Simone Weil

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SIMONE WEIL

Atto unico –commedia

Attori 3

Attrici 3

SIMONE WEIL

Di

Ombretta De Biase

La pièce percorre la vita e il pensiero di colei che fu defi­nita "un miracolo dell'anima e della coscienza umana". L'autrice di: La condition ouvrière, L'Enracinement,  Cahiers I, II, III,  L’Attente de Dieu... filosofa di formazione, fu insegnante, operaia, combattente nella guerra civile spagnola, contadina, sindacalista, inseguendo e perse­guendo nella sua breve vita, con la mente e con il corpo, il Vero, consapevole che questa scelta l'avrebbe ineluttabilmente condotta a sentirsi sempre e comunque "sola, straniera e in esilio in o­gni luogo". Muore a trentaquattro anni nel sanatorio di Grosve­nor, in Inghilterra.

Pubblicazioni: RIDOTTO n.9/10, 2010

Premi: Pier Maria Rosso di San Secondo “Marionetta d’Argento” , 1998, segnalato

Rappresentazioni: Milano 2000, teatro della Comuna Baires, adattamento, interpretazione e regia di Kyara van Hellinkuizen; Bologna, Teatro del Navile, 2001; inoltre con una nuova ideazione in forma poetica e musicale di Ilaria Drago e Marco Guidi a: Milano 2009 Spazioteatro89, Roma 2009, Teatro Oscar, Milano 2010 e anche in molti altri teatri italiani

Recensioni:

Simone Weil, mito luminoso del Novecento,  è la figura affascinante, complessa e impegnativa con cui Kyara van Hellinkuizen ha voluto confrontarsi in una messinscena curata da lei stessa. Profondendo energia e grinta ha impostato un lavoro in cui si intersecano, combaciano o si mettono in moto autonomamente tre diversi  registri narrativi: l’attrice, la colonna sonora avara di stop e un video ad occupare la parete di fondo. Punto d’origine il bel testo di Ombretta De Biase, costruito con estremo equilibrio, attento all’inquadramento storico e fedele alla personalità della Weil: una sintesi di obbiettività che contiene, superandolo, il carattere di documento poiché scritto in efficace linguaggio teatrale che rivelando Simone, eroina “indigesta” , cocciuta, tutta d’un pezzo, eppure quanto umana, tradisce la tenerezza dell’autrice per la protagonista (Hystrio 2000)

In Simone Weil, concerto per Simone, pièce diretta ed interpretata con ardimento e sapienza scenica da Kyara van Ellinkhuizen su testo di Ombretta De Biase, appare il Pensiero della grande filosofa con confini e consistenza corporei. Ecco "materializzarsi" in una elegante figuretta in smoking gli scatti, i voli, le incongruenze, la memoria della filosofa mentre immagini-video dialogano, si rincorrono e si spezzano sfasate e "disadattate" ma in sincronia con l’asessuata figuretta/pensiero che soffre, gioisce, si affanna, vive nella costante e ineludibile volontà di trasmettere " il Vero” incitando a “non mentire, non essere ciechi, non essere complici” e nella consapevolezza che tale scelta l’avrebbe condotta inevitabilmente a “essere sola, straniera e in esilio in ogni luogo” . Sullo schermo appare una splendida bimba, un medico inutile, Trotski, un coroner e tutto quello che viene prima e dopo senza "bypassare” il durante. La pièce scorre dunque veloce e senza punti di sospensione in un' alternanza di picchi e "valli" emotivi che trascinano lo spettatore all'incontro con il Pensiero di Simone che sta dicendo che lei non si arrende e continuerà a farlo fino a quando non sprofonderà in piena consapevolezza nella pesantezza anche dolce della morte. (Scena 2000)

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PERSONAGGI

Simone

Il dottore

Prostituta

Maitresse

George un amico fiosofo

Jean un  amico e autore di teatro

Ninette  un’ operaia

Nestor Un combattente della guerra di Spagna

Padre Perrin gesuita

Tutti i personaggi, a parte il fratello Andrè e padre Perrin, sono immaginari, così come le lettere a Trotski e alla madre

Nota di regia

In scena  pochi oggetti che nel testo sono soltanto suggeriti, così come, ovviamente, le azioni fisiche degli attori: sulla destra il  tavolino di Simone con una sedia, al centro e in fondo un’altalena, sulla sinistra un tavolino da bar con due sedie e ancora fogli di giornali, una bandiera rossa, occhiali, libri, un  basco, una mantella nera, un elmetto militare, una giacca militare nazista, una tuta da operaia. Eventualmente, al momento opportuno, si potrebbero proiettare sul fondo foto di Trotski, Hitler, Stalin e dell’infanzia di Simone Weil.  Il personaggio di Simone ci appare aspro, sconcertante ma anche gioioso e ironico. Fuma molto prendendo le sigarette fra le dita con la parte accesa rivolta all’interno del palmo della mano. A volte parla in modo colloquiale, a volte in modo profetico, a volte irato, a volte gioioso …

PROLOGO

Una giovane donna giace rannicchiata in un letto disfatto. Un medico la guarda preoccupato 

DottoreSignorina Weil, lei sta facendo i capricci, deve nutrirsi

Simone Dottore, i miei compatrioti stanno morendo di fame

Dottore Così non aiuta nessuno, tanto meno se stessa

SimoneStanno morendo di fame

Dottore  Lei è la malata più difficile che mi sia mai capitata

Simone Hanno detto che sono un "danno per la causa" . Io, un danno per la causa? Il danno sono loro, pavidi burocrati che hanno rifiutato proposte, idee, tutto, e sarebbe stata la salvezza 

Dottore Lasci che la sottoponga a pneumotorace. I suoi polmoni, signorina Weil

SimonePerché sacrificare un polmone se l'altro è già intaccato?

