Spettacolo fuori programma

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SPETTACOLO FUORI PROGRAMMA

Commedia in tre atti

di CESARE MEANO

PERSONAGGI

LEDA, anni 23

IL PROFESSOR X, anni 38

SALVI, anni 45

IL GINNASTA AIAX, anni 25

TATO, anni 60

LA GUARDAROBIERA, anni 60

IL GIAPPONESE

UN MACCHINISTA

ALCUNE BALLERINE

In una città di provincia, oggi.

Commedia formattata da

ATTO PRIMO

Sul palcoscenico d'un teatrino di va­rietà. A sinistra le porte di due came­rini. A destra la porta d'uscita e, af­fiancata alla parete, una scala che sale ad altri camerini. Al fondo le quinte, uno scenario visto a rovescio, alcuni pro­iettori. Da un lato, un pianoforte. Qua e la bauli, casse, sedie, attrezzi.

(Sulla scena del teatrino - la intravediamo fra le quinte - il giapponese fa i suoi giuochi. Le ballerine sono raggruppate in quinta. La guardarobiera - par­ruccone biondo, un fiore tra i capelli, molto belletto - è seduta sui primi scalini della scala ; legge un giornale. Il macchinista bada al suo lavoro. Salvi entra da destra, in soprabito e cappello. E' frettoloso, inquieto).

La Guardarobiera          - (levando il capo curiosa) Buona sera.

Salvi                              - (scontroso) Buona sera. (Si guarda intorno, accorre al secondo camerino di sinistra; prova ad aprirne la porta ; non riesce, e subito bussa, chiama a bassa voce): Leda!... Leda!... (Nessuna risposta; allora, alla guardarobiera) Scusate: è già uscita?

La Guardarobiera          - Vostra moglie?

Salvi                              - Naturalmente. Non sapete che la signora Leda è mia moglie?

La Guardarobiera          - So che è vostra moglie, signor Salvi, ma non so se è già uscita. Io ero su, con le ragazze.

Salvi                              - (sempre più inquieto) Già... Ah! (Un atto di dispetto e d'impazienza).

La Guardarobiera          - Ma perché così inquieto? Non si deve. E' molto nocivo, specie per la digestione. Dovreste bere un bicchiere d'acqua a piccoli sorsi, respirando col naso.

Salvi                              - (su e già per il breve spazio) Come?

(Le ballerine, danzando e cantando, raggiungono il

 giapponese sulla piccola scena. I proiettori cambiano co­lore).

La Guardarobiera          - Quand'io facevo l'infermiera... Lo sapete che ho fatto anche l'infermiera?

Salvi                              - (c. s.) No. Non sapevo. Mi congratulo.

La Guardarobiera          - Non c'è di che. Però ero appas­sionata, e ho imparato molte cose. Se voi voleste darmi retta e bere un bicchiere d'acqua a piccoli sorsi, respi­rando col naso e stando immobile, rigido™ oh. ma pro­prio immobile, proprio rigido...

(Dal fondo del palcoscenico arriva Tato. E' timido, lento, ma molto servizievole. Veste una giacca rossa, quasi una livrea. Porta in fascio alcuni attrezzi da pre­stigiatore e, fra questi, una candela, una rivoltella, mazzi di carte da giuoco, fazzoletti, bandierine, fiori finti, sca­tole colorate. La musica e il coretto continuano).

Salvi                              - (alla guardarobiera) Scusate. (A Tato, mo­vendogli incontro) Signor Tato...

Tato                               - (sorpreso, come non riconoscendo Salvi) Che?... Ah, voi. I miei ossequi, signor Salvi.

Salvi                              - Mia moglie è già uscita?

Tato                               - (riordinando i suoi attrezzi) Vostra moglie? Se vostra moglie è già uscita? Eh, signor mio! E come posso saperlo?

Salvi                              - Ma è venuta, «ì o no?

Tato                               - (sempre flemmatico) E come no? Certamente. E' venuta e ha cantato. Io l'ho sentita... e l'ho vista. La sua angelica voce e le sue diaboliche gambe mi hanno deliziato anche stasera. Cantava il « Tango dell'orchi­dea ». Suggestivo! (Canticchia) «O mia piccola dea, sei come un'orchidea...».

Salvi                              - E dopo?

Tato                               - Dopo? (Pensando) «Sei come un'orchidea...» (trovato) «dal funesto color... »,

Salvi                              - (impaziente) Ma no! Dico: dopo aver cantato.

Tato                               - Dopo aver cantato?... Ah, volete sapere ciò che ha fatto dopo aver cantato... Mah! Dopo aver can­tato... Non so. Io ho dovuto incominciare il mio « nu­mero » ; anzi: il nostro « numero » ; io e il Professor X ; anzi: il Professor X e io; il nostro grande « numero » internazionale; lo spettacolo magico; 'la realtà miste­riosa... Con permesso. (Raggiunge le quinte; prende qualche altro attrezzo; ritorna e canticchia) « Sei come un'orchidea... ».

Salvi                              - (guarda l'ora, ha uno scatto) Le ventitré, quasi le ventitré... (Passaggio) Non si sarà mica addor­mentata nel camerino... (Di nuovo alla porta del came­rino; bussa; chiama) Leda... Le... (S'interrompe e de­siste, scoraggiato) Ma no! Che idea! (Di nuovo incerto) Eppure...

La Guardarobiera          - (che ha continuato a guardarlo) Fate male a non darmi retta, signor Salvi.

Salvi                              - A che proposito?

La Guardarobiera          - A proposito del bicchiere d'ac­qua a piccoli sorsi. Per calmarvi.

Salvi                              - Già. Il bicchiere d'acqua. Ma se sapeste... (Tenta ancora di aprire il camerino).

La Guardarobiera          - Oppure, se vi fosse preferibile; potreste fare un po' di ginnastica ritmica... Alzare e ab­bassare le braccia, per esempio. Così. Vedete? (Accenna il movimento).

Salvi                              - (distratto) Si... ecco...

La Guardarobiera          - (continuando il movimento) Adagio... con calma... sempre con calma...

(Giunge dal palcoscenico il Professor X. Veste la mar­sina. Porta al bavero alcune vistose decorazioni. Tiene fra le mani una scatola cubica).

Il Professor X               - (a Salvi) Oh... buona sera!

Salvi                              - (rivolgendosi ansioso a lui) Buona sera, pro­fessore; e... scusate, mia moglie è già uscita?

Il Professor X               - Vostra moglie? {Leggermente) Oh, è probabile, molto probabile. (Mostra la scatola che tiene fra le mani) Guardate. La riconoscete? La scatola magica! Avete visto, allo spettacolo, che cosa combino con la scatola magica? Un portento, amico mio! Oggi vi ho chiuso un pesce e ne ho fatto uscire... Indovinate!

Salvi                              - (sempre distratto) Eh?... Ah sì... bellissimo, bellissimo!

Il Professor X               - Non indovinate?

Salvi                              - (c. s.) Che cosa?

Il Professor X               - Quello che ho fatto uscire dalla scatola magica.

Salvi                              - Ma... non saprei... un paio di piccioni?

(La musica e il coretto delle ragazze si concludono. Scarsi applausi lontani).

Il Professor X               - (malignamente compiacendosi del tor­mento di Salvi) No.

Salvi                              - (c. s.) Un... un coniglio.

Il Professor X               - Nemmeno.

Salvi                              - Un... (Esce di tra le quinte il giapponese, e poco dopo lo seguono le ballerine. La guardarobiera si alza e si avvia su per la scala. Salvi s'interrompe e af­fronta il giapponese) Scusate... per favore... mia moglie è già uscita?

Il Giapponese                - Comment, comment?... Vostra mo­glie... Aho! (canticchia e accenna il passo di danza) «O mia piccola dea...». Beautiful... epatant... splendido! Salvi           - Grazie. E non sapete se è uscita?

Il Giapponese                - Uscita?.., Oh yes! Salvi     - Yes?

Il Giapponese                - Oh no... Je ne sais pas, signor... Excuse me? (Via in fretta, cominciando a svestirsi).

Salvi                              - (alle ballerine, che si avviano verso la scala) Signorine.- prego!... Mia moglie è uscita?

 Le Ballerine                 - Non so, signor Salvi. Mi pare. lo non l'ho vista.

La Guardarobiera          - Su, su, ragazze, venite. Non fer­matevi. Siete troppo accaldate. (Sale sempre parlando, e le ragazze la seguono) Dopo il numero dovreste sempre coprirvi con una coperta di lana, e poi rimanervene ferme...

Una Ragazza                 - (ironica) Ma proprio ferme!

Le altre Ragazze           - (ridono).

La Guardarobiera          - (sempre salendo) Certo. E non c'è da ridere. Quand'io dovevo occuparmi di qualche caso di febbre alta... il paziente era accaldato, si capi­sce... (E' sparita in un camerino, con le ragazze; e una di queste canticchiava « O mia piccola dea, sei come un'orchidea.,. »).

(Il Professor X è rimasto immobile, con la sua sca­tola fra le mani, e ora riprende il discorso interrotto).

Il Professor X               - (a Salvi) Una gallina!

Salvi                              - (non ricordando) Che?

Il Professor X               - Una gallina!

Salvi                              - Ma che gallina, che gallina... (Ricorda) Ah, già: dalla scatola... (Senza convinzione) Meraviglioso!

Il Professor X               - Véro? Eh! In altri tempi avrei fatto fortuna. Ma oggi... Siamo passati di moda, noi pre­stigiatori. La gente non ha più bisogno di venire a teatro e di pagare quattrini, per vedere degli imbrogli. (A Tato) Tutto in ordine?

Tato                               - Tutto in ordine. (Consegna la rivoltella al pro­fessore, che se la mette in tasca) Questa è già pronta per domani. (Anche un mazzo di carte) E anche questo.

Il Professor X               - (avvicinandosi al camerino di sinistra) Bene. (A Salvi) Arrivederci, eh? (Come ricordando una cosa dimenticata) Ah... volevo dire... Dianzi avete domandato se vostra moglie era già uscita, mi pare.

Salvi                              - (ansioso) Sì, appunto.

Il Professor X               - E io non ricordavo... Che distratto! E' uscita.

Salvi                              - Sì?

Il Professor X               - Appena terminato il suo « numero ».

Salvi                              - Ah...

Il Professor X               - E' andata all'albergo.

Salvi                              - All'albergo... (Si avvia verso la porta di de­stra) Grazie, grazie!

Il Professor X               - Di niente.

Salvi                              - (uscendo frettoloso) Arrivederci.

Il Professor X               - Arrivederci. (Segue con lo sguardo Salvi, poi, appena questi p {uscito, si avvicina guardingo alla porta di destra, spia se l’uomo si è veramente al­lontanato; infine ritorna e, a Tato) Apri.

Tato                               - (apre il camerino e, subito, indietreggia) Oh...

Il Professor X               - (a qualcuno che è nel camerino) Uscite pure. Avanti! (Sulla soglia del camerino si af­faccia Leda; in vesti da passeggio. Appare molto in­certa, trepida, puerile).

Leda                              - E mio marito?... Andato? era ora! Comin­ciavo a essere inquieta. Sentivo la sua voce, continua­mente la sua voce...

(Tato è sempre fisso in lei, stupittisimo).

Il Professor X               - (a Tato) Tato!

Tato                               - (sobbalzando) Eh?

Il Professor X! Svegliati, e porta tutto dentro.

Tato                               - (raccoglie affannosamente gli attrezzi, se ne ca­rica le braccia) Subito.

Il Professor X               - Anche questo (gli consegna la sca­tola magica) e anche questo (si toglie le decorazioni e le consegna a loro volta).

Tato                               - (sempre stupito, nell'atto di entrare nel came­rino) Ma...

Il Professor X               - Non hai da sapere altro. Via! (Tato entra nel camerino, portandovi gli attrezzi. Il professore si avvicina a Leda, molto gentile, insinuante). Piuttosto sono io che ho da sapere qualche cosa.

Leda                              - E' vero.

Il Professor X               - E precisamente ho da sapere la ragione per cui avete voluto ch'io vi chiudessi nel mio camerino e dicessi a vostro marito ch'eravate andata all'albergo.

Leda                              - Sembrate un giudice istruttore.

Il Professor X               - Conoscete i sistemi dei giudici istruttori?

Leda                              - Insolente!

Il Professor X               - Tesoro!

Leda                              - (con finto risentimento) Come? Una simile confidenza...

Il Professor X               - Niente, niente. Giuochi di prestigio. Prendo un fazzoletto e restituisco una sigaretta. Prendo un insulto e restituisco una galanteria. E' il mio mestiere.

Leda                              - (sedendo) Un mestiere che richiede molta abilità...

Il Professor X               - Forse.

Leda                              - ... e molta intelligenza.

Il Professor X               - (sedendo accanto a lei) • 0 molta da parte nostra, o pochissima da parte di chi ci guarda. E il secondo caso è più comune.

Leda                              - Ma non è il caso vostro.

(Il macchinista ha spento i proiettori, ha riordinato la scena; e ora sparisce al fondo).

Il Professor X               - (un po' lusingato) Credete?

Leda                              - Ne sono sicura. E perciò appunto ho voluto rimanere qui con voi, e parlarvi, all'insaputa di mio marito.

Il Professor X               - (interessato) Vi serve quella che voi chiamate « la mia intelligenza » ?

Leda                              - E anche quella che chiamo « la vostra abilità ».

Il Professor X               - (leggero) Volete fare sparire un coniglio in un cappello a cilindro? O far apparire un pulcino in una lampada elettrica?

Leda                              - No.

Il Professor X               - Qualcosa di più difficile?

Leda                              - Molto più difficile.

Il Professor X               - Più originale?

Leda                              - No. Molto meno originale.

Il Professor X               - Non immagino.

Leda                              - (misteriosamente) Voglio fare sparire un uomo.

Il Professor X               - (con eccessivo sgomento) Che?

Leda                              - (ridente) Sparire dalla mia vita, s'intende: solo dalla mia vita.

Il Professor X               - Meno male.

Leda                              - Un uomo che voi conoscete. Un vostro amico.

Il Professor X               - (dopo una pausa) Ho capito, (Un'al­tra pausa) John Red.

 Leda                             - John Red.

(Tato esce dal camerino, prudente, timoroso di di­sturbare. Non ha più la sua giacca rossa. H' pronto a la­sciare il teatro. Porta con se il soprabito e il cappello del Professor X).

Tato                               - (per farsi sentire) Ehm!... Ehm!

Il Professor X               - (senza muoversi) Ebbene?

