Si fa per dire…

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Stefano Palmucci

Tre atti comico-brillanti


Stefano Palmucci

Si far per dire…

cod. op. 917230A

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Stefano Palmucci

Strada la Creta, n.31

Falciano

47891 Repubblica di San Marino

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www.stefanopalmucci.com -tel mob.338-2015713

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Si fa per dire…

Si fa per dire…

Personaggi:


Giacomo Tarloni

Livia

Filippo

Stefano

Sara

Minghin

Vanni

Amelia Bieco

Attilia Nefando


sua moglie

amante

moroso di Sara

figlia

babbo di Giacomo

cugino di Livia

ispettore tributario

ispettore tributario


Tinello di casa Tarloni. Tavolo per la colazione, sedie, divano. Una entrata comune al centro, che porta a destra verso l‟esterno e a sinistra verso il resto della casa. Una porta a destra verso la cucina e una a sinistra verso le camere e il bagno. Giacomo sta facendo cola-zione col giornale. Livia sfaccenda avanti e indietro per servirlo, come se avesse fretta.


Livia:


…ricordati di dare l‟acqua alle piante.


Giacomo:


va bene.


Livia:


e di portare fuori il cane.


Giacomo:


certo.


Livia:


e chiudi tutte le finestre quando esci.


Giacomo:


tranquilla.


Livia:


se vuoi andare al ristorante, vacci pure, altrimenti il frigo è pieno di cose pron-te. Come?


Giacomo:


non ho detto niente.


Livia:


ti basta solo accendere il forno.


Giacomo:


capito.


Livia:


sei sicuro di riuscire a cavartela, senza di me?


Giacomo:


ti ho detto di non preoccuparti.


Cos‟è tutta questa agitazione?


Livia:


non lo so. Stanotte non sono riuscita a prendere sonno, col pensiero di questo viaggio.


Giacomo:


eh, capirai. Guarda Livia che se vuoi, puoi stare fuori anche più …


Livia:


no, no. Due giorni sono anche troppi. Poi la casa rimane indietro. stra)


(esce a de-


Giacomo


(con calma si volta per guardare dietro poi fa un gesto come per dire: boh).


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Stefano Palmucci


Livia:


(rientra) hai finito? (senza attendere risposta gli prende quasi tutto e lo porta via a destra, lasciandogli solo la tazzina del caffè che aveva in mano. Poi da fuori) non mi sento tranquilla, a lasciarvi soli.


Giacomo:


(fa ampi gesti di mal sopportazione e esortazione ad andarsene) eh, che saràmai. Ce la caveremo, te lo assicuro, non siamo bambini.


Livia:


(da fuori) mi preoccupa tuo padre, soprattutto, a lui chi lo segue?


Giacomo:


(si morde una mano) mica rimane solo. Al bisogno, ci siamo io e Sara.


Livia:


ah, siccome ci state molto, a casa, voi due. Non vorrei partire con il rimorso.


Giacomo:


(fa ampi gesti come per darle calci nel sedere fino alla porta). Va-pure-tranquilla! Se ci sarà necessità, ti chiameremo.


Livia:


(rientra e lo vede mentre sta calciando) che fai?


Giacomo:


no, niente, mi si era addormentata la gamba sotto il tavolo e allora facevo un po‟ di ginnastica.


Livia:


(mentre spolvera) stamattina deve venire Vanni.


Giacomo:


(prende il giornale e si siede) adesso? Hai fatto bene a dirlo, così me ne vado dilà prima che arrivi.


Livia:


fa solo un passaggio, deve portarmi una cosa che devo recapitare a mia sorella.


Giacomo:


non ce la faccio proprio, di mattina presto, ad ascoltare tutte le sue spacconate.


Livia:


Vanni ha il vezzo di esagerare un pochino, quando racconta di sé, però è una persona di cuore.


Giacomo:


esagerare? C‟era un cacciatore, una volta, che era famoso in tutta la regione per essere quello che le sparava più grosse tra tutti i cacciatori, che pure le sparano grosse, ma in confronto a tuo cugino, quel cacciatore era modesto.


Livia:


però è di cuore.


Giacomo:


è un invidioso, ambizioso e presuntuoso. Non può mai stare sotto agli altri.

Deve sempre avere l‟ultima parola.


Livia:


ma finiscila, che non è vero.


Giacomo:


poi se si azzarda di nuovo a chiamarmi “Zacomino”, è la volta che va a finire male. Sappilo.


Livia:

Giacomo:


come sei permaloso, con lui …

se mi chiamo “Giacomo”, perché mi deve chiamare “Zacomino”? (suonano alla

porta).


Livia:


ecco, è arrivato.


(Livia va ad aprire, Giacomo si rimette a leggere)

Vanni:            (a Livia, porgendole una borsa) ecco, il famoso formaggio di fossa che mi hachiesto tua sorella.

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Livia:

Vanni:

Livia:

Giacomo:

Vanni:

Lidia:

Vanni:

Livia:

Vanni:

Giacomo:

Vanni:

Giacomo:

Livia:

Vanni:

Livia:

Vanni:

Giacomo:

Vanni:

Si fa per dire…

Livia:              spero di riuscire a portarglielo. Ho la valigia piena. (esce a sinistra con la bor-

sa)

Vanni:            (vedendo Giacomo) oh, “Zacomino”, buongiorno!

Giacomo:    Vanni, quello è il nome che adoperava sempre la mia povera mamma, ci sono

affezionato.

Vanni:            bèh? Se lo uso anche io, non te lo sciupo mica!

Giacomo:    però se il mio nome è Giacomo, non vedo perché tu lo debba storpiare a quel

modo.

Vanni:            va bene, va bene, stai tranquillo “Zacomino”.

(rientra Livia da sinistra)

Allora Livia, pronta per il viaggio?

sto via solo due giorni, è una vacanza da niente.

certo che, confronto le mie …. Sapete dove sono andato due settimane fa?

dove?

a Dubai. Tu lo sai, “Zacomino”, dov‟è Dubai?

si, lo so. Sei stato in quell‟albergo famoso, fatto a forma di vela, a sette stelle?

(schiocca la lingua, sprezzante) lì ci son stato tre anni fa. Adesso hanno scava-

to sotto quella vela, nel mare, e hanno tirato fuori tutta la barca. Uno “yacht” grande come due volte San Marino. Diciotto stelle.

porca boia.

hanno fatto un albergo completamente sotto il mare, così quando mangi o dormi puoi vedere un sacco di pesci di tutte le razze e di tutti i colori. Una cosa portentosa. C‟erano pescicani che mi giravano sopra la testa, saranno stati lun-gi quaranta metri, anche di più ….

chissà che bello…

e non ti hanno morso?

ma no. C‟è un vetro fatto apposta, spesso, che non fa passare l‟acqua. la tua camera era sotto l‟acqua?

a me hanno dato una “suite”, perché sono un cliente affezionato.

era grande?

grande? Dentro aveva una piscina riscaldata. una piscina dentro la camera?

sì, olimpionica, cinquanta metri. E poi un paio di campi da tennis e uno stadio da calcio.

tutto dentro la camera?

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Stefano Palmucci


Vanni:


sì, così puoi invitare gli amici a giocare. Io ho solo fatto una partita a tennis, con amici che erano lì all‟albergo con me. Abbiamo fatto un doppio. Io e Con-nors, contro Stallone e Borg.


Giacomo:


sul giornale c‟era scritto che Stallone era in America a fare un film.


Vanni:


infatti ci doveva andare. Ma per finire la nostra partita, intanto ha mandato una controfigura. Pensa che poi, con noi, hanno anche perso di brutto: sei zero, sei zero.


Giacomo:


(tra sé)


eh, ti pareva…


Livia:


hai speso molto?


Vanni:


prova a dire.


Livia:


non saprei, diecimila euro a notte!


Vanni:


diciotto euro. Perché io sono cliente, poi tutti gli anni gli porto degli ospiti “vip”, così non mi fanno pagare quasi niente.


Giacomo:


figurati se fanno pagare uno come te…


Vanni:


beh, io vado. Da ieri sera non sono ancora passato da casa.


Livia:


tu sei un animale della notte.


Giacomo:


eh, come i barbagianni.


Vanni:


eh, già. Fammi sentire dalla mia donna se ci sono novità. (estrae il cellulare)


Livia:


è nuovo quel cellulare? Che modello è?


Vanni:


ah, non lo si vede in giro. Lo fanno in Giappone, apposta per me.


Livia:


bello. Chissà quante funzioni ha. Questo fa anche le foto, le riprese, da sve-glia…?


Vanni:


da sveglia?? questo la mattina mi fa da sveglia e poi mi prepara il caffellatte con due brioches. Escono fuori da qui in fondo belle calde.


Giacomo:


stai attento con tutte quelle brioches, che poi ti sale il colesterolo …


Vanni:


tranquillo, Zacomino. Se lo tengo qui, (se lo accosta al cuore) mi fa anche le analisi del sangue (compone il numero).


Livia:


con chi parli ora? La russa a servizio da te?


Vanni:


è ucraina. Sono molto meglio delle russe. Brave, precise, oneste. Questa in due ore pulisce a fondo, fa la spesa, lava, stira, cuce, prepara da mangiare. Ieri, che le erano rimasti dieci minuti, ha tagliato l‟erba del giardino e ha dato una mano di vernice in cucina.


Livia:


qual è la sua tariffa oraria?


Vanni:


diciotto euro.


Livia:


ah, onesta.


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Si fa per dire…


Vanni:


no, ma li da lei a me. Dice che io, per lei, sono come un figlio …(al telefono) hui, matriosca, come va? Tutto fatto?...si…come dice? (parla al telefono ma ri-volto a i due, per farsi sentire) Dieci donne ad attendermi davanti la porta?Belle o brutte? Come? Ah, la più brutta sembra miss Italia. No, no, per carità, sono stanco, non ce la faccio più….Via, via: ne mandi via una. Si, nove bastano. Arrivo. Ciao, matriosca. (chiude)


Livia:


(ammirata) eh, che vita che fai…


Vanni:


eh, lo so, è dura, ma qualcuno si deve pur sacrificare. Vi saluto, ragazzi. Ci ve-diamo quando torni. Ciao “Zacomino” (esce fluttuando alla Sordi).


Giacomo:


(prende la giacca) Allora io vado al lavoro, eh? Se no faccio tardi.


Livia:


va bene, allora ti saluto.


Giacomo:


si, ma dopo ritorni, no?


Livia:


si capisce.


Giacomo:


allora fa buon viaggio, eh? Mi raccomando…


Livia:


sì, Giacomo, tranquillo. Appena arrivo, ti chiamo.


Giacomo:


(sulla porta) e saluta tua sorella, i ragazzi, tutti…


Livia:


sì, Giacomo. Ciao.


Giacomo:


ciao (esce).


(Livia esce verso le camere, scena vuota per alcuni secondi. Rientra Giacomo, guardan-dosi intorno e tastandosi le tasche).

