Spaccau la muntagna

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SPACCAU A MUNTAGNA

                                                                    SPACCAU  LA  MUNTAGNA

                                                                               ( l’eruzione)

               

                                                                          Dramma  in  tre  atti

                                                                                      Di

                                                                        Antonio  Sapienza

 

Luglio 1985

Personaggi:

Salvatore  Occhipinti………………………………..pensionato statale;

Agata………………………………………………..sua moglie;

Maria………………………………………………..figlia di Salvatore e Maria;

Giacomo  Pezza……………………………………. Fidanzato di Maria;

Zu’  Vitu…………………………………………….contadino, amico di Salvatore;

Saru cu’ mbrazzu……………………………………boscaiolo, amico di Salvatore;

Brigadiere……………………………………………della Guardia forestale;

e, inoltre

Braccianti e contadini.

La vicenda si svolge in una località alle falde dell’Etna, negli anno ’80.

                                                                           Atto  I

Sulla scena è stata ricostruita la facciata di una modesta casetta di villeggiatura di montagna. Una piccola staccionata divide la scena , in profondità, in due parti: una sarà il piccolo giardinetto annesso alla casetta, l’altra metà sarà un vialetto o un sentiero di montagna che passa tra grossi alberi di castagno.

All’apertura del sipario, con musica adatta, la scena sarà attraversata da cinque, sei braccianti di vario sesso ed età. E’ mattino, e quelle persone si stanno recando al lavoro. Due di essi portano delle lunghe scale sulle spalle, altri panieri e ganci di legno.

I° bracciante – Carusi, annacamini ca si fici tardi…-

2°      “         -  Accura ca s’appigghia a fasola.-

1°      “         -  Senti bedda, can un s’appigghia nenti, semmai nun si pigghia a jurnata, picchì se                tardamu ancora, allu zu Cola mancu vero ci pari a scasciuni pi darini, a malapena, menza jurnata…-

4°     “         -  …se saremo fortunati…-

3°     “         -  Au, picciotti, a mia a jurnata servi tutta, bedda, pulita e china.-

4°     “         -  Pi daraccilla a donna Santina…-

1°     “         -  … o stasira o dumani matina…-

2°    “         - … pi putallu alla ruvina…-

3°    “        - E finiscila cu sta lagna, tantu pi tia -  nenti ci nesci pa’ jatta!-

2°    “       - (punta sul vivo) Ahu, u sintistiru a stu sciavuni!-

Tutti        - A ma ntisu, a ma intisu, sissighiuri ( sfottenti).-

1°    “      - Forza carusi, jammu, beddi valenti…(conciliante).

3°    “     - (rivolta verso la casa dalla quale si era affacciato Salvatore) Buon giorno don Salvaturi.-

Sal.-  Salutiamo picciotti e…buon lavoro.-

3° bracciante – A stasera don Salvatore. (intanto tutti i braccianti vociferando escono di scena).

Sal.- A stasera, a stasera. (aspetta che escano) E cchi su’ contenti. Li aspetta una lunga giornata di lavoro, arrampicati sugli alberi come scimmie, a raccogliere ciliegie, a spezzarsi le gambe e le braccia sulle scale, e, qualche volta, anche l’osso del collo per probabili cadute, e sono contenti.

Roba dell’altro mondo! Lavorano e sono contenti. Beati loro. (pausa) Io ho lavorato per quarant’anni e ogni giorno, per me, è stato un calvario. Ogni giorno di lavoro un patimento!

Va bene, c’è lavoro e lavoro, ma il mio era proprio disumano. Minchia, se ci penso… Timbravo, timbravo, timbravo. Ogni giorno avrò timbrato tre, quattrocento pratiche; ogni mese nove- diecimila; ogni anno un milione e passa di timbri. E tutto moltiplicato per quarant’anni! Pazzesco! Quando ci penso mi vengono i brividi. (intanto che procede con la tirata, si fa il caffè con la macchinetta, sempre affacciato dalla finestra della casa).

Una sola cosa buona hanno fatto questi anni di tortura timbretesca: ( ampio gesto verso la casa) Questa bellissima casetta. (beve un sorso di caffè) Certo s’è mangiata tutta la mia modesta liquidazione, più qualche debituccio, ma ce l’ho fatta! Ho realizzato il mio sogno di tutta una vita.

Ora qua, in santa pace, mi spaparazzo e me la godo. (altro sorso) Quando stirerò i piedi, ci penserà Dio. ( sta per rientrare, quando entra in scena u zu Vitu).-

Zu Vitu – Buongiorno don Salvatore.-

Sal.       -  Oh, zu Vitu, buongiorno a voi, venite, prendete un  caffè con me. (prende un’altra tazzina).-

Zu Vito – Non vi disturbate…-

Sal.       -  Ma quale disturbo. Non mi direte che l’avete già preso, no?-

Zu Vitu – E va bene, accetto per farvi piacere.-

Sal.       – (versando il caffè) Quanto zucchero? Il solito?-

Zu Vitu- Il solito, grazie, due cucchiaini.(scruta il cielo) Oggi scirocco, don Salvatore…-

Sal.      -… tanto per cambiare. Ditemi, secondo voi, quando la finirà (fa segno al cielo) con questo scirocco?-

Zu Vitu – (sorseggiando il caffè) ‘A luna! Comanda la luna. Quando cambierà la luna, cambierà il tempo. (sentenzioso).-

Sal.    -  (tentando lo scherzo) Tempo lunatico, dunque?-

Zu Vitu – ( impassibile) ‘A luna cumanna! Avanti và. Vi ringrazio per il caffè e vi auguro una buona giornata.-

Sal      -  Grazie, grazie, altrettanto a voi. Andate alla vigna?-

Zu Vitu – Oggi si. La debbo legare.-

Sal.    -  Ieri l’avete zappata, oggi la legate, domani la scaricate, ma quando finiscono i lavori laggiù?-

Zu Vitu – ‘A vigna è come una creatura, vuole cure… sennò ti lascia all’asciutto.(fa cenno al bere)  Salutiamo don Salvatore e tanti ossequi alla signora.-

Sal.   -  Grazie riporterò… e buon lavoro. ( lo zu Vito esce lentamente di scena, mentre Salvatore si gira verso l’interno della casa) Maria, Maria, lo vuoi il caffè?-

Mar. – (dall’interno) Grazie, si. Versamelo che arrivo. (Salvatore, lentamente esegue, mentre entra in scena Maria, sempre dalla finestra che prende la tazza e sorseggia) Uhm, buono. Papà, che ore sono?-

Sal.- ( prendendo l’orologio dal taschino del panciotto e guardando stentatamente le lancette) Sono…sono …esattamente…le sette e dodici.-

Mar.- (vuotando la tazzina) Accidenti, sono sempre in ritardo. Alle otto debbo essere in città…-

Sal.- … e sei ancora in pigiama…-

Mar.- …ma per poco. Scappo (rientra).-

Sal.- Maria, non ti dimentica di comprarmi il tabacco per la pipa.-

Mar.- (dalle quinte) Me lo ricorderò.-

Sal.- E ti ricordi anche la marca?-

Mar.- Clan.-

Sal.- Braaava. Io esco in giardino, se ti serve aiuto per uscire la macchina, chiamami.-

Mar.- Okai. Lo farò.-

Sal.- Occai, zorrait, vanderfullo, malanova a mia. ‘Na sta casa si parra cchiu straneru ca italianu. (intanto è uscito in giardino, e lo ammira soddisfatto) Che bel giardino,… certo ‘u zu Vitu cura la vigna e prende il vino, io curo il giardino e prendo…(starnutisce)… il raffreddore. (intanto impugna  un rastrello e inizia a lavorare. Musica adatta) Però è veramente bello il mio giardino, senza offesa per nessuno.

Maria – (è una  bella ragazza vestita sportivamente, entra in scena e si mostra al padre) … e di me che dici?-

Sal.-(ammirandola e facendola girare) …che sei splendida.-

Mar.- Lo sapevo. Okay. Tutto allright papi, la macchina è partita. Ciao, io vado. By (esce).-

Sal.- Ca bai. E stai attenta alla strada ( riprende la sua attività, intanto entra in scena Saru con un braccio, operaio della segheria, egli è sui quarantanni.)-

Sar.- Buongiorno signor Occhipinti, bella giornata vero?

Sal.- (guardando il cielo, poi Saru) Ma dove la vedete questa bella giornata? C’è uno scirocco che si taglia col coltello... buongiorno a voi.-

Sar.- Sarà…ma per me è sempre una bella giornata.-

Sal.- Già… per voi…-

Sar.- Già, per me. (pausa) E che volete? Dopo la disgrazia, prendo tutto con filosofia. Vardassi chi ci cuntu: quando uno vede la morte coi propri occhi, quello lì, poi, diventa un altro. E, parranno cu vui, ora io sono un altro. Con un braccio in meno, và bene, però sempre un altro sono, ormai.-

Sal.- Certo, avete avuto una bella fortuna, nella disgrazia.-

Sar.- Parranno cu vui, la fortuna c’entra poco o  niente. Quelli sono stati San Cosimo, Cirino e Filadelfo, i quali, unendo le loro forze, mi hanno tratto dalle fauci della grossa sega. Perché, parranno cu vui, ero già nelle sue fauci, quando, improvvisamente s’inceppò. Certo, ebbe il tempo di segarmi un braccio… Ma parranno cu vui, fu perché Sa Cirinu, il più piccolo dei santi, aveva la testa al gioco e si distrasse… sennò neanche il braccio quella si ammuccava.-

Sal.- E voi come lo sapete?-

Sar.- Me lo sono sognato. E quando io sogno, sogno sempre la verità.-

Sal.- (quasi tra se ) Sentiamo quest’altra…(poi a Saru) Sapete, a me è stato detto che fu il cavallo di Tanu u surdu, ca vi gettò sulla macchina mezza scassata…-

Sar.- Ca quali! Quella sega funzionava come un orologio svizzero. Parranno cu vui, io stesso, quella mattina, avevo fatto la sua manutenzione e l’avevo pure affilata.

