Sogno di una notte di mezza estate

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WILLIAM SHAKESPEARE

SOGNO D’UNA NOTTE DI MEZZA ESTATE

Commedia in un atto unico

Dalla traduzione di Goffredo Raponi.

Libero adattamento di Umberto Silvestri

                   Titolo originale: “A MIDSUMMER NIGHT’S DREAM”


                        TESEO, Sua Eccellenza

                        LISANDRO, DEMETRIO giovani spasimanti di     

                                   Ermia

     

                        FILOSTRATA, segretaria tuttofare di Teseo.

                        ADRIANO, regista

                       

EMILIO, Tisbe

                        FRANCO, Piramo

                        EDOARDO, il Leone

                        LUCIA, scenografa

                        IPPOLITA, sposa promessa a Teseo

                        ERMIA, figlia di Teseo, innamorata di Lisandro

                        ELENA, innamorata di Demetrio

                        OBERON, re dei folletti

                        TITANIA, regina delle fate

                        FATA, al seguito di Titania

                        PUCK, folletto bastardo

SCENA I – Salone delle feste, nella Villa di Teseo

Entrano TESEO, IPPOLITA, FILOSTRATA

TESEO -

Ippolita,con tutte le date possibili per il nostro matrimonio, proprio il 28 dovevi scegliere?

Solo quattro giorni e io devo ancora rivedere i bilanci delle società di famiglia, del gruppo e della finanziaria, gli inviti (alcuni dovrò farli personalmente), gli addobbi in chiesa, i posti a tavola, l’intrattenimento (musica o cabaret?), le bomboniere, l’architetto, il giardiniere, il prete, i testimoni…

IPPOLITA -

Quattro giorni faranno presto a svanire se ti ostini a voler fare tutto da solo. In fondo queste sono nozze per modo dire: sappiamo bene entrambi che se non fosse per dare una sistematina ai nostri patrimoni…Però mi intrigano tutti questi preparativi, questa frenesia, chissà che non risvegli in noi desideri da tempo sopiti…

TESEO -

Cosa credi che non piacerebbe anche a me stare lì a fare il culo di pietra e guardare gli altri che si sbattono? Filostrata! Il fatto è che non mi fido di nessuno. Consiglieri, avvocati, faccendieri, tutti che vogliono mettere le mani sul mio patrimonio. E io , con tutta la fatica che mi è costata costruirlo, giorno dopo giorno, affare dopo affare, investimento dopo investimento, bustarella dopo bustarella, io dovrei lasciarlo nelle loro mani? Giammai! Filostrata!! Dove sei? Certo, non lo nego, questo è un matrimonio di interesse ma non è solo questo. Tu mi piaci veramente, Ippolita, sin dal nostro primo incontro tra le dune infuocate di Hammamet, ricordi? T’ho corteggiata e ho vinto la tua reticenza

con la forza, ora in ben diversa chiave

voglio condurti sposa: con gran pompa

e gran tripudio di festeggiamenti. Filostrata, maledizione! Ah, sei qui! Filostrata, mia segretaria prediletta, mio taccuino vivente, come mai non ho ancora avuto il piacere di leggere il menu del pranzo di nozze? Ah, entro sera voglio riunito il Consiglio di Amministrazione, non mi importa se l’avvocato è indisposto: le parcelle che riceve valgon bene una mezza febbriciattola. Ah, anticipa la prova del sarto a domattina alle otto e poi subito teleconferenza con gli uffici di New York e Madrid. C’è altro che io non ricordi?

 

FILOSTRATA

Impossibile!

(Esce Filostrata)

TESEO

Ne ero certo. Bene! Va’, Filostrata, smuovi alla letizia la gioventù di questa città, desta vivezza e gioia nei lor cuori,

ricaccia ai funerali l’umor triste,

ché quel pallido socio mal s’addice

alla festosità del nostro rito (che poeta!…noo: copiato, da Shakespeare!).

IPPOLITA -

Guarda, Teseo, laggiù, in giardino, nostra figlia, finalmente potrà portare con orgoglio il tuo nome, guarda come gioca felice e come gioisce nell’attesa del nostro gran giorno.

TESEO -

Sì, sì… E quei due mosconi che le ronzano intorno? Anche loro a gioire… sulla mia roba?

IPPOLITA -

Via, Teseo! Vedi quel giovane, Demetrio, è un ottimo partito per nostra figlia Ermia. Sai, nell’alimentare non abbiamo un granchè e lui è il primogenito del re delle merendine! Sì, proprio lui. Ma Ermia è stata stregata da Lisandro, l’altro laggiù: ha capito che razza di romantica è nostra figlia e così le scrive poesie, canzoni, le regala cosucce senza alcun valore commerciale, sino a sedurla completamente. Peccato sia uno squattrinato pieno solo di idee impossibili.  

TESEO

IPPOLITA

TESEO

ERMIA

Ah, no! In casa mia degli hippy? Giammai! Casomai degli yuppies! (Orgoglioso di sé) (mmh! umorista e poliglotta!). Decido i destini di imperi industriali e non devo decidere sul destino di mia figlia? Se Demetrio dovrà essere, Demetrio sarà.

Eccoli che arrivano. Ti prego Teseo, non dire che te ne ho parlato…

No problems, Ippolita.

(entrano Ermia, Lisandro e Demetrio)

Cara la mia piccola, dolce e capricciosa Ermia. Tua madre mi ha raccontato dei tuoi…piccoli amori e dei tuoi… grandi rifiuti. Perché , Ermia? Demetrio è un giovane degno di te e siccome tu sei mia, (cantando) e sottolineo mia (Ah! Mina, gli anni 60, il piano bar…), figlia, dovresti tenere in altissima considerazione i miei giudizi.

Lisandro non è meno degno.

TESEO -

Non lo nego, ma essendo obbligatorio l’assenso di tuo padre, più degno deve ritenersi l’altro.

ERMIA -

Vorrei solo che mio padre

potesse vedere me con gli occhi miei.

TESEO -

Eh, no, sono piuttosto gli occhi tuoi

che devono vedere col mio senno.

ERMIA -

Papi, scusa, e se io mi rifiutassi ?

TESEO –

FILOSTRATA

Faccio come se non avessi sentito.

Filostrata!! Faccio come se non avessi sentito. Filostrata!! Ah! Se qui. Filostrata, mia segretaria prediletta, mia agenda di carne, esiste qualche essere umano che mi abbia detto no e sia finanziariamente, psicologicamente, civilmente, professionalmente sopravvissuto?

Impossibile!

TESEO -

Prendi pure il tuo tempo per riflettere,

ma non più tardi del 28, che c’è anche la luna nuova (anche astronomo, dio, ma chi sono!).

Vorrei, in quell’occasione che vedrà suggellare solennemente il patto d’un legame imperituro fra l’amor mio e me, dare anche il lieto annuncio delle tue prossime nozze con Demetrio.

DEMETRIO -

Ermia, non essere così ostinata, ti prego: sarò un marito innamorato e ligio ai doveri verso tutta la tua famiglia. E tu, Lisandro, smettila con queste inutili smancerie e lascia che il destino si compia.

LISANDRO -

Tu tieniti l’amore di suo padre

- spòsati lui, se vuoi! - e lascia a me

quello di Ermia.

TESEO -

Insolente Lisandro!

Sì, Demetrio sicuramente gode da qualche minuto del mio affetto, e deve aver da me quello ch’è mio, e cosa mia è Ermia e le cose mie… costano; Demetrio ha tutte le qualità patrimoniali per potermi rifondere della perdita affettiva che sto subendo.

LISANDRO -

Io, signor Teseo, sono figlio di ferroviere e  non discendo come lui

da nobili e ricchi natali;

le mie fortune non sono pari a quelle sue;

ma quello che conta più di tutto il resto

è ch’io sono riamato da Ermia.

Perché dunque dovrei io desistere,

non far valere questo mio sentimento sincero? Demetrio – glielo voglio dire in faccia - ha intrattenuto rapporti d’amore

con la figlia dell’Assessore, Elena,

che adesso lei è così innamorata da non rendersi conto di quanto quest’uomo sia

leggero, screditato ed incostante.

TESEO -

Eh, via! “L’uomo è galeotto”, come dice sempre il mio avvocato. Confesso che  mi era giunta voce di questa tua esuberanza giovanile, anch’io ai miei tempi non ero uno stinco di santo.

Ma vieni di là, mio caro genero,

ormai posso chiamarti così, che ho da darti in privato qualche istruzione.

(A Ermia)

Quanto a te, mia carina,

sforzati di far contenti i tuoi genitori..

Vieni, Ippolita. Come va, mia cara? Hai visto come si risolvono velocemente le cose? Non abbiam mica del tempo da perdere, noi.

Vieni, Demetrio, accompagnaci.

Vista la tua prossima posizione è meglio che cominci subito a darti da fare. Filostrata!! Mia segretaria prediletta, mio block notes umano…Filostr.. Filostrata!! Ma che cazzo di nome!

(Escono tutti meno Lisandro ed Ermia)

LISANDRO -

E adesso amore mio?

ERMIA -

Sono arrabbiata, disperata, esterrefatta. Non riesco nemmeno a piangere.

LISANDRO -

Sembra di vivere in un'altra epoca…

ERMIA -

Lisandro, io non voglio lasciarti, non lo sopporterei. Piuttosto mi uccido!

LISANDRO -

No! Ermia, non dire stupidaggini… Ermia, sta’ a sentire:

io ho una ricca zia, rimasta vedova,

erede d’un cospicuo patrimonio,

e che mi vuole bene come un figlio;

la casa dove abita è distante

Dalla città un centinaio di chilometri;

ma quanto basta perché fin laggiù

non possa arrivare la legge di tuo padre.

Domani notte scendi nel bosco appena oltre questo giardino, dove t’incontrai con Elena quella mattina del Primo Maggio,ti aspetterò lì con la mia moto e ce ne andremo.

