SEI
PERSONAGGI RITROVATI
COMMEDIA DRAMMATICA
IN DUE ATTI
DI
ALDO CIRRI
PERSONAGGI :
L’AUTORE - anni 40
IL PADRE - anni 50
LA MADRE - anni 50
LA FIGLIASTRA - anni 20
IL FIGLIO - anni 20
IL GIOVINETTO - anni 10
LA BAMBINA - anni 5
LUCIFERO - ****
NOTA DELL’AUTORE
La commedia non vuole essere né una fotocopia, né avere la presunzione di
rappresentare un’antitesi o, quantomeno, il proseguimento del dramma
pirandelliano. In questo mio modesto lavoro ho solo cercato di soddisfare una
mia curiosità : cosa succederebbe se dopo settanta anni (la stesura definitiva
di “Sei personaggi in cerca di autore è del 1925) i famosi sei personaggi
ritrovassero quell’autore “Che li creò vivi, non volle poi, o non poté
materialmente, metterli al mondo dell’arte.
SCENA
La scena è la stessa del finale dei “Sei personaggi in cerca di autore”:
rappresenta un giardino di sera, sul fondo una tela bianca illuminata di
azzurro rappresenta un cielo notturno, al centro una vasca da giardino, sulla
destra, più arretrati, due cipressi, altre quinte rappresentano siepi, aiuole e
cespugli, a destra e sinistra della scena alcune sedie. Due scalette, una a
destra e l’altra a sinistra, metteranno in comunicazione la sala con il
palcoscenico.
SIPARIO
All’alzarsi della tela sarà accesa solo la luce azzurra sul fondale, in maniera
che tutte le presenze in scena saranno visibili solo in silhouette. Al centro
ci sarà il figlio rivolto verso il pubblico, più spostata verso destra, la
madre con le braccia rivolte verso il figlio. Più spostato a sinistra il padre
rivolto verso destra. Tutti sono immobili, una musica ovattata pervade la scena
per qualche minuto, dopo di che la figliastra, lentamente, sale sul
palcoscenico della scaletta di destra e per un attimo (anche lei visibile in
silhouette) si ferma a guardare gli altri, poi scoppia in una risata stridula.
Da quel momento gli altri personaggi cominciano a muoversi al rallentatore,
mentre la musica aumenta u po’ di volume e le risate della figliastra si
ripetono ad intervalli. La scena dura qualche attimo finché da sinistra entra
l’autore e, istantaneamente si bloccano i personaggi, sparisce la musica e la
risata della figliastra. L’autore, illuminato frontalmente da una luce ambra
sfumata, entra come se arrivasse correndo, è vestito con un abito moda anni 30,
porta baffi e barba a pizzetto, ricorda Pirandello da giovane. L’autore, una
volta entrato in scena, si guarda intorno smarrito e incredulo, guarda il
soffitto, il sipario, le scene, poi si accorge della presenza dei personaggi e
fa un balzo per lo stupore.
SCENA PRIMA
AUTORE - N... non è possibile
Lentamente l’autore si avvicina ai personaggi e, come la luce ambra che lo
segue rischiara il personaggio di turno, esso riprende vita come se si
svegliasse da un lungo sonno. A turno l’autore passa incredulo davanti al
padre, al figlio e alla madre, fermandosi poi a qualche metro dalla figliastra
che lancia un’altra risata stridula.
FIGLIASTRA - Tu !
AUTORE - Tu... sei...
FIGLIASTRA - (avvicinandosi all’autore) Ma come hai potuto !
PADRE - (avvicinandosi anche lui e guardandolo esterrefatto) Tu... perché..
L’autore, emozionato nel ritrovare i suoi personaggi, per un attimo li guarda
smarrito e più volte apre la bocca nel tentativo di parlare, ma l’emozione
glielo impedisce poi, sopraffatto dai sentimenti, volge le spalle ai personaggi
e si volta verso il pubblico.
AUTORE - Io... io...
FIGLIASTRA - (quasi sopraffacendolo) Tanto tempo fa siamo usciti dalla tua
penna, ci hai fatto nascere personaggi vivi, inconsapevoli di una condanna a cui
la tua negligenza ci ha abbandonato, ci hai infuso allegria, tristezza, dolore,
perdizione, ira, senza darci i mezzi, i luoghi, i tempi e i perché della nostra
esistenza.
PADRE - Abbiamo vagato alla ricerca di chi aprisse le porte della paura a cui
ci avevi condannato senza darci neanche la possibilità di trasudarla in
lacrime...
MADRE - ... sì, in lacrime... io sono... (lentamente)... ero l’essenza del
dolore, ma a cosa... a quali patti siamo dovuti scendere, in tutti questi anni,
per poter sputare fuori tutta la nostra bile lasciando che il dramma... il tuo
dramma, bruciasse dentro di noi come un fuoco freddo !
PADRE - E tu lo sai che un personaggio può ridersi della morte ? Noi abbiamo la
ventura di nascere vivi, l’autore muore, la sua creatura non muore più ! E per
vivere eterna non ha neanche bisogno di straordinarie doti o di compiere
prodigi !
AUTORE - Q... queste parole...
FIGLIASTRA - Queste parole sono le tue !
Durante tutto il dialogo i personaggi convergono sull’autore che si raccoglie
su se stesso sempre più spaventato, con le mani sulla testa.
AUTORE - (urlando) Che volte da me ?
FIGLIASTRA - Che cosa vogliamo ?
I personaggi si guardano tra loro, non sicuri di quello che chiederanno
all’autore, ma la figliastra risponde senza esitazione.
FIGLIASTRA - Sei tu che ce lo devi dire ! Noi siamo solo vivi, non abbiamo né
passato né futuro, soprattutto non abbiamo desideri, tu ci hai dato solo il
moto e il respiro, ma ci hai negato perfino la disperazione della nostra
impotenza, della nostra incapacità di usare gli strumenti della vita. Il
pianto, le emozioni, il riso, la gioia, tu ce l’hai negate, ma ci hai anche
negato la facoltà di sapere se sono cose buone o cattive. Noi non abbiamo
neanche il potere del discernimento per capire le nostre poche briciole di
vita.
Durante tutto il discorso della figliastra, gli altri (eccetto la figliastra)
si sono allontanati dall’autore. L’autore, che fino ad allora era rimasto
raccolto su se stesso, si scioglie e guarda la figliastra.
AUTORE - (timidamente) Ma voi avete un’anima !
La figliastra scoppia a ridere.
PADRE - Un’anima ? Ma qual è quell’anima che prova dolore e non sa cos’è ? Qual
è più forte sofferenza di chi non distingue l’angoscia dal tormento, il dolore
dallo strazio ? Dimmi se conosci un solo uomo che si logora senza riuscire a
dare un nome alla sua sofferenza.
L’autore cambia espressione.