Dove ho messo quel foglietto? Ah, se non lo trovo sono fritto …mi licenziano …era qui sopra la tavola, in tasca non c‟è …che sia volato per terra?

(si china a cercare questo foglietto, finendo dietro un divano, o qualche mobile che lo na-sconda alla vista di chi entra dalle camere. Suona il telefono).

Livia:               (entra dalle camere per rispondere non avvedendosi di Giacomo). Pronto? (si guarda intorno allarmata) sei matto a chiamare qui?Te l‟ho ripetuto centovolte. Eh, certo che è spento, lui è andato via adesso. Ma qui non devi chiama-re, il numero rimane nella memoria. Eh, importa a me, lui non è capace di smanettare, ma c‟è Sara, non si sa mai. Sì. Sì, dai che ci vediamo tra un‟oretta.Mi faccio la doccia poi vengo. Eh… eh… come mi sento … mi sento emozionata, capirai, la prima notte fuori con te… è un‟emozione che stanotte non sono riu-scita a chiudere occhio. (maliziosa) Dai, lascia stare …No, no, mia sorella è fi-data, l‟ho istruita come un soldatino. Il fatto è che abbiamo fatto delle ore, del-le mezze giornate, ma due giorni con te, a Venezia, per me è un passo impor-tante, se ci vedesse qualcuno che conosco? Sì, da Colombina, e tu da Pantalo-ne… lascia stare, dai. Mi sento una tremarella addosso…. Ma sì che ti vogliobene, lo sai. Sì, ti prometto che in questi due giorni penseremo anche al futuro, è difficile, ci vuole il suo tempo, c‟è Sara, porta pazienza. Eh, va bene, fammi

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Stefano Palmucci

andare a fare „sta doccia. Ti saluto, tesoro. Ci vediamo lì.(rientra verso le ca-mere).


Giacomo:


(emerge dal nascondiglio) hai capito, mia moglie, che sorpresina mi ha fatto?Ecco perché da un po‟ di tempo mi sveglio con la testa pesante (fa il gesto delle corna). Fa tutta la premurosa.E‟ brava a fare la commedia. (si porta verso le camere ed ascolta, poi alza la cornetta del telefono) Dunque…fammi vedere (smanetta un po’ coi tasti) “ultimo numero selezionato”, proviamo questo. (At-tende poi parla al telefono) Pronto, si, è la reception dall‟albergo di Veneziadove ha prenotato, si, volevamo la conferma della sua presenza. Ah, forse ha parlato col mio collega, ma noi volevamo proprio essere sicuri. Va bene. Per caso siete una coppia in viaggio di nozze? Perché per i viaggi di nozze abbiamo degli sconti particolari. Ah, no. Allora siete una coppia adulterina? Non per es-sere indiscreto ma solo per informarla che noi facciamo delle promozioni ecce-zionali per le coppie di adulteri. Ah, si? Bene, allora per voi il soggiorno, sic-come che è anche la prima volta, sarà completamente gratis. Esatto, gratis. Avrete frigo bar a disposizione, tutto quello che volete, e pasti in camera, cavia-le, champagne d‟annata, tutto gratis. Si, si, approfittate pure, ordinate tuttoquello che volete. Paga l‟Assessorato, una politica di promozione del turismo adulterino, dice che rappresenta il futuro. Ah, un‟altra cosa, lei gode di buona salute? Ha l‟assicurazione? Perché lì, nella vostra camera, nel vostro stesso let-to, la scorsa settimana c‟era una coppia adulterina di Livorno, beh, lui c‟è rima-sto secco. Proprio mentre compiva l‟atto, trach, morto stecchito. No, no, le al-tre sono tutte occupate, mi spiace, c‟è rimasta solo quella camera, non troveràaltro in tutta Venezia, c‟è il congresso degli… stagnini, però abbiamo cambiato i lenzuoli, dato aria, non si conosce niente di quello che è successo. Ed anche la settimana prima, in quella stessa camera, un tizio di Isernia con l‟amante, stes-sa storia, un colpo apoplettico, è rimasto secco proprio mentre erano lì che se la ridevano alle spalle del marito cornutone. E il mese prima un signore ameri-cano, trach, morto anche lui. Buona giornata, la aspettiamo. (chiude).


Sara:


(uscendo dalle camere) bà,sei ancora qui a quest‟ora? Non lavori oggi?


Giacomo:


eh, ho fatto tardi, cercavo una cosa invece …ne ho trovata un‟altra. Ora vado.


Sara:


aspetta, bà. Già che hai fatto trenta, non puoi fare trentuno? Devo dirti una co-sa.


Giacomo:


non me la puoi dire quando torno? Ho una fretta tale, oggi, che se non me ne vado subito, è la volta buona che mi licenziano.


Sara:


ah… va bene bà, è una cosa che può aspettare. Vai pure tranquillo.


Giacomo:


dai bella, questi due giorni, avremo tempo di fare delle belle chiacchierate, io e te, come quelle che facevamo una volta.


Sara:


hai ragione, bà. Ne parliamo quando torni.


Giacomo:


ok, ma poi ti ricorderai quello che volevi dirmi?


Sara:


certo, magari me lo scrivo su un quaderno. Ci vediamo dopo.


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Si fa per dire…

Giacomo:    ciao, bella (esce).

Livia:              (entrando dalle camere con una valigia) oh, Sara, allora io vado. Mi pare di

avere sistemato tutto.

Sara:                sì, mamma. Tranquilla che ce la caveremo.

Livia:              lo so, lo so. Sono io che sbaglio ad essere troppo premurosa, ma che vuoi farci?

Non riesco a far meglio…

Sara:                se ti avanzano dieci minuti, mamma, dovrei dirti una cosa prima che tu vada.

Livia:              oh, cara, proprio adesso te ne esci? Ho fatto tardi per chiudere la valigia e

adesso devo sbrigarmi. Era una cosa importante?

Sara:                ah, no, no. Era una cosa da niente, può aspettare.

Livia:              bene, Sara. Allora magari al mio ritorno faremo una bella chiacchierata, tu ed

io, come quelle che facevamo una volta.

Sara:                va bene, mamma. Ne parleremo al tuo ritorno.

Livia:              basta che poi ti ricordi quello che volevi dirmi.

Sara:                certo, mamma, magari me lo scrivo su un quaderno. Allora fai buon viaggio.

Livia:              (la abbraccia) Grazie cara, e tu tieni d‟occhio il nonno. Ti chiamo appena arri-

vo.

Sara:                va bene. Tu saluta la zia, tutti…

Livia:              Sì, cara, ciao (esce)

Sara:                ciao, mà.

(Minghin entra dalle camere)

Oh nonno, vi siete alzato? Come và oggi?

Minghin:    come vuoi che vada, carina? Quando si arriva a sfiorare i novanta, và come pa-

re a lei.

Sara:                lasciate stare nonno, siete ancora in gamba, mi sembrate un ragazzo.

Minghin:    eh? (è un po’ duro d’orecchi)

Sara:                (più forte) siete ancora un ragazzo.

Minghin:    eh, cara, quando ero ragazzo io, le gambe andavano da sole, non si facevano

trascinare. E non avevo bisogno di questo bastone.

Sara:                ora invece di due gambe, ne avete tre, vuol dire che siete cresciuto.

Minghin:       eh, eh, eh….veramente avevo tre gambe anche quella volta. Ma adesso una si è

addormentata…se c‟è ancora.

Sara:                nonno, posso chiedervi una cosa?

Minghin:    eh?

Sara:                (più forte) dicevo se posso chiedervi una cosa.

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Minghin:

Sara:

Minghin:

Sara:

Minghin:


come no? Si capisce.

sedetevi.

(accomodandosi vicino Sara) dimmi pure, cara.

voi, quando vi siete fidanzato con la nonna, i suoi, erano contenti, lo ricordate?

prima di tutto, quella volta non si diceva “fidanzare”, come adesso, ma si dice-

va “amoreggiare. Sono passati settant‟anni, ma mi ricordo come se fosse ieri.

La mia memoria è ancora buona.


Sara:


lo so, nonno, è per quello che ve lo domando.


Minghin:


mi capita solo quando mi arrabbio, che mi sale il nervoso, allora dopo non mi ricordo più niente.


Sara:


solo in quei momenti là?


Minghin:


sì. L‟altro giorno, per dire, ero sull‟autobus che tornavo dall‟ospedale. C‟era un giovanotto che avrà avuto venti anni, anche meno, e stava seduto come un pa-scià e lì vicino aveva una signora incinta. Lei tossiva, ogni tanto si lamentava, ma lui niente, faceva finta di non vedere. Allora io, tu sai che non sono capace di stare zitto, per un po‟ di strada sono stato buono, e poi non ce l‟ho più fatta.


Sara:


e che avete fatto?


Minghin:

Sara:


sono andato dall‟autista a dire che c‟era una signora incinta in piedi, a chiedere

se poteva fare alzare qualcuno. Lui mi ha guardato tutto stralunato, come se

avesse visto un fantasma, e poi mi ha fatto vedere un cartello dove c‟era scritto

che è vietato parlare con l‟autista.

sì, c‟e scritto sopra tutti gli autobus, per non far fare gli incidenti.


Minghin:


allora io non ci ho più visto dalla rabbia. Sono andato da quel giovanotto e gli ho detto: “hou”!


Sara:


ah, sì? e lui?


Minghin:


e lui, che non capiva o che faceva finta di non capire, mi ha risposto: “cosa”? E io, sempre più incacchiato: “cosa di chè?” e lui: “che di cosa?”. Allora ho co-minciato a gridare: “cosa c‟è‟”? e lui urlava ancora più forte: “ma do-ve?”…insomma, mi sono dimenticato quello che gli volevo dire. Così sono tor-nato nel mio posto e quella signora ha fatto tutto il viaggio in piedi.


Sara:


voi, nonno, siete il più forte. Non c‟è niente da fare.


Minghin:


ah, sì, sono forte come l‟aceto!


Sara:


allora vi posso chiedere di quella volta?


Minghin:


quale?


Sara:


quando avete cominciato a frequentare la nonna.


Minghin:


sì, però più tardi, perché se non ti spiace, adesso dovrei andare a fare un biso-gnino.


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Si fa per dire…


Sara:


ah, sì, nonno, fate pure. Ne parleremo dopo.


Minghin:


però non ti dimenticare di quello che volevi chiedermi, eh?


Sara:


state tranquillo, nonno, ho un quaderno dove scrivo tutto, non dimentico nul-la.


Minghin:


bene (esce verso le camere).


(dopo un tempo suonano alla porta, Sara va ad aprire, è Stefano).


Sara:


(facendolo accomodare)


vieni, vieni, non c‟è nessuno.


Stefano:


(entrando) allora, come è andata?


Sara:


meglio di così, non poteva andare.


Stefano:


davvero? Cioè?


Sara:


non sono riuscita a parlare con nessuno. Avevano tutti una fretta del diavolo, stamattina.


Stefano:


(deluso)… oh, accidenti.


