7 febbraio 2018
9 aprile 2018
una commedia di Mario Pozzoli
1ª rappresentazione: Lacchiarella (MI), 30 novembre 2018
Teatro Circolo Arci – via Isonzo, 16
Questa commedia è tutelata dalla SIAE (codice SIAE: 932782A)
P E R S O N A G G I
01) Roberto Casati
02) Lisa Casati sua moglie
03) Marina Bellotti sorella di Lisa
04) Giovanni Bellotti marito di Marina
E L E N C O S C E N E
ATTO PRIMO
Scena 01- Ritorno a casa Roberto Lisa Marina
Scena 02- Giovanni Roberto Lisa Marina Giovanni
Scena 03- Cinquant’anni Roberto Lisa
Scena 04- Litigio Roberto Lisa Marina Giovanni
Scena 05- Aperitivo Roberto Lisa Marina Giovanni
Scena 06- Caffè Roberto Lisa Marina Giovanni
Scena 07- Giovanni confessa Roberto Giovanni
Scena 08- I Bellotti vanno Roberto Marina Giovanni
Scena 09- Pittore Roberto Lisa
Scena 10- Primo incontro Roberto Lisa
Scena 11- Tu ricordi! Roberto Lisa
ATTO SECONDO
Scena 12- Il giornale Roberto Lisa Marina
Scena 13- Giovanni, il giornale, il letto Roberto Marina Giovanni
Scena 14-“La moglie perfetta” Roberto Lisa
Scena 15- Ancora Giovanni Roberto Giovanni
Scena 16- Ricordo Roberto Lisa
Scena 17- Marina Roberto Marina
Scena 18- Per sempre insieme Roberto Lisa (Marina)
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ATTO PRIMO
NOTE: La commedia si svolge nel soggiorno della casa di Roberto Casati.
Sul fondo l’ingresso di casa con una cassapanca e sopra di essa alcuni quadri.
A sinistra.
- Verso il proscenio una vecchia poltrona e davanti un tavolino basso.
- Dietro al tavolino, verso il fondo, alcuni cubi trasparenti
sovrapposti che si illuminano con un faretto.
- Sopra di essiun pesante soprammobile di stile cinese.
- In fondo l’uscita verso le altre camere della casa.
A destra.
- Una scrivania e una sedia antica, ma in cattive condizioni.
- Sulla scrivania una lampada, molti libri, un telefono, un’agenda.
- Dietro alla scrivania una libreria.
- Verso il proscenio, un faro stile “studio fotografico”, montato su un
cavalletto, puntato sulla poltrona.
Nel 1° atto la commedia si svolge il 14 gennaio, dalle ore 19.
Nel 2° atto la commedia si svolge la mattina del 15 gennaio.
scena 1
(Ritorno a casa)
- LAMPADA SCRIVANIA accesa
MARINA (da fuori) Eccoci!
- LUCE INGRESSO
LISA (entrando. Non indossa nulla sopra il vestito)
E’ rimasta accesa la luce sulla scrivania.
Roberto entra, ma si ferma sulla soglia, esitante. Una valigia in mano.
Marina entra, oltrepassa Roberto e va ad accendere la luce centrale.
- LUCE PALCO
Lisa intanto va ad accendere la luce dei cubi, ma si ferma un attimo prima, scuotendo la testa.
Arriva Marina e l’accende.
MARINA Ecco fatto! (indica la stanza con un gesto circolare della mano) Allora?
LISA Allora?
Roberto scuote la testa.
MARINA Ma sì, dai, non aver fretta. Dammi il giaccone. (depone il giaccone di Roberto insieme al suo piumino, sulla cassapanca)
LISA Niente?
ROBERTO (avanza un po’. Guarda i mobili uno ad uno, poi scuote il capo)
No,Niente.
MARINA (lo prende per mano e lo conduce fino alla poltrona) Vieni, Roberto. Questa è la tua poltrona. Ti metti sempre qui a leggere.
ROBERTO Sembra un po’ conciata.
MARINA Lo è.
LISA Non hai mai voluta cambiarla. Chissà perché?
ROBERTO Siamo a corto di soldi?
MARINA Direi proprio di no. Probabilmente ti ci sei affezionato. Porto la valigia in camera.
LISA Questo copri poltrona lo hai scelto tu. Te lo ricordi?
ROBERTO No. (si siede sulla poltrona)
MARINA Non vuoi?
ROBERTO Cosa?
MARINA Che porti di là la valigia.
ROBERTO No, fai pure.
MARINA Mi sembrava che avessi detto di no.
ROBERTO Io...? Ah, no, parlavo della poltrona. Non è molto comoda.
MARINA Sono d’accordo. (esce a sinistra)
LISA Hai sempre detto che su una poltrona comoda non avresti potuto leggere senza addormentarti.
ROBERTO Già, avete detto che sono un critico letterario.
LISA Sì. Il tuo lavoro è leggere libri; e spesso dici che sono noiosi o che non valgono niente. Poi ne fai la recensione oppure ti viene richiesta una prefazione. Ne hai scritti anche di tuoi.
ROBERTO Critico letterario e scrittore. Ma non sono ancora in pensione?
LISA La pensione la prendi, ma lavori ancora, con grande entusiasmo.
ROBERTO E magari sono anche richiestissimo!
MARINA (rientrando) Richiestissimo cosa?
ROBERTO Come critico letterario.
MARINA Ah sì. Quasi tutti i giorni arrivano scatole di libri da leggere. Nel tuo campo sei sempre una autorità. (deponendo una felpa sul bracciolo della poltrona) Sei hai freddo... la metto qui.
LISA La casa è rimasta chiusa per quindici giorni.
MARINA Intanto che ti ambienti, vado a disfarti la valigia. La biancheria che hai usato in ospedale la porto a casa da lavare. (esce a sinistra)
ROBERTO Perché non lo fai tu?
LISA Marina è fatta così.
ROBERTO (si alza guardandosi intorno) Ho la testa vuota. Non capisco...
LISA Non è necessario capire sempre tutto. Usiamo il cellulare, ma non sappiamo come funziona, no?
ROBERTO Già.
LISA Vieni. Siediti alla scrivania. Il tuo banco di lavoro.
ROBERTO (esamina la sedia. Si siede. Si dovrebbe udire uno scricchiolio)
Lisa... Lisa, vero?
LISA Esatto.
ROBERTO E delle sedie che scricchiolano cosa ne penso?
LISA Sostieni che ogni scricchiolio è un campanello dall’allarme sulla rilassatezza universale e sulla depressione che prende alla nostra età.
Ah, non guardare il disordine. Tu dici che non è caos, ma “una creatività artistica”.
ROBERTO Ma ho delle teorie su tutto?
LISA Quasi. Affermi che una libreria senza polvere è una libreria da sala d’attesa.
Le briciole, secondo te, non sono sporcizia, dal momento che noi il pane, o i biscotti, li mangiamo.
E non cambi subito le lampadine fulminate con la scusa che per qualche giorno si deve meditare sugli effetti negativi del progresso.
ROBERTO Sembrano tutte teorie un po’ sballate.
LISA Lo penso anch’io. E in quarantacinque anni di matrimonio, sono arrivata alla conclusione che tutte le tue teorie possono essere raccolte sotto un’unica e fondamentale tesi: non fare un accidenti di niente in casa!
ROBERTO Allora, non proprio un marito modello.
MARINA (rientrando con in mano dei libri che depone sulla scrivania)
E’ una domanda a cui non posso rispondere, visto che, come sorella di tua moglie, non sono la più qualificata a parlare.
Senti, dopo dovresti venire in camera che ti faccio vedere dove sono le tue cose. (un tempo) Niente ancora?
ROBERTO Macché! Il buio più assoluto. Marina, giusto?
MARINA Giusto.
ROBERTO Sei sicura che io sia tuo cognato?
MARINA Fidati. (esce a sinistra)
LISA No, non è stato facile vivere tutti questi anni insieme a te.
ROBERTO Forse potrebbe valere anche il contrario, no?
LISA Forse sì. Non siamo né la donna né l’uomo ideali. Ma ideale è la vita che abbiamo costruito insieme. E se ci si vuole amare anche quando piove, bisogna adattarsi ad aprire l’ombrello per cercare di non bagnarsi. (un tempo)
Sai, tutte le volte che mi è capitato di andare ai matrimoni, nel vedere i novelli sposi così felici e innamorati, ho sempre pensato che il matrimonio non è i cento metri, ma è la maratona. Io e te, pensavo, siamo quasi arrivati al traguardo. E loro? Ci arriveranno?
scena 2
(Giovanni)
GIOVANNI (entrando) Ciao, ragazzi.
(si ferma. Guarda solamente Roberto) Marina?
LISA E’ di là.
GIOVANNI (Roberto non gli ha risposto. Giovanni sa che Roberto ha dei problemi ed è molto sfasato. Ripete la domanda, forse non l’ha sentita)
Marina? E’ uscita?
ROBERTO (l’ha già detto Lisa!) No, è di là!
GIOVANNI Che casino posteggiare! (si toglie il giaccone e lo depone sulla cassapanca e poi avanza nella stanza)
MARINA (rientrando con un pacchetto di indumenti da lavare che depone per terra vicino all’entrata) Ah, Giovanni, ma dove sei stato?
GIOVANNI Non ho trovato un buco neppure a pagarlo a peso d’oro. L’ho messa sul marciapiede. Speriamo di non prendere un’altra multa. Mi basta quella che ho preso prima, all’ospedale. (indica la luce dell’ingresso)
Ma quella luce non dovrebbe spegnersi da sola dopo un po’?
MARINA Dovrebbe.
ROBERTO E’ a sensore?
GIOVANNI Sì, quando passi dall’ingresso, si accende, e dopo un po’ si dovrebbe spegnere. Ma mi sembra che non ne abbia nessuna intenzione.
MARINA Sarà rotta.
GIOVANNI Allora, vecchio mio, come va? (il “vecchio mio” lo pronuncerà sempre sottolineandolo e con una sfumatura di rancore)
MARINA Per ora non ricorda ancora nulla.
ROBERTO E lei sarebbe mio cognato...