AUTORE - Un momento... la mia colpa sarà anche quella di avervi creato senza
darvi la possibilità di esistere. Ma allora da dove vengono tutte queste parole
? Se voi vi angosciate perché non avete un palcoscenico da cui sputare fuori
tutta la vostra bile, il vostro dolore, come avete fatto a sapere che è dolore
se non possedete neanche il senso del discernimento ? La mia colpa sarà anche
quella di non avervi dato gli strumenti per vivere, ma allora come fate ora a
rinfacciarmi cose che neanche conoscete ?
MADRE - (parlando senza muoversi e dando sempre le spalle all’autore) Settanta
anni fa noi salimmo le scale di un palcoscenico, io non so come ci trovammo là...
AUTORE - Era forse questo ?
MADRE - (sorridendo tristemente e guardandosi intorno) Le tavole di un
palcoscenico non hanno nome, noi non sapevamo chi fossero quegli attori, quel
regista che ci concesse pochi attimi di vita, so soltanto che furono gli unici
momenti in cui riuscimmo a capire le poche cose che tu ci avevi versato dentro
nel tentativo di darci un embrione di anima e per noi quello fu l’unico tipo di
esistenza possibile.
AUTORE - Ma fino ad oggi avete rivissuto quei momenti ad ogni rappresentazione
! Perché le vostre anime non si sono riempite di esperienza ?
FIGLIASTRA - (scoppiando a ridere) Esperienza ? Esperienza nel ripetere o nel
rinnovare sempre le stesse cose ? Di cosa si sono riempite le nostre presunte
anime ? Di ripetizioni... di parole... sempre le stesse, sempre lo stesso
dolore, la stessa angoscia !
Pausa.
FIGLIASTRA - (ironica) Anime ! Tu hai il coraggio di chiamarle anime, questi...
questi sei vuoti serbatoi di sogni... no, neanche di sogni, neppure la speranza
ci hai insegnato !
AUTORE - Ma allora cosa volete ?
Tutti si voltano verso l’autore.
FIGLIO - Prima vorremmo sapere cosa vuoi tu da noi ! Ci hai abbandonati per
settant’anni tra la polvere dei palcoscenici, si diventato polvere anche tu,
ora sei qui, non ci interessa sapere per quale prodigio o per quale
stregoneria, ma sei qui ! E tu chiedi a noi cosa vogliamo da te ?
AUTORE - (confuso) Io non so... non so perché sono qui, non so chi ha permesso
tutto questo, ma...
FIGLIASTRA - (interrompendolo) Tu hai dei doveri verso di noi, tu devi
terminare il lavoro che hai lasciato incompiuto !
AUTORE - (c.s.) Ma io non so... non lo so... cosa pensai per voi, quale storia,
quale futuro immaginai, io sono un mediocre creatore...
La figliastra fa un gesto improvviso facendo tacere repentinamente l’autore.
FIGLIASTRA - Ecco il perché !
PADRE - Il perché di cosa ?
MADRE - Tu pensi di conoscere la verità ?
FIGLIASTRA - (colpita da un’improvvisa idea) Tutto questo ha un senso !
La figliastra si volta lentamente verso l’autore che ricomincia a intimorirsi.
FIGLIASTRA - (accusatrice) Tu hai lasciato un lavoro interrotto, incompleto,
lasciandoci camminare in un buio di perché per settant’anni, tu devi ricrearci
! Tu devi farlo senza commettere gli errori di un tempo !
La figliastra lo guarda intensamente.
FIGLIASTRA - (forte) Il tuo creatore ti ha condannato ad essere creatore tu
stesso !
L’autore guarda la figliastra con terrore. La figliastra si avvicina sorridendo
perfidamente, comincia a girargli intorno passandogli le mani sulle spalle.
FIGLIASTRA - (sghignazzando) Un nuovo messia... mmm... tutto questo è
eccitante... ma questa volta per riscattare chi ?
La figliastra urla l’ultima parola, tutte le luci si spengono, uno spot
dall’alto rimane ad illuminare l’autore che, in un primo momento si era
raccolto su se stesso, in seguito all’incalzare della figliastra, lentamente si
scioglie e ad occhi chiusi solleva il viso.
SCENA SECONDA
AUTORE - È mai possibile ?
Pausa.
AUTORE - Può un uomo soffrire le pene, pagare per gli errori commessi,
concedere il riscatto a delle creature come se fosse lui stesso il creatore ?
Ma poi ha un senso questa parola ?... “Creatore”... posso io modellare
un’anima, compiere un errore e vivere l’angoscia del dubbio di sbagliare
ancora, correggere e sbagliare di nuovo.
L’autore alza di scatto il viso verso l’alto insieme al braccio ad indicare il
cielo.
AUTORE - (infervorato) E tu ! Maledizione ! Perché non hai rimediato agli
errori commessi nel dare vita alle tue creature ? Tu ne hai fatti troppi ! I tuoi
tentativi di rimediare sono stati errori anch’essi e si sono accumulati gli uni
agli altri ! Hanno distrutto la mente delle tue creature, ne hanno deformato i
pensieri !
L’autore abbassa lentamente testa e braccio e diminuisce il tono infervorato.
AUTORE - Ne hai distrutto le azioni, gli hai dato solo delle leggi sapendo bene
che essi non potevano rispettarle perché essi stessi erano l’antitesi di quelle
leggi ! Cosa speravi ? Che si compisse un miracolo al di fuori della tua
volontà ? Volontà che aveva generato errori corretti con altri errori ? E che
cosa hai lasciato alle tue creature... soltanto la volontà di pregarti...
(sorride amaramente) ... pregarti per cosa... di perdonare i loro errori,
errori che tu avevi commesso, non le tue creature !
L’autore si avvicina stancamente ad una sedia e si siede.
AUTORE - (sommessamente) E ora tu dai la possibilità ad una di queste tue
creature, ad uno dei tuoi cumuli di errori di correggere altre sue creature,
errori negli errori... orrori su orrori.
Pausa.
AUTORE - A quale scopo ? Vuoi forse tentare di riabilitarti nella speranza di
un ultimo buon prodotto finale ? Oppure hai deciso di delegare la produzione
degli errori a qualcun altro ? Oppure, ancora, hai paura che questa catena
ritorni a te e ti scaraventi in faccia il risultato finale ?
Pausa. L’autore, sempre seduto, sta a capo chino, poi, piano piano solleva la
testa e il viso gli si illumina. Lentamente guarda ancora in alto.
AUTORE - Ecco !... Tu non vuoi altri errori, tu non puoi spezzare la catena.
Tu... maledizione, vuoi dividere la tua angoscia con le tue creature. Tu, nel
darmi la possibilità di correggere, vuoi scaricare su di me il peso e la
consapevolezza di aver sbagliato senza darmi una via d’uscita come non l’hai
avuta tu ! Venti secoli fa hai scaricato le colpe delle tue creature su una di
esse, credendo di sollevarle dall’errore. Ora su una di esse vuoi scaricare le
tue colpe... perché ti sei accorto che anche quelle di allora erano tue e di
nessun altro !