ERMIA -

Verrò, Lisandro, verrò. Anche se ho paura. Se mio padre venisse a saperlo, non potremo più vederci.

LISANDRO -

Mantieni la tua promessa, amore mio e tutto andrà per il meglio.

(Entra Elena)

Oh, guarda, viene Elena.

ERMIA -

Ciao, Elena bella, dove vai?

ELENA -

“Bella” dici tu a me?

“Bella”, Ermia, sei tu, perché della tua non della mia bellezzaDemetrio è innamorato!

Oh, ti prego, insegnami l’arte che ti fa tenere Demetrio sottomesso come un cagnolino!

ERMIA -

Non lo so.

Più lo detesto, più mi viene dietro.

ELENA -

Ed io più l’amo, più lui mi detesta.

ERMIA -

Se lui è pazzo io non ho colpa.

ELENA -

Tu no, ce l’ha però la tua bellezza.

Come vorrei aver io questa colpa!

ERMIA -

Rassicùrati, non mi vedrà più.

Lisandro ed io ce n’andremo da qui.

La città, prima che incontrassi lui,

era per me un vero paradiso…

Ma adesso è diventato peggio che l’inferno!

LISANDRO -

Elena, a te possiamo rivelare

quello che abbiamo progettato insieme.

Domani notte, alla luce della luna , ce ne andremo di qui

ERMIA -

… in quel boschetto dove tante volte

ci siamo sedute insieme, tu ed io,

a raccontarci i nostri segreti,

c’incontreremo e partiremo: nuovi amici,  nuove compagnie, nuovi panorami ma soprattutto, lontani da mio padre.

Perciò, Elena, addio,

dolce amica mia e spero che un giorno Demetrio possa innamorarsi di te.

(Accingendosi a partire, a Lisandro che la vuol baciare)

No, Lisandro, ti prego… domani.

LISANDRO -

Domani…

(Esce Ermia)

Elena, addio. Spero che Demetrio ti ami tanto quanto tu ami lui..

(Esce)

ELENA -

Come invidio la loro felicità.

In tutta la città io son considerata bella

almeno quanto lei. Ma a che mi serve?

Prima che i suoi occhi

incontrassero il bello sguardo d’Ermia, Demetrio prometteva e giurava d’essere solo mio; poi, arrivederci e neanche un grazie.

Voglio andare comunque ad informarlo

della fuga della sua bella Ermia;

e se in cambio di questa informazione

avrò da lui un po’ di gratitudine,

me la sarò acquistata a caro prezzo…

anche se mi vedrò poi ripagata

dal vederlo tornar senza di lei.

(Esce)

SCENA II – Nel bosco

Entrano ADRIANO, FRANCO, MAURO, EDOARDO, LUCIA

ADRIANO

Ci siamo tutti della compagnia?

FRANCO

Sei sicuro di quello che stai facendo, Adriano? Non c’era altro modo, eh?

ADRIANO

EMILIO

EDOARDO

ADRIANO

Tranquilli ragazzi, conosco sua Eccellenza. Sentite, sono dieci anni che ci travestiamo da arlecchini, colombine, streghe, maghi, re e regine per far felici i nostri bambini. Io non ce la faccio più..

E neanche i nostri bambini…

Bambini di oltre vent’anni ormai …

Questa è davvero la nostra occasione: recitare davanti a sua Eccellenza e a tutta la sua famiglia. Dimostreremo al mondo che siamo veri attori. Le porte del successo si spalancheranno per la nostra compagnia!

FRANCO

Prima di ritirare l’Oscar però

dicci almeno che cosa tratta la commedia.

ADRIANO

Ebbene, il titolo del dramma è questo:

“La molto lamentevole commedia

“con la crudele e tristissima morte

“di Piramo e di Tisbe”.

(Tutti si toccano)

(a Franco)

Tu farai la parte di Piramo.

FRANCO -

E che cos’è nel dramma questo Piramo?

L’amoroso? Il tiranno?

ADRIANO -

L’amoroso, che coraggiosamente

s’uccide per amore.

(si ritoccano)

Mauro, tu dovrai far Tisbe.

EMILIO

E chi è Tisbe?

ADRIANO –

È la dama che deve amare Piramo ma muore.

(Si toccano)

EMILIO

Con i baffi?

ADRIANO -

E’ colpa mia se l’unica donna della compagnia è la scenografa? Non fa niente.

Vuol dire che te li taglierai

e farai la vocina che vorrai.

FRANCO -

Adriano, lasciami far la parte di Tisbe:

saprò fare un vocino prodigioso!

(Con voce grossa, imitando Piramo)

“Oh, Tisbe, Tisbe!”.

(In falsetto imitando la voce femminile)

“Piramo, amor mio!”.

“La tua Tisbe! La tua diletta Tisbe!”.

ADRIANO -

No, no, tu devi fare solo Piramo.

Tisbe la farà Emilio.

FRANCO -

Ok. Io faccio l’innamorato.

ADRIANO

Edoardo, a te tocca la parte del leone.

Ecco, mi pare siate tutti a posto.

EDOARDO -

Ce l’hai scritta, la parte del leone?

Se sì, ti prego di darmela subito,

perché faccio fatica a mandare a memoria.

ADRIANO -

Non c’è bisogno; questa la improvvisi.

Non devi altro che emettere ruggiti.

FRANCO -

Senti, Adriano,

lascialo fare a me il leone.

So ruggire così meraviglioso,

Così bene, che il Presidente dovrà dire:

“Ancora, fatelo ruggire ancora!”.

ADRIANO -

A ruggire però così terribile

potresti spaventare la sposa

Allora sì che n’avremmo abbastanza

per finire in bellezza la nostra carriera. Basta poco al giorno d’oggi.

TUTTI GLI ALTRI

(meno Franco) -

Oh, no! Arlecchini per tutta la vita, poveretti noi!

FRANCO -

Posso ruggire delicatamente (Accenna a un ruggitino)

ADRIANO -

Che ruggire e ruggire, un accidente!

Tu fai Piramo e basta.

Piramo è un bell’uomo,

il tipo del perfetto gentiluomo.

Questa parte la devi fare tu.

FRANCO -

Come vuoi. Quella parte la faccio io.

E i costumi?

ADRIANO -

Non preoccupatevi. A quelli ci pensiamo io e la scenografa.

Amici, queste sono le vostre parti,

ed io vi chiedo, supplico e scongiuro

che l’impariate per domani sera.

Ci troveremo qui, nel bosco, a un miglio fuori di città; perché se ci riuniamo a scuola, come al solito, tutti scoprirebbero in anticipo

i nostri trucchi e le nostre intenzioni.

Mi raccomando a tutti, non mancate!

TUTTI -

(Toccandosi) In che senso?

FRANCO-

Basta così. Domani sera, nel bosco. O la va o la spacca!

(Escono)

SCENA III - Bosco presso la villa di Teseo

Entrano da parti opposte, una FATA e PUCK

PUCK -

Ehi, spiritello, dove vai girando?

FATA -

Vo’ per il folto della selva bruna,

 leggero come un raggio della luna,

a servir delle fate la regina;

Ma debbo andare, curiosone, addio,

ché la regina sta per arrivare

col suo corteggio, e intende qui restare.

PUCK -

Ma qui stanotte fa baldoria il re;

e la regina se ne stia lontana,

perché Oberon è infuriato con lei

per via ch’ella si trattiene con sé

come paggetto un vago fanciulletto,

e se ne fa gradevole trastullo.

E Oberòn è in dispetto

perché vorrebbe avere al suo servizio

il ragazzetto,

Così non c’è una volta che quei due,

dovunque si ritrovino di fronte,

non sfoghino l’acerbo lor rancore.

FATA -

Puck, ecco chi sei tu, quel discolaccio,

quel folletto bugiardo e malizioso,

quel bizzoso spiritello

che al villaggio spaventa le ragazze,

che fa cagliare il latte dentro i secchi,

Ed altre volte a far schiumar la birra,

o a far smarrire il cammino ai viandanti

di notte, e ridere del loro disagio?

PUCK -

Hai detto giusto: sono proprio io

Io faccio da buffone ad Oberon,

e lo faccio morir dalle risate

quando mi metto a far l’imitazione

del verso d’una puledrina in foja,

e uno stallone mai sazio di fava

corre qua e là a cercarla e non la trova.

Talvolta una comare saccentona

nel raccontare, tutta sussiegosa,

una delle sue storie strappalacrime,

mi scambia per un tripode sgabello:

io, d’un tratto, le sguscio dalle natiche,

quella va a gambe all’aria,

e scatarrando grida: “Accidentaccio!”([1])

e là tutti a crepare dalle risa

Ma largo adesso, Fata, ecco Oberòn.

FATA -

Ed ecco pure la padrona mia.

Entrano, da parti opposte, OBERON e TITANIA coi rispettivi corteggi

OBERON -

Male incontrata, orgogliosa Titania.

TITANIA -

Anche tu qui?

Andiamo, fate, andiamocene via!

Di lui ho rinnegato letto e mensa!

OBERON -

Fèrmati, presuntuosa libertina!

Non sono il tuo signore?

Perché deve Titania contrastare

un desiderio del suo Oberòn?

Io non ti chiedo in fondo che un bimbetto,

un bimbetto rubato nella culla([2])

da farne un mio paggetto…

TITANIA -

Mettiti il cuore in pace:

non basta tutto il regno delle fate

a comprare da me quel ragazzino.

Sua madre era devota del mio ordine.

Ma era donna mortale, e partorendo

morì, lasciando quel fanciulletto,

che per amor di lei ho allevato,

per non volermene più separare.

OBERON -

Quanto intendi restare in questo bosco?

TITANIA -

Fino a dopo le nozze di Teseo.

