Sembrava un così bravo ragazzo…

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3° canzone della cassetta

SEMBRAVA    UN    COSI’

B R A V O    R A G A Z  Z  O …

Traduzione  letterale in italiano

(per una più facile comprensione dell’originale)

della commedia in 3 atti

in dialetto piacentino

‘L PARIVA TANT UN BRAV RAGASS…

di

Giorgio Tosi

Giorgio Tosi  - Via Berti n. 26  - 29100  PIACENZA

Tell: 0523/778217 – 328/8428822 – e-mail: giorgio-tosi@libero.it  - sito: www.tosigiorgio.it

PERSONAGGI

GINO BRUSCHINI – industrialotto di provincia ( e si vede…!)

PINUCCIA BRUSCHINI – la sua… signora (se così si può dire)

ENRICO – figlio di Gino e Pinuccia (povero lui!)

 

ORESTE – arzillo padre di Gino, pilastro della famiglia

EVA – dinamica madre di Pinuccia (anche troppo…!)

MARIA GRAZIA – misteriosa…amica di Enrico

LIDIA – cameriera efficiente ma …confusionaria

DON GIOVANNI – prete di casa

ALDO – agguerrito sindacalista

MARIO GERVASI – concorrente dei Bruschini e padre di M.Grazia

DORINA GERVASI – moglie di Mario, senza peli sulla lingua

A  T  T  O    I°

La scena rappresenta una stanza, precisamente il salotto, di una famiglia arricchitasi  grazie alla fabbrichetta di calze e mutande.

Arredamento di gusto ma con qualche sprazzo di pacchianeria.

SCENA I

PINUCCIA – (sulla porta che dà in cucina) Lidia….Lidiaaaa!

               (torna al centro della stanza, poi di nuovo verso la cucina)  LIDIA!!

LIDIA – (uscendo da tutt’altra parte, in disordine)  Cosa c’é?

PINUCCIA – Ah, sei qui?  Sono pronti i pantaloni di mio marito?

LIDIA – (rudemente) E un attimo, perbacco! Ho appena finito la sottana: ho soltanto due mani!

PINUCCIA – Sai che ore sono?

LIDIA – Non saprei: non sono la signorina dell’ora esatta.

PINUCCIA – Sono quasi le nove, lo sai o no?

LIDIA – Ma no!

PINUCCIA – Lei non sa mai nulla. Sai almeno che dobbiamo andare a prendere Enrico?

LIDIA – Se non lo sa lei, che è la madre, perché mai dovrei saperlo io?

PINUCCIA – Dai, sbrigati. Porta i pantaloni al signor Gino, ma non entrare in camera: è ancora in mutande che aspetta. Hai capito?

LIDIA – Ma si, vado…ora vado (esce).

PINUCCIA – Dio, come è tardi. Andrà a finire che arriveremo in ritardo. Guarda ,sono ancora spettinata (si pettina) …La spilla d’oro, dov’é?…Lidia, Lidia!!

LIDIA – (più seccata di prima) Che c’è?

PINUCCIA – La mia spilla, dove sarà?

LIDIA – Sul colletto del soprabito, dove vuole che sia?

PINUCCIA – Ah si…E il soprabito?

LIDIA- (sbuffa) Sull’attaccapanni! (indica col braccio)

PINUCCIA – Ah si, bene…Ma ora vai, sbrigati, cosa continui a saltellare avanti e indietro come un uovo sodo.

LIDIA – Gesù , che pazienza! (esce)

PINUCCIA – Gino…Gino caro, sei pronti?

GINO – (da fuori) Quando mi manderai i pantaloni, si. E’ un’ora che sono in mutande!

PINUCCIA – Un attimo, caro, ancora un attimo.

LIDIA – (di corsa) O povera me, che disgrazia!

PINUCCI A – Cosa è successo?  Che hai fatto?!

LIDIA – Prima…quando mi ha chiamato per la cinquantesima volta, per la fretta ho lasciato il ferro sui pantaloni, e ora c’è…un buchino…(li stende e fa vedere il buco fumante)

PINUCCIA – O Gesù, e ora che facciamo? Guarda come è tardi!

SCENA II

GINO – (in mutande a mezza gamba)  Devo attendere ancora molto?

LIDIA – O Gesù! O Madonna!

PINUCCIA – Gino, che fai? Ma guardalo!…(a Lidia)  Vai pure tu: poi faremo i conti.

LIDIA – Però, che due polpacci! (esce sogghignando)

GINO – Devo stare così ancora per molto? Mi si sono raffreddati anche….

PINUCCIA – E’ colpa di quella confusionaria della Lidia. Quindi ora torna di là  e infila il primo paio che trovi: cosa posso dirti!

GINO – E tutta questa lunga attesa, allora?

PINUCCIA – Ma niente, niente. Ora va che è tardi: Se non trova nessuno chissà cosa pensa.

GINO – Lui non saprei, ma io so cosa pensare e cosa dire. Appena lo vedo, vedrai (esce)

PINUCCIA – (infilandosi il cappotto) Non fare come al solito, Gino! Il ragazzo si intimorisce, lo sai che è  timido, quindi calmati e vedi, piuttosto, di trattarlo bene.

GINO – (da fuori) Sicuramente. Come scende dal treno, lo butto subito su un altro e lo rispedisco indietro come un fulmine! Garantito al limone!

PINUCCIA – Ti ho detto che non devi fare così! Se lo prendi con le buone maniere, ti ascolterà: devi prenderlo nella maniera giusta.

GINO – (entrando tutto vestito) Per il collo, lo prendo io…Lidia!

LIDIA – E’!!! E’ mai possibile che non si riesca a finire un lavoro in santa pace?

GINO – Lidia, quante volte devo ripetere che mi sento tirare qui (il cavallo dei calzoni).

PINUCCIA – Ma…Gino!

LIDIA – (imbarazzata) Ma mi scusi, perché lo dice a me?

GINO – Che avete capito? I pantaloni difettano nel cavallo. Non si può sistemarli?

LIDIA – (delusa) Tutto qui?…M’immaginavo tutt’altro... (esce).

PINUCCIA – Ma sentila! …Be’, ritornando all’argomento di prima, io credo che…

GINO – (interrompendola) Dì cocca, l’ho fatto studiare tanto per nulla? Ho speso soldi a palate perché non voglio che la mia fabbrica, la fabbrica di Gino Bruschini, finisca nelle mani di un incompetente; e ora, tric e trac, vuole lasciare il college, vuole smettere gli studi, perché, dice, sono intervenuti fatti gravi e importanti!

PINUCCIA – Avrà i suoi motivi, no? (gli fa il nodo alla cravatta)

GINO – (come non avesse sentito)  Ma io sono un padre umanitario: lui viene a casa, si ferma un paio di giorni,  poi riprende i suoi quattro stracci e via,  torna all’università. Punto e a capo.

PINUCCIA – Va be’, vedremo. Ora andiamo, chissà se arriveremo in tempo

GINO – Cosa vengo a fare, poi, io alla stazione? Con tutto quel che ho da fare!

PINUCCIA – E dai! E’ stato via un anno intero, non avrà il diritto di trovare la sua  cara mamma e il  suo caro papà alla stazione?

GINO – E’ più caro lui, visto quel che mi costa. Ma lascia fare a me!  Lo sistemo io!

PINUCCIA – Dai, dai, metti la giacca che andiamo. (Sta per chiamare) Li…no, è qui (prende la giacca di Gino)  Toh, infila… è ben tardi!

 

GINO – Corri, allora! Santo Cielo, quando si agita non si  capisce più niente.

PINUCCIA – Il cappello… ecco, ora possiamo andare. Lidia, noi andiamo, (più forte) Lidia, andiamo!

LIDIA – (entra veloce, togliendosi il grembiulino)  Dove si va?

PINUCCIA – Ma noi, andiamo. Tu intanto dai la cera nella camera di  Enrico.

LIDIA – Ma se c’è  la moquette.

PINUCCIA – Eh?!…Ma non vorrai dare la cera sulla moquette!  Pulisci bene dappertutto, piuttosto, che  quando torno voglio trovare tutto luccichento.

GINO – Andiamo, altrimenti non la finisce più’.

PINUCCIA – La borsetta…

GINO – La testa,  ce l’hai?

PINUCCIA – Pensa per te, che tanto, per l’uso che ne fai,  potresti anche dimenticartela nel letto (esce ridacchiando).

GINO – Ridi pure adesso, che poi ci sarà da piangere (esce).

SCENA II

LIDIA – (prende la scopa) Si, pulisci, pulisci : se non ci fossi io ci sarebbe una sporcizia…. 

   Però,  me la sono presa una bella rivincita: ho visto che anche l’ industriale Gino Bruschini fa una bella figura in mutande!  Che gambette!

               Sua moglie era rossa come un peperone, quella villica! Ora si dà tante arie, ma prima faceva la fame   (pausa in cui rassetta).

               Però l’ha trovato il modo di circuirlo ben bene, perché lui, anche se dirige una fabbrica, non deve essere un gran furbone, credetemi! La fabbrica ce l’ha solo perché   gliel’ha passata suo padre, il signor Oreste (pausa).

              

ENRICO – (entra con una piccola valigia)  C’è nessuno?

LIDIA – (non lo sente) Tra tutti, non saprei chi preferire! Con loro figlio Enrico, si, andavo d’accordo, però adesso l’hanno spedito là…come si chiama quel posto?….insomma, là a studiare: povero ragazzo.

ENRICO – (la tocca leggermente )  Lidia….

LIDIA – (sussulta)  Chi è?!  …Signorino Enrico! Signorino Enrico!! (lo bacia ripetutamente)

ENRICO – Calma Lidia, calma…non mi soffochi…

LIDIA – Ma signorino…i suoi genitori…? Non li ha incrosiati per la strada?

ENRICO – E’ dalle otto che aspetto in stazione, poi ho preso un taxi ed eccomi qua.

LIDIA – Saranno sortiti che saranno cinque minuti, ma gnanco cinque minuti.

ENRICO – Eppure avevo scritto chiaro: alle 8 in stazione.

LIDIA – E’ la sgnora che fa sempre una tale confusione…oh pardon!

ENRICO – Lo so, si agita troppo  per nulla, vero Lidia?

LIDIA  - Non lo dica a  me! Suo padre, invece, è ben arrabbiato: pareva un nuvolone pieno di tempesta. Cosa ha combinato, insomma?

ENRICO – Eh…è un storia un po’ complicata, speriamo bene! Be’ senta Lidia, io vado a disfare la valigia.

LIDIA – Si, vada. Oh, come sono contenta che sia tornato. E chissà cosa dirà il signor Oreste!

ENRICO – E  già: come sta il nonnino?

LIDIA – Benissimo! A quest’ora sarà a letto, sicuro.

ENRICO – Non sarà ammalato?

LIDIA – Macché! E’ lustro come uno specchio, e può ringraziare me. Dopo che ha passato la mano al figlio, il signor Oreste fa il  nababbo:  sta a letto fino alle dieci.

ENRICO – Fa bene, ha già fatto la sua parte mi sembra.

LIDIA – Si, ma il vizietto di darmi dei pizzicotti  non l’ha perso, eh! Ho di quei segni neri, qui, sul ….

ENRICO – Ho capito. Non è cambiato nulla, vedo. Ora vado  a svegliarlo.

LIDIA – Chissà come sarà contento: è sempre stato il suo cocco.

ENRICO – Lidia, mi disfi lei la valigia, per favore . Ah, senta, se dovesse suonare il telefono, non risponda, mi raccomando, vado io. Ha capito? Ha capito bene?

LIDIA – Ho capito, certo, non sono scema  (esce con la valigia).

ENRICO – Benissimo. (Verso la porta della camera)  Nonno Oreste: sveglia!

SCENA IV

Entrano Gino e Pinuccia. Lei è sconvolta.

GINO – Ecco, il treno è già arrivato e ripartito da un’ora. Per fortuna c’era poco traffico  e abbiamo fatto presto: con tutto quel che ho da fare!