L’autore resta per un po’ meditabondo, poi si alza di scatto.
AUTORE - E va bene ! Così hai deciso ! Il potere è ancora in mano tua, ma da
questo momento io cesso di essere un tuo strumento, questa è la condizione
necessaria affinché io non commetta di nuovo i tuoi sbagli. Questo tu lo sai e
non puoi esimerti dall’ammettere che sia così.
L’autore si volta poi, come colpito da un pensiero, si gira ancora verso il
pubblico sorridendo.
AUTORE - (ironico) Pensa, nonostante la tua onnipotenza, non potrai più avere
rispetto per te stesso !
L’autore si volta di nuovo verso il fondo buio del palcoscenico che,
contemporaneamente, si illumina e rivela la stessa scena dell’inizio, dove
tutte le figure sono in silhouette eccetto la figlia che, un po’ spostata verso
il proscenio, è illuminata dall’alto. Nello stesso tempo inizia anche la musica
ovattata. L’autore si avvicina al fondo, poi si ferma a metà strada, alza le
braccia. La musica sfuma fino a scomparire. La luce azzurra dello sfondo viene
sostituita, in dissolvenza, da una luce ambra tenue proveniente dai lati del
palcoscenico, il tutto dà l’impressione di ghiaccio che si scioglie al calore.
I personaggi si muovono come risvegliati da un lungo sonno, i movimenti sono
lenti. I personaggi si guardano intorno come per rendersi conto di quello che
succede poi, quasi contemporaneamente, si avvedono della presenza dell’autore,
si voltano tutti nella sua direzione, si fermano nei gesti e lo guardano come
in attesa di qualcosa. L’autore, lentamente, passa davanti ad ognuno, tutti
ricambiano il suo sguardo con apprensione, poi l’autore si volta di nuovo verso
il pubblico.
AUTORE - Un’ultima cosa. Tu non dovrai mai intrometterti come nessuno si è mai
intromesso in ciò che facevi, anche se dubito che la ragione sia perché non
c’era nessuno che potesse farlo. La tua onnipotenza poteva permetterti di
rivolgerti un’autocritica, il tuo orgoglio no !
SCENA TERZA
LUCIFERO - (con voce profonda e tranquilla) Non è esatto !
L’improvvisa voce proviene da quella che sembra un’ombra in mezzo hai due
cipressi.
AUTORE - Chi ha parlato ?
LUCIFERO - Io.
Dall’alto uno spot bianco illumina l’ombra in mezzo hai due cipressi e appare
Lucifero. Indossa un elegante vestito nero, è calvo con barba e baffi a pizzo,
indossa dei guanti neri e ha movenze eleganti. Contemporaneamente all’entrata
in scena di Lucifero, si spengono le luci laterali ambra e, su ogni personaggio
si fissa uno spot azzurro, congelandone il movimento come in una morsa di
ghiaccio.
AUTORE - (spaventato) Chi sei ?
LUCIFERO - Un possibile regista.
Poi esce dall’ombra e, seguìto dallo spot che lo illumina fin dall’inizio della
scena, si avvicina all’autore che si ritrae timoroso.
LUCIFERO - (sorridendo benevolmente) Non avere paura.
AUTORE - Chi sei ?
LUCIFERO - Tu hai detto che temi di commettere gli stessi errori del tuo
creatore nel dare vita ai tuoi personaggi abbandonati da tanto tempo ?
AUTORE - S... sì.
LUCIFERO - Poi hai anche preteso di non voler essere influenzato da nessuno,
per il timore di commettere i suddetti errori ?
AUTORE - (sempre più stupefatto) Sì.
LUCIFERO - Inoltre credi che gli errori del creatore siano stati commessi
perché non c’era nessuno a farglieli notare ?
AUTORE - Sì
LUCIFERO - Non è esatto ! Ci fu qualcuno che lo fece !
AUTORE - Chi ?
LUCIFERO - Io !
AUTORE - (esterrefatto) Chi sei ?
LUCIFERO - (indicando in alto) La sua autocritica !
AUTORE - Che vuoi dire ?
Lucifero prende sottobraccio l’autore che lo segue riluttante.
LUCIFERO - Vedi, un essere perfetto e onnipotente, quando genera qualcosa,
ovviamente non può sbagliare. Tuttavia, per assurdo, se questo prodotto si
rivela inadatto o insufficiente o, addirittura inutile per il compito al quale
era prescritto o per un nuovo compito che potrebbe presentarglisi, il creatore
non può fare nulla !
AUTORE - E perché ?
LUCIFERO - Perché l’onnipotenza non prevede errori e perciò non prevede neanche
la possibilità di correggerli se per una qualsiasi fatalità essi compaiono.
AUTORE - (curioso) Ma se l’onnipotenza esiste, esiste anche per non creare gli
errori ?
LUCIFERO - Certo ! Ma il creatore non sapeva questo quando instillò negli
esseri da lui prodotti una strana cosa chiamata autodeterminazione. Il primo
anello della catena di errori che ora tu ti trovi ad affrontare !
AUTORE - Ma l’autodeterminazione poteva essere modificata dall’onnipotenza ?
LUCIFERO - No, perché così era stato deciso. L’autodeterminazione esisteva
perché era stata creata dall’onnipotenza e l’onnipotenza non poteva cambiarla !
AUTORE - (spalanca la bocca e indica Lucifero) Così tu... tu... sei...
LUCIFERO - (sorridendo tristemente) Sì, sono il primo anello della catena di
errori, il primo prodotto in possesso del dono dell’autocoscienza !
AUTORE - (che riesce solo a balbettare) Tu... sei...
LUCIFERO - Oh, gli uomini mi hanno riempito di nomi, alcuni ridicoli come :
Satana, Belzebù. Altri grandiosi come : il principe delle tenebre, l’essenza
del male. Altri ancora (sorridendo) quasi scientifici come : l’anticristo.
Eppure, per assurdo, sono stato più vicino io al genere umano che non il suo
creatore. Credimi, il peccato è solo una distrazione inventata per distogliere
gli esseri umani dalla verità e non permettere di avvicinarsi ad essa, e il
male è solo l’ultimo anello della catena di errori.
AUTORE - Lucifero !
LUCIFERO - È il nome che preferisco, deriva da “luce” l’unica cosa vera, viva e
bella.
AUTORE - Ma tutte quelle storie ?
LUCIFERO - L’inferno ? Il male ? Oh, sì esistono ! Ma non sono più pesanti del
dolore provocato dagli esseri umani a se stessi (poi circospetto, avvicinandosi
di più all’autore)... e noi sappiamo da dove viene questo dolore.
AUTORE - Ma perché sei qui ?
Lucifero sorride.
LUCIFERO - (concitato) Perché questa è un’occasione unica ! A te è stata data
la possibilità di modificare, di rivedere gli errori di sei esseri, cosa che
lui non potrà mai fare !