Tato                               - (al Professor X) Lascio qui il vostro so­prabito...

Il Professor X               - Sì.

Tato                               - ... e me ne vado.

Il Professor X               - Sì.

Tato                               - (salutando) Donna Leda... (Depone il sopra­bito su una sedia a destra).

Leda                              - Arrivederci, Tato. (Tato se ne va per la porta di destra. Il Professor X riprende cautamente il di­scorso interrotto).

Il Professor X               - John Red... Un bravissimo « eccen­trico musicale ».

Leda                              - Sì. Forse. E anche un mio... come dire?

Il Professor X               - (ironico) Adoratore.

Leda                              - Ecco: adoratore... deluso.

Il Professor X               - Lo so.

Leda                              - (senza sorpresa) 'S'è confidato con voi?

Il Professor X               - Qualche volta.

Leda                              - (curiosa) L'ho fatto soffrire?

Il Professor X               - Eh... forse.

Leda                              - Non ho mai voluto ascoltarlo. Non ho mai potuto accogliere le sue preghiere, ingannare per lui mio marito... sarebbe stato come cambiare un gufo con un allocco... eppure (amara) mio marito mi ha sospettata e mi sospetta anche di questo.

Il Professor X               - Poveraccio!

Leda                              - (risentita) Poveraccio? Un uomo che da anni, da anni, dico, mi martirizza... Mi sono sposata ch'ero bambina, non capivo niente...

Il Professor X               - Lo dicono quasi tutti, uomini e donne, dopo qualche anno di matrimonio.

Leda                              - Che cosa dicono?

Il Professor X               - Quello che avete detto voi: mi sono sposato ch'ero bambino, non capivo niente...

Leda                              - Per me è la verità.

Il Professor X               - Anche questo lo dicono quasi tutti.

Leda                              - Ma non conoscete mio marito, voi?

Il Professor X               - Sì. Abbastanza.

Leda                              - E potete mettere in dubbio quello che dico?

Il Professor X               - (arrendevole)Veramente...

Leda                              - Ah, ecco! Non osate più insistere. Capite an­che voi; immaginate... E non sapete il peggio!

Il Professor X               - Il peggio?

Leda                              - La sua gelosia!... Ah! Anche oggi, avete vi­sto: non è neppure venuto allo spettacolo. Non fa che correre di qua, di là, dietro tutti i sospetti, tutti i dubbi. Non si tranquillizza nemmeno quando mi vede seduta davanti a lui, sola con lui. Anche in quei mo­menti... Un supplizio! (Imitando il marito, lamentosa­mente) « Che cosa pensi? Perché stai così zitta? Di chi ti ricordi? Con chi vorresti essere? ». E quando... (non sa come dire) sì, insomma: quando...

Il Professor X               - (non capisce) Quando?

Leda                              - Cercate di capire! (Qualche gesto vago) Quando...

Il Professor X               - (spazientito) Ma « quando » che cosa?

Leda                              - Oh via! E' mio marito, no? Sono sua moglie, no? E allora?

Il Professor X               - (ha capito) Già... allora... (Molto interessato) Che succede?

Leda                              - Succede... (Passaggio) Ma che cosa vi sto di­cendo? Dio mio! Non capisco proprio più niente. Scu­sate, scusate!

 Il Professor X              - Non c'è di che. Anzi!

Leda                              - E non scherzate, vi prego! Non capite come tutto questo sia terribile?

Il Professor X               - Certo. E' terribile. Però... (E' di­stratto dai discorsi precedenti) Che cosa volevo dirvi?... Ah, ora che John Red sparirà del tutto, cesserà d'essere anche quello che è stato finora, cioè, come dite voi, un adoratore deluso, ora che non vi saranno più ragioni di sospetto, insomma, vostro marito potrà pacificarsi...

Leda                              - (preoccupata) Eh no... no...

Il Professor X               - Ma non volete che John Red vi lasci tranquilla?

Leda                              - Certo. E' necessario. Ma...

Il Professor X               - - Ma?...

Leda                              - (con emozione contenuta) C'è qualcosa di nuovo, per me, da alcuni giorni: qualcosa di molto nuovo, che non m'era accaduto mai. Sembra impossi­bile, vero? Io, che per quattro anni rimasi fedele a quel... sì: quel poveraccio di mio marito... io, che feci patire John per non volerlo neppure ascoltare... io, adesso, da un giorno all'altro... (Guarda il suo interlo­cutore. Un piccolo cenno delle mani; un sorriso. China gli occhi. Il Professor X si oscura, ma si contiene. In­tanto il macchinista attraversa salutando, per uscire da destra; e canticchia anche lui: «O mia piccola dea...»).

Il Professor X               - (dopo la pausa, freddamente) Chi è?

 Leda                             - E'... ma non parlerete male di lui? non mi direte che sono sciocca, leggera, insensata, ch'egli non merita, che non dovrei...

Il Professor X               - No. Non vi dirò niente di tutto que­sto. Parlar male a una donna dell'uomo che le piace è il modo più sicuro per spiacerle. E a me non piace... spiacervi. Dunque?

Leda                              - E'... (Esita ancora) Ma è proprio necessario che vi dica anche questo?

Il Professor X               - Sì.

Leda                              - E perché?

Il Professor X               - Perché ne avete un grandissimo desiderio.

Leda                              - Infatti.

Il Professor X               - E vorreste poterne parlare con tutti.

Leda                              - (appassionata) Sì, con tutti, con tutti... (In­genua) Ma come lo sapete?

Il Professor X               - L'ho imparato in base a tristis­sime esperienze che ho dovuto fare.

Leda                              - Quando?

Il Professor X               - Quelle due o tre volte che... (so­spiroso) mi sono innamorato. Ma le mie esperienze non c'entrano. (Deciso) Ditemi chi è quel signore.

Leda                              - (non senza timidezza) E'... un nostro com­pagno di lavoro.

Il Professor X               - Lo immaginavo.

Leda                              - Molto bello.

 

Il Professor X               - Ne ero sicuro.

Leda                              - (espressiva) Molto forte!

Il Professor X               - Ah... anche forte!

Leda                              - (un soffio) Aiax.

Il Professor X               - (tradendo una vaga amarezza) Già. E io non me n'ero accorto. Non sospettavo neppure. Aiax... Avete resistito all'eccentrico musicale e avete ce­duto al ginnasta.

Leda                              - (puerile) Ginnastica d'arte.

Il Professor X               - (tendenzióso) Eh sì: arte.

Leda                              - (c. s.) Non avete mai osservato Aiax nel suo «numero» più bello? L'angelo? Ah, che sogno! Quando punta i piedi contro la sbarra e poi scatta in avanti, come se prendesse il volo, e ricade leggermente, e sor­ride, e sembra... non so che cosa sembri, o, forse, non so dirlo... ma è come se... come se...

Il Professor X               - (affettuoso) Bambina!

Leda                              - (insofferente) Ecco! Adesso cominciate: bam­bina, sciocchina, donnina insensata... E mi avevate pro­messo...

Il Professor X               - Zitta. Mantengo la promessa. Ma voi finitela di divagare, e passate agli affari. (Conclusivo) Fra Aiax, John Red, vostro marito... insomma: in que­sta vostra complicata situazione, che dovrei fare io?

Leda                              - Non l'avete ancora capito? Dovreste influire su John, che è vostro amico e vi dà retta, perché mi lasci in pace.

Il Professor X               - Già. E' chiaro. Dovrei fare sparire John, nell'interesse di... Aiax.

Leda                              - E nel mio.

Il Professor X               - Sicuro. Anche nel vostro. E così vi aiuterei a far soffrire vostro marito, che non mi ha fatto niente di male.

Leda                              - (insofferente) Mio marito non saprà, non ca­pirà... se voi mi aiuterete. Anzi, è appunto per que­sto che serve il vostro aiuto.

Il Professor X               - (ironico) Ah, ecco: appunto per questo.

Leda                              - (c. s.) Ma, infine, ho forse di meglio da sce­gliere? Nelle situazioni come la mia, o si rimane vittime, o si diventa carnefici.

Il Professor X               - Già. Ma voi (ambiguo) voi siete certa ch'io sia disposto a far quello che mi chiedete?

Leda                              - (esitante) Certa? Oh no! L'ho sperato, lo 6pero... (Timorosa) Non vorrete mica deludermi? Dopo quello che vi ho confidato?

Il Professor X               - No, no. Ma...

Leda                              - Che cosa?

Il Professor X               - Niente. Divagavo un poco anch'io, per... farvi un dispetto.

Leda                              - (sollevata) Benissimo! Un amico come voi...

Il Professor X               - E' appunto una delle funzioni de­gli amici, quella di far dispetti.

Leda                              - Io sono vostra amica, eppure...

Il Professor X               - (con intenzione) - ... Non mi avete mai fatto un dispetto. Giustissimo. E allora...

Leda                              - Allora?

Il Professor X               - Io farò sparire John, perché Aiax ne è geloso.

Leda                              - No.

Il Professor X               - (stupitissimo) No?

Leda                              - Aiax non sa niente di John.

 

Il Professor X               - Non sa niente! Ma allora perché?...

Leda                              - E' John che sa tutto.

Il Professor X               - Tutto che cosa?

Leda                              - (con precauzione) Di me e di Aiax. E ora minaccia di denunziarci a mio marito.

Il Professor X               - Ah... ora capisco.

Leda                              - (agitata) Guardate. (Toglie dalla borsetta una lettera senza busta) E' una sua lettera. Arrivata stamat­tina. L'ho, trovata in tempo, prima che mio marito la vedesse. Che imprudenza scrivermi queste cose! Leggete!

Il Professor X               - (prende la lettera, la guarda, crolla il capo) Poveraccio!

Leda                              - (angosciata) Anche lui! Anche lui poveraccio! E io, invece...

Il Professor X               - (bonario) Ma no! Anche voi po­veraccia! Tutti poveracci. Dunque... (Legge la lettera) «So tutto. Da qualche tempo voi e quel ragazzaccio di Aiax... ». Già. « Ma l'amore deluso... la disperazione... », eccetera, eccetera.

Leda                              - Vedete?

Il Professor X               - (sempre la lettera fra le mani) Vedo.

Leda                              - Leggete ancora. (Accenna un punto della let­tera) Lì.

Il Professor X               - (leggendo) «Se fra tre giorni»...

Leda                              - Ecco. Se non gli rispondo come vuole, ar­riva e...

Il Professor X               - E' grave.

Leda                              - Grave? Spaventoso! Il crollo della mia vita. Mio marito verrebbe a sapere tutto. Aiax s'insospetti­rebbe di John. E mio marito anche. Come potrebbe credere dopo un simile atto, che John non sia stato nulla per me? E così... povera me, povera me!, mio ma­rito mi vedrebbe fra Aiax e John, e Aiax, per via di John e dei sospetti che ne avrebbe, non potrebbe più essere per me... anzi: io non potrei più essere per lui... oh, insomma: bisogna che John si rassegni, taccia, spa­risca, mi lasci vivere.., e voi, voi dovete... (Entra da de­stra Salvi, più inquieto e più frettoloso di prima. Leda frena un sobbalzo. Il Professor X rimane impassibile, e ancora tiene fra le mani la lettera).

Salvi                              - (a Leda) Sei qui, eh? sei qui.»

Leda                              - (imbarazzata) Caro

Salvi                              - Sono corso all'albergo; e all'albergo non ti avevano vista; e allora sono passato in tutti i caffè della piazza; e poi...

Leda                              - Siedi. Riposati. Sei affannato.

Salvi                              - Sì. Affannato. (Siede) Ma... (al professore) perché mi avete detto ch'era andata all'albergo?

Il Professor X               - (indifferente) Perché...

Leda                              - (rapida) Era la verità. Sono andata all'albergo.

Salvi                              - Ma all'albergo non t'hanno vista!

Leda                              - Volevo dire: avevo intenzione di andare al­l'albergo, poi, per istrada, mi sono ricordata d'una cosa che dovevo chiedere al maestro, e sono ritornata, e il maestro non c'era più. Allora mi sono fermata a fare quattro chiacchiere col professore.

Salvi                              - Quattro chiacchiere... già... (Al professore) Che cos'è quella lettera?

Leda                              - (con finta leggerezza) Quella lettera?... Ma niente! E' sua.

Salvi                              - Ah... sua... (Improvviso, violento) La legge­vate insieme!

Leda                              - Ma no! Che idea! Non la leggevamo affatto. Il professore la teneva in mano, così... Io non me n'ero neppure accorta.

Salvi                              - (incredulo) Ah...

Il Professor X               - Certo.

Leda                              - L'aveva ricevuta poco prima.

Salvi                              - (avvicinandosi al professore) Fatemela ve­dere.

Il Professor X               - (ridendo) Ah, questo poi...

Salvi                              - Ve ne prego!

Il Professor X               - Una lettera mia! Per quale ragione dovrei farvela vedere?

Leda                              - (guarda e ascolta con ansia mal dissimulata).

Salvi                              - • Nessuna ragione. E' vero. Scusate. Sono sem­pre così inquieto. Oggi, poi... (Passaggio) Ma, se è ve­ramente una lettera vostra, perché non volete mostrar­mela ?

Il Professor X               - (senza scomporsi) Si tratta di miei affari privati.

Salvi                              - Ma io non sarei indiscreto! L'intestazione, l'intestazione sola dovreste mostrarmela. Oh, ve ne prego! Potreste con «osi poco farmi tanto bene, libe­rarmi da questa nuova inquietudine... Ne ho già tante!

Il Professor X               - (sempre freddo, sicuro, si mette in tasca la lettera).

Salvi                              - (scattando) No! Non nascondetela! Se fate così mi date la prova che non è vero ciò che avete detto, e che quella lettera non è vostra, ma è di mia moglie, e io non posso vederla, perché... chi sa, chi sa che cosa vi leggerei!

Il Professor X               - (toglie di tasca la lettera e, di nuovo, la tiene fra le mani).

Leda                              - (a Salvi, turbatissima) Ma no, caro! Calmati! Costringi anche me a una posizione orribile. Se il pro­fessore ti ha detto...

Salvi                              - (interrompendola) Che cosa mi ha detto? Quello che tu gli hai suggerito. E io non ho forse visto il tuo turbamento, quando ho accennato a quella let­tera? E non mi sono forse accorto della sua esitazione, or ora, mentre la nascondeva?

Il Professor X               - Basta, Salvi. Finirete col rendervi ridicolo.

Salvi                              - Lo sono già!

Il Professor X               - (porgendogli la lettera) Ecco la lettera.

Leda                              - (trattiene un grido).