GIOVANNI Sono, tuo cognato. Giovanni Bellotti. Il marito di Marina, (ironico) credo...
MARINA Non sei spiritoso.
Lisa esce a sinistra.
- LUCE INGRESSO fine
ROBERTO Ecco, si è spenta.
GIOVANNI Ma proprio nulla, nulla, nulla? Quanti giorni sono passati dall’incidente?
MARINA Quindici.
ROBERTO Cosa le devo dire?
GIOVANNI Cosa ti devo dire!
ROBERTO Cosa ti devo dire? Una mattina mi sveglio all’ospedale, con la bocca impastata, il cranio fasciato e la testa che mi scoppia.
«Cosa ci faccio qui?» mi dico «Forse ho avuto un incidente.»
In quel momento entra un’infermiera. «Come si sente signor Casati?». Casati? E chi è Casati?
«Sa, signor Casati, fra qualche giorno potrà andare a casa».
Quale casa? E così realizzo che non so più nulla di me.
GIOVANNI Dai, vecchio mio, vedrai che è solo questione di tempo.
MARINA Ma ad esempio, quello che hai studiato lo ricordi?
GIOVANNI Giusto. L’alfabeto greco?
ROBERTO L’alfa...be...to, sì.
GIOVANNI (prendendo un libro) Chi è Maurizio Cortese?
ROBERTO Beh, uno scrittore, immagino... Però... aspetta: mi dice qualcosa...
Il commissario Favella!
GIOVANNI Bravo. Le prefazioni ai suoi gialli le hai fatte tutte tu. Vedi allora che qualcosa ricordi? Nella tua testa non tutto è perduto.
ROBERTO Mah...Piccoli lampi, qua e là... Come quando è tutto nuvoloso e intravvedi uno sprazzo di cielo. Ma il resto...
MARINA E’ tutto nebbia.
ROBERTO Mentre ero a letto, in ospedale, arriva un tizio, si ferma e mi osserva. «E questo che vuole?» mi dico. Ma lui: «Come va, vecchio mio?» Vecchio mio? Ci conosciamo?
GIOVANNI (divertendosi al ricordo) Sì, ricordo: «Sono Giovanni, il marito di tua cognata Marina, sorella di Lisa, tua moglie.» e sei rimasto lì, con gli occhi sbarrati, incredulo, come un allocco.
ROBERTO Ma voi siete sicuri che io sia questo fantomatico Roberto Casati?
GIOVANNI Sicuro come l’aria che respiri, vecchio mio!
ROBERTO Non è che siete una coppia di truffatori e mi state imbrogliando per poi fregarmi la pensione?
MARINA C’è di buono che non hai perso il tuo buonumore. Giovanni, vieni a darmi una mano in cucina che prepariamo qualcosa. (esce a sinistra)
GIOVANNI Arrivo. Lo stomaco non ha amnesie, vecchio mio, e quando è l’ora di cena, si fa sempre sentire. Giusto, (calcando) Roberto?
ROBERTO Giusto, (calcando) Giovanni! Ma forse dovrei aiutarvi.
GIOVANNI Stai qui tranquillo e cerca di ambientarti. Questa, che tu lo ricordi o no, è casa tua. E non sei stato rapito da due truffatori. (andando Non farti prendere dal panico. Dai tempo al tempo. (esce a sinistra)
Roberto con la mano sfiora il soprammobile cinese.
Dopo poco Lisa entra da sinistra.
- LUCE INGRESSO
scena 3
(Cinquant’anni)
ROBERTO Si è accesa.
LISA Cosa? Ah, la luce. Fa le bizze
ROBERTO Vede che non sono suo marito.
LISA Perché?
ROBERTO Suo marito avrebbe una delle sue teorie strampalate sui faretti col sensore che fanno le bizze. Io no. Ho solo voglia di cambiarlo.
LISA (ironica) Effettivamente per te è strano. Sarà il colpo in testa che hai ricevuto.
ROBERTO Oppure la verità potrebbe essere un’altra. Chi mi garantisce che lei, dopo aver perso il marito e sentendosi terribilmente sola, non sia andata in ospedale, reparto smemorati, per vedere se ci fosse qualche essere di sesso maschile da adottare?
«Ah, guarda questo! E’ carino, pulito e ha gli occhi buoni. Dai, me lo porto a casa e gli faccio credere di essere mio marito.
Così alla mostra degli impressionisti non dovrò andarci da sola e di notte, quando sento freddo, mi rannicchio vicino a lui.»
LISA Roberto, SONO tua moglie, e QUESTA è la tua casa.
ROBERTO (si guarda in giro) Casa mia...
LISA Casa nostra...
ROBERTO E lei sarebbe mia moglie.
LISA Sono tua moglie. Da quarantacinque anni. E devi darmi del tu.
ROBERTO E’ che quando l’ho vista, ti ho vista, non ti ho riconosciuta.
Uno degli ultimi giorni d’ospedale, entra un’infermiera, senza camice. «Un tipo che mi piace» mi dico.
Lei mi guarda, sorride e mi consola con parole affettuose.
E mentre mi chiedo se per caso non fosse del servizio “maschi sofferenti”, l’infermiera in borghese mi annuncia di essere mia moglie. (si guarda in giro) Beh, sai una cosa?
LISA Dimmi.
ROBERTO Senza voler trarre conclusioni affrettate, direi che mi piace di più mia moglie del mio appartamento.
LISA Anche se non sono più giovane?
ROBERTO Perché, io lo sono?
LISA No, certo. Ma gli uomini invecchiano in modo diverso e per loro l’aspetto fisico è meno importante.
ROBERTO E’ il matrimonio e i figli che uccidono lentamente le donne. Gli uomini sanno cavarsela meglio.
LISA C’è un momento nella vita, in cui ti accorgi di non essere più una ragazzina. A me è successo una sera, una cena con amici, in casa mia.
Quando se ne sono andati, prima di andare a letto, mi sono rimessa a riordinare il tutto.
Non l’avevo mai fatto. Mi lasciavo sempre, beatamente alle spalle, un lavandino stracolmo di piatti da lavare, un tavolo ricoperto di bucce d’arancia, tazzine del caffè e gusci di noce.
Ma quella sera no. Mi sono guardata in giro e mi sono detta: «Domani mattina non voglio svegliarmi in mezzo a questo casino».
Ma quando ebbi finito, ecco arrivarmi un pensiero, amaro: «Lisa mia, da questa sera è finita la tua gioventù».
ROBERTO Ci sono giornate fatte di piccole cose che si ricordano a lungo, magari senza saperne il perché. (un tempo)
Che facciamo se la memoria non torna?
LISA Tornerà. (come tra sé) E fin che non ricordi, io ci sarò.
ROBERTO Sono a corto di ottimismo.
LISA Tornerà. (come tra sé) Purtroppo...
ROBERTO Me lo ripetono tutti, da quindici giorni. (guarda la stanza)
Sì, ci sono colori, odori familiari, ma... manca il collegamento.
LISA Arriverà anche quello.
ROBERTO E che farai se non mi ritrovo?
LISA Ci penserò.
ROBERTO Vivrai con un tizio che sì, assomiglia a Roberto Casati, ma non è lui. Signora Lisa, le presento il suo gemello.
LISA Vivrò con il gemello.
ROBERTO Ma tu lo amavi?
LISA Chi?
ROBERTO Lui. Cioè io, quando ero lui?
LISA Ascolta: tu mi amavi, cioè mi ami... Insomma che casino!
ROBERTO Lo vedi?
LISA Lascia perdere.
E anch’io ti amo, da cinquant’anni. Cinquant’anni meravigliosi, passati insieme. E per questo dono ho sempre ringraziato il buon Dio, ringraziato di averci fatto incontrare.
ROBERTO Dio... Chissà se c’è qualcuno lassù?
LISA Roberto!
ROBERTO Cosa?
LISA Ti stai ritrovando. Hai sempre detto: «Chissà se c’è qualcuno lassù?»
ROBERTO Significa che anche nella fede, come nelle faccende di casa, tendo a defilarmi?
LISA Più o meno...
ROBERTO (un tempo) Senti, ma... c’è ancora “qualcosa” tra noi?
LISA Qualcosa?
ROBERTO Eh...
LISA Ah! Sì, capita. Qualche volta capita che mi scambi per quella ragazza che hai conosciuto tanti anni fa.
ROBERTO Lo sapevo! Perché mentre ti guardo, mi accorgo che per me sei...
LISA (lo interrompe) Non sono niente. E’ solo quel po’ di cataratta che hai.
ROBERTO Ho la cataratta?
LISA Sì, e ti annebbia la vista. Non vedi tanto bene e ti sembro ancora giovane e bella.
ROBERTO (le si avvicina per toccarla) Storie!Ci vedo benissimo.
LISA (si defila) Ti sembra.
ROBERTO (si avvicina di nuovo) Ne sono sicuro.
LISA (si defila ancora) “Secùr l’è mort!”, dicono a Pavia.
ROBERTO Perché scappi? Volevo baciarti.
LISA Ora no.
ROBERTO Perché?
LISA (spiazzata) E’ che... Beh, ci sono di là loro...
ROBERTO Le donne hanno una spiccata tendenza a trasformare gli uomini in mendicanti. E pensare che chiedevo solo l’elemosina di un bacio.
LISA Non è il momento.
ROBERTO Perché la donna non prende mai l’iniziativa?
LISA Mai...
ROBERTO A parte le debite eccezioni, s’intende.
LISA Vuoi sapere il perché?
ROBERTO Dai, così stanotte dormo tranquillo.
LISA Perché la donna è maligna. Maligna abbastanza da dare all’uomo la sensazione di essere lui ad averne voglia.
scena 4
(Litigio)
- MICROFONO esterno
Da fuori, una lite.
GIOVANNI Io vi ammazzo tutti e due!
MARINA Smettila!
GIOVANNI Non smetto un bel niente! Ringrazia che la situazione è quella che è, altrimenti...
MARINA Altrimenti cosa? Eh? Altrimenti cosa? Tu non sei normale, mio caro.
GIOVANNI Io non sarò normale, ma prega che la normalità rimanga questa, perché se lui torna com’era prima...