Dovete sapere che la calunnia è una cosa assai brutta, ma brutta, brutta assai.(quasi ripensando)

‘A sega difettosa – ma và!

Quello era un animale servaggiu! Non un cavallo! Ma lo sapete che quel cavallaccio mezzo matto, m’aveva spinto dalla schiena ed ero caduto con la testa nella lama?-

Sal.- Mizzica che mira quel cavallo…-

Sar.-  Non ci scherzate, signor Occhipinti, non ci scherzate. Quell’animale era cattivo, malvagio e bestia! E ce l’aveva con me. Parranno cu vui, ce l’aveva con me da quella volta… da quella volta che gli mollai un calcione nel sedere perché sporcò di popò la segheria.-

Sal.- Quella è grazia di Dio.-

Sar.- Quando? Quando non ti fa puzzare di latrina tutta la segheria? Abbasta! Quella bestiaccia se l’era legata al dito e alla prima occasione, zac! Mi da una testata e io vedo la morte cogli occhi!-

Sal – Ma per vostra fortuna, San Cosimu, Cirinu e Filadelfu…-

Sar.- … precisamente, essi mi vennero in soccorso e ci rimisi solo un braccio e quello manco, per giunta.-

Sal.- Vidi cchi santi…-

Sar.- Parranno cu vui, quelli sono santi che rispettano i devoti… accura se se lo scordano? E anche se uno di loro se dovesse distrarre, ecco che, a turno, ci sono gli altri due che vigilano e stanno attenti. E che vi pare ca su’ fissa?-

Sal. -  Su’ santi organizzati…-

Sar.-  Ca comu! Comunque, vardassi chi ci cuntu: la mia vita, anzi ogni giorno di vita che campo in più, è bell’e trovata. Ca che ci pari? Io dovevo morire l’anno scorso, dovevo morire.-

Sal.- E invece campate ancora. E pazienza.-

Sar.- Sempre spiritoso il signor Occhipinti, sempre spiritoso.-

Sal. – Mi permetto di scherzare sulla vostra disgrazia, perché so che non vi offendete, don Saru, sennò…-

Sar.- Lo so, lo so e io ci sto allo scherzo. Ma lo sapete? Da quando sono diventato Saru c’un brazzu, mi sento, come dire? Ecco, più importante. La gente mi saluta, mi domanda della mia salute…Però, in certi casi, lo vorrei ancora quel braccio mancarusu… specialmente ora…-

Sal.- Perché, cosa v’è successo?-

Sar.- E’ successu ca un peri di castagnu mi sta spaccannu la casa.-

Sal. – Come, perchè?-

Sar.- Come? Perché? E perché ci appoggiai la mia casetta, quando la costruii, ed ora s’è fatto grande e grosso e la sta scassannu senza pietà.-

Sal.- E voi, santo cristiano, proprio sul castagno dovevate appoggiarla?-

Sar.- Parranno cu vui, quello non è un comune castagno, quello è il mio castagno, che fu di mio padre buonanima, ed è l’unica eredità che mi lasciò il mio vecchio, insieme ad un fazzoletto di terra, per la verità.

Vardassi cchi ci cuntu: quando decisi di costruirmi la casetta, come in visione, vidi mio padre che mi indicava il castagno, era come se mi dicesse: quell’albero è il sostegno della tua vita e della tua casa. E che vi debbo dire? Di fronte alle visoni… Voi cosa avreste fatto al posto mio? L’avreste costruita come ho fatto io, no?-

Sal.- Ma, veramente, non saprei…-

Sar.- Ecco, vedete? Mi date la stessa risposta che mi danno tutti: non saprei. Ora, parranno cu vui, tutto è andato bene per vent’anni. Io e il castagnazzo siamo andati d’accordo e in perfetto amore…

Ma ora, sarà per l’età, sarà picchì si siddiau, sarà perché sì è montato la testa, fatto sta ca mi sta spaccammo la casa in due.-

Sal. – Certo, gli alberi hanno il vizio di crescere…-

Sar.-  … e a casa si scassa! E ora debbo prendere una decisione dolorosa: o l’albero oppure la mia casa, ma uno dei due deve cadere. Voi cosa mi consigliate?-

Sal.- Beh, sapendo cosa significa la casa, per un uomo che se l’è fatta da se, con grandi sacrifici e tanto tantissima fatica, mi verrebbe di consigliarvi di abbattere il castagno. Ma, dopo quello che m’avete detto dell’albero, francamente, adesso non saprei proprio cosa consigliarvi. Tutti e due sono parte di voi, come le gambe, le braccia…-

Sar. - … e qui casca l’asino! Adesso, come sono ora, ammesso che mi decidessi su cosa abbattere, come credete che lo passa fare con un solo braccio?-

Sal. -  Voi avete dimostrato che, anche con un solo braccio, siete rimasto lo stesso valente operaio che eravate prima dell’incidente. Lo dicono tutti in segheria.-

Sar. -  Si, si, va bene. Ma la segheria è una cosa, e abbattere una casa o tagliare un castagno di cento anni e passa, è un’altra cosa.-

Sal. -  E voi fatevi aiutare.-

Sar. -  Parranno cu vui, per questo sono sceso in paese. Cercavo un consiglio, ma anche un aiuto…che ne direste di aiutarmi, signor Occhipnti?-

Sal. -  (sbalordito) Io? Ma io non ci so fare, sono spratico, fuori mestiere, eppoi sono vecchio.-

Sar.-  Siete modesto voi. Però vi comprendo. Parranno cu vui, sto cercando u zu Vitu…-

Sal.-  E’ anzianotto pure lui.-

Sar.- Si, ma è pratico di castagni. Beh, fatemi gli auguri e spero di fare una buona scelta… dopo aver parlato con castagnazzo ed essermi consultato con lo zu Vitu.-

Sal. -  Parlato con castagnazzo? Ho udito bene?-

Sar.- Certamente! Ecco, voi ancora non potrete capire, siete troppo cittadino, ma quando vi sarete calato, come noi, nella natura, forse capirete.

Vardassi cchi ci cuntu: Io e il castagnazzo parliamo. E’ una vita che ci scambiamo idee, che discorriamo del futuro e degli uomini, oltre, naturalmente, delle piante e dei castagni, in particolare.-

Sal. -  Ma, dite sul serio?-

Sar. -  Eccome! E datosi che è vecchio come una cucca, esso conosce i fatti di tanti anni fa. Volete sapere, per esempio, quando  morì la vecchia quercia di Cosimu Panza?-

Sal. -  Ma di quale quercia parlate? Cosimu non ha mai avuto una quercia … almeno che io ricordi.-

Sar.-  E invece ce l’aveva nel 1932 e gli morì per colpa dei funghi.-

Sal. -  E questo ve l’avrebbe raccontato il…castagnazzo?-

Sar.- E chi sennò? Cosimo era ancora un carusiddu, quando morì la quercia.-

Sal. -  (pensoso e sospettoso) Stu castagnu è un fenomeno, a quanto pare.-

Sar. -  Beh, parranno cu vui, è vero, e ne sono orgoglioso.-

Sal. -  Potrei…potrei parlarci anch’io?-

Sar. -  No, che dite. Quello è timido, non parla con gli estranei. No, no non è possibile.

Beh, ora vi saluto, vado in cerca dello zu Vitu, vediamo cosa ne pensa lui. Arrivederci signor Occhipinti.-

Sal.- Buon giorno a voi… ah, lo zu Vitu è salito alla vigna, forse lo trovate ancora là.-

Sar.- Grazie assai ( fa un gesto di saluto con la mano ed esce).-

 

Salvatore riprende a lavorare e a fischiettare. Entra in scena Agata. Ella è una donna di mezza età, massiccia, ma giovanile nell’aspetto. Indossa la vestaglia ed è ancora spettinata e assonnata.

Aga.- Buongiorno Salvatore… con chi parlavi?-

Sal.- Buongiorno e ben levata (ironico) Parlavo con Saru cun bracciu.-

Aga.- Con quel mezzo matto? Guarda che chi va con lo zoppo…-

Sal.- Vuoi dire, per caso, che divento matto anch’io?-

Aga- Non per caso! Già ci sei sulla buona strada.-

Sal.- E questo è il tuo buongiorno, ho capito. Hai dormito bene?-

Aga- Col mal di testa non si dorme mai bene.-

Sal.- E con la scusa del mal di testa ti fai certe panzate di sonno…-

Aga.- Che vorresti insinuare? Che simulo?-

Sal.- (sulla difensiva) No, no, giammai… comunque il sonno ti è sempre piaciuto.-

Aga.- A chi non piace dormire…- Hai fatto il caffè?-

Sal.- Si, ne vuoi un po’? guarda che è già freddo.-

Aga.- Dammene mezza tazza… (Salvatore gliela versa e Agata la sorbisce lentamente) Maria è già andata via?-

Sal.- Circa mezz’ora fa. E tu ronfavi!-

Aga.- Ancora? Ma sei tremendo?-

Sal.- Scusami, sarà per lo scirocco, ma oggi mi sento un po’ strano.-

Aga.- Quello non è per lo scirocco, ma per Saru cun brazzu che t’impressiona con le sue stranezze. Beh, quando vado a telefonare a Maria, in ufficio, le debbo dire di salirci il pane. (si ode un piccolo boato) Chi fu?-

Sal.- Niente, è la Montagna che brontola. (riprende a lavorare, si odono altri boati, uno dei quali più forte degli altri. Salvatore, istintivamente, smette di lavorare e guarda verso il cratere) E oggi è proprio di pessimo umore.-

Aga.- Già. (sta per rientrare, poi si ferma) Cosa vuoi mangiare oggi a pranzo?-

Sal.- (continuando a lavorare) Mi piacerebbero due spaghetti alla carrettiera e dui pipi arrustuti.-

Aga.- Allora scendi nell’orto e prendili.-

Sal.- Vacci tu, io debbo finire di pulire questo pezzo di giardino.-

Aga.- Dimmi tutto, ma non chiedermi di andare nell’orto. Ma che mi vuoi morta?-

Sal.- Mizzica quanto spettacolo pi ‘nu scussuni.-

Aga.- Serpente! E’ un grosso serpente. Avrei voluto vedere cosa facevi tu, eroe, intento a prendere il fagiolino, alla vista di quella bestiaccia che ti si drizza in faccia.-

Sal.- Ma che serpente d’Egitto, quella è una innocua biscia d’acqua.-

Aga.- Ohu, biscia o non biscia, sempri scussuni è!-

Sal.- … e tu nell’orto non ci vai.-

Aga.- Esattamente! (rientra)

Sal.- Beh, effettivamente quella bestia cretina la fece spaventare. Scussuni è idda, fimmina è l’altra! Però da quando c’è sta biscia tra l’orto e il giardino, topi di campagna non se ne vedono più. Ora sarà per combinazione, sarà per quello che sarà, fatto sta che io preferisco avere tra i piedi in giardino o nell’orto, megghiu ‘nu scussuni che ddi dannifichi suggi campagnoli. (due  minuti di lavoro e di musica, poi rientra Agata).