AUTORE - Ma sono solo sei personaggi di una commedia !
LUCIFERO - Non importa ! Per una serie di fortunate circostanze tu hai creato
sei personaggi che per settant’anni hanno cercato te, il loro autore per poter
finalmente vivere il loro dolore o la loro felicità e, per tutto questo tempo,
non hanno fatto altro che rivivere sul palcoscenico del mondo, quelle poche
cose che avevano dentro. Ora tu hai la possibilità di modificare tutto questo !
Tu non sei onnipotente e i tuoi personaggi hanno vissuto senza di te un copione
inesistente, ed ora tu hai il modo di correggere, anzi, di riscrivere tutto !
(solenne) Tu sei il creatore che conosce già il risultato !
L’autore spalanca la bocca e resta per un attimo esterrefatto, poi guarda
Lucifero e si riprende.
AUTORE - Ma tu... qual è il tuo ruolo ?
LUCIFERO - Non riesci ad immaginarlo ?
AUTORE - Un momento... (ci pensa) tu sei il primo essere... ed io l’ultimo...
(poi s’illumina) ma certo ! Noi siamo gli estremi della catena di errori,
noi... (resta senza parole per l’improvvisa rivelazione)
LUCIFERO - (solenne) Noi siamo i soli in grado di non commettere più errori !
SCENA QUARTA
Dicendo l’ultima frase Lucifero fa un gesto e la luce sopra ogni personaggio si
spegne di colpo. Soltanto l’autore e Lucifero rimangono illuminati da due spot
bianchi.
AUTORE - (esterrefatto) È incredibile.
LUCIFERO - (sorridendo) Incredibile è la confusione che lui ha creato.
AUTORE - (confuso) Io... non so cosa fare.
LUCIFERO - Ti aiuterò io, anzi, ci aiuteremo a vicenda. Tanto tempo fa, quando
lo proposi a lui, mi accusò di superbia e mi fece fare la fine che tutti
conoscono...
AUTORE - Perché i fatti non andarono così ?
LUCIFERO - Certo ! È tutto vero ! Ma la mia intenzione fu fraintesa, io non
volevo diventare simile a lui, io volevo solo che facesse partecipi tutti del
suo operato, lui invece credette che volessi istigare gli altri alla rivolta.
Lui solo voleva essere dispensatore di pene o di premi, nessuno doveva
interferire... (a mezza voce) credimi, sono convinto che sia l’entità meno
democratica esistente nell’universo... in lui tutto raggiunge la perfezione...
anche la superbia ! Ma lasciamo perdere o mi struggo di nostalgia. Come ti
dicevo ci aiuteremo a vicenda in questo nuovo esperimento, tu ridarai vita e sentimenti
hai tuoi personaggi e io gli mostrerò (alza gli occhi verso il cielo) che, ora
come allora, c’era la possibilità di fare qualcosa di meglio di quello che
passa sotto il nome di “uomo”, senza bisogno di intestardirsi nel far
funzionare tutto a tutti i costi !
AUTORE - Ma da dove inizieremo ?
LUCIFERO - Tu da dove cominceresti a scrivere una commedia ?
AUTORE - (riflettendo) Be’, ognuno ha il suo metodo, c’è chi concepisce la
storia e ci crea attorno i personaggi. C’è chi stabilisce il carattere e il
tipo del personaggio e ci sviluppa sopra la storia... io utilizzo il secondo
metodo, ma qui il caso è completamente diverso.
LUCIFERO - Perché ?
AUTORE - Perché non esiste una storia ! E i personaggi non hanno niente,
neanche un barlume di temperamento, sono gusci quasi vuoti !
LUCIFERO - Questa non è una limitazione, questo è un vantaggio !
AUTORE - Non ne sono tanto sicuro, c’è qualcosa che mi sfugge.
LUCIFERO - Credimi, questa è un’occasione unica !
AUTORE - Quando si dice il diavolo tentatore...
LUCIFERO - Certo ! Perché negarlo ! Se io non avessi tentato gli uomini
nell’orgoglio e nella superbia, mi dici quale spinta avrebbe messo in moto quel
poco di progresso che la storia vi ha dato ?
AUTORE - Devo ammettere che hai ragione tuttavia...
LUCIFERO - ... tuttavia la mia fama non ti dà sufficienti garanzie.
AUTORE - Forse è così, e non venirmi a dire che è roba da medioevo !
LUCIFERO - (sorridendo) Calmati, oramai sono abituato a tutto, non esistono
cose che possono mettermi in crisi, stai tranquillo.
L’autore resta pensieroso per un attimo, poi guarda Lucifero.
AUTORE - Perché pensi di poterti servire di me ?
LUCIFERO - Questa da te non me l’aspettavo ! Ma non ti rendi conto che sei tu
che puoi fare a meno di me ? Non sono io che mi servo di te, sei tu che puoi
decidere di avvalerti del mio aiuto, la mia è solo un’offerta... va bene, se
vuoi puoi chiamarla tentazione ! Tanto non riuscirei a fartela apparire
diversamente.
L’autore comincia ad aggirarsi sul palcoscenico meditabondo.
AUTORE - Se io sono ora un creatore, potrei obbligarti ai miei desideri ?
LUCIFERO - Non fare l’ingenuo, tu puoi creare, non puoi modificare le cose già
esistenti, io sono già stato creato da molto tempo, sono un errore, e inoltre
il più grosso. Da questo punto di vista sei nelle sue stesse condizioni.
(indica verso l’alto)
L’autore resta meditabondo ancora per un attimo.
AUTORE - (alzando improvvisamente la testa) E sia !
Contemporaneamente gli spot color ambra si riaccendono sui personaggi, questa
volta l’intensità della luce è bassissima. L’autore si avvicina al centro del
palcoscenico, praticamente nel mezzo dei sei personaggi. Dando le spalle al
pubblico solleva lentamente le braccia, contemporaneamente le luci ambra
salgono di intensità fino a diventare vivide, ritorna anche la musica ovattata
di prima, ma senza salire di volume. I sei personaggi ricominciano lentamente a
muoversi, l’autore abbassa lentamente le braccia e i personaggi, seguiti dalle
luci, si dispongono in fila di fronte a lui, mentre Lucifero rimane in piedi
sulla destra della scena ad osservare.
SCENA QUINTA
I personaggi, in fila rivolti verso il pubblico, restano immobili con gli occhi
sbarrati, l’autore lentamente fa un cenno alla madre, contemporaneamente gli
spot sul resto dei personaggi si abbassano di intensità.
MADRE - (con voce monocorde e impersonale, guardando fissa davanti a se ripete
meccanicamente una battuta del testo originale dei “Sei personaggi in cerca
d’autore”) Il mio strazio non è finito signore ! Io viva e presente in ogni
momento del mio strazio, che si rinnova vivo e sempre presente !
