Sei gradi di separazione

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SEI GRADI DI SEPARAZIONE

Commedia

Di JOHN GUARE

PERSONAGGI

Ouisa

Flan

Geoffrey

Paul

Marchetta

Kitty

Larkìn

Ispettore di polizia

Tess

Woody

Ben

Dott. Fine

Doug

Poliziotto/Portiere

Trent

Rick

Elizabeth

Commedia formattata da

Un dipinto ruota lentamente sopra il palcoscenico, in alto. È un quadro di Kandinsky. Il pittore ha dipinto entrambi i lati della tela in due stili diversi. Un lato e geometrico e severo. L'altro lato e caotico e vivace. Il qua­dro cessa di ruotare e opta per il lato geometrico.

Una coppia corre sul palcoscenico, in vestaglia; sono entrambi molto agi­tati. FLANDERS KITTREDGE ha 44 anni, LOUISA KITTREDGE 43. Sono una bella coppia. Si rivolgono a noi.

OUISA                         - Raccontaglielo!

FLAN                                     - Sto tremando.

OUISA                         - Devi fare qualcosa!

FLAN                           - È tremendo.

OUISA                         - E sparito qualcosa?

FLAN                                     - Come faccio a saperlo? Sto tremando.

OUISA                                   - (A noi) Ha preso qualcosa?

FLAN                                     - Ti vuoi calmare?

OUISA                                   - Vorrei sapere se è sparito qualcosa.

FLAN                           - (A noi) Siamo entrati nella stanza.

OUISA                         - Sono entrata io per prima. Tu non hai visto quello che ho visto io.

FLAN                                     - Calmati.

OUISA                                   - Avrebbe potuto ucciderci.

FLAN                                     - II calamaio vittoriano d'argento.

OUISA                         - Come puoi pensare alle cose! Avrebbe potuto ucciderci.

Per un attimo entra un attore che ha in mano un calamaio vittoriano decorato con un coperchio a forma di castoro d'argento.

FLAN                           - Eccolo, il calamaio. Il castoro d'argento. Perché?

OUISA                         - La gola. Avrebbe potuto tagliarci la gola.

Un altro attore entra per un attimo tenendo in mano il ritratto incorni­ciato di un cane, diciamo, un carlino.

FLAN                           - Ed ecco l'acquarello. Il nostro cane.

OUISA                                   - La sera vai a letto tutto felice e poi ti ritrovi ammazzato. Ci saremmo risvegliati?

FLAN                                     - "Adesso che mi appresto a riposare"... parole terrificanti. .. il solo pensiero...

OUISA                                   - "Voglia il Signore la mia anima conservare"...

FLAN                                     - Poi arriva la parte da incubo... "Se prima di svegliarmi dovessi morire"...

OUISA                                   - Se dovessi morire... "Voglia il Signore la mia anima custodire"...

FLAN &OUISA               - Oh.

OUISA                                   - È terribile.

FLAN                                     - Siamo vivi.

FLAN si ferma, di colpo terrorizzato, in ascolto.

FLAN                                     - C'è qualcuno?

La tiene per un braccio.

FLAN                                     - C'è qualcuno?!

OUISA                                   - (Sussurra) Credi che quel qualcuno ti risponderebbe?

FLAN                                     - Ce ne accorgeremmo, no?, se qui ci fosse qualcuno.

OUISA                                   - Per tutta la notte non ce ne siamo accorti. Oh, è stato terribile terribile terribile terribile.

Si tolgono le vestaglie e sotto indossano abiti da sera elegantissimi.

FLAN                                     - (A noi) Ci stavamo divertendo moltissimo, ieri sera.

OUISA                         - (A noi) Un amico che non vedevamo da molti anni era venuto a cena.

FLAN                           - (Pomposamente) Un amico che vive in Sudafrica...

OUISA                         - Non dirlo con tanta prosopopea.

FLAN                           - (Brillante) Un amico che vive in Sudafrica.

OUISA                         - Non fare il rincoglionito.

FLAN                           - (A noi) Sono un mercante d'arte. Vendite in privato. Acquisti.

OUISA                         - Avevamo conosciuto il nostro amico sudafricano...

FLAN                           -...grazie ai nostri figli, quando abitavano tutti a New York.

OUISA                         - Loro poi erano tornati in Sudafrica.

FLAN                           - Era qui a New York per un breve viaggio d'affari e ci ha chiesto di invitarlo a cena.

OUISA                         - E ricco come re Mida. In senso letterale. Miniere d'oro.

FLAN                           - Settantamila operai in una sola miniera d'oro.

OUISA                         - Ma è sempre a corto di contante perché il suo gover­no non consente ai sudafricani...

FLAN                           -...ai sudafricani bianchi...

OUISA                         -... non consente ai sudafricani bianchi di portare soldi all'estero. E come accogliere un orfano di guerra.

FLAN                           - Quando ha chiamato è stato un colpo di fortuna per­ché avevo un affare per le mani ed ero a corto di...

OUISA                         -...due milioni di dollari.

FLAN                           - La cifra è superflua.

OUISA                         - Odio quando usi il termine "superfluo". Voglio dire, lui aveva bisogno di due milioni e non vedevamo Geof­frey da tantissimo tempo e magari Geoffrey non aveva i soldi per la cena, ma era facile che avesse due milioni di dollari.

FLAN                           - L'atmosfera ieri sera era molto turbolenta.

OUISA                         - Non lo stavamo adulando. Ci piace Geoffrey.

FLAN                           - E’ quella sensazione terribile di quando hai degli amici che, si dà il caso, siano anche veramente ricchi.

OUISA                         - Ammettilo. I soldi c'entrano quando si tratta di...

FLAN                           - Solo se lo permetti. Il fatto dei soldi non dovrebbe entrarci...

OUISA                         - Avere un amico ricco è come se... stai affogando e il tuo amico costruisce scialuppe di salvataggio. Ma l'amico diventa molto suscettibile se pronunci quella parola: scialuppa di salvataggio. Be', in realtà sono due parole. Temevamo che il nostro amico sudafricano potesse dire: "Mi volete bene solo per le mie scialuppe di salvatag­gio?". Ma a noi piace Geoffrey.

FLAN                           - Non era una serata a rischio di vita.

OUISA                         - I ricchi possono sempre fare qualcosa per te, anche se non sei sicuro di cosa vuoi che facciano.

FLAN                           - Non era una serata da scialuppa di salvataggio...

OUISA                         - (Cantilenando) Pomposo.

FLAN                           - Ma quando ha chiamato e ci ha chiesto di portarlo a cena, è stato come un segno del destino, perché chi ha voglia di rivolgersi alle banche? Geoffrey ha chiamato, la nostra tempesta si è trasformata in una pioggerellina e la vita è tornata possibile. Cosa si può volere di più?

GEOFFREY è là, un inglese sudafricano dall'eleganza impeccabile, legger­mente più anziano di OUISA e FLAN. FLAN distribuisce i bicchieri.

GEOFFREY                 - Ascoltate. (Lo fanno)

OUISA

FLAN                           - New York mi stupisce sempre quando è così silenziosa. Da quando i ragazzi non abitano più qui, ci siamo abi­tuati a un livello diverso di frastuono. GEOFFREY, devi venir via dal Sudafrica. Ti uccideranno. Perché rimani in Sudafrica?

GEOFFREY                 - Bisogna restare là per istruire i lavoratori neri, e quan­do ci uccideranno sapremo di esserci riusciti.

FLAN                           -Insomma, volete organizzare la rivoluzione che vi di­struggerà.

OUISA                         - Rischiate la vita.

FLAN                           - Non è esattamente così. Vorrei che veniste là a trovarmi.

OUISA                         - Ma se veniamo a trovarti, ce ne staremo seduti nella tua magnifica casa a organizzare gite nelle città dei neri, chie­dendo di vedere i più poveri dei poveri. "Sicuro che sono quelli che versano nelle peggiori condizioni? Insomma, abbiamo fatto tutta questa strada. Non vogliamo vedere gente solo lievemente massacrata dall'apartheid. Ci ser­ve un vero shock". Non mi sembra giusto starsene sedu­ti nell'East Side a parlare di rivoluzione.

FLAN                           -Pepe le Moko, qui, frequenta solo piccoli caffè tene­brosi.

OUISA                         - No. Sono la Pasionaria. Verrò in Sudafrica, costruirò barricate e comincerò a cantare.

FLAN                           -E il popolo ti seguirà.

OUISA                         - "Seguimi seguimi seguimi". Come faceva quella can­zone? Era quella di Gorbacev quando incita i minatori ucraini che sfilano: sì, dovete scioperare, è il vostro ruolo nella storia smantellare il sistema. Russia e Polonia... è incre­dibile pensare a quanto il mondo è cambiato... quel musical, The Fantasticks, "Seguimi seguimi seguimi".

OUISA                         - La Cina.

FLAN E OUISA          - (Disperazione) Ah.

OUISA                         - La Cina. Mamma mia!, direbbe mia nonna. (Tutti ridono) Il nostro ruolo nella storia. E noi ci offriamo anche volontari.

FLAN                           -Quello è il tuo ruolo nella storia. Non il nostro.

OUISA                         - Un ruolo nella storia. Sembra facile.

FLAN                           - (A GEOFFREY) Vuoi bere qualcos'altro prima di uscire?

OUlSA                          - Quella frase... i minatori che sfilano... io quei minatori in sciopero me li immagino come dei favolosi modelli bardati da miniera che sfilano per le collezio­ni di moda autunno-inverno...

GEOFFREY                 - Dove andiamo?

FLAN                                     - C'è un ottimo ristorante cinese che fa cucina Sechuan.

OUlSA                          - Chi ha dipinto l'insegna ha fatto un errore. Invece di "Il Giardino di Giada" ha scritto "Il Giardino di Giuda".

GEOFFREY                         - Dio! Per i ristoranti, New York è diventata come Firenze nel Cinquecento. Geni a ogni angolo di strada.

OUlSA                          - Non credo che il genio abbia baciato "Il Giardino di Giada".

GEOFFREY                         - C'è quel nuovo ristorante italiano... aveva un'aria allegra.

FLAN & OUlSA          - Bene.

FLAN                           - Abbiamo prenotato.

OUlSA                          - Fanno ravioli a forma di caramella.

FLAN                                     - Sul piatto ce ne sono sei, per qualche centinaio di dollari.

GEOFFREY                         - Dovete venire in Sudafrica, così potrò ricambiare. Vi porterò con il mio aereo nelle paludi di Okavango...

OUlSA                          - Hai sentito... puoi comprare i ravioli e portarteli a Johannesburg. A East Hampton...

FLAN                           - … lo scorso weekend

OUlSA                          - .. .un tizio entra in uno dei migliori negozi di alimentari...

FLAN                                     - ... Dean and DeLuca....

OUlSA                          - .. .uno dei tanti negozi della catena Dean and DeLuca, sono tutti uguali. Prende un pacchetto di sigarette e un gelato. Va a pagare. Vede che alla cassa c'è la fila. E così schiaffa là due banconote da venti dollari ed esce.

 

FLAN                                     - L'abbiamo mandato al «Times».

OUlSA                                    - Hanno una pagina di curiosità su New York.

FLAN                                     - Ti spediscono una bottiglia di champagne.

Tutti ridono allegramente.

OUlSA                                    - (A noi) Non stavamo facendo un provino, ma io continuavo a pensare: Due milioni di dollari, due milioni di dollari.

FLAN                                     - (A noi) E come quando la gente ti dice: "Non pensare agli elefanti" e tutto quello cui riesci a pensare sono gli elefanti, gli elefanti.

OUlSA                                    - (A noi) Due milioni di dollari, due milioni di dollari.

Ridono allegramente. Suona il campanello della porta.

OUlSA                                    - (A FLAN) Qualunque cosa, ma non pensare agli elefanti. (OUISA esce)

GEOFFREY                 - Elefanti?

FLAN                                     - OUISA è un manifesto dadaista.

GEOFFREY                 - Dimmi del Cézanne.

FLAN                                     - Periodo intermedio. Paesaggio con foresta verde scuro. In lontananza, si vede la luce del sole. Una delle pri­me volte che usa un colore chiaro, e che succede? Quel colore lì riesce a sostenere tutto il peso del dipinto. Un esperimento che dà poi i suoi frutti con le mele. Un'esplosione di colore carica di significato. Ai giap­ponesi non piace per niente, al di là del fatto che è un Cézanne...

Un giovanotto di colore - PAUL - entra, sorretto dal PORTIERE. PAUL non ha più di venticinque anni, molto bello, molto yuppy. E stato picchiato. Il sangue filtra dalla sua camicia Brooks Brothers bianca. OUISA li segue, imbarazzata. Il portiere aiuta PAUL ad accomodarsi sul divano e si ferma sulla porta, circospetto.

PAUL                                     - Mi dispiace disturbarvi, ma sono stato ferito, mi hanno rubato tutto e non sapevo dove andare. I vostri figli, sono un amico di...

OUISA                                   - (A noi) E ha fatto il nome di nostra figlia.

FLAN                                     - (A noi) E della scuola che frequentavano.

OUISA                                   - (A FLAN) Harvard. Puoi dire Harvard.

FLAN                                     - (A noi) Non vogliamo essere accusati di diffamazione.

PAUL                                     - Mi hanno aggredito. Là fuori. A Central Park. Vicino alla statua dell'husky d'Alaska. Ero là in piedi a cerca­re di capire perché a Central Park ci sia la statua di un cane che ha salvato delle vite nello Yukon, ero là impa­lato a cercare di svelare questo arcano, quando...

OUISA                                   - Stai bene?

PAUL                                     - Mi hanno rubato i soldi e la ventiquattrore. Ho detto: c'è la mia tesi lì dentro...

FLAN                                     - La sua camicia sanguina.

OUISA                                   - La sua camicia non sanguina. È luiche sanguina.

PAUL                                     - (Un conato di nausea) Non sopporto la vista del sangue.

FLAN                                     - Non sul tappeto.

PAUL                                     - Non mi importa per i soldi. Ma in quest'era di riproducibilità tecnica sono riusciti a prendersi l'unica copia della mia tesi.

FLAN                                     - Eddie, chiama il dottore...

PAUL                                     - No! Sopravviverò.

FLAN                           - Andrà tutto a posto.

FLAN aiuta PAUL a uscire dalla stanza. Il PORTIERE esce.

OUISA                                   - (A noi) Lo abbiamo lavato. E medicato.

GEOFFREY                         - (Andandosene) È stato un piacere vedervi...

OUISA                                   - (Molto festosa) No no no! Resta! (A noi) Due milioni di dollari, due milioni di dollari...

GEOFFREY                         - Ho cosi poco tempo... prima di lasciare l'America, dovrei davvero vedere...

FLAN                           - (Chiamando dall'ingresso) Dove sono i cerotti!?

OUISA                                   - La Croce Rossa consiglia: premete decisamente per far aderire i bordi della ferita, lavate la zona con acqua...

GEOFFREY                         - Posso usare il vostro telefono?

OUISA                                   - Caro vecchio sciocco... rimettiti a sedere... ci vorrà solo un atti... (Chiamando) Flan, vai in camera di Woody e dagli una camicia pulita GEOFFREY, hai visto il nuovo libro su Cézanne? (A noi) Sono corsa in corridoio per prendere il libro su Cézanne, ho preso la garza dal mio bagno, ho dato il Cézanne a FLAN che voleva la garza, e ho dato la garza a GEOFFREY che voleva il Cézanne. Due milioni di dol­lari, due milioni di dollari...

