Stampa questo copione

SOUPER

Commedia in un atto

di Ferenc Molnar

Traduzione di Ada Salvatore

PERSONAGGI

Il padrone di casa

La padrona di casa

Il consigliere

La signora del consigliere

Il vecchio dottore

La signora del dottore

La baronessa

Un giovinotto

Il detective

Cameriere

Ospiti (altre due o tre coppie)

Commedia formattata da

La sala da pranzo di una casa molto ricca. Grande tavola apparecchiata sfarzosamente, op­pure tre tavole piccole. Sera. La cena volge verso la finte. In fondo, in centro, una grande porta a coulisse, aperta, dalla quale si vede uno studio e un salone; in tutte e due i lampadari sono accesi.

(Al levar del sipario, il Giovinotto sta pro­nunziando un brindisi al quale non viene pre­stata troppa attenzione).

Il Giovinotto                        - ... può darsi che colui che è nato fra la porpora abbia alto rango, abbia quella che si chiama un'importante posizione sociale, magari anche della rispettabilità, ma non avrà ingegno, egregi signori e signore!

Alcuni                                  - Giusto! Giustissimo!

Il giovinotto                         - Chi appartiene per nascita a un ceto elevato, può fare assegnamento su certi riguardi che la società avrà forzosamente per lui. Ma la società stessa stima realmente soltanto coloro che, nati da famiglia modesta, in ambiente meschino, si sono elevati col loro ingegno, la loro onestà, il loro lavoro!

Voci                                     - Giustissimo!

Il Giovinotto                        - E appunto per questo, so­prattutto per questo, perchè dobbiamo considerare come siano rari uomini simili nel nostro ambiente, e precisamente nel mondo della fi­nanza, proprio in questa nostra epoca di cor­ruzione, di tentazioni che ci vengono da ogni parte del mondo, appunto per questo coloro che si sono..- che si sono... elevati... sì, elevati con l'aiuto delle loro sole forze   - se mi è concesso usare questa espressione   - sì, costoro hanno di-ritto all'alloro della considerazione, sicuro, al­l'alloro della stima generale! Appunto perciò, signori e signore, credo che tutti vi unirete a me nell'esclamare: Evviva il nostro anfitrione, or­goglio del nostro mondo finanziario, guida il­luminata della sua banca; evviva il nostro illu­stre Direttore Generale!

(Approvazioni, applausi. I bicchieri si tocca­no nel vocìo confuso degli astanti).

Il Padrone di casa                - Vi ringrazio molto.

(Lieti commenti).

La Sig.ra del Dottore           - Il pupo ha par­lato molto bene.

Il Consigliere                        - Ora vogliamo sentire il nostro dottorino.

La Sig.ra del Dottore           - Il pupo ha par­lato benissimo. M'è piaciuto l'alloro. Molto buona la frase dell'alloro!

Il Padrone                            - Vogliamo sentire il dottorino!

La Sig.ra del Dottore           - Ha parlato ma­gnificamente, il pupo, bravo!

Voci                                     - (confusamente) - Evviva il padrone di casa! Vogliamo sentire il dottorino!

Il Dottore                             - lo sono contrario ai discorsi a tavola!

Il Consigliere                        - Davvero! Non ci manche­rebbe altro! Oggi parlerete, caro dottore! Vo­gliamo sentire lo zio dottore!

Il Padrone                            - Dottorino! Non ti far pregare! Andiamo, via! Un discorsino spiritoso e brillante come quello dell'anno scorso al banchetto dell'Unione Commerciale! C'erano dentro alme­no cinquanta barzellette!

Voci                                     - Dottore! Dottore!

Il Padrone                            - Dottorino, per farmi cosa grata!

Il Dottore                             - Va bene, ragazzi; ma più tardi!

Il Consigliere                        - Meno male che scende a patti! E' già qualche cosa!

Il Padrone                            - (alla Baronessa che è seduta ac­canto a lui) - Al banchetto dell'Unione fece un brindisi così straordinario che non ne po­tevamo più dalle risate. Vi assicuro: almeno cinquanta spiritosaggini!

La Baronessa                        - E allora perchè non parla adesso? Fatelo parlare!

La Padrona                           - Dottorino, in nome delle si­gnore presenti, chiedo semplicemente che par­liate. Vogliamo sentire qualche cosa di gra­zioso: basta con gli affari e con la politica!

Il Dottore                             - Allora, se le signore lo esigo­no-.. (Si alza) Ma sarò brevissimo!

(Proteste rumorose).

Voci                                     - Ascoltate! Ascoltate! Sss! Sss!

Il Padrone                            - Non importa se farò io le spese dei suoi motti di spirito. Allo zio dottore tutto è permesso!

Il Dottore                             - Silenzio, vi prego! (Batte sul proprio bicchiere con una posata. Si fa il silen­zio) Egregi presenti e assenti! (Ilarità rumo­rosa).

Il Giovinotto                        - Straordinario! (Risata ex­tra da solo).

Tutti                                     - Zitto! Sss! Sentiamo, sentiamo! (Silenzio religioso).

Il Dottore                             - Egregi presenti e assenti! Che cosa dice il proverbio? «Quello che osa vin­ce». Io dico che bisogna capovolgere il pro­verbio. Bisogna dire: fe Quello ohe vince o, guadagna », che sovente è lo stesso, « osa ». Dico che chi ce guadagna » molti quattrini coi suoi affari e le sue intraprese, ce osa » offrire una cena cosi favolosa.

(Approvazioni, applausi).

Il Giovinotto                        - Straordinario! (Risata ex­tra, da solo, dopo gli altri)

Tutti                                     - Zitto! Ssss! Sentiamo, sentiamo!

(Silenzio assoluto).

Il Dottore                             - Anche quello è un proverbio come tutti gli altri. Cioè, così com'è, è una sciocchezza. Capovolgendolo, diventa sensato. E ve lo provo. Infatti è chiaro che ehi ce osa » offrire una cena simile non ci ce guadagna » nulla.

(Approvazioni rumorose).

Il Giovinotto                        - Questo me lo devo scrive­re. Ah, questo me lo segno. (Scrive in un tac­cuino).

