“SIR JOHN FALSTAFF”
di
WILLIAM SHAKESPEARE
traduzione e libero adattamento
di
Marco Parodi
Copyright Marco Parodi
Via A. Castelli, 2
09122 Cagliari
Cell. 392 0778328
NOTA SULL’ADATTAMENTO.
L’idea di partenza è quella di estrarre il personaggio di Falstaff da tutto lo Shakespeare possibile, cioè dall’ENRICO IV all’inizio e dall’ENRICO V nel racconto della sua morte, portandolo fuori dall’idea di commedia in cui l’ha voluto collocare la Regina Elisabetta quando ha commissionato a Shakespeare la rinascita del personaggio, sfociata poi nelle ALLEGRE COMARI DI WINDSOR.
Nel disegno shakespeariano Falstaff è proprio un ribaldo, un grassatore, un bandito che non si è fermato all’Osteria della Giarrettiera, ma a qualche altra più funesta locanda. Perché egli vive e metaforicamente muore laddove circolarmente ci riporta il discorso: cioè nella sua grassezza spropositata e non malata, nella enfasi della sua voce profonda. E la scena finale attorno all’albero fatale non vuole avere la grazia di una notte di mezza estate, bensì si traveste in furiosa notte di Halloween.
Al personaggio di MONNA FAPRESTO (o anche DORA SQUARCIALENZUOLA), una sorta di prostituta amante estratta anch’essa dai testi originali, spetta il compito di disegnare nel finale l’umanità di Falstaff colto in punto di morte.
In sostanza, il mio adattamento colloca le ALLEGRE COMARI all’interno di una sorta di flash-back nella vita di un personaggio che ha già servito due re e due tragedie, che ha già vissuto la sua vita di carattere marginale, e che viene riesumato (su commissione regale) perché la mirabile comicità della sua apparizione era entrata nel cuore dello spettatore elisabettiano.
Certo Shakespeare era ben pago del suo proprio divertimento, delle sue vistose slabbrature drammaturgiche, della sequela dei calembours gettati via con disinvoltura, della gustosa trasparenza drammatica delle sue soluzioni attese; ma a me pare di aver colto nell’insieme di quei testi segni indiscussi di una sorta di riflessione kirkegardiana sul seduttore che pencola tra la esistenza e la non esistenza. Un’operazione che si rifà in maniera trasparente all’idea di Orson Welles nei suoi geniali RINTOCCHI DI MEZZANOTTE.
Marco Parodi
Personaqqi
SIR JOHN FALSTAFF
MONNA FAPRESTO, ostessa della "Giarrettiera”
MR. FRANK FORD
MRS ALICE FORD
MR. GEORGE PAGE
MRS MEG PAGE
ANNA PAGE, loro figlia
PISTOLA, compare di Falstaff
ROBINr paggio di Falstaff
MASTRO SILENZIO, qiudice di pace
MINGHERLINO, suo nipote
FENTON, qiovin siqnore
Due servitori di casa Ford, John e Robert.
PRIMO TEMPO
Scena 1
Robin, Monna Fapresto, Pistola, Falstaff.
Nel cortile della locanda della Giarrettiera.
ROBIN
Altolà! Il carro di Boote è sopra al camino nuovo e il nostro cavallo non è ancora sellato; se non sono le quattro del mattino, voglio essere impiccato! Olá, ostessa!
FAPRESTO (da dentro)
Chi mi chiama con questa voce incimurrita?
ROBIN
Guarda qua: il fieno e la biada sono fradici da far venire i vermi ai poveri cavalli! E credo che, quanto a pulci, questa sia la piú lurida locanda su tutta la strada di Londra. Sono punzecchiato come una tinca. (Forte) Olà, Monna Fapresto! Vieni qua! E che tu possa essere impiccata!
Irrompe in scena Monna Fapresto.
MONNA FAPRESTO
Cosa vai cianciando tu di forche? Se sarò impiccata io, il vecchio Sir John Falstaff, tuo padrone, lo sarà come me, e insieme faremo una bella e grassa coppia sul patibolo; io non mi associo coi miserabili qirovaghi, coi ladruncolì da quattro soldi, né con quei pazzi e paonazzi mustacchiati tracannatori di cervegia, ma con la nobiltà e la serenità, coi borgomastri e pezzi grossi, gente che sa l'affar suo. Perciò porta rispetto a questa locanda onorata, “in memoriam" del mio povero marito che Dio l'abbia in gloria!
ROBIN
Poveruomo! Non ebbe più un momento di allegria dacché il prezzo dell'avena aumentò; fu la sua morte.
FAPRESTO
Cosa vai brontolando, sacco di lana? Volesse Iddio che tu e il tuo padrone sapeste dove comprare una provvista di buon nome.
Tutto eccitato, entra Pistola
PI5TOLA
Nascondetevi, presto: ho portato via il cavallo dì Falstaff e quello ora si strugge come neve al sole. Nascondetevi, ho detto!
Fapresto e Robin si allontanano.
FALSTAFF (arrivando ansimante.)
Pistola! Pistola! Figlio di un giudeo scapezzato! Pistola!
PISTOLA
Oh, ecco che viene ìl magro John; ecco che viene osso scarnito. Ebbene, mia dolce creatura imbottita di vento, quanto tempo è trascorso da quando ti sei visto l'ultima volta il qinocchio?
FATATAFF
II mio ginocchio? Alla tua età io avevo la vita più sottile di un artiqlio d'aquila: sarei potuto passare attraverso l'anello di un arcivescovo. Al diavolo i sospiri e i dispiaceri! Fan gonfiare un uomo come una vescica. Andiamo, Pistola, riporta qui il mio cavallo.
PiSTOLA
Ma va via, briccone, sono forse il tuo stalliere?
FALSTAFF
Maledetto me perché rubo in compagnia di questo ladro di cavalli. Son vent'anni che a tutte le ore qiuro di abbandonarlo al suo destino,
FALSTAFF
eppure eccomi qui. Questo lanzichenecco deve avermi dato qualche pozione per farsi amare da me. Non può essere altrimenti
PiSTOLA
Silenzio, furfante dagli arnioni lardosi! Cosa vai sbraitando?
FAL5TAFF
Che canchero ti piglia di uccellarmi così?
PTSTOLA
Tu non sei uccellato, sei scavalcato.
FALSTAFF
Quando uno scherzo è così spinto, e a piedi per di più, io lo detesto. Ridammi il mio cavallo, canaglia, o andrò daqli sbirri a fare la spia, e allora vedrai che di grazia non ne avrai nessuna, neanche quella che serve da prologo ad un uovo col burro! Accidenti a tutto! Quando i ladri non sanno essere fedeli l'uno all'altro! Voqlio morire di fame se faccio un passo di più per rubare. Se diventare galantuomo e piantare questi furfanti non è un’azione buona quanto bere un bicchier di vino, io mi riconosco per il più grande mariolo che abbia mai masticato con un dente.
PISTOLA
Ma che dice messer Rimorso? Che dire Sir John Contrito... Racconta piuttosto cosa avete combinato tu e il diavolo, riguardo alla tua anima che gli vendesti l’ultimo Venerdì Santo per una coppa di Madera e una coscia di cappone freddo!
Robin irrompe in scena, sibilando:
ROBIN
Imbacuccatevi, imbacuccatevi, mettetevi le maschere: c’è denaro del re che scende dalla collina: va alle casse del re; ce n’è abbastanza per tutti!
FALSTAFF
Sì, di patiboli!
PISTOLA
Quanti sono?
ROBIN
Stanno tutti nelle dita di una mano.
FALSTAFF
Cacasangue! Allora saranno loro a derubare noi!
PISTOLA
Silenzio, pancione! Sdraiati giù, metti l'orecchio a terra e ascolta se senti il passo dei viaggiatori.
FALSTAFF
Poi ci vorranno delle leve per tirarmi su! Nossignori, non porterò la mia carne così lontano a piedi, per tutto ìl denaro del mondo.
PISTOLA
Che! Sareste un codardo, Sir John Pancia?
FALSTAFF
Codardo io? Pel sangue di Dio! Se mi chiamate codardo vi pianto questo pugnale nella coratella. Peste a tutti i codardi! Io sarò dei vostri. Se non sarà così, chiamatemi furfante e schernitemi.
PISTOLA
Davvero, pappagorgia? Ti mettiamo alla prova. Potremo fare il colpo sicuri come se dormissimo nei nostri letti. Voi due li affronterete al bivio del sentiero; io li aspetterò poco oltre. Se sfuggono al vostro assalto dovranno fare i conti con me. Robin, dove sono i nostri travestimenti?
ROBIN
Qui vicino.
PISTOLA
Compare John, il tuo cavallo è dietro la siepe; quando ne avrai bisogno lo troverai là.
FALSTAFF
Lo vedi, Pistola, predare è la mia vocazione, e un uomo non fa peccato a lavorare secondo la sua vocazione!
EXEUNT.
Scena 2
Mastro Silenzio, Mingherlino, Falstaff, Pistola, Robin, Mr. Page.
Fa il suo ingresso, lemme lemme, Mastro Silenzio in compagnia del nipote Mingherlino.
SILENZIO
Vieni, nipote Mingherlino. Lascia che i nostri servi conducano i cavalli giù per la collina. Noi ne approfitteremo per sgranchirci le gambe. Voglio esporti un’idea che mi frulla per la testa da qualche tempo, e che potrebbe dare ottimi frutti. Tu conosci Anna Page, la figlia di Mastro Page? Una graziosa verginella...
MINGHERLINO
Anna Page? Capelli biondi e una vocetta, una di quelle vocette di donna.
SILENZIO
Lei è la sola persona al mondo che tu devi desiderare: lei, e le settecento sterline d’oro che il nonno sul letto di morte - che Dio lo conduca a una felice resurrezione - le ha lasciato in eredità per il suo diciassettesimo compleanno. E sarebbe proprio un gran bel matrimonio, il tuo.
MINGHERLINO
Le ha lasciato davvero settecento sterline, il nonno?
SILENZIO
Non una di meno. Senza contare quanto erediterà dal padre.
MINGHERLINO
Conosco la signorina. Effettivamente ha moltissime doti.
SILENZIO
Settecento... più l’eventuale: sì, è molto dotata.
Su di loro piombano Falstaff, Pistola e Robin camuffati.
PISTOLA
Fermi!
SILENZIO
Gesù ci benedica! (Sviene in braccio al nipote)
FALSTAFF (saltellando in qua e in là)
Colpiteli! Accoppateli! Tagliategli il collo a questi birbanti! Ah, vermi figli di bagascia! Bricconi ingrassati a prosciutto! Costoro ci odiano, noialtri “giovani”; accoppateli! Tosateli! Avanti, coticoni! Avanti! E che, furfanti! I “giovani” devono pur campare!
Fuggono, lasciando i due per terra tramortiti e derubati.
MINGHERLINO (flebilmente)
Al soccorso! Accorruòmo! All’assassino! Al grassatore! Non c’è dunque più coraggio a questo mondo?
Dalla porta di casa fa capolino Mr. Page.
PAGE
Ma chi è là? (Vedendo i due tramortiti, si precipita in loro soccorso) Oh, Gesù! Signor mio! Signor mio!... Mastro Silenzio, che vi sentite? E anche voi, Mr. Mingherlino, cosa è stato? Chi vi ha conciati così?
MINGHERLINO
Cento addosso a noi poveri due.
PAGE
Che! Cento, amico mio?
MINGHERLINO
L’abbiamo scampata per miracolo. Ho avuto otto puntate attraverso il mio giustacuore, quattro attraverso le brache, il mio brocchiere è stato passato da parte a parte; la mia spada intaccata come una sega: “ecce signum!”
PAGE
Avete combattuto contro tutti?
MINGHERLINO
Tutti? Non so cosa vogliate dir con tutti, ma se io non ho combattuto con cinquanta di loro, sono un mazzo di rape! Se non ce n’erano cinquantadue o cinquantatre sul povero Mingherlino, io non sono allora una creatura a due gambe.
PAGE
Pregate Iddio di non averne ucciso qualcuno.
MINGHERLINO
Che! Ormai le preghiere non giovan più. Ne ho cucinati due; due bricconi in abito di bucherame. Io stavo così e tenevo la punta a questo modo; quattro bricconi in bucherame mi piombarono addosso
PAGE
Come, quattro? Avete detto or ora soltanto due.
MINGHERLINO
Quattro, Mr. Page, ho detto quattro. Questi quattro venivano di fronte e puntarono con gran vigore contro di me. Io non mi scomposi punto per questo, ma presi le loro sette punte con la spada, così.
PAGE
Sette? Ma se or ora non ce n’eran che quattro?
MINGHERLINO
Sette, per quest’elsa! Mi state a sentire, Mr. Page?
PAGE
Sì, e sono anche tutto orecchi!
MINGHERLINO
Fate bene, poiché questo val la pena di essere ascoltato. Questi nove in bucherame dei quali vi parlavo...
PAGE
Bene, già due di più.
MINGHERLINO
...essendosi spezzate le loro punte, cominciarono a cedermi terreno; ma io li incalzai da presso, li attaccai corpo a corpo e, rapido come il pensiero, sette degli undici ne servii...
PAGE
Miracolo! Undici uomini in bucherame scaturiti fuori da due!... Ma ecco che vostro zio si riprende. Mastro Silenzio, come vi sentite?
SILENZIO (rinvenendo a fatica)
Come uno che abbia toccato la corda più bassa dell’umiltà. Davanti a voi, Mr. Page, stanno due galantuomini che han perduto in una volta sola trecento sterline.
PAGE
Avete riconosciuto i banditi?
SILENZIO
Uno di loro era un omone grasso.
MINGHERLINO
Grasso come il burro.
PAGE
Potrebbe trattarsi di Sir John Falstaff: ebbene, se è stato lui a derubarvi, ne sarà responsabile e impegno la mia parola che lo porterò qui affinché risponda a voi di qualunque cosa sarà accusato.
SILENZIO
Sia come sia, ne farò un caso da ricorso alla Camera Stellata: perché a me, Mastro Silenzio, giudice di pace della contea di Gloucester, uno dei “quorum” e “custalorum” e “rotulorum” eziandio, non la si fa!
PAGE
Lasciate stare la Camera Stellata, Mastro Silenzio, non cadiamo in certi “equinozi”. Son qua io, pronto a fare un accordo transitivo fra voi due.
SILENZIO
Ah, sangue di me, cinquant’anni di meno e la parola sarebbe alla spada!
PAGE
Lasciate che di spada parlino gli amici. Venite a ristorarvi in casa mia, che c’è pronto un pasticcio di cacciagione.
SILENZIO
A proposito, Mr. Page, vi è qua il mio giovane nipote Mingherlino, che avrebbe da cantarvi una certa canzone, sempre che la musica riesca di vostro gradimento.
Da casa Page esce Anna.
MINGHERLINO
Cielo!...E’ Anna Page.
SILENZIO
Mistress Page, lieto di vedervi!
PAGE
Figlia mia, fai buona accoglienza a questi signori. Passate, passate, signori...
Tutti, eccetto Mingherlino, entrano in casa Page.
MINGHERLINO
Darei quaranta scellini per avere qui il mio libro di sonetti e canzoni.
Mastro Silenzio esce a chiamare il nipote.
SILENZIO
Su, cocco mio; su, cocco bello; andiamo, nipote: siam tutti ad aspettarti.
