Settimo: ruba un po’ meno

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SETTIMO: RUBA UN PO' MENO

 


due tempi di Dario Fo

a Franca

Elenco dei personaggi

Quattro becchini

Enea

Direttore del cimitero

Commercialista feretrofobo

Moglie del feretrofobo

Battona

Commissario

Due agenti

Due altre battone

Ladro

Guardiano

Moglie del guardiano

Due suore

Cinque pazzi

Professore pazzo

Madre superiore

Ricattato

Giudice

Eccellenza

PRIMO TEMPO

Magazzeno di un deposito bare del Comune: un ambiente tutto archetti neoromanici. Bare grezze ammucchiate un po' dapper­tutto; un carro funebre sgangherato, aperto sui quattro lati; un carrello per il trasbordo delle bare; un tubo di scarico che parte da una colonna e si interrompe spezzato a tre quarti dal soffitto. Da un lato entrano quattro becchini con una bara tenuta a brac­cia alte sopra la testa. Per passare sotto lo stipite del cancello, sono costretti a camminare piegati sulle ginocchia alla maniera dei danzatori russi. Depongono la bara sul catafalco al centro della scena, concludendo la canzone che avevano iniziata al lo­ro apparire:

Un gran bel mazzo di crisantemi

per compleanno donato le ho;

la mia morosa è un poco smorfiosa:

che fo il becchino non le dirò.

Un gran bel mazzo di crisantemi                         

per compleanno donato le ho.

Sta disgraziata m'ha dato un pugno:

pensier gentile, gradisce no.

primo becchino Piano, che mica c'è dentro un cadavere per sbatterla a sto modo!... (Chiama) Enea! (Riprendendo il tono normale) Tirate fuori la roba: intanto io vado a vedere dov'è.

Estraggono dalla bara bottiglie, fondine, gavette e una tovaglia colorata che vanno a distendere sul catafalco.

secondo becchino    Sentite: d'accordo che io sono nuovo dell'ambiente, ma non c'era un posto un po' più allegro per andare a mangiare?

terzo becchino Più allegro? Quando conoscerai Enea, mi di­rai se non è un posto allegro!

quarto becchino (ad alta voce) Enea!... Eccola laggiù sta mat­ta: sta dando acqua ai fiori di ferro. Valla a chiamare!

Il primo becchino esce sul fondo.

secondo becchino    Ma è una donna?

terzo becchino Già, l'unica donna becchino del mondo... Una donna speciale, però: vedrai che spasso!

secondo becchino    E si chiama Enea?

terzo becchino Eh si, suo padre è andato giù a piedi giunti: « Tutti i nomi che finiscono per "a" sono femminili », ha pen­sato; quindi Enea non poteva che essere un nome di donna.

secondo becchino   Ah, ah, che testa! Ma come c'è arrivata qua?

quarto becchino   C'è nata.

terzo becchino È la figlia di un becchino, o meglio del guardia­no del camposanto, uno che beveva come un annegato. Per riu­scire a superare il fatto macabro dell'ambiente si è messa a bere pure lei.

quarto becchino Dovevi vederli: ciucchi tutti e due dalla mat­tina alla sera.

terzo becchino Poi lui è morto e lei ha preso il posto del pa­dre; anche come bevitrice, s'intende.

quarto becchino Ma il bello è che non beve solo vino, ma an­che le storie, le più grosse che le racconti...

Portano due bare all'altezza del catafalco imbandito: serviran­no da panche.

terzo becchino L'abbiamo convinta di essere una grande me­dium, e la facciamo parlare con i morti: tu tu tutut, e lei che si mette a conversare con l'aldilà, come fosse al telefono! « Pronto?... Con chi parlo?... », e uno da dentro il tubo di sca­rico: «Parli con li mortacci! », e lei tranquilla che va avanti: « Scusi, mortacci, vorrei parlare eccetera, eccetera ». Non ti di­co, noi, piegati in due...

Tutti ridono.

secondo becchino    Ah, ah! « Scusi, mortacci »...

Nell'eccitazione divertita della scena, il secondo becchino urta coi polpacci una cassa, perde l'equilibrio e cade all'indietro finendo disteso nella bara vuota. I compagni, infervorati nel rac­conto, di nulla si avvedono. Uno di essi, anzi; lascia cadere il coperchio sulla bara appena occupata. Mentre il racconto pro­cede, i becchini incominciano a rendersi conto con preoccupato stupore della misteriosa sparizione del loro interlocutore.

quarto becchino Ma il più bello scherzo glielo stiamo prepa­rando proprio in questi giorni: le abbiamo fatto credere che il Comune ha in progetto di far sgomberare il camposanto e di trasportarlo a dodici chilometri fuori città.

secondo becchino (alzando di scatto il coperchio della bara come in una improvvisa resuscitazione)    Ah, ah!... Tombe e tutto?

terzo becchino Sicuro, in quanto l'intera area verrebbe adibi­ta a verde pubblico! Parco, laghetti, giardino zoologico. (Ac­cenna all'ingresso) Ma stai buono, che arriva...

Entra la becchina. Indossa la stessa divisa dei compagni e il ti­pico berretto a visiera che le nasconde i capelli: calza degli sti­valoni di gomma che la costringono a camminare come il gatto delle sette leghe. Scaraventa annaffiatoio, pala, rastrello. Butta in terra il berretto e prende a calci tutto ciò che le capita a tiro. Toglie i fiori dall'annaffiatoio e li va a mettere in un secchio ap­peso al carro.

enea    Porcaccia la miseriaccia, sti balordi faccia di palta!

terzo becchino   Ehi, che ti prende?                         

primo becchino Stavo raccontandole del discorso che ha tenu­to il sindaco a proposito dello sgombero del camposanto...

enea Potevate dirmelo che ci venivo anch'io in Comune... Glie­lo facevo vedere io al sindaco: gliene dicevo quattro! (Accenna ad andarsene con l'annaffiatoio).

primo becchino Brava, così ti mettevano dentro. Stai qui buo­na, adesso, e calmati: beviamoci su. Oh, conosci Armando? È uno dei nuovi.

enea    Piacere.

secondo becchino    Piacere.

enea Ma cosa li assumono a fare se poi, tanto, sbaraccano tutto quanto?! (Inclina distrattamente l'annaffiatoio: un getto d'ac­qua annaffia i piedi di Armando, secondo becchino).

secondo becchino (gridando)    L'acqua!

enea    Scusa.

terzo becchino Beh, forse è proprio per sbaraccare, sai: dover buttare all'aria tutte ste tombe...

quarto becchino Io, già, mi domando se hanno pensato al bel­lo spettacolo che ne salterà fuori.

terzo becchino Ma tu, te le vedi le migliaia di salme che at­traversano la città giorno e notte, giorno e notte, per mesi e mesi?

primo becchino Ah, per questo, hanno già risolto: fanno un cadaverodotto.

enea    Un che?

primo becchino Un cadaverodotto! (Mima con gesti appropria-ti le azioni della battuta che segue) Un gran tubo di un metro di diametro: un sistema sul tipo, in grande, di quelli per la posta pneumatica. Ti infilano la salma in una specie di siluro, il si­luro viene infilato a sua volta nel tubo, che, da qui, va fino al nuovo camposanto periferico, e plaff... fuori uno!... fiiiiiitt, il tempo di un requiem, e, patatrac, a destinazione, già dentro al suo loculo, sistemato!

enea (stravolta)    Oh!

terzo becchino (smaccato)    In America lo usano già da anni.

enea    In America?

terzo becchino    Sì!

enea (schifata) Ecco, in questi casi io capisco quelli che votano per il comunismo. Andiamo, il cadaverodotto!

primo becchino (ballista sadico) Già, ma tu non sai la cosa più importante: che il cadaverodotto rimarrà in funzione anche do­po, per i funerali!

enea    Sei sicuro?

primo becchino (rincarando senza tregua) Eh sì, capirai: di­ciotto chilometri di strada per arrivare laggiù, sarebbe un viag­gio eccessivo. Cosi, invece: tutti in cadaverodotto! Nel primo siluro la salma: fuori uno! (Ruota la testa di scatto quasi ad ac­compagnare il passaggio rombante del siluro funebre) Gniaaoo! Nel secondo la vedova: fuori due! (Come sopra) Gniaaoo! E nel terzo il prete con i due chierichetti: fuori tre! (imita il sibi­lo del siluro terminando in un salmo) Ghiaaooagnus Dei qui tol-lis peccata mundi, ploch! E per finire, un siluro cumulativo con parenti... (I becchini ripetono in coro gesti e miagola del primo becchino come spettatori al passaggio di una corsa automobili­stica). Amici...

i becchini (in coro)    Gniaaoo!

primo becchino    E le solite due beghine...

primo tempo                                                   

i becchini (in coro)    Gniao, gniao!

primo becchino    Che nessuno sa da dove vengano.

secondo becchino    Che schifo! E noi che ci staremmo a fare, allora?

terzo becchino (demagogo) Noi ci sbatteranno fuori tutti e al nostro posto metteranno dei tecnici, con camice bianco, penna stilografica al taschino...

secondo becchino Porco qui, porco là! Hai ragione tu a sacra­mentare a quel modo. Bisognerebbe andare in piazza con dei cartelli...

enea Ah, no! Mi dispiace, ma io sono contro le piazzate. E ti di­rò che, se le autorità hanno deciso così, vuoi dire che è bene fa­re cosi. In fondo, lo fanno per guadagnare del verde per il pub­blico, quindi...

terzo becchino Come si vede che non capisci un tubo... Come diceva quel tale: c'è del marcio in Danimarca!

enea    Del marcio in Danimarca?

terzo becchino (con atteggiamento da tribuno) L'affare non lo fa il pubblico, ma un gruppo di speculatori associati, che hanno comperato in blocco tutte quante le costruzioni, le case che cir­condano il cimitero.

quarto becchino (spalla del tribuno) Tutte case che sono ov­viamente deprezzate dal fatto che, chi ci si affaccia, si trova ad ammirare un bel panorama di tombe.

primo becchino (spalla della spalla) Eh già: quindi tutta roba venuta via per una stupidaggine, un miliardo o poco giù. E che quando, al cimitero, sarà sostituito il più bel parco della città con alberi, laghetti...

quarto becchino (raccoglie le ultime briciole) Scimmie, leoni, ippopotami...

enea    Anche l'ippopotamo?!

primo becchino    Sì, si, anche.

enea    Oh, mamma!

primo becchino    Ebbene, mi sai dire a quanto salirà di valore?

terzo becchino   Eh, c'è del marcio in Danimarca...

primo becchino    Avanti, di' una cifra a caso... Avanti, esagera!

enea (buttando là)    Mah, due miliardi? !

primo becchino (scuote la testa) Otto miliardi! Hai capito? Sette miliardi di guadagno. E poi dicono che il sette è un nu­mero che porta male.

enea    Che marcio che c'è in Danimarca!

secondo becchino (fingendo enorme indignazione )   Schifosi maledetti! È chiaro che sono stati loro ad ungere qualche assesso­re perché presentasse il progetto di sgombero.

enea Beh, che c'è di male: se uno compera una cosa, ha il diritto di cercare di valorizzarla! Siamo in un paese democratico, mi pare!

terzo becchino Ah, la chiami democrazia speculare sulle tom­be dei morti, comperare quattrocento tombe in blocco, pari ad un'area di circa ventimila metri quadri, come hanno fatto quelli?

secondo becchino    Ventimila? (Gli fa cenno di non esagerare).

enea    Ventimila! Per farne che?

terzo becchino (chiedendo aiuto al primo becchino) Per farne che?

primo becchino (rivolto ad Enea) Ma come, non conosci la leg­ge 143 QR sull'esproprio?

enea La legge 143 QR? (Ci pensa un po' su) Mi sfugge. Che di­ce la 143 QR?

primo becchino (inventando) Dice: « In caso di esproprio di area privata... »

quarto becchino E nel nostro caso le quattrocento tombe, so­no proprietà privata...

primo becchino « Area da trasformare in verde pubblico, i pro-prietari dell'area stessa possono ritenersi esentati da esproprio qualora, lo spazio suddetto, venga adibito a costruzione di ospe­dali o cliniche in genere... »

quarto becchino    Hai capito? Cliniche in genere!

terzo becchino Il tutto nel bel mezzo del più bel parco della città!

quarto becchino    Scimmie, leoni, ippopotami.

enea Beh, si, per gli ippopotami ti do ragione... Cosi grassi, sem­pre bagnati, fanno schifo anche a me.

terzo becchino E questa sta a pensare agli ippopotami! Quelli guadagnano miliardi, commerciano in cadaveri!

enea    Commerciano in che?

terzo becchino Ma dico, dove hai gli occhi tu! Quelle tombe, nel reparto centrale laggiù, sono occupate o no?

enea    Sì, sono occupate: e allora?

terzo becchino E dal momento che sono di una società priva­ta, dove credi se li siano procurati i cadaveri per riempire ste tombe?

enea    Dove se li sono procurati?

primo becchino    Beh, se li sono comparati.

enea    Comperati?! Ma dove?

terzo becchino All'estero, roba di contrabbando... Jugoslavia, per esempio, in cambio di radioline giapponesi.

Gli altri becchini fanno sforzi evidenti per non scoppiare a ri­derle in faccia.

enea    Ma tu guarda! Allora, quella salma che c'è di là in camera ardente e che è capitata qui, dicevano, per dis...

primo becchino   Per disguido burocratico.

enea    Si, dico, invece non è vero niente, è una salma jugoslava!

terzo becchino    Oh, brava, l'hai capita finalmente!

Le risate mal trattenute dei becchini si trasformano in strani mugolii.

enea    Eh beh, non sono mica scema. Però, che razza di balordi!

primo becchino No, loro sono furbi. Balordi rimbambiti siamo noi, che stiamo qui abbioccati a guardare.

quarto becchino    E ci lasciamo licenziare.

enea    Beh, ma cosa vorresti fare?

terzo becchino Ah, già, cosa vorresti fare? Sentila, lei, che par­la, perché tanto casca sempre in piedi!

enea    Come casco in piedi?

terzo becchino Andiamo, sei una donna... e per di più, lascia­telo dire,...                                                         

enea    Per di più, cosa?

terzo becchino   Te lo lasci dire?

enea    Sì, sì, me lo lascio...

terzo becchino Beh, se io fossi una donna come te, con il tuo temperamento, la tua carica sensuale, andrei in giro con un ma­terasso dietro la schiena.

Il primo becchino sembra stia per soffocare: mugola come un cane al quale abbiano schiacciato la coda. Enea lo guarda senza intuirne la ragione.

quarto becchino    Anch'io!

terzo becchino    Farei tanti di quei soldi da riempirmici il ma­terasso.

secondo becchino    Anch'io!

enea Cos'è, cos'è sto fatto dei soldi dietro la schiena? Cosa ci si dovrebbe fare con sto materasso?

primo becchino    Sdraiarcisi.

enea    Eh?

primo becchino Ma, dico, sei proprio dura, eh! Sdraiarcisi co­me fanno quelle che passeggiano là in fondo, dall'altra parte della piazza.

enea Dovrei fare la battona, insomma. Carini! Grazie del com­plimento.

primo becchino   Dico, mica ti sarai offesa! È un consiglio, più che disinteressato.

terzo becchino Un consiglio che si dà ad una persona amica... Di più, ad una sorella!

enea Ah, perché, tu saresti contento di avere una sorella che batte?

terzo becchino Mio padre quando è nata mia sorella si è mes­so a gridare: « Oh, finalmente una femmina! Speriamo che ab­bia il temperamento e che faccia fruttare ciò che la natura vor­rebbe fosse donato gratis, e che la buona morale fa sì che venga venduto sottobanco ».

Mugolio del primo becchino al quale gli altri fanno cenni affin­ché si calmi.

enea   Oh, ma com'era originale tuo padre!

terzo becchino Originale, ma saggio. Invece quella disgraziata ha voluto studiare da maestra... (Il primo becchino sbotta in una risata acuta e singhiozzante del tutto simile al chiocciare di una gallina al suo primo uovo). Si è sposata e ha avuto tre figli, tutti dal marito. Poverino, mio padre c'è morto di crepacuore!

Il primo becchino continua nel suo assurdo chiocciare.

enea e terzo becchino (guardando verso il primo becchino, ri­sentiti)    Oh, che hai?

primo becchino (che ormai non riesce più a trattenersi) Coco-coco! (Si guarda in giro, apre una cassa ed estrae una gallina vi­va e vispa: se ne va - mette in quinta la gallina — e rientra su­bito con un uovo che si beve con aggiunta di sale).

enea Beh, mi dispiace, ma tuo padre era un po' matto. Voler far cadere una figlia così in basso...

primo becchino (ormai calmato)   Ecco il luogo comune dei pitocchi! No, cara: per una donna la prostituzione, come diceva Eraclito, è il salire verso l'alto, è il primo gradino verso l'eman­cipazione.

enea    Oh, questa poi!

primo becchino Sentiamo un po': l'uomo non è forse superio­re alla donna, proprio perché la mantiene?

enea    Beh, si. E allora?...

primo becchino Allora, ecco che tutte le battone mantengono il proprio uomo: l'unico caso di superiorità della donna sull'uo­mo.

secondo becchino    Un uomo che si è scelto da sola.

quarto becchino   E che vive grazie a lei.

primo becchino L'unico caso di vera emancipazione, primo tra­guardo verso la eguaglianza sociale dei sessi.

terzo becchino   Come dice giustamente la loro canzone.

enea    La canzone di chi?

terzo becchino   Delle battone!

enea    Le battone hanno una canzone?

primo becchino Come no? È un vero inno di battaglia. Non la conosci?

enea    Io no.

terzo becchino   Beh, vieni qui che te la cantiamo.

I quattro becchini salgono sul carro che, per l'occasione, si tra­sforma in teatrino da caffè concerto: ognuno si mette sulla fac­cia una maschera carnevalesca da donna, e, sgambettando alla maniera delle ballerine da avanspettacolo, cantano:

   

Le prime donne che dai Crociati

in Palestina furono sbarcate

eravamo noi, noi svergognate

le prime vere femmine crociate.

Nel Nuovo Mondo fummo in quaranta

le prime donne della Spagna santa:

prima dei preti noi fummo sbarcate

ed ai cacicchi poi fummo vendute.

Noi siamo il faro di civiltà,

le vere dame di carità:

vendiamo amore che non ha prezzo d

i sottobanco e a sottoprezzo.

Quando nel tempo, ormai passato,

in case chiuse si faceva peccato,

il nostro amore ci venia tassato

e circa un terzo si prendea lo Stato:

con questi soldi, han calcolato,

si son pagati 'na corazzata,

'na corazzata e un incrociatore

che ancora oggi se ne va sul mare,

tutto pagato col nostro amore

trenta per cento del nostro amore.

Se pensi poi che i marinai

la quindicina con noi l'hanno spesa,

e che noi di nuovo l'abbiamo resa

per un bel terzo al nostro regio Stato,

risulta chiaro che abbiam coperto

tutte le spese dell'ammiragliato,

e il nostro Stato per la sua fregata

manco una lira avrà così sborsata.

Noi siamo un faro di civiltà,

le vere dame di carità:

la patria sempre ricordar ci dovrà.

E quando passa un incrociatore

pensa che è fatto col nostro amore!

Alla fine della canzone giungono dall'esterno, o meglio, dal fon­do della platea, grida e spari, riprodotti con sistema stereofo­nico. Il frastuono è sommerso da un continuo ululare di sirene. I becchini avanzano in proscenio dove si immagina esistano delle finestre.

enea    Cosa sta succedendo? Chi spara?

secondo becchino    La polizia!

terzo becchino    Per la miseria, ci danno dentro forte!

primo becchino    Ma con chi ce l'hanno?

enea    Forse con dei banditi.

secondo becchino Eccoli laggiù.

enea Oeuh, ma quanti! Mai visti tanti banditi in una volta so­la...

terzo becchino   Già, e coi cartelli in mano...

enea    Saranno banditi in sciopero...

primo becchino    Guarda, stanno venendo da questa parte.

enea Dico, mica penseranno di ripararsi nel camposanto? Ma che fa quello?

terzo becchino    Quale?

enea Quello: s'è buttato per terra... Che incosciente, vuoi farsi prendere sotto a tutti i costi dalle camionette... (Urlando) Di­sgraziato! Tirati su di li! (Con tono normale) Meno male che ci sono i suoi amici che lo sbaraccano via. Ma guardalo che spiri­toso: si fa trascinare come un sacco... (Gridando) Ignorante!

primo becchino    Per forza, non vedi che l'han beccato in testa?

enea    Chi l'ha beccato, con che cosa?

terzo becchino    Con una pallottola, non senti come sparano?

Sempre dal fondo della platea, giungono grida coperte dal cre­pitare dei fucili.

enea Ma fa' il piacere, sparano ma son colpi a salve... tanto per spaventare...

I becchini si sono messi carponi e vanno a ripararsi dietro le ba­re. Enea rimane tranquillamente in piedi nel bel mezzo della scena.

terzo becchino Allora spaventano forte perché, guardane là un altro, a quello lo spavento l'ha beccato in una gamba... Po­veraccio, è finito lungo disteso.

enea Già, forse non sono proprio a salve. Beh, si vede che non ne hanno in dotazione!

primo becchino (con evidente ironia)    Già, forse!

enea    Ma è loro la colpa, scusa: uno spara con quello che ha.

secondo becchino Sì, sì, ad ogni modo potrebbero parare in aria.

enea E chi ti dice che non sparino in aria? Il fatto è che sono fucili difettosi. Tu credi di sparare in aria e invece, trac, colpi­sci la testa! E quegli incoscienti che fan di tutto per provoca­re... Vogliono la vittima ad ogni costo, vogliono... (Salta su una bara per meglio seguire la scena) Oeuh! Cosa ho visto! !

terzo becchino    Che hai visto?

enea (miniando la descrizione del fatto) Uno di quei fanatici che si è messo a saltare per riuscire a prendere con la testa un pro­iettile che passava alto...

terzo becchino Ma non dire fesserie! Ha saltato un'aiuola per non farsi mettere sotto da una camionetta...

enea Sì, buona la scusa! Guardali, cosa fanno adesso! (Rivolta ai compagni)... Attenti, tirano sassi...

Si sente uno sparo: il secchio contenente i fiori, appeso al catto, si capovolge bagnando abbondantemente il secondo becchino che stava sotto.

primo becchino    Cos'è stato?

secondo becchino (cercando d'asciugarsi)   Un proiettile.

enea    Accidenti, ma come sono difettosi sti fucili!

secondo becchino    Forse è meglio sloggiare di qui!

I tre becchini si portano sul fondo riparandosi dietro le casse e il carro.

enea    Ma io dico: chi glielo fa fare? che vogliono?

secondo becchino Guarda un po' se ce la fai a leggere quel cartello?

enea SI. C'è scritto: «Basta con i licenziamenti, vogliamo lavo­ro per tutti». Sono proprio matti: si fanno ammazzare per po­ter lavorare, per poi ammazzarsi di fatica quando lavorano!

secondo becchino E voi continuate a credere che questa sia un'idiota?!

enea (continuando a guardare verso la piazza) Io proprio non li capisco...

terzo becchino Per forza: cosa vuoi capire tu della lotta di classe!

enea Ah, perché, quella cagnara, secondo te, sarebbe lotta di classe? Ma cosa credi tu che non legga i giornali, io? Quelli veri, quelli indipendenti! (D'un sol fiato, come recitando una lezione) «Essi sono una banda di scalmanati, che assalgono le forze dell'ordine che, loro malgrado, sono costrette a reagire per non soccombere alla furia devastatrice della peggior feccia nazionale»!

primo becchino    Ah, te la sei imparata a memoria?!

enea Sicuro, così, tutte le volte che mi viene l'ansia sociale, mi ripeto qualcuna di queste filastrocche e ritorno felice e benpen­sante.

primo becchino    Che forza!

secondo becchino    Se ne stanno andando...

enea Chi, gli scalmanati? (Sale di nuovo sulla bara quasi fosse un osservatorio) Fa' vedere... Va', come scappano! Però, che brava la polizia: ha ripulito tutto quanto! È tornato l'ordine! (Gridando) Bravi! Evviva la libertà!

Alle spalle della ragazza è entrato il direttore del camposanto.

direttore    Disgraziata! Ma che stai facendo?!

enea    Niente, signor direttore, inneggiavo alle forze dell'ordine.

direttore    Bugiarda, ti ho sentito gridare « Evviva la libertà! » Testimoni i tuoi colleghi!        

terzo becchino    Sì, è vero... Gridava: « Evviva la libertà! »

I becchini cercano di ritirare, senza farsi notare dal direttore, piatti, bicchieri, ecc. accumulando il tutto dentro la tovaglia. Ogni volta che il direttore si volta lasciano cadere l'intiero fa­gotto che rovina a terra con gran rumore. Alla fine i becchini riescono a far sparire i cocci dentro il carro funebre.

enea Sì, ma nel senso di libertà del governo, della forza pub­blica.

direttore Ma mi vuoi far passare per imbecille? E da quando in qua esiste la libertà in un governo che permette alla forza pubblica di sparare sul pubblico?

enea   Non esiste?

direttore Fai solo che ti abbiano sentito, e poi mi dirai se esi­ste o meno! Ma, certo, a voi che importa? Tanto, con chi se la prendono... Mica con una ubriacona come te... Se la prendo­no con i superiori. Scommetto che l'hai fatto apposta, per rovi­narmi. Già, non mi hai mai potuto soffrire, tu: come quell'al­tro ubriacone di tuo padre, pace all'anima sua.

I becchini hanno terminato di sparecchiare: ora ritornano sui loro passi e si siedono uno appresso all'altro sul sarcofago, nel­l'atteggiamento compunto di scolaretti diligenti.

enea (risentita)   Direttore, per piacere, lasciamo stare i morti!

direttore (aggressivo) No, sei tu che devi lasciarli stare i mor­ti, perché, adesso che mi viene in mente (si volta di scatto verso gli altri becchini che si alzano in piedi): chi vi ha detto di por­tare quel morto nella camera ardente? Chi l'ha tolto dalla ca­mera di sotto dov'era?

enea    Ah, sta parlando del cadavere iugoslavo?

direttore     Jugoslavo?!

I becchini fanno cenni ad Enea supplicandola di tacere.

enea (che non capisce il senso di quei gesti) Si, quello contrab­bandato in cambio di radioline giapponesi. Sa...

direttore    Cos'è sta storia delle radioline?!

enea Ma sì, per occupare le tombe... Lo saprà, no? Lo sanno tutti... Ad ogni modo, stia tranquillo che io non dico niente.

I becchini si sbracciano in una pantomima disperata.

direttore No, no, tu dici! E se mi accorgo che mi stai prenden­do in giro... (Uno dei becchini, dietro alle spalle del direttore, fa cenno ad Enea di tacere, e quando il direttore si volta im-provvisamente, finge di afferrare al volo un immaginario mo­scone svolazzante sopra la testa del direttore, lo scaraventa a terra per poi calpestarlo. Il direttore guarda con intenzione il becchino) Che mi state prendendo in giro...

enea Ma chi la prende in giro? Vuole che mi inventi la legge 143 QR, sull'esproprio dei cimiteri a scopo verde pubblico, per costruirci le cliniche con tanto di piscina, scimmie, leoni... e an­che l'ippopotamo? Che, già, a me fa schifo!

Il secondo becchino sta sopra una cassa dietro al direttore: an­che lui fa cenni di diniego con le braccia, fino a sbilanciarsi e cadergli addosso.

direttore Ma che fai, disgraziato! (Tornando verso Enea) E tu, spiegati meglio!

enea Ma stia tranquillo, non si preoccupi. Tanto, io non parlo... Anche se ho capito benissimo che c'è di mezzo tutto un gran movimento speculativo. Andiamo, direttore! (Gli dò di gomi­to) La scusa del verde pubblico per sbaraccare il cimitero e sbatterlo a diciotto chilometri. (Ripete in modo ancor più grot­tesco la pantomima imparata dal primo becchino) E i funerali... col siluro nel cadeverodot to...plac, fuori uno... gniaaooo e il pre­te con i chierichetti: doomine,qui tollis... viaaa friii: ploch!... Ehi, cosa crede lei?! Che venga giù con la piena, io, dalla mon­tagna? Comunque stia tranquillo, signor direttore, che io non parlo... anche se ho un gran dolore. (Atteggia il viso in una smorfia che prelude a un pianto incontenuto).

direttore Ma che dici! Dove sono i tuoi soci? (Tutti i becchi­ni se ne sono andati, meno il secondo che è rimasto attonito, quasi imbalsamato, ad ascoltare gli sproloqui di Enea). Ehi, vie­ni un po' qui, tu, e spiegami che dice questa. Traducimi.

secondo becchino Volentieri, direttore. (Allungando il collo verso la porta d'accesso) Guardi però, che credo la stiano cer­cando...

direttore     Chi?

secondo becchino Una camionetta della polizia si è fermata proprio all'ingresso degli uffici. Guardi: di sicuro vorranno par­lare con lei.

direttore (disperato) La polizia! L'avrei giurato... (Rivolto ad Enea) T'avranno sentito gridare: « Evviva la libertà! » Avranno pensato che li hai voluti sfottere, e adesso se la vengono a pren­dere con me!

enea Oh, ma direttore, io non sapevo! Beh, dica pure che la col­pa è tutta mia, che ero ubriaca: ho qui le prove. (Indica la bot­tiglia) Anzi, quasi quasi, ci do sotto un pochettino, nel caso mi facciano l'esame del doping. (Si versa da bere) Vuoi favorire?

direttore No! Non è sufficiente passare per ubriaca: tu devi passare per matta.

enea    Per matta?!

direttore Sicuro. Tanto, è provato che il mestiere del becchi­no porta alla pazzia in una percentuale dell'ottanta per cento. Figuriamoci quello di becchina!

enea    Ma siccome io non sono matta, mi rifiuto.

direttore Classica reazione dei matti! (Rivolto al becchino, mi­nacciando) Ne sei testimone tu che è matta. Hai sentito i discor­si di poco fa, quindi...

secondo becchino (tentando di scantonare)   Che discorsi?

direttore Ehi, dico! Testimoni o preferisci passare per matto anche tu?

secondo becchino   No, grazie, preferisco passare per testimone.

direttore Bravo! Allora, d'accordo: quello di gridare « Evviva la libertà! » è uno sfogo inconscio che le fuoriesce al momento della crisi!

secondo becchino Ho capito. E siccome lei adesso è in crisi, grida: « Evviva la libertà! »

direttore Bravo! (Rivolto ad Enea) Sentiamo tu: se qualcuno; di quelli viene e ti chiede come ti chiami, tu cosa rispondi?

enea    Evviva la libertà!

direttore    Ma no! Prima devi dire nome e cognome...

enea    Ah sì, che scema!

direttore    Allora, come ti chiami?

enea    Nome e cognome... Sì, voglio dire, Enea Angellari.

direttore     E poi?

enea    Di fu Francesco e di Maria Gallutti.

direttore    No, di fu Francesco e di « Evviva la libertà! »

enea (preoccupata)    Ma, direttore, e la mia mamma?

direttore Che c'entra la tua mamma. Tu devi dire così perché sei matta... O preferisci essere licenziata subito?

secondo becchino    Enea, convinciti che sei matta.

enea    E va bene: sono matta.

direttore Oh! E guai a te se cambi idea... Poi, più tardi, mi spiegherai sta storia delle speculazioni.

enea Si, signor direttore, ma stia tranquillo: io non parlo. Fac­cio la matta e basta. È contento?

direttore   Lo spero bene. Io me ne vado. (Accenna ad uscire).

enea    Evviva la libertà!

direttore (dietrofront rapidissimo) E non sfottere, deficiente! (Esce attraverso la cancellata sul fondo).

enea   E chi sfotte? Mi allenavo.

secondo becchino (sinceratosi che il direttore si sia veramente allontanato, aggredisce la ragazza) Disgraziata, ma davvero be­vi proprio tutto, tu!

enea    Come?

secondo becchino Dico: non ti sfiora manco il sospetto che ti abbiamo raccontato delle balle?

enea    Ma di che cosa stai parlando?... Che balle?

secondo becchino Del trasloco del cimitero, del cadaverodot-to, e compagnia bella.

enea    Come?! Allora, non è vero niente del fatto del siluro?

secondo becchino   Ma sicuro! Comunque io me ne vado.

enea    Dove vai?

secondo becchino Taglio la corda... (Indicando al di là della porta d'accesso che è rimasta socchiusa) Ci sono visite per te: un tizio vestito di scuro... deve essere un commissario... Ades­so puoi continuare a fare la matta come più ti piace.

enea   Aspetta, stai qui ad aiutarmi...

secondo becchino    Evviva la libertà! (Esce).

enea    Ignorante!