Il Dottore                             - Oppure dal punto di vista de­gli invitati: chi « osa » mangiare abbondantemente a una cena così grandiosa, ci guadagna brucior di stomaco.

(Uragano di approvazioni. Silenzio),

Il Dottore                             - (trae di tasca una scatoletta e la solleva) - Al contrario: chi, prevedendo que­sto, « osa » portar seco del bicarbonato, « gua­dagna »... la stima altrui (Prende il bicarbonato).

(Uragano di applausi).

Il Dottore                             - (alzando il bicchiere) - E chiudo con queste parole: chi si è « guadagnato » le simpatie della compagnia, « osa » senz'altro esclamare a gran voce: Evviva il nostro carissimo ospite, il potente re della banca! Evviva! Evviva!

(Applausi, chiasso, tintinnar di bicchieri che cozzano; il Giovinotto scrive sul taccuino. Parecchi abbracciano e baciano il dottore).

Il Padrone                            - E' stato veramente delizioso: peccato che sia stato così breve.

Il Consigliere                        - (al suo vicino) - Credo di i rimaner solo nella mia opinione che il nostro dottorino sia un idiota.

Il Dottore                             - (si è seduto, acquetando quelli che lo circondano) - Ma adesso credo che basti con le barzellette. Sentiamo il Consigliere!

Il Consigliere                        - Pardon.! Il padrone di casa!

Tutti                                     - Il padrone di casa!

Il Padrone                            - Dopo; parlerò dopo, ora tocca j al Consigliere!

Il Consigliere                        - (discreto, moderato, con qualche guizzo febbrile)- In verità, esito alquanto a prendere la parola dinanzi a questa illustre compagnia, soprattutto dopo il fuoco di fila di motti arguti coi quali il nostro caro dottore ci ha abbagliati. E' un compito difficile il mio, già che non sono in grado di competere con la sua inimitabile dovizia di brio- Sarò quindi as­sai breve e positivo. Non voglio fare altro che i riparare a una negligenza, ciò che faccio con tanto piacere, in quanto ciò mi procura l'ono­re di portare il mio brindisi all'amabile e gentilissima padrone di casa.

(Applausi fragorosi).

Il Dottore                             - Mi associo!

(Tutti si alzano coi bicchieri in mano per fe­steggiare la signora).

Il Giovinotto                        - (con entusiasmo)  - Evviva i milionari!

Il Padrone                            - Ringrazio anche a nome degli assenti!

Il Dottore                             - Ma adesso vogliamo sentile il nostro ospite!

(Chiasso. Voci: « Parli il padrone di casa. Parli l'anfitrione ». Il padrone di casa si alza in mezzo allo strepito generale. Sorride felice),

Voci                                     - Silenzio! Sentiamo. Sentiamo!

Il Padrone                            - Miei cari amici, voi sapete che io non sono un oratore e che leggo sempre i miei discorsi. Anche perchè, essendo direttore di banca, sono in parte un uomo previdente e in parte, purtroppo, un burocrate II dover comparire così indifeso mi rende nervoso... Hi pubblico mi imbarazza. Perciò mi preparo sempre prima. E oggi mi sono preparato a questa... improvvisazione con piacere e con cura partico­larmente affettuosa... (mormorio rispettoso. Voratore trae di tasca dei fogli di carta) per­chè parlo dinanzi ai miei amici più intimi e più cari. Se questo piccolo poema in prosa sarà forse troppo semplice, varrà di scusa l'avervi io messo dentro il mio cuore! (Grida generali, ev­viva, applausi. Uoratore inforca gli occhiali. Comincia a leggere piano, sorridendo, godendo il silenzio pieno di rispetto degli ascoltatori) Mie gentili signore e signori! (Silenzio profondo. At-tenzlonc) Mi sia concesso di ritornare sui molti elogi immeritati la cui eco permane in questa ristretta cerchia di amici e di 'familiari. Permet­tete che io - in questa che è l'unica sede adat­ta - cominci con una piccola reminiscenza per­sonale. (Ossequioso e generale « Sentiamo, sen­tiamo »). Mie gentili signore e signori! Oggi, l'ultimo giorno di marzo, compiono quaranta       - dico quaranta - anni che un povero bimbo pallido e affamato giungeva da una meschina cittaduzza di provincia in questa brillante me­tropoli. Il povero ragazzo aveva compiuto ,a pie­di la maggior parte della strada, perchè i pochi soldi che aveva non erano neppur sufficienti per il biglietto ferroviario- Il povero bimbo pallido e affamato, signore e signori, ero io. (Mormo­rio commosso) E' per festeggiare questo giubi­leo, per festeggiare questa quarantenne carriera - se non è sfacciataggine chiamarla così - che ho voluto oggi riunirvi attorno alla mia ta­vola modesta, perchè questa giornata di gioia e di serenità trascorra per me in mezzo a per­sone care. (Il cameriere è apparso da qualche secondo nell'ultima stanza visibile in fondo, e si è avanzato verso il davanti. Ora mormora ri­spettosamente qualche cosa nell'orecchio della padrona di casa. Nella stanza in fondo si vede un signore con la barba che ha sul braccio il soprabito 'e tiene in mano il cappello e il ba-stonis. La signora si alza subito e va col came­riere nel salone in fondo. Di là esce a sinistra col detective, che è il signore ora apparso).

Il Padrone                            - (osserva appena quest'uscita e continua a leggere) - Ripeto: il povero ragazzo ero io. E arrivavo in questa meravigliosa città dai giganteschi e ricchissimi palazzi, avendo in tasca appena tanto da comprare qualche pani­no. (Mormorio di adulazione) Sì, sì: questa era tutta la mia ricchezza; sono andato a lavo­rare, signori e signore, possedendo in tutto e per tutto l'equivalente di pochi panini! (In que­sto momento riappaiono nel salone in fondo la signora, il detective e il cameriere. Si avanzano; il detective rimane sulla soglia- La signora si ferma dietro alla propria sedia e con un sorri­so sforzato, nascondendo la sua agitazione, a-spetta che suo marito abbisi terminato la frase).