S’hai voglia di restar, buono e tranquillo,

e a prender parte al nostro tripudiar

sotto la luna, resta pure qui;

ma se tu non ne hai voglia,

schiva la mia presenza, come io stessa

farò dei luoghi da te frequentati.

OBERON -

Se desideri ch’io resti con te,

cedimi quel ragazzo.

TITANIA -

Nemmeno in cambio di tutto il tuo regno!

Fate, venite, andiamo, andiamo via!

Se resto qui, si litiga di brutto!

(Esce con tutto il seguito)

OBERON -

Va’, va’, vattene pur per la tua strada…

Non uscirai però da questo bosco

se prima io non abbia escogitato

come farti pagare questo torto.

Vieni, mio caro Puck.

Ti rammenti di quel bocciuolo bianco virgineo che il dardo infuocato di Cupido trasformò in turgido e purpureo fiore? Le fanciulle ora lo chiamano “fior d’amore”.

Va’, cercami quel fiore.

Il suo succo, spremuto sulle ciglia

di chi dorme, sia esso uomo o donna,

lo fa cadere innamorato folle

del primo esser vivente

che si trova davanti al suo risveglio.

Va’, corri, trovami quell’erba.

PUCK -

In quaranta minuti metto un cinto

tutt’intorno alla pancia della terra!

(Esce)

OBERON -

Come avrò nelle mani questo succo,

sorprenderò Titania addormentata

e le distillerò sugli occhi il liquido,

e la creatura viva che per prima

le verrà innanzi agli occhi al suo risveglio,

ella sarà costretta ad inseguirla

con tutta l’ansia d’un’innamorata.

E allora, prima ch’io le sciolga gli occhi

da codesto incantesimo - e lo posso,

servendomi del succo d’un’altr’erba -

mi faccio cedere quel suo paggetto.

Ma chi viene?… Rendiamoci invisibili

e stiamo ad origliar quel che si dicono.

Entra DEMETRIO seguito da ELENA

DEMETRIO -

E smettila di venirmi dietro! Mi hai detto che quel bastardo di Lisandro si sarebbe incontrato qui con Ermia per fuggire. Ti ringrazio. Però adesso, vattene! Va’, non mi seguire più!

ELENA -

Non so che farci, Demetrio. E’ più forte di me. Mi attiri come una calamita.

DEMETRIO -

T’attiro, io? Se son giorni e giorni che ti respingo?

ELENA -

Son ridotta male, Demetrio, ti prego, lasciami stare almeno vicino a te.

DEMETRIO -

Insomma, basta! Un po’ di dignità, via!

Non starò qui a sentir le tue menate!

Lasciami andare, e non venirmi dietro!

(Esce Demetrio)

ELENA

Ti seguirò, Demetrio, ovunque andrai,

fino a che non sarai mio, per sempre!

(Esce)

OBERON -

(Ricomparendo)

Addio, ninfa;([3]) ma sarai tu a fuggirlo,

prima ch’egli abbandoni questo bosco,

e lui, innamorato, ad inseguirti!

Rientra PUCK

Bentornato, mio caro giramondo.

Quel fiore, allora, l’hai con te?

PUCK -

Sì, eccolo.

OBERON -

Dammelo qua. C’è un posto in riva al fiume

dove Titania suole mettersi a giacere e addormentarsi.

Io bagnerò col succo di quest’erba

le sue palpebre e questo avrà il potere

di riempirla di incontrollati desideri.

Prendine tu qualche stilla con te,

e mettiti a cercare in questo bosco:

una leggiadra fanciulla di città

si strugge per un giovane sdegnoso;

trovalo, e spalmagli questo sugli occhi.

Ma fallo con la massima attenzione,

così che al suo risveglio questo giovane

si ritrovi di lei innamorato

più di quanto non sia ella di lui.

E torna qui prima che canti il gallo.

PUCK -

Non dubitare, padrone: il tuo servo

farà tutto a puntino, come dici.

(Escono)

SCENA IV - Altra parte del bosco

Entra TITANIA con la sua FATA

TITANIA -

Andiamo, su, alla svelta!

Appena un girotondo e una canzone;

Cantami la tua ninna nanna,

e poi, mentr’io riposo,  all’opera!

CANZONE DELLE FATE

CORO -

“Voi, serpi maculate

“dalle lingue forcute,

 “a Titania regina delle fate

“offesa non recate”.

CORO -

“Tu, tu, tu, tu, tu, carina

“culla il sonno alla regina

“con la melodiosa canna,

“ninna nanna, ninna nanna.

CORO -

 “Via, lumache, scarafaggi,

“via da questi suoi paraggi.

“Vermi, via, non disturbate

“la regina delle fate”.

CORO -

“Tu, tu, tu, tu, tu, carina

“culla il sonno alla regina

“con la melodiosa canna,

“ninna nanna, ninna nanna.

(Titania s’addormenta)

(Escono tutte le fate)

OBERON compare, s’accosta a Titania che dorme e le spreme il fiore sulle palpebre

OBERON -

Pel primo che vedrai, aprendo gli  occhi,

insano amor ti tocchi.

Sia pur mostro tutto orrore,

languirai per lui d’amore.

(Sparisce)

Entra LISANDRO con ERMIA appoggiata al suo braccio

LISANDRO -

Amore mio,stai svenendo dalla stanchezza; è colpa mia, ti sono venuto incontro pensando di aiutarti e invece  mi sono perso come uno stupido. Non riesco a ritrovare il luogo dove ho parcheggiato la moto! Riposiamoci qui, Ermia e domattina appena farà luce riprenderemo il viaggio

ERMIA -

Ok Lisandro, se proprio dobbiamo. Non era questo che mi aspettavo come prima notte insieme, ma se proprio dobbiamo. E pensare che ho sempre odiato il campeggio.

LISANDRO -

Ti prego, perdonami..

ERMIA -

Ti perdono, ti perdono.

(Lisandro tenta di abbracciarla) Però calmino, eh? (Ermia si stacca leggermente, poi si intenerisce) Buonanotte, mio grande e distratto amore.

LISANDRO -

Buonanotte, ti proteggerò in ogni momento di questa calda notte di mezza estate, con tutte le mie forze, con tutta l’anima, con tutto me st….. (Cade in un sonno profondo)     

Appare PUCK

PUCK -

(Vede Lisandro addormentato)

“Ma chi vedo qui dormire?

“Sembra, all’abito, il garzone

“che, a sentire il mio padrone,

“tiene a sdegno la pulzella,

“l’ambrosiana damigella”.

(S’avvicina a Lisandro che dorme, e gli spreme il succo sulle palpebre)

“Sui tuoi occhi, sciagurato,

“verso il filtro mio fatato.

(Sparisce)

Entrano DEMETRIO ed ELENA, correndo

ELENA -

Demetrio caro, fèrmati un momento.

DEMETRIO -

Va’ via di qui, te l’ordino,

Elena! E smettila  di perseguitarmi!

ELENA -

Vuoi dunque abbandonarmi qui nel buio?

DEMETRIO -

Rimani qui, se vuoi,

ma a tuo rischio e pericolo. Io vado.

(Esce)

ELENA -

Dio, sono rimasta senza fiato

per questa folle corsa dietro a lui.

E più l’imploro, e meno lui m’ascolta!

(Scorge Lisandro addormentato)

Ma chi c’è qui?… Lisandro?…

E qui, per terra?… Addormentato?… Morto?…

(Lo scuote chinandosi su di lui)

Lisandro, caro, se sei vivo, svègliati!

LISANDRO -

(Svegliandosi)

Elena, amore mio, come sono felice di vederle (si riferisce ai seni di Elena) , di vederti.  Dov’è Demetrio, quel bastardo? Farti soffrire così, io lo uccido!

ELENA -

Non dire così, Lisandro, non lo dire!

Che t’importa s’egli ama la tua Ermia?

Che t’importa, Lisandro?

Ermia ama te, e dunque stai contento.

LISANDRO -

Contento io, con Ermia? Tu non capisci!

Non è Ermia ch’io amo, ma Elena! Sì, tu, guardami, Elena, non vedi quanto ti desidero? (Tenta di abbracciarla e baciarla)

ELENA -

(Si divincola, più che sorpresa) Che ho mai fatto per meritare da te questo stupidissimo scherzo? Non ti basta, Lisandro, non ti basta

il dolore che mi porto dentro a causa di Demetrio, che anche tu ti debba divertire alle mie spalle?

Ok., ho capito, non basta. Dopo il rifiuto, facciamoci anche prendere per il culo!

(Esce)

LISANDRO -

Elena, ti prego, non abbandonarmi!

(Esce)

ERMIA -

(Svegliandosi)

Lisandro, aiuto!

Oh, poveretta me, che brutto sogno!

M’è sembrato che un serpente

mi mangiasse il cuore, e tu, Lisandro,

stessi là, ad assistere sorridendo.

Ma dove sei?… Lisandro!…

Se n’è andato… E dai, non scherzare, sai che mi spavento… Lisandro!... Amore mio, ti prego!

(Esce)

SCENA V - Nel bosco

TITANIA giace addormentata

Entrano ADRIANO, FRANCO, EMILIO, EDOARDO, LUCIA

FRANCO -

Ci siamo tutti, allora?

ADRIANO -

Tutti, ed il luogo sembra fatto apposta

per la prova; questo campetto di calcio

farà da palcoscenico;

questa siepe farà da camerino

e ci potremo muovere

come fossimo già davanti al Presidente.

FRANCO -

Adriano, presenti tu, vero?

ADRIANO -

Come sempre, perché?

FRANCO -

Beh!… se ci riesci, io ti consiglierei di non farla troppo lunga. Sai… con tutte quelle storie sulla funzione del teatro nella società, sul governo che taglia i fondi alla cultura, sulla solidarietà, la pace… 

EDOARDO -

Ha ragione: se poi quello si incazza e pensa che siamo dei sovversivi? 

