono vestita per il tennis.

Panon       Avete una toilette deliziosissima, signora. Vi sta di­vinamente... stavo appunto guardandola; non osavo dire...

Germana    (gradevolmente sorpresa) Perché? Il complimento di un uomo di gusto fa sempre piacere. Si pretende che voi ve ne intendiate.

Panon       Oh, signora! Mi piacciono le belle toilettes, ecco.

Germana    Fate colazione con noi, vero?

Panon       Non so, signora...

Germana    Ci farete piacere.

Panon       Se è così... grazie, accetto.

Germana    A più tardi, allora. (Esce).

Panon       È gentilissima, oggi, tua cugina. L'altro giorno mi aveva agghiacciato.

Renato       (elaborando un discorsetto) Amico mio, ti dico su­bito una cosa. Mia cugina è una donna... Bisogna co­noscerla; e anche io, vedi, che le sono cugino, mi do­mando spesso...

Panon       Uff! Ah, no, smetti!

Renato       Perché?

Panon       Tunon t'accorgi quanto sei barboso quando inco­minci un discorso.

Renato       Non ho più il diritto di parlare, allora?

Panon       No... Zitto. (confidenzialmente) Lo sai che sono a cavallo!

Renato       Cosa?

Panon       La signora Héristel.

Renato       No.

Panon       Sì.

Renato       Sei l'amante?

Panon       Sì.

Renato       Complimenti!

Panon       Discrezione! Te lo dico perché ne parlano tutti.

Renato       E allora, non vedo...

Panon       Voglio che lo si sappia, ma non voglio che si sap­pia che lo vado dicendo io.

Renato       E la piccola Sauvageot, allora?

Panon       Si continua sempre.

Renato       Te le tieni tutte e due?

Panon       Provvisoriamente.

Renato       E come farai?... Sei meraviglioso! Tutte tu. Io, nessuna!

Panon       Perché tu sei un bamboccio. Dici un sacco di stu­pidaggini che non servono a nulla e non sai dire le tre frasi con le quali si conquista una donna.

Renato       Ma tu, infine, che cosa le dici a una donna?

Panon       Qualunque cosa. Non è difficile. Le donne non do­mandano che quello, in fondo. Le lusinga che uno abbia voglia di loro. Tu le guardi in una certa maniera...

Renato       E poi?                        

Panon       E poi, un bel bacio sulla bocca... è fatto!

Renato       Semplicemente?

Panon       Sicuro. Ma tu sei di una timidezza...

Renato       Mi fai ridere, tu! Io non ho le occasioni che tu hai. Qui non ci sono donne.

Panon       Come, non ci son donne?

Renato       Citamene una.

Panon       Non saprei... domenica, per esempio, c'era una si­gnorina...

Renato       La signorina Marcelin.

Panon       Era bellina...

Renato       Caschi male, caro. È fidanzata.

Panon       E che fa?... E la signora de Bourgeuil?

Renato       È ripartita lunedì.

Panon       Se tu le lasci scappare!... Ebbene, e tua cugina?

Renato       (soffocato) Mia cugina?

Panon       Non è poi una donna tanto indifferente, te lo di­co io...

Renato       Fammi il favore di non confondere mia cugina in questi discorsi. Tu non sai chi è mia cugina.

Panon       Sì. È una donna.

Renato       Ma, onesta, caro!

Panon       Ragione di più!

Renato       Che adora suo marito.

Panon       E poi?

Renato       Scherza, scherza. Se ti pare buon gusto...

Panon       Ionon scherzo.

Renato       E allora, permetti che ti dica, con tutta l'amicizia che ti porto, ma anche con molta tristezza, che vi sono delle cose...

Panon       Ah! No! Se monti in cattedra, ciao, caro...

Renato       Non farmi tanto il bravo!

Panon       Ti dico che si possono avere tutte le donne! Tutte! Basta volere.

Renato       No, caro.     

Panon       Sì, caro.

Renato       Se tu vivessi, come, accanto a mia cugina.

Panon       Da quel dì che sarebbe fatto!

Renato       Mia cugina? Nossignore!

Panon        Tua cugina. Sissignore!  Ma non vedi che  quella donna si secca. È chiaro.

Renato       Prova un po' a farti avanti!

Panon       Non ho tempo. E poi, non è il mio tipo.

Renato       Naturalmente! Quando la fortezza è dura...

Panon        Oh! tu mi secchi, sai! Vuoi  scommettere che le faccio una dichiarazione?

Renato       Scommettiamo! Quando?

Panon       Subito.

Renato       Accettato!

Panon       Che scommetti?

(Germana è apparsa a capo alla scala).

Renato       La mia motocicletta.

Panon       Qua la mano!

Renato       Zitto, eccola!

Panon       Squagliati! Lasciami solo.

(Germana scende. Renato si eclissa).  

SCENA OTTAVA

Germana - Panon

Germana    Renato, dove vai?... Dove va? Non può star fermo un minuto... I miei amici devono essere in giardino... Volete che andiamo a raggiungerli?

Panon       (cercando di trattenerla) Mi ascolti, signora... io... vorrei parlarle...

Germana    A me? Che avete da dirmi, signor Panon?

Panon       Le domando perdono... È una cosa folle quella che m'accade... Permette?... (corre a chiudere la porta) Ecco... Forse non mi crederà... È una cosa... (cor­re a chiudere l'altra porta) grave... molto grave...

Germana    Ma voi mi fate paura, signor Panon!... Che c'è?

Panon       Non indovina?

Germana    Oh, affatto!

Panon       Ebbene, ecco... mi permette di parlarle colla mas­sima franchezza?

Germana    Ve ne prego.

Panon       Perché ho bisogno di tutta la sua indulgenza... Non sempre si è padroni dei proprii sentimenti... Ed è que­sta la mia scusa... Io sono, come dire... Una specie di lastra sensibile... Lei ha prodotto su me un'impres­sione straordinaria.

Germana    Come?

Panon       Oh! devo sembrarle un pazzo, lo capisco benissimo. Ma mi era impossibile tacere... Era più forte di me... Da qualche giorno, sono in uno stato... Ho un bel ragionare, ripetermi che è una vera pazzia... tanto peggio, a rischio di essere ridicolo, di farmi met­tere alla porta... Non ne potevo più, bisognava che parlassi... Voi mi piacete, signora! Mi piacete infini­tamente! È tremendo quanto mi piacete, signora mia!

Germana    (il cui viso si è illuminato) Ma, se ben comprendo... questa è una dichiarazione, signor Panon.

Panon       Sì, signora. E vi risentite? Oh! ditemi che non siete in collera con me!

Germana    Ionon capisco troppo bene, via... Voi non mi co­noscete affatto.

Panon       No, signora.

Germana    Questa è la seconda volta che mi vedete.

Panon       Sì, signora.

Germana    (raggiante) Oh! questa poi!... Eppure, Dio sa se ho fatto nulla per attirare la vostra attenzione! Non vi avrò detto quattro parole in tutto. Sono stata cor­tese come lo sono con tutti, e basta. Vi ho lasciato sempre col vostro amico Renato.

Panon       Questo è vero, signora... Ma io, dal momento che v'ho vista...

Germana    No? Davvero?

Panon       Sì, signora.

Germana    Sicché, siete entrato e mi avete subito notata?

Panon       È così, signora!

Germana    M'avete vista e vi sono piaciuta?

Panon       Oh! sì, signora!

Germana    Vi son piaciuta, così, di colpo?

Panon       Proprio così, signora. (Riso felice di Germana) Al­lora, non vi spaventa, ditelo?... Non siete offesa?... Oh! Signora, se sapeste la felicità che provo in questo momento!... V'ho detto tutto, voi sapete tutto, e i vo­stri occhi non sono affatto severi, al contrario... si di­rebbe quasi che sono lieti... (si avvicina insensibilmen­te) Voi mi comprendete?... Non vi dispiaccio? È ve­ro, dite?... Non vi sono indifferente? (slanciandosi) Si­gnora, signora... Vi...

Germana    (come risvegliata di scatto) Voi diventate pazzo, si­gnore! Che vi piglia?

Panon       (indietreggiando sbalordito) ... Mi lasciavate parla­re... Ho creduto...

Germana    Che cosa avete creduto?

Panon       Non ho sognato... Avete riso... E anche sorriso...

Germana    Non dovreste lagnarvene. Io l'ho presa ridendo, po­tete rallegrarcene. Piuttosto che andare in collera, che farmi salire il sangue alla faccia... È enorme quello che mi avete detto. Per la vostra età, non è l'ardire che vi manca, signor Panon.

Panon       Capisco. Vi siete burlata di me.

Germana    (gentile) Ma no! Ma no!

Panon       Sì, sì. Mi sono condotto come un cialtrone, un vol­gare individuo...

Germana    (gentilissima) Ma no, voi siete giovane, ecco tutto. Non è poi un delitto non restare insensibili alle grazie di una donna, che in fondo non è poi un mostro... (ri­de) Suvvia, andate a ritrovare Renato. E non pensia­moci più... Vi perdono. (gaia) Però, non mi fate quel­la faccia!...

