Soltanto il rogo

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SOLTANTO IL ROGO

Dramma in tre atti

di ELISABETH MANN BORGESE

Traduzione di ALFREDO RIZZARDI

PERSONAGGI

SIG.RA MARGA CALDER, FORSE UNA STREGA

GIUDICE

SACERDOTE

PSICHIATRA

USCIERE

SIG. BREWSTER

SIG.RA BREWSTER

DUE BAMBINI DEI BREWSTER

BAMBINI IN COSTUMI DA « HALLOWEEN »

PASSANTE

UOMO CON CARRETTO DI FIORI

DONNA

AMICI

TELEFONISTE

VENDITRICE

SACERDOTE SU SCHERMO E CHIERICHETTI

CORO DI UOMINI IN PREGHIERA

CORO DI DONNE IN PREGHIERA CORO DI BIMBI IN PREGHIERA GATTINO

STEWARD HOSTESS

PASSEGGERI:

COPPIA ANZIANA UOMO D'AFFARI

COPPIA MODESTA CON TRE BAMBINI MADRE CON RAGAZZO DI DODICI ANNI

SIGNORA ELEGANTE CON RAGAZZA

COPPIA CON RAGAZZINO CHE RECA IN BRAC­CIO CESTINO CONTENENTE UN GATTO VECCHIA SIGNORA SU GRUCCE INFERMIERA

ATTRICE CINEMATOGRAFICA

DONNA DI SERVIZIO

Commedia formattata da

ATTO PRIMO

Suono di campanello, come quello di un Presidente che tolga la seduta, o di un sagrestano che annunci la Messa. Suono di campane, campane di chiesa, campa­ne di temporale. Un grido acuto, una sirena. Il ritmo di onde e onde che s'infrangono con ampio respiro e pioggia scrosciante. Sipario. Il palcoscenico è al buio. Una macchina da proiezione proietta sul fondale una folla che ondeggia e sparisce dall'aula di giustizia, di­ventando grigia e poi dileguandosi in onde mentre luci tenui vengono proiettate sul banco del Giudice, a sini­stra del palcoscenico. Porta nella parete di sinistra, fondale, porta a destra, fondale. Il Giudice s'alza, in tocco e toga. Il viso bianco e senza lineamenti da ri­lievo ad un grosso paio di occhiali e ad un apparec­chio acustico. Dietro il banco del Giudice e sulla pa­rete opposta vi sono quadri che rappresentano delle figure identiche, in pose varie, in tocco e toga, con visi bianchi e senza lineamenti che si confondono con lo sfondo, con occhiali pesantemente cerchiati e apparecchi acustici di vario genere. Sulle pompose cornici d'oro sono segnate delle date (1882-1909; 1902-1908; 1914-1927, eoa). I quadri sono abbondante­mente decorati di bandiere e fiori. Il centro della sala è occupato da una fila di seggi con dei tavoli. La strega, sola, è seduta al centro della fila. I gomiti piantati sul tavolo, il viso nascosto nelle mani. Lun­ghi capelli color canapa ondeggiano giù per il viso e le mani, e sul tavolo formano chiazze morbide; la strega indossa un elegante abito da viaggio, una ca­micetta con scollatura a V. La strega s'alza, scuote

 indietro ì capelli e scopre gli occhi arrossati dal pian­to. Muove qualche passo avanti.

Strega                              - (con un tono forzatamente formale) Ec­cellenza, mi perdoni se rubo un po' del suo tempo prezioso. Ma ho alcune informazioni concernenti il disastro aereo del 17 giugno sulla NewYork-Parigi e quello del 3 settembre sulla Jdannon-Shwannon.

Giudice                            - Uno alla volta per favore. Stiamo fa­cendo indagini sul disastro del 3 settembre.

Strega                       - Sono responsabile di entrambi.

Giudice                            - Signora, lei oggi è la sesta. Tutti si di­chiarano responsabili quando accade una cosa come questa. Tutti vogliono avere le fotografie sui giornali. Vogliono le civette. Vogliono essere impiccati.

Strega                              - Ho il diritto di essere ascoltata, giudica­ta, e punita.

Giudice                            - E punita. Per cosa?

Strega                              - Io li faccio precipitare, fracassare, incen­diare, scoperchiar case, disperdere in mare. Interrom­po legami invisibili. Recido i fili della vita. Semino strage e raccolgo tragedia.

Giudice                            - Suvvia, signora, signora.

Strega                              - Vuole starmi a sentire? Mi vuole giudica­re e punire?

Giudice                            - Mi pare che lei sia venuta nel luogo sbagliato.

Strega                              - Ho il diritto di essere ascoltata, giudicata, punita. (Da sinistra entra un usciere)

Usciere                            - Altri due. Eccellenza, un uomo e una don­na. Serrati in soffitta. Dicono di avere la prova. Dico­no di avere la chiave. (Esce dalla porta a destra)

Giudice                            - Dunque signora, il suo nome?

Strega                              - II mio nome. (Si china appena. Apre te braccia come per presentarsi)

Giudice                              - La sua età?

Strega                              - La mia età. (Ride)

Giudice                            - Nata a?

Strega                                          - Sono nata a. (Fa un leggero inchino, aprele braccia)

Giudice                     -Il suo stato civile.

Strega                              - Il mio stato civile. (Si dimena oscenamente)

Giudice                            - Professione.

Strega                              - La mia professione. (Annuisce pensosa­mente)

Giudice                     - Per quanto tempo ha fatto parte della Banda del Terrore?

Strega                       - Parte di che? Che cosa intende dire?

Giudice                     - (impaziente) Hanno messo li la bomba che ha schiantato l'aereo, quelli della Banda del Ter­rore, no?

Strega                              - (consapevolmente) Forse si, forse no. Sa­rebbe comunque una semplice coincidenza.

Giudice                            - Fanno esplodere i suoi aerei, mettono il veleno nelle sue vivande. Una volta o l'altra uccide­ranno il nostro GranCompagno: fanno sul serio.

Strega                              - (con tono sdegnoso) Ma non c'era neanche sull'aereo il GranCompagno.

Giudice                            - Ma lei lo sapeva che non sarebbe stato sull'aereo?

Strega                              - Non sapevo che avrebbe dovuto esserci. Non sapevo che non ci fosse. Non sapevo...

Giudice                     - (impaziente) E allora, cosa vuole qui?

Strega                              - L'ho già detto che sono responsabile del disastro e voglio essere ascoltata, giudicata, punita.

Giudice                     - Tutti sono responsabili quando accade un fatto come questo. Vogliono le fotografie sui gior­nali. Vogliono le civette. (Entra l'usciere dalla porta di sinistra)

Usciere                            - Ce ne sono altri tre, Eccellenza, altri tre. Un ragazzo e due ragazze. Li ho ammucchiati nell'aula. Dicono di essere dei Figli dell'Orrore. Ammucchiati nell'aula. Hanno fatto loro la bomba, dicono... (Esce dalla porta di destra)

Giudice                            - Se dicono di aver scritto la Divina Com­media nessuno li sta a sentire. Se dicono di aver com­messo un omicidio, allora la cosa riesce. Vogliono por­tare i peccati del mondo. Sono sazi fino alla nausea. Sono falsi.

Strega                              - Oh, Eccellenza, sul mio onore.

Giudice                            - È, una vecchia triste storia, signora. L'ae­reo doveva partire da Jdannon col nostro GranCompa­gno a bordo. Era un segreto di Stato, ma quelli della Banda del Terrore lo scoprirono, e forse anche i Figli dell'Orrore, e riuscirono a introdurre la bomba con i bagagli. Il nostro GranCompagno disdisse il suo posto - nessuno lo sapeva - e viaggiò tranquillamente in incognito su di un altro aeroplano. Il volo numero 17 saltò in aria come stabilito. È quarantatré disgraziati viaggiatori se ne andarono all'altro mondo.

Strega                              - (a parte, agitata) II nostro GranCompagno. Signore aiutami. II nostro GranCompagno, devo par­lare al nostro GranCompagno. Lui solo... Insieme... Forse già si diffonde... Forse è troppo tardi. Oh, aiuto. Voglio... essere... ascoltata... e giudicata... e punita,

Giudice                     - Si decida, signora. Dice che non sapeva i progetti del nostro GranCompagno. Non sapeva che i progetti erano stati cambiati. Non sapeva niente del complotto, e che falli. E tuttavia...

Strega                              - (serenamente) Eccellenza, sul mio onore. Ascolti, giudichi, e punisca. (Pausa. Arioso) Dovevo prendere l'aereo da New York. La prenotazione era sta­ta fatta settimane in anticipo... sa come succede in quel periodo dell'anno... Avevo fatto i bagagli e man­dato un cablogramma ai Brewster a Parigi, chie­dendo loro di venirmi per cortesia a prendere all'ae­roporto... Ho ancora il cablogramma, me l'hanno con­servato. Ma poi accadde qualcosa. Sbagliai non so dove. Imprevisti confusi dell'ultimo minuto. In città gli acquisti: troppo tentanti. Il traffico: impenetra­bile. Quando infine arrivai all'aeroporto, l'ufficio era vuoto, i cancelli chiusi. "Siamo spiacenti," dissero, "l'abbiamo chiamata, abbiamo fatto gridare il suo nome, l'abbiamo aspettata, ma l'aereo doveva partire in orario. Lei sa che si dovrebbe essere qui almeno trenta minuti prima della partenza. Ecco il suo pas­saporto, il biglietto e un messaggio per lei. Ha dimen­ticato la pelliccia all'albergo. Ci dispiace. Cercheremo di farla passare su un altro aeroplano, con un'altra li­nea che parte stasera." Maledissi e risi. (Si alza. Cam­mina lentamente verso il fondo del palcoscenico. Le luci della ribalta si attenuano, l'aula di giustizia scompare) E quando arrivai a Parigi seppi che l'ae­reo - il mio aereo - era precipitato e che i pas­seggeri e il personale eran morti tutti.