MINGHERLINO
Sì, zio, vengo.
SILENZIO
Una parola, cocco, ehm, perdio, questo: c’è, diremo, un piano, una specie di piano... segui l’idea?
MINGHERLINO
La seguo.
SILENZIO
E sarai ragionevole?
MINGHERLINO
Se si deve fare, farò tutto quello che è ragionevole fare.
SILENZIO
Ma saprai affezionare la ragazza? Insomma, per parlar chiaro, potrai riporre in lei il tuo affetto?
MINGHERLINO
Spero di fare come si conviene ad uno disposto ad ogni cosa che sia ragionevole.
SILENZIO
Ma no, Dio signore e Santissima Madonna! Devi dirmi, positivamente, se potrai fissare la tua propensione su di lei.
MINGHERLINO
Posso fare cose anche più coraggiose, a vostra richiesta, zio.
SILENZIO
Cerca d’intendere! Cerca d’intendere, nipotino. Quello che faccio è nel tuo esclusivo interesse... Puoi provare amore per la ragazza?
MINGHERLINO
Sono pronto a sposarla, se voi volete. Ed anche se sulle prime non sarà un grande amore, potrà sempre “decrescere” in seguito, con l’aiuto del cielo, quando ci saremo sposati ed avremo occasione di
MINGHERLINO
conoscerci meglio. Voglio sperare che dalla maggiore intimità si accresca sempre più la “repulsione”. Quindi se mi ordinate di sposarla, io la sposo, perché a sposarla io sono pronto e “dissoluto”.
SILENZIO
Mi pare una risposta proprio come si deve.
MINGHERLINO
E se non è vero, che mi caschino gli occhi sui due piedi!
Scena 3.
Mastro Silenzio, Anna Page, Mingherlino, Mr. Page.
Rientra in scena Anna Page.
SILENZIO
Ecco la bella signorina Anna! (S’inchina) Ah, miss Anna, potessi avere cinquant’anni di meno!
ANNA
La cena è servita, signori. Mio padre desidera la vostra riverita compgnia.
SILENZIO
Ai vostri ordini, mia bella signorina. (E rientra in casa).
ANNA (vedendo Mingherlino in bambola)
Volete cortesemente entrare, signore?
MINGHERLINO
Vi ringrazio, e di cuore. Ma sto benissimo così.
ANNA (spazientita)
E’ pronto in tavola, signore.
MINGHERLINO
Sul serio, non ho fame. Grazie ancora.
ANNA
Se non entrate voi, non posso entrare nemmeno io. Vi aspettano per sedersi a tavola.
MINGHERLINO
Fate conto che abbia accettato.
ANNA (che ormai ha perso la pazienza)
Vi supplico, signore, passate dentro!
MINGHERLINO
Preferisco far due passi qui. Mi hanno colpito alla testa, i grassatori, e l’odore delle vivande calde mi dà la nausea. Ma che cos’hanno i vostri cani che non fanno che abbaiare? C’è qualche orso qui nelle vicinanze?
ANNA
Così si dice in giro.
MINGHERLINO
Scommetto che avreste paura ad incontrare un orso.
ANNA
Certo che sì.
MINGHERLINO
A me, invece, non fanno né caldo né freddo. Ma le donne non li possono soffrire: a vederli se la fanno sot... chiedo scusa... sono delle gran brutte bestiacce!
Page si fa sulla porta di casa.
PAGE
Volete entrare, Mastro Mingherlino. Stiamo ad aspettare voi.
MINGHERLINO
Io non mangio. Tante grazie, signore.
PAGE
Per tutti i diavoli! Non voglio mica darvela vinta! Avanti, entrate!
MINGHERLINO
Non sia mai... dopo di voi.
PAGE
Animo! Animo!
MINGHERLINO (fa per incamminarsi, ma si ferma e si volta)
Signorina Anna! Prima dovete passare voi!
ANNA
Signore, entrate, vi prego!
MINGHERLINO
No davvero che non entrerò. Ci mancherebbe altro. Non vi farò mai questo sgarbo.
ANNA (spingendolo bruscamente)
Per piacere, signore...
MINGHERLINO
E allora... meglio villano che importuno; ma vi fate torto, credetemi, vi fate torto!
Si decide ad entrare in casa, seguito da Anna.
Scena 4.
Falstaff, Robin, Monna Fapresto, Pistola.
La taverna della Giarrettiera.
FALSTAFF
Vedi, Robin, non sono io miseramente deperito dopo questa ultima azione? Non sono scemato? Non m’assottiglio? Ecco, la pelle mi casca da dosso come la cioppa d’una vecchia matrona: sono avvizzito come una mela renetta. Cosa dice il dottore della mia orina?
ROBIN
Ha detto, messere, che l’orina di per se stessa è una buona e sana orina, ma che il suo possessore si porta addosso più croci di un cimitero.
FALSTAFF
Ebbene, mi pentirò e alla svelta, mentre ho ancora un pò di floridezza: tra poco sarò così rifinito che non avrò più la forza di pentirmi. La compagnia, la scellerata compagnia è stata la mia rovina!
ROBIN
Sir John, siete così agitato che non potrete vivere a lungo.
FALSTAFF
Andiamo, cantami le osterie; fammi stare allegro. Io declinavo alla virtù come deve fare un gentiluomo, bestemmiavo poco, non giocavo ai dadi più di sette volte alla settimana, non andavo al bordello più di una volta al giorno; tre o quattro volte ho restituito il denaro preso in prestito: insomma vivevo bene e con buona misura: e ora vivo senza alcun ordine, oltre ogni misura.
ROBIN
Sfido! Siete così grasso, Sir John, che per forza dovete essere oltre ogni misura, oltre ogni ragionevolissima misura, Sir John.
Entra Monna Fapresto.
FALSTAFF
Come va, Monna Fapresto.
FAPRESTO
Ho avuto un capogatto, proprio così.
FALSTAFF
Così fan tutte: se hanno un capogatto, gatta ci cova.
FAPRESTO
Lurido briccone, è questo tutto il conforto che mi date?
FALSTAFF
Voi li fate grassi, i vostri bricconi, madama.
FAPRESTO
Io, li faccio! Li fanno la ghiottoneria e le malattie, non li faccio io.
FALSTAFF
Se il cuoco aiuta a far le ghiottonerie, la baldracca aiuta a far le malattie. Le prendiamo da voi, cara, da voi le prendiamo, riconoscilo, mia povera virtù, riconoscilo.
FAPRESTO
Ma impiccati, lurida anguilla, e alla svelta!
ROBIN
Andiamo, siamo alle solite: voi due non v’incontrate mai senza venire a male parole. Siete tutti e due “collirici” come due crostini risecchi; non potete sopportare le “confermità” reciproche. Alla buon’ora! Bsogna bene che uno sopporti, e dovete essere voi, Monna Fapresto, voi che siete il vaso più fragile, come suol dirsi, il vaso più vuoto.
FAPRESTO
Può un fragile vaso vuoto sopportare una così immensa botte piena? V’è in lui un intero carico di mercante di vini di Bordeaux; si è mai visto un bastimento con la stiva più piena?
FALSTAFF
“Paucas pallabris”, non siete che una donna!
FAPRESTO
Per la luce d’Iddio, nessuno mi ha mai chiamato così prima d’ora!
FALSTAFF
Va là! Ti conosco abbastanza bene.
FAPRESTO
No, Sir John; voi non mi conoscete, Sir John. Io vi conosco, Sir John; mi dovete del denaro, Sir John, ed ora attaccate briga per non darmelo. Mi dovete del denaro che io vi ho prestato qui per il vostro vitto, i vostri cicchetti: ventiquattro sterline. E se non è vero, non c’è più né fede, né verità, né sesso femminile.
FALSTAFF
Non c’è più fede in te che in una prugna cotta, né più verità che in una puttana al lavoro, e quanto alla femminezza le tue cosce sono gelide come i capezzoli di una strega. Và cosa sei, và!
FAPRESTO
Di sù, che cosa, che cosa?
FALSTAFF
Che cosa? Una bestia! Con tutto il rispetto per il sesso di donna!
FAPRESTO
Dì sù, che bestia sono, sudicione?
FALSTAFF
Che bestia? Ma una lontra!
FAPRESTO
Una lontra, Sir John, perché una lontra?
FALSTAFF
Perché non è né carne né pesce; e un uomo non sa come prenderla.
FAPRESTO
Tu sei ingiusto a dir così: tu o ogni altro uomo sa come prendermi.
FALSTAFF
In fede mia, no; e se così non fosse, prego Iddio che la mia cintura scoppi.
FAPRESTO
Oh, se scoppiasse come ti cadrebbero le budella fino ai ginocchi! Ma, sor coso, non c’è posto per la fede, la verità e l’onestà in questo tuo petto: è tutto pieno di budella e frattaglie. Ridammi i miei soldi, disonesto trippone!
FALSTAFF
Anima mia, dolce Eva, tu sai che Adamo nello stato d’innocenza cadde: e che cosa dovrebbe fare il povero John Falstaff in questi tempi d’immoralità. Tu vedi che io ho più carne di ogni altro uomo e perciò più fragilità. (Picchiano alla porta energicamente) Chi bussa così forte all’uscio? Guarda all’uscio, Robin.
ROBIN
E’ Pistola, e vuole entrare.
FAPRESTO
Se viene per attaccar briga, non fatelo entrare, no, in fede mia! Ho un nome e una reputazione da difendere, niente attaccabrighe qui, sprangate la porta.
FALSTAFF
Mi stai a sentire, ostessa? Mi stai a sentire? E’ il mio compare.
FAPRESTO
Lalleralléro, Sir John, meno ciancie. Il vostro compare attaccabrighe non passa dalla mia porta.
FALSTAFF
Non è un attaccabrighe, ostessa, è un mansueto farabutto che potete accarezzare dolcemente come un gattino: non attaccherebbe briga con una gallina se questa drizzasse le penne e facesse finta di resistere. Fallo entrare, Robin.
FAPRESTO
Guardate come tremo, padroni miei, guardate, in fede mia. Non è vero che tremo? Tremo proprio come una foglia di pioppo. Non posso sopportare gli attaccabrighe.
Robin fa entrare Pistola.
PISTOLA
Dio ti salvi, compare John!
FALSTAFF
Benvenuto, compare Pistola. Qua, Pistola, che ti carico con una coppa di vin di Spagna.
PISTOLA
Ed io scaricherò sull’ostessa con due palle.
FALSTAFF
E’ a prova di pistola, messere; sarà difficile che le rechiate offesa.
FAPRESTO
Caricare me! Vi disprezzo, miserabile! Io non son vivanda per voi!
PISTOLA
Vi conosco, Monna Fapresto.
FAPRESTO
Via di qua, canaglia, pappone e spia.
PISTOLA
Vecchia gorgiera, ti stuzzicherò la catastrofe per quello che hai detto.
ROBIN
Vattene, Pistola; finiremo con una rissa.
PISTOLA
Voglio Dora Squarcialenzuola, con quel suo bel paio di piopponi, mica scherzo! Dove l’avete messa?
FAPRESTO
Sulla mia parola, non c’è niente di simile qui! Alla buon’ora! Pensate forse che la nasconderei?
PISTOLA
Allora dateci del vin di Spagna, mia bella Callipoli. “Se fortuna mi tormenta, la speranza mi contenta.” Abbiamo paura delle bordate? no! che il demonio faccia fuoco: dammi del vin di Spagna, e, beneamata, tu sta qui. (Posa la spada sulla panca) Facciamo punto fermo qui e il resto non conta nulla.
FALSTAFF
Pistola, vorrei star tranquillo.
PISTOLA
Dolce cavaliere, ti bacio il pugno! Eh, ne abbiamo viste delle belle, noi due insieme. Abbiamo visto le sette stelle.
FAPRESTO
Per amor di Dio, buttalo giù dalle scale; non posso sopportare una simile tronfia canaglia.
PISTOLA
Buttarmi giù dalle scale! Senti questa vaccona che mi vorrebbe fare!
FALSTAFF
Basta, Pistola, scaricateci della vostra compagnia. Buttalo fuori, Robin, come uno scellino al rimbalzino; se non sa far altro che dire sciocchezze, non ha niente da fare qui.
ROBIN (tutto tremante)
Vieni, vieni con me, Pistola, senza far chiasso.
PISTOLA
Come? Avremo un salasso? Verseremo sangue? (Afferra la spada) “Allora, o morte, cullami al tuo sonno.”
FAPRESTO
Qui finisce male.
PISTOLA
“I mesti dì m’abbrevia!”
FALSTAFF
Dammi la mia spada, ragazzo.
PISTOLA
“E gravi, orrende, boccheggianti ferite...”
FAPRESTO
Ti prego, John, lascia stare la spada!
PISTOLA
“...orsù dipanino le tre sorelle! Vieni, Atropo, m’odi!”
FALSTAFF (sguainando la spada)
T’ho detto di andartene!
FAPRESTO
Ohimé! Ohimé! Rinfoderate le spade nude!
ROBIN (sforzandosi di trattenere Pistola)
Vieni via, Pistola, da bravo!
FAPRESTO (abbracciando Falstaff)
Vieni, ciccione d’un figlio di puttana. Lo sai che ti amo davvero, sei valoroso come Ettore di Troia. Non fare così, lascia stare la spada.
FALSTAFF
Ti farò saltare come dentro una coperta.
FAPRESTO
Se non lo farai, ti sballotterò fra due lenzuola.
PISTOLA
Questa miniera di sego meriterebbe che gli tagliassi le orecchie davanti alla sua scanfarda!
Falstaff fa per slanciarsi su Pistola con la spada in pugno, ma viene fermato da un’energica picchiata all’uscio.
VOCE (da fuori)
Aprite, in nome della legge!
FALSTAFF (sbiancando)
Addio ostessa! Adesso tu vedrai, mia buona ragazza, come si ricercano gli uomini di merito. E dovremo andarcene di qui senza aver colto il più dolce boccone della notte.
Scena 5.
Mastro Silenzio, Mingherlino, Mr. Page, Falstaff, Robin, Pistola, Monna Fapresto.
Entra Mastro Silenzio, seguito da Mingherlino e da Mr. Page.
SILENZIO
Chi è quello laggiù?
PAGE
Falstaff, piaccia a Vostra Signoria.
SILENZIO
Chiamatelo.
PAGE
Sir John Falstaff!
FALSTAFF (a Robin)
Ragazzo, digli che sono sordo.
ROBIN
Dovete parlare più forte, il mio padrome è sordo.
SILENZIO
Non ne dubito, ad ogni azione onesta. Avanti, tiratelo per il gomito, debbo parlargli.
PAGE
Sir John!
FALSTAFF
Come? Un pezzo di giovanotto che chiede l’elemosina? Non c’è lavoro? Non c’è la guerra? Non c’è bisogno di soldati?
PAGE
Vi sbagliate sul mio conto, messere. Mastro Silenzio, il giudice di pace, vorrebbe parlarvi.
FALSTAFF (mutando tono di colpo)
Mio buon signore! Che Iddio dia il buon giorno a Vostra Signoria. Son contento di vedere in giro Vostra Signoria; avevo sentito dire che Vostra Signoria era malata; spero che Vostra Signoria sia uscita dietro consiglio medico. Vostra Signoria, sebbene non abbia del tutto passata la giovinezza, ha alquanti anni sulla groppa, qualche sapore dell’amarezza del tempo, ed io umilmente supplico Vostra Signoria di avere una reverente cura della sua salute.