Panon       Addio, signora.

Germana.   Come, addio! Non restate a colazione?

Panon       Dopo quello che è successo...

Germana    Ma non è successo niente, signor Panon.

Panon       Preferisco andarmene, signora.

Germana    Allora, non oso insistere... Arrivederci, signor Pa­non. Salutatemi tanto la mamma, vi prego.

Panon       Grazie, signora... riverisco, signora... (esce).

(Germana va a riordinare degli spartiti sul piano, canterellando allegramente. Entra Renato).

SCENA NONA

Germana - Renato

Renato       Dov'è?

Germana    Chi?

Renato       Panon.

Germana    Se ne è andato, Panon.

Renato       Come, se ne è andato? Non resta a colazione?

Germana    È gentilissimo il tuo amico.

Renato       Vi pare?

Germana    Molto compito. Simpaticissimo.

Renato       (tra sé) Ha perduto.

Germana    È franco, poi!

Renato       Ma perché se n'è andato?

Germana    Non lo so. Ha preferito andarsene.  (Si dirige can­ticchiando verso la scala).

Renato       Non ci capisco niente. Viene per me, e se ne rivà senza dirmi una parola.

Germana    Cosa vuoi che ci faccia...

Renato       Non v'ha detto niente di speciale?

Germana    (sorpresa arrestandosi)  Eh?... Perché?

Renato       Per niente.

Germana    (riandando verso di lui) Avete parlato di me, voi due?

Renato       No, affatto.

Germana    Vieni qui. Che t'ha detto di me?

Renato       Oh!  Cose senza importanza.

Germana    Non importa, dimmele lo stesso, mio piccolo Re­nato!

Renato       S'è parlato così, da amici... È un bel tipo, sapete!

Germana    Puoi dirmi tutto a me, via!... Che t'ha detto?

Renato       No, non posso.

Germana    È tanto grossa?

Renato       Abbastanza.

Germana    T'ha detto... che mi trovava di suo gusto?

Renato       No! Oh! No!

Germana    Come no? Che t'ha detto allora?

Renato       Voleva che io vi facessi la corte.

Germana    Eh?

Renato       Si parlava di donne. Mi diceva che io ero timido con le donne. Questo lo dice Lui.

Germana    E allora?

Renato       Siccome lui ha avuto qualche piccolo successo... cre­de... s'immagina... Mi ha detto: « Basta osare ».

Germana    (oscurandosi con un crescendo di stizza e di dolore) E allora?

Renato       Allora io gli ho detto:  « Forse, ma non con mia cugina ».

Germana    Bravo, ben detto... E allora?

Renato       Dice:  « Tua cugina è come le altre! ».

Germana    Ah! proprio!... E allora?

Renato       Allora abbiamo fatta una scommessa.

Germana    Una scommessa?

Renato       Non poteva aver conseguenze...

Germana    E avete scommesso?

Renato       Sapevo bene che non avrebbe osato.

Germana    (fremente di dispetto e furiosa) Ma ha osato benis­simo! È un piccolo mascalzoncello il tuo amico!

Renato       Ha osato?

Germana    E tu, zitto, impertinente che sei!... Hai fatto ma­le, malissimo... E mi farete il piacere, quando vorrete divertirvi, di andare a cercare le vostre piccole ami­che!... Non vi ho mai dato nessuna confidenza, io! E lo pregherai di non mettere più piede in casa mia!... È uno sfrontato, il tuo amico. Non voglio più veder­lo qui; mi senti?

Renato       Sì, sìcugina... (tra sé)  Addio motocicletta.

Germana    E tu lasciami! Vattene via... M'hai fatto troppo dispiacere.

(Renato esce mortificato, lei si getta sul canapè)

Una scommessa!... Ah,  questa poi!...  (sgualcisce i cuscini).

(Entra Filippo).

SCENA DECIMA

Germana – Filippo – poi  Marcella

Filippo       Di' Germana... (mette il cappello alla sbarazzina, infila all'occhiello un fiore che teneva in bocca, e pren­de una posa ardita) Guardami... Tu non mi conosci. È la prima volta che mi vedi. Io arrivo... Che pensi di me?

Germana    (guardandolo appena)  Quanto sei scemo, Filippo! Non te ne accorgi?

Filippo       (strizzando l'occhio) Di', ti piacerei? Mi desiderere­sti?

Germana    E insiste. Se ti credi di essere spiritoso, poveretto!

Filippo       Che fai qua?

Germana    Lovedi, mi riposo. Credo che ho il diritto di ri­posarmi.

Filippo       No, t'assicuro che esageri... Dov'è Berthier?

Germana    Non lo so.

Filippo       E Marcella?

Germana    Chi ne sa niente?...

Filippo       Non ne sai niente. Allora te lo dico io: Si secca. Tutti si seccano. Tu non ti occupi più di nessuno.

Germana    Non ho bisogno di occuparmi di loro. Sono tutti al tennis.

Filippo       E Panon? Tu non sai niente di Panon? S'è squa­gliato? Ha preso il volo... l'ho visto adesso che sgam­bettava... Ne ha abbastanza anche Luisa. (si avanza) No, piccina mia, muoviti un poco... occupati di loro. Io non posso, bisogna che me ne vada... Sono le un­dici meno un quarto... Vado a Boutiers.

Germana    A che fare?

Filippo       A fare delle spese... Hai qualche commissione da darmi?

Germana    Parti subito?

Filippo       Diamine, è ora.

Germana    Vengo con te.

Filippo       Bella idea! Facciamo anzi colazione fuori, e frattan­to i tuoi invitati mandano; avanti la casa!

Germana    Mi seccano i tuoi invitati! Occupati un po' di loro, se vuoi. Io non ne posso più! Non ho più un minuto per me in questa casa! Bisogna che mi occupi di tutto io! Non m'è riuscito ancora di mettere il naso fuori, questa mattina! Ah! quello che è troppo, è troppo!...

Filippo       Per le frutta, le abbiamo, o vuoi che passi da Courteix?

Germana    No.

Filippo       E le ostriche? Volevi le ostriche?

Germana    Già ordinate! Sono già ordinate!

Filippo       (vedendo entrare Marcella) Ecco Marcella. Guarda­la... Guarda come ha l'aria di divertirsi, Marcella! Non è vero che ci si diverte un mondo in casa nostra, mia piccola Marcella?

Marcella  Ero venuta a prendere Germana.

Filippo       Venite con me a Boutiers? Io vado a Boutiers.

Marcella   Ma no, niente affatto. Io voglio stare un po' con Germana; ci siamo appena viste da ieri.

Filippo       Ebbene, ve la lascio. Cercate di divagarla un poco. Ne ha bisogno. Si annoia. Sta passando un momento di crisi, figuratevi!

Germana    Non l'ascoltare... Siediti, cara... È opprimente, oggi!

(Filippo esce).

SCENA UNDECIMA

Germana - Marcella

Germana    E tu, come va? Forse avresti fatto meglio ad ac­compagnarlo a Boutiers. Avresti avuto una piccola di­strazione. Ne abbiamo così poche, qui...

Marcella   Ma io non ho bisogno di distrazioni.

Germana    Sìche ne hai bisogno. Ne hai bisogno più d'ogni altra...  Come ti senti questa mattina?

Marcella   Ascolta, Germana. Ho riflettuto. Tu hai ragione. Quello che m'hai detto ieri, è giusto, giustissimo. Me ne rendo conto benissimo, adesso. Basta! niente più amori. Se tutte le volte mi lascio andare così, con la mia sensibilità, finirà per essere una cosa terribile. Dopo un'avventura, un'altra... che ne sarebbe di me, alla fine?

Germana    Ah! così mi piaci, vederti in queste belle disposi­zioni. Sapevo bene che l'aria di campagna ti avrebbe giovato. Ma orma non hai più bisogno di prendertela tanto dal momento che sei con noi. Passerai l'estate qui, ti riposerai. E vedrai che si saprà organizzare be­nissimo una piccola vita piacevole e tranquilla, senza storie, senza nessuno di quei flirts che finiscono sem­pre male.

Marcella   Hai proprio ragione, e mi tenta veramente quello che mi offri. Disgraziatamente...

Germana    Disgraziatamente?

Marcella   Disgraziatamente, bisogna che me ne vada.

Germana    Come?

Marcella   Non cercare di trattenermi. È necessario, t'assicu­ro. Ho riflettuto... Son venuta a dirti che è molto me­glio che parta.

Germana    Non ti capisco affatto, Marcella mia... Dove vuoi andare?

Marcella   Non so.

Germana    T'aspetta qualcuno?

Marcella   Oh! no!

Germana    Non ti trovi bene qui?

Marcella   Oh! sì! Ti pare!...

Germana    E allora?

Marcella   Ascolta, Germana... T'assicuro che questa volta non è proprio colpa mia. Dopo quello che mi dicesti ieri, e giustamente, m'ero giurata...