Le luci si concentrano su un tavolo rotondo da pran­zo nella casa dei Brewster. La famiglia Brewster: il signor Brewster, di mezza età, convenzionale; la graziosa signora Brewster, convenzionate; e due figli convenzionali: un ragazzo di circa dieci anni e una bambina di quattro circa, su un seggiolone, siedono intorno al tavolo. La strega ha in una mano una bor­sa da aereo azzurra per la notte, con l'altra si sor­regge il capo dolente, pallida, esausta, si dirige bar­collando verso una sedia vuota a destra del signor Brewster e vi si accascia. Un silenzio triste.

Sig. Brewster                   - Dio mio, Dio mio.

Sig.ra Brewster         - L'hai scampata bella.

Strega                              - Sono stordita. Mi sento come se avessi attraversato a piedi l'oceano su una crosta sottile di ghiaccio.

Sig.ra Brewster         - Non posso credere che tu sia con noi, cara. Non abbiamo avuto il tuo secondo cablogramma fino a tardi...

Sig. Brewster                   - E c'era il tuo nome nella lista dei passeggeri, naturalmente c'era.

Sig. e Sig.ra. Brewster     - Cosi eravamo assoluta­mente certi che tu fossi in quell'aereo.

Sig.ra Brewster                - (porta un vassoio con un bicchiere da cocktail) Tieni cara, prendi un altro bicchiere, qualcosa di forte; ne hai bisogno.

Strega                              - Quando mi dissero che l'aereo era partito, provai in un primo momento una stranissima sensa­zione in fondo allo stomaco. E pensai: quell'aereo precipiterà. "Ecco perché l'ho perso.

Sig. Brewster            - Succede sempre cosi. Non si sa mai quando si è pensata una cosa dapprima, se la si pensasse quando poi è anche accaduta.

Strega                       - No, no. Ho pensato realmente: quell'ae­reo precipiterà. Lo dissi anche agli Smith, quando telefonai loro dall'aeroporto per informarli che avevo perso l'aereo. Dissi loro: "Vogliamo scommettere che quell'aeroplano precipita? Scommettiamo." Natural­mente stavamo scherzando. "Come sei carina," disse Harry. "Che pensiero gentile..." Mi domando che co­sa avranno detto leggendo la notizia.

Sig. Brewster                   - Una ragazza fortunata, ecco quel­lo che hanno detto.

Sig.ra Brewster                - L'hai scampata bella. Dio mio, Dio mio.

Sig. Brewster            - Gli dei devono prediligerti.

Sig.ra Brewster                - Oh, questo viaggiare in aereo. Continuano a dirti che le possibilità di incidenti so­no minime, trascurabili e poi, ecco là, quaranta alla volta.

Sig. Brewster                   - Ora siamo tutti sotto l'impressio­ne di questo colpo, ma veramente è inutile pensare a tali cose. Quando suona la vostra ora, può essere un aeroplano che esegue l'ordine del destino, o una malattia che nessuno immagina, o la famosa tegola che ti cade in testa da un tetto; quando suona la vo­stra ora. Ma quando ancora non è suonata... Potete viaggiare su qualunque aeroplano, attraversare qua­lunque tempesta; sentire le pallottole che vi sibilano intorno sul campo di battaglia (come accadde a me) e vi sentite tranquilli come in grembo ad Abramo. Se la vostra ora non è suonata...

Sig.ra Brewster                - Hai ancora tante cose da fare, Marga, e tante persone hanno bisogno di te. Sarebbe stato un tiro malvagio, partire, cosi, e precipitare. ( Volgendosi alla bimba più piccola) Mangia i tuoi spi­naci, Wally.

Bimba più piccola            - Non voglio gli spinaci, e poi non sono miei.

Sig.ra Brewster                - ( prende una cucchiaiata di spinaci, la porta per Varia, come un aeroplano, fino alla bocca della bambina, accompagnando il gesto con un ronzio) Ssssssssssss ecco che viene l'aeroplano con sopra la zia Marga Mmmm, apri la bocca, Wally, co­si l'aeroplano può entrare nell'aviorimessa. Brava.

Bambina                          - Ugh, ugh.

Sicra Brewster                 - Non vogliamo che l'aeroplano della zia precipiti, non è vero?

Bambina                          - (scuote il capo con gli occhi spalancati)

-Gli aeroplani della zietta Marga non cadono, vero?

-

Altro bimbo                     - Forse, se non avesse perso l'aereo, probabilmente non sarebbe caduto.

Bimba più piccola            - Perché Dio le vuole tanto bene.

Sig.ra Brewster                - Finisci gli spinaci, Wally.

Sic Brewster                    - (offre whisky e soda in ghiaccio)

                                        - Bene, bene, questo è un gran giorno, Marga. Ver­siamoci sopra del buon whisky. Il destino non di­ mostra tutti i giorni che sei la sua figlia prediletta.

Bimba più piccola            - E’ vero, babbo, che l'aeroplano non sarebbe caduto se la zia Marga non l'avesse perso? (La luce diventa più verde, i visi diventano più esan­gui e pallidi)

Sic e Sig.ra Brewster       - Grazie al cielo l'ha perso!

Strega                              - (alzandosi) £ male perdere un aereo. Si può perdere un tram, un autobus, perfino un treno. Ma perdere il proprio aereo è immorale.

Sic e Sig.ra Brewster       - Ah, ah, ah. Se avessi fatto qualcosa di immorale gli dei avrebbero punito te, non la povera gente innocente che viaggiava su quell’aereo.

Strega                              - Ci sono punizioni e punizioni.

Sig. Brewster                   - Ci sono atti immorali e atti immo­rali, e mi domando se gli dei abbiano il tempo di punire ognuno di essi... (Le tre persone adulte bevono. La conversazione diventa più eccitata, più confusa. Il pubblico afferra dei frammenti come questi)

Voci confuse                   - Non mi sono mai sentita cosi male in vita mia. È stato un colpo terribile per tutti noi. Perché è assolutamente impossibile capire una cosa simile. Perché te la prendi, tutto quello che importa è che tu. Bevi il latte Wally. Sei viva. Sii riconoscente. Bambini, non fate tanto chiasso. Sento di essere stata risparmiata. Ma perché proprio io. Potrebbe essere accaduto a chiunque. Smetti di mettere le dita nel naso, tesoro, sei troppo grande. È proprio un caso, un caso fortunato. No, ero io, non chiunque. Ma è una grazia o una punizione. Marga, sei straordinaria. Non credevo di meritarlo in modo speciale. Bambini siete un disastro. Non posso accettare l'idea che una cosa simile non abbia un significato... (Anche i bambini si eccitano sempre più. Mandano per aria forchette e cucchiai. Ronzano come aeroplani. Fanno urtare le forchette e le lasciano cadere insieme. Le lasciano capitombolare. Chiasso e risate)

Bimba più piccola            - (strillando con gioia) La zia Maga ha fatto qualcosa di cattivo! Ha perso l'aro-plano! Non si può perdere l'aroplano! Brutta cattiva zia Maga! Zuuuum. Non sarebbe caduto crasc crasc crasc se non l'avesse perso, cattiva zia Maga! (Ridono a crepapelle. Il rumore si attenua, le luci si abbas­sano, la casa dei Brewster scompare nel buio. La strega, con le luci concentrate sul viso mortalmente pallido, ritorna nell'aula del tribunale)

Giudice                            - Non sono che dei bambini. Scherzavano. Lei era esausta e non più padrona di sé.

Strega                              - Continuava a rodermi dentro. Se non avessi perso l'aereo, non sarebbe precipitato. (Entra l'usciere)

Usciere                            - Altri due. Eccellenza; un vecchietto e un ragazzo. Dicono di essere i Figli dell'Orrore. Dicono di essere quelli della Banda del Terrore. Le prigioni son piene. Eccellenza, H ho tradotti nella torre. Tra­dotti nella torre. Dicono... (L'usciere esce)

Strega                              - Dopo ciò, è sopraggiunto in me un cam­biamento. Mi hanno detto, "Sembri malata, Mar­ga, dovresti riposarti." "Come è diventata vecchia e sinistra" mi sussurravano dietro. Indagai le cause del disastro. Un sovraccarico di bagagli, mi dissero, dopo la Groenlandia. Il ghiaccio sulle ali. L'aereo era troppo pesante per decollare. Mi ha fatto ridere. Mi rodevo dentro: mi consumavo e poi una serie di inci­denti cominciò ad accadere. E accadrebbero dovunque, con uno intorno dall'aspetto sinistro come il mio. (Avanza verso la ribalta. Il fondo si oscura. Un grup­po di bambini mascherati le trotta dietro. Tumulto giocoso)

Bambini                    - O la borsa o la vita, zia Marga, dacci le caramelle, dacci i soldi! (La strega, di buon umore, getta in terra una borsa di monete tintinnanti. I ra­gazzi vi si gettano sopra. Gridi di tumulto) Ahi, ahi, cosa succede. Freddy, cosa ti succede, smetti di fare tanto chiasso, ma è ferito, Freddy si è rotto qualcosa, va' a chiamare la mamma, va' a chiamare qualcuno... (Le voci si allontanano. I bambini scompaiono nel buio. Un pezzo di costume di Halloween rimane per terra e manda un chiarore fosforescente. La strega attraversa la scena. Incontra un passante)

Strega                       - Scusi, sa dirmi che ora è?