FLAN torna nella stanza.

FLAN                                     - Andrà tutto a posto.

OUISA                         - (A noi) E la pace è stata ristabilita.

PAUL entra, con una camicia rosa chiaro indosso, e si è leggermente ripre­so. Fa una smorfia di dolore, mentre indossa il suo blazer.

PAUL                            - Lo dicevano i vostri figli che eravate gentili. Una sera tutti noi ragazzi eravamo seduti intorno al dormitorio a dire peste e corna dei genitori. Ma i vostri figli erano silenziosi, e poi hanno detto: "No, non i nostri genito­ri. Flan e Ouisa, no. I Kittredge, no. I Kittredge sono persone generose. Così, quando quelli che mi hanno aggredito se ne sono andati, ho alzato gli occhi e ho visto questi appartamenti della Fifth Avenue. La signo­ra Onassis viveva qui. So che i Babcock vivono laggiù. Gli Auchincloss vivono là. Ma anche voi vivete qui. E così sono venuto.

OUISA                                   - Incredibile, quello che hanno detto i ragazzi.

FLAN                           - (A noi) Abbiamo citato i nostri figli per nome.

OUISA                                   - Possiamo citare i nostri figli per nome. I nostri figli non ci porteranno certo in tribunale per aver utilizza­to i loro nomi.

PAUL                           - Ma i vostri figli... Io li adoro. Talbot e Woody signi­ficano moltissimo per me.

FLAN                           - Si fa chiamare Woody da te? Nessuno lo chiama più così da anni.

PAUL                           - Mi hanno descritto questo appartamento in tutti i det­tagli. Il Kandinsky! ...è doppio. Dipinto su ciascun lato.

FLAN                           - Lo facciamo girare per cambiare.

PAUL                           - E’ meraviglioso.

FLAN                           - (A noi) Wassily Kandinsky. Nato a Mosca nel 1866. La mostra del Cavaliere Azzurro nel 1914. Disse: "E’ chia­ro che la scelta dell'oggetto, che è uno degli elementi che contribuiscono all'armonia della forma, deve essere compiuta solo in base a una vibrazione corrispondente nell'animo umano". Morì in Francia nel 1944.

PAUL                           - E’ tutto proprio come me lo hanno descritto loro.

OUISA                                   - (A noi) GEOFFREY era rimasto in silenzio fino a quel momento.

GEOFFREY                 - Tu hai parlato male dei tuoi genitori?

PAUL                           - A dire il vero. No. I vostri figli e io... a noi piacciono i nostri genitori... amiamo i nostri... sentite, ho inter­rotto qualcosa? Sono piombato qui come un pazzo. Col sangue. Non intendevo...  

FLAN E OUISA          - No!                                                                       

OUISA                                   - Raccontaci dei nostri ragazzi.                              

FLAN                           - (A noi) Tre. Due a Harvard. E un'altra figlia a Groton.     

OUISA                                   - Com'è Harvard?                                                   

PAUL                           - Be', bella. E sempre là. Sono tutti in un costante stato di lussuosa disperazione e di paralizzanti scoperte.                                              

OUISA                                   - (A noi) Gli abbiamo chiesto dov'era casa sua.      

FLAN                           - (A noi) Nella West Coast, ha detto.                     

PAUL                           - Anche se ho vissuto un po' dappertutto. I miei sono divorziati. Lui si è risposato. Sta facendo un film.                                                     

OUISA                                   - Lavora nel cinema?                                              

PAUL                           - Di questo fa la regia, ma di solito recita.             

FLAN                           - Cosa sta dirigendo?                                             

PAUL                           - Cats.                                                                     

OUISA                                   - Qualcuno sta girando un film da Catsì                

FLAN                           - Non essere spocchiosa.                                        

PAUL                           - Lo avete visto? T.S. Eliot….                               

FLAN                           - Be' sì, anni fa.                                                      

OUISA                                   - Una serata di beneficenza per qualche malattia o una scuola...      

FLAN                           - Di certo non possono fare il film di Cats.            

OUISA                                   - Certo che possono.                                               

PAUL                           - Ci proveranno. Mio padre farà i provini...           

OUISA                         - Ai gatti?                                                               

PAUL                           - Userà degli umani.                                               

OUISA                                   - Che mossa coraggiosa!                                         

PAUL                           PAUL                          - Hanno pensato a molte soluzioni. L'animazione.

FLAN                           FLAN                          - L'animazione funzionerebbe.                               

PAUL                           Ma lui ha trovato una soluzione migliore. A dire il vero, all'inizio ha declinato l'offerta. È andato a dire ai pro­duttori - con garbo - tutte le ragioni per cui non si poteva fare un film da Cats e inoltrandosi in tutte le ragioni per cui non si poteva fare un film da Cats, ha capito all'improvviso che invece si poteva fare un film da Cats...

OUISA                                   - Eureka nella vasca da bagno. Che meraviglia.

FLAN                                     - Possiamo chiederti chi è...

OUISA                                   - (A noi) Ed è stato qui che ci siamo avvicinati - solo un po' - gli siamo andati più vicini...

FLAN                                     - (A noi) E lui ce lo ha detto.

OUISA                                   - (A noi) Ha nominato la star nera più famosa del cinema. Sidney...

FLAN                                     - Non lo dire. Stiamo cercando di tenere la cosa sul vago. Altre querele per diffamazione.

OUISA                                   - Sidney Poitier! Ecco. Non me ne importa niente. Bisogna affermare la verità. (A noi) Ha cominciato come avvocato e ha il terrore delle querele. Io no.

PAUL fa un passo avanti, allegramente.

PAUL                                     - (A noi) Sidney Poitier, il futuro Jackie Robinson del cinema, è nato il ventiquattro febbraio del 1927 a Mia­mi durante un viaggio in Florida dei suoi genitori per vendere - era una cosa legale? - i pomodori che aveva­no coltivato nella loro fattoria alle Bahamas. E cresciu­to a Cat Island, e... "eravamo così poveri che non pos­sedevamo neanche la polvere", così diceva. Trascurato perfino dalla sua famiglia, mio padre si sedeva sulla spiaggia, e, come mi ha raccontato tante volte, "evoca­vo i mondi che erano dall'altra parte e immaginavo cosa avrei fatto se fossi stato là". E arrivato a New York City dalle Bahamas nell'inverno del 1943 all'età di quindici anni e mezzo e dormiva nei bagni a paga­mento della stazione degli autobus di fronte al vecchio Madison Square Garden, tra la Cinquantesima Strada e l'Ottava Avenue. Poi si è trasferito sul tetto del Brill Building, nella via nota a tutti come Tin Pan Alley, e ha fatto il lavapiatti al ristorante Turf per 4 dollari e 11 cents a sera. Ha imparato a leggere da solo guardando il giornale. Nel quotidiano dei neri, la pagina degli spettacoli si trovava accanto a quella delle inserzioni di lavoro. Tra i suoi 42 film ci sono Uomo bianco tu vivrai!, 1950; Piangi il paese amato, 1952; Il seme della violenza, 1955; La parete di fango, 1958; Un grappolo di sole, 1961; I gigli del campo, 1963; La calda notte dell'i­spettore Tibbs, 1967; La scuola della violenza, 1967; Sul­le tracce dell'assassino, 1988; e, naturalmente, Indovina chi viene a cena?. Ha vinto l'Oscar per I gigli del campo e per due volte è stato dichiarato il divo americano più popolare al botteghino. Mio padre non ha fatto film tra il 1977 e il 1987 ma ha lavorato come regista e autore. Una volta papà mi disse: "Ancora non capisco esatta­mente come tutto è potuto accadere, nella sequenza in cui è accaduto".

PAUL ritorna sul divano.

PAUL                                     - Papà non arriva prima di domani allo Sherry. Io sono venuto giù da Cambridge. Ho pensato che avrei dor­mito in qualche topaia per il gusto dell'avventura. Orwell. I bassifondi. New York la conosco poco. Co­nosco meglio Roma, Parigi e Los Angeles.

OUISA                         - Stiamo andando a cena fuori. Vieni con noi.

PAUL                                                      - Fuori a cena?

FLAN                                                          - Fuori a cena.

PAUL                                                      - Ma perché andare fuori a cena?

OUISA                                   - Perché abbiamo prenotato e oh mio dio che ore sono? Abbiamo perso la prenotazione e non abbiamo un accidenti di nulla in casa e siamo nella Firenze del Cin­quecento e c'è un genio a ogni angolo di strada.

GEOFFREY                 - Non prendermi in giro.

Lei bacia GEOFFREY .

PAUL                                     - Ci sarà qualcosa in frigo.

FLAN                                     - Una bistecca surgelata dell'era glaciale.

PAUL                                     - Perché spendere cento dollari per una ciotola di riso? Fatemi entrare in cucina. Cucinare mi rilassa. Mi piace­rebbe calmarmi un po' e ricambiare i vostri ragazzi...

OUISA                                   - (A noi) Ha citato i nostri figli per nome...

FLAN                           - (A noi) Due. Due a Harvard. E una figlia a Groton.

PAUL                                     - ...che sono stati meravigliosi con me.

OUISA                                   - Loro non ti hanno mai nominato.

FLAN                                     - Cosa avrebbero dovuto dire? Abbiamo fatto amicizia con il figlio di Sidney Poitier, che negli anni Cin­quanta e Sessanta è stato il simbolo di un'autentica rivoluzione?

GEOFFREY                         - Tuo padre significa molto in Sudafrica. .

OUISA                                   - (A noi) Anche GEOFFREY era colpito.

PAUL                                     - Sono contento. Una volta io e papà siamo andati in Russia a un festival cinematografico e lui era davvero meravigliato di quanto significasse la sua presenza...

OUISA                                   - Oh no! Raccontaci la storia di qualche star del cinema che lega i figli e li tratta male.

PAUL                                     - Mi piacerebbe.

GEOFFREY                         - Ti piacerebbe?

PAUL                                     - Se volessi scrivere un libro su di lui, davvero non potrei. A nessuno verrebbe voglia di leggerlo. E una brava persona. Io lo ammiro.

OUISA                                   - E sposato con un'attrice che era in uno dei suoi... è bianca? Giusto?

PAUL                           - Lei non è mia madre. E la sua seconda moglie. Ha conosciuto Joanna girando L'uomo perduto. Ha lascia­to mia madre, che gli era rimasta accanto negli anni difficili. Io ero appena nato. L'uomo perduto è l'unico film di mio padre che non sono mai riuscito a vedere.       

OUISA                         - Oh, mi dispiace. Non volevo...                            

PAUL                           (Brillante) No! Adesso siamo tutti buoni amici. Anche i figli di quel matrimonio. E noi... i figli del primo. Mi piacerebbe entrare in quella cucina.       

FLAN                           - (A OUISA) Che facciamo?                                  

OUISA                         - (A noi) Era l'unica serata di GEOFFREY a New York.    

GEOFFREY                 -                                                                               Io voto per restare in casa.       

OUISA, FLAN e PAUL- Bene!                                                                 

PAUL si dirige verso la cucina.                                                                   

OUISA                         - (A noi) Ci siamo trasferiti in cucina.                    

FLAN                           - (A noi) Lo abbiamo guardato cucinare.               

OUISA                         - (A noi) Lo abbiamo guardato cucinare e affettare.

FLAN                           - (A noi) Ha fatto una specie di stregoneria...        

OUISA                         - (A noi) Un vecchio vasetto di pomodori secchi...

FLAN                           - (A noi) Avanzi... tonno... olive... cipolla...           

PAUL torna con tre piatti colmi di cibo.                                                      

PAUL                           - Ecco la cena. È tutto pronto.                               

OUISA                         - Ci spostiamo in sala da pranzo?                           

PAUL                           - No, restiamo qui. È carino qui.                            

OUISA, FLAN e GEOFFREY            prendono i piatti con malcelato scetticismo. 

OUISA                         Hai già deciso la tua specializzazione?

PAUL                                    - Siete come tutti i genitori. Qual è la tua specializzazione?

FLAN                                    - GEOFFREY, a Harvard gli studenti danno ai corsi tutti questi grandi titoli...

OUISA                         - L'Olocausto e l'Etica...

FLAN                           - Cogito ergo Vomito.

Mangiano. Sorpresa. E’ squisito.

GEOFFREY                 - Questa è la pasta più buona che abbia mai...

PAUL                           - Mio padre ha insistito perché imparassimo a cucinare.

FLAN                           - E giamaicano, no? C'è un aroma...

GEOFFREY                 - ... caraibico.

PAUL                           - Sì. Prima di sfondare, ha gestito quattro ristoranti a Harlem. Lei ha delle fantastiche papille...

GEOFFREY                 - Che ne dite? Delle fantastiche papille. Nessuno si era mai complimentato con me per le mie papille...

PAUL                           - (A GEOFFREY) Lei è di...

GEOFFREY                 - Johannesburg.

Pausa.

PAUL                           - Mio padre mi ha portato su un set in Sudafrica. La macchina da presa si spostava da quegli orribili disordini per le strade a una villa dove la gente piluccava il pranzo su una terrazza, e l'unico disordine era quello dei fiori e degli uccelli... petali e piume meravigliosi. Io non capi­vo. Papà mi disse: "Quei giovani neri se la passano malissimo. Hanno ricevuto un'istruzione assolutamen­te inadeguata, eppure nel '76 - l'anno dei disordini di Soweto - si sono assunti una responsabilità politica tre­menda. Allora ti fai delle domande sulla loro maturità. E ti rendi conto che la teoria dell’infanzia difficile', e tutto quello che secondo i canoni freudiani si può attri­buire al fatto di essere cresciuti in condizioni disagiate, fa acqua da tutte le parti". Tutto bene?

FLAN, OUISA e GEOFFREY sono come ipnotizzati, poi ricominciano a man­giare.

FLAN, OUISA& GEOFFREY- (Mangiando) Mmmmmm... sì.

GEOFFREY                 - Com'è essere nero in America?

PAUL                           - II mio problema è che non mi sono mai sentito americano. Sono cresciuto in Svizzera. In collegio. Villa Rosey.

OUISA                         - C'è un collegio in Svizzera che ti accetta dall'età di diciotto mesi.

PAUL                           - Non è il mio genere. Non mi sono mai sentito amato per via delle mie parentele. E un problema dei figli delle star del cinema. Non mio. Posso?

FLAN                           - Oh, prego.

PAUL si versa un brandy.

PAUL                           - Ma non ho mai saputo di essere nero con quella connotazione razzista fino a sedici anni, quando sono tor­nato qui. Molto protetto. Servitù bianca. Dopo il divorzio, ci siamo trasferiti in Svizzera, io, mia madre e mio fratello. Non mi sento americano. Non mi sento neanche nero. Immagino sia una bella fortuna per me, anche se Freud dice che non esiste una cosa come la fortuna. Ma solo quello che ti costruisci da te.

OUISA                         - Freud dice così? Penso che noi siamo fortunati per questa cena. Non ci stiamo divertendo un mondo? Un brindisi a te.