Germana    Ebbene?...

Marcella   Ebbene, sento che rimanendo andrò incontro anco­ra a delle storie.

Germana    Tuscherzi! Che vuoi dire?

Marcella   Chi è, veramente, quel signor Berthier?

Germana    Perché mi fai questa domanda? Berthier è un no­stro carissimo amico... È un giovane veramente a mo­do... Non capisco che vuoi dire...

Marcella   Ti giuro che non è colpa mia.

Germana    Che cosa non è colpa tua?

Marcella   Ionon ho detto nulla, non ho fatto nulla...  Ero sempre col pensiero a quello che mi avevi detto ieri...

Germana    E allora?

Marcella   E allora... Ci siamo!

Germana    Ci siamo, come?

Marcella   Non mi sgridare... Io provo vergogna... una vergo­gna... Di fronte a te che sei così perfetta, che sai tanto bene farti rispettare... Sì, lo so!

Germana    Insomma? Cosa è successo?

Marcella   Ebbene... Gli piaccio... Credo di piacergli...

Germana    A Berthier?

Marcella   Sì.

Germana    Ma che mi conti? Non credo che da ieri abbia avu­to il tempo di farti la corte.

Marcella   Non m'ha fatta la corte.

Germana    Vedi! Non mi esagerare ora nell'altro senso!... Tu sei bellina. Berthier è un po' intraprendente. In cam­pagna c'è un piccolo tono familiare che non porta con-seguenze... Non hai da spaventarti per così poco. Non bisogna nemmeno mostrare una rigidezza eccessiva!

Marcella   Forse, hai ragione... In ogni modo, sai, io l'ho sentito benissimo quando m'ha baciata.

Germana    Berthier t'ha baciata?

Marcella   (abbassando gli occhi) Un pochino.

Germana    Qui in casa mia?

Marcella   No, nel giardino...

Germana    E tu ti sei lasciata baciare, così, senza difenderti?

Marcella   È vero! È orribile! Ora che ti sto dinanzi lo com­prendo benissimo. Ma là, sotto i castani... si stava così bene!... Non so più che m'abbia detto... Sa dire le cose con una semplicità... Non so che cosa ci ha preso... Mi sembrava di non far nulla di male...

Germana    Ma che succederà, allora?

Marcella  (accettando tutte le eventualità) Mah! Chi lo sa!...

Germana    È inaudito!... Ma che significa? Ma è una pazzia!... Ma io non le voglio simili storie!... Tu non consideri l'enormità...

Marcella   (poco convinta) Ma sì, t'assicuro!

Germana    È assurdo, via!... In primo luogo, Berthier... lo conosco Berthier... Sarebbe terribile per te un'avven­tura simile... Berthier è un donnaiolo, incapace d'una affezione seria. Prende fuoco davanti a tutte le donne, ma poi, gli piace variare... Ti lascerà dopo quindici giorni, vedrai... T'abbandonerà al tuo destino come una povera figliuola sventurata... E tu verrai ancora a piangere!

Marcella   È per questo che ti dico: è meglio che me ne vada!

Germana    Ebbene, cosa vuoi che ti dica?... Vai pure... Forse è preferibile. Io non posso trattenerti in tali condizio­ni. Non voglio assumermi nessuna responsabilità!

Marcella   Me ne ritorno a Parigi, allora... E poi ti scri­verò...

Germana    E a Filippo che gli vado a dire, adesso?... Son cose da pazzi!... Sei insopportabile, ecco. Rimani, ma mi farai il piacere di contenerti. Sta ferma. Son cose che non si possono ammettere! È uno scandalo!

Marcella   Rimarrò, se ci tieni... Io t'ho avvisata... Sei avvi­sata. (Gesto di lavarsene le mani).

Germana    Proprio da insensati!...

Marcella   Sei in collera?

Germana    Ma sicuro che sono in collera...

Marcella   Iocredo che farei meglio ad andarmene.

Germana    No. Saprai difenderti, credo!

Marcella   (che comincia a salire la scala a ritroso) Come vuoi... Sei avvisata. Io t'ho avvisata...

Germana    Dove vai adesso?

Marcella   Vorrei andare a mettermi un vestito per la cola­zione... Permetti? (salendo sempre) Un minuto... Un minuto solo... (sparisce, Germana si volta e vede Ber­thier fermo sulla soglia con, gli occhi imbambolati ver­so Marcella che scompare).

Germana    Toh!... Siete qua... Non v'avevo inteso. Cercavate di me?

Berthier     No. Guardavo la vostra amica salire in camera...

Germana    Bellina, non è vero?

Berthier     Ah! è un amore di creatura!... Ha un candore, una freschezza... Se l'aveste vista, in giardino, stamane, con quel vestitino... una cosa squisita!

Germana    Marcella sarebbe felice se vi sentisse. È lusinghie­ro avere i complimenti d'un uomo come vai, così difficile!

Berthier     È incantevole!... E poi credo che sia divorziata; ciò che non guasta.

Germana    Dite, Berthier! Avrà qualche volta delle arie un po'... vaporose. Sarà spontanea, un po' bimbetta an­cora... Ma non è una donna degna di tutto il rispetto.

Berthier     Ma ne sono sicuro!

Germana    Ionon voglio che la giudichiate male.

Berthier     Ma io non la giudico male. Al contrario.

Germana    Come vi esaltate! Mi fate paura, sapete! Non per­derete la testa per lei!

Berthier     Ah! Non bisognava farla venire! Non sono certo io che v'ho chiesto di farla venire!

Germana    Siete straordinario! La signora Savignon è qui solo da ieri. Non le avrete detto tre parole. Non sapete niente di lei. E già...?

Berthier     E già?... Non c'è bisogno di tante riflessioni per capire che quella donnina è deliziosa. Quello che ha di sorprendente è appunto questo: che il suo fascino è tutto spontaneo, tutto diretto. È una donna che in­canta là per là, naturalmente, senza volerlo. E non si può neanche dire che sia una civetta. Tutt'altro. È semplice, alla buona. Uno entra. La guarda. È preso.

Germana    Innamora, insomma?

Berthier     Ecco.

Germana    Sicché, ci son delle donne, non è vero, che ema­nano,  quasi loro malgrado, una seduzione...

Berthier     Irresistibile.

Germana    Come spiegate voi, Berthier, questo potere straor­dinario? A che cosa l'attribuite? Da dove si spri­giona?

Berthier     Oh!  È assai misterioso...  È indefinibile.

Germana    E non basta essere belle, non è vero?

Berthier     Ioconosco delle donne bellissime che non hanno nessun successo.

Germana    Si concepisce come quelle che han questo potere, perdano un po' di testa e si lascino trascinare un po' più oltre di quanto non vorrebbero.

Berthier     Diamine, sedurre, è il supremo orgoglio. È tutta la sovranità della donna.

Germana    Naturalmente... Vi confesso, anzi, Berthier, che m'è accaduto di rimpiangere di non possedere questo dono.

Berthier     Chi? Voi?

Germana    Ma sì, io. Lo confesso francamente.

Berthier     Che cosa andate pensando, Germana!  C'è forse il minimo rapporto tra voi e le donne di cui parliamo, via!...

Germana    In altri termini:  tra le donne che innamorano e me, non c'è il minimo confronto.

Berthier     Non vi faccio l'ingiuria, Germana, di paragonarvi...

Germana    Oh! L'ingiuria... Avete detto prima che il dona di piacere costituisce una sovranità!

Berthier     Sì, ma fortunatamente, esistono delle donne  ne esiste una almeno, della quale ho l'onore e la rara for­tuna di essere amico  che è al disopra di quella so­vranità... Ma che avete, oggi? Che volete farmi dire? Nel desiderio di piacere, il più puro, e nell'arte di piacere, la più pura, c'è qualche cosa, in fondo, di non assolutamente puro. È tutto un giuoco più o meno confessabile, più o meno simpatico...

Germana    Non mi fate lo sprezzante, adesso. Eppure, è que­sto giuoco che costituisce il fondo della vostra esistenza.

Berthier     Me l'avete già detto ieri, questo. E non, è certo molto gentile.

Germana    Siete offeso?

Berthier     Seriamente, che avete questa mattina?... Che curio­sa conversazione!...

Germana    Ascoltatemi, Berthier... Forse non mi crederete...

Berthier     Evvia!...

Germana    Mai, capite, mai nessuno m'ha fatto l'ombra di un dito di corte.

Berthier     Non ci mancherebbe altro!

Germana    Allora, nessuno mi farà mai la corte, a me?

Berthier     Ma lo spero bene!

Germana    Non saprò mai che cosa sia?

Berthier     Ho paura di no.

Germana    Mi rallegro tutta! Molto lusinghiero per me!...

Berthier     Ma, che cosa volete?... Bisogna farsi una ragione. Non si può avere tutto!

Germana    Perché no?

Berthier     E ha l'aria di parlare sul serio! Ah! che bambina!... Bisognerebbe essere, o molto giovani o molto ingenui per osare con una donna come voi!

