Sei mesi dal paradiso

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SEI MESI DAL PARADISO GIUSEPPINA CATTANEO

AUTRICE

GIUSEPPINA CATTANEO

http://giusicopioni.altervista.org/

POSIZIONE S.I.A.E. N° 193077

Codice opera Siae 889714A

TITOLO

SEI MESI DAL PARADISO

COMMEDIA IN DUE ATTI

Personaggi

ISIDORO MORTESI

CESIRA moglie di Isidoro

PIERO LUMACA amico di Isidoro

AGATA MASERANI dottoressa

MARTINA PECORONI psicologa

DON BIAGIO parroco

LIBERATA vicina di casa

PASQUALE marito di Liberata

BENIAMINO gestore del lotto

FOSCA sagrestana

TRAMA

Isidoro scopre di avere solo sei mesi di vita. Decide di preparare nei minimi particolari il suo funerale e di sistemare alcune faccende con le persone invadenti da cui è circondato. Ma qualcosa andrà male. O andrà bene?

ATTO PRIMO

La scena si svolge in casa.

SCENA I

Cesira e Isidoro

CESIRA. Non è possibile tardare tanto! Eppure doveva andare in ospedale solo per una lastra ai polmoni. Da circa un mese, mio marito, insiste dicendo che quando respira sente male al torace. È colpa sua: chissà quante volte gli ho detto di non gonfiare le camere d'aria delle biciclette con la bocca! Fa tutto questo per risparmiare, ha una bicicletta che si sgonfia facilmente e invece di portarla dal ciclista per farla sistemare, la gonfia lui. Alla testa, dovrebbe fare i raggi.

ISIDORO. (Entra dal fondo) questa è la prima ed ultima volta che entro in un ospedale.

CESIRA. Sei arrivato finalmente, credevo ti avessero trattenuto per il pranzo.

ISIDORO. Ah beh, tu non sai, ma in reparto si sentiva un profumino che... (viene interrotto).

CESIRA. Che… cosa? Controlla le parole che ti escono dalla bocca, altrimenti oggi invece di servirti il pranzo mi limito a farti girare intorno al tavolo.

ISIDORO (al pubblico) devo stare più attento. La mia Cesira è davvero capace di farmi saltare il pranzo. Stavo solo dicendo che si sentiva un profumino che... non si poteva certo paragonare a quello della tua cucina.

CESIRA. Ti sei salvato per miracolo! Vuoi spiegarmi ora perchè sei così in ritardo? Per caso hai fatto una fermata in un “reparto” del bere?

ISIDORO. Ma che dici Cesira? Se ti ho detto che andavo in ospedale a fare i raggi vuol dire che andavo in ospedale a fare i raggi. Certo, un po' di tempo me l'ha fatto perdere anche quella regista che... (viene interrotto).

CESIRA. Come l'hai chiamata?

ISIDORO. Regista! Quella che mi ha fatto i raggi.

CESIRA. (Al pubblico) allora avevo forse ragione quando prima dicevo che avrebbe dovuto fare i raggi alla testa! Radiologa si chiama, non regista. Isidoro, aggiornati.

ISIDORO. Regista o radiologa, quello che è insomma. Ho iniziato a perdere tempo già al primo sportello quando ho dovuto confermare la mia prenotazione.

CESIRA. Avrai sicuramente sbagliato sportello?!

ISIDORO. Cesira, io non sono ancora stupido. Stavo dicendo che al primo sportello ho trovato una coda infinita di persone. Dopo circa un'ora arriva il mio turno, e la signorina... (viene interrotto).

CESIRA. Come puoi essere sicuro che quella era una signorina e non una signora?!

ISIDORO. (Spazientito) io non so se fosse sposata o meno, ma io so con certezza che le donne che fanno un lavoro da ufficio, vengono chiamate “signorine” e basta.

CESIRA. Sicuramente sarà stata una ragazza giovane e carina, altrimenti avrei ben voluto sentirti chiamare “signorina” una donna di cinquanta o sessant’anni.

ISIDORO. Vuoi lasciarmi proseguire? Dopo aver pagato il dovuto, (alzando il tono di voce e con ironia), la signorina, giovane e senza fede al dito, mi comunica che prima di raggiungere il reparto per le lastre, lei le ha chiamate così, devo consegnare tutta la documentazione che mi ha appena rilasciato, all'entrata appunto del reparto, allo sportello a sinistra.

CESIRA. E tu cosa hai fatto?

ISIDORO. Le ho subito chiesto se per caso mi stava prendendo in giro, perchè la mia documentazione avrebbe potuto inviargliela tramite computer. Niente da fare! Dovevo portarla io a quello sportello. Infine, stanco, le ho chiesto quanti altri sportelli avrei dovuto ancora incontrare prima di fare questi benedetti raggi. Pardon, lastre!

CESIRA. E lei che ti ha risposto?

ISIDORO. Che se tutto ciò mi infastidiva, avrei potuto inoltrare protesta scritta al direttore dell'ospedale.

CESIRA. E tu lo hai fatto?

ISIDORO. Non ho fatto assolutamente nulla, questo avrebbe voluto dire ritardare ancora “le mie lastre”. Cesira, sai che quando sei in sala d'aspetto, ed è il tuo turno non ti chiamano per nome?

CESIRA. Ah sì? (Ironico) E come ti chiamano, per cognome?!

ISIDORO. Nemmeno! Arrivato al secondo sportello, la signorina, (alzando il tono di voce) o signora, ha scritto sulla mia cartella un numero dicendomi che quello sarebbe stato il mio punto di riferimento per le lastre.

CESIRA. Ah sì? Non sapevo tutto questo. (Pensando) ho capito! Tutto questo è per il rispetto della privaci. Sicuramente.

ISIDORO. Sarà anche per la privaci ma... (fermandosi un attimo) sei sicura che si pronunci così?

CESIRA. Isidoro, io mi esprimo sempre correttamente.

ISIDORO. (Al pubblico) secondo voi, ha ragione? Stavo dicendo che in sala d’aspetto, al mio turno, mi hanno chiamato con un numero. E precisamente il numero “diciassette”.

CESIRA. Che cosa? Proprio il numero diciassette? Tu lo sai che porta sfortuna?! Non potevi fartelo cambiare?

ISIDORO. Tu non hai ancora capito che porta sfortuna solo a chi crede tutto ciò! (Ride).

CESIRA. E perché ridi ora?

ISIDORO. Sto ridendo pensando alla privaci (al pubblico) o come si pronuncia. Pensa che mi hanno chiamato dalla sala d'aspetto dove ero in compagnia di almeno una decina di persone, con il numero diciassette. Terminate tutte le mie lastre, mi chiedono di aspettare qualche minuto sempre nella stessa sala d'aspetto. Eseguo alla lettera tutto ciò che mi viene detto. Dopo circa cinque minuti, entra nella sala d'aspetto la regista-radiologa e dice ad alta voce: "Signor Mortesi, può andare". Ti rendi conto? Prima mi danno un numero per non far sapere le mie generalità e poi mi chiamano per cognome?! Alla faccia della privaci! (Suono di campanello).

SCENA II

Cesira, Isidoro e Piero Lumaca

CESIRA. (Non si muove).

ISIDORO. (Ironico) non alzarti per andare ad aprire, mi raccomando. (Va ad aprire) ciao Piero.

PIERO. Ciao Isidoro. Ciao Cesira.

ISIDORO. Se fossi stato in te non l’avrei salutata. Per lei ora staresti ancora fuori a suonare.

PIERO. (Piano a Isidoro) lo so, l’ho salutata solo per educazione.

CESIRA. Ti ho sentito sai? Sei degno dell’amicizia di mio marito. Amicizia ...

PIERO. Non so se prenderlo come un complimento o meno.

ISIDORO. Come? Certo che è un complimento! La mia amicizia è sacra.

CESIRA. Eh sì, proprio sacra.

ISIDORO. Piero, su, accomodati.

CESIRA. (Si siede).

ISIDORO. Ho detto a Piero di sedersi e non a te.

CESIRA. Perché io non posso sedermi quando voglio a casa mia?

PIERO. Ma non è casa tua Isidoro?

CESIRA. Si, ma anche la mia!

ISIDORO. Dai Piero, siediti. Tu sì che sei un vero amico, non come quella gentaglia che frequenta mia moglie.

PIERO. Non parlarmene, non le sopporto nemmeno io quelle ... quelle ... pettegole.

ISIDORO. Le donne, e gli uomini?

CESIRA. Smettetela voi due! Non vi permetto di sparlare delle persone che frequento. Persone che frequento io e che frequenta anche Isidoro. E perciò Isidoro smettila. E tu Piero se vai avanti su questa linea, ti butto fuori da casa mia.

PIERO. Che è anche casa tua vero Isidoro?

ISIDORO. Certo!

PIERO. E quale parte è di tua proprietà?

ISIDORO. Di qua.

PIERO.  (Va vicino a Isidoro) ciao Cesira. Com’è il tempo lì? (Ride).

ISIDORO. (Ride).

CESIRA. (Grugnisce).

PIERO. Raccontami della tua visita Isidoro e poi io ti racconto qualcosa di mio.

ISIDORO. Beh, che vuoi che ti racconti ... tutto bene. C’era un profumino ...

PIERO. E ti credo, con tutte quelle medicine, alcool e disinfettante ... brutto posto l’ospedale.

ISIDORO. Ma no! Volevo dire che c’era un buon profumino di ... (vede Cesira che si è girata dall’altra parte e così sussurra a Piero) cibo! Dovevi sentire che odorino!

CESIRA. (Si volta e lo guarda).

ISIDORO. (La vede e si affretta) vero! Profumo di medicine! E l’alcool che usano! Una marea! Però ora non pensiamo a questo ma ad altro.

PIERO. Caro amico, volevo parlare un po’ con te di un problema che ... (viene interrotto).

CESIRA. Amico ... che razza di amico!

ISIDORO. Perché? Cosa c’è che non va? Sono bravi i tuoi di amici!

CESIRA. Ancora con questa storia! Perché cos’hanno che non va i miei amici?!

ISIDORO. Vuoi che ti faccia un elenco?

CESIRA. Se non sai nemmeno scrivere?!

ISIDORO. Io non sono un analfaberta. Capito? 

PIERO. Scusate, scusate. (Al pubblico) meglio andare o qui potrebbe andare a finire male anche per me. (A Isidoro) ciao Isidoro, ti racconterò un’altra volta mio problema. (Esce).

ISIDORO. Ecco, lo hai fatto scappare!

CESIRA. Io? Io non ho fatto nulla.

SCENA III

Cesira, Isidoro e Liberata

LIBERATA. (Entrando di corsa dal fondo) che ti hanno detto in ospedale Isidoro?!

ISIDORO - CESIRA. (Si spaventano).

CESIRA. Liberata, da quando non si suona prima di entrare!?

LIBERATA. Ho impiegato cinque minuti a raggiungere casa vostra, e non volevo perdere altro tempo. (A Isidoro) allora che ti ha detto a proposito dei tuoi polmoni?!

ISIDORO. (Scocciato) non mi hanno detto assolutamente nulla. Devo andare a ritirare il referto dopodomani.

LIBERATA. Speriamo che vada tutto bene. Dovete sapere che anche Sandro il mese scorso è andato a fare i raggi ai polmoni e a lui gli hanno trovato una macchia.

CESIRA. (Al pubblico) l'ho sempre detto io che la moglie di Sandro non è capace di fare il bucato.

LIBERATA. Mi auguro per Sandro che non sia nulla di grave. (Subito) avete per caso visto Giacomo, quello che abita nella casa verde, camminare con difficoltà?

ISIDORO. (Sempre scocciato) no, non l'ho visto come cammina e non m'interessa nemmeno di saperlo.

CESIRA. (Sottovoce a Isidoro) Isidoro, che modo di rispondere!

ISIDORO. (Voltandosi verso Cesira, a gesti e le fa capire che non sopporta Liberata).

LIBERATA. È scivolato in un ruscello mentre rincorreva il figlio che lo fa disperare perché non ha voglia di studiare. Il figlio è riuscito a scavalcare il torrente mentre Giacomo ci è caduto dentro e si è provocato una lussazione alla caviglia.

ISIDORO. Grazie Liberata per la telecronaca. (A Cesira) Io, me ne vado. Non sopporto più lei e i suoi pettegolezzi! (Si incammina).

LIBERATA. Dove vai Isidoro. Volevo raccontarti di quello che è successo a ... (Viene interrotta).