Passante                           - (sì ferma, guarda l'orologio, lo ascolta, lo scuote) Mi dispiace, signora, di non poterla accon­tentare. L'orologio mi si è fermato. Strano, non l'a­veva mai fatto prima... (La strega attraversa la scena. Incontra un uomo che spinge un carretto di fiori e vasi. Egli va quasi a cozzarle addosso, volta il carretto bruscamente, batte contro una pietra, il carretto perde l'equilibrio, si capovolge. Fiori, vasi e vasetti si rove­sciano a terra)

Strega                              - Oh! Mi dispiace amico mio. Si faccia aiu­tare a rimetterlo in piedi.

Uomo                              - (trattenendo l'ira) Amico un corno. Guardi dove sta camminando, signora. Accidenti ai vasi. E guardi i fiori. Ma guardi che macello. (Li calpesta disgustato)

Strega                              - Mi dispiace, signore, mi dispiace. Mi venda una dozzina di rose. Guardi i garofani. Sono come intatti. Non è andata tanto male, dopo tutto. Mi venda un bel mazzo di garofani. Ecco... (Gli da del denaro. L'uomo sta ancora borbottando impreca­zioni, ma comincia a raddrizzare il carretto, a racco­gliere i fiori rimasti e a scopare vasi e vasetti rotti. Alcune schegge rimangono sul pavimento del palco­scenico ed emanano un chiarore fosforescente. La strega continua a camminare attraverso la scena. Nell'angolo di destra, sul davanti, una macchina da proiezione proietta la facciata di un'abitazione vec­chio stile, d'aspetto piuttosto tetro, con le imposte chiuse. La strega si avvicina al portone, tira il cam­panello. Pausa. La porta si apre, ne esce una donna scarmigliata dall'aspetto stanco, vestita di nero) Scu­si, forse disturbo. Ma poiché stavo proprio passando di qui... lei è la cuoca? La cameriera? Io sono la si­gnora Calder. Mi scusi, la signora Winter è in casa?

Donna                              - (in tono tetro) La signora Winter è morta questa mattina.

Strega                              - (molto imbarazzata) Come? Oh, quanto mi dispiace. Davvero tanto. (Si volta, se ne va. La donna ritorna in casa, inciampando sulla soglia, rom­pendo qualcosa. Strepito, lamenti all'interno. La stre-ga torna indietro un'altra volta, attacca i fiori sul battente del portone. Si volta verso il fondo della scena. La facciata proiettata scompare. La porta e il battente coi fiori restano visibili in un alone fosfore­scente. La strega entra in una macchina, raggiunge un gruppo dì amici che chiacchierano allegramente)

Amici                       - Allegri! il tempo è bello Vedrai, ce la faremo lo dico che ci riesce, ma si, s'arriva in tempo La colazione a sbafo, una bella nuotata tardi, nel pomeriggio, si, si, per la mangiata vedrai ce la faremo...

Strega                              - Starebbero in pensiero se facessimo tardi, pare anche a voi, nevvero? Il traffico di festa è proprio maledetto però, però...

(La macchina comincia a sobbalzare, a produrre rumori stridenti e fumo; si ferma)

Conducente                     - Accidenti! Doveva capitarci! E’ un bel pasticcio questo: L'acqua va già in bollore, scommetto, manca l'olio, bruciate le bronzine.

Amici                               - Dovevi ben guardare se cresceva il calore o l'olio controllare

Conducente                     - Da secoli il termometro non segna un accidente

Amici                       - II macinino è vecchio lo sai; ma questo accade anche a macchine nuove, in qualunque momento. E un caso sfortunato

Conducente                     - La sfortuna della mia macchina è la mia sfortuna; se la mia macchina non sta bene, significa che neanche io sto bene. C'è qualcosa che non va da qualche parte. Sono preoccupato.

Amici                       - C'è proprio uno iettatore, qui intorno.

Strega                              - Suvvia, ragazzi, non è poi un gran male. Una piccola disgrazia, non lo sapete? ne risparmia una grande. Ora usciamo. Tu, John, da una occhiata al motore... Suppongo, si, che è proprio il bronzino. Quando la cinghia del ventilatore è rovinata, l'auto si comporta diversamente, e le candele sembrano in or­dine, e anche il generatore.

Conducente                     - Sei un vero meccanico, Marga.

Strega                              - C'era un telefono a mezzo chilometro da qui. L'ho visto. Andrò a chiamare l'Automobile Club e manderò un messaggio ai Weber, per dire che siamo in ritardo. Non è poi un gran male. Aspettate alcuni minuti. Tornerò subito.

Amici                               - Quanto è cara, e quanto è brava. Noi non avremmo notato il telefono. Non avremmo saputo far altro che imprecare.

Uno degli amici               - (seguendola con gli occhi) E strana. Sa benissimo che cosa fare in tali casi. Ha una grande esperienza. La cinghia del ventilatore. Il generatore. Il bronzino. Le auto si guastano sempre quando c'è lei dintorno. (La strega è arrivata al tele­fono pubblico. Forma il numero, attraverso il ricevi­tore si sente il telefono suonare dall'altro capo del filo)

Telefonista                       - (voce di donna entusiasticamente al­legra) Pronto! Qui è il 27 9 81.

Strega                              - Buongiorno, posso parlare con il signor Rossi, per favore?

Telefonista                       - (allegramente) II signor Rossi non è in ufficio. E gravemente malato. Vuoi parlare con la sua segretaria?

Strega                              - Va bene, me la passi.

Telefonista                       - Chi parla, per favore?

Strega                       - Parla la signora Marga Calder.

Telefonista                       - Un momento, prego. (Si rivolge all'altra persona, all'altro capo del filo)

Altra voce attraverso il ricevitore      - (distante, ecci­tata) Per l'amor del cielo, non dir cosi. Tocca ferro. Qui. Essa riesce a... Porta sfortuna... Mena gramo perfino pronunciare il suo nome. (Rumore confuso. Risata impaurita. Poi chiara voce femminile attra­verso il ricevitore)

Segretaria                        - Qui parla la segretaria del signor Rossi. Posso aiutarla?

Strega                              - (stanca, con voce debole) Signor Rossi, vede. La nostra auto si è guastata. Lei a nome del signor Rossi... (Le luci si attenuano. La strega esce dalla cabina. Va verso il centro della scena. Il palco­scenico è quasi buio. Solo H brandello del costume da Halloween, i frantumi dei vasi, i fiori sul battente e una ruota di ricambio lasciata in terra dagli amici emanano un pallido chiarore fosforescente. Si odono gridi di bimbi)

Voci di bimbi                  - (acute) La zietta Maga ha fatto qualcosa di male. Ha perso l'aereo.

Voce della strega             - (da un luogo impreciso, attra­verso l'altoparlante) Non so. Proprio non capisco.

Voci di bimbi                  - (argentine) Non si può perdere l'aroplano.

Voce della

Strega                              - Dopo tutto: fanno d'una pa­glia un pagliaio.

Voci di bimbi                  - La zia Maga è brutta cattiva. (Risa)

 Voce della

Strega                              - Lo so, è colpa mia.

Voci di bimbi                  - (strillando allegramente) Non sa­rebbe caduto se la zia non l'avesse perso

Voce della

Strega                              - Deve essere colpa mia.

Voci di bimbi                  - (ridendo a crepapelle) La brutta cattiva zia Maga ha perso l'aroplano.

Voce della

Strega                              - E stata sempre colpa mia.

Strega                              - (guardando fissamente nel vuoto) Po­tremmo anche provare. Se posso fare del male, pro­viamo a farlo dove farebbe del bene. (Pensosa) Quell'ubriacone, quel bruto, quel buono a niente che ha rovinato tutta la mia esistenza...

Venditrice                       - (appare dal fondo del palcoscenico por­tando una grande figura in cera di un uomo, vestito di flanella grigia con cravatta rossa, capelli biondi e grandissimi occhi azzurri. Tutta la figura, compresi i capelli e i vestiti, è di cera. Solo gli occhi sono di celluloide) Ecco la bambola che ha ordinato. Ed ecco le fotografie. (Porge una busta) Ne ho adoperate quattro. Non è ben riuscito questo bamboccio? I bimbi saranno elettrizzati. Se questa non è l'immagi­ne vivente del signor Calder. Guardi. Confronti. (Estrae le fotografie) Ogni minimo particolare.

Strega                              - Un bel lavoro. Veramente. Un bel lavoro. Ne vende molte di queste bambole?

Venditrice                       - Sotto Natale. Quelle piccole. Con i loro visi e la riproduzione degli abiti da festa. A loro piace molto...

Strega                              - Bene. Grazie. Ecco. (La paga) E buona fortuna. (La strega trascina il grosso bamboccio nel centro della scena. Poi si trascina dietro una grande caldaia di vetro, piena d'acqua bollente. Il palcosce­nico è buio, eccetto per il fuoco fiammeggiante sotto la caldaia. Strano fumo. Strani effetti di colore. Om­bre balzano attraverso la scena. Leggera musica pene­trante. La strega gira dietro la caldaia che comincia a gorgogliare e a bollire. Tiene il bamboccio fra le braccia teneramente. Parlando al bamboccio) Ebbene, Ralphie, l'hai voluto. Sei stato un marito brutale e infedele. Mi hai picchiata e fatta impazzire. Mi hai rovinato tutta la vita. Ora tocca a me. (Immerge i piedi del bamboccio nell’acqua bollente. Si dissolvono. Lentamente lo immerge sempre più) Se funziona. In ogni modo è una scemenza. Ma tentare non nuoce. Oh come diventa viva la cera con questo calore. Si contorce. Suda. Ora piange davvero. Poveretto. (Tira fuori il bamboccio dalla caldaia, se lo pone sulle ginocchia, gli asciuga il viso, affettuosamente, con un fazzoletto) Santo cielo, che pasticcio. È meglio finirla. (Si alza, immerge il bamboccio nella caldaia tenendolo prima per le spalle, lasciando che le gambe e la parte inferiore del busto si dissolvano, poi lo abbandona lasciandolo galleggiare) La morte stessa rimarrà incantata. La morte se ne stupirà. (Guar­dando terrorizzata il liquido gorgogliante) Oh, Signo­re, che zuppa schifosa. Guardate, sono rimasti solo gli occhi, e galleggiano, rotolano, girano, fanno smor­fie... Che orribile spettacolo. (Urlando) Non guardar­mi cosi, Ralph. (Spinge la caldaia verso il fondo del palcoscenico dove scompare; si accendono fredde luci. La strega si ritrova nell'aula di giustizia di fronte al giudice, come nella prima scena) Credo di essermi trovata in uno stato di sovreccitazione. Comunque, non ho mai saputo che a Ralph sia successo qualcosa. Non glien'è venuto nulla.