Germana    Una donna come me! Ma che significa infine, una donna come me?

Berthier     Vorreste dei complimenti? Non spetta a me a farveli.

Germana    Voglio sapere che cosa intendete per una donna come me.

Berthier     Una donna che adora suo marito.

Germana    Ma non tutti son tenuti a sapere che io amo mio marito!

Berthier     E credete che questo non si veda? Dalla maggior parte delle donne emana un'attrattiva, una specie di profumo d'amore. Mentre voi non emanate nulla! Non lasciate  leggere nulla nei vostri occhi, perché non amate altri che lui. perché siete felice, insomma... Cosa volete che vi dica?... Ecco, se io non vi conosces­si, sapete che cosa potrei pensare?

Germana    Che cosa?

Berthier     Che avete una voglia matta di farvi fare la corte...

Germana    E allora?

Berthier     Volete che vi faccia la corte?

Germana    Chi lo sa!... Forse... Provate.

Berthier     Che tono! Non mi va mica, v'avverto!... Che c'è? Siete nervosa?

Germana    Niente affatto.

Berthier     Voi avete qualche cosa, via! Che c'è? Avete avuta una discussione con Filippo!

Germana    Lasciate in pace Filippo. Filippo, qui, non ha nien­te a che fare. È partito, Filippo. È andato a Boutiers. Lasciamolo stare a Boutiers. (Egli la guarda stupefatto) State qui... (Gli indica una sedia accanto a lei) Vi sec­ca, che io vi trattenga, qui, accanto a me?

Berthier     Non vi si può nascondere nulla.

 62

Germana    Scherzate! Scherzate! Mi dispensate dal risponder­vi. Capisco. Ho capito. (Egli la guarda sempre più sbi­gottito) Io sono una donna onesta, siamo intesi! Amo mio marito, siamo intesi! Sono una donna straordina­ria, un angelo! Ma non mi farete credere che, se io fossi un pochino bella e seducente, un uomo come voi...

Berthier     Dite!

Germana    Sì, sì,lo so, siete un perfetto gentiluomo. Siete l'a­mico di mio marito; siete incapace di provare il mi­nimo interessamento per la moglie di un amico. Ma sì! Ciò non toglie però che un uomo come voi, sensi­bile come siete al fascino, all'eleganza delle donne, avrebbe pure lasciato scorgere, intravedere... Li co­nosco gli uomini, via! Conosco Filippo, Filippo vuol bene a me sola. Eppure, quando le mie amiche, in certi giorni, sono in vena, lui se ne accorge... Me lo dice. Io non me la prendo davvero... Trovo la cosa natu-ralissima. Dunque, con maggior ragione, voi, Berthier, se mi trovaste...

Berthier     Questa volta è chiaro. Voi mi rimproverate di non aver mai fatto trasparire la minima emozione davanti a voi.

Germana    Oh! non ve lo rimprovero. Lo constato. Ecco tutto.

Berthier     Ma corpo d'un cane, se voi m'aveste turbato, che cosa avrei dovuto fare?

Germana    Inutile parlarne, dal momento che questo non è.

Berthier     Avrei avuto due partiti da prendere: nascondervi quello che provavo, e filare diritto.

Germana    Perché?

Berthier     Perché... E poi, no! Voi vi prendete gioco di me! Non mi lascio pigliare. Non vi rispondo più, ecco!

Germana    (civetta) Quanto è cattivo, stamattina!

Berthier     Ma come avreste accettato che io sentissi qualche cosa per voi?!

Germana    Che male vi sarebbe stato?

Berthier     Via, via... Voi non siete più una bambina... Sapete quale portata hanno le parole. (Risolino di Germana) Non è possibile! Io dormo in piedi! Sogno! Non ca­pisco più!... Non mi sarei ingannato fino a tal punto!

Germana    Chi lo sa!

Berthier     Cosa! Voi volete farmi credere che non siete felice, che gli uomini non vi sono tutti indifferenti?

Germana    Secondo!

Berthier     Quale interesse potreste ammettere a ciò che io po­trei pensare di voi? Io! Berthier?

Germana    Ma... chi sa?...

Berthier     E me lo lascereste dire?... Ma non mi guardate co­sì!... C'è da perdere la testa... Voi non sapete di che sono capace, io!... Ma se debbo credere ai vostri oc-. chi... ai vostri occhi che non si abbassano... non solo mi lascereste dire... (si china su lei).

Germana    Dire?...

Berthier     Ma anche...  (quasi la sfiora col viso)

Germana   (illuminata di gioia) Ma dite dunque, via!

Berthier     (ad un tratto, rigettandola da lui violentemente) Oh! no! no! È troppo!...

Germana    Cosa?

Berthier     Anche voi!

Germana    Che vi piglia?

Berthier     Come le altre! Siete come le altre! Voi! Voi!

Germana    Che significa, infine?

Berthier     Grullo che sono! Io m'immaginavo che voleste scherzare, che voleste mettermi alla prova, che se avessi osato avvicinarmi, mi avreste scaraventato un solenne ceffone! Speravo, l'aspettavo questo schiaffo... Macché! Voi mi lasciavate dire...

Germana    Ma che avete creduto?

Berthier     No, no... inutile; piccina mia... Troppo tardi. Po­tete negare  quanto volete. Ho capito benissimo.

Germana    Avete capito cosa?

Berthier     Eravate là, in una tensione... Io non avevo che da fare un gesto.

Germana    Un gesto, quale?

Berthier     Baciarvi.

Germana    Voi ba... siete completamente pazzo.

Berthier     Potevo baciarvi.

Germana    Ma non dite sciocchezze. Siete uno stupido!

Berthier     Vi guardavo negli occhi. È passata una fiamma di trionfo nei vostri occhi!... Io che credevo che esistesse una donna onesta, una donna pura... Povero inge­nuo!... Ma si capisce! Il marito è assente. Io sono l'a­mico del marito e gli sbaciucchio la moglie. Roba vecchia. Il marito non c'è e l'amico gli ruba la moglie!

Germana    Ah! Basta, alla fine! È assurdo, vi prego di smet­tere!  E di rispettarmi!  È troppo, poi!...

Berthier     Troppo cosa! Rimproveratemi ora di non rispettar-vi abbastanza!

Germana    Questa scena è grottesca. Nessuno mi ha mai par­lato su questo tono! Cosa vi credete di essere qui? Che cosa siete?

Berthier     Che cosa sono? Oh, ve lo dico subito. Sono un uomo che vi venerava. Voi eravate la sola donna nel­la quale io credessi. Non era solo affetto, ammirazio­ne, quella che voi m'ispiravate. Era culto. Vi adoravo. Avevo fatto di voi una specie di idolo. Credevo alla felicità, credevo alla vita. Facevo alle donne, a tutte le donne, un generoso, inesauribile credito, perché ce n'era una almeno inaccessibile... Imbecille che ero! Le donne sono tutte le stesse! La vita è una sudicia cosa!

Germana    Quante parole inutili,  santo Dio! Dite dunque la verità, via! Sarebbe più semplice. Io non vi piaccio. Non vi interesso. E basta.

Berthier     È la verità, infatti. Voi non mi interessate... A rivederci a più tardi, mia piccola Germana... (esce).

SCENA DODICESIMA

Germana, Renato – poi Filippo

Renato       Non s'è rivisto Panon?

Germana    (nervosissima) Che fai tu qui?

Renato       (timido) Cugina mia...

Germana    Cugina tua! Cugina tua! Tu la secchi un po' trop­po la tua cugina! E ci stai seccando tutti, se vuoi sa­perlo! Chi si cura di te? Ti si domanda, forse qual­che cosa? Non c'è più verso di essere lasciata un mi­nuto tranquilla!... Vattene! Lasciami!

Renato       (sbigottito) Sì, cugina...

Germana    (con lo stesso tono d'irritazione) No! Vieni qui!... Come mi trovi tu? Brutta? Bella?... Non mi guardare con quell'aria da cretino. Rispondimi!

Renato       (balbettando) ... Cara cugina...

Germana    Cara, cosa, cara?... Non è poi difficile quello che ti domando. Non sei più un bimbetto. Ci si interessa alle donne, alla tua età... No? Non t'interesso? Tu hai vent'anni, sei a casa mia, mi vedi tutto il giorno; questo non t'impedisce di dormire naturalmente. Io son troppo borghese, troppo goffa... troppo indiffe­rente! Ma dillo! Lo saprò, almeno... Si può vivere lo stesso senza piacere agli uomini... Non farmi quel viso da ebete o ci pigli uno schiaffo!... No, vero, non t'in­teresso? Tu non ci pensi mai, a me? Non sono una donna, io?... (gli ha posato le mani sulle spalle e lo scuote con tutte le sue forze) Ma scuotiti dunque! E di’ qualche cosa, dal momento che ti dico che puoi dirmi tutto! Eppure la lingua non ti manca... Mi guardi? Bravo! Guardami!  Guardala oggi, tua cugina.  E dille franco ciò che pensi di lei! Non cose belle, eh?.. Dillo... Che pensi di me?