 

GEOFFREY                 - A Cats

FLAN                           - Domanda franca. Com'è tuo padre?

OUISA                         - Non facciamo i mitomani.

FLAN                           - Non sono un mitomane.

PAUL                           - Mio padre, essendo un attore, non ha un'identità reale. Gli dici, novità papi? E lui dice: "Ho ricevuto una sce­neggiatura interessante, oggi. Mi hanno chiesto di inter­pretare un taglialegna, su nello Yukon. (Entra nel perso­naggio) Dunque: sono stato allevato per fare il predicato­re, ma la mia chiesa è caduta a pezzi. Mia moglie dice che dobbiamo racimolare i soldi per sfangare l'inverno. E io firmo per far parte di questa squadra dove tutto quello in cui credo viene messo alla prova. Ma tengo duro. A dispetto dei pregiudizi. Perché voglio tornare da te. Via da questa foresta, tornare alla chiesa...". A questo punto mio padre è in lacrime e io dico papi, non è una cosa vera, è solo una sceneggiatura che ti hanno mandato. E mio padre dice: "La sto provando per vedere come mi sta". Ma non ha una vita... non ha una memoria... solo le sceneggiature che i produttori gli mandano per posta tramite i suoi agenti. Quello è il suo passato.

OUISA                         - (A noi) Quel ragazzo mi piaceva da morire. Sentivo un grande trasporto per lui.

FLAN                           - (A noi) E poi gli abbiamo chiesto l'argomento della sua tesi.

GEOFFREY                 - Quella che hanno rubato. Raccontaci.

PAUL                           - Be'... A Long Island un supplente perse il posto per un litigio con uno studente. Qualche settimana dopo, l'insegnan­te torna in aula, spara allo studente senza riuscire a ucci­derlo, tiene in ostaggio la classe e poi si spara. Ucciden­dosi. Questo episodio catturò la mia attenzione: l'ultima frase. Sul «Times». Un vicino lo aveva descritto come un bravo ragazzo. Che leggeva sempre II giovane Holden. L'idiota - Chapman - che sparò a John Lennon disse di averlo fatto perché voleva attirare l'attenzione del mondo su II giovane Holden e la lettura di quel libro sarebbe stata la sua difesa. E il giovane Hinckley, quel genio che sparò a Reagan e al suo addetto stampa, disse se volete la mia difesa tut­to quello che dovete fare è leggere II giovane Holden. Mi sembrava che fosse arrivato il momento di rileggerlo.

FLAN                           - Sono anni che non lo leggo.

OUISA lo zittisce.

PAUL                           - Me ne sono fatto prestare una copia da una mia giovane amica perché volevo vedere cosa aveva sottolineato e ho letto quel libro per scoprire perché quella bellissima storia, commovente e delicata, pubblicata nel luglio del 1951, si fosse trasformata in un manifesto dell'odio. Ho cominciato a leggere. E esattamente come me lo ricordavo. Sono tutti fasulli. Pagina due: "Mio fratello è a Hollywood a fare la prostituta". Pagina tre: "Che cial­trone era suo padre". Pagina nove: "La gente non si accorge mai di niente". Poi a pagina ventidue mi si sono rizzati i capelli in testa. Ricordate Holden Caulfield - il classico ragazzo sensi­bile - che indossa il suo berretto rosso da cacciatore. "Un berretto da cacciatore di cervi? Diavolo se lo è. Ho chiuso un occhio come se stessi prendendo la mira. E un cappello per sparare alla gente. Sparo alla gente con questo cappello". Mmmm, ho detto. Questo libro prepara la gente a momenti grandiosi, molto più di quanto avessi mai immaginato. Poi a pagina ottantanove: "Scaraventerei uno fuori dalla finestra o gli farei saltare la testa con un colpo d'accetta piuttosto che dargli un pugno sulla mascella. Odio fare a pugni... quello che mi spaventa di più è la faccia dell'altro. Ho finito il libro. È una storia toccante e comica, perché il ragazzo vorrebbe fare moltissimo e non riesce a fare un bel niente. Odia ogni forma di falsità e non fa che men­tire a chiunque. Vuole piacere a tutti, e riesce solo a esse­re odioso, tutto preso da sé. In altre parole, un'immagi­ne piuttosto accurata di un adolescente maschio. E quello che mi allarma del libro - non tanto del libro ma dell'aura che c'è intorno - è questo: il libro parla prima di tutto della paralisi. Il ragazzo non riesce a funzionare. E alla fine, prima che possa scappare e cominciare una nuova vita, comincia a piovere e lui lascia perdere tutto. Ora, non c'è niente di male a scrivere della paralisi emo­tiva e intellettuale. In realtà, grazie a Cechov e a Samuel Beckett, potrebbe essere considerato il grande tema moderno. Le ultime straordinarie battute di Aspettando Godot... "Andiamo". "Sì, andiamo". Didascalia: Non si muovo­no. Ma l'aura che circonda questo libro di Salinger - che forse dovrebbero leggere tutti tranne i giovani uomini -è questa: rispecchia come un gioco di specchi deformanti e amplifica come un amplificatore distorto una delle grandi tragedie del nostro tempo: la morte dell'immagi­nazione. Perché cos'altro è la paralisi? La fantasia è stata così svilita che l'immaginazione -essere originali — invece di rappresentare il fulcro del­la nostra esistenza, oggi è sinonimo di qualcosa che si trova totalmente al di fuori di noi, come la fantascienza o un qualche nuovo utilizzo dei mandarini a fettine sulle braciole di maiale crudo - che ricetta esti­va originale — e Guerre stellarli Che fantasia! E Star Trek - che fantasia! E 77 signore degli anelli - tutti quei nani - che fantasia... L'immaginazione ormai ha ces­sato di essere il nostro legame, il nostro legame più intimo, tra la nostra vita interiore e il mondo che c'è là fuori... il mondo che tutti condividiamo. Cos'è la schizofrenia se non una situazione terrificante in cui quello che c'è qui dentro non c'entra niente con quel­lo che c'è là fuori? Perché l'immaginazione è diventata sinonimo di stile? Io credo che l'immaginazione sia il passaporto che ci costruiamo per poter entrare nel mondo reale. Credo che l'immaginazione sia solo un'altra formula per definire l'unicità di ciascuno di noi. Jung dice che il peccato più grande è l'incoscienza. Il nostro giovane Holden dice: "Quello che mi spa­venta di più è la faccia dell'altro - non sarebbe poi così male se tutti e due potessimo essere bendati - la mag­gior parte del tempo la faccia che affrontiamo non è quella degli altri ma la nostra. Ed è il peggior genere di vigliaccheria questo avere così paura di sé che pre­ferisci metterti una benda sugli occhi invece che affrontare te stesso...". Affrontare noi stessi. È la cosa più difficile. L'immaginazione. È il dono che Dio ci ha fatto per renderci più soppor­tabile l'atto dell'autoanalisi.

OUISA                         - Be', effettivamente.

Pausa

FLAN                           - Spero che i tuoi rapinatori la leggano fino all'ultima parola.

OUISA                         - Caro.

GEOFFREY                 - Comprerò una copia de II giovane Holden all'aeropor­to e lo leggerò.

OUISA                         - Da cima a fondo.

PAUL                           - La metterò alla prova. Io devo andare.

FLAN                           - Dove andrai a dormire?

OUISA                         - Non in una topaia.

PAUL                           - Andrò allo Sherry domattina. Non è lontano. Farò una passeggiata. Non credo che mi rapineranno due volte in un giorno.

OUISA                         - Tu dormi qui, stanotte.

PAUL                           - No! Devo essere là alle sette in punto.

OUISA                         - Ti sveglieremo noi.

PAUL                           - Devo essere all'hotel alle sette in punto o a papà verrà un colpo.

OUISA                         - In piedi alle sei e un quarto, che è tra pochissimo, e noi abbiamo quel matrimonio a Roxbury...

FLAN                           - C'è una sveglia in quella stanza.

PAUL                           - Se non è un problema...

FLAN                           - E’ un problema solo se te ne vai.

PAUL                           - Sei e un quarto? Uscirò in punta di piedi.

FLAN                           - E vogliamo una parte in Cats.

OUISA                         - Flan!

PAUL                           - L'avrete.

GEOFFREY                 - E io prenderò un aereo e tornerò apposta. Con mia moglie.

OUISA                         - Sfacciati. Tutti e due.

PAUL                           - No. Papà ha detto che potevo occuparmi delle com­parse. Sarete solo delle comparse. E tutto quello che posso promettervi.

FLAN                           - Vestiti da gatti?

PAUL                           - No. Potete essere umani.

FLAN                           - Questo è molto importante. Deve essere scritto chia­ramente nei nostri contratti. Noi siamo umani.

GEOFFREY                 - Non abbiamo concluso affari, stasera.

FLAN                           - Lascia stare. Era solo una serata casalinga.

OUISA                         - Qualsiasi cosa tu faccia, non pensare agli elefanti.

PAUL                           - Ho interrotto qualcosa?

FLAN E OUISA          - No!

PAUL                           - Mi dispiace... oh Dio....

GEOFFREY                 - (A flan) Ci sono tanti modi di fare affari. Flanders, accompagnami all'ascensore.

OUISA                         - Salutami Diana. (A noi) Ci siamo abbracciati. E FLAN e GEOFFREY sono usciti...

FLAN e GEOFFREY  escono Pausa. PAUL e OUISA si guardano. Sono a disagio? Poi:

PAUL                                    - Lasci che metta in ordine...

OUISA                         - No! Lascia, verrà...

PAUL                                    - Nessuno viene di domenica.

OUISA                         - Yvonne verrà martedì.

PAUL                                    - Troverà tutti gli scarafaggi del mondo....

Entrambi fanno per prendere i piatti.

PAUL                           - No. Lei mi stia a guardare. Mi dà un brivido essere guardato.

Pausa. PAUL esce.

OUISA                         - (A noi, incredula) Ha lavato i piatti.

Torna FLAN, stupefatto.

FLAN                           - Ci sta.

OUISA                         - Ci sta?

FLAN                           - Ci sta con due milioni.

OUISA                         - Due milioni!

FLAN                           - Dice che il Cézanne è un grande investimento. Dovremmo prenderlo a sei milioni e rivenderlo ai giapponesi a dieci.

OUISA                         - Giorni felici! Oh Dio!

PAUL                           - rientra.

PAUL                           - Due milioni di dollari?

OUISA                         - Indovinato. Non ha i soldi per una cena ma può scucire due milioni di dollari e i giapponesi saliranno a die­ci! Rompili tutti, quei piatti! Due milioni! E arriverà a dieci! E noi non ci mettiamo niente di nostro.

FLAN                           - Ha venduto a trentaquattromila dollari quella stampa di Hockney che so che ha comprato per cento bigliet­toni quindici anni fa. Sotheby si è presa la sua com­missione, certo, eppure... Due milioni! È un sogno. Paul, dovrei darti una commissione.

PAUL                           - Me lo hanno detto i vostri figli che lei era un mercante d'arte. Ma che non ha una galleria. Non capisco...

FLAN                           - La gente vuole vendere in privato. Senza passare per una galleria.

OUISA                         - Un divorzio. Le tasse. La pubblicità.

FLAN                           - La gente viene da me a cercare una certa scuola di pittura.

OUISA                         - Moderna. Impressionista. Rinascimento.

FLAN                           - Ma non vogliono che i musei sappiano dove si trovano.

OUISA                         - Giapponesi.

FLAN                           - Ho dei giapponesi che cercano un Cézanne. E ho un consorzio industriale che comprerà il quadro. C'è un grande Cézanne di secondo livello che sta per essere messo in vendita in un incasinatissimo divorzio.

OUISA                         - La moglie non vuole che il maritino sappia che possiede un Cézanne.

FLAN                           - Mi servivano altri due milioni. GEOFFREY ha chiamato. Lo abbiamo invitato qui a cena.

OUISA                         - Stasera era una grande occasione, molto agitata e molto casuale.

PAUL                           - Non l'avrei mai detto...

OUISA                         - Meglio così.

PAUL                           - Sono felice di aver dato una mano...

OUISA                         - Sei stato magnifico!

PAUL                           - Mi fa piacere essere stato magnifico. Tutto questo e una camicia rosa.

OUISA                         - Tienila. Guarda che ore sono.

PAUL                           - Presto sarà ora che io mi alzi.

FLAN                           - Allora diamoci la buonanotte ora.

PAUL                           - Oh Dio. Mi rincresce. Andrò via in punta di piedi.

FLAN                           - tira fuori il portafoglio.

FLAN                           - Prendi cinquanta dollari.

OUISA                         - Dagli cinquanta dollari.

PAUL                           - Non mi servono.

OUISA                         - E se il volo di tuo padre è in ritardo?

FLAN                           - Uno sciopero. Dei controllori di volo.

OUISA                         - Solo per avere qualcosa in tasca. Non vorrei che i miei figli se ne andassero in giro senza un soldo.

FLAN                           - E tu ci hai fatto risparmiare una fortuna. Sai che raz­za di conto avremmo pagato in quel ristorantino ita­liano?

OUISA                         - E abbiamo trovato due milioni di dollari. E un miliar­desimo di una commissione a percentuale è...

FLAN                           - Cinquanta dollari.

FLAN gli porge il denaro. PAUL esita, poi lo prende.

PAUL                           - Ma ve li restituirò domani. Voglio farvi conoscere mio padre.

OUISA                         - Ci farebbe piacere. Portalo a cena.

PAUL                           - Davvero?

FLAN                           - Vedi com'è facile?

OUISA                         - Certo. Se cucina Paul. (Ridono tutti)

FLAN, OUISA & PAUL       - Buonanotte.

FLAN indica a PAUL la sua stanza.

FLAN                           - Seconda porta a destra.

PAUL va. FLAN e OUISA si preparano per la notte, indossando le vestaglie.

FLAN                           - Voglio inginocchiarmi e ringraziare Dio... soldi...

OUISA                         - Chi ha detto che quando gli artisti sognano, sognano soldi? Io dovrei essere una grande artista. Bravo. Bravo. Non voglio perdere la vita che ci siamo conquistati.

FLAN                           - Non voglio che i debiti si accumulino e ci schiaccino.

OUISA                         - Non accadrà. Siamo salvi.

FLAN                           - Per un po'. L'abbiamo quasi perduta, quella vita. Se non avessi trovato quei soldi, Ouisa, avrei perso il Cézanne. Andato. Non sapevo dove andarli a cercare.

OUISA                         - Perché non mi dici mai quanto sono importanti que­ste cose? Aspetti sempre l'ultimo minuto...

FLAN                           - Non voglio che ti preoccupi.

OUISA                         - Non vuoi che mi preoccupi? Sono la tua socia.

Si abbracciano.            

FLAN                           - Dio esiste.

OUISA                         - E si chiama.

FLAN                           - GEOFFREY?

OUISA                         - Sidney.

FLAN esce. OUISA si acciambella sul sofà.

OUISA                         - (A noi) Ho sognato Sidney Poitier e la sua scalata al successo. Ho sognato che Sidney Poitier era seduto sul bor­do del mio letto e io gli chiedevo perché fosse turbato. Sidney? Cos'è che ti turba? E giusto fare un film da Catsì

PAUL entra come SIDNEY POITIER in abito da sera.