Sara:


dai, non preoccuparti. Col babbo, che sarà l‟osso più duro, ne parlerò oggi a mezzogiorno. E quando avrò spianato la strada con lui, non sarà certo la mamma a mettersi di traverso.


Stefano:


ma sarà mai possibile che per una notizia che in una famiglia normale dovreb-be essere meravigliosa, oggigiorno, alla nostra età dobbiamo ancora tribolare a questa maniera?


Sara:


eh, lo so.


Stefano:


che poi, se avessimo fatto qualcosa di male, potrei capire. Ma a dover soppor-tare le conseguenze di una ruggine tra i nostri babbi, per una litigata di più di venti anni fa, mi pare una cosa dell‟altro mondo.


Sara:


dev‟essere stata una litigata grossa, perché mio nonno mi ha detto che una vol-ta erano amici per la pelle. Poi, non so cosa sia successo, che hanno litigato di brutto.


Stefano:


neppure il mio mi ha mai raccontato cosa accadde, da far rompere l‟amicizia.


Sara:


lo voglio chiedere al nonno, appena trovo un momento.


Stefano:


hai già pensato al discorso da fare a tuo babbo, che parole adoperare?


Sara:


scherzi? E‟ più di un mese che lo sto preparando. Mi sono organizzata tutto il discorso per filo e per segno. L‟ho imparato a memoria.


Stefano:


ah, sì? Bene, fallo sentire anche a me, dunque.


Sara:


allora, io pensavo di attaccare così: bà, ieri sono stata all‟ospedale, sono incin-ta, è stato quel barbone drogato che frequenta la stazione per chiedere la cari-tà. Ma adesso non si trova più, è scappato, e mi ha portato via tutti i miei soldi.


Stefano:


eh?


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Stefano Palmucci


Sara:


e quando lui dirà: cooosa?!? Io gli dirò: dai babbo, tranquillo, non è vero nien-te. Mi sono solo fidanzata col figlio di Walter.


Stefano:


hurca, bell‟idea. E quindi lui cosa dirà?


Sara:


(smontata) era meglio il barbone drogato che chiede la carità alla stazione. Epoi mi chiude in casa.


Stefano:


ascolta, Sara. Stavo pensando un‟altra cosa: forse, sarebbe più giusto che ci parlassi io, con tuo padre.


Sara:


dici? Te la sentiresti?


Stefano:


Sara, la nostra non è una colpa. Siamo due ragazzi che si vogliono bene, seri,


senza grilli per la testa. Con l‟intenzione, un domani, di farci una famiglia. Al giorno d‟oggi, io dico che due genitori non potrebbero augurarsi di meglio, per

i loro figli.


Sara:


su questo hai ragione.


Stefano:


e allora, siccome che con le ruggini tra i nostri padri, noi non ci entriamo per niente, gli diremo le cose come stanno, e poi lasceremo che se la sbuccino da loro, la patata, come crederanno meglio.


Sara:


giusto, Stefano. Tanto, anche se si dovessero mettere di traverso, abbiamo un‟età che non possono più chiuderci in casa. E siccome che non facciamo nul-la di male, anzi, se la vogliono così, bene, altrimenti pazienza.


Stefano:


brava Sara, così mi piaci.


Sara:


però prima lascia che parli con mia mamma. Sono sicuro che lei potrà capire e potrà meglio apparecchiare la tavola per affrontare il babbo.


Stefano:


va bene.


Sara:


adesso andiamo in camera mia, così mi dai una mano a studiare.


Stefano:


te la do io, la mano. Io sono un bravo ragazzo, e le mie intenzioni sono serie, ma da qui ad essere un santo …


Sara:


dai, vieni, scemotto… (lo conduce verso le camere).


(Livia rientra dalla comune incavolata, seguita da Amelia e Attilia).


Livia:


non sapevo che avessero istituito un altro corpo della Finanza.


Amelia:


l‟hanno istituito sei mesi fa, signora. Modellato sulla scorta di Equitalia.


Attilia:


che difatti funziona benissimo, e nessuno mai se ne lamenta.


Livia:


comunque, io non credo voi abbiate il diritto di fermare una persona che ha già prenotato un viaggio!


Amelia:


signora, stia tranquilla, la nostra polizia si chiama “tributaria” ma ha tutte lefacoltà e competenze dell‟altra. Ci hanno mandato qui per fare una ispezione e abbiamo tutti i diritti di perquisire, sequestrare e fermare le persone.


Livia:


adesso chiamo il mio avvocato.


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Si fa per dire…


Attilia:


lo può chiamare quando le pare, signora. Non potrà che confermare quello che le abbiamo detto. Se ha del tempo da perdere, prego.


Livia:


sarete voi, che avete del tempo da perdere. Mi avete fermato che stavo giusto partendo per una vacanza!


Amelia:


se collabora con noi, signora, io dico che ce la fa ancora. Se invece vuole chia-mare il suo avvocato, e a quel punto io le consiglio di chiamare anche il suo commercialista, faccia pure.


Attilia:


se invece ha la pazienza di rispondere alle nostre domande, noi facciamo il no-stro verbale e poi verremo con calma a parlare con suo marito e col vostro commercialista.


Livia:


che verbale dovete fare?


Amelia:


è un modello d‟accertamento. Stiamo cinque minuti.


Livia:


noi le tasse le abbiamo sempre pagate.


Amelia:


avete fatto bene, signor, le tasse vanno pagate.


Attilia:


dovrebbe essere una cosa normale. Bisognerebbe pagare le tasse con un sorriso sulla faccia.


Livia:


noi ci abbiamo provato, signora, ma quelli volevano i soldi.


Amelia:


comunque siamo venute solo per fare un accertamento.


Livia:


eh, andate un po‟ da quelli che evadono, a fare i vostri accertamenti.


Attilia:


non si agiti, signora, che da quando hanno istituito la “Polizia tributaria”, li prendiamo tutti, o prima o dopo, li prendiamo tutti. Per ora siamo in dieci, ma siamo cattivi, abbiamo fatto un corso di sei mesi, e adesso ci hanno sguinza-gliato. Siamo cani arrabbiati, abbiamo la schiuma alla bocca.


Amelia:


ci danno un premio per ogni evasore che troviamo. Quando ne prendiamo uno, gli tiriamo il collo come a un gallinaccio, facciamo un cencio.


Livia:


eh, sarebbe anche ora.


Attilia:


a quelli che ci capitano sotto, gli facciamo i raggi. Li rivoltiamo come calzetti.


Amelia:


dove passiamo noi, non cresce più l‟erba.


Attilia:


l‟altra settimana abbiamo messo sotto torchio uno di Fiorentino. Quando sia-mo arrivate, non ci conosceva, faceva l‟altezzoso, aveva cinque o sei macchine. Ora ha smesso. Adesso va alla Caritas, a piedi.


Amelia:


perché, a quello di Serravalle? Era un imprenditore, faceva il galletto. Gli ab-biamo fatto “pelo e contropelo”. In un attimo, l‟azienda è fallita. Dopo che sia-mo passate noi, è andato tutto in malora.


Attilia:


dunque, possiamo accomodarci cinque minuti?


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Stefano Palmucci


Livia:


ah, beh, se non se ne può fare a meno. Ma della dichiarazione dei redditi se n‟èsempre occupato mio marito col commercialista. Io non saprei neppure da che parte guardarla.


Amelia:


la vostra dichiarazione ce l‟abbiamo già nelle nostre mani. Dobbiamo solo con-trollare che sia compatibile col vostro tenore di vita.


Attilia:


in particolare, ci hanno segnalato che avete un anello costoso, è quello che por-tate al dito?


Livia:


questo? Oh, non credo sia di gran valore. Poi, me lo hanno regalato.


Amelia:


quindi non potete dimostrare da dove viene. Mmm…(scrive)


Livia:


ma cosa scrive? Se volete, chiedo la ricevuto a quello che me lo ha regalato.


Attilia:


sarà meglio. Così quando torniamo possiamo verificare. Quel quadro? (indica un quadro alle pareti)


Livia:


(che comincia a preoccuparsi) questo? Ah, questo è una crosta. Lo ha compra-to mio marito ad un mercatino, credo con due spiccioli …giusto per fare la cari-tà.


Amelia:


lo avete da molto?


Livia:


saranno cinque o sei anni. Scrive anche questo?


Amelia:


non si preoccupi.


Attilia:


dove va lei a fare la spesa?


Livia:


io? Vado alla Coop…a volte, e più spesso alla Conad, che costa meno, e poi cer-co sempre tra le offerte…


Amelia:


in vacanza, ci va spesso?


Livia:


spesso…(li guarda come se si aspettasse un riscontro)mai.


poco…a volte, no, quasi


Attilia:


sei mesi fa siete stati in Puglia.


Livia:


ah, quella non è stata una vacanza, è stato un pellegrinaggio da Padre Pio. Un viaggio organizzato dalla parrocchia. Abbiamo speso una sciocchezza. Ma voi come fate a sapere tutte queste cose?


Amelia:


siete stati segnalati. Adesso se si nota un vicino o un conoscente che si compor-ta, o compra al di sopra della sue possibilità e del suo solito tenore di vita, si può fare una segnalazione. E allora arriviamo noi.


Livia:


ho capito, come quei corvacci….


Attilia:


anzi, se lei sa, o vede qualcuno che spende di più di quel che guadagna, o che secondo lei non dichiara tutti i suoi redditi, ci avvisi pure. Poi ci pensiamo noi a fargli la festa.


Amelia:


gli saltiamo addosso come un cane su una salsiccia, facciamo tutti ciccioli …


Livia:


ah, si, si. Va bene, ci penserò.


14


Si fa per dire…


Attilia:


grazie. Intanto avvisi pure suo marito che siamo state qua, e che abbiamo biso-gno di parlare con lui e con il vostro commercialista.


Livia:


va bene, se mi lasciate un biglietto, vi faccio chiamare.


Amelia:


no, signora, non funziona così. Sarebbe troppo bello per i delinquenti.


Attilia:


noi capitiamo a caso, non vogliamo che la gente si prepari.


Amelia:


facciamo come il lupo con la pecora. Quando lei non se lo aspetta …gnamm!!


Attilia:


gnamm!!!


Livia:


eh, buon appetito. Ora posso andare?


(Amelia e Attilia si alzano)


Amelia:


sì, noi per adesso ce ne andiamo. La saluto.


Attilia:


e si ricordi….gnamm!!


Amelia:


(sulla porta) gnamm!!!


Livia:


(ormai sola) eh, gnamm…vi si guastassero tutti i denti!! (va al telefono e com-pone un numero). Filippo, sono io. Sono ancora a casa. Sì. Sono venuti due si-


gnore della polizia tributaria. No, non vengo. Non vengo più. Piuttosto vieni tu qui. Mi sono decisa. Voglio affrontare la situazione. Se sei pronto, se mi vuoi bene, vieni qui che parliamo con mio marito. O la va, o la spacca. Va bene. Ti aspetto.

(chiude il telefono, da sinistra entra Minghin)


Livia:


Minghin.


Minghin:


sì?