LUCIA -

Sai che lui c’ha le fisse…   .

FRANCO -

Addio carriera! Addio grandi teatri! Pensaci, Adriano.

ADRIANO -

Ok…. Ma lo faccio solo per voi! Fossi solo non rinuncerei mai al mio prologo!

TUTTI -

Bravo, Adriano!

ADRIANO -

Ci restano due cose un po’ rognose:

il chiaro di luna, perché Piramo e Tisbe,

come sapete, devono incontrarsi

nottetempo al chiarore della luna.

LUCIA -

Ma ci sarà la luna, quella notte?

FRANCO –

Avanti, consultiamo un calendario,

e cerchiamo la luna…

ADRIANO -

(Estrae dalla borsa un’agenda e la sfoglia)

Eccola qua.

Sì, ci sarà la luna, quella notte.

FRANCO -

Bene, allora il problema è risolto.

LUCIA –

ADRIANO -

Già… e se è nuvolo potrebbe entrare in scena

qualcuno con una scala e una potente torcia e dire che è venuto a rappresentare il Chiar-di-luna.

Ma c’è dell’altro ancora a cui pensare:

dev’esserci un muro,

per via del fatto che Piramo e Tisbe

- così vuole la storia - si parlavano

proprio attraverso il buco d’un muro.

LUCIA -

Un muro non ce la faremo mai a costruirlo in così poco tempo.

FRANCO -

Beh, vorrà dire che sarai tu 

a far da muro; ti impiastricceremo

con un po’ di calcina e un po’ di gesso

e terrai le dita così,

(Fa il gesto di unire in tondo il pollice

e l’indice di una mano)

ad indicare che per quel buco

Piramo e Tisbe si bisbiglieranno.([4])

ADRIANO -

Per me, se si può fare, va benone.

Forza, allora , a provare ciascuno la sua parte.

Piramo, via, attacca tu per primo;

poi, terminata che avrai la battuta,

ti ritiri là dietro a quella siepe.

E così gli altri, secondo il copione.

Appare PUCK, restando nel fondo

PUCK -

Che ci faranno qui questi bifolchi

vestiti di cardame casereccio,

che smargiassano sì insolentemente

presso la culla della mia regina?…

Che! Preparano forse una commedia?

Vuol dire che farò da spettatore,

e forse anche da attore, alla bisogna.

(Resta nel fondo, invisibile)

ADRIANO -

Piramo, attacca. Tisbe, vieni avanti.

FRANCO -

(Recitando)

“Tisbe, soavi olezzano nell’aria

“gli odiosi fiori…

ADRIANO -

(Interrompendolo)

“Odorosi, odorosi!”

FRANCO -

(Seguitando a recitare)

“… gli odorosi fiori,

“così il tuo fiato, Tisbe mia diletta.

“Ma zitta! Odo una voce. Un poco aspetta,

“vado a vedere un attimo di fuori…”

(Si ritira dietro la siepe)

PUCK -

(A parte)

Un Piramo dei più straordinari

che mai si siano visti sulle scene!

(Si va a mettere anche lui, sempre non visto, dietro la siepe dov’è Franco)

EMILIO -

Tocca a me, ora?

ADRIANO -

Infatti, tocca a te.

Tu hai capito che Piramo è uscito

per accertarsi del rumore udito,

e dunque avanti tu con la tua parte.

EMILIO -

(Recitando)

“Piramo mio, amabile gioiello,

“mio dolce innamorato garzoncello,([5])

“fedele qual fu mai stanco morello,

“ecco ch’io vengo ad incontrarti innante

“di Ninì all’avello”.

ADRIANO -

(Correggendolo)

No, “di Nino”!

Eppoi questo non devi dirlo adesso:

è la risposta che darai a Piramo,

tu invece tiri via tutto di seguito,

Piramo, entra. La tua imbeccata

è passata; era “mai stanco morello”.

EMILIO

Eh, già, gliela ripeto:

“Fedele qual fu mai stanco morello”…

Rientra FRANCO, che ora, al posto della sua, ha una testa d’asino. PUCK ricompare in fondo.

FRANCO -

(Recitando)

“Se tale io fossi, Tisbe,

“soltanto tuo sarei…”

ADRIANO -

Oh, mostruoso! Che schifo!

Qui c’è stregoneria! Scappiamo!

Scappiamo tutti! Aiuto, aiuto!

(Escono, spaventati Adriano, Emilio, Edoardo, Lucia)

PUCK -

Ah! Ah! Ah!

(Scompare)

FRANCO -

Perché sono scappati?… Di sicuro

uno dei soliti scherzi, per spaventarmi.

Rientra EDOARDO

EDOARDO -

Franco, come sei cambiato!

Che hai sul collo?

FRANCO -

Che vuoi che ci tenga?

Una testa d’asino, come te.

(Esce Edoardo)

Rientra ADRIANO

ADRIANO -

Uh, Franco, che Dio ti benedica!

Oh, santo Dio, ti sei trasformato!

(Scappa)

FRANCO -

Ho capito:

voglion farmi passare per un asino che casca nei loro scherzi.

Facciano pure tutto quel che vogliono,

io di qui non mi muovo. Anzi, sai che faccio?

Mi metto a passeggiare in su e in giù

qui intorno ed a cantare, altro

che paura.

(Canta)

“Voglio una vita spericolata,

“Voglio una vita come nei film

“Voglio una vita che se ne frega

       “Voglio una vita come Rintintin…       

TITANIA -

(Svegliandosi)

“Qual angelo mi desta

“dal mio giaciglio in fiore

“con note sì canore?

FRANCO -

(Sempre cantando)

“Poi ci incontreremo come le star

“A bere un bianchino al Roxy Bar…

Grande Vasco, vai!

TITANIA -

O gentile mortale, canta ancora,

per le tue note s’è d’amor rapito

l’orecchio mio,

ed il potere delle tue virtù

è tale su di me, dal primo sguardo,

ch’io debbo dir, giurar, che per te ardo.

FRANCO -

Signora, si sente bene? Vuole che l’aiuti?

Fa parte anche lei dello scherzo, vero. L’han pensata proprio bene i ragazzi.

TITANIA -

Vieni qui, vicino a me. Quanto sei bello. E che sguardo intelligente!

FRANCO -

La ringrazio, signora. Però adesso, per favore, mi lasci. Ho degli impegni pressanti, delle prove da fare… devo proprio andare.

 Adriano, Edoardo, smettetela dai, venite fuori  Come si fa ad uscire di qui ? Qualcuno mi aiuti! 

TITANIA –

Non pensare d’uscir da questo bosco.

Io t’amo. Metterò le mie fate al tuo servizio; esse canteranno per te

mentre tu giacerai con me

sopra un letto di fiori, mio adorato…Fiordipisello!

FRANCO

TITANIA

FRANCO

TITANIA

Adriano!

Fagottino!

Emilioooo!

Bruscolino!

FRANCO

Luciaaaa!

TITANIA -

Oh, luna!

illumina all’amor mio

la via del letto e l’ora del risveglio.

(esce)

.

FRANCO -

Non capisco. Se non è uno scherzo, allora è la cosa più bella che mi sia capitata. D’altra parte con un fisico così, presto o tardi qualcuna si sarebbe accorta di me. Ma cinque, tutte insieme! Quando lo sapranno gli altri, si metteranno a ragliare di invidia!

(Esce)

SCENA VI - Altra parte del bosco

Entra OBERON

OBERON -

Sono proprio curioso di saper

se Titania a quest’ora s’è svegliata,

e che cosa si sia trovata innanzi

per cui dovrà delirar di passione.

Entra PUCK

Ebbene, birba d’uno spiritello,

quali notturni eventi sono in corso

nel dolce incanto di questo boschetto?

PUCK -

Questo: che la regina mia padrona

s’è invaghita d’un mostro.

Presso la sacra sua segreta alcova,

una combriccola di rattoppati,

erano radunati a far le prove

d’una commedia da mettere in scena

la sera delle nozze di Teseo.

Il più balordo della compagnia,

che recitava la parte di Piramo,

a un certo punto è uscito dalla scena

eio, profittando del momento,

gli calzo in testa una capoccia d’asino.

I compagni, nel vederlo,

scappano come tante oche selvatiche!

In quel mentre Titania si svegliava,

e di quell’asino s’innamorava.

OBERON -

Meglio di quanto potessi pensare!

Ma poi le palpebre dell’altro, il  meneghino

l’hai spalmate con quel succo d’amore,

come ti dissi?

PUCK -

Ho fatto pure questo.

L’ho trovato disteso che dormiva

e a fianco a lui la ragazza;

sicché per forza sarà stata lei

ch’egli ha dovuto vedere svegliandosi.

Entrano DEMETRIO e ERMIA

OBERON -

Eccolo il milanese. Nascondiamoci.

PUCK -

La donna è lei, ma l’uomo non è lui.

DEMETRIO -

(A Ermia)

Ermia, perché trattarmi così? Perché accusarmi mentre io ti chiedo solo un piccolo gesto d’amore.

ERMIA -

Per adesso mi limito ai rimproveri;

ma ti dovrei trattare ancora peggio,

Cos’hai fatto a Lisandro?

Lui non si sarebbe mai allontanato

da me, addormentata ed indifesa.

Tu l’hai ucciso; guarda che faccia di assassino che hai!

DEMETRIO -

Io assassino? Piuttosto sei tu che mi stai uccidendo trattandomi così. 

ERMIA -

Ah, Demetrio, dimmi che me lo restituirai!

DEMETRIO -

La sua carcassa in pasto ai miei segugi,

piuttosto!

ERMIA -

Ah, cagnaccio maledetto!

Vattene via da me, cane bastardo!

Allora l’hai ucciso, sì o no?

Che grande eroe ti dovrai essere sentito!