PINUCCIA – Ma che sarà successo? Forse una disgrazia…avesse almeno telefonato (passeggia avanti e indietro)

GINO – E’ tanto rimbambito che sarà sceso una fermata prima. Ma appena arriva, vedrà!

PINUCCIA – Taci!  Non dire così…se fosse successa davvero una disgrazia? Magari è in un ospedale sperduto senza la sua mamma accanto, come nel film “Il canale di Suez”, che mi fa sempre piangere come una vite tagliata… (va al telefono).

GINO – Ma cosa fai?

PINUCCIA – Telefono, no? Chiamo gli ospedali,  le cliniche, i pompieri…

GINO – Ma sei matta?  Piuttosto, sei sicura che era per oggi?  Perché tu, lo sappiamo che…?

PINUCCIA – Sicura? Ma sicurissima! Guarda, ecco la lettera (legge)…arriverò martedì 28 col treno delle 8 e 09, ecco!…(impallidisce) Oh Signore, alle 8 e 09…ma non era per le 9 e 08?

GINO – Giustappunto: sei sempre la solita. Fai sempre una confusione…!

PINUCCIA – Be’, che differenza fa un’ora? Piuttosto, dove sarà finito? Non sarà successa una disgrazia in stazione, con tanti maniaci in circolazione…?

GINO – La disgrazia peggiore è che è mio figlio, il resto si sistema.

PINUCIA – Forse è passato da qualche amico per salutarlo, ora telefono.

GINO – Ma che fai? Ne avrà più d’ottanta di amici, lui. Sono tutti amici, per lui, anche quelli che, se possono, glielo mettono in quel posto.

PINUCCIA – E’ troppo buono quel ragazzo!

GINO – roppo buono uguale gran coglione!

SCENA V

ENRICO – Siete qui!

GINO – Eccolo. Ti preoccupavi tanto tu!

PINUCCIA – Enrico ! ma sei qui !?! Santo Cielo, che spavento ho preso: ho il cuore che mi sbatte come un ventaglio (modo di dire, n.d.a.) . Stai bene?

ENRICO – Si, sto bene…ciao, papà…

GINO – Fatto buon viaggio?

ENRICO – Si, certo…

GINO – (calmo) Allora dopo aver respirato un po’ dell’aria di casina tua , riprendi la  valigina e si torna all’università, intesi?

ENRICO – Ma..

GINO – Niente ma. Capisco che hai bisogno di tornare a casa ogni tanto..

PINUCCIA – Ma Gino…

GINO – Taci, per favore. Cosa stavo dicendo? Ah si: appena hai visitato qualche amico o qualche amichetta, saluti tutti e torni al collegio dove finirai i tuoi costosi studi, d’accordo?

ENRICO – Mi spiace, papà, ma non posso.

GINO – Come come? (ritornando sé stesso)  Io credo, per la tua incolumità, che non stai per  dirmi che vorresti smettere!

PINUCCIA – Gino, non ti agitare, è appena arrivato.

GINO – Taci, per favore! (Riprende il distacco)  No, perché se questa è la riconosensa per tutti gli sforsi da me sostenuti  per farti uscire dalla melma della mediocrità, non posso certo dire di essere soddisfatto di quella persona, in questo caso mio figlio, che non mi lesina ricompense di tale fatta.

PINUCCIA - Perbacco, non sapevo che tu fossi così istruito.

ENRICO – Ma il mio problema non c’entra con la riconoscenza. Sono sorte delle complicazioni per cui…

GINO – Lo so, lo immagino. Le conosco bene le tue complicazioni! Qualcuno ti avrà scaldato la testa, tuo padre è un padrone, uno sfruttatore, e dai e ri-dai, e poi crisi dei valori, presa di cosiensa eccetera eccetera:  è così o  no? E tutto quel che ho speso per te? Tutto alle ortiche?

ENRICO – Ma non sono stato io a voler andare in Inghilterra a studiare.

PINUCCIA – Questo è vero.

GINO – Be’, stammi a sentire, meno parole e più fatti. Sappi che la fabbrica non va più tanto bene, anzi  siamo in difficoltà, per cui, ora più che mai, mi serve un aiuto, gente in  gamba  che abbia studiato, chiaro? E ciò per dirti: finisci presto  perché ‘il tuo posto ormai è qui, in prima linea, a darmi una mano per uscirne, hai capito?

ENRICO – Insomma, vuoi lasciarmi spiegare o no? Per parlare di certe cose  ci vuole   calma, ma finché tu continui con questo tono, come si fa?

GINO –Ne parleremo, ma alla fine dell’anno. Dopo di ché farai come vuoi, nei limiti, ovviamente. Ma ora, tempo una settimana al massimo e poi via!

SCENA VI

ORESTE – E’ appena arrivato, vuoi già rispedirlo indietro?

PINUCCIA – O eccolo, ora siamo sistemati. Ci mancava solo lui!

GINO – Papà, per favore; è un’ora che cerco di farlo ragionare: non intrometterti.

ORESTE – Cambiamo subito il tono, dato che, fino a  prova contraria, sono sempre tuo padre.

PINUCCIA – Be’, vado a cambiarmi, e vieni anche tu, Gino, altrimenti c’è da litigare. Se non ficca sempre il naso negli affari degli altri, lui….! (esce)

ORESTE – Ma sentila tua moglie. Parla proprio perché si trova una lingua in bocca!.                             (A lei) Ringrazia ‘il Cielo, piuttosto, che hai trovato il merlo che ti ha sposato, altrimenti saresti ancora nella mia fabbrica a cucire, cara la mia  Genoveffa!

GINO – Papà, per favore…

PINUCCIA – (mettendo dentro la testa) Lascialo dire, non me ne curo, io!  Gli brucia ancora di non essere riuscito a staccarmi da te. Ma se ti brucia, ungila! (esce).

ORESTE – (a Gino)  Non dire che non ti avevo avvertito.

ENRICO – Vedo che non è cambiato niente.

GINO – E non cambierà mai, credo.

PINUCCIA – (rientra furibonda) E se sei stanco di stare qui con me, vai pure al ricovero, dove ti possono curare l’arteriosclerosi, che ne hai bisogno.

ORESTE – Tu ce l’hai l’arteriosclerosi, nel cervello, la mia  bella Genoveffa

GINO – Basta Pinuccia, basta, tieni chiusa quella bocca. Andiamo di là, ti devo parlare, andiamo  (spinge letteralmente fuori la moglie che continua a sbraitare).

SCENA VII

ORESTE – L’hai voluta? Ora  goditela! Villica era e villica è rimasta.

ENRICO – Siamo a posto. Qui già non si va d’accordo…in più c’è anche la mia faccenda…

ORESTE – Che faccenda?  Cosa ti è successo?

ENRICO – Ma…una situazione che non può andare avanti…

ORESTE – Non stai bene?

ENRICO – Eh?….ma no, tutta un’altra storia.

ORESTE – Ah si…? Mmhhh…guarda che forse ho già capito. E’ una questione di cuore, si ,    si capisce benissimo

LIDIA – (entrando con la colazione)  Signor Oreste , la colazione.

ORESTE – Oh Lidia, puntualissima. Guarda che donna, questa è una donna, bella, slanciata (Lidia si sistema) flessuosa…mi viene voglia di dare un pizzicotto (glielo dà).

LIDIA – Orestino!…Cioè, signor Oreste…(esce veloce).

ENRICO – Complimenti, nonno.

ORESTE – Non pensare male..

ENRICO – Ah no?

ORESTE – Ve be’, lasciamo perdere… stavi dicendo?

ENRICO – Niente, lasciamo perdere (suona il telefono, arriva prima Oreste all’apparecchio).

ORESTE – Pronto?…Chi, prego? Ah si, un attimo…(a Enrico)  E’ una donna…(sorride).

ENRICO – (dopo una pausa) Si…(piano) Non ho potuto ancora dire niente. Perché…ma perché bisogna aspettare. E’ prematuro …Cosa vuoi fare?No, aspetta!..pronto, pronto…(riattacca)  E adesso cosa  faccio?.

ORESTE –Mmmhh… credo che tu abbia combinato un pasticcio…

ENRICO – Un pasticcio? No…

ORESTE – No?

ENRICO – Molto peggio.

ORESTE – Per l’appunto! E se spiegassi tutto? Forse potremmo trovare una soluzione.

ENRICO – (ancora indeciso) Certo certo…ecco, il fatto è che…che…

ORESTE – Che?

ENRICO – Che….

ORESTE – Che cosa, insomma?

ENRICO – (dopo una pausa) Ricordi la figlia del commendator Gervasi…?

ORESTE – Gervasi…?!  Non sarà, per caso…

ENRICO – Proprio lui.

ORESTE – Oh perbacco! Con tante ragazze, proprio la figlia di  Gervasi,  diavolo d’un ragazzo!

ENRICO – Nonno, non sai come vanno le cose? E poi era già da tempo che ci vedavamo a Piacenza.

ORESTE – Proprio per questo tuo padre ti ha spedito in Australia  a studiare.

ENRICO – In Inghilterra.

ORESTE – Ma si, è lo stesso. Oh insomma ! Credevo fosse una robetta da ragazzini, una cottarella  di poco conto...

ENRICO – Il fatto è che anche il commendator Gervasi ha avuto la stessa idea di papà : mandare la sua unica figlia a studiare in Inghilterra. E ad Oxford l’ho ritrovata…e così…

ORESTE – Ma Enrico, proprio con la figlia  dell’ex-socio di tuo padre? Che ora fa concorrenza alla nostra  fabbrica e ci sta mandando alla  malora!  Hai avuto una  bella idea, proprio una gran  bella idea.

ENRICO – A me questa ragazza piace, che ci posso fare? D’altronde mio padre a suo tempo ha voluto sposare la mamma senza il tuo consenso, o mi sbaglio?

ORESTE – E’ vero! E gli starebbe bene al tuo paparino. Però, anche tu santa Miseria! Non sai che quando hanno litigato è volato anche qualche schiaffone?  Chi glielo dice, ora?

ENRICO – Ma questo sarebbe niente…c’è dell’altro.

ORESTE – Ah si? Peggio di così, che ci sarebbe d’altro?…(lo scruta) aspettate ..un…figlio…?

ENRICO – Be’…no…

ORESTE – Meno male!

ENRICO - …E’ già il secondo …che aspettiamo…

ORESTE – Cosa?!

ENRICO – Si…il primo è arrivato qualche mese fa, e dato che nato in terra straniera, abbiamo pensato di chiamarlo Johnny. Ho fatto male?

ORESTE – Ma non potevi fare meglio!  Sono cose da chiedere?

ENRICO – L’altro lo attendiamo da tre  mesi…

ORESTE – Non hai perso tempo davvero caro il mio ragazzo!  Guarda, sto sudando freddo !

ENRICO – Se sarà una femmina, la chiameremo Grazia, dato che la mamma si chiama Maria Grazia.

ORESTE – Chiamala meglio Maria Disgrasia! Ma i suoi genitori, che dicono?

ENRICO – Loro mandano i soldi e tacciono. Per ora. Io intanto ho venduto l’anello d’oro, la collanina e tutto il resto. Ma quel che è peggio è che lei, Maria Grazia, che è arrivata insieme a me, vuole venire qui e parlare con mio padre una volta per tutte. E’ passata dai suoi e tra poco sarà qui.

ORESTE – Ah, viene qui! Bene, ora siamo sistemati.

ENRICO – Dici così perché non la conosci. Maria Grazia è una ragazza eccezionale.

ORESTE – Se ne ha sfornati due a 17 anni, è più che  eccezionale: è un fenomeno!

ENRICO – E non è ancora finita…

ORESTE – Ah no? Dimmi, caro ragazzo, dimmi.

ENRICO – Il fatto è che..

ORESTE – Che cosa? Sputa, sputa!

SCENA VIII

PINUCCIA – Ci manca solo che si mettesse a sputare per terra, con tutta la cera che dò.