Il Professor X               - (a Salvi) Prendetela. Leggetela.

Salvi                              - (improvvisamente calmo, esitando) Potrei? Potrei davvero leggerla?... (Passaggio) Già. Trucco vec­chio. (Ride) Un bel gesto. E avete sperato che io mi accontentassi del bel gesto, che io pensassi: poiché me l'offre con tanta sicurezza, non può essere... E, invece, no. La prendo- (strappa la lettera dalla mano del profes­sore). La leggo- (spiega il foglio, lo gira e lo rigira, poi, a poco a poco, ricomincia a ridere, ma non più il riso amaro di prima).

Il Professor X               - Avete visto? Un foglio bianco.

Leda                              - (sollevata) Ah, ah! Gelosone, gelosone! Sem­pre sospetti! Sempre scenatacce! E poi fai queste figure.

Salvi                              - (mite) Scusami. E anche voi, professore, scu­satemi. Qualche volta perdo proprio la ragione. Già im­maginavo le rivelazioni più orribili, e invece... (Di nuovo si oscura, si irrita) Ma perché, se si trattava di un foglio bianco, tu hai detto ch'era una lettera sua, appena ri­cevuta ?

Leda                              - (incerta) Ma io...

Il Professor X               - Lei non sapeva, non poteva sapere, e, vedendomi in mano quel foglietto, ha immaginato la cosa più probabile.

Salvi                              - E voi non l'avete contraddetta subito.

Il Professor X               - Io non pensavo che per una simile sciocchezza...

Salvi                              - (con repentina violenza) - Niente. Non è vero niente!

Il Professor X               - Come?

Salvi                              - Dov'è la lettera?

Il Professor X               - Quale lettera?

Salvi                              - Quella che avete sostituita con questo fo­glietto.

Il Professor X               - Sostituita?

Salvi                              - Sì: abilmente, molto abilmente.

Leda                              - Ancora?

Salvi                              - (a lei) Ancora. (Al professore) Dov'è quella lettera?

Il Professor X               - Cercatela, cercatela pure. L'avrò fatta volare in aria, come faccio con le carte da giuoco. E chi sa dove sarà andata a finire!

Salvi                              - In qualche vostra tasca. O in una vostra ma­nica,

Il Professor X               - Via! Mi pare che potreste finirla. Prima diventavate ridicolo, e ora diventate offensivo.

Salvi                              - Offensivo. Sta bene. Offensivo. Ma voi, voi che siete un uomo, capireste tutto, mi perdonereste tutto, se sapeste quello che porto dentro di me. Per quale ra­gione credete che oggi abbia tanto cercato mia moglie? Per quale ragione credete ch'io sia sospettoso e addo­lorato peggio che mai? Perché ho di nuovo scoperto un mistero, e di nuovo tutti i sospetti sono risorti, tutti i dubbi, tutti i tormenti...

Leda                              - Ma di che cosa parli? Di che misteri? Sempre i tuoi soliti discorsi. O che forse non li conosciamo? Non li conoscono tutti? Avrai ancora veduto delle ombre.

Salvi                              - Ombre, ombre. Per lei non sono che ombre. Ma (al professore) ascoltate anche voi, e giudicate da uomo.

Il Professor X               - Veramente, io non c'entro.

Salvi                              - E non importa. Siete un uomo, e solo per questo vi sento amico, vi sento alleato. Capite? Io e voi uomini, e lei... lei donna... (un gesto disperato, le braccia al cielo) donna!

Il Professor X               - Siete pessimista.

Salvi                              - Sono cosciente.

Il Professor X               - E s'io vi pregassi di andare a pas­seggio con vostra moglie, che sarebbe felice di stare un poco in pace con voi? S'io vi pregassi di questo?

Salvi                              - Vi direi che sarebbe per me un sogno obbe­dirvi, se... se fossi certo che lei desidera questo.

Leda                              - E come potrei fare per accertartene? Salvi           - Oh, tante cose potresti fare, tante... tutte quelle che non fai... o, forse, basterebbe che tu non fa­cessi quelle che invece fai...

Leda                              - (esasperata) Insomma, tutta la mia vita ri­messa in giudizio per poter fare in pace una passeg­giata. Mi pare eccessivo.

 Salvi                             - Infatti, è eccessivo. 'E, allora, semplifichiamo.

Il Professor X               - Bene. Semplificate per conto vostro. E' meglio. Io me ne vado. (Prende il soprabito e il cappello).

Leda                              - (quasi un grido) No!

Salvi                              - (uno scatto verso di lei).

Leda                              - (riprendendosi) Volevo dire: (al professore) rimanete, rimanete pure. Per voi potrà essere divertente.

Il Professor X               - (ridepone il soprabito).

Salvi                              - Divertente? Eh si! Ma forse più per me che per lui.

Leda                              - (guardinga, al marito) Dunque?

Salvi                              - Non parlerò più di quella lettera.

Il Professor X               - (ironico) E' già un progresso.

Salvi                              - Piuttosto...

Leda                              - (c. s.) Ce dell'altro!

Salvi                              - Certo. Ci sono due domande che voglio farti. E sono proprio quelle per cui t'ho cercata oggi; sono... le ombre di oggi.

Leda                              - Due... domande...

Salvi                              - (tagliente, minaccioso) Dov'è andata a finire la seconda chiave del tuo camerino ?

Leda                              - La seconda chiave... (si domina a stento) chi sa... credo che sia in qualche valigia... o forse... l'avrai presa tu... a meno che...

Salvi                              - Aspetta, aspetta l'altra domanda. Credo che vi troverai la risposta alla prima.

Leda                              - Non capisco.

Salvi                              - I barbieri chiacchierano volentieri.

Leda                              - I barbieri?

Salvi                              - E che cosa hai consegnato tu, oggi, prima dello spettacolo, davanti alla bottega del barbiere che è in questa strada, che cosa hai consegnato di nascosto a quel bellimbusto di...

(Scende la scala, adagio, il ginnasta Aiax, in abito da passeggio, grossolanamente elegante).

Aiax                              - (avviandosi verso la porta di destra) Buona sera.

Il Professor X               - Buona sera, Aiax.

Leda                              - Buona sera.

Salvi                              - (improvviso) Aspettate!

Aiax                              - (dalla soglia, non senza albagia) Che?

Salvi                              - Rimanete un momento qui.

Aiax                              - (sospettoso) E perché?

Salvi                              - (ambiguo) Parlavamo proprio di voi.

Aiax                              - Sì?

Il Professor X               - (conciliante) Sicuro. A proposito del vostro « numero ». Siamo vostri ammiratori.

Aiax                              - (tranquillizzato) Oh, grazie. Mi fa molto pia­cere (tronfio) anche perché mi sento in forma, e credo veramente di dare il mio meglio.

Leda                              - Il vostro « angelo » è proprio bellissimo.

Aiax                              - (con finta modestia) Oh troppo gentile!

Il Professor X               - Sì, bellissimo, bellissimo'

Aiax                              - (c. s.) Ma no, prego: una cosuccia, uno scherzo...

Il Professor X               - Tutt'altro!

Leda                              - Tutt'altro!

Salvi                              - (cerca d'intromettersi fra gli altri e di farsi notare) Ehm!

Aiax                              - (sempre c. s.) Via! Capisco come possa inte­ressare, piacere, ma... so ben io quello che si potrebbe fare! Il mio maestro, il mio grande maestro, Sultan... Vi ricordate di Sultan?

Il Professor X               - (finto) Oh...

Leda                              - E chi non se ne ricorda? Sultan!

Aiax                              - Ebbene: Sultan diceva che, per un ginnasta perfetto, la sbarra è il trampolino della gloria.

Il Professor X               - Davvero?

Leda                              - Ma com'è ben detto!

Salvi                              - (c. s.) Ehm!

Aux                               - Ed è proprio così. Se sapeste che cosa si può fare alla sbarra, purché si possieda l'arte, naturalmente, l'arte e la forza. Per esempio: quando io imposto il mio « angelo », mi dispongo... l'avete visto tutti... così... (eseguendo) col corpo proteso in avanti, e le mani... ecco... vedete?... le mani toccano appena la sbarra, la sfiorano...

Il Professor X e Leda   - (osservano con eccessiva at­tenzione).

Aiax                              - Ma in questa posizione bisogna rimanere al­meno mezzo minuto: e non è facile. (Al professore) Vo­lete provare?

Il Professor X               - lo?... E perché no?... Come avete fatto? (Imita Aiax) Ah, ecco: il corpo piegato...

Salvi                              - (c. s. sul punto di erompere) Ehm!

Aiax                              - (correggendo la posizione del professore) No, no... attento... Dovete tendervi tutto.

Leda                              - Ma certamente! Se non vi tendete tutto...

Il Professor X               - Proviamo ancora.

Salvi                              - (erompendo) Basta! Basta!

Il Professor X               - (a Salvi) Scusate: forse vorreste provare anche voi?

Salvi                              - (insofferente) Ma certo! Anch'io! E poi anche mia moglie! E poi tutti! Vero? Tutti angeli...

Il Professor X               - Sarebbe grazioso.

Salvi                              - Basta, ho detto: basta con questa commedia. Io me ne infischio del suo «angelo ». Io...

Il Professor X               - Ho capito: vorreste uscire.

Leda                              - (rapida) Sì, sì: usciamo tutti e quattro.

Aiax                              - Se volete...

Leda                              - (c. s.) E' una bellissima idea. Usciamo!

Salvi i                            - No! Niente! E voi (al professore) siete pre­gato di non farmi da interprete. Non ne ho bisogno.

Il Professor X               - Scusate. Ho pensato che l'idea di uscire...

Salvi                              - Non mi garba per niente. Anche se a mia moglie è parsa bellissima: bellissima come l'« angelo » di questo signore. Io non voglio affatto uscire. Anzi: voglio rimanere qui, e non per assistere alle vostre prodezze, ma per parlare con lui (si avvicina a Aiax, che ricomin­cia a inquietarsi), proprio con lui, per domandargli...

Leda                              - (uno scatto) No! Non voglio! Non voglio!

Salvi                              - (teso verso di lei) Che dici?

Leda                              - (riprendendosi) Dico che non voglio, che è assurdo... e dovresti capirlo anche tu... è insopportabile...

Salvi                              - Che cosa?

Leda                              - (smarrita) Umiliarmi in questo modo, espormi così alla maldicenza, al disprezzo...

Salvi                              - Hai paura.

Leda                              - Ma no... non ho paura...

Salvi                              - E allora perché t'inquieti tanto?

 

Leda                              - Perché?... Ma è naturale, è logico... Mi difendo!

Salvi                              - Ah! L'hai detto, l'hai detto! Ti difendi. E da che cosa ti difendi? Parla, confessa. Da che cosa ti difendi?

Leda                              - Dalle tue accuse, da te... ho pure un orgoglio, io, ho pure il diritto di non essere vilipesa così!

Aiax                              - (inquieto) Ma, veramente, io non capisco...

Salvi                              - Oh, il cavaliere interviene. Finalmente! Su, prendete le sue difese. Mostratevi forte. Non sapete che è il vostro dovere?

Leda                              - Basta! Basta!

(La guardarobiera, il giapponese e le ragazze, vestiti per uscire, si affacciano dall'alto della scala, ascoltano e guardano).

Salvi                              - (con accanimento crescente) Sì. Basta. Ma non nel senso che tu dici, che tu vorresti. (Ad Aiax) Gio-vinotto, poco fa ho rivolto a mia moglie due domande, e lei non ha risposto. E ora voglio rivolgerle a voi. Due piccole domande indiscrete, già, indiscrete.

Aiax                              - (c. s.) Ma io vorrei sapere...

Salvi                              - Tutto. Saprete tutto. Oh, piccolezze, scioc­chezze! Si tratta... figuratevi... si tratta d'una chiave.

Il Professor X               - (osserva con apprensione Leda e Aiax, e ridepone il soprabito).

Aiax                              - (intimorito) Una chiave...

Leda                              - (senza più dominarsi) Ma è pazzo, è pazzo!

Salvi                              - Una chiave - (sempre ad Aiax) che deve trovarsi nelle vostre tasche.

Aiax                              - (c. s.) Nelle mie...

Il Professor X               - (di scatto, facendosi avanti) Fermi tutti, signori. Fermi e zitti. Ora comincio io.

Salvi -                            - E perché?

Il Professor X               - (sbrigativo) Perché sono stufo di fare il testimone, lo spettatore, e voglio agire, divertir­mi... (Perentorio) Aiax, alzate le braccia!

Aiax                              - (sbalordito) Come?

Il Professor X               - Sì. Alzate le braccia. E lasciatevi frugare.

Aiax                              - Ma io non posso permettere!

Il Professor X               - Pazienza! Una formalità, per amor di pace. Su!

Aiax                              - (alza le braccia, rassegnato).

Salvi                              - Tocca a me. Devo guardare io.

Il Professor X               - (accingendosi a frugare Aiax) Fini­tela, voi. E aspettate. E controllate pure. Verificale. Non c'è trucco. (Con molti gesti e molte parole, rapidamente, toglie dalle tasche di Aiax gli oggetti che nomina) Ecco... una penna... quattrini... e qui?... niente... e poi?... por­tasigarette... accendisigari... portafogli... e poi?... chiavi, chiavi! (Un mazzo di chiavi) Ecco! (Consegna le chiavi a Salvi) Guardate: è fra queste la chiave che cercate?

Leda                              - (segue tutta l'azione, ansiosissima).

Salvi                              - (guardando le chiavi, avido) No... non fra queste... ma forse...

Il Professor X               - Forse siete davvero un pazzo, e ve ne renderete conto anche voi, se io... su le braccia an­che voi!

Salvi                              - Ma...

Il Professor X               - (trascinante) Non protestate! Su le braccia!

Salvi                              - (stentatamente, pur tentando di sfuggire, ob­bedisce).

Il Professor X               - (frugandolo, come prima Aiax) E, se troverò quella chiave nelle vostre tasche...

Salvi                              - Impossibile! Lasciatemi!

Il Professor X               - (c. s.) Oh! Portate la rivoltella!

Salvi                              - Sicuro! Potrebbe servire.

Aiax                              - (si avvicina prudentemente alla porta di destra).

Leda                              - (dà segno di vivo timore).

Il Professor X               - Naturalmente. Potrebbe servire. Di­fesa personale.

Salvi                              - (minaccioso) Si... ecco... difesa... Non toglie­tela!

Il Professor X               - Eh no! State tranquillo. (Ironico) Non vi privo della vostra difesa... Ma che furia! Che impazienza! (Molti gesti, apparentemente inutili, da una tasca all'altra). Nemmeno se volessi derubarvi!