ISIDORO. Ho una faccenda da sbrigare urgentemente (ironico) racconta tutto a Cesira e io chiederò tutto a lei. (Al pubblico mentre esce a sinistra) Non vi auguro una vicina così.

LIBERATA. Cesira, ho l'impressione che Isidoro ultimamente sia un po' freddo nei miei confronti. Per caso gli sto antipatica?

CESIRA. Liberata, che vai dicendo, non è per nulla così! (Le campane annunciano un decesso).

LIBERATA. (In ascolto) Cesira, ascolta, suonano le campane a lutto.

CESIRA. (In ascolto) hai ragione, sono proprio campane funebri. Sai se c'era qualcuno in paese che stava poco bene?

LIBERATA. Qualcuno? Stava poco bene Martino dei Franzoi, il Berto, il marito di Gina di Ortiche, la Bepina... (viene interrotta).

CESIRA. (Preoccupata) la Bepina? La Bepina, la figlia della povera Bepona, non sta bene?

LIBERATA. Non quella di Bepina! Questa è una signora non originaria del paese e si è trasferita da poco. Io l’ho conosciuta al cimitero.

CESIRA. (Sollevata) per fortuna non si tratta della Bepina, perché se fosse stata lei mi sarebbe dispiaciuto parecchio.

LIBERATA. (Al pubblico) dato che non si tratta di lei, non le dispiace se muoiono altre persone. Scusa Cesira ma ora devo proprio andare a scoprire chi è morto.

CESIRA. Liberata, domani possiamo acquistare il giornale e così lo sappiamo.

LIBERATA. Domani? E io dovrei aspettare fino a domani? Sei impazzita forse? Domani potrei essere morta anch'io. Vado subito da Fosca, lei sa di sicuro chi ci ha lasciato. Ciao Cesira (esce dal fondo).

CESIRA. Ciao.

SCENA IV

Cesira e Isidoro

 

ISIDORO. (Rientrando da sinistra) lei sarà l'ultima della terra a morire! Ho sentito tutto. Anzi non morirà nemmeno.

CESIRA. Silenzio che se ti sente! (Controlla che sia uscita).

ISIDORO. Ti ricordo che io sono in casa mia e perciò dico ciò che mi pare e piace.

CESIRA. Isidoro, non fare così.

ISIDORO. Io, sono stanco di fare la brava persona con certa gente. Come per esempio con Liberata. È da tempo che non la sopporto più. I suoi argomenti preferiti trattano esclusivamente di malati e malattie. Questo ha questo tipo di malattia, a quella fa male quest’altra cosa, quell'altra non sente più male a destra ma a sinistra. Per non parlare di coloro che hanno anche solo uno, ma vistoso, foruncolo in viso. Cesira, non le scappa nemmeno un foruncolo!  

CESIRA. Isidoro, non fare così, sopportiamola, ormai ci conosciamo da una vita.

ISIDORO. È appunto per questo motivo che io non la sopporto più. Un giorno o l'altro mi lascerò scappare qualcosa e le dirò quello che le andrà detto.

CESIRA. Attento a te se la tratti male. In fin dei conti chi di noi non ha dei piccoli difetti... (viene interrotta).

ISIDORO. Piccoli difetti? Liberata è piena zeppa di difetti!

CESIRA. Ti sei mai guardato?

ISIDORO. Sempre mi guardo. Davanti e dietro e come vedi è tutto al suo posto. (Al pubblico girando su se stesso) non ho detto forse la verità?

CESIRA. Io non intendevo in quel senso. Volevo soltanto chiederti se tu pensi di essere perfetto.

ISIDORO. Stiamo parlando di Liberata e non di me.

CESIRA. Ovvio che si parli di te. Tu sei come certe persone che vedono i difetti degli altri ma non i propri.

ISIDORO. Senti chi parla. Ti sei già dimenticata quello che hai detto a Piero? Ascolta bene Cesira, io non la sopporto più e basta.

CESIRA. Isidoro, cerca di avere pazienza, sai che non è una cattiva persona, è solo che... (viene interrotta).

ISIDORO. Solo che i suoi argomenti non li reggo più. Inoltre ho dei piccoli problemi di salute, e se permetti ne ho un po' di paura e mi da molto fastidio che qualcuno insista parlando di malattie.

CESIRA. Non devi aver paura... (dolcemente) sei tutto d'un pezzo. O sbaglio? (Si avvicina dolcemente e lo ricopre di attenzioni).

ISIDORO. Cesira, che stai facendo, non fare la stupidina... non... non vedi che c'è gente? (Indicando la presenza del pubblico in sala).

CESIRA. (Guardando verso il pubblico) hai ragione, me ne stavo scordando. (Suona ili campanello) chi sarà? (Va ad aprire al fondo).

ISIDORO. Ricorda che se è ancora Liberata... (viene interrotto).

SCENA V

Cesira, Isidoro e Beniamino

BENIAMINO. (Voce) È in casa Isidoro?

CESIRA. (Voce) si certo. Vieni Beniamino.

ISIDORO. Ecco che ne arriva un’altra di brava persona. Tra lui e Liberata non so chi salverei (Cesira e Beniamino entrano).

BENIAMINO. Ciao Isidoro. Volevo sapere come stavi. Ho saputo della tua visita in ospedale.

ISIDORO. (Al pubblico) a quanto pare tutti sanno che io stamane ho eseguito delle lastre. Sto bene. E anche tanto. Tu come sai che io ho avuto una visita stamane?!

BENIAMINO. Me l'ha detto Fosca ieri.

ISIDORO. (A Cesira con ironia e avvicinandosi a lei) chissà chi mai avrà riferito questo fatto molto personale a Fosca?!

CESIRA. (Capisci che allude a lei) io... io devo andare a preparare il pranzo (esce a destra).

BENIAMINO. Sono contento che tu stia bene Isidoro. (È titubante e imbarazzato) Ho per caso con me alcuni numeri che andrebbero giocati a tal proposito.

ISIDORO. Beniamino, sai perfettamente che dalla volta che tu ricordi molto bene, io non gioco più un numero al lotto.

BENIAMINO. Ricordo, e per questo motivo, ti dico che stai sbagliando. Così facendo, tu stai dando un calcio alla fortuna.

ISIDORO. (Ironico) credi che io sbagli perché in questo modo non sono più tuo cliente?

BENIAMINO. Ma che dici Isidoro, non ho mai pensato nemmeno una volta al tempo che tu non frequenti la mia ricevitoria. Nemmeno una volta. Però ricordo molto bene il motivo. La tua Cesira... (viene interrotto).

ISIDORO. Non ricordarmi quello che Cesira ha combinato ben tre anni fa.

BENIAMINO. Tre anni, due mesi e 12 giorni per la precisione.

ISIDORO. Per fortuna non pensavi all'ultima volta in cui sono stato nella tua ricevitoria! (Al pubblico) è talmente tirchio che venderebbe persino sua moglie Liberata.

BENIAMINO. Ti sbagli Isidoro, ho solo una buona memoria perchè i numeri ormai mi sono entrati nel sangue.

ISIDORO. (Al pubblico) si, nel sangue ma anche nel portafoglio. (Al pubblico) non lo sopporto più. 

BENIAMINO. (Appoggia il braccio sulla spalla di Isidoro) ti confesso che io sono stato male quanto te, quel giorno di tre anni e due mesi... (viene interrotto).

ISIDORO.... e 12 giorni (al pubblico) come potrà ricordare con tanta precisione, io non so!

BENIAMINO. Quando la tua Cesira ha gettato il biglietto vincente di un terno.

ISIDORO. Se ci penso, io io... la strozzo.

CESIRA. (Entra da destra proprio nel momento in cui Isidoro termina la frase e capisce subito che stanno ricordando il fattaccio. Torna sui suoi passi) penso che sia meglio preparare anche... la cena! (Esce a destra).

ISIDORO. (La guarda in malo modo. Poi si rivolge a Beniamino) non avevo controllato la sera stessa il biglietto perché, quella sera, ero un poco... (viene interrotto).

BENIAMINO. Un poco… ma tanto, mi ricordo.

ISIDORO. Ho detto solo un poco. Ubriaco fradicio, ma solo un poco.

BENIAMINO. (Al pubblico) come non ricordarlo! Eravamo insieme quella sera!

ISIDORO. Ho controllato i numeri la mattina successiva in tv, e in quel momento mi accorgo che avevo fatto terno. Allora vado di corsa a prendere il mio biglietto... (viene interrotto).

BENIAMINO. Ma non lo hai trovato è così mi hai telefonato perchè ti raggiungessi urgentemente a casa. Ed io ti ho raggiunto di corsa senza mai fermarsi.

ISIDORO. Beniamino, lascia che racconti io al pubblico come è andata. (Al pubblico) deve sempre dire la sua! Allora, stavo dicendo che il biglietto del terno secco era sparito. Chiamo Cesira e le chiedo se ha visto o preso un biglietto di color arancione che stava nella credenza. E lei? Tranquillamente mi dice che aveva visto una carta di caramella di quel colore e l'aveva gettata via.

BENIAMINO. (Al pubblico) avete capito che donna in gamba ha al suo fianco il mio amico?!

ISIDORO. Beniamino, piano con certe parole.

BENIAMINO. Che parole? Ho solo detto... il mio amico.

ISIDORO. Appunto per quello! Allora stavo dicendo che Cesira ha gettato il biglietto vincente nel contenitore di riciclaggio della carta… (viene interrotto).

BENIAMINO. Che appunto era stato ritirato la mattina stessa.

ISIDORO. (Arrabbiato) io mi dico, come può un’amministrazione decidere di ritirare il differenziato il venerdì?!

BENIAMINO. Hai ragione Isidoro, dobbiamo protestare contro il comune. Dobbiamo raccogliere le firme per far spostare la raccolta della carta di... giovedì!

ISIDORO. Per favore stai zitto! Quando lo abbiamo fatto, hai messo una firma falsa!

BENIAMINO. (Volendo cambiare discorso) ti ricordi quando abbiamo rincorso il camion dell’immondizia? Tu davanti e io subito dietro che non mi scollavo.

ISIDORO. (Al pubblico) certo, il suo obiettivo era di ottenere una ricompensa da me! Invece quando il camion si è fermato... (viene interrotto).

BENIAMINO. Il camion aveva triturato tutto il contenuto e perciò... (viene interrotto).

ISIDORO. E perciò addio terno, addio vincita, addio soldi!

BENIAMINO. Ascoltami Isidoro, ho proprio sotto mano tre numeri sicuri da giocare sulla ruota di Milano.

 ISIDORO. Sai molto bene che non giocherò mai più alla lotteria.

BENIAMINO. Ti avviso che l'altro giorno Marchelli, ha vinto un terno con i numeri che gli ho dato io.

ISIDORO. Bene. Fai avere anche questi a Marchelli, allora.

BENIAMINO. Sai che a me piace far vincere un po' tutti.

ISIDORO. (Al pubblico) a lui piace far spendere soldi un pò a tutti! Di soldi per il lotto non ne ho. Ma se sei così sicuro che siano numeri vincenti, perché non li giochi tu? Anzi, facciamo così: tu li giochi per me e poi io riscuoto la vincita. Dato che, come hai detto, è sicura, io poi ti restituirò i soldi della giocata.

BENIAMINO. (Non è convinto dalla proposta. Guarda l'orologio) accidenti come si è fatto tardi. Devo assolutamente scappare. Ci vediamo Isidoro.

ISIDORO. (Mentre Beniamino esce. Ironico) come mai tutta questa fretta! Hai forse paura che non mantenga la promessa?!

SCENA VI

Cesira e Isidoro

CESIRA. (Rientra da destra) dov’è Beniamino? Lo hai fatto di nuovo scappare?!

ISIDORO. Io non ho fatto nulla. Ha fatto tutto lui.

CESIRA. Com'è possibile che nemmeno Beniamino ti vada a genio!?

ISIDORO. Non lo sopporto da tempo come sua moglie Liberata. Non parliamo della sagrestana!

CESIRA. La sagrestana? E che cosa avrebbe mai fatto Fosca?

FOSCA. (Da fuori) è permesso? Posso disturbare?

ISIDORO. (Al pubblico) quando parli del diavolo...

CESIRA. Non parlare del diavolo quando ti riferisci a Fosca perché lo sai che lei è vicina a Dio più di tutti noi.

SCENA VII

Cesira, Isidoro e Fosca

FOSCA. (Entrando dal fondo) eccoli i due piccioncini. Isidoro, non ti ho visto a messa, domenica e nemmeno sabato sera. Come mai?!