ORESTE – Si, per farmi cadere!

PINUCCIA – Ma la testa non si rompe.

GINO – Ancora? Continuate sempre a beccarvi.

PINUCCIA – E’ lui che mi provoca.

GINO – Io scendo, devo vedere un rappresentante. Tu intanto (a Enrico)  comincia a salutare l’uno e l’altro  che il tempo stringe.  Attento, però, a non andare dai Gervasi,  che con loro abbiamo chiuso. Chiaro?

ORESTE – (ha un attacco di tosse)

PINUCCIA – Che fai?  Soffochi?

GINO – Che ti ha preso?

ORESTE – Nulla, ho un attacco di tosse…(esce tossendo)

GINO – Boh…Io vado. Arrivederci.

PINUCCIA – Saluta il papà.

ENRICO – Si, ciao…(Gino esce).

PINUCCIA – (dopo una pausa) Allora,  si può finalmente sapere perché sei tornato? Io ti appoggio, lo sai,  ma voglio ben sapere?  Qui c’è sotto qualcosa…

ENRICO – Mamma, scusami ma non è il  momento….(improvvisando) Ah senti, ho portato con me un’amica d’università e…è pronta la camera degli ospiti?

PINUCCIA – La camera degli ospiti?

ENRICO – Si ferma un paio di giorni…credo…

PINUCCIA – Oh Gesù,  e dove sta che non l’ho vista?

ENRICO – Arriverà tra poco, credo…

PINUCCIA – Ma…Enrico…guardami bene negli occhi: è la tua fidanzata?  Eh? (gli dà una leggera gomitata)  E dillo a tua madre, dai!

ENRICO – Be’, ecco…

PINUCCIA – (esultando)  Ohhh,  finalmente ti sei deciso!

ENRICO – Eh?!..Si, è, diciamo…la mia fidanzata, si, ecco…forse anche qualcosa di più…

PINUCCIA – Ohi ohi, è proprio una cosa seria. E pensate di sposarvi?

ENRICO – Già fatto…Cioè, no!

PINUCCIA – Cosa?

ENRICO – Stavo scherzando. Ci abbiamo pensato, ecco…

PINUCCIA – Ma bene! Guarda, sono così contenta che hai dimenticato la figlia dei  Gervasi! Io posso dire di non conoscerla neppure, tuo padre, poi, non l’ha mai neppure vista, però non era la ragazza per te. Sono  proprio contenta! Vado a preparare la camera.

               Ma non diciamo nulla con tuo padre: gli facciamo una sorpresa!  (esce ridacchiando).

ENRICO – Si, una bella sorpresa…

ORESTE – Allora, è arrivata?

ENRICO – Chi?

ORESTE – Come chi? La Disgrazia…cioè la Grazia.

ENRICO – Non ancora…(suonano alla porta)  Questa è lei!

LIDIA – Arrivo,  un attimo…(rientra quasi subito) la signorina Maria Sgrassia… chi sarebbe ?

SCENA IX

M,GRAZIA – Lo sa molto bene  Enrico chi sono io (Lidia esce). Lei è il padre, immagino.

ORESTE – La ringrazio, ma sarei il padre del padre.

M.GRAZIA – La facevo più giovane.

ORESTE – Grazie Grazia. Be’, meglio che tolga il disturbo e che vi lasci soli…tant’ormai!

M.GRAZIA – Resti pure, se vuole. Tutti devono sapere. Dobbiamo andare fino in fondo.

ORESTE – Giustissimo. Però, intanto, siete arrivati già molto avanti! Con permesso (esce).

M.GRAZIA – Cosa intendeva? Vuoi dire che sono già al corrente?

ENRICO – Ah si…sanno tutto…ho raccontato tutto, come volevi tu…

M.GRAZIA – Finalmente!  E comel’hanno presa?

ENRICO – Come l’hanno presa? Be’, insomma, così così…non hanno fatto salti di gioia..

M.GRAZIA – Enrico…(sospettosa) perché ti sei tolto la fede dal dito?

ENRICO – La fede?! Ah, si, avevo paura di perderla:  ho perso qualche chilo, sono dimagrito…

M.GRAZIA – (fissandolo)  Enrico, hai detto proprio tutto? Hai spiegato che abbiamo oramai due bambini? Che viviamo da mesi alle spalle dei miei? Che ci siamo sposati in gran segreto e  che non si può più andare avanti così? Eh?

ENRICO – Sstttt (zittendola)…sssii, si, certo…

M.GRAZIA – Bene, mi fido di te.

SCENA X

PINUCCIA – Buon giorno.

M.GRAZIA – Buon giorno.

ENRICO – Maria Grazia, ti presento mia madre.

M.GRAZIA – Molto piacere. Sono sicura che andremo d’accordo.

PINUCCIA – Certamente… ma... assomiglia tanto a una persona…non saprei dire chi,però.

               Be’, lasciamo perdere. Allora lei sarebbe, diciamo, l’amichetta dell’Enrico...?

M.GRAZIA – (ridendo)  Ah ah, si, diciamo così…

PINUCCIA – E di dov’ è scusi?

ENRICO – Di Piacenza, mamma. E’ di Piacenza anche lei…

PINUCCIA – Guarda il caso! Magari qui non vi conoscevate neppure e poi vi siete trovati là, in  Africa.

M.GRAZIA – Ah, ah (ride divertita) , più che in Africa , in Europa signora. Studio anch’io in Inghilterra, non lo sapeva?  Comunque, guardi,  ho deciso di smettere.

PINUCCIA – Oh, e perché?

M.GRAZIA – Capirà, comincio ad avere una pancia!

PINUCCIA – (sorpresa) Una pancia?! …Ahhhh, lei vuol dire che è gonfia, che è stufa (stanca, n.d.a.), ecco. Ma si, cosa va a fare una donna persino a là a studiare? Stia a casa sua a fare dei  pisarei fatti a mano (tipica pasta piacentina, n.d.a.)  come diceva la mia povera nonna. Specialmeinte, poi,  quando c’è un uomo che guadagna bene, che magari  ha la sua fabbrichetta, dico bene Enrico?

ENRICO – Oh certo, certo.

PINUCCIA – E quanto si ferma?

M.GRAZIA – Un paio di giorni. I miei sono partiti per affari, ma appena tornano li farò venire qui, immediatamente.

PINUCCIA – Li fa venire qui, immediatamente? Ma Enrico, siete già così avanti e non mi hai detto nulla!  Sei proprio un galletto come tuo padre.

M.GRAZIA – Be’ signora, mi spiace interrompere la conversazione, ma dovrei andare in camera. Sono stanca del viaggio e poi…sa, mi sento un peso addosso..(si tocca la pancia)

PINUCCIA – Ma la capisco. Il gabinetto è in fondo al corridoio.

M.GRAZIA – Guardi che io non intendevo…

PINUCCIA – Mi scusi, forse ho interpeterato male. Eh lo so, lo so, ci sono passata anch’io. Ci si sente quella frenesia addosso, quella… non è vero, Enrico?

ENRICO – Eh?..Ah si,si..

PINUCCIA – Ma voi, per carità, non fatemi brutti scherzi, neh!

M.GRAZIA – Chi, noi? Per carità, ne abbiamo già abbastanza.

SCENA XI

ORESTE – ( A Enrico)  Sta arrivando tuo padre.

ENRICO – Vieni Maria Grazia, ti porto a vedere la camera. Andiamo!

PINUCCIA – Ma faccio io.

ENRICO – No, no, l’accompagno io (la trascina fuori).

M.GRAZIA – Ci vediamo (escono velocemente).

PINUCCIA – Va va…Ah, l’amore. Lidia, Lidiaaa!

LIDIA  - Cosa c’è?

PINUCCIA – Senti Lidia, da oggi abbiamo un ospite, per cui, ti raccomando di tenere un contegno correttoso, di ciciarare poco e se chiamano, corri. Corri, hai capito?

LIDIA – Come no, non  corro già abbastanza!  Adesso, volerò.

PINUCCIA – E cerca di fare bella figura, altrimenti…

ORESTE – Perché, non va bene così?

PINUCCIA – Per un bifolco par tuo è anche troppo, ma quella è fine, veh, si vede subito. Una ragazza intelligente, seria, tutta casa e chiesa. Assomiglia tanto a una persona, però non saprei dire a chi.

GINO – Chi è arrivato?

ORESTE – Come sai che è arrivato qualcuno?

GINO – Giù un tassista mi ha cercato dei soldi.

PINUCCIA – E’ arrivata un’amica di Enrico: un’amicona  a  quanto pare.

GINO – Ah si, e allora?

PINUCCIA –Si ferma un paio di giorni, e, credo proprio, Gino,  che ci siamo….

GINO – E dai, ci va tanto bene!. E poi, fammi ridere: un imbranato come lui!

ORESTE – Aspetta a dire, aspetta…non si può mai sapere come vanno le cose...

PINUCCIA – Be’, adesso mandiamo a pagare il  taxi. Lidia!

GINO – E io pago.

LIDIA – Dica.

PINUCCIA – Vai  a pagare il tassista di sotto.

LIDIA – E i soldi?

PINUCCIA – Mettili tu, per ora, non ho moneta. Domani te li rendo.

LIDIA -  Ho capito, ho già capito, la solita storia  (estrae il borsellino dal seno).

GINO – E ora dove si trova la signorina?

ORESTE – In camera.

GINO – Non cominceranno subito, spero!.

PINUCCIA – Ma Gino, è seria la ragazza, l’ho capito subito io, sai che ho  l’occhio cinico.  Io i pagliacci li individuo subito. E mi sono sbagliata solo una volta.

ORESTE – Ah si? E quando?

PINUCCIA – Quando ho sposato tuo figlio. Però, come cambiano i tempi: ora portano l’anello di fidanzamento identico alla fede….e poi ho notato un’altra cosa…

GINO – Cosa?

PINUCCIA – Che Enrico non ha più l’anello che gli avev regalato per il compleanno.

ORESTE – Ah si…perché mi ha detto…che l’ha perso in piscina, mentre nuotava….

GINO – Cosa? In piscina?

PINUCCIA – E non ha fatto svuotare  la vasca?  Chiamato i pompieri?

ORESTE – Tu saresti capace di farlo.

GINO – Mi costava un occhio!  Era in oro massiccio con due brillanti così!

ORESTE – E mi ha detto, anche, che ha perso la catenina, mentre si lavava il collo.

PINUCCIA – Cosa? La catenina con la Madonna ? O  Gesù!

GINO – Ma è proprio un rimbambito, perbacco!  L’ho sempre detto, io!

PINUCCIA – Gli dirò di non lavarsi più i denti. Non vorrei che persesse anche le capsule in oro che ha in bocca.

LIDIA – (arrabbiata)  Perbacco!  Ha voluto dieci euro, ma da dove proviene la signorina Sgrassia, da Napoli?

ORESTE – Prendi.

LIDIA – Bene. Così va meglio. Ah, c’è un telegramma.

PINUCCIA – (prendendolo)  Chi sarà?

LIDIA – Sua madre, la signora Eva, dice che…Oh pardon….vado…(esce).

PINUCCIA – (legge) E’ proprio lei. Dice che arriva domani per fermarsi una settimana.

GINO – Ma bene! Non c’è più nessun altro?

PINUCCIA – Ma non ti vergogni?  E’ un anno che è vedova e tutta sola, non avrà il diritto di andare a trovare sua figlia?  Io lo sopporto tuo padre, o no?

ORESTE – A parte il fatto che se non ci fosse la Lidia, in quanto a te…

PINUCCIA – Ho già capito io, tu e la  Lidia!

ORESTE – Se non ci fosse lei, potrei girare come uno straccione e mangiare saltuariamente. E tu, che ora ti dai tante arie,  vedo che non ricordi più come parlavi quando c’era da sposare il merlo. Perché tu (a Gino)  sei stato proprio un bel merlotto!