PAUL/SIDNEY           - Ti dirò perché devo fare un film da Cats. Io so cos'è Cats, Louisa. Posso chiamarti Louisa? Non ho illusioni riguar­do ai meriti di Cats. Ma il mondo è stato troppo pesan­te nei confronti degli antiabortisti. Proteggere la vita di chi non è ancora nato. Emendamenti costituzionali. Manifestazioni! Quando comincia la vita? E il contrario. La fine della vita. Il diritto a morire. Perché la vita a que­sto punto del ventesimo secolo è così concentrata sull'i­nizio e sulla fine della vita? E gli ottant'anni che dobbia­mo vivere tra questi due inesorabili appuntamenti?

OUISA                         - E ci puoi mettere tutto questo in un film su Cats?

PAUL/SIDNEY           - Ci proverò.

 

OUISA                         - Grazie. Grazie. Ce la farai.

 

 Buio. Poi entra FLAN.

FLAN                           - (A noi) Questo è quello che ho sognato. Ma non stavo sognando al punto da non riuscire a capire questa cosa. Mi sentivo così vicino ai quadri. Non li stavo solo ven­dendo come pezzi di carne. Mi sono ricordato innanzi­tutto del perché amassi i quadri... il motivo che mi ave­va spinto a intraprendere questa attività... e ho pensa­to... ho sognato... ho ricordato quanto sia facile per un pittore perdere un quadro. Può dipingere per un'eterni­tà... lavorare su una tela per mesi e un giorno la per­de... semplicemente perde la struttura... ne perde il senso... insomma perde il quadro. Quando i ragazzi erano piccoli, andammo a una riunione dei genitori a scuola e chiesi alla maestra perché in secon­da gli alunni fossero tutti geni. Guardi la prima. Chiaz­ze di verde e nero. Guardi la terza. Si mimetizzano. Ma la seconda... la sua classe. Tutti Matisse. Lei ha fatto di mio figlio un Matisse. Mi lasci venire a lezione da lei. Mi faccia entrare in seconda! Qual è il suo segreto? E questa fu la sua risposta: "Segreto? Non ho alcun segreto. So solo quando è il momento di ritirare i disegni". Ho sognato il colore. Ho sognato la camicia rosa di nostro figlio. Ho sognato i rosa, i gialli e il nuovo Van Gogh acquisito dal MOMA e gli Iris venduti per 53,9 milioni di dollari e, siccome desidero possedere un Van Gogh, ho guardato le mie scarpe inglesi fatte a mano e ho pensato alle tragiche scarpe di Van Gogh. Mi sono ricordato di com'ero. Un pittore che perde un quadro. Ma una rivoluzione sudafricana in attesa di scoppiare è venuta a cena da noi. E ci ha salvati.

OUISA                         - (A noi) Ed erano le sei del mattino e mi sono svegliata così felice guardando la mia cucina pulita, tanto più memorabile perché la sera precedente non aveva lascia­to tracce di sé, e c'era il giornale sullo zerbino, e mi sono seduta felicemente in cucina a fare le parole crociate a penna. Tutti le fanno a penna. Non ho mai incontrato nessuno che dichiarasse di non farle a penna. Sto facen­do il cruciverba, guardo l'ora e sono quasi le sette,

PAUL                           - ha appuntamento con suo padre e non volevo che faces­se tardi e stava bene dopo la coltellata? Ho percorso il corridoio fino alla stanza dove lo aveva­mo sistemato. Il corridoio è lungo quasi sei metri. Mi sono fermata davanti alla porta. Paul? (Chiama nel buio)

voce di PAUL             - (Gemendo) Sì, sì.

OUISA                         - Paul??

voce di PAUL             - (Gemendo) Sì, sì.

OUISA                         - Tutto bene? (A noi) Ho aperto la porta e acceso la luce. (Grida) Flan!!!

La scena si illumina in maniera accecante. PAUL, allarmato, si tira su a sedere sul letto. Un uomo nudo si alza in piedi sul letto.

MARCHETTA             -Che cazzo succede qui? Tu chi cazzo sei?!

OUISA                         - Flan!

FLAN                           - Che c'è?

FLAN entra dal buio, legandosi la cinta della vestaglia. La MARCHETTA, nuda tranne i calzini bianchi, entra nella stanza.

MARCHETTA             -Ehi! Come butta?

FLAN                           - Oh mio Dio!

OUISA                         - (Un grido) Ahhh!

La MARCHETTA si stiracchia sul sofà.

MARCHETTA Devo farmi una pennica...

PAUL si scaraventa nella stanza mettendosi in fretta i vestiti.

PAUL                           - Posso spiegare tutto.

PAUL tira alla MARCHETTA i suoi vestiti sul sofà.

OUISA                         - Sei uscito dopo che siamo andati a dormire e hai rimorchiato questo energumeno?

PAUL                                    - Mi dispiace tanto.

FLAN                                    - Hai portato questo energumeno in casa nostra! Energumeno! Vattene fuori! Fuori da casa mia!

FLAN inclina il sofà, scaraventando a terra la MARCHETTA. La MARCHET­TA balza verso FLAN con fare minaccioso.

OUISA                         - Smettila! Potrebbe avere una pistola!

MARCHETTA             - Potrei avere una pistola! Potrei avere un coltello!

OUISA                         - Ha una pistola! Ha un coltello!

La MARCHETTA corre dietro a OUISA per tutta la stanza.

PAUL                           - Posso spiegare tutto!

FLAN                           - Ridammi i miei cinquanta dollari!

PAUL                           - Li ho spesi.

OUISA                         - Fuori!

FLAN                           - Prenditi i vestiti. E torna a dormire sul marciapiede!

Lancia i vestiti della MARCHETTA in corridoio. La MARCHETTA afferra FLAN brutalmente per il bavero della vestaglia.

MARCHETTA             - Vaffanculo!

La MARCHETTA dà uno spintone a FLAN, raccoglie i vestiti ed esce. FLAN trattiene il respiro. OUISA è atterrita.

PAUL                                    - Vi prego. Non ditelo a mio padre. Non voglio che lo sappia. Non gliel'ho detto. Lui non lo sa. Mi sono sen­tito così solo. Ero così spaventato. Con papà che arri­va. Avevo i soldi. Sono uscito dopo che siamo andati a letto e me lo sono portato su. Non riuscivo a stare solo. Voi eravate al settimo cielo. Non riuscivo a stare solo. Ero così spaventato.

OUISA                         - Vattene e basta.

PAUL                                    - Mi dispiace tanto.

PAUL esce e OUISA, in imbarazzo, rimette in ordine i cuscini del sofà. Sono esausti.

OUISA                          - (A noi) E questo è quanto.

FLAN                            - Sto tremando.

OUISA                         - Devi fare qualcosa…..

FLAN                           - E’ tremendo.

OUISA                         - E’ sparito qualcosa?

FLAN                           - Come faccio a saperlo? Sto tremando.

OUISA                         - Ha preso qualcosa?

FLAN                           - Vuoi pensare a te?

OUISA                         - Vorrei sapere se è sparito qualcosa.

FLAN                           - Calmati.

OUISA                         - Avrebbe potuto ucciderci.

FLAN                           - Il calamaio vittoriano d'argento.

OUISA                         - Come puoi pensare alle cose? Avrebbe potuto ucciderci.

Per un attimo entra un attore che ha in mano un calamaio vittoriano deco­rato con un coperchio a forma di castoro d'argento.

FLAN                           - Eccolo, il calamaio. Il castoro d'argento. Perché?

OUISA                         - La gola. Avrebbe potuto tagliarci la gola.

Un altro attore entra per un attimo tenendo in mano il ritratto incorni­ciato di un cane, diciamo, un carlino.

FLAN                                     - Ed ecco l'acquarello. Il nostro cane.

OUISA                                   - La sera vai a letto tutto felice e poi ti ritrovi ammazzato. Ci saremmo risvegliati?

FLAN                           - Siamo vivi.

OUISA                         - Abbiamo chiamato i nostri figli.

FLAN                                     - Nessuna risposta.

// telefono squilla. Si stringono l'una all'altro.

OUISA                         - È lui!

FLAN va al telefono.

OUISA                         - Non rispondere!

FLAN lo fa. Entra GEOFFREY.

GEOFFREY                 - Flanders, sono all'aeroporto. Senti, ci ho pensato. Quei giapponesi lo vogliono davvero, quel Cézanne. Tireranno fuori i soldi. Conta su di me per un even­tuale rialzo di due e cinquanta.

FLAN                           - Duecentocinquantamila?

 

GEOFFREY                 - E stavo pensando al Sudafrica. Che ne dici di un Festi­val del Cinema dei Neri Americani? Con Spike Lee, e invitando naturalmente Poitier a venire come presi­dente della giuria, e io conosco Bill Cosby, e mi piace Eddy Murphy, e una volta mia moglie è andata a pesca in Norvegia con Diana Ross e il marito norvegese. E ci saranno altri neri emergenti...

FLAN                                     - Sì. Mi sembra un'idea magnifica.

GEOFFREY                         - Gli telefonerò allo Sherry...

FLAN                                     - No! Gli telefoniamo noi!

GEOFFREY                         - Stanno chiamando il mio volo... Quanto a ieri sera,

di nuovo...

FLAN                                     - Non hai bisogno di ringraziare. Ci vediamo presto.

GEOFFREY                 - Le banche.

FLAN                                     - II mio avvocato.

GEOFFREY                 - Esatto.

FLAN                                     - Fai buon viaggio.

GEOFFEY esce. Entra un'altra coppia tra i quaranta e i cinquanta, KITTYe LARKIN.

OUISA e FLAN si tolgono le vestaglie e sono in abiti da giorno.

OUISA                         - Abbiamo una storia da raccontarvi!

Kitty                            - Noi abbiamo una storia da raccontarvi!

OUISA                         - (A noi) Hanno un figlio che va a Harvard con i nostri figli.

KITTY e LARKIN sono contenti di questo.

FLAN                           - Fatemi raccontare la nostra storia.

LARKIN                      - Quando è successa?

FLAN                           - Ieri notte. Siamo ancora esterrefatti.

KITTY                          - Abbiamo vinto noi. La nostra storia è successa vener­dì sera. Quindi tocca prima a noi.

LARKIN                      - Faremo un film.

KITTY                          - Faremo il film di Cats.

OUISA e FLAN si guardano.

OUISA                         - Raccontate prima voi.

LARKIN                      - (A noi) Venerdì sera eravamo a casa, suona il campanello...

KITTY                          - Non che mi faccia così effetto, ma era il figlio di...

OUISA &FLAN          - (A noi) Avete capito.

KITTY                          - II ragazzo era stato aggredito. Noi dovevamo uscire. Lo abbiamo lasciato a casa. Era così incantevole. Suo padre era sul volo notturno dalla West Coast. Non poteva andare all'hotel prima delle sette del mattino. Ha dormito da noi.

È molto compiaciuta.

LARKIN                      - Nel cuore della notte abbiamo sentito qualcuno che gridava Al ladro! Al ladro! Siamo usciti nell'ingresso. E c'è PAUL che corre dietro a questo ladro biondo com­pletamente nudo per tutto il corridoio. Il ladro bion­do riesce a fuggire, scatta l'allarme. Quel ragazzo ci ha salvato la vita.

FLAN                           - Quello non era un ladro.

OUISA                         - Avevate un altro ospite.

KITTY e LARKIN ridono.

LARKIN                      - Ci siamo sentiti così in colpa. Quell'intruso avrebbe potuto uccidere Paul. È stato molto comprensivo...

OUISA                         - Mancava nulla in casa?

LARKIN                      - Nulla.

FLAN                           - Gli avete dato dei soldi?

KITTY                          - Venticinque dollari fino all'arrivo di suo padre.

FLAN                           - (A noi) Gli abbiamo raccontato la nostra storia.

KITTY E LARKIN      - Ah.

OUISA                         - Avete parlato con i vostri figli?

KITTY                          - Non ci siamo riusciti.

OUISA fa una telefonata.

OUISA                         - Sherry Netherlands. Vorrei...

LARKIN                      - (A noi) E gli ha detto il nome.

KITTY                          - Sidney Poitier deve essere sul registro.

Suona il campanello. Va FLAN.

OUISA                         - No! Non sono un'ammiratrice. Questa non è la telefonata di un'ammiratrice. Sappiamo che è là. Suo figlio è un amico...

Click. Lo Sherry ha riattaccato.

LARKIN                      - (A noi) Dev'essere là sotto un altro nome.

Un'altra telefonata.

OUISA                         - Salve. Servizio Vip? Non so esattamente come funzionate.

KITTY                          - Greta Garbo usava il nome di Harriet Brown.

OUISA                         - Rintracciate i Vip. Giusto?

LARKIN                      - Sicuramente tutti sapevano che era Greta Garbo.

OUISA                         - Sto cercando di scoprire come mettermi in contatto con... No, non sono un ufficio-stampa... No, non sto con nessun... Mio marito. Flanders Kittredge. (Click) Il Servizio Vip non dà informazioni al telefono.

LARKIN                      - Prova con la biblioteca nazionale.

KITTY                          - Prova col Who's Who.

FLAN torna portando un'elaborata composizione floreale. FLAN legge il biglietto.

FLAN                           - "Per ringraziarvi della meravigliosa serata. PAUL  Poitier".

FLAN infila una mano nel bouquet. Tira fuori un barattolo di marmellata.

FLAN                           - Un barattolo di marmellata?

LARKIN                      - Un barattolo di marmellata.

Indietreggiano come se potesse esplodere.

KITTY                          - Credo che dovremmo chiamare la polizia.

Entra un ISPETTORE DI POLIZIA.

ISPETTORE                 - Quali sono le accuse?

OUISA                         - È entrato in casa nostra.

FLAN                           - Ci ha preparato la cena.

OUISA                         - Ci ha raccontato la storia de II giovane Holden.

FLAN                           - Ha detto che era figlio di Sidney Poitier.

ISPETTORE                 - Era vero?

OUISA                         - Non lo sappiamo.

FLAN                           - Gli abbiamo dato cinquanta dollari.

KITTY                          - Noi gliene abbiamo dati venticinque.

LARKIN                      - Shhhh!

OUISA                         - Ha rimorchiato una marchetta.

 FLAN                          - Se n'è andato.

KITTY                          - Ha cacciato un ladro da casa nostra.

OUISA                         - Non ha rubato nulla.

LARKIN                      - Abbiamo controllato e ricontrollato.

KITTY                          - Da cima a fondo. Non mancava niente.

L'ISPETTORE DI POLIZIA chiude Usuo blocchetto.

OUISA                         - In effetti non sembra così grave, ora.

ISPETTORE                 - Sentite. Noi abbiamo molto da fare.

FLAN                           - Non ci può liquidare così.

ISPETTORE                 - Portatemi delle accuse. Allora farò qualcosa.

L'ISPETTORE DI POLIZIA se ne va.

OUISA                         - (A noi) I nostri figli sono venuti giù da Harvard.

I loro figli, WOODY e TESS, e il figlio di KTTTY e LARKIN, BEN, entrano, mor­morando in tono di protesta.

FLAN                            - ...i dettagli che conosceva... Come sapeva del qua­dro? Per quanto io pensi che sia un bellissimo Kandinsky.