ISIDORO. (Al pubblico) ora avete capito perché non la posso soffrire?!

CESIRA. Non ha potuto venire a messa perché stava poco bene. Soffriva per un forte mal di stomaco.

ISIDORO. (A Cesira piano) perché le devi raccontare gli affari miei! Cesira, se questa storia procede ancora per molto io non rispondo più delle mie azioni.

CESIRA. (A Isidoro piano) non essere villano! Non ti permetto di offendere la mia amica. (A Fosca) siediti Fosca.

FOSCA. Grazie Cesira, mi siedo molto volentieri.

ISIDORO. (Scimmiotta Cesira e Fosca al pubblico) siediti pure Fosca. Grazie Cesira, mi siedo molto volentieri.

FOSCA. Sai Cesira che domenica mattina a messa c’era Bortola?

CESIRA.Davvero? A che ora?

FOSCA. Alla messa delle 11.

ISIDORO. (Ironico) l'ora è di vitale importanza in questi casi.

CESIRA. Su racconta!

FOSCA. Mancava poco alle 11, e mi vedo entrare Bortola che va a sedersi nell'ultimo banco a destra.

CESIRA. Che coraggio!?

ISIDORO. (Ironico, al pubblico) avete sentito, per sedersi nell'ultimo banco a destra ci vuole coraggio!

CESIRA. (Guarda Isidoro con disapprovazione).

FOSCA. Altro che coraggio!? Sparla di tutto e di tutti e poi ha il coraggio di farsi vedere in chiesa!

ISIDORO. Allora voi, che cosa state facendo in questo momento!?

CESIRA. Noi? Stiamo facendo conversazione.

ISIDORO. (Al pubblico) si vede che ora si chiama così.

CESIRA. Fosca, vai avanti.

FOSCA. Allora, stavo dicendo che, oltre a parlare alle spalle di tutti, lei è una persona che non ti rivolge mai il saluto.

CESIRA. Lo so molto bene. Ti saluta muovendo leggermente le labbra.

ISIDORO. (Al pubblico) no, loro non sparlano delle persone, decisamente loro fanno solo della sana conversazione. Scusate, vi lascio sole nella vostra interessante conversazione. (Al pubblico mentre esce) non resisto un minuto di più. (Esce a sinistra).

FOSCA. Ma ciò che più mi ha fatto innervosire, è stato vedere che al momento dello scambio della pace, ha avuto il coraggio di porgere la mano alle persone sedute al suo banco.

CESIRA. Davvero?! Ne sei sicura!?

FOSCA. Cesira, facendo la sagrestana non mi scappa nulla di ciò che succede in chiesa, ora che a volte sono pure chierichetta...

CESIRA. Certo, me ne ero scordata. Come può Bortola comportarsi in questo modo!

FOSCA. In chiesa se ve ne vedono proprio di tutti i colori.

CESIRA. Hai proprio ragione Fosca. La gente che viene a messa, a volte è vestita con colori così... così sgargianti che... (viene interrotta).

FOSCA. Io non mi riferivo al colore dei vestiti! Anche se su questo argomento, ne avrei da dire. Inoltre hai mai notato che dopo l’omelia di Don Biagio... (viene interrotta).

CESIRA. E che omelia! (Trasognata) Ah, come Don Biagio non ce ne sono di preti: sempre rispettoso, parole chiare e incisive. Sempre ordinato, sempre sorridente, sempre perfetto, sempre... (viene interrotta).

FOSCA. Cesira, si è incantato il disco?

CESIRA. (Riprendendosi) ah, scusa.

FOSCA. Stavo dicendo, che dopo l’omelia di Don Biagio, più della metà delle persone presenti in chiesa, controlla l'orologio. Mi domando che vorrà mai dire controllare l'orologio.

CESIRA. Hai ragione Fosca, ho fatto anch'io caso a questo (al pubblico) speriamo che non abbia visto anche me perché pure io sono una di quelle che controllano l'orologio dopo l’omelia.

FOSCA. Tutti li a controllare quanto è durata. C’è pure gente visibilmente spazientita per la durata.

CESIRA. (Al pubblico) se le cose stanno così, allora io non faccio parte di quella schiera. Io controllo l'orologio al contrario perché (sospirando) trovo l’omelia sempre troppo corta.

FOSCA. (Ride) la cosa più buffa è l’ingresso di Gesuino con la moglie.

CESIRA. Davvero? Come mai tanto divertente?! Io non li ho mai visti in chiesa.

FOSCA. È naturale che non li abbia mai visti, vengono alla prima messa! Stavo dicendo che Gesuino entra in chiesa nello stesso istante della moglie, ma non dalla stessa entrata. No, lui entra dalla porta laterale a destra mentre lei entra dalla porta sul fondo.

CESIRA. Ma come possono entrare separati! Si dice in giro che sono innamorati ancora come il primo giorno in cui si sono incontrati!

FOSCA. Cesira, pensa se non fossero più innamorati!

CESIRA. Li vedo spesso, sempre insieme. Sempre. Sempre. Non riesco a capire il loro atteggiamento.

FOSCA. Vorresti forse dire che non mi credi?

CESIRA. No di certo, ti credo. Ma non capisco il loro comportamento.

FOSCA. Secondo me sono due persone ancora di vecchio stampo, perché lui entra dalla parte dalla quale una volta entravano in chiesa solo gli uomini. Mentre lei entra invece dalla parte dalla quale una volta entravano solo le donne.

CESIRA. Se le cose stanno così, sono veramente arretrati di cent'anni. (Al pubblico) per fortuna che io e Isidoro, non seguiamo la stessa messa, altrimenti anche noi ci saremmo comportati come Gesuino e sua moglie.

FOSCA. Vogliamo parlare di Martina del Fagiano?! Chiacchiera in continuazione per tutta la durata della messa.

CESIRA. Per tutta la messa?!

FOSCA. Per tutta la messa. Se ti dico per tutta la messa, vuol dire per tutta la messa.

CESIRA. Certo. Per tutta la messa. (Pensando) tu Fosca, come noti sempre tutte queste cose, soprattutto mentre sei chierichetta?

FOSCA. Cesira, io ho due occhi, uno che guarda ciò che avviene sull'altare e l'altro osserva ciò che succede in chiesa.

CESIRA. È vero. Hai ragione. Non avevo pensato a questa cosa.

FOSCA. C’è ancora qualcosa a cui non crederesti mai. Tu sai che Sbigarola, al momento della questua, non versa mai un centesimo?! E non è l'unica.

CESIRA. (Pensierosa) Dimenticavo che ti occupi anche della questua! Perciò tu sai che lascia l'offerta e chi no.

FOSCA. Esattamente. Ho tutto memorizzato qui (indica la testa) e poi riferisco a Don Biagio.

CESIRA. (Preoccupata) davvero? E Don Biagio sa tutto?

FOSCA. Certo, tutto.

CESIRA. (Al pubblico) spero che Don Biagio non si faccia una brutta opinione di me. Da domenica dovrò lasciare il doppio di quello che lascio per la questua.

FOSCA. Sei preoccupata forse?

CESIRA. Io? assolutamente no!

FOSCA. A Don Biagio, io ho sempre parlato bene di te.

CESIRA. (Al pubblico) Meno male!

FOSCA. Io, delle mie amiche, parlo sempre bene. Si è fatto tardi Cesira. Scusami ma ora devo andare, mi aspetta il tecnico delle campane. Ciao. (Esce dal fondo).

CESIRA. Ciao Fosca. Torna presto.

SCENA VIII

Cesira e Isidoro

ISIDORO. (Rientrando da sinistra) Per carità, lascia che resti a casa sua o in chiesa, ma lasciala là! Non mi spiego come Don Biagio non licenzi una donna simile.

CESIRA. Tu sei troppo severo con Fosca!

ISIDORO. Sei tu che non riesci a capire che siamo circondati da persone troppo diverse da noi. Sono persone strane... (viene interrotto).

CESIRA. (Al pubblico) ha parlato l’uomo impeccabile! Isidoro, vado al cimitero! Almeno i morti non dicono spropositi quanto te (prende la borsa ed esce dal fondo).

ISIDORO. Sono sicuro che pure lì incontrerai qualcuno con cui chiacchierare. (Al pubblico) temo che mia moglie possa finire per assomigliare a tutta quella gente da cui siamo circondati. Ma dovrò fingere che non sia così, altrimenti... (viene interrotto dal suono del campanello) sarà Cesira che avrà dimenticato a casa le chiavi come al solito. (Va ad aprire).

SCENA IX

Isidoro, Dottoressa Maserani e Psicologa Pecoroni.

DOTTORESSA. Buongiorno signor Mortesi.

ISIDORO. Buongiorno. (Al pubblico) questa donna la conosco.

DOTORESSA. Sono la dottoressa Agata Maserani… (viene interrotta).

ISIDORO. Ecco perché avevo già l’impressione di conoscerla. Lei è la dottoressa dell’ospedale e ci siamo visti questa mattina.

DOTTORESSA. Si, proprio così. Le presento la dottoressa in psicologia Martina Pecoroni.

ISIDORO. Piacere. (Al pubblico) chissà che vorranno da me un medico e una psicologa! Guardandole bene, dalle loro facce non traspare nulla di buono. (Preoccupato) che sia successo qualcosa a Cesira?

DOTTORESSA. Ci possiamo sedere, signor Isidoro?

ISIDORO. (Al pubblico) Brutto segno! Prego, sedete pure.

DOTTORESSA. Sieda anche lei, signor Isidoro.

ISIDORO. (A l pubblico) mi chiedono di sedermi? Sempre più brutto segno. (Non si siede).

DOTTORESSA. Ecco, siamo passate… perché… (si accorge che Isidoro è ancora in piedi) Signor Isidoro, le converrebbe sedersi.

ISIDORO. (Al pubblico. Preoccupato si siede) inizio davvero a preoccuparmi tanto per Cesira.

DOTTORESSA. È successa una cosa spiacevole purtroppo.

ISIDORO. (Al pubblico) mamma mia, non sarà davvero morta la mia Cesira?!

PSICOLOGA. (Vedendolo preoccupato) si sente bene signor Isidoro?

ISIDORO. (Triste e preoccupato) per nulla! Mi dica quando è successo? (Al pubblico) Povera Cesira. Sarà successo mentre stava andando al cimitero, pochi minuti fa. Speriamo almeno non abbia sofferto.

DOTTORESSA. È successo stamattina in ospedale.

ISIDORO. (Al pubblico piangendo) ed è tutta colpa mia se Cesira non c’è più ora. È colpa mia se è uscita di casa, perché io l’ho fatta arrabbiare. (Ricordandosi ciò che la dottoressa ha detto) Stamattina? Guardi che Cesira è uscita di casa solo da pochi minuti, non può essere successo stamattina.

DOTTORESSA. Cesira? Non capisco.

PSICOLOGA. (Piano alla dottoressa) Agata, dobbiamo essere più caute, appare già alquanto turbato.

DOTTORESSA. (Piano alla psicologa) hai ragione Martina, sarò più sensibile. (Ripensandoci) Forse è meglio che glielo dica tu che hai più competenza nell’affrontare certi argomenti.

PSICOLOGA. (Sicura e senza tatto) questa Cesira non c’entra nulla. Queste sono le sue lastre ai polmoni di stamattina (le mette sul tavolo). Signor Isidoro, le rimangono sei mesi di vita.

DOTTORESSA. (Al pubblico) che tatto!

ISIDORO. (Al pubblico felice) Cesira non c’entra, vuol dire che sta bene. Che sollievo! (Ripensando alle parole della frase della psicologa) che cosa c’entrano la mie lastre con sei mesi di vita?

DOTTORESSA. Senta signor Isidoro, la mia collega voleva dirle che… i suoi polmoni… non funzionano bene, si sono ammalati.

ISIDORO. Ammalati?

DOTTORESSA. Molto ammalati.

ISIDORO. Molto ammalati?

DOTTORESSA. Gravemente ammalati.

ISIDORO. Gravemente ammalati?

PSICOLOGA. Tanto gravemente ammalati che le rimangono soltanto sei mesi di vita.

ISIDORO. (Al pubblico) cos’ha detto? Mi rimangono sei mesi di vita? (Disperato) com’è possibile? Siete sicure?! (Le due che fanno cenno di si) Che disgrazia! Perché non è successo a Cesira invece che a me?!