Livia:


qui, adesso, dovrebbe arrivare un po‟ di gente. Voi volete andare di là, così non vi disturbano?


Minghin:


dì pure che hai paura che sia io, a disturbare a voi.


Livia:


ma no, Minghin, cosa dite? Non andate sempre a pensare male…


Minghin:


veramente penso che vi vergognate di fare vedere questo povero vecchio agli ospiti, ma state tranquilli che lo penso solo, non lo dico.


Livia:


lasciate stare, Minghin, che non è vero niente.


Minghin:


allora vado in cucina.


Livia:


in cucina no, che ho finito adesso di sistemare.


Minghin:


allora vado in camera.


Livia:


no, in camera no, che ho appena passato lo straccio.


Minghin:


e allora? Qui non posso stare, in cucina no, in camera neanche, devo andare nel casino?


Livia:


aspettate un minuto prima di andare in camera, non dovete andare in bagno?


15


Stefano Palmucci


Minghin:


(si arrabbia) ah, ecco! Ecco dove mi mandano! Nel gabinetto! Sono a casa mia,una casa che ho fatto con le mie mani, mattone sopra mattone, col sudore della mia fronte e adesso? Adesso mi chiudono nel gabinetto!!


Livia:


su, Minghin, state tranquillo che non vi chiudiamo da nessuna parte…


Minghin:


loro si vergognano di questo povero vecchio, così quando vengono gli ospiti mi chiudono nel gabinetto!


Livia:


potete andare in camera, ora, si sarà quasi asciugata.


Minghin:


mi volete chiudere nel ricovero? Oppure potrei andare direttamente al cimite-ro, così non vi darò più nessuno fastidio!


Livia:


ecco, il solito esagerato…


Minghin:


(arrabbiatissimo) ma voi avete fatto i conti senza l‟oste, avete fatto!!Fino aprova contraria io sono ancora il padrone, qui dentro, lo sapete? Fino che campo, il padrone sono io, cercate di non scordarlo mai!!


Livia:


lo sappiamo, Minghin, lo sappiamo che il padrone siete voi. Lo ripetete ogni due minuti, come facciamo a scordarlo?


Minghin:


(grida) ah, sì? Allora adesso ti faccio vedere io, ti faccio vedere!!


Livia:


cos‟è che mi volete fare vedere?


Minghin:


(ancora più forte) stai attenta, eh? Abbassa la cresta perché io ci metto poco,eh? Lo sai cosa faccio?


Livia:


(calma) no, Minghin, cosa fate?


Minghin:


io vi pren…, vi stacc…, vi mord…


(poi improvvisamente calmo) eh?


Livia:


cosa fate?


Minghin:


non ho capito.


Livia:


(forte) che cosa fate?


Minghin:


io?


Livia:


sì, voi. Dicevate adesso che volevate fare qualcosa.


Minghin:


ah, sì? davvero?


Livia:


sì, davvero.


Minghin:


boh, non mi ricordo.


Livia:


si vede che non era una cosa importante.


Minghin:


eh, ormai, alla mai età, sono poche le cose importanti.


Livia:


beh, se vi viene in mente, la farete in quel momento.


Minghin:


davvero! (esce borbottando) Mi tocca andare al gabinetto, forse volevo dire che mi scappa la pipì.


Livia:


può essere. E poi ricordatevi di andare in camera.


Minghin:


sì, ci vado (esce).


16


Si fa per dire…

Livia:              (rimasta sola, tra sé) sì, Minghin, andate. Andate pure, che tra un po‟ quiscoppierà un bel casino!

FINE PRIMO ATTO

17


Stefano Palmucci

SECONDO ATTO

Stessa scena, qualche ora dopo. Al tavolo Livia con Sara.


Livia:

Sara:

Livia:


sì, cara, se vuoi ci parlo io con il babbo. Devo anche dirgli un‟altra cosa assai

più grossa della tua.

ah, sì? E cosa?

eh… niente, cara. Al momento giusto ne parleremo anche con te. Per adesso

cerca di stare bene con questo ragazzo. Se hai scelto lui, vuol dire che sei pro-

prio convinta.


Sara:


credo di sì, mamma. Solo che è il figlio di Walter, e allora non sappiamo, il babbo, come potrà prendere la notizia.


Livia:              ah, è una cosa di più di venti anni fa. E‟ ora che facciano la pace, quei due. E

questa è l‟occasione buona.

Sara:                speriamo. Allora lo vado ad avvisare che ci parli prima tu, col babbo. (si alza)

Livia:              sì, state tranquilli.

Sara:                grazie, mà (esce a sinistra).


(entra dal centro Giacomo).

Giacomo:     (mentre si toglie il soprabito e si accomoda) oh, allora, che è questa novità?

Livia:              eh, sono venuti queste due signore della polizia tributaria e mi hanno fatto

perdere la corriera.

Giacomo:    e non potevi prendere quella dopo?

Livia:              no, perché mi era venuto un nervoso che mai, mi hanno tolto tutta la voglia di

partire.

Giacomo:     ah, beh…hai avvisato tua sorella? (con malcelata intenzione)Chissà come ci

sarà rimasta male.

Livia:              eh, capirai. Ci andrò un'altra volta.

Giacomo:    fa come credi. Ma queste signore della polizia tributaria, cosa volevano?

Livia:              hanno solo detto che un giorno ritornano e vogliono parlare con te.

Giacomo:     che facciano pure. Io le tasse le ho sempre pagate fino all‟ultimo centesimo.

Non capisco cosa vengano a fare.

Livia:              quando verranno, ce lo diranno. Adesso però mettiti seduto, Giacomo, che ti

devo parlare.

Giacomo:     (si siede) dimmi pure.

Livia:              (pausa) dunque, Giacomo …dimmi una cosa. Chi è il nostro sindaco, adesso?

18


Si fa per dire…


Giacomo:


il nostro sindaco? Beh, è (nome del sindaco), no?


Livia:

Giacomo:

Livia:

Giacomo:

Livia:

Giacomo:

Livia:

Giacomo:

Livia:

Giacomo:


giusto. E prima di questo, chi c‟era?

hurca te…(ci pensa) dunque …prima di questo c‟era … boh. Ah, sì, c‟era (nome

del sindaco precedente).

bravo. E prima ancora?

ah, prima, cosa vuoi che mi ricordi? Boh. Ma perché lo vuoi sapere?

te lo dico io?

eh.

c‟era (nome del sindaco ancora precedente).

ah, sì. Brava.

e lo sai perché me lo ricordo?

no.


Livia:

Giacomo:

Livia:

Giacomo:

Livia:

Giacomo:


perché l‟ultima volta che abbiamo fatto l‟amore c‟era (nome sindaco ancora

precedente), a fare il sindaco.

porca boia, vuol dire che ci metti una bella passione, se in quei momenti lì, te

vai a pensare a chi fa il sindaco.

no, vuol dire che non siamo una coppia normale, se lo facciamo così poco.

in quelle cose conta la qualità, non la quantità.

e mi pare che anche lì, non ci siamo per niente.

a una certa età, io dico che bisogna anche accontentarsi.


Livia:

Giacomo:

Livia:

Giacomo:

Livia:

Giacomo:

Livia:


non è quello, Giacomo. E‟ che ormai, in quelle cose, abbiamo maturato delle

esigenze differenti.

che vuoi dire?

eh, dai, è difficile spiegarlo a parole … è come il caffè: io a volte lo vorrei lungo,

doppio. Il tuo è sempre ristretto.

fino ad oggi, non ti eri mai lamentata.

perché fino ad oggi non avevo mai potuto fare un paragone.

dove vuoi arrivare?

(sospiro) Giacomo, io è da un po‟ che ho …


Giacomo:

Livia:

Giacomo:

Livia:


cos‟hai?

non riesco a dirlo …non mi viene il fiato.

vuoi la bombola dell‟ossigeno?

Giacomo, io ho …un altro uomo.


Giacomo:


(ironico) no, davvero?


19


Stefano Palmucci


Livia:

Giacomo:

Livia:

Giacomo:

Livia:

Giacomo:

Livia:

Giacomo:

Livia:


sì, Giacomo. Io ho un altro uomo.

(serafico) eh, beh… pazienza. (prende il giornale sul divano)

(smontata) …come: pazienza?

ma sì, pazienza.

lo sapevi già?

sì.

e come hai fatto a scoprirlo?

era scritto sul giornale.

lascia perdere, dai.


Giacomo:

Livia:


due giorni fa sul giornale c‟era una statistica. Pare che il cinquanta per cento

delle persone sposate abbia le corna. Carina, il cinquanta per cento vuol dire

che se non le hai te, le ho io.

Giacomo, io credo che tu non abbia afferrato bene la gravità della questione. Il

nostro matrimonio è arrivato al “capolinea”: così non può più andare avanti.


Giacomo:

Livia:

Giacomo:

Livia:

Giacomo:

Livia:

Giacomo:

Livia:


eh, tornerà indietro.

questo non è solo un capriccio, una cosa da una botta e via. Io ho intenzione di

raccogliere le mie cose e andare via con quest‟uomo.

eh, buon viaggio.

non te ne importa niente?

(sempre serafico) cosa vuoi che mi importi? Stamattina hai detto che hai la-

sciato il frigo pieno di roba …

Giacomo, io non ti conosco più.

non mi conosci? Allora piacere, mi chiamo Giacomo.

sì, ma non sei quel Giacomo che conoscevo io.


Giacomo:


eh, nella vita si cambia, si cresce, si diventa vecchi …


Livia:

Giacomo:


ed è tutta qui?

cosa?


Livia:

Giacomo:


la tua reazione. E‟ tutta qui? Non te ne frega niente?

no. Sono cose che succedono, al giorno d‟oggi …


Livia:


cose che succedono??


Giacomo:

Livia:

Giacomo:


ma sì. Cosa sarà mai. Non sarai la prima, né l‟ultima, stai tranquilla. E lui chi

sarebbe?

è venuto da poco a stare a San Marino, non lo conosci.

meglio così.


20


Si fa per dire…


Livia:


insomma: cos‟hai intenzione di fare?


Giacomo:


io? Niente. Cosa dovrei fare?


Livia:


e a lui? Almeno a lui non vuoi dire niente?


Giacomo:


eh, veramente ne avrei di cose da dirgli, ma è meglio che mi stia zitto. C‟è casoche ci ripensi.


Livia:


invece lui ci tiene molto a parlare con te. E‟ di là che aspetta.


Giacomo:


ah, lui è di là, adesso? e cosa vuole da me? Se mi voleva domandare permesso, ci poteva pensare prima…


Livia:


no, non ti vuole domandare il permesso. Vuole fare un discorso da uomo a uomo con te, per cercare di trovare la soluzione migliore per uscire da questa situazione.


Giacomo:


ah, beh, se vuole parlare, che venga pure. Io sono qui.


Livia:


te lo mando subito. (se ne va impettita a destra).


Giacomo:


(mentre si alza) speriamo che questo tizio non la faccia troppo lunga. Per pre-cauzione vado in bagno, va.