Dottore Non è come dice lei. Ma ora non discutiamo. Provi a fare la brava, mangi qualcosa

SimoneLo farei se appena mi fosse meno doloroso. Mi dispiace, dottore. So di essere in­sopportabile, le chiedo scusa. Mi scuso anche con le infermiere

Dottore Sia brava. La smetta di affaticarsi. Ieri ha conversato, scritto, letto per ore e ore. Deve riposare, mettersi tranquilla e assaggi almeno qualche cucchiaio del purè di madame Closon, è così morbido e soffice!

SimoneCi proverò, dottore, ora mi porgerebbe quei fogli per favore?

Dottore Riposi adesso.E’ troppo debole

Simone Riposerò dopo, glielo prometto. Adesso me li dia, la prego, leggerò finché non arriva madame Closon con il suo purè

Il Dottore le porge i fogli scuotendo la testa, sconfitto, ed esce di scena mentre Simone comincia a leggere sistemandosi fra i cuscini.

Buio il tempo necessario.

SCENA I

Il letto sembra che ora contenga, sotto le lenzuola, un corpo morto. Un uomo legge su un foglio

Coroner Trenta agosto millenovecentoquarantatre. Weil Adolphine Simone, di Bernard Weil e Salomea Reinherz, nata a Parigi il tre febbraio millenovecentonove, ebrea, profuga francese, è deceduta per cedimento cardiaco causato dalle privazioni piuttosto che  dalla tubercolosi polmonare. La defunta si è condannata e uccisa rifiutando di mangiare, in situazione di grave turbamento mentale.La defunta dovrà essere seppellita al Bybrook Cemetery, nello spazio riservato ai cattolici non abbienti,essendo il cimitero ebraico troppo lontano dal sanatorio di Grosvenor

Il coroner esce di scena mentre entra da destra una giovane donna in abiti moderni, E’ Simone. Si avvicina al letto, guarda il corpo sotto le lenzuola e l’accarezza

Simone Finalmente mi sentivo bene. Quel dolore atroce in mezzo al petto era scomparso e anche quel terribile mal di testa che mi ha tormentato per tutta la vita. Non sentivo nemmeno più quel disgustoso sapore del sangue in bocca…E così avvenne che questo corpo, il mio corpo, fu costretto a destreggiarsi fra spazi per ebrei, per protestanti, per cattolici, per ricchi, per poveri.. Ridicolo se non fosse stato tragico.  Per fortuna scelsero i poveri. Il buffo della storia fu che dopo oltre dieci anni di silenzio e pace mi precipitò addosso il putiferio. Me ne stavo beata nel mio posticino ombreggiato quando improvvisamente scoppia il caso “Simone Weil”. Bene!, si direbbe. Finalmente  i miei contemporanei discutono del mio lavoro.  Be’, no. La causa del putiferio fu, pensate un po’,  l’ “enigma” della mia morte. (Raccoglie dei fogli di giornali e legge i titoli) "La filosofa Simone Weil si è suicidata", "Il suicidio annunciato di Simone Weil", " Simone Weil ha deciso di morire essendo caduta nello stato di endura!", che poi sarebbe una sorta di suicidio mistico, e via dicendo e tutto ciò a causa di quelle parole dissennate del coroner: “Simone Weil si è uccisa in situazione di grave turbamento mentale”. Una matta suicida, in sostanza. Ma sì, a farla finita avrò anche pensato a volte, quando mi sentivo vacillare, quando credevo di non farcela a portare a termine il mio compito, ma … (con passione) La morte non è suicidio, bisogna venire uccisi, subire la gravità, il  peso del mondo. La morte è l'istante in cui la verità nuda, certa, pura, entra nell'anima. (Si placa, racconta) E fu così che, a causa del mio ipotetico “suicidio”  i miei contemporanei decisero di trattarmi come solitamente si trattano tutte quelle intelligenze al  servizio della verità che, o si ricoprono di elogi per non doversi mai chiedere:" ha detto il vero o il falso?” oppure si liquidano bollandole come folli. Io avrei preferito che si fossero limitati a dire di me “quella matta di Simone Weil”, frase non ipocrita e con il pregio della sintesi estrema

buio

SCENA II

In scena due uomini  in abiti del primo novecento sono seduti al tavolino da bar posto sulla sinistra. Uno di loro sta leggendo un articolo scritto da Simone Weil. Si legge il titolo del giornale “La Révolution Prolétarienne”

Jean  Lo hai letto? 

George Certo, e so già che cosa ne dirai

Jean Simone Weil è incredibile con le sue profezie catastrofiste. Ho sempre odiato quel suo atteggiamento da messia

George  Attirarsi l’odio è una sua specialità

Jean Tu ne sei affascinato. Ma, a prescindere dalle sue profezie strampalate, non la vedi? Come uomo di teatro ti dico che il linguaggio del corpo è fondamentale per capire chi hai di fronte. C'è qualcosa di perverso, di morboso in lei. Quella bocca grande, sempre umida. Ti guarda con la bocca. Se avesse un corpo potrebbe persino risultare eccitante, non sembra nemmeno una donna

George In effetti ho conosciuto donne più....donne

Jean E come si concia, poi! Con quelle palandrane nere tutte macchiate e unte, i capelli spettinati..