Aga.- Salvatore, lo sentisti?-

Sal.- (riscuotendosi dai suoi pensieri) Sentisti cosa?-

Aga.- U tirrimotu! Lo sentisti?-

Sal.- No, io non ho sentito nulla.-

Aga.- Veramente nemmeno io, però il lampadario dondola…-

Sal.- E tu fallo annacari…-

Aga.- Salomone ha dato la sentenza!-

Sal.- E allora cosa dovrei fare? Dire alla Montagna di non disturbare? (ironico) Sa, cara amica, siccome a mia moglie le sue scosse non le piacciono, le sarei grado, pertanto, se ella la potesse smettere di brontolare e di sussultare…-

Aga.- Quanto sei spiritoso. Cerca, invece di fare qualcosa…-

Sal.- Posso fermare il dondolio del lampadario, non si sa mai, ti dovesse venire il mal di mare.-

Aga- Salvatore Occhipinti, finiscila!-

Sal.- E che? Oggi non si può nemmeno scherzare?-

Aga.- Su certe cose non si scherza! Per esempio non si scherza coi santi, coi terremoti e con le figlie da maritare.-

Sal.- Aspetto che me la scrivo ‘sta sentenza.. (ripensandoci) Con le figlie? E che c’entra?. -

Aga.- (indispettita) Oggi è meglio che la finiamo qui! (fa per rientrare)-

Sal.- Aspetta, aspetta. Oggi è meglio che continuiamo. Mi dicevi con le figlie?-

Aga.- No, macchè figlie, dicevo…dicevo briglie…(pentita d’aver parlato troppo).-

Sal.- Si, ca ora sono diventato scemo, altre che sordo. Avanti, parla!-

Aga.- (in estremo imbarazzo) Ma niente, dicevo così, tanto per dire…niente d’importante.-

Sal.- Maria è incinta!-

Aga.- Ma che sciocchezze…-

Sal.- Si è lasciata col fidanzato!-

Aga.- Ma quali…-

Sal.- L’hanno licenziata dal lavoro.-

Aga.- Nonzi.-

Sal.- E allora che è, si può sapere? Santu diavuluni!-

Aga.-  Calma, calma, non t’agitare… ecco, è una cosa delicata… specialmente per te che ci tieni assai… -

Sal.- E parla!-

Aga.- Maria e Giacomo si vogliono sposare…-

Sal.-  … e questo lo sappiamo.-

Aga.- Ma non hanno la casa…-

Sal.- … sappiamo pure questo.-

Aga.- Però vorrebbero una casa…-

Sal.- E con ciò? Anche noi eravamo senza casa eppoi con la salute e coi risparmi, ce la siamo fatta.-

Aga.- Si, però i tempi sono cambiati. Comunque vorrebbero un aiutino…-

Sal.-  Aiutino? Beh, vediamo cosa si potrà fare. Ne discuteremo quando ne parleranno anche a me.-

Aga.- Secondo te, che aiuto potremmo dargli?-

Sal.- Tutto quello che potremo.-

Aga.- Tutto?-

Sal.- … quello che potremo (scandisce).-

Aga.-  Anche la… la nostra casa?-

Sal.- La nostra casa? Come la nostra casa? E noi? Eppoi, è impossibile, lo sai che per me questo è il mondo! E al mio mondo ancora non voglio rinunciare. La casa gliela daremo quando verrà il momento, il tempo e luogo.-

Aga.- Riflettiamoci meglio Salvatore.. sai…Giacomo…-

Sal.- Giacomo, Giacomo… certo…con la sua flemma lavora sotto sotto… Ma Agata, Maria è nostra figlia, ci conosce bene, sa che l’aiuteremo, come sa della mia affezione a questa casa…non la chiederà.-

Aga.- E se la chiedesse?

Sal.- Mi stai facendo innervosire con questi discorsi, lo sai? (Sbatte a terra il rastrello).-

Aga.- Calma, calma, calma, su da bravo, vieni dentro che ti faccio una camomilla.-

Sal.- Una? Fammela tripla. (entrano)-          

Entrano in scena lo zu Vitu e Saru.

Vito -  Saru, la bestialità l’hai fatta quando hai costruito la casa appoggiandola al castagno. Ora non hai altra scelta devi abbattere il castagno.-

Saru -  Ma è la mia vita…-

Vito – Lo so, lo so, credi che non ti capisca? Ma rispondi a queste domande: dentro il castagno ci puoi dormire? Ci puoi mangiare? Potrai sistemare la tua famiglia futura?-           

Saru – Si, la mia famiglia… non mi volle nessuno quando avevo tutte e due le braccia, figuratevi ora.-

Vito – Questo non si può mai dire. Comunque devi tagliare! ( fa cenno con la mano di troncare netto)-

Saru – (fermandosi, vicino alla finestra e riflettendo) Forse avete ragione. Ma ora chi glielo dice? –

Vito – A chi?-

Saru – Al castagno.-

Vito – Fammi capire: tu vorresti informare il castagno della tua scelta?-

Saru – Esattamente.-

Vito – Sapevo che eri mezzo matto, ma ora stai dando i numeri.-

Saru – Zu Vitu non mi dite così, sapete che io ci parlo con le piante…-

Vito – Sta bene, parlaci e poi fammi sapere quando iniziamo. (tagliando corto)-

Saru – Magari oggi stesso, forse domani.-

Vito – D’accordo, fammi sapere.-

Saru – Però senza interessi, la vostra giornata ve la voglio pagare.-

Vito – No, ma quali, ti aiuto a tagliarti il cuore e mi vuoi anche pagare? No, Saru.-

Saru – Sta bene. Però na mangiata da donna Carmela me la dovete accettare.-

Vito – Vada per la mangiata. ( sbircia dalla finestra) Don Salvatore mi pare agitato.-

Saru – Sarà perché sente i boati della Montagna.-

Vito – Solo per questo? E che è una femminuccia?-

Saru – No, ma quali. E’… è che non si è ancora abituato ai suoi cambiamenti d’umore. Vardassi cchi ci cuntu: Saranno stati tre, quattro anni fa, mi trovavo, casualmente, vicino a lui quando Vincinzinu portò la notizia che la montagna era spaccata e che quella era un’eruzione bestia. Il signor Occhipinti, sentendo, impallidì e restò senza fiatare, senza parola. Io lo vidi che tremava e mi sembrò una cosa strana per un uomo della sua età. Poi piano piano, quando si rese conto che noi eravamo calmi e tranquillissimi, e che volevamo salire per vedere la colata, si calmò anche lui, e volle venire con noi. Parranno cu vui, pareva ‘n carusiddu mentre vedeva la colata: la guardava con timore e con attrazione, e quando ne fece vera conoscenza, la osservava con grande rispetto, comprendendo che si trovava, per la prima volta in vita sua, di fronte alle forze della natura. E, parranno cu vui, da quel giorno anch’io rispettai lui.-

Vito – Lo so, lo so, questo episodio me l’ha raccontato. Mi disse che quando udì ” Spaccau a montagna!”, quel grido, entrando nel suo cervello, facendo tramare la sua anima, gli fece accapponare la pelle. Ma adesso sembra ci abbia fatto l’abitudine.-

Sal.- (Uscendo) Ah, siete già di ritorno?-

Vito – E già, forse abbiamo un lavoretto da fare…-

Saru- ‘Na tagghiatina di cori.-

Sal.-Allora… tagliate?

Vito – Tagliamo.-

Sal.- Quando?-

Sar.- Dopo aver parlato…-

Sal.- …col castagno. Ho capito.(ironico).-

Sar.- Certo, sapete com’è…-

Sal.- Coraggio don Saru, che volete farci? Non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca. Domani passo da voi e vediamo se vi posso dare anch’io una mano. ( intendo si ode un fortissimo boata) Che fa? Ricomincia?-

Saru – Accussì pari (guarda verso la montagna)-

Sal.- Zu Vitu, voi che dite?-

Vitu – Dico che oggi la montagna non mi piace!-

Sal.- Mia moglie, poco fa, ha avvertito un piccolo terremoto.-

Vitu – Oggi a montagna non mi piace!

S’odono voci concitate provenienti dalle quinte, i tre attori in scena restano immobili. Qualche secondo dopo entra in scena il quinto bracciante.

5° bracciante: Spaccau a montagna! Spaccau a montagna…-

Aga.- (affacciandosi preoccupata) Chi fu?-

Gli attori si guarderanno in viso esterrefatti. Agata si porterà le mani ai capelli. Salvatore resterà a bocca aperta guardando ora l’uno ora l’altro. Saru vi volgerà verso il cratere, mentre u zu Vitu abbasserà la testa.        

Tela.

 

                                                                             Atto  II

Stessa scenografia dell’atto precedente. E’ pomeriggio già inoltrato. Salvatore è in scena, seduto su una seggiola che fuma la pipa. Da lontano giunge un pizzicare di chitarra. Dopo due minuti entra in scena Maria. La chitarra tace, ma si odono voci di incitamento in lontananza.