(Giacomo esce verso sinistra. Da destra Filippo).

Filippo:          (si guarda intorno, cerca discretamente poi comincia a chiamare) signor Gia-como…signor Giacomo. Boh, ha detto che mi aspettava qui. Che sia uscito? Si-gnor Giacomo? Forse vuole parlare di fuori, dove la sua famiglia non può senti-re (esce dalla comune verso destra) signor Giacomo…

(Giacomo rientra, poi da sinistra entra Stefano) Stefano: (titubante) signor Giacomo? Giacomo: sì?

Stefano:        permette? Mi chiamo Stefano e sarei…vostra moglie vi ha detto? ...beh, credo che sia arrivato il momento di fare una chiacchierata. Se siete d‟accordo.

Giacomo:    prego, accomodatevi.

Stefano:        grazie.

Giacomo:     (lo squadra) lei è un giovanotto.

Stefano:        beh, non si direbbe, ma ho quasi trent‟anni.

Giacomo:    e alla sua età, non ha trovato niente di meglio?

Stefano:        perché dite questo?

Giacomo:     per caso è un po‟ cieco? Zoppo? Le manca qualcosa? Ha avuto un incidentegrave?

Stefano:        no, niente, perché? Non capisco…

Giacomo:    sarà. Me io non credo sia del tutto normale. Qualche magagna ce l‟ha di sicuro.Forse nascosta…

21


Stefano Palmucci


Stefano:


forse la magagna cui vi riferite voi, è solo quella di essere figlio di mio babbo.


Giacomo:


no, giovanotto. Non ci crederà ma anche io sono figlio di mio babbo. Comun-que, lasciando da parte le magagne, io le voglio dire subito che questa cosa a me, per carità, non posso dire che mi faccia piacere, però non mi cambia nep-pure la vita.


Stefano:


(sollevato) ah, sì?


Giacomo:


siii, per carità… all‟inizio, capirà, mi ha dato un po‟ nel naso. Più che per il fatto in sé, perché non mi ero mai accorto di niente. E allora, lei capisce che fare la figura del coglione non fa piacere a nessuno.


Stefano:


sì, capisco. Però mi dovete credere: nessuno aveva intenzione di fregarvi. Se non abbiamo rivelato nulla fino adesso, era solo per prudenza. Avevamo paura della sua reazione.


Giacomo:


per quella, mettetevi pure il cuore in pace. C‟è qualcuno che al mio posto di-venta matto, fa le scenate, butta tutto per aria, corre a prendere il fucile …ionon sono quel genere di persona. Capirà, io il fucile non ce l‟ho neppure.


Stefano:


per fortuna.


Giacomo:


ma anche se ce lo avessi, lo adopererei per andare a caccia, non per questo tipo di faccende.


Stefano:


è proprio quello che speravo di sentire.


Giacomo:


sono cose che succedono, no? Oggi a me, domani a te …


Stefano:


giusto. Più che giusto.


Giacomo:


anzi, forse faticherà a crederlo, ma secondo me è capitato proprio nel momen-to giusto. Se gliela devo dire tutta: mi aveva quasi stufato!


Stefano:


vi aveva stufato? Non posso crederlo. Perché?


Giacomo:


eh, perché…di ma, sono quasi trent‟anni che la sopporto!


Stefano:


oh capito, ma per parlare così …forse quella volta non l‟avete cercata?


Giacomo:


i primi tre anni, poi, è stata addirittura una tragedia.


Stefano:


poi ha cominciato ad andare meglio?


Giacomo:


no, poi mi sono abituato.


Stefano:


allora è capitata per sbaglio.


Giacomo:


lo sbaglio più grosso della mia vita. Adesso finalmente lo posso dire.


Stefano:


addirittura!


Giacomo:


no, ma non mi stia a sentire. Se siete innamorati, ed è convinto di stare bene con lei …


Stefano:


sì, sono innamorato, le voglio bene, ma se avete qualcosa da dirmi ….


Giacomo:


beh, lei è stato onesto e coraggioso, e forse io dovrei fare lo stesso.


22


Si fa per dire…

Stefano:        (preoccupato) è una cosa così grossa?

Giacomo:     grossa no. Sono tutti quei particolari che all‟inizio non si notano neppure, e poi con l‟andar del tempo, diventano sempre più grossi e fastidiosi.

Stefano:        per esempio?

Giacomo:     beh, ecco, per cominciare, lei…pulisce.

Stefano:        pulisce.

Giacomo:    sì, pulisce. Sempre. Dappertutto. Non finisce mai di pulire. Appena ha finito, ricomincia di nuovo.

Stefano:        non fa bene?

Giacomo:    no, perché non è una cosa normale. E‟ fissata con le pulizie. Lo sa, giovanotto,che io non riesco più ad entrare nel bagno? Mi tiene d‟occhio. Mi permette di entrare, ma devo lasciare il bagno così come l‟ho trovato. Dopo che ho finito, lei fa l‟ispezione con la lente d‟ingrandimento. E guai se trova una goccia.

Stefano:        addirittura!

Giacomo:    non possiamo andare da nessuna parte perché lei deve pulire, la sera non viene mai a letto perché deve lavare e stirare. Mattina, sera, pomeriggio, notte, lei deve pulire. Quando mi siedo deve dare la polvere al divano, quando cammino sporco il parquet, se mi stendo un attimo disfo il letto …

Stefano:        è così fissata?

Giacomo:    poi quei versi che fa con la bocca quando mangia.

Stefano:        che versi?

Giacomo:     sì, una specie…una specie…(schiocca la lingua)stl! Stl! Ecco. Non possiamoandare al ristorante, che mi fa vergognare.

Stefano:        davvero?!

Giacomo:     e quando cammina? Pare un‟anatra, con i piedi che vanno uno da una parte e uno dall‟altra.

Stefano:        non ci avevo mai fatto caso.

Giacomo:    i primi anni, queste cose non si vedono. Non ci si fa caso. Ma con il tempo, di-ventano sempre più grandi e piano piano arrivano a stufare.

Stefano:        voi dite?

Giacomo:    comunque, signor Stefano, io non voglio mettere paura a nessuno, eh? Come con tutti gli innamorati, le magagne si scoprono un po‟ alla volta, da sé..

Stefano:        (pensieroso) ah, sì, sì…

Giacomo:    ecco, invece io avrei una richiesta da farvi, se possibile.

Stefano:        dite pure.

23


Stefano Palmucci

Giacomo:     ecco …io avrei piacere che questa faccenda rimanesse un poco riservata, tra di noi, insomma… che non lo sappia la gente.

Stefano:        e perché?

Giacomo:     eh, lo sapete le chiacchiere che fanno…

Stefano:        beh, all‟inizio potremo anche stare zitti, ma poi, quando attaccheremo i mani-

festi in chiesa, la gente lo saprà. Giacomo: volete attaccare i manifesti in chiesa?

Stefano:        si capisce. Se ci vogliamo sposare….

Giacomo:    vi volete sposare? Ah, beh. Fate pure, cari, ma prima ci vuole il divorzio.

Stefano:        il divorzio? Ma io non sono mica sposato!

Giacomo:    ma lei sì! Prima le toccherà chiedere il divorzio!

Stefano:        sposata? Ma cosa dite?

Giacomo:    perché, non lo sapeva?

Stefano:        a me non ha mai detto niente, e non credo che questa sia una cosa da tenere nascosta, se fosse vera.

Giacomo:     se non mi credete, andate pure a chiedere all‟ufficio anagrafe.

Stefano:        non posso crederci. Sarebbe troppo grossa. Ma con chi?

Giacomo:     (compiaciuto) ah, con l‟uomo più bello e intelligente del mondo!

Stefano:        ah! Allora, se le cose stanno così, la storia cambia. E parecchio…

Giacomo:    ah, sì? Perché?

Stefano:        signor Giacomo, la chiacchierata con voi mi ha aperto gli occhi più di quanto potessi mai pensare. Adesso, scusate, ma credo che prima di andare avanti, de-vo chiarire un paio di cosette con lei. Mi deve dare una spiegazione questa vol-ta. E buona.

Giacomo:    come crede, signor Stefano, quando vuole continuare, io sono qui. Spero solo di non avervi rotto le uova nel paniere …

Stefano:        state tranquillo, signor Giacomo. Credo che quelle uova erano talmente fini, che prima o poi si sarebbero rotte da sole. Scusate pure…(si alza e se ne esce a sinistra).

Giacomo: (tra sé) mi sa che il boccone gli sia rimasto sul gozzo … (Giacomo prende il giornale, poi Livia entra da destra)

Livia:              allora, avete parlato?

Giacomo:    sì. Non è venuto da te?

Livia:              no. Cosa gli hai detto?

Giacomo:    io? Niente. Solo mi è parso che non sapesse che siamo sposati.

24


beh, si fa quel che si può …

ma non significa nulla, eh? Io le ho sempre detto che quello che andava bene a lei, andava bene anche per me.

sua moglie mi aveva avvisato che avete preso questa faccenda con molta “filo-sofia”. Lasciate che vi dica che questa cosa vi fa onore.

scherza? Io sono solo contento per lei. addirittura!

per dire la verità, io, era da un po‟ che le dicevo che era ora di trovarsi il fidan-zato. Ma a lei pareva che non andasse bene nessuno: quello era brutto, quello era basso, quello era povero ….si vede che lei non ha nessuno difetto.

eh, sì, magari… Ne ho più degli altri, invece.

allora significa che ha qualche dote nascosta, che sovrasta tutti i suoi difetti. non sapete che piacere mi fa, sentire che la prendete così bene.

si capisce. Io sono convinto che ad una certa età, il passerotto deve lasciare il nido e prendere il volo. Mi sarebbe dispiaciuto se fosse rimasta lì a fare la muf-fa.

ah, no, no. La muffa così non la fa di sicuro. E pensare che siamo stati tutti questi mesi con la paura di farci scoprire …e invece voi, pare quasi che abbiate piacere…

25

ah, sì, mia moglie me lo diceva adesso...vuole qualcosa da bere? Un caffè? sono a posto, grazie.

allora, Filippo, si accomodi, si metta seduto. Se devo dirle la verità, me lo aspettavo un po‟ più giovane.

permette? Mi chiamo Filippo, e sarei, si insomma ….

Si fa per dire…


Livia:

Giacomo:

Livia:

Giacomo:

Livia:


come non lo sapeva?

eh, è cascato dalle nuvole, quando gliel‟ho detto.

ma lascia perdere, dai …piuttosto, con tutto questo casino, oggi mi sono scor-

data di dirti che Sara ha portato il suo ragazzo a casa, ce lo vuole presentare.

e chi è? Tu lo conosci?

mi ha detto qualcosa sul fatto che prima vuole parlare con te, ma io avevo la te-

sta da un‟altra parte.


Giacomo:     io sono qui, non mi muovo. Sono a disposizione di tutti.

Livia:              (cerca Filippo) ma dove è andato?

(Livia esce verso destra, poco dopo da fuori entra Filippo)

Filippo:          oh, signor Giacomo, siete qui?