Salvi                              - (frenandosi a stento) Finitela!

Il Professor X               - (continuando) Fra poco, sì, fra poco la finirò. E se troverò quella chiave nelle vostre ta­sche... che cosa direte? che cosa farete?

Salvi                              - (svincolandosi) Oh... via!

Il Professor X               - (togliendo da una tasca di Salvi una chiave e levandola in alto, trionfante) Eccola! E' questa e non è questa? Guardatela bene. E anche voi, signora, guardatela; e riprendetela; e non smarritela più. (Consegna la chiave a Leda) E un'altra volta... un'altra volta... ah! un'altra volta sbrigatevela fra di voi, perché io ne ho abbastanza, sì, abbastanza (riprende il soprabito e il cappello) e ora me ne vado per i fatti miei.

Salvi                              - (corre a sbarragli la via, irruente, furibondo) No! Niente affatto! Non andrete via. Nessuno andrà via di qui. Nessuno. E voi meno di tutti.

Il Professor X               - (rassegnatamente ritorna sui suoi passi; ma intanto mette il cappello, veste il soprabito, come se non udisse le invettive di Salvi),

Salvi                              - Che bei giuochi, vero? Che belle burle! Una dopo l'altra. Prima la lettera, che avete sostituita con quel foglietto; poi la chiave, ch'era nelle tasche di Aiax e che avete finto di trovare nelle mie. Giuochi di pre­stigio. Benissimo, benissimo. (Alle ragazze sulla scala) E perché non avete applaudito, voi lassù? Perché non avete chiesto il bis? Ah, che orrore! Trastullarsi così col dolore d'un uomo, beffarsi così d'un povero diavolo, d'un disperato che è pronto a tutto... Ma che cosa credete d'aver fatto? E tu (alla moglie) che cosa speri? Ch'io sia caduto nel tranello idiota? Ch'io mi sia lasciato con­vincere da quegli inganni?... E invece non è così, non è così, Anzi: è il contrario. Perché quegli inganni sono stati la prova...

Leda                              - Che prova?

Il Professor X               - (calmissimo, accende una sigaretta).

Salvi                              - La prova di tutto. Ora non sono più so­spetti, i miei, ma certezze, certezze assolute e orribili, troppo orribili... oh, dopo quattro anni di sofferenza, arrivare a questo, vedere questo...

Leda                              - (disperata) Ma che cosa?

Salvi                              - (sempre più esaltato) Silenzio! Non posso più sentire la tua voce, non posso più vederti!

Leda                              - E perché?

Salvi                              - Silenzio.

Leda                              - Non c'è stato nulla, non hai visto nulla.

Salvi                              - Basta!

 

Leda                              - E devo dunque lasciare...

Salvi                              - Basta, ti dico, o io...

Leda                              - Tu, tu... che vuoi fare, tu?

Salvi                              - Che voglio fare?... Questo! (Toglie di tasca la rivoltella, la punta su Leda. Un grande grido di que­sta. Un altro grido della guardarobiera e delle ragazze. E la rivoltella spara un colpo: e ne escono variopinte carte da giuoco, che ricadono tutt'intorno. Leda è sve­nuta fra le braccia delle ragazze accorse. Aiax ha rag­giunto la porta, s'è eclissato. Il professore è rimasto sempre immobile e, al colpo, ha sorriso soddisfatto. Il giapponese, al fondo, guarda senza capire).

Le Ragazze                   - (fanno sedere Leda, l'attorniano) Niente, niente... Uno scherzo. Era la rivoltella del professore!

La Guardarobiera          - (facendosi largo fra le ragazze, molto affaccendata) Ma che brutto scherzo! Lascia­temi vedere... Via, via! Slacciatele il vestito.

Le Ragazze                   - Signora Leda! Signora!

La Guardarobiera          - Datemi qualche cosa... per farle vento... (prende un giornale ripiegato) ... ecco... questo... (Sventola il giornale sul viso di Leda, con molta ener­gia) Signora Leda!

Una Ragazza                 - (impressionata) Non risponde!

La Guardarobiera          - Signora Leda!

La Ragazza                   - Devo andare in farmacia, a chiamare il medico?

La Guardarobiera          - (sempre sventolando il giornale) Sì, Forse è meglio. Per precauzione.

La Ragazza                   - (uscendo) Corro.

Il Giapponese                - (guarda e segue ora l'uno ora l'altra, come se volesse domandare spiegazioni e non osasse).

                                      - (D'un tratto Salvi reagisce allo stupore che l'ha im­pietrito, come se soltanto ora comprendesse l'accaduto. Butta la rivoltella; si accascia su una sedia).

Salvi                              - (smaniando) Oh, di nuovo... di nuovo...

Il Professor X               - (gli si avvicina) Calma!

Salvi                              - Vi odio!

Il Professor X               - E perché?

Salvi                              - Mi avete beffato fino all'estremo. Ripren­detevi la vostra rivoltella, il vostro giocattolo, e ridatemi la mia. Ridatemela!

Il Professor X               - Non così presto.

Salvi                              - Ucciderei anche voi.

Il Professor X               - Ma no! Piuttosto, dovreste essermi grato. Vi ho salvato da un grosso guaio, E sono stato bravo, proprio bravo. Che prestigiatore!... Bah! (Si av­vicina al gruppo che attornia Leda sempre svenuta) Come sta la signora?

La Guardarobiera          - (importante) Niente di grave. Un semplice svenimento.

Una Ragazza                 - Abbiamo chiamato il medico.

La Guardarobiera          - Già. Per precauzione.

Il Professor X               - Il medico... (accenna a Salvi) anche per lui, vero?

Salvi                              - (c. s.) Andatevene!

Il Professor X               - Sì. E' proprio quello che desidero da mezz'ora. E finalmente... Oh! Aria pura! (Saluta a destra e a sinistra) Signori... (Esce).

Fine del primo atto

ATTO SECONDO

In una camera d'albergo. E' notte. A destra una fine­stra. Accanto alla finestra, un paravento. A sinistra, la porta. In fondo, il letto. In primo piano, un tavolino con due poltroncine. Sul comodino, il telefono. Sul ta­volino un vasetto vuoto e una lampadina accesa: unica luce.

(Tato, in soprabito, prepara il letto per la notte. Il Professor X è nascosto dal paravento).

Il Professor X               - (di là dal paravento, molto allegro) Ah, ah! Fantastico, incredibile! Dopo il trucco della lettera, dopo quello della chiave... ancora un terzo, più grande di tutti!

Tato                               - (molto assonnato, sbadigliando, dopo aver ordi­nato il letto raccoglie da terra una giacca e la ripiega).

Il Professor X               - (c. s.) Se tu avessi visto, quando ha cacciato fuori la rivoltella... Mi ascolti, Tato?

Tato                               - (rassegnato) Oh sì, certo.

Il Professor X               - (c. s.) Quando ha cacciato fuori la rivoltella, l'ha puntata su di lei, e... (esce di dietro il paravento, in veste da camera fiorata, asciugandosi il volto)... pum!

Tato                               - (sobbalzando) Eh?

Il Professor X               - Pum!... Ha sparato, e... ah, ah, ah!... le carte!

Tato                               - Già: le carte.

Il Professor X               - Fantastico, ti dico, fantastico! (Si toglie la cravatta, la veste, il panciotto. Butta ogni cosa. Tato raccoglie e riordina).

Tato                               - Ma che peccato!

Il Professor X               - Che tu non fossi a vedere?

Tato                               - Che un simile spettacolo sia stato offerto fuori programma, senza il pubblico... il pubblico che paga, s'intende.

Il Professor X               - (si toglie le scarpe) E che forse non è concesso fare qualcosa per amore dell'arte?

Tato                               - (raccoglie anche le scarpe) Per amore... dell'arte?

Il Professor X               - Sicuro! La nostra arte. L'arte ma­gica. L'arte misteriosa. L'arte...

Tato                               - (interrompendolo) Queste scarpe hanno bi­sogno d'essere risolate.

Il Professor X               - (grandioso) E noi le faremo ri­solare.

Tato                               - (tranquillo, metodico) Le vostre cravatte sono logore. E i polsi delle vostre camicie... uh! tutti sfilac­ciati! come se avessero le frange.

Il Professor X               - E con questo? Ah, Tato, Tato! Sempre pensieri bassi, miserevoli, volgari...

Tato                               - Io sono quello che tiene iconti.

Il Professor X               - E io sono quello che procura i capitali.

Tato                               - Sì. (Sbadiglia) Ma i conti ci sono sempre, e i capitali, invece... Credete a me, al vostro Tato. Ricor­datevi che io ho voluto diventare segretario d'un presti­giatore per amore di sincerità, sicuro, perché i presti­giatori sono i soli che, lavorando a furia d'imbrogli, non pretendano di non farlo. Ora, conoscendovi come io vi conosco, e pensando a ciò che oggi... (Si bussa alla porta. Pausa) Chi sarà? Così tardi... Apro?

Il Professor X               - (inquieto) Aspetta. (Si rimette la veste; si avvicina alla porta in punta di piedi) Chi è?

La voce di Salvi            - (timida) Sono io.

Il Professor X               - (allibito) Chi?

Salvi                              - Salvi.

Il Professor X               - (senza voce, a Tato) Salvi!

Tato                               - (molto impressionato) Oh... buona notte; vi lascio soli; certamente dovrete parlare; non vorrei di­sturbare; essere di troppo; io... io non c'entro.

Il Professor X               - (si è disposto a destra, il più lontano possibile dalla porta, e ora, a Tato, imperioso) Fer­mati!

Tato                               - (si ferma).

Il Professor X               - (dispone alcune sedie davanti a se, poi, fatale) Apri la porta.

Tato                               - (sbigottito, trattenendo il respirò, apre e si ri­para dietro il battente. Entra Salvi. E' in cappello e soprabito. Con una mano nascosta dietro il dorso, regge qualcosa).

Salvi                              - (molto gentile, dimesso) Grazie. Temevo che foste già a letto.

Il Professor X               - (sempre allarmato, diffidente) Come vedete...

Salvi                              - Disturbo troppo?

Tato                               - (pronto) Oh no! Non troppo! Ma...

Il Professor X               - Zitto, Tato! (A Salvi) Non distur­bate affatto. Ma non capisco perché...

Salvi                              - Perché sono venuto?

Tato                               - Ecco.

Il Professor X               - Zitto, Tato!

Salvi                              - Non capite. E quindi supponete cose poco gradevoli... (il professore e Tato seguono i suoi atti e le sue parole con molta apprensione) ... e state in allarme.

Tato                               - (come prima) Io... buona notte; vi lascio soli; non voglio disturbare; certamente voi dovete parlare fra voi, e io...

Il Professor X               - Zitto, Tato!

Salvi                              - (quasi godendo dell'inquietudine dei due) Già... in allarme... Ma io vi assicuro che potete essere tranquillo, perfettamente tranquillo. E anche voi, si­gnor Tato.

Tato                               - Oh... io... io sono tranquillissimo.

Salvi                              - (ha raggiunto il professore) Come va?

Il Professor X               - Bene. E voi?

Salvi                              - Benissimo.

Il Professor X               - (incredulo) Sì?

Salvi                              - Certo. ()D'improvviso alza la mano che te­neva dietro la schiena; mostra un involto).

Il Professor X e Tato    - (un sobbalzo).

Salvi                              - (scioglie l'involto, ne toglie una bottiglia e, al professore, additandone l'etichetta) Guardate: 1910. Ha trent'anni. Avete un cavatappi?

Il Professor X e Tato    - (immobili, non rispondono).

Salvi                              - (insistendo) Dico: avete un cavatappi?

Il Professor X               - (scotendosi) Ah, sì... un cava­tappi... Ma perché?

Salvi                              - Per berla con voi.

Il Professor X               - Con me?

Salvi                              - L'ho comprata apposta. Ma senza cavatappi... L'avete o non l'avete, un cavatappi?

Il Professor X               - Sì... credo... forse in quel cassetto... Tato, il cavatappi!

Tato                               - (guardingo raggiunge un cassettone, cerca, trova il cavatappi, fa per porgerlo a Salvi, che intanto lasciti il soprabito, poi, intimidito, lo porge al professore, che a sua volta lo passa, cauto, a Salvi).

Il Professor X               - Ecco.

Salvi                              - (sempre osservato dai due, stappa lo bottiglia) Benissimo... E adesso... due bicchieri.

Il Professor X               - Ce n'è uno solo.

Tato                               - (in fretta) Posso andare a prenderne un altro.

Il Professor X               - No! Piuttosto... il cameriere! Chia­ma il cameriere!

Tato                               - (corre al campanello) Si, sì: il cameriere!

Salvi                              - Ma no! Lasciate stare.

Tato                               - (si ferma incerto).

Salvi                              - (prende l'unico bicchiere, lo dispone con la bottiglia sul tavolino) Basta uno. Anzi: è meglio. Nei tempi antichi - mi ricordo, del mio professore di greco - nei tempi antichi «i beveva in una stessa coppa per suggellare un'amicizia. Non è forse vero?

Il Professor X               - Sì... credo.

Salvi                              - E per noi due... invece d'una coppa, sarà un bicchiere.

Il Professor X               - E, invece dell'amicizia, sarà...

Salvi                              - (scoraggiato) Non avete ancora capito.

Il Professor X               - Ma che cosa dovrei capire?

Tato                               - Ecco. Che cosa dovrebbe capire? Anzi: do­vremmo capire; perché anch'io...

Il Professor X               - Zitto, Tato! Siediti in quel can­tuccio e aspetta.

Tato                               - (va a sedere al fondo).

Salvi                              - (ha preso posto al tavolino, ha riempilo di vino il bicchiere, e ora lo porge al professore) A voi.

Il Professor X               - (siede anche lui, prende il bicchiere, fa Fatto di bere).

Tato                               - (allarmatissimo) No!... (Si riprende) Mi pare che... prima a lui; è l'ospite.

Il Professor X               - (deponendo il bicchiere) Già. Forse...

Salvi                              - Ma sì! A me. Ecco (beve un sorso). E ora a voi (un sorso al professore). E di nuovo a me (un sorso a Salvi). E di nuovo...

Il Professor X               - (fermandogli il braccio) Salvi!

Salvi                              - Che?

Il Professor X               - (serio) Finitela con queste celie, e dite quello che avete da dire. Sono pronto ad ascol­tarvi, a darvi tutte le soddisfazioni che vorrete.

Salvi                              - E io ne voglio una sola.

Il Professor X               - Quale?