GINO – Papà…

PINUCCIA – Il merlotto è molto più intelligente di te. E non ci fosse stato lui con la sua scienza  e la sua intelligenza, la tua fabbrica  sarebbe già andata a ramengo da un bel po’, il mio bell’industriale dei miei pedalini!

ORESTE – Infatti, aspetta ancora qualche nese, e a ramengo ci va il tuo merlotto. E allora dovrai mollarli i brillanti e le pellicce, che tanto si vede che sei una villica!

PINUCCIA – Ah si? E da cosa?

ORESTE – Dall’odore di stallatico che emani!

PINUCCIA – Puoi dire ciò che vuoi, mia madre la faccio venire quando mi pare in casa mia!

ORESETE – Cucù, in casa tua! Col cucù, cara la mia bella Genoveffa!

PINUCCIA – E  non chiamarmi Genoveffa,  mi chiamo Pinuccia…

GINO – Ora sì che siamo a posto! (la trascina fuori, mentre sbraita contro Oreste).

s     i    p    a    r    i    o

A   T   T   O    II

Stessa scena dell’atto precedente.

Vuota.

Entra Gino.

GINO – Lidia…Lidia, dove sei?

LIDIA – Son qui, sono qui. Se non mi chiamano duecento volte al  giorno…

GINO – E’ arrivata la signora Eva?

LIDIA – Chi?

GINO – La mamma di mia moglie. E’ arrivata o bisogna andarla a prendere?

LIDIA – No, lè già qui. E’ di là con la signora Pinuccia.

GINO – E  Enrico dove è andato?  Da quando è tornato va tutto storto. Ora è arrivata anche quella piva inversa (modo per dire: lagnosa, seccatrice, n.d.a.)!

LIDIA – Suo figlio è uscito con la sua amica coscialunga…(pausa) E ora, signor Gino, dato che siamo soli, chiariamoci tra d noi, perché le cose non vanno più tanto bene.

GINO –  Anche tu? Bene, dimmi pure, tanto oramai...

LIDIA – Succede che il lavoro è in aumento giorno dopo giorno: prima arriva la Maria Sgrassia, poi la mamma della signora,  tutti chiamano,  comandano e l’oca ‘ della  Lidia corre! Ma io ho solo due mani e non so ancora volare: mi sono spiegata?

GINO – E’ colpa mia se questa casa è quasi  più affollata dell’Albergo Roma? Cosa posso dirti? Non prestare orecchio a tutti.

LIDIA – Vorrebbe dire che di soldi non si parla?

GINO – Lidia,  comprendimi, è un momento difficile, gli affari non vanno tanto bene, e tutto per colpa di Gervasi…

LIDIA – Chi?  Il suo vecchio socio? Ah, se mi capita fra le mani!

GINO – Bisogna portare pazianza ancora un po’ Quando avremo raddrizzato la barca,  ci sarà qualcosa per tutti.

LIDIA – Va bene, ho già capito. Ma così non si va avanti. Occuparsi di sei rompicoglioni non è facile…non sono inossidabile! Vorrà dire che ridurrò il servissio!

GINO – E fa come ti pare!

LIDIA – Intanto, ci rimettono sempre i poveri diavoli (esce).

SCENA II

Entrano Pinuccia ed Eva.

PINUCCIA – Ecco  Gino.

EVA – Caro Gino!  Vieni qui, lasciati baciare!

GINO – Eva, per favore…

EVA – Ma quale Eva! Quante volte ti ho già detto di chiamarmi mamma.

GINO – Va bene: mamma, come stai?

EVA – Benone! E tu? E la fabbrica?

PINUCCIA – Per quella ci sono dei problemi.

EVA – Ohhh…allora sono arrivata in un brutto momento.

PINUCCIA – Ma no,  puoi venire quando vuoi.

GINO – Ah senti Pinuccia, prima che arrivi quel bel soggetto di tuo figlio, fai una cosa: preparagli la valigia, perché qui ne ha già combinate abbastanza. Stasera o domani mattina al massimo, riparte.

EVA – Per andare dove?

GINO – Al collegio.

PINUCCIA – Cosa è successo di nuovo?

GINO – Oh, niente di particolare: è successo che tuo figlio…

PINUCCIA – ma non dire sempre “tuo figlio, tuo figlio”: c’ eri anche tu, se non sbaglio

GINO – Mah!  Ho qualche dubbio che sia proprio mio figlio. A me non assomiglia per nulla.

EVA –Che intenderesti dire? Che la mia figliola…

PINUCCIA – Lascialo dire, sono allenata, tra lui e suo padre, ma io non me ne curo…sentiamo un po’, cosa ha fatto stavolta?

GINO – Ah, nulla! E’ sceso in  fabbrica  e ho pensato: forse  comincia ad appassionarsi al lavoro.  Invece no! Ha parlato con Aldo, il sindacalista, hanno convenuto che oggi sarebbe un giorno  semifestivo, e lui sai cosa ha fatto?

EVA – Cosa ha fatto?

GINO – Ha mandato a casa gli operai! Con la sua  grazia e il suo sorriso, via! Tutti a casa! Loro? Hanno preso la corsa  e chi si è visto si è visto. Io ho faticato una settimana per farli venire a lavorare dato che ho una misera consegna urgente, e lui, bel bello, li manda a casa, retribuiti naturalamente. Gli hanno scaldato la testa, ma ora gliela rinfresco io se ce l’ha calda: gli do una lavata di zucca!

PINUCCIA – Credevo avesse fatto chissà che!

EVA – Ha fatto bene, invece. Oggi pomeriggio non lavora nessuno. Io dico che ha fatto bene.

PINUCCIA – Mamma, non toccare quel tasto.

GINO – Si, non è il giorno giusto.

EVA – Insomma, tu lo critichi sempre quel povero ragazzo. Lui è buono, un pezzo di pane.

PINUCCIA – Vero. Lui non soffre le ingiustizie.

GINO – Si Eva, lo so, lo so, so bene dove vuoi arrivare. Ma, per favore, non riprendiamo quel vecchio argomento, vero? Per favore!

EVA – (fingendo)  Quale?

GINO  - Eva, o mamma come più ti piace, so cosa intendi tu.

EVA – Chi? Io?!  Possa venire un colpo alla Pinuccia se io…

PINUCCIA – Mamma!

GINO – Credevo che si fosse messa tranquilla ! E invece no. Col fatto che è troppo buono…

EVA – Ma certo. Sicuro!  Ma non vedi che non è portato per quel tuo mondo pieno di imbroglioni e di ladri? Lui non è così: lui ha la vocazione per fare il prete !

PINUCCIA – Mamma, ne abbiamo già parlato almeno dieci volte. E’ stato anche un anno in seminario per accontentarti, ma ora basta. E diamoci un taglio, per carità!

GINO – L’avrei giurato, guarda, che per venire qui dovevi avere un buon motivo.

EVA – Ne ho parlato  con Don Giovanni e anche lui concorda  che il ragazzo, se ben indirizzato, potrebbe avere la  vocazione. Non vedete che non s’interessa delle ragazze, mentre tutti i ragazzi par suo, chissà quante volte hanno formicato?

GINO – Non tutti sono dei galletti come me,  modestamente…

PINUCCIA – Ah si, lo so che fai il galletto con  Maria Grazia. Ma attento!

GINO – Chi, io?

PINUCCIA – Si, ma attenzione!

GINO– Ma che stai dicendo?

EVA – E chi sarebbe questa Maria Grazia?

GINO – Mah, un’amica d’Enrico…

EVA – Un’amica? Donna?!

PINUCCIA – Si donna. Si ferma da noi due giorni e  il “Casanova” fa lo sciocchino: Signorina la porto qui? Signorina la porto là? Guarda che non ha perso l’uso delle gambe!  E invece di fare tanto lo spiritoso, falle vedere la  pancera elastica e le ginochhiere per i reumatismi, caro il mio galletto senza cresta!

GINO – Ma sentila!

EVA – E come mai ha portato in casa una  donna?

PINUCCIA – Perché, anche se in ritardo, vorrà cominciare a  formicare anche lui.

EVA – Ma no! Non credo…

GINO -  Ah no? Dovresti vedere che pezzo di.…

PINUCCIA – Gino…

GINO _ …merce…

EVA – Impossibile…sarà soltanto una sua amica...e poi…

PINUCCIA – E poi, cosa?

EVA – Poi ho invitato don Giovanni a prendere un thé, per farlo parlare con l’Enrico.

GINO – Bene! Lei fa, disfa, come se fosse a casa sua.

EVA – Insomma, l’avvenire di quel ragazzo mi sta molto a cuore (letteralmente: sullo stomaco, n.d.a.)  e voglio dargli ancora una possibilità.

PINUCCIA – Si era detto che non se ne parlava più.

EVA – Si, m che male c’è a farlo parlare col prete? Dopo tutte le esperienze che ha avuto potrebbe anche aver perso la fede, ma se invece si fosse ancor più appassionato? Se si fosse surriscaldato? Insomma, per stavolta…

GINO – Fai pure! Se ha la ragazza, credo che non ci sarà nulla da fare!

PINUCCIA – Che sia l’ultima volta, però!

EVA – ‘Lo giuro sulla tua testa.

PINUCCIA – E dai! (suonano).

SCENA III

PINUCCIA – Lidia, la porta.

LIDIA – (da fuori) Servissio  dimezato: apritevela!

PINUCCIA – Cosa?

GINO – Vado io. Vuole fare uno sciopero di protesta: ormai lo fanno tutti, vuoi che lei rimanga indietro?  Vado io (esce).

EVA – Non si è ancora visto il signor  Oreste, vero?

PINUCCIA – Lo vedremo anche troppo, non preoccuparti.

ORESTE – (entra con Gino) Ohhh, la signora Eva.

PINUCCIA – Che ti dicevo?

EVA – Ma guarda il signor  Oreste! Guarda come è lustro:  più invecchia, più diventa bello.

ORESTE – Venga dentro  Don Giovanni.

DON GIOVANNI- Pace in questa famiglia.

GINO – Ha fatto bene a portarne un po’, perché qui l’avevamo finita.

ORESTE – L’ho incontrato vicino alla chiesa  e lungo la strada mi ha parlato solo di santi e del Signore, ma io, detto in confidenza, non ho capito una  Madonna!

DON GIOVANNI – Signor Oreste, se la disturbavo tanto, poteva anche dirmelo, non mi offendevo, sa?

ORESTE – Ma scherzavo: lei si scalda subito…E la signora Eva, si ferma un po’ con noi?

GINO – Lei  non saprei, ma io vado subito: sono in ritardo. Arrivederci don Giovanni.

DON GIOVANNI – Ci vediamo domenica a messa…speriamo…

GINO – Eh, speriamo…(esce).

SCENA IV

PINUCCIA – Vedo subito se è pronto il thé, eh Don Giovanni, perché deve sapere che anche qui da noi la Lidia si è messa a scioperare.

DON GIOVANNI – Enrico, non c’è? Mi piacerebbe vederlo, quel ragazzo.

PINUCCIA – Si si, sappiamo tutto.

EVA – Arriverà a momenti.

ORESTE – Era in strada con un operaio della  fabbrica, sarà in arrivo. Ma sediamoci, prego.

PINUCCIA – Lidia!

LIDIA – Si, dica.

PINUCCIA – Oh, come sei diventata fine (raffinata, n.d.a.) . E’ pronto il  thé?

LIDIA – Si.

PINUCCIA – Dunque portalo, no ?

LIDIA – Si. Io lo porto, però, come d’accordo col signor Gino per il  servisio dimezato, voi portate via le tazze e le lavate.

ORESTE – E magari Don Giovanni gli dà una bella fregata.

DON GIOVANNI – Ma cosa crede? Che mi vergogni forse? Con la mia perpetua, appena finito di mangiare, ne dò di fregate!

ORESTE – L’avrei giurato!

DON GIOVANNI – (Capendo la malizia)  Lei se non ci mette sempre una punta di malizia…

PINUCCIA – Lidia, porta, poi vedremo.

LIDIA esce e rientra subito dopo col vassoio mentre gli altri parlottano, poi di nuovo fuori.