Giacomo:    non mi son mosso.

Filippo:

Giacomo:

Filippo:

Giacomo:

Filippo:

Giacomo:

Filippo:

Giacomo:

Filippo:

Giacomo:

Filippo:

Giacomo:

Filippo:

Giacomo:

Filippo:


Stefano Palmucci


Giacomo:


beh, non arrivi a pensare che la voglia dare via, eh? Vuole che non mi dispiace, un pochino? Però capisco che è la vita.


Filippo:


avete ragione, signor Giacomo, dovremmo imparare tutti da voi, invece da far-ci prendere dalla rabbia e dal nervoso. Poi, con quelli, non si ragiona più.


Giacomo:


è molto che vi conoscete?


Filippo:


no! No, no, è solo cinque o sei mesi. Io lavoro nel ramo assicurazioni, ci siamo conosciuti nel mio ufficio.


Giacomo:


ah, lei è un assicuratore? Spero che guadagni bene, perché io sinceramente le ho dato qualche vizio. Mi piacerebbe che riuscisse a mantenerli.


Filippo:


vi sta proprio a cuore la sua felicità, eh? E pensare che ci sono degli uomini che non vogliono più saperne, anzi, quasi quasi arrivano ad augurarle delle disgra-zie.


Giacomo:


non è il mio caso. Anche quando uscirà di casa, io le vorrò sempre un bene dell‟anima, lo stesso di quando stava qui con me.


Filippo:


voi, signor Giacomo, siete troppo buono. Io comincio a pensare che non merito mica, tutta la vostra indulgenza.


Giacomo:


ma cosa dice? Lasci stare.


Filippo:


no, davvero. Con la vostra comprensione, mi fate sentire in colpa più che se vi foste arrabbiato. Io vengo qui, a casa vostra, vi porto via la vostra donna, e voi mi trattate così bene …


Giacomo:


si capisce. Se deve entrare a far parte della famiglia, bisogna che cominci a vo-ler bene anche a lei. E mi faccia un piacere: non la chiami “donna”, che a me pare ancora una bambina.


Filippo:


(inizia a tirar su col naso) signor Giacomo, va a finire che mi fate commuove-re.


Giacomo:


andremmo bene!


Filippo:


mi prendete in contropiede. Io ero venuto qui con lo spirito di affrontare una battaglia, e voi mi trattate come il figliol prodigo. Non me lo aspettavo, ecco (comincia a piangere).


Giacomo:


ma cosa fa? Ha intenzione di piangere davvero? Su, giovanotto, non è davvero il caso.


Filippo:


scusate, signor Giacomo. Ma non mi sarei mai aspettato, questo vostro com-portamento.


Giacomo:


vuole sapere una confidenza? Lei mi è piaciuto subito, sensazione di pelle, non mi succede spesso.


appena l‟ho vista. E‟ una


Filippo:


(non riesce più a controllare i singhiozzi) la volete smettere? Vi approfittatedella mia sensibilità e debolezza per farmi piangere come un bambino?


26


Si fa per dire…


Giacomo:


su, su. Un uomo non deve farsi vedere piangere. Si immagina se dovesse venire di qua adesso?


Filippo:


ma lo sentite? Si preoccupa di quello che potrebbe pensare lei di me …


Giacomo:


certo che mi preoccupo. Alle donne non piacciono gli uomini che piangono.


Filippo:


con la vostra bontà e il vostro buon cuore, mi fate sentire una porcheria, ecco …


Giacomo:


andiamo un momento di fuori, a prendere un po‟ di aria, è meglio che non vi veda, in queste condizioni (lo conduce di fuori).


Filippo:


(si appoggia)


grazie, signor Giacomo, grazie…(escono).


(da sinistra entrano Stefano e Sara. Stefano è furente)


Sara:


insomma, si può sapere…


Stefano:


(in tono inquisitorio) allora?


Sara:


allora cosa? Si può sapere cosa ti ha detto mio padre, da farti così uscire dai gangheri?


Stefano:


tuo babbo? Niente. Un piccolo particolare che ti eri dimenticata di dirmi.


Sara:


e cioè?


Stefano:


cioè che noi due non ci possiamo sposare perché te sei già sposata!


Sara:


io sarei già …? E questa da dove esce fuori? Te lo avrebbe detto lui?


Stefano:


sì! E quando io mi sono permesso di metterlo in dubbio, perché io su di te ave-vo una fiducia cieca - cie-ca! – lui mi ha detto che potevo andare tranquilla-mente a controllare l‟ufficio dell‟anagrafe.


Sara:


Stefano, io non sono sposata. Non mi sono mai sposata. Se vuoi, andiamoci pure insieme all‟ufficio anagrafe.


Stefano:


e perché mi avrebbe detto questa cacchiata, se non è vero niente?


Sara:


forse perché è contrario al matrimonio, immagino….


Stefano:


(ci pensa un attimo) prova a camminare da qui a là, per piacere …


Sara:


cosa?


Stefano:


ho detto: prova a camminare da qui a là, per piacere!


Sara:


io non capisco cosa ti abbia preso … (cammina da una parte all’altra del pal-coscenico).


Stefano:


(si china e osserva la camminata) è vero, non ci avevo mai fatto caso!


Sara:


mi vuoi spiegare…?


Stefano:


(prende una caramella da sopra il tavolo) mangia qui!


Sara:


(mentre scarta) a me pare che tu sia diventato matto. La chiacchierata con mio babbo ti ha fatto male. (mangia producendo uno schiocco con la lingua)


Stefano:


ah!


27


Stefano Palmucci


Sara:


cosa!?


Stefano:


lì, sopra il tavolo c‟è della polvere.


Sara:


dove?


Stefano:


lì, guarda…


Sara:


(guarda in controluce e spolvera un po’ con la mano) mah, a me non pare …


Stefano:


basta! Tre indizi fanno una prova. Te sei una “fedifraga”, falsa e bugiarda e io non ti voglio più vedere!


Sara:


(resta allibita qualche istante) aspetta qui! (esce a sinistra) bàààà…!!!


(Giacomo entra da fuori)


Giacomo:


oh, è ancora qui, lei?


Stefano:


sì, e vi ringrazio per il vostro discorso di prima. Mi avete aperto gli occhi.


Giacomo:


m‟è venuto in mento che mi sono dimenticato di dirle una cosa.


Stefano:


dite pure, signor Giacomo.


Giacomo:


sì, insomma…da uomo a uomo … le volevo dire che può stare tranquillo, per-ché noi, si.. insomma, è già da un po‟ che non lo facciamo più.


Stefano:


che cosa?


Giacomo:


sì, insomma, ha capito …alla fine…era già da un po‟ che avevamo quasi smesso.


Stefano:


non capisco. Di fare cosa?


Giacomo:


l‟amore. Io e lei, era già da un po‟ che non facevamo più l‟amore.


Stefano:


cooosa???


Giacomo:


sì, da quando c‟era (nome del terz‟ultimo sindaco).


Stefano:


(inorridito) voi facevate l‟amorecon lei?


Giacomo:


no, ma una volta, eh? Hurca, venti anni fa ci davamo dentro di brutto, era una cosa normale, tutte le sere. E infatti è venuta fuori quella bella ragazza di mia figlia.


Stefano:


signor Giacomo: mi meraviglio! E vi vantate anche, di una cosa così?


Giacomo:


non so se sia il caso di vantarsi. Io le ho solo detto le cose come stanno.


Stefano:


e allora io sono contento ancora di più di uscire per sempre da questa casa, piena di vergogne e depravazioni! Addio! (se ne esce indignato)


(da sinistra entra Minghin)

Minghin:    hai visto una borsa, qui?

Giacomo:    che borsa?

Minghin:    una borsa bianca, della spesa.

(mentre Minghin continua a cercare da destra entra Livia)

Livia:              (a Giacomo) si può sapere dove è andato?

28


Si fa per dire…

Giacomo:    lo chiedi a me?

(Livia esce scocciata verso l’esterno)

(a Minghin) cosa c‟era dentro quella borsa?

Minghin:    te non preoccuparti di cosa c‟era dentro, l‟hai vista o no?

Giacomo:     non è che, per caso, dentro c‟era un fiasco di vino.

Minghin:    e anche se fosse?

Giacomo:    lo sapete, babbo, che il vino vi fa male.

Minghin:    e chi lo dice?

Giacomo:    il dottore.

Minghin:    ah, cosa vuoi che sappia il dottore? Lui non sa che il vino è la tetta dei vecchi.

Giacomo:    lo sa, lo sa. E infatti ha detto che di quella tetta lì, ne potete bere solo un bic-chiere a pranzo e mezzo bicchiere per cena.

Minghin:     (arrabbiato) e io mi sono stufato di quello che dice il dottore, va bene? Mi so-no stufato della pastina della mattina e di quella della sera. Ormai ho quasi no-vant‟anni, devo aspettare di morire per fare quello che mi pare? Se ho voglia difarmi un cicchetto me lo voglio fare quanto mi pare e piace!

Giacomo:    adesso, babbo, non fate così, su...

Minghin:     (sempre più infuriato) e mi sono stufato anche di te, che mi dici di non fare co-sì! Mi son rotto il cavolo di essere controllato a vista, dalla mattina alla sera, dalla sera alla mattina e a volte anche la notte, hai capito?!? Non ne posso più!!

Giacomo:    va bene, va bene, babbo, non vi arrabbiate …

Minghin:     (grida) e inveceio mi arrabbio, guarda un po‟! E adesso tira fuori subito quelfiasco di vino! Tira fuori quel fiasco se no qui va a finire male, eh?! Se non esce fuori subito io faccio una pazzia, ma una pazzia grossa! Sai che faccio?

Giacomo:    no, babbo, che cosa fate?

Minghin:     vi prend…vi strapp…vi mord…(farfuglia, poi improvvisamente calmo)eh?

Giacomo:    che cosa fate?

Minghin:    non ho capito.

Giacomo:     (più forte) cosa fate?

Minghin:    chi?

Giacomo:    voi. Cosa fate?

Minghin:    io? Niente, perché?

Giacomo:    dicevate adesso che volevate fare qualcosa.

Minghin:    ah, sì? davvero?

Giacomo:    sì, davvero.

Minghin:    boh, non mi ricordo.

29


Stefano Palmucci

Giacomo:     si vede che non era niente d‟importante.

Minghin:    eh, ormai alla mia età sono poche le cose importanti.

Giacomo:    beh, se vi viene in mente, la farete in quel momento.

Minghin:    sicuramente. (esce a destra borbottando) Boh, c‟era una borsa qui ….

(entrano contemporaneamente da fuori Livia e da sinistra Sara, arrabbiatissime)

Livia:              Giacomo!

Sara:                (quasi sovrapponendosi) babbo!

Giacomo:     (compiaciuto) allora? Siete contente di come ho trattato i vostri uomini? Mivolete dare una medaglia?

Livia:              (si avvicina minacciosa) te la do io la medaglia!