DOTTORESSA. Ci dispiace, signor Isidoro ma le cose stanno così.

ISIDORO. (Triste) ma perché proprio a me!

PSICOLOGA. Se ha bisogno di qualcosa, noi siamo venute appunto per aiutarla.

ISIDORO. Per quanto mi riguarda, avete fatto anche troppo. (Triste) Una cosa però la potete fare, lasciatemi solo col mio dolore.

DOTTORESSA. In questi momenti è sconsigliato rimanere da soli.

ISIDORO. Ho detto che voglio rimanere solo.

PSICOLOGA. È sicuro di quello che dice?

ISIDORO. Sicurissimo.

DOTTORESSA. A questo punto, non ci resta che togliere il disturbo.

ISIDORO. (Sgarbato) siete ancora qui?!

PSICOLOGA. (Alla dottoressa mentre escono) che caratteraccio! Che modi sgarbati. Che gli abbiamo detto in fine dei conti?

DOTTORESSA. Arrivederci signor Isidoro.

PSICOLOGA. Addio signor Isidoro (escono).

ISIDORO. “Addio” (al pubblico) Avete sentito che cosa mi hanno appena detto? Sei mesi di vita! Ditemi voi che cosa devo fare ora. Come posso star qui ed aspettare la morte! (Vede la busta con le lastre) e se si fossero sbagliate? Non mi sento così male. (Apre la busta e finge di leggere) ... non più di sei mesi di vita. (Disperato) è tutto vero!

SCENA X

Isidoro e Pasquale

PASQUALE. È permesso? C'è qualcuno? (Entra dal fondo) ciao Isidoro. Allora?

ISIDORO. (Sgarbato) “Allora”, che cosa? (Al pubblico) è il marito di Liberata questo è peggio di sua moglie. Devo fingere che vada tutto bene, non gli dirò nulla del mio stato di salute. Ma quale salute!

PASQUALE. Come stai? Ho saputo che hai eseguito delle lastre ai polmoni stamattina. Cosa ti hanno detto? (Vede le lastre sul tavolo) le hai già ritirate?! E com'è possibile?

ISIDORO. Certo, le ho già ritirate perché mi hanno guardato in faccia.

PASQUALE. (Lo guarda in viso) io non te le avrei date. E qual è l'esito? (Si appresta ad aprire la busta).

ISIDORO. (Gliela toglie di mano) tutto a posto! Sono sano come un pesce (al pubblico) nemmeno “a morire” gli dico che devo morire.

PASQUALE. Bene. Sono proprio contento. Vado subito a raccontarlo a Liberata. (Si incammina per uscire).

ISIDORO. Si si, vai pure. (Al pubblico) speriamo che torni fra sette mesi quando io non ci sarò più.

PASQUALE. (Tornando indietro) me lo offriresti qualcosa di forte da bere? Liberata ormai me lo vieta.

ISIDORO. (Scocciato) Pasquale, questo non è il momento.

PASQUALE. Va bene. Dimmi quando sarà il momento e io vengo a bere da te.

ISIDORO. Ti ho già detto che questo non è il momento.

PASQUALE. E io ti ho detto di dirmi quando sarà il momento.

ISIDORO. (Sempre più scocciato) e io ti ripeto che non so quando sarà il momento.

PASQUALE. Facciamo domani?

ISIDORO. Domani non so se andrà bene!

PASQUALE. Facciamo dopodomani allora.

ISIDORO. (Al pubblico) fatelo uscire altrimenti faccio una strage. (Cerca di calmarsi e di trovare la soluzione più logica) ti chiamerò io quando sarà il momento. Ma ora, vai!

PASQUALE. Bene. (Si incammina ma ritorna sui suoi passi) non lasciare trascorrere tanto tempo mi raccomando.

ISIDORO. (Scocciatissimo) va bene! Ma ora, vai!

PASQUALE. Ciao Isidoro, aspetterò la tua chiamata con ansia. (Esce dal fondo).

ISIDORO. (Al pubblico) Io di tutta questa gente mi libererei volentieri. Come vorrei mandarli tutti a “quel paese”! Ma Cesira non me lo perdonerebbe mai. (Vede la busta delle lastre) ora che ho pure poco da vivere... (qualche secondo di silenzio. Poi Isidoro ha un'idea) Proprio perché ora mi resta poco da vivere, posso rivelare a questa gente quello che penso di lei. Io presto non avrò più nulla da spartire con loro. Che mi interessa se Cesira non vuole. Lei sicuramente, quando sarà vedova, se la passerà bene come tutte le vedove al giorno d'oggi. Bene, farò proprio così: li manderò tutti a “quel paese”… prima di me! (Ride) bella questa! (Pensa) mi è venuta un'altra brillante idea. Sapete che faccio ora? Telefono a Don Biagio che venga immediatamente qui a casa mia. (Alza la cornetta del telefono e compone il numero) pronto, Don Biagio? Buongiorno. Sono Isidoro Mortesi. Senta, avrei bisogno che venisse urgentemente qui a casa mia, subito. (Aspetta un attimo) si è molto importante. Anzi, di vitale importanza. (Aspetta un attimo) bene. Allora l'aspetto. (Appoggia la cornetta) fra poco arriverà e allora gli farò la mia proposta. (Passeggia avanti e indietro per la sala per qualche secondo, guardando l'orologio. Suono di campanello). È senz'altro Don Biagio. (Al pubblico) avete visto come anche i preti sono curiosi?! Sembra abbia volato. (Apre) buongiorno Don Biagio, venga, entri pure. Grazie di essere accorso subito.

SCENA XI

Isidoro e Don Biagio

DON BIAGIO. Quando si tratta di "vitale importanza" non posso esimermi.

ISIDORO. Si sieda pure. Senta Don Biagio, con lei parlerò sinceramente. Purtroppo ho un male incurabile ai polmoni e non mi resta da vivere che sei mesi. Per questo motivo vorrei fare un accordo con lei.

DON BIAGIO. Mi dispiace tanto Isidoro, ma le ricordo che per accordi di questo genere io posso ben poco. Certo, al massimo potrei mettere una buona parola con il mio “capo” (guarda in alto) anche se devo dire che non sempre sembra ascoltarmi.

ISIDORO. Don Biagio, non intendevo quello. Volevo solo dire che avrei bisogno della sua collaborazione per… programmare il mio funerale.

DON BIAGIO. Non ho capito bene Isidoro. Può ripetere?

ISIDORO. Certo. Vorrei programmare ora, il mio funerale con lei.

DON BIAGIO. Programmare il tuo funerale? In che modo? Non riesco a capire.

ISIDORO. È semplice. Io e lei ci accordiamo su tutta quanta la cerimonia: il giorno del funerale, il coro, i fiori... (viene interrotto).

DON BIAGIO. Il giorno del funerale?!

ISIDORO. Certo, anche il giorno del funerale. E anche ciò che lei dovrà dire nell'omelia funebre.

DON BIAGIO. (Frastornato) non ho capito bene Isidoro. Tu non sei ancora morto, e vuoi preparare il tuo funerale?!

ISIDORO. Esattamente. Io e lei decideremo il tutto prima.

DON BIAGIO. (Pensa con felicità) questa è la prima volta che mi capita di preparare tutta la cerimonia funebre, con il morto. (Guarda Isidoro) cioè… col morto che sarà. I funerali li ho sempre preparati con i parenti del defunto. (Pensa) Isidoro, ma sai che è una bellissima idea. (Al pubblico) ma vi rendete conto che dovrò preparare un funerale con il morto? E sarò il primo!

ISIDORO. Dato che siamo d'accordo iniziamo subito con il primo punto: decidere il giorno del funerale.

DON BIAGIO. Giusto! (Pensa) hai detto che non ti rimangono più di sei mesi di vita e perciò facendo i conti dovrebbe essere nei primi giorni di ottobre.

ISIDORO. La dottoressa ha detto “sei mesi di vita” ma come lei ben sa questi medici sbagliano spesso e volentieri. La statistica dice sempre un mese in più.

DON BIAGIO. Se le cose stanno così, arriviamo ai primi di novembre. (Prende la sua agendina) controlliamo: il 1 novembre è festa e io non celebro i funerali. Però possiamo fare il 2 novembre, durante la commemorazione dei defunti.

ISIDORO. Non se ne parla nemmeno. Io non voglio mischiarmi ai morti degli altri. Il mio funerale deve essere unico e irrepetibile.

DON BIAGIO. Hai ragione Isidoro, non ci avevo pensato. A questo punto non ci rimane che rimandare alla seconda settimana di novembre perché tutta la prima è dedicata alla commemorazione dei defunti. (Controlla ancora l'agendina) lunedì 9 novembre, che dici Isidoro?

ISIDORO. Il 9 novembre non si può. È il compleanno di mia moglie e proprio in quel giorno non posso darle un dispiacere. Mi capisce vero?!

DON BIAGIO. Ma certo, capisco benissimo.

ISIDORO. Possiamo fare il giorno dopo. Che dice?

DON BIAGIO. Martedì 10 novembre non posso io. Devo celebrare il matrimonio della figlia di una conoscente di mia madre. L'ho promesso e non posso disdettare.

ISIDORO. Credo Don Biagio sia meglio scegliere la data un'altra volta a questo punto. Concentriamoci ora sull’omelia funebre. Ovviamente gliela vorrei scrivere io, perché, chi più di me, conosce me stesso?!

DON BIAGIO. Questo è fuori di dubbio, cioè che tu ti conosca meglio di me o di chiunque altro. Però ricordati che solo i vivi parlano bene dei morti.

ISIDORO. E io non sono vivo per il momento?! Stia pur tranquillo Don Biagio, anch'io parlerò bene di me stesso.

DON BIAGIO. (Al pubblico) su questo non avevo dubbi. Facciamo così, tu comincia a scrivere qualcosa che poi controlliamo insieme.

ISIDORO. Bene. E anche questo, è sistemato. E per il coro, che decidiamo?

DON BIAGIO. Io direi di chiamare la corale del paese.

ISIDORO. (Pensieroso) Non saprei. Io avevo pensato di chiamare il coro del Duomo di Milano.

DON BIAGIO. (Meravigliato) come mai proprio il coro del Duomo di Milano?

ISIDORO. Don Biagio, al mio funerale voglio il meglio che ci sia sulla piazza. La spesa non mi interessa, ma io voglio il coro del Duomo di Milano.

DON BIAGIO. Vedrò di contattarlo allora. Anche per quanto riguarda il mio onorario, allora, posso stare tranquillo, se a te la spesa non interessa.

ISIDORO. Non si preoccupi Don Biagio, sarà ricompensato a dovere. (Al pubblico) non ci sono più i preti di una volta che si interessavano solo dell'anima del defunto. (Preoccupato) avrò una foto recente da applicare sulla tomba? Devo subito controllare. Don Biagio, mi aspetti che vado a controllare. Torno subito. (Esce a sinistra).

DON BIAGIO. (Al pubblico felicemente) pensate che bella cosa mi sta succedendo, preparare un funerale con il morto. (Arriva Cesira dal fondo).

SCENA XII

Don Biagio e Cesira

CESIRA. (Meravigliata) buongiorno Don Biagio. Come mai qui?

DON BIAGIO. (Al pubblico) sembra allegra. Deve aver preso bene la notizia del marito, così pare. Buongiorno Cesira.

CESIRA. (Al pubblico) è un bell'uomo vero? Torno ora dal cimitero e non mi aspettavo di trovarla qui.

DON BIAGIO. È già stata scegliere il loculo per... (non riesce a terminare la frase, teme di ferirla).

CESIRA. Cercare il loculo? Io so già dove si trova il loculo dei miei parenti. (Al pubblico) so bene dove è il loculo di mio padre.

DON BIAGIO. (Al pubblico) è probabile che lo abbia già prenotato da tempo. La trovo abbastanza bene. (Al pubblico) cosa le sto dicendo! Mi scusi Cesira, ma in queste situazioni non si sa mai che dire.

CESIRA. (Al pubblico preoccupata) forse ha capito che lo reputo un bell’uomo!? Mi ha detto che mi trova bene! (Pensa) No, non può essere.

DON BIAGIO. Isidoro mi ha raccontato tutto.

CESIRA. Tutto? (Al pubblico) che diavolo gli avrà raccontato?! (Pensando) vuoi vedere che gli avrà raccontato che non sopporta più i suoi amici?! Può essere solo questo. Chissà perché glielo avrà raccontato! Che ci vuol fare Don Biagio, con Isidoro ormai non ci sono più speranze.