EVA – E allora, Don Giovanni, cosa ci racconta di bello?

DON GIOVANNI – Oh, proprio nulla! Perun prete, vedere quanta  gente perde la fede …

EVA – Ah si, è la crisi delle vocazioni.

ORESTE – La crisi dei valori.

PINUCCIA – Ah si? E’ calato l’oro? No, perché ne avrei un po’ in casa e …

DON GIOVANNI – I valori morali, signora, quelli morali.

PINUCCIA – Ah certo, ben inteso…

EVA –Cominciando dagli spettacoli: è da lì anzitutto che proviene lo scandalo.

DON GIOVANNI – Non parlatemene, per carità! I giovani della parrocchia, stanno preparando  una commedia. Ho pensato: che bravi ragazzi! Per fortuna ho letto il copione: mi si sono drizzati tutti i capelli in testa.

ORESTE –Io volevo portare la signora  Eva al cinema, dopodomani. Che ne dice ?

EVA – A vedere cosa?

ORESTE – (sussurra un titolo all’orecchio di Eva)

EVA – (scandalizzata, ma non troppo)  Ohhhh…!

PINUCCIA – Il solito sporcaccione!

ORESTE – Senti la  bigotta.

EVA – E chi le dice che io sarei venuta?

DON GIOVANNI – Brava Eva, fuggire le tantazioni di questo mondo senza Dio. (A Pinuccia)  A proposito, anche suo marito è un po’ che non mette un piede in chiesa.

PINUCCIA – ’ tanto occupato  con la fabbrica…

DON GIOVANNI – Non è  una buona scusa, sa? Nossignore! Perché il tempo per far soldi lo trovate mentre  nostro Signore lo lasciate in ultimo. E’ giusto?

ORESTE – Parole sante!

DON GIOVANNI – Anche lei non corre il pericolo che le crolli la chiesa addosso, vero?

ORESTE – Io non ho paura dell’inferno.

PINUCCIA –Lo fa provare agli altri, l’inferno. Più invecchiano e più diventano noiosi.

ORESTE – Vuoi provocare una discussione?

EVA – Ohi gente, cominciate? Anche di fronte a don Giovanni?

DON GIOVANNI – Vedete? Non c’è più pietà cristiana.  Bisogna anche un po’ soppportarsi l’un l’altro, altrimenti dove andremo a finire?

PINUCCIA – Parla bene lei che non ha  famiglia.

ORESTE – O magari si: uno qua, uno là…

EVA – Ma Oreste, come può dire cose del genere?

PINUCCIA – Sei proprio un gran maleducato!

DON GIOVANNI – Lasciate che dicano! Il Signore mi ha dato la forza di resistere alla tentazione dell’ira. Vedete? Sopporto cristianamente: calmo e sereno.

EVA – (dopo una pausa) Ma Enrico dove è finito?

ORESTE – (alla finestra) Eccolo,  sta arrivando. Sale con  Aldo.

DON GIOVANNI – Chi?!

ORESTE – Aldo, il sindacalista.

DON GIOVANNI – Cosa? Viene qui?  Fatemi uscire, fatemi uscire subito.

EVA – Ma padre…

DON GIOVANNI – Ma che padre e madre! Quell’uomo senza religione, senza  timor di Dio, quel mangiapreti, come si fa chiamare, non lo sopporto!

PINUCCIA – Ma, scusi, se soltanto due minuti fa…

ORESTE – Tutto quel bel discorso sulla cristiana sopportazione…

EVA – E poi, Don Giovanni, doveva parlare con  Enrico, o no?

DON GIOVANNI – Un’altra volta, io con Aldo non voglio parlare, chiaro? Quindi ora…

SCENA V

Entra prima Enrico. Don Giovanni, vistasi chiusa la ritirata si mette in un angolo.

ENRICO – Buon giorno a tutti. Nonna Eva, come stai?

EVA – Caro Enrico, dammi un bel bacione!  Che bel ragazzo che ti sei fatto. Enrico, c’è una visita per te…

ENRICO – Don Giovanni...

ALDO – (entra asciugandosi la fronte) Che caldo, per la Madonna!

DON GIOVANNI – E per tutti i santi, amen!

PINUCCIA – Lei, Aldo, se non ha sempre pronta una bestemmia, non si sente a posto, vero?

ALDO – Non sapevo certo che c’era anche  Don Giovanni. Non sarei neppure salito.

ENRICO – Veramente io non lo sapevo…

ALDO – Lo incontro dovunque, e ogni volta mi fa una  predica. Ne ho quasi pieni i …

ORESTE –Evidentemente ne avrai bisogno.

DON GIOVANNI – Lei taccia, che  quando avrà deciso di venirsi a spurgare (dei peccati, n.d.a.) ,dovremo chiamare Bottazzi! (nota ditta locale di autospurghi, n.d.a.)

EVA – Ma Oreste, è proprio un peccatore incallito.

ORESTE – E recidivo, signora.

ALDO – Bravo Oreste.

DON GIOVANNI – Ma chiudi il becco  e porta i tuoi ragazzi alla dottrina. Tu oramai sei irrecuperabile, ma loro, povere creature !  E dire che  ci venivi anche tu, alla  dottrina, quand’eri piccolo. O ti vergogni, ora, ad ammetterlo?

ALDO – Io  no. Tutti possiamo sbagliare.

DON GIOVANNI – Zitto, sacrilego! Ne hai fatta di strada nella vita: al massimo sei andato in piazza a sbraitare come un ossesso.

ALDO – Io lotto per la libertà dei popoli, non per tenere la gente ignorante, come fate voi!

DON GIOVANNI – Cosa? Cosa mi tocca sentire? Ma ci sei tu, per caso, in parrocchia, a  confessare, ai funerali, ad ascoltare i problemi della gente, a mettere pace,a dire  una parola buona!

               Credi che lo faccia per sport?

ALDO – No, per le offerte!

DON GIOVANNI – Taci, mentecatto! Siete tutti così! Fin che le cose vanno bene addosso ai santi e al Signore. Poi, quando cadono in disgrazia, ritornano a cercare i preti, nostro Signore e tutti i santi. “Signore, non farmi morire, non voglio andare all’inferno”

ORESTE – Signori, prima che la discussione degeneri, vogliamo smetterla?

DON GIOVANNi – Deve finirla lui per primo!

ALDO – Non cederemo mai!

DON GIOVANNI – E’ inutile, gli hanno blindato il cervello.

ALDO – Meglio così che servo dei padroni!

DON GIOVANNI – Meglio così che servo dei coglioni! …Mi è scappata …

ORESTE – Oh perbacco!

EVA –Ora basta!

PINUCCIA – E si, eh! Discutete fuori da questa casa, così potrete anche darvi qualche ceffone.

DON GIOVANNI –Da loro ci si può aspettare di tutto: i non violenti.

ALDO – Senta chi parla: porgi l’altra guancia che  riempio la pancia.

ENRICO -  Aldo, basta. E anche lei, Don Giovanni. Siete ridicoli.

DON GIOVANNI – Io ho già terminato. Me ne vado. Arrivederci Eva,  State tutti bene.

EVA – Mi spiace cjhe sia venuto per nulla.

ORESTE –Però ha fatto una bella chiacchierata.

ALDO – Vado anch’io, ho già i cinque minuti  (mi girano le ….., n.d.a.)

ENRICO – Mi spiace Aldo…

ALDO – Non fa nulla, Parlerò con tuo padre un’altra volta. Arroivederci.

PINUCCIA – Stia bene.

DON GIOVANNI – Scendo prima io!  Buongiorno! (esce).

ORESTE – Non si arrabbi, un uomo calmo e rlassato come lei.

ALDO – Vada pure. Tanto i primi saranno gli ultimi, no? (esce, battibeccano da fuori).

EVA – Così non si è concluso un bel nulla, causa quel rompicoglioni!

PINUCCIA – Mamma!

EVA – Quando ci vuole, ci vuole. Oh Enrico, non è gente adatta a te, quella.

ENRICO – Per me conta la persona, non quello che pensa.

PINUCCIA – Eccoti sistemata! Dai mamma,  aiutami a mettere via le tazze, che la Lidia, poverina, è in sciopero. Ma ora la sistemo io! (escono Pinuccia ed Eva).

SCENA VI

ORESTE – (sedendosi) Un bello scontro, vero?

ENRICO – Patetico.

ORESTE – Eh, sei ancora giovane, invecchiando ne vedrai delle belle. E la tua tortorella?

ENRICO – Chi?

ORESTE – La Maria Disgrazia. Hai parlato con tuo padre, o no?

ENRICO – Ma no! Non mi vuole neppure ascoltare. L’unica cosa che mi sa dire è: fai  le valigie!  Ma io devo sistemare questa faccenda in qualche modo,  ho bisogno del suo appoggio anche economico. Però come faccio a parlargliene senza che mi spelli vivo?

ORESTE – Anche tu, però, l’hai combinata grossa, non ti pare?

ENRICO – Mi risulta che anche a lui sia successa la stessa identica cosa. E allora ha fatto di testa sua. Ora che è capitato a me, non vuole sentire ragioni, crede che mi abbiano scaldato la testa, figurati…

ORESTE – Insomma, con  Grazia che accordi hai ?

ENRICO – Che vuoi…a lei ho fatto credere che i miei sapevano tutto, ai miei ho detto che è un po’ di più di un’amica…così per ora le cose non sono ancora precipitate. Ma fino a quando?

SCENA VII

M.GRAZIA -  Oh, eccovi.

ENRICO – Maria Grazia…

M.GRAZIA – Signor Oreste, suo figlio la sta cercando. La attende in fabbrica urgentemente.

ORESTE – Chi, io? Vedete che ha ancora bisogno di me anca se si dà tante arie? Con permesso (esce)

M.GRAZIA – (si butta sul divano) Sono proprio stanca, ho camminato troppo.

ENRICO – Dovresti riguardarti,  lo sai. Sai qualcosa di Johnny?

M.GRAZIA – Johnny sta bene. E poi, ho una sorpresa…

ENRICO – Per piacere Maria Grazia, non fare mosse avventate. Mi devi avvertire, prima.

M.GRAZIA – Va be’, vedrai dopo. (cambiando discorso) Ma sai che i tuoi sono proprio brave persone? Non avrei mai immaginato che potessero prendere  la notizia con tanta filosofia, come non fosse successo niente.

ENRICO – Eh eh, si, come neppure sapessero…

M.GRAZIA – Ma tu non è che hai tralasciato qualche particolare? Hai raccontato proprio tutto, vero?

ENRICO – Ah si, certo…

M.GRAZIA – Tuo padre, poi, è così gentile, premuroso, un vero gentleman. Non hanno certo fatto così i miei. Hanno incassato il colpo, si, ma prima mi hanno fatto una faccia così.

               Anche tua madre, è molto cara: io strabilio.

ENRICO – E adesso c’è anche mia nonna, Eva. Lei, però,  non sarà così contenta di vederti: figurati, mi voleva prete!

M.GRAZIA – Tu? Prete?

ENRICO – Proprio così. Non so cosa darebbe per avere un sacerdote in famiglia.

M. GRAZIA – O questa, poi!

ENRICO – Ma non avevo la vocazione, te l’assicuro.

M. GRAZIA – Me ne sono accorta. (suonano alla porta)  Ecco, sono loro.

LIDIA – Vado io, lo siopero a singhiosso per ora è sospeso.

ENRICO – Ma  loro chi?

M.GRAZIA – Sorpresa….

ENRICO –Non vorrai dirmi che…

M.GRAZIA – Ma si!

ENRICO – No, dimmi che non è vero!

M.GRAZIA – Ma si, Enrico, sono mamma e papà. Sono appena arrivati dal loro viaggio d’affari e io gli ho detto  che tutto è stato chiarito: mi sembrava giusto, no?

ENRICO – Altroché!

M.GRAZIA – Mi sembra che sia ora di togliere la vecchia ruggine fra i tuoi e i miei, e il merito di tutto questo è nostro. Non è bello? Non sei contento?