SILENZIO
Sir John, sono venuto qui per...
FALSTAFF
Avevo anche sentito dire che Vostra Signoria ha avuto un attacco di quella fottuta apoplessia.
SILENZIO
Ma niente affatto.
FALSTAFF
Questa apoplessia è, a quel che apprendo, una specie di letargia, una specie di sonno nel sangue, un fottuto fischietto negli orecchi.
SILENZIO
E che me ne importa? Sia quel che sia.
FALSTAFF
Ha origine da grandi dispiaceri, dal troppo studio e dal turbamento del cervello. Ho letto la causa dei suoi effetti in Galeno: è una specie di sordità.
SILENZIO
Evidentemente soffrite anche voi di questa malattia, dal momento che non arrivate a sentire quello che vi dico.
FALSTAFF
Perdonate, mio buon signore, ma è piuttosto la malattia di non ascoltare, la malattia di non fare attenzione che mi affligge.
SILENZIO
Una buona dose di nerbate curerebbe la disattenzione dei vostri orecchi, e a me non dispiacerebbe affatto di diventare il vostro medico.
FALSTAFF
Son povero come Giobbe, mio signore, ma non altrettanto paziente. Vostra Signoria può bene per la mia povertà darmi la medicina della prigione, ma fino a qual segno io sarei vostro paziente per seguire le vostre ricette è una questione sulla quale i saggi possono avere un tantino di scrupolo.
SILENZIO
La verità è, Sir John, che voi vivete in una grande infamia.
FALSTAFF
Chi si mette la mia cintura non può vivere in una minore.
SILENZIO
I vostri mezzi sono molto scarsi e la vostra vita molto sregolata.
FALSTAFF
Vorrei che fosse altrimenti: i miei mezzi più grandi e la mia vita più snella. E poi, mio signore, la virtù è di così poco conto in questi tempi
FALSTAFF
di fruttivendoli, che gli uomini di valore devono far ballare gli orsi. L’ingegno è diventato un garzone d’osteria, e sciupa il suo agile spirito a fare i conti: tutte le altre doti che appartengono all’uomo, per la malvagità dei tempi che la trasformano, non valgono una cicca. Voi che siete vecchio non considerate le disposizioni di noi “giovani”; misurate il calore del nostro fegato dall’amarezza della vostra bile, e noi che siamo all’avanguardia della nostra giovinezza siamo, debbo pur confessarlo, alquanto scapestrati.
SILENZIO
Osate scrivere il vostro nome, voi, contrassegnato da tutti i caratteri della vecchiaia, nel registro della gioventù? Non avete l’occhio umido e la mano arida? La gamba che s’assottiglia e la pancia che cresce sempre? La vostra voce non è fessa e il respiro corto? Il mento non è ormai doppio e semplice il vostro cervello? E volete chiamarvi “giovane”! Andiamo, andiamo, Sir John!
FALSTAFF
Mio signore, nacqui verso le tre del pomeriggio con la testa bianca e il ventre alquanto rotondo. Quanto alla mia voce, l’ho perduta a salutar festosamente il prossimo e a cantar antifone. Non voglio dar maggiori prove della mia giovinezza. Il fatto è che sono vecchio soltanto per il sonno e l’intelligenza, e chi vuol fare una gara con me a capriole per mille sterline, tiri fuori il denaro e son pronto! L’uomo non può separare la vecchiaia dall’avarizia più di quel che possa le giovani membra dalla lussuria; ma la gotta tormenta l’uno e il mal francese pizzica l’altro, e così non posso maledire né l’una né l’altra delle due età.
SILENZIO
Cavaliere, avete bastonato me e mio nipote, ucciso un mio cavallo, scassinato i nostri forzieri e rubato le nostre borse.
FALSTAFF
E sverginata la figlia del guardiaboschi, no?
SILENZIO
Risponderete di tutto questo.
FALSTAFF
E rispondo subito. Ho fatto tutto quel che dite. Contento?
SILENZIO
Sentiremo cosa ne pensa il Tribunale.
FALSTAFF
Giusto, il Tribunale: vedrete che risate ci faremo. Mastro Mingherlino, a voi ho rotto la testa. Avete sporto querela contro di me?
MINGHERLINO
Eh, ce l’ho qui (dito sulla testa) la querela: grossa come una noce. Contro di voi e i vostri degni compari.
PISTOLA (sguainando la spada)
Sentitela, questa mezzasega!
MINGHERLINO
Non mi offendo!
ROBIN (sguainando lo spadino)
Mefistofelus!
MINGHERLINO
Non mi offendo!
PISTOLA
A fette ti faccio, pauca pauca, a fette, che mi sento in vena!
MINGHERLINO
Zio, zio, voi non dite niente?
PAGE
Calma, di grazia, cerchiamo di intenderci, procediamo con ordine.
FALSTAFF
Giusto, con ordine! Pistola, hai fatto tu il trasloco della borsa di Mastro Mingherlino?
MINGHERLINO
Sì, per quant’è vero che sono Mingherlino! E c’eran dentro sette pezzi da sei scudi d’oro, due scellini grossi d’Edoardo, che mi eran costati due scellini e due denari diascuno...
FALSTAFF
Che te ne pare, Pistola?
PISTOLA
“Sir, John, cavaliere, mio padrone.
non crederete a questo babbione,
a questa scrofola, a questa pecchia,
che vale quanto un peto di vecchia.
Lo riduco a uno stuzzicadenti.
Grida forte: tu menti, tu menti!”
MINGHERLINO (indicando Robin)
Allora vuol dire che sarà stato quest’altro...
ROBIN
Attento, fighetta, a giocare con queste mandragole capaci di spedire uno in galera; perché io son di umore cefalico e se perdo la durlindana ti apro come un messale!
FALSTAFF
Avete sentito? Smontate tutte le accuse, gentiluomini. Tutti testimoni! Evidentemente questo signorino era così cotto da perdere le sue cinque sentenze, e, così sborniato, fu, come si suol dire, ripulito; ed ora ricorda a vanvera e a sbrindelli.
SILENZIO
Bene, non voglio inasprire una ferita da poco sanata. Sir John, sono a conoscenza del modo che avete di storcere la verità, sì da farla apparire una menzogna. La vostra, diciamo così, eloquenza, ha alquanto dorato la vostra impresa sulla collina di Windsor. Potete ringraziare l’irrequietezza di questi tempi, se siete sfuggito tranquillamente alle conseguenze. Ma poiché tutto è accomodato, lasciatelo così: non svegliate il lupo che dorme.
FALSTAFF
Svegliare un lupo è rischioso quanto sentire l’odore di una volpe.
SILENZIO
Signori, che Iddio vi mandi un migliore compagno!
FALSTAFF
Che Iddio mandi al compagno dei signori migliori: non posso levarmeli di torno.
FAPRESTO (sforzandosi di essere euforica)
E adesso, affoghiamo nel vino i nostri risentimenti. Offro da bere a tutti!
SILENZIO (gelidamente)
Vi ringrazio, ma non permetterò a questo bubbone di essere familiare con me come con il mio cane. Andiamo, nipote. Mr. Page, vi faccio strada.
EXEUNT.
Scena 6.
Falstaff, Monna Fapresto, Robin, Pistola.
FALSTAFF
La fortuna di noialtri, che siamo i favoriti della luna, ha il suo flusso e riflusso come il mare, essendo governati come il mare dalla luna. Ed eccone la prova: una borsa d’oro strappata via risolutissimamente la notte di lunedì e dissolutissimamente spesa il martedì mattina; presa al bercio di “Metti giù!” e spesa al grido di “Porta qua!”: ora in magra bassa come il piede della scala, ora in piena alta come la cima della forca. Brrr! Sanguediddio, mi sento malinconico come un vecchio gatto o un orso strapazzato. Andiamo, Robin, un’allegra canzone. Siediti sul mio ginocchio, Monna Fapresto.
FAPRESTO
Mio grazioso maialetto, quando smetterai tu di combattere di giorno e tirar di scherma di notte, e comincerai a rattoppare le tue vecchie cuoia per il cielo?
FALSTAFF
Zitta, mia buona ostessa! Non parlare come una testa di morto; non mi far ricordare la mia fine.
FAPRESTO
Baciami, John.
FALSTAFF
E’ per lusingarmi che mi dài dei baci.
FAPRESTO
Sulla mia fede, ti bacio di cuor sincero.
FALSTAFF
Son vecchio, son vecchio.
FAPRESTO
Amo più te che non uno di quei giovincelli miseri.
FALSTAFF
Tu mi dimenticherai.
FAPRESTO
Mi metterò davvero a piangere se tu dici così.
FALSTAFF
Andiamo! Se non fosse per i tuoi ghiribizzi, non v’è miglior ragazza in Inghilterra. Prestami dieci sterline.
FAPRESTO
Oh, no, John! Ti prego, sarò costretta ad impegnare la mia argenteria.
FALSTAFF
Bicchieri di vetro, bicchieri di vetro è tutto quello che occorre per bere.
FAPRESTO
Ti prego, John, facciamo soltanto venti scellini; in verità non me la sento di impegnare le mie posate.
FALSTAFF
Non ne parliamo più: rimedierò in qualche altro modo. Sarai sempre una sciocca!
FAPRESTO
Ebbene, avrai le tue dieci sterline, dovessi impegnare la mia sottana. Spero che verrai a cena. Mi pagherai tutto insieme?
FALSTAFF (dandole una pacca sul didietro)
Com’è vero che voglio vivere!
L’ostessa esce correndo.
FALSTAFF
Non posso trovar rimedio a questa consunzione della borsa; a prender denaro in prestito la si fa a tirare avanti alla meglio, ma la malattia è incurabile. Bsogna che inventi qualcosa, che mi ingegni.
PISTOLA
I corvi giovani vogliono beccare.
FALSTAFF
Chi di voi conosce un tale Ford, qui a Windsor?
PISTOLA
Conosco il personaggio, è un tipo sostanzioso.
FALSTAFF
Miei disonesti compari, vi ho esposta la tragica situazione; ora vi dirò le misure da prendere.
PISTOLA (accennando alla pancia di Falstaff)
Circonferenza, oltre due metri!
FALSTAFF
Non fare lo spiritoso! Che la mia vita si aggiri nell’ambito dei due metri non si può negare. Ma non mi propongo di far vita più ascetica:
FALSTAFF
mi propongo di estendermi. Per farla breve: voglio conquistare la moglie di Ford. Ho scoperto che s’interessa a me; chiacchiera, parla in punta di forchetta, lancia sguardi invitanti. So interpretare a fondo il suo stile; e le sue più severe espressioni, tradotte in volgare, non dicono che questo: “Io appartengo a Sir John Falstaff!” Corre voce che abbia lei il governo della cassaforte: il marito è circondato da un’intera legione di angelotti d’oro (fa l’atto di chi conta monete).
PISTOLA
E tu da una legione di diavoli! Dacci sotto, forza!
FALSTAFF
Le ho scritto questa lettera (la mostra). Ed un’altra per la moglie di Page, che pure mi fa gli occhi dolci, dopo avermi studiato da tutti i versi, la buongustaia... Ora il suo sguardo posava sui miei piedi come un raggio di sole, ora indorava la mia pancia maestosa...
PISTOLA
Come il sole sul letamaio!
FALSTAFF
Il suo guardo percorreva il mio esteriore con sì avida attenzione, che dall’ardore di quegli occhi mi sentivo abbrustolire come da uno specchio ustorio. Questa è la lettera per lei (la mostra): ed è come un territorio della Guaiana... tutt’oro e tesori. Ed io diventerò il loro cassiere, e saranno le mie banche. Saranno le mie Indie orientali e occidentali, dove io estenderò grandi commerci. Pistola, porta questa lettera alla signora Page. E tu, Robin, quest’altra alla signora Ford. La fortuna è finalmente arrivata!
PISTOLA (buttando sul tavolo la lettera)
Io non son tipo da farvi da ruffiano. Ho la mia dignità io!
FALSTAFF (a Robin)
Allora, giovanotto, sarai tu a portare queste due lettere sane e salve a destinazione. “Voga, scialuppa mia, a quei lidi dorati!” Quanto a te, Pistola, svanisci! Struggiti come grandine al sole! Strascina pel mondo i tuoi zoccoli! Cercati un altro “covile”! Ormai Falstaff vivrà nello spirito dei tempi: economicamente, alla francese. Mi farò bastare un solo paggio, un paggettino e nient’altro. Marsch!...
Esce, seguito da Robin.
PISTOLA
“Che gli avvoltoi ti mangino la trippa!
Pronto son io a fare carte false,
mentre il paggetto gioca con la lippa.
Presto t’accorgerai quanto non valse
al tuo progetto liberarti di me.
Svelerò che vuoi far delle “colombe”
ai mariti, con tono sì sublime
che tutto finirà in un’ecatombe!”
Scena 7.
Meg Page, Alice Ford, Robin.
La strada davanti a casa Page. Dalla casa esce la signora Page, in cappello, scialle e con una lettera in mano.
MEG
Ma come!... Sono scampata alle letterine amorose al tempo in cui ero un fiore, e mi trovo a riceverne adesso! Ma vediamo un pò: (legge) “Non domandatemi perché vi amo. E se è vero che l’amore si lascia guidare dalla ragione, è altrettanto vero che non la ricerca come proprio confidente. Voi non siete più di primo pelo, né io lo sono: ecco un primo punto in comune. Siete allegra come me; ed è un secondo punto. Vi piace il vin di Spagna, ed a me un subisso. Come immaginare simpatia più completa? Se l’amore di un soldato vi basta,
MEG
allora io v’amo, signora Page. E non vi dirò: abbiate pietà di me, che non sarebbe parlar da soldato. Dirò soltanto: amatemi. E mi firmo:
Giovanni Falstaff, vostro servitore
sempre, di giorno e notte, a tutte l’ore,
pronto a pugnare per il vostro amore!”
Ma che razza di Giuda è costui! E che mondo, che mondaccio schifoso! Un vecchio bacucco e incitrullito che fa il galletto a questo modo. Io poi vorrei sapere, in nome del diavolo, che cosa nel mio contegno possa aver indotto questo ubriacone fiammingo a comportarsi così. Ma se in tutto ci saremo incontrati tre volte... E mi son mostrata sempre riservata: Dio m’è testimone. Ci vorrebbe una legge al Parlamento che punisca questi maschi fastidiosi con il taglio dei gingilli... Devo vendicarmi, questo è sicuro! Com’è sicuro che la sua pancia è un budino di semola.
Fa il suo ingresso Mrs. Ford, tutta agitata.
ALICE
Oh, signora Page! Stavo giusto per venirvi a trovare.
MEG
Ed io voi! Ma che avete? Non vi sentite bene?
ALICE
Neanche per idea. Vi assicuro, sto benissimo.
MEG
Allora sarà una mia impressione.
ALICE
Signora Page, ho bisogno di un consiglio.
MEG
Che vi succede, signora mia?
ALICE
Se non fosse per un briciolo di rispetto umano, potrei essere elevata ad un grande onore.
MEG
Infischiatevi di quel briciolo, mia cara, e prendetevi l’onore! Di che si tratta?