Entra un signore vestito di scuro: si guarda intorno con scatti rapidi di chi ha fretta.

signore    Buongiorno. (Enea lo guarda senza rispondere. Risen­tito) Ho detto buongiorno... enea (timidamente)    Evviva la libertà...

signore   Come, scusi?

enea    Evviva la libertà!...

signore (attonito) Senz'altro, evviva!... (Riprendendosi) Suo ma­rito, non c'è?

enea    Mio marito?

signore    Sì, immagino lei sia la moglie del guardiano.

enea    No, io sono la figlia.

signore    Bene: dov'è suo padre?

enea (indica al di là della cancellata) Sesta tomba, fila numero dodici, contando da destra.

signore    Sta seppellendo?

enea    No, è seppellito.

signore    Morto?

enea    Sì. Evviva la libertà!

signore (sempre più attonito ) Beh, non mi sembra gentile verso la memoria del povero padre... (Nervoso, contenuto) Ma chi è il responsabile di questo magazzeno?

enea    Sono io... Però non so niente, non ho visto niente.

signore   Di che sta parlando ?

enea Della carica della polizia... Cioè, della carica degli sciope­ranti... Sono stati loro a sparare, ho visto benissimo...

signore Li ho visti anch'io: ho dovuto ripararmi dentro un ve­spasiano, pardon... Ma non mi pare che gli operai avessero ar­mi. Tiravano sassi, questo sì.

enea    Sicuro, sassi contro la forza pubblica disarmata.

signore    Disarmata? Ma, allora, i botti che si sentivano?

enea Erano gli scioperanti con la bocca... Oeuh, sono bravissimi a fare il botto con la bocca,... con la bocca, e con i sacchetti di carta gonfiati. (Fa il gesto) Pam!

signore (con tono esasperato)   E i morti?

enea    Tutti finti!

signore (come sopra)    Finti?

enea Sissignore, finti, per impressionare l'opinione pubblica. Ah, sono dei furbacchioni, quelli!

signore (teso, spiccicando le parole) Scusi se mi permetto, ma lei mi sembra un po' matta...

enea (aggressiva) Sissignore, sono matta... Oeuh, come sono mat­ta! È per questo che grido: viva la libertà! (Di colpo cambia registro andando sul lacrimevole singhiozzato) La colpa è tutta mia, il signor direttore non ne sa niente, né della libertà, né del morto jugoslavo, né del trasloco del cimitero a scopo specula­tivo. (Il signore, terrorizzato, è preso da uno strano tic agli arti inferiori: con camminata da danzatore negro di blues cerca di andarsene, ma Enea se ne accorge e lo richiama a piena voce) Signore! Forse sa una qualche cosarina sull'ippopotamo...

signore    Sull'ippopotamo!?

enea    Per me la sa. Ma, la prego, non lo faccia arrestare.

signore    Arrestare l'ippopotamo?!

enea    No, il mio direttore! La prego, commissario...

signore (quasi risentito)    Ma io non sono affatto commissario.

enea    Non è commissario? E chi è allora?

signore (imbarazzato, dopo una breve pausa durante la quale un lento brivido gli fa attorcigliare le gambe) Sono un commer-cialista.

enea (delusa)   Un commercialista? (Seccata) E cosa vuole da me?

signore (sempre con imbarazzo) Un favore... Ma sento già che lei non mi vorrà aiutare.

enea    Che genere di favore?

signore Non so come cominciare. (Prende fiato come dovesse gettarsi sott'acqua) Potrebbe affittarmi una cassa da morto?

enea (che spera di aver capito male)    Una cassa da morto?!

signore    Sì, in affitto.

enea Ma chi le ha dato ad intendere che le casse da morto si af­fittino?

signore Lo so, lo so che non si affittano... (Accorato) Ed è pro­prio per questo che mi rivolgo a lei... sperando nella sua com­prensione... nel suo buon cuore.

enea Ma che buon cuore?! Vede, caro commercialista, se fosse per me io le darei tutte le casse che vuole. (Con tono impiegatizio-burocratico) Il fatto è che è tutta roba del Comune, casse per i funerali di povertà... qualcuna in mogano per assessori, autorità... ma tutta roba registrata, che, se ne sparisce mezza, se ne accorgono subito.

signore Ma io non ho nessuna intenzione di fargliela sparire... Voglio dire che' non voglio affatto portargliela via.

enea    La consuma qui?

signore Appunto. Vorrei noleggiarne una, al solo scopo di ada­giarmicivisi.

enea    Adagiarvicivisi?

signore    Sì!

enea    Eh no!

signore    Come, eh no?

enea    Dico che adesso è lei che fa il matto.

signore    E che c'è di strano. (Con calma da loico razionale) Forse che quando uno va in un albergo e affitta un letto, poi è co­stretto a portarselo a casa?

enea (facendogli il verso)    A parte che questo non è ancora un albergo; ma poi dico: perché vuoi dormire in una cassa da mor­to? Non mi dirà che lo fa per i dolori reumatici!

signore    Beh, c'è andata vicino. Non proprio per i dolori reuma­tici, ma pur sempre per guarire da una malattia di forma ner­vosa a tipo ossessivo: la feretrofobia!

enea    La feretro, che?

signore   Fobia... feretrofobia.

enea    E che sarebbe?

signore   Lei sa cos'è la claustrofobia, vero?

enea    Come no? (Con l'aria della scolara ben preparata) È quella specie di groppo che gli prende a quelli che non sopportano di stare chiusi in un luogo chiuso.

signore Brava! La feretrofobia invece è la malattia di quegli in­dividui che non sopportano l'idea di restar chiusi dentro una cassa da morto.

enea (minimizzando)    Ce l'ho anch'io quella malattia lì!

signore (fortemente interessato)    Sì ? E come la cura?

enea    Con questo! (Indica la bottiglia del vino) Mi prendo di quelle ciucche, che posso andare a dormire dentro una cassa con il morto, e non me ne accorgo neanche.

signore   No, no. Ho provato anch'io con l'alcool, ma è peggio. Mi assalgono certi incubi... Anche lei soffre di incubi?

enea    Che incubi?                                                  

signore (mimando con drammaticità) Si sveglia di soprassalto la notte, con l'idea di trovarsi in una bara? Convinta di sentirsi le pareti della cassa che premono contro le braccia? (Ango­sciato) Veder calare il coperchio sul viso?

enea (partecipe, addolorata) Perché, lei soffre di questa roba?

signore (da prima sommesso, poi crescendo via via fino a sembra­re preso da una crisi epilettica) Sì, e mi creda, è terribile. Sem­bra di soffocare ogni volta, la cassa mi va sempre stretta di spal­le!... Grido, e non mi esce la voce: rimango come paralizzato. Questa è la feretrofobia. Guardi, anche adesso: mi è bastato pensarci, e guardi cosa mi succede! (Le gambe e le braccia si agi­tano disarticolate, alludendo ad una danza yé-yé).

enea Si calmi, signore, si calmi. (A sua volta contagiata, si muo­ve freneticamente) Signore, l'attacca anche a me! (Si blocca af­ferrando una gamba impazzita con ambo le mani: perde l'equi­librio e si lascia andare di botto a sedere sul catafalco) Mamma, che brutta malattia che ha! (Riprende fiato, anche il feretrofo­bo s'è calmato) Ma non ho capito a cosa le servirebbe (s'impa-pocchia) adagiarcivisivisivisi.

signore (la corregge)    Civisi.

enea (ripete rinfrancata) Civisi... e in una cassa presa in affitto, poi.

signore (a tratti, progressivamente, riprende a contorcersi come una marionetta) Vede, a detta dello psichiatra che mi cura, questo sarebbe l'unico sistema per neutralizzare l'ossessione. Allenandomi per gradi a rimanere sdraiato dentro una bara, su­bentrerebbe in me l'assuefazione e lentamente il feretro perde-rebbe quel senso macabro che oggi mi sgomenta, finirebbe per acquistare, nel mio sistema psichico, lo stesso valore che ha una comune cassa d'imballaggio.

enea Ho capito. Ma perché allora, non prende una comune cas­sa d'imballaggio e non fa credere al suo sistema psichico che è una comune cassa del Comune? (Contagiata di nuovo, si trova a saltellare per la scena) Che brutta malattia! !

signore (lasciandosi andare affranto su di una bara) È inutile, mi occorre proprio una cassa vera.

enea Beh, allora vada a comprarsene una dall'impresa di pompe funebri qui di fronte.

signore    C'è un'impresa?

enea Come no! È la più importante della città, e lei è fortunato perché proprio in questi giorni c'è una grande liquidazione.

signore    No?!

enea Sì, cosa vuole, dopo le feste svendono, svendono! Lei va li, ne prende una. Ne hanno anche di seconda mano molto ben te­nute, che fanno ancora il loro servizio. Se la tiene in casa, ma­gari sotto il letto, e appena le viene l'ossessione, plùffete, ci sal­ta dentro, e lo psichico è fregato.

signore Eh no, eh no: in casa perderebbe tutto il senso di ma­cabro che invece possiede qui nel cimitero. E poi, sa com'è, quando c'è una moglie in casa... (Mima grottescamente i gesti della donna di casa eccentrica) Incomincerebbe a metterci so­pra un centrino, un vasetto di fiori, qualche soprammobile, un bel candelabro, un arazzo di dietro per far colore, ed eccoti la bara trasformata in un comune, anzi grazioso ed originale mo-biletto da far vedere alle amiche. Si immagina le risate che si farebbe il mio sistema psichico!

enea (con odio) E lei lo prenda a scarpate nelle gengive, quando ride, sto psichico di palta!

signore (senza speranza) Già, se mi fosse davvero possibile... (Supplichevole) Adesso si rende conto che lei è l'unica per­sona in grado di aiutarmi?... La prego, mi faccia sdraiare in qualcuna di queste bare! Guardi, le do diecimila lire per se­duta.

enea    Per seduta o per sdraiata?

signore    È lo stesso, no?

enea Eh no, che non è lo stesso: perché, se entra qualcuno e la vede seduto, posso sempre dire che non c'erano sedie e s'è do­vuto arrangiare; ma se è sdraiato, mica posso dire che è perché mancano i letti!

signore (fruga nelle tasche, estrae alcuni biglietti di banca) Van­no bene quindicimila? (Enea li afferra rapidissima e fa un gesto di assenso). In quale bara posso stendermi?

enea Questa. (Indica una cassa posata su un carrello) Ma cinque minuti, non di più perché il mio direttore è molto nervoso. (Trascina il carrello con relativa cassa nel centro del palcosce­nico).

signore (osserva la cassa come fosse un abito da acquistare) Sen­ta, non mi andrà un po' stretta di spalle?

enea (risentita) Ma dico, scherza? È un trentotto abbondante!! Vuol venire qui ad insegnare il mestiere a me? Prima di parla­re la provi, no?... La provi, vedrà che le calza che è un guanto. (Il feretrofobo solleva una gamba, indeciso). Veramente, biso­gnerebbe togliersi le scarpe...

signore (quasi gli avesse chiesto di mettersi nudo)    La prego!

enea (accomodante) Beh, fa niente, vada pure dentro: Tanto, non piove... (Il feretrofobo si accinge ad entrare nella cassa, comportandosi però come se stesse entrando in una vasca da bagno: tocca l'acqua immaginaria con una mano, la ritrae ve­locemente, poi introduce un piede e non sa trattenersi dall'e-mettere gridolini alla maniera dei bagnanti domenicali al primo approccio con l'acqua diaccia. Finalmente, dopo una vistosa se­rie di smorfie e sospiri, entra, si pone in ginocchio, fa per sten­dersi faccia in giù. Enea lo blocca quasi scandalizzata). Signore! Signore!

signore (spaventato)    Che c'è?!

enea Signore, scusi, è meglio che si giri perché, se no, si trova con la faccia... (Fa cenno con la mano, comprimendosela al viso).

signore (impacciato e mortificato) Oh, è la prima volta! (Si gi­ra mettendosi nella giusta posizione. Fa per sedersi, ma si tira su, velocemente, arcuando la schiena dopo essersi appoggiato mani e piedi ai bordi della cassa) No, no! non ce la faccio... È più forte di me.

enea (da infermiera comprensiva che deve convincere il pazien­te) Ma quante storie! Si lasci andare! Faccia finta di essere in barca!

signore In barca? (Raggiante) Ha ragione!... Per caso, non a-vrebbe un paio di remi: mi aiuterebbero nell'autosuggestione.

enea (dopo un attimo di riflessione) No, remi niente: avrei due ceri. (Li prende dal carro) Se possono...

signore    Ottimi: dia un po' qua! (li afferra, li pone nella posizione degli scalmi e comincia a vogare con stile: la bara carrel­lata scivola lungo il palcoscenico con andamento ladino) Eh già, pare proprio di essere in barca... Oop... Oop... (Dopo aver per­corso un bel tratto della scena) Scusi, le spiacerebbe riportarmi laggiù e poi dare una bella spintarella al carrello: così avrei qua­si l'impressione di beccheggiare sull'acqua.

enea (trattenendosi con fatica dall'eseguire un massacro) Sa co­sa faccio, io, per lei?... M'è venuta un'idea molto bella: do una spintarella al carrello, poi con la bocca le faccio lo sciacquio: patralòch, patralòch, e ogni tanto le soffio sulle orecchie per dar­le l'illusione del vento. Le va?

signore (sciogliendosi dal piacere)   Ma lei mi vizia!

enea (sferra una gran pedata alla bara: per il contraccolpo il feretrofobo si ritrova lungo disteso nella cassa)  Ma, dico, è venuto qui per allenarsi al canottaggio, o per che cosa?

signore (piagnone)    Perché ha voluto rovinare tutto quanto?!

enea (guardando verso la porta) Ssst, silenzio! Accidenti, pre­sto salti fuori di lì!

signore (ancora stordito per la botta)    Che succede?

enea    C'è una donna che vuole entrare.

signore    Una donna vestita di nero?

enea Sì, ha la faccia nascosta da un velo... Deve essere una ve­dova.

signore (minimizzando) No, è mia moglie: è venuta ad allenar­si anche lei.

enea (scandalizzata) Volete stare in due in una stessa cassa? In­ventiamo la bara matrimoniale, adesso ?

signore (come parlasse del più e del meno) Ma no, lei si deve allenare a fare la vedova. Poverina, è ossessionata dall'idea di vedermi un giorno o l'altro in una bara... È un incubo che la perseguita ogni notte.

enea (leggermente nauseata)    Anche lei con l'incubo? signore (didattico)    Sì, è affetta da feretrofobia riflessa, detta anche più volgarmente «fobia della vedova». Anche per lei, l'unica cura veramente efficace, è quella di allenare il subcon­scio, per gradi, a vedermi sdraiato in una bara. enea (un po' più nauseata)    Ma lo sapete che fra tutti e due ave­te un subconscio che fa schifo!

signore (di nuovo accorato, con trasporto) Ha ragione, ma la scongiuro: non la faccia più aspettare, poverina, chissà come è emozionata... Anzi, la pregherei, una volta entrata, di lasciarci soli... Deve capire: è il nostro primo incontro funebre, e ci sen­tiremmo senz'altro impacciati.

enea (angosciata) Ma, dico, proprio a me dovevate venire ad in­castrare? (Scaraventando i ceri con rabbia dentro il carro) E va bene, la farò entrare. Cinque minuti, però. (Va verso la porta, la apre: entra la donna velata, fa qualche passo e si blocca). Pre­go, signora, si accomodi, suo marito è già nella bara. (La donna si muove come un automa. Enea la dirige con ordini secchi, mi­litareschi) Sinist! Sinist! Arrivata! (Giunta all'altezza della ba­ra carrellata, la donna emette un gemito). Ehi, mi raccomando: niente grida strazianti, gemiti e ululati... (Toglie dal secchio il mazzo di crisantemi, si avvicina alla bara e posa i fiori sul petto del finto morto, s'abbassa dando le spalle alla vedova che sviene adagiandosi mollemente sulla sua schiena. Seccata per tanta confidenza) Signora! Signora! (Breve pausa). Signora, si ferma molto? (Camminando con la donna sempre appoggiata alla schiena, va ad adagiarla sul catafalco) Guardi, signora: lei può fare come vuole, ma, se sta così, mica si allena, e i cinque minuti passano. (Si rende conto che la donna non dà segni di vita) Ehi, ma è svenuta sul serio!

signore (solleva la testa sporgendosi appena fuori dalla bara) Svenuta? Per la miseria, invece di star lì a chiacchierare si dia da fare, cerchi di rianimarla... Finora non mi ha dato che una sola occhiata: come si allena?!

enea (dopo averle tastato il polso )   E le è bastata, perché è morta.

signore    Morta?! Impossibile! (Si solleva a sedere, senza uscire dalla bara).

enea    Come: impossibile? Senta il polso: non batte più!

signore (scoppia in una sghignazzata irrefrenabile: scaraventa le lunghe gambe fuori della bara, sempre restandovi a sedere, e le agita imitando le danzatrici del can-can)    Aha, aha! Questa poi... La sapevo debole di cuore, ma al punto di rimanerci secca al primo incontro, proprio non me l'aspettavo. (Ride con­vulso).

enea (frastornata)    Sapeva che era debole di cuore?

signore (accende una sigaretta per calmare l'eccesso d'euforia) Sicuro. Il medico di casa ci aveva avvertiti che una forte emo­zione le sarebbe stata fatale. (Gli brillano gli occhi dalla feli­cità) Infatti, lei le evitava con cura: non andava più né al ci­nema né al circo né a qualsiasi altro spettacolo. Ma non ha po­tuto evitare d'intervenire al mio di spettacolo: spettacolo di prim'ordine! Ah, ah! La poverina ci è cascata. Adesso il vedovo sono io, aha, aha! (Sghignazza tenorile) Non ho mai riso tan­to in un cimitero; bisogna che ci torni... (breve pausa) con degli amici.

enea (sempre più frastornata) Ma... ma allora... il fatto della feretrofobia era tutta una balla per ammazzare la moglie? !

signore (giocherella col fumo della sigaretta) Sicuro, e grazie alla sua preziosa collaborazione, signorina, ci siamo riusciti.

enea (risvegliandosi dall'imbesuimento) Che collaborazione?! Ehi, io non c'entro! (Mette i crisantemi sul petto della donna morta) Dico: non crederà d'incastrarmi?! Adesso telefono su­bito alla polizia e vedremo.

signore (sempre fumacchiando, staccato) Faccia, faccia pure... E vedremo davvero, se la polizia crederà alla sua storia del feretrofobo! Aha, aha! Ma se non è mai esistita una malattia del genere!

enea (bloccata, nel momento stesso in cui sta per afferrare il tele­fono)    Un'altra balla?

signore Sicuro. Sa cosa le dico? Che se arriva la polizia, lei si becca come minimo l'ergastolo! Aha, aha...

enea (esterrefatta) L'ergastolo?! (Esasperata) E ride, quel de­pravato lì! Ride!

signore (accomodante, sornione) Mi perdoni, ho esagerato. Su, su, vedrà che adesso metteremo tutto a posto. Dunque: per pri­ma cosa, pensiamo come sistemare la cara estinta. Con tutte le tombe che avete, non le sarà difficile farla sparire.

Enea prende quattro stivaloni di gomma da sotto al carro e ne dispone uno ad ogni angolo del catafalco dove è stesa la vedova, poi afferra quattro ceri, sempre dal carro funebre, e li infila uno per uno negli stivaloni trasformati in candelabri, improv­visando così una camera ardente.

enea    No, difficile non è. (Con logica di chi dice cose risapute) Potremmo farla passare per jugoslava...

signore (con tono di testa)    Eh?!

enea (sempre più logica)    Ci sarebbe perfino da guadagnarci un paio di radioline...

signore    Ma che dice, di che radioline parla: mi sta a prendere in giro?!

enea (fulminata da un dubbio)    Maledizione: è un'altra balla?!

signore    Che sta farfugliando?

enea (quasi fra sé e sé, precipitando nel ritmo) Niente, niente... Non c'è niente da fare: sono tutte tombe private. Le uniche disponibili son quelle di povertà... Dovrei metterla insieme a qualcun altro.

signore (ottimista, sarcastico) Oh, non si preoccupi. Mia mo­glie è sempre stata una donna democratica: bruttina, ma demo­cratica. Si adatterà.

enea (alza il velo che ricopre la faccia della vedova)    Beh, brut­tina, mica tanto: bella pelle, bei capelli... Sono rossi naturali?

signore (distratto)    Che cosa?

enea    I capelli di sua moglie come sono?

signore (annoiato)    Sono neri.

enea No, questa ce li ha rossi... E, adesso che guardo meglio, devono essere naturali per forza perché ha le lentiggini, classi­che delle rosse.

signore (ha un vistoso sussulto) Lentiggini? Non sarà la mia Angela?

enea Perché, chi sarebbe questa Angela? Ad ogni modo, ci dia una occhiata...

signore (vorrebbe voltarsi, ma si irrigidisce faccia al pubblico) Non ne ho il coraggio... Guardi lei: ha un neo molto grande sulla fronte?

enea (con malcelato piacere demistificatorio femminile) Beh, è un po' troppo delicato chiamarlo neo. Per me, è un bel porro pitturato di nero.

signore (preso dai suoi strani tic agli arti inferiori) Angela! È lei la mia Angela! (Sgambetta un po', poi crolla lungo disteso nella bara. Un braccio però sporge completamente al di fuori, verticale: fra le dita della mano, fuma la sigaretta ancora ac­cesa).

enea (va verso la bara, preoccupata e anche un po' scocciata) Oh, sta male anche lui!

Alle sue spalle, la morta risorge di scatto, mettendosi a sedere e sghignazzando a sua volta.

moglie    Aha, aha!

enea (con un vero e proprio zompo, terrorizzata)    Oh, mamma!

moglie (indicando divertita il marito orizzontale) Ci sei cascato tu, sta volta... (Ride).

enea (riprendendosi a fatica dallo spavento)    Per la miseria, cos'è sto fatto del resurgit!

moglie (continuando a discorrere col marito, senza badare minimamente alla becchina) Ma davvero mi credevi tanto oca da abboccare?! Prima mi dici che devo venire al servizio funebre d'un tuo amico, che scopro non è mai esistito, ah, ah; poi mi chiedi di vestirmi a lutto con tanto di velo nero sulla faccia... (Si toglie il velo affrancato dalle forcine) Ah, ah, ah! Ma, andia­mo: non era poi tanto difficile capire che il velo serviva a far si che nessuno mi riconoscesse e, quindi, poter più facilmente far perdere le mie tracce, una volta fatta fuori... Ah, ah, ah! (To­glie la sigaretta dalle dita del marito e se la fuma beata).

enea    Ma, insomma, si può sapere chi è lei? La moglie o l'altra?

moglie Sono la moglie truccata da amante. Mi sono messa una parrucca rossa (se la toglie con gesto da prestigiatore, rapidis­sima), un po' di efelidi in faccia con la matita marrone, un pez-zetto di cheewin-gum ha sostituito il neo vistoso (stacca dalla fronte il finto neo e lo getta in aria), e oplà: il controscherzo è fatto. Ah, ah!

enea (sbalordita)   Ma il polso che io ho toccato e non batteva più?

moglie Macché polso: lei ha toccato sto braccio di gomma! (Estrae un braccio da manichino con relativa mano coperta da un guanto nero).

enea (starebbe quasi per applaudirla: si rende conto dell'enormità e reagisce seccata) La miseria, che drittata! Beh, adesso che vi siete divertiti, fatemi il favore di sgomberare il campo, che ne ho abbastanza. (La afferra per le spalle e la scaraventa brutal­mente verso l'uscita. Poi s'avvicina alla bara carrellata) Forza, esca di lì che i cinque minuti sono passati da un pezzo. (Tira verso di sé la mano dell'uomo invitandolo ad uscire dalla bara: la mano rimane rigida con le dita spalancate. Enea cerca di riav­vicinarle: ci riesce, ma dopo un secondo le dita si rispalancano. Enea si ritira di un passo, quindi diagnostica) Questo è morto sul serio.

moglie (con voce strozzata) Morto? Ma ne è sicura? enea Come no?! È stecchito: guardi qua. (Abbassa ed alza il braccio del feretrofobo. Quasi mettesse in moto un ingranaggio, la bara si sposta lungo l'arco scenico con scatti sempre più ra­pidi in sincronia perfetta col gioco di leve che Enea produce). Guardi qui... (La signora lancia un grido acutissimo). Coraggio, signora, coraggio... (Il grido disperato si trasforma in una gran risata). Ah beh, allora...

moglie    Aha, aha, è fantastico! E dire che aveva organizzato tut­to per me! Non ci contavo proprio: pensavo che, dopo la prima impressione, osservandomi meglio, si sarebbe accorto. E invece è morto sulla parola. Aha, aha, come sono felice! (Si abbando­na sul catafalco sgambettando impazzita).

enea    Vi volevate bene, eh?

moglie (Si rimette in piedi e porge alcuni biglietti di banca alla ragazza)    Tenga, tenga, e grazie per il disturbo.

enea    Che disturbo?

moglie    Il disturbo di doverlo seppellire.

enea (riconsegna il denaro)   Ah, ma allora è proprio un vizio di famiglia! Senta, vuole un consiglio? Si porti via il bene anato, che è meglio per lei.

moglie (perduta)    Ma come faccio?

enea    Dico: mica sarà arrivata qui in tram?!

moglie    No, con la macchina... E proprio li sotto.

enea (sbrigativa)    Benissimo, allora approfittiamone... Siamo giu­sto al piano terra: glielo passo dalla finestra, se lo carica in mac­china e va a farsi un giretto fuori porta.                    

moglie    E una volta arrivata fuori porta, che faccio?

enea (come stesse dettando una ricetta per l'ossobuco)    Sceglie un bel paracarro e ci va a sbattere contro... Poi va a chiamare aiuto: «Ho avuto un incidente, mio marito ha sbattuto la te­sta ed è svenuto ». E quando le dicono che invece è morto...

moglie (entusiasta, la previene nel seguito)    Trac! Io casco lun­ga distesa, come ho fatto poco fa...

enea E il gioco è fatto... (Si avvicina alla bara dalla quale esce ancora il braccio teso del feretrofobo e lo spinge in giù: auto­maticamente si alza l'altro braccio. Enea spinge in giù anche quello: scatta una gamba al di fuori della bara. Il gioco si ripete in una sequenza assurda). Nervoso, eh? ! (Esasperata, sferra una gran pedata alla bara: come per incanto, braccia e gambe rien­trano nella loro posizione naturale).

moglie    Brava. Sì, sì, farò senz'altro così! (Sinceramente ammirata) Accidenti, lei deve essere una maestra nell'inventar sto­rie.

enea (afferra la stanga del carrello) Macché maestra, vado anco­ra all'asilo... Ma bisogna che impari presto anch'io, se no, qui, mi mettete sotto tutti quanti! Forza, mi aiuti a portare il caro estinto nella camera ardente. Lì c'è una finestra che dà sul piaz­zale in un punto nascosto dagli alberi: non ci vedrà nessuno... (Portano la bara fuori scena). Ecco, basta così: adesso mi sbrigo da sola. (Rientrano in scena). Intanto lei vada a mettere la mac­china sotto la finestra, poi torni su che mi deve aiutare a toglier­lo dalla cassa per scaricarlo.

moglie    D'accordo. (Va verso l'uscita sull'altro lato).

enea Dobbiamo sbrigarci, perché se passa troppo tempo, diven­ta freddo e non possiamo più spostarlo. Sa com'è, s'irrigidisce, e poi ci vuole il martello, ed è un peccato, perché si rompe tut­to. (La vedova sta per aprire la porta di destra). No, esca di qui che fa più in fretta.

Indica una porta nella parete opposta all'ingresso normale, ed escono. Dall'altro lato entra una donna vestita in modo sgar­giante. Un abito stampato con grandi fiori: è una battona.

battona (si guarda intorno intimorita dall'ambiente) Si può? Ehi, c'è nessuno? Scusi, signor becchino...

enea (dal di fuori)    Chi è?

battona    Sono io... Sa, la porta era aperta...

enea (entrando) Ma, porcogiuda: e perché la porta è aperta, si entra senza chiedere manco permesso! Mi faccia il piacere di uscire.

battona    Oeuh, ma che maniere!

enea (l'afferra per un braccio)    Ho detto di uscire, se no...

battona (divincolandosi, risentita) Se no che cosa?! Ma senti­telo, sto becchino con la voce da donna!

enea (aggressiva) Beh, perché? Cosa avresti da dire sulla mia voce da donna?

battona (con cattiveria) Dico che mi pari uno di quelli che gli piacciono gli uomini: ecco cosa dico.

enea (le fa il verso imitandone i gesti caricati da battona) Sicu­ro che mi piacciono gli uomini... Oh bella, sono una donna! (Dopo breve pausa, sconsolata) II guaio è che non ne trovo!

battona    Una donna becchina? (Ride sgangheratamente).

enea (seccata)    Cos'hai da ridere, cos'hai, ignorante a fiori!

battona (ridimensionata, senza atteggiamenti) Niente, niente... Ognuno ha i suoi gusti... Per carità, c'è chi fa la becchina e chi la battona, e io sono proprio l'ultima a poter discutere il me­stiere degli altri.

enea Ah, perché lei... (Premurosa le indica il catafalco facendole cenno di sedersi) S'accomodi. (Molto interessata) Perché lei fa la battona?

battona (con naturalezza, sedendosi mollemente) Sì, qui da­vanti.

enea (dopo un sospiro)   Beata lei!

battona (la guarda incredula)   Cosa?

enea (altro sospiro; poi, declamando) L'unico caso di superiori­tà della donna sull'uomo!

battona (rimbambita)    Ma chi?

enea (epico-didattica) Il suo: è l'unico mestiere che emancipa, eleva, fa sentire qualcuno. (Le afferra una mano e gliela stringe commossa) Brava!

battona (scattando, scocciata) Uehi, ma la vuoi piantare di sfot­tere! Perché, ad ogni modo, è sempre meglio far la battona che la beccamorto come fai tu!

enea (calma) Ma chi sfotte?! (Monumentale) Lo sai che tu hai fatto le crociate?

battona (allocchita)    Cosa!!

enea (esaltata, la interroga puntandole addosso la grossa candela che ha tolto da uno degli stivali)    E chi ha scoperto l'America ?

battona    Colombo.

enea (s'accinge a togliere le altre candele dai relativi stivali) Sì, ma con una nave carica di battone dell'epoca, che poi ha ven­duto ai selvaggi in cambio di specchietti rotti, di bottoni e ra­dioline giapponesi.

battona (sempre più allocchita)    Oeuh!

enea (sfila, con gesto retorico, la terza candela) E chi ha pagato l'incrociatore?

battona    L'incrociatore?

enea (brandisce le candele e le solleva come labari) Sì, e anche una corazzata che pel mar sen va?

battona (con il tono di chi sospetta di trovarsi davanti ad una

pazza)    Chi l'ha pagata?

enea (quasi cantando, va a riporre le candele nel carro)    Tu l'hai pagata... tu e le tue amiche. Per non parlare dello stipendio ai marinai.

battona (con un gesto scocciato)    Ma che stipendio d'Egitto?