ENRICO – Come una Pasqua!(modo per dire: contentissimo, n.d.a.)

LIDIA – Signorino Enrico, ma lo sa chi c’è alla porta? Lo sa chi c’è?

ENRICO – Si lo so, lo so, porca di una…

LIDIA – O povera me! Cosa sarà mai successo? Signora, signoraaaa…! (esce).

SCENA VIII

Entrano i signori Gervasi.

MARIO – (trionfante, a braccia tese) Cari, cari ragazzi. Appena  arrivato a casa, neppure il tempo di cambiarmi: mi sono precipato qui, subito, sparato!

DORINA – Cara la mia Grazia. Non ci siamo neppure viste a casa .Ti fa ancora male la pancia ? Sei riuscita a fare aria come ha detto il dottore?

ENRICO – Signor Gervasi, non doveva venire qui!

MARIO – Balle! Di fronte a questa eveniensa,  si mettono da parte le vecchie ruggini  e si festeggia. Dorina, la bottiglia!

DORINA – Oh, Dio, dove l’avrò mai messa…? (la cerca nella borsa)

MARIO – Dove l’hai nascosat, perbacco!

DORINA-  Eccola! Ah,  caro Enrico, ero così in pena per te. Con quella testa dura di tuo padre non si sa mai come finisce….Dammi un bacio, dai un bacio alla tua nuova mamma

ENRICO – Signora, per favore…

MARIO – E tuo padre dov’é? Sapevo che ha la testa dura, ma ero certo che alla fine il cuore avrebbe vinto.

SCENA IX

PINUCCIA – Chi c’è? Oh mio Dio, i Gervasi!!

EVA – E cosa vogliono?

DORINA – Cara Pinuccia, vieni che ti do un bel bacino e dimentichiamoci del  passato (le si fa incontro).

EVA – Giù le mani da mia figlia, falsona!

M.GRAZIA – Pinuccia, abbracci mia madre.

PINUCCIA – Cosa?! La Maria Grassia  vostra figlia? Ecco la somiglianza…

MARIO –Certo che è mia figlia, però adesso non faccia finta di nulla  Lei ha sempre voglia di scherzare!

DORINA – (dando di gomito al marito) Hai visto Mario come fa bene la commedia?

EVA – Stia attenta a come parla, sa!

PINUCCIA – (disorientata) Ma Enrico…lo sapevi tu?

M.GRAZIA – E certo!

MARIO – Bisogna festeggiare, bisogna brindare! Dorina, prendi la bottiglia. Dove l’hai messa, diavolo …

PINUCCIA – Scusatemi, ma io non ho ancora ….

DORINA – Non l’ha ancora visto, lo so, ma più tardi glielo porto.

PINUCCIA – Ma chi?!

MARIO – Ma Johnny, no? Johnny.

EVA – E  cos ‘é?!

MARIO – Guarda come cade dalle nuvole. Guarda Dorina  come fingono. Cresce che è uno spettacolo: tutto Enrico!

DORINA –  Eh, tonterelloni!

PINUCCIA – Oh Dio mio…(si accascia).

EVA – Pinuccia!…Enrico, da te  non me l’aspettavo certo…Pinuccia, stai su, pesi un quintale!

M.GRAZIA – Pinuccia,  che le succede?

ENRICO – Per favore, mamma, non fare scenate.

EVA – Ah no, ora ci mettiamo anche a cantare! E per fortuna avevi le crisi mistiche: se poi non avessi avuto neanche quelle…

M.GRAZIA – Ma lo sapevate, no? Enrico? Non capisco…

ENRICO – Sai, è l’emozione della riconciliazione…

MARIO – Ma sicuro, è  l’emozione. E’ successa la stessa cosa a me, vero  Dorina?

DORINA – Ed io? Sono caduta lunga e distesa come una crosta di formaggio (modo di dire, n.d.a.).

ENRICO – Lidia, Lidia…!

LIDIA – (era già in ascolto)  .Ah!  La signora è morta!

EVA –  Non dire sciocchezze!  E porta un bicchiere d’acqua, presto.

LIDIA – Si, si, vado, volo…(inciampa) ,,,si, vado..(esce).

SCENA X

Entrano Oreste e Gino.

ORESTE – Vedi che non mi ero sbagliato. E’ Gervasi!  Prendo una mazza…

GINO – Papà, non fare confusione…(vede la moglie)  Pinuccia!  Che ha? Cosa hai fatto alla mia Pinuccia?  Cosa le hai fatto (fa per lanciarsi contro Mario).

ENRICO – Niente papà, è solo l’emozione.

LIDIA – (entra col bicchiere)

DORINA – Ma si, è emozionata. Caro Gino, lascia che ti abbracci. E’ veramente tanto tempo che non ci abbracciamo!

ORESTE – Ma che dice, signora!

GINO – (Calmo) Mario, Che fai qui? Ti avevo pregato di non mettere più piede in casa mia!

MARIO – Ma guarda! Vi siete proprio accordati per farci fare la figura dei fessi?  Eh, lo so, lo so che ti rode ancora, ma una piccola soddisfazione te la devo: sono io, Gervasi Mario, che ti slungo la mano e ti chiedo conciliazione, viste le nuove circostanse.

M.GRAZIA – Signor Gino…dia la mano a mio padre.

GINO – Mio padre?!

EVA – Si Gino, è sua figlia…e  c’è pure   Johnny!

PINUCCIA – (riavendosi)  Gino…sei nonno d’un americano!

GINO – Io?!?

MARIO – Ma si, nonno, come me del resto. Gino-Johnny: senti come suona bene.

ORESTE –Io allora sarei già  bisnonno. Diavolo come passa il tempo…

M.GRAZIA – Scusate: volete forse dire che non lo sapevate? Non vi aveva detto Enrico…?

GINO – Enrico vieni qui! Non scappare!  Che storia è questa? Enrico, guardami negli occhi: che faccenda è?  E raccontala giusta perché io t’ammazzo!

M.GRAZIA – Allora non gli avevi detto niente!

ENRICO – E come potevo?  Non mi lasciava parlare! Lui aveva in mente solo la fabbrica e la mia partenza!

MARIO – Forse non sapevano nulla davvero!

DORINA – Bene, ora sanno la rapa e la fava (modo di dire: sanno ogni dettaglio, n.d.a.)

GINO – Io ti spacco la testa! Ti rompo la faccia! (fa per buttarsi).

MARIO – Un momento! E calmati, che la faccenda si è dilungata anche troppo. Non sapevi? Ora sai! E non protestare neppure tanto perché dovrei essere ben più arrabbiato io, dato che ho mantenuto mia figlia e il tuo bravo ragazzo per un anno e mezzo.

GINO – Non hai fatto alcuna fatica, hai usato solo  soldi che mi hai rubato. Bella riconoscenza per averti preso come socio!

DORINA – Par socio? Per succhiargli il sangue, caso mai. Lo hai tanto derubato, che più che in malora dovremmo lasciarvi in mutande!

ENRICO – Ah, è cosi?

MARIO – E’ così!  Fino a che, stanco di tutto ciò, ho aperto io l’attività e gli ho soffiato i clienti.

DORINA – E mi sono fatta anche l’anello coi brillanti: prendi e porta a casa!

ORESTE – Sa dove può metterselo l’anello…?

M.GRAZIA – Comunque, dopo tutte queste chiacchiere, come la mettiamo con Johnny e l’altro?

PINUCCIA / EVA  -    (insieme)  Quale altro?!?

DORINA – (battendo sulla pancia della figlia)  Questo! Questo!

ORESTE – Avete guardato in tasca? Magari ne esce un altro!

GINO – Ma io ti ho mandato a studiare, non a impiantare una colonia di ripopolamento! Perché mai avrei speso tanti soldi? Per mantenere la figlia di questo Giuda?

MARIO – Piano, piano, finora sono io che li ho mantenuti.

EVA – Certamente! Sarà stata sua figlia che …

DORINA – Si, perché suo nipote non s’è accorta che bel pezzo di merce sia?Con la sua bella faccia ha fregato tutti noi e mia figlia in particolare…

MARIO – E non farla tanto lunga, parché se non te li ho dati prima due schiaffi, lo faccio ora.

DORINA – Ha capito signora Pinuccia?

EVA – Si faccia pure avanti, lei.

GINO – Due schiaffi se mai li prenderai tu. Ad ogni modo vi dico subito che non se ne fa nulla. Poi sistemerò anche te. Ecco i tuoi problemi importanti : più di così !

ORESTE – Ora, però, non esagerare, anche tu hai fatto la tua parte: talis pater, talis filius.

DORINA – E prendi anche questa!

ENRICO – Proprio così: se mi avessi lasciato parlare, spiegare qualche volta,  se mi avessi concesso di esprimermi chiaramente, forse questo non sarebbe successo…così, almeno, davanti al fatto compiuto…

GINO – Non c’è fatto compiuto che tenga! E sappiate fin da ora che non sarò mai d’accordo di mettere insieme mio figlio con la figlia di Gervasi. Quel nome non lo voglio sentire più

MARIO – Questa sì che è bella!

GINO – Ma davvero! Dovrete passare sul mio cadavere!

M.GRAZIA – Non ci costringa a sperare che le capiti qualcosa…

PINUCCIA – Facciamo le corna!

GINO – Figurati!  Non mi interessa! Io sono sano come un pesce  e dico e ripeto ancora una altra volta  che mai..e po mai…(si piega su sé stesso)…

ORESTE / EVA – Gino!!

PINUCCIA – Gino, cos’hai?

ENRICO – Papà! (Gino si accascia)

DORINA – Hai visto, zuccone? Il Signore ti ha castigato ! Prendi!

MARIO – Chiamate  un prete!

ORESTE  - Ma quale prete ,un dottore, un dottore, Lidia!!

M.GRAZIA – Io non intendevo questo…

ORESTE – Lei mi giri al largo, che porta iella.

PINUCCIA – Lidia,  presto! Non ci fosse un dottore, un veterinario: è il cuore!

DORINA –Non morirà davvero per farci dispetto?

s    i    p    a    r     i     o

A   T   T   O    III°

Stessa scena degli atti precedenti.

SCENA I

PINUCCIA – (al telefono) Si si, signor dottore…No, crisi non  gliene sono più addivenute. Perbacco, venga quando vuole, anche subito…no, non può. Domani? Va bene, l’attendo con impeto. Si, arrivederci.

LIDIA – Ho preparato una camomilla. Che dice, gliela porto? E’ tanto nervoso…

PINUCCIA – Se avessi le sue preoccupazioni, saresti nevrastitica anche tu.

LIDIA – Io non devo pensare a  nulla, secondo lei? Cucinare, lavare, stirare, spazzettare, …

PINUCCIA – Si, va bene , ho capito. Dammi la camomilla (gliela prende di mano e si avvia verso la camera)  Gino, caro, bevi la camomilla  che ho preparato con le mie mani?

GINO – (da fuori) Bevila tu la camomilla e mandami, se mai, del buon vino!

LIDIA – Credo che si stia riprendendo dallo sok!

PINUCCIA – Porta via, (Lidia esce, lei rimane sulla porta della camera)  Gino, ti ho ripetuto tante volte che non devi alzarti…ora vengo io, aspetta pure che arrivo…(esce).

SCENA II

Entrano Oreste ed Eva.

ORESTE –Vede signora Eva, un uomo può avere anche settant’anni e sembrare vecchio, ma ciò che conta è lo spirito.

EVA – Lo spirito (alccol, n.d.a.) dei cicchetti che ha trangugiato stamane? Ho visto, sa?!

ORESTE –Quelli sono per tirare su il morale. Guardi, io, scendere ancora in fabbrica al posto di Gino, mi fa sentire  un  leone , come avessi ancora trent’anni.

EVA – Per gamba! Non la molla la scena, diavolo di un uomo !

ORESTE – E poi…quando vedo una bella donna come lei…ancora giovane e fresca…

EVA – Ma signor Oreste, mi fa arrossire…(si tocca i capelli) sa quant anni ho?