George  Solo parlando con lei mi sento meno perduto

Jean Non fa altro che creare intorno a sé il tumulto, ha sempre da diramare ordini, coin­volgerti in manifestazioni, spronarti a mettere firme, mandarti in giro con i volantini. Mi chiedo se ha mai amato qualcuno e se qualcuno l’ha mai amata

George  Io, per esempio, caro Jean

Jean Perché la difendi tanto? Lei disprezza tutti. Il suo disprezzo te lo butta addosso senza dire una parola non appena l'argomento non ha l' altezza che le garba

George E' vero. Simone non sopporta il giorno per giorno. Non l' ho mai vista mangiare di gusto. E' sempre altrove, ma è l'essere più umano che abbia mai conosciuto

Jean Forse. Ma solo quando dorme, se mai dorme. Scrive di notte, di giorno, la vedi sempre con una sigaretta accesa in bocca. Non conosce la misura, ispeziona il mondo dall'alto

George Tu e gli altri ne avete semplicemente paura

Jean George, ti prego! La Weil ti ha  plagiato, te lo ripeto. E’ un' esaltata, molto intelligente, geniale se vuoi, non lo nego ma, pensa, una che si dichiara “filosofa militante", dai!

George Non conosco definizione più esatta se metti tutto te stesso, corpo e mente, al servizio dell’umanità

Jean  Però tu, da filosofo,  non ti sogneresti di dirlo

George Perché sono sufficientemente onesto per sapere di non avere la forza necessaria per esserlo, un filosofo militante

Jean  Ma spiegami che vuol dire? Il vero filosofo, tu m’insegni, si guarda bene dal “militare” in qualcosa o per qualcosa perché ciò gli toglierebbe quella distanza dalle cose che lo porta ad elaborare il suo pensiero sul mondo, sulla società

George Conoscendo poco dell’uno e dell’altra. Una bella differenza con il farne l’esperienza diretta. Per esempio, tu, io, sappiamo davvero cosa significa, giorno dopo giorno, patire la fame come la patisce il nostro proletariato?  

 Jean E con questo? Non è necessario come non è necessario subire la tortura per rifiutarla categoricamente

George Troppo comodo! Non sperimentare significa non poter andare alla radice dei fatti, i fatti, Jean, causa ed effetto. Significa non capire la realtà e quindi non riuscire a prevenire il danno prima che sia troppo tardi. Per esempio tu, io, oggi saremmo in grado di prevedere le conseguenze del successo del nazionalsocialismo di quell’Hitler? Io arrivo solo a temere, a sospettare che ci sia qualcosa di oscuro, di pericoloso in quest’avventura nazista, eppure pare che il Paese si stia rialzando proprio grazie al nazismo

Jean A proposito di nazismo, ho sentito dire che lei sta partendo per la Germania. Indubbiamente ha coraggio la tua Weil! Sembra che lì cominci a tirare una brutta aria  per gli ebrei

George L’hai capita adesso? E così, mentre noi ce ne stiamo beati a bere il nostro caffè e a leggere ciò che raccontano i giornali, e sai  quanto poco siano attendibili, lei ci va di persona e rischia la vita

Jean (ride) La vita? Addirittura, George! Sei irrecuperabile, frena il tuo entusiasmo per quella insopportabile saputella rompiscatole di vent’anni

Simone entra in scena. Indossa una giacca militare nazista. Sul fondo possono  essere proiettate foto di  Trotski, di Hitler, di Stalin. Simone si muove sulla scena come soverchiata, soggiogata da queste immagini

V.f..c. Simone  Parigi, trenta agosto millenovecentotrentadue. Caro Trotski, caro maestro, come ti avranno già riferito, a Berlino abbiamo  rintracciato tuo figlio Sedov. Sta bene. Per il resto non posso darti buone notizie dalla Germania. Purtroppo il partito comunista tedesco non sembra in grado di fare la rivoluzione perché i suoi capi non perseguono più gli interessi degli operai ma quelli della Russia di Stalin e lui ora vuole solo impedire il blocco Germania-Francia. In più gli operai nazisti, dominati dall'odio contro  il "sistema", si considerano più rivoluzionari dei comunisti stessi e vedono nell'internazionalismo una minaccia. Oggi il proletariato tedesco, il più potente, il più organizzato, il più progredito del mondo è interamente abbandonato all’illusione e alla menzogna e ha capitolato di fronte al nazismo senza resistere. Continuo a parlarne, a scriverne ma nessuno mi crede, mi si accusa di essere una “piccola borghese demoralizzata dal successo provvisorio di Hitler. “Provvisorio”, è questo che tutti preferiscono pensare. Ti considero mio padre e so che mi capisci. Purtroppo la verità è che i nazisti sono i più forti perché sfruttano un’enorme massa amorfa d’incoscienti e di irresponsabili che desidera ciecamente "qualcosa di diverso” , la paura e all’avidità della grande borghesia mentre la piccola borghesia è conquistata totalmente dal nazionalismo e, in aggiunta, offrono ai bruti la promessa di poter picchiare e assassinare chiunque restando impuniti. E tutti questi milioni di tedeschi vanno verso il nazismo come le mosche verso la fiamma.  Temo che, se le altre nazioni europee non si sveglieranno prima che sia troppo tardi, l’effetto tragico di una tale iattura andrà molto al di là dei confini della Germania. Vivo in uno stato di ansia costante. Addio, maestro, tua figlia adottiva Simone

Musiche naziste. buio

SCENA III

Sul fondo possono essere proiettate alcune foto dell’infanzia di Simone. Simone è su un’altalena con un grande cappello a fiori in testa  e un paio di grossi calzettoni colorati ai piedi