OUISA                         - (A noi) E nessuno di voi conosce quel tale? E un po' fuori di testa, ma ha una certa eleganza e un'autentica inclinazione per gli altri, una certa considerazione per...

TESS                             - Be', mamma, avresti dovuto farlo rimanere. Avresti do­vuto divorziare da tutti i tuoi figli e trattenere questo ra­gazzo modello. Ti ha anche mandato i fiori.

FLAN                           - E la marmellata.

RAGAZZI                    - Ooooooh.

OUISA                         - Mi sarebbe piaciuto sapere come raggiungere suo padre. Solo per sapere se c'era un briciolo di verità in quello che aveva detto.

LARKIN                      - Chi conosce Sidney Poitier? Così lo chiamiamo, glielo chiediamo e la facciamo finita.

KITTY                                    - (Entusiasta) Io ho un amico che si occupa di diritto d'autore. Scommetto che...

LARKIN                      - Che amico?

KITTY                                    -Oh, nessuno.

LARKIN                        - Lo voglio sapere.

KITTY                                    - (Strilla) Nessuno!

LARKIN                        - Qualunque cosa stia succedendo da qualsiasi parte, io non voglio sapere. Non voglio sapere. Non voglio sape­re...

KITTY                                    - (Sovrapponendosi) Nessuno. Nessuno. Nessuno...

BEN                              - Papà. Mamma. Per favore. Per una volta. Per favore?

BEN, KITTY e LARKIN si arrabbiano.

FLAN                           - Tess, quando vedi la tua sorellina, non dirle che lui e la, uh, marchetta hanno usato il suo letto.

TESS                             - Ce l'avete messo voi, in quel letto. Non ho intenzione di essere coinvolta in nessuna cospirazione.

FLAN                                     - Non è una cospirazione. E’ una famiglia.

TESS e FLAN si ringhiano contro. Buio. OUISA, sola, si stiracchia sul sofà. Entra PAULcon la camicia rosa indosso.

PAUL                                     - L'immaginazione. E quello il nostro fuori. L'immaginazione ci insegna i nostri limiti e poi ci insegna come espanderci al di là di quei limiti. L'immaginazione dice, stammi a sentire. Sono la tua voce più oscura. Sono la tua voce delle quattro del mattino. Sono la voce che ti sveglia e dice, è di questo che ho paura. Non ascoltarmi. a tuo rischio. L'immaginazione è la voce di mezzogiorno che vede chiaramente e dice, sì, è questo che voglio per la mia vita. E là per dissipare i tuoi incubi, per mostrar­ti la via d'uscita dal labirinto dei tuoi incubi, per tra­sformare l'incubo in un sogno che diventi il tuo pilastro. Se non ascolti quella voce, lei muore. Si indebolisce. Sva­nisce.

PAUL tira fuori un coltello a serramanico e lo apre.

L'immaginazione non è la nostra via di fuga. Al con­trario, l'immaginazione è il posto in cui tutti stiamo cercando di arrivare.

PAUL si alza la camicia e si pugnala. OUISA si tira su a sedere e grida. PAUL è scomparso. Squilla il telefono. È l'ISPETTORE DI POLIZIA.

ISPETTORE Ho ricevuto una telefonata che potrebbe interessarvi.

Entra il DOTT FINE, un professionista molto serio sulla cinquantina.

DOTT. FINE                - (A noi) Stavo visitando una paziente. Sono ostetrico al New York Hospital. L'infermiera ha aperto la porta del mio studio e ha detto, c'è un amico di suo figlio qui...

Entra PAUL.

DOTT. FINE                - (A noi) Ho curato il ragazzo. Era più spaventato che ferito. Una ferita d'arma da taglio, qualche graffio. Non so come ringraziarla, signore. Mio padre sta arri­vando in città.

Entrano i quattro genitori.

 

 

FLAN, OUISA,

KITTY, LARKIN        - Sta facendo un film da Cats.

DOTT. FINE                - E mi ha detto il nome di un idolo delle matinée della mia giovinezza. Un uomo che aveva davvero cambia­to le cose e tracciato nuove strade per i neri, semplice­mente con la forza del proprio talento. Stranamente, io mi ero identificato con lui prima di cominciare la facoltà di Medicina. Voglio dire, sono ebreo. I miei nonni sono stati uccisi durante la guerra. Avevo que­sto senso di disprezzo per me stesso, di paura. E il padre di quel ragazzo - il coraggio dei suoi film - mi avevano dato una direzione, una sicurezza. Proprio così. Ripaghiamo in continuazione i nostri debiti. Poi il mio cercapersone si è messo a squillare. Una paziente al decimo mese di gravidanza. Finalmente le si erano rotte le acque. Gli diedi le chiavi.

PAUL prende le chiavi.

PAUL                                     - Doug mi ha detto tutto del vostro brownstone. Che lo avete avuto a un prezzo fantastico perché c'era stato un omicidio e per un po' la gente aveva pensato che ci fos­se una maledizione ma che lei era un uomo di scien­za, un uomo coraggioso!

DOTT. FINE                - Be', sì! Coraggioso! Sono corso in sala parto. Gemelli! Due maschi. Ho pensato a mio figlio. Ho fatto il numero del mio ragaz­zo a Dartmouth. Incredibile, ma era nella sua stanza. A fare cosanon lo voglio sapere.

Entra DOUG, 20 anni.

DOTT. FINE Quindi mi accusi di non interessarmi alla tua vita, non accettare i tuoi amici, essere un cattivo padre. Be', dovresti essere contento.

DOUG                                    - Il figlio di chi? Papà, non l'ho mai sentito. Papà, come al solito sei un cretino totale. Gli hai dato le chiavi? Hai dato a un perfetto estraneo che per caso fa il mio nome le chiavi della nostra casa? Papà, a volte mi è tal­mente chiaro perché la mamma ti ha lasciato. È così imbarazzante conoscerti. Hai dato le chiavi a uno sco­nosciuto che ti si è presentato allo studio? Mamma mi ha detto che la picchiavi! Mamma mi ha detto che eri un amante disastroso e che bevevi così tanto che il tuo corpo sapeva di vino bianco da quattro soldi. Mamma mi ha detto che dormire con te era come dormire con un'insalata condita male. Perché mi hai fatto venire al mondo!

DOTT. FINE                - Di ogni storia ci sono sempre due versioni...

DOUG                          - Sei un idiota! Sei un idiota!

DOUG scompare nel buio, urlando.

DOTT. FINE                - Sono tornato a casa - coraggiosamente - con un poli­ziotto.

Un POLIZIOTTO accompagna il DOTT. FINE. PAUL entra con una vestaglia di seta indoss e mi bicchierino di brandy in mano.

DOTT. FINE                - Lo arresti!

PAUL                           - Pardon?

DOTT. FINE                - Per irruzione.

PAUL                           - Irruzione?

DOTT. FINE                - Sei un impostore.

PAUL                           - Agente, vostro onore, sua eminenza, il dottor Fine mi ha dato le chiavi del suo brownstone. Non è così?

DOTT. FINE                - Mio figlio non ti conosce.

PAUL                                     - Quest'uomo mi ha dato le chiavi di casa. Non è così?

POLIZIOTTO              - (Strilla) Lei gli ha dato le chiavi di casa?

DOTT. FINE                - Sì! Ma dietro false affermazioni. Questo stronzo di un nero strafatto di crack è venuto nel mio studio a raccon­tarmi balle...

PAUL                                     - Ho preso solo questo dito di brandy ma posso riversare nella bottiglia quello che non ho ancora bevuto. E ho usato l'elettricità per ascoltare la musica, ma credo che scoprirà che non ho preso nulla in casa.

PAUL se ne va.

DOTT. FINE                - Voglio che arresti quell'imbroglione!

// POLIZIOTTO se ne va. Rientra DOUG.

DOUG                           - Un cretino. Una frana! Non mi meraviglia che mamma ti abbia lasciato.

DOUG se ne va. Pausa.

DOTT. FINE                - Due versioni. Ogni storia ha due versioni.

OUISA solleva un libro.

OUISA                                   - Sono andata giù allo Strand. Ho preso l'autobiografia di Sidney Poitier. (Legge:) "Di ritorno a New York con Juanita e i ragazzi, cominciai a rendermi conto che il nostro matrimonio, sebbene funzionasse per alcune cose, sulle questioni fondamentali stava cadendo a pezzi".

FLAN                           - C'è una fotografìa di lui con le sue quattro... figlie. Niente figli. Quattro figlie. Il libro si intitola Questa vita.

DOTT. FINE                - Pubblicato da Knopf.

KITTY                          - 1980.

LARKIN                      - Esaurito in catalogo.

KITTY                          - Oh mio Dio.

OUISA                         - Questo ragazzo che è entrato come un panzer nelle nostre vite.

LARKIN                      - Noi lo abbiamo lasciato entrare nelle nostre vite. Io gestisco una fondazione. Tu sei un mercante. Tu, un dottore. Siamo soddisfatti di quello che abbiamo rag­giunto, così almeno si potrebbe pensare.

FLAN                           - Agatha Christie si chiederebbe: cosa abbiamo in comu­ne?

OUISA                         - Il filo comune che ci lega tutti sembrerebbe il bisogno irresistibile di partecipare al film di Cats.

KITTY                          -I nostri figli. Che lottano per la loro vita.

LARKIN                      - Non voglio sapere niente delle fuoriuscite delle loro vite.

OUISA                         - Tutto quello che abbiamo in comune è che i nostri figli sono stati in collegio insieme.

FLAN                           - (Al DOTT. FINE) Come mai non ci siamo mai conosciuti?

DOTT. FINE                - L'affidamento ce l'aveva sua madre. Io vivevo nella West Coast. Quando si è diplomato al liceo, lei si è trasferita nella West Coast. E io mi sono trasferito nella East Coast.

LARKIN                      - Credo che dovremmo finirla qui.

KITTY                          - Hai paura che Ben c'entri qualcosa con questo imbro­glio?

LARKIN                      - Non voglio sapere troppo di mio figlio.

KITTY                          - Pensi che Ben ci nasconda delle cose? Sai che ti dico inve­ce, io voglio andare in fondo a questa vicenda. Mio figlio non ha niente a che fare con nessun imbroglione nero. Dottore, lei ha detto qualcosa a proposito del crack? Io non voglio sapere.

DOTT. FINE                - Mi è solo scappato di bocca. Niente prove. Oh Dio mio, niente prove.

 

 

FLAN                           - Faremo una votazione. Andiamo in fondo a questa vicenda a rischio di scoprire qualsiasi cosa sui nostri figli?

OUISA                         - Io voto sì.   

DOTT. FINE                - Mi fido di Doug. Sì.

LARKIN                      - No.

KITTY                          - Sì.                                                         

FLAN                           Sì.                                                           

KITTY sfoglia l'autobiografia di Poitier.

KITTY                          - Sentite l'ultima pagina: "...migliorandolo per i nostri figli. Proteggendoli. Da cosa? La verità, è da questo che proteggiamo i nostri piccoli... c'è molto di cui preoccuparsi e farei meglio a cominciare a dire a quei piccoli bastardi... cominciate a preoccuparvi!". Fine.

KITTY chiude il libro sbigottita. Entrano tutti i figli, TESS, WOODY, BEN, DOUG, mormorando in tono di protesta.

FLAN                           - È evidente. È qualcuno che era al liceo con voi, visto che siete tutti in college diversi.

OUISA                         - Conosce i dettagli delle nostre vite.

FLAN                           - Chi, tra i vostri compagni di liceo, tra quelli che fre­quentavate, è diventato omosessuale o drogato?

TESS                             - Questa è bella, circa quindici persone.

LARKIN                      - Io non voglio sapere.

TESS                             - Trovo davvero offensivo che diate per scontato che debba essere un ragazzo. Il figlio di questa star del cinema potrebbe aver avuto una relazione con una ragazza al liceo...

BEN                              - In poche parole il tuo problema è questo. Sei così limi­tato.

TESS                             - Per questo vado in Afghanistan. A scalare montagne. Tu non scali montagne.

FLAN                           - Non abbiamo investito tutti quei soldi per farti anda­re a scalare la facciata del K-2.

TESS                             - E’ questo che sono? Un investimento?

OUISA                         - Va bene. Rintracciate chiunque fosse in classe con voi al liceo. Maschi. Femmine. Tutti quanti. Non solo omosessuali. Drogati. Il ragazzo potrebbe essere uno spacciatore.

DOUG                          - Perché guarda me quando dice questo? Crede che io mi droghi? Che sia un pusher? Mi danno davvero fastidio queste accuse.

DOTT. FINE                - Nessuno ti sta accusando di niente.

LARKIN                               - Io non voglio sapere. Non voglio sapere. Non voglio sapere.

FLAN                           - Nessuno sta accusando nessuno di niente. Vi sto solo chiedendo di fare un'indagine e di scoprire se qualcuno ha conosciuto nella vostra classe di liceo un ragazzo nero che fingeva di essere il figlio di una star del cinema.

BEN                              - Vi ha promesso una parte in Cats?

OUISA                         - Non è solo questo. E’stato divertente.

TESS                             - Tu ci sei stata a vedere Cats. Hai detto che era la cosa più orrenda che avessi mai visto in tutta la tua vita di spettatrice teatrale.

OUISA                         - Il cinema è un mezzo completamente diverso.

TESS                             - Hai detto che Eschilo non ha inventato il teatro per vederlo ridursi a un coretto di gente che si domanda chi di loro andrà nel Paradiso dei Gattini.

OUISA                         - Non ricordo di averlo detto.

FLAN                           - No, credo che parlasse di Starlight Express...

TESS                             - Be', magari farà un film da Starlight Express e dovrete mettervi tutti i pattini a rotelle...

DOUG                          - E’ così umiliante.

 

 

 BEN                              - E’così patetico.

TESS                             - E’ così razzista.

OUISA                         - Non è razzista!

DOUG                          - Come faccio a richiamare tutti i miei compagni di liceo? Li ho completamente persi di vista.

KITTY                          - Come puoi averli persi di vista? Ti sei diplomato un anno fa!

OUISA                         - Ecco una copia del vostro annuario. Voglio che prendiate i numeri di telefono di tutti quelli della vostra clas­se. Siete stati tutti nello stesso collegio. Potete chiamare da qui.

DOTT. FINE                - Potete farlo addebitare sulla mia bolletta.

OUISA                         - Chiamate tutti quelli della vostra classe e chiedete se conoscono.

DOUG                          - Mai!

TESS                             - Questo è il Kgb.

DOTT. FINE                - Stai al telefono tutto il giorno. Ora che io ti chiedo di fare telefonate in tutto il paese invece fai resistenza.

TESS                             - Siamo in pieno Maccartismo.

WOODY                      - Io voglio solo capire bene una cosa.

FLAN                           - Finalmente, sentiamo la piccionaia.

WOODY                      - Gli avete dato la mia camicia rosa? Avete dato a un perfetto estraneo la mia camicia rosa? Quella camicia rosa era un vostro regalo di Natale. Custodivo gelosamente quella camicia. Adoravo quella camicia. La circonferen­za del collo mi è aumentata addirittura di una taglia per via del body building. E voi vi siete accorti che le mie braccia erano aumentate di volume, che il collo era aumentato di volume. E avete comprato quella camicia per il mio corpo nuovo. Adoravo quella camicia. La pri­ma camicia per il mio corpo nuovo. E voi l'avete data via. Non ci posso credere. Detesto stare qui. Detesto questa casa. E detesto voi.