L’autore abbassa il braccio e la madre ammutolisce, sopra di lei lo spot si
abbassa di intensità, poi l’autore fa lo stesso gesto verso il padre, la
situazione si ripete come per la madre.
PADRE - (come la madre) Un personaggio, signore, può domandare ad un uomo chi
è. Perché un personaggio ha una vita sua, segnata di caratteri suoi, per cui è
sempre “qualcuno”...
L’autore fa un gesto al padre che ammutolisce, l’autore indica la figliastra e
la scena si ripete di nuovo.
FIGLIASTRA - (c.s.) Per chi cade nella colpa, signore, il responsabile di tutte
le colpe che seguono, non è chi, primo, determinò la caduta...
L’autore fa un gesto alla figliastra che ammutolisce, poi indica il figlio e la
scena si ripete.
FIGLIO - (c.s.) Le par possibile che si viva davanti ad uno specchio che, per
di più, non contenti d’agghiacciarsi con la immagine della nostra stessa
espressione, ce la ridà come una smorfia irriconciliabile di noi stessi...
L’autore ripete la sequenza dei gesti facendo tacere il figlio ed indicando,
contemporaneamente, il giovinetto e la bambina che si limitano solo a
spalancare la bocca senza emettere suoni. L’autore fa un ultimo gesto e i
personaggi ritornano nella penombra iniziale. L’autore si volta lentamente
verso il pubblico.
AUTORE - (lentamente) Gusci vuoti, solo gusci vuoti.
SCENA SESTA
Lucifero si avvicina all’autore.
LUCIFERO - Ebbene ?
AUTORE - Hanno vissuto solo i momenti a loro concessi dalle rappresentazioni,
sono solo contenitori di parole... sono meno dei personaggi di una commedia,
perché non hanno mai avuto una commedia !
LUCIFERO - Ecco la soluzione !
L’autore per un attimo rimane perplesso, poi lentamente si illumina e guarda
sorridendo Lucifero.
AUTORE - (pensando ad alta voce) I personaggi sono vuoti perché non hanno mai
avuto una storia che li riempisse, una vicenda che aiutasse a plasmarne il
temperamento... tuttavia...
LUCIFERO - Tuttavia... ?
AUTORE - Posso io decidere per essi ?
LUCIFERO - (sorridendo) Che problema enorme ! Ma tu credi che lui se lo sia
domandato ?
AUTORE - Ma lui poteva tutto !
LUCIFERO - Ecco perché sbagliò !
AUTORE - (non ancora convinto) Va bene, proviamo.
LUCIFERO - Finalmente !
SCENA SETTIMA
L’autore si gira verso i personaggi, alza le braccia e il palcoscenico si
inonda di luce. I personaggi, per l’ennesima volta, si muovono come risvegliati
da un lungo sonno, per un attimo si guardano intorno, poi il padre vede
l’autore e timidamente si avvicina. Per un po’ si ripete la sequenza iniziale
delle battute della commedia originale.
AUTORE - Chi sono lor signori ? Che cosa vogliono ?
IL PADRE - Siamo qua in cerca di un autore.
AUTORE - Di un autore ? Che autore ?
IL PADRE - D’uno qualunque, signore.
AUTORE - Ma qui non c’è nessun autore, perché non abbiamo in prova nessuna
commedia nuova.
FLIGLIASTRA - (con vivacità) Tanto meglio, tanto meglio, allora signore !
Potremmo essere noi la loro commedia nuova !
PADRE - Già, ma se non c’è l’autore, (all’autore) tranne che non voglia essere
lei...
Il giovinetto e la bambina si avvicinano alla madre, la bambina le dà la mano e
tutti e tre fanno qualche passo verso l’autore. Il figlio resta in disparte.
AUTORE - Lor signori vogliono scherzare ?
PADRE - Ma, che dice mai, signore ! Le portiamo al contrario un dramma
doloroso.
FIGLIASTRA - E potremmo essere la sua fortuna !
Da questo momento l’autore comincia a cambiare le battute del testo originale,
mentre i personaggi continuano a rimanere fedeli al testo finché l’autore non
riuscirà a farli dialogare con nuove battute.
AUTORE - Non le sembra una richiesta assurda ?
PADRE - Oh, signore, lei sa bene che la vita è piena di infinite assurdità, le
quali sfacciatamente non hanno neppure bisogno di parer verosimili, perché sono
vere.
AUTORE - Che dice ?
PADRE - Dico che può stimarsi realmente una pazzia, sissignore sforzandosi di
fare il contrario ; di crearne di verosimili perché paiano vere. Ma mi permetta
di farle osservare che, se pazzia è, questa è pur l’unica ragione del mestiere
del teatrante.
AUTORE - E le sembra un mestiere di pazzi ?
PADRE - Eh, far parer vero quello che non è ; senza bisogno, signore : per
giuoco... Non è l’ufficio del teatrante dar vita sulle scene a personaggi
fantasticati ?
AUTORE - La professione dell’attore è una nobilissima professione ! I signori
commediografi scrivono quello che possono e se qualcuno ha fatto del teatro una
rappresentazione da burattini, sta agli attori renderle immortali.
L’autore a questo punto esce completamente dal seminato delle battute
originali.
AUTORE - ... creando dei personaggi più vivi di quelli che respirano e vestono
panni ! Meno reali, forse, ma più veri !
Il padre resta per un attimo interdetto, in quanto l’autore ha concluso con la
stessa battuta con cui il padre avrebbe dovuto rispondere.
PADRE - (confuso) Ma... io...
AUTORE - Ho forse detto qualcosa che non dovevo ?
PADRE - No... ma...
Pausa.
AUTORE - (assumendo un tono più deciso e riprendendo un’altra battuta del testo
originale) Tu credi che un personaggio abbia sempre una vita sua, segnata da
caratteri suoi per cui è sempre “qualcuno”, mentre un uomo può essere nessuno ?
Il padre è sempre più confuso di fronte ad un’altra battuta che, nella vera
commedia, avrebbe dovuto dire lui.
AUTORE - Ebbene, tutto questo può avere senso solo se chi rende “qualcuno” quel
personaggio è già qualcuno lui ! (poi più sommessamente) Cioè, se chi tiene in
mano la penna, ha una mente viva che lo guida !
PADRE - Io... non....
AUTORE - (rivolto alla figliastra citando sempre una battuta della commedia) Tu
eri un personaggio “realizzato” drammaticamente e stavi malissimo in loro
compagnia (indicando gli altri).
FIGLIASTRA - (stupita) Sì... è così..
AUTORE - E non avevi la possibilità di dare luogo ad alcuna azione ?
FIGLIASTRA - Sì...
AUTORE - Che cosa te lo impedisce ?
FIGLIASTRA - Io non so... se...
L’autore li squadra tutti come se li vedesse per la prima volta.
AUTORE - (solenne, alzando la voce nel finale) Voi non siete mai stati
realizzati, non per colpa di chi vi ha scritto, ma per colpa di chi vi ha recitato
!