Il Padrone                            - (continua a leggere)... - E sul­l'equivalente di pochi panini ho posto le basi di una fortuna che non solo è diventata una delle più fiorenti del nostro paese ma mi ha dato una posizione sia nel mondo finanziario, sia  - oso affermare - in, quello politico e so­ciale; una posizione che... (Osserva sua moglie. Nervoso) Che succede, bambina?

Il Cameriere                         - (che si è recato dietro al pa­drone, gli mormora qualche cosa nell'orecchio).

(Breve pausa).

Il Padrone                            - (nervoso, ma costringendosi a un'apparenza tranquilla)  - Come? Non capisco. (Dà un'occhiata al detective sulla soglia) Prego, si avvicini pure. Non ho nulla in con­trario. Cosa c'è? (Posa gli occhiali e i fogli di carta).

(Il detective entra, si sofferma ancora, fa un inchino a tutti).

Il Padrone                            - Eccomi, se cerca di me.

Il Detective                          - (molto cortese, addirittura os­sequioso)         - Mille scuse; ma non volevo distur. bare il signor Direttore Generale in mezzo ai suoi amici. Il signor Direttore vorrà essere così gentile da favorire un minuto con me in un'altra stanza.

Il Padrone                            - Oh, prego, non ho nessun mo­tivo di nascondere qualche cosa ai miei amici. In che cosa posso servirvi?

Il Detective                          - (presentandosi) - Permetta: Borsky, commissario di polizia. Devo pregarla, signor Direttore, di venire con. me. Ho giù la vettura. E' un pezzo che sono qui, e ho atteso che il signor Direttore avesse cenato. Ma ora non posso attendere più.

Il Padrone                            - Ma deve esserci certamente un errore.

Il Detective                          - Per parte mia no di certo. Aspetterò (fuori che il signor Direttore si sia vestito. (Fa un piccolo passo indietro).

(Siienzio. Pausa. Tutti sono sbalorditi).

Il Padrone                            - Ma è impossibile.

La Padrona                           - (mortalmente impaurita, ma do­minandosi, con un sorriso forzato) - Ti prego, prendi il cappello e il soprabito e va' col com­missario. La polizia ha certo bisogno di qualche informazione urgente e delicata.

Il Padrone                            - Avrei avuto un invito scritto. (Al Detective) Scusate!

Il Detective                          - (si avvicina gentilmente).

Il Padrone                            - Chi cercate precisamente?

Il Detective                          - (sorridendo) - Il signor Diret­tore Generale non vorrà immaginare che in si­mili casi ci si sbagli. Inoltre ho l'onore di cono­scere di vista il signor Direttore da parecchi anni. L'errore è escluso.

Il Padrone                            - Scusatemi, ma trovo questo modo dì procedere veramente strano. Ho qui... adesso... ho degli ospiti.-.

Il Detective                          - Chiedo mille scuse, ma non sono autorizzato a discutere la cosa col signor Direttore. Eseguisco un ordine.

Il Padrone                            - Volete arrestarmi?

Il Detective                          - Questo signor Direttore, è cosa che riguarda l'ufficio di polizia. Iq ho sol­tanto ricevuto l'ordine di condurla là e senza indugio. Ci sono giù due dei miei uomini ì quali procederanno subito alla perquisizione domici­liare. (Trae una catta) Se il signor Direttore vuol vedere l'ordine scritto...

Il Giovinotto                        - (si alza, fa qualche passo).

Il Padrone                            - Per cjuel che concerne la per­quisizione, il regolamento del Tribunale pre­scrive, a quanto so, che-..

La Padrona                           - (alzando la voce, calma) - Ti prego, vestiti e va' col Commissario. Ti aspet­teremo tutti qui.

Il Padrone                            - (vorrebbe rimaner calmo, ma perde gradatamente il controllo) - Va bene, cara. E' naturale. Vado. Ma nessuno può... ma nessuno troverà strano che io non capisca nul­la. E che... che io sia così sorpreso.-. Non sa­rebbe da stupirsi se io... Insomma, io ho sem­pre camminato sul retto sentiero, ho seguito in tutto i dettami della mia austera probità, sono stato onesto per tutta la mia vita e lo sono e lo rimango tuttora!

Una voce                              - Bravo! (Applauso solitario).

Voci                                     - Sss! Sss!

Il Detective                          - (quando si è ristabilita la cal­ma) - Devo ripetere che non sono autorizzato a entrare in discussione col signor Direttore Ge­nerale ne su questo né su altro argomento. Io adempio solamente il mio dovere.

Il Consigliere                        - (al padrone di casa) - Pote­te esser certo che noi tutti attribuiamo a que­sta faccenda..- (pausa) il suo giusto valore!

La Padrona                           - Per l'amor dì Dio, ti racco­mando solo di non lasciarti dominare dai nervi. Non lasciarti dominare. Non lasciarti dominare dai nervi! Bisogna conservare il sangue freddo.

(Pausa. Silenzio).

Il Detective                          - Signor Direttore, devo ora pregarvi di venire con me.

Il Padrone                            - (spinge la sua sedia sotto la ta­vola) - Vi prego di riconoscere che non ho esitato un istante a obbedire. Ma... dovete ren­dervi conto.-, la vostra inattesa apparizione... proprio qui fra i miei ospiti... Insommv, se tossi stato solo, mi sarei impressionato n Jto meno per questa sciocca avventura, per questo indiscutibile errore. Ma così... anche l'uomo più j puro ha un piccolo momento di sorpresa. Ho ti diritto di essere un po' nervoso.

Il Detective                          - Ma vi prego... se non vi sen. lite-., qualche minuto di più o di meno non ha importanza... Attenderò un poco. (Via nel-l'altra stanza).

(Breve pausa).

Il Padrone                            - (ora è abbattuto. Si asciuga la fronte. Parla con voce interrotta completamen­te mutata) - Non so... forse potrei pensare..- j chi sa... in quell'affare dei boschi... (Guardan­do il Dottore) Voi, dottore, sapete benissimo j che io ho agito dietro diretta istigazione del Ministero.

Il Dottore                             - (freddo) - Scusate, vi prego di non richiamarvi a me in nessun modo.