DON BIAGIO. (Al pubblico) che serenità nel dirlo. È proprio sicura Cesira? Non l'ha portato da un'altra parte?

CESIRA. Per il mio Isidoro persino andare a Lourdes sarebbe stato tempo buttato. (Al pubblico) quant’è bravo il nostro Don? Si preoccupa sempre dei suoi parrocchiani?

DON BIAGIO. Se invece fosse guarito a Lourdes?!

CESIRA. Guarire? Quello non si sistema andando a Lourdes! Ci vuole ben altro.

DON BIAGIO. Per esempio?

CESIRA. Un intervento alla testa!

DON VIAGGIO. (Al pubblico) ma il male incurabile non è ai polmoni?!

SCENA XIII

Don Biagio, Cesira e Isidoro

ISIDORO. (Rientrando da sinistra con la foto che nasconderà subito vedendo Cesira. Al pubblico) è già tornata! Prima o poi dovrò dirlo anche a lei.

CESIRA. Isidoro, non si lascia Don Biagio qui da solo. Dove sei andato?

ISIDORO. Don Biagio non è solo se è con te.

CESIRA. Ora senz'altro. Ma prima che arrivassi io, era solo. Ora capisce Don Biagio, non ci sono più speranze per lui.

ISIDORO. Meglio uscire da qui Don Biagio, perché mia moglie, altrimenti mi farà morire prima del dovuto.

DON BIAGIO. E in questo caso sembra già poco il tempo che ti resta. Arrivederci Cesira. Se per caso avesse bisogno di conforto si ricordi di me (escono dal fondo).

CESIRA. Buongiorno Don Biagio. (Al pubblico) avete sentito Don Biagio? “Se avesse bisogno di conforto si ricordi di me”! Secondo voi sono cose da dire ad una donna “sposata”? Non ci saranno più gli uomini di una volta, ma pure i preti di una volta non ci sono più, a quanto pare.

SIPARIO

ATTO SECONDO

SCENA I

Dottoressa e Psicologa

DOTTORESSA. (Suono di campanello) permesso? C'è qualcuno? Signor Isidoro Mortesi? (La dottoressa entra dal fondo con le lastre in mano e viene accompagnata dalla psicologa).

PSICOLOGA. Sembra non ci sia nessuno.

DOTTORESSA. Sembra proprio di sì. La porta d'entrata però non era chiusa a chiave.

PSICOLOGA. Che facciamo ora? Penso sia meglio riportare le lastre e tornare in un altro momento.

DOTTORESSA. Forse sarebbe più opportuno lasciarle qui sul tavolo bene in vista, in modo che quando il signor Mortesi torna le guarderà e controllerà. Noi torneremo più tardi e confermeremo al signor Mortesi che le lastre, per fortuna, ieri sono state scambiate e che lui è sano come un pesce.

PSICOLOGA. Chissà che gioia quando il signor Mortesi guarderà le lastre e capirà. Gli sembrerà di rinascere un'altra volta. (Al pubblico) è probabile che se la prenda un po' con noi. Succede sempre così e io so questo, solo perché ne ho sentito parlare. Nel nostro ospedale non succedono mai di questi scambi.

DOTTORESSA. Bene Martina. Anche questa è quasi sistemata. Coraggio, andiamo che dobbiamo scambiare altre 10 lastre sbagliate. (Escono di scena dal fondo).

SCENA II

Cesira, Isidoro e Don Biagio

Scena vuota per qualche secondo.

CESIRA. (Rientrando dal fondo) com’è possibile che mio marito sia uscito di casa senza chiudere la porta a chiave?! Tutte le volte gli raccomando di chiudere quella benedetta porta. Non ho ancora capito cos’abbia in quella testa. Ma ciò che mi meraviglia di più e non riesco proprio a capire, è come mai in questi due giorni incontra continuamente il parroco. Mio marito non è mai stato un uomo di Chiesa. (Vede le lastre sul tavolo) È andato a ritirare le sue lastre e non mi ha detto nulla! Non ha proprio niente in quella testa. Nulla. (Controlla le lastre e l'esito) io non capisco molto, però qui c'è scritto: “nella norma”, “nella norma”, “nella norma”. I suoi polmoni stanno molto meglio dei miei. (Le sistema nell'armadietto) se non sistemo io le sue cose, per lui potrebbero anche ammucchiarsi qui sul tavolo!

ISIDORO. (Da fuori) entri pure Don Biagio.

CESIRA. Eccoli, e sono di nuovo insieme. Me ne vado. (Esce a destra senza farsi vedere).

ISIDORO. Allora Don Biagio, lunedì 16 novembre per la cerimonia funebre può andar bene?

DON BIAGIO. Non va bene Isidoro il 16 perché è il terzo lunedì del mese. È il giorno che il curato ha degli impegni e io devo occuparmi dell’oratorio. Però potremmo fare il giorno dopo, martedì 17 novembre.

ISIDORO. Ma sta scherzando? Non sa che il 17 porta sfortuna? No no, il 17 non si può fare.

DON BIAGIO. Va beh, allora la data la decideremo più avanti. Per i fiori, hai già deciso qualcosa?

ISIDORO. Certo. Avevo pensato a dei fiori particolari. I gerani.

DON BIAGIO. (Meravigliato) gerani?!

ISIDORO. Si proprio i gerani. (Guarda Don Biagio) Don Biagio, la vedo un po' preoccupato. Non mi dica che non vuole i gerani... (viene interrotto).

DON BIAGIO. Precisamente non... (viene interrotto).

ISIDORO.... non i gerani di un solo colore! L'avevo immaginato. Non si preoccupi, prenoterò gerani di tutti i colori.

DON BIAGIO. Sei sicuro di scegliere i gerani? Prima d'ora nessuno li ha mai scelto.

ISIDORO. Davvero? Nessuno li ha mai scelti?! Bene! Vorrà dire che io sarò il primo e magari speriamo anche l'unico.

DONO BIAGIO. (Alzando il tono di voce) a novembre però penso sia un po' difficile trovare gerani in giro.

ISIDORO. Don Biagio io non li cercherei in giro, ma dal fiorista.

DON BIAGIO. (Quasi spazientito) è novembre anche per il fiorista Isidoro. Non li troverà nemmeno lui.

ISIDORO. Ma dice davvero? Accidenti, questo sì che è un problema. (Pensa) vorrà dire che anche per i fiori decideremo più avanti. Di tempo ne abbiamo.

DON BIAGIO. Ne abbiamo... insomma.

ISIDORO. Don Biagio, la prego non mi ricordi il tempo che ho o che non ho.

DON BIAGIO. Certo, certo. E per l'omelia, hai già iniziato a scrivere qualcosa?

ISIDORO. Sì, ho iniziato ieri sera prima di coricarmi mentre Cesira si sistemava per la notte e si toglieva il trucco.

DON BIAGIO. “Togliersi il trucco”? Come mai, si era mascherata forse?

ISIDORO. Non mi dica nulla in merito. Da quando ascolta le raccomandazioni di Liberata e dell'altra sua amica, (al pubblico) la sagrestana, ma a lui non lo dico perché è la sua dipendente, si mette in faccia tutto quel trucco per farsi più bella!

DON BIAGIO. La vanità è dovunque caro Isidoro. L’” apparire” per qualcuno vale molto più dell’essere. L'essere” ormai non esiste più.

ISIDORO. (Pensando) a proposito di “essere”, Don Biagio, lei sa che mi rimangono pochi mesi di vita e mi chiedevo se in questo periodo, confessassi ciò che penso a certa gente, sarebbe proprio un così gran peccato?

DON BIAGIO. La verità dovrebbe essere sempre detta. Anche se a volte questa verità, involontariamente, può far male.

ISIDORO. Perciò se io facessi del male, involontariamente, dicendo la verità... (viene interrotto).

DON ISIDORO. (Al pubblico) ricordati Isidoro che quella sarebbe sempre la tua di verità. Solo la tua.

ISIDORO. (Al pubblico) la mia verità! Voi qui presenti, avrete constatato che rompiscatole sono Liberata e suo marito, Beniamino e quella Fosca (indica il parroco). Don Biagio, in questo caso la verità sta solo da una parte (al pubblico) la mia. Ora che ricordo, sono indeciso su alcune canzoni che dovrebbe intonare il coro del Duomo di Milano.

DON BIAGIO. A proposito del coro del Duomo di Milano, ho telefonato a un mio amico prete di una parrocchia in provincia di Milano e mi ha detto che il coro del Duomo non si sposta mai da lì.

ISIDORO. Come “non si sposta”? Questa non ci voleva proprio! Ormai avevamo già preso quasi tutte le decisioni sul funerale! (Pensa) a meno che non mi trasferisca io nel Duomo. Che dice Don Biagio, si può fare? (Al pubblico) vi immaginate il mio funerale nel Duomo di Milano, chissà che invidia i miei amici e conoscenti.

DON BIAGIO. Non penso si possa fare.

ISIDORO. Perché no?

DON BIAGIO. (Alzando il tono di voce) Isidoro non si può e basta.

ISIDORO. Perchè no? 

DON BIAGIO. Perché… (non sa che dire) perché… è troppo distante Milano! Chi vuoi che venga dei tuoi compaesani al tuo funerale fino a Milano!?

ISIDORO. (Pensando) Non ha tutti i torti accidenti, ci verrebbero in pochi. Meglio scartare l’idea.

DON BIAGIO. (Al pubblico) Meglio così. Io devo andare ora. Comunque ci rivediamo prima di sera.

ISIDORO. Benissimo, l'aspetto.

DON BIAGIO. Ormai non ti libererai facilmente di me, non mi lascio certo scappare l’occasione di preparare un funerale con il morto.

ISIDORO. Il morto che poi sarei io, vero Don Biagio?

DON BIAGIO. Esatto. A presto.

ISIDORO. Arrivederci. (Lo accompagna all'uscita in fondo).

SCENA III

Isidoro e Cesira

CESIRA. (Entra da destra lentamente e controlla che Don Biagio se ne sia andato) oh, finalmente Don Biagio se ne è andato. Da quando mi ha tentata con quella allusione alla fine del primo atto, e sono sicura fosse una proposta, non mi è più così simpatico. (Rientra Isidoro) posso sapere perché ti vedi tanto con Don Biagio?!

ISIDORO. E se ti dicessi che voglio prendere i voti?

CESIRA. (All’inizio lo guarda preoccupata, poi si mette a ridere) tu, prete? Ma non farmi ridere Isidoro.

ISIDORO. Ci avevi quasi creduto però, guarda che ho visto bene la faccia che avevi fatto.

CESIRA. Io ho creduto alla frottola del prete? Ma se non vai quasi nemmeno in chiesa! (Suono di campanello). Hanno suonato alla porta.

ISIDORO. Ci sento ancora molto bene. Facciamo una scommessa? Per me sono i tuoi amici. Anzi è Fosca.

CESIRA. Ti ricordo che i miei amici sono anche i tuoi (va ad aprire).

ISIDORO. (Al pubblico) ancora per poco.

SCENA IV

Isidoro, Cesira e Liberata

LIBERATA. Ciao Cesira, passavo davanti a casa tua e ho pensato bene di venirti a trovare.

ISIDORO. (Al pubblico) Hai pensato bene per te, forse. Non è Fosca, è Liberata. Allora comincerò a sistemare lei per prima. Ormai io ho poco da vivere e non faccio nemmeno peccato se “involontariamente” dirò ciò che da tempo penso di lei. Tanto poi, chi la vede più.

CESIRA. Hai fatto proprio bene Liberata.

LIBERATA. Ciao Isidoro, come stai?

ISIDORO. Stavo molto meglio prima che arrivassi tu.

CESIRA. (Imbarazzata) che dici Isidoro. (A Liberata) non ascoltarlo, oggi ha la luna di traverso.

LIBERATA. Stai tranquilla Cesira, non preoccuparti, succede a tutti. Sai cosa ho sentito dire su Piero Lumaca?

ISIDORO. A noi non interessa saperlo perché è mio amico e perciò... (viene interrotto).

CESIRA. (Fra se) che stupida, se avessi lasciato parlare Piero quando era da noi ... (A Isidoro) se tu non vuoi sapere quello che Liberata vuole raccontare, te ne puoi andare, a me interessa proprio ciò che è successo a Piero Lumaca. Continua pure Liberata.

LIBERATA. Allora, Piero Lumaca e a sua moglie... (viene interrotto).

ISIDORO. Adesso che c'entra sua moglie.