Renato       (che è passato per tutte le, fasi dello sbalordimento, del piacere, dell'esitazione, scoccandole bruscamente un bacio in bocca) Toh!

Germana    Oh!! (Filippo che entrava, con degli involti, sulle braccia, ha visto tutto) Filippo...

Renato       Filippo... Io non... 

(Renato si squaglia).

Germana    Ascolta, Filippo... Non è niente, credimi... Tu non vuoi ascoltarmi... Ma quando t'avrò detto, vedrai... Non l'ho fatto apposta; ti pare!... Non m'interrom­pere, sopratutto, perché... è un po' difficile a spie­garsi... Lasciami parlare... Tutti han diritto di parla­re... (mentre cala il sipario).

Filippo       Parla. Parla. T'ascolto.

Germana    Tu non mi... Non vorrai... Filippo... io... (crisi di nervi. Si getta sul canapè).

Filippo        (freddo) A rivederci, Germana.

Sipario


ATTO  TERZO

La stessa scena. Il pomeriggio.

SCENA   PRIMA

Luisa - Marcella

Marcella   Non avete visto il signor Berthier, Luisa?

Luisa          Ma no, signora.

Marcella   A che ora si fa colazione, di solito?

Luisa          A mezzogiorno, signora.

Marcella   Ma è l'una a momenti, credo!

Luisa          Ionon ci capisco più niente. Tutto va di traverso, oggi. La signora m'ha parlato poco fa con un tono!...

Marcella   Che cosa v'ha detto, Luisa?

Luisa          Giudichi lei. Io salgo in camera e le domando: Si può servire, signora?  Non indovinerà mai che cosa m'ha risposto!

Marcella   Che cosa v'ha risposto, Luisa?

Luisa          M'ha risposto: « Luisa, mi date ai nervi! »... È la prima volta in dieci anni, che la signora mi risponde così.

Marcella   Non bisogna farci caso. Luisa... Volete che vada io stessa a dirle che la colazione è pronta?

Luisa          Oh! Io non risalgo davvero!

Marcella   Sta bene. Vado io.

(Germana scende).

SCENA SECONDA

Luisa (un istante) – Marcella  - Germana

Germana    Insomma, che si aspetta a mettersi a tavola?

Luisa          Ma il signore non c'è, signora!

Germana    Dite che si serva.

Luisa          Bene, signora.

Marcella   Non ci metteremo a tavola senza tuo marito!

Germana    Dite che non si serva.

Luisa          Bene, signora,  (esce seccata),

Marcella   Come sei nervosa! L'hai trattata un po' duramen­te quella povera Luisa...

Germana    Se non è contenta, non ha che d'andarsene!

Marcella   Ma che hai? Sei ancora adirata con me per quello che t'ho detto questa mattina?

Germana    (stringendosi nelle spalle) Oh, sì! Penso proprio a quelle storie in questo momento!... Dio, che giorna­ta!... E Berthier? Dov'è Berthier?

Marcella   Non l'ho più visto da stamane. Non ho visto nes­suno.

Germana    Ognuno se ne va per proprio conto,  adesso!...  E poi non si deve essere nervose!... (entra Renato) E tu che fai qui?                                          -

Renato       Germana, bisogna che vi parli!

Germana    Sì? Incomincia intanto a tacere!  Fammi il santo favore di andartene in camera tua e di non muoverti più.                   

Renato       Quello che ho da dirvi, Germana, è di una gra­vita eccezionale. È indispensabile che io abbia con voi un colloquio in particolare.

Germana    Hai capito che cosa t'ho detto?

Renato       Sì,  cugina,   (batte in ritirata).

Marcella   (timidamente) Ma insomma, che c'è, Germana? È accaduto qualche cosa?

SCENA TERZA

Germana - Marcella - Berthier

Berthier     (che entra asciugandosi il sudore) Tutte le mie scu­se, mia cara Germana. Sono terribilmente in ritardo!

Germana    Non vi scusate, mio caro. Mio marito non è ancora tornato.

Berthier     A quest'ora?  Dov'è andato?

Germana    Voi non lo avete visto?

Berthier     No.

Germana    Tanto peggio. Mettiamoci a tavola.

Berthier     Non possiamo metterci a tavola senza Filippo.

Germana    Aspettatelo voi, se volete. Io ne ho abbastanza. Quando il mio signor marito sarà venuto, mi farete il favore d'avvertirmi.

Marcella   Vuoi che venga con te?

Germana    No, figliuola mia, no. Non ti disturbare. Oggi, ve­di, bisogna lasciarmi stare.

SCENA QUARTA

Marcella, Berthier

Marcella   (che ha seguito con gli occhi Germana; appena è scomparsa) Ma che ha?

Berthier     Non ci badate. Una piccola burrasca.

Marcella   Una burrasca?                        

Berthier     C'è un po' di burrasca nell'aria, oggi!

Marcella   Credete?

Berthier     Bisogna far mostra di non accorgertene.

Marcella   Sì?... Mi fa piacere di vedervi... Non sapevo dove foste. Caterina v'ha cercato, non eravate neppure in giardino. Vi ho dunque capito male? Ai platani, m'a­vevate detto d'aspettarvi?

Berthier     Ah! sì! È vero!... Sì, sì, sì, sì. (desolato) Ah! Che testa!... Vi domando perdono, (un silenzio d'imba­razzo).

Marcella   Non importa, dal momento che siete qua. Ma io non sapevo più cosa pensare. (lo guarda aspettando un bacio al quale Berthier evidentemente non pen­sa) Credete che possa vederci qualcuno? (guarda dalla vetrata) No, non c'è nessuno.  (pausa) Ma che avete?

Berthier     Ma niente, ma niente... .

Marcella   Dove eravate?

Berthier     Non saprei... per di là...  (grande gesto vago).

Marcella   Ma che cosa c'è staio?

Berthier     Ma niente... Siete voi che mi avete lasciato per an­dare a cambiarvi. Io sono entrato qui, ho fatto due chiacchiere con Germana... E poi sono andato a fare un giro... Non mi sentivo troppo in vena. Sono uscito dal giardino senza troppo pensare a quello che fa­cevo... ho camminato dritto davanti a me, ho attraver­sato un campo d'erba medica...

Marcella   Infine, siete qua, ora! (silenzio distratto di Bert­hier. Essa rompe in lacrime).

Berthier     Che c'è? Che avete?...

Marcella   Niente, niente...

Berthier     Ma sì, voi piangete!

Marcella   Vi trovo tutti così strani, questa mattina!... Da due ore mi lasciano sola. Filippo è andato a Boutiers... Germana è salita in camera, e voi ve ne andate a pas­seggio sull'erba medica...

Berthier     Oh! ma rion bisogna essere così sensibili!

Marcella   Ma infine, che cosa v'ho fatto? Che cosa vi ho fatto?

Berthier     Voi?

Marcella   Vedo bene che siete cambiato... Non mi guardate più come questa mattina. Mi fate quasi soggezione, ora.                                        

Berthier     Ma no, ma no...

Marcella   Infine questa mattina...

Berthier     Ah! sì! Questa mattina! Fa bello, poi una nuvola passa... Il sole si nasconde un momento... Non bisogna farci caso...

Marcella   Ma... non ci sono nuvole. Fa un tempo magnifico.

Berthier     Sì, ma questa mattina, ricordatevi... quella luce... Era uno spettacolo magnifico! Bisogna diffidare di quella luce... Si ridiviene fanciulli... Ci si abbandona alle prime impressioni... Male, male... si farebbero delle sciocchezze! La vita non è un trastullo. È una cosa seria, la vita... Non bisogna lasciarsi andare senza riflettere, tanto più che non sono che miraggi quelle  prime impressioni... Che cosa si troverà alla fine? Voi non mi conoscete; non sapete chi sono. Che valore ha esattamente questo turbamento d'un mattino d'estate? La poesia di queste prime espansioni, sappiamo bene che non potremo mai realizzarla... Voi siete giovane, bella, piena di sensibilità... anche troppo.

Marcella  Perché mi dite tutte queste cose  Non vi piaccio più?

Berthier     Ma sì! Che domande mi fate!... Voi siete una crea­tura squisita!

Marcella   E allora?

Berthier     Sono io che non mi sento degno di voi.

Marcella   Non capisco...

Berthier     Ma sì, ma sì, voi capite benissimo... Oh! non pian­gete, via...

Marcella   Non vi piace forse questo vestito?.

Berthier     Ma sì, questo vestito mi piace, tutto mi piace...

Marcella   E allora?...   (piange in silenzio, lui le prende la mano).

Berthier     Non cercate di comprendere... io sono un originale, lo sapete. Sarà la campagna... io non sono fatto per la campagna, positivamente. Non bisogna darmi ascol­to... Finalmente, ecco Filippo!

(Filippo entra, serio, quasi cupo).