Giudice                            - Certamente. Cosa s'aspettava?

Strega                              - No, non era quello il mio stratagemma. (Afflitta) Io so qual era il mio stratagemma. Lo sape­vo con certezza. Si era maturato dentro di me durante tutto quel tempo. E terribile, una cosa simile, sa. Credevo di impazzire. Ma continuava a rodermi, a rodermi. Ero stanca e indifferente e intorpidita. E infine mi arresi. Mi dissi che era il solo modo per provare a me stessa che tutto non era che un incubo. (Narra uniformemente, automaticamente) Mi recai alla Compagnia Aerea nella Settima Strada per la prenotazione. Volo numero 17, del 3 settembre. Poi dormii. Presi del té e sale. Avevo voglia di leccare il sale. E amari. E una sigaretta. E ho fatto un buco nelle lenzuola con la brace. Fossi morta bruciata all'istante. Il 3 settembre andai a fare acquisti. Comprai all'impazzata, comprai tutta beata. Poi presi un tassi. Tardi. Quando arrivai all'aeroporto l'aereo era partito. E precipitò. (Pausa) Vede, Vede? Io sono re­sponsabile di tutti e due i disastri. E voglio essere processata. E punita. E punita.

Giudice                            - Ma guardi, ascolti (Entra l'usciere dalla sinistra)

Usciere                            - Ce n'è un altro, Eccellenza, una zoppa zazzerona.

Giudice                            - Ma cosa vuole.

Usciere                            - II carcere è carico.

Giudice                            - Che cosa posso farci?

Usciere                            - L'ho ficcata nella fogna. (Esce dalla destra)

Strega                              - Ho il diritto di essere processata e giu­dicata e punita.

Giudice                            - Non c'è nessuna legge che punisca chi compera un biglietto e chi prenoti un posto.

Strega                              - II primo disastro può sembrare un sem­plice omicidio colposo, si può attribuire a negligenza.

Giudice                            - Non c'è nessuna legge che punisca chi perde un areo.

Strega                              - Ma il secondo incidente, quello era as­sassinio premeditato.

Giudice                            - Nessuna legge punisce chi perde un ae­reo, per caso o di proposito.

Strega                       - Ho ucciso ottanta persone e ho diritto di essere processata e giudicata e punita. (Le luci si attenuano, il viso della strega sì fa più pallido)

Giudice                            - Tutti sono sempre responsabili, vogliono portare i peccati del mondo.

Strega                              - (si alza, si inginocchia di fronte al giudice) La supplico, Eccellenza ascolti per pietà tutto dipenderà sol dalla Sua sentenza

Giudice                            - (guardando al di là della donna) Ma non posso mettere le mani su di loro. I loro delitti non sono di mia competenza.

Strega                              - Son piena di terrore mi prende lo spavento che non vi sia sentenza per il mio malefizio nel giorno del giudizio

Giudice                            - I tempi sono cambiati, mia cara signora. E al di là del mio potere. AI di là.

Strega                              - (alzandosi) Anche lei talvolta viaggia, Giudice, e con l'aereo, non è vero?

Giudice                            - Certamente, signora, certamente.

Strega                              - E nonostante i Figli dell'Orrore, Eccel­lenza, nonostante la Banda del Terrore?

Giudice                            - Penso a loro nell'aula di giustizia, penso a loro nel giorno del giudizio, non penso a loro men­tre volo, signora.

Strega                              - Nonostante... me?

Giudice                            - Penso a lei con pietà, signora; penso a lei con desiderio, forse. Non mi sento spaventato quando penso a lei. Non mi tocca, signora.

Strega                              - Forse comprerò un biglietto, prenderò un posto quando lei viaggerà in aereo.

Giudice                            - Non posso impedirle di farlo, signora, non io.

Strega                              - Forse andrò a fare acquisti e perderò il mio aereo, il suo aereo.

Giudice                            - Non posso impedirglielo, non vede; non posso. Neanche per salvarmi la vita.

Strega                              - (afflitta) Cosa debbo fare? Dove rivolger­mi? Ho assassinato e il giudice non mi ritiene degna di essere ascoltata. Lei è freddo. Eccellenza, non è umano. Sono venuta a confessare per essere giudicata e lei non se ne preoccupa. Sono venuta per salvarmi l'anima e lei non se ne cura. Sono venuta per libe­rare la società dal mio potere malefico, e lei non vuoi capire.

Giudice                            - È la legge, signora. Non c'è legge.

Strega                              - Contro un assassinio multiplo premedi­tato. Contro il genocidio. Ho sovvertito le leggi della natura e lei è sordo alle mie implorazioni.

Giudice                     - È al di là del mio potere, signora, al di qua.

Strega                              - Esercito dei poteri illeciti. Ho sguinzagliato forze proibite, ed ora che sono venuta a cer­care una forza al di sopra delle mie, un potere al dì sopra del mio, una legge contro la mia illegalità, lei mi tradisce, mi abbandona. Mi lascia completamente sola sul sentiero dell'ulteriore distruzione, inevita­bile, orribile.

Giudice                            - Debbo attenermi alla legge del luogo e del tempo. Devo far fronte alla Banda del Terrore e ai Figli dell'Orrore. La sua storia non ci sta, cara Signora. Lei è venuta nel luogo sbagliato, al tempo sbagliato. (Suona il campanello, entra l'usciere)

Strega                              - (con trionfante disperazione) Le carceri sono cariche! Ammucchiatemi nel soffitto, serratemi nell'aula! Traducetemi nella fogna, ficcatemi nella torre! Ho diritto di essere giudicata e punita!

Giudice                            - Accompagni la signora alla porta, per favore. Non le trovo nessuna colpa. Non ho facoltà di trattenerla.

Strega                              - (piangendo) Oh, se sapessi la formula!

Giudice                            - Mi fa perder tempo. Accompagni la signora alla porta. Avanti, un altro, per favore.

ATTO SECONDO

(Adagio)

Una chiesa che non rassomiglia a nessuna dì una particolare religione. Nella parete dì fondo un grande schermo televisivo sul quale è proiettata una funzione simile alla Messa, con chierichetti che vanno e ven­gono portando oggetti sacri. Fiori e candele sono posti ai lati e sotto lo schermo. Il centro del palco­scenico è occupato da tre file di banchi con uomini in preghiera (nella fila di sinistra), donne (nella -fila, di destra) e bambini dai cinque ai quindici anni (fila centrale). Davanti, al centro, un confessionale di linea slanciata e scintillante, simile a una teleferica. La parte sinistra della cabina è occupata dalla strega che indossa lo stesso abito del primo atto, eccetto un velo di pizzo nero che le copre i capelli accurata­mente pettinati. Il lato destro del confessionale è occupato da un sacerdote. Il viso bianco, senza linea­menti, da rilievo ad un paio di vistosi occhiali e a un apparecchio acustico collegato a un interruttore fis­sato sul vetro che divide la cabina. Nella cabina ha anche un telefono a sua disposizione, come pure un registratore ed altri strumenti indistinti ma dall'a­spetto chiaramente moderno. Ritratti di preti simili con bianchi volti senza lineamenti, occhiali e appa­recchi acustici di vari tipi, sono posti alle pareti la­terali. Le cornici d'oro di stile barocco portano le iscrizioni 1346-72; 1419-78; 1512-18, ecc. Fiori e nastri sono esposti a profusione sotto i ritratti.

Strega                              - Comprai all'impazzata comprai tutta beata...

Coro di uomini in preghiera   - (sullo schermo)         -

Con sei gambe

su sei giorni

la domenica

s'innalza

verso il cielo

come al circo

su sei cavalli...

Strega                              - ... Poi presi un tassi.

Tardi.

Uomini in preghiera         - ... E conquista

passo a passo...

Strega                              - Quando arrivai all'aeroporto...

Uomini in preghiera         - ... la distanza

separando

uomini e dei

Strega                              - ... l'aereo era partito...

Uomini in preghiera         - Per sei giorni di lavoro

siamo più vicini a te

Strega                              - ... e precipitò.

Sacerdote sullo schermo  - (cantus firmus)    -

In nome del Signore

Sacerdote                        - Le vie del Signore

sono insondabili

Strega                              - Mi aiuti, Padre, ho

fatto precipitare due aerei.

Sono responsabile della perdita

di ottanta vite. Domino poteri

illeciti. Mi liberi da questo

male.

Coro di bimbi in preghiera     -

Come fu bella la nostra settimana

crescemmo senza dolori

studiammo senza fatica

e se peccammo, non lo sapevamo.

Sacerdote                        - Una strana storia, figliola,

uno strano racconto.

Sacerdote sullo schermo  - (cantus firmus)    -

Trema o Satana.