Rientra la vedova.

moglie Ecco, io sono pronta. La macchina è a posto. (Si blocca, vedendo la battona).

enea    Brava, arrivo subito.

moglie (si avvicina alla becchina)    Ma chi è quella?

enea    Una mia amica... Stia tranquilla, donna emancipata... non parla.

moglie    Beh, speriamo. Se lo dice lei... (Fa alcuni passi verso la porta che dà nella camera ardente).                                                 

enea(alla battona)    Puoi aspettarmi un attimo?

battona   Beh, veramente io avrei un po' di fretta...                          

enea    Cosa devi fare?

battona Vorrei fare una telefonata: una cosa urgente. Sai, bar, qui intorno, non ce ne sono. E siccome un mio amico mi ha det­to che qui c'è un telefono...

moglie (con impazienza, cercando di non farsi sentire dalla bat­tona) Mi perdoni se la interrompo, ma è meglio che andiamo di là, sa. Se diventa freddo, dopo... (Si interrompe accorgendosi che la battona sta ascoltando).

battona    Oh, scusate, stavate mangiando?

enea (dopo una breve pausa)    Se vuoi favorire?

battona (fruga nella borsetta alla ricerca di un notes) No, gra­zie. Faccio la telefonata e me ne vado subito.

enea (afferra il telefono e lo posa sul catafalco) Faccio il prefis­so, così prendo la linea... Ecco, la linea c'è; se mi dai il numero...

battona Grazie. (Sempre alla ricerca del notes) Dove l'ho cac­ciato? Un attimo di pazienza... Sono sicura d'averlo messo den­tro la borsetta.

moglie (stanca di aspettare) Scusi, ma la sua amica può fare da sola, no? Se non ci sbrighiamo, qui viene notte.

battona (sempre alla ricerca del notes, estrae dalla borsetta un sacco di roba: calze, una corona da rosario, un paio di reggiseni, un vestito di quelli leggeri di seta e persino un paio di sandali coi tacchi alti)   Ma dove si sarà cacciato sto libretto...

enea Beh, visto che stai mettendo giù il banchetto al mercato, fai da te. (Si allontana di qualche passo, ma alla vista dell'abito di seta torna indietro estasiata, afferra l'abito e lo osserva con­troluce) Che bello! Che cos'è? Vai in giro con la sottoveste in borsetta?

battona (tutta presa ad inventariare le proprie cianfrusaglie) No, no. È un vestito... Sai, con tutto quello che ti può succe­dere è sempre meglio averci un cambio.

moglie (insofferente, scocciata morta) Allora, vogliamo muo­verci!

enea (la blocca con un tono che non permette repliche) Voglia­mo star calme? (La moglie esce sbattendo la porta. Enea torna a rivolgersi alla battona, terribilmente interessata) Perché, che cosa ti può succedere?

battona Di tutto... Dal tipo matto che ti chiede un pezzo di ve­stiario in ricordo d'amore, a quello che gli piace l'amore focoso e ti straccia su tutta...

enea (si porta una mano al viso per nascondere il violento rosso­re)    Oooooh...

battona Previo risarcimento, s'intende. Senza parlare dei pol­veroni...

moglie  (si affaccia, fuori di sé )    Insomma !

enea    Vengo! Vengo! (La vedova scompare). Manco avesse il morto in casa! (Di nuovo alla battona) Allora, cosa sono i pol­veroni?

battona Il polverone si fa quando arriva la pula... la polizia, a far retate... Lì bisogna sgambare, buttarsi in mezzo ai prati, sal­tar muretti, filo spinato...

enea (ammirata, sospirosa)   Che mestiere sportivo!

battona    Già... Allora, addio scarpe, calze e vestiti... (Svento­lando un notes) Oh, ecco, l'ho trovato finalmente! (Lo sfoglia rapidamente).                                                        

moglie (rientra sconvolta)   Non c'è più!!

enea    Chi, non c'è più?

moglie (con voce strozzata) Mio marito è sparito! (Rientra nel­la camera ardente).

enea (la segue indispettita) Vorrei sapere perché della gente co­si la lasciano andare in giro da sola! (Alla battona) Aspettami che ti devo parlare. (Esce e dal di fuori la si sente parlare con tono aggressivo) Signora, la vogliamo piantare con sti scherzi? Quello chi è?

moglie (fuori scena) Oh, bella! Eppure mi era parso che la cas­sa fosse vuota...

enea (fuori scena) Sì, le era parso... Buona la scusa! Tutto per farmi piantar lì di parlare con la mia amica... Su, chiuda la por­ta che facciamo sto trasbordo.

La porta viene chiusa: la battona, che è rimasta per un attimo a sbirciare, se ne va al telefono.

battona (dopo aver formato il numero) Occupato! (Abbassa il ricevitore) E adesso è caduta pure la linea... (Si mette a gridare alla volta dì Enea) Ehi, tu, il prefisso? Qual è il prefisso? (Va ad aprire la porta che da nella camera ardente e subito si ritrae sgomenta).

enea (dal di dentro) Ecco, forza: cerchiamo di metterlo a sedere sul davanzale...

moglie    È una parola... È talmente pesante!

enea Su, che ce la facciamo... Oplà!... Lasci, lasciamolo pure, tanto sta su da solo; adesso scenda e lo tiri giù per i piedi che io gliel'accompagno.

moglie    D'accordo, adesso dovrebbe essere meno faticoso.

enea La fortuna è che ha la macchina scoperta, se no a voglia la fatica! (Rientra in scena).

battona (è come paralizzata, articolando le parole con fatica) Scusa, sai, ma per caso ho visto che mettevate a sedere sul da­vanzale quel...

enea Ah, sì... (Senza scomporsi) Facevamo prendere un po' d'a­ria al morto.

battona    Dai, non scherzare...

enea Ma non scherzo affatto. (Suono di clacson da fuori scena). Ma vengo! ! (Alla battona) Aspettami che ti devo parlare. (Esce lasciando la porta aperta) Attenzione che arriva... No, no, lei lo tiri solo per i piedi: bisogna farlo cascare seduto al suo posto, non su quello di sedile, perché, mi dia retta, signora, è meglio che guidi lei, sa... Opp, perfetto!

moglie    Grazie e addio.

Rumore di motore che si avvia: la macchina si allontana.

enea Addio. (Rientra in scena. La battona, per meglio assistere alla scena, si è arrampicata su una pila di casse). Ehi, che fai lì in cima?

battona   Beh... Per caso ero qui, e ho visto... involontariamente.

enea    Involontariamente?

battona Beh, insomma, si fa per dire. (Torna al telefono) Qual è il prefisso?...

enea    Zero due.

battona    Senti... Ad ogni modo, perché quella si è caricata il morto?

enea    La vedova?

battona     Sì.

enea (buttando là, con tono il più ovvio possibile) Niente, è an­data a fare un giretto col cadavere del marito.

battona (allocchita)    Un giretto col cadavere?!

enea (come sopra)   Beh, si, se la spassa un po'.

battona    Se la spassa in macchina con un morto?

enea (con smaccata indifferenza) Sì, ma guida lei, però... Poi fra un'oretta me lo riporta!

battona (sempre più allocchita)    Fra un'oretta? !

enea (parte sganciata per la gran frottola) Cosa vuoi farci... Avrei dovuto dirle di no, ma come fai... Vengono qui, ste povere vedove, tutte piangiulente: prima ti chiedono di rivederlo per un attimo, poi di abbracciarlo, poi alla fine, prima di seppellirlo del tutto, di farci un giretto romantico... (Fra sé e sé, compia­ciuta) Ho imparato anch'io a cacciar balle! Come sono brava!!

battona    Ma il direttore, dico, lo sa?

enea (ormai professionista della frottola) Certo che lo sa, ma chiude un occhio. D'altronde, sa anche che io son fatta così: o prendere o lasciare. È inutile: non son capace di dire di no...

battona (dopo un profondo sospiro)    A chi lo dici!

enea    Anche tu non sei capace di dire di no ?

battona (con sincera amarezza) Eh, no... Per di più a me mi pa­gano per dire di sì. Come si fa!

enea E ti lamenti? (Riprende il tono retorico di primi) Andia­mo, quando una ha per le mani un mestiere come il tuo, che non è un mestiere, ma una missione... Ah, se avessi un po' più di co­raggio! (Esaltata) Dovrei andarmene in giro con un bel mate­rasso dietro alla schiena! Ma sai i quattrini che farei! Perché, guarda, me lo dicono tutti che ho addosso un temperamento sensuale che non finisce... (Compie una piccola giravolta) Di' tu se non si vede?!

battona (senza ironia) Beh, forse imbragata in quel modo non si vede tanto...

enea (stupita) Cosa? Il sensuale non si vede? (Tra sé e sé) Invi­diosa! (Con tono normale) Certo, se avessi un abito come il tuo!

battona (che ha rifatto il numero al telefono, ripone la cornet­ta)    Macché, qui non risponde nessuno.

enea (facendo frusciare il vestito tra le dita)   Me lo vendi?

battona    Che cosa?

enea Questo vestito. (Supplichevole) Fammi un piacere, vendi­melo. Ti do... ventimila lire.

battona (in un impeto di onestà, continuando imperterrita a for­mare numeri all'apparecchio) Ventimila? Ma sei matta? L'ho pagato io un deca da nuovo, l'ho messo e rimesso un sacco di volte... È persino un po' scolorito.

enea  Non importa. A me piace così. Ti do ventimila lire.

battona Beh, se proprio ti piace tanto, dal momento che è ve­nuto via a me per un deca, dammi quindicimila lire e prendi­telo.

enea (commossa senza ombra di sfottò)    Che brava ragazza! L'ha pagato dieci, me lo dà a quindici. Mi fa lo sconto di cinque! (Le dà i soldi) Grazie!

battona (ripone il denaro nella borsetta) Figurati. (Riattacca la cornetta) Niente da fare, non risponde nessuno... Bisognerà che prenda un tassì. (Fin troppo impacciata) Dico, non hai per caso un mille lire di moneta?

enea (estrae dalla tasca dello spolverino le mille lire senza stac­care gli occhi dal vestito che tiene con amore sulle ginocchio) Sì, tieni...

battona Brava. (Estrae dalla borsetta una calza di seta e gliela offre) Tie', ti regalo ste calze: roba fine, fumé. Ti fa una gam­ba!...

Enea estasiata infila la calza sul braccio. La battona le dà l'altra calza.

enea (sgranando gli occhi)    Tutte e due?

battona (senza raccogliere) Tie'. Ti regalo anche sti sandali: tanto, sono vecchi.

enea (se ne prova uno sopra gli stivali) Oh, che sandali! Oh, mamma, che sandali!!

battona (alla maniera degli ambulanti quando arrivano al « mi voglio rovinare ») E prendi anche sto bottiglino. Ce n'è den­tro ancora un dito: profumo « Notte di peccato ». Qualche goc­cia e ti vengono dietro anche i gatti!

enea (pazza di gioia) Pensa: io, con su il tuo vestito, le calze fu­mé! Piena di gatti, oooh... (Vede la parrucca rossa dimenticata dalla vedova) Questa è la parrucca di quella scema di prima: me la tengo io, me la metto su, poi vado a spasso per il cimitero! Voglio vedere cosa mi dicono...

battona (commossa) Senti: mi sei simpatica! Ci vediamo, eh? (Va verso l'uscita).

enea (eccitata) Sì, dai, vediamoci che ti devo parlare... Beh, adesso io non posso più star qua: devo andare, ho premura. Va­do a mettermi su quelle cose qua, sai. (Gran sospiro). Ci ho ad­dosso una roba! Mi sento... (È commossa sino alle lagrime) Mi sento come... Che roba che ci ho addosso! (Fa per correre via, si blocca, si volta) Guarda, tu non sei una battona, sei una fata. (Sospiro). Sì: la fata battona! (Esce).

battona   Ciao!

direttore (entra e si trova faccia a faccia con la battona)   Cosa fa, lei, qui dentro?

battona (molto imbarazzata)   Niente, passavo di qui e...

direttore (con ottuso sergentismo)    Questo non è un luogo di transito, cara signorina...

battona   Ah, no? Beh, scusi. (Fa per svignarsela).

direttore (la ferma, sempre più sergente)   Niente scuse. Ora lei mi dice che cosa ci stava a fare in questo magazzino, o io...

battona (sullo stesso tono, nella speranza di demolirlo)   O io, cosa? Ma chi è lei, il padreterno?

direttore (tronfio)    C'è andata vicino: sono il direttore del camposanto.

battona (cambiando tecnica) Il direttore? Ma guarda che com­binazione...

direttore (riprendendo il tono sergentizio) Allora, mi vuol di­re o preferisce che chiami qualcuno della polizia?

battona (accomodante, alla ricerca di un pretesto convivente) Per carità! Cercavo proprio di lei per... per via di mio ma­rito.

direttore (bloccato dal contropiede)    Suo marito?

battona (insiste sulla chiave andando verso il lacrimevole) Sì, il mio povero marito...

direttore    Ah, lei è vedova?

battona (finge dolore contenuto)    Sì, da tre giorni.

direttore (ironico)    Non si direbbe!

battona    Come?

direttore (alludendo all'abito tutt'altro che vedovile) No, di­co: vedo che osserva un lutto molto stretto!

battona (se ne rende conto, s'arrabatta per rattoppare lo sbrego) Ah, sì, ha ragione; ma, vede, il fatto è che sono dovuta uscire di casa così di fretta... Però, ha visto i capelli: li ho tinti di nero.

direttore (tutt'altro che convinto) Apprezzo la delicatezza. Dunque, diceva: suo marito è nostro ospite?

battona ( vedova sconsolata) Sì, me lo hanno seppellito ieri l'al­tro.

direttore    Bene, e allora?

battona    Vorrei che me lo facesse disseppellire.

direttore  (piuttosto stupito)    Per far che?

battona (tutta sull'ovvio)   Per farci un giretto...

direttore (sussultando)    Un giretto?

battona (sempre sull'ovvio risaputo) Sì, un giretto romantico in macchina: un'oretta, e poi glielo riporto indietro. (Rassicu-rante) Guido io!

direttore (stordito)    Guida lei? Senta, sign...

battona (con disappunto)   No, ha ragione... Guidare non posso perché non ho la macchina.

direttore (cerca di interromperla senza riuscirci)    Guardi che...

battona (felice di aver trovato una soluzione) Ma potremmo prendere un tassì!

direttore    Non le sembra di esagerare?

battona Beh, con mille lire me la cavo: si spendono tanti soldi in stupidaggini.

direttore    Senta, forse sarebbe meglio se lei...

battona (scatenata) Alt. No, no, scusi... Ma ho già capito dove vuole arrivare... (Lo costringe a sederglisi accanto) La prima co­sa che è venuta in mente anche a me: la bicicletta! Ho indovi­nato, no? Lui sulla canna e io che pedalo. Si, sarà romantico, ma, andiamo, lei mi vede su una bicicletta da uomo: scalmana­ta, con le sottane fin qui... Guardi, non mi è mai piaciuto, nean­che da fidanzata... È inutile: la donna deve fare la donna, se no...

direttore (gridando esasperato)   Basta, per la miseria! !

battona (scatta in piedi, si porta una mano a comprimersi il pet­to)   Ehi, m'ha spaventata!

direttore (la sospinge verso l'uscita)   Esca, per favore!

battona    Oeuh, ma che maniere: giù le mani, eh!

direttore (altro spintone)    Fuori, o perdo la pazienza!

battona (si sgancia e gli si fa sotto minacciosa) Ah, perde la pa­zienza?! Però, per quell'altra che ha il tipo fino della vedova con veletta, si chiude un occhio... il giretto glielo si lascia fare... perché ha la macchina scoperta... Questa è una ingiustizia so­ciale, caro lei.

direttore (temendo quasi di venir morsicato) Ma cosa stra­parla! Chi ha la macchina sociale? Se ne vada, che è meglio.

battona Già, è meglio. (Eroica) E noi che abbiamo fatto le cro­ciate!

direttore (di testa)    Le crociate? !

battona (come si trovasse in cima alle barricate) Ah, ma io va­do in Comune e faccio un quarantotto; anzi, faccio intervenire la marina... Dico, l'avremo pur pagato per qualche cosa sto in­crociatore! (Esce cantando) Marinar, marinar...

direttore Fuori! ! (Sbatte la porta) Ma, dico io, sta matta! (Gri­dando) Enea! ! Enea! ! Ma, dico, si lasciano entrare pure le mon­dane pazze, adesso?... Enea!... Ma dove si sarà cacciata. (Esce alla ricerca di Enea. Dal fondo entra Enea: indossa l'abito e i sandali della battona. È vistosamente truccata e ha in testa la parrucca rossa. Muove con molta difficoltà i suoi primi passi sui tacchi altissimi: traballando attraversala scena. Il direttore rien­tra, la vede e non la riconosce) Un'altra?! Ma che c'è, mercato qua dentro?

enea Oh, mi scusi, direttore. (Sta per perdere l'equilibrio: mulinella le braccia, si aggrappa ad uno stipite) Un attimo di pa­zienza e mi spoglio subito.

direttore (estrae un fazzoletto e si asciuga la fronte) Si spo­glia?!

enea   Sì, mi spoglio, mi spoglio...

direttore Senta, signorina, non mi sembra questo il posto più adatto per certe cose. Mi dica piuttosto che cosa sta succedendo. (Chiamando) Enea! Enea!...                            

enea (cerca di rimettersi in moto)   Dica, direttore...

direttore   Enea!!

enea (oscilla paurosamente sui tacchi) Dica, direttore: mica so­no sorda.

direttore (voltandosi di scatto, stordito) Oh, porco cane! Non mi dirai...

enea    Che cosa non devo dirle?

direttore (incredulo)    Sei Enea?

enea (civettuola) Non mi aveva riconosciuta? (Si siede molle-mente, tenta di accavallare le gambe, ma la gamba che sormon­ta slitta via con gran tonfo del calcagno sul pavimento).

direttore Eh, no, no di sicuro. (Le prende una mano e la co­stringe ad alzarsi in piedi) Fatti un po' vedere...

enea (esegue una mezza gira volta)    È per via della parrucca ?

direttore   No, non solo... Ma dove la tenevi tutta sta...

enea (si guarda la scollatura e, a sua volta sbalordita da tanta pro­fondità, cerca di coprirsi con le mani)    Oh, mamma! !

direttore (inclina il capo e socchiude gli occhi da intenditore) Insomma, sei molto diversa, ecco... Complimenti!

enea (Caracolla veloce verso il fondo: si tiene una mano sui seni, l'altra sul pube, quasi fosse nuda) Se ha un attimo di tempo, vado a rimettermi i pantaloni.

direttore (la trattiene per un braccio: ha i modi e i toni del ga­nimede infoiato) Non ce n'è bisogno; anzi, siediti un po' qui vicino a me...

enea (lusingata, gioca alla signora) Mi spiace che non ci siano sedie.

direttore (seduttore democratico) Oh, basta anche una cassa qualsiasi. (Fa per sedersi sul catafalco).

enea No, il catafalco no. (Lo prende per mano e lo fa sedere su di una bara riccamente scolpita) Si segga su questa cassa spe­ciale, per autorità.

direttore (senza mollare la presa) Grazie. Accomodati anche tu.

enea (da gatta riottosa) No, su quella speciale non mi permette­rei...

direttore (flautato)   Ti prego...

enea    Se proprio insiste. (Si va a sedere, pudica).

direttore    Accidenti, sei proprio carina. Così, come dire...

enea Emancipata?! (Tenta di accavallare la gamba, ma anche questa volta non le riesce. Caparbia ritenta: afferra il tacco del sandalo cosi che la gamba ribelle non può più sfuggirle).

direttore Ecco, sì... Oh, dimmi un po' di quel fatto del traslo­co del camposanto a scopo speculativo, di cui mi parlavi...

enea    Ah, è tutto uno scherzo.

direttore    Come, uno scherzo?! Uno scherzo di chi?

enea Si dice il peccato, ma non il peccatore: ad ogni modo, se le dico che è tutto uno scherzo, può stare tranquillo.

direttore Non sono affatto tranquillo. Su, sii carina, dimmi la verità.

enea Ma è la verità. (Entrano i quattro becchini con una scala a pioli). Oh, ecco, lo chieda a lui. (Indica il primo becchino) Di' un po' al direttore se non è uno scherzo... (Rivolta agli altri che lo seguono) E anche voi, diteglielo anche voi!

secondo becchino Buongiorno, direttore. (Osserva Enea: quin­di, dopo un attimo di perplessità) Ma, oh, Enea, non ti avevo neanche riconosciuta!

primo becchino    Neanch'io.

terzo becchino    Accidenti!

primo becchino Accidenti proprio! (Per meglio ammirare la ra­gazza, s'arrampica sulla scala a pioli, tenuta in posizione verti­cale dai tre compari).

enea (lusingatissima) Sì, sono io. Allora, volete dirgli sto fatto della balla?

direttore    Ah, perché, ne sono al corrente anche loro?

enea (alzandosi e sfilando come su di una passerella) Si, tutti ne sono al corrente... Anche di più.

terzo becchino    Di che, se permettete?

enea Come di che? Del fatto: truffa, area camposanto, trasloco, eccetera. Cosa credete, che non lo sappia? Ma avanti, diglielo!

secondo becchino (rapidissimo, tappabuchi) Sì, signor diretto­re, è uno scherzo. Sa: una frottola inventata così... (Non sa co­me continuare).

quarto becchino (al soccorso)    Senza intenzione.

direttore (incalzante)    Inventata da chi ?

terzo becchino (con un colpo di genio)   Enea, possiamo dirlo?

enea (tutta presa dal suo nuovo personaggio) Ah, per me... Con­tenti voi...

terzo becchino    Da lei... È stata Enea.

quarto becchino (facendogli da spalla)    Sì, lei.

direttore (stupito)    Enea?

enea (ancora più stupita)    Io?

primo becchino (compagnone) Si, andiamo, non negare: ci fai sempre gli scherzi!                                               

Le fanno gesti perché collabori.

enea (lusingata per il ruolo assegnatole) Ah, si, è vero: io scher­zo molto... Gli racconto certe frottole, direttore! E loro, sti tarlocchi: giù che bevono tutto!

direttore (sta per abboccare, ma subito cambia registro) In­somma, basta! È inutile che cerchiate di scantonare! Enea non ha raccontato una frottola, ma una verità. E io voglio sapere da chi e dove ha raccolto certe informazioni.

I becchini si guardano l'un l'altro attoniti.

terzo becchino    Ma, direttore, di che verità sta parlando?

enea (con un sorriso dì compatimento) Direttore, non crederà anche lei alla storia dei cadaveri traslocati, come han fatto sti tarlocconi?

direttore (seccato, estrae un giornale dalla tasca) E allora da­te un po' un'occhiata qua sopra! (Mostra il giornale).

primo becchino (scorrendo rapidamente la pagina)    Dove?

direttore    Lì, sotto il titolo. (Legge) « Speculatori edili mano­vrano per convincere il Comune a far traslocare il camposanto monumentale: domani l'incontro frontale fra gli assessori... »

terzo becchino (con voce di testa) Roba dell'altro mondo! (Leg­gendo) « Ma ormai si prevede che gli speculatori avranno par­tita vinta... »

primo becchino (molla un pugno sullo stipite della porta) Per la miseria, non si può avere un'idea bislacca che subito te la fre­gano!

secondo becchino Basta che sia sporca, naturalmente, oltre che bislacca.

enea (andando verso il secondo becchino) Ma, allora, perché tu mi sei venuto a dire...

direttore Enea! (Si guarda intorno: la ragazza è impallata dai due becchini). Dove sei? (Enea s'affaccia alla spalla del primo becchino). Dico: invece di andare intorno a consultarti, vuoi venire qui e dirmi com'è che l'hai saputo e da chi?

terzo becchino (s'intromette per evitare che Enea smarroni) Se mi permette, direttore, credo sia stato un caso... Cioè, la fan­tasia è stata superata dalla realtà.

enea (che sì guarda bene dal mollare il nuovo ruolo di primadon­na) Sì, sì, io non l'ho saputo da nessuno: mi è venuto così... Mi sono immaginata, e poi... Ah, mi succede tante volte che si avverino cose che io avevo appena pensate. Non dico, sarà un dono... come profetico, dal momento che io sono già una me­dium...

becchini (in coro, entusiasti)    Appunto!

direttore (aggressivo) Senti, medium, o tu mi racconti da chi l'hai saputo, o io...

enea (da regina offesa, girando appena il collo) Non crede che io faccia la medium? Diteglielo voi se non è vero che io parlo ai morti come se fossi al telefono.

terzo becchino (preoccupato per l'andamento un po' pericoloso del tutto)    Beh, sì, è vero.

quarto becchino (blocca l'indecisione dei compari) Come al telefono!

direttore (isterico, frastornato)    Ma volete piantarla!

secondo becchino (spaventato, molla la scala, che stava reggen­do al più vicino dei becchini) Scusate, ma adesso tocca a voi sbrigarvela. (Non visto dal direttore, se la batte).

quarto becchino    Sto vigliacco!

primo becchino (deciso a giocare il tutto per tutto) Direttore, se lei non si arrabbia le dico io come stanno veramente le cose: lei non vuoi credere al fatto che Enea sia una medium, ma fa male, perché la verità viene fuori proprio da lì.

direttore    Come sarebbe? Viene fuori da dove?

primo becchino Dal fatto che, parlando con i morti, certe vol­te riesce a sapere cose dell'altro mondo, cose che devono anco­ra avvenire.

enea (felice di trovarsi di nuovo al centro del discorso) Sì, sì, mi dicono di quelle cose... Oh!

direttore    E così i morti vi avrebbero detto del camposanto?!

enea (ubriacata dal successo, sì butta a ruota libera) Ah sì, i mor­ti! Erano fuori dalla grazia di Dio! Arrabbiati morti, i morti! Mi hanno detto: « Di' al direttore, che guai se fa una cosa del genere: se permette che ci caccino via dalle nostre tombe, è un puzzone! »

direttore (con voce strozzata)    Ehi, dico!

enea (indicando per aria)   L'han detto i morti...

quarto becchino (facciatosta)    Sì, sì, i morti!

direttore (tentennante) Ma che morti e morti! Tu sei una me­dium come io sono un rinoceronte!

enea (puntandogli il dito vicinissimo alla faccia) Direttore, non insista, eh! (Perentoria, ai compari) Fate tutut, voglio dimo­strargli che è realmente un rinoceronte!

primo becchino (prevedendo il disastro, cerca di buttare tutto a monte) Ma no, lascia correre... Se il signor direttore non se la sente...

enea    Neanche per idea, fate tutut.

Enea prende uno sgabello, lo mette sopra la bara centrale e ci si siede, mentre i tre becchini e il direttore si dispongono intorno a lei.

terzo becchino (preoccupato)    Gli farà impressione...

quarto becchino (come sopra)    Son cose che turbano...

direttore (che ha intuito lo stato d'animo dei becchini, divertito, sadico) Ma chi si turba?! Avanti, assistiamo a questa bella pa­gliacciata!

enea (sbruffona incosciente) Se ne accorgerà, lei! Pagliacciata! Via col tutut!

becchini (di malavoglia in coro)    Tutut-tutut...

direttore (guarda i becchini con commiserazione) Sentite, io ho preso parte a decine di sedute medianiche, ma non mi è mai capitato di dover fare tutut.

enea (alla maniera di un capocantiere alle prese con un operaio senza contratto) E invece, con me, si deve fare tutut! E anche titit, se voglio: altrimenti se lo chiama lei il suo morto! Va be­ne?

direttore (sconfitto, ironico)   Per carità...

enea (capocantiere alla ripresa dei lavori) Allora... Pronti?... Via con il tutut: tut-tut-tut-tut-tut-tut-tu-tu-tut-titititit.

Tutti si uniscono in coro vergognandosi l'un l'altro per l'idiozia cui sono costretti. Il direttore si trova a voltare le spalle al grup­po dei becchini. Uno di loro ne approfitta per salire sulla scala tenuta dal primo becchino, sino ad arrivare all'altezza del tubo di scarico appeso al soffitto. Ci parla dentro: ne esce un suono distorto ed amplificato.

terzo becchino (in cima alla scala)    Fohtooohtoo!

enea (solleva le mani come un ofidante) Zitti, ci siamo... Ave­te sentito anche voi, vero?

primo becchino (scende di qualche gradino) Sì, sì. Accidenti che impressione!

terzo becchino (finge terrore) Sembrava proprio una voce d'ol­tretomba...

direttore (dopo un attimo di smarrimento) E invece, molto probabilmente, era d'oltretubo. (Indica il tubo di scarico).

terzo becchino (fa l'allocco)    Come?

direttore Niente, niente... (Al becchino che sta sulla scala) Ma tu, fammi il favore di scendere da quella scala, portala laggiù e siediti di fronte a me.

Il becchino, mortificato, esegue.

enea (scocciata)   Allora, possiamo continuare?

primo becchino (accenna ad andarsene)    Sentite, io preferisco smettere: sono cose che m'impressionano.

terzo becchino (come sopra)    Anch'io... Dopo, sto male tutto il giorno.

direttore (costringendoli ai loro posti)    Invece, siccome io in­comincio a divertirmi, mi fate il favore di restare dove siete.

enea    Oh, bravo direttore!... Via col tutut!

tutti (rassegnati)    Tututut tu tu tutut...

Di colpo si ode un biascicare che si tramuta in una specie di grammelot: cioè in una serie di suoni senza senso apparente ma talmente onomatopeici e allusivi nelle cadenze e nelle infles­sioni da lasciar intuire il senso del discorso.

enea    Zitti, ci risiamo...

primo becchino (scattando con la testa verso l'alto) Per la mi­seria!

terzo becchino (buttandosi all'indietro sulla schiena) Oddio... Ma che è?

enea (calma, rassicurante, logica) Come, chi è? È un morto che risponde, no? Manco fosse la prima volta... (Indispettita) Ecco, e intanto avete interrotto la comunicazione!

direttore (che è rimasto ammutolito, asciugandosi la fronte con il fazzoletto)    Dico la verità, io non credevo...

enea (indifferente)   Male. Riprendiamo col tutut.

Un attimo di pausa: poi tutti riprendono sommessi sbirciando verso l'alto, quasi temessero di veder crollare il soffitto.

tutti    Tutututut tutù.

Ritorna il grammelot pieno d'echi: tutti gridano spaventati.

enea Zitti! Pronto, pronto! (I quattro si acquattano come schiac­ciati dalla tremenda voce che viene dall'alto). Pronto? Parlo con l'aldilà? (Breve risposta in senso affermativo, poi in tono inter­locutorio) Si, io sono di qua... Con che morto parlo?

La voce dell'aldilà inizia un vero e proprio sbrodolamento di suoni senza pause.

terzo becchino (ingoiato)    Orco cane! Ma da dove viene sta voce... Mi fa andare il sangue in saccoccia.

primo becchino    Tu e la tua mania di fare gli scherzi! Vedi, adesso? Ti avevo detto di lasciare stare i morti!

enea (appioppa una gran scalcagnata al primo becchino)   Ohè! Non mi fate capire un ostrega! (Riprende il dialogo con l'aldilà) Con che morto parlo? (La voce risponde in tono solenne. Enea rimane interdetta: guarda gli amici, poi di nuovo verso l'alto, allibita. Si guarda mortificata la scollatura, afferra i bordi del décolleté e sì tira l'abito fino all'altezza del collo. Rivolta agli amici con voce impostata tutta sul plesso) È un angelo!

Gran silenzio. L'angelo continua a discorrere sommesso.

direttore    Che strano modo di parlare! Non ci capisco niente...

primo becchino   Deve essere la lingua dell'aldilà.

direttore    E com'è che lo capisce? (Indica la ragazza che ascol­ta la voce, in estasi).

terzo becchino    Che discorsi: lei è una medium...

direttore     Ah, già!

enea (risvegliandosi cattiva verso i disturbatori) Ma la volete piantare? Almeno quando uno parla con l'aldilà! Un po' di ri­spetto!

(Grammelot in tono seccato).

Sì, sì... Ha ragione, angelo.

(Grammelot sullo stesso tono).

Sì, ma c'erano dei disturbatori qui... Sì.

(L'angelo esprime disappunto in tono bonario).

Sì, senta, io vorrei, se è possibile...

(Continua senza pause, di nuovo interlocutorio).

Sì, sono una medium, sì.

(Il grammelot ora si fa sostenuto).

Caro angelo...

(Enea cerca d'interrompere il lungo monologo dell'angelo, che ricorda certi « a solo » delle signore al telefono).

(Grammelot).

Caro angelo...

(Grammelot).

Ah, ma che chiacchierone quell'angelo lì!

(L'angelo si interrompe).

Ecco, sì, vorrei parlare, se fosse possibile, con un detenuto...

(voce secca, risentita)

con un defunto!

(Breve grammelot in tono burocratico: attimo di pausa).

(Ai becchini) Ha detto che mi passa l'incaricato...

(Sempre dall'alto giunge adesso un grammelot in voce femmi­nile).