Salvi                              - Quella di stare a chiacchierare in pace con voi.

Il Professor X               - (spazientito) Ma se, un'ora fa, volevate ammazzarmi!

Salvi                              - E' vero. (Offre il portasigarette) Una si­garetta?

Il Professor X               - (accetta) E ora?...

Salvi                              - Ora vorrei un fiammifero.

 Il Professor X              - (rassegnato porge il fiammifero ac­ceso).

Salvi                              - Grazie. E vorrei anche stendete le gambe su una sedia. Posso?

Il Professor X               - (ancora molto diffidente) Se vi garba...

Salvi                              - (cerco una sedia, la dispone, si risiede e stende le gambe sulla sedia) Ecco... così... Ah! Si sta bene! Ci si sente riposati, tranquilli... Una sigaretta, la bottiglia, una poltroncina comodissima... Che bellezza! (Soc­chiude gli occhi, canticchia) « O mia piccola dea, sei come un'orchidea, dal funesto color... ». (S'interrompe, leva il bicchiere) Professore, alla vostra salute!

Il Professor X               - Grazie.

Salvi                              - E alla mia... (lento) gratitudine per voi.

Il Professor X               - Come?

Tato                               - Come?

Salvi                              - Gratitudine. E perché ve ne rimanete ancora così... così... Avete intenzione di seguitare a stupirvi, a esitare, a guastarmi il piacere di questa conversazione?... Strano, strano davvero. Siete pur stato voi a dirmi, quando volevo ammazzarvi, che dovevo invece esservi grato. Non è forse vero? Ed ecco: io sono arrivato proprio a pensarla così. Vi sono grato, molto grato; e sono venuto a dirvelo e a dimostrarvelo. Se non era di voi...

Il Professor X               - (allegramente) Ah, finalmente! Tutto si spiega. L'avete capita.

Salvi                              - L'ho capita.

Il Professor X               - Bene!

Tato                               - Benissimo, benissimo! (Batte le mani).

Il Professor X               - Zitto, Tato! (Riempie il bicchiere, lo porge a Salvi) Bevete! (Un sorso a Salvi). E ora a me (un sorso al professore). E ora a voi...

Salvi                              - Certo!

Il Professor X               - E ora a me.

Salvi                              - (ride compiaciuta).

Il Professor X               - (ride a sua volta e si alza, si agita. evidentemente sollevato) Allegria! Allegria! Festeg­giamenti! Attenzione, signori... Uno, due... hop! (A un suo misterioso cenno, il vasetto che sta sul tavolino si orna di un grande mazzo di fiori di carta).

Salvi                              - (sempre ridendo) Oh... bellissimo!

Tato                               - (guarda disapprovando).

Il Professor X               - (c. s.) Attenzione, attenzione... uno, due... hop! (A un altro cenno il lampadario centrale si accende). E perché questa tavola così triste, così disa­dorna? Leccornie occorrono, dolciumi, delicatezze!... Hop! (Da qualche parte, con professionale abbondanza di gesti, trae un piatto colmo di dolci colorati, e lo pone in mezzo alla tavola).

Salvi                              - (c. s.) Bellissimo, bellissimo! (Prende un dolce, fa per addentarlo) Ma...

Il Professor X               - Cartapesta, signore! Bisogna accon­tentarsi dell'apparenza.

Salvi                              - Non importa. Piuttosto... basta coi festeg­giamenti, e... volete ascoltarmi ancora?

Il Professor X               - (risiede alla tavola) Sono pronto.

Tato                               - Ma è proprio necessario che io?...

Il Professor X               - Dormi, Tato!

Tato                               - (lietamente stupito) Come? Posso dormire?

Il Professor X               - Devi.

Tato                               - (incastrandosi fra due sedie) Oh... finalmente un ordine che mi piace... mi piace proprio tanto... (Sba­digliando e sospirando si dispone a dormire).

Salvi                              - (affettuoso) Caro, caro il mio prestigiatore! Ora va bene. Più niente diffidenze, più niente paura di me... Paura di me! (Si alza, passeggia) Sembra uno scherzo: che un uomo come me possa far paura. Ep­pure, dopo quello che è accaduto... Mah! Avevo per­duto la testa. Ora so che cosa significhi « perdere la testa ». Non vedevo più niente. Non udivo più niente. Un gran nero tutt'intorno, come un vuoto che mi atti­rasse. Quando ho sentito nel pugno la rivoltella       - cre­devo fosse la mia, s'intende, quella vera            - mi è sem­brato d'essermi liberato: mi sono sentito leggero, quasi felice, e ho sparato con una gioia, un senso di vit­toria... (Tace; poi) E così si diventa assassini.

Il Professor X               - (pensoso) Si diventa assassini. E perché, poi?

Salvi                              - Perché?

Il Professor X               - Per una sciocchezza.

Salvi                              - (accondiscendente) Una sciocchezza.

Il Professor X               - Un equivoco.

Salvi                              - (c.s.) Un... (Si frena, sorride) Ah no! Questo no! (Risiede al tavolino) Un equivoco? Eh via! Sa­rebbe assurdo che voi cercaste ancora d'ingannarmi, di trattarmi come un povero stupido. Io sono certissimo di tutto quello che ho sospettato. Non ho nemmeno bi­sogno d'insistere nel domandare a voi quello che sa­pete e quello che non sapete. La lettera che tenevate in mano era certo una lettera compromettente. La chiave del camerino di mia moglie era certo nelle tasche di Aiax.

Il Professor X               - (un gesto, come per negare).

Salvi                              - (tranquillissimo) No. Non negate. E' inutile. Io sono di quelli che, qualche volta, non capiscono su­bito, ma, quando capiscono... Ora sono sicuro che qual­cosa è accaduto, fra mia moglie e... o stava per accadere. Ma, vedete, superata la prima furia, ho ripensato a tutta la vita mia e di mia moglie, ho ricordato lei in tante ore, in tante circostanze, da quando l'ho conosciuta...

Tato                               - (russa).

Il Professor X               - Non russare, Tato!

Tato                               - (sistemandosi meglio fra le due sedie) Oh... scusate...

Salvi                              - (continuando) Allora aveva appena comin­ciato la sua carriera. Era una buona ragazza tranquilla, semplice, onesta. E, in fondo, la sua natura è così, e anche per questo non ho insistito nel tentare di farle smettere quel suo mestiere che la diverte, le piace... Una volta ho inteso dire che le donne hanno sempre bisogno di giocattoli, quando non hanno bambini; e. per lei, le sue canzonette, i suoi costumi, quei quattro gatti che l'applaudono sono i giocattoli, i suoi giocat­toli... Vi dico: una bambina ancora adesso. E io me n'ero dimenticato. Ma stasera, dopo tutto quel... quel chiasso, è stata come un'illuminazione improvvisa. Mi è sembrato impossibile di non aver subito capito e per­donato, io, che ho tanti anni più di lei. Avrei perdo­nato anche di peggio, molto di peggio, e come potevo non perdonare una sciocchezza, un errore passeggero, un attimo di debolezza, un passo fatto imprudentemente su una strada che... (Una delle due sedie di Tato cade a terra rumorosamente e Tato, per poco, non ruzzola).

Tato                               - Ahi!

Salvi                              - (sobbalzando) Che c'è?

Tato                               - Scusate. Ma non ero troppo comodo.

Il Professor X               - (a Tato) Buttati sul letto.

Tato                               - (felice) Posso?

Il Professor X               - Devi.

Tato                               - (si adagia sul letto, senza levarsi il soprabito) Oh... grazie... un altro ordine proprio piacevole... piace­volissimo... grazie... (Si riaddormenta).

Salvi                              - (continuando) Se sapeste che lucidità dentro di me, da un paio d'ore! E una calma, un senso di pa­dronanza, di superiorità... Mai come adesso ho sentito di amare quella donnina e mi sono pentito di averla tor­mentata per anni. Anzi: penso che siano stati proprio quei tormenti a staccarla da me, a spingerla sulla via dove sarebbe andata, se non accadeva quello che è acca­duto e che poteva essere un male definitivo, se, in grazia vostra e del vostro scherzo, dico il terzo scherzo, quello della rivoltella, non diventava una fortuna: il principio d'una fortuna.

Il Professor X               - Sì, sì. Decisamente, siete nel vero.

Salvi                              - Vedete?

Il Professor X               - E io ne sono felice, proprio felice, perché... vi voglio bene.

Salvi                              - Caro!

Il Professor X               - E perché... sì: ho sempre molto ap­prezzato vostra moglie.

Salvi                              - Oh, grazie! Questo mi fa particolarmente pia­cere. E posso dirvi che anche lei ha sempre avuto per voi molta... molta amicizia, molta simpatia.

Il Professor X               - (soddisfatto) E' una donnina vera­mente...

Salvi                              - Cara, cara. Ditelo pure. Non sono più geloso.

Il Professor X               - (in piedi) Davvero?

Salvi                              - (enfatico) Davvero!

Il Professor X               - E seguiterete così?

Salvi                              - Sicuro!

Il Professor X               - Senza più sospetti?

Salvi                              - Mai più.

Il Professor X               - Senza più tirannie?

Salvi                              - Nessuna tirannia.

Il Professor X               - Permettendole quel tanto d'innocente allegria di cui ha bisogno?

Salvi                              - Naturalmente, naturalmente!

Il Professor X               - Bene. (Conclusivo) D'ora innanzi sarete... (un'esitazione maliziosa).

Salvi                              - (si alza inquieto) Che?

Il Professor X               - . Felice.

Salvi                              - (sollevato e commosso) Felice... Magari! Certo io potrei esserlo. Però bisognerebbe che lei pure... al­meno un poco... In amore - anche questo l'ho inteso dire           - in amore la felicità d'un solo non conta, anzi: talvolta provoca le più grandi infelicità. E ora... vedete: insieme con tutti questi pensieri mi è nata in cuore una paura.

Il Professor X               - Paura?

Salvi                              - Che proprio adesso, adesso ch'io ho capito, ho superato tante debolezze e sono pronto ad amarla com'ella avrebbe sempre voluto, proprio adesso lei... in­somma: sia cambiata lei, e io arrivi troppo tardi, e il contrasto continui invertito. Sono cose che accadono.

 

Il Professor X               - Avete inteso dire anche questo?

Salvi                              - (senza avvedersi dell'ironia) Si capisce. Ah, vorrei tanto vederla, spiegarle. Ma non è facile. Dopo l'incidente di stasera... Appena rientrata qui in albergo, lei si è chiusa in camera. Io ho bussato, ho chiamato. Non ha aperto. Ho provato a telefonare. Ha staccato subito. Le ho mandato un biglietto. Me l'ha respinto. E ora... che posso fare?... Ho deciso di aspettare do­mani. Ma se anche domani... Professore, dovreste aiu­tarmi voi.

Il Professor X               - Io?

Salvi                              - Sì, proprio voi.

Il Professor X               - Ma è diventata una mania!

Salvi                              - Sono sicuro che una vostra parola... (Il cam­panello del telefono. Entrambi sobbalzano. Tato si sveglia di soprassalto).

Tato                               - Che... che è stato?

Il Professor X               - 11 telefono.

Salvi                              - A quest'ora?

Il Professor X               - (consulta l'orologio) Già. L'una passata. E' strano. (Di nuovo il campanello del telefono).

Tato                               - (esitante) Devo rispondere?

Il Professor X               - No. Aspetta. Forse... (guarda Salvi).

Salvi                              - (ansioso) Sì, sì. Potrebbe essere lei, dalla nostra camera. Andate voi, ascoltate.

Il Professor X               - (al telefono) Pronto... ah... (un cenno a Salvi: sì).

Salvi                              - (emozionatissimo) Oh Dio... che cosa dice?

Il Professor X               - (a Salvi) Sssst! (Poi, nel microfono) Come?... Parlarmi?... Ma figuratevi! Quando si è amici... Devo venire subito?... 1N0?... E perché?... Ah... paura di vostro marito... (guarda Salvi, con intenzione). Non so darvi torto. Se mi trovasse nella vostra camera, ci am­mazzerebbe tutti e due...

Salvi                              - (fa cenno dì no, ripetutamente).

Il Professor X               - (continuando) ... e non con la mia rivoltella, ma con un'altra... autentica. Be', venite voi. Vi aspetto... No, no. Sono alzato. Non ho sonno.

Tato                               - (in disparte, triste) Non ha sonno.

Il Professor X               - Arrivederci. (Appende il microfono).

Salvi                              - Dunque?

Il Professor X               - Sarà qui a minuti.

Salvi                              - Oh Dio... e che cosa vorrà dirvi?

Il Professor X               - Non posso certo saperlo.

Salvi                              - E voi che cosa le direte?

Il Professor X               - lo? E che cosa dovrei dirle? Quello che volete voi, quello che mi avete detto voi. S'intende. Una migliore occasione di questa... Siete fortunato. (Pas­saggio) Ma ora andatevene. Aspettatemi fuori, sulla piaz­za. Vi chiamerò dalla finestra, quando sarà opportuno        - (Lo spinge verso la porta).

Salvi                              - (affannato, confuso, prende cappello e soprabito, si lascia sospingere) Grazie, grazie! Ditele tutto chia­ramente. Assicuratela della mia buona fede, della mia promessa. Non la tormenterò più, mai più... Mi racco­mando!

Il Professor X               - Andate!

Salvi                              - (sulla soglia) Sono nelle vostre mani. E sono tanto infelice, tanto innamorato.

Il Professor X               - Andate!

Salvi                              - Non vi faccio pietà?

Il Professor X               - Per niente. Piuttosto mi farete in­vidia, fra poco.

 Salvi                             - (luminoso) Sì? E dunque voi pensate...

Il Professor X               - (sbrigativo) Via!

Salvi                              - (esce a precipizio) Corro... corro...

Il Professor X               - (in fuori, con voce strozzata) Svol­tate a destra... c'è una scala in fondo al corridoio... (Ri­chiude la porta, poi, febbrilmente, si rivolge a Tato e agisce) Togli quella bottiglia e quel bicchiere! Svelto!

Tato                               - (lamentoso) Ma non vi pare... (Infila la bot­tiglia in una tasca del soprabito).

Il Professor X               - (agitatissimo) E dov'è la cravatta? Ah... ecco... (Trova, e a Tato) Il nodo!

Tato                               - (annodandogli la cravatta) Sì. Il nodo. Ma non vi pare che sarebbe meglio andare a letto?

Il Professor X               - E le scarpe? Dove sono le scarpe? (Le trova, le calza).

Tato                               - Non vi pare che, in quanto a pasticci, per oggi basti?