Sei un serpente, una vipera velenosa biforcuta!

DEMETRIO -

Stai sprecando la tua furia amorosa

per un abbaglio: io non l’ho ucciso

e, tra l’altro, per quanto a me risulta,

non è morto.

ERMIA -

Se sai che è vivo, allora,

dimmi che è sano e salvo, ti scongiuro.

DEMETRIO -

Se te lo dico, che mi dai in cambio?

ERMIA -

Il privilegio di non vedermi più.

Sia egli vivo o morto

non comparirmi più dinanzi agli occhi.

(Esce)

DEMETRIO -

Seguirla adesso non mi pare il caso,

così infuriata. Aspetterò qui, magari mi faccio anche un pisolino…

(Si stende per terra e s’addormenta)

OBERON -

(Venendo avanti con Puck)

Ma che pasticcio hai fatto?

Hai sbagliato completamente tutto!

Hai cosparso del succo dell’amore

le ciglia d’un fedele innamorato;

sicché adesso ne seguirà per forza

che un vero amore si tramuti in odio,

e non già che si muti in amor vero

un amore sleale.

PUCK -

Padrone, allora è il fato a far tutto a rovescio.

OBERON -

Va’, vola come il vento per il bosco

e rintracciami Elena.

Conducimela qui con qualche inganno.

Io farò d’incantar gli occhi di lui

per quando lei gli apparirà davanti.

PUCK -

Volo: sta’ a guardare!

Più ratto d’una freccia

scoccata dal tremendo arco d’un Tartaro.

(Esce)

OBERON -

(Si avvicina a Demetrio addormentato e gli spreme

il succo del fiore sulle ciglia)

Riappare PUCK

PUCK -

Mio capitano,

Elena è qui da presso, l’ho trovata.

Con lei è il giovane da me stregato,

che, di lei follemente innamorato,

le richiede d’amore un attestato.

Gustiamoci ora i loro battibecchi.

Questi mortali, signore, che sciocchi!

OBERON -

Scostiamoci, però, ché il lor parlare

potrebbe anche Demetrio risvegliare.

PUCK -

In due per una femmina languire:

basta questo per farmi divertire!

Per me le cose ch’hanno più sapore

sono quelle che nascon dall’errore.

(Oberon e Puck si ritirano in disparte)

Entrano ELENA e LISANDRO

LISANDRO -

Perché non mi credi, Elena, ti giuro che non è uno scherzo, mi vien quasi da piangere… 

ELENA -

Continua pure con questa ignobile farsa: mi hai visto bene? Io sono Elena, segui il labiale: E-le-na. Che bravo! Sino a ieri giurava eterno amore ad Ermia!

LISANDRO -

Sino a ieri non ero in grado di giudicare…

ELENA -

Oggi invece… Perché vuoi rinunciare all’amore di Ermia?

LISANDRO -

Demetrio l’amerà;

perché lui ama lei, non ama te.

DEMETRIO -

(Svegliandosi e vedendosi Elena davanti)

O Elena, che gioia immensa aprire gli occhi e vederti qui davanti a me, bellissima, perfetta, divina!

Amore, ti prego, lasciati accarezzare, dammi la mano, fammela baciare…

ELENA -

Basta! Vi siete fatti tutti e due di roba scaduta, che non sapete quello che dite e  fate. (Piange) O rabbia! Vi siete alleati per divertirvi alle mie spalle!

Mi odiate sino a tal punto da poter giocare così crudelmente con i miei sentimenti?

LISANDRO -

Sei crudele, Demetrio. Tu ami Ermia, e sai che io lo so. Ti cedo la mia parte del suo amore,

e tu a me lascia l’amore di Elena.

ELENA -

Fin quando durerà questa tortura?

DEMETRIO -

Tienti pure, Lisandro, la tua Ermia,

io non la voglio più.

E’ di Elena che io ho bisogno, sono pazzo di lei.

LISANDRO -

Elena, non gli credere.

DEMETRIO -

Lisandro, non darmi del bugiardo, o la pagherai molto cara…

Entra ERMIA, affannata

ERMIA -

Lisandro, finalmente! Perché te ne sei andato, senza svegliarmi, lasciandomi sola?

LISANDRO -

Perché sarei dovuto restare, visto che Elena non era lì?

ERMIA -

E da quando in qua Elena sospinge

Lisandro a distaccarsi dal mio fianco?

LISANDRO -

Possibile che tu non capisca.? Sei tonta?

Elena, amore mio, ti prometto, ti giuro che non la rivedrò più. E tu smettila di cercarmi, ti detesto, stare accanto a te mi disgusta!

ERMIA -

Lisandro, tu ti sei fatto di roba scaduta?

Tu dici cosa che non puoi pensare.

Non può esser così!

ELENA -

Complimenti! Ecco, anche tu alleata con loro! Ora capisco: vi siete accordati

tutti e tre per tramare alle mie spalle

questa ipocrita messinscena. Tu sei una gran stronza! Amiche per la pelle, eh? Nessun segreto tra noi, vero? Elena bella, Elena buona…Elena cogliona, ecco cosa sono. E tu, stronzissima, insieme a quei due acefali a prender per il culo la tua povera amica! (Piange)

ERMIA -

Io non mi sto prendendo gioco di te. Piuttosto sei tu, mi pare, a burlarti di me.

ELENA -

Già, perché non sei stata forse tu ad istigare Lisandro a farmi quelle stupide e fasulle dichiarazioni d’amore?

E chi, se non tu, ha indotto l’altro tuo innamorato, Demetrio, il quale ancora poco fa

mi respingeva a calci,

ad invocarmi coi nomi di bellissima, perfetta, divina? Hai finito di giocare con me? Perché disprezzarmi in questo modo?

ERMIA -

Non capisco perché parli così.

ELENA -

E dài, seguita ancora!

Comunque addio. Se tutto ciò è per disfarvi di me, il vostro piano è stato un successone. Non mi vedrete più, e non venitemi a cercare.

LISANDRO -

No, Elena, non andartene!

Amore mio, mia vita, anima mia, Elena bella!

ELENA -

Oh, ma bene, benissimo!

ERMIA -

(A Lisandro)

Caro, non devi schernirla così.

DEMETRIO -

(A Lisandro)

E se non basta lei a persuaderti,

so io come costringerti a desistere!

LISANDRO -

Tu non costringerai proprio nessuno, 

Con me le tue minacce non funzionano

Io, t’amo, Elena, sulla mia vita! Costi quel che costi!

DEMETRIO -

Elena, io ti amo molto, ma molto più di lui!

LISANDRO -

Se lo affermi a parole,

allontaniamoci e provalo con le mani!

DEMETRIO -

Subito, andiamo, vieni.

ERMIA -

(Trattenendolo)

Lisandro, a quale scopo tutto questo?

LISANDRO -

(Allontanandola)

Va’ via, sanguisuga!

ERMIA -

(Sempre trattenendolo)

No, è che lui, sta’ attento…

DEMETRIO -

Poverino! La mammina ha paura che lui si faccia della bua! Tu fai finta di rompere il guinzaglio…e volermi seguire, ma non vieni.

Sei una mezza sega, va’!

LISANDRO -

(Divincolandosi da Ermia)

E levati di dosso, sei peggio di una zecca!

ERMIA -

Perché sei diventato così volgare, amore mio?

LISANDRO -

Amore mio?… Via da me, febbre gialla, virus letale, varicella, stai lontana, odiosa creatura!

ERMIA -

Non stai scherzando?

ELENA -

Sì, che scherza! Scherza!

E tu sèguiti a farlo, insieme a lui!

ERMIA -

Odiarmi… Ma perché?

Povera me! Che ti succede amore?

Guardami, sono io Ermia, Er-mi-a.

Fino a stanotte m’hai voluto bene,

E ora tu mi vuoi abbandonare…

Fai sul serio?

LISANDRO -

Sulla mia vita, sì,

Ermia, e non ti voglio più vedere!

Non c’è nulla di più vero al mondo,

nulla di più lontano da uno scherzo

se ti dico che t’odio e che amo Elena.

ERMIA -

Oh, cazzo!!

(A Elena)

Tu, razza di bastarda! Ladra! Questa me la paghi! Ho sempre pensato che in fondo sei una gran puttana!

ELENA -

Abbiamo studiato dalle Orsoline, a quanto pare. Vuoi farmi incazzare davvero allora? Non c’è fine a questa farsa, vero? Razza di ignobile bugiarda, schifoso tappo!

ERMIA –

ELENA-

ERMIA- 

“Tappo”… Perché?…

Ah, ecco allora com’è andato il gioco!

Ora ho capito: s’è fatta bella sfruttando la sua altezza e il suo personale, attirandolo a sé, denigrandomi e sbeffeggiandomi perché sono… più bassina di lei.

 

Diciamo pure nana.

Ah, sono nana, eh? Razza di Hulk femmina!

Comunque a sgraffignarti gli occhi ci arrivo molto bene!

ELENA -

(A Demetrio e Lisandro)

Per favore, fermatela, non vorrei essere costretta a picchiare una nana..

ERMIA -

“Nana”: sentite?

E lo ripete, ancora!

ELENA -

Basta! Non resisto più. Me ne vado.

ERMIA -

L’hai già detto: vattene pure, chi te lo impedisce?

ELENA -

Quando sei infuriata, diventi cattiva. Eri un’arpia già da piccola, quando andavamo a scuola. Piccolina ma feroce!

ERMIA -

“Piccolina”, di nuovo?…

Non sai dir altro che “piccola” e “bassa”?

(A Demetrio e Lisandro)

E voi, come potete tollerare

che m’insulti così?… Ci penso io!

(Si slancia contro Elena)

LISANDRO -

(Trattenendola)

Oh, nanetta, dacci un taglio. E tieni giù le mani!