MARINA Se lui torna... Stammi lontano! Tu sei un pazzo isterico. Ricordati che tra noi non c’è stato niente, non c’è stato MAI niente. Questa è la verità!
GIOVANNI Ah, la verità! La tua verità è una bugia che non ho ancora scoperto. Ma se ne avrò le prove...
MARINA Le prove non le avrai mai, perché non ci sono.
GIOVANNI (si ammorbidisce) Sei brava a dir bugie...
(ora accorato) Ma perché, Marina, perché? Io... io ti ho sempre...
(un tempo)
Di notte mi giro verso la parete e nel mio cuore comincia a piovere.
- MICROFONO esterno fine
Silenzio.
ROBERTO Ma cosa succede?
LISA (imbarazzata, trova una scusa)
Mah... staranno provando una nuova commedia
ROBERTO Sono attori?
LISA Sì, amatoriali.
ROBERTO Beh, sono bravi. Molto bravi. Mi hanno trasmesso delle emozioni.
LISA Vado a vedere cosa stanno preparando. (esce a sinistra)
- LUCE INGRESSO fine
Roberto si avvicina all’ingresso e osserva con attenzione il faretto.
scena 5
(L’aperitivo)
Rientrano Giovanni e Marina con un’allegria forzata.
Marina reca un vassoio con l’aperitivo: 3 bicchieri e una ciotola di salatini che poserà sopra i cubi.
Roberto va ai cubi e si posiziona di spalle alle quinte di sinistra.
GIOVANNI Eccoci qua, vecchio mio! L’aperitivo è servito. Crodini non ce n’erano. Ho aperto l’ultima bottiglia di spumante. Spero non ti dispiaccia. E questo è quello che è rimasto dei salatini. (assaggiandone uno)
Forse non proprio freschissimi, ma comunque mangiabili.
MARINA Non c’è molto, neppure nel frigo. Domani dovrai fare un po’ di rifornimento se non vuoi morire di fame. Magari la spesa te la facciamo noi. Giovanni, scrivi che segniamo almeno le cose essenziali.
(vanno alla scrivania. Le prime due o tre parole a volume normale, poi scemando fino a un sussurro) Latte, pane, burro, olio, no olio c’è...
- BUIO COMPLETO
Lisa entra e si pone alle spalle di Roberto.
MARINA Oddio! Cosa succede?
GIOVANNI Un blackout. L’avevano detto alla radio che sarebbe stato possibile.
MARINA Cerchiamo delle candele. Non avete un accendino?
- LUCE
- LUCE INGRESSO
Roberto osserva la luce d’ingresso.
MARINA Ah, per fortuna!
GIOVANNI Che strano! Un blackout di dieci secondi...
MARINA Dai, scrivi: dunque... (le prime due o tre parole a volume normale, poi scemando fino a un sussurro) Caffè, qualcosa di surgelato tipo spinaci, piselli, tonno... Un po’ di frutta...
LISA (accosta il suo viso a quello di Roberto, come fosse uno speteguless) Marina ha preparato...
Roberto sobbalza.
LISA Ti ho spaventato?
ROBERTO Un po’...
LISA Scusa. Non volevo!
ROBERTO Ma quando sei entrata? Non ti ho vista.
LISA Prima. Te l’ho detto che hai la cataratta.
ROBERTO Prima, quando?
LISA Prima. Forse quando c’era buio.
ROBERTO (ha un dubbio) Al buio? E come potevi? Sei venuta al buio dalla cucina a qui, senza inciampare da nessuna parte?
LISA La conosco la casa, è trent’anni che ci abitiamo.
Dicevo che Marina ha preparato polenta e salsiccia. Effettivamente siamo un po’ a corto di cibarie.
ROBERTO Come mai?
LISA Ma, sai, in questi quindici giorni in cui sei stato in ospedale, non avevo tanta voglia di cucinare.
ROBERTO Anche ora non l’hai fatto.
LISA Marina è fatta così. Bisogna lasciarla fare.
ROBERTO (prende un bicchiere) Perché i bicchieri sono tre?
LISA Io non bevo alcolici a stomaco vuoto.
ROBERTO (porgendole la ciotola con i salatini) Tieni, almeno rompi il digiuno. Non mi dà l’idea che mangi molto.
Insieme avvicinano la mano alla ciotola.
Roberto ne prende e mangia.
Lisa, dopo un attimo di esitazione, ritrae la mano.
LISA No, è meglio di no. Mi rovinerei l’appetito.
Roberto la guarda dubbioso.
GIOVANNI Bene, vecchio mio, ti abbiamo fatto una bella listerella della spesa.
MARINA Ancora niente?
ROBERTO Se parli della mia memoria, sempre niente.
Anzi, se devo essere proprio sincero, per me siete tre perfetti sconosciuti.
GIOVANNI Due. (beve)
MARINA (sottovoce, a Giovanni) Lascia perdere.
ROBERTO (non ha captato il due) Ma alla fine, cosa è successo di preciso?
GIOVANNI Quindici giorni fa, un sabato pomeriggio, come oggi. Un po’ di donnette hanno deciso di andare a far shopping, portandosi dietro i loro poveri mariti. Praticamente ci hanno costretto.
MARINA Iiih...
GIOVANNI Solo tu avevi la fortuna di una scusa plausibile per non venire: dovevi finire di leggere un libro per farne la recensione.
Quando siamo tornati a casa, verso sera, ti abbiamo trovato disteso per terra, in quel punto. (beve)
MARINA Il tavolino era spostato e quell’orrendo soprammobile sul pavimento. (beve)
LISA Probabilmente hai inciampato nel tavolino.
MARINA Probabilmente hai inciampato nel tavolino e hai picchiato la testa contro quella “cinesata”.
LISA Sembravi senza vita.
GIOVANNI Sembravi senza vita. Il tuo respiro era talmente lieve che non si percepiva. Ti abbiamo caricato sulla macchina senza aspettare l’ambulanza e ti abbiamo portato all’ospedale. Tutto qui, vecchio mio, tutto qui.
MARINA La polenta sarà pronta. Andiamo a mangiare? (esce a sinistra)
GIOVANNI Andiamo. (esce a sinistra)
ROBERTO Sì, subito. (una volta uscito Giovanni)
Perché continua a chiamarmi “vecchio mio”? Già sono vecchio, se poi continua a ricordarmelo...
LISA Ti ha sempre chiamato così.
ROBERTO Con la stessa inflessione nella voce?
LISA Cioè?
ROBERTO Ma, non so, quando lo dice, avverto sempre come una nota di... rancore.
LISA Non ci ho fatto caso. Dai, andiamo.
Roberto la guarda con amore.
Lisa ricambia lo sguardo ed esce a sinistra.
- LUCE INGRESSO fine
Roberto si attarda ad osservare la luce che si è spenta. Poi esce anche lui verso sinistra.
scena 6
(Caffè)
Entrano da sinistra Giovanni e Roberto.
GIOVANNI Quando c’è la polenta, non riesco mai a frenarmi. Se poi è accompagnata dalla salsiccia...
Entrano da sinistra Lisa e Marina che regge un vassoio con due tazzine di caffè.
- LUCE INGRESSO
MARINA Caffè!
ROBERTO Sì, grazie.
MARINA (riferendosi allo zucchero) Due, vero?
ROBERTO Ti dirò che non lo so proprio.
MARINA Lo ricordo io, due. (a Giovanni) Tu senza.
ROBERTO (a Marina) Tu, non lo bevi?
MARINA Dopo non dormo.
LISA Anch’io.
MARINA Bene. Vado a sistemare in cucina. (esce a sinistra)
LISA Ti seguo. (esce a sinistra)
- LUCE INGRESSO fine
scena 7
(Giovanni confessa)
ROBERTO (la luce!) Sai, Giovanni, c’è qualcosa che non torna e forse più di qualcosa. Sarà che mi manca la memoria e quindi non conosco il contesto di quello che succede qui dentro, ma...
GIOVANNI Se me ne parli, ti posso aiutare.
ROBERTO Quella luce all’entrata ad esempio...
GIOVANNI Puoi capire che difficoltà! Domani si va a comperare un nuovo faretto e il problema è risolto.
ROBERTO Non lo so...
GIOVANNI Cosa vuoi dire?
ROBERTO E’ che vedi, secondo me, si accende e si spegne secondo una logica. Una logica che non riesco a capire.
GIOVANNI Invece secondo me, hai letto troppi gialli.
ROBERTO Può darsi... (indicando il faretto in scena) Quello invece, pur essendo perfettamente a posto, lampadina, filo, presa e tutto il resto, non vuole funzionare.
GIOVANNI Come fai a saperlo?
ROBERTO Prima, mentre si cenava, mi è presa una strana curiosità e sono venuto a controllare.
GIOVANNI Ah, ecco dove sei andato!
ROBERTO E poi c’è Marina, che ha verso di me un atteggiamento strano...
GIOVANNI Già, strano...
ROBERTO E poi Lisa, che non...
GIOVANNI (lo interrompe) Beh, Lisa, da un mese e mezzo...
ROBERTO (lo interrompe) Non mangia niente...
GIOVANNI Beh, vecchio mio, forse dovrei spiegarti una cosa...
ROBERTO Ecco!
GIOVANNI Cosa?
ROBERTO Tu! Tu, con quel “vecchio mio”!
GIOVANNI Ti ho sempre chiamato così, un’abitudine, ma se ti dà fastidio, non lo faccio più.
ROBERTO Non è quello che dici, ma è come lo dici, così carico di... di risentimento...
GIOVANNI Ah, sì?
ROBERTO E quel sabato pomeriggio di quindici giorni fa?
Mi avete detto che probabilmente ho inciampato nel tavolino e sono andato a sbattere la testa contro quel soprammobile.
GIOVANNI Così pare.
ROBERTO Ci ho pensato, sai? Ma se uno inciampa in questo tavolino, dovrebbe picchiare la testa nello spigolo di questo cubo, non nel soprammobile.
GIOVANNI Hai ragione. Non hai inciampato. Qualcuno ti ha aggredito.
ROBERTO Ah! Ma chi?