ALICE
Si tratta che se acconsentissi a discendere per un minuto d’eternità all’inferno, mi potrei insignire d’un bel titolo cavalleresco.
MEG
Volete scherzare! La cavalieressa Alice Ford. Cavalierati da bordello! Lasciate perdere l’araldica.
ALICE
Non perdiamo altro tempo. (Mostra la lettera) Leggete questa... leggete. Così saprete subito come io potrei ritrovarmi cavalieressa. Diffiderò dei pancioni finché abbia occhi da distinguere un uomo dall’altro!... Ma tu guarda: uno che non diceva mai parolacce; che lodava la modestia delle donne; e se biasimava un difetto lo faceva così garbatamente, in termini così onesti, da non dover dubitare che i suoi sentimenti fossero una cosa sola con le sue parole: mentre essi vanno d’accordo proprio come il diavolo e l’acqua santa. Quale tromba marina, mi chiedo, ha scaraventato sulle rive di Windsor questa enorme balena piena d’olio? Devo vendicarmi. E mi pare che il partito migliore sia quello di dargli spago, fino a farlo rosolare nel suo stesso lardo. V’è capitato mai nulla di simile?
MEG (confrontando le due lettere)
Sono uguali, precise, identiche... E’ mutato solo l’indirizzo: casa Ford invece di casa Page! Se vi può essere di consolazione, in questa fiera della maldicenza, la mia lettera e le vostre sono gemelle. Ma che la vostra si prenda pure la primogenitura: ché la mia, lo giuro, non lo farà mai. Son pronta a scommettere che ne ha un migliaio, forse più, di codeste lettere, con l’indirizzo in bianco. Le tira a stampa, non c’è
MEG
nessun dubbio; ché non gl’importa quella che mette sotto il torchio, dal momento che vorrebbe metterci anche noi due. Preferirei essere piuttosto una gigantessa sepolta sotto il monte Pelio. Ebbene, lo sapete quel che vi dico? E’ più facile trovare venti tortore viziose che un uomo, un solo uomo morigerato e casto.
ALICE (confrontando le due lettere)
Sono proprio uguali!... stessa calligrafia... stesse parole! Ma per chi ci prende, quello?
MEG
E chi lo sa? Quasi quasi comincio a dubitare della mia onestà. Ché certo se quello in me non avesse notato qualche inclinazione che mi sfugge, non m’avrebbe certo abbordato con tale violenza.
ALICE
Abbordato? State sicura che a bordo mio non sale di certo.
MEG
E in quanto a me, se facesse tanto di penetrare sotto il mio boccaporto, non prenderei più il mare. Orsù, vendichiamoci: diamogli un appuntamento. Incoraggiamolo e meniamola per le lunghe, fino al punto da impegnare i suoi cavalli dall’ostessa della Giarrettiera.
ALICE
Intendiamoci, però. Mi associo a voi nel fargliene patire di tutti i colori, purché non vada di mezzo la nostra reputazione. Se mio marito vedesse questa lettera, non la finirebbe più con la sua gelosia.
MEG
Il mio George, invece, è così infinitamente lontano dall’esser geloso, quanto son io da dargliene il più piccolo motivo. Ma guardate chi viene.
S’avanza Robin, venuto a ritirare le risposte.
MEG
E’ lui che ci fa da ambasciatore con quel cavaliere da strapazzo.
ALICE
Come il cacio sui maccheroni!
MEG
Vieni avanti, piccola mandragora, che sei più adatto ad esser portato al mio cappello che a seguirmi alle calcagna. Che preferisci: farmi da cavaliere o stare attaccato alle natiche del tuo padrone?
ROBIN
A dire il vero, preferisco camminare avanti a voi come un vero uomo, piuttosto che stare dietro al mio padrone come un nano.
MEG
Adulatore! Diventerai un perfetto cortigiano.
ALICE
Coraggio, venite con noi. Abbiamo da fare una bella chiacchierata!
EXEUNT.
Scena 8.
Mr. Page, Mr. Ford, Pistola.
Davanti alla casa di Mr. Ford.
FORD
Voglio sperare che non sia vero!
PISTOLA
A volte la speranza è un cane scodato. A Falstaff gli piace vostra moglie!
FORD
Che storie, signor mio! Mia moglie non è una ragazzetta.
PISTOLA
Ma quello se la fa con tutte, grandi e piccole, ricche e povere, vecchie e giovani, senza eccezione, caro Ford. E’ il miscuglio, l’insalata che gli piace.
FORD
Fa la corte a mia moglie!
PISTOLA
E con che ardore! Voleva che portassi a vostra moglie una delle sue solite lettere. Ma io sono uomo di spada e non faccio il ruffiano. Attenzione, o andrete in giro con un bosco in testa. Che parola odiosa!
FORD
Quale?
PISTOLA
Le corna! Arrivederci. E... apri l’occhio. La notte è fatta per rubare. (Gli fa dei cenni di complicità) Occhi aperti!... Prima che venga l’estate e i cuculi si mettano a cantare. Datemi retta, Mastro Ford! (E si dirige verso la casa di Mr. Page)
FORD
In questa storia voglio vederci chiaro.
Lo segue di nascosto, lo vede battere all’uscio e attirare in disparte Mr. Page. Avvicinandosi cautamente, lo sente ripetere la solita filastrocca.
PISTOLA
Proprio così, sta scritto nel Vangelo. Gli piace vostra moglie. Il mio nome è Pistola. E dichiaro che quanto ho detto è nello spirito della più pura verità. (Indietreggiando, con fare misterioso) Psst!... mi chiamo Pistola.... a Falstaff gli piace vostra moglie. E a me non piacciono i cornetti... e questo è quanto... acqua in bocca... Adieu! (EXIT).
PAGE (da solo)
I cornetti... il Vangelo... non ho mai incontrato un furfante più ciarliero e spropositato.
FORD (sbucando all’improvviso)
E dunque, Mastro Page?
PAGE
Avete sentito quel furfante che cosa mi ha detto?
FORD
Le stesse identiche cose che ha detto a me.
PAGE
Le stesse? Volevo ben dire. Che il diavolo lo porti, quel manigoldo! Per me il Cavalier Falstaff non è capace d’una cosa simile. E quello che lo accusa di avere delle mire sulle nostre mogli è un compare che ha rotto con lui... una canaglia senza impiego.
FORD
Era un suo compare?
PAGE
Come, non lo sapete?
FORD
Questo non mi rassicura affatto. Dove abita Falstaff?
PAGE
Alla locanda della Giarrettiera. E vi dirò un’altra cosa. Ammesso che Falstaff corteggi mia moglie, io lo lascerò fare. E sul mio capo porterò tutte le conseguenze, se da mia moglie otterrà più che delle rispostacce.
FORD
Intendiamoci, di mia moglie non dubito. Ma mi ripugna lasciar correre le cose. Ché non bisogna fidarsi mai troppo. E quell’idea delle conseguenze sulla testa, non mi piace per niente.
EXEUNT.
Scena 9.
Falstaff, Mr. Ford, Robin.
Nella locanda della Giarrettiera.
FALSTAFF (a Robin)
Avanti, timido stupidello, è così difficile sverginare un boccale di birra? E non arrossire fino alle orecchie come un chierico foruncoloso. Veniamo al dunque: che ti ha detto la signora Ford.
ROBIN
Gran brava signora, credetemi! Ma Dio mio, che seduttore siete! Che il cielo perdoni a voi e a noi tutti quanti. Amen.
FALSTAFF
Amen. La signora Ford. Procediamo... La signora Ford...
ROBIN
L’avete messa in tale “organismo” che è un piacere. Il cavaliere più bello di quanti si vedono quando la corte si trasferisce a Windsor, non sarebbe riuscito a farla “titubanzare” a quel modo.
FALSTAFF
Ma si può sapere che cosa mi manda a dire? Sii breve, mio buon Mercurio.
ROBIN
Avete ragione. Ha ricevuto la vostra lettera, ve ne ringrazia mille volte; e vi fa sapere che suo marito stasera sarà assente da casa fra le dieci e le undici.
FALSTAFF
Tra le dieci e le undici.
ROBIN
Esatto. E che potrete venire da lei a vedere il quadro che sapete. Il signor Ford, il marito, se ne andrà finalmente. Con lui quella poverina fa una vita d’inferno! E’ talmente geloso!
FALSTAFF
Dunque, fra le dieci e le undici. Portale i miei omaggi, e dille che non mancherò.
ROBIN
Non abbiate fretta. Ho un altro messaggio per vostra eccellenza. Anche la signora Page vi manda i saluti più cordiali, e m’incarica di dirvi che suo marito difficilmente s’assenta da casa, ma che non dispera di poter cogliere una buona occasione... Non ho mai visto una donna più “infanatichita” per un uomo. Ma che cosa ci avete lì? Ci avete l’incantesimo?
FALSTAFF
Nessun incantesimo, ti assicuro; ad eccezione di qualche piccolo dono naturale.
ROBIN
Dio ve li benedica!
FALSTAFF
Ma dimmi un pò una cosa. La moglie di Ford e la moglie di Page, non si saranno mica confidate l’una con l’altra questa passione per me?
ROBIN
Ci mancherebbe altro! Non sono mica tanto sciocche. Quello sarebbe un bel tiro!
FALSTAFF
A meraviglia! Porta subito i miei omaggi alle signore. E c’è qui qualcosa per te... (fruga in tasca, ma poi rinuncia)... che ti darò al più presto... ma s’intende che ti resto debitore... Và, di corsa...
Robin si allontana.
FALSTAFF
Tutte queste notizie mi fanno girare il capo. Che ne dici, vecchio mio? Coraggio e avanti! Da questa vecchia carcassa finirò col trarre più vantaggio di quando ero giovane. A quanto pare non si stancano di
FALSTAFF
guardarti. Può darsi che dopo avermi sciupati tanti soldi, tu ora me ne cominci a guadagnare: ti ringrazio, corpaccio!
Rientra Robin, con una caraffa di vino.
FALSTAFF
E tu cosa fai ancora qui? Corri dalle due signore, ti ho detto!
ROBIN
Vado subito. Ma prima volevo dirvi che c’è un certo Messer Brook che vorrebbe conoscervi e parlarvi. E intanto vi ha mandato questo caratello di vin di Spagna.
FALSTAFF
Brook, si chiama?
ROBIN
Sì, signore.
FALSTAFF
Che passi il “bruco”! Sempre benvenuti i “bruchi” che portano tanta abbondanza! (Fa sgocciolare il caratello) Ah, cara signora Ford, cara signora Ford! V’ho afferrato per la vita, eh?
Entra Ford, che nasconde il viso dietro una folta barba, con in mano una grossa borsa di denaro.
FORD
Dio vi protegga, signore.
FALSTAFF
E protegga voi. Desiderate parlarmi?
FORD
Penserete che io sia uno sfacciato a presentarmi così, senza preavviso.
FALSTAFF
Ma niente affatto! In che cosa posso esservi utile?
FORD
Io sono uno, signore, che ha sperperato un’immensità di denaro. Il mio nome è Brook.
FALSTAFF
Ebbene, caro signor Brook, io non domando di meglio che approfondire la nostra conoscenza.
FORD
E così sia. Vi dico subito che non sono venuto qui per chiedervi del denaro, dal momento che, di noi due, son forse io ad avere maggiori disponibilità. Questo, in un certo senso, mi ha incoraggiato a presentarmi, sebbene in modo un pò importuno. Ma, come suol dirsi, quando il denaro va avanti, si spalancano tutte le porte.
FALSTAFF
Il denaro, signor mio, è e sarà sempre la più forte avanguardia.
FORD
Parole sante. Intanto, ecco qui un gruzzoletto che mi pesa! Aiutatemi voi, signor Falstaff. Prendetelo tutto... o almeno una metà; ma alleggeritemi di questo fardello!
FALSTAFF
Signore, non so proprio come io abbia meritato di diventare, diciamo così, il vostro facchino!
FORD
Ve lo spiego in due parole, se vorrete avere la compiacenza di ascoltarmi.
FALSTAFF
Parlate, Mastro Brook. E sarò ben lieto di mettermi a vostra completa disposizione.
FORD
So che siete un uomo di cultura, e quindi di larghe vedute, perciò non andrò tanto per le lunghe. Devo confessarvi una cosa, anche se
FORD
questa mi metterà forse in cattiva luce ai vostri occhi. Ma vi prego, Sir John, ascoltando tutte le follie che sto per raccontarvi, cercate di non perdere d’occhio le vostre. E ricordando come sia facile cadere in certi peccati, forse vi sarà più agevole concedermi il vostro perdono.
FALSTAFF
Benissimo. Andate avanti.
FORD
In questa città c’è una gentildonna, moglie di un certo Ford...
FALSTAFF
E va bene.
FORD
Questa gentildonna io l’amo da sempre. E per lei, vi assicuro, ne ho fatte di tutte. L’ho seguita con una assiduità piena di fervore; ho cercato ad ogni prezzo qualsiasi occasione d’incontrarmi con lei, ma che dico? d’intravederla, non fosse che per un attimo. Le ho comprato un’immensa quantità di regali: e non a lei soltanto, ma a tutti quelli che sapessero consigliarmi intorno ai suoi gusti ed ai suoi desideri. In breve, l’ho assediata, come l’amore assediava me, senza tregua. Per il mio amore, o non fosse altro per la mia prodigalità, qualche ricompensa potevo meritarla. Nulla ne ho ricavato, fuorché l’esperienza. Dicono che l’esperienza è un gioiello. Un gioiello che ho pagato un prezzo favoloso. Ho imparato che:
“L’amor com’ombra fugge, se amor sostanza insegue;
insegue quel fugge, e fugge quel che insegue.”
FALSTAFF
Ditemi una cosa: mostrò mai la signora di incoraggiare le vostre attenzioni?
FORD
Mai.
FALSTAFF
E cercaste mai di sollecitarla in tal senso?
FORD
Mai!
FALSTAFF
Ma che razza di amore era il vostro?
FORD
Era come una bella casa costruita sul terreno di un altro.
FALSTAFF
E per quale ragione venite a raccontare a me questa storia?
FORD
Detto questo è detto tutto. Si vocifera in giro che, mentre con me ella si mostrava così ritrosa, con altri si sia lasciata trasportare in ben altra maniera. Ed eccoci al nodo della questione. Voi siete un gentiluomo di eccellente lignaggio, d’ammirevole eloquio, di grande entratura, di rango imponente e di figura cospicua. Le vostre benemerenze di guerriero, di uomo di corte e di lettere sono universalmente note.
FALSTAFF
Io non vorrei...
FORD
Via, via, le cose stanno così e voi lo sapete! Questi sono denari. Spendetene, spendeteli tutti; spendetene anche di più, spendete tutto quello che ho... Io, in cambio, non chiedo che una piccola parte del vostro tempo... quanto basta per cingere d’assedio la virtù della signora Ford. Adoperate tutte le vostre arti di seduttore. Conquistatela. Se esiste una sola possibilità, a voi deve riuscire meglio che ad ogni altro.
FALSTAFF
Quello che non mi spiego è in che modo può giovare alla vostra grande passione spingere me a conquistare ciò che desiderate per voi. Vorrete convenire che si tratta di una terapia abbastanza curiosa.