Pronto... signorina...

(Risposta con lieve birignao).

Non è signorina?

(Birignao bamboleggiante).

È un cherubino!

(Riprende il grammelot col tono di « e lei è già sposata? »)

No, io sono ancora signorina... Vorrei parlare, se fosse possi­bile, con mio padre... (grammelot anagrafico comunale)

nato a San Giano...

(breve grammelot come sopra)

Francesco Angellari...

(Il grammelot del cherubino si snocciola in un lungo discorso mitragliato: poi silenzio. I becchini guardano Enea con aria in­terrogativa).

M'è sfuggita l'ultima parola!

(Dall'aldilà, come un boato, giunge un grammelot cantato sul­l'aria d'un motivo d'osteria).

(Commossa fino alle lacrime)

Oh, mamma, è il mio papà: ha bevuto anche oggi! Papà, papà!

(Grammelot etilico). Come stai?

(Grammelot burbero interlocutorio).

Sono io, Enea...

(Grammelot in tono per un attimo commosso, poi di nuovo burbero).

No, io niente: era il direttore che non ci credeva...

direttore (terrorizzato, minimizzante)    Beh, non è che non cre­dessi...

enea (senza pietà: pubblico-ministeriale)    No, no, lei non ci cre­deva!

(Grammelot da motore con marmitta sfondata).

Sì, glielo dico... Il mio papà mi ha detto di dirle che lei è un bel puzzone. (Il direttore sobbalza. Enea si scansa indicando verso l'alto) Scusi, sa...

(Il padre di Enea continua con la serie di invettive).

E che è...                                 

(Fine dell'elenco).

No, questo non glielo posso dire... Diglielo tu.

(Grugnito di assenso).

(Si rivolge al direttore) Il mio papà le vuole parlare.

direttore (tremante)    A me?!

Il grammelot si trasforma pian piano in lingua corrente.

voce di uomo    Direttore, mi sente?

direttore (alzandosi in piedi)    Sì, Francesco, la sento.

voce di uomo    Lei è una faccia di...

(Interruzione di una voce femminile che parla sempre in gram­melot).

Cherubino, lasciami parlare... (Voce risentita del cherubino).

Lei, direttore, è un ladro fottuto: fa la cresta sui contributi che trattiene dai nostri stipendi, si fa ungere con fior di percentuali dai marmorini, da quelli che vendono le corone, dai fabbricato­ri di bare, dai trasporti funebri... Neghi un po' se ne è capace.

direttore (disperato) No, no, è vero... Non ne sono capace: sono un ladro, è vero! (Si siede affranto su di una cassa)

voce di uomo E adesso di' ai signori del perché ti preoccupa tanto sapere chi li ha informati dell'intrallazzo del trasloco del camposanto!... Avanti, dillo!

direttore    Sì, sì: è per via che l'impresa...

voce di uomo    In piedi!

direttore (spaventato si alza di scatto) Sì, è per via che l'im­presa mi ha dato una certa somma perché io dessi un parere fa­vorevole al trasloco del camposanto.

voce di uomo    E poi?

direttore (singhiozzando) E poi perché, perché, perché... (Si risiede) Anch'io sono entrato nella società.

voce di uomo   In piedi!

direttore (altro sobbalzo) Mia è l'idea di comperare un certo numero di tombe...

voce di uomo    Bravo balordaccio!

direttore    Sì, sì, sono un balordaccio... (Scoppia a piangere).

voce di uomo   In ginocchio!

direttore (cade in ginocchio)    Perdono!

voce di uomo   Perdono un bel corno di bastardaccio! Tu adesso devi sbattere tutto al cesso. (Voce del cherubino in tono risentito).

Cherubino, togliti di mezzo...

(Grammelot altercante del cherubino).

Non interrompermi sempre.

(Voce del cherubino).

Sì, sto ancora parlando... Dove ero rimasto?

direttore (di testa, piagnone)    Al cesso...

voce di uomo Ah, sì. (Di nuovo spietato) Devi denunciare tut­ta la baracca... tutto quanto: hai capito? Altrimenti mandiamo giù un migliaio di defunti che ti fanno venire i vermi anche nel naso.

direttore Sì, sì, lo giuro: vado subito... Mi denuncio, denun­cio tutti!

voce di uomo   Denunci e ti sputtani...

(Sempre in grammelot, il cherubino lo rimprovera duramente per la parolaccia).

M'è scappata, cherubino...

(Il cherubino non accetta scuse e, nel suo strano linguaggio, fa intendere che non gli concede nemmeno le attenuanti generi-che: « Passi la prima espressione - sembra dire - ma adesso al "cesso", hai aggiunto "sputtani". È troppo! »)

Beh, non lo dico più.

(Riprendendo ad aggredire il direttore)

Devi raccontarlo a tutti quanti, altrimenti vengo giù subito io; anzi mando...

enea (preoccupata a sua volta)    Chi mandi?

voce di uomo So io chi mando a sfrugugliare sto bastardaccio... che specula sui morti.

direttore    Perdono! Perdono! (Piange prostrato).

enea (in tono pietistico caritatevole) Basta, papà, perché guarda che il bastardaccio sta male...

primo becchino (distrutto)    Qui stiamo male tutti!

Il cherubino, sempre in grammelot, sembra chiederete la co­municazione durerà ancora molto.

voce di uomo Sì, sì, ho finito... Ti saluto, Enea. E lei, direttore, si ricordi, perché fra poco le arriva giù un incaricato! Si sbri­ghi!

enea Papà, aspetta... Senti, ti devo dire una cosa di famiglia. Dov'è che hai messo il libretto della cassa di risparmio? Sono due anni che... Pronto? Pronto? È andato via senza dirmelo!

voce di cherubino    Ha parlato?

enea    Sì, sì, ho parlato.

Di colpo ritorna il silenzio.

direttore (si copre il viso con le mani) Oh, mio Dio, Dio mio, che cosa terribile!... Quelle voci...

terzo becchino (si leva in piedi intontito) Ragazzi, io sono qui che tremo tutto...

quarto becchino (andando quasi carponi verso il carro) Fate­mi prendere un goccio d'acqua!

direttore (si mette a camminare su e giù senza senso) Bisogna che vada subito in questura da un giudice e poi alla sede di un giornale.

Presi come sono dallo sbigottimento non si sono resi conto del fatto che Enea è ancora li sul suo sgabello, come impietrita.

primo becchino Enea! Guardate cosa le sta succedendo: è an­cora in « trance »... Bisognerà svegliarla! (La scuote).

terzo becchino (lo trattiene) No, non così: come è entrata, co­sì bisogna farla uscire... Fate, tutù tut tutù tut.

tutti (in coro)   Tu tut tut...

enea (solleva lentamente le braccia, articolando con fatica le pa­role)   Qualcuno... Sento che arriva qualcuno...

terzo becchino Forza, che si sta riprendendo. (Dirigendo il co-ro) Tu tut tut.

enea (ansimando)    Arriva... Ecco che arriva...

direttore (acuto sopratono)   Chi?

enea (il ritmo del respiro le si fa sempre più serrato) L'incari­cato... Il morto incaricato... (Urlando) Eccolo!

Dal fondo, camminando come un automa completamente disar­ticolato, entra il signore feretrofobo: ha gli abiti inzaccherati, a brandelli.

becchini (fuggono in tutte le direzioni come galline spaventate) Aiuto! !

direttore (bloccato)   Chi è?... Cammina, guardate!...

enea (con voce ispirata) Chi sei? (Lo guarda, quindi in tono normale) Ah, è lei... Hanno mandato giù lei?

direttore (andando a ripararsi dietro le spalle di Enea) Lo co­nosci?

enea Oeuh! È un mio amico! Mi è morto quasi in braccio, due ore fa... Morto stecchito.

terzo becchino (si butta in ginocchio)   Dio, misericordia!

Gli altri si appiattiscono alle pareti.

enea (capo-safàri alle prese coi soliti dilettanti) State calmi, non agitatevi: altrimenti diventano cattivi!

signore (con cadenza stentata e profonda) Scusate se sono en­trato senza preavviso, senza bussare...

direttore (rinculando, paralitico) Perdono, perdono: vado su­bito... Stavo giusto andando... Domandi se non è vero.

signore (senza raccogliere, muove le gambe svirgolandole disso­ciato)   Mi permettete di sedere?

enea Prego, prego. (Il feretrofobo sbatte le palpebre come acce­cato dalla troppa luce). E lei, direttore, la pianti di lagnare... Si segga qui e faccia silenzio.

signore (esegue qualche movimento da pre salto mortale) Oh, le mie gambe! Ho fatto un viaggio infernale. (Piega le ginoc­chio, accavalla le gambe e si siede nel vuoto).

enea    Immagino... Si segga vicino a me.

signore (si volta di scatto, sorride, le si avvicina) Signorina, mi accorgo soltanto adesso che lei...

enea (lusingata, salottiera)    Sì, sono io...

signore (si siede accanto ad Enea sempre con movenze al rallen­tatore) Sta benissimo con quel vestito... I capelli rossi... tutta cosi pimpante...

enea (si schernisce, tutta uno squittio) Mi fa ridere, pimpante... Proprio lei me lo viene a dire... che arriva fresco fresco di las­sù... con gli angeli, che chissà che splendore...

signore (minimizzante, salottiero a sua volta) Sì, non nego, son belli... ma talmente immacolati, così staccati!... Direi perfin freddi... A dir la verità lassù è tutto un po' freddo... come dire, asessuato... (I becchini, se pur con cautela, si fanno appresso). A meno che non si capiti fra gli arabi... Allora è tutto un altro discorso: morettone tutte ondeggiamenti, strizzate d'occhio che pare di essere al parco... (L'interesse per quello che sta dicendo è tale che tutti si sciolgono dall'iniziale timore).

enea    Fra gli arabi dove?

signore   Fra gli arabi in paradiso.

direttore (rinfrancato ma sempre a rispettosa distanza dal redi­vivo)    Perché, esiste anche un paradiso musulmano?

signore (cordiale) Sicuro, e non solo musulmano: c'è quello indù, buddista, bramamita... Ce n'è per tutti i gusti e tutte le razze.

terzo becchino (attonito) Ma come mai? Non ci han sempre raccontato che c'è un solo paradiso: il nostro?

signore (docente, ma democratico)   Già, infatti da principio c'èra solo il nostro, il biblico, come si dice: prendere o lasciare il biblico. Ma poi, cosa volete, il padreterno è talmente buono, ha un cuore, il padreterno, che uno manco s'immagina... Insom-ma, è proprio un gran brav'uomo.

enea    Ce l'ha la barba?

primo becchino (assistente alla docenza)    Ma cosa importa se ha la barba!

enea    Come non importa?! Se non ha la barba per me non può essere un buon padreterno, vero?

signore (senza convinzione) Verissimo. (Riprende il tono didat­tico illustrativo) E voi potete pensare che un padreterno cosi buono, con tanto cuore (con enfasi), tanto giusto, accetti, per­metta che un suo figlio, qualsiasi figlio suo... Facciamo conto, che so, un indù. Ecco, immaginiamo: un indù arriva in para­diso e chiede: « Scusi, scusino, per favore, dove è il mio paradi­so? », e si sente rispondere (sghignazza perfido, carogna): « Ah, ah, indù, t'han fregato! Il paradiso tuo non c'è! » (Breve pausa, riprende mesto) Ve la immaginate la faccia di quel povero dia­volo, e la disperazione? (Tono da sconvolto a disperato) «Ma come non c'è, ma come? Io ho condotto tutta una vita mori­gerata, onorata, sono rimasto per trenta giorni con il braccio alzato, che mi s'è persino anchilosato da far schifo... Mi sono messo a pregare accucciato con le gambe incrociate, accavallate, come è prescritto dalle scritture di quel disgraziato che le ha scritte, cosi che mi è venuta l'ernia del disco, la sciatica (pausa) e l'artrite reumatica... Ho sempre rispettato, ve lo giuro, ho sempre rispettato la vacca sacra (d'un sol fiato) che veniva a mangiarmi la roba appena piantata nell'orto... (pausa, poi sot­to-tono) e i gerani nei vasi... (riprende con rabbia andando in crescendo acuto) e manco l'ho presa a calcioni sta mucca in quel didietro a mandolino rachitico che si ritrova! (Prostrato, lacrimando) Insomma ho fatto tutto, tutto quanto come si conviene a un buon indù, e adesso vengo a sapere che il nirvana (prende fiato, sale di tono) il paradiso haigù (urlato ritmico, violento) è tutta una imbrogliata con pernacchio a chi vuoi tu! ? » (Sospen­sione, poi bonario, dimesso) « Beh, non te la prendere - gli di­cono - c'è sempre il limbo ». (Scattando fuori di sé) « Ma chi se ne frega del limbo! Andateci voi nel limbo, porcaccia di una miseriaccia bastardaccia! » (Continua a muovere la bocca quasi che la disperazione gli avesse tolto la voce, quindi disegna nell'aria un grande cerchio a riunire tutti i beati del paradiso in un unico girone, alla base del cerchio finge di attaccare una miccia, sfrega sui pantaloni un altrettanto immaginario fiammifero e da fuoco alla miccia) Buum! (Breve pausa, un grosso sospiro, poi riprende disteso) A questo punto, ditemi voi, che può fare quel gran buon uomo del padreterno!... Si gratta un po' il barbaroz-zo, mette una sua manona sul crapino dell'indù e gli dice: « Su, su, indù, non te la prendere tanto, che adesso vediamo di rime­diare... Calma! Vuoi il paradiso tuo? Ed eccotelo: trac! ». (Ge­sto da prestigiatore). Fa una mossa enorme verso una nube gran­dissima che passa di sopra, la nube si spalanca e, scscsc, inco­mincia a piovere... (solleva il bavero della giacca, si atteggia ad infreddolito, bagnato fradicio) e quello è il paradiso degli indù. Poi arriva un arabo: stessa solfa. «Ma come, a quell'altro glielo ha dato: perché lui si e io no?...», e il padreterno, comprensivo, generoso, giusto: troc (altro gesto da prestigiatore), un bel pa­radiso pieno di donne nude per i musulmani sensuali. E così via per tutti gli altri che pretendono giustamente...

direttore (interrompendolo interessato) E a lei, in che paradi­so l'han messo?

signore (con profonda malinconia) Oh, io sono ancora in aspet­tativa allo smistamento... Ho fatto domanda per quello arabo, ma so già che me la respingeranno: c'è una tale ressa, una folla: uno sopra all'altro. (Mima la calca dei beati che si danno spin­toni come all'ingresso di uno stadio) Per non parlare del baga­rinaggio! Non ci arriverò mai in quel paradiso, a meno che non mi riesca di portare a termine come si deve questa missione...

enea    Ah, perché, è qui in missione?

signore     Sì.                                                          

direttore (terrorizzato)    Che missione?

signore Missione punitiva. (Muove le gambe verso il direttore, quasi sciabolando) Proprio contro lei, direttore. Se, tempo tre ore, non avrà tenuto fede al suo impegno, dovrò portarla via con me, vivo o morto.

direttore (indietreggia schiacciandosi contro il muro) Portar­mi via? No, no, per carità! Vado, vado subito. (Attraversa cor­rendo il proscenio) Un tassì, presto, un tassì. Chiamatemi un tassi... (Torna indietro saltando sulle casse) No, forse faccio più presto ad attraversare la piazza:li ne trovo di sicuro... (Esce a razzo).

signore Beh, speriamo se la sbrighi. (Si guarda le mani) Senta, signorina, mi fa dare una sciacquata, una ripulita? (Sfregandosi con la manica della giacca) Guardi qua che vestito mi sono con­ciato!

enea Accidenti, davvero. Oeuh, ma sti pantaloni sono proprio da sbatter via. (Lo precede sul lato sinistro) Venga di là, forse ne ho ancora un paio di mio padre che le dovrebbero andar be­ne. (Esce).

signore (fa qualche passo dietro Enea: effettua una giravolta re­pentina che fa sobbalzare i becchini) Compermesso. (Altra gi­ravolta e scompare).

terzo becchino Prego. (Pausa. Verifica che il feretrofobo si sia definitivamente allontanato) Ragazzi, io sono tutto un sudore... E quell'incosciente di Enea, come niente fosse: un morto che ritorna, roba di tutti i giorni!

secondo becchino (entra in scena dalla porta, la stessa per la quale è appena uscito il direttore. Parla e ride tenendo lo sguar­do rivolto verso l'esterno) Ah, ah, guarda come corre, povero direttore!

primo becchino    Sì, tu ridi, ma non sai cosa è successo!

secondo becchino (tremendamente divertito) Come, non lo so! E di chi credevate fosse la voce che veniva dall'aldilà, anzi dal-l'aldisù?!

terzo becchino    L'hai sentita anche tu?

quarto becchino    E di chi era?

secondo becchino (tronfio, caricaturale)    Era la mia.

tutti (sorpresi, imbestialiti)   Tua ?!

secondo becchino (come sopra) E dovete ringraziare il tempi­smo e la presenza di spirito della signorina dell'ufficio tombe private: era lei che faceva il cherubino.

primo becchino    Lei ? Ma da dove parlavate?

secondo becchino Dal tubo di aerazione lassù. (Salta in piedi sul catafalco) Vi abbiamo sentiti in difficoltà, e allora (gesticola) soluzione di emergenza: via con la sceneggiata del paradiso...

terzo becchino Ma tu guarda. (Lo afferra con violenza per la giacca) Ci ha fatto prendere un colpo, sto disgraziato! (Lo tira giù dal catafalco).

secondo becchino    Ah, ah, siamo stati bravi, no?

primo becchino    Ah, sì, sì, bravissimi!

terzo becchino (va a sedersi su di una cassa) Ci siamo cascati peggio che dei cocomeri. (Si rialza come preso da una scossa) Ma, dico, e il morto venuto in missione punitiva?

quarto becchino (sullo stesso tono)    Già, e il morto?

secondo becchino (gli da una pacca rassicurante) Macché mor­to! È uno che abbiamo incocciato all'ingresso. Stava cercando dell'Enea: l'abbiamo imbeccato un poco e ve l'abbiamo man-

dato dentro per il gran finale... A dir la verità era conciato che pareva un morto davvero.

primo becchino Ma tu guarda sto deficiente come ci ha presi in giro! Roba da farci venire l'itterizia! (Gli sferra un gran calcio).

quarto becchino (altra pedata) Roba da prenderti a calci in faccia!

secondo becchino    Ehi, sei matto? Piantala!

terzo becchino Ti faccio vedere io chi deve piantarla... (altra pedata).

secondo becchino Ehi! Ma solo a te deve essere permesso di fare gli scherzi? E dire che vi ho salvati dal licenziamento... (Esce di scena rincorso dai compagni che scalciano imbestialiti colpendosi l'un l'altro).

signore (entra con Enea. Si è messo dei pantaloni puliti) Allora, l'ho recitata bene la parte del defunto in missione?

enea Sì, ma come ha fatto a fingersi cadavere cosi bene da sem­brare addirittura stecchito?

signore Oh, è semplicissimo: io riesco a diventare secco a co­mando. Guardi. (Si irrigidisce, occhi sbarrati, bocca semiaperta, mani in atteggiamento burattinesco) Op! (Stende le braccia, si ricompone) No, ho preso male la rincorsa. (Ritenta con più slancio) Op! Ecco, provi a toccare se non sembro davvero stec­chito... Presto, presto! (Enea lo tocca sullo stomaco). No, mi fa il solletico... Il braccio, la mano deve toccare. (Enea gli tasta il braccio). Di legno, sente? Di legno!

enea Accidenti, che mago! (Lo costringe a voltarsi di spalle) Ehi, ma qui dietro cosa ha fatto? Ha la giacca bruciacchiala.

signore Per forza! Mia moglie, come lei le aveva consigliato, è andata a sbattere contro un paracarro piuttosto sostenuto, poi ha piantato li la macchina con me dentro e se ne è andata in un cascinale vicino a chiedere aiuto... Io penso: « Qui è il momen­to giusto per far sparire il cadavere... »

enea    Quale cadavere?

signore   Il mio.

enea     Ah, già.

signore Apro il serbatoio della benzina, caccio dentro un fiam­mifero acceso... Non faccio in tempo a voltare la schiena, bum! Una esplosione che a momenti mi fa davvero arrivare al crea­tore, in macchina.

enea (felice d'aver intuito il seguito) E adesso sua moglie pen­serà che lei, cioè il suo cadavere, sia andato a fuoco con la mac­china!

signore (buttando via, tutto preso nell'ammirarla) E non sol­tanto mia moglie, ma tutti quanti lo penseranno, gli amici, la polizia, i giornali. (Breve pausa). Ma sa che sono proprio belli quei capelli!

enea    Vero? Ma guardi che non sono i miei.

signore Lo so, sono quelli che aveva mia moglie. Sta stupida è stata tanto presuntuosa da volersi far passare per la mia ragaz­za...

enea    Ah, non c'era cascato, allora?

signore Ma dico, scherziamo? ! La mia Angela, io, la riconosce­rei anche dai piedi.

enea (gelosa)    Oeuh, perché, che piedi avrà mai, questa Angela? !

signore (orgoglioso) Belli, splendidi! Ecco, guardi, un po' come i suoi.

enea    Perché? Ho i piedi belli, io?

signore (intenditore) Sicuro! Slanciati, magri di collo, con l'al­luce lungo...

enea Toh, nessuno mi aveva mai detto che ho dei bei piedi. (Li considera ammirata come se li scoprisse in quel momento per la prima volta) Va', va' che belli che sono! Oh, che piedi! Sembran delle mani!

signore Nessuno glielo avrà mai detto perché, mi permetta la presunzione, lei avrà sempre incontrato degli uomini superfi­ciali. (Sentenziando) Il piede in una donna è tutto!

enea    È tutto?

signore Beh, è già molto! E si sa che, purtroppo, ad apprezzarli siamo rimasti in pochi. Non dico che lei non abbia altri pregi: la disinvoltura quasi sfacciata con cui si muove in quel vestito, quasi dicesse: «Eccomi qua, chi mi vuole, sono in vendita»...

enea (piena di speranza)    In vendita, come una svergognata?

signore Oh, scusi, non volevo offenderla... Non si offende, ve­ro?

enea Oh, no, no di certo. (Risentita) E chi si offende? Cosa cre­de, lei! (Cerca di rifare i toni e i modi dell'amico becchino) Lo sa che mio padre, quando è nata mia sorella... (S'interrompe) No, io non ho sorelle... (Riprende di slancio) Quando sono na­ta io, ha detto (quasi come un «a parte») aspetta, com'era?... Ha detto, oh ecco... ha detto... Che ha detto? Insomma, era contento!

signore    Immagino.

enea    No, lei non immagina perché fosse contento.

signore    Perché?

enea (scocciata di dover constatare tanta durezza di comprendo­nio) Perché, perché! Perché ero una femmina, e pensava di farmi fare la vita.

signore (con mezzo sussulto)    La vita?!

enea Sissignore, la vita! Invece io, disgraziata, sciagurata, inco­sciente, non sono andata a far la maestra?!

signore (si siede)    Ha studiato da maestra, lei?

enea Beh, qualche mese del primo anno. Però, intanto, lui, po­verino, è morto di crepacuore... che se gli davo retta chissà dove sarei...

signore   E dove sarebbe?

enea (con tono ovvio) Sarei, sarei... (Cambia intonazione all'i­stante) Sa che mi stava insegnando?

signore    Cosa le stava insegnando?

enea Tutto: come si tiene la borsetta... (mima il tutto da im­bragata) la camminata sciolta... come si sorride al cliente... co­me lo si ferma... Tutta tecnica però, pratica niente.

signore   Spero bene.

enea Lì, sono a zero. E se una non prova sul vero, è inutile! (Co­me folgorata da un'idea) Signore, signore, per piacere, mi eman­cipa lei?

signore (si leva in piedi e si risiede stordito)   Come?

enea Sì, sì, io vorrei diventare una prostituta di quelle vere, di quelle col foglio di via, e con lei ce la farei di sicuro a rompere il ghiaccio. Sa, col fatto che l'ho già vista da morto, c'è già una certa confidenza. E anche lei sarebbe aiutato dal fatto che io ho i capelli di sua moglie e il piede dell'Angela... M'aiuta?

signore (disteso, come si parla ad una squilibrata) Senti, non di­ciamo sciocchezze! Guarda, forse posso venirti incontro: se tu accetti... (S'interrompe, ha un moto di disappunto, è mortifi­cato) È la giornata delle gaffe: le ho dato del tu.

enea    No, no, non fa niente, mi dia pure del tu.

signore (secco)    Vuoi entrare in società con me?

enea (speranzosa)    Mi vuoi fare da pappone?

signore Beh, non proprio. Io ti finanzio. Ti procuro i soldi per diventare una signora: basterà che tu te li vada a prendere nel mio ufficio. Sono nella cassaforte. (Estrae di tasca un mazzo di chiavi) Guarda, qui c'è la chiave della porta, del portone e per­fino dell'ascensore.

enea    E se mi pescano?

signore   Non c'è nessun pericolo. Basterà che tu ti vesta da suora.

enea    E perché da suora?

signore Perché l'ufficio si trova in un vecchio fabbricato, un ex convento, dove però sono rimaste delle suore che mandano a-vanti una specie di istituto per menomati psichici.

enea    Chi sono?

signore   Dei matti, insomma.

enea    Va bene, e allora?

signore (in fretta, con pause molto brevi) E allora... Prima di tutto, anche entrando in pieno giorno, il portiere non ti dice niente. Lì le suore vanno e vengono. Se per caso ti pescano nel mio ufficio, puoi sempre dire che hai sbagliato piano, porta, o che so io, e ritornartene via bella come il sole.

enea No, no, io non ci sto: non è un lavoro per me. E poi, dove lo trovo un vestito da suora ?

signore Ma quello è il meno. Ci sono negozi di arredi sacri a non finire, dove trovi di tutto: vestiti da suora, da prete, da frate...

enea E allora perché non prendiamo un bel vestito da frate e ci va lei nel suo ufficio?

signore (amaro) Manco truccato da cavallo, con un carro die­tro, mi farebbero passare!

enea    Perché?

signore (con rabbia) Perché ho in ballo un fallimento di quelli che non finiscono più: ho tutto sotto sequestro, mi sono fatto incastrare per salvare quei balordi dei miei soci, dei miei clien­ti, e adesso se mi pescano mi sbattono in galera per almeno dieci anni senza neanche il processo.

enea (dopo breve silenzio) E ce ne sono tanti di soldi, in quella cassaforte?

signore No, non molti. ( Esaltato ) Ma sono i documenti che con­tano: con quelli facciamo venir l'itterizia a mezza Italia!

enea   Va beh, ma con l'itterizia mica si fanno i soldi.

signore (commiserandola) Lo dici tu ! Tacito diceva (lapidario) : «L'itterizia ha l'oro in bocca». (In tono di sfida) Prova un po' a fare una fotocopia di uno di quei documenti e a spedirla a chi so io con una breve postilla: « Se entro una settimana non ci invierete numero tot bigliettoni, la presente fotocopia farà il giro di tutti i giornali nazionali ed esteri, questura compresa »!

enea È un ricatto, insomma! Ma perché non l'ha combinato pri­ma?

signore Perché prima, avrebbero fatto presto a capire da dove veniva la mazzolata. Sono io l'unico ad essere in possesso di quei documenti: quei balordi li avevano affidati a me, loro andavano tranquilli, erano certi che mi sarei fatto accoppare pur di non tradirli. Imbroglione si, ma leale! Leale fin che ero vivo; ma dal momento che ora sono morto per tutti quanti (ironico cattivo) ho pure il diritto di vivere anch'io come loro!

Dal di fuori arriva l'ululato di una sirena.

enea ( va verso il proscenio) Ci risiamo! Un altro scontro con gli scioperanti!

signore (guarda in platea come se in quella direzione ci fosse la piazza) No. Questa volta danno la caccia alle ragazze. Guarda, poveracce, come scappano!

enea    Ah, è una retata. (Bussano alla porta). Chi è?

battona (dal di fuori) Sono io, quella di prima... quella del ve­stito... Apri!

enea (la fa entrare e richiude col catenaccio) Ah, sì, entra... Spe­riamo non se la prendano con me, dopo.

battona Macché, mica mi hanno vista entrare qui. Stai tran­quilla. (La guarda ammirata) Ammazzalo come stai bene! (Enea si pavoneggia). Guardali (additando verso la platea), sti disgra­ziati! Manco più al cimitero ci lasciano in pace, adesso... Oh, porca di una miseria, stanno venendo in qua... Dove mi na­scondo?!

enea    Entra lì, nel carro. Tira giù la tenda!

battona   Giusto! Non dite niente, per carità! (Esegue).

agente (bussando violentemente alla porta)   Aprite!

signore E io, dove mi nascondo se quelli arrivano? Se mi rico­noscono...

enea (gli fa cenno di uscire verso la camera ardente) S'infili in una bara. Tanto, ormai ha imparato come si fa a fare il morto.

Il commercialista entra nella camera suddetta, Enea lo segue.

agente (dal di fuori)   Aprite!

terzo becchino (entrando dal fondo, ad Enea che si è sfacciata dalla camera ardente)    Cosa aspetti ad aprire: non senti che chiamano?

enea (entrando)    E apri tu, apri!

agente (sempre dal dì fuori)   E allora?

terzo becchino    Eccomi! Chi è?

commissario    Dai, non fare il furbo! Apri.

Entra un poliziotto seguito da un commissario e da un altro agente: sono in borghese. Spingono avanti due ragazze.

primo agente (additando Enea) Eccola! Che le dicevo, com­missario: l'avevo vista entrare, io!

enea (all'agente che l'ha afferrata per un braccio) Ehi, piano! Che vi prende?! Io...

prima prostituta    E da dove salta fuori quella?

commissario (al becchino) Bravo! E tu dai ospitalità alle pol­lastre, eh?

terzo becchino No, signor commissario, qui c'è un equivoco: la signorina...

primo agente (sospingendolo da un lato)   La signorina, cosa?

seconda prostituta (sghignazza) La signorina! Sentilo il bec­chino pappone!

terzo becchino    A chi pappone? Io sono...

commissario Stai zitto, altrimenti finisci anche tu al fresco per favoreggiamento e compagnia bella.

enea    Perché? Mi portate al fresco?

primo agente Sentila, l'angioletto che non sa... Ti becchi uno di quei fogli di via, tu...

enea Il foglio di via! (felice) Grazie! (Rivolgendosi al becchi­no) Mi danno il foglio di via, mi fanno professionista... come loro. (Prende una delle ragazze per un braccio) Andiamo al fre­sco!

commissario Ma dico, insomma! Ti metti anche a sfottere, adesso ?

enea Ma chi sfotte! Son qui che non so cosa non ti farei dalla contentezza... Che mi sei simpatico: bello, il mio commissario... (In preda ad una gran crisi di simpatia cerca di fargli il solletico, come si fa con i bambini).

commissario   Ehi, matta!

enea (esce sul fondo gridando felice) Al fresco, mi portano al fresco!

commissario (agli agenti esterrefatti) Dai, cosa fate lì impalati, voi! Portiamola fuori, sta matta!

primo agente    Subito, commissario. (Esce inseguendo Enea).

secondo agente (andando a guardare nel carro funebre, e trovan­do la ragazza)    Commissario, c'è un'altra pollastrella...

commissario Fuori, portala fuori! (Alle prostitute) E voi, ve­nite con me!

Escono.

enea (rientra provenendo dalla camera ardente)    Aspettatemi! Aspettatemi! (Esce seguendo gli altri).

primo agente (che aveva seguito Enea, rientra tenendo per le zampe la gallina che abbiamo già visto all'inizio della scena) Commissario, c'è un'altra pollastrella, c'è un'altra pollastrella! (Esce).

terzo becchino (lo rincorre disperato)   Quella no! Quella no!

Sipario.