GIOVANNI Io.
ROBERTO Tu? (un tempo) Tu non reciti, vero?
GIOVANNI Mai recitato in vita mia., neppure da piccolo, all’oratorio.
ROBERTO (sorride affermativamente) Lo immaginavo.
GIOVANNI In quel sabato pomeriggio di spese, mentre Marina continuava a provare mille tipi di scarpe senza mai decidersi, ho continuato a pensare, pensare... e sono venuto qui.
Abbiamo avuto un diverbio, un po’ pesante a dire il vero, e alla fine quel soprammobile è volato sulla tua testa.
Pensavo fossi morto, mi sembrava non respirassi più, mi sono spaventato e sono scappato. Ora mi pare una pazzia, ma ormai è fatta.
E’ che quando... quando parto, perdo la testa, non capisco più niente.
ROBERTO La collera è senza ritorno. Non si può ritirare uno schiaffo dato. E ci sono parole che una volta dette, non si cancellano più.
GIOVANNI Già.
ROBERTO Perché l’hai fatto?
GIOVANNI Quando ti tornerà la memoria, lo saprai.
ROBERTO Non c’è bisogno che mi torni la memoria per capire che l’hai fatto perché pensavi che tra me e Marina ci fosse qualcosa.
GIOVANNI Sospettavo, anche se non ne sono sicuro al cento per cento.
ROBERTO Beh, se è stato per quel motivo, devi stare tranquillo, perché se è vero, quel colpo in testa deve avermi rinsavito.
GIOVANNI Io non sono mai tranquillo.
ROBERTO Guarda: ora come ora mi pare ridicolo che io possa essere andato con Marina.
GIOVANNI Mi auguro che tu dica la verità.
ROBERTO E’ la verità. La sua presenza non mi dice niente. Una persona come tante. Cosa potrebbe avermi spinto a farlo? Non riesco proprio a immaginarlo.
GIOVANNI La solitudine?
ROBERTO La solitudine? Ma no. Forse un attimo di sbandamento... forse la sua dolcezza... forse... forse perché l’uomo da quel lato è debole.
GIOVANNI E stupido!
ROBERTO E stupido. No, guarda, anche se l’amnesia è totale, in queste ore ho maturato una certezza, la certezza di aver amato sempre e solo Lisa.
GIOVANNI Lisa...?
ROBERTO Sì. Per me siete tutti dei perfetti estranei, ma solo lei mi dà delle emozioni.
GIOVANNI Come puoi dirlo?
ROBERTO Non lo so. Come puoi spiegare l’amore? (un tempo) Non lo sa nessuno?
GIOVANNI Cosa?
ROBERTO Della tua aggressione.
GIOVANNI No.
ROBERTO Beh, non dirlo a Marina. Se è vero che siamo stati insieme, lei si dovrebbe aspettare qualcosa da me, ma fin che non mi tornerà la memoria, io sono un altro uomo e quindi...
GIOVANNI Avrà meno grilli per la testa, dici?
ROBERTO Anche per lei, se è vero che è successo, sarà stato un attimo di sbandamento.
GIOVANNI Sbandamento...
ROBERTO Bisogna saper perdonare, Giovanni.
GIOVANNI Per me è difficile.
ROBERTO Devi farlo! E non permettere che la tua gelosia ti annebbi la vista peggio di un colpo in testa.
GIOVANNI Devo ragionare a mente lucida, altrimenti, te l’ho detto, non capisco più niente.
ROBERTO Già. Senti, non dirlo neppure a Lisa...
GIOVANNI Roberto, vecchio mio, cosa stai dicendo?
ROBERTO E’ un favore che... (è interrotto) (ti chiedo...)
scena 8
(I Bellotti vanno)
MARINA (entrando da sinistra) Tutto a posto, Roberto. Io e Giovanni andiamo.
Se hai bisogno qualcosa, telefona. Sai che non andiamo a dormire fino a tardi.
ROBERTO Grazie.
MARINA Queste sono le chiavi di casa.
ROBERTO Ma no, tenetele. Non si sa mai, visto i precedenti... (guarda Giovanni)
MARINA Va bene. Ma facciamo gli scongiuri. Basta una volta, per carità!
Marina e Giovanni si avviano all’ingresso e indossano giaccone e piumino.
MARINA Ah, la borsa con la tua roba da lavare.
GIOVANNI Questo faretto è proprio saltato. (si agita nella speranza di farlo funzionare) Domani te lo cambio. Ciao, Roberto. (esce)
ROBERTO Ciao.
MARINA E stai tranquillo. Vedrai che poco a poco... Ciao. (esce)
ROBERTO Ciao.
Roberto osserva con attenzione i quadri appesi alle pareti.
scena 9
(Pittore)
Lisa entra da sinistra.
- LUCE INGRESSO
LISA Stavi guardando quei quadri.
ROBERTO Sì.
LISA Cosa ne pensi?
ROBERTO Mi piacciono. (li osserva ancora) Sono tutti diversi come stile, eppure la mano sembra essere dello stesso pittore...
Oddio! Ma io mi intendo di pittura?
LISA Direi di sì. Sono tuoi.
ROBERTO Li ho comperati io.
LISA No, sono tuoi. Li hai dipinti tu. Un tuo hobby.
ROBERTO Ma guarda! E immagino che quel faretto c’entri qualcosa con la pittura.
LISA Sì, volevi farmi un ritratto, seduta sulla poltrona e una luce puntata su di me.
ROBERTO (guardando ancora i quadri) Però! Sto scoprendo di essere un tipo decisamente formidabile, a parte qualche piccola lacuna nei lavori domestici.
LISA Già.
ROBERTO Pittore di un certo valore, critico letterario talmente richiesto da non poter andare in pensione, scrittore, inventore di teorie...
LISA Strampalate.
ROBERTO Strampalate, certo. Però buon marito, e soprattutto ancora attivo in campo sessuale... Mi avrebbe fatto piacere conoscermi.
(armeggia col faretto)
LISA Ti saresti stato molto simpatico.
ROBERTO Penso proprio di sì.
LISA Hai persino dedicato tutti i libri che hai scritto a te stesso.
ROBERTO Davvero?
LISA Forse l’unico al mondo!
ROBERTO Non capisco perché non funzioni.
LISA Meglio, così non mi farai quel famoso ritratto. Ormai sono vecchia.
ROBERTO Vecchia... Diciamo non più giovane
LISA Diciamo. Purtroppo la vita di una donna trascorre sempre nell’amareggiarsi per qualcosa.
A vent’anni non sai neppure quanti anni hai, ma non sei felice.
A trenta inorridisci pensando: «Cavolo non sono più una ragazzina! Sto invecchiando.» A quaranta tremi quando scopri che sul tuo viso sono arrivate le prime rughe. A cinquanta vai in depressione tutte le volte che ti guardi allo specchio. E tra i cinquanta e i sessanta scopri che il mondo è popolato SOLO ed esclusivamente da donne più giovani di te. (un tempo) E lo scopre anche tuo marito.
ROBERTO Guardo le donne più giovani?
LISA E non solo le guardi...
ROBERTO Ti ho tradito?
LISA Secondo me è successo.
ROBERTO Non è possibile! Senti, io non ricordo niente di Roberto Casati, ma una cosa, una sola, la so: se Roberto Casati ti amava, ha trovato in me un degno avversario, perché se lui ti tradiva, io non lo farei mai.
LISA E’ una bellissima dichiarazione d’amore. Ma... mai dire mai!
Certo, di certezze non ne ho, ma so che nel mondo dell’arte è facile. Riunioni, convegni e tante ore passate vicino a donne con le quali scopri di avere un feeling, di stare bene insieme.
ROBERTO Ma se ti amavo!
LISA Sì, ma voi uomini siete dei coglioni.
ROBERTO Grazie.
LISA Prego.
Lo so che mi ami. Da più di cinquant’anni... (si siede sulla poltrona) Cinquant’anni...
- LUCE FARETTO
Roberto è stupito per l’accensione del faretto.
scena 10
(Primo incontro)
LISA Il nostro primo incontro...
ROBERTO (è ancora preso col faretto che si è acceso) Dicevi?
LISA Il nostro primo incontro. Più di cinquant’anni fa.
ROBERTO (distratto si scopre) Ah, sì, a una festa di compleanno...
LISA In casa di Lucrezia.
ROBERTO Eri arrivata con un ragazzo, un “biondino” e indossavi una minigonna vertiginosa...
LISA Erano di moda “vertiginose”!
ROBERTO Tutta in giallo... Eri bellissima.
LISA Mi sei subito piaciuto.
ROBERTO A chi lo dici!
LISA Si, ma tu te ne stavi lì, seduto, senza far niente, come un allocco.
ROBERTO Già, ma come potevo pensare che una tale ”gnocca” potesse mettersi con uno sfigato come me?
«Chissà questa qui quanti ne ha in giro?» pensavo.
Ti guardavo e mi dicevo: «Adesso mi alzo e le parlo. », ma non trovavo il coraggio di farlo.
Anche perché, scusa, ti erano tutti addosso! Biondino compreso.
LISA Beh, a quella festa le ragazze carine scarseggiavano.
ROBERTO Diciamo pure che c’era una bella concentrazione di scorfani.
LISA Che acido!
ROBERTO Mi accontentavo di tenerti gli occhi addosso, elettrizzato dalla tua presenza.
LISA Eri seduto su quella sedia, ebete, immobile... Ti avrei strozzato dalla rabbia che mi facevi. Esasperata dalla tua inettitudine, a un certo punto mi sono detta: «Qui se non prendo l’iniziativa io, non si combina un accidente di niente.»
(cambia tono. Si parlano come allora) Stai per andar via?
ROBERTO Io? Veramente no. Però non mi sto divertendo molto.
LISA Anch’io. Possiedi per caso qualcosa che assomiglia a un’automobile?
ROBERTO Beh, sì, diciamo che... ci assomiglia.
LISA Mi puoi accompagnare a casa? Non abito lontano.
ROBERTO Io? Sì... sì, sì, certo, con piacere.
LISA Bene. Andiamo.
ROBERTO Subito?
LISA E quando se no?