DEMETRIO -

Perchè ti scaldi così tanto per Elena? T’ha forse chiesto qualcosa? E lasciala stare sai, o io ti…  

LISANDRO -

Io ti… cosa? Razza di borioso raccomandato!

(Escono Lisandro e Demetrio)

ERMIA -

Tutto per causa tua questo trambusto!

Non andartene, adesso.

ELENA -

Non mi fido più di nessuno, tanto meno di te.

(Esce)

ERMIA -

E io che faccio, adesso?

(Esce)

OBERON -

(Ricomparendo, a Puck)

Questo è il frutto della tua sventatezza.

Ti sbagli sempre, o lo fai apposta

a combinar queste tue birbonate?

PUCK -

No, re dell’ombre, non l’ho fatto apposta;

devo aver preso un uomo per un altro.([6])

Del resto fino ad ora son contento

che sia andata così, perché per me

questa lor lite è stata un vero spasso.

OBERON -

Già, ma vedi che questi due amanti

ora cercano un luogo dove battersi.

Perciò affrettati, Puck,

a far calare una fitta coltre di caligine,

sì da condurre per diverse vie

questi irosi rivali,

e bada che si tengano lontani

finché non cali sulle loro palpebre

un sonno così profondo da sembrare morte.

Quindi spremi sugli occhi di Lisandro

quest’erba che ha il benefico potere

di scioglierli da ogni incantamento,

sì che costoro al prossimo risveglio

crederanno che tutta questa beffa

sia stata un sogno, una vana illusione;

Mentre tu sbrigherai questa faccenda,

io per mio conto andrò dalla regina

a farmi dare quel ragazzo indiano;

e allora toglierò dagli occhi suoi

l’incanto della vista di quel mostro,

e tutto tornerà com’era prima.

PUCK -

Mio fatato signore, tutto questo

dev’esser compiuto ben in fretta:

laggiù splende l’araldo del giorno.

OBERON -

Su allora, alla svelta! Non perdiamo tempo!

Possiamo compiere l’operazione

prima che spunti la luce del giorno.

Rientra LISANDRO

LISANDRO -

Demetrio spaccamonti, dove sei?

Parla, fatti sentire?

PUCK -

(Imitando la voce di Demetrio)

Son qua, vigliacco,

e pronto a battermi. Ma dove sei?

LISANDRO -

Eccomi. Sono subito da te!

PUCK -

(c.s.)

Seguimi, allora, su terreno aperto.

(Lisandro esce, come a seguir la voce di Demetrio)

Rientra DEMETRIO

DEMETRIO -

Non parli più, Lisandro?… Dove sei?

Scappi, eh, vigliacco!

Dove ti sei nascosto ?

PUCK -

(Imitando la voce di Lisandro)

Su, vigliacco,

vieni avanti, bamboccio!

Te le voglio suonare come si deve!

DEMETRIO -

Ah, sei là?

PUCK -

(c.s.)

Vieni dietro alla mia voce.

E smettila di fuggire, fifone!

(Escono Demetrio e Puck)

Rientra LISANDRO

LISANDRO -

Ma dov’è, maledizione! Mi scappa avanti, e continua  a sfidarmi;

e, come arrivo là dove ha chiamato,

non ci si fa trovare più, il bastardo! 

Basta, sono stanco morto, mi riposerò qui.

(Si sdraia per terra)

(S’addormenta)

Rientra DEMETRIO, riappare PUCK

PUCK -

(Dal fondo, imitando la voce di Lisandro)

Beh, vigliacco, perché non vieni avanti?

DEMETRIO -

Fèrmati, perdio, se hai coraggio!

Dove sei?

PUCK -

(c.s.)

Eccomi, vieni qua, da questa parte.

DEMETRIO -

Non vuole rischiare la sconfitta, l’impostore.

Sono stanchissimo: lo troverò comunque appena si farà giorno. Ora devo assolutamente dormire.

(Si stende a terra e s’addormenta)

Rientra ELENA

ELENA -

Eccomi qui, sola come un cane, in questa notte interminabile, senza più un briciolo di energia.

Mi stenderò qui a dormire, riposare, dimenticare….

(Si stende a terra e s’addormenta)

PUCK -

“Solo tre? La quarta appaia,

“che sian quattro a far due paia.

Rientra ERMIA

ERMIA -

Mai stata così tanto stanca, mai così tanto angosciata,

Non reggo più, mi sento una schifezza.

Io mi fermo qui, succeda quel che succeda, e domani, domani….

(Si distende a terra)

Lisandro, speriamo che Demetrio non ti faccia troppo male…

(S’addormenta)

PUCK -

(S’avvicina a Lisandro e gli spreme sulle palpebre il succo d’amore)

(Sparisce)

SCENA VII - Nel bosco

LISANDRO, DEMETRIO, ELENA ed ERMIA giacciono addormentati

Entrano TITANIA , FRANCO-testa-d’asino e la FATA; dietro di loro, non visto, OBERON

TITANIA -

(A Franco)

“Vieni su questo letto

“a riposar tra i fiori,

“ch’io possa senza posa

“carezzar questa tua guancia pelosa,

“il tuo capo di petali di rosa

“adornare, e sommergere di baci

“codesti orecchi tuoi così procaci”.

FRANCO -

Ma tu mi vizi, oh ma come mi vizi!.

TITANIA -

Gradisci un po’ di musica, amor mio?

FRANCO -

Ho un orecchio discreto, per la musica.

Perché non ci sentiamo un po’ di anni ’70?

TITANIA -

O vuoi dirmi, amor mio,

che cosa avresti voglia di mangiare?

FRANCO -

A dir la verità, ho una gran voglia

d’una bella manciata di buona avena fresca; ma, pensandoci bene,

non c’è niente che eguagli il dolce fieno.

Ma ti prego,

fa’ che nessuno venga a disturbarmi:

sento una certa esposizione([7]) al sonno.

TITANIA -

Dormi pure tranquillo, amore mio,

ch’io ti terrò tra le mie braccia avvolto.

Tu, Fata, allontanati

e rimani quanto più distante.

(La Fata esce)

(Franco si stende a terra, tra le braccia di Titania)

Così s’avvince tenero il convolvolo

al caprifoglio in un gentile amplesso,

così inanella l’edera dell’olmo

il sugheroso ramo… Oh, quanto t’amo!

O, quanto son di te innamorata!

(Si addormentano)

Entra PUCK

OBERON -

(Venendo avanti)

Salute, Puck. Vedi che spettacolo?

Delizioso! Comincio quasi quasi

ad avere pietà del suo delirio.

L’ho incontrata nel bosco, poco fa,

l’ho richiesta di darmi quel fanciullo;

ed ella me l’ha subito concesso,

Ed ora che ho il ragazzo,

posso rimuovere dagli occhi suoi

questa esecrabile imperfezione.

E tu, da bravo, Puck,

dal capo di quel becero attorucolo

togli via quello scalpo da somaro,

Ma prima voglio smagar la regina.

(Si avvicina a Titania che dorme, le sfiora gli occhi con l’erba del disincanto)

Dèstati, Titania mia,

mia soave regina.

TITANIA -

(Svegliandosi)

Oh, Oberon!…

Oberon mio, che strano sogno ho fatto!

Mi pareva - che strano, sta’ a sentire -

d’essermi innamorata d’un somaro.

OBERON -

Eccolo là, il tuo amore, addormentato.

(Indica Franco che dorme)

TITANIA -

Ah, che schifo non ha ora quel muso

per gli occhi miei!

OBERON -

Puck, tu spoglialo di quella testa;

e tu, Titania, chiama la tua musica;

e risveglia i sensi di codesti cinque.

TITANIA -

Olà, musica, musica!

(Musica sommessa)

PUCK -

(A Franco che dorme)

E adesso, quando ti sarai svegliato,

torna a guardare il mondo intorno a te

coi tuoi occhi da scemo.

OBERON -

Suona, musica!

 

 

(I due intrecciano un passo di danza)

Ora che siamo ritornati amici,

a mezzanotte di domani, insieme,

solennemente danzerem felici

nella dimora del Cavalier Teseo.

E la duplice coppia degli amanti

le sue nozze con lui celebrerà.

Ora, mia regina, a noi partire

conviene.

TITANIA -

Sì, mio signore, e allor tu mi dirai

com’io quaggiù stanotte mi trovai

tra codesti mortali addormentata.

(Scompaiono)

Scena VIII – Nel giardino della Villa di Teseo

Entrano TESEO, IPPOLITA, FILOSTRATA.

TESEO -

Guarda, Ippolita: ovunque tu posi lo sguardo, jn qualunque direzione, tutto ciò che vedi, è mio. Guarda laggiù nel giardino quanta gente si affanna di compiacermi. Li conosco bene, uno per uno. Di loro so tutto: vita pubblica, vita privata, le amanti, i vizietti,  i capricci, gli scheletri negli armadi. Loro sanno che io so; per questo si affannano, si guardano in cagnesco,si azzannano, l’uno contro l’altro.

IPPOLITA -

E’ quello che vuoi, vero? Li tieni in pugno e ne spremi il succo più saporito, quello che sa di potere.

Però c’è una persona che non riesci proprio a domare, e questo non lo sopporti…

TESEO -

Taci, non aprire questa ferita. Io, il promotore delle tre f : fedeltà, famiglia, finanza, devo portare il peso di una figlia che non accetta nessuno di questi principi.

Dai, facciamo due passi in giardino. Eh, quanti uomini importanti sono passati di qui, hanno assaporato i piaceri della ricchezza, del potere. Tutti d’accordo, su tutto, poi a casa loro… Ma ora ci sei tu, cara Ippolita e stanotte dopo le nozze, i fuochi d’artificio saranno solo per te! Ma, che vedo? Qui, distesi come in un quadruplice amplesso, quei ragazzi di oggi… e c’è anche… 

IPPOLITA -

Ermia, tua figlia, mio caro,

addormentata… e quest’altro è Lisandro,

e quest’altro è Demetrio, e questa è Elena,

l’amica del cuore.