Marcella   Buongiorno, Filippo.

Filippo       Marcella, voi mi fareste una vera gentilezza a la­sciarmi solo un momentino con Berthier.

Marcella(contrariata) Sì... subito... Vado a sedermi in ca­mera mia... (sale la scala trattenendo le lacrime) Non mi muovo di camera. Mi chiamerete.

Filippo       Non dubitate.

SCENA QUINTA

Filippo - Berthier

Filippo       (a Berthier che spiega un giornale) Germana è su?

Berthier     (con gli occhi sul giornale) Sì, credo.

Filippo       S'è messa a tavola con voi?

Berthier     Ma non abbiamo ancora mangiato. Aspettiamo te.

Filippo       Ah! non avete mangiato... E... non trovi altro da dirmi?

Berthier     Vuoi che ti sgridi perché arrivi in ritardo? In campagna ciascuno è libero, amico mio. Se io avessi avuto fame, ti giuro che non t'avrei aspettato.

Filippo        Oh! non mi esasperare!

Berthier     Ah! Ma che hai?

Filippo       Ma guardami, amico mio!...

Berthier     Ah sì, hai una faccia... Da dove vieni?

Filippo       Cosa vuoi che sappia...

Berthier     Non sai da dove vieni?

Filippo       No. Hocamminato... camminato tanto per cammi­nare... lungo un campo d'erba medica...

Berthier     Ah!?

Filippo       Mi accade, amico mio, una cosa talmente enorme che io mi domando se non sogno, se non sono in pre­da a un incubo spaventoso!

Berthier     Cosa? Di'! Spicciati... mi fai paura!

Filippo       Tunon mi crederai. Mi dirai che sono un alluci­nato...

Berthier     Ma parla, dunque!

Filippo       Caro mio, io ho sposato un mostro. Mia moglie è un mostro.   

Berthier     Spiegati!                                                          

Filippo       L'ho sorpresa due ore fa con Renato.

Berthier     Con Renato! Renato, il cugino?

Filippo       Sì.

Berthier     Che facevano?

Filippo       Si baciavano.

Berthier     Oh, che mi dici!

Filippo       Come, « Oh, che mi dici! » Tu non m'hai ancora capito bene. Germana e Renato, sì, caro... Tu sei in­tontito... Non realizzi... non trovi una risposta... Cosa vuoi rispondere, del resto? Sei come me... Resti ful­minato!

Berthier     Sai... le donne...

Filippo        Eh? Che  c'entrano « le  donne »?... Non è que­stione di donne. Dove hai la testa in questo momen­to? Si tratta di mia moglie, di Germana!

Berthier     Eh, sì! avevo capito...

Filippo        (scandalizzato) Ah! Avevi capito!... Ed  è questo l'effetto che ti produce!

Berthier     Amico mio...

Filippo       (eccitatissimo) Io m'aspettavo uno scatto... un gri­do da parte tua! E invece; hai appena l'aria di essere sorpreso... Tu sai cosa era Germana per me... ne par­lavamo anche ieri. Tu lo sai quale coppia formava­mo... Per te, la nostra unione non somigliava davvero a tutte le unioni...

Berthier     Calmati! Calmati! Tu ti ecciti!...

Filippo        (accasciandosi su una poltrona) Tu non avevi ca­pito nulla di quello che era il mio focolare domesti­co... Proprio vero, si è soli a questo mondo. Io cre­devo di avere un amico. Credevo di avere una moglie...

Berthier      (teneramente) Tu eri troppo fiducioso, e anche troppo ottimista. Non poteva essere nemmeno normale questa perfezione...

Filippo       (a se stesso) Imbecille!

Berthier     Che farai?

Filippo       Che farò? Cosa vuoi che sappia...

Berthier     Non hai deciso niente, ancora?

Filippo       Ma no che non ho deciso! Che domande mi fai!... Io sono stordito. È già molto se arrivo appena a con­cepire quello che mi succede... Decidere cosa?... Io non vedo che una soluzione: andarmene. Devo an­darmene?

Berthier     (evasivo) Non saprei... non so... andartene, è un po' grave...

Filippo       Tumi dirai che, in fondo, non si tratta che d'un bacio, e, che un bacio non è poi una ragione formale, decisiva...

Berthier     (mollemente) Sì...                                     

Filippo       Ma, normalmente, è la stessa cosa. Per me, alme­no, è la stessa cosa... (silenzio di Berthier) Tu mi di­rai che si tratta, insomma, d'un piccolo sbarazzino... d'un imbecilletto che non bisogna prendere sul serio, che lei, infine, ha sempre conosciuto...

Berthier     (senza convinzione) Sì, sì...

Filippo       (con forza) Ma se vuoi che te la dica, questa non è una circostanza attenuante, capisci! (Berthier non ri­sponde) Beh? Parla!

Berthier     Essa t'ha dato dieci anni di felicità, cosa vuoi? Non bisogna poi chiedere troppo alla vita... Non è una cosa allegra, la vita, lo sai. E poi, può anche trattarsi d'un piccolo incidente. D'ora in poi, sii più attento. Fatti sentire... Non bisogna poi essere troppo assolutisti.

Filippo       Infine, al mio posto, tu che faresti?

Berthier     Oh! io...

Filippo       Rimarresti?

Berthier     No.

Filippo       Te ne andresti?

Berthier     Io, sì... me ne andrei.                                      

Filippo       (impallidendo) Lo vedi! Lo vedi! Tu sei del mio parere!... Sta bene. Me ne andrò!

Berthier     Però non bisogna precipitare. L'importante, in tali  frangenti, è di non perdere la testa. Aspetta a do­mani.                                                            

Filippo       No, voglio andarmene.

Berthier     Senti, Filippo...

Filippo       Non sento niente!

Berthier     E poi, sì, hai ragione! È inammissibile che que­ste pupattole ci avvelenino la vita come fanno! Si cre­de in loro, si immagina che siano più delicate di noi, più fini di noi. E sono dei piccoli animali, né più né meno... Il pudore, vuoi che te lo dica, il pudore è una virtù che noi uomini crediamo che abbiano le donne... Sii energico! Vai fino in fondo! Quando ci si inoltra sulla via delle concessioni, non si sa più dove si va a finire... Lasciala! Separatevi. Non ti dico per sempre. In seguito, vedrai. Ma intanto, dalle una buo­na lezione. Io parto con te.

Filippo       Grazie. Vedo che mi comprendi.

Berthier     Più di quanto non credi. Vieni, vieni... Le nostre valige in macchina, e filiamo dritti.

Filippo       Aspetta. C'è prima uno al quale devo dire due pa­role.

Berthier     Chi?

Filippo       Renato.

Berthier     A quale scopo? Non t'abbassare a questo.

Filippo       E ti figuri che io voglia lasciare quel bimbetto fare il bello alle mie spalle, dopo che io me ne sarò andato! No, caro!

(chiama) Luisa... Chiamatemi Renato. Che venga qui subito!... Resta con me, vecchio mio.

Berthier     Calma, ti raccomando.

Filippo       Sta’ tranquillo.

SCENA SESTA

Berthier, Filippo, Renato

(Renato entra abbottonandosi).

Filippo       Ah! siete qua, voi! Volevo dirvi solo questo. L'inci­dente d'oggi avrà delle conseguenze molto più gravi di quanto non pensiate. A causa vostra, io mi separerò da mia moglie.

Renato       Mia cugina...

Filippo       Tacete!

Berthier     Lascialo parlare.

Renato       Mia cugina non è affatto colpevole. Sono stato io... Rivendico tutte le responsabilità. Domando che mia cugina sia messa fuori di discussione, e che questa fac­cenda si regoli tra uomini. Io sono...

Filippo       Basta, eh!... Io v'ho chiamato per significarvi i miei ordini e non per ascoltare le vostre spiegazioni. Non so che farmene. Suppongo che non conterete di restare a lungo in questa casa. Io partirò fra dieci mi­nuti. Intendo che fra dieci minuti, voi abbiate sgom­brato!

Renato       Non prima di avervi dichiarato nella maniera più formale...

Filippo       Via! Fuori!

Berthier     Lascialo, lascialo stare... (a Renato) Che volevate dire?

Renato      Che sono interamente ai vostri ordini. Le donne sono esseri deboli che si lasciano facilmente trasci­nare. È la loro stessa natura che le induce a lasciarsi trasportare... È stata la mia volontà, la mia audacia che hanno avuto ragione di mia cugina. La mia foga, la mia impetuosità...

Filippo        (terribile) Toglietevi dai piedi!

Renato       (con dignità) Me ne andrò. Ma mia cugina è inno­cente.  Se voi l'abbandonate, non l'abbandono io. E dichiaro, nella maniera più formale, che voglio ripa­rare i miei torti, che la sposerò.

Filippo        (soffocando) Uscite fuori!

Berthier     Via, via, filate, sparite.

(Renato si affretta ad uscire).

SCENA SETTIMA

Filippo - Berthier

Berthier     Un po' di sangue freddo, via!