Il Professor X               - Ecco... (Uno sguardo allo specchio, un colpo di pettine ai capelli, poi, sorridendo, si fa alla porta, pronto a salutare: un attimo di pausa, come se ascoltasse i passi che si avvicinano, quindi apre. Il sorriso del professore si spegne. Dalla porta spalancata entra in cappellino la guardarobiera, col dito sulle labbra).

La Guardarobiera          - Sssssst!

Il Professor X               - (incerto) Ma, veramente, io aspet­tavo...

La Guardarobiera          - (inquisitrice) Chi c'è qui dentro?

Il Professor X               - Lo vedete. Noi due.

La Guardarobiera          - Dunque, la signora può entrare.

Il Professor X               - (sollevato) Ah... la signora... (come per dire: è dietro di voi).

La Gardarobiera            - (rivolta in fuori, a bassa voce) Avanti. Entrate pure. (Entra Leda, frettolosa, furtiva. W avvolta in una pelliccia, ma ha ì piedi nudi e calza bab­bucce. Inquieta si guarda intorno e, subito, comincia ad andare e venire per la camera, con atti di molestia e di ansia).

Leda                              - Grazie. (Sorride fuggevolmente al professore e a Tato, poi sembra dimenticarsi anche di loro).

La Guardarobiera          - Vi ho condotta al sicuro, come vedete. Senza cattivi incontri. E ora cercate di spicciarvi. Quando si è agitati come voi           - (prende una sedia, la piazza, sempre parlando, dinanzi alla porta richiusa, e vi siede, come per montare la guardia) non bisogna stancarsi trop­po. Anzi: occorrerebbe il riposo, riposo assoluto... oh, ma proprio assoluto. Spicciatevi, signora, spicciatevi. Io aspetto.

Leda                              - Ma forse... (uno sguardo al professore) non è necessario.

Il Professor X               - (rapido) No, no, no. Non è asso­lutamente necessario.

La Guardarobiera          - Vi siete affidata alla mia prote­zione, signora, da quando è accaduto quel malaugurato incidente, e io devo compiere il mio dovere fino alla fine.

Il Professor X               - Ma voi avete già fatto fin troppo, signora. Siete stata ammirevole.

La Guardarobiera          - (lusingata) Oh... per così poco!

Il Professor X               - E ora meritate il riposo, Anzi, l'o­nore d'essere accompagnata al riposo da un cavaliere devoto.

La Guardarobiera          - (interessata) Come, come?

Il Professor X               - (a Tato, imperioso, fissandolo, come per ipnotizzarlo) Tato!

Tato                               - Eh? (Lo guarda, capisce, obbedisce a malin­cuore) Già... (Alla guardarobiera, avvicinandosi con sten­tata gentilezza) Signora...

La Guardarobiera          - (incoraggiante) Dite pure, signor Tato.

Il Professor X               - (seguita a fissare Tato).

Tato                               - (suggestionato e rassegnato) Posso avere il piacere di accompagnarvi a casa?

La Guardarobiera          - Ma certo! Ma figuratevi! Però... se la signora avesse ancora bisogno di me...

Leda                              - No, grazie. Venite domattina.

Il Professor X               - Ecco: domattina. Perfettamente: do­mattina. Avete capito? Domattina  - (E di nuovo fissa Tato) Tato!

Tato                               - (c. s.) Posso... offrirvi il braccio, signora?

La Guardarobiera          - (avviandosi al braccio di Tato) Ma certo! E buona notte, signora Leda; e anche a voi, pro­fessore: buona notte.

Tato                               - (s'incammina distratto).

Il Professor X               - (fissandolo) Tato!

Tato                               - (si riprende) Sì... ehm!... è una bellissima notte, signora.

La Guardarobiera          - Davvero?

Tato                               - Una notte di luna: luna piena... o forse... no, non proprio piena, ma... così, così...

La Guardarobiera          - Eh, caro! Così, così...

Tato                               - (sulla soglia, alla guardarobiera) Prego...

Leda                              - (di scatto) Aspettate! Potreste incontrare mio marito...

Tato                               - Già... (Uno sguardo al professore).

Leda                              -        - (E che cosa farete? Che cosa direte?

Tato                               - Gli diremo...

La Guardarobiera          - Gli diremo che andiamo a pas­seggio al chiaro di luna... noi due! (Esce) Venite, signor Tato, venite!

Tato                               - Ecco, andiamo a passeggio al chiaro di luna (un sospiro) noi due. Buona notte. (Esce a sua volta e richiude la porta. Leda continua il suo andare e venire smanioso. Il professore la osserva).

Il Professor X               - (dopo una breve pausa) Ma perché seguitate ad andare e a venire in cotesta maniera?

Leda                              - Non riesco a calmarmi. Scusate. Ho fatto le scale di corsa. La mia camera è al primo piano. Se avessi incontrato mio marito....

Il Professor X               - (distratto) Già.

Leda                              - Non l'avete più visto, dopo... (Senza aspettare risposta) Che terrore! Che orrore! E per poco... Siete stato così bravo, voi! E così buono! No, non buono. Qualcosa di più. Molto di più. Avete salvato la mia vita. Avete salvato tutto. E mio marito... Ah! Credevo pro­prio che sarebbe venuto a cercarvi, e anche adesso, nel corridoio, un'ombra che correva... o forse mi è sembrato...

Il Professor X               - Sedete. Calmatevi.

Leda                              - (siede) Sì. Avete ragione. Sono ancora tutta agitata.

Il Professor X               - Toglietevi la pelliccia.

Leda                              - Sì, grazie. (Lascia cadere la pelliccia, appare solo vestita d'una camicia da notte assai leggera; con­tinua a parlare febbrilmente) Mi è proprio sembrato che...

Il Professor X               - (la guarda con ostentata attenzione).

 Leda                             - (si accorge del proprio stato, ha un piccolo grido) Ah! (Rimette in fretta la pelliccia). Non ricordavo. Non mi sono rivestita. Che distratta!

Il Professor X               - Avete una bellissima camicia da notte.

Leda                              - (quasi lusingata) Vi pare? (Riprendendosi) No, no! Non è vero. Non l'avete veduta. Non avete veduto niente.

Il Professor X               - Bellissima. Di velo e di pizzo. Trasparente.

Leda                              - Siete insopportabile!

Il Professor X               - Eppure dicevate che sono stato così buono, così... più che buono...

Leda                              - (calmandosi) Sì. E' vero. Scusate. Più che buono. E ho bisogno che lo siate ancora. Vedete. M'ero già coricata. Ma non potevo prendere sonno. Allora mi sono ricordata che non vi avevo ancora ringraziato, e ho telefonato, e sono corsa... Appena rientrata in camera, ho avuto da fare.

Il Professor X               - Sì?

Leda                              - Ho radunato le mie cose. Ho riempito le mie valige. Due valige. E le ho chiuse.

Il Professor X               - (molto interessato) Come?

Leda                              - Ho chiuso le valige.

Il Professor X               - (c. s.) E perché?

Leda                              - (semplice) Me ne vado.

Il Professor X               - (c. s.) Ve ne andate?

Leda                              - Sì. Domani.

Il Professor X               - Ma... vostro marito lo sa?

Leda                              - Non ha bisogno di saperlo...

Il Professor X               - Ah...

Leda                              - ... per ora. Lo saprà dopo, quando non mi troverà più. Per intanto non l'ho lasciato entrare in camera. Basta!, come diceva lui, vi ricordate? (Imitando il marito, con esagerata violenza) Basta!

Il Professor X               - (cauto) Non volete perdonargli?

Leda                              - Perdonargli! Dopo che lui... Mi supponete troppo generosa. E poi sarebbe assurdo ch'io non ap­profittassi d'una simile occasione per farla finita.

Il Professor X               - (ascolta con particolare attenzione).

Leda                              - Dopo quattro anni di supplizio siamo arri­vati a... a quello che avete veduto. E vi pare ch'io dovrei ancora rassegnarmi, sopportare? O rinunziare a tutto, sciupare la mia giovinezza, la mia vita, o correre un'altra volta il rischio di... (Impaziente) Parlate, rispondete: vi pare davvero ch'io dovrei perdonargli? Sì o no?

Il Professor X               - (come per dovere) Se lui fosse pen­tito e si dimostrasse pronto a mutare i suoi modi verso di voi, a cercare di capirvi, a... (Passaggio) No, no: niente. Avete ragione. Non dovete, non potete perdonare. Fate benissimo a lasciarlo.

Leda                              - (rasserenata) Grazie. Non mi aspettavo di meno, da voi. E avevo bisogno, ve lo giuro, tanto bisogno d'essere approvata. Non riuscivo a vincere una certa apprensione, quasi una paura. Di fronte a una risoluzione così...

Il Professor X               - (s'è avvicinato a lei, la guarda intensa­mente) La fuga!

Leda                              - (appassionata) Sì.

Il Professor X               - La libertà!

Leda                              - Sì... Ah, mi sembra di rinascere al solo pensarlo. Un'altra vita, un altro mondo... perché anche il mondo mi sembrerà diverso, e tanto, tanto più bello!

Il Professor X               - (sentito) Come vibrate!

Leda                              - E’ la felicità.

Il Professor X               - (sempre più vicino a lei) La feli­cità! Sì. L'avete negli occhi, nella bocca. Eravate già tanto giovane, e ora, anche di più.

Leda                              - Sì! Più giovane e più... più tutto! Ah! (Una risata) Ma che strano! che strano!

Il Professor X               - (diffidente) Che cosa?

Leda                              - Io ho deciso tutto questo, io sono felice come voi vedete, e...

Il Professor X               - E?...

Leda                              - (sottovoce) Aiax non sa ancora nulla!

Il Professor X               - (toccato si ritira adagio).

Leda                              - (tutta presa dai suoi pensieri) Quando lo sa­prà, che gioia anche per lui!

Il Professor X               - (siede in disparte) Già... perché voi... intendete partire., con Aiax.

Leda                              - Certo.

Il Professor X               - Certo. (Si alza, e quasi per sé solo) Era prevedibile. (Passeggia impaziente) Lo amate proprio tanto ?

Leda                              - Oh sì!

Il Professor X               - E non avete più paura di John Red?

Leda                              - Oramai... Denunzi pure. Mi sarò già denun­ziata da me.

Il Professor X               - E' vero.

Leda                              - Ed è meglio così.

Il Professor X               - (c. s.) S'intende. (Passaggio) Ma avete provato a cercar d'approfondire il vostro senti­mento ?

Leda                              - Come?

Il Professor X               - (ritornando verso di lei) Sì... dico: siete sicura che questo sentimento sia forte, schietto...

Leda                              - Fortissimo, schiettissimo.

Il Professor X               - (continuando) E che sia... ben col­locato?

Leda                              - (annoiata) Ecco. Ora siete pronto per la pater­nale. (Ironica) Aiax non è che un ragazzaccio, Aiax corre l'avventura, e così via, così via... Ma la promessa che mi avete fatto stasera deve ancora valere, perché di questi discorsi io non ne voglio, non posso ascoltarne; e sarebbero inutili. Tutto è deciso, irrevocabilmente. Non eravate d'accordo anche voi?

Il Professor X               - (finto ingenuo) D'accordo?

Leda                              - Sì, nel considerare giusto quello che faccio.

Il Professor X               - Infatti. Non nego neppure ora. Ma ho ripensato. Ripenso. Vostro marito...

Leda                              - (decisa) Non esiste più, per me.

Il Professor X               - Ma esistete voi per lui.

Leda                              - Non saprà dove sarò. Andremo molto lon­tano. Chi sa dove. Non mi potrà raggiungere. Nessuno saprà dove sarò. Nessuno.

Il Professor X               - Nemmeno io?

Leda                              - Voi? (Ride) E che può importarne a voi?

Il Professor X               - (esita, come sul punto di rivelare un pensiero grave, poi crolla le spalle, ride anche lui) Scherzavo.

Leda                              - (incoraggiata dal suo riso gli si avvicina) E, allora, più niente rimproveri, più niente discussioni. Siate ancora il mio alleato, il mio amico; ma di quegli amici che non fanno dispetti.

Il Professor X               - (non senza una vaga tristezza) Poi­ché è destino...

Leda                              - Aiutatemi ancora, e io vi dovrò, oltre alla vita, anche la felicità. Volete?

Il Professor X               - Veramente, fra tutti i modi di dare la felicità a una donna come voi, non credo che quello riservato a me sia il più divertente.

Leda                              - Scherzate di nuovo?

Il Professor X               - Certo.

Leda                              - E non mi promettete?...

Il Professor X               - Tutto quello che volete.

Leda                              - Sì?

Il Professor X               - Sì.

Leda                              - (gli tende la mano) La mano!

Il' Professor X               - (stringe la mano di lei, la trattiene, la guarda) Bella, molto bella.

Leda                              - (ritirando la mano) Eh no! Ora basta con gli scherzi.

Il Professor X               - Giusto. Basta con gli scherzi. E di nuovo come stasera: passiamo agli affari. Io dovrei...

Leda                              - Trovare Aiax, al più presto.

Il Professor X               - (poco edificato) Ah...

Leda                              - Ho telefonato al suo albergo quattro volte. Non è rientrato. Forse non rientrerà. E io non ho più potuto parlargli dopo... dopo l'incidente; e sono inquieta. E' necessario che lo rassicuri e gli faccia sapere quello che ho deciso. Ma al più presto, capite? al più presto. Perché potrebbe accadere che lui credesse opportuno andarsene alla chetichella, per...

Il Professor X               - Per paura che io non sia pronto un'altra volta... a cambiare la rivoltella.

Leda                              - No. Non credo. Non paura per sé, ma...

Il Professor X               - Per voi, vero?

Leda                              - Ecco.

Il Professor X               - (beffardo) Una maniera eroica di aver paura.

Leda                              - Se non temessi d'incontrar mio marito, andrei io stessa. Sono certa che lo troverei nel caffè del teatro, o in qualche caffè della piazza; ma...

Il Professor X               - (risoluto ma tranquillo) No. Non voi.

Leda                              - E allora?

Il Professor X               - Io, si capisce.

Leda                              - Davvero? Lo farete davvero?

Il Professor X               - Ma sì, vi ripeto, poiché è destino...

Leda                              - (felice) Grazie ; grazie anche di questo. E così... Che gioia! Tutto è aggiustato, tutto... (Una repentina incertezza) Ma no, no!

Il Professor X               - Che c'è, ora?

Leda                              - (di nuovo angosciata) C'è che... Oh, povera me! E io non immaginavo, e neppure voi immaginavate...