SECONDO TEMPO

Un ufficio ricavato in una costruzione tutta archi e volte cinque-seicentesche. Mobili d'ufficio non proprio moderni. Quadri alle pareti. Qualche statua dentro le nicchie. Di lato, una grande stufa in ferro e ghisa con la canna fumaria che sale fino al sof­fitto, si piega ed esce sulla destra. All'apertura del sipario ve­diamo in scena un individuo che si dà da fare attorno ai cas­setti: parecchi cassetti sono già per terra. Stacca un quadro. Si sente armeggiare alla porta. Il tipo si ferma, poi si va a piazzare dietro la porta stessa ed estrae di tasca una pistola impugnan­dola per la canna, pronto a colpire. Entra Enea vestita da suora.

enea Ah! Avevo voglia di girare la chiave: era già aperta! (Fa qualche passo. Vede un'altra porta attigua) E questa porta dove dà? (Esce. Il ladro fa capolino dal nascondiglio e la segue. Enea rientra dalla prima porta chiudendosela alle spalle) Oh, tu guar­da, un ufficio gemello!

Il ladro apre la porta spingendo Enea fra il muro e la grande stufa. Entra in scena e non vede Enea che, scorgendo il ladro armato di pistola, manda un grido.

ladro (spaventato a sua volta)   Oh, mamma!

enea    Oh, papà!

ladro Scusi, sorella, l'avevo presa per un ladro! Sa, col fatto che qualcuno ci ha già provato... Vede, la serratura è tutta divelta. (Indica la porta).

enea    Ah, ecco perché non girava la chiave!

ladro    Lei ha le chiavi dell'ufficio? Come mai?

enea (rigirando le chiavi fra le dita) Già, come mai? Oh, tu guar­da che stupida! Mi devo essere sbagliata di porta... Eh già, que­sto non è il convento: infatti non c'è neanche una suora... (Guarda sotto al tavolo) Non ce n'è... Mi scusi.

ladro    Per carità!

enea (si accorge dei cassetti per terra) Che disastro! Sono stati i ladri?

ladro (raccatta un cassetto) Sì, ma per fortuna non hanno tro­vato niente di quello che cercavano.

enea    Meno male!

ladro    Sto appunto facendo l'inventario.

enea    È della polizia, lei?

ladro   No, sono il capo cassiere.

enea Ah, il capo cassiere: ecco perché ha la pistola... Eh già, l'ho visto anche in un film, uno che faceva il cassiere con la pi­stola: Vieni a dormire con me, bambola! Sa, roba sexy. Baci, baci... (Si rende conto di quello che sta dicendo e si interrompe terribilmente imbarazzata).

ladro    Un film, come?

enea (finge di non capire)    Prego?

ladro    Ma, mi sembrava parlasse d'un film...

enea (indignata) Cosa ha capito, lei. (Pausa). Demonio! (Di col­po servizievole) Vuole che le dia una mano a riordinare?

ladro Oh, no, grazie, sorella. (Riprende a raccogliere le scartof­fie) Purtroppo devo fare da solo: se mi sbaglia un cassetto, sa, un documento fuori posto...

enea Ah, sì, capisco. Beh, allora, tolgo il disturbo. (Fa per usci­re, poi ci ripensa) Scusi, adesso che mi viene in mente, posso fa­re una telefonata? (Senza attendere il consenso inizia a formare i numeri all'apparecchio) È per avvisare le mie sorelle giù al convento che non stiano in pensiero, che arrivo subito.

ladro (con ironia) Per carità, sorella, s'accomodi. Sta già telefo­nando!

enea    Posso fare anche i numeri che mi mancano?

ladro   Continui, continui pure.

enea Grazie... Pronto, camposanto? (Al ladro meravigliato) È il nome del guardiano del convento. Che strano nome, vero? (Al telefono) Mi passa l'interno dodici... Sì, dove c'è l'Enea... Grazie. Pronto? È suor Enea che parla...

Su carrelli, proveniente dalla quinta di sinistra, entra una bara dentro la quale è seduto il feretrofobo intento a ricevere la telefonata.

signore    Oh, finalmente! Da dove parli?

enea    È lei, superiora? Sono qui in un ufficio... Ho sbagliato por­ta, sa, succede...

signore    Oh, brava ce l'hai fatta!

enea    Per fortuna c'era già dentro il capo cassiere, che a momen­ti mi dà una mazzata in testa con una pistola.

signore    Il capo cassiere?!

enea    Si, madre. Pensi che mi aveva presa per un ladro...

signore    Chiedigli un po' come si chiama?

enea    Come si chiama il ladro?

ladro (preoccupato)    Come?

signore    Macché ladro! Come si chiama lui!

enea    Ah, sì. (Al ladro) La mia madre superiora vuol sapere co­me si chiama lei.

ladro    Perché, scusi?

enea (parlando al telefono)    Perché, madre?

signore   Ma inventa qualcosa! Digli che... Insomma, raccontagli una frottola.

enea    Ah, sì, gliela racconto. (Al ladro) La madre dice che sicco­me lei è stato tanto gentile con me, vorrebbe regalarle una me­daglia ricordo con sopra le sue iniziali.

ladro    Grazie. Mi chiamo Armando Pieruzzi.

enea (parlando al telefono)    Si chiama Armando Pieruzzi.

signore    Pieruzzi? Mai avuto un cassiere con quel nome, io. Che tipo è?

enea (al ladro)    Che tipo è?

ladro    Che tipo è, chi?

enea Lei. Sì, voglio dire... La superiora, qui, vuol sapere... (Co­prendo il microfono) Sa, è una curiosona: bisogna scusarla. Vuol sapere se lei è un tipo fine o un tipo comune, se ha i baffi o non li ha. (Lo scruta per un attimo; quindi, all'apparecchio) No, non ha baffi.

signore Guarda se per caso ha dei denti d'oro: gli incisivi su­periori.

enea (al ladro )   Scusi, signore, le spiace farmi aaaaaa. (Dopo aver­gli guardato in bocca) No, denti d'oro non ne ha, però ha le ton­sille rosse!

ladro    Ma, cosa le interessa sapere tutte queste cose? Mi deve fare il passaporto?

enea    No, è per la medaglietta.

signore    Lascia perdere la medaglietta. Chiedigli un po' da quan­do e da chi è stato assunto. enea    Eh no, basta! Io non gli chiedo più niente. Glielo chieda lei, madre. (Mette la cornetta all'orecchio del ladro).

ladro (restituisce la cornetta)   Scusi, sorella, io, come vede, ho un po' da fare. La ringrazio per la medaglietta; ma adesso, se mi facesse il favore di...

enea    Senz'altro... tutti i favori... Ma prima, se non le spiace, la mia superiora le vorrebbe chiedere una cosa.

ladro (disarmato)   Pure la superiora ! (Afferra la cornetta) E vabbè... Pronto? Buongiorno, madre...

signore    Buongiorno, caro...

ladro (tappa con la mano il ricevitore)   Ma ha la voce da uomo!

enea    Sì, da uomo... Ma è molto religiosa.

signore Senta, signor Armando, io conosco molto bene il dottor Sandrini, sa, il suo direttore.

ladro    Ah, si, il dottor Sandrini...

signore Bene, me lo saluti tanto, quando tornerà in ufficio do­mani.

ladro    Senz'altro, lasci fare, non mancherò.

signore Grazie. Era tutto. A risentirla, e tanto piacere... Mi ri­passa un attimo la sorella?

ladro Subito. Arrivederla. (Offre la cornetta ad Enea) Vuole lei. Ma che voce! Mi fa impressione...

enea    Pronto, madre...

signore    Senti, quello non è un impiegato, né mio, né dei miei . soci: gli ho fatto il saltafosso del dottor Sandrini... Non è mai esistito un dottor Sandrini. Per me, o è un ladro o uno della po­lizia.

enea (spaventata)    Polizia?

ladro (sobbalza)    Che?

enea (con un sorriso il più mesto e tranquillizzante possibile) La madre mi dice di aiutarla a fare un po' di pulizia.

ladro (con un gran sospiro)   No grazie...

enea (abbassa la cornetta) Beh, levo il disturbo. Devo andare in convento, perché ho molto da fare. (Corre verso l'uscita).

ladro (la trattiene per una manica) Un momento, sorella, mica son tanto suonato come crede: cos'è sto fatto della polizia? Chi è quell'uomo col quale mi ha fatto parlare?

enea    Gliel'ho detto, è la mia superiora.

ladro    La sua superiora è un uomo?

enea Beh, sì, nel nostro ordine quasi tutte le superiore sono uo­mini...

ladro    Ma tu guarda!

enea La nostra poi, è un ex gerarca. Si è nascosto da noi nel '45. Si è trovato bene, ed è rimasto lì. Ad ogni modo, se non ci crede peggio per lei... Io devo andare perché sono in ritardo e devo suonare le campane. (Ritenta ancora d'andarsene).

ladro (le taglia la strada) No, lei se esce di qui non va in conven­to: lei va diritto alla polizia, a raccontare che qui c'è un ladro.

enea    Un ladro?

ladro Sorella, la smetta di fare la manfrina; tanto, ha capito be­nissimo che io sono un ladro: e vuole andare a denunciarmi.

enea    Ma neanche per idea, io...

ladro Lei sta qui con me, finché non avrò trovato quello che cerco... Poi, sarà tanto gentile da accompagnarmi fuori pas­sando dall'ingresso principale. In sua compagnia, a nessuno ver­rà in mente di fermarmi: le pare, sorella? (Punta la pistola).

enea   Sì, sì, mi pare, fratello...

ladro Brava, e adesso si metta lì seduta buona buona, che io devo lavorare. E non facciamo scherzi, che sono nervoso.

enea Sì, sì, io sto buona... Quando uno è nervoso, io sto seduta. (Il ladro incomincia a guardare sotto ai quadri, poi sale su di uno sgabello e picchietta con le nocche su un pilastro. Enea, re­stando immobile, lo sguardo nel vuoto) Acqua, acqua...

ladro (minaccioso)    Ehi, dico, mi sta a sfottere?

enea    Io? Ma neanche per sogno, volevo solo aiutarla!

ladro   Aiutarmi?

enea    Sì, a trovare la cassaforte. Non è quella, che sta cercando?

ladro Sì, cerco la cassaforte; ma lei la deve piantare! A parte che dovrebbe dimostrare un po' più di comprensione: una suo­ra come lei, andiamo, le pare bello? (Angosciato) Cosa crede, che mi diverta a fare il ladro? Se sono arrivato a questo punto è perché sono disperato... in una bolletta che fa schifo... con una famiglia sulle spalle... E vorrei che lei vedesse la faccia di mia moglie e dei miei bambini, quando tornerò a casa senza un soldo, a mani vuote!

enea Ma appunto, che io voglio aiutarla! Ma se va avanti a cer­care in quella maniera, domani siamo ancora qui.

ladro   Ma che ne sa lei?

enea Lo so, lo so: io ho il sesto senso. Quando in convento perdono qualche cosa chiamano sempre me. Io faccio: acqua, fuoco, fuoco, e loro la trovano subito. Sono una rabdo... rabdo...

ladro    Rabdomante?

enea    Si, rabdomante.

ladro Beh, vediamo, provi un po' anche con me. (Torna a pun­tarle la pistola) Ma se scopro che è uno scherzo...

enea    Stia tranquillo che non lo scoprirà! Allora via. (Il ladro retrocede preso dal gioco). Acqua... acqua... (il ladro sta per in­ciampare in una sedia) sedia... acqua... acqua tiepida... (altro inciampo) risedia... fuocherello... fuochino... fuoco... (7/ ladro adesso si trova davanti alla stufa). Fuocone! Fuochissimo! Oh, come brucia, brucia, brucia... Ahiaia!

ladro (indica la stufa)    È qui?

enea    Sì.

ladro Ma se è tutta a sportelli, come fa ad esserci dentro una cassaforte?

enea   Prima regola: non farsi mai fregare...

ladro    Come?

enea    Non farsi mai... (pausa, poi riprende) dalle apparenze.

ladro (tira a sé una lesena della stufa ed ecco che tutta la parete degli sportelli sì apre a mo' di porta: appare la cassaforte. Stor­dito)   Ma tu guarda!

enea    Ha visto, crapone di un crapone... Non ci credeva, lui!

ladro Sì, devo ammettere che, senza il suo aiuto, non l'avrei mai trovata... Piuttosto, lei come ha fatto?

enea    Rabdomante.

ladro Accidenti, che forza! (Esamina il congegno della cassa) Eh, ma qui, adesso, ti voglio! Per la miseria, è una Stranger.

enea    Chi?

ladro Dico, il congegno di sicurezza è quello di una Stranger, a doppio scatto.

enea   E allora?

ladro E allora, se non si conosce la combinazione, è un disa­stro. Vien via solo a farla saltare: e ci vuole un chilo di tritolo. Ma che scalogna! Proprio un sacripante del genere! (Si blocca, poi imbarazzato) Oh, scusi, sorella.

enea    Di che?

ladro    M'è scappata una mezza bestemmia.

enea    Ah, niente, niente. Scappano anche a me, ogni tanto...

ladro   Possibile?!

enea (cerca nella propria borsa, ne estrae un notes: si avvicina al­la cassaforte e punta il dito sul quadrante cifrato) Ah, ecco dove sono i numeri.

ladro (sale su una sedia e apre lo sportello della canna fumaria, ci guarda dentro) Per la miseria! Comunica, sì, con l'interno, ma ci hanno messo una grata, e qui il tubo è saldato: dovrei segarlo...

enea Non ce n'è bisogno: forse conosco io un sistema più spic­cio.

ladro    Davvero?

enea    Ma guardi che lo faccio solo per i suoi bambini.

ladro    Oh, grazie.

enea    Facciamo a mezzo, però.

ladro Come?

enea    Eh sì, per i miei bambini...

ladro Ah, quelli dell'orfanotrofio ? (Scende dallo sgabello) E va bene, d'accordo: dividiamo a mezzo. Ma si sbrighi.

enea    E un'altra cosa: le carte che ci sono dentro sono roba mia.

ladro    Come fa a sapere che ci sono delle carte?

enea    Rabdomante.

ladro    Eh già, rabdomante! Bene, bene. (Si frega le mani) Ve­diamo come se la cava.

enea Vediamo un bel corno! Lei mi fa il favore di non guar­dare. Si metta davanti a quel santo (indica la statua del santo dentro la nicchia, sul fondo, a sinistra) e dica un bel requiemeternam.

ladro    Un requiemeternam?

enea Sì, perché ci aiuti. In ginocchio! (Il ladro s'inginocchia non molto convinto e sbircia di sottecchi). Pregare, e con con­vinzione, altrimenti non riesce!

ladro    Ma io non me lo ricordo il requiemeternam.

enea Se lo inventi! Dica qualunque cosa le viene in mente... È l'intenzione che conta.

ladro E va bene: proviamo con l'intenzione. (Biascica qualche cosa d'incomprensibile).

enea (fra sé e sé)   Dunque, primo scatto... (Consulta il notes).

Mentre Enea armeggia con la cassaforte, il ladro continua a bia­scicare strane preghiere.

ladro    Requiemeterna, mea culpa, mea culpa...

enea    Tre, sei; quattro. (Esegue sulla cassaforte: si sente una mitragliata come di molla che si scarica, poi un trac secco). Evviva, è scattata! La prima serratura è scattata.

ladro    Faccia un po' vedere. Ma tu guarda!

enea (intransigente)   Al posto! In ginocchio e pregare, se no, niente secondo scatto!

ladro    Sì, sì, al posto, in ginocchio e pregare. (Torna a biascicare con gran fervore).

enea    Uno, nove, sette.

Gran fracasso, un breve sferragliare di molle e d'ingranaggi, poi un cu-cu, cu-cu da orologio tirolese, quindi silenzio.

ladro    Mea culpa, mea maxima culpa... Deus ex machina.

enea    Porco Giuda, si è inceppata!

ladro Inceppata? Eh no, non vale. (Pregando con slancio da ca­tecumeno) O santo bello, santo simpatico, che neanche ti cono­sco, fai scattare la serratura! Un altro colpetto, cosa ti costa? O santo bello, che manco ti conosco!...

enea (ha preso la rincorsa e molla un pedatone alla cassaforte che emette una specie di gemito e poi cigolando si spalanca)    Si è aperta, si è aperta!

ladro    Grazie, santo simpatico... Tiè! (Gli molla un bacio in fronte, poi corre verso la cassaforte).

enea (lo ferma a gamba tesa)    Altolà! Ricordiamoci i patti.

ladro    Sì, sì, facciamo a mezzo.

enea   Appunto, ma le parti le faccio io. (Estrae dalla cassa un

pacco di documenti e un mazzo di biglietti da diecimila).

ladro    Beh, non son neanche poi molti!

enea    Ma neanche pochi. (Va verso un tavolo in proscenio e ini­zia la spartizione) Uno a me, uno a te...

ladro    Ma tu guarda! Chi l'avrebbe mai detto: una suora scas-sinatrice! (Va a prendersi una sedia) Che fenomeno! Ecco, una donna così dovevo trovare! (Approfittando della distrazione del ladro, Enea mette un gran numero di biglietti da diecimila nel proprio mucchio) Mica quella trampen buona a niente della mia Luisa! Scusi, lei li ha già presi i voti? enea    I voti? Cosa interessa a lei dei voti miei?

ladro    Così, facevo per dire...

enea Ecco, adesso m'ha fatto andar via la testa: non mi ricordo più se era uno a me e uno a te, o viceversa... Beh, facciamo metà per uno. (Strappa in due la banconota).

ladro (ha un gesto di stizza subito represso) Certo che se lei potesse piantare lì tutto e venir via con me, ci mettiamo in so­cietà. T'immagini che pacchia? Io che prego il santo, e lei che fa scattare le combinazioni: in un mese svuotiamo tutte le casse-forti d'Italia!

enea Cosa? No guardi, mi dispiace, ma se lo levi dalla testa. Una può lasciarsi andare una volta... il bisogno, i bambini che aspettano... si sa, siamo tutti peccatori... ma che diventi un vi­zio... (Ripete il giochetto della divisione a proprio vantaggio).

ladro Ma è un bel vizio, sa: che rende! Sorella, facciamo so­cietà! Guardi, sono pronto anche a sposarla, se vuole. Lei but­ta i veli... (Melodrammatico, accorato) Non ci crederà, ma io sento già di volerle bene. (Le prende una mano, se la porta al petto) Ascolti come mi batte il cuore: sono innamorato!

enea Ma dico, è matto?! (Si libera dalla stretta) Innamorato! E poi, lei, non è già sposato?

ladro (ridanciano) Macché sposato! Sto con una amica, così; ma se lei ci sta la pianto subito.

enea   Bravo, e i bambini che aspettano?

ladro (come sopra)   Ma non ho mai avuto bambini, io.

enea (lo guarda con disprezzo, gli dà un gran spintone: il ladro piomba a sedere con violenza sulla sedia) Sto balordo faccia di palta che non è altro! E viene qui a fare lo strappacuore con me! I bambini, la moglie... Gli sputerei in un occhio... Anzi, gli sputo: toh! (Sputa).

ladro Ehi, sorella, calma! (Afferra il malloppo) D'accordo, re­sti pure a fare la santa come le piace, ma allora il malloppo me lo tengo io: niente a mezzo.

enea Disgraziato, li avevo divisi cosi bene! D'accordo, tienti pure i soldi: tanto a me basta sta roba. (Afferra i documenti).

ladro    Che roba? Ah, le carte... E che se ne fa?

enea    Sono affari miei.

ladro Eh no, sono affari anche miei, se non le spiace. Faccia un po' vedere!

enea   Neanche per idea.

ladro Dia qua, o va a finir male! (Punta la pistola: Enea lancia i documenti con tutta la sua forza addosso al ladro).

enea   E prenditeli, allora.

Parte un colpo: Enea cade riversa al suolo. Il ladro s'appoggia al tavolo sconvolto.

ladro Per la miseria, l'ho accoppata! Disgraziato, che ho fat­to?!

Si sentono delle voci arrivare dall'esterno.

voce di donna    Chi ha sparato? Hai sentito anche tu, no?

voce di uomo    Non sono mica sordo! Mi pare che il botto venis­se dagli uffici del primo piano.

voce di donna    Vai su un po' a vedere!

voce di uomo E che vado a vedere? Non ci può essere nessuno là dentro: è chiuso sprangato.

voce di donna Beh, vacci lo stesso: da qualche parte deve es­sere pur venuto questo sparo.

voce di uomo   Vieni su anche tu, allora.

voce di donna    Ah, ma potevi dirlo subito che è perché hai fifa!

Intanto il ladro ha cercato d'infilarsi nella cassaforte con il mal­loppo e tutto, ma così carico non riesce a chiudere: o lui o il pacco. Vorrebbe infilarlo in un cassetto, ci ripensa, il suo sguar­do cade sulla statua del santo dentro la nicchia: solleva la sta­tua e infila il tutto nell'interno vuoto. Poi si va a nascondere nella stufa.

voce di uomo Macché fifa! È che se qualcuno spara un'altra volta, mi fai da scudo.

Il ladro chiude dietro di sé la finta porta della stufa: si sente scattare il congegno a rovescio, compreso il cu-cu e il resto del­lo sferragliamento. Entrano il guardiano e la moglie.

guardiano (si ferma a qualche passo dal corpo esanime di Enea) Una suora?!

moglie del guardiano    Poverina, sarà morta?

guardiano (vede sul tavolo la pistola dimenticata dal ladro) Guarda lì, una pistola...                                            

moglie del guardiano Lasciala stare dov'è, non toccarla... Se è morta, poi la polizia arriva e trova le tue impronte.

guardiano (s'inginocchia a tastarle la gola) No, non è morta, respira ancora... Forse è solo svenuta.

moglie del guardiano    Meno male!

guardiano (la solleva per le ascelle e la posa sulla poltrona) Fe­rite e perdite di sangue non ne vedo. Vai giù a chiamare qualcuna delle sue sorelle. Fai presto!

moglie del guardiano Chissà come è arrivata quassù. Deve es­sere una novizia.

guardiano    Vai a chiamare ste suore, ti ho detto!

moglie del guardiano Sì, sì, ma chi avrà sparato? Che abbia tentato di suicidarsi?

guardiano    Muoviti, se no ti sparo io!

moglie del guardiano Vado, vado. Ma come sei nervoso! (Esce).

guardiano Porta su dell'aceto... qualche cosa... (Si guarda in­torno) Ma quelle, non sono bottiglie di cognac?

In uno dei mobiletti scassinati dal ladro ci sono infatti alcune bottiglie: il guardiano si alza e va a prenderne una. Versa un goccio di cognac in un bicchiere e lo porta alla bocca di Enea.

enea (con una smorfia di disgusto )    Mhuummm...

guardiano    Come va, sorella?

enea    Fa schifo!

guardiano    Cosa, sorella?

enea Il cognac, dico: ce n'è lì una bottiglia di quello origina­le autentico francese, e lei mi va a dare sta porcata fatta in ca­sa...

guardiano Oh, sì, scusi! Ma, sa, nella fretta... Rimedio subito. (Ritorna presso il mobiletto: afferra un'altra bottiglia).

enea    Ohio, devo aver sbattuto la testa... Che botta!

guardiano    Ma chi le ha sparato ?

enea Un ladro. (Al guardiano che sta versandole da bere con eccessiva cautela) Giù, giù! Ma che è una medicina che me la versa col contagocce?

guardiano Ha ragione. (Riempie il bicchiere) Un ladro? Le ha sparato un ladro?

enea Sì, sono entrata, lui era lì (beve) e, appena mi ha vista, si è spaventato e mi ha sparato... (ribeve) Ho sentito passarmi la pallottola a due dita. Guardi là il buco nel muro. (Scola il bic­chiere) Oh, mamma, mi sento male un'altra volta... Me ne versi un altro po', presto! (Il guardiano afferra dal tavolo una delle due bottiglie a caso. La ragazza senza guardare, con voce prea­gonica, lo blocca) L'altra!

guardiano (rendendosi conto di aver preso la bottiglia di cognac nazionale) Ah, già! (Prende l'altra bottiglia, ne riempie il bic­chiere e lo offre ad Enea).

enea Che spavento ho avuto! (Beve degustando) Uhm, è proprio speciale! Che marca è? (Da un'occhiata alla bottiglia) Eh, fine champagne... Lo dicevo, io!

guardiano (dandosi una pacca in fronte) Per la miseria! Ades­so ricordo, e io stupido me lo sono lasciato scappare.

enea    Chi?

guardiano Il ladro. M'è passato davanti, proprio qui, sul pia­nerottolo: fingeva di scendere dal piano di sopra, e io mi sono lasciato fregare...

enea    Era uno magro con le tonsille rosse?

guardiano    Mah!

enea    Aveva un pacco, sotto al braccio?

guardiano Niente, nessun pacco. Di quello sono sicuro: aveva le mani in tasca... tanto è vero che fischiettava.

enea (si alza ciondolando) Allora ha lasciato qua tutto. Chissà dove li ha nascosti!

guardiano    Che cosa ha nascosto ?

enea (pausa: il tempo di trovare la «rimediata») I suoi ferri: sa, grimaldelli, chiavi...

guardiano Ah già! Adesso che ci penso: bisogna avvisare su­bito la polizia.

enea    La polizia?

guardiano    Eh sì, per fare la denuncia.

enea Ma non è il caso... A parte che non ha fatto in tempo a por­tare via niente, dopo tutto.

guardiano Non è una buona ragione. E poi, dico, c'è di mezzo un tentato omicidio. Dice niente? (Prende la rubrica telefonica e cerca il numero).

enea Macché omicidio! Cosa fa? Non stia lì a leggere che si stan­ca. (Richiude la rubrica) Lasciamo perdere. (Evangelica) Perdo­niamo... A tutti può capitare di sbagliare... (Sbrigativa) Per­doniamo e non parliamone più. (Si versa da bere).

guardiano (ammirato, commosso) Lei è troppo buona, suora! Per la miseria, che cuore ha... Ah, se tutti i preti fossero come lei!

enea    I preti?                                                           

guardiano Beh, sì, insomma... È proprio una santa donna! Do­vrebbe imparare mia moglie, che invece mi salta addosso ogni due minuti... Ma perché non ho incontrato una donna cosi, io!

Si sente ciabattare all'esterno.

moglie del guardiano (dal di dentro) Ecco, da questa parte, sorelle. Una rampa e ci siamo.

enea    Chi è?

guardiano (va verso la porta, sul fondo) Mia moglie, che è an­data a chiamare le sue consorelle giù al convento.

enea (si lascia andare sulla poltrona) Le consorelle? Oh, le con­sorelle?! (Scola il bicchiere e risviene).

moglie del guardiano (entrando seguita da due suore) Ecco, è qua.

guardiano (facendo strada alle due suore)    Si accomodino, so­relle. Non è niente! Sa, solo un po' di spavento...

prima suora (solleva la testa di Enea)    Oh, madre, come si sen­te?... Madre?

seconda suora (prende una bottiglia dal tavolo)   Ma non è an­cora rinvenuta?

guardiano Sì, sì, abbiamo parlato fino adesso. Si vede che l'e­mozione di sentire loro che salivano...

prima suora (la schiaffeggia con delicatezza) Madre, rispon­da...

seconda suora Mi passi quel bicchiere. (Versa dalla bottiglia e accosta il bicchiere alle labbra di Enea) Beva, madre, le farà bene!

guardiano Madre?... Ah, è una superiora. Ma com'è che non l'ho mai vista, io?

prima suora    Ah, neanche noi l'avevamo mai vista.

seconda suora È la nostra nuova madre: l'aspettavamo... non così presto, però.

prima suora    Pensi che viene dalle Indie!

moglie del guardiano   Fin dalle Indie ?

prima suora Sì. Chissà che viaggio! E, poverina, proprio ades­so doveva capitarle una cosa del genere...

seconda suora    Ma chi è stato a sparare?

guardiano Un ladro. A momenti l'ammazza. E lei, sta santa donna, non ha neanche voluto che telefonassi alla polizia... « Perdoniamo, perdoniamo », diceva... « Tutti gli uomini pos­sono sbagliare»... (Alla moglie, aggressivo) Dovresti imparare tu, tu che mi ràccoli sempre! Hai capito che gli uomini « pos­sono » sbagliare?

prima suora (sollevandole il velo)   Ha un viso molto dolce!

moglie del guardiano Siete proprio fortunate ad avere una madre così! Perché, quell'altra che avevate prima, con tutto il rispetto...

seconda suora Era solo un po' severa. Certo che se, come dite, madre Antonia è cosi buona, il Signore ci ha proprio prese in grande simpatia.

guardiano    Madre Antonia? Si chiama cosi?

prima suora Sì, così ci hanno scritto. Doveva arrivare fra un mese, via mare...

seconda suora    Avrà preso l'aereo.

Enea muove leggermente il capo.

prima suora   Ecco, zitti che sta rinvenendo!

enea (con tono da sonnambula)    Gli indù, dove sono i miei in­dù?!

prima suora    Indù? Che dice, madre?

seconda suora    Poverina, crede di essere ancora in India.

Il guardiano accende un sigaro.

enea (agita le braccia, sempre ad occhi chiusi) Cacciate, cacciate la mucca sacra che sta mangiando tutti i gerani nel vaso... con quel mandolino rachitico che si ritrova... (Pausa, poi: un sin­ghiozzo vistoso) Ipp!

prima suora    Madre, cerchi di svegliarsi... Madre...

enea    Ipp!

seconda suora    Poverina, ha il singhiozzo.

guardiano   Per forza: avrà bevuto mezzo litro di cognac!

seconda suora    E chi gliel'ha fatto bere?

moglie del guardiano (petulante, al marito) Sto deficiente! Ma cosa credi, che siano tutti ubriaconi come te? Non sai che le suore sono tutte astemie?

guardiano (con mezzo sorriso ironico) Beh, lei non mi pare lo fosse molto... Se ne intendeva, e come!

moglie del guardiano Ma sta' zitto, blasfemo! L'hai fatta ubriacare, poverina... (Lo spinge lontano) E spegni quel sigaro puzzolente, per favore! (Il guardiano fa per spegnere il sigaro in un portacenere). No, non lì, che me lo sporchi! Buttalo nella stufa. (Il guardiano getta il sigaro nel pertugio della canna fu­maria della finta stufa. La donna fa un passo verso le suore) Bisogna farle un caffè, adesso. (Al marito) Vieni giù che gliene preparo subito uno, bello ristretto... Muoviti! Dico io, dove hai la testa? Te la spaccherei! (Esce).

guardiano Eccolo, il suo senso del perdono! Giuro, la pros­sima volta che nasco, sposo una suora! (Va verso l'uscita, e picchia violentemente la testa contro lo spigolo della porta) Porca...

suore (scandalizzate, prevenendo la parolaccia: all'unisono) Eh?!

guardiano    Parlavo di mia moglie. (Esce).