 

DOUG                           - Tu non fai mai niente per me.

TESS                             - Non avete mai fatto altro che cercare di bloccarmi.

BEN                              - Io sono solo la patetica estensione della tua personali­tà di infimo livello.

DOUG                          - Il socialismo darwiniano spinto oltre ogni limite.

WOODY                      - Avete dato via la mia camicia rosa?

TESS                             - Volete che io sia tutto quello che voi non siete stati.

DOUG                          - Ha detto droga e ha guardato me.

I genitori escono, muti, sconfitti. I figli sfogliano l'annuario del liceo, TESS individua un volto.

TESS                             - Trent Conway.

TUTTI I RAGAZZI     - Trent Conway.

Entra TRENT CONWAY.

TESS                             - Trent Conway. Guarda che razza di sguardo, con quegli occhietti a spillo. Trent Conway. Sta al Mit. (A noi) Così sono andata al Mit. Stava là, nella stanza dei computer, e ho continuato a spremerlo come un limone. Avevo un registratore nascosto.

Buio.

VOCE DI TRENT REGISTRATA   - Sì, conoscevo Paul.

VOCE DI TESS REGISTRATA       - Ma che e successo tra voi?

VOCE DI TRENT REGISTRATA - Era... Era...

La luce sale lentamente. Entrano PAUL e TRENT. Pioggia. Un tuono distan­te. In lontananza si sente suonare del jazz. PAUL indossa dei jeans, una canottiera e delle scarpe da ginnastica alte.

TRENT                         - È così che devi parlare. Senti il mio accento. Ascolta la mia voce. Non dire mai, sto andando a cavalcare. Dì vado a montare. E non dire divano. Dì sofà. Tu dici botti-jia. È bottiglia. Dì bottiglia di birra.

PAUL                           - Botti-jia di birra.

TRENT                         - Bottiglia di birra.

PAUL si siede sul sofà. Tira fuori una spessa rubrica da sotto di sé.

PAUL                           - Che è questa?

TRENT                         - La mia rubrica di indirizzi.

PAUL                           - Tutti questi nomi. Indirizzi. Raccontami di questa gente.

TRENT si siede accanto a lui.

TRENT                         - Voglio che vieni a letto con me.

PAUL                           - (Feroce) Raccontami di questa gente, capito!

TRENT                         - Voglio solo guardarti. Scusa.

PAUL è ipnotizzato dalla rubrica.

PAUL                           - Sono tutti ricchi?

TRENT                         - No. Gente che si mangia subito tutto quello che guadagna, ma ad altissimo livello.

PAUL                           - È molto difficile stare coi ricchi, penso. Devi averci i soldi. Gli devi fare regali.

TRENT                         - Niente affatto. Se un ricco fa una cosa carina per te, tu gli regali un barattolo di marmellata.

PAUL                           - Serve a questo, la marmellata?

TRENT                         - Arancia. Pompelmo. Fragola. Ma ben confezionate. Ci sono negozi interi con barattoli di marmellata in bel­le confezioni di stoffa. Inglesi. O francesi.

PAUL                           - Te lo dico io che faccio. Prendo un nome a caso. Tu mi racconti di loro. Dove vivono. I loro segreti. E per ogni nome ti becchi una delle cose che ho addosso.

TRENT                         - Va bene.

PAUL                           - Kittredge. Talbot e Woodrow.

TRENT                         - Talbot, detta Tess, era anoressica ed è stata in ospedale per un po'.

PAUL si toglie una scarpa e scalciandola la lancia a TRENT.

PAUL                           - I genitori.

TRENT                         - OUISA e Flan, per Flanders, Kittredge. Rhode Island, credo. Newport, ma non sull'oceano. Una stradina dietro all'oceano. Lui è un mercante d'arte. Hanno un Kandinsky.

PAUL                                                          - Un Can-che?

TRENT                         - Kandinsky. Un Kandinsky a due lati.

PAUL scalcia l'altra scarpa. TRENT la afferra con gioia.

TRENT                         - Mi sento come Sheherazade!

Abbraccia PAUL con feroce tenerezza.

 Non voglio che mi lasci, Paul. Guarderò la mia rubrica e ti racconterò tutto, famiglia per famiglia. Non ti senti­rai mai più fuori posto. Ti troveremo una nuova identi­tà. Farò di te il giovane più entusiasticamente ricercato di tutta la East Coast. E poi un giorno entrerò in una di queste case... e tu sarai là e mi verrai presentato. E io fingerò di incontrarti per la prima volta e alla nascita della nostra amicizia assisteranno i miei amici, e gli amici dei nostri genitori. Se tutto succede sotto il loro naso, non potranno giudicarmi. E non potranno screditare te. Farò di te un ospite benvenuto nelle loro case. Chiedimi un altro nome. Voglio la camicia.

PAUL bacia TRENT.

PAUL                           - Per oggi, basta così.

PAUL prende le sue scarpe e la rubrica e se ne va. TRENT si volta verso TESS.

TRENT                         - PAUL è rimasto con me tre mesi. Abbiamo scorso la rubri­ca da cima a fondo. PAUL è scomparso alla lettera L. Si è portato via la rubrica. Be', è già stato in tutte le vostre case. Forse lo rivedrò. Certo, mi piacerebbe molto.

TESS                             - Il suo passato? Il suo vero nome?

TRENT                         - Non so nulla di lui. Era una notte di pioggia a Boston. Era dentro un portone. E’ tutto.

TESS                             - Ti ha rubato qualcosa?

TRENT                         - Oltre alla rubrica? Ha preso lo stereo, una giacca spor­tiva, il computer e la stampante laser. E i miei sci. E il televisore.

TESS                             - Lo denuncerai?

TRENT                         - No.

TESS                             - E’ un reato.

TRENT                         - Perché vogliono trovarlo?

TESS                             - Dicono di volerlo aiutare. Se c'è un crimine, sarà coin­volta la polizia.

TRENT                         - Senti, dobbiamo tenerci in contatto. Siamo stati ami­ci per un brevissimo periodo a scuola. Voglio dire, era­vamo davvero buoni amici.

TESS                             - Lo denuncerai?

TRENT                         - Ti prego.

Escono. Entra OUISA.

OUISA                         - (A noi) Tess mi ha fatto sentire il nastro.

VOCE DI TESS registrata            - Lo denuncerai?

VOCE DI TRENT REGISTRATA   - Ti prego.

OUISA                         - (A noi) Riuscite a crederci? PAUL aveva imparato tutto in tre mesi. Tre mesi! Chi avrebbe potuto pensarci? Trent Conway, il professor Higgins di My Fair Lady dei giorni nostri. PAUL guardava quei nomi e diceva, sono Cristofo­ro Colombo. Sono Magellano. Navigherò in questo nuovo mondo. Ho letto da qualche parte che ognuno di noi su questo pianeta è separato da tutti gli altri solo da sei persone. Sei gradi di separazione. Tra noi e chiunque altro su questo pianeta. Il presidente degli Stati Uniti. Un gondoliere di Venezia. Sostituite pure i nomi. Io trovo la cosa a) terribilmente confortante, che siamo così vicini e b) come la tortura della goccia cinese, che siamo così vicini. Perché devi trovare le giuste sei persone per fare il collegamento. Non sono solo i grandi nomi. Può essere chiunque. Un indigeno della foresta pluviale. Un nativo della Terra del Fuoco. Un esquimese. Sono legata a tutti gli altri abitanti di questo pianeta da una catena di sei persone. E un pensiero profondo. Come ci ha trovati, Paul. Come trovare l'uomo di cui si fìnge figlio. O forse e suo figlio, per quanto non credo che lo sia. Ogni per­sona è una nuova porta, che si apre su altri mondi. Sei gradi di separazione tra me e chiunque altro su questo pianeta. Ma bisogna trovare le sei persone giuste.

Entra FLAN.

FLAN                           - (A noi) Per un po' non abbiamo saputo più nulla. Siamo andati avanti con le nostre vite.

Entra il PORTIERE.

OUISA                         - (A noi) E poi un giorno il nostro portiere, al quale diamo una buona mancia a Natale e ogni volta che fa qualcosa per noi... il nostro portiere ha sputato a mio marito, J. Flanders Kittredge. Voglio dire, gli ha sputato addosso.

Il PORTIERE Sputa a FLAN.

PORTIERE                  - Suo figlio! So tutto di suo figlio.

FLAN                           - Cosa sa di mio figlio?

PORTIERE                  - Non quella merdina che vive qui. L'altro figlio. Il figlio segreto. Il figlio negro che lei rinnega.

Il PORTIERE sputa di nuovo a FLAN.

FLAN                           - II figlio negro?

PORTIERE                  - II figlio di colore che fa vivere a Central Park.

OUISA                         - (A noi) Il capitolo successivo. Rick, Elizabeth e Paul sono seduti sull'erba a Central Park.

RICK, ELIZABETH e PAUL continuano a ridere a Central Park. RICK, un bel ragazzo sui venticinque anni, suona la chitarra con energia. Lui, PAUL ed ELIZABETH, una bella ragazza della stessa età, si stanno divertendo un mondo a cantare una canzone allegra, tipo Shower The People di James Taylor, finché RLCKprende la nota sbagliata. Loro cercano di ritrovare l'in­tonazione. RICK non riesce assolutamente più a ritrovare la nota giusta. 1 TRE ridono. PAUL indossa la camicia rosa.

PAUL                           - Ditemi di voi.

RICK                            - Veniamo dallo Utah.

PAUL                           - Ci sono neri nello Utah?

RICK                            - Si, forse due. I Mormoni ne hanno portati due.

ELIZABETH               - Siamo venuti per fare gli attori.

RICK                            - Lei ha vinto il concorso nazionale per il teatro.

PAUL                           - Mio Dio!

ELIZABETH               - "La natura della misericordia non si può forzare. Cade dal cielo come la pioggia gentile".

RICK                            - Studiamo e serviamo ai tavoli.

ELIZABETH               - Perché devi avere la tecnica.

PAUL                           - Come i pittori. Cézanne cercava le regole dietro la spontaneità dell'Impressionismo.

RICK                            - Cez... È un pittore?

ELIZABETH               - Non sappiamo niente di pittura.

PAUL                           - Mio papà adora la pittura. Ha un Kandinsky ma ama più Cézanne. Abita lassù.

RICK                            - Cosa?

PAUL                           - Abita lassù. Contate sei finestre da sotto in su. John Flanders Kittredge. I suoi amici lo chiamano Flan. Io sono il figlio dell'epoca hippy di Flan. I suoi giorni radi­cai. Andò giù al Sud in una marcia per la libertà, per con­vincere i neri a votare... i suoi amici vennero uccisi. Incontrò mia madre. La convinse a votare e la sposò in un accesso di giustizia sentimentale, poi la mise incinta di me, tornò qui e la abbandonò. Andò a Harvard. Ora è un mercante d'arte di successo. Abita lassù. Contate sei finestre da sotto in su. Non vuole vedermi. La nuova moglie... quella bianca... la L

OUISA                         - Kittredge Chiama­mi Moglie Ouisa... la moglie madre dei nuovi figli...

RICK                            - I tuoi fratelli e sorelle?

PAUL                           - (Amaro) Frequentano Andover, Exeter, Harvard e Yale. La cosa tremenda è che mio padre aveva cominciato bene. Mia madre dice che c'è un uomo buono dentro J. Flanders Kittredge.

ELIZABETH               - Ti vedrebbe se fosse così buono. Non può dimenticarti completamente.

PAUL                           - Lo chiamo. E lui riattacca.

RICK                            - Vai nel suo ufficio...

PAUL                           - Non ha un ufficio. Lavora fuori. Qui non mi fanno neanche salire sull'ascensore.

RICK                            - Vestiti da pony express.

ELIZABETH               - Digli che c'è un capolavoro per lui. "Ho la Monna Lisa che aspetta nel camion".

PAUL                           - Non voglio metterlo in imbarazzo. Sentite, è una cosa maledettamente squallida. (Pausa) Voi vi amate?

ELIZABETH               - Molto.

RICK ed ELIZABETH si toccano la mano.

PAUL                           - Spero di rivederlo.

PAUL si volta per andarsene.

RICK                            - Dove abiti?

PAUL                           - Dove abito? Io sono a casa.

ELIZABETH               - Non vivrai mica per strada?

PAUL                           - Che stronzi. Dove volete che viva?

RICK                            - Vieni a dormire da noi.

ELIZABETH               - Abbiamo solo un appartamentino in una casa popolare...

RICK                            - È sopra a una roller-disco. L'ultima del suo genere, ma alle cinque del mattino c'è silenzio e un angolino fan­tastico...

ELIZABETH               - E’ piccolo, ma possiamo farti un po' di spazio. La vasca da bagno è in cucina, ma c'è una bella luce al mattino.

RICK                            - (A noi) Ed è venuto!

 

La luce cambia nell'appartamento.

PAUL                           - È così che dovete parlare. Sentite il mio accento. Ascoltate la mia voce. Non dite mai, sto andando a cavalca­re. Dite, vado a montare. E non dite divano. Dite sofà. E voi dite botti-jia. È bottiglia. Dì bottiglia di birra.

RlCK                            - Botti-jia di birra.

PAUL                           - Bottiglia di birra. E non abbiate mai paura dei ricchi. Sapete cosa adorano? Un bel barattolo di marmellata. Tutto qui. Trovatevi un mecenate. È quello che vi serve. Non dovreste servire ai tavoli. Un giorno vi sveglierete e il lavoro temporaneo che avete scelto per mantenervi sarà il lavoro che vi dovrete tenere per tutta la vita.

ELIZABETH abbraccia PAUL con gratitudine.

PAUL                           - Mi avete dato coraggio. Cercherò di vederlo immediatamente.

PAUL esce. ELIZABETH e RICK si stendono sulla schiena a sognare.

RICK                            - Ti dico tutti i ruoli che voglio fare. Vanja in Zio Vanja.

ELIZABETH               - Masha nelle Tre sorelle. No, prima Irina. La giovane che desidera ardentemente l'amore. Poi Masha, che ama. Poi la più grande, Olga, che non conoscerà mai l'amore.

RICK                            - Mi piacerebbe fare Laerte. E il ruolo più bello.

ELIZABETH si guarda in uno specchio.

ELIZABETH               - Credi che mi danneggerà?

RICK                            - Cosa ti danneggerà?

Elizabeth                       - La mia somiglianza con Liv Ullmann.

 

PAUL corre dentro.

PAUL                           - MI HA SCRITTO! IO GLI HO SCRITTO E LUI MI HA RISPOSTO!!! Mi darà mille dollari! E questo è solo l'inizio! Ha venduto un Cézanne ai giapponesi e ha guadagnato milioni, così mi può dare dei soldi senza che lei lo sappia.

ELIZABETH               - Lo sapevo!

PAUL                           - Me ne vado di qui!

ELIZABET                  -Non puoi!

RICK                            - No!

PAUL                           - Ma vi darò i soldi per mettere su una mise-en-espace di qualsiasi testo vogliate. Voi lo reciterete, gli agenti verranno a vedervi e così tutto avrà inizio. E quando vincerete l'Oscar - tutti e due - guarderete dentro la macchina da presa e mi ringrazierete...