Maria – Che succede laggiù? Chi grida?-

Sal -      No, non ci fare caso, sono i viddani che si sono improvvisate guide turistiche.-

Maria – Guide turistiche?-

Sal.-      Esattamente. Si mettono al passo e quando arrivano i turisti che vogliono vedere la colata da vicino, si offrono d’accompagnarli… naturalmente hanno un tariffario.-

Maria -  Scarpe grosse, cervello fino…-

Sal. -     Finissimo. Si sono pure organizzati, hanno anche il regolamento e la qualifica di guide G.I.T.-

Maria – Git?-

Sal .      Guide Improvvisate Turistiche. Tanto una sigla vale l’altra. Tu offri una sigla al pubblico e quello chissà cosa si crede che sia e con chi ha a che fare.-

Maria – E sta funzionando, a quanto pare.-

Sal.-      Già, sta funzionando. Capisci sti viddani l’hanno capito e ne approfittano. D’altronde, quei fessi laggiù, hanno ciò che si meritano – e sono pure contenti perché vanno su stanchi e sudati, come se andassero a fare una gita. Si portano appresso la colazione, le bibite e le macchine fotografiche. Fanno il picnic sulla lava. Non hanno rispetto per la Montagna, per il suo trattenuto furore. E quella, o prima o poi, li punirà – vedrai quanti collassi e forse anche qualche infarto.-

Maria- Forse alcuni salgono lassù per i motivi che dici tu, ma ci saranno degli altri che vanno fino al fronte lavico, solo per vedere la natura allo stato primitivo, perché consapevoli della sua selvaggia e brutale forza.-

Sal.- Troppa filosofia… o poesia. Per me sono solo dei panzoni curiosi e sciocchi. A proposito di sciocchi, la mamma mi ha accennato che Giacomo…che tu… insomma del tuo… desiderio di… sposarti…(è imbarazzato per l’argomento che reputa antipatico)-

Maria – Si, con Giacomo avremmo deciso di sposarci, finalmente. Sai che sono già quattro anni che siamo fidanzati?-

Sal.- E sposatevi, sposatevi pure…-

Maria – Già, come se fosse così semplice. Sai che Giacomo è ancora un precario, e che io sono ancora in tirocinio… come camperemo  se… se… dovessimo pagare l’affitto di una casa?-

Sal.- Come abbiamo fatto io e tua madre: facendo sacrifici.-

Maria – E siamo pure disposti a farli i sacrifici…ma ci sono sacrifici e sacrifici…-

Sal.- Come sempre.-

Maria – Certo se l’avessimo, saremmo incoraggiati… partiremmo col piede giusto…senti papà, la mamma ti ha accennato al nostro progetto?-

Sal.- Mi ha detto qualcosa, forse si riferiva al futuro, sai non ho prestato eccessiva attenzione.-

Maria – Ecco le cose noi le vedremmo così: Tu ci cederesti la casa, noi la ristrutturiamo, e vi lasciamo una bella stanza a vostra disposizione… potrete avere ancora il giardino per curarlo, l’orticello che è la tua delizia… insomma tutto resterebbe come ora, tranne…-

Sal.- Tranne che noi saremmo vostri ospiti…-

Maria - …graditissimi…-

Sal… per i primi tempi…-

Maria…sempre…-

Sal.- Illusioni. Comunque, senti un po’: io non voglio esservi d’ostacolo al vostro matrimonio, ma tu devi capire che questo delizio me lo sono creato con una vita di lavoro. L’ho sempre desiderato ed ora ce l‘ho il mio pezzetto di paradiso. Lasciamelo godere ancora per qualche anno, in santa pace, poi quando non ce la farò più a mantenermelo, sarà con vero piacere che te lo darò.-

Maria – Da questi discorsi debbo arguire che tu non ci vuoi dare la casa, ho capito!-

Sal.- Senti Maria, io la casa te la voglio dare, ma te la darò quando io… quando io stirerò i piedi.-

Maria – E noi dobbiamo aspettare che tu muoia per sposarci?-

Sal.- Allora, fatemi morire prima! Possibilmente di crepacuore, o di una bella collera, e vi levate il pensiero.-

Maria – Sei catastrofico. Comunque ne parlerò a Giacomo. Vediamo cosa ne pensa lui.-

Sal.- Della mia morte?-

Maria- Oggi sei insopportabile! ( inalberata, si alza e rientra)-

Sal.- E tu maleducata!-

Entra in scena lo zu Vitu. E torvo in viso.

Sal.- Zu Vitu, oh zu Vitu.-

Vitu – Don Salvatore, salutiamo.-

Sal.- Zu Vitu, che c’è? Che avete? Mi sembrate un cane bastonato.-

Vitu – Niente, niente, e cosa ci dovrebbe essere?-

Sal.-   Veramente dalla faccia…-

Vitu – La faccia è quella che è, i fatti quelli che sono.-

Sal.- (che finalmente comprende) La lava, vero?-

Vitu – A lava, già.-

Sal.- Vi capisco, sapete? Ma come? Con tutto lo spazio che ha, incolto e disabitato, proprio da queste parti si doveva dirigere?-

Vitu – A lava non sceglie la via. Essa va, e non sa dove va, ne perché ci va. Stavolta la montagna è spaccata bassa e si sa che quando spacca bassa ci sono danni e dispiaceri.-

Sal.- Dove si trova ora? E’ vicina al vostro podere?-

Vitu – A un chilometro, forse meno.-

Sal.- Allora le autorità faranno in tempo a fermarla, prima che arrivi alla vostra vigna.-

Vitu – A lava non la ferma nessuno.-

Sal.- Ma può darsi che nel frattempo la colata si esaurisca.-

Sal.- E’ l’unica speranza.-

Sal.- ( come per rincuorarlo e rincuorarsi, facendo l’allegrone) Eh, vedrete, fra un giorno o due, quella si stanca e si ferma, vedrete. (poi per cambiare discorso) Zu Vitu, come è finita con castagno di Saru?-

Vitu – Come è finita? E’ finita che per un pelo non ci rimetteva la pelle.-

Sal.- Davvero? E come fu?-

Vitu – Come fu? Fu che quel fesso, senza aspettarmi, sali’ sull’albero, e incominciò a segare i rami alti per scaricarne il peso. Ma non si ricordò d’essere Saru con un braccio. Allora, secondo voi, come poteva fare a segare e a reggersi nello stesso tempo con una sola mano?-

Sal.- E cadde?-

Vitu – E cadde! E si lazzariò tutto, ed è vivo per miracolo, perché ruzzolò sul tetto della casa, sfondandolo.-

Sal.- Tombola!-

Vitu – Già. Tombola.-

Sal.- E ora?-

Vitu – Ora si sta leccando le ferite…e smaltisce lo spavento. E anch’io lo debbo smaltire sapete?, perchè da lontano lo vidi volare come una foglia al vento. Naturalmente, data la testa che ha, starà meditando la rivincita, vedrete.-

Sal.- La vedo nera…-

Vitu – Anch’io. Avanti, vi saluto don Salvatore, santa notte.-

Sal.- Buonanotte a voi. (Vito, con passo stanco esce)-   

Salvatore, si sistema nella sedia, prende la pipa e l’accende, immergendosi nei suoi pensieri. Pizzicare di chitarra vibrare di marranzanu in lontananza. Entra Agata.

Aga.- Lo scacciapensieri. Lo senti?-

Sal.- Lo sento.-

Aga.- E perché non ti fai scacciare i tuoi?-

Sal.- I miei non li scaccia nemmeno l’atomica.-

Aga.- Sono così pesanti e duri?-

Sal.- No, sono tristi e pungenti - eppoi medito.-

Aga.- Pover’uomo. Comunque, nel frattempo, tra una meditazione e l’altra, perché non entri in casa? Sta calando ‘u risinu, senti che umidità c’è nell’aria?-

Sal.- Ancora un po’ eppoi entro. Vedi come si sta bene? E’ estate, anche se ancora le serate sono freschine. Vieni, prendi na sedia e siediti anche tu, stiamo un pochino e poi ci ritiriamo. Anzi, sai che ti dico? Apparecchia il tavolino, ceniamo fuori.-

Aga.- (guarda il cielo che imbrunisce, poi annuisce) E va bene, ma mettiti il golfino, e prepara il tavolino.-

Agata entra in casa, intanto Salvatore prende il tavolino e una sedia e li pone vicino a se, sempre musica in lontananza. Rientra Agata e apparecchia la tavola. La musica si fa più vivace per attenuarsi e finire quando Agata avrà già portato in tavola.

Aga.- (affacciandoi verso l’interno della finestra) Maria, Maria, vieni è in tavola… siamo in giardino...-

Sal.- …come a chiddi boni.-

Aga.- Perché siamo gente tinta? Dei poveracci?-

Sal.- Dicevo per dire. E non te la prendere, era solo una battuta. E santu diavuluni, volevo dimostrare tutta la mia soddisfazione. Che chiedo io alla vita? Forse soldi? Privilegi? Proprietà? Salamelecchi? No, io mi accontento di queste piccole cose: cenare fuori con questa pace, godere di  questa aria buona, confortato da qualche bella amicizia, fare qualche battuta di caccia, e, in autunno, andare a funghi. Cosa chiedo di impossibile?-

Aga.- (pungente) E io? E la tua famiglia?-

Sal.- E che c’entra? Questo è fuori discussione. Certo che venite prima voi… ma ti pare…-

Aga.- Allora potresti chiedere anche che ti passino l’arterii - per esempio.-

Sal.- Cosa vuoi insinuare che sono arteriosclerotico?-

Aga.- Ancora no, ma sei sulla buona strada.-

Sal.- Ma… ma… santu diavuluni!-

Aga.- E non t’arruffare. Stavo scherzando. O puoi fare le battutine soltanto tu?-

Sal.- Si, va bene, le battutine; ma le tue sono feroci, se ci permetti.-

 

Entra Maria, è imbronciata. Si siede senza dire una parola. 

Sal.- Buona sera signor sceccu, come stai babbaleccu, che si dice mammalucco ( a tutti ma in particolare a Maria)-

Aga.- Buooona ceeeena. (facendo capire che gradirebbe che la smettesse)-

Sal.- Ca buona cena. (rassegnato, sbirciando le due donne)-

Aga.- (a Maria) E tu non mangi?-

Mar.- Non o fame.-

Aga.- (servendola lei) Tieni, assaggia sti peperoni arrostiti…(Maria mangiucchia, Salvatore mangia in silenzio) Chi paci, carusi.-

Si odono in lontananza il vociferare dei turisti che ritornano dalla visita al fronte lavico.