Pausa gelida.
AUTORE - Se l’autore lascia incompiuta la sua opera sta all’attore rendere
giustizia ai personaggi dandogli la vita, le azioni, e con esse l’immortalità !
Chi per settant’anni vi ha trascinato sulle scene, vi ha lasciato così come vi
ha trovato, con tutti i vostri limiti, sommandoci i propri limiti di uomini e
di attori !
MADRE - (afflitta) Che ci resta allora ?
AUTORE - Tutto quello che, da questo momento, deciderete di essere !
FIGLIASTRA - Ma noi siamo personaggi irrealizzati ?
AUTORE - (sorridendo) Vedete, state già imparando, solo gli esseri umani si
nascondono dietro delle scuse, voi non lo potete fare perché non avete mai
avuto alibi dietro cui nascondervi. Se io, settant’anni fa ho creato la vostra
prigione, ora vi rendo liberi !
Il panico comincia a serpeggiare tra i personaggi, poi, improvvisamente
Lucifero si alza, si avvicina alla bambina e tenta di cominciare un gioco con
lei. La bambina per qualche attimo lo guarda senza espressione, poi, piano
piano, seguendo i gesti di Lucifero, distende i lineamenti, sorride, si
avvicina e, prima timidamente, poi sempre con più vivacità lo asseconda,
finché, presa dal gioco, lancia una sonora risata.
AUTORE - (sorridendo agli altri personaggi) Avete ancora bisogno di esempi ?
I personaggi si avvicinano a Lucifero e alla bambina guardandoli con occhi
spalancati, poi si guardano tra loro stupefatti, per qualche minuto si sente
solo il riso della bambina, poi qualcuno dei personaggi rivolge mezza parola ad
un altro che gli risponde. Le parole da timide, si fanno sempre più vivaci e in
crescendo. Nasce uno scambio di battute a soggetto tra tutti i personaggi,
finché si ritrovano a parlare tutti insieme contemporaneamente e
concitatamente, creando una cacofonia di parole, come di persone che, rimaste
in silenzio per tanto tempo, trovano improvviso sfogo tutte insieme. In
sottofondo riprende la solita musica ovattata. Le luci si concentrano sul
gruppo concitato, e il sipario si chiude su questa scena.
SIPARIO
FINE DEL PRIMO ATTO
SECONDO ATTO
SCENA
La scena è la stessa del primo atto, si sente la solita musica ovattata.
SIPARIO
SCENA PRIMA
In un’atmosfera di luce soffusa i personaggi si aggirano lentamente per il
palcoscenico in silenzio come se fossero profondamente immersi in pensieri. Il
giovinetto e la bambina, seduti al centro, giocano con gesti meccanici e lenti.
L’azione persiste per qualche attimo, poi da destra entra l’autore, al centro
del proscenio, con le spalle rivolte al pubblico, segue l’azione per qualche
attimo, poi si avvicina al centro del palcoscenico fermandosi a qualche metro
dal giovinetto e dalla bambina che giocano. L’autore continua ad osservare il
vagabondare dei personaggi finché non si trova faccia a faccia con la
figliastra che, ostacolata, si ferma. Lentamente solleva lo sguardo e fissa
l’autore a un palmo dal suo viso.
AUTORE - Chi sei ?
La figliastra continua a fissarlo, poi si guarda intorno come per riconoscere
qualcuno o qualcosa, comincia a toccarsi testa come a volersi sincerare della
proprio esistenza. Si guarda le mani, poi posa di nuovo lo sguardo sull’autore
AUTORE - Chi sei ?
FIGLIASTRA - (esitando) Io... sono... viva ?
AUTORE - Pensi di esserlo ?
FIGLIASTRA - (guardandosi ancora attorno incredula) Io credo... sì... sono viva
!
La musica cessa di colpo, gli altri personaggi si fermano e la guardano
stupiti. La figliastra comincia a sorridere e a girarsi intorno fermandosi
presso ogni personaggio come per dimostrare il proprio stato di essere vivente.
Poi ridendo sempre più forte, comincia a ballare e a girare su se stessa,
mentre gli altri personaggi le si avvicinano e cominciano a sorridere anche
loro, finché la figliastra esausta si accascia. L’autore si avvicina e la fa
rimettere in piedi.
AUTORE - Cosa senti ?
FIGLIASTRA - (quasi euforica parlando velocemente) Mi sento tremare... ho
freddo, ho caldo... si chiamano sensazioni vero ? Io ti riconosco, ricordo
anche voi, sento bruciare qui dentro (indicando lo stomaco) no, non bruciare...
sento muovere... no, forse vibrare,... qui dentro sento girare, sento
battere... qualcosa vuole uscire... o entrare forse... (indicando la bocca)
sento aria uscire... sto perdendo qualcosa... (per un attimo resta smarrita)
no... no... sto dando qualcosa, ma a chi... a te (all’autore)... a voi (ai
personaggi).
AUTORE - (agli altri personaggi) Tu sai perché ti accade questo?
FIGLIASTRA – Si… forse… queste cose che sento… sono mie… no, ho tanta
confusione
AUTORE – Riesci a pensare, riesci… come posso spiegartelo
LUCIFERO – (spuntando improvvisamente)… a sentire scorrere una specie di soffio
dentro di te?
FIGLIASTRA – S… sì… non…
AUTORE – (rivolgendosi a Lucifero) Non può pensare, il pensiero è un processo
che ha bisogno di un corpo per poter esistere.
LUCIFERO – E questi non sono corpi?
AUTORE – Sì, ma privi di meccanismo!
LUCIFERO – Prova a rovesciare il problema.
AUTORE – Che cosa vuoi dire?
LUCIFERO – E se il corpo fosse un grumo di pensiero?
L’Autore ci pensa per qualche attimo.
AUTORE – No, non è questo il caso.
LUCIFERO – Allora ti propongo l’ultima ipotesi: il pensiero è un processo al di
fuori del corpo stesso e il cervello è il catalizzatore, la rete che ha la
proprietà di catturare questo processo nel suo vagare.
AUTORE – È plausibile, ma la rete di questo meccanismo (indicando i personaggi)
non è abbastanza fitta, oppure è inefficace al suo compito oppure, in questo
caso… non esiste.
LUCIFERO – Tu sei il creatore, modificala e se non esiste, creala!
AUTORE – Non è possibile, sono stati concepiti così, sono così da settant’anni
e tu stesso hai detto che ciò che è stato creato non può essere più modificato.
LUCIFERO – Certo, questo vale per l’onnipotente, non per te!
AUTORE – (pensieroso) Per tutto questo tempo non hanno avuto stimoli se non le
eterne reinterpretazioni degli attori e dei registi che li hanno trascinati su
palcoscenici per lunghi anni… no, non è questa la strada giusta…
LUCIFERO – (sorridendo) Te ne potrei suggerire una io.
L’autore lo guarda.