FORD
Seguite fino in fondo il mio ragionamento. Quella donna è talmente asserragliata nella fortezza della sua virtù, che la mia folle passione non osa manifestarsi a lei. Ella è come una luce troppo vivida perché la si possa fissare. Ma s’io riuscissi a presentarmi a lei con in mano qualche prova sicura della sua leggerezza, forse il mio desiderio potrebbe contare su un certo fondamento di pretesa. E potrei cercare di snidarla da quei baluardi della sua purezza, della sua reputazione, della fedeltà coniugale e di mille altri bastioni dietro ai quali ora si difende da ogni mio assalto. Che ne pensate, Sir John?
FALSTAFF (soppesando la borsa)
Mastro Brook: “in primis” accetto senza complimenti il “conquibus”. Ed ora, qua la mano! Se questo è il vostro desiderio, parola di gentiluomo che vi godrete la moglie di Ford.
FORD
Oh, caro signore!
FALSTAFF
Ve la godrete, vi dico!
FORD
E mi raccomando, non badate a spese, Cavaliere; denaro ne avrete a bizzeffe.
FALSTAFF
E la moglie di Ford l’avrete, l’avrete “a bizzeffe”! In confidenza, sono atteso da lei: è stata una sua inziativa. Un minuto avanti che arrivaste voi, usciva di qui un suo messaggero... o ruffiano, se vogliamo chiamarlo così. E vi dico che la bella signora Ford mi aspetta questa sera, fra le dieci e le undici, dal momento che per allora quella “piattola” del marito non sarà in casa. Passate da me più tardi, e saprete com’è andata.
FORD (con un inchino)
E’ una vera fortuna che mi sia messo in mano vostra... Ma Ford, lo conoscete?
FALSTAFF
Al diavolo quel povero cornuto! Non lo conosco. Che povero non è neanche tanto... Perché dicono che quel “beccaccione” abbia quattrini a palate. E’ sopratutto per questi che a me sua moglie pare tanto bella. Ed io la userò come chiave alla cassaforte di quel cornutissimo “minchione”: sarà il mio granaio.
FORD (boccheggiante)
Forse sarebbe stato meglio che Ford l’aveste conosciuto; non fosse che per evitarlo nel caso che... l’incontriate.
FALSTAFF
Al diavolo quell’abbietto mercante di burro salato! Lo incenerirò con un’occhiata. Tremerà quando vedrà il mio bastone ruotare come una meteora sopra alle sue corna. Mastro Brook: io domerò quel villano rifatto; e voi fate conto di essere già a letto con sua moglie. Venite presto, stasera... Ford è uno scimunito, ed io l’eleverò di grado: avrete a considerarlo uno scimunito e un becco!
Afferra la borsa ed esce.
FORD
Eppoi vengono a dirmi che la mia gelosia era infondata! Mia moglie l’ha mandato a chiamare, hanno fissato l’ora: si sono accoppiati. Guarda che inferno è una moglie fedifraga! Il mio letto insozzato, la cassaforte vuotata ed io... sputtanato! Page è un asino, questo è sicuro: avrà sempre fiducia nella sua mogliettina. Ma io? Io affiderei le mie pecore al lupo, la mia serva al parroco, il mio cavallo ad un ladro, piuttosto che mia moglie a se stessa. Dio benedica la mia gelosia!... Alle undici. Ci metterò una pezza io. Sorprenderò mia moglie, mi vendicherò di Falstaff e riderò di Page. Svelto, all’opera! Meglio arrivare tre ore prima che un minuto dopo. Ma come m’ha chiamato: “cornuto”, “beccaccione”, “scimunito”... Ah, te lo dò io il cornuto! (EXIT)
Scena 10.
Falstaff, Alice Ford, Meg Page, Robin, due servitori.
In casa Ford. La signora Ford e la signora Page affaccendate.
ALICE
John! Robert! Sbrigatevi...
MEG
Svelti, svelti! La cesta del bucato!
ALICE
Ma è pronta... E Robin non si vede!
Entrano i due servitori con una grossa cesta del bucato.
MEG
Fate in fretta! Svelti!
ALICE
Mettetela lì! (I servitori ubbidiscono).
MEG
Date tutte le istruzioni ai vostri servi, che il tempo stringe.
ALICE
Dunque, come vi ho già detto, voi due dovete tenervi pronti, qui accanto, nel ripostiglio. Alla prima chiamata, venite qua di corsa, senza perdere un attimo. Vi caricate il cesto in spalla, e lo portate al galoppo nel “prato della lavandaia”. Laggiù, lo rovesciate in quel fosso tutto fangoso ch’è presso al Tamigi. Ora andate e, mi raccomando, precipitatevi qui appena chiamo!
I due servitori escono di corsa.
MEG
Avranno capito bene?
ALICE
Gliel’ho detto e ridetto più di venti volte. Ormai lo sanno a memoria.
MEG
Ecco il piccolo Robin.
ALICE
Allora, civettino, che notizie ci porti?
ROBIN
Il mio padrone, Cavalier Falstaff, è alla porta dell’orto, e domanda se può entrare.
MEG
Senti un pò, “cosino”, sei sicuro di non averci tradite?
ROBIN
Ve lo giuro. Il mio padrone non sa che siete qui anche voi; e mi ha minacciato di morte se mi lascio scappare una parola.
MEG
Sei un tesoro. La tua discrezione ti servirà da sarto; avrai un paio di brache nuove e un bel farsetto. Ora vado a nascondermi. (Corre via)
ALICE
Và a dire al tuo padrone che sono sola, in attesa....
Robin esce.
ALICE (portando la voce)
Signora Page, mi raccomando la parte.
MEG (dal nascondiglio)
State tranquilla. E se recito male, fischiatemi.
ALICE
Ed ora carica! La conceremo per le feste quella vescica di grasso. Imparerà a distinguere le tortore dalle gazze.
Fa il suo ingresso Falstaff.
FALSTAFF
Ti ho colto, alfine, o celestial gioiello! Ed ora posso anche morire, perché ho vissuto assai. Ho toccato il vertice più alto dell’ambizione. Oh, istante di paradiso!
ALICE
Mio dolce cavaliere! (Si abbracciano)
FALSTAFF
Signora Ford, io non ti so mentire. Non ti so far chiacchiere, signora. Devo confessarti un peccato mortale: io tuo marito lo vorrei morto! Son pronto a ripeterlo davanti al Re dei Re: signora Ford, vuoi essere mia sposa?
ALICE
Io vostra sposa? Ahimé, Sir John, sarei una donna dappoco.
FALSTAFF
Che la Corte di Francia me ne mostri una eguale!... I tuoi occhi gareggiano con i diamanti! La tua fronte ha quella arcuata bellezza che tanto si addice alle più superbe pettinature veneziane.
ALICE
Un semplice fazzoletto, Sir John. Ecco che cosa si addice alla mia fronte.
FALSTAFF
Tu tradisci te stessa! Saresti una dama di corte perfetta. La fermezza del tuo passo darebbe al semicerchio del “guardinfante” l’ondulazione più armoniosa. Mi par di vedere come tu saresti, se Fortuna non ti fosse stata nemica, come amica t’è stata la Natura. Non fingere, via, di non saperlo.
ALICE
Credetemi, non ho nessuna di queste doti.
FALSTAFF
Dimmi cos’è allora che m’ha fatto innamorare di te? Basterebbe questo a provarti che c’è in te qualcosa di straordinario! Io non so lusingarti; non ti so dire che sei questo e quest’altro, come farebbero tanti mocciosetti che sembrano donne vestite da uomo, e che puzzano come botteghe di “semplicisti” e droghieri. A me non mi riesce. Ma ti amo! Amo te sola! Tu sola lo meriti.
ALICE
Per pietà, non ingannatemi, Cavaliere. Ho una gran paura che vi piaccia la signora Page...
FALSTAFF
Sarebbe come dire che mi piace la prigione per debiti!
ALICE
Sa il cielo quanto vi amo, e spero che ve ne accorgerete presto.
FALSTAFF
Serbatemi codesto sentimento, ne sarò degno.
ALICE
Degno ne siete, posso dirlo, o non proverei per voi tutta questa attrazione.
Arriva Robin trafelato.
ROBIN
Signora Ford! Signora Ford! C’è la signora Page alla porta, tutta sudata e stravolta, e dice che ha bisogno di parlarvi, subito, all’istante!
FALSTAFF
Sarà meglio che non mi trovi qui. Mi nasconderò dietro quell’arazzo!
Falstaff si nasconde. Entra la signora Page.
ALICE
Ebbene? Che succede?
MEG (fingendosi tutta affannata)
Signora Ford! Signora Ford! Che cosa avete mai fatto? Vi siete disonorata e rovinata per sempre!
ALICE
Ma che vi piglia, amica cara?
MEG
Con un galantuomo di marito come il vostro, andate a dargli motivo di sospetto!
ALICE
Motivo di sospetto?
MEG
Motivo, sì, di sospetto, sì sì! Uh, che vergogna! Ahimè, io vi credevo diversa!
ALICE
Ma insomma, si può sapere che è successo?
MEG
E’ successo che vostro marito sta venendo qui, insieme a tutti i magistrati di Windsor, a cercare un signore che, dice, si è nascosto in casa sua, per profittare, con la vostra complicità, della sua assenza. Siete rovinata!
ALICE (sottovoce)
Più forte.
MEG
Rovinata!
ALICE
Speriamo di no.
MEG
Pregate il cielo che così non sia, che qui non si trovi quello che cercano. Perché vostro marito sta arrivando, con mezza Windsor al seguito. Sono corsa avanti ad avvertirvi. Se avete la coscienza
MEG
tranquilla, sarò la prima a rallegrarmene; ma se il vostro amico è qui, fatelo scappare. Non state lì imbambolata! Un pò di presenza di spirito! Difendete la vostra reputazione; o dite addio per sempre alla vostra vita serena e onorata.
ALICE
Che posso fare? C’è qui un signore, mio amico carissimo. E più che per l’onore mio, tremo per il pericolo che lo minaccia... Pagherei mille sterline, purché fosse lontano...
MEG
Eh, via, cominciate a perder tempo col “vorrei” e “non vorrei”. Vostro marito è qui che arriva. Pensate a trarvi d’impaccio: in casa non potete nasconderlo di certo... Ma che delusione mi avete dato!... Oh, c’è qui una cesta. Se è di corporatura press’a poco normale, potrebbe nascondersi qui dentro: e si coprirebbe con la biancheria sudicia, come se fosse roba da lavare. Anzi, siccome sono giorni di bucato, chiamate un paio di uomini e lo fate scaricare al prato della lavandaia!
ALICE
Ma è troppo grosso per entrarci. Come posso fare?
Falstaff sbuca da dietro l’arazzo e si precipita verso il cesto.
FALSTAFF
Fatemi provare! Fatemi provare! Oh, fatemi provare!... Ma c’entro... c’entro... Date retta a questa vostra amica... C’entro sicuramente... (Butta fuori dal cesto la biancheria).
MEG
Come! Il signor Falstaff! (A bassa voce) Sincere le vostre lettere, Cavaliere!...
FALSTAFF (infilandosi nel cesto)
Amo te sola. Ma aiutami. Se riesco a infilarmi qua dentro, mai più.
Si sentono voci da fuori. Falstaff si rannicchia nel cesto, e si fa ricoprire dalla biancheria sporca.
MEG (a Robin)
Ragazzo, dà una mano a nascondere il tuo padrone! Signora Ford, chiamate i vostri servi.
ALICE
John! Robert!...John!
Robin butta nel cesto la biancheria rimasta fuori e se ne va di corsa. Entrano i due servitori.
ALICE
Su, alla svelta! Sollevate questo cestone! E dov’è la pertica? Via! Via! Al prato della lavandaia! Svelti, piacciconi!
I servitori passano la pertica nei manici del cesto, sollevandolo con grandissima fatica.
Scena 11.
Alice Ford, Meg Page, Mr. Ford, Mr. Page, Mastro Silenzio, Mingherlino, due servitori.
Si spalanca la porta che dà sulla strada, ed entrano Ford, Page, Mastro Silenzio e Mingherlino.
FORD
Avanti, entrate tutti, vi prego. Se il mio sospetto non ha fondamento, ridete pure di me: sarò il vostro zimbello. L’avrò meritato. (Vede gli uomini col cesto) E questa che roba è? Dove lo portate?
ALICE
Ma che interessa a te dove lo portano e dove non lo portano? Ci mancherebbe altro che tu dovessi ficcare il naso anche nella cesta del bucato!
FORD
Bucato! Vorrei poter lavare il mio onore con un bel bucato! Ci vorrebbe davvero un bucato, un bucato di quelli... Questa è l’ora dei panni sporchi! (Lascia passare i servitori). Amici, stanotte ho fatto un sogno, e ve lo racconto. Prendete, prendete: ecco le chiavi di tutta la casa. Salite all’altre stanze: cercate, frugate, trovate. La volpe c’è e la staneremo, ve lo dico io. Ma prima, spranghiamo la porta. (Esegue) E adesso, via, sguinzagliate i cani!
Si lancia su per le scale; gli altri appaiono esitanti.
PAGE
Signori, andiamo con lui. Vediamo come finisce questa storia.
(Tutti seguono Ford)
MEG
Così c’è più gusto; è un doppio divertimento.
ALICE
E non so quale mi piace di più, se la delusione di mio marito o quella del Cavaliere.
MEG
Chissà che coccolone s’è preso quando vostro marito ha domandato che cosa c’era nella cesta.
ALICE
Ho idea che adesso avrà bisogno lui d’un bucato; e il bagno freddo non può fargli che bene.
MEG
Ma che vada all’inferno quella palla di lardo dall’occhio piscione!
ALICE
Mi sa che mio marito ci doveva avere una pulce nell’orecchio, per sospettare che Falstaff fosse qui. Fino ad oggi non mi aveva mai fatto una simile scena di gelosia.
MEG
Cercherò di scoprirlo; ed a Falstaff, intanto, dobbiamo riservare qualche altro trattamento. Non basta certo una purga a spegnere la sua fregola.
ALICE
E se gli mandassimo il paggio a fargli le scuse per il bagno forzato?... Gli faremo balenare nuove speranze; lo attireremo in un nuovo tranello, e gli daremo un’altra lezione.
MEG
Sì, sì! Invitiamolo domattina a venir da noi a ritirare il premio di consolazione!
Ford rientra mogio mogio, seguito da tutti gli altri.
FORD
Non si trova! E’ anche possibile che il cialtrone si vantasse di ciò che non aveva potuto ottenere.
ALICE
Soddisfatto, Mastro Ford, del modo in cui m’avete trattata?
FORD
Sì, certo.
ALICE
Il cielo vi renda migliore dei vostri pensieri!
FORD
Amen.
MEG
Vi siete dato la zappa sui piedi, Mastro Ford.
FORD
E’ così, e ne porto la pena.
MINGHERLINO
Se in questa casa c’è qualcuno nascosto nelle camere, nei cassoni o dentro gli armadi, mi siano rimessi i miei peccati il giorno del giudizio universale.
PAGE
E bravo Mastro Ford. Che vergogna! E’ il demonio, il maligno, che vi mette questi tarli nella testa. Non vorrei subire una simile mortificazione per tutto il tesoro di Windsor.
FORD
E’ la mia disgrazia, una disgrazia che mi toglie il sonno. Miei buoni amici, siate generosi e perdonatemi. E per sdebitarmi, vi invito tutti a desinare e a fare festa in casa mia. C’è una quantità di roba buona.