ORESTE – Potrebbe averne anche ottanta…

EVA – Perbacco no!

ORESTE -…Ma sembrerà sempre una giovincella.

EVA – Oh Dio, mi son sempre tenuta…me lo dicevano, sa, anche i miei due poveri mariti

ORESTE – Insomma, le dirò che mi fa ancora montare il sangue  alla testa!

EVA – Per favore, Oreste, potrei turbarmi…

ORESTE – Ma chi? Lei? Con ben due mariti alle spalle?  Non ci posso credere…

EVA – Non tocchi la memoria dei miei due mariti, poverini!  Due uomini d’oro. Carlo, quello che lavorava nel petrolio…

ORESTE – Ah si? Cosa faceva? Il petroliere?

EVA – No, il benzinaio. Mi voleva un bene…appena aprivo bocca era già lì,  sembrava un cagnolino…povero Carlo, è morto d rabbia!

ORESTE – Oh… e come mai?

EVA – L’ha morsicato un cane  ….

ORESTE – Ah…

EVA – Riccardo, invece, era tutto un altro genere. Un fusto, tutto d’un pezzo! Bello! Dei muscoli così. Faceva il  camionista. Lui volava da una via all’altra con il suo carico…

ORESTE –Trasportava merce di valore?

EVA – Ma no… lavorava per Bottazzi (nota ditta locale di autospurghi, n.d.a.)  Che uomo, mi piaceva tutto di lui, e poi un uomo raffinato, sempre profumato..

ORESTE – E come è morto?

EVA – Incidente sul lavoro. Un giorno è scivolato in una fossa biologica…

ORESTE – Oh, che brutta fine! (Pausa) …Eh,  è stata sfortunata anche lei, come io con la povera Emma, che Dio l’abbia in gloria…E’ anche per questo che oggi prendo il coraggio a due mani e le dico:  Eva….posso darle del tu?

LIDIA – (stava entrando) E una bella camomilla?  E’ già  pronta.

ORESTE – Ma che ci fai tu qui? Va, va….chi ti ha cercato? Va!

LIDIA – Oh, per carità, levo subito il disturbo (esce).

EVA – (sorride imbarazzata)

ORESTE – Dunque, dove ero arrivato?…Ah si…Allora Eva, possiamo darci del tu?

EVA – Be’, in privato faccia pure, ma in pubblico meglio di no , potrebbero pensare male...

ORESTE – Si, allora…(sta per dichiararsi) …Eva…

EVA – (protesa)  Sii…

LIDIA – (c.s.) Hanno visto il mio grembiule per caso? Quello rosso a pois, non lo trovo più!

ORESTE – Insomma Lidia!

LIDIA – Mi scusi, credevo di averlo lasciato qui!  Ho cercato ovunque…

ORESTE – Ma che ne so io! Ed ora va, va, qui non c’è!

LIDIA – Vado, vado, mi scusi…vado subito (esce).

(Pausa. Eva è un po’ seccata. Oreste si dà un contegno).

ORESTE – Dunque…(farfuglia un riassunto rapido di quello che ha detto, poi)’ Era già un po’ che volevo dirtelo, fin da quando era morto il tuo secondo marito, ma poi, per educazione, ho sempre taciuto. Però oggi…

EVA – Dimmi, dimmi pure…

ORESTE – Eva...vorrest ancora una volta…

SCENA III

PINUCCIA – Oreste! Sei qui?

EVA – (seccatissima) Cosa c’è ancora? E’ mai possibile che non si possa stare tranquilli?

PINUCCIA – Mamma, cos’hai?

EVA – Niente! Cosa credi che abbia!

PINUCCIA – Boh!…Ah, Oreste, tuo figlio desidera vederti.

ORESTE – Tu e lui!  Non fate altro che disturbare il prossimo! (Distinto) Mi scusi, signora Eva,  ci vediamo…quinci…(esce molto scenograficamente).

EVA - Arrivederci…(saluta con la mano).

PINUCCIA – Mamma…(Eva si è incantata)  Ohi, mamma!

EVA – Eh?

PINUCCIA – Ma che avete  oggi?  Hai una faccia…

EVA – (sospirando) Pinuccia, senti…dove la tieni la  crema per le rughe?

PINUCCIA – In camera…ma per cosa?

EVA –Per metterla in faccia,  no?  E c’è anche il rossetto?

PINUCCIA – Si, ma…

EVA – Bene. Ci vediamo cara ( esce maestosamente, oscillando i fianchi)

PINUCCIA – Ma cose  da matti! Invecchia e diventa ambiziosa!

SCENA IV

Entra Enrico seguito da Don Giovanni.

ENRICO – Venga dentro Don Giovanni.

DON GIOVANNI – (mettendo dentro la testa)  Non ci sarà  Aldo, per caso?

PINUCCIA – Ma no, entri pure. E dica: come mai di mattina così presto?

ENRICO – (lanciando un’occhiata al prete) L’ho fatto venire io perché vedesse papà.

DON GIOVANNI – Mi sta a cuore la salute dei parrocchiani.

PINUCCIA – (piano) E la borsa, anche.

ENRICO – Mamma!

DON GIOVANNI –Che ha detto?

ENRICO – Niente niente.

PINUCCIA – Ad ogni modo, Don Giovanni, mi dispiace assai  ma il dottore ha detto riposo assoluto e niente visite che lo stufano o lo fanno  inrabire. Perché, caro il mio Don Giovanni, io ho già capito cosa lo ha portato qui. Non cada dalle nuvole: l’avrà mandato  Gervasi!

GINO – (entra con la giacca da camera)  Ma guarda chi c’è: Don Giovanni. E come mai tanto mattiniero?

PINUCCIA – Ma Gino, sei ammattito? Fila subito a letto.

ENRICO – Il dottore ha detto….

GINO – Tu taci! Non dovresti neppure rivolgermi la parola!

PINUCCIA – Comunque  ora torni a letto: via!

GINO – Vacci tu a letto.

ORESTE – (dalla camera)  Stai tranquillo, Gino: ci penso io. Scendo in fabbrica un momento. Arrivederci  Don Giovanni (esce).

DON GIOVANNI – Stia bene.

PINUCCIA – Appena viene il dottore…

GINO – Allora, Don Giovanni, cosa  desiderava?… E si sieda, no?

PINUCCIA – Prende qualcosa?

DON GIOVANNI – No no grazie…(si siede, è visibilmente imbarazzato).

GINO – E  allora?

DON GIOVANNI – Ecco…Io passavo di qui.  Ho incontrato ’Enrico, per caso, e allora ho chiesto: come sta tuo padre?  E lui:  Ma sa che per poco non muore?  (Gino fa le corna). Ah si?  L’avessi saputo prima arrivavo con la boccetta dell’acqua benedetta…(ride fragorosamente nel silenzio generale).

ENRICO – (tra i denti) Non mi sembra il caso di fare dello spirito.

GINO – (ironico)  No, anzi, la prego, vada pure avanti.  Ho una gran voglia di ridere.

DON GIOVANNI – Be’, fatto sta che ieri…sarrano state le cinque, no no, di più, forse le sei…no, che dico…Be’ insomma, incontro per strada, guarda tu il caso, che l’avessi cercato appositamente non l’avrei certo visto…quel signore…come si chiama?….(silenzio generale)….Gervasi…

GINO – Ah si? Ma toh!

DON GIOVANNI – Si…e mi chiedeva se io sapessi come stava…

GINO – Coma stava chi?

DON GIOVANNI – Ma lei, no?

GINO – Ah…si preoccupa per me? Nobile sentimento, nobile!

PINUCCIA – Che faccia di bronzo, ! Prima cerca di farlo crepare  e poi si  preoccupa.

EMRICO – Lascialo andare avanti.

GINO – Proceda pure, Don Giovanni.

DON GIOVANNI – O Dio, nulla di particolare….diceva: se lo vede, Don Giovanni, me lo saluti e gli faccia i miei auguri.

GINO – (piegandosi) Grazie, grazie di cuore…Oh! (fitta)

PINUCCIA – Gino, cos’hai?

GINO – Nulla, nulla, è passato…Ha detto qualcos’altro?

DON GIOVANNI – Altro? No no…cioè si…

GINO – E dica, allora?  Devo cavarle fuori le parole dalla bocca con la tenaglia?

DON GIOVANNI – Ah no no…Ecco, mi ha detto  che siccome…(improvvisamente trova le parole e acquista nuovo slancio)…che siccome io sono un servo del Signore e quindi faccio da intermediario, bene o male, tra Lui, Nostro signore, e noi poveri peccatori… se potessi…

GINO – Se potesse?

DON GIOVANNI – Se potessi...

PINUCCIA – Ma che cosa, perbacco!

DON GIOVANNI – Insomma, fare l’intermediario tra lui e lei, ecco!

PINUCCIA – Tra lui e lei, chi?

DON GIOVANNI – Ma tra lui, Gervasi, e lei, ‘l Gino: l’ho detta finalmente!

GINO – (calmo e ironico) Ah si? Bene. Bravo. Nobile sentimento, nobile.

DON GIOVANNI – (dopo una lungua pausa in cui tutti si scambiano sguardi)  E dunque?   Possiamo pervenire ad una soluzione o no?

GINO – Don Giovanni..

DON GIOVANNI – Eh…?

GINO – Ha visto che bei fiori ha portato la  Lidia? Ne manderò qualcuno per il suo altare.

DON GIOVANNI – Ah si? Nobile sentimento, NOBILE!

GINO – Senta Don Giovanni, ora basta…

ENRICO – Si, sarebbe ora di smetterla.

PINUCCIA – Io non ho capito  nulla.

GINO – Che ne dice?  Smettiamo di prenderci in giro?

DON GIOVANNI – (scatenandosi)  A me lo dice!  (si alza) E’ mezz’ora che che lo imbonisco con ogni riguardo possibile,  ho  i sudori freddi sulla fronte, e lui dice a me: smettiamola di prenderci in giro!  Proprio lui che mi ha sfottuto fino ad ora  col Nobile sentimento, nobile! Ma siamo arrivati a un bel punto, dico io!

GINO – Perché lei è venuto a casa mia a raccontarmi delle frottole .

DON GIOVANNI – Chi? Io? Un  sacerdote? …E poi, ne avessi anche detta qualcuna, è a fin di bene, oh!  Io non capisco! Tutti sparlano d questo povero prete e appena hanno un problema serio, corrono da me!  Devo fare la faccia di bronzo, farmi insultare  e sorridere oltretutto. Signore, se non merito il paradiso io non lo merita nessuno…!

PINUCCIA – Che discorso!

ENRICO – Ha ragione.

DON GIOVANNI – Diavolo, se ho ragione! Comunque ora basta. Mi lavo piedi  e mani come Pilato (fa per andarsene).

ENRICO – Don Giovanni, la prego…

GINO – Don Giovanni..

DON GIOVANNI –Che c’è ancora?

GINO – Lei avrà tutte le ragioni del mondo, ma io non ho tutti i torti.

DON GIOVANNI – Abbiamo tutti ragione!

GINO – Se Gervasi ha qualcosa da dire, perché non si presenta di persona, senza usare intermediari,  che poi non c’entrano nulla?

DON GIOVANNI – Oh,  forse l’ha capita! Ad ogni modo, sappia, che a parer mio non è cristiano quello che sta facendo.  Nostro Signore si è fatto mettere in croce  perun atto d’amore, e lei si defila per non dare  la benedizione a due ragazzi che, d’accordo,  avranno sbagliato, ma chi non sbaglia? Lei, forse?

PINUCCIA – Piano…il cuore…

ENRICO – Lui è infallibile…

DON GIOVANNI – Già perché, se non ricordo male, Enrico deve essere un caso eccezionale, dato che è nato di cinque mesi, dopo il  matrimonio, si capisce. O NO?

PINUCCIA –E’ colpa mia se è giunto in anticipo?