Enea tenta di riprendere il bicchiere.

prima suora    No, madre, basta. Non beva più, le fa male.

enea (recitando il classico risveglio da intontita) Eh? Dove so­no? Chi siete?

seconda suora    È arrivata a casa, madre, al convento!

prima suora    O meglio: nello stesso fabbricato!

seconda suora    Aveva sbagliato porta, madre.

enea   Ah sì? (Si alza fingendo fatica, aiutata dalle suore).

seconda suora Sì, ma adesso tutto è finito. Io sono suor Lucia, ricorda? Le ho scritto...

prima suora    Io sono suor Carmela.

enea    Piacere, io sono... (Barcolla, singhiozza) Ipp!

seconda suora    Lo sappiamo: lei è madre Antonia Ranieri.

suore (in coro)    Benvenuta a casa, madre!

enea Grazie, sorelle! Ma lasciatemi, che sto in piedi da sola. (Apre le braccia come stesse in bilico su di un filo. Trova a fa­tica l'equilibrio) Accomodatevi. (S'appoggia al tavolo) Beh, co­me va?

seconda suora Male, madre. Le cose, stavolta, non potrebbe­ro andare peggio.

prima suora Da quando siamo rimaste senza superiora, ce ne sono capitate di tutti i colori. (Quasi in una sequenza da rosa­rio) Il tetto e i muri, dove sono i ricoverati, stanno cedendo... Sa, la costruzione è vecchia e l'amministrazione non scuce una lira per i restauri. Dice che tocca alla sovrintendenza ai monu­menti.

seconda suora (come sopra) Quelli dei monumenti rispondo­no picche: dicono che il nostro non è un monumento d'arte.

prima suora Ci mancano i letti, ne abbiamo chiesti, ci hanno mandato delle amache e delle cuccette a tre piani... I ricoverati, poverini, cascano sempre con la testa in giù... e per degli amma­lati di mente, capirà, madre, non è la cura migliore.

enea (mentre le suore parlano, Enea, senza farsi notare, dando le spalle al pubblico, si versa da bere) Basta, sorelle, basta: mi fate piangere! (Si copre col velo e beve).

seconda suora Per di più, madre, adesso, col fatto che da più di un anno non paghiamo il canone d'affitto, ci vogliono sfrattare.

enea    Insomma, in fin della fiera, il difetto sta tutto nel manico.

sorelle (allibite)    Come?

enea (tranquillizzante)    Proverbio indiano!

seconda suora Già, ci vorrebbero un paio di milioni per tap­pare, se non altro, i buchi più grossi.

enea Un paio di milioni? (Allunga il collo a cercare intorno) Porco cane, chissà dove li ha nascosti, quello... Se è uscito con le mani in tasca, qui devono essere.

seconda suora    Come, madre?

enea Niente, niente. (Si stacca dal tavolo e barcollando si dirige verso il centro della stanza) Pensavo che, se potessi... Insomma, qui ci sono dei soldi, ne sono sicura, lo sento. Se riuscissimo a trovarli...

prima suora Ma anche se ci fossero, non possiamo toccarli: mi­ca sono i nostri.

enea Sono i nostri, eccome! Bisognerebbe sapere dove li ha na­scosti quel disgraz... (S'interrompe impacciata: poi, convinta di aver accennato a chissà quale volgarità, scoppia in una sonora esclamazione di disappunto) Oooh... (Pausa: riprende con altro tono) Potessi parlare con i morti!

sorelle (ih coro)   Con i morti?

enea (senza importanza) Sì, io ci parlo spesso con i morti. Ho imparato in India. (Dal tubo della finta stufa esce una nuvola di fumo) Ma ci vorrebbero i miei amici indiani a fare tu tu-tut.

prima suora    A fare che?

enea    Tu tutut... Così... (Di petto) Tu-tut-tutut!

ladro (con voce soffocata da dentro la cassaforte) Aiuto, bru­cio! Sorella, aiuto!

suore (guardandosi intorno spaventate, senza avvedersi del fumo che esce dalla cassaforte)    Oh, madre mia, chi è?

enea (per niente turbata)    Avete sentito, eh?              

prima suora (correndo a ripararsi alle spalle di Enea) Sì, una voce che chiamava aiuto.

seconda suora (come sopra)    Sì, ha detto: « Aiuto, brucio! »

enea Sarà una povera anima del purgatorio... Oh, ma, sorelle, non posso più fare tutut, che mi rispondono subito!

prima suora   Preghiamo, sorella!

enea Zitte! (Con voce portata) Chi sei, anima benedetta? Parla, mi senti?

ladro (ancora con voce soffocata che sembra giunga da molto lon­tano) Sì, sento, sento... Ma tiratemi fuori di qui: sto andando a fuoco.

seconda suora Poverino, è nel fuoco eterno. Chissà come sof­fre!

enea (alle suore) Sarà una povera anima del purgatorio. (Rivol­ta al presunto morto che parla) Faremo di tutto, tutto quanto ci sarà possibile. (Alle suore) Bisognerà far dire delle giaculato­rie... (Al morto che parla) Come ti chiami?

ladro Armando. Sono io, Armando: tiratemi fuori che soffo­co... Il fumo, il fumo. (Tossisce: dal tubo, in sincronia coi colpi di tosse escono nuvolette).

prima suora    Ha parlato di fumo...

enea Sarà in un girone col carbone umido. (Ancora con voce portata, voltando costantemente le spalle alla stufa-cassaforte) Armando, noi faremo tutto quello che ci sarà possibile per to­glierti di lì, ma tu devi aiutarci. Se sai dove sono nascosti i sol­di, diccelo, da bravo.

ladro (sempre più intubato) Sì, sì, ve lo dico. Ma non è che, poi, mi tirate il bidone?!

enea Ueohoo, che anima malfidentel... (Al morto che parla) Stai tranquillo... Allora, dove sono nascosti?

ladro    Sotto la statua del santo, dentro la nicchia. Son tutti lì.

enea Sotto la statua? (Va a vedere) Ma qui non c'è niente... (Scosta la statua, scopre il nascondiglio). Ah eccoli! Eccoli! Bra­vo, brava anima santa...

prima suora    Oh, madre, siate benedetta!

seconda suora    Madre, è il cielo che vi ha mandata!

Fanno per baciarle la mano.

enea    Ma, sorelle, che fate? Baciarmi la mano!! Siete impazzite?

ladro   Ehi, sorelle, ricordatevi della promessa...

enea (con aria ispirata) Sì, stai tranquillo... Pregheremo, pre­gheremo tanto per te... fin da adesso. Preghiamo, sorelle: « Re­quiem aeternam dona eis, domine, et lux perpetua » ecc.

Le suore si uniscono nella preghiera ed escono di scena.

ladro (con voce straziata)   Bidone!!

Buio.

Al ritorno della luce un siparietto in tela è sceso all'altezza del proscenio, onde permettere, sul retro, il cambiamento di scena. Davanti al siparietto si stanno schierando alcuni degenti neuro­psicopatici, vestiti col classico pigiama di tela grezza. Siamo evidentemente nel manicomio.

degenti (recitano in forma di filastrocca: fanno zompi e giravolte in sincronia)

Quasi una volta al dì, ah! ah!

ci fan l'elettrochoc, ah! ah!

perché siam psicopatici, ah! ah!

fra l'altro siam neurotici, ah! ah!

Sono disposti in gran disordine. Uno da gran ceffoni ad un altro senza che questo reagisca. Due fingono di segare una panchina imitando con la bocca il rumore della inesistente sega. Altri, con espressione assente, osservano il lavoro dei due. Entra una suora.

prima suora Su, su, da bravi ragazzi. Sta arrivando la nuova superiora: fate vedere come siete disciplinati. Avanti, voi an­date a prendere le vostre panche. Da bravi, su!

Quattro pazzi escono e rientrano subito portando due grosse panche.

pazzo Prego, sorella, s'accomodi, si segga qui. (Indica la pan­china che fingeva di segare).

prima suora No, grazie, caro. Sei gentile, ma devo andare in­contro alla nostra nuova superiora.

Entrano due pazzi rincorrendosi.

                             

primo pazzo Suora, questo qui (indica il pazzo che lo segue) continua a strizzarmi l'occhio.

suora Beh, cosa c'è di male? Capisco che tra uomini non stia tanto bene, ma non è proprio il caso di prendersela, andiamo!

primo pazzo Sì, ma lui, l'occhio, me lo strizza con due dita, co­sì. (Fa il gesto) Fa male!

suora Oh, santo cielo! Su, mettetevi tutti bene in fila, ai vostri posti. E cantate tutti a tempo, senza stonare. (Si guarda intor­no) Piuttosto chi vi dirige?

Entra il feretrofobo che indossa la divisa dei pazzi. Cammina tutto dinoccolato, parla con andamento beota.

signore    Suora, guardi, se vuole dirigo io.

prima suora Ne sei capace? (Lo osserva meglio) Ma tu, da do­ve vieni che non ti ho mai visto?

Tutti ridono sgangheratamente.

Signore Non lo so nemmeno io. Neanche mezz'ora fa son salito su di un tram e, siccome non avevo i soldi per pagare la corsa, mi sono saltati addosso tutti quanti, come dei... (breve pausa) dei matti e mi hanno portato qua: fra gli... (breve pausa) omo­nimi.

prima suora    Solo perché non avevi i soldi?

signore Avevo cinquanta lire nelle tasche: non le ho più tro­vate...

prima suora    Le cinquanta lire?

signore    Le tasche: le avevo lasciate a casa nei pantaloni!

I pazzi ridono, sopratono.

prima suora Va bene, va bene. Adesso i pantaloni li hai: ve­diamo come te la cavi.

signore (solleva le braccia, li osserva cumulativamente, abbassa le braccia)    Voltatevi: mi fa vergogna!

Tutti si voltano, faccia al muro, per poi girarsi di scatto ad ogni capoverso della canzone. La prima strofa viene eseguita dal feretrofobo. I pazzi effettuano le risposte a base di: Ah! ah!

Quasi una volta al di, ah! ah! ah! ah!

ci fan l'elettrochoc, ah! ah! ah! ah!

perché siam psicopatici, ah! ah! ah! ah!

fra l'altro siam neurotici, ah! ah! ah! ah!

e in quanto endocefalici, ah! ah! ah! ah!

siam fuor dalla società, ah! ah! ah! ah!

Ma alle ultime elezioni

le suore del convento

ci fecero votare,

votar con la crocetta,

tenendoci la mano,

cantandoci una storia,

e tutto per la gloria

di questa civiltà, ah! ah! ah! ah!

E grazie al noto metodo, ah! ah! ah! ah!

del condizionamento, ah! ah! ah! ah!

in uso nel convento, ah! ah! ah! ah!

or più normali siam, ah! ah! ah! ah!

Siam sempre psicopatici,

tarati endocefalici,

ma del pensar corrente

le norme conosciam:

che saggio è chi desidera

le cose come stanno,

che è pazzo chi si lagna

del poco che non ha.

Ah! ah! ah! ah! ah! ah! ah! ah!

Se vuoi sfogare i nervi,

racconta barzellette

sul tal ministro piccolo,

su i preti e le donnette.

Di' pur che tutto costa,

che ci son troppe tasse,

però stai buono schiscio,

non pensar di scioperar,

perché se vuoi l'aumento, ah! ah! ah! ah!

tu fai mortai peccato, ah! ah! ah! ah!

fai piangere lo Stato, ah! ah! ah! ah! F

ai piangere il papà, ah! ah! ah! ah!

Tu fai piangere il papà,

che ci fa lavorare,        

che manda i soldi in Svizzera                            

e tasse non ne paga,

finanzia ditte all'estero,

ma per il nostro bene,

e quindi ci conviene

non starci a lamentar.

Siam neuropsicopatici, ah! ah! ah! ah!

noi siam tarati psichici, ah! ah! ah! ah!

perciò noi siam contenti, ah! ah! ah! ah!

di quel che non abbiamo, ah! ah! ah! ah!

perciò vogliam rimangano, ah! ah! ah! ah!

le cose come stan.

Ah! ah! ah! ah! ah! ah! ah! ah! ah! ah! ah! ah!

signore (sospira)    Ah, oh, mamma! (Esce fra le quinte quasi ri­succhiato).

Dal lato opposto entra Enea seguita dalle due suore, più un professore.

enea Bravi, sono molto bravi... dico la verità, sembrano tutt'al-tro che dei menomati.

I due della panca riprendono il loro assurdo lavoro.

professore Infatti, è errato chiamarli menomati o tarati: in lo­ro c'è piuttosto un ribaltamento metafisico della realtà.

enea    Cos'è?

professore Mi spiego con un esempio pratico. Guardi quei due. (Indica la coppia di segatori) Ora stia a vedere. (A un paz­zo) Ehi, tu, siediti qui, su questa panca: mettiti comodo.

pazzo Dico, mica sono scemo! Come se non avessi visto... È più di mezz'ora che la stanno segando, questa panca!

professore Qualcun altro che vuoi sedersi? (Tutti si voltano dall'altro lato sbirciandolo con degnazione). Ha visto? Sono tut­ti convinti che quei due abbiano davvero segato la panchina. Il fatto che avessero la lama o meno, a loro non interessa: è il ge­sto che conta. Appunto: il classico ribaltamento paranoico dis­sociato della realtà. (Si siede sulla panchina che si schianta in due).

I matti ridono. Il professore, piuttosto seccato e stupito, si rialza.

prima suora    Si è fatto male, professore?

professore Niente, niente. Non so come possa essere accadu­to?!

pazzo (fa il gesto di segare)    Sctcs sctsctsst.

professore A proposito del ribaltamento paranoico, madre, se lei permette, vorrei farla assistere al fondamentale fra tutti i test da me ideati. Guardi: fingo d'avere un bicchiere in mano, verso da bere da una immaginaria bottiglia, e vado ad offrire l'inesistente bevanda ad uno dei miei pazienti. (Fa un gesto ad uno dei matti che gli s'avvicina, il matto finge di prendere il bicchiere e di bere). Ora io urlerò al soggetto che la bevanda da lui ingerita era avvelenata. Ebbene, vedrete, egli si comporterà realmente come se avesse ingerito del veleno.

enea    Oh, poverino, perché farlo star male?

professore    È un esperimento. (Rivolto al pazzo in tono drammatico) Ma che hai fatto, disgraziato! Quel bicchiere era pieno di veleno! (Il disgraziato spruzza in faccia al professore una gran quantità d'acqua). Per la miseria, ma che sta succedendo oggi? Via, via tutti, per carità! Andate in cortile, nelle camerate, do­ve vi pare! Basta che vi leviate dai piedi.

Tutti i pazzi escono di corsa.

pazzo (rientrando supplichevole) Professore, possiamo andare in giardino a fare il gioco delle nazioni?

professore Fate quello che volete. Basta che non mangiate l'er­ba, che poi a mezzogiorno non avete più fame e mi avanzate tut­ti i sassi nei piatti. Madre, compermesso. (Dietrofront, abbassa la testa ed esce a passo di carica).

enea  Ma dico? Davvero gli date da mangiare dei sassi a cola­zione?

seconda suora Macché, se da ascolto a quello... Mica è un pro­fessore vero!

enea    Ah no?

seconda suora No di certo. È un matto, un ricoverato come tutti gli altri. Ha, come dire, ha l'hobby di fare il professore. I medici lo lasciano fare perché in fondo è utile, e per di più si risparmia uno stipendio.

enea    Ma non è pericoloso?

seconda suora Beh, ogni tanto riesce a catturare qualche para­noico e di nascosto lo porta di sopra e gli fa la trapanazione del cranio, ma niente di grave.                                  

enea    Come, niente di grave?

seconda suora Sì, in fondo il risultato è il medesimo di quan­do opera il primario. Nessuno si accorge di niente.

Le suore escono portandosi via i due tronconi della panchina spezzata.

Sale il siparietto, appare un chiostro con relativo colonnato. Si sentono voci che provengono dal di fuori: il tutto sovrapposto.

primo pazzo    No, la Polonia l'avevo presa prima io!

secondo pazzo    Chi m'ha portato via la Francia?

terzo pazzo    C'è libera l'Italia.

quarto pazzo    Nessuno che voglia fare l'Italia?

quinto pazzo    Giù le mani da Cuba!

Una suora parte decisa verso il fondo.

prima suora Buoni, per carità! Possibile che, tutte le volte che fate questo benedetto gioco delle nazioni, finiate col litigare?!

enea    Ma che razza di gioco è?

prima suora Come, madre, da bambina non ha mai giocato al gioco delle nazioni?

enea Ah, sì, quello in cui si fanno dei cerchi e poi ci si mette in mezzo...

prima suora Brava, è proprio lo stesso. Soltanto che qui lo gio­cano con una tale passione, un accanimento...

Entra un degente con addosso una maschera grottesca che ri­corda un leone, un gran colbacco con tutt'intorno un sacco di bandiere e bandierine e sul davanti i tre leoni dei Tudor: il tut­to a somiglianza delle divinità guerriere del teatro cinese in for­ma clownesca, con esasperazioni tipiche della commedia del­l'arte. Lo seguono, o meglio lo inseguono, scacciandolo, due al­tre maschere raffiguranti la Germania (elmetto col chiodo) e la Francia (uno strano connubio fra De Gaulle e Pierrot: Croce di Lorena, bandiere e corone a non finire). Avanzano saltando ritmicamente, piroettando quasi danzassero.

enea    Accidenti, che belle maschere, però!

seconda suora Se le sono fatte tutte da soli... e anche gli ad­dobbi.

pazzo inghilterra Suora, suora, la Germania e la Francia mi fanno i dispetti: non mi vogliono lasciare entrare nel loro cer­chio...

pazzo germania Per forza, siamo già in cinque, nell'Eurocerchio, se entra anche l'Inghilterra, non ci stiamo più.

pazzo italia (sopraggiungendo con gran balzi da Arlecchino) Ben detto! (Esegue una mezza piroetta cosi da far svolazzare le bandierine poste a raggiera sulla schiena).

pazzo inghilterra E perché non mandate via l'Italia, che tan­to non ci fa niente?!

pazzo italia Come, non faccio niente? Adesso voglio sapere chi è stato a mettere in giro...

prima suora    Su, da bravi, ricominciate.

pazzo italia    Ho detto che voglio sapere...

seconda suora (alzando via via il tono della voce) Da bravi, ri­cominciate a formare...

pazzo italia    Adesso voglio sapere...

seconda suora    Incominciate a formare i blocchi...

pazzo italia (con piglio da isterico)    Voglio sape...

seconda suora    Che vengo io a dare il via. Avanti!

pazzo italia Adesso non lo voglio più sapere, ecco! (Volta in­dispettito le spalle al pubblico).

pazzo inghilterra Se loro non mi fanno entrare nell'Eurocerchio, io non entro neanche nel blocco.

prima suora    Beh, fate una cosa: lasciate decidere all'America.

pazzo america (entrando alla maniera dei battitori di base-ball) Io dico che, per me, l'Inghilterra non ha tutti i torti.

Entra a passo di samba il pazzo Cuba.

pazzo italia (piaggione) L'America ha perfettamente ragione! (Solleva le braccia e grida) Come ha ragione l'America!! (Sale con un balzo sul piccolo palco in mezzo alla scena) Anche po­co fa stavo dicendo che l'America aveva ragione: prima ancora che l'America decidesse di avere ragione, appena l'ho letto sull'« Osservatore romano », mi sono detto: oh, ma come ha ra­gione l'America!! L'Inghilterra non ha tutti i torti. (Indica il pazzo Germania e il pazzo Francia) Sono loro due che ne hanno di più...

pazzo germania    Anch'io?

pazzo italia Pardon, salvo la Germania e la Francia... il Lussemburgo, il Belgio, la Danimarca, l'Olanda... La colpa è della Polonia.                                                           

pazzo america    Ma che c'entra la Polonia?

pazzo italia    È vero la Polonia non c'entra... È stata Cuba.

pazzo america (dando un calcio alla maschera che impersona Cu­ba)    Ah, sei stato tu, eh?

pazzo cuba    Suora, l'America m'ha dato un calcio!

pazzo america  Io?

pazzo italia Iiiiih, che bugiardo! Ho visto io con questi miei occhi: Cuba il calcio se l'è dato da sola: così. (Con un salto si porta a mezz'aria e ripiegando la gamba destra riesce a colpirsi su una natica) Un male si è fatto!

pazzo america (ragazzino bugiardo) Io stavo parlando con la Francia...

pazzo cina (entra saltando sulle gambe divaricate) No, ho visto io... Ha dato un calcio a Cuba e anche una coltellata.

Tutti compiono giravolte in sincronia con gli zompi del nuovo venuto.

pazzo america (voce nasale clownesca)   Ma chi è quello?

pazzo cina    Sono la Cina.

pazzo america (come sopra)    La Cina?!

pazzo italia    Ah, ah, la Cina!

pazzo america    Ma chi ti conosce, a te?!

pazzo italia (in tono becero, sguaiato)   Ma chi la conosce la Ci­na?! Non esiste la Cina! La Cina è tutta un'invenzione dell'Albania, per far rabbia all'Unione Sovietica!

Tutti i pazzi sghignazzano, fanno gran balzi per la scena e gri­dano parole incomprensibili.

prima suora (sormontando la gran caciara) Adesso basta! Su, da bravi, tornate di là e incominciate a giocare senza più litiga­re... Da bravi, riformate i blocchi.

Sempre saltando a mo' di marionette escono tutti quanti, meno la maschera che impersona l'Italia.

enea Senti, Italia, ubbidisci: vai di là anche tu, e piantala di fa­re la piaggiona. Accidenti, dai sempre ragione a tutti! Su, un po' di coraggio, Italia!

signore (togliendosi la maschera) Brava, proprio a me vieni a parlare di coraggio, che per entrare qua dentro, a momenti mi ammazzo!

enea (stupita, felice)    Sei tu? Ciao. Ma come hai fatto ad arrivarefin qui?!

signore  Eh, come ho fatto! Ho dovuto scavalcare un muro di quattro metri, che a momenti mi spacco un piede, e ho dovuto lasciarmi mettere addosso questo costume da paranoico, mezzo Arlecchino mezzo Pulcinella. (Di testa e su di tono) Non lo vo­leva nessuno. Oh!

pazzo cuba (entrando seguito dal pazzo Germania) Sorella, l'A­merica ha eletto un senatore che vuoi buttare una bomba atomi­ca sul Vietnam.

I due si rincorrono con passi brevi e veloci. Entrano le due suore.

prima suora    Ah, ci risiamo!

pazzo germania Ma, allora, anche la Russia ne ha nascoste un mucchio nel giardino!

seconda suora No, ragazzi! Ho detto che si gioca senza bom­be... Altrimenti smettiamo subito.

Le maschere escono, le due suore li seguono camminando alla maniera dei pazzi.

enea    Ma come hai fatto ad indovinare che ero qui?

signore Beh, sono andato un po' a naso. Ho aspettato un gior­no, due giorni, poi, visto che tardavi a tornare, mi son detto: vuoi vedere che si è fatta incastrare dalle suore!

Entrano altri due pazzi: la Francia e la Cina. Piroettano, si fan­no reciproci salamelecchi, si abbracciano. Escono tubando co­me innamorati.

enea    Ma tu guarda, la Cina con la Francia...

signore (minimizza ironico) Ah, fanno la commedia! (Altro to­no) Piuttosto, i soldi?

enea (dopo una pausa, abbassando gli occhi timorosa) Li ho dati alle suore.

signore (fuori di sé)    Alle suore?! Due milioni alle suore?

enea (donna di carità) Ma sì, poverine, hanno il tetto che crolla, i pazzi che cadono dalle amache con la testa in giù...

signore (sospeso, stravolto) I documenti? Non avrai dato alle suore anche quelli?

enea (sorride placida) No, per quello ho fatto come mi hai detto tu. Ho fatto i ricatti.

signore    Che ricatti?

enea (scolara diligente) Ho preso un duplicato, e ho messo una postilla: « Se entro una settimana non ci invierete numero tot bigliettoni, i seguenti documenti faranno il giro di tutti i gior­nali, nazionali ed esteri, questura compresa ».

signore (entusiasta) Ah, ah, ma hai avuto un'idea meravigliosa! Creare il centro delle operazioni qui in mezzo alle suore: nes­suno sospetterà mai da dove viene la mazzolata. Piuttosto, ades­so bisogna pensare come incassarli, i soldi del ricatto.

suora (entra con un biglietto da visita che consegna ad Enea. Il feretrofobo si mette in disparte)    Madre, c'è di là un signore, un tipo strano, con in testa la bombetta. Mi ha dato questo bi­glietto da visita, e mi ha detto: « Dica a madre Ranieri che c'è del marcio in Danimarca, che è qui con le uova rotte nel panie­re ed è venuto a farsele aggiustare, prima che nasca la gatta frettolosa ». Credo sia da ricoverare.

enea Non preoccuparti. Vai di là e digli: « La botte è piena e i cocci sono suoi ».

suora    Come, madre?

enea (perentoria) Fa' come ti dico, ubbidisci... che io sono la madre. E digli che sarò da lui tra qualche minuto.

suora    Va bene, madre. (Esce).

signore (che ha assistito al dialogo sussultando ad ogni frase) «La gatta frettolosa ha fatto le uova rotte nel paniere»? Ma che razza di discorsi state facendo?

enea (agitando il biglietto da visita) Siamo a cavallo: il primo pesce ha abboccato e credo sia un bel pescione. (Gli consegna il biglietto).

signore (leggendo, sempre più stupito) «Grand'ufficiale... » Lui?! È venuto lui di persona!

enea Sì, il grand'ufficiale! Non è quello che si è fatto dare dallo Stato, quasi gratis, una nave seminuova da smantellare e poi, invece di smantellarla, l'ha rivenduta per nuova al Brasile?

signore Ah, ah, sì è lui! (Cambiando tono) Per la miseria, ma adesso hanno scoperto da dove viene la mazzolata!

enea Macché scoperto! Sono io che ho scritto di portare i soldi al convento: versare tre milioni in beneficenza. Un obolo per grazia ricevuta.

signore    Un obolo di tre milioni? Ammazza l'obolo!

enea E gli ho dato anche la parola d'ordine con cui rivolgersi a madre Antonia Ranieri.

signore    Che parola d'ordine?

enea Quella che hai sentito prima: «La gatta frettolosa... c'è del marcio in Danimarca, eccetera». Controparola: «La botte è piena e i cocci sono suoi ».

signore (divertito) Controparola: «La botte è piena e i cocci sono suoi»?

enea Adesso stai qui buono. Aspettami che vado di là, prendo il malloppo e te lo porto.

signore (trattenendola per un braccio) Neanche per sogno! Tu di qua non ti muovi: con quello non c'è da scherzare. Mica è il tipo che vien via tanto facile. Ci vado io. Non l'ho mai visto, ma dal momento che ha una bombetta in testa, non mi sarà difficile riconoscerlo.

enea E che ci fai tu! Tanto, lui i soldi li dà soltanto a madre An­tonia Ranieri, e, fino a prova contraria, madre Antonia Ranieri sono io.

signore No! Da questo momento, per lui, madre Antonia Ra­nieri sarò io.

enea    Tu? Non capisco!

signore    Lo capirai.

Durante l'ultima parte del dialogo sono entrati tutti i pazzi an­cora in maschera che, sempre saltellando, hanno formato un cer­chio. Alla fine della battuta di Enea eseguono la pantomima dell'esplosione di una bomba atomica. Il feretrofobo si è rimessa la maschera e torna a recitare il proprio personaggio.

pazzo italia    Una bomba! Hanno fatto scoppiare una bomba!

prima suora    Chi è stato? pazzi (in coro)    Io no! Io no!

Fuggono per la scena saltando e piroettando come indemoniati. Nel bel mezzo della gran cagnara entra decisa ed autoritaria una suora che non avevamo mai visto prima d'ora.

madre superiora Beh, che cos'è sta roba? Ordine, ordine! Sgomberate! Cos'è sto manicomio?

enea (imperturbabile)    Un manicomio.                   

madre superiora Ah, ma d'ora in poi le cose cambieranno! Via di qua: andate nelle vostre camerate... E voi, sorelle, veni­te subito nel mio ufficio. Dov'è il mio ufficio?

prima suora    Ehi, piano, sorella, che cosa le prende?

seconda suora    Ma da dove salta fuori, quella?

madre superiora Non sono sorella, ma madre: la vostra nuo­va madre superiora!

prima suora    Come? Ce la cambiano un'altra volta?

seconda suora    Noi ce ne abbiamo già una.

madre superiora  Chi è?

seconda suora Lei! (Indicano entrambe Enea) Madre Antonia Ranieri.

madre superiora Ma non diciamo sciocchezze... Madre Anto­nia Ranieri sono io!

seconda suora  È lei?

madre superiora   Sicuro!

enea (sforzandosi di apparire tranquilla) Oh! Tu guarda che combinazione: due Antonie!

madre superiora Sorella, come si è permessa di appropriarsi del mio posto e del mio nome, lei?

enea (impunita candida) Io? Guardi che lei si sbaglia... Io non mi sono appropriata né del nome né del posto di nessuno: me li hanno dati... Ad ogni modo, se lei li vuole, se li riprenda pu­re, che io vado a casa mia e buongiorno. (Fa per uscire).

prima suora (fermandola) No, madre, non deve essere così re­missiva!

enea No, io vado a casa mia: sono già nervosa. M'ha fatto ve­nire un nervoso, m'ha fatto venire... (La suora la sospinge dol­cemente verso la madre superiora, incoraggiandola anche con lo sguardo. Enea è indecisa, ma poi) Beh, facciamo metà per uno e non se ne parli più.

madre superiora    Metà per uno, di che?

seconda suora Non si fa metà di niente! Noi non riconoscia­mo nessun'altra madre che lei. (Si accosta ad Enea a farle scu­do).

prima suora    Giusto! (Imita la sorella).

seconda suora (guardando con acredine la superiora) Per quan­to ne sappiamo, questa sorella può anche essere una millanta-trice.

prima suora    E chi ci dice che non lo sia veramente?

signore Si, si, si vede benissimo che millanta. Oh, come millan­ta!

madre superiora (drizzando il collo, maestosa) Zitta, lei! E tanto per troncare ogni discussione, vi prego di dare un'occhia­ta ai miei documenti. (Porge una busta) Qui c'è la lettera di pre­sentazione della nostra madre generale, e questo è il mio passa­porto.

enea Vediamo, vediamo questo passaporto. (Afferra l'intero pli­co) Però le sorelle, qui, l'aspettavano tra un mese: com'è che è arrivata prima?

madre superiora    Ho preso l'aereo.

enea Eh no, questa dell'aereo l'avevo detta prima io, e non vale!

Entrano due agenti e il commissario che già conosciamo.

commissario (agli agenti) Tu blocca quell'uscita, e tu mettiti là, che non esca nessuno.

Enea riconosce il commissario e fa di tutto per passare inosser­vata.

madre superiora    Ma chi siete, cosa volete?

commissario Sono un commissario, sorella. Stavamo portando qui il direttore del camposanto, che è impazzito, per farlo rico­verare, e il guardiano ci ha detto d'un ladro che aveva sparato ad una suora. Ci ha accompagnati in un ufficio qua sopra, ed in una cassaforte truccata da stufa abbiamo trovato il ladro mezzo asfissiato il quale, appena uscito, si è messo a sbraitare che i sol­di e i documenti li aveva presi una di loro.

prima suora Sì, è vero, siamo state noi, ma non si tratta di fur­to, è stata un'anima del purgatorio che ce li ha fatti trovare, grazie all'intercessione della nostra madre superiora.

Il commissario si rende conto della presenza di Enea che se ne sta in disparte: rimane per un attimo perplesso.

madre superiora È falso, commissario. La madre superiora so­no io!

commissario    Ah, ed è lei che ha preso i soldi?

suore (in coro)   No, li abbiamo presi noi, commissario.

Il commissario torna ad osservare Enea che non sa dove vol­gere gli occhi.

commissario (ad Enea) Ma sa, sorella, che più la guardo, e più mi pare di averla già vista in qualche posto?

enea (con voce leggermente alterata, fingendo distacco) Mah! Forse in India... È stato in India lei?

commissario    Sì, ci ho fatto tre anni di prigionia.

enea (ovvia) Allora ci siamo visti là. (Andando vittoriosa verso la superiora) Ha sentito, lei, che non ci credeva: anche il com­missario mi ha riconosciuta... La vera madre superiora sono io!

commissario (dopo un attimo dì riflessione) No, è impossibile ci si possa essere incontrati allora, madre. Io parlo di tanti an­ni fa: lei non poteva che essere una bambina.

enea    Sì, io ero una suor bambina-madre!

madre superiora Ma commissario, non si rende conto delle sciocchezze che racconta quella?

suore (all'unisono, andando risolute verso la superiora) Non si dice « quella » ad una madre superiora!

commissario (che si trova in mezzo alle contendenti) Ma sorel­le, per cortesia...

madre superiora Ho già detto che la madre superiora sono io. È una ladra, commissario, l'arresti!

suore (come sopra)   No!

commissario    Ma, insomma, so io quello che devo fare! (Alle

due suore e alla superiora) Si accomodino laggiù, loro, per fa­vore. (Ad Enea) E lei mi faccia un po' vedere i suoi documenti.

enea Ho il passaporto. (Consegna il documento ricevuto dalla superiora).

commissario Benissimo. (Sfogliandolo) Suor Antonia Ranieri... nata a... di e di... Beh, mi pare che tutto sia in ordine. (Bre­ve pausa). Che strana fotografia, però: non le assomiglia per niente.

enea (suora di mondo) Vero? Per niente... Mi fa molto piacere che se ne sia accorto anche lei... Me l'hanno fatta in India... È inutile, l'ho sempre detto: gli indiani saran bravi in tutto, ma a far fotografie sono negati... Anche perché insistono nel voler­le scattare senza macchina fotografica... A mano le fanno, a ma-no! (Mima la ripresa di foto istantanee) Clic! Così: clic! (Dida­scalica) Artigianato locale.

commissario (risvegliandosi cattivo) Ma, insomma, dico: la vuo­le smettere di dire sciocchezze? Questa è la foto della suora lag­giù! E adesso che la guardo meglio mi rendo conto dove e quan­do l'ho vista. (Attraversa la scena) Tenga, madre, il suo passa­porto.

madre superiora    Oh, grazie.

commissario E scusi per lo scompiglio che abbiamo portato. (Tornando verso Enea) Due minuti: faccio quattro chiacchiere con questa mia vecchia conoscenza e poi tolgo il disturbo. (Ci ripensa, si ferma in mezzo alla stanza a bisbigliare qualcosa al­l'orecchio di uno degli agenti).

madre superiora Prego, commissario. Ed ora, sorelle, vi di­spiace farmi strada fino al mio ufficio?

suore (ad Enea) Madre, andremo a pregare per lei. (S'incammi­nano all'uscita).

enea    Sì, sì, che ne ho un bisogno!

suore (in coro, come biascicando una preghiera) Tutta colpa di quella copiona che va a tornare anche lei con l'aereo.