(le due donne cominciano a tempestarlo di calci e pugni, Giacomo resta stupito e non fa in tempo a reagire, si accuccia sul divano tentando di ripararsi dalla gragnola di botte. Cala il sipario).

FINE SECONDO ATTO

30


Si fa per dire…

TERZO ATTO

Al tavolo Livia che parla con Vanni. Defilato Giacomo che legge il giornale sul divano.


Livia:


senti, Vanni, sai che sei mesi fa siamo stati da Padre Pio, adesso mi piacerebbe andare a vedere il Papa. Te ci sei stato?


Vanni:


sì, ogni tanto ci vado.


Livia:


ah, sì? A me piacerebbe andare in udienza, ma come si fa? Ci saranno file lun-ghissime, bisognerà fare un collo lungo …


Vanni:


eh, per voi, ho paura di sì.


Livia:


sì ma te non conosci delle scorciatoie …


Vanni:


beh, se vuoi glielo chiedo.


Livia:


a chi?


Vanni:


a lui.


Livia:


al Papa?


Vanni:


si capisce. Ci sentiamo spesso anche per altre cose.


Livia:


con la Curia di Roma?


Vanni:


nooo…proprio con lui.


Giacomo:


te ti senti spesso…col Papa?


Vanni:


non spesso, ogni quindici giorni, dai. Anche lui capisce che io ho da fare, non posso stare al telefono tutti i giorni con lui.


Giacomo:


(sarcastico) ah, no, giusto, lo capisce anche lui.


Livia:


e di cosa parlate?


Vanni:


soprattutto di calcio. Non lo sa nessuno, anzi tenetelo per voi, ma lui…tifa Ce-sena.


Giacomo:


il Papa tifa Cesena?


Vanni:


sì, ha proprio una passione. Ma non lo può dire perché deve essere imparziale con tutte le squadre.


Giacomo:


ah, giusto, non lo può dire a nessuno. Scusa eh, ma allora perché a te lo ha det-to?


Vanni:


me lo ha detto così, per caso, giocavamo a briscola e gli è scappato detto di questa sua passione.


Livia:


te hai giocato a briscola…col Papa?


Vanni:


tutti i primi mercoledì del mese. Scendo in Vaticano e faccio una briscola con lui.


31


Stefano Palmucci


Livia:

Vanni:

Giacomo:

Vanni:


solo voi due?

sì, briscola e tresette, tre-trentuno. Gli piace da morire, va su per i muri.

e perché tra tutta la caterva di preti che ha sempre intorno, lui gioca proprio

con te?

sta zitto, guarda, infatti, mi sono quasi stufato. All‟inizio lo facevo volentieri,

ma adesso ha cominciato ad essere una scocciatura. Con tutte le cose che ho da

fare …


Giacomo:

Vanni:

Livia:

Vanni:

Giacomo:

Vanni:

Giacomo:

Vanni:


chiedigli di giocare con qualcun altro.

ho provato, ma lui vuole giocare solo col più bravo del mondo.

e te sei il più bravo del mondo? Non lo sapevo.

non lo sa quasi nessuno. Se si sapesse, altro che il mercoledì. Dovrei giocare

tutti i giorni. E io non ne ho voglia.

scusa eh, Vanni, ma se non lo sa quasi nessuno, lui come ha fatto a saperlo?

sei proprio ingenuo, Zacomino. Come fanno i preti a sapere tutte le cose del

mondo? Perché confessano la gente, no?

e a lui chi ha confessato che te sei il campione del mondo di briscola?

è stato Obama. Quello scemo. Quando l‟ho saputo, gli ho preso un orecchio

gliel‟ho storto tutta (fa il gesto) e poi gli ho dato una bella sgridata. E‟ stata

quella volta che gli sono venuti i capelli bianchi.


Livia:


Vanni, te sei il più forte. Dai, allora, cerca di mettere una buona parola per un‟udienza.


Vanni:


va bene, glielo dirò. Però non ti prometto niente, eh?


Livia:


ti potrebbe dire di no?


Vanni:


non è quello. Se glielo chiedo io, fa fatica a dire di no. Quello che mi scoccia è fargli pesare tutto quello che ho fatto per lui. Io l‟ho fatto perché mi faceva pia-cere, non vorrei che pensasse che lo facessi per mio tornaconto.


Livia:


allora fai pure te, Vanni. Vedi se ti capita l‟occasione.


Vanni:


se capita, glielo dirò senz‟altro.


Livia:

Vanni:

Livia:

Vanni:

Livia:

Vanni:

Giacomo:


grazie Vanni, sei proprio di cuore.

(con malcelata modestia) si fa quel che si può.

bravo.

allora io vado, ci vediamo.

va bene, buona serata.

buona serata, Zacomino! (esce dal centro).

eh, buona, buona. Una buona dose di legnate, ecco quello che ti ci vorrebbe.


32


Si fa per dire…

Livia:              e smetti, Giacomo.

Giacomo:    vado a farmi una doccia, dai. Altrimenti mi si attaccano addosso i microbi della

superbia. (esce a sinistra).

(Livia resta sola, dopo poco da destra entra Sara)

Livia:              allora hai chiarito tutto quanto, con il tuo ragazzo?

Sara:                sì, mà. Abbiamo chiarito l‟equivoco. Per scusarsi per aver dubitato di me, mi ha

fatto anche un regalo.

Livia:              davvero? Bravo, toh. Allora è proprio un ragazzo a modo. Cosa ti ha regalato?

Un anello?

Sara:                no, mà, per quello è ancora presto. Mi ha regalato una cinta.

(da sinistra, ignorato dalle donne, entra Minghin)

Livia:              (uscendo a sinistra con Sara)hurca, s‟è sprecato; una cinta …

Minghin:     (che ha udito le ultime parole) l‟ha messa incinta?!? Brutto vigliacco, delin-

quente, assassino. Mettere incinta la mia piccola, fa che mi capiti a tiro, che gli

faccio vedere io. Gli schianto questo bastone sulla schiena, così impara a fare lo

sporcaccione.

(suonano. Va ad aprire. E’ Stefano)

Stefano:        buondì Minghin.

Minghin:     (serio) ha una bella faccia tosta, giovanotto.

Stefano:        grazie Minghin, si fa quel che si può.

Minghin:     (con tono inquisitorio) allora? Dica pure.

Stefano:        (che ovviamente non capisce) cosa?

Minghin:    fa finta di non capire? Io so tutto!

Stefano:        ah, sì? Io invece non so nulla.

Minghin:    ah, lei non sa niente, vero?

Stefano:        no. Di cosa?

Minghin:     (inizia al alterarsi) come cosa?

Stefano:        sì, cosa?

Minghin:    cosa di ché?

Stefano:        di ché, cosa?

Minghin:     (grida) cosa di chi?

Stefano:        ma cosa dite?

Minghin:     (grida più forte) dì…

Stefano:        où…

Minghin:     (sempre più forte) ui!!

33


Stefano Palmucci

Stefano:        ahò!

Minghin:     (fortissimo) dì ma, fa davvero, davvero?

Stefano:        ma cosa?

Minghin:    lo vede questo bastone?

Stefano:        sì, lo vedo.

Minghin:     io ti sbatt…ti butt…ti stronch… (farfuglia poi improvvisamente calmo) eh?

Stefano:        lo vedo.

Minghin:    prego?

Stefano:        (più forte) lo vedo.

Minghin:    che cosa?

Stefano:        il vostro bastone, lo vedo.

Minghin:    perché?

Stefano:        mi avete chiesto se lo vedevo.

Minghin:    io?

Stefano:        sì, voi.

Minghin:    non mi ricordo.

Stefano:        eh, beh…

Minghin:    si vede che lo cercavo e non mi ero accorto di tenerlo nelle mani.

Stefano:        può essere.

Minghin:    allora grazie, eh?

Stefano:        prego, Minghin.

Minghin:    cercava qualcuno, lei?

Stefano:        sì, vostra nipote.

Minghin:    ah, sì, è di là, gliela vado a chiamare.

Stefano:        grazie, Minghin.

Minghin:    prego (esce a sinistra).

(poco dopo entra Sara da sinistra)

Sara:                Stefano!

Stefano:        oh, Sara. Mi potrai mai perdonare? Con tuo babbo, mi sa che non ci siamo ca-

piti per niente. La nostra chiacchierata è stata tutta una fraintesa.

Sara:                tranquillo, Stefano. Adesso è tutto a posto.

(da sinistra entra Giacomo)

Giacomo:    ah, è tornato?

34


Si fa per dire…


Sara:


bà, questo è il mio ragazzo, Stefano. Io voglio stare con lui, e ci starò anche se mi butti fuori di casa.


Stefano:


signor Giacomo, prima non ci siamo capiti. Io voglio bene a sua figlia. Le mie intenzioni sono serie e oneste.


Sara:                mamma dice che se mi vuoi bene anche te, questa sarebbe l‟occasione buona

per fare finalmente pace con il babbo di Stefano.

Giacomo:    dice così, la mamma?

Sara:                sì. E te cosa dici?

Giacomo:      dico che forse, per una volta, può anche avere ragione. Se Walter è d‟accordo,

io sono disposto a mettere una pietra sopra il passato e darvi la mia benedizio-

ne.

Sara:                (lo abbraccia) oh, grazie bà, non sai che piacere mi fa sentire queste parole.

Stefano:        (stringendo la mano) grazie, signor Giacomo, grazie di cuore.

(entra Livia)

Livia:              cos‟è questa confusione?

Sara:                il babbo è d‟accordo nel fare la pace con Walter e ci ha dato la sua benedizione.

Livia:              davvero? Bravo, toh! Per una volta mi hai dato retta.

Stefano:        allora adesso vogliamo andare a parlare con mio babbo?

Sara:                giusto, Stefano, andiamoci subito! Ci vediamo dopo.

Stefano:        per adesso vi saluto. E grazie di tutto! (i due escono felici).

Livia:              non mi hai mai detto cosa era successo quella volta, con Walter.

Giacomo:     forse non me l‟hai mai chiesto.

Livia:              allora adesso te lo chiedo.

Giacomo:    veramente non lo sai?

Livia:              se te lo chiedo, vuol dire che non lo so. Ho sempre pensato che fosse una cosa

vostra, tra uomini.

Giacomo:    in parte è così.

Livia:              e in parte?

Giacomo:    in parta anche una cosa di donne.

Livia:              davvero?

Giacomo:    Water si era innamorato.

Livia:              a sì? e di chi?

Giacomo:    indovina.

Livia:              non so, non ne ho idea.

Giacomo:    si era innamorato di te.

35


Stefano Palmucci


Livia:

Giacomo:

Livia:

Giacomo:

Livia:

Giacomo:

Livia:

Giacomo:

Livia:

Giacomo:

Livia:

Giacomo:

Livia:


di me? Lascia perdere dai, non fare lo scemo.

mi cadessero gli occhi per terra, se non fosse vero.

si era innamorato di me? Ma quando?