SimoneMio fratello è un genio. Io no. Non ho le sue capacità. Per lui l'analisi matematica è  un giochino, per me è un incubo. La mamma lo dice sempre. André è il vero genio della famiglia. E' stato lui che mi ha insegnato a leggere. Purtroppo io, non solo sono nata femmina, ma mi ammalo spesso, sono pallida, magramagra, uno schifo insomma. In fondo lo amo mio fratello Andrè, tanto quanto lo odio. Pugni e schiaffi me ne da tanti, anche io, però. Trollesse, trollesse, trollesse, trollesse! Quel nomignolo non mi piace davvero, mi fa sentire piccola, inferiore. Mi diverto solo quando stiamo insieme, io e lui, da soli. Andiamo in giro scalzi a dire ai passanti che abbiamo freddo e fame. Anche sul tram, uno spasso guardare le facce scandalizzate della gente. Ma come? I figli dell’illustre professor Weil, mandati in giro nudi e affamati? La mamma, poverina, è stata aggredita dalla signora Pivot. Madre snaturata e criminale, così le ha gridato in faccia. Povera mime!  (Si guarda i piedi con i calzettoni)  Via queste! Io e Andrè pensiamo che le calze corrompono e fanno marcire il corpo.  Dovremmo vestirci tutti allo stesso modo così non si vedrebbero le differenze fra i ricchi e i poveri

Simone scende dall’altalena e  indossa una mantellina da liceale e parla al pubblico come se  si rivolgesse a una scolaresca

E’ Lui il mio Socrate,  il mio professore di filosofia Emile Chartier,  il grande Alain. (Imita il suo professore, ma senza ironia) Ragazzi, sappiate che il pensiero è uno stato violento di battaglia e per vincere le battaglie bisogna essere ben nutriti ed equipaggiati adeguatamente. Ricordate che per un buon nutrimento il cibo dev' essere genuino, buttate via riassunti e traduzioni, andate alla fonte, traducete Omero, Platone, Tacito… Massima concentrazione, ampi margini, niente cancellature, ri­scrivere, rinnovarsi e rinnovare... riscrivere, rinnovarsi, rin­novare.. E tu, cara Simone, impara a tener a freno  l'indi­gnazione, la misantropia è una pessima consigliera… Lui ha ragione ma come si fa? A volte ci riesco, a volte no.  Alain dice che chi non ama comandare è più bello a vedersi di chi non ama obbedire. E’ vero, ma io non è che ami comandare, è solo che a volte bisogna prendere delle iniziative, convincere gli incerti, insistere. Hanno firmato ben ottanta normalisti contro il servizio militare. Il mio amico Buglé si è infuriato, per poco non mi ha picchiato, secondo lui la cosa non mi riguarda perché sono una donna e non ho diritto di parlare del servizio militare. Che sciocchezza! Tutti dobbiamo batterci per la distruzione delle fabbriche d'armi, dobbiamo mettere la guerra fuorilegge. Alla fine  però li ho convinti e hanno firmato. Già, ma  adesso ci attaccano da destra e da sinistra. (prende alcuni fogli di giornale) Sentite qua, "Tolstoianesimo in ritardo”, “Odioso documento”, "singolare mentalità di anarcoidi”, “disfattisti", adesso ci è contro anche Sartre. Alain è molto amareggiato per questo. Io no. Immaginavo che ci avrebbero giudicati dal loro punto di vista. (Con passione) Bisogna imparare ad uscire dalla caverna del punto di vista. Il punto di vista ci impedisce di vedere e di percepire nella verità gli al­tri e le cose. E' da lì che hanno origine tutte le di­scriminazioni, tutte le diversità.... Il punto di vista è il più mortifero e devastante focolaio di ingiustizie che esista.

Su di lei piovono le voci dalla platea.

Voci (dalla platea)

L'ebrea Weil cominci col dividere i suoi soldi con i disoccupati

E’ una militante al soldo di Mosca

Si illude se pensa di passarla liscia

E' l'Anticristo 

E' un uomo vestito da donna

Buio

SCENA IV

Simone, seduta ad un tavolino, sta scrivendo una lettera ad un suo amico

v.f.c. Simone Caro  Etienne, ho riflettuto a lungo su ciò che ci siamo detti a proposito della differenza fra l’amore e l’amicizia. Tu sostieni che la differenza sia grande, io sostengo che la differenza non esisterebbe se riuscissimo ad evitare la trappola della dedizione che ci porta a voler dominare l’oggetto del nostro amore. E’ da qui che nasce la sofferenza. Si soffre troppo per il male che possono farci gli altri. Nell’amore c’è sempre il pericolo  della dipendenza perché è facile mettersi nella condizione del mendicante, del cane che aspetta l’osso e, a questo punto, non si può dipendere da qualcuno senza aspirare a tiranneggiarlo. Certo so bene che fra l’amore e l’amicizia corre una differenza sostanziale e cioè il sesso,  ma, se è vero che il piacere dei sensi è lecito e innocente, pure contiene quel desiderio di possesso che finisce per svilire il sentimento. Non si può dividere il corpo dall’anima; sarebbe come non saper distinguere fra servitù e libertà. A questo proposito rabbrividisco se penso alle vite di donne rese peggio di schiave in quei luoghi orrendi che sono i nostri bordelli. La prostituzione è un delitto legalizzato, è un crimine contro l’intera umanità. Io ho visto, Etienne. Tempo fa avevo convinto il mio amico Jean ad accompagnarmi in un bordello, lui non voleva ma alla fine ha ceduto..

buio

flash back

Simone, travestita da ragazzo con una tuta blu da operaio e un basco, insieme ad un amico che l’accompagna, si trova in un bordello. In scena la maitresse, due clienti e due  prostitute

Maitresse (all’amico di Simone, è chiaro che lo conosce) Ehi, Antoine, stasera sei in compagnia

Jean E’ un mio amico

Maitresse(squadra Simone)Senti, bello! Te ti conosco e mi fido ma questo tipino qui non mi convince

Jean Te l’ho già detto, è con me. Non ti preoccupare

Maitresse Mi preoccupo eccome! Se è minorenne mi ritirano la licenza

Jean Ma che minorenne! E’ un compagno. Lavora con me in fabbrica, dai, piantala di scocciare, d’accordo è un po’ timido, sai com’è è la sua prima volta

Maitresse Ah, ho capito! È venuto a fare esperienza il bamboccio.(a Simone) Ehi, dico a te, giovanotto, vabbe’ che sei timido ma ce l’avrai pure la lingua, no? Guarda che belle ragazze! Non ti vergognare, sono tutte per te

La donna sghignazza sguaiatamente. Una delle prostitute intanto si è avvicinata a Simone

 

Prostituta (a Simone)Ciao, carino!