Si forma una specie di processione con la superiora in testa, i due agenti e le due suore.

agenti (trasformati in oranti parrocchiali)    Pazienza, sorelle. suore    Già, pazienza.

Escono. Enea si mette in coda alla processione nel tentativo di passare inosservata, ma, proprio quando si crede già in salvo, il commissario la blocca afferrandola per un braccio.

commissario Allora, è proprio una mania la tua quella di fare la trasformista?!

enea    Come?

commissario Su, su, piantala di fare la commedia! Prima, da becchina, ti vuoi far passare per prostituta; adesso ti trovo an­che vestita da suora.

enea (ieratica)  Commissario, mi sono redenta!

Il commissario la trascina fuori scena. Rientrano i due agenti camminando compunti uno dietro l'altro, ancora nell'atteggia­mento mistico di quando sono usciti in processione. Si imbat­tono nel grand'ufficiale ricattato proveniente dal fondo.

ricattato  Scusino: madre Antonia Ranieri per favore?

agenti (in coro, indicando fuori scena)  Eccola! (Chiamando) Madre?!                                                                

madre superiora (da fuori scena)   Che c'è?

agenti (in coro)    Madre, c'è un signore che cerca di lei.

Escono.

madre superiora (entrando)   Dica?

ricattato    Mi scusi, madre, ma non potevo più aspettare.

madre superiora Prego, prego, ma in che cosa posso esserle utile?

ricattato (guardandosi intorno con circospezione) Sono qui con le uova da aggiustare!

madre superiora (scattando indietro con la testa)    Come?

ricattato (dopo aver verificato che nessuno sia nei paraggi a spia­re) C'è del marcio in Danimarca!

madre superiora    In Danimarca?

ricattato (perplesso)    Sì, perché? Non era in Danimarca?

madre superiora      Che coSa?

ricattato Il marcio. Dico la frase per farmi riconoscere. Me la sono imparata a memoria. (Altro sguardo intorno). La gatta fret­tolosa ha fatto le uova rotte nel paniere!

madre superiora (seccata ed attonita al tempo stesso) Ma co­sa dice?!

ricattato (dopo breve pausa, squadrandola con sospetto) Ma lei è madre Antonia Ranieri?

madre superiora   Sì, sono io.

ricattato (risentito)   E allora perché non mi ha risposto con la controparola?

madre superiora    Che controparola?

ricattato La botte è piena e i cocci sono suoi! (Nevrastenico trattenuto) Lei sta a far la furba con me? Io non ho tempo da perdere. (Porge un biglietto) Questo è il mio biglietto da visi­ta. (Estrae dalla borsa un pacco di banconote) E qui ci sono i tre milioni per la grazia ricevuta. Adesso mi dia il contratto del­la nave da demolire e quello di vendita del Brasile, e non se ne parli più.

madre superiora (convinta di parlare con un matto, con molta dolcezza) Ah, sì... la nave del Brasile... Ah, già... Certo, cer­to, si accomodi. (Lo costringe a sedere sulla panca di destra) Ma lei è arrivato qui da solo? (Si guarda intorno, va verso l'ingres­so di sinistra e batte le mani a richiamare l'attenzione di qual­che suora che sta di là).

ricattato   Da solo?

madre superiora Sì, voglio dire, non è passato per l'accetta-zione?

ricattato    L'accettazione? Ma che dice, madre?!

madre superiora (alle due suore che entrano in quel momento correndo) Sorelle, ma come! Non c'è nessuno in accettazione? Dov'è il professore?

professore (entrando)    Eccomi, sempre presente!

madre superiora (gli va incontro e gli parla sottovoce, secca­ta) Ma, professore, adesso mi lasciate circolare i matti da so­li? (Tornando verso il ricattato con tono suadente, birignoso) Prego, s'accomodi. Le sorelle le daranno la sua nave, con i ma­rinai, il pennone e il gran pavese, tutta illuminata.

ricattato (si alza dalla panca, si porta preoccupato nel centro della scena) Che gran pavese?! Ehi, dico, madre, non faccia­mo scherzi!

suore (all'unisono)    Ma chi scherza?

Lo prendono dolcemente per le braccia e lo costringono in di­sparte.

professore (alla madre, sottovoce, esaltato)   Ho paura, ma, a quello, una trapanatina bisognerà fargliela subito.

madre superiora    Ma, non credo...

professore (di testa)    Ma sì: piccola!

madre superiora    Beh, semmai lo chieda al primario.

suore (trascinano il ricattato verso il professore che lo aspetta conla camicia di forza pronta all'uso)    Prego, prego, s'accomodi... Su, non faccia i capricci! (Gli infilano la camicia di forza).

ricattato    Ehi, ma dico... che fate?... Per la miseria... Giù lemani... Aiuto!

Viene portato via dalle suore. Il professore, per immobilizzarlo definitivamente, gli salta in groppa.

commissario (entrando di corsa)   Che succede?

madre superiora (con indifferenza)   Niente, un povero meno­mato.

commissario (scorge il pacco dei soldi nelle mani della superio­ra) Ah, li avete trovati? Sono i soldi che erano nella cassa-forte? (Allunga una mano per farseli consegnare: la superiora se li stringe al petto).                                         

madre superiora No, me li ha consegnati adesso quel pove­retto. Voleva che gli vendessi una nave brasiliana con i marinai, il gran pennone, il gran pavese, eccetera. Ah, a cosa porta la follia in certi casi! S'è presentato parlandomi del marcio in Danimarca, di botti piene, di cocci e di gatte frettolose... (Chia­mando rivolta alla quinta di destra) Suora! (Di nuovo al com­missario) Oh, ma dal momento che è qui lei, mi faccia il favore di restituirli ai parenti. (Gli consegna il malloppo) Cosi mi evi­ta di andare in questura. Ecco, qui c'è il suo biglietto da visita. (Gli dà un'occhiata prima di consegnarglielo) Pensi, un grand'ufficiale... Chissà la famiglia! Compermesso. (Esce).

commissario Prego, madre, prego. (Si va a sedere sul pratica­bile nel centro della scena).

Dal fondo entra, travestito da suo­ra, il feretrofobo, ha il pacco dei documenti sotto il braccio. In un primo momento non fa caso al commissario. Lo sorpassa, torna indietro. Il commissario si è messo distrattamente in te sta la bombetta, perduta dal ricattato. Il feretrofobo gli si av­vicina sfoderando un sorriso tutto mammola.

signore travestito    Buongiorno!

commissario (sollevando appena gli occhi dal plico dei soldi che ha cominciato a contare)    Buongiorno, sorella.

signore No, non sorella, madre: madre Antonia Ranieri... An­tonia...

commissario (scattando in piedi, più che stupito)   Anche lei!

signore    Perché, si chiama Antonia anche lei?

commissario No, guardi, io... (Agita involontariamente davanti al viso della finta suora il biglietto da visita).

signore (strappa il biglietto dalle mani del commissario: lo legge) Coincide tutto quanto. (Alludendo al pacco dei soldi) Scusi, so­no proprio tre milioni contati?

commissario    Beh, non so...

signore    Non ha importanza, mi fido. (Fa per afferrare i soldi).

commissario (scansandosi)    No, scusi.

signore Ho capito, non si fida lei. E ha ragione: prima le pre­sentazioni. S'accomodi, facciamo per bene, con comodo: vuole che cominci io? Come crede. Se preferisce cominciare lei... For­se è meglio che cominci io... Aspetti un attimo che ricostrui­sco... Ah, ecco, dunque: la gatta... no, no, aspetti... la botte è piena e i cocci sono suoi... (Ride complice, soddisfatto) Perfet­to, no? Adesso tocca a lei. Mi deve rispondere. (Lo fa alzare e prende il suo posto).

commissario    Cosa?

signore (lo guarda ammiccando, poi convinto che quello non ri­cordi, per aiutarlo si mette a miagolare)    Gniao...

commissario  Eh?!

signore Gniaoooo, gniaoo, oo. (A poco a poco il miagolio si tra­muta in un coccodè festoso) Coccococcodé, coccococcodé, coc-cococcodé! Plof ! (Fa il gesto di afferrare al volo un uovo piovu­to dall'alto. Ammicca. Il commissario attonito fa il gesto dì non capire). Poca memoria, eh? La gatta frettolosa ha fatto le uova rotte nel paniere.

commissario (terrorizzato)    Le uova rotte?

signore (dopo breve riflessione) A dir la verità, adesso non ri­cordo se proprio fossero rotte o meno. (Ride mondano) Ma non mi sembra il caso di stare a sottilizzare, andiamo!

commissario   Ma sottilizzare su che?

signore Abbiamo già la fortuna d'avere una gatta che fa le uo­va: nossignore, lui pretende che le faccia sane! (Ride con la boc­ca spalancata senza emettere suoni. Finge di posare, sulla cassa-panca, l'uovo che teneva in mano) Sane, grossettine, fresche di giornata da bere, magari con il timbro d'autenticità! (Batte con violenza la mano sulla cassapanca dove aveva finto di appog­giare l'uovo. Ha un moto di disappunto, poi, come se davvero avesse combinato una frittata, agita la mano impiastricciata nel tentativo di liberare le dita imbrattate d'albume).

commissario No, no. Guardi, madre, che io non pretendo nien­te.

signore Vorrei vedere! A parte che, sulle frasi convenute, non si discute mai...

commissario Ma insomma, madre, cosa dice, andiamo! Di che frasi convenute va parlando?!

signore Ancora, sta a prenderla per le lunghe, tergiversa... Ma dica piuttosto, tranquillamente: guardi, io di lei non mi fido. Lo dica in faccia, preferisco. Lo accetto, sa: sono una monaca di mondo... (Su di una poltrona a rotelle, sospinto dal professore, entra il ricattato: è imbavagliato, legato mani e piedi. Vorrebbe chiedere aiuto ma non gli esce che un grottesco mugolio. Attra­versano la scena, escono dal lato-opposto. Il feretrofobo e il commissario li degnano appena di uno sguardo, poi riprendono il dialogo). Beh, adesso basta con le discussioni! Mi dia i tre mi­lioni: qui c'è il contratto della sua nave.

commissario (spalancando gli occhi)    Un'altra nave?!

signore   Sempre la stessa.                                  

commissario    Brasiliana?!

signore   Brasiliana.

commissario (convinto di trovarsi davanti ad una suora impaz­zita)   Col pennone, col gran pavese, i marinai?!

signore (ha un attimo di perplessità, poi sghignazzando) Ho ca­pito, ci ha ripensato, e cerca di menare il can per l'aia per poi incastrarmi. (Lo prende per il bavero e lo solleva di peso) Ma se credi che io ti molli i contratti della tua nave gratis, levatelo dal crapone. (Gli molla una pacca sulla fronte).

commissario    Ehi, madre, dico!

signore (lo riafferra per il bavero e lo scuote costringendolo a saltellare come una marionetta) No: dico, lo dico io! Sto balordaccio!

commissario    Madre!

signore (con uno strattone lo proietta in aria e lo fa ricadere in ginocchio) Ma io t'incastro! Io ti metto in piazza tutte le por­cherie che hai combinato: la truffa che hai fatto in borsa con le obbligazioni, quella delle dogane. Sono tutti qua i documenti; e, se li vuoi, molli trecento milioni. Sull'unghia, non una lira di meno. (Rientra il ricattato sulla carrozzina, sospinto dal profes­sore: i due attraversano la scena e scompaiono sul lato opposto. Il commissario approfitta del momento per liberarsi: ne nasce una breve colluttazione). E non cercare di rivoltarti, perché ti arriva un lavadenti... (Sente dei passi provenienti da sinistra) Buono, che arriva qualcuno. (Lo afferra per la vita e lo costrin­ge a ballare con lui).

Entra la Madre Superiora che resta per un attimo pietrificata: poi esplode in un grido scandalizzato.

madre superiora    Sorella! Sorella! Ma cosa fa?!

signore (con voce in falsetto)    Mi ha invitata!

madre superiora (sempre più scandalizzata) Ma anche lei, com­missario! (Va verso il fondo nascondendosi il viso fra le ma­ni).

commissario    Madre! Madre, dico... (Cerca di liberarsi).

madre superiora    Ma mi faccia il piacere! (Esce indignata).

commissario Madre, aiuto! (Si è liberato, ma l'altro lo riac­chiappa e, con mossa da lotta libera, se lo fa roteare sulla spalla e lo manda lungo disteso sul pavimento).

enea (entrando dal fondo) Ma che succede?! Sorella, molli il commissario! (Si rende conto che la sorella altri non è che il feretrofobo) Oh, mamma!

commissario    Ma chi è questa energumena che mi aggredisce?

signore (ad Enea)    È un commissario?

commissario    Eh già!

signore Oh, Dio, che gaffe! (Fa una specie di riverenza al com­missario ed esce con un gran balzo).

enea    Non capisco perché si sia travestito da suora? !

commissario    Cos'è, un'altra travestita?

enea    Macché travestita! È un uomo!

commissario Ah, sto disgraziato! E s'è permesso... Adesso glie­lo faccio vedere io! (Fa per rincorrere il feretrofobo).

enea (gli taglia la strada costringendolo a fermarsi) No, no, lasci perdere, è un povero menomato: ha la mania dei travestimenti, ma è innocuo.

commissario    Macché innocuo! C'è mancato poco che mi strozzasse! Avanti, adesso vieni con me in centrale. (Raccoglie i do­cumenti, i soldi e la bombetta caduti nella colluttazione).

suore (entrando, con tono addolorato)    Madre!

commissario Deve ancora dirmi il nome del socio, ammesso che sia uno solo...

enea    Di che socio sta parlando?

commissario Andiamo, non vorrai darmi ad intendere d'aver combinato tutto da sola?! Chi ti ha detto che proprio in quel­l'ufficio c'era una cassaforte truccata da stufa? Chi ti ha inse­gnato come si faceva ad aprirla?

signore (entrando, sempre travestito da suora) Io, sono stato io, signor commissario.

commissario    Ancora l'energumena!

signore Sono stato io a farla vestire da suora e a darle anche le chiavi.

commissario Portatemelo via, che io... (Gli si avventa contro brandendo la bombetta come fosse un'arma).

Con uno scatto imprevedibile il feretrofobo si rizza a sembrare una fiera rampante, mostrando i denti quasi lo volesse azzan­nare. Il commissario si ritrae spaventato. Le due suore tratten­gono il pazzo rampante per le braccia e con dolci sorrisi cercano di ammansirlo. Riescono nel loro intento al punto che ora, sem­pre stretto fra le due suore, il nostro si gongola tutto. Il com­missario vorrebbe tornare all'attacco ma Enea lo dissuade.

enea No, non così... È uno psicopatico: potrebbe radere in cri­si. Lasci fare a me, che ho imparato come si fa. (Al feretrofobo, a parte) Ma che ti salta in testa di metterti di mezzo?

signore Bisognerà pure che ti tiri fuori dal pasticcio in cui ti ho cacciato, no?

Il commissario fa per avvicinarsi ai due. Il feretrofobo si volta di scatto ergendosi nuovamente nell'atteggiamento da pazzo rampante. Il commissario retrocede perplesso.

enea Ma a me daranno qualche mese, e via! Tu hai già dieci an­ni da scontare.

commissario Adesso basta! (Fa per tornare alla carica. Il fere­trofobo lo scansa con un balzo e, atteggiando la mano destra al­la maniera di chi brandisce una pistola, finge di sparare dop­piando il botto con la bocca. Il commissario, spaventato)

Eh, dico?!

(Il feretrofobo esegue mimando una serie di giochetti con la inesistente pistola, poi finge di riporre l'arma nella fon­dina appesa alla coscia. Si sente uno sparo autentico. Il feretro-fobo va zoppicando per la scena come se il proiettile, partito dalla inesistente pistola, gli avesse bucato il piede). Ne avete ancora per molto, voi due? Ehi, samaritana, lascia stare il matto e filiamo...

signore Non sono matto, sono il socio che cercavate. Ma se mi volete proprio lasciar perdere, grazie tante.

Sul fondo, passa il professore.

commissario    Un momento, professore, scusi...

professore    Dica, dica pure.

commissario    Questo, è o non è un vostro ricoverato?

professore Che mi risulti, a meno che sia stato ricoverato a mia insaputa stamattina, no, non l'ho mai visto. Ad ogni modo, basta chiedere all'accettazione.

signore Dove non ne sapranno niente, perché sono arrivato qui saltando un muro di quattro metri.

commissario   Vestito da suora?

signore (ironico, spavaldo)    Sì, e a piedi giunti.

enea    Ma non gli dia ascolto: è un matto...

professore Potremmo verificare ancora meglio: se me lo la­sciasse portare su un attimo, gli faccio una trapanatina al cra­nio, e vediamo subito.

commissario    Una trapanatina?

professore (ingoiato)    Sì, piccola...

commissario    Incomincia a venirmi il mal di testa.

professore Vuole che ne facciamo una anche a lei? Sapesse come fa bene!

commissario    No, grazie, professore.

professore Non c'è di che. Ad ogni modo, se ci ripensasse, io sono di sopra, sempre al suo servizio, sempre a sua disposizio­ne. (Esce).

commissario    Ma, dico, non sarà matto anche quello?

enea    Ci ha indovinato.

commissario Beh, sloggiamo di qui. È un posto che non mi piace tanto.

agente    Portiamo via anche lui?

signore Non « anche », ma solo me, dovete portar via, se pro­prio ci tenete. Lei non c'entra niente, non ha rubato.

suore (all'unisono quasi liberandosi da un incubo)    Oh!

signore    Mi ha solo fatto una commissione.

suore (come sopra, gioiose)    Oh!

commissario Una commissione?! E poi dice di non essere mat­to...

signore Sicuro, una commissione, commissario! Perché, se non le spiace, quei soldi e quei documenti erano miei.

suore (all'unisono, sorprese)    Oh!

commissario    Perché, chi saresti, tu?

signore    Sono il dottor commercialista Arnaldo Nascimbene.

enea    Arnaldo! Ti chiami Arnaldo?! (Alle suore) Che bel nome!

suore (all'unisono, con complicità)   Sì, sì...

commissario Ah, ah, questa è bella! Ma se il dottor Arnaldo Nascimbene è morto la settimana scorsa, finito nel rogo della sua macchina!

suore (come sopra, con tono dispiaciuto misto ad orrore)   Oh!

signore    Come fa a saperlo, lei?

commissario Ma, andiamo, ne hanno parlato quasi tutti i gior­nali...

suore (sorprese)    Ah!

enea    Ti hanno messo sui giornali? Ma che importante sei!

commissario Capirai! Prima che fallisse era il procuratore uni­co di un sacco di società, ed è crepato proprio in tempo, per­ché, se lo beccavano, si faceva dentro un bel dieci anni...

signore Beh, fregatevi le mani, perché questa volta l'avete bec­cato. (Offre i polsi da ammanettare).

enea    Arnaldo, lascia correre.

signore    Non ti preoccupare: al massimo mi daranno qualche mese in più per simulato decesso.

commissario  Simulato decesso ? Hai capito, il furbacchione !

enea (mangiandoselo con gli occhi)    Sì, sì, è un gran furbacchio­ne!

commissario Bravo, e adesso, ammettendo che le cose stiano veramente cosi, cosa dovrei fare io?

signore (prendendoselo sotto braccio) Se accettate un mio con­siglio, io direi di lasciar perdere tutto quanto!

enea (ammiccante)    Sì, sì, lasciamo perdere.

suore (in coro)    Ma sì, lasciamo perdere.

signore    Le conviene, sa.

commissario    Ma perché, poi, mi dovrebbe convenire?

signore Per via di questi documenti. (Gli porge la cartella dei documenti che aveva dimenticato sulla panca).

enea    Li hai presi nel mio ufficio?

signore Sì, documenti che, necessariamente, col mio arresto, lei dovrebbe rendere pubblici, col risultato di far scoppiare un tale scandalo da rimanerci senza fiato.

suore (con tono sgomento)    Oh!

signore Vedrebbe volare tanti di quei pesci grossi che, se non si scansasse più che alla svelta, dando le dimissioni al volo, co­me minimo si ritroverebbe a dirigere un penitenziario alle iso­le Eolie.

commissario Ah! facciamo i ricatti?! Si cerca di intimidire un povero commissario!... E se le dicessi che l'essere trasferito alle isole Eolie è sempre stato il sogno di tutta la mia vita?

signore Tanto di cappello, commissario: veramente coraggioso. Ad ogni modo, prima di lasciarci, vogliamo farci quattro risate? Vogliamo dare una occhiata a questi documenti? (Glieli mette fra le mani).

enea (trascinandolo verso il lato opposto della scena) Perché fai così?! Ma come, lasci perdere tutta quella roba che vale un sacco di milioni, per il gusto di farti quattro risate? Ti faccio ridere io, se vuoi.

signore   No, è per il gusto di salvarci tutti e due.

enea (sorpresa, commossa) Come, tutti e due? Tutti e due, co­me dire anche me? Eh già, ora che ci penso: soprattutto me, perché, chi te lo faceva fare di metterti di mezzo? Potevi svi­gnartela con i documenti e tutto. Oh, Arnaldo! Non mi dirai che ti stai rincretinendo per me?! (Abbracciandolo) Arnaldo!

suore    Oh! (Scandalizzate fuggono di scena).

commissario Eh no, eh! Eh no! Adesso basta di tubare, voi due! (Agli agenti) Avanti, mettete un paio di manette ad en­trambi, e andiamo via di qui, una volta per tutte.

agenti    Sì.

commissario Anzi, no: prima fategli togliere questi vestiti di dosso.

agenti (in coro) Subito, commissario. (Costringono il feretrofobo a togliersi il camauro e la tonaca da suora. Riappare con il pigiama di tela grezza dei matti).

ricattato (entra saltando alla maniera dei canguri, costretto com'è dai lacci che gli tengono unite le caviglie)

Commissario! È un commissario, lei? La prego, mi arresti! Guardi.

(Entra il professore che subito esegue un rapido dietrofront e scompare. Il ricattato afferra il commissario per i polsi e continua a saltel­lare per la scena costringendo l'ormai frastornato commissario a fare altrettanto).

Quello mi vuole trapanare.

commissario    Ma che c'è ancora!

ricattato Lo so, lo so, sono colpevole. (Saltellano ambedue a piedi giunti, sempre più in sincrono, sempre più cadenzati: at­traversano l'intiero proscenio fino a trovarsi seduti sulla panca, alternativamente l'uno sulle ginocchia dell'altro). Ho commes­so truffe ed intrallazzi a non finire, lo so: mi beccherò vent'anni, ma non importa, commissario. Sono disposto a fare il nome di tutti i miei complici, ma, la prego, la prego! Guardi! (Rien­tra, dal lato opposto, il professore pazzo: cammina come un au­toma caricato a molla. Giunto all'altezza del feretrofobo, que­sti gli si para d'innanzi e, agitando le braccia alla maniera degli agenti del traffico, lo costringe a dirottare. Similmente si com­porta l'altro agente costringendolo a ritornare fra le quinte). Quello mi vuole trapanare... Mi arresti!

commissario Eh no, eh! No, eh! Adesso basta, basta con sti matti!

signore (che l'ha riconosciuto per il grand'ufficiale) Ma questo non è un matto: è un intrallazzatore autentico, di quelli gros­si... Non se lo lasci scappare, lo denunci.

ricattato Non mi lasci scappare, mi denunci. (Gli si risiede sulle ginocchio).

commissario Ma insomma, dico! (Scansa il grand'ufficiale, scat­ta in piedi e, ormai condizionato, se ne va verso il lato opposto della scena saltellando come un canguro) Ma andiamo: è pro­prio una mania la vostra, questa delle autodenunce! (Si rende conto dei balzi e si ricompone impacciato) Ma, per la miseria! Prima il direttore del camposanto e... (Ricordandosene improv­visamente) Il direttore! Ma tu guarda che testa! Veniamo qui per farlo ricoverare, e poi te lo lasciamo nel furgone... Andate a prenderlo!

Uno degli agenti s'incammina verso il fondo.

ricattato    E io, commissario?

commissario Lei? Accompagnatelo in Centrale. (L'agente che stava per uscire ritorna sui suoi passi). Fategli stendere que­st'autodenuncia, se proprio ci tiene, e chiamatemi il giudice, ditegli di venire qui subito, perché da solo non ci capisco più niente.

L'agente gli si è messo al fianco, lo sostiene per un braccio e a balzi sincroni escono sulla destra. Il feretrofobo li guarda uscire piuttosto divertito, ma di colpo il sorriso gli si gela sulla bocca.

signore (gridando alla volta dei due, ormai fuori scena) I gra­dini! (Un tonfo giunge dall'esterno, poi una serie di tonfi uno appresso l'altro. Guardando verso, un immaginario scalone, che dovrebbe scendere al piano terreno, il feretrofobo mima le varie fasi del capitombolo) I gradini!

agente (che sta leggendo il giornale) Commissario, però ci as­somiglia!

commissario    Chi?

agente Qui, sul giornale, c'è la foto di quel commercialista: è lui sputato!

commissario (gli strappa di mano il giornale e verifica) Per la miseria, com'è sto fatto! Ma, dico, non sarà vera, per caso, an­che la storia del simulato decesso?!

signore    Oh, l'ha capita finalmente?!

enea Eh sì, commissario, è un bel crapone, lei! È un'ora che glielo sta dicendo!

commissario Ma insomma, dico io: travestiti, pazzi, simulato­ri, autolesionisti, vorrei sapere, fra tutti quanti, cosa volete da me?!

signore Permette? Io per la prima volta, finalmente, ho capito quello che voglio, se non altro da me: voglio vedere saltare tut­to per aria!

commi ssario   Per aria?

signore (fanatico religioso) È troppo bello, oh, oh! Ma lei s'im­magina la meraviglia, lo spettacolo di vedere una gran massa di balordi, tutti quanti riuniti insieme, sul tipo del grand'ufficiale di poco fa, tutti quanti in ginocchio che fanno confessione pub­blica, come al tempo delle prime comunità cristiane?! Che spet­tacolo: c'è da scoppiare di gioia!

enea Ma ti stai dimenticando che ci saresti anche tu, in mezzo a quei balordacci, a gridare mea culpa?

signore (esaltato) Ma che m'importa! Anzi è proprio lì il godi­mento: essere in mezzo al gran papocchio che scoppia!

direttore del camposanto (entra con un agente: riconosce su­bito il feretrofobo) Il resuscitato, eccolo: voi che non mi cre­devate! (Si libera dagli agenti che cercano di trattenerlo e si precipita alla volta del feretrofobo) Signor morto, loro mi cre­dono pazzo: glielo dica che l'hanno mandato giù in missione punitiva, per verificare se io andavo davvero a denunciarmi.

commissapio (disperato) Ma fatelo tacere, se no, qui, matto lo divento io!

professore (entra con la carrozzina vuota) La facciamo allora questa trapanatina?

commissario    Ancora quello? Ci lasci perdere, per favore.

professore Come non detto: sono sempre sopra, al suo servi­zio. (Esce velocissimo).

signore I gradin... (Tonfo). I gradin... (Tonfo). I gradui.,. (Ton­fo, poi un attimo di silenzio. Il feretrofobo prende gran fiato e fi­nalmente riesce a gridare per intiero l'avvertimento) I gradirmi!

enea    Commissario, posso andare a cambiarmi? (Esce).

commissario Sì... sì... Dunque... dunque dicevamo... (S'inter­rompe) No, no, non si diceva niente.

signore Come no, commissario! È un'ora che si sta parlando, e lei dice che non si diceva...

commissario Ah, sì, ecco, è vero. Ammettiamo per un istante che tu... no anzi, scusi, ammettiamo che lei...

signore Ma che « lei », che « voi »!... Commissario, ma diamoci pure del tu... Ormai... abbiamo ballato insieme! (Gli dà mana­te confidenziali: sghignazza divaricando le mascelle al punto che gli si blocca la mandibola).

commissario    E allora, a che punto eravamo rimasti?

signore Si stava parlando del papocchio, di come far scoppiare lo scandalo, il gran papocchio!

commissario    Eh già, ma come?

signore Come, come? Basta si decida a dare un'occhiata a que­sti documenti e capirà, no?

commissario Li ho già visti: atti notarili, mappe. Non ci capi­sco niente. Sono redatti in una forma talmente astrusa, profes­sionale, che per decifrarli bisognerebbe essere almeno dei pro­fessionisti, come lei.

signore Ha ragione, commissario: allora, se non le spiace, io glieli spiego in forma cantata.

commissario   Cantata?

signore È il modo migliore, infallibile, per far capire le cose al­la gente. Mettetevi in fila, per favore, e fatemi da coro. Via! (Distribuisce i documenti ai presenti che cantano come legges­sero musica e parole sui fogli stessi)

Qui si parla di ufficiali piuttosto compromessi:

tutta brava, tutta brava, tutta brava gente,

e qui ci saltan fuori almeno sei processi (sventolano gli incartamenti)

per miliardi, a questo Stato che è cosi indigente,

qui si parla di una banca insediata in un convento,

qui c'è un tal che alla Marina ha fregato un bastimento,

qui un tal altro che a fatica ha corrotto un gesuita,

assegnati quattro appalti a un'impresa inesistente,

concessioni sottobanco contro assegni dati in bianco,

truffe sui medicinali, sulle mutue e gli ospedali,

sopra i dazi, le dogane, i tabacchi e le banane.

Oh, che pacchia, che cuccagna:

bella è la vita per chi la sa far!

Ma tu, miracolato del ceto medio basso,

tu devi risparmiare, accetta sto salasso:

non devi mangiar carne, devi salvar la lira

e, mentre gli altri fregano, tu fai l'austerità!

commissario    Complimenti, è formidabile!

enea (entrando con addosso l'abito da prostituta)    Sì, sì, bello!

commissario    Quasi disgustoso! (Accenna ad andarsene).

signore Eh no, commissario, non se ne vada, non è ancora fi­nito. Qui c'è da cantare fino a domani mattina. (Mostra altri in­cartamenti).

commissario Ma dico, non vi basta? Mi volete vedere vomi­tare? Scommetto che se mi metto il termometro scopro d'aver la febbre.

giudice (entra, burbero, sconvolto) Io invece non ho bisogno del termometro per sapere che ce l'ho già.

commis sario Il signor giudice! È da tanto che sta dietro a quel­la porta?

giudice Dieci minuti circa. E scusate se mi sono permesso di as­sistere allo spettacolo senza esserne invitato.

commissario    Ha ascoltato la canzone?

giudice Sì, la canzone e il resto. Poco fa ho raccolto l'autode­nuncia del grand'ufficiale, quello delle navi da smantellare. Inoltre, stamani, ho condotto una breve inchiesta sulla faccen­da degli intrallazzi al camposanto...

commissario    Ebbene?

giudice    Risulta tutto veto!

direttore (esplodendo, diretto al commissario) Ha visto, lei, che non mi credeva!

commissario Fatelo star buono! (I due agenti afferrano il di­rettore e di peso lo riportano sulla panca da dove era partito). Beh, che ne dice, giudice!

giudice Dico che ci troviamo in mezzo a un campo minato: qui, come ci muoviamo, succede il finimondo.

signore (ironico, provocatorio) Ah, bene. Abbiamo paura del botto?

giudice (replica caricando il tono) Si, se devo dire la verità, la cosa mi fa proprio paura: non tanto per il botto in sé, quanto per il disastro delle reazioni a catena, che si succederebbero al­l'infinito. Qui ogni scandalo ne tirerebbe dentro altri dieci e co­si via, senza più fermarsi.

signore (insolente) Ho capito, siamo alle solite. (Con gesti e movenze da Pulcinella) «Ma chi ce lo fa fare? Stiamo buoni, stiamo tranquilli, tiriamo a campa! »

enea (sotto tono, buttando via) E il gioco dei primi cristiani è già finito!

signore (rivolto ad Enea, ma additando i presenti con violenza) Il fatto è che sono tutti dei gran calabraghe, ecco!

commissario (quasi avvolto nella bandiera della dignità nazio­nale)   Niente affatto. Per chi ci avete presi?

direttore    Io no, io ce l'ho avuto il coraggio.

giudice (come sopra) E l'abbiamo anche noi! Procurateci un te­lefono e vi faremo vedere!

primo agente È qui.