La Padrona                           - (con energia) - E' inutile che j tu parli adesso di certi particolari-., o che pensi ad alta. voce.

Il Padrone                            - Ti prego, lasciami in pace. Ho bisogno di raccogliere le mie idee.

La Padrona                           - Mi sorprende molto che tu perda così la tua calma. Fammi il piacere, ve-stiti e va'.

Il Padrone                            - Ancora l'anno scorso, in feb­braio, prima che si parlasse dell'acquisto delle foreste, al ricevimento della signora del Consi­gliere...

La Sig.ra del Consigliere      - Non so che cosa sia successo al mio ricevimento, ma vi pre­go di non immischiarmi. Non sono affatto re­sponsabile di quello che hanno detto i miei ospi-li in una serata a cui prendono parte duecento persone.

Il Padrone                            - Scusate: mi avete presentato a Sua Eccellenza ed eravate presente a quella parte della conversazione nella quale fu, per così dire, avviato l'affare dei boschi. Ci fu an­zi una frase-..

La Sig.ra del Consigliere      - Non ero pre­sente e non udii nulla. E di chiacchiere scioc­che non mi ricordo mai. Ve l'ho già detto una volta.

Il Padrone                            - Perdonate: non parlavo dell'anello col solitario; questo l'ho negato anch'io energicamente.

Il Consigliere                        - A mia richiesta!

Il Padrone                            - Non si tratta affatto di questo! Ma allora Sua Eccellenza condusse il discorso sul suo credito in banca e la vostra signora os­servò...

La Sig.ra del Consigliere      - Non osservai nulla. E non so assolutamente di cosa vogliate parlare.

Il Consigliere                        - Ancora Sua Eccellenza e mia moglie! Ancora questa maligna associa­zione! Ancora questo malvagio pettegolezzo: che mia moglie sia intermediaria negli affari di Sua Eccellenza! Con quanta gente dovrò an­cora battermi per questa diffamazione?

Il Padrone                            - Non vi comprendo. Non si parlava affatto di questo. Volevo solo ricordare che già allora si mormorava di una correlazione tra l'affare delle foreste e il credito di Sua Eccellenza in banca- E nessuno meglio del­la vostra signora sa...

Il Consigliere                        - Mia moglie non ha nulla da sapere! (Aggressivo) Siete voi che dovete sapere! Farete bene a non immischiarci in que­sta faccenda! Non dovrei aver bisogno di rac-comandarvelo! Vi consiglio vivamente di la­sciarci fuori da questa storia!

Il Padrone                            - Che tono è questo?

Il Consigliere                        - Mi capite benissimo!

La Padrona                           - Vi prego,, non vi alterate. Tutta questa discussione non ha senso comune.

Il Consigliere                        - Al contrario. Questi si­gnori dovranno probabilmente ripetere dinanzi al tribunale ciò che qui...

Il Dottore                             - (gridando) - Ha ragione!

Il Padrone                            - E se dovranno dire al tribu­nale quello che è...

La Padrona                           - (con molta energia) - Adesso basta! Ti prego! Non c'è buon senso!

Il Consigliere                        - Mi sale il sangue alla testa ogni volta che sento parlare di questo affare delle foreste. Si è cominciato allora a spargere la voce che mia moglie fosse l'amante di Sua Eccellenza-

Voci                                     - Oh! Oh! Oh!

La Sig.ra del Consigliere      - Sì, sì, lo han­no detto.

Voci                                     - Inaudito! Orribile!

La Sig.ra del Consigliere      - (agitata) - Non mi turba affatto parlarne francamente. E' mol­to meglio. Ma non si è detto soltanto questo. (Alla padrona di casa) Si è anche detto che sono l'amante di tuo marito! Lo hanno scritto anche in una lettera anonima!

La Padrona                           - Ma ti prego. Non mette conto di...

Il Consigliere                        - Ancora adesso ricevo let­tere anonime. Ma lo acchiapperemo presto il mascalzoncello che le scrive. (Guarda il giovinotto).

Il Giovinotto                        - Guardate proprio me? Ba­date bene! So che mi sospettate. L'ho già sen­tito dire. So anche che la baronessa dice di rico­noscere la mia scrittura!

La Baronessa                        - Cosa c'entro io! So molto io della vostra scrittura!

Il Giovinotto                        - Si sospetta di me anche quando scrissero a vostro marito che voi pro­curavate dei loschi affari al direttore generale!

La Baronessa                        - Non ho mai visto nessuna lettera di questo genere. Vi proibisco di immischiarmi in questo sudiciume! Di quali lo­schi affari intendete parlare?

Il Padrone                            - Vi prego, vi prego, smettia­mola. Deploro veramente di avere con le mie riflessioni su quel ricevimento provocato...

La Sig.ra del Consigliere      - Riflessioni malevoli che possono comprometteie altre per­sone...

Il Consigliere                        - (severo) - Bambina mia, abbi la bontà di non discutere oltre. Basta. Non una parola di più.

La Padrona                           - (al marito) - Tu smarrisci la calma. Perdi il controllo dei tuoi nervi.

Il Padrone                            - L'ho detto soltanto perchè quella sera lo zio dottore, come Consigliere di Amministrazione.

Il Dottore                             - (irritato) - Vi ho già pregato una volta di non richiamarvi a me in nessun modo. Ringraziate Dio, piuttosto, se io non parlo!

La Padrona                           - (al marito) - Bisogna che per salvaguardare la tua posizione, tu badi a ciò che dici. (Accentuando) Soprattutto qui non devi dir nulla.

La Sig.ra del Consigliere      - Ve lo racco­mando anch'io! Vivamente!

Il Padrone                            - (amaramente) - Me lo racco­mandate? Al vostro ricevimento non parlavate con tanta risolutezza!

La Sig.ra del Consigliere      - Risparmia­temi! (Si volge da lui).

Il Padrone                            - (nervosissimo) - Non capisco che voi, proprio voi, adesso parliate così.

Il Consigliere (gridando) - Cosa vuol dire questo « proprio voi »? Che cos'è questo tono pungente? Che cosa volete dire con ciò?

(Silenzio profondo).