Sacerdote                        - Ma la tua anima, figliola,

non è colpevole d'assassinio.

Il tuo peccato, gli dei mi

illuminino, è presunzione:

presunzione di colpa che non ha

nessuno: poiché senza il volere

degli dei nessun passero cade

dall'albero o nessun aereo dal

cielo. Coro delle donne in preghiera -

Verde è questa loro valle

come giungla lussureggia

Paradiso della Terra :

I serpenti mansuefatti

e le mele disinfette

impotente è Satana

Sacerdote sullo schermo  - (cantus firmus)    -

Duro nemico della fede

Strega                       - Ero io, era tutto,

ma ero io

conosco il mio potere

sento la mia colpa e

temo la tentazione senza nome

Coro di uomini in preghiera   - (forte) ~

Abbiamo sconvolto i pianeti

in cenere gli astri ridotto

Sacerdote                        - Nei tempi antichi, figliola,

il potere era debole

il potere era spaventoso Uomini in preghiera      -

Fu il tempo da noi cancellato

E folgore fu la materia

Sacerdote sullo schermo  - (cantus firmus)    -

Tu nemico dell'umanità

Sacerdote                        - Ma oggi

i poteri soprannaturali

sono semplicemente naturali...

Coro di donne in preghiera    - Le pile ridestano i cuori

sono morte le malattie

Sacerdote                        - ...voluti da Dio

se diretti verso il bene

Donne in preghiera          - ...ricordo dei tempi passati

abbiam trasformato il dolore

Sacerdote sullo schermo  - (cantus firmus)    -

Chi ha portato la morte

in questo mondo

Strega                              - Ma i miei poteri sono maligni

Ne ho abusato e temo

che ne abuserò ancora

Coro di donne in preghiera    - L'ossigeno è spinto

nei petti impietriti

il sangue rappreso

riprende la corsa

rivivono i morti

Sacerdote                        - Figliola, mi sono stati

portati qui uomini, donne

e bambini, col diavolo in

corpo, e l'ho esorcizzato.

Ma il loro racconto non era

 come il tuo, non erano

come te. Erano persone

molto semplici

Sacerdote sullo schermo  - (cantus firmus)    -

Che hai privato gli uomini della vita

Sacerdote                        - Hai mai visto il Demonio

sotto qualsiasì forma Coro degli uomini in preghiera           -

Abbiamo sconvolto i pianeti

in cenere gli astri ridotto

Sacerdote                        - Un gatto che ti saltava

sulla schiena

e faceva le fusa

ìn modo strano

e ti impediva di respirare

Uomini in preghiera         -

Fu il tempo da noi cancellato

E folgore fu la materia

Sacerdote                        - Qualche uomo, donna o bambino

che conosci, ti ha fatto

un incantesimo Coro di bimbi in preghiera    -

Come fu bella la nostra settimana

Abbiamo                          - (primo gruppo)

rubato automobili

giocato all'amore             - (secondo gruppo)

spogliato negozi              - (terzo gruppo)

Strega                              - Non lo so

so di essere cattiva

so di essere in colpa

e non posso resistere

Bimbi in preghiera     - (tutti ritardando)       -

E quelli che disser

Non fatelo

(fartissimo) _

erano proprio buffi

Sacerdote sullo schermo  - (cantus firmus)    -

E ti sei ribellato

contro la giustizia

Sacerdote                        - Posso importi

dieci preghiere

preghiere di umiltà

e un giorno di digiuno

e chiederti di tornare

tra una settimana

e cantare nel coro

ecco tutto Coro di donne in preghiera        -

Ai nervi daremo calmanti

il sonno lo inietteremo

condizionati i riflessi

e innestati i cervelli

con lobi di vitelli

Strega                              - Un tempo            - (pausa) CI BRUCIAVANO

Soltanto il rogo

Sacerdote sullo schermo  - (cantus firmus)    -

Tu seduttore dell'umanità

Sacerdote                        - Altri tempi, figliola,

erano altri tempi.

Non potrei bruciarti,

figliola, anche se lo volessi Coro di donne in preghiera        -

Come fu bella la loro settimana

Strega                              - Ho il diritto di...

La mia anima ha il diritto di...

mi aiuti. Padre, mi aiuti

Donne in preghiera          - Abbiamo prescelto filmi

fumetti registrazioni

organizzato campeggi

per allontanarli dall'ozio

Sacerdote sullo schermo  - (cantus firmus)    -

Tu radice del male

Sacerdote                        - II tuo racconto, figliola,

è diverso da quello degli altri

È gente semplice

e malata

con manie schiuma alla bocca e tremiti

Coro di donne in preghiera    -

Le pile ridestano i cuori

sono morte le malattie

ricordo dei tempi passati

 abbiam trasformato il dolore

Sacerdote                        - Posso imporre su loro

le mie mani

e liberarli dal demonio

Ma tu Coro di uomini in preghiera   -

Traiamo dal sudicio l'oro

dal vizio facciamo denaro

ricchezza dall'aria,

dal sole, dall'acqua

Sacerdote sullo schermo  - (cantus -fi.rm.us)             -

Tu sorgente d'avarizia

di discordia e d'invidia

Strega                              - Faccia quello che può, Padre,

mi aiuti. Sono tormentata e

confusa, Padre. Il potere non

conosce limiti e la legge

non c'è. Se non può bruciarmi,

Padre, posi le sue mani su di

me e scacci il demonio

Sacerdote                        - (scuote tristemente il capo, respira pro­fondamente) Farò del mio meglio. (Esce dal con-fessionale: fa segno alla strega di seguirlo; sta dritto dietro dì lei, muovendo avanti e indietro le braccia sulle spalle di lei; borbotta rapidamente. Contempo­raneamente disturbi sullo schermo televisivo. Imma­gini spezzate, immagini raddoppiate e triplicate. Im­magini rovesciate. Scricchiolii, sibili, rumori di tuono. Il coro si alza)

Io ti esorcizzo, spirito immondo;

in nome del Signore

Trema o Satana

Duro nemico della fede

tu rovina dell'umanità

che hai portato la morte

in questo mondo

che hai privato gli uomini della vita

e ti sei ribellato

contro la giustizia

tu seduttore dell'umanità

tu radice del male

tu sorgente d'avarizia,

di discordia e d'invidia

(Posa le mani sulle spalle della strega che comincia a contorcersi, come ipnotizzata, poi a saltare e a dan­zare sfrenatamente. Il prete cerca di seguirla, di porle le mani sulle spalle, mormorando la sua formula. Sullo schermo disturbi come sopra) Stréga         - I gradini, le scale, non guardarmi cosi, Ralphie,

tutti uguali,

spingi spingi spingi

vola vola per le scale

volo Coro di bimbi in preghiera         -

Come fu bella la nostra settimana

crescemmo senza dolori

studiammo senza fatica

e se peccammo, non lo sapevamo

Strega                              - Con la tonaca

vien giù

tutta aperta

uh, uh, uh

tutti uguali

quando volano

cosi duri

e io li faccio precipitare

tutti Bambini                  - (escono, cantando)          -

Crescemmo senza dolore

studiammo senza fatica

Strega                              - Spingi spingi, spingi

ooooooooooooooooooooh,

si, Ralphie, vieni, oh

Ralphie, ancora, si si

Sacerdote                        - E Satanassa, oh, il dissoluto lo conosco. (Scuote il capo con aria incredula) Ti esorcizzerò.

Strega                              - (si accascia, poi siede eretta in terra, con le gambe incrociate, composta) Dove sono? Che cosa? Oh!

 Uomini e donne              - (escono, cantando)          -

E conquista

passo a passo

la distanza

separando

uomini e dei Sacerdote       - (senza molta convinzione)    -

Ritorna, figliola,

ritorna presto,

scaccerò il demonio

ti libererò

Uomini e donne         - Per sei giorni di lavoro

siamo più vicini a te.

ATTO TERZO

QUADRO I

Studio di uno psicanalista. Alle pareti sono alli­neati libri, ritratti dei grandi psicanalisti del mondo: Freud e Leid, Jung e Alt, Adler e Lamm, ecc. con sotto scritti i nomi e l'anno di nascita. Il centro della stan­za è occupato dalla scrivania, con sopra ogni specie di lampade. Comode poltrone. Divano. In un angolo un cesto con una gatta e dei gattini. Lo psichiatra siede dietro la scrivania. La strega, in una poltrona, a destra della scrivania.

Strega                              - Dopo ciò, due volte finsi dì essere ipno­tizzata: ogni volta più debolmente e con meno con­vinzione. La terza volta la smisi e rimasi calma. Il buon prete disse che il demonio ora mi aveva lasciata. Mi dette la sua benedizione e mi mandò a casa.

Psichiatra                  - E il demonio era ancora in lei, è ancora in lei.

Strega                              - Non era cambiato assolutamente niente. Mi sentivo più infelice che mai per le ottanta vite che avevo distrutto... presi informazione su ognuno... fra essi c'erano dei bambini, piccoli bimbi che anda­vano a trovare una nuova patria, in Israele, e una fanciulla che doveva vedere Parigi, per la prima vol­ta... E mi sono sentita, mi sento tentata come non. mai di farlo ancora...

Psichiatra                  - E vuole davvero che io l'aiuti?

Stregò                              - La legge mi ha abbandonata. Vorrei che mi avessero impiccata. La chiesa mi ha abbandona­ta. Vorrei che mi avessero bruciata. (Piange).

Psichiatra                         - Io non l'abbandonerò. Sarò crudele con lei. Le farò male.

Strega                              - Non posso continuare a vivere cosi, non posso.