Va sul fondo e riappare con un telefono che offre al giudice: tutti lo seguono, meno Enea e il feretrofobo che restano sul proscenio. Il giudice forma il numero all'apparecchio.

commissario    Qui si va fino in fondo, costi quel che costi!

signore (demagogo euforico) Bravi! Dimostriamo che c'è anco­ra gente che ha il fegato di lavare i panni sporchi in faccia al mondo! Per la miseria, siamo una nazione all'apice della pro­duzione dei detersivi e delle lavatrici elettriche: e usiamole una buona volta!

tutti    Sì, sì, usiamole!

giudice (al telefono) Pronto? L'ufficio superiore? Mi passi l'ec­cellenza, per favore.

direttore    Eccellenza?!

giudice (tappando con una mano il ricevitore) Sì, lo so che non gli spetta, ma lui ci tiene tanto.

direttore Ah sì, lo conosco, è un uomo molto in gamba: io ho votato per lui.

signore (con sfottò evidente)    Bravo, continui così!

giudice Pronto?... Eccellenza è lei?... Scusi se disturbo, ma è una cosa della massima importanza...

signore (prende Enea per mano) Vieni, andiamo a sentire la te­lefonata.

enea (si divincola)    Lasciami stare!

signore    Che ti prende?

enea Mi prende, che ho voglia di mollarti una scalcagnata sul muso, da farti crollare tutti quei denti da tricheco che ti ritrovi.

signore    E perché mai?

enea Mi chiede anche perché, sto drittone! E io stupida che da principio mi ero illusa che tu stessi sacrificando tutto per me.

giudice (parlando al telefono) Si, si, tutti atti notarili firmati e controfirmati. Non ci resta che dare il via agli arresti, aprire l'i­struttoria...

enea Cos'è sta mania che t'è presa, di metterti a giocare ai primi cristiani?

signore    Beh, non so come spiegarti...

giudice (sempre al telefono ) Ce n'è di gente da mettere dentro... Un fulmine! Grossi? Grossissimi!... Neanche se l'immagina.

enea Ah, non sai, eh? E allora te lo dico io cosa c'è sotto: tu hai in mente qualche machiavello: di fare la scena dell'« ohimè peccatore » per farti passare per figliol prodigo, e, trac, ti piazzi in politica sopra un bel cadreghino!

signore Ma non dire sciocchezze! Fammi ascoltare, piuttosto, e stai buona.

enea    Stai buona a me?

giudice (come sopra)    Sottosegretari? Ma quelli sono scartine!

enea    Ma chi ti credi di essere?

giudice (come sopra)   C'è di mezzo perfino...

enea (sempre parlando al feretrofobo)    Il primo ministro?

giudice (come sopra) Sì, anche lui col fratello e il cognato. Aspetti che guardo... (Consulta le scartoffie).

enea    Che cosa hai in mente di fare?

signore    Tanto, non lo capiresti. È tutto cosi strano.

giudice (come sopra)    Sì, c'è anche lo zio vescovo...

enea   Che c'è di strano?

signore Il fatto che ho combinato tutto quanto per solo deside­rio di onestà.

enea    Onestà, tu?

signore    Sicuro: onestà, io!

enea Ma la vuoi piantare? Ma credi che siamo tutti rimbambiti, qui?

giudice (come sopra) Sì, tutti! Siamo tutti qui, all'istituto neu­ropsichiatrico... Esatto... Sì, sì... Per carità, e chi si muove? Va bene, eccellenza, aspettiamo anche lei. Arrivederla, eccellenza, a presto. (Abbassa il ricevitore. Al commissario) Viene qui lui.

commissario Accidenti! Se il capoccia si scomoda di persona, vuol dire che ha accusato la legnata!

signore (va verso il gruppo) Complimenti, ce l'avete fatta! Bra­vi! (Stringe la mano al giudice e al commissario).

direttore    Mi associo!

giudice (si siede) E adesso, non ci resta che star qui tranquilli ad aspettare il gran botto.

commissario   Già, il gran papocchio!

giudice (si rialza, s'avvicina al commissario) Senta: non pensa che sarebbe meglio andargli incontro?

commissario    Al papocchio?

giudice    Al capoccia.

commissario    Senz'altro.

direttore  Mi associo.

commissario    A cosa?

direttore    Dico, disturbo se vengo anch'io?

commissario Affatto! Basta che se ne stia zitto e lasci parlare noi. (Si avvia all'uscita).

giudice (lo trattiene) Oh, una cosa importante: sarà bene non dire niente, per adesso, all'eccellenza (indica il feretrofobo) del nostro amico, il defunto in missione. Non ci crederebbe e ri­schieremmo di fare insabbiare tutto quanto.

commissario Giusto. Diremo che i documenti ce li ha procu­rati la ragazza.

enea    E se mi chiede chi me li ha dati?

commissario    Un cliente. Te li ha dati un cliente sconosciuto.

enea (con l'aria da regina offesa) Ah, bene: mi fate passare per una battona?!

commissario Quante storie! Ti divertivi tanto una volta a dar­lo ad intendere, e adesso facciamo la schifiltosa.

Escono il giudice, il commissario, il direttore e gli agenti.

enea (guarda di sottecchi il feretrofobo che s'è andato a sedere sul lato opposto della scena)    Ehi, sei ancora arrabbiato con me?

signore    Io, arrabbiato con te? Eri tu che eri arrabbiata con me.

enea Ma io credevo che tu fossi arrabbiato con me, perché io ero arrabbiata con te... (Il feretrofobo ride). Scusami, sai, è che io non avevo capito il fatto del papocchio... Non sono cose facili da capire... Adesso invece ho capito e... Bravo! Hai fatto molto bene a far la lavatrice!

signore Ti ringrazio. Adesso però bisogna che vada di là: hai sentito, anche il giudice ha detto che è meglio che io non ci sia quando arriverà l'eccellenza.

enea (gli va vicino, lo prende per mano)    Stai qui con me!

signore Si insabbierebbe tutto quanto. Stai tranquilla: io scen­do giù in giardino. (Le stringe la mano, affettuoso, ed esce).

enea    Non andare via, eh. Aspettami, che dopo andiamo a casa.

signore (da fuori scena)   Dove? !

enea    Al cimitero!

signore (sempre da fuori scena)    Ah... (Gridando) I gradini!!

Gran fracasso che allude ad una serie di capitomboli per le sca­le. Entra l'eccellenza accompagnato dal commissario, dal giudi­ce e dal direttore.

giudice (facendo strada) Da questa parte, prego. Ecco, eccel­lenza, questa è la ragazza di cui le parlavamo.

eccellenza Molto carina. Piacere! (La guarda compiaciuto, vec­chio satiro).

enea (morbida)    Piacere.

eccellenza    Proprio carina. Dove staziona di solito?

I due gli passano dei fogli che l'eccellenza sbircia appena, tutto preso com'è dall'esame della ragazza.

enea    Come?

commissario (con imbarazzo) T'ha chiesto in che strada ti si può trovare...

enea    Ah... Beh, un po' qui, un po' là.

giudice    Ecco, questo è l'allegato. (Indica un documento).

eccellenza (osserva con interesse l'ultimo foglio)    Spaventoso!

direttore (compiaciuto)    SI, sf, spaventoso...

commissario e giudice (lo zittiscono)    Ssstt!

eccellenza (riprendendo, tutto micione, verso la ragazza) Zo­na del centro, immagino?!

enea    Bravo, ha immaginato!

giudice    Se permette, eccellenza: guardi questo. (Altro foglio).

eccellenza Straordinario! Che documentazione! (Alla ragaz­za) Capita mai in via Andegari?

giudice (gli passa altri fogli) Qui c'è il nove, il dodici e il quat­tordici.

commissario   E qui, il ventuno.

direttore    Il ventuno...

commissario e giudice (lo zittiscono)    Ssstt!

eccellenza (che sembra rendersi conto solo adesso della gran quantità di documenti che gli sono stati messi fra le mani) Fa­temi prendere un po' di fiato, per favore!

giudice    Ha ragione: sono cose che bloccano il respiro!

direttore    Sì, sì, bloccano...

giudice, commissario ed eccellenza (lo zittiscono)   Ssstt!

eccellenza    Accidenti!

giudice e commissario   Accidenti!

Vengono zittiti dal Direttore.

eccellenza (si alza e passeggia nervoso per il proscenio) Fin quando te le senti raccontare in giro per i Ministeri sotto forma di barzellette...

direttore ed eccellenza (ridono all'unisono)    Ah, ah!

eccellenza   Ci fai quattro risate.

direttore   E via! eccellenza   E via!

giudice e commissario Ssstt! (Presi dal gioco non si sono ac­corti di aver zittito anche l'eccellenza) Oh, pardon!

eccellenza    Ma vederli qui, nero su bianco!          

direttore Su bianco! (Previene il giudice ed il commissario, si autozittisce) Ssstt!

eccellenza (alla ragazza)    Ma sa che è proprio carina!

direttore    Si, sì, è proprio carina.

eccellenza   Ssstt!

giudice Beh, adesso rideranno un po' meno, le pare? Quando si vedranno sventolare ste carte sotto il naso! (Agita il plico dei documenti).

direttore    Ah, ah, le belle sventolate! (Ride divertito).

eccellenza Cosa ride, lei? (Il direttore ammutolisce impaccia­to. Una piccola pausa, poi l'eccellenza aggredisce il commissario e il giudice) E voi, per favore, smettetela di fare dello spirito!

giudice (costernato)    Dello spirito? Su che cosa?

eccellenza (di testa)    Sullo sventolio.

commissario    Non si sventola?

eccellenza (alterato)    No! Qui non si sventola niente a nessuno! Anzi, mi fate il favore di raccogliere tutta sta cartaccia e di farne un bel falò!

tutti    Un falò?

commissario    Forse, non abbiamo capito bene.

direttore    Sì, sì, non abbiamo capito.

eccellenza No, voi avete capito benissimo. (Alla ragazza) Che bella pelle! Capita mai in via Andegari? (Senza attendere rispo­sta, ridanciano) E questi sarebbero i tutori dell'ordine e della legalità!

commissario (offeso) Perché? Non stiamo difendendo la lega­lità, forse?

eccellenza Ma fatemi il piacere! (Prende una mano della ra­gazza e gliela bacia) Belle mani, lunghe!

giudice    Perché, che abbiamo fatto?

eccellenza (ad Enea, dopo averle accarezzato la mano) Me la tenga un momento. (Enea afferra la propria mano e la tiene, co­me fosse un prezioso oggetto da custodire). Grazie. (Agli altri) Ma possibile che non ve ne rendiate conto? Sentiamo, lei com­missario: se le venissero a dire che un criminale pazzo se ne sta andando in giro per la città, con un ordigno che, scoppiando, distruggerebbe un intiero quartiere, lei cosa farebbe?

direttore (scimmiottando il tono dell'eccellenza) Già, cosa fa­rebbe?

commissario(breve riflessione, poi sicuro di sé) Beh, cercherei di catturarlo, o comunque di rendere innocuo, lui e il suo ordi­gno.

eccellenza    Bravo!

enea   Bravissimo!

direttore   Per me è il più bravo di tutti.

Durante il discorso entrano due pazzi che portano un microfo­no ed un braciere, e li pongono nel centro della scena.

eccellenza (con voce tesa, possente) E cosa credete, voi, che i vostri documenti siano meno pericolosi del pazzo con ordi­gno di cui sopra? Dal momento che vorreste far saltare in aria addirittura una nazione! (Senza far pause, usando di colpo un tono discorsivo) E poco male se il disastro si fermasse alla ca­duta del governo, all'allontanamento di qualche ministro. Anzi, tutto questo sarebbe salutare, perché come dice giustamente Machiavelli (didascalico) « qualche scandalo, ogni tanto, se ben dosato, rafforza la potestà, e crea fiducia nel cittadino scontento ». (Breve pausa, poi con scatto crescendo violentemente) Ma qui, signori miei, si esagera! Il fatto veramente grave è che, do­po un simile sputtanamento generale... (S'interrompe impaccia­to, poi ad Enea) Scusi, signorina... (Riprende rivolto agli altri col tono di prima) Nessuno presterebbe più fede ad una sola promessa da parte degli uomini al potere. Certi discorsi eletto­rali a base di « faremo, qui faremo là » finirebbero col lancio plurilaterale di gatti morti e di topacci vivi.

enea    Oh, che spreconi!

Uno dei matti che funge da inserviente fa accomodare l'eccel­lenza davanti al microfono. La voce dell'eccellenza viene così amplificata con aggiunta di rimbombo ed eco.

eccellenza E mi dite voi che succederebbe a quel sottosegre­tario o ministro che si arrischiasse ancora ad esibirsi nella clas­sica posa della prima pietra? Come si potrebbe governare un paese?!...

eco (voce molto alonata)    Paese paese paese paese...

eccellenza Che a questo punto non crederebbe più né al prete che promette l'aldilà...

eco    Là, aldilà, aldilà, aldilà...

eccellenza   Né al militare che fa l'elogio del bel morire...

eco    Morire, morire, morire...

eccellenza   Del bel morire per la patria...

eco    Patria, patria, patria...

eccellenza Come te la cavi, se la gente non si accontenta più della promessa...

eco    Promessa, promessa, promessa...

eccellenza Non ha più fede in quel cardine cattolico che si chiama « aspettazione »...

eco    Aspetta, aspetta... Sta' buono, aspetta... Vedrai...

eccellenza L'attesa di una provvidenza che tutto risolve, l'at­tesa di un mondo migliore che sta nell'aldilà...

eco    Aldilà, al di là... (Cantarellando) Lallalallalallà.

eccellenza Per i poveri di spirito, e di qua per i furbi di tre cotte?

eco    Tre cotte, anche quattro, anche cinque: dipende dal furbo...

eccellenza Se crolla tutto questo, allora meglio una bomba atomica. (Boato ad imitazione di una bomba atomica che esplo­de). Che ci accoppi tutti quanti!

eco    Quanti, quanti... Oeuh!

no! Anzi, mi fate il favore di raccogliere tutta sta cartaccia e di farne un bel falò!

tutti    Un falò?

commissario    Forse, non abbiamo capito bene.

direttore    Sì, sì, non abbiamo capito.

eccellenza No, voi avete capito benissimo. (Alla ragazza) Che bella pelle! Capita mai in via Andegari? (Senza attendere rispo­sta, ridanciano) E questi sarebbero i tutori dell'ordine e della legalità!

commissario (offeso) Perché? Non stiamo difendendo la lega­lità, forse?

eccellenza Ma fatemi il piacere! (Prende una mono della ra­gazza e gliela bacia) Belle mani, lunghe!

giudice    Perché, che abbiamo fatto?

eccellenza (ad Enea, dopo averle accarezzato la mano) Me la tenga un momento. (Enea afferra la propria mano e la tiene, co­me fosse un prezioso oggetto da custodire). Grazie. (Agli altri) Ma possibile che non ve ne rendiate conto? Sentiamo, lei com­missario: se le venissero a dire che un criminale pazzo se ne sta andando in giro per la città, con un ordigno che, scoppiando, distruggerebbe un intiero quartiere, lei cosa farebbe?

direttore (scimmiottando il tono dell'eccellenza) Già, cosa fa­rebbe?

commissario(breve riflessione, poi sicuro di sé) Beh, cercherei di catturarlo, o comunque di rendere innocuo, lui e il suo ordi­gno.

eccellenza    Bravo!

enea   Bravissimo!

direttore   Per me è il più bravo di tutti.

Durante il discorso entrano due pazzi che portano un microfo­no ed un braciere, e li pongono nel centro della scena.

eccellenza (con voce tesa, possente) E cosa credete, voi, che i vostri documenti siano meno pericolosi del pazzo con ordi­gno di cui sopra? Dal momento che vorreste far saltare in aria addirittura una nazione! (Senza far pause, usando di colpo un tono discorsivo) E poco male se il disastro si fermasse alla ca­duta del governo, all'allontanamento di qualche ministro. Anzi, tutto questo sarebbe salutare, perché come dice giustamente Machiavelli (didascalico) « qualche scandalo, ogni tanto, se ben dosato, rafforza la potestà, e crea fiducia nel cittadino sconten-

to ». (Breve pausa, poi con scatto crescendo violentemente) Ma qui, signori miei, si esagera! Il fatto veramente grave è che, do­po un simile sputtanamento generale... (S'interrompe impaccia­to, poi ad Enea) Scusi, signorina... (Riprende rivolto agli altri col tono di prima) Nessuno presterebbe più fede ad una sola promessa da parte degli uòmini al potere. Certi discorsi eletto­rali a base di « faremo, qui faremo là » finirebbero col lancio plurilaterale di gatti morti e di topacci vivi. enea    Oh, che spreconi!

Uno dei matti che funge da inserviente fa accomodare l'eccel­lenza davanti al microfono. La voce dell'eccellenza viene così amplificata con aggiunta di rimbombo ed eco.

eccellenza E mi dite voi che succederebbe a quel sottosegre­tario o ministro che si arrischiasse ancora ad esibirsi nella clas­sica posa della prima pietra? Come si potrebbe governare un paese?!...

eco (voce molto alonata)    Paese paese paese paese...

eccellenza Che a questo punto non crederebbe più né al prete che promette l'aldilà...

eco    Là, aldilà, aldilà, aldilà...

eccellenza   Né al militare che fa l'elogio del bel morire...

eco    Morire, morire, morire...

eccellenza   Del bel morire per la patria...

eco    Patria, patria, patria...

eccellenza Come te la cavi, se la gente non si accontenta più della promessa...

eco    Promessa, promessa, promessa...

eccellenza Non ha più fede in quel cardine cattolico che si chiama « aspettazione »...

eco    Aspetta, aspetta... Sta' buono, aspetta... Vedrai...

eccellenza L'attesa di una provvidenza che tutto risolve, l'at­tesa di un mondo migliore che sta nell'aldilà...

eco    Aldilà, al di là... (Cantarellando) Lallalallalallà.

eccellenza Per i poveri di spirito, e di qua per i furbi di tre cotte?

eco    Tre cotte, anche quattro, anche cinque: dipende dal furbo...

eccellenza Se crolla tutto questo, allora meglio una bomba atomica. (Boato ad imitazione di una bomba atomica che esplo­de). Che ci accoppi tutti quanti!

eco    Quanti, quanti... Oeuh!

eccellenza    Come diceva giustamente quel ministro di Biella. eco    Biella, Biella, Biella... Ma era proprio di Biella?

eccellenza    Sì!

eco    Ma tu guarda!

eccellenza (alla ragazza)   Dico bene, carina?

giudice (furente, provocatorio) Mi spiace, eccellenza, ma io non sono d'accordo né con lei né con il ministro di Biella.

commissario (stesso tono)    Giusto!

direttore (piaggione)   Mi associo.

commissario Penso che sia giunto il momento di avere il co­raggio di aprire le fogne, e peggio per chi le ha riempite!

giudice    E peggio per chi non sa nuotare!

direttore    Io so nuotare.

eccellenza Ma senti che linguaggio, che cattivo gusto! Vero, carina?... Parlate proprio come due fanatici.

direttore   Non due, tre: anch'io parlo così!

giudice    Fanatici?

eccellenza (fuori dai gangheri) Sì, due fanatici sovversivi, ir­responsabili e criminali. Un vero pericolo per la società degli uomini civili. Quindi, pur piangendomi il cuore, come alto rap­presentante dell'ordine pubblico, è mio dovere sacrosanto di rendervi innocui. (Chiamando ad alta voce) Professore!

Entra il matto, finto professore, seguito da due altri pazzi.

professore    Eccomi! Sempre presente!

eccellenza    Prendeteli: sono vostri.

Vengono immobilizzati nelle camicie di forza.

giudice (divincolandosi senza successo) Ehi, ma che vi salta in testa?

commissario (come sopra)    Dico, siete impazziti?

eccellenza - No, voi siete impazziti. E io devo salvare la patria dalla vostra follia distruttrice. Per prima cosa, ecco cosa ne fac­cio dei vostri scartafacci. (Incomincia a stracciarli, e butta il tut­to nel braciere).

direttore Lasciatemi! Io che c'entro? Sono il direttore del cam-posanto!

eccellenza Lo so, ma purtroppo è al corrente di troppe cose anche lei...

commissario Tu guarda che farabutto! Ma, fuori di qui, testi­monieremo!

giudice    La denunceremo!

eccellenza Fuori di qui? E quando mai a dei poveri psicopa­tici cronici, come voi siete, è permesso di uscire?

commissario Ma ci date in mano a un matto? Questo non è un vero professore!

eccellenza    Lo so, lo so, so tutto. Andate tranquilli.

giudice    Maledetto!

commissario    Mascalzone!

direttore    Aiuto!

Li portano via.

eccellenza    Cosa ne dici, bella? Sono simpatico, no?

enea Oeuh, da far schifo! Ma dico, non le passa per la testa che ci possa essere qualcun altro disposto a spifferare tutto e a sbat­terla là come una pelle d'anguria?

eccellenza (ironico, affettato) Non sarà lei, spero, cosi carina, ad avere di queste brutte intenzioni!

enea Io no: qualcun altro, qualcuno che si è fatto prendere dal vizio dell'onestà.

eccellenza (ridendo)    E chi?

enea Si chiama Arnaldo Nascimb...

(Entra il feretrofobo. Ha una calotta in testa e, infilato nel bel mezzo della calotta, un bastoncino con tanto di elica: classico giocattolo da fiera stra­paesana).

Eccolo! Oh, Arnaldo! Ma cos'è quell'affare che ti sei calcato in testa?                                                   

signore    Un'elica, per andare col vento, dati i tempi...

enea Ehi, guarda che non è proprio il momento di scherzare! Qui ci hanno buttato tutto all'aria. Questo signore ha bruciato i documenti e ha fatto mettere la camicia di forza al commissa­rio e al giudice. Bisogna che tu gli dia una tappata. Avanti, di­gli di chi erano quei documenti, digli chi sei veramente...

signore    Sono il dottor commercialista Arnaldo Nascimbene.

eccellenza Piacere. (Afferra la mano del feretrofobo e la strin­ge con calore).

enea (all'eccellenza) Ha sentito, lei? È dottore! Ne hanno par­lato anche i giornali...

eccellenza    Sì, ho letto infatti della sua morte.

enea E invece non è né morto né resuscitato. È vivo! E adesso sentirà che mazzata. (Lo sospinge ad affrontare l'eccellenza) For­za, Arnaldo!

eccellenza (senza scomporsi, tutto-un-sorriso)    Mi fa piacere vederla in perfetta salute.

signore   Grazie, eccellenza. (Altra stretta di mano) Come lei avrà già capito, ho commesso un grave reato simulando un decesso...

eccellenza    Beh, grave poi...

signore     No, io...

eccellenza    Ma per carità.

signore   Lei è troppo comprensivo.

L'eccellenza porge tutte e due le mani al feretrofobo, che gliele prende sollevandole quasi volesse baciarle. Enea con una gran pacca lo costringe a desistere dal gesto servile.

enea Ma cosa stai a fare i convenevoli con quello lì?! Dai, piaz­zagli sta mazzata!

signore (indispettito) Ma io non capisco che cosa si pretenda da me! Di che mazzate si stia parlando! (Voce che tende al nasale) È vero, sono stato un po' imprudente, ho combinato qualche guaio: sottrazione di documenti non autorizzata. Per di più, causa la mia dabbenaggine, dovrei scontare qualche anno...

eccellenza (accomodante) Vedremo di indire un nuovo pro­cesso..

signore Grazie. Lei è davvero troppo comprensivo. (L'eccellen­za gli offre una mano, con mollezza cardinalizia: il feretrofobo la considera sbatacchiando le palpebre) Che belle mani, lunghe!

enea (molla una gran pacca sul dorso della mano dell'eccellenza) Sbaglio o stai mollando le braghe?

signore (prevosto affettato) Oh, che modo scurrile, triviale d'e­sprimersi!... Sto solo cercando di rientrare nella società degli uomini benpensanti.

eccellenza (approvando)    Oh!

signore In quanto il benpensante... anche se non pensa... quan­do pensa... (Breve pausa, poi a se stesso) Che pensa?

Improvvisamente la parlata del feretrofobo si inceppa e si tra­sforma in uno strano groviglio di suoni. Anche i movimenti si fanno più meccanici ed i gesti appaiono dissociati. Assomiglia in tutto ad una macchina che accusi difficoltà di funzionamento. Nelle battute che seguono il feretrofobo alterna rari momenti di lucidità con altri di totale disfunzione vocale e gestuale: il che dà luogo a una curiosa pantomima da robot.

enea (fortemente preoccupata)    Che ti succede, Arnaldo? !

signore    Contro ogni sovversivismo.

eccellenza    Bendetto!

signore Il sovversivismo, di per se stesso... (Balbetta alcune pa­role incomprensibili),

enea    Che ti succede, Arnaldo?!

professore (entrando costernato) Accidenti, s'è bloccato! (Dà un piccolo colpo all'elica: il feretrofobo riprende a parlare).

signore Rispetto della forma... della forma e delle conseguen­ze... (Esegue una breve pantomima nella quale finge di suonare un violino. Sempre mimando da l'impressione che il violino in­grandisca a dismisura fino a raggiungere le dimensioni di un enorme contrabbasso).

enea    Ma che cosa si è bloccato?

professore Ecco, è l'elica, qui... Vede, gira male... (Altro col-petto all'elica).

signore Il rispetto delle proprie idee: soprattutto quando di idee non se ne hanno...

(Riprende la pantomima: il violino si trasforma in un fucile col quale esegue alcune figurazioni mili­taresche: finge di sparare, finge d'essere stato colpito ad un brac­cio da un proiettile. Ripiega il braccio portando la mano sotto l'ascella, cosi da apparire monco di tutto l'avambraccio. Ripren­de a marciare. Mima esplosioni tutt'intorno. Finge di essere sta­to colpito ad una gamba. Ripiega la gamba all'altezza del ginoc­chio, quasi gliel'avessero amputata all'istante. Viene avanti sal­tellando marziale. Estrae rapidissimo una mappata di medaglie e, con gesto solenne, se le appunta al petto. Altri zompi in avan­ti sottolineati da una marcia militaresca, naturalmente eseguita di persona, a base di spernacchiamenti in chiave di fanfara. Poi, sempre impettito e mettendo in mostra le medaglie, stende la mano verso il pubblico biascicando una tiritera da accattone. Alla fine si irrigidisce in un atteggiamento da burattino inani­mato ).

professore S'è ribloccata... ma niente di preoccupante... Sem­pre, ad operazione fresca, succede così... Poi, va liscio come un olio...

enea    Operazione fresca? Ma che gli avete fatto?

professore L'abbiamo operato, no? Una piccolissima trapana­zione... Un gioiello! Tre minuti di orologio, ed eccolo qui già in piedi che va una meraviglia.

enea (urlando)    Disgraziati, assassini, me lo avete rovinato!

professore (con gesti ampi, studiati) Non esageriamo! È da as­sassini guarire un allucinato? Un anormale che tende alla di­sgregazione della società?!

eccellenza    Con il solito qualunquismo velleitario...

signore (torna a muoversi: sfarfallando una matto mima il bec­cheggiare di una nave che avanza sul mare, con l'altra un siluro che va a colpire la nave, la nave affonda)    Giù, giù!

professore Dopotutto non abbiamo fatto che eliminare alcune piccole circonvoluzioni del cervello.

eccellenza Circonvoluzioni che la scienza ha scoperto essere le determinanti del sovversivismo, la molla della ragione.

professore    Via quella, otteniamo un cervello del tutto normale.

eccellenza Normale al livello che noi desideriamo: rispettoso di tutto quello che proviene dalle autorità.

enea   All'abbiocco, insomma?

eccellenza Esatto, signorina. E se ogni cittadino possedesse queste qualità, non ci troveremmo in un mondo ideale?

enea Ma certo, in un mondo in cui la giusta morale sarebbe: « Siccome tutti rubano, beh,... ruba anche tu, magari un po' me­no »... Un mondo dove una che facesse il mio mestiere, vuol di­re che ha già una certa dignità!

eccellenza Signorina, la metta come vuole: l'importante è che, grazie a questo, la nostra società non corra più rischi.

Entrano il giudice istruttore, il commissario e il direttore del camposanto, tutti e tre conciati alla stessa maniera del commer­cialista: calotta, elica, camminano come marionette.

professore    Oh, eccoli qua di nuovo risistemati, i nostri amici!

enea    Li avete trapanati anche loro?

eccellenza Bravo, professore! Ha fatto proprio un bel lavoro! (Rivolto ai tre) Come va?

giudice, commissario e direttore del camposanto (in coro) Oh, benissimo...

commissario    Non mi sono mai sentito tanto bene.

giudice    Ci deve scusare se prima l'abbiamo contrariata.

eccellenza Per carità, succede a tutti un momento di nervosi­smo... (Entrano due pazzi: portano gli stivali, la palandrana e il cappello da becchino di Enea). Signorina, vede come sono feli­ci? E non è felice anche lei?!

enea (amara)    Sì... sì... Io, poi, sono felicissima. (S'infila la palandrana sopra l'abito da prostituta) Anzi... vi devo ringrazia­re perché, senza accorgervene, avete trapanato anche me, ma nel senso giusto... In un colpo solo, mi avete spalancato il cer­vello! (Si toglie la parrucca e la getta ad uno dei pazzi) Grazie, eccellenza. (Si leva i sandali e si infila gli stivali).

eccellenza Prego, signorina... Ma perché s'è infilata quella ro­ba?... Che fa?

enea Torno da dove sono venuta. A me non ce la farete a met­termi l'elica in testa, né gli occhiali verdi per farmi mangiare la paglia e farmi credere che sia erba!

eccellenza    Ma come? Se ne va?

enea (guarda tristemente il feretrofobo e gli fa una carezza sul vi­so)    Sì, me ne vado...

eccellenza    Spero ci rivedremo, un giorno...

enea (lo guarda con un mezzo sorriso, avviandosi all'uscita) Vo­lentieri, eccellenza, volentieri! (Esce).

direttore (si agita, sussulta a scatti)    Agni agni agnani an...

eccellenza    Che gli succede?

professore Un piccolo infortunio, purtroppo. Vede, questo non era da operare, aveva già un cervello abbastanza ottuso, e con l'intervento, disgraziatamente, si è esagerato. Sa, con que­ste riduzioni si va sempre ad un pelo dall'ottenere un cervello idiota. Ed è per questo che la nostra risultanza psicofisica è det­ta comunemente: complesso dell'italiota!

Il feretrofobo, il direttore, il commissario e il giudice, schierati sul proscenio, iniziano la canzone dell'italiota. Ad essi si uni­scono, poi, gli altri personaggi rimasti in scena: l'eccellenza, il professore e due pazzi.

Siam felici, siam contenti del cervello che teniamo,

abbiam l'elica che ci obbliga ad andar sempre col vento.

Se ci dicon: quello ruba, quello truffa, quello frega,

noi alziamo la spalluccia e da idioti sorridiam.

Perché siamo gli italioti, razza antica indo-fenicia,

siam felici, siam contenti del cervello che teniamo.

Anche voi dovreste farlo: trapanatevi il cervello

e mettetevi anche un'elica, per andar sempre col vento.

Trapaniamoci festanti, riduciamoci il cervello

e così sarà più bello, non avremo da pensar.

Se diranno: quello ruba, quello truffa, quello frega,

gli daremo i nostri voti, tutta quanta la fiducia

e sarem tutti italioti,

un po' ottusi di cervello.

Su, sbrigatevi, curatevi, anche voi, fate così,

anche voi fate così, anche voi fate così.

Escono saltellando dalla scena mentre lentamente cala il sipario.