Il Padrone                            - (sorridendo con amarezza) - Scusate. Non ho detto nulla.

Il Consigliere                        - Che cosa intendevate con quel « proprio voi »? (A sua moglie) Che vuol dire con quel ce proprio tu »?

La Sig.ra del Consigliere      - (confusa) - Non lo so. Non c'è da sorprendersi che, spaventato com'è, dica delle sciocchezze.

(Nel frattempo, parecchi si sono alzati. Due o tre sono presso la porta in fondo. Altri dietro alle loro sedie- Altri sono rimasti seduti).

La Sig.ra del Dottore           - (alla signora del Consigliere) Non c'è nessun motivo di agi­tarti, Elsa; lasciali stare. E' affar loro.

Il Consigliere                        - Scusatemi, ma bisogna che io dichiarì categoricamente dinanzi a testimoni, che io, come alto funzionario che volta per vol­ta, ha avuto una parte consultiva negli affari forestali, non sono però in alcun modo respon­sabile delle conversazioni tenute dagli invitati ai tè di mia moglie, siano pure questi invitati eccellenze, o direttori di banca. Scusatemi, ma questo riguarda lanche il dottore. Non tutti guadagnano, quelli che osano!

Il Dottore                             - Cosa, cosa? Perdonate, ma devo pregare anche voi di non immischiare il mio nome in questa faccenda. Qui c'è mia mo­glie. (La indica) Essa è testimone che io non mi sono interessato di nulla; è testimone che...

La Sig.ra del Dottore           - Io non sono testi­mone di nulla...

Il Dottore                             - Me lo immaginavo. Sei un an­gelo, tu!

Il Consigliere                        - A me interessa solo que­sto: che se qui si fa il mio nome...

Il Padrone                            - Affermo che non ho fatto nes­suna allusione a voi, né ho pronunciato il vo­stro nome.

Il Consigliere                        - Prendo nota di questa leale dichiarazione. Me l'aspettavo da voi (Siede).

La Padrona                           - (si accorge che il giovinotto vuo­le squagliarsi) - Ohe, ohe! Dove andate?

Il Giovinotto                        - Pardon, ma vi avevo già av­vertita prima che dovevo andar via... (mostra l'orologio) alle dodici in punto. (Sorride).

La Padrona                           - Avete detto alle dodici e tre quarti. '

Il Giovinotto                        - Pardon, non è cosa tanto importante; ma mi son ricordato adesso...

La Padrona                           - (a voce più alta) - Avete detto alle dodici e tre quarti!

Il Detective                          - (al Giovinotto) - Devo pre­gare il signore di rimanere, perchè durante la perquisizione nessuno può lasciare la casa. Fra un'oretta, circa, potrà andare.

Il Giovinotto                        - (docile) - Prego, prego (Tor­na sul davanti) Straordinario. Veramente straordinario. (Breve pausa).

Il Dottore                             - Nessuno può impedirmi di fare quello che voglio, se mi piace di andar­mene. (Aspro) lo non ho nulla a che fare con la polizia, grazie a Dio!

Il Consigliere                        - Dov'è scritto che non si può andar vìa di qua se si vuole?

Il Detective                          - Lor signori non vogliano costringermi a fare uso dei mezzi che ho a disposizione.

Il Consigliere                        - Con me non avete proprio nulla da fare.

Il Detec] rìVE                      - Egregio signore, non mi co­stringa a mostrarmi energico.

Il Consigliere                        - Non minacciate. Non sa­pete con chi parlate!

Il Detective                          - Posso chiederle il suo rive­rito nome?

Il Consigliere                        - Questo non v'interessa! Non ci mancherebbe altro! Che venisse fatto il mio nome!

La Padrona                           - Dio mio... (Vacilla).

Il Padrone                            - Cara... ti senti male? Acqua, portate dell'acqua!

Il Giovinotto                        -  (corre verso la porta).

Il Detective                          - (lo ferma) - No, no. C'è il servitore per questo! (Chiama il servitore che è nell'altra stanza) - Presto, un bicchiere di acqua.

La Padrona                           - (riprendendosi) - Inutile. Non mi occorre nulla-

La Sig.ra del Consigliere      - (a suo marito) - Andiamo, adesso?

Il Detective                          - (alquanto più duro) - Devo pregare tutti di rimanere. Nessuno può lasciare la casa in questo momento. Signor direttore, non posso attendere più a lungo. (Al servitore) Portate il cappello ed il soprabito al signor Di. rettore Generale. (Il servitore va, per tornare con gli indumenti richiesti). Nel mio interesse debbo formalmente dichiarare ancora una vol­ta che io sono venuto qui esclusivamente per compiere il mio dovere, col dovuto rispetto verso il signor Direttore, e che non vi è stata alcuna iniziativa da parte mia. Al contrario.

Il Consigliere                        - Questa è una dichiara­zione molto leale. Da ciò si rileva la vostra cor. rettezza professionale.

Il Servitore                           - (entra con gli indumenti richie­sti).

Il Detective                          - Aiutate il vostro padrone a indossare la pelliccia.

Servitore                               - (eseguisce).

Il  Detective                         - Porgetegli il cappello. ( Do­po che il servitore ha 'eseguita, breve pausa).

Il Padrone                            - (con un sorriso stanco) - Pos­tumo andare.

Il Detective                          - Alt! (Getta il soprabito. Con lenti gesti si toglie la barba e i baffi po­sticci. Poi si leva rapidamente la parrucca. Ap­pare un volto gioviale, sciocco, ma non antipa­tico. Scoppia in unti risata e grida lietamente) Eccomi qui! Sono io! Non mi riconoscete? Sono io! Richetto Hausmann! (Al padrone, con un ululato di trionfo) Aprile, aprile! (Agli invi­tati) E' stato uno scherzo! Un pesce d'aprile! (Mostra l'orologio) Da mezzanotte è il primo aprile!

Il Giovinotto                        - (con rapidità fulminea torna a Sedere al suo posto).

Il Padrone                            - Richetto! Lo zio Richetto!

Voci                                     - Richetto! Richetto Hausmann! Lo zio Richetto!