ROBERTO Sono solo le dieci.
LISA A mezzanotte devo essere a casa, se no chi lo sente mio padre?
ROBERTO Accipicchia! Come Cenerentola!
LISA Ma io non perdo le scarpe per dare una seconda occasione agli imbranati.
ROBERTO Cosa vuoi dire?
LISA Lascia perdere!
ROBERTO Però mi hai detto che non abiti lontano.
LISA Oh, Signore! Ma certo che no!
ROBERTO E quindi non c’è fretta.
LISA Ma andiamo lo stesso.
(cambia tono. Ora ricorda) E pensavo: «Ma gli uomini sono proprio così rimbambiti? Come fa a non pensare che durante il tragitto può succedere qualcosa?»
ROBERTO E’ perché noi uomini siamo unidirezionali. Se ti dovevo accompagnare a casa, quello dovevo fare, non altro.
LISA Una cosa alla volta, per carità!
ROBERTO Certo. Poi magari, durante il tragitto, qualche idea del tipo “saltarti addosso”, mi sarebbe venuta.
LISA Qualche dubbio ce l’ho.
ROBERTO (cambia tono. Si parlano come allora) Ma cosa dirà il biondino con cui sei arrivata? Non vorrei che se la prendesse con me.
LISA Ah, però, non ti sfugge nulla!
ROBERTO Beh, vestita così, diciamo che... “dai nell’occhio”!
LISA Sto male?
ROBERTO Male? Ma... ma... ma sei un incanto!
LISA Grazie. Comunque il... “biondino” non dirà nulla, stai tranquillo. Allora? Si va?
ROBERTO Andiamo.
LISA (cambia tono. Ora ricorda) Guidavi in maniera orrenda.
ROBERTO Ero emozionato.
LISA (cambia tono. Si parlano come allora)
Adesso qui vai a destra, poi ancora a destra e subito a sinistra.
ROBERTO Chissà se riuscirò a ritrovare la strada per tornare a casa?
LISA Non dirmi che sarò costretta a riaccompagnarti a piedi!?
(un tempo) Oddio!
ROBERTO Stai male?
LISA Sì, un po’... Forse tutte queste curve... Fermati un attimo che scendo.
ROBERTO Mi dispiace... (un tempo) Passato?
LISA Sì, grazie. Adesso va meglio.
ROBERTO Che bello!
LISA Cosa?
ROBERTO Hai vomitato anche sulla mia macchina.
LISA Oh cavolo! Scusa!
ROBERTO Non fa niente. Del resto questo colore non mi è mai piaciuto. L’avrei preferita più... originale.
LISA Ora è unica!
Ridono.
ROBERTO Senti, dovrei farti una domanda.
LISA Sentiamo.
ROBERTO Ma... (sospira di ansia) ma tu fili col “biondino”?
LISA (sorride, scuote leggermente la testa. Dolcissima) Sei tenero, sai?
ROBERTO Sono contento di essere di tuo gradimento. Però non hai risposto alla mia domanda. Il biondino con cui sei arrivata alla festa, è il tuo ragazzo?
LISA (esita, ma non ha dubbi) No...
ROBERTO Sicura?
LISA Ma certo che sono sicura!
ROBERTO E allora fili con me!
LISA E’ una domanda o una affermazione?
ROBERTO Sai, quando sei arrivata alla festa e sei entrata in quella sala, è come se dentro di me si fosse accesa una luce. E ora, solo a guardarti, provo un brivido che mi corre lungo la schiena.
Quando parli poi, mi sento il cervello... in poltiglia.
Sì, credo di avere tutti i sintomi di un malessere che si chiama: “attrazione irresistibile”!
LISA Mi dispiace, ma non ho rimedi.
ROBERTO Il rimedio sei tu.
LISA (divertita) Sono diventata una medicina!
ROBERTO Quindi?
LISA Quindi, cosa?
ROBERTO Che mi dici?
LISA Che è tardi.
ROBERTO Ma no! La domanda era: fili con me?
LISA Pensavo che avessi già deciso tutto tu.
ROBERTO Da parte mia, sì. Però non so tu...
LISA Quindi devo risponderti.
ROBERTO Sarebbe una buona cosa, così magari questa notte dormo e non mi arrovello in dubbi angosciosi. Vuoi essere la mia ragazza?
Ti avviso che se mi dici di no, dalla vergogna, sprofondo... qui, in questo tombino!
LISA (divertita) Ma sì, dai, si può provare.
(mette una mano avanti) Magari per un po’.
ROBERTO Magari per un po’... E sono passati più di cinquant’anni!
Cinquant’anni e cinque mesi per l’esattezza. Era il sei agosto.
Lisa si alza e lo guarda stupefatta e dubbiosa.
- LUCE FARETTO fine
scena 11
(Tu ricordi!)
LISA Ma tu...
ROBERTO (guarda stupito il faretto e poi Lisa) Io, cosa?
Lisa non risponde.
ROBERTO Cosa c’è? Perché mi guardi in quel modo?
LISA No, no, niente. Stavo pensando a quando finalmente abbiamo potuto permetterci quel viaggio in Cina dove, in quel mercatino, abbiamo comperato quell’orrendo soprammobile. (un tempo) Pioveva.
ROBERTO Piove spesso a Shanghai.
LISA (lo guarda un secondo. Fredda) Cos’hai detto?
ROBERTO Che a Shanghai piove spesso.
LISA Perché Shanghai?
ROBERTO Dove abbiamo comperato quella mostruosità, no?
LISA Come fai a saperlo?
ROBERTO L’hai appena detto tu.
LISA Ti sbagli. Io ho detto Cina.
ROBERTO Guarda che hai detto Shanghai.
LISA (senza emozioni) Ho detto Cina! Tu ricordi dove l’abbiamo comperato. E non solo: ricordi tutto del nostro primo incontro.
ROBERTO (un ultima difesa) Lisa, hai detto: Shanghai...
LISA (gli si pone innanzi) Tu non hai perso la memoria! Mi hai mentito!
ROBERTO Ma no... sì... un gioco. La memoria mi è tornata poco a poco, all’ospedale. Ero fiero. Felice.
Quando sei arrivata, stavo per annunciarti la bella notizia, ma poi, non so perché, ho taciuto. Un gioco. Un gioco stupido.
LISA (adirata) E ti sei preso gioco di me con la tua falsa amnesia.
ROBERTO Questo non è del tutto vero.
LISA (adirata) Non ti credo. Non ti credo più. Mi hai preso in giro. Cosa volevi scoprire? Volevi scoprire cosa ne penso di un uomo che guarda le donne più giovani di me?
ROBERTO Io non guardo le altre donne. Questa è una tua invenzione.
E poi non è del tutto falsa, la mia amnesia. Mi manca completamente quel sabato di quindici giorni fa, in cui ho picchiato la testa, e tutto il mese prima. La mia memoria è come un libro in cui qualcuno... abbia strappato una pagina.
LISA (stupita) Non ricordi il giorno del tuo incidente...?
ROBERTO No.
LISA (stupita) E tutto il mese prima?
ROBERTO E tutto il mese prima.
LISA Il tuo cervello lo ha rimosso.
ROBERTO Lo penso anch’io, ma non capisco il perché.
LISA (più morbida) A volte sembra che il cervello lo faccia apposta a bloccarsi. Forse per difendersi, per trarre un qualche vantaggio dal non ricordare.
ROBERTO Già, ma quale vantaggio?
LISA (un tempo) Beh, alla fine mi sarebbe piaciuto che tu no ricordassi più nulla. Avrei potuto ricostruire un nuovo Roberto Casati.
Sai, è il sogno di ogni donna: ami un uomo, ne vedi i difetti, ma lo sposi ugualmente perché ti illudi di poterlo cambiare.
Il che puntualmente non avviene.
ROBERTO Le persone non cambiano.
LISA In questi quindici giorni in cui sei stato all’ospedale, io ero sola in questa casa, giorno dopo giorno, a ripensare continuamente ai nostri cinquant’anni di vita insieme. E mi prendeva un’angoscia...
ROBERTO (le si avvicina, ma lei impercettibilmente si allontana)
Sei sicura di essere rimasta qui e di non essere andata da tua sorella?
LISA Perché?
ROBERTO Perché prima, quando siamo rientrati, di ritorno dall’ospedale, questa casa era fredda, come se fosse stata disabitata, e tu hai detto:
«E’ rimasta chiusa per quindici giorni».
LISA Non ho detto assolutamente questa cosa!
ROBERTO Sì, l’hai detta e non capisco... (un tempo)
Va beh... Ah, non dire nulla a tua sorella della mia falsa amnesia. E’ sempre carina con me...
LISA (acida) Hai ragione, una cognata d’oro!
ROBERTO Non vorrei che pensasse a questa cosa come a una presa in giro.
LISA (acida) Non sbaglierebbe di molto.
ROBERTO Uno di questi giorni poi, glielo dico io.
LISA Bravo! Applaudo per non vomitare. Nel frattempo vado a dormire.
(si avvia)
ROBERTO (la segue) Hai ragione, anch’io ho bisogno di farmi una bella dormita...
LISA Sì, ma nella camera dei ragazzi, però!
ROBERTO Nella camera...
LISA Penso sia meglio, sai? Buonanotte. (esce a sinistra)
- LUCE INGRESSO fine
ROBERTO Buonanotte. (prende in mano un suo libro) Nella camera dei ragazzi...
(legge) Roberto Casati. La donna in bianco.
“A me stesso, con tutto il mio affetto. Roberto”. Son forte!
(un altro) Roberto Casati. Il mistero della giovane infermiera.
“Alla persona più importante della mia vita, me stesso.”
Forse ho esagerato un po’... ma in fondo è vero!
(un altro) Roberto Casati. La moglie perfetta.
Beh, questo no. Questo l’ho dedicato a Lisa.
“A Lisa, mia moglie, la mia vita, l’amore. Colui che l’adora, ma non la merita.”
Spegne la lampada sulla scrivania. Spegne la luce cubi.
Va all’uscita di sinistra.
Roberto guarda il soggiorno, spegne la luce centrale ed esce.