Filippo       Ah! non mi dire nulla! Lo vedi che si tratta di peggio di quanto non pensavo! Hai sentito, che cosa ha detto! Ha fatto un assedio in piena regola! È una sto­ria che non data da oggi. La relazione durava da un pezzo. Via, via, vieni... andiamo... sento troppo il disgusto... Andiamo via...

Berthier     (che da un momento riflette)  Non avevi notato fi­nora nulla in tua moglie?

Filippo       Ma no, nulla.

Berthier     È strano tutto questo. Quando uno conosce una donna come tu conosci la tua e quando si è l'uomo che tu sei, ci son cose che pure si notano... Gli occhi non sono più gli stessi. Ci sono indizi...

Filippo       (a un tratto) Aspetta! Ma sì, avevo notato. È evi­dente che gli indizi c'erano. Ieri... m'ha tenuto certi discorsi... Questa mattina ancora. Ma io ero a mille leghe... Ah, sì! Eccolo il matrimonio, amico mio. Ci rimbecillisce. Io avevo una benda sugli occhi. Ero fiducioso. Non vedevo niente. Ero il marito! Dormivo!

Berthier     Che discorsi t'ha tenuti?

Filippo        Ora capisco tutto!  Tutto è chiaro come acqua di roccia! M'ha domandato, con delle precauzioni inau­dite, se essa potesse turbare gli uomini.

Berthier     T'ha domandato questo?

Filippo       Già. Le frullava chi sa quale idea per la testa, è evi­dente.

Berthier     E questo avveniva...

Filippo       Questa mattina.

Berthier     Questa mattina?... Oh, bella!... E a che ora, esat­tamente, l'hai sorpresa?

Filippo       Non so. Verso le undici.

Berthier     E fino a ieri, non avevi notato nulla di nulla?

Filippo       Ma nulla, assolutamente! Renato, figurati, era per lei come un fratello. L'ha visto nascere.

Berthier     Chiamala.

Filippo       Per che fare?

Berthier     Vedila. Falla parlare un poco. Tutto questo non è chiaro.

Filippo       Quel che ho visto era chiaro abbastanza.

Berthier     L'audacia, la volontà di quel ragazzo, tu ci credi?...

(chiama a piedi della scala)  Germana!... (a Filippo) Lasciala dire. Tu non dire nulla. Di' il meno che sia possibile.

Filippo       Non dirò niente. Non dirò niente.

Berthier     Calma... Frattanto io vado a intervistare... Il peri­coloso « c ». Ti ritrovo qui... (a Germana che appare a capo della scala) Germana, Filippo vi vuol parlare. (esce)

SCENA OTTAVA

Filippo - Germana

Filippo       Germana, io parto, non hai nulla da dirmi?

Germana    Te ne vai? Quando torni?

Filippo       Come quando torno? T'immagini che vada a fare una passeggiata, una gita di piacere?... Me ne vado. Lascio la casa. Non capisci ancora? Ti lascio! Ripren­do la mia libertà!

Germana    Tusei pazzo, Filippo!

Filippo       Non sono mai stato così lucido! Fra un quarto d'ora io e Berthier saremo partiti.

Germana    Berthier?

Filippo       Berthier parte con me. Fra qualche giorno, quan­do avrò preso le mie disposizioni, ti farò sapere dove bisognerà  farmi  recapitare la  mia  corrispondenza.

Germana    Tunon te ne andrai, spero, per quella stupida sto­riella! È una storiella stupida, Filippo. Tu m'ascol­terai.

Filippo       Ascoltare cosa? Le tue spiegazioni? Le conosco. Mi dirai che quell'imbecilletto era innamorato pazzo di te. Alla sua etàè cosa naturalissima. Chi è quel cu­gino che non s'innamora della cugina? È un passa­tempo innocente pei mesi di villeggiatura. Le cugine sono state create apposta per farsi sbaciucchiare in tutti i cantucci. Bisognerebbe avere un animo cattivo per vederci del male. Le donne si lasciano talmente suggestionare! Si può forse resistere a un paggetto di vent'anni che ha tutte le audacie e tutte le sfronta-tezze?

Germana    Tutte le audacie, Renato? Fammi il piacere!... Se vuoi sapere la verità, Sono io, io sola, che, stupidamente...

Filippo       Ah! Già! Sei tu!... È ammirevole! Questa gara di generositàè ammirevole! Tengo a farti sapere che è stato sublime quanto te, il tuo piccolo amico. Ha pre­so tutto a suo carico. Questa storiella è grottesca! Se io avessi solo dei sospetti, capirei che tu ti difenda. Ma ho visto. Vi ho visti!

Germana    Filippo...

Filippo       Cosa speri di farmi credere? Che non c'è stato nien­te fra voi? Un bacio, cos'è mai un bacio? D'estate in campagna, le labbra sono fatte per questo. Che c'è di male? È così carino un bacio!... Tutte le donne ti comprenderebbero! E ci vuol proprio un bruto di marito per non accettare che una giovane sposa si distragga un poco!... Ebbene, io"sono un bruto, picci­na mia, e tu non sei stata fortunata! Sei cascata su un marito così retrogrado, così ottuso, che non ammette che sua moglie si diverta a questi giuochi! Per me, una moglie che si conduce come ti sei condotta tu, non esiste. Non mi sento più nulla per te, né affetto, né stima, niente! Non ti disprezzo nemmeno. Mi sei in­differente. Mi sento distaccato al punto... È terribi­le!... E tu lo comprendi così bene, che non tenti nem­meno la più piccola difesa. Non cerchi nemmeno di trattenermi.

Germana    Ascolta, Filippo. In questo momento tu sei in uno stato che è inutile ch'io cerchi di spiegarti. Tutte le parole sarebbero vane. Per comprendere, bisogna che tu sia un po' calmato. Sicché, ti dico: Sta bene, te ne andrai. Fai una cosa sciocca, ma infine, giacché ci tieni... Solamente, potrai concedermi, spero, di aspettare fino a domani, fino a questa sera... Partirai questa sera, Filippo.

Filippo       Questa sera? T'immagini che io potrei restare in questa casa fino a stasera? Ma neanche un minuto! Neanche un secondo! Parto immediatamente. Non abbiamo più nulla da dirci... Tu non hai altro da dirmi; no?... (essa tace) Ma rispondi! Parla! Di' qual­che cosa!... Te ne stai là; immobile, muta... Si di­rebbe che quello che ci succede non ti riguardi nem­meno... (fa qualche passo, la guarda nervosissimo) Non ti riguarda, vero? T'è indifferente ch'io parta così? Sei magnifica!... Per te, non conta nulla... non avrai nemmeno una parola di rimorso, di rimpianto! Non una lacrima! È formidabile! Se ne sta là, con la sua bella vestina gialla, tutta bella liscia. Avesse gual­cita una piega!... Ci tiene alla sua vestina liscia!... Oggi, per lei, è un giorno come un altro... (la scuote brutalmente pei polsi) Misenti, Germana?... Ah! che! Non se ne cava nulla! E seguita a guardarmi con quegli occhi spalancati!... Ma tu ti sbagli di grosso se credi che mi commuovano! Ah, lo senti quel che ti dico?... Sì, sì, fammi la bella, adesso... Non mi incanti...

Germana    (pronta) Che dici?

(durante la battuta nervosissima di lui, lei avrà conser­vato la più grande immobilità: rigida, enigmatica, gli occhi fissi davanti a lei, nell'ansia: interiore che repri­me, lo sente venire, l'aspetta, una immensa gioia a poco a poco l'invade).

Filippo       Povera innocentina! Come se non lo sapesse quale seduzione possiede in quella pelle, in quel collo, in quella bocca, in quel... Ed è tremendo che nulla della bruttezza dell'anima debba trasparire da quel viso... che si possa avere un cuore così arido e conservare questa freschezza, questa luminosità!... Quando si pen­sa a tante povere figliole, che sono tesori di bontà e di cui nessuno si cura perché non hanno quel certo non so che... Che ingiustizia!... (la guarda) No! Ma guardatemi quegli occhi!... Se le resto accanto un al­tro po', sta a vedere che mi lascio tentare... È que­sto che tu vuoti, dì? È questo che speri?... Sciocca... la bellezza, la giovinezza... Ah! sì! Sono coefficienti irresistibili... Ma non per me, cara... Tu non mi co­nosci!.:. Saresti contenta, eh? se arrivassi a questo? Se un uomo come me, orgoglioso, serio, posato, ti restasse avvinto dal più basso degli istinti!... dal più vile degli appetiti!... Vero, eh! Sarebbe una bella, vittoria! Potremmo andarne superbi tutti e due!... Ah, sì! Hai fatto una bella cosa! Perché, è anche più ter­ribile di quanto non credevo! Sta a vedere che mi farà restare! Che m'inchioderà qui, dicendosi: Ah! che! lo tengo! non se ne va!... (la fissa un po' poi con un gesto frenetico, risoluto)  Ebbene no! Non me ne vado!