SILENZIO
Scusatemi, ma non posso, Mastro Ford!
MINGHERLINO
Neanche io. Siamo invitati dalla signorina Anna, e non vorrei mancare per tutto l’oro del mondo.
SILENZIO
Si sta combinando il fidanzamento di Anna Page con mio nipote Mingherlino. Oggi si dovrebbe avere la risposta definitiva.
MINGHERLINO
Papà Page, spero nel vostro consenso.
PAGE
E lo avete. Io son tutto per voi. Invece mia moglie sta per il giovane Fenton.
MEG
Non è detto: voglio scandagliare mia figlia al riguardo, e poi agirò di conseguenza.
SILENZIO
Vedete che dobbiamo proprio salutarvi, Mastro Ford. Signora Ford, i miei rispetti.
PAGE
Vi faccio strada. Allegro, Mastro Ford, che tutto si aggiusta.
(EXEUNT)
Scena 12.
Mr. Ford, Robin.
FORD (rimasto solo)
Eppure ci vuol poco a fiutare aria di tempesta. Ma chi è là?
S’avanza, esitante, Robin.
ROBIN
Sono io, signore.
FORD
Io chi?
ROBIN
Sono Robin, il paggio di Sir John Falstaff!
FORD
E posso sapere dove siete diretto?
ROBIN
Dalla signora Page. Sapete se è in casa?
FORD
Ma certamente. Chissà come si annoia senza compagnia.
ROBIN
E allora, compermesso. (E si allontana)
FORD (esplodendo)
Ma che cavolo c’ha nella testa, Page? Si è bevuto il cervello? Si è venduto gli occhi? Dorme della grossa? C’è quel maledetto coniglio ritto uscito da una puttana che porterebbe una lettera a venti miglia di distanza con la precisione di una palla di cannone. E Page è lì che si presta agli intrighi di quella pettegola, e la incoraggia nella sua pazzia... Il paggetto di Falstaff!... Tutto un complotto... Le mogli si ribellano e vanno insieme all’inferno! Benissimo! Io lo coglierò in castagna, poi metterò mia moglie alla tortura e strappero il velo dell’ipocrisia dal viso di quella monachina della signora Page. Farò sapere a tutti che Page è cornuto e contento!
Scena 13.
Anna Page, Fenton, Mr. Page, Meg Page, Mastro Silenzio, Mingherlino.
Davanti al portone di casa Page.
Suonano le ore all’orologio di Windsor.
FENTON
E’ inutile: tuo padre non mi può vedere. Annina mia dolce, è inutile che mi mandi da lui un’altra volta.
ANNA
E allora, come possiamo fare?
FENTON
Devi essere tu a scegliere. Tuo padre sostiene che io son di famiglia altolocata, e siccome ho scialacquato il mio patrimonio, ora cerco soltanto di rifarlo coi suoi soldi. Ha tirato fuori altre storie: la mia vita sregolata, i miei amici dissoluti... Ed è convinto sia impossibile che io t’ami altro che per i tuoi quattrini.
ANNA
Chissà che non abbia ragione.
FENTON
Te lo giuro sulla felicità che aspetto dal destino. Certamente è stata la ricchezza di tuo padre il primo stimolo che m’ha spinto a corteggiarti. Ma quando ti ho conosciuta, mi sono accorto che valevi più di tutto l’oro coniato e sigillato nei sacchetti di monete, e che tu sei l’unico tesoro che voglio conquistare.
ANNA
Mio caro Fenton! Tentate ancora di convincere il babbo! Insistete! E se poi, nonostante tutti i nostri accorgimenti, non dovessimo ottenere nulla, allora...
Mister Page, la signora Page, Mastro Silenzio e Mingherlino escono di casa.
PAGE
Ehi, ehi! Che ci fa qui il signor Fenton? Signore, non mi garba affatto vedervi gironzolare per casa. Vi ho già spiegato, messere, che mia figlia è impegnata!
FENTON
Non andate in collera, mister Page.
PAGE
Una volta per tutte, signor Fenton, state alla larga dalla mia bambina!
FENTON
Posso dire una parola?
PAGE
E’ perfettamente inutile. I miei rispetti, Mastro Silenzio. Entro domani stipuleremo l’accordo.
Mastro Silenzio e Mingherlino si allontanano senza degnare Fenton di uno sguardo.
PAGE
Come vedete, signor Fenton, la vostra insistenza è del tutto fuori luogo. (Rientra in casa)
ANNA (bisbiglia)
Provate con la mamma.
FENTON
Mia buona signora Page, amo vostra figlia d’un amore così serio e onesto che, malgrado gli ostacoli, i rifiuti e le sgarberie di vostro marito, io terrò alto lo stendardo della mia passione. E non indietreggerò davanti a niente e a nessuno. Accordatemi il vostro consenso.
ANNA
Mammina mia, non mi maritate a quel citrullo!
MEG
Tiratevi su, signor Fenton, non vi sarò alleata ma nemmeno nemica. Per adesso, arrivederci. Bisogna che Anna rientri subito in casa, o suo padre s’inquieterà moltissimo.
FENTON
Arrivederci, gentile signora. Addio, Annina.
EXEUNT.
Scena 14.
Falstaff, Robin, Mr. Ford.
Nella taverna della Giarrettiera.
Entra Falstaff bagnato come un pulcino.
FALSTAFF
Robin, presto!
ROBIN
Eccomi, signore.
FALSTAFF (piombando a sedere)
Subito mezzo litro di vino e un crostino.
Robin prepara due bicchieri.
FALSTAFF
E avrei vissuto fino ad oggi per essere traslocato in un cesto come un bidone di rifiuti, per farmi poi scaricare nel Tamigi! Cacasangue! Se ricasco mai più in una simile trappola, voglio farmi cavare il cervello, cuocerlo nel burro e darlo ai cani per la cena di Capodanno... (afferrando un bicchiere) Qua, Robin, fammi mescolare un pò di vino all’acqua del Tamigi. Ho un freddo in pancia, come avessi inghiottito delle palle di neve per rinfrescar la vescica. (Dopo aver vuotato anche un secondo bicchiere) Porta via questi calici; e preparami un beverone caldo.
ROBIN
Ci sbatto dentro qualche uovo?
FALSTAFF
Vino solo, vino solo! Non voglio sperma di pollo nelle mie bevande. (Robin va in cucina) Quei due farabutti mi hanno buttato a fiume con una tale disinvoltura! Nemmeno si trattasse di una cucciolata di quindici barboncini ciechi. E’ facile capire dalle mie proporzioni che ho facilità di colare a picco; e se il gorgo fosse stato più profondo dell’inferno, ci sarei arrivato in un baleno... Affogavo, per Dio, se l’acqua non era tanto bassa. Affogavo! Una morte orribile, perché l’acqua fa gonfiare i cadaveri; ed io sarei diventato una montagna di gelatina, se mi fossi gonfiato un altro poco.
Robin rientra con il beverone caldo.
ROBIN (a bassa voce)
Ho un messaggio della signora Ford.
FALSTAFF (sbottando)
Della signora Ford? Ma ne ho abbastanza di quel “Fiord”! Mi ci hanno scaraventato in quel “Fiord”! E l’acqua di quel “Fiord” mi ha riempito le budella.
ROBIN
Ma di tutto questo lei non ha colpa, poverella! E’ furibonda con i due servitori! Sono loro che hanno preso a rovescio le sue “erezioni”!
FALSTAFF
Ed io le mie, a fidarmi delle promesse di una povera pazza!
ROBIN
Cavaliere mio bello, la poverina non fa che piangere e lamentarsi, strappa il cuore! Domani il marito va a caccia, e la signora vorrebbe che tornaste da lei, fra le otto e le nove. Debbo portarle la risposta subito. E vedrete che vi ripagherà abbondantemente di quanto avete patito.
FALSTAFF
E sia! Andrò a trovarla. Diteteglielo. Ma che intanto rifletta sulla natura dell’uomo e sull’umana fragilità, onde poter meglio apprezzare il mio merito.
ROBIN
Non dubitate, glielo dirò.
FALSTAFF
Bravo. Fra le nove e le dieci, hai detto?
ROBIN
Fra le otto e le nove, signore.
FALSTAFF
Dille che non mancherò.
ROBIN
Che Iddio vi protegga!
EXIT.
Scena 15.
Falstaff, Mr. Ford, Monna Fapresto.
FALSTAFF
E’ molto strano che il signor Brook non si sia fatto ancora vivo. Mi aveva raccomandato di aspettarlo qui. Eh, i suoi quattrini mi rendono obbediente!... Ma eccolo che arriva.
Entra Ford, nascosto dietro la solita barba.
FORD
I miei omaggi, Cavaliere!
FALSTAFF
Mastro Brook, di sicuro vorrete sapere come è andata a finire con la signora Ford!
FORD
Muoio dalla curiosità.
FALSTAFF
Mastro Brook, non starò a menare il torrone. Giunsi a casa sua all’ora convenuta...
FORD
Ed è andato tutto bene?
FALSTAFF
Tutto male, malissimo, caro signore.
FORD
E come mai? Forse madonna aveva mutato idea?
FALSTAFF
Per niente affatto. Solo che non c’eravamo quasi nemmeno abbracciati e sbaciucchiati un pò, che quel ficcanaso di un cornutaccio di marito, il quale vive in continuo allarme, ci fa un’improvvisata e ci guasta tutto l’incantesimo. Insomma - voi mi capite - noi si era appena al “prologo”, che quel cretino di Ford ci piomba addosso con
FALSTAFF
un gruppo di babbioni, richiamati e aizzati dalla sua febbre di gelosia, che si buttano a rovistare da cima a fondo la casa, per stanare l’amante della moglie!
FORD
E voi eravate là?
FALSTAFF
Ed io ero là.
FORD
Ed hanno rovistato dappertutto senza riuscire a trovarvi?
FALSTAFF
State a sentire. Fortuna volle che arrivasse in tempo una certa signora Page, ad avvertirci che il beccaccione stava tornando al galoppo; ed è stata sua l’idea - dal momento che la signora Ford aveva perduto la testa - di ficcarmi a forza di gomiti e ginocchi nella cesta del bucato.
FORD (strillando)
Nella cesta del bucato!
FALSTAFF
Eh, perdìo, sì, nella cesta del bucato. Fra camicie e grembiuli lerci, mutande e calzini puzzolenti, tovaglie unte e bisunte; il più pestilenziale miscuglio di fetori maligni che mai abbiano offeso una narice.
FORD
E quanto tempo siete rimasto là dentro?
FALSTAFF
Ora saprete, Mastro Brook, quel che ho passato io nel cercare di traviare quella donna per conto vostro. Stavo appallottolato nella cesta e, per ordine della padrona, arrivano due contadinacci, due deficienti. La signora comanda loro di trasportare quella biancheria sudicia al prato della lavandaia. Quei due mentecatti si caricano il cesto in spalla: ed ecco che sulla porta s’imbattono in quel farabutto
FALSTAFF
cornuto del loro padrone, che si mette a fare un sacco di domande su quello che trasportano. Io me la stavo facendo sotto all’idea che quel minchione volesse davvero guardarci dentro. Ma il destino gli ha fermato la mano, dal momento che lo vuole becco ad ogni costo. Lui si mette a cercare me dentro casa, ed io me ne esco tra i suoi panni sporchi. Ma sentite il seguito, Mastro Brook, sentite. Io ho sofferto le pene di tre morti, una diversa dall’altra. Prima: la morte d’essere scoperto da quel caprone infuriato. Seconda: la morte di rimaner curvato per sempre nella circonferenza d’una botte, in quella posizione che mi toccavo la testa con i piedi. Terza: la morte di restare impregnato indelebilmente da quelle emanazioni che fermentavano nel grassume di quel corbone di biancheria fetente. Pensate, un uomo della mia complessione. Io che mi squaglio al calore più che se fossi di burro, e che grondo ruscelli di perenne sudore. E’ un miracolo se non son morto soffocato. E al culmine di questa sauna, mentre ero mezzo cotto nel mio sugo come uno stufato ungherese, mi scaraventano a fiume. Arroventato com’ero, mi immergono nel Tamigi a sfrigolare come un ferro di cavallo. Rendo l’idea?
FORD
Mi addolora veramente, signore, sapere che per causa mia avete passato tanti guai. La mia causa ormai diventa disperata; perché immagino che non vorrete mai più ritentare.
FALSTAFF
Mastro Brook, piuttosto che arrendermi mi farò buttare in fondo all’Etna come mi hanno affogato nel Tamigi. Il cornutone domani deve andare a caccia, e la signora mi ha fatto sapere dal solito ruffiano che mi aspetta fra le otto e le nove. Andrò io a uccellare nella foresta delle sue corna! Tornate domani, con tutto comodo, e vi racconterò una bella storiella piccante. (Accompagnando Ford
FALSTAFF
all’uscio) Ve la godrete, Mastro Brook, su questo non ci piove! Sarete il “cornefice” di Ford. Parola di Sir John Falstaff!
Mentre Ford esce, Monna Fapresto sbarra la strada a Falstaff.
FAPRESTO
Vostra “immensità” si è già scordata di me?
FALSTAFF
Aima mia, come puoi dire questo?
FAPRESTO
Per quale offesa sono io da quindici giorni bandita dal letto del mio John? Dimmi, mio dolce signore, cos’è che ti toglie l’appetito, l’allegria e il tuo sonno dorato? Perché chini gli occhi a terra? Perché le tue guance han perduto la freschezza del colorito e perché abbandoni i miei tesori e i miei diritti di donna?
FALSTAFF
Cosa dici, madama?
FAPRESTO
Che cosa ti porta lontano da me?
FALSTAFF
Ma il mio cavallo, amor mio, il mio cavallo.
FAPRESTO
Smettila, babbuino! Una donnola non ha tanta irrequietezza quanta ne agita te. In fede mia, io voglio sapere il tuo affare, Sir John. Rispondi subito alla domanda. Ti torcerò il dito mignolo se non dici il vero.
FALSTAFF
Via, via, giuggiolona! Come puoi pensare che io non ti ami, che io non ti voglia bene? Ma è necessario che da oggi in poi tu non mi domandi più dove vado, né per quale motivo. Vado dove devo andare e, per concludere, adesso ti devo lasciare. So che sei saggia e
FALSTAFF
prudente, ma pure sei donna; per segretezza nessuna signora è più chiusa di te: poiché io son sicuro che tu non andrai a ridire quello che non sai. Fino a questo punto io mi fiderò di te, madama mia bella.
FAPRESTO
Come, fino a questo punto?
FALSTAFF
Non un pollice più in là. Ti puoi accontentare?
FAPRESTO
Non mi resta altra scelta.
Scena 16
Mr. Ford.
La strada dinanzi a casa Ford.
FORD
Ma è un sogno, un’allucinazione? Sveglia, sveglia Mastro Ford! Stanno rovinando ciò che hai di più caro; ecco cosa vuol dire avere moglie e ceste e panni sporchi per casa!...Lo coglierò sul fatto, il porcaccione. E’ in casa mia, non mi scappa di certo. Vada pure a ficcarsi nel salvadanaio, nello scatolino del pepe... Perché io, fosse pure il diavolo a consigliarlo, lo cercherò nei posti più impensati. Se non posso evitare d’essere quello che sono, non per questo io voglio rassegnarmi... E se ho tante corna da diventar matto, almeno, come dice il proverbio, voglio essere feroce come un toro.