LUCIFERO – (c.s.) Prova ad arrivare al nocciolo partendo dall’esterno!
AUTORE – Spiegati!
LUCIFERO – Per arrivare ai pensieri, prova a partire dalle sensazioni.
AUTORE – Vuoi dire forse che per stimolare i pensieri dovrei partire dai sensi?
LUCIFERO – Specialmente quelli primari.
AUTORE – (sorridendo) Il prodigio che mi ha trascinato qui dovrebbe ora
aiutarmi inviandomi in aiuto un certo dottor Freud.
LUCIFERO – Non occorre, tu non hai a che fare con uomini, ma con personaggi
usciti dalla tua mente.
AUTORE – E che cosa dovrei fare, batterli con un bastone? Fare l’amore con
loro? In quel caso sarei io ad avere bisogno del professor Freud.
LUCIFERO – (sorridendo) Non sarebbe una cattiva idea, il sesso è una delle cose
più istintive, un filo diretto con il nocciolo nascosto.
L’autore si avvicina alla figliastra che per tutto questo tempo ha seguito la conversazione
perplessa e che in questo momento lo guarda smarrita. L’autore allunga una mano
e le accarezza il viso, poi scende piano con la mano sulle spalle fino ad
accarezzarle un seno, la figliastra chiude gli occhi in segno di piacere,
l’autore si ferma, la guarda e repentinamente allontana la mano e rivolge lo
sguardo a tutto il gruppo.
AUTORE – No, non potrei farle né l’una né l’altra cosa… sono miei figli…
LUCIFERO – (sghignazzando) E pensare che lui l’ha fatto.
AUTORE – In che senso?
LUCIFERO – Ti sei dimenticato la storiella della maternità di Maria?
AUTORE – Ma non è stato per salvare l’umanità dal peccato originale?
Lucifero scoppia in una risata.
LUCIFERO – Lo vedi? Da parte sua è stato tutto un rammendare, un rappezzare di
errori fatti e impossibili da cancellare.
AUTORE – Ho sempre più le idee confuse.
LUCIFERO – Bene, allora proverò a darti un esempio.
SCENA SECONDA
Lucifero fa un gesto e sul palcoscenico scoppia un fortunale, tuoni, lampi e
vento investono i personaggi che spaventati si stringono gli uni agli altri
formando un gruppetto compatto al centro del palcoscenico. Per un po’ la
tempesta li investe minacciosa i personaggi tremano e si guardano intorno
terrorizzati, qualcuno cade in ginocchio riparandosi il viso con le mani. L’autore
si sposta sulla sinistra del palcoscenico per osservare meglio la scena, poi il
figlio, facendosi coraggio, si allontana di qualche passo dal gruppo
continuando a ripararsi dal vento.
FIGLIO – (urlando) Non puoi farci questo!
SCENA TERZA
Di scatto Lucifero alza il braccio e la tempesta finisce improvvisamente
com’era cominciata. L’autore si avvicina.
LUCIFERO – (sorridendo) Lo vedi che funziona?
AUTORE – (guardando esterrefatto il figlio) Dunque tu sai chi sono?
FIGLIO – (avvicinandosi di un passo) Io lo so, tutti noi lo sappiamo, per tutto
questo tempo ti abbiamo aspettato, sapevamo che esistevi, abbiamo esplorato
visi di attori, voci di registi nella speranza di incontrarti con il desiderio
di avere una commedia tutta per noi e la speranza bruciante di uscire dal
copione e cominciare a vivere. Abbiamo vissuto una vita falsa, una fede nella
speranza di essere liberati da una prigione fatta di quinte e di sipari in cui
tu, con il tuo inchiostro ci hai tenuti relegati. (lentamente) Noi abbiamo
vissuto solo perché credevamo in te, nel tuo potere di liberarci oppure di
darci un’esistenza più giusta.
LUCIFERO – (voltandosi teatralmente verso il pubblico) Signore e signori, ecco
a voi il messia!
Ricomincia la musica ovattata e tutto il gruppetto dei personaggi si avvicinano
all’autore in attesa di un suo gesto.
SCENA QUARTA
L’autore si avvicina ai personaggi e allunga un braccio verso il figlio che si
avvicina rapidamente verso di lui e stringe le mani dell’autore fra le sue in
un gesto quasi disperato. Gli altri si avvicinano e cominciano a toccarlo con
dei gesti quasi di devozione, come se avessero ritrovato un amico perduto.
L’autore per un po’ scambia i gesti con i personaggi, poi guarda Lucifero.
LUCIFERO – (sorridendo) Non era poi così difficile.
AUTORE – Ma io non ho fatto nulla e non credo che il tuo fortunale abbia…
LUCIFERO – No, non è stato il temporale…
I personaggi si voltano dando tutti le spalle all’autore e cominciano ad
allontanarsi ognuno in una direzione diversa: il fondale, le quinte, come a
formare i raggi di una ruota il cui perno è l’autore.
LUCIFERO – (proseguendo) … l’uomo che ha fede in Dio attende con ansia il
ricongiungimento con il Creatore, non tanto per godere della sua vicinanza,
quanto per poter dire al miscredente “Visto che avevo ragione io?” I tuoi
personaggi no, essi non devono giustificare a nessuno la loro fede, essi erano
fatti di fede e il loro scopo era ritrovarti, per questo esistevano, essi non
hanno mai dubitato della tua esistenza, hanno sofferto per la loro incompletezza.
Il loro problema era proprio riconoscerti, sapere che tu eri proprio il loro
autore e che soltanto ritrovandoti avrebbero raggiunto il loro scopo, avrebbero
avuto la possibilità di trovarsi realmente in una nuova commedia.
AUTORE – (guardando apprensivo i personaggi che si allontanano da lui e
tendendo loro le mani) Ma non esiste una commedia!
LUCIFERO – (sorridendo) Non ce n’è bisogno, la scriveranno loro, ti hanno
ritrovato e in questo modo la loro ricerca è finita.
I personaggi escono di scena.
SCENA QUINTA
AUTORE – (smarrito) Ma io li ho creati ed ora devo terminare il mio compito…
LUCIFERO – Il tuo compito è già terminato, i tuoi sei personaggi ti hanno
ritrovato, il loro scopo era soltanto questo.
AUTORE – (c.s.) Ma sono gusci vuoti e non hanno anima, io devo provvedere a
tutto questo, devo riempirli di sensazioni di sentimenti…
LUCIFERO – (interrompendolo con un gesto) Hanno percorso la loro esistenza
vuota con la fede di ritrovarti, la conferma della tua esistenza e, da parte
loro, la consapevolezza di questa verità, sono state le ragioni che hanno
completato l’opera. Tu sei esistito solo perché essi hanno creduto in questa
tua esistenza, ora loro hanno avuto la conferma di questo e ora… (con un
ghigno)… non sei più necessario.
AUTORE – (impaurito) Che… cosa vuoi dire?