Sal.- …come non detto. (lascia cadere la forchetta nel piatto e smette di mangiare)-

Aga.- E mangia, lasciali perdere a quelli.-

Sal.- Non posso. E’ più forte di me. Mi si chiude lo stomaco con questi… con questi…questi (fa cenno verso il fondo) tra i piedi.-

Aga.- E speriamo che tutto finisca con questo spettacolo per turisti...(guardando la montagna)-

Maria – Ma c’è pericolo anche per noi?-

Aga.- Domandalo a tuo padre. ( ma poi pone ella stessa la domanda) C’è pericolo per noi Salvatore?-

Sal.- Ancora questa possibilità è abbastanza remota. Eppoi bisogna vedere se si placa, se cambia direzione, se finisce… Piuttosto per lo zu Vitu le cose si mettono male. Sembra che questa colata punti dritto dritto verso il suo podere e, se non accade nulla, domani o al massimo dopodomani se l’ammucca. –

Aga.- Poverino, chissà che dispiacere si prenderà.-

Sal.- Già. Io ho cercato di confortarlo, anche se non era proprio necessario, perché quell’uomo è forte come una quercia nel corpo e nello spirito.-

Maria- Ma se il podere dello zu Vitu è in pericolo, anche noi lo siamo: se non sbaglio dista poche centinai di metri da noi…-

Sal.- (mettendo da parte il musone per la figlia) E ti pare niente? La colata fa cento metri al giorno; poi bisogna vedere per dove prenderà: per le vecchie lave o per il sentiero del castagneto…-

Maria- Insomma pericolo immediato no, ma sempre pericolo incombente è.-

Sal.- Qui, sulla montagna, sempre in pericolo siamo, dai tempi dei tempi fino ad oggi. Ma sappiamo anche che spesso, come inizia, così finisce: con uno spettacolo per turisti.-

Maria – Magari, magari fosse solo questo.- 

Sal.- Pensi di poter perdere la tua futura casa…(acido)

Aga.- (rimproverandolo) Salvatore!-

Maria- Lascia perdere mamma, lascia perdere…-

Sal.- Non lasciare perdere niente, Agata. E tu mi dici quello che ti frulla in testa? Vuoi la casa?  Ebbene chiedi il permesso anche alla Montagna!-

Maria- Papà, papà, non essere cattivo… non è solo per la casa…insomma, la casa mi serviva per… per far decidere Giacomo a sposarci.-

Sal.- Perché, che problemi ha questo signore?-

Aga.- Salvatore, ti prego, ascoltala senza fare ironia o sarcasmo. Lo sappiamo che sei un maestro in questo genere d’atteggiamento, ma ascoltala e basta.-

Sal.- Qui si complotta. Avanti cos’altro debbo sapere?-

Maria- (titubante) Ecco… ecco, si tratta di questo: qualche giorno fa, il Comune ha promosso una campagna di attenzione per l’anemia mediterranea, la famosa talassemia, invitando i giovani fidanzati ad effettuare le analisi del caso. Ora io e Giacomo, quasi per gioco, ce le siamo fatte…e …e…siamo risultati tutti e due positivi.-

Sal.- E allora?-

Maria- E allora non possiamo aver figli, per non correre il rischio che nascano ammalati.-

Sal.- E voi li curate…-

Aga.- …la talassemia, in questo momento, è incurabile...-

Maria – …e si vive male…

Aga.- … e poi si muore giovani…-

Sal.- Accidenti. Ma la scienza? La ricerca, che dicono?-

Maria-  Ci stanno lavorando sopra, ma per il momento l’unica via d’uscita è il trapianto del midollo spinale. Ma non sempre c’è compatibilità… insomma è una tragedia per chi ci capita!-

Sal.- E non casca il mondo. Se non volete correre il rischio e volete dei bambini, potete sempre adottarli.-

Aga.- E qui casca l’asino.-

Sal.- Quale asino?-

Maria- Il padre di Giacomo, che si oppone.Vuole l’erede sangue del suo sangue.-

Sal.- Ah, Calcedonio Pezza si oppone? Bella questa, proprio bella… vuole il sangue del suo sangue. Sangue nobile, sangue blù. Bella roba.-

Maria- Intanto sarà una bella roba ma Giacomo non gli si vuole mettere contro…-

Sal.- …e non ti vuole sposare…-

Aga.- …già!-

Sal.- Va bene, va bene, quando finisce questa storia della Montagna, ci vado a parlare io con nobile Calcedonio Pezza e gli ricorderò di quando eravamo insieme in via Santa Lucia.-

Maria – Lo conoscevi prima che io conoscessi Giacomo?-

Sal.- Infatti!-

Maria- E come? Io sono curiosa.-

Aga.- Lasciamo perdere questi discorsi.-

Maria- No, invece voglio proprio sapere. Dai papà, dimmi.-

Sal.- Beh, io e Calcedonio eravamo ospiti del Brefotrofio che è proprio in via Santa Lucia…-

Maria- Eravate tutti e due trovatelli?-

Sal.- In certo senso…io orfanello, lui della ruota.-

Maria- Della ruota? –

Aga.- Insomma, abbandonato.-

Maria - Ma allora…-

Sal.- Ma allora ricorderò io a Calcedonio che, se non ci adottavano due sante famiglie, forse noi due ammuffivamo ancora là, a pane e cicoria.. se ci andava bene.-

Aga.- E invece sono cresciuti tutti e due dei galantuomini… specialmente tuo padre!-

Maria- Capisco. Beh, a questo punto credo che lascerò Giacomo nelle braccia del suo grande nobiluomo del padre. E che vadano a quel paese.-

Sal.- Macchè, macchè, tu stai calma, che questa storia, se questo è il solo motivo, me la sbrigherò io. Calcedonio, ti strozzerò col tuo blasone blu. (intanto sorride)

Maria- Ma, veramente…-

Aga.- Maria, lascia fare a tuo padre.-

Maria- Va bene, fai il tuo tentativo.-

Sal.- Grazie…(riprende a mangiare).-       

Le voci dei turisti finiscono e attacca il pizzicato di chitarra e qualche battuta di maranzano. I tre mangiano.

Aga.- A chi paci.-

Sal.- E non lo dire più, per scaramanzia. (lasciando cadere ancora la forchetta sul piatto)-

Aga.- Ca ora mi cucio la bocca per la tua scaramanzia. (piccata)-

Sal.- Mali fruscoli currunt stasera…passami il pane.-

Aga.- Ora non si usa più dire: per favore?-

Sal.- …per favore, passami il pane… graaazieee.-

Aga.- Senti, sbenta a to soru!-

Sal.- Basta, va, per stasera tu e Calcedonio Pezza, m’avete fatto passare veramente l’appetito...-

Aga.- …Sono i tuoi  tinti pensieri…-

Sal.- …E’ la tua bocca dolce…-

Maria- (alzandosi frettolosamente) Scusatemi, io entro.-

Aga.- Entra, entra, così non senti i pensieri di questo vecchio sconclusionato. (a Salvatore, aggredendolo) Ma chi credi di essere diventato? Eh, tintu archivista do catastu! Forse perchè questi quattro viddani ti danno importanza, pensi di essere filosofo sentenziatore? A vo curchiti và!-

Sal.- (alzandolsi) Prima mi faccio due passi, poi accontento vostra signoria.-

Aga.- (sparecchiando) Bedda Matri, se non gli lascio correre sta insalatiera…-

Sal.- Niente violenze, donna! ( finto timore)-

Aga.- Ahi, botta di vilenu. (si porta un dito in bocca)-

Sal.- Chi fu?-

Aga.- Lo vedi? Lo vedi? Per pensare a te mi sono pestata un dito…-

Sal.- (avvicinandosi affettuosamente) Fammi vedere…ecco, ti do un baciuzzo e ti passa tutto.-

Aga.- (finta offesa)Mi prendi in giro?-

Sal.- Ma no. Voglio essere solamente gentile.-

Aga.- Mi bastò già un volta d’abboccare alle tue gentili smargiasserie.-

Sal.- Smancerie, si dice smancerie, quante volte te lo debbo dire?-

Aga- io -.- (rientrando in fretta) Uffa chi ssi camurriusu! Buona notte, varvasaviu!-

Sal.- Ca bona notte. (contempla il cielo) Buona notte. Buona notte a tutti: ai panzuti, ai viddani del GIT, alla colata, al castagnazzo, a Saru c’un brazzu. E buonanotte anche a te, Montagna nostra. Lo sai? io ti capisco. Dev’essere fastidiosissimo avere tutte queste persone addosso, tutte queste case che ti sono cresciute in poco tempo, come funghi, sulla tua crosta. E certo, la crosta è dura, ma il solletico te lo fanno lo stesso, e, quando ti solletichi troppo, ci fai qualche pernacchetta, spari qualche botta e poi quando non ne puoi più e ti viene la nausea degli uomini, allora vomiti un poco di fuoco, tanto per ricordarci che sei, eppoi t’arrizzetti.

Buona notte zu Vitu, e sogna che il fuoco ti passa lontano eppoi si spegne. Sogna anche che la vigna ti dia una buona annata di vino forte e di sostanza, per farci svaporare dei pensieri e farci sentire in paci col mondo e con la nostra coscienza.-       

Sempre pizzicato di chiatarra. Salvatore passeggia sulla scena. Entra Saru. E’ claudicante, porta il braccio appeso al collo con un fazzoletto e in testa ha una specie di benda a turbante.