Psichiatra                         - Ma si che lo può: e come no. Ci man­cherebbe altro. Sarò subito crudele; già le farò ma­le: lei vive col dubbio, l'incertezza, il timore. Perché non lo dovrebbe? Non c'è verità, né certezza né si­curezza. Noi tutti dobbiamo vivere coi dubbi, le in­certezze, i timori. (Sì alza, apre una porta, ritorna alla sedia) Lei ha un fucile in mano. Capisce, se pren­de la mira su qualcuno e preme il grilletto, quel qualcuno morirà. Non prema il grilletto. Impari a vivere col suo fucile.

Strega                              - Se fosse solo un fucile. È un potere che non capisco, non vede? è ciò che mi spaventa tanto.

Psichiatra                         - Ci sono tanti poteri che non com­prendiamo, o forse cominciamo appena a capire, o forse non capiremo mai. Impari a vivere col suo potere. Tutti noi dobbiamo imparare a vivere coi nostri poteri.

Strega                              - Cosi lei mi dice... Lei non mi dice: "è tutto frutto della sua fantasia malata," lei non mi dice: "è soltanto un caso," lei non mi dice... (Piange)

Psichiatra                         - (prendendole la mano) Lei non lo crederebbe se glielo dicessi, non è vero?

 

Strega                              - Non so.

Psichiatra                         - E veramente non importa gran che. Quello che è vero nella sua immaginazione, è vero per lei: questa è la realtà che dobbiamo affrontare. Que­sta è la realtà che deve capire e con cui deve vivere.

Strega                              - Ma se ho ucciso perfidamente, dovrei essere punita. Vorrei che mi avessero impiccata. Vor­rei che mi avessero bruciata. Solamente il rogo... (Più dolce, incredula) Ma se non l'ho fatto, veramente, do­vrei essere curata...

Psichiatra                         - Tutte le persone malvagie_ sono pazze e dovrebbero essere curate. Tutti i pazzi sono mal­vagi e dovrebbero essere puniti. Venga qui. (La strega si stende sul divano, rilassandosi)

Strega                              - Ho sognato di dover traversare un immenso mare per arrivare là in una barca piccola come un guscio dì noce sola e senza bussola.

Psichiatra                         - Me lo immaginavo forse non stiamo tutti traversando immensi mari ognuno di noi in un guscio di noce soli

Strega                              - Senza comprensione

Psichiatra                         - Da nessuno

Strega                              - Ho sognato di aver perduto la strada per qualche posto e quando volli chiedere a un uomo il nome, mi fuggì dalla mente non sapevo cosa chiedere non sapevo dove andassi non sapevo dove volessi andare

Psichiatra                         - Me lo immaginavo non stiamo tutti camminando per una strada solo perché ci troviamo in essa e non sappiamo dove andiamo e non sappiamo dove vogliamo andare

Strega                       - Ho sognato di volare giù per le scale della scuola rampa per rampa era divino, era pauroso ma non potevo scendere in nessun altro modo ed era contro il regolamento della scuola

Psichiatra                         - Me lo immaginavo i voli proibiti son divini e paurosi e il regolamento della scuola è per bambini e lei non è più una bambina

Strega                       - Ho sognato di arrampicarmi nell'aria a salterelli assurdi sollevata da terra sgambettavo nel vento come in acqua senza emergerne mai per respirare

Psichiatra                         - Me lo immaginavo le piace volare, non è vero e sarebbe disposta a pagarne il prezzo, qualunque prezzo boccheggiando, soffocando, senza terra al di sotto

(Lo psichiatra si alza, apre una finestra. Accende una lampada da tavolo. Ne piega il fusto cosi da dirigere la luce sul pallido volto della strega. Inserisce davanti alta luce uno schermo policromo)

Psichiatra                         - Prima di-Quando andò a fare acquisti, come fece?

Come si sentiva?

Strega                              - Ho girato per i negozi come una sposa. Ho girato per i negozi come una madre. (La luce diventa gradualmente rossa. La strega emana una luce più calda) Un cavallo a dondolo col manto vero, e una tenda da indiano con un fornello da campo. Un teatro dì burattini con un palcoscenico profondo e degli scenari per una dozzina dì comme­die favorite, e dei plastici per il trenino elettrico. E una bambola che si fa addosso la pipi, e uno zoo. Tutte le cose che avevo sempre desiderato. E questo abito, e un reggiseno senza bretelle. Ho speso un mucchio di soldi. Tutto il denaro che sapevo non mi sarebbe occorso per il viaggio che non avrei fatto.

Psichiatra                         - Era invidiosa della gente che volava perché lei... aveva perso l'aereo? (La luce diventa blu)

 

Strega                              - E gente volgare. È gente fredda. Ti ro­vinano il volo. Lo prendono come una cosa già scon­tata. Non conoscono né la paura né la gioia.

Psichiatra                         - Anche i bambini?

Strega                              - Sono nati vecchi. Sono viziati, non vorrei essere seccata da loro. (Lo psichiatra spagne la lam­pada, si alza, siede sul divano, prende la mano della strega, ne esamina il polso)

Psichiatra                         - Sono tutti cosi? Perché dice questo? (Pausa)

Strega                              - Ho sognato di aspettare un bambino ed erano cominciati i dolori e il bambino stava per nascere e poi i dolori cessarono e me ne andai in giro per la città a fare commissioni. E mi domandavo cosa ne era del piccolo che forse era morto.

Psichiatra                         - (carezzandole i capelli) Lei ha so­gnato me, non è vero?

Strega                              - (scuote il capo, sorpresa) No.

Psichiatra                         - Non l'aiutai io col bimbo? Non avevo un orologio, una bussola, un'elica, una luce?

Strega                       - Lei non mi è mai stato di nessun aiuto.

Psichiatra                         - Lei non ricorda. Cerchi di ricordare. Strega      - (sì alza) Ho tentato, ho provato. Volevo davvero che lei m'aiutasse. Ma comincio a scoraggiarmi. I psichiatri, d'altronde, non sono più di moda. Il nostro GranCompagno...

Psichiatra                         - Le importa molto del nostro Gran Compagno, non è vero?

Strega                              - Sogno di lui quando mi addormento. Potrebbe aiutarmi. Solo lui potrebbe aiutarmi. Ma dopo il crepuscolo del dormiveglia scompare, e i miei sogni sono amari e vuoti come le mie giornate e non posso mai andargli vicina perché c'è una infinità di poliziotti e burocrati. E proprio nel momento di addormentarmi... (Con entusiasmo) Ci farà tutti gran­di e felici. (Con aria misteriosa, avvicinandosi all'o­recchio dello psichiatra, velando la voce con la mano) Egli ha lo STESSO potere... il disastro del 3 settem­bre lo compimmo INSIEME... IL GIUDICE me l'ha DETTO... ha perso l'aereo VOLUTAMENTE... proprio come ho fatto io...

Psichiatra                         - (addolorato) Signora Calder, il nostro GranCompagno non l'aiuterà. (Guardandosi intorno con circospezione) Egli non è di grande aiuto a nes­suno. Sarà assassinato alla fine. (Con voce più alta) E proprio una sua proiezione, una costruzione, un'al­tra evasione. (La bacia) T'amo, Marga. Tu hai biso­gno d'amore.

Strega                              - La smetta. Non si fa. La smetta. (Statica) Morirei per il nostro GranCompagno. Con lui vorrei... Per lui farei...

Psichiatra                         - (affettuosamente) I GranCompagni saranno fuori di moda... Non t'abbandonerò a te stessa come il giudice. Non t'abbandonerò a te stessa, come il sacerdote. T'amerò di un amore risanatore.

Strega                              - La smetta, la prego, la smetta.

Psichiatra                         - II tuo benessere sarà la mia felicità.

Strega                              - Non si fa, questo.

Psichiatra                         - Ti mostrerò, t'insegnerò: Voglio sen­tirti fare le fusa come una gattina e sarà la tua di­chiarazione d'amore. (Si alza, prende un gattino dal cesto, lo mette tra te braccia della strega) Capisci quello che voglio dire? Io l'aspetto di notte finché balza su leggermente con quel suo modo felino e mi si accomoda sul petto, e fa le fusa fa le fusa in modo sproporzionato alla sua grandezza fa le fusa... come un aeroplano, e mi dice, nel suo linguaggio gattesco, che sta bene, sta bene con me. E tutto. Il resto non conta Capisci cosa voglio dire?

Strega                              - (accarezza il gattino, poi si ritrae turbata) Il prete ha detto... forse era la radice di ogni... fa­ceva le fusa in modo cosi strano... la colpa... il de­litto... il demonio...

 

Psichiatra                         - Non credo, Marga. Non lo credo davvero. Ascolta. Il Giudice. Il Prete. Il GranCompagno. Io ti guarirò. Ti porterò verso un'era nuova. Per te. Per me. Per tutti. Ti aiuterò. Ti guarirò. T'amerò.

Strega                              - La smetta. Non è bello. (Ritraendosi in un angolo, siede con le gambe incrociate. Dura) Do­vremo imparare, invece, a vivere nella nostra era. Le mostrerò. Le insegnerò. Io vivo e muoio per il nostro Gran Compagno... (Lo psichiatra si alza. Il gat­tino fugge. Lo psichiatra apre un'altra porta. Ritorna alla scrivania, accende la lampada, dirige la luce sulla strega, le luci cambiano dal rosso al blu, al verde al giallo. Poi inonda tutta la stanza con la fredda luce del giorno)

Psichiatra                         - (in tono professionale) II caso è per­fettamente chiaro adesso. Un esempio di completo disorientamento e d'incertezza. Non siamo tutti com­pletamente disorientati e incerti? Lei ha cercato un'ancora di salvezza nel matrimonio - chi non tenterebbe? - e ha fallito. Tutti noi abbiamo fallito. Di qui un senso di colpa, di desiderio frustrato, di invidia. Tutti l'abbiamo. È tornata all'infanzia. Ha confuso pensiero e azione. Ha creato avidamente con la fantasia dei poteri per ingigantire la colpa. E, ancora, ha cercato una legge che la condannasse e di conseguenza l'assolvesse dalla sua responsabilità. Ha cercato una legge umana ; ha cercato una legge divina, e non ha trovato né l'una né l'altra. Nessuno la trova mai. La vita sarebbe molto più facile se la trovassimo. Non è vero?