Il Professor X               - Ma che cosa?

Leda                              - Povera me, povera me! Com'è possibile che voi possiate dire ad Aiax tutto quello ch'io vorrei, e lui... sì, insomma: lui vi creda senza incertezze, senza sospetti...

Il Professor X               - (non comprendendo) E perché non dovrebbe credermi?

Leda                              - Perché... non so... mi pare... Vi conosce appena; e oggi... quello che avete fatto anche davanti a lui...

Il Professor X               - Oh via! Non mi sembra che...

Leda                              - (insofferente) Non vi sembra, non vi sembra... Per voi tutto questo ha poca importanza; per voi non si tratta che di giuochi, e... (Pentita) No, scusatemi; di­vento di nuovo ingrata. Perdonatemi e datemi retta. Considerate la cosa con serietà. Pensate al pericolo d'un equivoco, col poco tempo che ci resta.

Il Professor X               - (sincero, ma un po' divertito dall'agi­tazione di lei) E quale equivoco?

Leda                              - (avvilita) Ecco. Ora fingete di non capire, di non credermi. E io, invece, sono sicura che il vostro intervento potrebbe insospettire Aiax, fargli temere qual­che altro imbroglio, fargli magari credere che gli ten­diate qualche tranello, contro il suo e il mio interesse, per farvi perdonare da mio marito.

Il Professor X               - (c. s.) Che terribili fantasie!

Leda                              - Non sono fantasie. Sono dubbi, paure.

Il Professor X               - E i dubbi e le paure non possono essere fantasie? (Molto enfatico, professionale) E non dimostro io forse, con la mia arte, che tutto, dico tutto, può essere fantasia?

Leda                              - Ma sì! Benissimo! «Signori e signore, il Pro­fessor X vi saluta ». Proprio il momento opportuno per cominciare il vostro « numero »!

Il Professor X               - No, no. Non abbiate paura. Non comincio il mio « numero ». In onor vostro mi sono già prodotto anche troppo, e con risultati che, finora, non mi soddisfano. (Conclusivo) Ditemi che cosa dovrei fare per tranquillizzarvi.

Leda                              - (disperata) Non so, non so. So soltanto che tutto è di nuovo sospeso, tutto sossopra, e anche voi mi abbandonate, e io... (Risoluta) Bene, vado io a cercarlo. E, se incontrerò mio marito, se mi accadrà qualche disgrazia... pazienza, pazienza!

Il Professor X               - (fermandola col gesto) No. Fer­matevi.

Leda                              - (spazientita) Ma se non c'è via d'uscita, se voi non sapete consigliarmi nulla, se il vostro intervento potrebbe rovinare me e...

Il Professor X               - Zitta! (Pausa) Avete detto molte sciocchezze. Io non condivido affatto i vostri timori, e sono sicuro che avrei ancora una volta aggiustato tutto. Però... però approfitto dell'occasione che mi offrite (am­biguo) per tenervi ancora un poco con me.

Leda                              - (incerta) Come?

Il Professor X               - Niente, niente. Ho di nuovo scher­zato.

Leda                              - E io sono qui che... che agonizzo.

Il Professor X               - Bene. Smettetela di agonizzare, e sedete.

Leda                              - Dove?

Il Professor X               - A quel tavolo.

Leda                              - Ma perché?

Il Professor X               - (uno scatto) Sedete!

Leda                              - (obbedisce).

Il Professor X               - E ora prendete un foglio da quella cartella. (Puerilmente intimidita, quasi paurosa, Leda continua a obbedire; e il professore accentua il suo tono di comando) E prendete anche una busta.

Leda                              - (un soffio) Sì.

Il Professor X               - E anche la penna.

Leda                              - Sì.

Il Professor X               - E scrivete.

Leda                              - A chi?

Il Professor X               - Al vostro Aiax, s'intende. Scrive­tegli qualche cosa... la cosa più importante...

Leda                              - La cosa più importante?

Il Professor X               - (d'improvviso affettuoso, dolce) Ma sì! La cosa più importante. E devo essere io a sugge-rirvela?

Leda                              - Oh no! Ma non capisco perché...

Il Professor X               - Semplicissimo. Io gli porterò la lettera; e la lettera servirà a provare l'incarico che mi avete affidato, a dimostrare la mia sincerità, di modo che il resto... il resto potrò aggiungerlo a voce. Va bene?

Leda                              - Oh sì! Benissimo! Come siete caro!

Il Professor X               - Scrivete.

Leda                              - (incerta) Sì.

Il Professor X               - Ma che cosa aspettate?

Leda                              - Niente. Pensavo... Bastano poche righe, vero?

Il Professor X               - Certo. Ve l'ho già detto. Scrivete la cosa più importante, più significativa. Intanto, io mi preparo a uscire. (Leda comincia a scrivere; di quando in quando s'interrompe, pensa, parla. Il professore, in disparte, si toglie la veste da camera e indossa la giacca).

Leda                              - (tra una frase e l'altra della lettera che sta scri­vendo) Stanotte non dormirete.

Il Professor X               - E' la minor disgrazia che possa ca­pitare a chi s'intromette negli affari delle donne.

Leda                              - (c. s.) Che idee nere! Quasi come mio marito.

Il Professor X               - Già. Quasi come lui.

Leda                              - (c. s.) Però... è vero.

Il Professor X               - Che cosa?

Leda                              - Le donne sono importune.

Il Professor X               - Invadenti.

Leda                              - Deboli.

Il Professor X               - (accanendosi) Moleste.

Leda                              - (dimenticandosi di dover scrivere) Fragili.

Il Professor X               - Egoiste.

Leda                              - (reagendo) Infelici.

Il Professor X               - Infide!

Leda                              - (in piedi) Non è vero!

Il Professor X               - E' vero!

Leda                              - E gli uomini?

Il Professor X               - Gli uomini... (Passaggio) Scrivete, scrivete!

Leda                              - (risiede e riprende a scrivere) Sì. Avete ra­gione. Che sciocca! Quasi fosse il momento di disputare fra di noi.

Il Professor X               - E quasi fosse possibile arrivare a mettersi d'accordo, fra uomini e donne, su certi argo­menti...

Leda                              - (scrivendo) Delicati.

Il Professor X               - Delicati. (Si avvicina) Scritto?

Leda                              - Un momento... (Qualche parola ancora, poi) Ecco.

Il Professor X               - E ora la busta, l'indirizzo.

Leda                              - (eseguendo) Sì. Volete sentire? (In atto di leggere la lettera).

Il Professor X               - (stupito) Sentire?

Leda                              - Per potergli dire quello che non ho scritto.

Il Professor X               - (ride bonariamente).

Leda                              - Perché ridete?

Il Professor X               - (sempre ridendo) Non rido.

Leda                              - Che strano modo di non ridere avete!

Il Professor X               - Volete improvvisare un'altra discus­sione ?

Leda                              - Oh no. Voglio sapere se vi sembro davvero ridicola.

Il Professor X               - (serio e sincero) Ridicola?... No. Tutt'altro.

Leda                              - E allora...

Il Professor X               - Leggete.

Leda                              - (legge) « Caro, ti scrivo per dirti che ti amo ancora, sempre, anzi: sempre di più - " sottolineato "- ; quello che è accaduto non ha valso che a rafforzare il mio amore per te, a farmi comprendere quanto esso sia grande, profondo, al disopra di tutto e di tutti. Do­mattina ti aspetto. E ti dirò grandi cose. Ma tu devi essere mio, come prima, più di prima. 'Leda ».

Il Professor X               - (ha ascoltato con crescente interesse, poi, a poco a poco, si è distratto per seguire un suo pen­siero, e ora rimane assorto, immobile).

Leda                              - (per scuoterlo) Sentito?

Il Professor X               - (trasalendo) Ah... sì, sì... ma... non avete scritto altro?

Leda                              - Non basta?

Il Professor X               - Forse. Credo che basti. Però... E' una lettera molto vaga, molto indeterminata. Volendo, si potrebbe... (Tace).

Leda                              - Che cosa si potrebbe?

Il Professor X               - Niente, niente. Com'è l'ultima frase?

Leda                              - (leggendo) « Ma tu devi essere mio, come prima, più di prima ».

Il Professor X               - (ha un'idea, la rimugina) Più di prima... già.

Leda                              - Non va?

Il Professor X               - Sì, sì. Va benissimo. Perfettamente. Anzi: non potrebbe andar meglio.

Leda                              - (prende in mano la busta) E allora chiudo?

Il Professor X               - Si... no, no, no. Un momento. (Prende dalle mani di lei il foglio e la busta; rilegge distratta­mente lo scritto) « Caro... quello che è accaduto... sempre di più... " sottolineato "... al di sopra di tutto... »     (Im­provviso) Ma, a proposito: e a vostro marito?

Leda                              - A mio marito?

Il Professor X               - Niente? Nemmeno una parola? Nem­meno una letterina per salutarlo e dirgli... Sarebbe an­che interesse vostro. Almeno potreste fargli intendere la serietà e la gravità di quello che fate, in modo ch'egli non creda a un capriccio e, immediatamente, cerchi di riprendervi.

Leda                              - (ingenua) Avete di nuovo ragione.

Il Professor X               - (soddisfatto) E dunque scrivete an­che a lui. E penserò io a fargli avere la lettera... a tempo debito. Su, coraggio!

Leda                              - (un altro foglio e un'altra busta; la penna in mano: e pensa, cerca) Sì... dunque... Come avevate detto?

Il Professor X               - Non ricordo. (Consulta l'orologio). E' tardi. Non perdete più tempo!

Leda                              - Ma io non so!

 Il Professor X              - (con molta premura) Be', scrivete. (Pensa e detta) «Caro...».

Leda                              - (stupita) Caro?

Il Professor X               - Sicuro, addolcite la botta. E' sempre meglio: « Caro, tutto tra noi è finito. Punto. Domani sparirò. Punto. Non cercarmi, non domandare di me, non tentare neppure di scrivermi. Punto e virgola. Quello che oggi è accaduto ha segnato la fine del nostro... del nostro... del nostro... infelicissimo amore. Punto. Leda ». Va bene?

Leda                              - (termina di scrivere) Oh sì!

Il Professor X               - (come prima; molta premura) Fate vedere. (Rilegge la lettera, e ancora tiene in mano quella per Aiax e la sua busta). Sì. E ora... svelta! Busta e in­dirizzo anche per vostro marito.

Leda                              - (obbedisce).

Il Professor X               - Ecco. (Prende la busta appena scritta, soffia sull'inchiostro delle parole, poi consegna i due fogli e le due buste a Leda) E adesso chiudete. Svelta! (Di nuovo l'orologio) Quasi le due! E' tardis­simo. Alle due i caffè si chiudono.

Leda                              - (frettolosamente, quasi febbrilmente, chiude le due lettere).

Il Professor X               - Se Aiax non tornerà all'albergo, non saprò davvero dove trovarlo.

Leda                              - Sì. E' giusto. Ora vi lascio. (Si alza) Meglio non farci vedere insieme nel corridoio. E telefonatemi più tardi. Camera numero 28. Ci rivedremo. Ci salute­remo.

Il Professor X               - (accompagnandola alla porta) Sì.

Leda                              - E io vi dirò ancora tutto il bene che penso di voi.

Il Professor X               - Non sarà necessario che vi diate questa pena. Andate!

Leda                              - (sulla soglia) Ma riuscirete a vederlo, a par­largli?

Il Professor X               - Certamente. Rimanete tranquilla. Penso io a tutto: a tutto.

Leda                              - (affettuosa) Grazie, grazie, grazie. E buona notte!

Il Professor ;X              - Sì, cara. Buona notte.

(Leda è uscita. Il professore prende di sul tavolo le due lettere. Le guarda, le soppesa, sorride; poi le na­sconde in tasca, separatamente, con attenzione. Canticchia «Sei come un'orchidea...». Si avvicina alla finestra; ne solleva la cortina; fa un cenno di richiamo verso l'esterno. Soddisfatto ritorna al tavolino, accende una sigaretta. Ed ecco la porta aprirsi. Salvi rientra impaziente, trepido, te si guarda intorno per cercare la donna).

Salvi                              - Ebbene?

Il Professor X               - (un inchino) Congratulazioni.

Salvi                              - (incredulo) Sì?

Il Professor X               - Tutto aggiustato.

Salvi                              - (estremamente emozionato) Dite davvero?

Il Professor X               - Si è commossa. Ha pianto pensando a voi. Ma non ha voluto farsi vedere da voi con gli occhi rossi, ed è tornata in camera sua.

Salvi                              - (c. s.) Oh, come se non fossero belli anche quando piangono, i suoi occhietti!

Il Professor X               - Però, ha voluto scrivervi.

Salvi                              - Scrivermi?

Il Professor X               - Sì. Per non farvi stare ancora in pena. (Toglie di tasca una delle due lettere). Ecco qua. (Addita l'indirizzo) E’ o non è il vostro nome, questo?

Salvi                              - Certo!

Il Professor X               - E' o non è la sua calligrafia?

Salvi                              - Certo!

Il Professor X               - E, dunque, leggete!

Salvi                              - Sì. (Prende la lettera, strappa la busta con le mani tremanti, posa gli occhi sul foglio, e subito) Oh... oh..» oh... (un'immensa felicità sul suo volto, nella sua voce). Oh... (e guarda il professore, tremando, balbet­tando).

Il Professor X               - (soddisfatto) Bene. A giudicare dall'effetto...

Salvi                              - Dio mio! Non mi par vero. Mai mi ha scritto cose come queste, mai, in quattro anni». Oh, ascoltate, ascoltate! (Legge e commenta, e la sua emozione cresce ancora) « Caro » mi par di sentirlo dire dalla sua voce... «caro... ti scrivo per dirti che ti amo ancora, sempre, anzi sempre di più... » sottolineato, capite?, sottolineato... « quello che è accaduto non ha valso che a rafforzare il mio amore per te, a farmi comprendere quanto esso sia grande, profondo, al di sopra di tutto e di tutti... » capite? « tutti... » e quindi anche... anche l'altro... Oh Dio! «Domattina ti aspetto...». Che ore sono?

Il Professor X               - Le due.

Salvi                              - Poche ore... poche ore ancora... « E ti dirò grandi cose...». Mio Dio! Quali cose saranno? Grandi... più grandi di queste? Impossibile, impossibile... «Ma tu devi essere mio come prima, più di prima ». Avete sen­tito? «Più di prima». Ma è naturale. Più di prima... Oh! Domani! Domani mattina! Che ore sono?

Il Professor X               - Le...