ELIZABET                  -Voglio ringraziare PAUL Kittredge.

RICK                            - Grazie, Paul!

PAUL                           - C'è un piccolo problema, però. Devo vederlo nel Mai­ne. E andato lassù a trovare i suoi genitori a Dark Har-bor. I nonni che non ho mai conosciuto. Finalmente gli dirà di me. Ha intenzione di recuperare il tempo perdu­to. Mi darà dei soldi. Potrò tornare a casa. Comprare a mia madre quel salone di bellezza che ha desiderato per tutta la vita. C'è un problema, però. Come faccio ad arri­vare nel Maine? La moglie controlla tutte le spese. Deve rendere conto a lei per i soldi. È lei che tiene i lacci del­la borsa. Dove diavolo vado a prenderli duecentocin­quanta dollari per arrivare nel Maine?

ELIZABETH               - Per quanto tempo ti servono?

PAUL                           - Starò via una settimana. Ma potrei farvi un bonifico.

RICK                            - (Tranquillo) Potremmo prestarglieli per una settimana.

ELIZABETH               - (Tranquilla) Non possiamo. Se succede qualcosa...

RICK                            - (Tranquillo) Sei come la sua matrigna. Queste donne che stringono i lacci della borsa.

ELIZABETH               - No. Ce l'abbiamo messa tutta per risparmiare quella cifra. Mi dispiace. Ci vediamo dopo il lavoro. Se tuo padre ti vuole bene, il biglietto te lo comprerà lui lassù.

Se ne va.

RICK                            - (A noi) Ci siamo fermati in banca. Ho ritirato i soldi. Lui li ha presi.

PAUL                           - Festeggiamo!

Entra ELIZABETH.

ELIZABETH               - (A noi) Sono andata a un bancomat a prendere venti dollari e non ho potuto prelevare niente. Il bancomat ha divorato la mia carta. Ho chiamato il numero di emergenza e la voce ha detto che il mio conto era bloc­cato. Avevano ritirato tutto il denaro e il conto era bloccato. Sono andata a quell'appartamento della Fifth Avenue. Ho detto al portiere: rivoglio i miei sol­di. Servo ai tavoli. Lavoro duro. Ho risparmiato. Sono qui per cercare di incontrare gente. Sono a secco. A chi posso rivolgermi? "La natura della misericordia non si può forzare"? Vaffanculo, natura della misericordia.

Esce. Entra RICK.

RICK                            - (A noi) Mi ha detto che aveva un po' di soldi suoi e che voleva offrirmi la cena. Siamo andati in un negozio di smoking a nolo e ci siamo messi tutti in ghingheri. Siamo andati al Rainbow Room. Abbiamo ballato. In cima a New York City. Lo giuro. Lui si è alzato in piedi, ha tirato indietro la mia sedia, abbiamo ballato ed è stato un trambusto. Non è mai successo niente del genere nello Utah. Abbiamo ballato. E ve lo dico io, al Rainbow Room una cosa simile non doveva essere mai successa perché ci hanno chiesto di andarcene. Ve lo dico io. Mi sono divertito da morire. Così siamo usci­ti e siamo tornati a casa a piedi; sapevo che Elizabeth mi stava aspettando, avrei dovuto spiegarle dei soldi e calmarla perché li avremmo riavuti indietro, ma l'ho dimenticato perché abbiamo fatto un giro in carrozzel­la nel parco e lui mi ha chiesto se poteva scoparmi, io non l'avevo mai fatta una cosa del genere e ho detto sì ed è stato fantastico. È stata la notte più bella della mia vita e prima di andare a casa mi ha baciato sulla bocca ed è scomparso. Poi mi sono reso conto che non aveva soldi suoi. Aveva speso i miei, di soldi - i nostri soldi -quella notte al Rainbow Room. Come farò ad affrontare Elizabeth? Cosa ho fatto? Cosa gli ho permesso di farmi? Volevo fare delle esperienze. Sono venuto qui per fare delle esperienze. Ma non sono venuto per fare questo o perdere quello o essere quello o far questo a Elizabeth. Non sono venuto qui per esse­re questo. Mio padre diceva che ero uno sciocco e non posso permettere che abbia ragione. Cosa ho fatto?

Scompare nel buio. Entrano KITTY e LARKIN.

LARKIN                      - Kitty e io siamo stati in una roller-disco che hanno aperto due nostri clienti.

KITTY                          - Ed era S. Valentino.

LARKIN                      - Siamo usciti e abbiamo visto un corpo sulla strada.

KITTY                          - La gambe ancora mi tremavano per il pattinare, cosa che non facevo da un'infinità di tempo, e abbiamo capi­to che quel corpo era appena atterrato là, in una massa informe...

LARKIN                      - ...perché il rivolo di sangue non aveva ancora raggiunto il canale di scolo.

KITTY                          - Si vedeva il sangue scorrere lentamente verso il bordo del marciapiede.

LARKIN                      - II ragazzo si era buttato da su.

KITTY                          - II giorno dopo abbiamo fatto una passeggiata al parco passando da Gracie Mansion...

LARKIN                      - ...faceva freddo, e abbiamo visto la polizia che buttava una giacca su un uomo seduto su una panchina.

KITTY                          - Solo quando ci siamo avvicinati abbiamo capito che non era un maglione.

LARKIN                      - Era una custodia per cadaveri. Un barbone si era congelato durante la notte.

KITTY                          - Faceva così freddo?

LARKIN                      - A volte ci sono periodi in cui vedi morte dappertutto.

Buio. OUISA e FLAN   ppaiono in vestaglia con L’ISPETTORE ed ELIZABETH.

ISPETTORE                 - Questa ragazza si è fatta avanti con questa storia. Mi ha detto che il ragazzo nero era vostro figlio, e viveva qui. Tutto sembrava quadrare. Quello che sto dicendo è che sporgerà denuncia.

ELIZABETH               - Lo voglio morto. Ha preso tutti i nostri soldi. Ha pre­so la mia vita. Rick è morto! Potete scommetterci la vita che sporgerò denuncia.

OUISA                         - Non lo vediamo da quella notte.

ISPETTORE                 - Trovatelo. C'è una causa.

FLAN                           - Darò la notizia ai giornali. Ho delle amicizie. Posso chiamare il «Times».

OUISA                         - (A noi) Che è quello che è avvenuto.

 

 

FLAN                           - (A noi) Il giornale più prestigioso - il «Times» - pubbli­cò un articolo su un gruppo di newyorkesi cosiddetti arguti, sofisticati e duri, che venivano presi per il culo da un truffatore ora ricercato dalla polizia. Chi dice che i newyorkesi non hanno un cuore? Hanno promesso che lo avrebbero pubblicato nella sezione Vivere o Casa. (A noi)

KITTY                          - L'articolo uscì.

DOTT.FINE                 - (A noi) In prima di cronaca.

ISPETTORE                 - (A noi) Newyorkesi arguti.

LARKIN                      - (A noi) Sidney Poitier non si era mai fatto sentire.

OUISA                         - (A noi) Sei gradi. Sei gradi.

Escono tutti tranne OUISA e FLAN, che si sfilano le vestaglie e sono in abiti da sera.

OUISA                         - (A noi) Faremo un'offerta su un Henri Matisse.

FLAN                           - (A noi) Saliremo fino a...

OUISA                         - Non rivelare tutti i segreti di famiglia.

FLAN                           - (A noi) Be', oltre i venticinque milioni.

OUISA                         - (A noi) Oltre i quali lui...

FLAN                           - (A noi) Dovrò darne via la maggior parte, ma la cosa buona è che mi darà credibilità in questo nuovo merca­to... Voglio dire, una cazzo di stampa di David Hockney venduta per cento bigliettoni quindici anni fa è stata bat­tuta a trentaquattromila dollari! Una stampa! Un fiore. Conoscete GEOFFREY Il nostro amico sudafricano...

OUISA                         - (A noi) È un'asta in abito scuro... Da Sotheby...

FLAN                           - So che lo avremo.

OUISA                         - (Accorgendosi dell'ora) Flan...

FLAN                           - So che il Matisse sarà mio... per qualche ora. Poi volerà a Tokyo. O in Arabia Saudita.

OUISA                         - (A Tess) Mi sono messa tutta in ghingheri. Il vestito nero. Lo hai visto? Devo raccontarti del segno che ho visto oggi. Cosmetici anticrudeltà. Un negozio che vendeva cosmetici non sperimentati sugli animali.

TESS                             - Mamma, è una cosa bellissima. Ti rendi conto delle torture alle quali le aziende di cosmetici sottopongo­no i conigli per sperimentare un ombretto?

OUISA                         - Cara, lo so. Sto solo parlando dell'espressione. I cosmetici anti-crudeltà dovrebbero portar via i segni del tempo, la cellulite, e...

TESS                             - Mamma, mi sposo.

OUISA                         - Pensavo che stessi per andare in Afghanistan.

TESS                             - Prima mi sposo e poi vado in Afghanistan...

OUISA                         - Un paese alla volta. Non ti stai per sposare.

TESS                             - Subito così profondamente negativa...

OUISA                         - Conosco tutti quelli che conosci e tu non stai sposando nessuno di loro.

TESS                             - Quant'è arrogante la tua presunzione di conoscere tutti quelli che conosco... E il modo in cui lo dici: cono­sco tutti quelli che conosci...

OUISA                         - A meno che tu non li abbia conosciuti negli ultimi due giorni... non hai mai saputo mantenere un segreto.

L’altra linea squilla.

                                      Aspetta... ti metto in attesa...

TESS                             - Nessuno chiama mai a quel numero.

OUISA                         - Aspetta. Rimani in linea.

TESS                             - Mamma!

OUISA                         - Pronto?

Appare PAUL terrorizzato.

PAUL                           - Pronto.

OUISA                         - Paul?

PAUL                           - Ho visto l'articolo sul giornale. Non sapevo che il ragazzo si era ucciso. Me li ha dati lui, i soldi.

OUISA                         - Ti metto in attesa. Sto parlando con mia figlia...

PAUL                           - Se mi metti in attesa riattacco e non mi sentirai mai più.

OUISA fa una pausa. TESS scompare nel buio.

OUISA                         - Ti devi costituire. Quel ragazzo si è suicidato. Tu hai rubato i soldi. La ragazza sporgerà denuncia. Ti prende­ranno. Perché non ti costituisci, ne uscirai più facilmen­te. Puoi fare un patteggiamento. Studiare, quando sei dentro. Sei così brillante. Sei così promettente. Hai solo bisogno di aiuto.

PAUL                           - Tu mi aiuterai?

OUISA                         - Cosa vuoi che faccia?

PAUL                           - Voglio stare con te.

OUISA                         - Questo è impossibile.

PAUL                           - Perché?

OUISA                         - Mio marito si è sentito tradito da te.

PAUL                           - E tu?

OUISA                         - Sei stato un pazzo! E rimorchiare quell'energumeno orrendo per la strada. Hai delle pulsioni suicide? Hai l'Aids? Sei infetto?

PAUL                           - No. È un miracolo. Ma non ce l'ho. Tu ti senti tradita? Se è così, riattacco e non ti disturberò mai più..-

OUISA                         - Dove sei stato?

PAUL                           - In giro.

OUISA                         - Sei nei guai? Voglio dire, altri guai?

PAUL                           - No, sono stato solo da voi. I primi non mi sono piaciuti così tanto. Sono usciti e mi hanno lasciato solo. Non mi è piaciuto neanche il dottore. Era troppo ansioso di piacere. E mi ha lasciato solo. Ma tu. Tu e tuo marito. Siamo stati tutti insieme.

OUISA                         - Cosa vuoi da noi?

PAUL                           - Amicizia eterna.

OUISA                         - Nessuno può darla.

PAUL                           - Tu sì.

OUISA                         - Cosa pensi che siamo?

PAUL                           - Mi rivelerai dei segreti? Forse non siete quello che sembrate? Voi non avete segreti. Trent Conway mi ha rac­contato tutto quello che i vostri figli hanno raccontato a lui nel corso degli anni.

OUISA                         - Cosa gli hanno raccontato di noi i nostri figli?

PAUL                           - Non te lo dico. Me lo tengo per ricattarvi.

OUISA                         - Allora forse è meglio che io riagganci.

PAUL                           - (Panico) No! Sono andato in un museo! Mi è piaciuto Toulouse-Lautrec!

OUISA                         - Lo credo.

PAUL                           - Ho letto / diari di Andy Warhol.

OUISA                         - Ahh, sei diventato un esteta.

PAUL                           - Stai ridendo di me?

OUISA                         - No. Li leggo anch'io.

PAUL                           - Ho letto Il tormento e l'estasi di Irving Stone, su Michelangelo che dipinge la Cappella Sistina.

OUISA                         - Qui, sei in vantaggio tu.

PAUL                           - Hai visto la Cappella Sistina?

OUISA                         - Oh sì. Sono anche salita in alto su un montacarichi sgangherato per vedere gli uomini che la stavano restau­rando.

PAUL                           - Sei stata in cima alla Cappella Sistina?

OUISA                         - Assolutamente sì. In piedi proprio sotto il dito di Dio che tocca la mano dell'uomo. Il restauratore mi ha det­to: "Lo tocchi. Lo tocchi. È solo un affresco". L'ho fat­to. Ho dato uno schiaffo alla mano di Dio.

PAUL                           - Davvero?

OUISA                         - E sai con cosa l'hanno pulito? Con tutta questa tec­nologia. Cotton fìoc e acqua.

PAUL                           - No!

OUISA                         - Per pulir via gli anni di sudiciume, fuliggine e altri strati di pittura. Cotton fìoc e acqua che cambiano la storia dell'Arte Occidentale. Colori vivaci.

PAUL                           - Portami a vederla.

OUISA                         - Portarti a vederla? Paul, pensano che tu possa aver ucciso qualcuno! Hai rubato dei soldi!

Entra FLAN, che ha bisogno di aiuto con i suoi gemelli.

FLAN                           - Tesoro, mi dai una mano con i...

OUISA                         - (Fa cenno a FLAN con le labbra) È Paul.

FLAN va all'altro telefono.

FLAN                           - Chiamo quell'ispettore.

Squilla l'altra linea. Entra TESS.

TESS                             - Papà! È caduta la linea. Mi spo...

FLAN                           - Tesoro, potresti richiamare...

TESS                             - Mi sposo e vado in Afghanistan...

FLAN                           - Non possiamo parlarne ora...

TESS                             - Ho intenzione di rovinarmi la vita, sposarmi e butta­re via tutto quello che avreste voluto che fossi, perché è l'unico modo per ferirvi!

TESS esce. Entra l'ISPETTORE.

 

FLAN                           - Ho il ragazzo in linea.

ISPETTORE                 - Scopra dov'è.

L'ISPETTORE esce.

FLAN                           - (Fa cenno con le labbra) Scopri dov'è???

PAUL                           - Chi c'è?

OUISA                         - Senti, perché non vieni qui. Dove sei?

PAUL                           - Vengo lì e ci trovo la polizia.

OUISA                         - Devi fidarti di noi.

PAUL                           - Perché?

OUISA                         - Perché a noi piaci.

FLAN                           - (Fa cenno con le labbra) Dov'è?

PAUL                           - Chi c'è lì?