Strega                              - Ma gli aerei... sono precipitati.

Psichiatra                         - Naturalmente, è una pura coinciden­za. Ora Io sa. Su 20.000 aerei, uno precipita. Evidente­mente non c'è nessuna relazione col fatto che lei Io ha perso. È stato molto fortunata. Ecco tutto.

Strega                              - Ma anche il secondo aereo... precipitò.

Psichiatra                         - II secondo, proprio come il primo, aveva una probabilità su 20.000 di precipitare. Che il disastro dovesse coincidere, come il primo, con lo stesso complesso di circostanze da parte di lei è, debbo ammetterlo, piuttosto strano. Le probabilità che ciò dovesse accadere erano, credo, qualcosa come una su quattrocento milioni. Ha giocato su una rou­lette molto grande! la vita è un roulette molto gran­de; ma il suo numero è venuto ugualmente. Ecco tutto.

Strega                              - Ma posso farlo di nuovo...

Psichiatra                         - Non dica assurdità, Marga. Le proba­bilità, la terza volta, sarebbero qualcosa come... (Scrive dei numeri) come una contro otto trilioni. Ecco un rischio da correre. (Si alza, animandosi) Al con­trario. Ascolta, amore: questo fa parte della cura che il dottore ti prescrive. Domani prendi un biglietto per qualunque destinazione e poi ripeti la tua strana routine...

Strega                              - Ma dottore, non sa quello che fa. Io so che lo farò precipitare. Accumulerò disastro su disa­stro... precipiterà. Ma che milioni, bilioni, trilioni. Io influisco sulla roulette della morte. La pallina è truccata.

Psichiatra                  - Vuoi obbedire al mio ordine? Chi da ordini qui, io o tu? Questo è un passo... un passo importante verso la guarigione. Io, tuo dottore, me ne prendo la responsabilità... (Assicurando se stesso) La probabilità è una contro otto trilioni. Posso assu­mermi questa responsabilità. Lo farebbe chiunque.

Strega                              - Mi spezza il cuore. Mi rallegra il cuore.

Psichiatra                         - E per dimostrarti come io sia assolu­tamente certo che il mio consiglio è buono          - (con voce molto incerta) e che la mia posizione è giusta, io sarò sull'aereo. Volerò per te.

Strega                              - Non la rivedrò mai più. (Pensosamente) Mi dispiace per lei. È stato molto più gentile di tutti gli altri.

Psichiatra                         - (incoraggiato) Marga, se compio que­sto estremo sacrificio per te, per mostrarti quanto ti amo...

Strega                              - Ma, dottore mio, non vede, ho gettato su di lei la mia malia. Quello che lei crede amore che risana in verità è malia che uccide... L'amore è malia.

 

Psichiatra                         - ... Se volo per te... per dirti quanto...

Strega                              - (con durezza) Io vivo e muoio per il no­stro GranCompagno. Egli ci darà ciò che non abbia­mo; egli è ciò che noi non siamo.

Psichiatra                         - Non ho mai guardato nell'intimo di una paziente come ho guardato in te; non ho mai amato una paziente come amo te. Marga, non man­darmi nel freddo spazio senza un tiepido raggio di speranza... Se compio questo supremo sacrificio, Marga, se ritorno, mi amerai?

QUADRO II

La scena è occupata da mezzo aeroplano a gran-dezza naturale, la coda è a sinistra, l'elica a destra, l'ala sinistra è verso il fondo del palcoscenico. L'ae­roplano è diviso a metà nel senso della lunghezza, la sezione coincide con la rampa del palcoscenico. Il pubblico vede il corridoio che attraversa la parte centrale dell'aereo. La fila sinistra di sedili, la porta (aperta), e, attraverso la porta, ponte e scale che con­ducono all'aeroporto. L'aereo è vuoto, eccetto una ho­stess e uno steward che stanno in piedi accanto alla porta aperta per ricevere i passeggeri. Andirivieni dì passeggeri, carretti portabagagli sotto l'ala. È scuro. Le luci della cabina sono accese. Il lato, il fondo e il soffitto del palcoscenico sono coperti con uno scher­mo a volta, che forma un quarto di sfera concava, su cui si vedono proiettati i contorni scuri degli edi­fici dell'aeroporto, ecc, e, più tardi, il cielo. Entra una coppia anziana.

Hostess                            - Le carte d'imbarco, per favore. Ecco. Mi diano i soprabiti. Occupino i numeri 3 e 5. E buon viaggio.

Vecchia signora               - Che piacere sedersi. Siamo stan­chi. La partenza è stata terribilmente faticosa.

Vecchio signore               - Ora avremo tempo di riposarci. (Vanno ai loro posti. Entra un uomo d'affari con una cartella gonfia, macchina da scrivere portatile e un dittafono portatile)

Steward                           - Buona sera, signore. La carta d'imbarco. Vuoi darmi il suo...

Uomo d'affari                  - (di malumore) Noooo. Questa ro­ba mi occorre subito. Credete che abbia tempo da perdere sul vostro lurido aeroplano. Mezz'ora di ri­tardo. È un lurido aeroplano, è un lurido servizio.

Steward                           - Numero 7, avanti, prego. E buon viaggio. (Entra una coppia dall'aspetto modesto, con tre bam­bini)

Hostess                            - Buona sera, buona sera. Le carte d'im­barco, per favore. Oh mimma, è la prima volta che sali su un aereo?

Ragazzina                        - Si, come è bello.

Ragazzino                        - Sembra un pesce. Sembra un sotto­marino. Ha degli oblò come una nave.

Ragazzina                        - C'è una cucina? Dov'è il gabinetto? (Entra lo psichiatra, con l'impermeabile sul braccio)

Psichiatra                         - Grazie, grazie.

Hostess                            - Buona sera. La carta d'imbarco, per fa­vore. Vuoi darmi l'impermeabile? Non ne avrà più bisogno.

Psichiatra                         - Ci mancherebbe altro. Mamma dall'aspetto modesto    - (allo psichiatra) Andiamo in Israele. Mio cugino ha della terra là. An­diamo a lavorare.

Padre dall'aspetto modesto    - Che cambiamento. È come ricominciare una nuova vita. È un taglio net­to, da un mondo a un altro. (Entra una madre con un ragazzo di dodici anni)

Hostess                            - Le carte d'imbarco, per favore. (Vanno a occupare ì posti vicino allo psichiatra. Entrano una signora elegante con una cappelliera e una ragazza sotto i vent’anni)

Hostess                            - Buona sera. Le carte d'imbarco, prego. Vuoi darmi la scatola? I loro posti ai numeri 13 e 15.

Signora elegante              - (accennando alla ragazza) Va a Parigi per la prima volta. Non è fortunata? (Entra una coppia con un ragazzino, che porta una gabbia con un gattino)

Steward                           - Dammelo, caro. Dovrà stare nel baga­gliaio.

Ragazzino                        - No, voglio che stia con me.

Steward                           - Mi dispiace, non puoi portarlo con te nella cabina. Dovrà stare nel bagagliaio. Ma lo trat­teremo proprio bene, bene, non preoccuparti.

Ragazzino                        - No, no, no, me lo tengo io, qua, la­sciami andare.

Steward                           - No, non si può portarlo dentro. Va nel bagagliaio... Adesso tu dormi bene e domattina lo riavrai. Avremo cura di lui. (Lo steward afferra la gabbia. Il ragazzino, strillando, viene condotto al suo posto. Entra una vecchia signora con le stampelle, accompagnata da un'infermiera)

Hostess                            - Buona sera. La carta d'imbarco. Grazie. Le procurerò un altro guanciale e una coperta. Sono sicura che starà comoda.

Vecchia signora               - Com'è gentile. Veramente non importa. Spero di poter dormire. Voglio dormire tan­to. Desidero tanto dormire. (Entra una diva del ci­nema, con occhiali scuri e un fazzoletto sulla testa. B accompagnata da una cameriera che porta tre pel­licce)

Hostess                     - Eccola dunque. Siamo felici di averla a bordo. Le ho riservato un bel posticino tranquillo nell'angolo. (L'attrice si affretta al suo posto. Si na­sconde dietro un grande giornale aperto, che mostra il titolo "IL NOSTRO GRANCOMPAGNO INAVGVRA’.. Lo steward sbatte la porta. La scaletta viene portata via. I motori vengono azionati. Il rumore dei motori accompagnerà l'azione per tutto il resto della scena)

Voce della hostess           - (dall'altoparlante) Buona se­ra, signore e signori, è la signorina White che vi par­la, la vostra hostess che vi da il benvenuto a bordo. Vogliate allacciarvi le cinture di sicurezza. Prima di tutto desidero spiegarvi il ritardo della partenza: è dovuto a uno sfavorevole rapporto dell'ufficio meteo­rologico aeronautico. Ci sono state basse pressioni e forti venti e per evitarli il più possibile la partenza è stata rimandata e la rotta è stata cambiata. Volia­mo ora a 360O metri d'altezza. Il capitano è il signor Boatman. Speriamo che avrete buon viaggio a bordo del "Gigante". Il pranzo sarà servito appena avremo preso quota. Se desiderate qualcosa, vogliate dirlo alla vostra hostess. Grazie.