LIBERATA. Lei c'entra perché è da lei che è iniziato tutto.

CESIRA. Vai avanti Liberata (a Isidoro) e guai a te se apri ancora bocca.

LIBERATA. Piero guardava la tv a casa sua ed era tranquillo quando, arriva di corsa dalla stanza da letto sua moglie che... (viene interrotta).

SCENA V

Isidoro, Cesira, Liberata e Pasquale

PASQUALE. È permesso? Per caso c’è Liberata?!

CESIRA. (Scocciata) proprio al momento giusto doveva arrivare!

ISIDORO. (Al pubblico) è un bene che ci siano qua entrambi così posso liberarmi di un peso in un colpo solo. Ormai, non ho più nulla da perdere.

PASQUALE. Scusate se non ho suonato il campanello. Liberata, hai già raccontato ciò che è successo a Piero Lumaca?

CESIRA. Se fossi arrivata un minuto più tardi, l'avrei saputo anch'io ciò cos’è successo a Piero Lumaca.

ISIDORO. Sarebbe stato meglio che tu non fossi arrivato proprio invece.

CESIRA. Isidoro, che esagerato. In un minuto ancora o due, Liberata mi avrebbe raccontato tutto.

LIBERATA. Stavo appunto dicendo che... (viene interrotta).

ISIDORO. Ribadisco che a me non interessa conoscere i fatti degli altri e ancor meno quelli di Lumaca che è un mio amico.

LIBERATA. Isidoro, ti avviso che si tratta di una cosa... (viene interrotta).

ISIDORO. (Alzando il tono di voce) ripeto che non mi interessa.

CESIRA. (Arrabbiata e alzando il tono di voce) Isidoro, non alzare la voce! Liberata prosegui pure, voglio proprio sapere come finisce la storia di Piero.

ISIDORO. Io invece no. Piuttosto, Liberata e Pasquale, vi confesso che sono stanco dei vostri discorsi: quel tipo ha un dolore alla palpebra, quell'altro le duole il fianco destro, l'altro zoppica. Basta! Sono stanco di sentire solo chiacchiere di sofferenze e malattie. (Liberata si offende in modo vistoso).

CESIRA. Isidoro, che cosa stai dicendo?

PASQUALE. (A Cesira) probabilmente avrà bevuto.

ISIDORO. Non ho bevuto affatto.

LIBERATA. (a Cesira preoccupata e rattristata) sta dicendo forse sul serio Cesira?!

CESIRA. Non penso Liberata. Non fare così. Isidoro, chiedi subito scusa ai nostri amici.

ISIDORO. Io non chiedo scusa a nessuno. Anzi, vi proibisco di raccontare la "cartella clinica" di chiunque altro.

CESIRA. Hai qualche problema di stress oggi?

LIBERATA. Sta dicendo sul serio Cesira?! (Disperata).

PASQUALE. Isidoro, noi siamo amici da una vita.

ISIDORO. Infatti è stata una vita buttata via (Pasquale e Liberata si mostrano offesi) sono stato bravo? (Al pubblico).

CESIRA. Io non ho parole. Scusate per ciò che questo disgraziato di mio marito vi ha detto (a Isidoro) con te facciamo i conti più tardi.

LIBERATA. (Triste) forse è meglio che noi ce ne andiamo.

PASQUALE. Si, è meglio andare. D’ora in poi verremmo a trovare solo Cesira (alzando il tono di voce) quando è sola. Io di altri amici non ne ho in questa casa.

ISIDORO. Bene. Perché... (viene interrotto).

CESIRA. Tu stai zitto perché ti proibisco parlarne ancora. Vi accompagno alla porta “amici” (mentre li accompagna al fondo) non so come scusarmi...

ISIDORO. (Al pubblico) come sto bene ora che ho detto loro ciò che pensavo! A voi non è mai successo? Chissà in quante occasioni avreste voluto comportarvi così, ma per il quieto vivere avete sempre fatto finta di nulla. La mia fortuna è di dover morire e di essere libero di esprimermi. Come se fosse una fortuna dover morire fra sei mesi. Sta rientrando Cesira, credo sia meglio non farsi trovare (esce a sinistra).

CESIRA. (Mentre sta rientrando dal fondo) adesso fai i conti con me (si guarda in giro) dove ti sei nascosto! (Suono del campanello) troppe visite oggi con quel pazzo in casa.

BENIAMINO. Buongiorno.

CESIRA. Entra pure Beniamino. Se prendo Isidoro so io cosa fargli.

BENIAMINO. Che è successo? Mi è sembrato di vedere Liberata piangere e ripetere al marito: “cosa ho fatto di male” ?! A Pasquale invece sembrava uscire il fumo dal naso.

CESIRA. Non dirmi nulla. È peggio di una disgrazia.

BENIAMINO. Ci avrei scommesso.

CESIRA. Che cosa vuoi scommettere se non sai cos’è successo.

BENIAMINO. Liberata. Era evidente. Come non avrei potuto accorgermi della faccia smorta. E quegli occhi incavati. Sapevo che era malata, le sue lacrime me l’hanno confermato.

CESIRA. Beniamino, che stai dicendo! Non è lei la ragione della disgrazia ma... (viene interrotta).

BENIAMINO. Pasquale? È malato Pasquale? Ecco perché ha sempre il viso paonazzo. Come mi dispiace.

CESIRA. Beniamino, se tu mi lasciassi parlare, ti racconterei il motivo per cui li hai visti tanto tristi uscendo da casa mia.

ISIDORO. (Rientrando da sinistra) forse è meglio che glielo spieghi io.

CESIRA. (Arrabbiata) attento a non aprire bocca!

BENIAMINO. Ma per favore, ditemi cos’è successo!?

ISIDORO. È successo che Liberata e Pasquale non sono più ben visti in questa casa.

CESIRA. (Al pubblico) eccoci di nuovo. Tu stai delirando!

BENIAMINO. Non credo di aver capito bene quello che ha detto.

CESIRA. Sai che ha fatto il mio bravo maritino?! Ha offeso Liberata e Pasquale tanto che se ne sono andati piangendo. Inoltre senza raccontarmi la storia di Piero Lumaca.

ISIDORO. Esatto. Io ora caccerò anche te perché di amici come voi non so che farmene. Per denaro, tu saresti capace di vendere persino la nostra amicizia.

BENIAMINO. Io? Vendere te? Venderei prima mia moglie di te.

ISIDORO. Era proprio quello che intendevo.

CESIRA. (Preoccupata) Isidoro, Beniamino stava solo scherzando, ne sono certa.

BENIAMINO. Ovviamente (al pubblico) chi vuoi che la compri mia moglie?!

ISIDORO. Non ti capisco Cesira, come puoi difendere questo imbroglione.

BENIAMINO. (Serio ed arrabbiato) attento a come parli. Io non sono un'imbroglione.

CESIRA. Isidoro ora stai esagerando.

BENIAMINO. (Molto serio) attento a ciò che dici o ne subirai le conseguenze.

ISIDORO. (Al pubblico) io non ho più nulla da perdere. Di che conseguenze parli?

BENIAMINO. Per esempio... ti tolgo il saluto.

ISIDORO. (Ride. Al pubblico) l'avete sentito? Che grave perdita!

CESIRA. Villano e maleducato, che ti salta in mente! Chiedi subito “scusa” a Beniamino. (Al pubblico) io non lo riconosco più, non sarà forse posseduto!?

BENIAMINO. Non importa Cesira. Non preoccuparti. Sarò sempre tuo buon amico e potrai venire nella mia ricevitoria tutte le volte che vorrai, ti venderò sempre i numeri vincenti. (Alzando il tono di voce) Anche a “credito” come faccio spesso con i miei amici. Ciao Cesira. (Alzando il tono di voce) e basta. In questa casa io saluto solo chi mi apprezza.

CESIRA. (Lo accompagna al fondo) scusa Beniamino. Sono mortificata.

BENIAMINO. Non preoccuparti Cesira. Va bene così. Ciao.

CESIRA. Ciao. (Rientra dal fondo) ora ti sistemo. (Urlando) stai impazzendo? Come puoi comportanti così... (viene interrotta).

ISIDORO. A proposito di numeri, è vero che Beniamino ti fa “credito” nella sua ricevitoria?

CESIRA. Certo e anche parecchie volte.

ISIDORO. Non l'avrei mai detto.

CESIRA. Tu vedi sempre i difetti negli altri e nulla di più.

ISIDORO. Io dico soltanto la verità.

CESIRA. Hai mai pensato che la tua verità potrebbe non essere la stessa degli altri?

ISIDORO. (Al pubblico) anche Don Biagio mi ha detto la stessa cosa. No, la verità è sempre una e basta.

CESIRA. Zitto! Chissà cosa penserà il pubblico di te dopo il tuo comportamento.

ISIDORO. Non preoccuparti del pubblico. Lui è tutto dalla mia parte.

CESIRA. Non ne sarei così convinto, fossi in te.

SCENA VI

Isidoro, Cesira e Fosca

FOSCA. Posso entrare? Sono Fosca?

ISIDORO. Ecco che arriva la superdonna.

CESIRA. Non ricominciare con le offese! (Si dirige verso Fosca in fondo).

ISIDORO. (Solo) anche a Fosca dirò ciò che penso di lei. (Le due donne sono vicine a Isidoro) non si suona il campanello prima di entrare in casa d’altri?

CESIRA. (D’ ora in avanti sosterrà l'amica) Fosca, dice che non funziona (suggerisce a Fosca la sua risposta).

FOSCA. (Fatica a capire) cosa avrei detto?! Cesira stai bene?

CESIRA. (Come prima) che il campanello non funziona, è giusto?

FOSCA. Ah, certo, il campanello non ha funzionato. (Piano a Cesira) veramente io il campanello non l’ho suonato.

CESIRA. (Piano a Fosca) non importa, ti spiegherò dopo. Isidoro, dovresti controllare il campanello per favore.

ISIDORO. È impossibile che non funzioni, ha sempre funzionato (esce).

CESIRA. È naturale che le cose prima di rompersi funzionino ben!

FOSCA. Cesira, è il modo di rispondere a tuo marito? Comunque non ho capito perché hai detto che il campanello non funzionava quando io non l’ho nemmeno suonato.

CESIRA. (Piano a Fosca) Fosca, fammi un piacere tornatene subito a casa se non vuoi che vada a finire male. Isidoro oggi è impazzito.

FOSCA. Se tuo marito è impazzito te la vedrai tu. A me di queste cose familiari non interessa. Cesira, devo dirti una cosa importante: sai che in chiesa stamattina... (viene interrotta).

CESIRA. Fosca, vai prima che arrivi... (suono di campanello. È Isidoro che sta provando il funzionamento).

FOSCA. Cesira, ascoltami perchè ciò che sto per dirti è una “bomba”. Stamattina in chiesa... (viene interrotta).

FOSCA. Cesira, vai altrimenti è quì che scoppierà la bomba.

ISIDORO. (Rientra dal fondo) avete sentito? Il campanello funziona perfettamente.

CESIRA. Forse prima ci sarà stato un conto circuito che si è sistemato subito (chiede sostegno a Fosca).

FOSCA. Deve essere andata proprio così. Non sai quanti conti circuiti ci sono in giro. In banca, non ne parliamo. Stavo appunto dicendo a Cesira che... (viene interrotta).

ISIDORO. Che c'entrerà la banca col campanello ora.

CESIRA. (Inventa) Fosca voleva dire in barca. Suo fratello ha acquistato da poco una barca nuova e spesso e volentieri ha un conto circuito (chiede di nuovo sostegno a Fosca).

FOSCA. Oh sì, mio fratello. (Piano a Cesira) io veramente non ne ho di fratelli.

CESIRA. (Piano a Fosca) non importa, finisci il discorso e poi vai a casa. Più tardi ti spiegherò.

FOSCA. (Inventa) Devi sapere Isidoro che mio fratello abita sul Lago Maggiore ed ha acquistato una barchetta.

CESIRA. (Chiede di esagerare).

Fosca. Ho detto una barchetta? Volevo dire una barca.

CESIRA. (Chiede maggior esagerazione).

FOSCA. Barca? Un barcone ha comperato.

ISIDORO. Non ha importanza cos’ha acquistato tuo fratello.

CESIRA. (Non sa che dire e fare) hai ragione Isidoro. (a Fosca) non ci interessa la barca di tuo fratello. Torna a casa che è tardi per te (la spinge verso l'uscita). (Piano a Fosca) vai finché sei in tempo.