Maitresse( a Simone)Ti piace lei?

Simone (cerca di darsi un contegno) Sì, sì

Jean E’ timido, te l’ho detto

Maitresse Allora lasciamolo familiarizzare e tu (alla prostituta) dagli una mano..

Prostituta Di’ bello, ma la mamma ti dà da mangiare? Sembriuno spaventapasseri. Ehi, fammi vedere il tuo muso! Vuoi tirar via questo coso dalla testa? Non sta bene davanti a una signora (sghignazza)

Simone fa un salto indietro e trattiene il berretto con la mano

Prostituta Tranquillo, carino, per me puoi tenertelo incollato addosso pure a letto ( si pavoneggia) allora che ne dici? Ti piaccio sì o no? Non mi sembri tanto convinto

Simone(si fa coraggio e tenta di incupire la voce) Certo che mi piaci, sei bella ma

Prostituta  Ho capito, tesoro! Qui ci vuole un buon bicchiere, (alla maitresse) che ne dici padrona? 

MaitresseMa sì, diamogli un po’ di coraggio al nostro nuovo amico che verrà a trovarci spesso. E’ vero che verrai a trovarci spesso?

Simone  Sicuro! Grazie, un goccetto, magari…

La maitresse serve il vino da una bottiglia appoggiata sul banco. Dopo aver bevuto, Antoine viene trascinato via dalla maitresse verso un’altra donna. Simone resta sola con la prostituta

ProstitutaCome ti chiami?

Simone Pierre, e tu?

Prostituta Angelique, appropriato, no? Sarò il tuo angelo, cocchino, dai, andiamo

Simone Aspetta, Angelique, ti va se parliamo un po’?

Prostituta  (sospettosa)Vuoi parlare? Di che?

Simone Niente,così, per chiacchierare

Prostituta Bello, qui non si viene per… chiacchierare. Io qui ci lavoro

Simone Da quanto tempo?

Prostituta Tesoro, e chi se lo ricorda più?Avevo sì e no sedici anni  e adesso ne ho trenta

Simone Soltanto?

Prostituta Si invecchia presto qui dentro

Simone Lavori… molto?

Prostituta Anche ottanta clienti al giorno, bellino

Simone Ma come può essere possibile?

Prostituta Tutto è possibile, tesorino. E’ come lavorare da te, in fabbrica, alla catena di montaggio 

Simone Diventi come una bestia da soma

ProstitutaGià.Sempre meglio che stare in strada. Lì, poco ma sicuro, o ti arriva una coltellata o ti beccano i gendarmi o tutt’e due

Simone (sbalordita)Ma ottanta clienti al giorno!

Prostituta  Anche cento se è per questo. Più ne fai e più ti resta qualche soldo attaccato addosso, se no, se li prende quasi tutti lei  (la maitresse), e i suoi amici, è così che lei li chiama. I suoi ‘amici’ 

SimoneQuelli sono criminali. Andrebbero tutti condannati ai lavori forzati a vita
Prostituta (insospettita)Ehi, ma tu chi sei? Che vuoi? Che sei venuto a fare qui?

Improvvisamente le toglie con violenza  il berretto dalla testa e scopre che è una donna

Prostituta  Ma tu sei una donna! Brutta schifosa, puttana!Adesso te la faccio vedere io che significa lavorare qua dentro!

La prostituta comincia a schiaffeggiarla, mentre accorre la maitresse e l’amico di Simone che riesce a strapparla dalle mani della prostituta e la porta via di corsa.

Buio

SCENA V

Simone e l’amico George discutono fra loro seduti al tavolino da bar. Simone fuma e appare rilassata

George Simone, devo dirtelo. Sono tuo amico. Tu mi preoccupi, non hai mai avuto una salute di ferro e adesso stai distruggendoti. Hai abbandonato un mestiere comodo come l’insegnamento per lavorare nell’inferno di una fabbrica, abiti in un tugurio e al freddo, mi dicono che dormi sui sacchi di patate, mangi troppo poco e si vede…

Simone E’ vero, ho lasciato l’insegnamento. Era un lavoro troppo facile e comodo. Finalmente li ho convinti  a farmi lavorare in fabbrica. Gorge, ho scoperto che le macchine non si lasciano usare ma sono loro che ti usa­no. Il martello pneumatico ti fa sentire ogni parte del corpo che si disintegra, che schizza via se appena molli la presa. Le macchine ti umiliano, ti rendono uno schiavo senza diritti umani. E' l'abbruti­mento, la disintegrazione del cuore e dell'anima.Eppure, in quell’inferno, bastaun sorriso, uno sguardo, uno stare insieme... ed ecco che tocchi con mano la fratellanza, la solidarietà. Capisci che non sono solo parole ma cose vive, palpitanti, da assaporare e gustare, cose fatte di carne e sangue, sono momenti di gioia pura! George, io vivo semplicemente nella medesima condizione di milioni di esseri umani e sono anche fortunata perché io, un lavoro, ce l’ho

George Questo tuo estremo e frenetico modo di sperimentare la vita nelle sue forme più drammatiche ti espone anche, come studiosa, al rischio di valutazioni esasperate, sbagliate