Sara era piccola, lui era spesso a casa nostra. Un giorno mi ha preso da parte e

mi ha confessato che gli avevi preso la testa, e non poteva fare a meno di pen-

sare sempre a te. Da quella volta abbiamo rotto l‟amicizia e abbiamo cercato di

non incontraci più.

davvero?

non ti sei mai accorta di niente? Neanche quella volta?

macché. Con Sara piccola, avevo altro cui pensare.

meglio così.

allora quella volta mi volevi proprio bene, per rinunciare per sempre al tuo

amico.

pare di sì.

adesso invece?

adesso cosa?

mi vuoi ancora bene?


Giacomo:


adesso un p0‟ meno. E poi dopo che ti sei trovata un altro uomo …a proposito, dove è andato a finire?


Livia:

Giacomo:

Livia:

Giacomo:


chi? Filippo? Ah, lascia stare, dai. Storia chiusa. E‟ ancora lì che piange. Io ho

bisogno di un uomo, non di un bambino che piange ogni cinque minuti.

un uomo come me?

forse.

allora non mi lasci più.


Livia:


eh, no. Credo ti toccherà sopportarmi un altro po‟.


Giacomo:

Livia:

Giacomo:


eh, pazienza. Tanto ormai ci ho fatto il callo.

beh, io allora vado a pulire in cucina.

Livia, lascia perdere le pulizie, per una volta. Vai a fare una passeggiata, vai a

spasso…


Livia:

Giacomo:

Livia:

Giacomo:


ma devo ancora… (ci ripensa)sai cosa ti dico? Che hai ragione. Voglio darti

retta stavolta. Lascio tutti lì, e vado a fare sciapping.

eh, brava. Vai pure a fare sciapping.

ci vediamo dopo, pastrocchio!

eh, ti saluto, pastrocchiona.


(Livia esce)


Minghin:


(entra da sinistra) ho trovato il mio fiasco di vino. Ne posso bere un bicchiere?


36


Si fa per dire…

Giacomo:    vi fa male, babbo, lo sapete.

Minghin:    allora farò senza. Camperò una settimana di più e quella settimana pioverà fis-so, va bene così?

Giacomo: (ci pensa) avete ragione, bà. Bevete pure quel bicchiere di vino. Minghin: oh, grazie. Lo berrò alla tua salute. (se ne esce a sinistra contento) (suonano alla porta, Giacomo va ad aprire e rientra con Amelia e Attilia).


Giacomo:


avanti, avanti, me lo diceva mia moglie che sareste venute. Sareste della Finan-za, se ho capito bene?


Amelia:


siamo “ispettori tributari”. Un servizio nuovo che hanno istituito sei mesi fa.


Giacomo:


non ce ne erano abbastanza, di servizi inutili …


Attilia:


il nostro invece è utile. Basta dire che siamo pagati con quello che riusciamo a riscuotere da quelli che non pagano le tasse. Se non produciamo niente nel no-stro lavoro, la sera non si riempie la pancia.


Giacomo:


e così lo andate a rubare a quelli che lo guadagnano onestamente.


Amelia:


no, a quelli li lasciamo in pace. Noi lo prendiamo a quei delinquenti che non pagano le tasse.


Giacomo:


e allora perché siete venute da me? Io pago tutto. A forza di pagare tasse, sono quasi ridotto al verde.


Attilia:


se lei è in regola, non deve preoccuparsi. Solo a quelli che non pagano, faccia-mo un mazzo tanto.


Giacomo:


allora andate. Cosa aspettate qui?


Amelia:


abbiamo avuto una segnalazione. E dobbiamo controllare tutto.


Giacomo:


e chi l‟ha fatta, questa segnalazione?


Attilia:


non lo possiamo dire.


Giacomo:


magari agli avete anche dato una medaglia.


Amelia:


anche questo non lo possiamo dire. Dobbiamo solo controllare.


Giacomo:


e se io non fossi d‟accordo?


Attilia:


eh, non sarebbe una bella cosa. Noi abbiamo chiesto permesso, e ci siamo mes-si a chiacchierare con lei, ma potremmo anche farne a meno e buttare tutto per aria con una bella perquisizione.


Giacomo:


insomma, avete sempre il coltello dalla parte del manico.


Amelia:


se lei ha già pagato tutto, non deve avere nessuna paura.


Giacomo:


e lo Stato, per affrontare questa crisi, non è capace di fare altro che istituire questa “polizia tributaria”? per andare a mungere dove che ormai il latte non c‟è più da un pezzo?


Attilia:


noi questo non lo sappiamo. Dobbiamo fare un lavoro, e lo facciamo.


37


Stefano Palmucci

Giacomo:    no, ma non è mica colpa vostra. Io dico solo che ormai siamo ridotti tutti nuovi poveri, e ci mettiamo a fare la guerra tra di noi.

Amelia:         su questo ha ragione. E il bello è che dicono sempre che questo è l‟ultimo anno della crisi. Ma ormai sono quasi dieci anni che lo dicono.

Giacomo:    è vero. Dicono sempre che si vede la luce in fondo al tunnel, ma questa luce non arriva mai. Ormai vado su da quelli che comandano e glielo chiudo io, il tunnel.

Attilia:           è tutto colpa dell‟euro, è stato quello che ci ha rovinato a tutti.

Giacomo:    basta guardare la benzina: una volta ci mettevo dieci mila lire, e riempivo mez-zo serbatoio. Adesso, quando ci metto dieci euro, che poi sarebbero quasi venti mila lire, la pompa della benzina fa: (mima una sputata) ptu! E i dieci euro sono andati.

Amelia:         eh, già! Che vuol farci?

Giacomo:    niente. Vado a prendere la documentazione, vado.

Attilia:           prego.

(in quel momento entra Vanni)


Vanni:


ciao Zacomino! (si avvede dei due) oh scusa, non sapevo che avevi gente. Tor-no più tardi.


Giacomo:


avevi bisogno?


Vanni:


no, solo sentire una cosa da mia cugina. Ma torno più tardi, non preoccuparti.


(attimo di silenzio. Giacomo è pensieroso)

Giacomo:    aspetta un momento. (a Amelia ed Attilia) Anche io posso fare una segnalazio-ne?

Amelia:         si capisce.

Giacomo:    aspettate un momento e venitemi dietro. (A Vanni) vieni, vieni, Vanni. Ti pre-sento queste due amiche.

(i tre si salutano, piacere, piacere…)

Stavamo parlando di automobili, siccome che queste due amiche la vogliono cambiare, allora forse potresti dargli qualche consiglio, data la tua esperienza …


Vanni:


ah, volentieri. Ma che auto cercate? Oggi


c‟è una scelta molto ampia.


Giacomo:


te quante ne hai?


Vanni:


ah, beh, io adopero la Panda per non pagare le tasse, ma in garage ho la Por-sche, la Lamborghini, la Corvette, la Maserati e due-tre Ferrari.


Attilia:


come due-tre? Due o tre?


Vanni:


sarebbero tre, ma una è una 248, che nell‟ambiente dei ferraristi è consideratauna Ferrari da poco. Mo cosa vuole? Me l‟aveva regalata Enzo prima di morire, allora l‟ho tenuta.


38


Si fa per dire…


Amelia:


Enzo Ferrari?


Vanni:


sì, eravamo amici per la pelle. Mi veniva sempre a trovare dopo le corse per chiedere un consiglio. Ma lei cosa scrive?


Attilia:


niente, niente, non ci badi. Vada pure avanti.


Giacomo:


Enzo veniva a trovarti nella tua villa di campagna?


Vanni:


a volte, oppure ci vedevamo sul mio “yacht”. Andavamo a pescare le canocchie.


Amelia:


porca boia, lei ha anche uno yacht?


Vanni:


(fa un cenno di assenso)


una cosina da nulla, 18 metri.


Attilia:

Vanni:


ah, come quella di mio zio…

…di passerella. Diciotto metri di passerella, per arrivare alla barca, che sarà

grande come uno stadio da calcio.


Giacomo:


volevo chiederti una cosa, Vanni. Te come fai con le tasse?


Vanni:


cosa vuoi dire?


Giacomo:


eh, con tutte le proprietà che hai, ti toccherà pagare un sacco di tasse.


Vanni:


Zacomino, quanto sei ingenuo! Questa ti pare la faccia di uno che paga le tas-se?


Attilia:


ah, voi non le pagate, le tasse?


Vanni:


ma vuole scherzare, signora? Non voglio mica farmi mangiare anche le mutan-de.


Amelia:


e come fate?


Vanni:


è tutto intestato ad una società anonima aperta in un paese del Sudamerica che risulta fintamente proprietaria di tutto.


Giacomo:


e te?


Vanni:


io risulto: “nullatenente”.


Attilia:


così non dovete pagare nulla.


Vanni:


eh, già. Senza contare che ogni anno prendo anche il rimborso. Così ci faccio il guadagno. Alla faccia di tutti quegli scemi che pagano le tasse! Ha, ha, ha!


Amelia:


(alzandosi) signor Giacomo, è stato un piacere.


Vanni:


andate già via?


Attilia:


sì, dobbiamo andare. E voi dovreste venire con noi.


Vanni:


io? eh, mi dispiace ma tra un quarto d‟ora devo giocare a golf.


Amelia:


mi sa che vi tocca rimandarla, quella partita.


Vanni:


eh, purtroppo non posso. Gioco con uno troppo importante …


Attilia:


venite a giocare con noi. Non ci conoscete, potremmo essere più importanti noi.


39


Attilia:

Vanni:

Giacomo:

Vanni:

Giacomo:

Stefano Palmucci

Vanni:

Amelia:

Vanni:

Attilia:

Amelia:

Vanni:

Giacomo:

Vanni:

non credo proprio, signora. E‟ vero che non vi conosco ma io devo giocare con …

siamo agenti di polizia tributaria, signor Vanni. E lei è in arresto. Evasione fi-scale, come minimo. Potete chiamare un avvocato, se volete.

eh? Cos‟è? Uno scherzo?

ho paura di no, signor Vanni. Questi sono i nostri documenti.

e queste sono le manette, se volete.

Zacomino!

io non sapevo niente.

no, ma io scherzavo, eh? Ci avete creduto? Diglielo te, Zacomino, che io faccio apposta, sono uno scemo…

avrete tutto il tempo di spiegare al giudice, tranquillo.

ma no, ma…non può essere …questo è un sogno…un incubo.

non preoccuparti, Vanni, con tutte le tue conoscenze, ti tirano fuori subito.

ma ché conoscenze, era tutto un gioco, vi dico, non era mica vero niente...

vedrai che adesso, per farti compagnia, metteranno dentro anche qualche “vip”, così potrete giocare a briscola, per passare il tempo.

Vanni:            (piagnucola mentre lo portano via) Zacomino, aiuto…

Giacomo: stai tranquillo, chiamo subito il Papa, Obama, Putin…ti tirano fuori loro … (Vanni esce scortato da Amelia e Attilia)

Vedrai che la smetti di fare lo scemo…

Vanni:            (mentre lo trascinano fuori) Zacominooooo…

FINE

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