FOSCA. Neppure a me interessa la barca di mio fratello. (Al pubblico) è stata Cesira a chiedermi di parlarne! (Ferma Cesira che la sta spingendo) Cesira, io non ho nessuna fretta e sono venuta apposta quì per raccontarvi un fatto molto importante.

ISIDORO. Sentiamo!

CESIRA. No! Non sarà nulla di tanto importante da non poter essere raccontato in un altro momento. Ce lo dirai un'altra volta.

FOSCA. Secondo te non è importante il fatto che in chiesa stamattina c’erano due fedeli in più?

CESIRA. (Fra sé) ora so che non lo fermerà più nessuno.

ISIDORO. Ma che notizia sensazionale!

FOSCA. (Infelice) decisamente sensazionale! Siamo sempre stati in 25. Ma con l'aggiunta di Carmelina che quando è rimasta vedova è venuta ad abitare con suo figlio siamo passati a 26, e 27 con l'arrivo di... (viene interrotta).

ISIDORO. (Meravigliato) mi stai dicendo che contate quante persone vengono a messa?!

FOSCA. Certo, ma solo alla prima messa perché è quella meno frequentata. Era un’usanza del vecchio parroco e io l'ho mantenuta. Stavo appunto dicendo che il 27º è il... (viene interrotta).

ISIDORO. È incredibile! Come si può contare le persone che frequentano messa?! Non hai altro da fare durante la messa? Sei tu pregassi un po' invece?! Fosca, vattene e non tornare mai più a raccontare sciocchezze.

FOSCA. (Guarda Cesira senza parole) ma sta dicendo sul serio?

CESIRA. (Non sa che dire.) non credo dica sul serio. Isidoro stai scherzando?

ISIDORO. Via da casa mia e se deciderai di tornare, verrai a raccontare ciò che la Bibbia dice, non pettegolezzi sulla gente che viene in chiesa. (Esce a destra).

FOSCA. (Piangente) Cesira, ma cos'è successo?

CESIRA. Quante volte ti ho detto stasera di tornartene a casa?! Avresti dovuto ascoltarmi!

FOSCA. Come potevo pensare che Isidoro mi volesse cacciare da casa?!

CESIRA. Oggi va così. Non so dire cosa gli stia succedendo. Se ti consola si è comportato peggio con Beniamino, Pasquale e Liberata. Non capisco. Accetta le mie scuse per lui.

FOSCA. (Sempre triste) ci sono rimasta molto male.

CESIRA. Stai tranquilla che sistemerò tutto io (Fra sé) come potrò mai farlo?!

FOSCA. (Triste) allora vado io.

CESIRA. Vai pure, e non ci pensare più che tutto si sistemerà (l’accompagna al fondo).

ISIDORO. (Rientra da destra) credevo che non se ne andasse più. Che soddisfazione si ha quando si dice quello che si vuole! (Arriva Cesira dal fondo).

CESIRA. Sei contento ora? Adesso i nostri amici non ci saluteranno più e tutto questo per colpa tua. Chi ti comprerà il pane al mercato? Chi metterà una buona parola per quando saremo morti? Chi ci potrà fare più credito? Senza pensare a tutti gli altri favori che ci facevano i nostri amici!

ISIDORO. Chi? Quei quattro facevano tutte queste cose per noi?

CESIRA. Certo! Anche se appaiono discutibili, sono veramente delle brave persone.

ISIDORO. (Si ferma a pensare a ciò che Cesira gli ha appena detto. Poi riprende) non mi interessa. Io non le voglio più vedere (esce a sinistra).

CESIRA. (Sola e sconsolata. Al pubblico) che cosa devo fare ora?! Ditemelo voi!

SCENA VII

Cesira e Dottoressa

DOTTORESSA. (Entra dal fondo) buongiorno, c’è nessuno in casa? Sto suonando da un pò ma nessuno è venuto ad aprire, quindi sono entrata.

CESIRA. Vuoi vedere che c'è stato davvero un conto circuito al campanello?

DOTTORESSA. Buongiorno. Sono la dottoressa Agata Maserani. Si tratta delle lastre di suo marito. Sicuramente le avrà detto che ... (viene interrotta).

CESIRA.Mio marito non mi ha detto nulla.

DOTTORESSA. Le lastre di suo marito sono state scambiate e così... (viene interrotta).

CESIRA. (Preoccupatissima) come? Le lastre che io già visto non sono quelle corrette?

DOTTORESSA. No signora, come le dicevo sono state scambiate e sono proprio l'opposto delle prime. (Cesira si accasciato sulla sedia quasi svenendo) Signora, sta bene? Ma non è contenta di ciò che le ho detto?

CESIRA. Contenta?! Se le lastre sono state scambiate, vuol dire che mio marito... (piange).

DOTTORESSA. Esatto, vuol dire proprio ciò che pensa. (Al pubblico) che lacrime di gioia. Mi raccomando riferisca tutto a suo marito è molto importante. Che soddisfazione dare queste notizie!

CESIRA. (Al pubblico) soddisfazione? Io le ho viste le lastre che dicevano che era tutto “nella norma”! E se sono state scambiate… Mi ha appena detto in poche parole che mio marito non sta bene e io dovrei essere “soddisfatta”? Questa è tutta matta. (Molto seria) Ora capisco perchè erano perfette, non erano le sue.

DOTTORESSA. Bene. Allora io posso andare. Saluti suo marito da parte mia e mi scusi ancora dello sbaglio. Arrivederci (esce dal fondo).

CESIRA. “Mi scusi dello sbaglio” !?. Come è possibile compiere un errore così grossolano e risolvere tutto con “Mi scusi dello sbaglio”. Come posso dire a mio marito che le lastre che ha ritirato non sono le sue e che ora c'è qualcosa che non va!? (Pensando) capisco ora perché è così nervoso, è malato davvero! (Disperata) mio Dio cosa mi è capitato! Come posso rivelargli che è malato?!  Che disgrazia! (Esce a destra).

SCENA VIII

Isidoro e Don Biagio

ISIDORO. (Rientrando da sinistra) finalmente in casa non c'è più nessuno. Spero che mi lascino in pace anche per i prossimi sei mesi. In pace... amen. Che effetto! È meglio non pensarci.

DON BIAGIO. Isidoro?! (Da fuori dal fondo).

ISIDORO. Chi sarà di nuovo?

DON BIAGIO. Isidoro, sei in casa?

ISIDORO. È il parroco. Avanti Don Biagio, venga pure.

DON BIAGIO. (Entrando dal fondo) Isidoro, ho trovato il giorno che fa per te: Giovedì 26 novembre. Che ne pensi?

ISIDORO. (Pensando) si, penso che possa andare bene.

DON BIAGIO. (Felicissimo, lo abbraccia) finalmente abbiamo trovato il giorno esatto. E ho già pensato che se in quel giorno, ci fosse un altro funerale, lo sposterei al giorno dopo. Giovedì 26 novembre è dedicato solo a te. (Al pubblico) come sono contento.

ISIDORO. (Al pubblico) io non tanto. Senta Don Biagio, per il coro cosa facciamo allora?

DON BIAGIO. Ho avuto modo di pensare, ma non ne sono venuto a capo. Ma il coro del paese non ti piace proprio?

ISIDORO. Mi piace però volevo fare le cose in grande.

DON BIAGIO. Beh certo, non hai proprio tutti i torti (al pubblico) un funerale che passerà alla storia, con il coro del paese?! Ma non scherziamo! Isidoro ha ragione.

ISIDORO. (Al pubblico) io il coro del paese non lo voglio. Fa parte del coro anche Fosca e anche Liberata. Per carità!

DON BIAGIO. Isidoro, devo scappare, ho le confessioni che mi aspettano. A proposito, guarda che aspetto anche te per le confessioni, ricordati.

ISIDORO. Non si preoccupi che sistemeremo anche quello.

DON BIAGIO. Bene. Ci vediamo più tardi per gli ultimi dettagli e intanto vedrò che fare per il coro.

ISIDORO. Aspetto lei allora. A presto Don Biagio.

DON BIAGIO. Ciao, e mi raccomando, su col morale. (Fra sé) che Grazia signore hai voluto farmi (esce dal fondo).

ISIDORO. Su col morale! È una parola. Sei mesi... (Lo accompagna).

SCENA IX

Isidoro e Cesira

CESIRA. (Entra da destra triste. Al pubblico) che cosa potrò mai dire a quel povero uomo. Come potrò confessargli che in realtà è malato. E sicuramente è grave!

ISIDORO. (Al pubblico) è già qui. Chissà che mi dirà ora per ciò che ho combinato oggi ai suoi amici.

CESIRA. (Tutta gentile) ciao Isidoro, come stai?

ISIDORO. (Aggredendola e alzando il tono di voci) sai benissimo cosa penso su quella gente! (Accorgendosi invece della domanda di Cesira e del suo tono) cosa? (Al pubblico) non mi ha sgridato?

CESIRA. (Sempre gentile) ti ho solo chiesto, come stai?

ISIDORO. (Al pubblico) è alquanto strano. Bene, sto bene.

CESIRA. (Al pubblico) devo cercare di essere forte almeno io. Non gli dirò nulla e non devo piangere. (Guarda Isidoro e scoppia a piangere) Isidoro, so tutto! Povero mio Isidoro mio (si avvicina e lo l'abbraccia).

ISIDORO. (Al pubblico) sta male! Che stai facendo Cesira?!

CESIRA. So tutto Isidoro, me l'ha appena comunicato la dottoressa.

ISIDORO. Ma di che stai parlando, spiegati?!

CESIRA. Isidoro, so che non vuoi dirmi nulla per non recarmi dolore, ma io so proprio tutto... della tua malattia. Cosa facciamo! (Piange).

ISIDORO. Ah! Lo sai anche tu allora (triste) nulla possiamo fare Cesira. Possiamo solo sperare che io non soffra così tanto per i sei mesi che mi restano da vivere.

CESIRA. Solo sei mesi! ?(Piange disperata) come farò io fra sei mesi senza di te?!

ISIDORO. Tu?! A me non pensi? (Al pubblico) sta pensando a cosa farà lei! Le donne sono tutte uguali.

CESIRA. Certo che penso a te! Non vedi quanto sono disperata?! (Piange).

ISIDORO. (Triste) Dio ha voluto così. Prima o poi tocca “a tutti” come si dice, questa non è la nostra casa.

CESIRA. (Smette subito di piangere) cos’hai detto? Questa non è la nostra casa?! Non vorrai lasciarmi in mezzo ad una strada dopo?

ISIDORO. (Al pubblico) è evidente che pensa a me e non a lei! Cesira, non intendevo questa casa materiale, ma volevo dire che la nostra casa è celeste.

CESIRA. È vero, hai ragione. (Ricomincia a piangere) che tragedia, che tragedia.

ISIDORO. Non fare così Cesira, fai piangere anche a me.

CESIRA. (Triste). È per questo motivo allora che incontri spesso il parroco?

ISIDORO. (Triste). Si Cesira.

CESIRA. I polmoni ti fanno tanto male?

ISIDORO. Se devo essere sincero, non sento nessun dolore.

CESIRA. È sempre così, quando non si hanno più speranze (piange). Come mi dispiace di essermi arrabbiata con te quando hai insultato i nostri amici. (Smette di piangere) ecco perché ti sei comportato così! Perché sapevi di aver poco da vivere!?

ISIDORO. Certo Cesira, è stato proprio per quello. (Al pubblico) e anche perché era da troppo tempo che volevo liberarmi di loro.

CESIRA. (Piange) quando la dottoressa me l'ha detto, non potevo crederle.

ISIDORO. Anch’io quando la dottoressa me l'ha comunicato, stentavo a crederle.

CESIRA. Mi stava venendo un infarto.

ISIDORO. (Pensando) aspetta un attimo Cesira, ma quando la dottoressa mi ha detto ciò che doveva, tu non c'eri.

CESIRA. Infatti tu non c'eri, eri andato in camera. E quando mi ha detto che avevano scambiato le lastre, ho capito tutto.

ISIDORO. (Si ferma a pensare perché capisce che c'è qualcosa che non va). Le lastre sono state scambiate?! (A Cesira) cos’hai detto? Le lastre sono state scambiate? E quando?

CESIRA. All’incirca un’ora fa è venuta la dottoressa con le lastre e (piange) mi ha detto che sono state scambiate. Quella stupida dottoressa, sembrava persino contenta.