SimoneE’ vero. Mi è capitato e mi capiterà ancora ma sai che poi me ne accorgo e lo dichiaro pubblicamente, me ne pento

 George  D’accordoma insisto, non puoi impedirmi di essere preoccupato per te, scusami per la brutalità ma io non voglio che tu muoia a trent’anni

Simone(ride) Va bene, te lo prometto. Non morirò a trent’anni.Ti ringrazio per volermi bene.  George, ne abbiamo già discusso tante volte. Ho deciso di vivere come vivo perché, come dici, sono una studiosa dell’umanità e sento il dovere di scoprirecome si possa organizzare una società senza oppressione

George Utopia, Simone! Nella storia gli oppressi in rivolta hanno poi sempre creato oppressione a loro volta

Simone Esatto, ma perché? E’ questo il nòcciolo del problema, è questo l’ interrogativo a cui occorre dare una risposta

 George  Un interrogativo che ti poni solo tu perché nemmeno noi marxisti ce lo siamo mai posto e non perché non volessimo ma perché non c’è risposta, è nella natura umana dividersi in oppressori o oppressi.

Simone E’ vero. Da quando esistono gli sfruttati esistono i rivoltosi che hanno ucciso e si sono fatti uccidere e con questo non hanno né di­strutto né, spesso, nemmeno attenuato lo sfruttamento. Per questo non basta sollevarsi contro un ordine sociale fondato sull’op­pressione, bisogna cambiarlo, e per cambiarlo bisogna conoscerlo.Purtroppo il movimento rivoluzionario operaio francese corre un pericolo mortale perché i suoi capi pensano che non tutte le verità vanno dette e preferiscono basare pensieri e azioni sui miti piuttosto che su una visione chiara della realtà. Il punto della questione è sempre lo stesso: non mentire, non restare ciechi, non essere complici

George  Un’utopia, Simone, credimi

Simone Non posso crederlo. Perché allora, in ogni tempo, gli uomini hanno amato la libertà sopra ogni cosa? Io devo lavorare ad una nuova architettura della società che, eliminando l’oppressione,  sia in grado di garantire libertà  a ognuno. E’ questo lo scopo della mia ricerca

 George  E come la vedresti questa tua “nuova architettura della società”?

SimoneCome un sogno, ma ad occhi aperti, basato sulla realtà delle cose. Oggi non esiste un’etica del lavoro. Il lavoro è organizzato nel senso dello sfruttamento dell’uomo in vista di uno sviluppo e quindi di un profitto illimitato. Bisogna cambiare. Il lavoro è il rapporto fra l’uomo e il mondo e deve essere maestro di libertà, non di efficienza. E’ la salute del pensiero che va preservata in ogni modo e ad ogni costo.

SCENA VI

Rumori metallici, assordanti di fabbrica. In scena Simone e un’ operaia indossano due grembiuli uguali e stanno lavorando intorno ad una macchina fresatrice

Ninette  Che ci fai in quest’inferno? Si dice che sei una ricca

SimoneVero, ma avrei preferito nascere povera

NinetteSicuro, non sai che ti sei persa! Ora staresti in salotto a bere il the con le amiche. Ma che hai fatto? La faccia di una che fa mattane  di brutto ce l’avresti. Non me la raccontigiusta

SimoneMi preme la verità, Ninette. Tutti abbiamo la vocazione alla verità. Ri­fletti e vedrai che ho ragione

NinetteCome sarebbe? Io rifletto e vedrò che ho ragione, no che tu hai ragione. Certo che con la parlantina a te non ti batte nessu­no! Quindi, se ho capito, sarebbe per questa cosa, com’è che si chiama?, vocazione?, che per poco non ti infilavi il martello pneumatico diritto nello stomaco

Simone Sentivo che se l’avessi mollato mi sarei spaccata in mille pezzi

NinetteTi ci vedo spiaccicata sul muro e devo decidere se mi dispiace, ehm, scusa, è che mi fai rabbia, sei una  ricca

Simone Ma non capisci?

NinetteIo non capisco niente e smettila, non distrarmi, devo fare più pezzi che posso, i miei figli debbono mangiare

Simone Io e te, adesso, questa (la macchina) non siamo noi che la usiamo, è lei che ci  usa, che ci violenta. Ma dobbiamo lasciarla fare, permettere che ti penetri, ti attraversi, ti bu…

Ninette Ehi, ehi, calma! Era meglio che non ci venivi alla numero otto, per lo sforzo ti fuma il cervello. Il caposquadra non voleva, sei tu che hai insistito. Tu stai male. Tossisci ogni momento, sei sempre nervosa, arrabbiata

Simone Non è vero. Ieri è successo che ci siamo guardati e…quel sorriso… una gioia indescrivibile, senti che la fratellanza, la solidarietà sono cose fatte d san…ahia!

Simone si fa male alle dita

NinetteAttenta! Lo sapevo, ti sei  bruciate le dita

Simone  Non è niente. Piuttosto è questo maledetto mal di testa che mi porto addosso

NinetteNon ce la fai a resistere. Lavoriamo a cottimo, non possiamo fermarci  nemmeno per mandare giù un boccone di pane. Qui ci vuole gente forte

Simone  Io sono molto forte (cerca di fasciare in qualche modo la mano)

Ninette Fammi il piacere, Simone! Ti vogliamo bene, ti ammiriamo ma quando è troppo, è troppo! Tu ti vuoi ammazzare

Simone  Nemmeno per sogno, sto bene, e ricorda che stasera c’è la riunione

Ninette  Un’altra?

Simone Dobbiamo parlare, organizzarci

NinettePistolet, perché non te ne stai buona, tranquilla, almeno ogni tanto?

Simone  Perché mi chiamate tutti Pistolet?