Sal.- (trattenendosi dal ridere) Saru? Ma non eravate a letto per le ferite che vi ha regalato il vostro amico castagnazzo? –

Saru – Ero. Ma non resistevo a restarmene a letto a rimurginare le male azioni di quel bestione.-

Sal.- Non si vuole arrendere, vero?-

Saru – Vero! Picchì, parranno cu vui, si combattono due forze uguali e contrarie: la mia testardaggine e la sua voglia di sopravvivenza. Eppoi ha una forza titanica, cento volte di più forte della mia volontà, che grazie a Dio è universalmente riconosciuta…-

Sal. - … come cocciutaggine…-

Saru- Così si dice in giro. Mi sta facendo sudare cento camicie e ancora sono all’antipasto…-

Sal.- Ca certo. Per un’impresa simile ci voglio tempo e pazienza, ma soprattutto prudenza…-

Saru- … e due braccia. Si, si, ci vuole come dite voi, ma ora –io - ho deciso: taglio alla base e chi s’è visto, s’è visto.-

Sal.- E la casa? Quella crolla.-

Sal.- Ci ho pensato già: Lo faccio cascare dalla parte opposta. Intanto che stavo a letto, ho ideato un sistema di funi che imbriglierà quel mostro e lo farà cadere ai miei piedi. Ho tutto qui, in testa. E’ un piano pronto per essere attuato e, parranno cu vui, domani quello bestione maligno sarà kaput!-

Sal.- Perché maligno?-

Saru- Perché si sta comportando da infame, ecco perché!-

Sal.- Ca certo, quello si difende come può…-

Saru- Concesso. Ma quello si sta battendo in modo sleale. Vedete? Mi prepara la trappole, le insidie, i tradimenti. E, parranno cu cui, se non fossi del mestiere, a quest’ora m’avrebbe già bell’è seppellito: morto stecchito! No, nella vecchiaia è diventato malvagio.

Ma io ho il mio piano segreto. E domani lo attuerò. Taglio alla base con la segna a scoppio, senza pietà.-

Sal.- Accura, don Saru, state attento, fatevi aiutare, voi avete un solo braccio...-

Saru- Ormai è una questione personale tra lui e me. E anche con un braccio in meno la sua sorte è segnata. (intanto si ode un fortissimo boato) A Montagna, ancora a Montagna (preoccupato).-

Sal.- Ha ripreso nuovamente. Era rimasta calma tutto il pomeriggio.-

Saru- Sta colata stavolta è carogna! E non tanto per la quantità di lava, ma per i numerosissimi bracci che crea; e che dirige, quasi con intelligenza come se attuasse un piano tutto suo, verso le terre coltivate, e, purtroppo, anche verso le case e i villini di villeggiatura.-

Sal.- Stavolta la vigna do zu Vitu se la mangia in un sol boccane.-

Saru – Pare così anche a me. Quel nuovo braccio sembra fatto apposta per li zu Vitu. Basta. col vostro permesso mi reco più su, vorrei controllare.-

Sal.- Aspettate, vengo con voi.-

Saru- Prendetevi un giaccone, lassù fa freddo a quest’ora.-

Sal.- O più caldo ( tra se. Intanto entra in  casa, mentre sulla destra s’intravvedono bagliori rossastri, quindi rientra col giaccone in mano e lo indossa) Eccomi, andiamo?-

Saru- Guardate don Salvatore. (indica i bagliori).-

Sal.- Santu diavuluni, è male intenzionata!-

Saru – Chista è un’eruzione carogna, ve lo dico io.-

Aga.- (affacciandosi dalla finestra, allarmata) Salvatore, Salvatore, bedda matri, mi spavento! Sta malanova s’mmucca tutto! E tu dove stai andando?-

Sal.- Vada con don Saru lassù, a dare un’occhiata, ma tu stai calma… voi aspettatemi alzate, però.-

Aga.- Stai attento, Salvatore.-

Sal.- Starò attento. Ciao. (si avvia con Saru ed escono di scena).-

Aga.- Maria, Maria, vieni a vedere.-

Maria- (affacciandosi) Madonna mia, è spaventoso. Mamma, io preparo la macchina, non si sa mai.-

Aga.- Va bene, preparala, io faccio le valigie…ma prima aspettiamo che torni tuo padre, può darsi che sia un falso allarme… speriamo.-

Entra lo zu Vitu.

Aga.- Zu Vitu, zu Vitu, mio marito è lassù, con don Saru, se lo vedete ditegli di scendere subito, per favore.-

Vitu- State tranquilli signora, glielo dirò.-

Aga.- Zu vitu, a vostra vigna è in pericolo?-

Vitu – Forse si, forse no. Comunque ci sto andando.-

Aga.- Speriamo bene, zu Vitu.-

Vitu – Speriamo bene, signora.-

Lo zio Vito esce ed entra una guardia forestale.

Aga.- Brigadiere, brigadiere, come vanno le cose lassù?-

Bri.- Un po’ maluccio signora, un po’ maluccio.-

Aga.- Ma c’è pericolo per noi?-

Bri.- Ancora non credo. Bisogna aspettare domani.-

Maria- Domani? E se arriva stanotte?-

Bri.- Con la velocità d’avanzamento che ha ora, prima di due giorni non arriva qui. E in due giorni possono accadere tante cose.-

Aga.- Ca certo, il brigadiere ha ragione. Eppoi, se ci fosse vero pericolo, quei turisti non li avrebbero fatti salire fin lassù.-

Bri.- Quelli sono i contadini che ce li portano, da incosciente, sentite a me.-

Maria – Ma non potete impedirglielo?-

Bri.- Chi io?-

Maria- Voi, la polizia, i carabinieri…-

Bri.- Eh, signorina è facile a dirsi che a farsi. Vedete quelli che li portano lassù dicono d’avere il podere da quelle parti e possono passare. Certo si fanno accompagnare da delle persone – dicono – per farsi aiutare in caso di necessità di sgombro…

Aga.- … e si fanno pagare…-

Bri.- Certo. Si fanno pagare, ma loro dicono che è un contributo volontario per aiutarli in caso di perdita dei loro poderi.-

Maria- Insomma hanno inventato un  nuovo mestiere. Ma è pericoloso, vero brigadiere?-

Bri.- Un po’ pericoloso lo è effettivamente. Però i contadini sono esperti accompagnatori e li portano dove possono vedere senza rischio alcuno. Certo, tutto è possibile. Basta un tizio imprudente ed è fatta.-

Aga.- Ma com’è il fronte lavico?-

Bri.- Da questa parte, nel braccio che ci interessa non è largo più di novanta, cento metri, e alto forse tre- quattro. Ma è ben alimentato.-

Aga.- Che la Madonnuzza di tre Munti ci protegga.-

Bri.- Lo ha sempre fatto nel passato. E adesso col vostro permesso devo scendere giù. Sembra che l’autorità competente abbia bloccato tutti gli accessi e, penso, anche questo. Buona sera signora. ( fa un cenno con la testa anche a Maria ed esce di scena.)-

Maria- Io vado a mettere in moto la macchina e la porto qui.-

Aga.- Non è necessario. Basta che la fai scaldare, pronta per l’evenienza. Maria non essere frettolosa.-

Maria- Io non sono frettolosa sono morta di spavento.-

Aga.- E allora cerca di controllarti e aspettiamo il ritorno di tuo padre.-

Maria- (uscendo) Vado a preparare…-

Aga.- … senza prescia.-

 

Agata passeggia nervosamente, mentre i boati si susseguono e i bagliori aumentano. Sembra un temporale a ciel sereno.

Dopo pochi minuti entra in scena Salvatore.

Aga.- (Andandogli incontro) Salvatore, Salvatore…-

Sal.- (abbracciandola) Stai tranquilla… calma… -

Aga.- Salvatore, scappiamo via, scendiamo in città.-

Sal.- Si, si, andiamo…anzi andate. Maria, Maria, prendi l’auto.-

Aga.- Andate? No, no, andiamo, perché vieni anche tu.-

Sal.- Io resto. Può darsi che tutto si calma. -

Maria- (entrando trafelata) L’auto è pronta, carichiamo le valigie e andiamo.-

Sal.- Per adesso andate voi. Io resto.-

Aga.- Ti prego…-

Maria- Vieni con noi papà.-

Sal.- (staccando Agata dall’abbraccio) Andate su. Giudizio. Io debbo restare. Lo capite? Debbo! Non posso abbandonare la nostra casa, così, in balia di quella maledetta colata. Io non scappo!-

Aga.- Ma se c’è pericolo?-

Sal.- Sarò prudente, stai tranquilla. Non mi esporrò inutilmente a nessun rischio. Ormai sono quasi viddano anch’io e so come muovermi. -

Aga.- (baciandolo) Ti aspettiamo…-

Sal.- Andate. ( la bacia, bacia anche Maria e le sospinge dolcemente in casa) Andate.-

Agata e Maria escono. Salvatore resta solo in scena. Posa statuaria intanto che scruta i bagliori.      

Tela. 

                  

                                                                        Atto  III

Stessa scenografia dell’atto precedente. Sulla scena c’è un via vai di contadini che trasportano masserizie a valle.

Salvatore entra in scena asciugandosi le mani con una salviette. E’ mattino. Entra il brigadiere.

Bri.- Buon giorno signor Occhipinti.-

Sal.- Buon giorno a voi. Come vanno le cose lassù? Posso darvi una mano.-

Bri.- Vi ringrazio ma siamo organizzati. Più sotto abbiamo i camion per caricare gli sfollati e le loro masserizie..-

Sal.- (riferendosi ai contadini) Poveracci, dev’essere veramente duro…-

Bri.- Già, è vero. Però, forse  ce l’hanno nel sangue, ma vedete con che calma e rassegnazione affrontano il fatti? Quasi quasi sembra che la cosa non li interessi.-

Sal.- E cosa volete che facciano? Contro la lava nessuno ci può.-

Bri.- Sa, le autorità stanno studiano dei piani d’intervento. Forse ci sparano le mine.-

Sal.- Le mine? Nel cratere? Ma che sono ammattiti? Tuttalpiù posso pensare a degli sbarramenti artificiali, a dei fossati, ad un percorso obbligato. Ma bombardare il cratere è da pazzi criminali.-

Bri.- Mah, che vi debbo dire, speriamo che sappiano ciò che fanno, altrimenti, senza voler essere iettatore, quella ci spazza via tutti, e, scusatemi la franchezza, voi per primo.-

Sal.- Già. Ma ancora mi conforta che questa evenienza è lontana.-

Bri.- Non tanto, non tanto… guardate c’è u zu Vitu.-

Entra Vito, è una statua di pietra. Porta sulle spalle qualche attrezzo agricolo.