Il Giovinotto                        - Straordinario! (Pausa).

Il Dottore                             - (siede nuòvamente al suo posto) - Beh, Richetto, devo dirti che sei anche più spiritoso di me. (Sollievo. Solo la Padrona ri­mane seria sino alla fine; il padrone si toglie la pelliccia e la dà insieme al cappello al servi­tore}

Il Detective                          - (nel frattempo continua a ridere del, suo scherzo, ma, ormaci la sua risata è soli~ torio) - E ora do la buona sera a tutti in gene­rale. Un saluto particolare alla sola padrona di casa. (Le bacia la mano) E vi prego anche dì farmi portare subito qualche cosa da mangiare, altrimenti morirò di fame.

La Padrona                           - (al servitore) - Servite per il signore.

Il Dottore                             - Io non gli darei nulla.

Il,Detective                          - Scusate, ne ho il diritto; sono stato invitato anch'io.

La Padrona                           - (sorridendo) - E ieri vi siete scusato telegraficamente.

Il Detective                          - Pardon; era la preparazione del mio scherzo. E d'altronde non ho del tutto declinato l'invito, ma prudentemente ho tele­grafalo così: «Cercherò possibilmente interve­nire scusandomi eventuale assenza ». Visto poi che è stato possibile, sono venuto. (Ride rumo­rosamente).

Il Padrone                            - Sei stato veramente gentile.

Il Dottore                             - Adesso però bisognerebbe met­tere ai voti se ha meritato o no di mangiare.

ÌL Detective                         - Parlate bene voialtri. M'ac­corgo che avete fatto una magnifica cena; men­tre io non mangio da mezzogiorno. Sono venuto col treno delle 12: trecentoventi chilometri. (Siede e si versa del vino. Breve pausa}.

Il Dottore                             - Beh, se per questo hai fatto tre centoventi chilometri!

Il Detective                          - (come se fosse a casa sua, sal­ina del burro sul pane) - Ma come: c'era qual­cosa che non andava bene?

Il Dottore                             - Anzi! E' andato tutto benis­simo.

Il Padrone                            - E' stata una cosa grandiosa.

Il Detective                          - Il più bello è che nessuno di voi mi ha riconosciuto. Non avevate avuto alcun sospetto. Da dieci anni che vivo in campagna mi vedete soltanto nelle grandi occasioni!

Il Dottore                             - Purtroppo!

Il Detective                          - Ma dovete però convenire che la truccatura era magnifica, vero? (Mangiti) L'ho provata ieri a casa. Me l'ha accomodata il direttore del nostro teatro. (Si volta, chiama il servitore) Per favore, fate un pacchetto della parrucca e della barba. (Ai commensali) Non appartengono a me, ma al teatro; devo resti­tuirle. Il direttore fa sempre la parte del detec­tive in tutte le commedie poliziesche inglesi. (Ridendo) - Sono partito già con la barba a posto. Sapevo che vi avrei trovati ancora a tavola e mi son detto che vi avrei servito un pesce d'aprile degno di Richetto Hausmannu

Il Consigliere                        - Infatti è riuscito benissimo. (Siede nuovamente al suo posto).

(Silenzio glaciale. Il servitore porta delle vi­vande. Il detective mangia).

La Padrona                           - Lo zio Richetto è sempre stato un burlone. In provincia c'è ancora della gente che ha del buon tempo.

Il Detective                          - (si guarda attorno) - Mi pare che qui da voi noni si abbia voglia di essere al­legri.

La Padrona                           - Parecchio tempo fa, vi ricor­date, abbiamo recitato assieme in una serata di dilettanti. Anche allora riuscì molto bene.

Il Detective                          - Ma oggi non è stato anche meglio?

La Padrona                           - Quella di oggi è stata insupe­rabile.

Il Padrone                            - Quella di oggi è stata sempli­cemente geniale.

Il Dottore                             - Ma di' un po', Richetto: per­chè non hai fatto l'attore?

Il Detective                          - E' quello che penso anch'io. Guadagnerei molti quattrini. Invece laccio di­vertire la gente gratis. (Nel frattempo il servi­tore gli porta altre vivande) Ma forse cosi è anche più bello. Non vorrei per nulla al mondo rinunciare a questa mia serena gaiezza. (Man­gia) La cosa migliore, nello scherzo di stasera, è la sua assoluta novità. Non l'ho mai fatto pri­ma, E' una creazione di cui avete avuto la pri­mizia.

Il Padrone                            - Ci sentiamo veramente ono­rati, caro zio Richetto.

Il Detective                          - Ma ora vi prego di non far complimenti per me. Vedo che attendete an­cora il caffè. Oh! avevo completamente dimen­ticato! Fatemi il favore-.. Giù ci sono i miei due uomini, quelli che avevo condotto per la per­quisizione... (ride) le mie comparse... Due ma­novali della ferrovia... Ho promesso loro che avrebbero avuto qui una buona cena.

La Padrona                           - (al servitore) - Date gli ordini in cucina.

li. Servitore                           - Sissignore (Si avvia).

 Il Detective                         - Ehi, amico, venite qua! (Fru­ga in tasca) Ah, non ho spiccioli. Ho combinato con quella gente dieci marchi per uno.

Il Padrone                            - Lascia, lascia. (Al servitore) Pensate voi a pagarli.

Il Servitore                           - Sissignore. (Via).

Il Dottore                             - Son denari bene spesi!

La Padrona                           - Non è neppure caro. Si poteva pagare anche di più. (Breve pausa glaciale. Il detective mangia).

Il Detective                          - (ride in modo da strozzarsi) - No, ma le vostre facce quando sono entrato all'improvviso! Peccato non avervi potuto foto­grafare! (Ride, tossisce).

Il Dottore                             - Sta' attento, Richetto, non ri­dere mentre mangi, altrimenti ti strozzi.

Il Detective                          - Non posso farne a meno... se penso... Come eravate impauriti! (Ride)

Il Consigliere                        - Questo veramente non si può dire. Specialmente il padrone di casa... si è condotto in un modo ammirevole... Bisogna riconoscerlo; ha conservato una linea...

La Sig.ra del Consigliere      - E' stato vera­mente straordinario.