OUISA                         - È...

FLAN                           - Io non ci sono.

OUISA                         - È Flan.

PAUL                           - Siete in casa stasera? Potrei venire a prepararvi una cenetta.

OUISA                         - Ora stiamo uscendo. Ma potresti venire quando rientriamo.

FLAN                           - Sei impazzita! Dire a un ladro che stiamo uscendo. La casa è vuota.

PAUL                           - Dove andate?

OUISA                         - Da Sotheby.

FLAN afferra il telefono.

FLAN                           - La chiave è sotto lo zerbino!

PAUL                           - Salve! Posso venire da Sotheby?

FLAN ridà il telefono a OUISA.

 


OUISA                         - Pronto.

PAUL                           - Salutami Flan.

OUISA                         - Ti saluta Paul.

FLAN                           - Salutamelo.

OUISA                         - Sotheby.

PAUL                           - Fantastico! Verrò!

OUISA                         - Non puoi.

PAUL                           - Perché? Vi ho aiutato l'altra volta

FLAN                           - Ringrazialo... Ci ha aiutato mol….

OUISA ridà il telefono a FLAN.

FLAN                           - Paul? Mi hai aiutato con quel contratto...

PAUL                           - Davvero! Stavo pensando che forse dovrei fare quello che fa lei... nell'arte, far soldi con l'arte, incontrare gente e non lavorare in un ufficio...

FLAN                           - Vedi solo il lato positivo della faccenda. C'è tutto un lato sgradevole...

PAUL                           - Potrei imparare dal lato sgradevole...

FLAN                           - Devi conoscere la storia dell'arte. Devi conoscere il linguaggio. Devi conoscere l'economia...

PAUL                           - Sono veloce. Lo posso fare. I vostri figli vogliono...

FLAN                           - No, non è proprio una professione che si possa trasmettere di generazione in gene... ma come diavolo mi viene in mente di dare consigli di carriera a te! Mi hai messo in imbarazzo nel mio edificio! Hai rubato dei sol­di. C'è un mandato di cattura su di te!

OUISA gli strappa il telefono di mano.

OUISA                         - Non riattaccare! PAUL? Sei ancora lì? PAUL? (A FLAN) Lo hai fatto riattaccare...

PAUL                           - Ci sono.

 

OUISA                         - Eccoti! Chi sei tu? Qual è il tuo vero nome?

PAUL                           - Se mi fai stare con te, te lo dico. Quella serata è stata la più felice della mia vita.

OUISA                         - (A FLAN) E’ stata la serata più felice della sua vita.

FLAN                           - Ma per favore. Io non sono un contaballe, ma mai rac­contare balle a un contaballe.

OUISA                         - Perché?

PAUL                           - Mi avete permesso di esprimere tutto me stesso, quella sera.

OUISA                         - E’ stato magico. Quella storia di Salinger...

PAUL                           - Discorso di laurea a Groton due anni fa.

OUISA                         - La tua cucina...

PAUL                           - Ricette di altra gente. Hai visto il necrologio di Donald Barthelme? Ha detto che il collage è la forma d'arte del ventesimo secolo.

OUISA                         - Ogni cosa è sempre di qualcun altro.

PAUL                           - Non i tuoi figli. Non la tua vita.

OUISA                         - Sì. Qui hai ragione. Quella è mia. Non è di nessun altro.

PAUL                           - Non ne sembri felice.

OUISA                         - Ci sono tante cose che non sai. Sei così intelligente e così stupido...

PAUL                           - (Furioso) Non dire mai che sono stupido...

OUISA                         - Sii un po' elastico. Sei stupido a non renderti conto di quello che potresti essere.

PAUL                           - Cosa potrei essere?

OUISA                         - Qualcosa di grande.

PAUL                           - Con te dietro di me?

OUISA                         - Forse sì. Ti è piaciuta quella serata? Ho pensato che dopo avessi passato tutto il tuo tempo a ridere di noi.

PAUL                           - No.

 

 

OUISA                         - Che avessi portato su quell'orribile marchetta per mo­strarci tutto il tuo disprezzo...

PAUL                           - Ero così felice. Volevo coronare tutto con il sesso. Tu non lo fai?

Pausa.

OUISA                         - No.

PAUL                           - Ti dico il mio nome.

OUISA                         - Davvero?

PAUL                           - È PAUL      - Poitier-Kittredge. È un doppio cognome.

Pausa.

OUISA                         - Paul, tu hai bisogno di aiuto. Vai alla polizia. Costitui­sciti. Ne uscirai molto prima. Così potrai cominciare.

PAUL                           - Cominciare cosa?

OUISA                         - La tua vita.

PAUL                           - Tu mi aiuterai?

OUISA fa una pausa, e prende una decisione.

OUISA                         - Ti aiuterò. Ma devi andare alla polizia, devi andare in prigione e...

PAUL                           - Mi manderai dei libri, delle polaroid di te, delle cassette? E delle lettere?

OUISA                         - Sì.

PAUL                           - Verrai a trovarmi?

OUISA                         - Verrò a trovarti.

PAUL                           - E quando verrai, ti metterai i tuoi abiti migliori e li stenderai tutti?

OUISA                         - Li stenderò tutti. Ma devi stare attento in prigione. Devi usare i preservativi.

PAUL                           - Non farò sesso in prigione. Faccio sesso solo quando sono felice.

OUISA                         - Vai alla polizia.

PAUL                           - Mi accompagni?

OUISA                         - Ti darò il nome dell'ispettore al quale ti devi rivolgere...

PAUL                           - Verrò trattato bene se tu mi accompagni alla polizia. Se non sanno che sei speciale, ti ammazzano.

OUISA                         - Non credo che ti uccideranno.

PAUL                           - Signora LOUISA Kittredge, io sono nero.

OUISA                         - Ti consegnerò a loro con gentilezza e con affetto.

PAUL                           - E io mi dichiarerò colpevole, andrò in prigione e sconterò qualche mese.

OUISA                         - Qualche mese al massimo.

PAUL                           - Poi uscirò, lavorerò per voi e imparerò...

OUISA                         - Poi vedremo come fare.

PAUL                           - Voglio saperlo ora.

OUISA                         - Sì. Lavorerai per noi.

PAUL                           - Imparerò come funziona il mercato. Non solo la parte sgradevole.

OUISA                         - Da cima a fondo.

PAUL                           - E vivrò con voi.

OUISA                         - No.

PAUL                           - I vostri figli non ci sono.

OUISA                         - Devi avere una casa tua,

PAUL                           - Mi aiuterete a trovarne una?

OUISA                         - Ti aiuteremo a trovarne una.

PAUL                           - Non ho mobili.

OUISA                         - Ti daremo una mano noi.

PAUL                           - Ho fatto una lista delle cose che mi sono piaciute al museo. Il Chippendale di Philadelphia.

OUISA                         - (Scoppia a ridere) Che tu ci creda o no, noi abbiamo due sedie Chippendale di Philadelphia.

PAUL                           - Preferirei avere soltanto un bel pezzo piuttosto che una stanza tutta piena di robaccia.

OUISA                         - La qualità. Sempre. Avrai tutte queste cose. Il Chippendale di Philadelphia.

PAUL                           - Tutto quello che devo fare è andare alla polizia.

OUISA                         - Cosi sarà acqua passata. Dietro le spalle.

PAUL                           - Stasera.

OUISA                         - Non può essere stasera. Ti ci porto domani. Stasera abbiamo un'asta da Sotheby...

PAUL                           - Mi ci porti?

OUISA                         - Non posso. E’ in abito scuro.

PAUL                           - C'è l'ho, lo smoking, da quella volta che andai al Rainbow Room. Sei mai stata al Rainbow Room?

OUISA                         - Sì.

PAUL                           - A che ora devi essere lì?

OUISA                         - Alle otto.

PAUL                           - Sono le cinque e mezzo, ora. Potresti venirmi a prendere subito, portarmi alla polizia stasera e poi andare da Sotheby...

OUISA                         - Prima abbiamo un cocktail da Pierre.

PAUL                           - Giapponesi?

OUISA                         - Tedeschi.

PAUL                           - Siete proprio come mio padre.

OUISA                         - Quale padre?

PAUL                           - Sidney!

Pausa.

OUISA                         - Paul. Non è tuo padre. E neanche Flanders è tuo padre.

Entra FLAN, vestito.

FLAN                           - Oh cazzo. Abbiamo il cocktail con i giapponesi alle sei e un quarto... Molla quel maledetto telefono. È quel ragazzo? Via dalla nostra vita! Molla quel telefono o lo strappo dal muro!

OUISA guarda FLAN.

OUISA                         - (A PAUL) Paul, ho fatto un errore. Niente tedeschi. Veniamo subito a prenderti. Dove sei? Dimmi? Ti accompagno io alla polizia. Ti tratteranno con dignità.

PAUL                           - Sono nell'ingresso del cinema Waverly tra la Sesta Avenue e la Terza Strada.

OUISA                         - Siamo lì tra mezzora.

PAUL                           - Vi do un margine di quindici minuti.

OUISA                         - Ci saremo. Paul. Ti vogliamo bene.

PAUL                           - Ouisa. Anch'io ti voglio bene. OUISA Kittredge. Ehi. Porta una camicia rosa.

OUISA                         - Ci aspetta una vita meravigliosa.

Lei riattacca. PAUL scompare nel buio.

OUISA                         - Possiamo saltare i convenevoli. Prendiamo il ragazzo, lo portiamo alla polizia e saremo da Sotheby prima delle otto.

Entra l’SPETTORE.

FLAN                           - E’al cinema Waverly. Tra la Sesta Avenue e la Terza Strada. Nell'ingresso.

OUISA                         - Gli abbiamo promesso che lo avremmo accompagnato noi da lei. È speciale. Ricordi che è speciale. Faccia onore alla nostra promessa.

L’Ispettore annuisce e se ne va.


OUISA                         - (A noi) Andiamo. C'è traffico a quest'ora.

FLAN                           - (A noi) Arriviamo là. Corro dentro il cinema. Nessuno.

OUISA                         - Un giovanotto. Nero. Lo avete visto?

FLAN                           - (A noi) La ragazza al botteghino ha detto che era venuta la polizia e aveva arrestato un giovane. Lo avevano trascinato a calci e sbattuto urlando in un'auto di pat­tuglia. Era un ragazzo che aspettava la sua famiglia. Non siamo più riusciti a sapere nulla.

OUISA                         - (A noi) Non eravamo la sua famiglia.

FLAN                           - (A noi) L'ispettore era stato trasferito.

OUISA                         - (A noi) E noi non sapevamo il nome di Paul. Abbiamo chiamato il distretto. Un altro distretto aveva effettuato l'arresto. Perché? C'erano altre accuse? Non siamo riusciti a scoprirlo. Non eravamo la sua famiglia. Non sapevamo il nome di Paul. Abbiamo chiamato l'ufficio del pubblico ministero. Non eravamo la sua famiglia. Non sapevamo il nome di Paul. Ho chiamato il Tribunale Penale. Non ero una di famiglia. Non sapevo il nome di Paul.

FLAN                           - Perché significa così tanto per te?

OUISA                         - Voleva essere noi. Tutto quello che siamo al mondo, questa misera cosa... la nostra vita... lui la voleva. Si è dato una coltellata per poter entrare qui dentro. Ci invidiava. Non siamo abbastanza per suscitare invidia.

FLAN                           - Come hanno detto i giornali. Abbiamo un cuore.

OUISA                         - (A noi) Avere un cuore non è il punto. Per poco non ci siamo cascati. Gli abbiamo creduto... per qualche ora. Ha fatto più lui per noi in qualche ora di quanto abbia­no mai fatto i nostri figli. Voleva essere tuo figlio. Non fartela sfuggire, questa cosa. Era seduto fuori in quel par­co e ha detto, quell'uomo è mio padre. E’ nei guai e noi non sappiamo come aiutarlo.

FLAN                           - Aiutarlo? Avrebbe potuto uccidermi. E avrebbe potuto uccidere anche te.

OUISA                         - Tu eri attratto da lui...

FLAN                           - Tienimi fuori da questa malattia. E’ una cosa solo tua...

OUISA                         - (A noi) Attratto dalla giovinezza, dal suo talento e dall'imbarazzante prospettiva di essere nella versione cine­matografica di Cats. Questo lo hai messo nell'articolo del «Times»? E noi lo abbiamo trasformato in un aned­doto da raccontare a una cena fuori. O a una cena in casa. Ma è stata un'esperienza. Io non lo trasformerò in un aneddoto. Come possiamo fare tesoro di quello che ci succede nella vita senza convertirlo in un aneddoto privo di spirito o in una battuta da rimasticare conti­nuamente negli anni. "Racconta la storia di quell'im­postore che entrò nelle nostre vite...". "Questo mi ricorda la volta che quel ragazzo...". E siamo diventati questi juke-box umani che sputano aneddoti. Ma è sta­ta un'esperienza. Che valore diamo all'esperienza?

FLAN                           - (A noi) Per questo amo la pittura. Cézanne. I problemi che lui ha sollevato sono i problemi che i pittori stanno ancora cercando di risolvere. Colore. Struttu­ra. Quelli sono problemi.

OUISA                         - C'è colore nella mia vita. Ma non sono consapevole di alcuna struttura.

FLAN                           - (A noi) Cézanne lasciava degli spazi vuoti nelle sue tele, quando non riusciva a giustificare una pennella­ta, a dare un senso al colore.

OUISA                         - Allora io sono un collage di pennellate di cui non si riesce a rendere conto. Procedo assolutamente a caso. Dio, Flan, di quanto della tua vita puoi rendere conto?

FLAN                           - Sei ubriaca? La vendita del Cézanne è andata in porto. Siamo ricchi. GEOFFREY è ricco. Stasera c'è un Matisse che ci aggiudicheremo e il mese prossimo un Bonnard e poi...

Lei lo osserva.

OUISA                         - A volte prenderei un coltello e ti strapperei il cuore. Mi vuoi rispondere? Di quanto della tua...

FLAN                           - ...vita posso rendere conto! Tutta! Sono un giocatore d'azzardo!

Pausa.

 

OUISA                         - Siamo una coppia terribile. (A noi) Il tempo passa. Oggi ho letto che un giovane si è suicidato nella pri­gione di Riker's Island. Si è legato una camicia intor­no al collo e si è impiccato. Era la camicia rosa? Quell'esplosione di colore? La camicia rosa. Era Paul? Chi sei? Abbiamo mai scoperto chi sei?

FLAN                           - Sono sicuro che non è lui. Tornerà. Non ci siamo anco­ra liberati di lui. L'immaginazione. Troverà un modo. (A noi) Dobbiamo andare. Un'asta. Chiamo l'ascensore.

 

FLAN esce.

OUISA                         - (A noi) Ma se era la camicia rosa. Rosa. Un'esplosione di rosa. La Cappella Sistina. L'hanno ripulita e ci sono tutti quei colori.

VOCE DI FLAN         - Cara...

 

OUISA comincia a muoversi. Solleva lo sguardo. PAUL è là. Con la camicia rosa indosso.

PAUL                           - II Kandinsky. E’ dipinto su due lati.

Si illumina per un attimo e scompare. Lei lo osserva. Sorride. Il Kandinsky comincia la sua lenta rivoluzione.

FINE