Sal.- Zu Vitu, s’ammuccau?-

Vito- S’ammuccau! ( restano qualche secondo a guardarsi come se rispondessero, reciprocamente, a mute domande, poi Vito esce subito)-

Bri.- Ed è fatta! Da questo momento la zona è a fortissimo rischio. Vi consiglio di sgombrare.-

Sal.- Io non sgombro un bel niente. Ancora la partita è tutta da giocare.-

Bri.- Signor Occhipinti, con la montagna non si contratta, ne si gioca. Comanda lei la partita e basta!-

Sal.- Staremo a vedere.-

Bri.- Cosa intendete fare?-

Sal.- Ancora non lo so con precisione, ma qualcosa la farò, statene certo.-

Bri.-  State forse prendendo esempio di Saru cun braccio e della sua lotta col castagnone? -

Sal.- La lotta è lotta!-

Bri.- E la pelle è la pelle! Ma lo sapete che Saru è all’ospedale mezzo morto?-

Sal.- No, non lo sapevo.-

Bri.- Da ieri sera. La serie di funi che aveva ideato si spezzò, e come una enorme frustata lo scaraventò lontano, fratturandolo come un burattino. E lo sapete perché è ancora vivo?-

Sal.- (spazientito) Non lo so, ditemelo voi.-

Bri.- E’ ancora vivo perché, così lui ha raccontato all’ospedale, il castagnone, cadendo, lo volle risparmiare.-

Sal.- Come, come?-

Bri.- Vi riporto ciò che lui ha detto, non è mia invenzione, tanto per capirci. Disse che prima che le corde cedessero era già riuscito a tagliare con la sega a scoppio il castagnazzo, e che quando fu scaraventato sulla sciara aguzza, il tronco stava abbattendosi nella sua direzione, ma, quasi all’ultimo momento, cambiò traiettoria, evitando di schiacciarlo come una pulce.-

Sal.- Nella sfortuna è stato fortunato.-

Bri.- Lui sostiene che fu il castagnazzo a contorcersi per schivarlo.-

Sal.- Don Saru ha molta fantasia.-

Bri.- Vero o non vero, fantasia o no, questo lui ha raccontato e questo vi ho riferito. E comunque una cosa è certa: ha una testa dura come una cerza! (guardando significativamente Salvatore).-

Sal.- ( che capisce, toccandosi la fronte) Vi riferite a me, per caso?-

Bri.- Insomma si! Signor Occhipinti, avete visto lo zu Vitu? Ebbene, quando non c’era più niente da fare, si è arreso e basta. Che vale combattere ad oltranza e rimetterci la vita? Insomma, alla Montagna della nostra pelle non gliene importa nulla. Essa si riprende solo ciò che è suo, e basta! Non vuole vittime - non ne ha mai fatto – ci da sempre il tempo di metterci in salvo. E allora, approfittiamone.-

Sal.- E no, e no! Essa si prende ciò che è suo, e va bene, ma a me, a me, questa casetta è costata quarant’anni di lavoro e sacrifici. E chi me li rende? Chi mi indennizza? Chi mi ridà i miei anni? La Montagna, voi, le autorità competenti? No, la mia vita e in questa casetta, e se se la vuole prendere, dovrà prendere pure me.-

Bri.- Ma le autorità non lo permetteranno – e neppure io, sapete?-

Sal.- Con rispetto parlando, voi vi farete gli affari vostri. In quanto alle autorità, quelli sono dei corvi: arrivano quando il danno - e i morti  - sono stati già fatti!-

   

Entrano dei contadini a passo veloce.

Bri.- Dov’è arrivata?-

Cont.- Ha imboccato il sentiero.-

Sal.- Bedda Matri, quant’è carogna: ha imboccato la via più breve. Con permesso, amici (fa per entrare)-

Bri.- Dove andate?-

Sal.- State tranquillo, vado a chiamare Giovanni Strazzeri.-

Bri.- Che intenzione avete?-

Sal.- Niente, niente, faccio erigere solo un baluardo là. (indica la fine del sentiero)-

Bri.- Per fare cosa?-

Sal.- Per passami un capriccio (ironico) Avaia brigadiere, ma per deviarla, no?-

Bri.- State dando i numeri. Nessuno può fermare la lava.-

Sal.- ( con calma) Io non la fermo, la devio. (al contadino) Fatemi la cortesia di dire a Giovanni di salire qui, con la pala meccanica e il camion, c’è un lavoro straordinario e di merito per lui (con la mano fa cenno come se contasse dei soldi). Ma deve venire subito! Grazie per il favore e a buon rendere.-

Cont.- ( a Salvatore) Sarà servito. (agli altri) Stavolta ci ammazziamo dalle risate. (esce)-

Entra in scena Giacomo, è trafelato per la corsa.

 

Gia.- Signor Occhipinti…papà, sono salito con la macchia. E’ qua sotto. Carichiamo quello che ci sta e filiamocela.-

Sal.- (meravigliato) Oh, Giacomo… grazie, non c’è nulla da caricare, sono rimaste sole le masserizie. Comunque grazie d’esser venuto. E, buon viaggio, perché te ne vai subito giù.-

Bri.- Giovanotto, portatevelo via, subito.-

Gia.- Andiamo papà.-

Sal.- Per ora non sgombro, ne fuggo! Prima voglio fare un ultimo tentativo. Sarà lei a sgombrare (guarda torvo verso la presunta colata). La costringerò a cambiare strada, la porterò sulle sciare del 1952.-

Gia.- E, con tutto il rispetto, come fate, con l’ipnosi?-

Bri.- Vuole deviarla…-

Gia.- Come? Deviarla? E come?-

Bri.- Vuole erigere un bastione proprio là in fondo e costringerla a deviare.-

Gia.- Mamma mia… ma come ce la può fare in poche ore?-

Sal.- Sta arrivando Giovanni Strazzeri con la ruspa. Farò quello che mi sarà possibile fare. Io sono un lottatore. (poi guardando Giacomo) Io non mi arrendo – mai!-

Gia.- Scusate, ma vi riferite a me?-

Sal.- A te, alla lava, a tutti!

Gia.- Sentite signor Occhipinti ( lo porta in disparte) Se vi riferite alla casa, quella non è stata idea mia; se invece vi riferite ai futuri figli, ebbene, è mio padre che mi obbliga. Si oppone come una tigre. Non ne vuole proprio sapere. E’ irremovibile. Perdonatemi, ma non ce la faccio ad affrontare papà. Mi tiene in pugno, quasi mi ricatta. –

Sal.- Siamo a questo punto? Bene, allora, se lo vedi prima di me- perché, finita questa storia (accenna alla lava) lo voglio affrontare – dicevo se lo vedi prima, ricordagli di parlarti di via Santa Lucia.-

Gia.- Lo farò, ma mi dovrete spiegare…-

Sal.- E’ lui che ti deve spiegare perché se impuntato. Tu devi soltanto ricordargli…-

Gia.- …Via Santa Lucia, e poi?-

Sal.- Eppoi, eppoi il Brefotrofio…-

Gia.- Il Brefotrofio?-

Sal.- Già… Dove eravamo ricoverati io e lui cinquant’anni fa! Orfano io, trovatello lui.-

Gia.- Trovatello? Voi? Cioè lui? Accidenti! E allora la famosa discendenza? E l’albero genealogico, E… il blasone?-

Sal.- Tutte minchiate caro Giacomo.-

Gia.- (pensieroso) Se l‘è inventati… Si è fatto un mondo a sua misura…degli avi tutti suoi… Forse mio padre ha avuto dei problemi e non vorrebbe…-

Sal.- Tutti abbiamo problemi, ma poi si superano… a meno che non siamo teste di trunzu, come forse è tuo padre. Ma, accidenti, io lo conosco da piccolo, non è cattivo, è soltanto, è soltanto… pomposo, ecco, è proprio questo.-

Gia.- Pomposo (pensieroso) forse è il termine giusto. Allora, voi pensate che cederà.-

Sal.- Cederà. Deve cedere.(scherzoso) Se non vuole essere sputtanato… ma no! Faccio di meglio: lo strozzo con queste mani. (poi serio) Ma questa conclusione sulla malattia, cos’è una sentenza a morte? Non c’è rimedio? Non ci sono alternative? In tutto c’è rimedio, dicevano gli antichi.-

Gia.- (facendo cenno con la mano di fermarlo) Ho capito. Ho capito. Tutto chiaro! Le alternative, certamente. Va bene, ne riparleremo a cose finite … di tutto. (fa cenno alla lava) Ed ora, permettetemi d’aiutarvi, ci vorranno molte braccia per fare la barricata.-

Sal.- Bravo! Hai detto bene: barricata! Ma dopo la costruzione tu ne andrai giù. Me lo prometti?-

Gia.- Promesso. Allora iniziamo?-

Sal.- Iniziamo. Gli faremo vedere cose turche!-

La scena, a vista, cambierà. Con vociare, rumore di motore, e tonfi di piccone, la casa ruoterà su se stessa e apparirà uno scorcio di bastione fatto di pietre e di terra. Sarà alto circa due metri e ci sarà appoggiata una scaletta per permettere a Salvatore si salire sul bastione. Il sole lentamente si sarà abbassato: è il tramonto. In scena ci saranno i braccianti del primo atto.

1°bra.- Io dico che regge due minuti, poi crolla.-

2°bra.- Ca quali. Quello resiste mancu un secondo. A lava non lo vede neppure.-

3°bra.- Si accettano scommesse. Io dico meno di un minuto…-

1°bra.- Vattene, sennò ti prendo a calci nel sedere. Fare scommesse. E che credi di essere alla fiera? E un po’ di rispetto perddio!-

2°bra.- Ha ragione, picciotti finiamola.-

3°bra.- Scusate, scusate…(s’allontana contrariato).

Entra Salvatore con Giacomo e il brigadiere. Sia Salvatore che Giacomo sono sporchi di terriccio.