DON GIOVANNI – Voi avete fatto  l’anticipo, cara la mia signora tutta casa e chiesa!

GINO – Lasciamo stare il passato, lasciamo perdere…

DON GIOVANNI – Lasciamo perdere un cavolo! Lei ha fatto il diavolo a quattro contro suo padre o non se lo ricorda più? D’altronde, qui c’è solo da impartire la  benedizione, perché il matrimonio è già stato celebrato e consumato.

PINUCCIA – Cosa? Anche celebrato? Ma Enrico…i confetti…?

GINO – Ma bene! Tutto al  completo!  Però ora hai proprio passato il limite, ogni limite hai passato.

ENRICO – Ero maggiorenne, potevo farlo. E poi lo hanno preteso i Gervasi, intanto che io, nel frattempo, avessi cercato di sistemare le cose con voi. Ma per paura, rimanda oggi, rimanda domani…

PINUCCIA – Ecco perché non aveva più la catena  e l’anello: li ha usati per le fedi.

DON GIOVANNI – Ecco, ora sapete come stanno le cose, ed era ora.

GINO – Allora, dato che è così, dica al  Gervasi che se li ha fatti sposare, li mantenga pure. E si tenga  Johnny e anche l’altro, Jimmy.

SCENA V

MARIO – (irrompendo)  E’ comodo, sarebbe molto comodo!

PINUCCIA – Mario, da dove è entrato?

MARIO – Dalla porta.

GINO – Questa è violazione d domicilio.

ENRICO – Ma no, sono stato io a farlo accomodare in anticamera quando è arrivato Don Giovanni, perché pensavo proprio che almeno lui riuscisse a sistemare le cose…

DON GIOVANNI – E si, io sono come una purga che fa passare tutto!

MARIO – Credevo anch’io, infatti,  che si lasciasse convincere almeno da Don Giovani, e invece da quel che ho sentito, vedo che non capisci una bella  mariannassa .

DON GIOVANNI – Oh parbacco!

PINUCCIA – Par carità, Mario, non venire ad agitare le acque in casa mia, perché mio marito ha bisogno di quiete. Gino, stai bene? Ora lo mando fuori.

GINO – No, lascialo restare, così ci chiariamo una volta per tutte.

DON GIOVANNI – Bene, finalmente il mio compito è finito.

PINUCCIA – No no, non se ne vada, per carità, faccia il moderatore…non vorrei che finisse ancora a schiaffoni…

MARIO – Per forza, con certe teste dure bisognerebbe fare così.

GINO –Prova …oh! (fitta).

PINUCCIA – Gino!

GINO –Niente…

MARIO – Visto la punizione del Cielo? C’è una giustizia, dopo tutto.

DON GIOVANNI – Guardi che io lo dico da trent’anni.

PINUCCIA – (a Mario) Proprio lui parla, dopo tutto il male che gli ha provocato!

MARIO – Chi, io!?  Che avrei dovuto fare quando mi sono accorto che il mio caro amico nonché socio mi derubava a tutto spiano?

PINUCCIA – Dice sempre la stessa cosa.

MARIO – Lo domandi a lui. Vediamo se di fronte alla  morte imminente riesce a negare.

DON GIOVANNI – Non esageriamo: ne ha ancora per almeno tre o quattro giorni.

MARIO – Dillo tu Gino, che fine hanno fatto i miei soldi? Quale fine, Gino?

GINO – Ma che ne so…non lo so!

ENRICO – Papà, tocca a te dare spiegazioni.

DON GIOVANNI – Tsss! Quanto da confessare!.

MARIO – E ora che io venivo a porgere la mano per primo, umiliandomi, lui fa il superbo, l’egoista. Sei sempre stato un egoista, anche nei confronti di tuo figlio che non ha colpa.

PINUCCIA – Lo docevo che era tutta colpa di  Maria Grazia.

MARIO – E no, Pinuccia! Bisogna esserci in due, non lo sa? E’ lui, caso mai,  che per far soldi, non ha mai trovato tempo e voglia di seguire suo figlio. Voleva farlo riuscire più di tutti, per il suo bene, così diceva: ma che ne sai tu del suo bene, zuccone!

GINO – Infatti ho visto che tu, che hai sempre seguito tanto tua figlia, lei si è mantenuta  pura e cristallina.

MARIO – Avrò sbagliato anch’io, sicuramente, ma io son pronto a rimediare. E perché dovrei metterli in croce ancora, tanto oramai…

GINO – Ah, sarei io che li metto in croce?  Io credo che fino ad ora se la sono proprio spassata ben bene, perché se Johnny  è già tra noi e Jimmy è in arrivo, è un po’ d tempo che menano il torrone (si divertono, n.d.a.).

ENRICO – Anche perché mi ero stufato di fare  solo quello che volevi tu.

SCENA VI

ORESTE – (da fuori) Dove va signora, dove va?

DORINA – (entra furibonda) Dov’è mio marito? Ah, eccolo…Mario, andiamocene da questa casa. Non ti sei ancora umuliato abbastanza? Piuttosto ci teniamo i bastardini, ma andiamocene da qui!

ORESTE – (entrando) Non son riuscito a trattenerla.

PINUCCIA – Per finire mancava solo lei, carala mia pescivendola!.

M.GRAZIA – (entrando) Papà, ha ragione la mamma: andiamo.

PINUCCIA – Oh, c’è anche il fiore reciso in giovane età.

ENRICO – Maria Grazia, che ci fai qui?

DON GIOVANNI – C’è qualcun altro?

EVA- (entra tutta truccata)  Che sta succedendo?

DON GIOVANNI – Ma…come s è conciata? E’ già Carnevale?

DORINA – E lei Don Giovanni, avevo  tanta fiducia…cosa ha combinato? Un bel nulla.

DON GIOVANNI – Signore, trattienimi!

MARIO – Cara  Dorina, credo proprio che non ci sia nulla da fare. Che vuoi?  Non vedi che non parla neppure. E’ il rimorso che ti cuce la  bocca?

GINO – Appena starò meglio, vedrai come farò andare  la fabbrica.  Verrai a cercarmi un tozzo di pane in ginocchio.

MARIA GRAZIA – Papà, andiamo!

MARIO – Si, ma prima voglio dire ancora una cosa: mi fai proprio pena, Gino!  Io, però, non sono come te, sono capace di metterli in casa anche da solo questi ragazzi.

DORINA – Sei impazzito? Paghino anche loro per il caro Enrico.

ENRICO –(ironico) Grazie Dorina, lei è una donna generosa.

MARIO – Ma che m’importa del denaro: l’ho guadagnato appunto per usarlo. Ma, che vuoi:  non siamo tutti uguali.

GINO – Viva il tuo buon cuore! Infatti vedo che ti sei fatto uno scrupolo prima di mandarmi alla malora! Parliamoci chiaro: tra tre mesi si chiude bottega. Ora sarai contento.

ORESTE – Siamo a questo punto?

EVA – Oh Signore !

PINUCCIA – Care pellicce, addio !

MARIO  -  Forse prima  l’avrei voluto, ma ora….ora  m’interessa sistemare i ragazzi…e per loro, solo per loro, che ti dico….(pausa, fa uno sforzo)  Gino, io sono pronto a prenderti con me, pronto a dimenticare il passato, ricominciare ancora da capo…come una volta…purché tu ti decida a sistemare quest’affare.       Guarda a che punto son giunto!

DORINA – Ma sei troppo buono, troppo, per questi pezzenti!

ORESTE – Gino…

MARIO – Purché si mettano assieme i nostri ragazzi e non ci siano più rancori tra padri e figli e tra le nostre famiglie.

PINUCCIA – Gino…hai sentito  Mario…?

ENRICO – Papà…

MARIA GRAZIA – Ma non vedete che non vi ascolta neppure? Cosa aspettiamo ad andarcene?

GINO – Ed io dovrei venire date come dipendente?

MARIO – Dipendente no, da socio o una cosa del genere... Creiamo una  fabbrica più grande. La contabilità, però, la tengo io, eh? E si!

GINO – (prostrato) Povero me, come mi sono ridotto….guarda come mi sono ridotto…(lentamente, faccia a terra, esce).

DORINA – (interrompe un lungo silenzio)  Che bella faccia di bronzo!

MARIA GRAZIA – Ce ne vogliamo andare, ora?

DON GIOVANNI – Santa pazienza, che carattere!

ORESTE – E’ sempre stato orgoglioso, ha una testa dura…!

Si sente un colpo, forte e secco, provenire dalla parte da cui è uscito Gino.

DORINA – Cos’è?

PINUCCIA – Una pistola, questo è un colpo di pistola! (agitazione e grida, finché Pinuccia corre verso la camera, ma sulla porta appare Gino che tiene in mano una bottiglia di spumante appena stappata)

GINO –Credevate davvero che mi fossi sparato, eh?  Vi sarebbe piaciuto, eh?

PINUCCIA – Gino, che paura mi hai fatto! Mi si è cambiato il sangue in acqua!

EVA – Ma sono scherzi da fare?

DON GIOVANNI – E’ proprio matto come un cavallo!.Speriamo che il Signore lo giustifichi.

GINO – No reverendo, spiacente,  ma non sono affatto impazzito: sa perché ho questa bottiglia in mano?

DON GIOVANNI – Le sarà venuta sete.

GINO – E’ perché…(pausa) perché ho deciso di accettare la proposta di Mario:  e si  festeggia.

MARIO – O per la Madonna!…pardon, don Giovanni…ci voleva tanto?  O magari…(cambia espressione)    aspettavi proprio la mia proposta, eh?         Dì la verità, brutto ruffiano!

GINO – E bravo, altrimenti chi avrebbe salvato la mia  fabbrica? Don Giovanni?

ORESTE –Guarda Gino, per una volta se stato un furbo. Si vede che sei figlio del tuo papà.

ENRICO – Vuoi dire che ci darai il tuo consenso?

GINO – Oh, quello volevo darlo già l’altro giorno, per quel che mi costa. Poi, però, mi sono detto: se ha tanto a cuore la sistemazione della figlia, farà quella proprosta che mi interessa tanto e infatti…ti conosco troppo bene, caro  Mario…

DORINA – Visto ? Anche stavolta te l’hanno messo in quel posto : prendi e vai, il mio bel fessacchiotto !

MARIA GRAZIA – Mamma…!

GINO – E per dimostrare che non sono cattivo come dicono, offro io l’abitazione. Perché, se ho inteso bene, questa casa si vuota presto, vero vecchietto?

ORESTE – Cosa?

GINO – Forza, ripeti quel che mi hai detto oggi…o ti vergogni?

EVA – (drizzando le orecchie)  Perché, che c’è di nuovo Oreste?

ORESTE – Ecco…insomma…se la signora  Eva volesse….me….io sarei disposto a sposarla!

EVA – Oreste, ‘ho la tremarella alle gambe!

DON GIOVANNI – Sarà l’arteriosclerosi!

PINUCCIA – Ora capisco   la crema e il rossetto…

ENRICO – Eva, ma  è il terzo. Reggerai?

EVA – Vuoi scherzare? …Oh, povera me, son tutta sudata …(a Oreste) Si si, verrà a stare da me: casa mia non vede l’ora di rivedere un paio di pantaloni in giro.

DORINA – Auguri, auguri. Mi dia un bel bacio. Io ai matrimoni piango sempre. Quando si è sposato il mio Lodovico ho pianto un’intera settimana.

PINUCCIA – Cara mammina, ti porti in casa un peso!

GINO  – Mario, dammi la mano (se la stringono)… Acqua passata?

MARIO – Per forza!  Anche stavolta, però,  mi hai fregato.

EVA – Oreste, letti separati, vero?

ORESTE – Ma alla nostra età  per cosa dovremmo metterli insieme?

DON GIOVANI –Ma guarda:  due ragazzi freschi come l’acqua  e due vedovi vecchi bacucchi. E’ proprio vero: il Signore li crea e poi li accoppia!

s    i    p    a    r    i    o

F i n e     d e l l a      c o m m e d i a