Ma come mai sono qui, tutti riuniti?

TESEO -

Ohe! Sveglia! Avete scambiato il mio giardino per un casino? Per fortuna non vi siete coricati sui cactus, ne ho tremila specie diverse!

Beh? Si può sapere che ci fate qui?

LISANDRO, DEMETRIO, ELENA ed ERMIA si svegliano di soprassalto e si stropicciano gli occhi

Buongiorno! Disturbo?…

La primavera è già passata da un pezzo,

e com’è che questi… uccelli di bosco cominciano solo adesso

ad accoppiarsi?([8])

LISANDRO -

Dovete scusarci, Teseo!

(I quattro si ricompongono)

TESEO -

Su, su, alzatevi!

Com’è che prima volevate scannarvi e adesso invece siete tutti e quattro qui a fare cicip e ciciap? Sarà mica quel gioco degli scambi di coppia? Bello, intrigante. Scusa, Ippolita, si fa per dire. Allora?

LISANDRO -

Ti rispondo un po’ confuso,

essendo ancora mezzo addormentato;

ma ti giuro che non so perché mi trovi qui.

Ad essere sincero credo di essere venuto qui insieme ad Ermia con l’intenzione di fuggire da Milano e… da te…

 

TESEO -

Ah, Bastardo! E’ così dunque? E tu, Ermia, anche tu d’accordo, contro la volontà di tuo padre?

Hai sentito, Demetrio?

L’hanno detto: volevano fuggire

e defraudare te della tua sposa,

e me del mio consenso alle tue nozze.

DEMETRIO -

Per fortuna sono stato informato da Elena

della loro intenzione di fuggire

e d’incontrarsi qui, in questo bosco;

ed io qui sono accorso in tutta furia

per inseguirli, ed Elena, anche lei,

innamorata di me, mi seguì.

Senonché è successo, mio signore,

che d’improvviso mi sono ritrovato innamorato non più di Ermia ma di Elena

ed ora, lei sola voglio, desidero, adoro,

e voglio sempre a lei restar fedele.

TESEO -

Filostrata! Dove sei? Ho bisogno di te! Filostrata! Mia segretaria prediletta, mia calcolatrice bionica, come vedi le cose cambiano velocemente, come i nostri bilanci. E siccome tu sei una specialista di questi cambi, cerca di rimettere apposto il cerimoniale per questa notte: tre saranno i matrimoni, le coppie sistemale tu. Vieni, Ippolita, per fortuna che con te queste cose non succedono.

IPPOLITA

FILOSTRATA

D’altra parte ci sposiamo per amore, no?

Voi quattro, seguitemi, prego.

(Escono Teseo, Ippolita e Filostrata)

DEMETRIO, ELENA, LISANDRO, ERMIA-

(Si guardano increduli)

Ci siamo fatti di roba scaduta!

ERMIA -

A me sembra di essere uscita da un incubo.

ELENA -

Ed io lo stesso. Perché a quanto sento, ora Demetrio mi ama!

DEMETRIO -

Ma siete proprio certi d’esser svegli?

O forse siamo ancora addormentati,

e quello che vediamo è tutto un sogno?

Non v’è parso che qui ci fosse il Presidente?

ERMIA -

Sì, era proprio mio padre.

ELENA -

Con Ippolita e Filostrata.

LISANDRO -

Che ci ha ordinato di seguirla.

DEMETRIO -

Allora non c’è dubbio, siamo svegli! O no?

(Escono)

FRANCO -

(Svegliandosi)

Adesso tocca a me: “O bellissima Tisbe…”.

Ma oh!… Adriano!…

Oh, Emilio!

Edoardo… dove siete?

E tu, Lucia, ci sei?… Tutti scappati,

lasciandomi qui solo, addormentato.

Ho fatto un tale sogno

Era come s’io fossi diventato…

non c’è uomo che possa dir che cosa…

Mi pareva che fossi… (Si tocca le orecchie) No, per fortuna. Mi pareva che avessi… ( Si guarda nei pantaloni) Eh! Magari…

(Esce)

Scena X

Entrano FRANCO, EMILIO, EDOARDO, LUCIA

ADRIANO -

Qualcuno è stato a casa di Ernesto

a vedere se è tornato?

LUCIA -

Non si sa.

Nessuno ne ha avuto più notizia.

Quello l’hanno stregato, garantito.

EMILIO -

Se non ritorna, va in fumo la recita.

Non se ne fa più nulla. Dico bene?

EDOARDO -

Il Presidente si è appena sposato, esce ora dalla sua Cappella privata e con lui si sono sposate anche

altre due o tre coppie.

Se potevamo recitare adesso,

avremmo fatto la nostra fortuna.

EMILIO

ADRIANO

Quel pirla!

Così s’è perso una bella pensione a vita; perché il Presidente, sarà quel che sarà, una bella pensione ce l’avrebbe fatta avere. Siamo lombardi in fin dei conti.

Voi pensate alla pensione. E il successo? Era la nostra grande occasione.

Entra FRANCO

FRANCO -

Ohè! Gente! Son qua! Bello scherzo, veramente! Ma vi perdono, perché mi son successe di quelle cose!

ADRIANO -

Ernesto! Finalmente sei tornato! Che ti è successo, raccontaci, dai!

FRANCO -

Ah! Non vedo l’ora.

Ma ora c’è qualcosa di più importante: il Presidente ha finito di cenare. Ora tocca a noi!

ADRIANO

Presto, allora: radunate perciò le vostre robe, ripassate la vostra parte. Compagnia, avanti, nulla ci può fermare, fosse l’ultima recita che facciamo!

(Tutti si toccano)

(Escono)

SCENA XI

Entrano TESEO, IPPOLITO, FILOSTRATA, LISANDRO, DEMETRIO, ERMIA

ed ELENA

TESEO -

Filostrata! Mia segretaria prediletta, mio leggio osseo, dimmi dunque, con quale attrazione vogliamo trascorrere velocemente le prossime ore prima di guadagnare il letto (questo termine mi è sempre piaciuto…)

FILOSTRATA -

Eccellenza, mi consenta di consigliarle

una serie di rappresentazioni teatrali appositamente allestite per lei.

TESEO -

Sentiamo, avanti.

FILOSTRATA

TESEO

Che ne dice di:

(Legge)

“La cruenta battaglia coi Centauri

“cantata sulla cetra

“da un eunuco d’Atene”.

Banale. Questa no.

FILOSTRATA

Allora questa:

(Legge)

“L’orgia delle Baccanti

“che nella loro furibonda ebbrezza

“straccian le carni del cantore tracio”.

TESEO

Roba vecchia, L’ho già vista recitare

durante l’ultima campagna elettorale

FILOSTRATA

Oppure questa:

(Legge)

“Le nove Muse in lutto per la morte

“della Cultura per denutrizione”.

TESEO

Questa dev’essere una qualche satira,

che non s’addice a una matrimonio.

E poi si sa che la satira è un’invenzione dei sovversivi, per potermi denigrare senza finire in galera come si meriterebbero. No, ci vuole qualcos’altro.

FILOSTRATA

TESEO

FILOSTRATA

Beh, qualcos’altro ci sarebbe, anche se…

Allora?

(Legge)

“La lunga e breve istoria

“dell’amore del giovinetto Piramo

“per Tisbe: tragicissima allegria”.

TESEO

Lunga e breve! Tragedia ed allegria!

Gli opposti estremismi!

FILOSTRATA -

Si tratta d’un lavoro

d’una decina di parole in tutto,

il lavoro più corto ch’io conosca;

ma sono dieci parole noiosissime,

il che lo rende troppo lungo.

Ed è tragico, perchè Piramo, alla fine,

si suicida; ma il livello della recitazione

è così pessimo che, quando ho visto la prova generale, lo confesso, ho riso dall’inizio alla fine.

TESEO -

E chi sono, Filostrata, gli attori?

FILOSTRATA -

Impiegati, lavoratori precari, sino ad ora hanno recitato solo fiabe per i loro figli. Oggi hanno messo a dura prova le loro memorie mai esercitate per imparare questo “dramma”.

TESEO -

E noi lo ascolteremo.

FILOSTRATO -

Mi consenta di sconsigliarglielo.

TESEO -

Voglio invece ascoltarlo, questo dramma.

Anch’io sono venuto dal niente e sono sempre rimasto fedele a chi mi ha aiutato. Per questo adesso ho così tanti amici, dalle Alpi alla… Sicilia.

Va’, va’, falli venire; e voi, prendete pure posto e osservate come è facile conquistarsi la fedeltà degli uomini. Tanto più dimostreremo attenzione per il loro niente, tanto più penseranno di aver raggiunto ciò che si prefiggevano e tanto meno si accorgeranno di essere strumenti docili nelle nostre mani.

(Esce Filostrata)

Rientra FILOSTRATA

FILOSTRATO -

Il regista vorrebbe fare una presentazione.

TESEO -

Benissimo, si faccia avanti il Regista.

Tromba. Entra ADRIANO nella veste di Regista

ADRIANO -

Buona sera, gentile pubblico.

Questa è la prima volta che recitiamo davanti ad un pubblico adulto e desidero ringraziare sua Eccellenza di averci dato questa opportunità. Conosco bene la sua generosità così come la conoscono tutti i cittadini di questo paese. (Si emoziona) Come non ricordare quella bellissima penna stilografica che ci inviò a casa. Milioni e milioni di penne stilografiche, se non è generosità questa! “Così potrete firmare i vostri assegni, così finalmente girerà l’economia !” Peccato che il mio conto sia sempre in rosso… Lei ha un cuore d’artista ed è a quello che dedico questa mia opera. Se le piacerà, se vorrà darci una mano le prometto a nome di tutta la compagnia eterna gratitudine, fino alla morte! ( Tutti si toccano) Che ne dite, eh? (Rivolgendosi agli attori)

FRANCO -

Bravo! Per niente esagerato, per niente leccaculo, coerente, come sempre.