EXIT.
Scena 17
Falstaff, Alice Ford, Meg Page
L’atrio di casa Ford. In un angolo, il cesto del bucato.
FALSTAFF
Signora Ford, il vostro rammarico ha cancellato il ricordo delle mie pene. Sento che il vostro amore è sincero, e lo ricambio al capello. Non parlo solo dei segni esteriori dell’amore, ma di ogni adempimento, complemento e pronunciamento. Ditemi, però: possiamo stare tranquilli, adesso, circa vostro marito?
ALICE
Oh, sì, è a uccellare, mio dolce signore; tranquillissimi!
MEG (dalla strada)
Comare Ford! Comare!... Comare Ford!
ALICE (a Falstaff)
Presto, entrate in quella stanza.
Falstaff ubbidisce, ma lascia la porta socchiusa.
MEG (entrando)
Comare Ford, per l’amor di Dio, chi c’è in casa con voi?
ALICE
La servitù, e nessun altro.
MEG
Siamo sicuri?
ALICE
Sicurissimi! (sottovoce) Parlate più forte.
MEG
Meno male, questo mi tranquillizza.
ALICE
E perché mai?
MEG
Perché, cuoricino mio, vostro marito è stato colto dalla sua solita febbre terzana. E’ di là che sbraita con mio marito; bestemmia contro tutti gli ammogliati, e maledice tutte le figlie d’Eva, d’ogni specie e colore. Si picchia sulla fronte con le mani, strillando: “E spuntate, spuntate una buona volta!” Un vero uragano. Ma per fortuna il vostro cavalierone non è qui.
ALICE
Ma perché? Mio marito parla forse di lui?
MEG
Parla solo di lui! E va gridando in giro che l’altra volta glielo fecero scappare dentro una cesta. Ed ha voluto interrompere la partita di caccia per tornare di corsa verso casa. Ecco perché ringrazio il cielo che il vostro spasimante non sia nascosto qui; così vostro marito potrà finalmente convincersi della sua pazzia!
ALICE
Comare Page, quanto è lontano da casa?
MEG
E’ all’angolo della strada. Sarà qui in un baleno.
ALICE
Allora sono rovinata! Il Cavaliere è qui!
MEG
Siete rovinata davvero, e lui è un uomo morto... Ma che razza di donna siete!... Mandatelo via, mandatelo via, meglio uno scandalo che una strage.
ALICE
Ma dove lo faccio scappare? Dove posso nasconderlo? Dentro alla cesta un’altra volta!
FALSTAFF (entrando precipitosamente)
No! Nella cesta no! Nella cesta no! In quella cesta non ci torno! Non posso sgattaiolare via prima che arrivi lui?
MEG
Ma ci sono i cacciatori con i loro schioppi di guardia agli ingressi perché non scappi nessuno. Se non ci fosse stato questo... Ma voi che ci fate qui?
FALSTAFF
E cosa volete che ci faccia?... Mi arrampicherò su per la cappa del camino.
MEG
Vanno sempre lì a scaricare gli schioppi. Piutosto, nascondetevi nel forno.
FALSTAFF
Dov’è? Dov’è il forno?
ALICE
Sarà il primo posto in cui andrà a frugare. Non c’è armadio, baule, canterano, vaso, pozzo o cantina di cui non abbia l’inventario. In casa mia non potete proprio nascondervi.
FALSTAFF
Allora esco!
MEG
Se uscite così, al naturale, vi fanno secco! L’unica sarebbe travestirlo.
ALICE
Travestirlo? E da che?
MEG
Questo non lo so davvero. Non esiste un vestito da donna tanto largo; se no, una cuffia, una sciarpa e un fisciù, si poteva tentare.
FALSTAFF
Anime mie, inventate qualcosa! Qualunque cosa, ma evitate uno spargimento di sangue!
ALICE
Ci sarebbe, di là, il vestito di quella grassona di Brainford; la zia della nostra cameriera.
MEG
Quello va bene di sicuro. Come stazza, siamo lì...
ALICE
E c’è anche il cappello con le gale e una sciarpa. Forza, Sir John, andate di là. Travestitevi alla svelta!
Falstaff corre di là.
ALICE
Non vedo l’ora che avvenga questo incontro. Mio marito non la può soffrire quella vecchiaccia di Brainford; è convinto che sia una strega. Le ha proibito di metter piede in casa nostra, pena una scarica di legnate.
MEG
Dio conduca Sir John sotto il bastone di vostro marito, e poi s’incarichi il diavolo di spolverargli le natiche.
ALICE
Ma è proprio vero che sta arrivando mio marito?
MEG
Verissimo. E non fa che parlare della cesta: chissà da chi l’ha saputo.
ALICE
Lo scopriremo presto. Adesso darò ordine ai miei servi di riportarla via, facendo in modo di scontrarsi sull’uscio con mio marito, come ieri.
MEG
Sarà qui da un momento all’altro. Andiamo a travestire il pancione!
Escono, mentre i sue servitori vengono a prendere la cesta.
Scena 18
Mr. Ford, Mr. Page, Mastro Silenzio, Mingherlino, Alice, Meg Page,. Falstaff.
Si apre la porta che dà sulla strada, ed entrano Ford, Page, Silenzio e Mingherlino.
FORD
Venite, venite pure avanti, ci sarà da divertirsi. Vi mostrerò un prodigio. Mastro Silenzio, non dovete perdervelo!
MASTRO SILENZIO
Vediamo questo prodigio mirabolante.
Ford si scontra con i due servitori che trasportano il cesto.
FORD
Altolà! Ah, ah! Giù quel cesto, banditi! Si faccia venire subito qui mia moglie! Il cesto dell’amore, eh? Ruffiani! E’ una congiura, un’associazione a delinquere, una setta. Ma ora Belfagor sarà smascherato. Dov’è mia moglie! Che venga avanti!
Fa il suo ingresso la signora Ford.
FORD
Avanti, avanti, vieni a vedere che bei panni mandi a lavare.
PAGE
Qui si passa il segno, Mastro Ford! Siete un pericolo pubblico. Ci vuole la camicia di forza.
MINGHERLINO
E’ peggio d’un cane arrabbiato!
SILENZIO
Mastro Ford, così non va, non va proprio.
FORD
Lo dico anch’io che non va. Avanti, avanti, signora Ford: donna onesta, moglie modesta, fiore di virtù. E’ proprio vero, i miei sospetti sono senza fondamento?
ALICE
Se parlate della mia onestà, Dio mi è testimone che state pigliando un granchio colossale.
FORD
Ben detto, faccia di bronzo! Continua così. (Urla) Esci fuori, briccone! (Comincia a vuotare freneticamente il cesto).
PAGE
Questo è troppo!
ALICE
Ma non ti vergogni? Lascia stare quei panni. Sei ridicolo!
FORD
Sicuro. Vedrai che risate ci faremo. Mastro Page, quant’è vero che sono un uomo, ieri qualcuno se l’è filata sotto il mio naso dentro a questa cesta. Perché non dovrebbe esserci anche oggi? So di sicuro che è qui in casa; le mie informazioni sono esatte; la mia gelosia è ben motivata. E dunque, vuotiamo il cesto fino in fondo!
Page lo aiuta, controvoglia, a vuotare il cesto.
ALICE
Se trovate un uomo lì dentro, schiacciatelo come una zecca!
PAGE (indicando la cesta vuota)
Qui non c’è nessun uomo.
MINGHERLINO
Sul serio, Mastro Ford, non ci fate una bella figura.
SILENZIO
Mastro Ford, pensate alla salute e non alle flussioni del cervello: la vostra è proprio una malattia.
FORD (avvilito, incredulo)
Non è qui, non è qui quello che cerco.
PAGE
Lo credo bene! Dovete cercare dentro la vostra testa.
FORD
Aiutatemi ancora a frugare la casa da cima a fondo, e se non salta fuori quello che penso, non abbiate riguardo, vi autorizzerò a dire in giro “Geloso come un Ford che cercava in un guscio di noce l’amante della moglie!” Concedetemi quest’ultima soddisfazione.
ALICE (ad alta voce)
Comare Page! Venite qua, voi e la vecchia; mio marito vuole la camera a sua disposizione!
FORD
La vecchia? Quale vecchia?
ALICE
Ma santo Dio! La vecchia di Brainford, la zia della cameriera.
FORD
La strega!... quella vecchia baldracca, quella ciarlatana! Ma io le avevo proibito di mettere piede in casa mia. Viene a fare la ruffiana, eh? Chissà che ti combina quella con la scusa di venire a far l’astrologa! Traffica con la magia, gli incantesimi, i segno zodiacali; ma chi può sapere quello che c’è sotto? Indovinala grillo! (Si arma di un bastone nodoso) Vieni giù, troiona, madama di Tebe! Vieni giù, t’ho detto!...
ALICE
Stai calmo, marito mio. E voi signori, impeditegli di picchiare una povera vecchia!
Guidato per mano dalla signora Page, appare Falstaff vestito da fattucchiera.
MEG
Venite, mammà, venite, datemi la mano...
FORD
Gliela dò io, la mano!
Falstaff scappa, inseguito da Ford che lo prende a bastonate.
FORD
Via di qui, zambracca! puzzona! sbrindellona!.... Via di qui!... Eccola qua la fattura!... Vieni che ti leggo io la mano!
Falstaff riesce a fuggire in strada.
MEG
Ma non vi vergognate? L’avete mezza ammazzata, quella povera vecchia!
ALICE
Bella forza, prendersela con una vecchierella.
FORD
Sulla forca deve andare, quella strega!
MINGHERLINO
Forse ha ragione, dev’essere davvero una strega. Non mi piacciono le donne barbute!.....Sì, sotto la sciarpa m’è parso di vedere una gran barba rossa.
FORD
Amici, ve lo chiedo per piacere! Date soddisfazione alla mia gelosia! E se anche questa volta ho lanciato l’allarme a vuoto, vuol dire che non mi darete ascolto mai più.
PAGE
Ma che sia l’ultima volta. Andiamo, amici, accontentiamolo.
Tutti seguono Ford.
MEG
Vorrei che quel bastone fosse benedetto e appeso all’altare: ha reso un servigio sacrosanto!
ALICE
La libidine ormai dovrebbe essergli passata. E a meno che il demonio non lo tenga per i capelli, sono certa che non ci darà più noa.
MEG
Ma ai nostri mariti dobbiamo raccontare il trattamento che gli abbiamo riservato?
ALICE
Certamente, non fosse che per sradicar dalla mente di Mastro Ford le sue fissazioni!... E se poi loro riterranno opportuno stuzzicare ancora un pò quella tonnellata di grasso, vorrà dire che ce ne faremo carico noi due.
MEG
Son pronta a scommettere che vorranno svergognarlo davanti a tutti. E anch’io penso che la farsa debba concludersi sulla pubblica piazza.
ALICE
E allora escogitiamo un nuovo trucco! Battiamo il ferro finch’è caldo!
Scena 19.
Pistola, Monna Fapresto, Falstaff, Robin.
La locanda della Giarrettiera.
PISTOLA
Vi dico che in camera sua è salita una grassona.
FAPRESTO
Dannato briccone, tu menti! Una donna in camera del mio John? Se quello che dici non è vero, sarebbe meglio tu avessi strangolato tua madre avanti di nascere. Ti farò frustare sonoramente, compare stinco di morto!
PISTOLA
Ora lo chiamo e ti farò vedere io. (Grida) Cavaliere, cavaliere sopraffino! Dài fiato ai tuoi guerreschi polmoni. Rispondi! Sei in camera? Il tuo compare, il tuo Pilade t’appella.
FALSTAFF (comparendo sull’uscio)
Che vuoi, zoticone, pellaccia? Parla, bofonchia, ragiona, sìì breve.
PISTOLA
Sono qui in compagnia di Monna Fapresto, e stiamo aspettando che scenda quella grassa damigella. Mandala giù, mio magnifico cavaliere; queste camere sono illibate. Delle tresche in questa locanda? O non ti vergogni?
FAPRESTO
John, questo tartaro boemo dice la verità? Ti sei portato una donna in camera?
FALSTAFF
Effettivamente un minuto fa c’era in camera una vecchia; ma ormai è andata via.
FAPRESTO
Una vecchia? Che vecchia?
FALSTAFF
L’indovina di Brainford.
FAPRESTO
E che te ne volevi fare di quel bassorilievo di pisciatoio?
FALSTAFF
Avevo da chiederle delle cose.
FAPRESTO
Che cose? Butta fuori.
FALSTAFF
Non posso dirlo.
FAPRESTO
Parla, perdìo, o sei un uomo morto!
FALSTAFF
“Paucas pallabris”.... o la profezia non si avvera.
FAPRESTO
Ma c’è stata davvero la vecchia fattucchiera?
FALSTAFF
Ma sì che c’è stata, tesoro mio. Mi ha insegnato più cose lei di quante ne avessi imparate da solo in vita mia. E non ho nemmeno pagato uno scudo; anzi, la paga l’ho presa io, ed era assai abbondante. (Pistola scoppia in una risata) Che ridi, tu, coticone! Licenziati! Involati! Fuggi!
PISTOLA
Vi ringrazio di cuore. Farò felice il mondo con questa storiella. (EXIT)
FAPRESTO
Stupido ciccione, non credere di imbambolarmi con queste panzane. Se non ti farò frustare, non porterò più sottane!
FALSTAFF
Nemmeno io!
FAPRESTO
Cosa dici?
FALSTAFF
Vattene, lasciami solo.
FAPRESTO
Non posso parlare: il cuore sta per scoppiare... ma ricordati bene, Sir John, saprò io come servirti. (EXIT)
FALSTAFF
Mia adorata, tu dici cose contro cui la carne si ribella... (Da solo) Vorrei che il mondo intero fosse coglionato come lo sono stato io. Se questa storia arriva agli orecchi della gente, mi perseguiteranno con i loro lazzi da ridurmi peggio d’una pera vizza per l’umiliazione... Non me n’è andata bene una. Ora non ci manca altro che mi vada di traverso un pezzetto di formaggio abbrustolito e mi strozzi!
Entra Robin.
FALSTAFF
E tu da che parte vieni?
ROBIN
Da tutt’e due le parti, c’è bisogno di dirlo?
FALSTAFF
Che il diavolo se ne prenda una, e la diarrea si prenda quell’altra; e così sono accomodate tutt’ e due. M’hanno procurato più guai di quanti ne può sopportare l’infame fragilità della natura umana.
ROBIN
Come se loro non avessero sofferto! Ve lo posso garantire; una specialmente, la signora Ford, poverella! Ne ha beccate tante ch’è piena di lividi neri e paonazzi.
FALSTAFF
E proprio a me vieni a parlare di lividi? A me che a forza di legnate m’hanno fatto diventare dei colori dell’arcobaleno! E ancora grazie che non sono stato arrestato come la strega di Brainford. Solo la mia straordinaria presenza di spirito e la mia perfezione nell’imitare la camminata di una vecchierella mi hanno salvato, che certo quel furfante di marito mi avrebbe fatto mettere volentieri ai ceppi, come una zingara.