- LUCE PALCO fine
FINE DEL PRIMO ATTO
ATTO SECONDO
scena 12
(Il giornale)
- LUCE PALCO
Roberto entra da sinistra infilandosi un maglione diverso da quello indossato nel giorno prima. Camicia e pantaloni uguali al primo atto. E’ in ciabatte. Ha una tazzina di caffè. Accende la radio.
RADIO Prima di chiudere un flash d’agenzia.
“Mezz’ora fa un furgone carico di esplosivo, ha sfondato le vetrine di un grande supermarket ed è esploso. Decine le vittime. Verosimilmente un attentato terroristico.”
Appena avremo notizie più dettagliate, vi terremo informati.
ROBERTO Cribbio!
Lisa entra da sinistra vestita come nel primo atto.
- LUCE INGRESSO
LISA Buongiorno.
ROBERTO Ah, ciao. (spegne la radio)
LISA Dormito bene?
ROBERTO Avrei dormito meglio nel nostro letto.
LISA Vado a fare la mia solita camminata. Dico a Francesco di metterti il giornale nella casella della posta. Devo dirgli anche di tenermi da parte la nuova serie dei gialli del Corriere.
ROBERTO Non avrai freddo ad uscire così?
LISA No, non preoccuparti.
ROBERTO Una volta avevi sempre freddo.
LISA (si ferma) Una volta... (un tempo) Ciao. (esce)
- LUCE INGRESSO fine
ROBERTO Ciao.
- Campanello
ROBERTO (prende le chiavi) Vengo! (va ad aprire)
MARINA (da fuori) Ciao. Ho dimenticato le chiavi. (entra) Per fortuna sei sveglio. (regge un sacchetto con indumenti lavati e una borsa della spesa. Si toglie il piumino e lo depone sulla cassapanca)
ROBERTO Non da molto a dire il vero. Ma... fammi capire. In questa casa quanti mazzi di chiavi ci sono?
MARINA Uno ce l’hai tu e uno l’ho io.
ROBERTO Ne hai fatto una copia?
MARINA No. Sarebbero quelle di Lisa. Le ho prese quando ti abbiamo portato all’ospedale. (lo guarda) Hai ancora su quella camicia?
ROBERTO L’ho messa solo qualche ora ieri pomeriggio.
MARINA Ho qui tutta la biancheria lavata e stirata e ho fatto un po’ di spesa. (esce a sinistra portando solo il sacchetto degli indumenti)
ROBERTO (fra sé) Ma Lisa come ha fatto ad uscire?
(a Marina) Ieri sera, quando siete andati via, avete chiuso la porta a chiave?
MARINA (da fuori) Perché?
ROBERTO Niente. Una curiosità.
MARINA (rientrando) Sai che mi fai venire un dubbio? Cavolo! Dici che ti abbiamo lasciato la porta di casa aperta? Però mi sembra strano...
Ma non mi hai aperto con le chiavi?
ROBERTO E’ vero. Va beh, scendo un momento. (va verso le camere)
MARINA (prendendo dai cubi una bottiglia vuota) Questa la butto?
ROBERTO (si ferma o rientra) Sì, se è vuota. (esce a sinistra)
MARINA Quando scendo ti butto via la spazzatura.
ROBERTO (rientra con il giubbotto. Si blocca) Allora è questa la cosa terribile di quest’ultimo mese che non riuscivo a recuperare. L’alcol.
(ora direttamente a Marina) Marina, bevevo?
MARINA Non esagerare. Diciamo che ultimamente, prima di andare a dormire, ti facevi un paio di bicchierini per darti un po’ di... tono.
ROBERTO Ultimamente?
MARINA Ma sì, nell’ultimo mese. Prima, credo che tu non abbia mai toccato una goccia di alcol, ma ora, sai, con quello che... Ma dai! Stai dando troppa importanza a una sciocchezza.
ROBERTO Avevo dei problemi?
MARINA E chi non li ha? (esce a sinistra)
ROBERTO Vado a prendere il giornale. (esce)
- Telefono
MARINA (rientra. Al telefono) Pronto... Ah, sei tu. Sì, sono a casa di Roberto...
Certo, gli ho portato la spesa e quello che gli ho lavato ieri sera, sei contento? Adesso mi controlli anche?...
Va beh, lascia perdere. Ciao. (riaggancia) Stupido!
ROBERTO (rientra con il giornale e depone il giubbotto sulla cassapanca)
Eccoci. Fa un bel freddo!
MARINA Già di ritorno?
ROBERTO Il giornale l’ha messo Francesco nella casella della posta.
MARINA (prendendo la borsa della spesa) Vado a sistemarti la spesa.
(esce a sinistra)
ROBERTO Grazie. (al telefono. Intanto sfoglia il giornale) Pronto. Casa editrice Smalto... Ah, sei tu Maurizia... Tutto bene, grazie. C’è Franco?... Ciao.
MARINA (da fuori) La carne la metto in freezer.
ROBERTO Va bene. (al telefono, intanto sfoglia ancora il giornale)
Pronto... Ciao Franco... Sì, sono tornato ieri dall’ospedale...
Sì, dai, abbastanza bene... Certo, domani passo dentro e...
(ha notato un articolo)
No, niente. Scusa un attimo...
(legge) Franco, scusami, ma devo andare. Ci vediamo domani. Sì, sì, ti racconto tutto. Ciao. (riaggancia e legge ad alta voce)
“Ultim’ora: un furgone carico di esplosivo, ha sfondato le vetrine di un supermarket ed è esploso. Decine le vittime. Verosimilmente... (un attentato terroristico.”)
(pensa un attimo) Ma se alla radio hanno detto che è successo mezz’ora fa, come facevano a saperlo quando sono andati in stampa?
(guarda la data) Sedici gennaio. Ma oggi non è il quindici?
(controlla l’orologio, poi un’agenda) Quindici... (si blocca)
Ma questo è il giornale di domani!
Di domani...? Com’è possibile? Chi l’ha messo nella casella della posta? Di domani...?
MARINA (rientra) Cos’hai? Tutto bene?
ROBERTO Non lo so. Sembra che mi abbiano messo in casella il giornale di domani!
MARINA Eeeh, di domani!
ROBERTO Di domani, ti dico. Oggi è il quindici e questo è datato sedici gennaio.
MARINA Vedere. (legge) Va beh, un errore. Un refùso, come si dice in gergo giornalistico.
- Campanello
scena 13
(Giovanni, il giornale, il letto)
Marina va ad aprire.
MARINA (da fuori, alterata) Cosa ci fai qui?
GIOVANNI (entrando) Volevo fare un salutino a Roberto. (ironico) Ma vedo che ci sei già tu a tenergli compagnia. (si toglie il giubbotto e lo depone sulla cassapanca)
MARINA (ironica, di rimando) Certo ci sono io!Oggi non lavori?
GIOVANNI Cambio il faretto che ho comperato e vado, stai tranquilla. (esce a sinistra per prendere un cacciavite) Ho solo bisogno di un cacciavite.
MARINA E comunque non gli sto tenendo compagnia! (uscendo a sinistra) Sistemo la camera da letto e me ne vado.
Ho un appuntamento con Patrizia.
GIOVANNI (rientrando) Bene! Allora, come va, vecchio mio?
(va a sostituire il faretto, sarà quindi fuori scena)
ROBERTO Seguo le tracce di tutto ciò che non capisco, di tutto ciò che mi pare strano. Magari prima o poi troverò il bandolo della matassa.
GIOVANNI (da fuori) Cosa ti assilla di nuovo?
ROBERTO Tante cose che sembrano... impossibili. A volte mi sembra di vivere in una casa fatata. Questo giornale ad esempio. (sfoglia e legge)
GIOVANNI (da fuori) Macché! Sai che non funziona? Allora non era il faretto... (rientrando) Cos’ha il giornale? A no, forse ho invertito i fili. Però mi serve una pinzetta, dovresti averla. (esce a sinistra)
ROBERTO Questo giornale ha la data di domani. E ora ho scoperto anche questo trafiletto: “E’ morto Roberto Casati. Trovato ieri nella sua ca... “casa” o “camera”, immagino.
GIOVANNI (rientrando con pinzetta) “Trovato nella sua casa” e poi?
(esce ancora per riparare il faretto)
ROBERTO E poi il giornale è strappato, proprio in quel punto. Sembrerebbe che qualcuno l’abbia fatto intenzionalmente.
GIOVANNI Ma chi te l’ha dato?
ROBERTO Non lo so. L’ho trovato nella casella delle lettere.
GIOVANNI (da fuori) Niente da fare! Non ne vuol sapere. (rientra) Sai che non capisco.
ROBERTO Il giornale?
GIOVANNI No, il faretto.
ROBERTO Lascia perdere il faretto e guarda qui. (gli porge il giornale)
GIOVANNI Fa vedere. (legge) La data... va beh, un errore. E il trafiletto dov’è?
ROBERTO Qui.
GIOVANNI Ma, vecchio mio, qui non c’è scritto “Roberto Casati”, ma “Roberto Calati”!
ROBERTO Un errore?
GIOVANNI Cosa?
ROBERTO Se hanno sbagliato la data possono avere sbagliato anche il nome. Tra Casati e Calati non è che ci sia molta differenza.
GIOVANNI Secondo me sei un po’ scosso. Diciamo non ancora proprio in palla e trovi stranezze dappertutto. (esce a sinistra per riporre gli attrezzi)
MARINA (entrando da sinistra) Giovanni io ho finito. Vado. (si accinge ad indossare il piumino) Perché non hai dormito nella tua camera?
ROBERTO (ancora sbalestrato) Io? Ah, no, ho dormito in quella che era dei ragazzi.
MARINA Ho visto. (è presa con la cerniera o i bottoni del piumino o la sciarpa o altro ancora)
ROBERTO Aspetta un attimo... Ma il letto matrimoniale? Marina!
MARINA Sì...
ROBERTO Il letto matrimoniale?
MARINA Cosa?
ROBERTO Sì, dico, hai rifatto anche quello, vero?
MARINA No. Era a posto.