ISIDORO. (Serio) dove sono le lastre che ti ha dato?

CESIRA. (Sempre piangente) Isidoro, come farò senza di te?

ISIDORO. Mi vuoi dire dove hai messo quelle lastre!?

CESIRA. Isidoro stai calmo! Le ho sistemate nel solito posto nell'armadietto.

ISIDORO. (Guarda nell'armadietto e toglie le due buste con le lastre. Le mette sul tavolo, le controlla e si mette a ridere).

CESIRA. (Smette di piangere. Al pubblico) perché ride? Sarà sicuramente una risata isterica. Che disgrazia. (Piange).

ISIDORO. (Ride).

CESIRA. (Smette di piangere e lo guarda. Al pubblico) ora basta però! Deve morire ed è felice. Felice come la dottoressa. (Pensando) sarà forse perché ha toccato le lastre. Proviamo. (Si avvicina al tavolo le tocca ma a lei non succede nulla). Con me non hanno nessun effetto.

ISIDORO. (Felice) Cesira, non hai ancora capito?

CESIRA. (Seria) ho capito, che non ho capito nulla.

ISIDORO. La dottoressa ieri mi ha detto che avevo sei mesi di vita e mi ha consegnato queste lastre. Guarda la data, è quella di ieri. Ora tu mi dici che oggi una dottoressa ti ha consegnato queste lastre dicendo che erano state scambiate. Controlla la data su queste e come vedi è quella di oggi. Hai capito Cesira!

CESIRA. Ma allora se la dottoressa ti disse che ieri avevi sei mesi di vita e oggi invece ha detto che sono state scambiate, vuol dire che...

ISIDORO. Proprio così Cesira.

CESIRA. (Felice) vuol dire che... non sei affatto malato! Che grazia Signore (abbraccia e bacia Isidoro). Come sono contenta! E tu Isidoro?

ISIDORO. Eccome. Ho l'impressione di essere rinato. Cesira, sono contento come una Pasqua. Non devo morire!

CESIRA. Ora non esageriamo. Non devi più morire ora, è vero, però…

ISIDORO. So bene che tutti dobbiamo morire, ma non in questo momento almeno.

CESIRA. Che felicità! Grazie Signore! Vado subito a chiedere a Fosca di far celebrare una messa. Mi preparo. (Sta per uscire a sinistra, ma rientra subito). Isidoro, con che coraggio vado da Fosca a chiederle una messa dopo ciò che tu le hai detto? Ti rendi conto che hai litigato con tutti i nostri amici?!

ISIDORO. Cesira, ricordati che sono appena stato miracolato.

CESIRA. Mi ricordo e sono contenta di questo. Però cosa facciamo ora con i nostri amici?

ISIDORO. Cesira, io non ne potevo più dei loro discorsi. E comunque ciò che ho detto era dettato dal pensiero che non li avrei più rivisti.

CESIRA. Isidoro, ti ho già detto tante volte che anche tu non sei perfetto. Ora devi chiedere scusa. Hai capito?

ISIDORO. Io non chiedo scusa a nessuno. (Al pubblico) anche se so che qualcosa devo fare.

CESIRA. Tu chiedi “scusa” subito oppure io... ti uccido! (Al pubblico) forse è meglio di no, è appena resuscitato! (Pensa) non avrebbe senso raccontare la vera storia sulla tua malattia e sulle lastre scambiate.  (Suono di campanello).

SCENA X

Isidoro, Cesira, Fosca, Liberata, Pasquale e Beniamino

FOSCA. C’è qualcuno in casa? Posso entrare?

LIBERATA. Cesira siamo noi (alzando il tono di voce) solo i tuoi amici. (Le donne entrano dal fondo con Beniamino e Pasquale).

CESIRA. (Concitata a Isidoro) sono qui, che facciamo ora?

ISIDORO. (Concitato). Non lo so. Inventa qualcosa.

FOSCA. Siamo passati...

LIBERATA. Perché vogliamo farti sapere che...

PASQUALE. Con Isidoro non vogliamo avere più nessun contatto...

BENIAMINO. Dopo tutto ciò che ci ha detto.

FOSCA. Vorremmo sapere Cesira, se almeno tu ci vuoi ancora come amici.

CESIRA. Io vi voglio ancora come amici di sicuro (non sa come dirlo). E penso lo voglia anche Isidoro. Vero Isidoro?

LIBERATA. Mi spiace Cesira ma non interessa l’amicizia di Isidoro.

BENIAMINO. Io non conosco nessun Isidoro.

CESIRA. Amici miei, non fate così. So che Isidoro è stato alquanto maleducato con voi, ma… (viene interrotta).

PASQUALE. Solo alquanto?!

CESIRA. Beh, effettivamente parecchio. Dovete però sapere che c'è un motivo non del tutto indifferente per spiegare il suo comportamento.

FOSCA. Cara Cesira, abbiamo capito molto bene per quale motivo si è comportato così.

CESIRA. No, non è per il motivo che pensate voi. Il motivo è che... (deve inventare qualcosa ma non sa cosa) il motivo è che...

ISIDORO. È che...

CESIRA. È che...

PASQUALE-LIBERATA-FOSCA-BENIAMINO. È che...

CESIRA. È che... quando è stato in ospedale per le lastre, gli infermieri, non pensavano dovesse eseguire delle lastre, ma piuttosto dovesse fare... (non sa come proseguire e chiede aiuto ai Isidoro) dovesse fare...

ISIDORO. Gli infermieri pensavano che dovessi eseguire un esame alla testa e perciò... (non sa come proseguire e perciò chiede aiuto Cesira) e perciò...

CESIRA. E perciò…

PASQUALE-LIBERATA-FOSCA-BENIAMINO. E perciò...

CESIRA. E perciò gli hanno somministrato un farmaco che lo ha alterato e perciò... (chiede aiuto a Isidoro).

PASQUALE-LIBERATA-FOSCA-BENIAMINO. E perciò...

ISIDORO. E perciò, a causa di quel farmaco io, ho detto cose abbastanza offensive.

LIBERATA. (Alterata) solo abbastanza offensive?!

BENIAMINO. Che coraggio!

CESIRA. Scusatelo di nuovo ma... (non sa che dire) la medicina agisce ancora a quanto potete vedere. Scusatelo. Vero Isidoro?

ISIDORO. Sì, infatti ma fra poco l'effetto sarà svanito vedrete. (Al pubblico) purtroppo.

PASQUALE. Cesira, tutto ciò che Isidoro ci ha detto di brutto e cattivo, è stato tutta colpa di quel farmaco?

CESIRA. Assolutamente sì! Vero Isidoro?

ISIDORO. (Tentenna).

CESIRA. Dunque?

ISIDORO. Sicuro che è stata tutta colpa del farmaco. (Al pubblico) che possibilità ho ormai.

FOSCA. Sarà stato anche colpa del farmaco, ma per sistemare tutto come prima io pretendo delle scuse.

CESIRA. Hai ragione Fosca. Isidoro...

ISIDORO. (A bassa voce) mi scuso con tutti voi.

BENIAMINO. Io non ho sentito.

FOSCA. Io nemmeno. Liberata, tu hai sentito qualcosa?

LIBERATA. Niente. Non ho sentito niente.

PASQUALE. Io nemmeno ho sentito le scuse.

CESIRA. (Alzando la voce) Isidoro!

ISIDORO. Cesira, scusa, devo aver avuto un calo di voce. Ora riprovo. Chiedo scusa a tutti, anche se non è stata colpa mia. (Al pubblico) almeno questa!

FOSCA. Finalmente!

LIBERATA. Ora va bene.

BENIAMINO. Bene. Allora è tutto a posto Isidoro. Io vado a dare il cambio in ricevitoria a mia moglie. Isidoro ti aspetto là perchè ho dei numeri fortunati da passarti.

ISIDORO. (Al pubblico) ecco, è tutto come prima!

PASQUALE. Isidoro bentornato tra noi. Però ricordati, basta raggi! È meglio andare, Isidoro vorrà riposare dopo quel farmaco alterante.

ISIDORO. Si infatti, mi sento ancora frastornato.

FOSCA. Ciao, ci vediamo domani. (Tutti escono dal fondo salutando anche Cesira).

CESIRA. (Sospirando) fortunatamente anche questa situazione è stata risolta del tutto.

ISIDORO. Risolta “del tutto” !? È ancora tutto come prima!

CESIRA. Per fortuna! Ringrazia il Signore che ti hanno perdonato altrimenti mi chiedo come sarebbe finita la storia. Sono proprio contenta: non sei malato e abbiamo ancora i nostri amici.

ISIDORO. (Ricordandosi improvvisamente) Cesira, non abbiamo risolto tutto. Il parroco!

CESIRA. Il parroco? E che cosa c'entra il parroco? Quando gli dirai di non dover morire, sarà contento di sicuro.

ISIDORO. (Preoccupato) non credo Cesira: Don Biagio era felice perché io dovevo morire.

CESIRA. Che stai dicendo Isidoro! Non credo lo fosse.

ISIDORO. Non hai capito. Ero contento perché per la prima volta nel mondo un parroco avrebbe potuto programmare un funerale col morto.

CESIRA. Che stai dicendo?! (Suono del campanello).

SCENA XI

Isidoro, Don Biagio e Cesira

DON BIAGIO. Isidoro sono io, posso entrare?

ISIDORO. Avanti. (A Cesira) è già qui, come gli confesso che il funerale non si farà?

CESIRA. Con Don Biagio, mi dispiace ma te la vedi tu, io ho sistemato coi nostri amici (esce a destra).

DON BIAGIO. Isidoro, ho trovato il coro perfetto per te. Tutto a posto. Non vedo l'ora che venga novembre.

ISIDORO. Suvvia Don Biagio non c'è così tanta fretta.

DON BIAGIO. Sono emozionato già oggi, chissà in quel giorno.

ISIDORO. (Al pubblico) come faccio ora che non devo morire!? Almeno non fra sei mesi. Senta Don Biagio, non so com'è di glielo, ma... ma...

DON BIAGIO. Dimmi.

ISIDORO. Ma... c'è un intoppo per quanto riguarda il funerale.

DON BIAGIO. (Serio e preoccupato) quale intoppo? Qualcosa di grave? Non dirmi che vuoi cambiare i fiori?! Isidoro non devi preoccuparti, facciamo in fretta a sistemare tutto.

ISIDORO. A dir la verità l'intoppo è un altro: ecco... io... (viene interrotto).

DON BIAGIO. Ecco, lo sapevo, lo sapevo! Ti rimangono meno di sei mesi di vita. Dovevo immaginarlo guardando la tua faccia. Controllo subito la mia agenda. Allora avevamo deciso per il 26 novembre ed era giovedì. Possiamo tranquillamente spostarlo al... (viene interrotto).

ISIDORO. Non c'è nulla da spostare Don Biagio.

DON BIAGIO. Davvero non dobbiamo spostare nulla? Benissimo, allora è tutto risolto.

ISIDORO. No, Don Biagio. (Prendendo coraggio) Don Biagio, io non devo più morire. Avevano scambiato le mie lastre con quelle di qualcun altro.

DON BIAGIO. (Silenzio per qualche secondo) che stai dicendo? Non devi più morire fra sei mesi?!

ISIDORO. Esatto. Io sto benissimo e non ho nessun male incurabile, perciò non devo morire fra sei mesi.

DON BIAGIO. (Molto triste) tu... tu... non devi morire?! Che delusione! Io, che avrei dovuto essere il primo parroco al mondo a preparare il funerale col morto. Che delusione!

ISIDORO. Non faccia così Don Biagio. Mi dispiace. (Al pubblico) è assurdo che mi debba dispiacere perché non devo morire!

DON BIAGIO. (Deluso) da te questo non me la sarei proprio mai aspettato (si incammina per uscire di casa dal fondo).

ISIDORO. Don Biagio, non si disperi. Facciamo un altro accordo.

DON BIAGIO. Non credo di voler fare altri accordi con te in futuro. Non sei un uomo di parola. Scusa ma ora devo andare. (Esce dal fondo)

ISIDORO. (Lo rincorre ma non esce di scena) Appena so che Cesira deve morire, dopo aver verificato prima, la mando subito da lei così potrete preparare insieme il suo funerale. (Don Biagio ormai è uscito) cosa dice Don Biagio?

CESIRA. (Entra in scena da sinistra) ho sentito tutto! Fossi in te, non sarei tanto sicuro! Chissà, che non salti fuori un’altra dottoressa… e un’altra lastra!

SIPARIO