NinetteLascia perdere e, per piacere, non passare da casa a prendermi. Vengo da sola. Mio marito se ti vede un’altra volta finisce che fa volare i piatti. Dio santo, lavoriamo dodici ore al giorno e solo la sera noi..

Simone Siete felici, capisco. Anch’io ieri sono stata felice. Avevo finalmente i soldi per prendere l’autobus. Che felicità!

Ninette  Prendere l’autobus?

Simone  Sì, Ho scoperto che anch’io, una schiava, potevo usare un mez­zo così  comodo. Ho sentito dentro di me che anch’io avevo diritto ai diritti

NinettePistolet, adesso il mal di testa ce l’ho io. I diritti? E che sono? Roba che si mangia?Se non è roba che si mangia, non mi interessa

Buio il tempo necessario.

SCENA VII

E’ notte. Simone, infreddolita e avvolta in una vecchia coperta, tossisce, cammina su e giù, è furiosa

Simone E’ un dolore troppo grande! Lui, Trotski, il grande Trotski,  il mio maestro, ha mentito! E’ diventato cieco e complice. Dice che la Russia di Stalin continua ad essere uno Stato operaio e  ammette solo che vi siano “deformazioni burocratiche”… “Deformazioni burocratiche”, è così che le chiama! Eppure sa bene quale sia l’enorme potere della burocrazia. E adesso ci vuole cacciare dal congresso perché abbiamo proposto di rompere con la III Internazionale e fondare una IV Internazionale sganciata da Mosca. O lui o noi, ha detto, e se n’è andato! E a me, proprio a me che considerava sua figlia, ha ordinato di non cercarlo mai più. (si dispera) Mai più!

Voci dalla platea

La sua requisitoria mira a schiacciare l’ Internazionale Co­munista! 

Vuole affossare per sempre le organizzazioni rivoluzionarie!

Nega la missione storica del proletariato!

E’ un’ eretica!

Buio

SCENA XIII

Simone ha un fucile in mano, è ferita ad una gamba. Accanto a lei un uomo armato

Nestor Perché sei tornata al campo? Dovevi rimanere a Pina. Stai battendo i denti per la febbre

Simone In pratica non mi volete fra i piedi

Nestor  Esatto, la guerra non fa per te

Simone A Pina mi ha curato un barbiere, malissimo. Non vedi che ha sbagliato persino fasciatura?

Nestor Ho sentito che ti stanno cercando

Simone Chi?

Nestor I tuoi genitori

Simone Lo so ma non m’importa. Voglio rimanere con voi

Nestor Ma qui crei solo problemi

Simone Non è vero

Nestor Ah, no?

Simone cerca di sedersi  più comodamente e nel farlo sposta il fucile dalla spalla.

Nestor Ehi, sta attenta con quel fucile! Mettilo via, lontano da te, anzi dammelo, ci penso io. Finisce che colpisci qualcuno di noi e siamo già in pochi

Simone  Sono solo un po’ miope

Nestor  Un po’?

Simone Nestor, devo capire e per capire devo vivere quello che accade

Nestor Tu qui ci dai solo fastidio. Ti ricordo che sei una donna

Simone (disorientata)  Perché dici questo? So benissimo che sono una donna, e allora?

Nestor  Simone, noi ti vogliamo bene e ti apprezziamo ma qui non ci puoi essere utile.  Torna in Francia. Fatti curare la gamba e poi..

Simone Non mi lascerete tornare. Lo so

Nestor Noi siamo solo in ventidue e abbiamo missioni pericolose da compiere, lo hai visto, lo sai

Simone I nostri stanno versando troppo sangue!Sono angosciata.Il figlio del contadino ha alzato il pugno ma si vedeva che non ne aveva nessuna voglia. Lo faceva per compiacere il padre e quell’altro, ammazzato dopo il padre…

Nestor  A quello  là avevamo offerto di venire con noi

 Simone  La sua uccisione deve pesarci sulla coscienza. Mi sento complice. Se mi uccidono me lo sarò meritato. Ho saputo dei due preti. Uno fucilato sul posto l’altro lasciato libero per poi sparargli alle spalle, mentre scappava. I nostri compagni me l’ hanno riferito ridendo e si sono meravigliati perché anch’io non ridevo

Nestor    Sì, perché?

Simone Ad un pranzo alcuni raccontavano, sempre ridendo, quanti preti e quanti fascisti avevano ucciso

Nestor  Che pensi che facciano loro, i fascisti?

Simone  Che pensi del gusto di uccidere?

Nestor  Devi andartene di qui o la tua gamba non guarirà

buio il tempo necessario

E’ notte. Simone, con una gamba fasciata, è al suo tavolino e scrive una lettera a sua madre. Da sinistra entra in scena una donna vestita di scuro che la legge

La madre Barcellona, venti settembre millenovecentotrentasei. Cara mime, sono ferita a una gamba ma è la mia anima che soffre. E’ successo che a causa della mia proverbiale inettitudine, sono finita con il piede in una pentola di olio bollente ma niente di grave, niente di eroico. Lascio volentieri la Spagna. Ho aderito a questa guerra perché mi era apparsa come la lotta di contadini affamati contro i proprietari terrieri e un clero loro complice, invece mi rendo conto che è una guerra fra Russia, Germania e Italia. Mi rendo conto che fare la guerra per fare la rivoluzione è la tomba della rivoluzione.  La vera rivoluzione dev’essere un’azione metodica tesa a limitare i danni, esige una morale superiore e amore, amore per la vita. Niente ha valore quando la vita umana non ne ha. La guerra è un fatto di politica interna non di politica estera. E’ la forma più efficace di oppressione. Permette a chi detiene il potere di sottomettere il popolo in rivolta in vista degli interessi superiori della nazione. Ti voglio bene, a presto, tua Simone