GIOVANNI (rientrando) Ok, si va? (indossa il giubbotto) Vecchio mio, mi dispiace per il faretto. Ci devo pensare... Ciao. (esce)
MARINA Ciao. (esce)
ROBERTO Ciao. E grazie a tutti e due.
Ma Lisa dove ha dormito?
Beh, può averlo rifatto prima di uscire.
Roberto ha il giornale in mano. Prende le chiavi e le soppesa.
scena 14
(“La moglie perfetta”)
- LUCE INGRESSO
LISA (entrando) Ciao.
ROBERTO Ciao. Come sei entrata?
LISA La porta era aperta. Giovanni e Marina non l’hanno chiusa. Li ho incontrati.
ROBERTO Il letto matrimoniale l’hai rifatto prima di uscire?
LISA Ma certo, come sempre. Perché?
ROBERTO Chi ha messo il giornale nella casella della posta?
LISA Ma quante domande! Non lo so. Francesco, penso, o qualche ragazzo che l’aiuta. Sono passata in edicola e gli ho detto di portarti il giornale.
ROBERTO Questo giornale è di domani.
LISA Eh, di domani...
ROBERTO E c’è un trafiletto in cui si dice che un tale Roberto Calati oggi morirà.
LISA Mi dispiace per lui.
ROBERTO Ma il giornale è strappato proprio in quel punto. Calati... Casati... Mi sento coinvolto.
LISA Se è Calati, non è Casati. E poi tu sei in perfetta salute, no? A parte la testa mezza saccagnata.
ROBERTO Quindi non hai paura di diventare vedova.
LISA (spaventata) Non dirlo, sai! Non dirlo assolutamente!
ROBERTO Ma no, calmati, non sono ancora morto.
LISA (lentamente) Sì... per ora... sei ancora... qui. (un tempo)
E’ solo perché non sappiamo tutto quello che ci deve accadere, che siamo felici. (un tempo)
Beh, se è veramente di domani, direi che è un’occasione unica. Guarda che numeri hanno estratto al lotto e vai a giocarli.
E’ un regalo. Si può fare un regalo? (esce a sinistra)
- LUCE INGRESSO fine
Roberto va al telefono, con le spalle alle quinte di destra.
ROBERTO Pronto, il signor Francesco... Sono Roberto Casati. Ha presente? Via Gramsci, 4... Bene. Senta: circa un’ora fa mi ha portato a casa il giornale... Ma sì, l’ha messo nella casella della posta... Sicuro?... Qualche suo ragazzo che l’aiuta... Nessuno... Grazie comunque. Buongiorno. (riaggancia)
- LUCE INGRESSO
LISA (compare dietro di lui) Vado dal parrucchiere.
ROBERTO Ancora?
LISA E’ tanto che non ci vado...
ROBERTO Ancora ci sei e io non ti ho vista entrare...
LISA L’ultima visita dall’oculista l’hai fatta quattro mesi fa. Sarà meglio prenotarne un’altra. Mi sa che la tua cataratta è peggiorata mica male.
ROBERTO (un tempo) E va bene, dai, prenotiamo. (sfoglia un’agenda)
Questo è il numero. Se telefoni tu, io intanto vado a preparare un altro caffè. Lo vuoi anche tu? (prende la tazzina ed esce a sinistra)
LISA No, grazie, l’ho appena preso al bar.
Roberto esce, ma rientra subito. Si ferma sulla soglia e l’osserva.
Lisa, dopo aver guardato il numero, sta per prendere in mano la cornetta, ma si ferma un attimo prima di toccarla e poi rinuncia.
ROBERTO (esce a sinistra e rientra con una tazzina di caffè) Fatto?
LISA No, era occupato. Dopo riproviamo.
ROBERTO Era occupato...
LISA Scusa, vado a prepararmi, non vorrei far tardi, L’appuntamento era per mezzogiorno. (va)
ROBERTO Scusa ancora una cosa. Cos’è successo quel pomeriggio, quel pomeriggio che non ricordo. Il racconto che mi avete fatto non mi convince...
LISA Quale pomeriggio?
ROBERTO Quando ho picchiato la testa contro quel soprammobile.
LISA Cosa vuol dire “non mi convince”?
ROBERTO Che mai avrei potuto inciampare nel tavolino e arrivare fin lì.
E poi il colpo non sarebbe stato così forte da farmi fare quindici giorni d’ospedale. Dimmi la verità. (un tempo)
Perché non riesco a ricordare?
LISA Forse perché ti conviene.
ROBERTO (duro) Cos’è successo?
LISA L’hai scritto nella dedica di “La moglie perfetta”.
“A Lisa, mia moglie, la mia vita, l’amore. Colui che l’adora, ma non la merita”
ROBERTO Non ti merito?
LISA No, se sei andato con mia sorella.
ROBERTO Non sono andato con tua sorella.
LISA Sì, sei andato.
ROBERTO E va bene, sono andato. E quindi hai cercato di uccidermi.
LISA No, non ucciderti... volevo solo... Non so, ero furiosa, furiosa per quello che hai fatto... Abbiamo litigato e mi è venuto tra le mani quello.
ROBERTO Ma io però non ricordo di essere andato con tua sorella.
LISA Hai detto che non ricordi il mese prima del tuo incidente. E’ successo allora.
ROBERTO Ah! A questo punto mi devo fidare. E così mi hai colpito.
LISA Esatto. Volevo farti rinsavire. Ora me ne pento. Ma io ci tengo alla nostra coppia. Ci ho lavorato sopra per cinquant’anni. E’ opera mia... Opera nostra. (un tempo) Sì, anche se tu non ci credi, ringrazio sempre Dio di averci fatto incontrare, perché perdere la persona che si ama è terribile. Ma peggio sarebbe non averla mai incontrata.
(un tempo) Vado dal parrucchiere. (va verso l’entrata)
ROBERTO Non ti metti qualcosa? Fa freddo.
LISA E’ qui dietro. Ciao. (esce)
ROBERTO Ciao. (prende il libro “La moglie perfetta” e legge) “A Lisa, mia moglie, la mia vita, l’amore.” (abbandona il libro e prende il giornale)
scena 15
(Ancora Giovanni)
ROBERTO E’ morto Roberto Calati. Trovato ieri nella...
- Campanello
ROBERTO (andando all’entrata) E adesso chi è? (da fuori) Ah, sei tu!
GIOVANNI (entrando. Non si toglie il giubbotto. Si guarda in giro. Cerca Marina) No... è che il faretto... Ci ho ripensato. Forse l’Ho collegato male... Ho bisogno dei ferri. (esce a sinistra)
ROBERTO Non c’è.
GIOVANNI (rientra) Scusa?
ROBERTO Non c’è. Marina non c’è.
GIOVANNI (imbarazzato) Ma io non cercavo... Era il faretto...
ROBERTO Lascia stare il faretto. E poi ce n’è un altro qui che funziona quando vuole lui.
GIOVANNI Ah... sì... certo... Il giornale?
ROBERTO Lascia stare il giornale. Hai pensato che Marina fosse di nuovo qui.
GIOVANNI (non ha più difese, lo ammette) Sì.
ROBERTO Sei antiquato.
GIOVANNI Non sono antiquato.
ROBERTO E allora diciamo che non sei di larghe vedute. E quindi sei geloso.
GIOVANNI Molto. Io non ho un cervello, ma due. Due cervelli. Quello moderno e quello... arcaico.
Quello moderno rispetta la sua libertà, si inebria di tolleranza, e via con queste menate, mentre quello arcaico la vuole solo per sé.
Rifiuta di condividerla, sobbalza alla prima telefonata non identificata, si preoccupa al minimo cambiamento di profumo, sospetta di un sorriso che le affiora sulle labbra mentre sogna. E la notte progetta un omicidio alla sola idea che un altro uomo la baci.
C’è un serpente annidato nel fondo di me stesso, con gli occhi gialli, vigile, che non riposa mai.
ROBERTO Per fare che l’amore duri bisogna accettare l’incertezza, avventurarsi là, dove si procede solo con la fiducia.
GIOVANNI Se mai arrivassi ad avere fiducia... Mi riesce difficile “avere” fiducia.
(un tempo)
Sai, le donne dicono che amano una volta sola, ma non è vero.
E’ l’uomo che ama una volta sola, perché l’uomo è rozzo, diffidente, sospettoso, e più di una volta non riesce a credere nell’amore.
La mia unica volta è... Marina.
ROBERTO Già. (un tempo)
Ti ho detto che ho perso la memoria. Non è vero. Cioè, non è del tutto vero. Ricordo tutto. Tranne quel sabato pomeriggio in cui tu mi hai aggredito e tutto il mese prima.
Un mese, sì, perché ne ricordo la data.
Era una mattina di pioggia, mezzogiorno, e Lisa uscì di casa per andare a trovare una sua amica, in un paese a casa del diavolo.
«Prendo la macchina» mi disse, «Dovrei essere a casa prima delle cinque.»
Io mangiai qualcosa e mi misi sulla poltrona a sonnecchiare. Il resto è nebbia, fitta, fino al mio risveglio all’ospedale, esattamente un mese dopo.
GIOVANNI Vedi...
ROBERTO No, lasciami finire. Io ti ho detto che non ricordo di essere mai stato con Marina. A meno che proprio in quel mese... che non ricordo...
GIOVANNI Già, quel mese... Tu ieri mi hai detto. « Bisogna saper perdonare, Giovanni» e io... io... (che fatica!) vi perdono... e non ti dico con quanta fatica! (un tempo) Ma io so perdonare una sola volta, ricordatelo!
(un tempo. Guarda l’orologio)
Dovrei parlarti anche di Lisa, ma dieci minuti fa avevo un appuntamento di lavoro e... sono già in ritardo.
Magari torno domani e facciamo quattro chiacchiere.
ROBERTO Va bene.
GIOVANNI Ciao.
ROBERTO Ciao.
GIOVANNI Una sola volta, Roberto. (staccato) Una sola volta...
(lo guarda un istante ed esce)
- LUCE INGRESSO
scena 16
(Ricordo)
LISA Ciao, Roberto.
ROBERTO Ciao, Non sei andata dal parrucchiere?
LISA Sì, perché, non si vede?
ROBERTO Maaa...
LISA Non sto bene?