Uomo d'affari                  - (sul davanti dell'aereo) E un luri­do aeroplano, un lurido servizio.

Psichiatra                         - È meraviglioso come siano bene or­ganizzati oggigiorno, come facciano accuratamente le previsioni meteorologiche e le rotte. Se si pensa a quanti incidenti d'auto avvengono a causa della neb­bia, delle strade scivolose, e dell'inesperienza di gui­da. Ma qui, le probabilità dì cadere sono una contro ventimila. A dire il vero, ho studiato le combinazioni di questo particolare volo, secondo la legge delle probabilità, il caso che questo aereo precipiti in que­sto volo è uno su otto trilioni...

Signora nel posto accanto      - (un po' stupita) Si, si, lo so, è un rischio trascurabile.

Ragazzino                        - (seduto tra lo psichiatra e la signora) A che cosa serve quel sacchetto, mammina, posso far­lo scoppiare?

Signora                            - Nemmeno per sogno. Rimettilo subito dov'era. Ce n'è uno dietro a ogni posto... in caso che qualcuno debba rimettere. (Descrive la funzione della borsa con gesti esplicativi. Lo psichiatra cerca di vin­cere la nausea. Si asciuga la fronte con un fazzoletto)

Voce della hostess           - (dall'altoparlante) Le giac­che di salvataggio sono sotto ogni sedile. In caso dì emergenza, rompete il vetro che copre la porta d'emergenza. Apritevi un'uscita a forza di pugni, in caso di emergenza...

Uomo d'affari                  - (dal suo posto) È un lurido aereo, è un lurido servizio. Mezz'ora di ritardo, e ancora niente da bere.

Un altro bambino            - Posso aprire il finestrino, babbo?

Padre                        - Non si possono aprire i finestrini degli aerei, caro. Devono essere chiusi forte forte forte. Fuori c'è un vento terribile: la pressione dell'aria conta qualcosa. Se uno dì questi finestrini si rompes­se per disgrazia, saresti aspirato fuori dall'aeroplano dal risucchio. (Lo psichiatra boccheggia. La hostess comincia a servire i vassoi del pranzo, nella parte anteriore dell'aereo)

La signora vicino allo psichiatra        - (al ragazzino) Farai il compito di casa prima dì arrivare, caro, (al­lo psichiatra) Devo approfittare dell'occasione, capi­sce. Non riesco mai a trattenerlo. Fuggirebbe da qua­lunque posto. Suppongo che se prendessimo una nave, salterebbe nell'acqua per liberarsi dal compito di casa. Ma qui non può fuggire! Completamente chiuso dentro! Chiuso ermeticamente! (Lo psichiatra boccheggia)

Signora                            - (al ragazzino) Dimmi un po', come sta quella faccenda: un punto... da quanti punti è de­terminata una retta... da quanti punti è definito un piano...

Ragazzino                        - E chi lo sa.

Psichiatra                         - (cercando di riprendersi) Forse pos­so aiutarti. Prendi un punto. (Segna un punto su di un pezzo di carta) Per questo punto puoi far passa­re un numero infinito di rette, un numero infinito di piani. Da tutte le direzioni. Liberi, infiniti,           - (disegna) Vedi cosa intendo dire? Ora ecco due punti. Per questi due punti puoi tirare solo una retta, La linea è fissata. Inchiodata in questa posizione. Non si sfug­ge. Ora, naturalmente, puoi far girare la retta sul punto, attorno a se stessa, e in questo modo puoi far passare un numero infinito di piani per ì due punti... tutti gli infiniti piani che formano... un cilindro. I piani che puoi far passare per due punti sono meno infiniti di quelli che puoi far passare per un punto - tutti i piani del mondo - ma sono pur sempre infiniti. Ora prendi tre punti. Ecco. Il piano è fis­sato. Non può muoversi più. Un piano, e uno solo, può passare per questi tre punti. Inamovibile. Fisso. Incollato. Incastrato sul posto. (Boccheggia) Ora te­mo che, se il piano è fisso, il volume è fisso perché consiste in un numero infinito di piani paralleli. E se il volume è fisso, il tempo è fisso (Fuori di sé) Tre volte bastano! (Infiggendo tre volte la matita nella carta, facendo tre buchi) Non si sfugge. (Si copre la bocca con un fazzoletto) Penso che farei meglio a passeggiare un po'. (Si alza, cammina verso la parte anteriore dell'aereo)

Ragazzino                        - Mammina, quell'uomo è strano.

Signora                            - Sembra molto nervoso, quel povero si­gnore; forse è la prima volta che viaggia in aereo e non gli piace.

Ragazzina                        - (nella parte anteriore dell'aereo) Per­ché quell'uomo ha il fegato d'oca, e noi no?

Madre                              - Perché è un passeggero di prima classe, e noi no.

Ragazzina                        - Cos'è un passeggero di prima classe? Non viaggiamo tutti sullo stesso aeroplano?

Padre                        - Egli ha il fegato d'oca e noi no.

Ragazzina                        - Questo è tutto?

Padre                        - Credo che possano portare più bagagli, un carico più pesante.

Ragazzina                        - Come, un carico più pesante?

Padre                               - (ridendo) La gente di prima classe va in cielo con un bagaglio più pesante. Noi viaggiamo più leggeri. (Lo psichiatra, con la bocca coperta da un fazzoletto, ritorna al suo posto)

Voce della hostess           - (dall'altoparlante) Stiamo sorvolando adesso il fiume Stige.

Psichiatra                         - (alla signora) Che cosa ha detto?

Signora                            - Ha detto che voliamo ora sul fiume Mige. (Guardando attraverso il finestrino) Guarda, te­soro, che bel nastro azzurro. E laggiù la gente aspet­ta, come formiche. Aspettano il traghettatore. Aspet­tano il battello. E noi ci passiamo, cosi. Non siamo fortunati?

Uomo d'affari                  - (dal suo posto, infilzando con la for­chetta il fegato d'oca) È un cibo lurido. Un aereo lurido.

Voce della strega             - (dall'altoparlante) Stiamo vo­lando sopra le montagne. Stiamo sorvolando il crepaccio aperto dal terremoto. Stiamo passando il li­mite. Stiamo per lasciare questo mondo.

Psichiatra                         - (alla signora) Che cosa ha detto?

Signora                            - Ha detto che abbiamo passato il con­fine, che abbiamo lasciato il Paese.

Ragazzino                        - Parlano un'altra lingua laggiù, non è vero? Là nessuno può capirci.

Voce della strega             - (dall'altoparlante) Voli proibiti son divini e paurosi.

Psichiatra                         - (alla signora) Che cosa ha detto?

Signora                            - (un po' preoccupata) Nessuno ha detto nulla. Forse lei non si sente troppo bene? (Lo psi­chiatra si asciuga il viso con un fazzoletto, boc­cheggia)

Ragazzino                        - (trotterellando lungo il corridoio) Vo­glio il gattino, dov'è il mio gattino? (La madre lo riporta a sedere al suo posto)

Voce dello steward         - (dall'altoparlante) Stiamo attraversando una zona di forti depressioni e di vuo­ti d'aria. Per favore, allacciatevi le cinture di sicu­rezza. Allacciatevi le cinture di sicurezza, per favo­re. (Sul davanti dell'aereo, un segnale luminoso: AL­LACCIATEVI LE CINTURE DI SICUREZZA. Tutti i passeggeri sono occupati ad allacciarsi le cinture di sicurezza)

Psichiatra                         - (si alza) Oh, no! Questo è troppo, non posso, non posso.

Hostess                            - (con ì capelli, il volto, la voce della strega, si dirige vicino al posto dello psichiatra) Signore, per favore, si allacci la cintura di sicurezza.

Psichiatra                         - No, non posso.

Hostess                            - È il regolamento, signore, per favore si allacci la cintura di sicurezza.

 Psichiatra                        - (siede, si divincola sul sedile, balza nuo­vamente in piedi) No! Per favore! Non posso! (Lo steward va dietro il posto dello psichiatra)

Hostess                            - (allo steward) II signore si rifiuta di al­lacciare la cintura di sicurezza.

Steward                           - Andrà incontro a delle noie con la leg­ge, signore. Dobbiamo denunciarla alla autorità dell'aeroporto. Dovremo legarla. (Continua a stare in piedi dietro di lui, nascondendo goffamente dietro la schiena una camicia di forza)

Hostess                            - Le darò qualcosa per calmarla. Non è niente.

Steward                           - Sa, il nostro GranCompagno da moltis­sima importanza alle questioni disciplinari e di or­dine pubblico. Si allacci la cintura di sicurezza, ora; è il regolamento.

Hostess                            - Sa che il nostro GranCompagno è orgo­glioso del buon funzionamento della sua linea.

Steward                           - Vuole allacciarsi la cintura di sicurez­za ora, altrimenti...

Hostess                            - ... Il nostro GranCompagno... (Lo psi­chiatra urla, afferra improvvisamente da un vassoio un coltello da pane, ferisce lo steward e la hostess, corre lungo l'aereo colpendo e ferendo a casaccio, gridando. Taglia alcuni fili, le luci si spengono. Apre la porta della carlinga. Gridi, confusione. I motori rombano e tossiscono. Il cielo sullo schermo comin­cia a ondeggiare e a girare)

Voce                                - (dall'altoparlante) Attenzione, attenzione. Un pazzo ha tagliato i fili della corrente. Le vostre giacche di salvataggio sono sotto i sedili. Stiamo tentando un atterraggio di fortuna. (La confusione aumenta. Rumori, vetri rotti, gridi. I motori rombano. Il cielo gira. Bagliori d'incendio)

FINE