LUCIFERO – Te lo spiegherò con un esempio. Prima che Albert Einstein si
inventasse la storiella della relatività, si pensava che se tutte le cose
sparissero dall’universo, il tempo e lo spazio sarebbero rimasti. Einstein disse:
“No signori, se ciò accadesse anche il tempo e lo spazio sparirebbero, esse
sono misure che hanno bisogno dell’esistenza dei corpi celesti e di tutte le
altre entità fisiche per essere giustificati, come potrebbero esistere le unità
di misura se non ci fosse niente da misurare?
AUTORE – Tu vuoi dire che…
LUCIFERO – (c.s.) Che sei esistito perché qualcuno ha creduto in te… nella tua
esistenza, perché tre manichini ti hanno cercato per settant’anni e, quando ti
hanno ritrovato, sono diventati automaticamente quei personaggi che avrebbero
dovuto essere e ora non hanno più bisogno di te.
AUTORE – Ma…io…
LUCIFERO – La tua esistenza non è più giustificata.
SCENA SESTA
La musica sparisce di colpo, il palcoscenico precipita nel buio tranne uno spot
bianco che dall’altro illumina l’autore il quale nel frattempo si è preso la
testa fra e mani. La scena resta ferma per un attimo poi la luce dello spot
sfuma e una luce evanescente e nebbiosa comincia ad illuminare lentamente il
palcoscenico completamente vuoto. Lo spot resta acceso sull’autore con la
stessa intensità della luce soffusa. L’autore solleva la testa e si guarda
attorno a lungo.
AUTORE – (lentamente) Così è questo l’aldilà… la non esistenza… il nulla.
L’autore si muove lentamente verso il fondo e lo spot sfuma fino a spegnersi.
L’autore si volta e si guarda ancora intorno.
AUTORE – (c.s.) Questo è il luogo, la cantina in cui gli uomini ripongono gli
dèi dimenticati in attesa forse che tornino di moda?
Pausa.
AUTORE – Oh Dio!
Cade in ginocchio e si riprende la testa fra le mani disperato.
SCENA SETTIMA
La luce aumenta di intensità e da destra entra il personaggio che interpretava
Lucifero, questa volta indossa un elegante vestito bianco e ha dei capelli
candidi e non ha più i baffi e la barba. Si avvicina all’autore e lo tocca
delicatamente su di una spalla. L’autore solleva la testa e si allontana di
scatto.
AUTORE – Chi…?
LUCIFERO – Sono io.
AUTORE – (guardandolo da capo a piedi) Tu ?… Ma che ti è successo? Sei… sei
cambiato.
LUCIFERO – Non sono io che l’ho fatto, sei tu che l’hai preteso.
AUTORE – Ma che dici? Che cosa è successo?
LUCIFRO – Hai invocato il tuo Dio… eccomi!
AUTORE – (riprendendosi) Mi stai prendendo in giro?
LUCIFERO – (sorridendo) No, io non sono che l’altra faccia di una stessa moneta
e questa volta il lancio l’ha fatta cadere dalla parte opposta a quella che hai
conosciuto.
AUTORE – Ma non mi hai appena detto che… cioè l’altro mi ha… non capisco…
LUCIFERO – Ti avrà sicuramente detto che io sono perfetto in tutto, anche nel
commettere errori e che essi sono altrettanto perfetti da non poter essere più
corretti.
AUTORE – Sì, è così.
LUCIFERO – Ma non ti ha detto che anche la luce e l’oscurità, il bene ed il
male, l’Eterno e il suo opposto esistono per la tua fede, come tu esisti grazie
alla convinzione della tua esistenza da parte dei tuoi sei personaggi.
AUTORE – E così io sarei il vostro personaggio?
LUCIFERO – Esatto!
L’autore diventa pensieroso.
AUTORE – Quindi tu e… quell’altro esistete solo perché…
LUCIFERO – Tu credi alla nostra esistenza.
AUTORE – (con un ghigno) Quindi se io volessi potrei liquidarvi mandandovi nel
dimenticatoio?
LUCIFERO – (sorridendo) No, questo non lo puoi fare.
AUTORE – E perché?
LUCIFERO – Perché tu ci hai immaginati onnipotenti e perfetti, seppure nel bene
e nel male, in questo modo ci hai resi immuni da qualsiasi tua decisione o
rivalsa nei nostri confronti.
AUTORE – (meditabondo) Io non posso dimenticarvi…
LUCIFERO – No.
AUTORE – (c.s.) E voi non potete affondare nell’oblio.
LUCIFERO – No.
Pausa.
AUTORE – Ma io ora so chi siete e vi ho incontrato.
LUCIFERO – Sì, anche se non era un tuo scopo.
AUTORE – Così voi non siete venuti perché io non vi ho cercati.
LUCIFERO – Non direttamente, ma in un certo senso l’hai fatto calandoti nella
parte del creatore.
AUTORE – Sì, ma io non sono vissuto perché ero un prodotto incompiuto come i
miei personaggi, io sono un prodotto finito, un errore certo, ma pur sempre
completo.
LUCIFERO – (con una sottile apprensione) E allora?
AUTORE – (sicuro di se) E allora io sono libero! Un rifiuto, un errore,
l’ultimo anello della catena dei tuoi sbagli, ma libero!
Lentamente Lucifero si siede a gambe incrociate per terra, poi alza la testa e
lo guarda.
LUCIFERO – Sono molti i modi per raggiungere la verità, l’autoconsapevolezza,
l’illuminazione… questo è il tuo.
AUTORE – Allora ho vinto!
LUCIFERO – (abbassando la testa pacato) Sì, non hai più creatori e non hai più
creati, hai spezzato la catena, ma c’è una cosa che ancora devi sapere.
AUTORE – Che cosa?
LUCIFERO – Siediti.
L’autore si siede a terra a gambe incrociate.
LUCIFERO – (c.s.) Spezzare la catena, essere liberi comporta molte cose, anche
conoscere la verità completa…
Pausa.
LUCIFERO – Io esisto perché tu hai creduto in me anche se non mi hai mai
cercato. Tu sei esistito perché i tuoi personaggi hanno trascorso settant’anni
a cercarti sui palcoscenici di tutto il mondo… riesci a capire?
L’autore si alza di scatto sconvolto.
AUTORE – Vuoi dire che… ogni anello successivo della catena ha creato il
precedente?
LUCIFERO - … e, per un paradosso, ogni anello successivo si è portato dietro
gli errori del precedente.
AUTORE – (esterrefatto) Ma allora chi è il primo anello della catena?
LUCIFERO – (abbassando la testa e parlando con voce profonda) Nessuno lo sa.
L’autore si mette di spalle al pubblico e si prende la testa tra le mani, la
luce soffusa si spegne e si accende la luce azzurra sul fondale, le due figure
sono visibili in silhouette
LUCIFERO – (c.s.) Questa angoscia è la compagna di ogni creatore.
SIPARIO
FINE
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