ROBERTO Sì, sì, certo. (un tempo) Bene.
Silenzio.
Lisa siede alla scrivania.
ROBERTO Riprovi?
LISA Cosa?
ROBERTO A telefonare, per la visita agli occhi.
LISA Ah, sì... (un tempo) Ah, ma è l’una e mezza. Non ci sarà nessuno. Ora mangiamo qualcosa e poi nel pomeriggio si telefona. Tanto ci saranno fino alle cinque.
ROBERTO Alle cinque... Sai che comincio a ricordare anche quel giorno di un mese e mezzo fa.
LISA Come?
ROBERTO Sì, piano piano...
LISA Ricordi?
ROBERTO Era mezzogiorno. Tu sei uscita di casa per andare a trovare una tua amica. «Prendo la macchina» mi hai detto «Dovrei essere a casa prima delle cinque»
LISA (sottovoce) No...
ROBERTO «Sto lì un po’. Facciamo due chiacchiere. E’ una vita che non la vedo.»
LISA (sottovoce) No, ti prego...
ROBERTO «Così tu intanto finisci la recensione e quando torno, facciamo in tempo ad andare alla mostra, altrimenti i biglietti scadono. Il sabato chiudono alle otto.»
(prende dalla scrivania i biglietti e un volantino)
LISA (sottovoce) Smettila, ti scongiuro...
ROBERTO Ah, eccoli. Sono ancora qui. (li guarda) Ma non li abbiamo usati? Non siamo più andati?
LISA (sottovoce) Ti prego, non ricordare...
ROBERTO Non siamo più andati?
LISA Non lo so, non ricordo.
ROBERTO Non ricordi? Non ricordi se sei stata ad una mostra un mese e mezzo fa?
LISA Non lo so...
ROBERTO Ho mangiato qualcosa e mi sono messo su quella poltrona. Ma dopo...? Cos’è successo?
LISA (si alza) Vado... Vado... a prepararti qualcosa da mangiare. Un panino. (esce a sinistra)
- LUCE INGRESSO fine
ROBERTO E’ suonato...
- Campanello
ROBERTO ...il campanello. Ho aperto. Ma chi era?
- Campanello
ROBERTO Vengo, vengo. (va ad aprire. Da fuori)
Sì. Firmo dove? Scusi, ma questa luce è saltata... Ok, qui...
Ecco fatto. Buongiorno. (rientra con un pacchetto di libri)
Lisa. Lisaaa! (uscendo a sinistra) Lisa. Lisa dove ti sei cacciata?
Lisa rientra.
- LUCE INGRESSO
ROBERTO Lisa! Dov’eri?
LISA (titubante) In cucina.
ROBERTO Non c’eri.
LISA Ah, sì... in soffitta.
ROBERTO E cosa ci facevi?
LISA Ma come sei curioso. (un tempo, LUNGO) Piangevo.
ROBERTO Piangevi? Ma... perché?
LISA Perché volevi un panino e non sono riuscita a preparartelo.
Piangevo perché tu ricordavi. Piangevo perché...
ROBERTO Ma non sei contenta che pian piano mi torni la memoria?
LISA No.
ROBERTO No?
Si guardano.
ROBERTO Non capisco. Perché no?
LISA Perché no.
ROBERTO C’è qualcosa che non devo ricordare?
LISA Non lo so.
ROBERTO Come non lo sai?
LISA Oh, insomma!
ROBERTO (la guarda, un tempo) Il campanello. Ho aperto. Ma chi era?
LISA Io non c’ero. Non posso aiutarti. Ero dalla mia amica.
ROBERTO Lisa... (le si avvicina)
LISA (si lascia avvicinare, ma un attimo prima che possa toccarla, fugge)
Faccio un salto in soffitta. Ci sono un paio di cosette che non ricordavo di avere. (esce a sinistra)
- LUCE INGRESSO fine
ROBERTO (urla) Fai presto! Che poi andiamo a fare un giro.
LISA (da fuori) Va bene!
Roberto guarda il faretto.
ROBERTO Quando ci sei è come se dentro di me si accendesse una luce...
scena 17
(Marina)
- Campanello
ROBERTO Vengo (scompare all’entrata)
MARINA (da fuori) Ciao. (entra e si toglie il piumino)
ROBERTO Ciao. C’è di là...
MARINA (spaventata) Giovanni?
ROBERTO No, non Giovanni...
MARINA (subito) Ho detto a Giovanni che vengo a stare da te.
ROBERTO Cosa? Ma sei impazzita? C’è di là...
MARINA Tu ora hai bisogno di me e una donna ha bisogno di un uomo, che abbia bisogno di lei.
ROBERTO Cos’è, un gioco di parole?
MARINA Sembra, ma non lo è.
ROBERTO Ma io amo Lisa, l’ho sempre amata.
MARINA Va bene, l’hai sempre amata. Ma che palle con ‘sto amore! Alla tua età, poi.
ROBERTO Alla mia età. (prende un suo libro) In “La donna in bianco” ho scritto questa piccola storia. (legge)
“In un autobus affollato un vecchio stringe sul petto la foto di una donna, quella che per cinquant’anni gli è stata compagna di vita, poi bacia la foto e le sussurra dolci parole.
Qualche passeggero inizia a indicarlo, battendosi l’indice sulla tempia, altri sorridono, qualcuno ride a più non posso.
Improvvisamente scoppia un uragano con un vento furioso e una pioggia assurda.
L’autobus viene trascinato in un fiume e scompare tra i flutti.
Dall’alto, Giove, sospira compiaciuto e, lucidando i suoi fulmini, commenta: «Nessuno si deve permettere di offendere... un miracolo d’amore!»”
MARINA Ma ora, Roberto, non ha più senso. Lo so che è terribile, ma così è la vita. (un tempo) Verrò a stare con te.
ROBERTO Ma tu sei pazza! E Giovanni?
MARINA Si impicchi!
ROBERTO Ma prima viene qui e mi ammazza. Già per poco non lo fa quel sabato pomeriggio.
MARINA Quale sabato?
ROBERTO Quindici giorni fa. Il colpo in testa. E’ stato lui a darmelo, con il soprammobile.
MARINA Impossibile!
ROBERTO Perché?
MARINA Perché sono stata io.
ROBERTO E vai!
MARINA Quel sabato eravamo in giro a far spese. Giovanni incontrò un suo amico e andarono a bere qualcosa. Io allora piantai le amiche e venni qui da te.
Non capivo perché d’un tratto tu avessi fatto marcia indietro. Dicevi che era stato uno sbaglio, che nel tuo cuore avevi sempre Lisa.
Ora però eri libero, ma non volevi più stare con me.
ROBERTO Libero? Come libero?
MARINA Mi infuriai. Non ti capivo, perché noi donne non siamo come voi uomini. Voi sembrate tutto fuoco e fiamme, ma è solo una questione superficiale. Noi invece ci buttiamo a capofitto e non ne usciamo più. Ti avrei strozzato! Mi venne in mano quel soprammobile e...
ROBERTO Perché Giovanni ha detto di essere stato lui a colpirmi?
MARINA Giovanni ha detto... Non lo so. Forse per spaventarti, forse per farti capire che era pronto a tutto, e allontanarti da me.
ROBERTO Non so più a chi credere. Giovanni dice di avermi colpito, tu ti auto accusi, Lisa afferma la stessa cosa. Chi dei tre è stato?
MARINA Dei due.
ROBERTO Cosa vuol dire “dei due”?
MARINA Dei due, perché Lisa non può assolutamente averlo fatto.
ROBERTO Perché no?
MARINA Perché tua moglie è morta un mese e mezzo fa, in un incidente stradale.
ROBERTO Morta...
Il campanello. Ho aperto. Due agenti di polizia. «Signor Casati, purtroppo sua moglie è rimasta coinvolta in un incidente stradale. E...» (a Marina) Ma Lisa è di là.
MARINA No dire fesserie!
ROBERTO (uscendo a sinistra) E’ di là ti dico. Lisa... Lisa... Lisa...
(rientrando distrutto) Lisa... (andrà a sedersi alla scrivania)
MARINA (accende la lampada della scrivania)
Roberto... (lo accarezza) Dai, ti faccio un caffè. (esce a sinistra)
ROBERTO Lei non esiste più, non esiste più nulla di quello che era stata.
Esistono solo delle cose materiali che le erano appartenute, ma che non sono lei.
Anche il suo corpo esiste ancora, da qualche parte, ma non è più lei.
Lisa non esiste più, assolutamente mai più.
Lisa entra dalle quinte e siede sulla poltrona.
- LUCE PALCO fine
- LUCE FARETTO
scena 18
(Per sempre insieme)
ROBERTO Perché siamo nati se non doveva essere per sempre?
LISA Siamo stati e il nostro nome è scritto per l’eternità nei registri universali. (un tempo)
Tu hai cancellato nella tua mente e nel tuo cuore la mia morte.
E io ero viva finché per te, ero viva.
Lisa e Roberto si parlano come allora.
ROBERTO Senti, dovrei farti una domanda.
LISA Sentiamo.
ROBERTO Ma... ma tu fili col “biondino”?
LISA No...
ROBERTO E allora fili con me!
Lisa non risponde.
ROBERTO Quindi?
LISA Quindi devo risponderti.
ROBERTO Sarebbe una buona cosa, così magari questa notte dormo e non mi arrovello in dubbi angosciosi. Vuoi essere la mia ragazza?
Ti avviso che se mi dici di no, dalla vergogna, sprofondo... qui, in questo tombino!
LISA (divertita) Ma sì, dai, si può provare.
(mette una mano avanti) Magari per un po’.
Entra Giovanni, ha in mano una pistola e spara.
- COLPO DI PISTOLA
Giovanni, capisce ciò che ha fatto, getta la pistola in terra e fugge.
Roberto è colpito a morte e cade sul pavimento.
Lisa si alza.
- LUCE FARETTO fine
- LUCE CONCENTRATA SUI DUE
LISA (si inginocchia, gli prende il capo e lo pone sulle sue ginocchia)
Ora, per sempre. Per sempre insieme.
- LUCE SUI DUE fine
F I N E