ROBIN
Signore mio, ho da parlarvi: andiamo in camera vostra. Vi spiegherò come sono andate le cose, e sono sicuro che ne sarete soddisfatto. Intanto ecco una lettera dalla quale potete cominciare a capire. Poveri cuori innamorati: quanta fatica a combinarvi insieme!
FALSTAFF
E sia, tenterò per la terza volta. Dicono che i numeri dispari abbiano un influsso magico sulla nascita, la morte e la sorte... Andiamo in camera mia! (EXEUNT)
Scena 20.
Page, Meg, Alice, Ford, Fenton, Anna.
Atrio di casa Ford. I coniugi Ford ed i coniugi Page sono a consulto.
PAGE
E così ha mandato la stessa lettera a tutt’ e due?
MEG
A neanche un quarto d’ora di distanza.
FORD (inginocchiandosi davanti alla moglie)
Perdonami, moglie. Da oggi potrai fare quello che ti pare. Potrò sospettare che il sole sia una palla di ghiaccio, piuttosto che sospettare della tua onestà.
PAGE
E così sia. Ma adesso basta! Non esagerate nell’umiliarvi, quanto avete esagerato nell’accusare. Cerchiamo invece di prolungare questa beffa. Sarà compito delle nostre mogli allestire un nuovo spettacolo, fissando un appuntamento al vecchio pancione in un luogo in cui noi si possa essere presenti per dargli il fatto suo.
FORD
La cosa migliore mi pare sia quella di fare come esse ci hanno proposto.
ALICE
Ecco il nostro piano. Avrete certo sentito parlare della leggenda di Herne il cacciatore, che quand’è inverno, sulla mezzanotte, si aggira intorno alla gran quercia con due enormi corna sulla testa. Bene, abbiamo fatto avere a Falstaff l’invito a travestirsi da cacciatore, con l’intesa di trovarci a mezzanotte nel parco.
PAGE
E quando sarà li, che farete?
MEG
Appena noi due e Falstaff ci saremo incontrati, voi due, insieme a nostra figlia Annina, a Pistola e a Robin, tutti vestiti di bianco e di verde, chi da folletto, chi da fata, chi da diavoletto, con corone di candeline in testa e sonagliere in mano, salterete fuori tutt’a un tratto e correrete verso di noi, gridando e berciando. Noi due fuggiremo impaurite, mentre tutti circonderanno il cavaliere sporcaccione e, come fanno le fate, lo riempiranno di pizzicotti e dispetti; gli imporranno di confessare perché e come ardisca profanare quel luogo, nell’ora del convegno delle fate.
ALICE
E non appena avrà confessato, ci faremo tutti riconoscere, lo spoglieremo delle sue corna e, tra risate e sberleffi, lo scorteremo fino a Windsor.
MEG
E là annunceremo le nozze di nostra figlia con il nipote di Mastro Silenzio, Mingherlino.
Dal fondo della strada avanzano a braccetto Fenton e Anna, con gli ornamenti nuziali.
PAGE (tuonando)
Signor Fenton!
ANNA (buttandosi in ginocchio)
Perdono, padre mio! E anche tu, mammina, perdono!
PAGE
Dite un pò, signorina. Come mai non siete in casa?
MEG
Annina, che hai fatto?
FENTON
Non la tormentate. Vi spiegherò tutto. Voi due avevate progettato per lei un matrimonio senza amore. Noi eravamo promessi da gran
FENTON
tempo. Oggi il Vicario di Eton ci ha legati con un vincolo che niente e nessuno potrà spezzare.
FORD
Amico mio, non c’è niente da fare. Le cose dell’amore sono governate dal cielo. Coi soldi si comprano le terre, ma le mogli ce le dà il destino.
PAGE
A questo punto non mi rimane, caro Fenton, che augurarti gioia e felicità. Devo fare buon viso a cattiva sorte.
MEG
E dico anch’io: non pensiamoci più. Figlioli miei, il cielo vi conceda molti e molti giorni felici. Ed ora, marito mio, andiamo tutti a casa nostra, a preparare la burla.
ALICE
Nessuno di noi, tranne il diavolo, ha intenzioni cattive; e il diavolo lo riconosceremo dalle sue corna.
PAGE
Venite tutti con me, anche voi.... Mister Fenton! Vi metteremo a parte del nostro piano.
FORD
Corro subito a procurarmi le maschere.
MEG
Sbrighiamoci, che il tempo passa!
Scena 21
Falstaff, Alice,Meg,Annina, Fenton, Ford, Page, Pistola, Robin.
Nel parco di Windsor. Suona la mezzanotte.
FALSTAFF
La campana di Windsor ha battuto la mezzanotte. Cogliamo l’attimo fuggente. Tu, Giove, ricordati che per la tua bella Europa ti mutasti in toro... Fu così che l’amore ti impose le corna... Quanto a me, eccomi cervo di Windsor, e certo il più succulento del bosco. O cielo, raffredda la mia fregola, o va a finire che mi piscio addosso tutto il sego.
Entra Alice Ford, seguita a qualche passo di distanza da Meg Page.
FALSTAFF
Ma chi è là? La mia cerbiatta?
ALICE
Sir John!... sei qui mio bel cervone, il mio maschiaccio!
FALSTAFF
O cerbiattino dalla coda nera! Ora il cielo può piovere tartufi, può tuonare canzonette lascive, può grandinare confetti profumati, può rovesciare tutta una tempesta di baciuzzi, leccuzzi, iàm iàm! Io voglio rifugiarmi in te! (Fa per abbracciarla).
ALICE (sottraendosi)
Anima mia, abbiamo qui anche la signora Page!
FALSTAFF
Venga anche lei! Spartitemi fra voi come un capretto; a ciascuna una coscia! Per me terrò il costato. Le chiappe al guardiacaccia, e le corna ai vostri mariti!
Si sente un richiamo da cacciatori.
MEG
Misericordia! Che succede?
ALICE
Mea culpa, mea culpa, mea maxima culpa!
FALSTAFF
Cosa può essere?
MEG e ALICE
Scappiamo! Via di corsa! (Fuggono)
FALSTAFF
Mi pare chiaro: il diavolo non vuole ch’io pecchi e mi danni, per paura che il mio lardo, sciogliendosi, gli mandi a fuoco l’inferno!
Si appiatta accanto al tronco della quercia.
Scena 22.
Falstaff, Alice, Meg, Annina, Fenton, Ford, Page, Pistola, Robin.
Un improvviso sfavillare di luci. Dal fondo avanzano Annina, vestita da Regina delle Fate, Alice, mascherata da Befana, Meg da Ninfa verde con la maschera, e poi Fenton, Ford, Page, Pistola, Robin, in costumi fantastici, con lanterne di varie fogge.
TUTTI (cantano)
“Erriam sotto la luna
scegliendo fior da fiore,
ogni corolla in core
porta la sua fortuna.
Moviam ad una ad una
sotto il lunare albor,
verso la quercia bruna
del nero Cacciator.”
Robin va a sbattere contro Falstaff, e arresta tutti con un gesto.
ROBIN
Altolà!
PISTOLA
Chivalà?
FALSTAFF
Pietà!
ALICE
C’è un uomo!
MEG, ANNA
C’è un uomo!
TUTTI
Un uomo!
FORD
Cornuto come un bue.
FENTON
Rotondo come un pomo.
ROBIN
Grosso come una nave.
PISTOLA (dando un calcio in pancia a Falstaff)
Alzati, sù!
FALSTAFF
Ci vorrebbe una gru!
FORD
Pesa troppo.
ALICE
E’ corrotto!
MEG, ANNA
E’ corrotto!
ROBIN (turandosi il naso)
E’ impuro!
PISTOLA
Si faccia lo scongiuro.
ROBIN
Ahimé! tu puzzi come una puzzola!
TUTTI (facendolo rotolare come una botte)
Ruzzola, ruzzola, ruzzola, ruzzola!
ALICE, MEG, ANNA
Pizzica, pizzica,
pizzica, stuzzica,
spizzica, spizzica,
pungi, spilluzzica,
finch’egli abbai!
FALSTAFF
Ahiaiaiài!
Viene obbligato a stare in ginocchio.
FORD
Pancia ritronfia!
PAGE
Guancia rigonfia!
FENTON
Sfianca giumenti!
PISTOLA (bastonandolo)
Dì che ti penti!
FALSTAFF
Ahiàhi! Mi pento!
TUTTI
Uom frodolento!
FALSTAFF
Mi pento! Mi pento!
PAGE
Riforma la tua vita!
ALICE, MEG, ANNA
Fallo punito, Domine!
FALSTAFF
Ma salvagli l’addomine!
FORD
Globo d’impurità: rispondi.
FALSTAFF
Ben mi sta.
TUTTI
Otre di malvasìa: rispondi.
FALSTAFF
Così sia.
PISTOLA (mollandogli un’altra bastonata)
Ed ora, che il diavolo ti porti via!
Nella foga, a Pistola cade il cappuccio.
FALSTAFF
Ti riconosco! Ma... tu sei Pistola! E tu... tu sei.... Robin! E voi siete...
TUTTI (liberandosi dalle maschere)
Bravo!
Falstaff tenta freneticamente di sfilarsi la testiera di cervo e di fuggire.
PAGE
Non scappate.... Dove volete andare? Tanto siete preso!
Falstaff cerca di rimettersi la maschera.
FORD
Ma vi siete proprio affezionato alla maschera di Herne, il cacciatore!
MEG
Allora, Sir John, che ve ne pare delle allegre comari di Winsor? Guarda qua, marito, non pensi che queste ramificazioni stiano meglio qui nel bosco che a casa nostra?
ALICE
Oh, Sir John, proprio non abbiamo avuto fortuna. Non siamo riusciti mai a restare un pò soli. Dovrò rinunciare ad avervi per amante, ma
per me sarete sempre il mio beccaccione!
FALSTAFF
Mi sembrava non fossero fate vere!... Come ho lasciato che il cervello mi si rinsecchisse tanto al sole da cadere in un tranello così grossolano?
MEG
Ma andiamo, Sir John, quand’anche avessimo cacciato la virtù sotto ai piedi, per buttarci a capofitto sulla via dell’inferno, credete davvero che il diavolo avrebbe scelto proprio voi per farci cadere?
ALICE
Con quella testa pelata!
MEG
E con quel peso!
PISTOLA
Cimicida! Scanfarda! Squarquoia!
FALSTAFF
Ed ho campato fino ad oggi per essere buscherato da uno che cucina così la nostra lingua? Ahimé, l’ignoranza mi scardassa. Fate di me quel che vi pare.
FORD
Non dubitate. Vi porteremo a Windsor, da un certo Brook, e gli diremo: “Mastro Brook, Falstaff è un imbroglione. Imbroglione e cornutaccio! E queste sono le sue corna, Mastro Brook. Di Ford non ha potuto godersi che un cestone di panni sporchi, il randello e una
FORD
ventina di sterline che dovrà restituire a Mastro Brook, perché i suoi cavalli sono già sotto sequestro per garanzia, Mastro Brook!”
FALSTAFF
E va bene. Sono il vostro zimbello. La gente di ogni condizione si sente in dovere di ridere alle mie spalle. Il cervello di quell’amalgama di argilla e di follia che è l’uomo, non è capace di trovare qualcosa di buffo che non sia inventata da me o su di me. Io non sono soltanto spiritoso in me stesso, ma la fonte dello spirito degli altri uomini. Sono battuto; mi arrendo.
PAGE
Allegro, cavaliere. Verrete a casa mia e ci berremo insieme un bel poncino caldo. E potrete farvi due risate alle spalle di mia moglie, come lei ora ride alle spalle vostre!
MEG
Ben detto, marito mio. Andiamo tutti a casa nostra, davanti a un bel fuoco, a farci due risate su queste strane avventure.
FORD (abbracciato alla moglie)
“E così sia. Dico una cosa sola:
Falstaff a Brook mantenne la parola;
della moglie di Ford ogni diletto
promise. E Brook ora se la porta a letto.”
EXEUNT.
Epilogo.
Monna Fapresto, Pistola, Robin.
Sono passati alcuni anni. Monna Fapresto, nella locanda della giarrettiera, versa ancora da bere a Pistola e a Robin, ma adesso appare impacciata da una grossa pancia.
PISTOLA
Vorrei essere con lui, dovunque sia, in paradiso o all’inferno.
FAPRESTO
No, certo, non è all’inferno. Se mai uomo andò nel seno di Artù, è proprio lui. Ha fatto la più bella fine che si sia mai vista, e si è spento come un bambino appena battezzato. E’ morto fra le dodici e l’una, al voltare della marea. Quando l’ho visto spiegazzare le lenzuola e come giocherellare con i fiori della coperta e sorridere guardandosi la punta delle dita, ho capito che non c’era che una strada per lui; perché aveva il naso affilato come una penna e balbettava di campi verdi. “Che hai, Sir John - dico io - che c’è, il mio uomo? State di buon animo.” E lui a gridare: “Dio! Dio! Dio!” tre o quattro volte. Allora per confortarlo gli ho detto che non pensare a Dio, e che credevo non fosse ancora il momento di confondersi con queste idee. E lui mi ha chiesto di mettergli altre coperte sui piedi: ho infilato la mano sotto le lenzuola e glieli ho toccati: eran freddi come il marmo. Allora ho spinto la mano su fino alle ginocchia, ed erano gelide anch’esse.
ROBIN
Dicono che abbia imprecato al vin di Spagna.
FAPRESTO
Sì, davvero.
PISTOLA
E alle donne.
FAPRESTO
In qualche modo, sì, ha accennato alle donne; ma era “reumatico” e parlava della “meretrice di Babilonia”.
ROBIN
Non ricordate che vedeva una pulce ferma sul naso di Pistola e diceva ch’era un’anima nera che bruciava nel fuoco dell’inferno?
PISTOLA
Ma l’alimento che manteneva quel fuoco è finito; e queste son tutte le ricchezze che mi son guadagnato al suo servizio. Non mi resta che espatriare in Francia, come una sanguisuga a succhiare, succhiare fino all’ultima goccia di sangue.
ROBIN
Dicono che non faccia bene.
PISTOLA (alzandosi)
Vieni qui, ostessa. Il caporale Pistola, in partenza per la Francia, ti vuole salutare.
FAPRESTO
Caporale! Non ti vergogni di farti chiamare “caporale”? E perché mai? Vivi di prugne cotte ammuffite e di torte secche.
PISTOLA (facendo il ge
alstaff, Alice, Meg, , , per bi pezzetto di formaggio abbrustolito e mi strozzi!azzi da ridurmi peggio d'sto di scagliarsi su di lei)
Voglio vederti dannata nel lago dannato di Plutone, per questa mano!
ROBIN (trattenendolo)
Fermo, Pistola, non fare sciocchezze!
FAPRESTO
Aguzzino! Se ci fosse stato qui John, avrebbe fatto di questa una giornata di sangue per qualcuno. Ma prega Iddio che il frutto delle sue viscere nasca bene! Perché se il bambino che porto nasce male, ti farò sputare sangue!
PISTOLA (ricomponendosi, con imbarazzo)
Attenta alle masserizie ed ai miei beni mobili. Addio, ostessa! (La bacia furtivamente su una guancia ed esce).
FAPRESTO (salendo le scale, aiutata da Robin)
Andiamo, Robin, aiutami. La mia lingua è stanca; quando anche le mie gambe lo saranno, ti darò la buonanotte, e m’inginocchierò a pregare per la Regina.
- f i n e -