Il Dottore                             - Non ha perso neppure per un istante il suo sangue freddo. Scommetterei che aveva riconosciuto Richetto.

Il Padrone                            - Io? Neppure per ombra. Al contrario, debbo respingere i vostri elogi per­chè confesso che da principio ero rimasto un po' disorientato. Ha simulato così bene che per un momento, sì, per un momento sono rimasto veramente scosso. Forse non ve ne siete accolti, ma ero disorientato. Devo riconoscerlo.

Il Detective                          - « Disorientato » dici? (Ride) « Disorientato ». E' magnifico!

Il Consigliere                        - Ma non è vero. Non turbato affatto.

La Baronessa                        - Se sia vero o no, in ogni caso si è condotto splendidamente. Eroicamente, Il Dottore   - E sì che non era facile. L'ha presa in modo brillante

La Sig.ra del Consigliere      - E come si è ricordato bene del nostro ricevimento. Una me­moria prodigiosa!

Il Padrone                            - Ho accennato al ricevimento solo perchè mi è venuto in mente che...

La Sig.ra del Consigliere      - (dolce) - Che avete conosciuto, allora, Sua Eccellenza.

Il Padrone                            - Precisamente, mi ci avete pre­sentato voi.

La Sig.ra del Consigliere      - Sì, e ne sono molto fiera. Perchè so come Sua Eccellenza sia rimasto ammirato della vostra correttezza. Ri­cordo che vi disse: ce Se tutti i nostri direttori di banca si comportassero in modo così delicato e così corretto verso lo Stato! ».

Il Padrone                            - Proprio così. Era proprio questa frase che volevo farvi tornare in mente.

La Sig.ra del Consigliere      - Ora ricordo) benissimo. Dianzi, con la confusione provocata da questo burlone di Richetto... li per lì non ho capito a che cosa vi riferivate. Ora ricordo benissimo.

Il Padrone                            - E' naturale.

La Sig.ra del Consigliere      - E' la sua barba che m'ha fatto perdere la bussola. La gente con la barba m'impressiona molto. Perciò ero j così nervosa. (Pausa penosa).

Il Detective                          - (ride di nuovo rumorosamente, col boccone in bocca, dopo la pausa. Nessuno ride con lui. Tutti aspettano che si sia calmato e, riprenda a mangiare)-

Il Consigliere                        - Sono ben contento che si sia venuto a parlare dì questa faccenda perchè so bene con quale correttezza sia stato condotto l'affare. Ne sono fiero, perchè nella mia qualità di relatore ho resistito a tutte le insinuazioni diffamatorie e ho appoggiato la cosa in ogni mo­do. Faccia poi la gente su mia moglie tutti i pettegolezzi che crede.

La Sig.ra del Consigliere      - Giustissimo.E' sempre meglio affrontare a viso aperto que­ste sciocchezze.

La Padrona                           - Se ci si dovesse preoccupare  di ogni pettegolezzo, non ci sarebbe più altro da fare.

La Sig.ra del Consigliere      - (ridendo) - Sospettare che io e Sua Eccellerla!... Se almeno fosse un bel giovane!

La Baronessa                        - Ehi, ehi!

Il Padrone                            - Ma no: quel buon vecchio si conserva ancora beue. Pensate che ha quasi sessant'anni.

La Sig.ra del Consigliere      - Non fatelo più vecchio di quello che è. Ne ha appena cinquantasette.

Il Consigliere                        - E tu non farlo più giovane! Ne ha cinquantotto.

Il Padrone                            - La cosa più importante è che vi è simpatico.

La Sig.ra del Consigliere      - Siete geloso? Mio marito no e voi sì? (Alla Padrona) Adesso, cara, penserai che fra me e tuo marito ci sia davvero qualche cosa! (Ride) Quando egli mi regalò l'anello col solitario ne fosti un po' contrariata!

Il Padrone                            - Non fu contrariata, perchè sa-peva che si trattava di una scommessa. E lasciate che le lettere anonime dicano il contrario!

Il Consigliere                        - Pupo, confessa che scrivi ogni giorno una dozzina di lettere anonime!

Il Giovanotto                       - Dodici sono un po' troppe!

Il Consigliere                        - Beh, allora perchè sei di­ventato così nervoso?

Il Giovinotto                        - Non so neanch'io perchè...

Il Consigliere                        - Hai ragione. Ci siamo agi­tati tutti per questo... per questo...

Il Detective                          - Dillo pure: per questo vec­chio asino.

Il Consigliere                        - Ma va' là, che vecchio non lo sei ancora...

Il Dottore                             - (al padrone di casa) - Io non .mi sono agitato. Mi è solo dispiaciuta l'idea che foste in collera con me.

Il Padrone                            - In collera con voi, zio dottore? Come potete pensare una cosa simile? Chi può essere in collera col dottorino? (Lo abbraccia).

Il Dottore                             - Posso baciarvi?

Il Padrone                            - Quanto volete!

Il Dottore                             - (lo bacia).

Ll Signora del Dottore         - Non ho pensato neppure un istante che egli fosse in collera.

La Sig.ra del Consigliere      - Il suo atteg­giamento è stato straordinario. Proprio impo­nente, perchè, per quanto grazioso, lo scherzo era un po' spinto.

Il Giovinotto                        - (indicando Richetto che mangia avidamente) - Ditemi, zio dottore, c'è pe­ricolo di strozzarsi, mangiando in fretta?

Il Dottore                             - Oh, sì.

Il Detective                          - Io non mi strozzo. Ci sto at­tento. Ma sapete, questo scherzo del detective non è nulla in confronto di quello che farò dopo il caffè.

Il Padrone                            - Ancora noi?

Il Detective                          - No. Voialtri avete già avuto la vostra parte. Ora tocca alla mia cara cugina Lisa. Questo è uno scherzo telefonico. Vedrete. Aspettiamo che sia andata a letto e dorma pro­fondamente. Allora la chiamiamo... come se fosse la centrale... Parlerò francese e le dirò che è Parigi che chiama. Lei si è fidanzata a Pari­gi con un ricco francese, e c'è uni loto amico e confidente che si chiama Lebidois. Parlerò co­me se fossi questo amico, e la informerò tran­quillamente che il suo fidanzato oggi ha sposa­to un'altra. Carina, eh?