Buio il tempo necessario

SCENA IX

Simone è sull’altalena. Indossa un fresco vestito estivo e ha in testa il suo grande cappello con i fiori. E’ felice

L’Italia! Quando la provvidenza posa esseri belli fra cose belle, questa è l’Italia. In questo paese non si hanno abbastanza occhi per guardare e orecchi per ascoltare. Sono sommersa da una gioia incontenibile, mi sento ubriaca. In treno un giovanotto sconosciuto mi ha chiesto di sposarlo, ho detto di no, non ci conoscevamo abbastanza, a Fiesole un muratore mi ha detto che gli sarebbe piaciuto studiare ma era troppo povero, che non si sposava perché amava troppo la libertà e che ogni domenica se ne andava in campagna con gli amici e una chitarra. Tutto questo con un sorriso. Come non voler bene a un popolo simile?  Firenze è la mia città. Assisi invece è la mia patria dell’anima. A Firenze ho sicuramente ho vissuto in una vita anteriore. Appena ho visto i suoi bei ponti sull’Arno, mi sono chiesta come avevo fatto per tanto tempo lontana da lei e anche lei se lo sarà domandato perché le città amano essere amate. Assisi era francescana prima  che vi nascesse Francesco, le sue campagne soavi sono evangeliche e francescane da sempre. Mi hanno raccontato che nel quattrocento una donna, vestita da uomo, salì ad un convento e visse lì da eremita per vent’anni. Solo dopo la sua morte i monaci scoprirono che era una donna. Se avessi conosciuto questa storia prima, forse l’avrei imitata. Ho deciso che non andrò a Venezia. In una volta sola  Firenze e Venezia sono troppo. Ora non ho il cuore libero per riuscire ad amare anche Venezia

SCENA X

Da parti opposte entrano in scena Simone e il gesuita Padre Perrin. Padre Perrin è quasi cieco. I due vanno l’uno verso l’altro con l’apparente desiderio di incontrarsi ma si fermano mantenendo una certa distanza. 

Padre Perrin  Perché sei venuta, Simone?

Simone Voglio lavorare nei campi per condividere la sorte dei braccianti agricoli e so che lei può aiutarmi

Padre Perrin  Certamente e lo farò. Ma io sono convinto che oltre a chiedermi di lavorare nei campi, avresti altre cose da chiedermi. Mi sbaglio?

Simone Non sbagliate, padre Perrin. Non sono stata educata alla religione. La mia famiglia era agnostica

Padre Perrin  Farò ciò che posso per rispondere a tutte le tue domande. Il mio compito è quello di servire le anime e ti ringrazio per la fiducia che riponi in me

Simone Padre, io sono alla ricerca di Dio, ma ci sono tante cose della religione che mi lasciano perplessa e alcune persino mi urtano o, almeno, mi urtavano un tempo

Padre Perrin  Benché forse in questo momento tu non ne sia consapevole, io avverto in te un legame profondo con Cristo, avverto la sua presenza in te

SimoneAnch’io sento questa presenza, ma ci sono troppi dubbi, troppe perplessità sulla dottrina della Chiesa, mi interrogo su tutto, sulla necessità del battesimo, sul potere di suggestione della preghiera...

Padre Perrin  Capisco bene come ti senti di fronte all’ immenso problema che è l’avvicinarsi a Dio, ma non aver fretta, Simone. Lascia che la realtà, la verità di Dio si diffonda in te spontaneamente. L’amore non si può forzare

Simone E io spero che un giorno quest’amore mi venga concesso, spero di vedere un giorno un cristianesimo veramente incarnato

Padre Perrin  Perché intanto non provi a pregare?

Simone Non oso pregare,padre Perrin. Sono preoccupata per la verità. Io credo nella parola del Vangelo, ma non sottoscrivo quello che afferma la Chiesa sulle sue verità e soprattutto non le posso riconoscere il diritto di limitare le azioni dell’intelligenza e le illuminazioni dell’amore

Padre Perrin Tu non ami la Chiesa

Simone E’ vero. La Chiesa, come patria terrestre, ha prodotto le crociate, l'Inquisizione, ha giustificato genocidi, ha usato la sofferenza, la degrada­zione ed il peccato come addestramento per la vita, ha trasformato il cristianesimo in una religione di schiavi. Padre, nessuno di noi mangia per Dio ma perché ha fame, altrettanto noi non dobbiamo dar da mangiare all’altro per Dio o perché apparteniamo a un determinato movimento, ma perché l’altro ha fame. Altrimenti anche la carità rischia di diventare una ideologia

Padre Perrin  Simone, dovresti avere più  fiducia in noi

Simone Padre Perrin, per tutta la vita ho combattuto il "noi". Il “noi” del Partito, il "noi" della razza, il "noi" della nazio­ne, il "noi" della classe e per questo mi sono sempre sentita sola, straniera e in esilio in o­gni luogo. Ma devo scegliere. Per me entrare in un "noi" significa abbandonare gli altri e questo pensiero mi provoca un'enorme sofferenza, una sofferenza intollerabile

Padre Perrin  Di tutto ciò dovremo ancora parlare e a lungo, molto a lungo, Simone  

SCENA XI

In scena il letto del prologo con la sagoma del corpoSimone è accanto al letto

Simone (al pubblico) Dov’eravamo rimasti? Ha sì, i miei contemporanei. Loro hanno voluto giudicarmi in mille modi diversi ma sarebbe bastato che avessero ammesso che l’oggetto della mia ricerca era l’umanità e l'oggetto del mio amore erano gli ultimi, i diseredati. Ho voluto passare fra gli uomini e confondermi con loro, dovevo conoscerli ed amarli per come sono. Se così non era, anche il mio amore non era

FINE