TESEO -

Visto? Che vi dicevo? Ecco un lampante esempio di come con la sola forza di volontà e passione si possa arrivare dovunque e di come sia importante essere miei amici. Cominciate, dunque.

Entrano PIRAMO, TISBE, il MURO e il LEONE

ADRIANO -

Gentili spettatori, questo è Piramo, questa bellissima signora è Tisbe, questo è il  Muro, il triste Muro, che s’erge a separare i due amanti; ed è attraverso questo, il buco del Muro, che i due amanti si dettero appuntamento, per fare l’amore, alla tomba di Nino, al chiar di luna.

Questa mostruosa bestia,

fa fuggire terrorizzata la fedele Tisbe

giunta per prima al luogo del convegno,

fuggendo, ella lascia cadere il suo mantello, sul quale si accanisce il vil Leone. Subito dopo sopraggiunge Piramo, e trova il mantello insanguinato della fedele Tisbe; a Piramo non resta che suicidarsi.

Tisbe ritorna e, nel vederlo,

estrae il suo pugnale, e si uccide anch’essa.

(Tutti si toccano)

Ma lasciamo che siano il Leone,

il Muro e i due amanti

a rappresentarvi  tutta intera la vicenda.

(Escono tutti, meno il Muro)

TESEO -

Mi chiedo se il Leone parlerà.

DEMETRIO -

Non ci sarebbe da meravigliarsi,

visto che ha appena parlato un asino.

(Ridono)

MURO -

Io sono il muro e questo è il buco del muro.

Entra PIRAMO

PIRAMO -

“O fosca notte, o notte tanto notte!

“O notte che ti mostri sempre notte

“quando giorno non è. O notte, o notte!

“Ahimè, ahimè, che la mia Tisbe amata

“della promessa, temo, s’è scordata!

“E tu, muro, mio dolce, muro amato,

“che a divider la terra sei levato

“del padre suo e mio,

“fammi veder la tua fessura, ond’io

“possa veder per essa l’amor mio”.

(Il Muro alza la mano e con le dita raffigura un buco)

“Grazie, muro cortese.

“Ma Tisbe non veggio, ahimè,

“muro cattivo, muro maledetto,

“che non mi mostri l’amor mio diletto!”.

TESEO -

Ora il muro, però dovrebbe rispondergli per le rime.

.

PIRAMO -

No, no, Eccellenza, non può.

Le parole “l’amor mio diletto”

devono dare l’imbeccata a Tisbe;

lei entra in scena e io la spio attraverso il buco del muro.

Succederà proprio così, vedrà.

Eccola che viene.

Rientra TISBE

TISBE -

“O muro, perché, perché

“da Piramo mio dolce mi separi!

“Questo mio labbro di ciliegia, ormai lasso,

“quante volte ha baciato il tuo… sasso!”

PIRAMO -

“Sento una voce: al buco tosto

“per vedere ed udir Tisbe m’accosto.

“Tisbe, sei là?”.

TISBE -

“Sei l’amor mio mi pare? Ma come posso rimirar il tuo bel viso? ”

PIRAMO -

Puoi guardare attraverso il buco del muro.

(Si china dietro al muro)

TISBE –

MURO

Nulla vedo del mio amato,

forse non ho ben capito.

(Il muro suggerisce a Tisbe di quale buco si tratta)

Del muro, del muro!

PIRAMO -

Oh, baciami attraverso il buco

di questo vile muro.

TISBE -

Bacio il buco del muro, ma non bacio te.

PIRAMO -

Verresti ad incontrarmi sull’istante

di Ninì alla tomba?

TISBE -

Immantinente,

e con me vita o morte, dolce amante.

(Escono Piramo e Tisbe)

MURO -

Beh, io ho finito…vado.

IPPOLITA -

È senz’altro la roba più puerile

che mi sia mai capitato di sentire.

TESEO -

(Russa, si sveglia di soprassalto) Eh! Come?

Filostrata! L’appuntamento, il pranzo, i bilanci, la satira. (Si riaddormenta)

Rientra il LEONE

LEONE -

Buo-buonasera… o-ora tocca a me…

IPPOLITA -

Gentile e carino questo leone.

LISANDRO -

Un po’ cacasotto, mi pare.

DEMETRIO -

Anche un po’ pirla.

ERMIA -

Silenzio, che sta arrivando Tisbe.

Rientra TISBE

TISBE -

“L’antica tomba è questa di Ninì,

“ma l’amor mio, ahimè, non vedo qui!”.

LEONE -

(Ruggendo)

“Ahum! Ahum! Ahum!”

(Tisbe scappa, e nella fuga perde il manto)

ELENA -

Bel ruggito Leone! Molto bravo!

TESEO -

(Si risveglia) Brava Tisbe, bella fuga!

(Il Leone dilacera con le fauci il manto di Tisbe)

TESEO -

Bravo Leone! Così! Aggressivo, feroce, competitivo, un manager perfetto!

DEMETRIO -

E poi compare Piramo…

LISANDRO -

E scompare il leone.

Entra PIRAMO

(Vede il manto di Tisbe a terra, insanguinato)

PIRAMO -

“Ma oh, fato funesto,

“qual rio destino è questo!

“Oh, mia dolce anatrella,

“come!, la tua mantella

“qui la mia vista avvisa

“tutta di sangue intrisa!…

(Tutti piangono)

“Oh, Natura, perché

“Perché un vile leone

“qui stuprare dové

“l’amor mio adorato,

“Fuori, mia spada, dalla tua cella,

scendi di Piramo nella mammella,

(Si trafigge)

“Così io muoio,

“e così sia!…

(Muore)

“Morto son io,

“pietoso Iddio!

(Rimuore, alla ricerca di un applauso)

      

       “Giunto al gran passo,

“misero, lasso!”.

        (Ririmuore, ma niente applausi)

DEMETRIO -

Altro che passo o che lasso! Questo spettacolo non vale un casso!

(Ridono sguaiatamente)

Rientra TISBE

IPPOLITA -

Eccola… Spero non abbia troppo a disperarsi

per un Piramo come quello là.

Spero che il piagnisteo non duri a lungo.

TISBE -

“Dormi, amor mio? / Ah, che vegg’io!

“Che! Morte fella / t’ha a me strappato,

“mia colombella?

“Piramo amato, / sorgi, favella!

“Ah, più non m’ode! /quel viso glabro,

“questo di giglio / ridente labbro,

“questo leggiadro / suo sopracciglio,

“Eran sì belle / le sue pupille,

“col loro iride / verde-pisello!

“Sciogliete, amanti, / a mille i pianti!

“Lingua, silenzio, non più parola;

“spada, tu sola / vieni e profonda

“nel cuor di Tisbe / tutta t’affonda!”.

(Afferra la daga di Piramo e si pugnala)

“Amici, addio, / felici dì!

“Così finisce / Tisbe, così…”.

(Muore)

(Imbarazzo generale)

Rientra il LEONE

TESEO -

il Leone

rimane per seppellire i morti.

DEMETRIO -

Sicuro, ed anche il Muro.

ADRIANO –

FRANCO

No, il muro è crollato,

dovete immaginare che sia crollato.

Ecco, il dramma è finito, a questo punto noi solitamente apriamo il dibattito, ma se la cosa non vi aggrada abbiamo pronto un buffet in piedi oppure gli attori sarebbero lieti di presentarvi un numero di danza acrobatica, recitarvi una poesia, fare lo striptease, un balletto, prepararvi un cocktail, basta che ci possiate in futuro tenere in considerazione.

Già che ci sei, perché non gli dici anche che possiamo portargli a spasso il cane, imbiancargli la casa, lavare la biancheria…. Ma và, và…

(Si allontana)

TESEO -

( A parte)

Sentili come litigano! Per trovare anche loro un posticino più in alto degli altri… Come se bastasse scrivere e recitare quattro fesserie…

(Agli attori)

Via, signori, non litigate!

Niente dibattito, perché il vostro dramma

non ha bisogno di essere spiegato. Il vostro compito è concluso. Tornate alla vostra scuola, ora lasciate fare a me. Il posticino più in alto so io come farvelo guadagnare.

Uh! E’ già mezzanotte, come s’è fatto tardi. Vero Ippolita? E voi, amici, forza, è l’ora della nanna. Perchè domani vi voglio tutti belli svegli, in ufficio, in banca, in borsa, che ricomincia la vera festa!

(Escono tutti)

PUCK -

“Rugge il leone nella notte bruna,

“ulula il lupo al volto della luna;

“russa in pace lo stanco contadino,

“arde l’ultima brace nel camino,

Entrano OBERON, TITANIA e loro seguiti

OBERON -

“Elfi, fate, in gran fervore

“su, balzate, saltellate,

“come uccelli svolazzate,

“a me intorno volteggiate”.

TITANIA -

“Rinnovate danze e suoni,

“tutti i versi sian canzoni,

“e col nostro dolce canto

“diffondiamo qui l’incanto”.

(Canto e danze)

(Escono Oberon, Titania e loro seguiti)

PUCK –

TESEO-

TUTTI

Se noi ombre vi siamo dispiaciute,

immaginate come se vedute

ci aveste in sogno, e come una visione

di fantasia la nostra apparizione.

Se vana e insulsa è stata la vicenda,

gentile pubblico, faremo ammenda.

A tutti buonanotte dico intanto,

finito è lo spettacolo e l’incanto.

Signori, addio, batteteci le mani,

e Teseo v’assicura che domani

migliorerà della sua parte il canto…. che poeta!…

Noo: copiato, da Shakespeare!). 

FINE