Il Padrone                            - Insuperabile.

Il detective                           - Poi attacco il ricevitore e a-spetto mezz'oia.

Il Dottore                             - Potrebbe avvelenarsi.

Il Detective                          - Spero che non sia così stu­pida. Oppure... ma chi può capire le donne! Allora la richiamo e le dico che è stato un pe­sce d'aprile.

Il Dottore                             - Mi figuro come riderà!

Il Detective                          - Domattina sono invitato a co­lazione da lei; bisogna pur mostrare la propria vi. onoscenza, non è vero?

Il Dottore                             - Sicuro, sicuro! E di' un po': hai ancora molto da fare?

Il Detective                          - E come! Tutta la giornata, domani. Primo aprile. E' la mia specialità!

Il Giovinotto                        - Effettivamente lo zio Rìchet. to è anche più spiritoso dello zio dottore.

La Padrona                           - Siete ancora qui, pupo? Non dovevate andar via a mezzanotte? Sono le do­dici e mezzo.

Il Giovinotto                        - Veramente avrei dovuto an­dare. Ma ora rimango, perchè prima avete sospettato che io volessi andarmene alla chetichel­la. Stanotte balleremo fino all'alba.

(Entra uno dei camerieri, che frattanto han­no servito il caffè nell'altra stanza).

Il Cameriere                         - Il caffè. (Alcuni si alzano).

Il Consigliere                        - Pardon! Meno male che mi viene in mente! Quando questo inutile Ri­chetto è venuto a disturbarci, il nostro caro ospi­te aveva appena cominciato a leggere il suo interessante discorso. Veramente un'opera d'arte!

Voci                                     - E' vero! sentiamo, sentiamo!

(Tutti ridono).

Il Consigliere                        - Credo di interpretare il de­siderio di tutti invitando il direttore a continuare. Non vogliate, caro amico, privarci del se­guito.

Voci                                     - Sicuro! Sentiamo!

Il Detective                          - Bravo! Interessa anche me! Tanto, ho udito anche il principio!

Il Padrone                            - (si alza, prende il manoscritto, inforca gli occhiali).

(Applausi fragorosi).

Il Padrone                            - (stanco, ma sforzandosi di ritro­vale il tono di prima) - Se mi ricordo bene, egregie signore e signori, ero arrivato qui. (Cer­ca) Oggi compiono quarant'anni dal giorno che, povero ragazzo della provincia, giunsi qui per mettermi a lavorare, possedendo come tutto ca­pitale l'equivalente di qualche panino. (Trova nel foglio di carta ciò che cercava) Sì, ecco. (Legge) E sull'equivalente di pochi panini ho posto le basi di una fortuna che non solo è di­velluta una delle più fiorenti del nostro paese, ma mi ha dato una posizione sia nel mondo fi­nanziario, sia   - oso affermare - in quello po­litico e sociale; una posizione che... (S'inter-romps; guarda il detective)... Qui mi hai inter­rotto... tu... tu...

Alcuni                                  - Sì, sì! (Mostrano il pugno scher­zosamente).

Il Detective                          - Sì. Mi ricordo la parola. Di­ceva proprio: posizione... (Ride solo).

Il Padrone                            - (nervoso) - Perchè ridi?

Il Detective                          - (mezzo soffocato dal ridere) - La tua faccia... appena mi hai visto...

Il Dottore                             - Non ridere!

Il Consigliere                        - Sentiamo ancora!

Il Padrone                            - (riprendendo a leggere) - ... Una posizione che non può in alcuna guisa essere scossa, perchè riposa su due basi granitiche: moralità nella vita e correttezza negli affari. Sì, cari amici: non dovete ritenere come un auto­esaltazione se affermo che sono riuscito a mettere insieme qualche milione onestamente, con un complesso di affari che oggi tende   - per così dire - una rete di fili d'oro su tutto il paese, e assicura pane e lavoro a migliaia di fa­miglie. E affermo, egregie signore e signori, che quando una fortuna è stata onestamente acqui­stata, la prerogativa più importante... la più... (S'indebolisce. Tace).

La Padrona                           - Vuoi un sorso di champagne?

Il Padrone                            - Non è nulla... solo ho la gola... così secca...

 La Padrona                          - Bevi un sorso.

(Parecchi si affannano a por gei'gli coppe di champagne).

Il Padrone                            - Grazie. (Beve) Questo fa bene. Dunque... (Legge)... Quando una fortuna è sta­ta onestamente acquistata, la sua prerogativa più bella è che essa possa giovare anche agli altri, ovunque può giungere. E questo è il mio orgo­glio, egregi amici: l'origine pura della mia ricchezza, della mia potenza. Ciò mi assicura la vostra stima. Ma nel mio intimo che cosa mi assicura? Quel che vi può essere di più prezioso! in una carriera come la mia: la tranquillità della mia coscienza, che neanche la più violenta ( tempesta commerciale può intorbidare. (Mormorìo d'approvazione) Un solo tesoro vi è nel mondo più prezioso, di questo. Ed è... (volta il foglio, dopo una breve pausa) è la fedeltà degli amici, l'affetto degli amici. Voi, oggi presenti a questa intima festa che celebra un giubileo della mia famiglia, siete stati prescelti da me dopo lunghe, lunghissime ricerche, nella numerosa schiera degli amici, come i più sinceri e fidati, che non mi abbandoneranno mai, lo sento. E con questo breve discorso non ho vo­luto altro che ringraziarvi del vostro incrollabile attaccamento. E pregarvi di conservarmi anche per l'avvenire la vostra preziosa amicizia! Vuoto il mio bicchiere alla vostra salute con una sola parola, semplice, ma in cui si comprende tutto: Grazie! Grazie! Grazie! (Alza il bicchiere. Grida, approvazioni, agitazione; tutti si alzano, lo circondano, lo abbracciano, toccamo, bicchieri col suo. Grida di evviva prolungate, festose. Il Detective ride rumorosamente, lungamente).

Fine