Sal.- Eh, che ne dite? (mostra orgoglioso la barricata) Certo se ci avessi pensato prima l’avrei potuto erigere più alto e più solido. Ma pazienza, m’accontento. Eppoi questo basta per darle filo da torcere quella… a quella…insomma a quella lì.-

Bri.- Signor Occhipinti, adesso è veramente ora d’andar via.-

Sal.- C’è tempo, c’è tempo.-

Gia.- Meglio di così non potevamo fare…-

Bri.- Dottore, convincetelo a sgombrare. Qui ormai è questione di minuti e la casa…(fa cenno con le dita alla morte)-

Gia.- E che credete? Ci ho provato fino alla nausea. Comunque, papà, ora mi pare che siamo alla fine e che il brigadiere ha proprio ragione. Prendiamo dalla casa ciò che possiamo e andiamocene. Tanto che ci costa? Se tutto va bene li rimetteremo a posto. (Salvatore è concentrato sul bagliore della lava, che, adesso che si è fatto più scuro, si è accentuato notevolmente. Giacomo allarga le braccia sconsolato) Nisba, è assente…-

Bri.- (Ai braccianti) Avanti voi sgombrate, lasciate libero il sentiero, stanno per arrivare le autorità.-

1°bra.- Ditegli di starsene dove sono. Qui non li vogliamo.-

2°bra.- Mangia pani a tradimento. Ecco le vostre autorità.-

3°bra.- Vengono solo per godersi lo spettacolo. Ladri!-

Gia.- Calmatevi, calmatevi, in fondo se non vedono coi loro occhi, come possono intervenire con efficacia?-

1°bra.- Ca ora ci aiutano con gli occhi.-

Gia.- Stanno facendo la protezione civile, proprio per intervenire…-

Bri.- Ma insomma, cosa pretendete?-

2°bra.- Mutu vui, che siete con quelli lì.-

Bri.- Ma che volete i miracoli?-

1°bra.- Guarda cosa devi fare tu: vai laggiù e digli che qui non li vogliamo…-

2°bra.- … che siamo nervosi…-

3°bra.- … che non sappiamo come gli va a finire.-

Bri.- Io scendo (un poco turbato dai discorsi duri dei braccianti) ma voi state calmi.-

1°bra.- Più calmi di così… tanto il mio frutteto se l’è già mangiato…-

2°bra.- … e pure la mia vigna…-

3°bra.- … e il mio castagneto è sotto cinque metri di fuoco.-

1°bra.- E, parlando con rispetto, tra poco s’ammucca anche questa casa.-

Sal.- ( come risvegliandosi) E cu rispettu parranno ti dico che sei un cucco!

1°bra.- Scusate, scusate, dicevo così…-

Sal.- Vi scuso. Vi scuso anche perchè non sapete chi è Salvatore Occhipinti!-

2°bra.- (al primo, sottovoce) Mutu ca scattiau.(fa cenno per dire pazzo)-

Gia.- ( irrequieto) Dunque, papà?-

Sal.- Aspetta, aspetta. Sta arrivando l’assassina… la sento chiaramente, ora. Senti come fa rotolare la grande massa incandescente davanti a se? Pietra dopo pietra, inesorabile, per poi riempirle di magma, e di nuovo rotola i suoi grossi massi, incandescenti, travolgenti, distruttori, assassini! Di piante, di case, terreni. Ma qua t’aspetto!    

Si ore il rumore del magma in movimento. Esso fa lo stesso rumore di una grossa ruspa. Cala l’oscurità. Il sinistro bagliore della lava è vicinissimo.  

1°bra.- Ccà è!-

Salvatore con movimenti lentissimi, entra in casa e riesce impugnando il suo fucile da caccia.

1°bra.- E che ci sparate la moschetteria?-

3°bra.- La voli ammazzari? (fa cenno alla lava)-

2°bra.- Ve lo dissi che scattiau!-

Bri.- ( entrando) Muti carusi. Don Salvatore, cosa intendere fare?-

Salvatore non risponde e lentamente va verso la scala e sale sul baluardo.

Bri.- Dottore, intervenite o lo faccio io con la forza.-

Gia.- Ma cosa volete che facciamo? (facendo un cenno di sconforto) Quello ha già deciso: vuole morire insieme alla casa.-

Bri.- Ma bisogna immediatamente impedirglielo!-

Gia.- Ma certo che glielo impediamo, certamente, ma per ora, e poi? Fra un giorno, fra un anno?-

Bri.- Io rappresento la legge e vado a impedirglielo. E’ il mio dovere preciso (sta per avviarsi seguito da Giacomo)-

Entra lu zu Vtu

Vito.- Fermi voi -

Bri.- Ma, zu Vitu…( fermandosi).-

Vitu – ( a tutti) Fermi, vi dissi! (intanto si avvicina al baluardo).-

Sal.- (esaltato) Avanti! Vieni avanti, avanza se hai coraggio! Tu non conosci chi hai davanti! Tu non sai chi è Salvatore Occhipinti, evvero? E allora domandalo ai marosi dell’Ionio, alle sabbie della Libia, alle montagne dell’Albania, e vedrai cosa ti risponderanno: Salvatore è un osso duro, è un combattente, e non ha paura della morte! Ci abbiamo provato tutti a fotterlo, ma lui ci ha fregato! E allora, su, avanti, su, ammuccati la mia casa, se ci riesci - carogna! Perché la tua vecchia sorella non ti piaceva? La vecchia colata del ‘52 non ti garbava. Vuoi preda fresca, vero? E vienitela a prendere, suvvia! Ma, sappi, che hai fatto male i tuoi calcoli: su centomila case abitate hai scelto proprio la mia, quella che ti resterà in gola - e ti strangolerà. Ma se proprio ti diamo fastidio, e sei giusta, allora li devi distruggere tutte, tutte! Non accanirti sola con la mia! E hai fatto pure tanta strada per venirmi a trovare, ma hai fatto il viaggio a vuoto, questo è sicuro! (prende la mira e spara cinque colpi di fucile). 

    

Tutti restano allibiti e fermi sul posto. Solo lo zu Vitu, agile come un giovanotto, sale sul bastione, si avvicina a Salvatore e gli mette una mano sul braccio, in silenzio. Salvatore lo vede, guarda la mano del vecchio, capisce, lancia il fucile sulla lava e scende insieme a Vito. I presenti gli fanno largo, e i due, con passo fermo, escono di scena. Il brigadiere sale sulla scala per vedere la lava, facendosi scudo al viso con la mano.

Bri.- Non vorrei sbagliarmi, ma mi sembra che stia stoccando a sinistra…-

I braccianti salgono a loro volta. Giacomo è rimasto di sasso, seduto su una pietra.

1°bra.- Bedda matri, forse è vero.-

2°bra.- Ma quali, è solamente impressione.-

1°bra.- E che fai? Non vi smicci? Non ci vedi?-

Bri.- Carusi, mi dovesse venire un colpo… sta andando a sinistra!-

3°bra.- E’ vero! Prende per il vallone, verso la vecchia sciara. -

1°bra.- Stocca, stocca!-

Bri.- E’ vero! È vero! Dottore, chiamate vostro suocero!-

Gia.- (rianimandosi) Vado. (esce)-

1°bra.- Chista è fortuna…-

2°bra.- … o mavaria…-

3°bra.- …pi mia si scantau…-

1°bra.-… di don Salvatore o de scupittati?-

Bri.- … del suo coraggio!-

1°bra.- Bonu va, scattiau puru u brigadiere.-

Rientrano Salvatore e Vitu, seguiti da Giacomo. Salvatore va e sale sul baluardo.

Gia.- Zu Vitu, voi che siete vecchio d’anni e conoscete la Montagna, voi che avete vissuto decine d’eruzioni, mi dite cosa significa questo fenomeno? (indica il baluardo e la lava che ha deviato)-

Vitu- I fatti sono quelli che sono. La lava non sceglie la via, idda va e non sapi unni va, ne perché ci và. Quando la Montagna scassa, idda cala, e un ciumi di petri e di focu scurri niuru nte so’ scianchi. E, senza misericordia e senza guardare in faccia a nuddu, abbrucia, in un mumentu, arvuli e casulari. E quannu si stanca, dove si trova trova, incurante della sua ingiusta giustizia, rallenta, si ferma e dda s’arrizzetta.-

Gia.- Andiamo, lasciamo solo…forse parla con la lava, chissà se non la sta ringraziando… (sentendo Salvatore che borbotta).-

Giacomo prende sottobraccio lo zu Vitu e, insieme agli altri, lentamente escono di scena. Musica adatta.

Salvatore resta, solitario, sul baluardo a contemplare lo spettacolo della lava che scorre quasi sotto di lui. Musica adatta.

Sal.- E va bene, va bene! Allora feci un patto con tua madre, la Montagna. Dissi: io mi costruisco la mia casetta sulla tua pelle, col tuo permesso, ma tu sei sempre la padrona di tutto. Quanto ti garba, te la puoi riprendere - quando vuoi.

Ma, con gli anni, mi ci sono affezionato a questa casa, ed è diventata la mia vita. Se la prendevi dovevi prendere anche me! Capisci?

Poi, siamo giusti, dopo di me, centinai di uomini hanno costruito sulla tua rude corteccia: Hanno fatto case, alberghi, chalet, rifugi, e tu nisba, non hai fiatato- hai lasciato fare. Sembravi consenziente – e, detto tra noi, anche contenta.

Ora che fa? ti sei stufata? hai detto basta? Non ci vuoi più? Bene, sei nel tuo sacrosanto diritto…ma…ma che tu ti debba prendere soltanto la mia casetta, lasciando intatte tutte le altre, beh, questo no! Questo mi ha fatto infuriare come una bestia! E allora ti ho combattuto. E ti ho pure insultato. Ora ti chiedo scusa, anzi, perdono! E ti voglio anche ringraziare…-

Si ode un forte boato e si vede un gran rossore: tutto trema!  Crolla la barricata. Salvatore cade sulla lava che tutto travolge. La scena dovrà essere simulata con effetti di luce e di musica che arriveranno fino al parossismo, per poi, dopo un minuto, calare d’intensità, fino a cessare del tutto. Giunge da lontano, un lamentoso canto popolare - in sottofondo.

Quindi silenzio e buio.

Fine.