Germana    (gli occhi già le brillano) Davvero? Non te ne vai?

Filippo       (con irritazione e con sfida) No! Non me ne vado! Puoi rallegrarti! Siamo degni l'uno dell'altro! Siamo alla medesima altezza! Miserabile tu, miserabile io... Rimango, mi senti? Rimango! Ed è così forte, se vuoi saperlo, questo richiamo che si sprigionai da te, dal tuo corpo, che in questo momento... non so chi mi tenga... È tremendo quello che sto per dire!... Io non mi sen­to sicuro di non desiderarti!... (sguardo intensa) Sì! Ti desidero!... E dopo questo, se tu non, muori di ver­gogna...

Germana    (riso radioso) Filippo! Filippo! Se tu sapessi come sono contenta!

Filippo       (sbalordito) Eh! Cosa!?.., (riso felice di Germana) E ride! Disgraziata!... È caduta più in basso di quan­to non credevo!... Io rimango, ma ci pensi tu quale sarà la nostra vita? La fiducia morta, la gelosia la più volgare... saremo in balia di tutte le miserie coniu­gali. Io ti farò pedinare quando esci, aprirò le tue lettere...  Sarà un inferno la nostra vita!

Germana    (ballando attorno a lui) Ma tu mi desideri, vero? Mi desideri? Mi desideri!...

Filippo       Ti desidero, ma nella maniera più bassa che vi sia! E non c'è nulla di più umiliante per una donna che l'essere desiderata così volgarmente!... Ti desidero, ma non t'amo più!

Germana    (al colmo della felicità) Ho capito, Filippo. Tu non mi ami, ed io ti piaccio. Ti piaccio! Ti piaccio!... (trionfante) Ho la mia vittoria!

Filippo       La chiami vittoria, tu? Non sei difficile... E smetti di ridere!

Germana    Ma sì, io rido! Rido, perché ho voglia di ridere! Tu non potrai impedirmi di ridere, Filippo! So quel che volevo sapere e sono perfettamente felice! E rido! E tu verrai subito a darmi un bacio!

Filippo        Questa è incoscienza!  È un'incosciente!  È pazza da legare! Ma tu dovresti trascinarti ginocchioni in questo momento,  supplicarmi di perdonarti!

Germana    Perdonarmi, cosa?

Filippo       Come, cosa? E quel bacio?

Germana    Quale bacio?

Filippo       Mi domanda quale bacio!...

Germana    Ah! Il bacio... Renato!... Ma sono sciocchezze... Si tratta di ben altro...

Filippo       Ah! Ti pare!

Germana    Ma si capisce!

Filippo       Non t'ha baciata?        

Germana    Ma è colpa tua!

Filippo       Colpa mia?

Germana    Ma naturale! Tu non avevi che da rispondermi ieri.

Filippo       Ancora quella stupidaggine! Vuoi dirmi che c'entra?

Germana    Ma è sempre la stessa storia... Bisognava che io sapessi.

Filippo       Che tu sapessi, cosa?

Germana    Se io son donna da poter innamorare. T'ho posta la questione. Tu non mi hai risposto. Ed io mi son ri­volta a un altro.

Filippo       A Renato?

Germana    A Renato.

Filippo       Hai domandato a tuo cugino se gli piacevi?

Germana    Perché no? Mi erano venuti certi nervi!... Ho chia­mato Renato e gli ho detto: « E a te, Renato, ti piac­cio? » Lui è rimasto imbambolato senza capirci una acca. Mi guardava con certi occhi da cane, d'un buon cane che cerca di capire, gli occhi di Tito tale quale, gli occhi di Tito. Io ho precisato: «Che cosa pensi di me come donna? » Allora, quella povera bestiola, non so che cosa si sia creduto... Ha spinto avanti il suo testone... e là!  in piena bocca! (ride) Tu sei entrato proprio in quel momento...  Cosa volevi che ti dicessi!...

Filippo       Proprio così?

Germana    Ma sicuro, è così.

Filippo       Ma allora... non c'è proprio nulla!

Germana    Ma nulla, ti pare...

Filippo       Idiota! Ed io che avevo creduto!... (si mette a pian­gere di stizza e di commozione)

Germana    Vieni a dare un bacio, adesso... Presto, Filippo, un bacio!

Filippo       (stringendola con emozione) Allora, tu sei sempre la mia Germana... Sei tu? Ti ritrovo?... Guardami! Ah, sei proprio un bel tipo!

Germana    Via, non pensarci più. È cosa dimenticata.

Filippo       Dimenticata? Sei magnifica tu! Lascia almeno che mi riabbia...  Tu non lo sai quello che ho passato...

Germana    Ma se è finito!

Filippo       Noche non è finito... Adesso che ti sei fissata in questa idea, io mi domando se non vorrai ancora ras­sicurarti... C'è da stare allegri! Ogni qualvolta mia moglie s'imbatterà in un uomo, io dovrò domandar­mi: « Non vorrà mica sapere? »

Germana    Scioccone che sei! Ma io sorto rassicurata a questo riguardo! È per questo che rido! Non ho più bisogno di prove, ormai... Ti ripeto che ho la mia vittoria!

Filippo       Tuconsideri quel bacio di cane, come una vittoria?

Germana    Ma non si tratta di Renato. Tu pensi sempre a Re­nato!

Filippo       Eppure, non hai fatto altro esperimento, ch'io sappia?

Germana    Ma sì!

Filippo        (allarmato) Hai fatto un altro esperimento?

Germana    Ma naturalmente.

Filippo       E con chi?

Germana    E questa volta, sai, è stata una vittoria completa! Incontestabile!

Filippo       Con chi? Con chi?...

Germana    Ma con te, Filippo... (dinanzi alla faccia ebete di Filippo) Via, ricordati! Poco fa mi disprezzavi e mi guardavi... Ti piacevo e ti disgustavo... Che cosa po­tevo desiderare di più?

Filippo       Ma già! È un modo di concepire! Che cosa potevi desiderare di più?...  Insomma sono stato io che ho accomodato tutto!... Pazzerella... (la fa sedere sui ginocchi, la prende fra le braccia) Baciami!

Germana    Filippo!...

Filippo       Però, lo vedi a che cosa ci poteva esporre questo piccolo scherzo?

Germana    E tu perché non m'hai risposto?

Filippo       E che volevi, che prendessi sul serio quel tuo ghi­ribizzo?...

Germana    Lochiami un ghiribizzo, tu? Ma era una cosa gra­vissima, caro! Era tutta la mia vita di donna che era in ballo! Io non mi rendevo conto cosa vuoi, non ho mai conosciuto nessuno. Poneva essere il fallimento della mia vita di donna!

Filippo       O provare piuttosto che l'amore di tuo marito non ti bastasse più, che il tuo affetto cominciasse a scemare.

Germana    Ma al contrario... Non soltanto era grave per me. Era grave per te, per noi due, per il nostro amore... Ma sì. Pensa un poco, Filippo. Se io non fossi sicura d'essere  bellina,  più  bellina  delle  altre,   che  merito avrei ad amarti, a non amare che te?

Filippo       Stupidona!...  (lungo bacio)  Sei rassicurata adesso?

Germana    Sì, Filippo.

Filippo       (guardandola avidamente) Ma che hai oggi per es­sere tanto bella?

Germana    (pudibonda) Filippo, te ne prego... (lui la bacia ancora) Filippo, via!... (lui le parla all'orecchio) Adesso poi esageri... (Filippo la bacia più gravemen­te).

(Appare Berthier).

SCENA NONA

Filippo - Germana - Berthier

Berthier      (arrestandosi) Oh! Belli!!

Filippo       Berthier... ti spiegherò...

Berthier     Inutile.

Filippo       È un angelo!

Berthier     Lo so.                                                        

Filippo       Tu hai ascoltato?...

Berthier     Così così...

Filippoe GermanaOh!...

Berthier     Beh, ora, ragazzi, si potrebbe andare a tavola?...

Germana    Dov'è Marcella?  (chiama) Marcella!

Berthier     (sulla scala) Vado a chiamarla...

Filippo       Puoi chiamare anche Renato.  (prende pel braccio sua  moglie e la trae allegramente verso la sala da pranzo).

SCENA DECIMA

Marcella - Berthier

Berthier     (aMarcella che appare) Via! Presto! Venite!...

Marcella   E Germana? E Filippo?...

Berthier     Sono a tavola... Spicciatevi. Ho da dirvi una cosa interessantissima.

Marcella   Che cosa?

Berthier     Oh! Ma non mi fate quel viso triste! Via, sorridete! La vita è bella!

Marcella   Mi dicevate...

Berthier     Ma no! Ma no!... La vita è bella! Sono felice! Voi siete adorabile... (Marcella gioisce) Ascoltate!

Marcella   Ascolto...

Berthier     Ti amo!... Ti amo! Ti amo! Ti amo!... (la tira per la mano. Scappano in sala da pranzo...).

Sipario