Salvi                              - Grazie. Sì. Le due. (Conta sulle dita) Uno, due, tre... sei ore... forse anche meno... poi         - oh! (Al profes­sore) E siete stato voi, a far questo, a darmi questa fe­licità!

Il Professor X               - Aspettate. Parlate di felicità e non sapete ancora tutto.

Salvi                              - E che forse non basta?

Il Professor X               - (toglie di tasca l'altra lettera) Guar­date.

Salvi                              - Un'altra lettera?

Il Professor X               - E anche questa di vostra moglie.

Salvi                              - (inquieto) Ma... per chi?

Il Professor X               - (gli mostra l’indirizzo) Leggete.

Salvi                              - (allibito) A...

Il Professor X               - Sì. Aiax. E io gliela farò avere do­mattina.

Salvi                              - Ma... che cosa gli ha scritto?

Il Professor X               - Liquidazione.

Salvi                              - (quasi un grido) Come?

Il Professor X               - Liquidazione assoluta, immediata, senza appello.

Salvi                              - Oh... oh... oh... caro, caro amico... (A braccia aperte inuove verso il professore) Venite fra le mie brac­cia, sul mio cuore... protettore mio! salvatore mio! (e lo abbraccia).

Fine del secondo atto

 

ATTO TERZO

Sul palcoscenico, come al primo atto. Ma la piccola scena di fondo appare spenta e vuota. Mattino.

(Il macchinista spazza e canticchia: «O mia piccola dea, sei come un'orchidea... ». La guardarobiera si af­faccia al secondo camerino di sinistra).

La Guardarobiera          - (al macchinista) Ehi! Il baule è pronto. Venite.

Il Macchinista               - (depone la scopa) Vengo. (Entra nel camerino, da cui esce Leda vestita da viaggio, por­tando una valigetta).

La Guardarobiera          - (a Leda) Devo accompagnarlo?

Leda                              - Sì. E' meglio. (Le consegna la valigetta) E portate questa. Ma non perdete tempo, vi prego. Tutto all'albergo subito, e... Che cosa volevo dire?

La Guardarobiera          - Non ve ne ricordate? Brutto se­gno, Siete troppo stanca, signora Leda.

Leda                              - Ma no!

La Guardarobiera          - Evidentemente non avete ascol­tato i miei consigli. Male!

Il Macchinista               - (uscendo dal camerino col baule sulle spalle) Possiamo andare?

Leda                              - Certo. Ma... ah, ecco: ricordatevi di lasciare tutto nel... "(Esce dal primo camerino Tato, e si ferma sulla soglia a spolverare una marsina, anche lui cantic­chiando «O mia piccola dea... ». Leda s'interrompe, si fa distratta più di prima).

La Guardarobiera          - (festosa) Buongiorno, signor Tato!

Tato                               - (scontroso) Buongiorno.

Leda                              - (c. s.) Nel... nel...

La Guardarobiera          - Dove, signora Leda?

Leda                              - Nel... nell'atrio.

La Guardarobiera          - Ho capito.

Leda                              - E aspettatemi là.

La Guardarobiera          - Sissignora.

Il Macchinista               - (impaziente, sotto il suo carico) Andiamo ?

La Guardarobiera          - (avviandosi verso destra) Sì. Ma adagio. Mi raccomando. Quando si portano pesi così grandi bisogna essere prudenti. Dovreste camminare a passi corti e misurati... e respirare profondamente... Buon­giorno, signor Tato!

Tato                               - (c. s.) Buongiorno.

La Guardarobiera          - ( uscendo) ... e, di quando in quando, fermarvi... ma non per un attimo solo, eh no! bensì... (Il macchinista, col baule sulle spalle, e la guardarobiera, con la valigetta, sono usciti da destra. Leda si avvicina a Tato e tenta di guardare dentro il suo ca­merino).

Tato                               - Donna Leda...

Leda                              - Buongiorno.

Tato                               - Avete sentito? Stavo appunto cantando la vo­stra canzone. Eh! che canzone! e che voce! La vostra, naturalmente. Io ne ho sentite tante, ma posso dirvi...

Leda                              - Non è in camerino?

Tato                               - Chi?

Leda                              - Il professore!

Tato                               - Non è ancora venuto. Posso dirvi

Leda                              - Siete certo che non sia ancora venuto?

Tato                               - Naturalmente. Posso dirvi...

Leda                              - E come mai ritarda?

Tato                               - Non ritarda affatto. E' presto. Posso dirvi che di voci come la vostra... eh! son ben io! Ottimo timbro; scuola perfetta; espressività rara... E' strano, ma quasi mi pare che la vostra voce mi piaccia più delle vo­stre gambe, anche se le vostre gambe...

Leda                              - E dove sarà adesso?

Tato                               - Chi?... Ah, il professore... Mah! Starà ancora riposando e sognando i misteriosi regni nei quali usa farci viaggiare con la sua magica arte. Vedete? (Mostra a Leda la marsina) Questa è appunto la marsina della magica arte. L'ho preparata ora. Quasi tutti i misteri sono qui dentro.

Leda                              - (è distratta, irrequieta).

Tato                               - Un filo, un elastico, un bottone, un'imbottitura, un doppio fondo (segna vari punti dell'abito di cui sta parlando), una finta tasca, un'apertura dissimulata, una fodera tripla, e... Ma voi non state bene!

Leda                              - (c. s.) Io? Perché? Sto benissimo. Solo vorrei... Mio marito si è già fatto vedere?

Tato                               - No, ch'io sappia,.

Leda                              - E il signor...

Tato                               - Aiax? Neppure.

Leda                              - E voi siete qui dalle...

Tato                               - Dalle otto e mezzo, donna Leda: puntuale come sempre, esatto, immancabile... Che sarebbe un pre­stigiatore, se il suo aiutante non fosse esatto ed imman­cabile? Sarebbe come un quadro senza cornice, una banda senza grancassa, una donna... scusate... una donna senza reggiseno. Più niente... effetto. Eh, donna Leda! Basterebbe ch'io sbagliassi nel disporre uno di questi elastici, o ch'io tardassi a intervenire, sulla scena, quando... (Da destra entra il Professor X, in abito da mattina, disinvolto e calmo).

II. Professor X              - Buongiorno!

Leda                              - Ah...

Il Professor X               - Dormito bene?

Leda                              - Grazie.

Il Professor X               - Beata voi! (A Tato) E tu? A posto?

Tato                               - Certo. Il solito controllo?

Il Professor X               - Si. (A Leda) Scusate. (Aiutato da Tato lascia il soprabito e la giacca, indossa la marsina). Vediamo. (Tasta l'abito, ne verifica l'interno).

Leda                              - (sempre più impaziente) Ma... (Un piccolo colpo di tosse) Ehm!

Il Professor X               - (fingendosi sorpreso) Che?

Leda                              - (un gesto di premura, di ansia, e un cenno verso Tato).

Tato                               - (li guarda entrambi, malizioso).

Il Professor X               - Ah... sì... (A Tato) Tato...

Tato                               - Me ne vado.

Il Professor X               - Ecco. E rimani di là. Ti chiamerò.

Tato                               - Sempre agli ordini. (Salutando) Donna Leda...

Leda                              - Sì... arrivederci... (Tato risale al fondo, scom­pare oltre la scena. Leda può parlare) Finalmente! Mi sembra un anno che vi aspetto. Il Professor X     - (simulando sorpresa) E perché?

Leda                              - E' accaduta una cosa... Non capisco più niente, più niente. Povera me! Divento pazza.

Il Professor X               - Pazza?

 

Leda                              - Ma sì, sì! Mio marito... E' incredibile!

Il Professor X               - Ma che cosa?

Leda                              - Mi aspettava nel corridoio dell'albergo, poco fa. Uscendo dalla camera l'ho visto; ho avuto paura; ho pensato che non avesse ancora ricevuto la lettera, o che l'avesse ricevuta e... non so, non so... ero certa che avrebbe ripreso la questione di ieri. E invece...

Il Professor X               - (scaltro) ...non l'ha ripresa!

Leda                              - Anzi! Mi è corso incontro festoso, felice, s'è inginocchiato; e diceva: grazie, grazie della tua lettera; diceva: che felicità! E poi mi abbracciava le ginocchia, e cominciava a piangere, ma di gioia, capite?, di gioia!

Il, Professor X              - (c. s.) Di gioia!

Leda                              - E poi un fiume di parole, senza ch'io potessi interromperlo: sei stata buona, grande, la mia Leda, la mia passione; e poi tante promesse, tanti progetti; vo­leva partire con me, subito, e voleva soltanto ch'io gli dicessi di sì, e allora io... ma non capivo più niente... io gli ho detto di sì; e lui è corso a prendere i biglietti, per partire con me... io e Ini... un viaggetto... un viaggio di nozze, diceva... E adesso verrà qui, coi biglietti!

Il Professor X               - (c. s.) Coi biglietti!

Leda                              - Povera me, povera me! Ma come è stato pos­sibile un simile equivoco? Come ha potuto interpretare così la mia lettera? Che cosa abbiamo scritto in quella lettera? Mi sembrava così chiara, definitiva, e ora... Oh, parlate voi! Dite quello che pensate, quello che im­maginate! Io non posso rimanere così...

Il Professor X               - (un rapido cenno; silenzio).

(Entra da destra Aiax e s'avvia verso la scala).

Leda                              - (si volta, lo vede, sorride e far per muovergli incontro).

Aiax                              - (gelidamente) Buongiorno. (Sale imperterrito).

Leda                              - (sbigottita) Aiax!

Aiax                              - (dall'alto della scala, sempre compassato, tagliente) Ah... è vero. Non vi ho accusato ricevuta della let­tera... Va molto bene, signora. E non c'è niente da ag­giungere. Buona fortuna. (Raggiunge il pianerottolo, scompare in un camerino).

Leda                              - (angosciata, incredula) No... no... (D'improvviso intuisce la verità, si volge al professore, aggressiva) Ah... voi! Siete stato voi! Avete scambiato le due lettere... (voce bassa, strozzata) ... quella per lui a mio marito, e quella per mio marito... (Violenta) Ora capisco tutto. Vedo tutto. Ricordo. Quando mi avete fatto chiudere le buste, e ave­vate premura, allora le avete scambiate... (A un cenno esitante di lui) Non negate, non negate!

Il Professor X               - (china il capo).

Leda                              - (un soffio) Non negate... (Pausa). Dunque è proprio così. Dunque avete voluto fare... Ma che cosa avete voluto fare? Uno scherzo? Un altro dispetto? O forse... Ah... per mio marito! Per farmi restare con mio marito, per farmi abbandonare da Aiax, per to­gliermi quel poco di bene che ho trovato e legarmi an­cora al mio supplizio, alla mia rovina... E' orribile, è orribile! E non vi discolpate neppure, non cercate di scusarvi. Seguitate a guardarmi con quegli occhi cattivi, odiosi... Ma non credete d'avere vinto. Oh no! Si chia­rirà tutto. E tutto sarà come deve essere, a dispetto dei vostri inganni, del vostro tradimento. Vedrete, vedrete! (Accorre alla scala, rapidamente, ma, ai primi scalini, si arresta, ritorna) No, non subito. Prima voglio sapere...

(E' ritta davanti al professore, come per affrontarlo) Perché?

Il Professor X               - Come?

Leda                              - : Perché mi avete trattata così? Perché vi siete alleato con mio marito? Che cosa v'importava di lui? Che cosa ve ne importa?

II. Professor X              - Di lui?... Niente.

Leda                              - Niente! Ma allora...

Il Professor X               - (prende una mano di lei, la guarda) Sì... stanotte avevo ragione. Proprio bella, bellissima...

Leda                              - (ritira la mano vivacemente) No! Non voglio più scherzi! Non voglio più giuochi! C'è di mezzo il mio cuore... (quasi piange) ... il mio cuore.

Il Professor X               - Lo so. Da ieri i miei giuochi sono diventati molto importanti. Fanno veramente muovere i cuori, la vita...

Leda                              - (sprezzante) E ve ne compiacete!

Il Professor X               - Non ancora.

Leda                              - (impaziente) Che cosa volete dire?

Il Professor X               - Che non me ne compiaccio ancora. Però... me ne compiacerò... forse.

Leda                              - Non capisco, non capisco!

Il Professor X               - (con improvviso slancio) Leda!

Leda                              - (lo guarda; aspetta da lui altre parole; pare col­pita dall’aspetto del suo volto; ripete piano, come per sé sola) Non capisco...

Il Professor X               - E' venuto il momento della verità: anche per me. E' venuto il momento in cui... devo essere sincero.

Leda                              - (c. s.) Sincero?

Il Professor X               - Posso esserlo?

Leda                              - Ma sì., certo.

Ir. Professor X              - (piano, insinuante, fissando la donna) Se fuggivate con Aiax, qualcuno vi avrebbe perduta, forse irrimediabilmente...

Leda                              - (incerta) Mio marito...

Il Professor X               - No. (Una pausa) lo.

(Per qualche attimo Leda rimane immobile, quasi senza respiro; poi muove qualche passo; cerca qualche parola; infine parla, ma con cautela).

Leda                              - E' un altro inganno. Un altro giuoco di pre­stigio.

Il Professor X               - No.

Leda                              - Un capriccio.

Il Professor X               - Neppure.

Leda                              - Allora... proprio una cosa vera? una cosa-triste?

Il Professor X               - Lo vedete.

Leda                              - Sì. Mi pare di vederlo, e...

Il Professor X               - (a sua volta cauto) E...

Leda                              - Certo... ora tutto cambia, tutto diventa più...

Il Professor X               - Più?...

Leda                              - No. Volevo dire: meno...

Il Professor X >            - Meno... che cosa?

Leda                              - Non so più. Sono turbata, molto turbata. Quello che accade... non è un giuoco di prestigio, no, ma è peggio. Ero così lontana dall'immaginare... E anche ades­so... Non avete certo mai fatto una sorpresa più inaspet­tata di questa. Avete superato voi stesso.

Il Professor X               - E senza trucco, questa volta.

Leda                              - Già. Senza trucco. E dunque...

Il Professori X              - Dunque?

Leda ------------------ - Non so. 84

 

Il Professor X               - Che cosa non sapete?

Leda                              - (un gesto incerto).

Il Professor X               - (ostile) Benissimo. Quello che vi ho detto non merita altra risposta, secondo voi, vero? E ora certamente pensate di raggiungere quel... quel gio­vinetto, di spiegargli tutto, di giurargli il vostro immu­tato amore, di partire con lui...

Leda                              - (si fa sempre più attenta, più preoccupata).

Il Professor X               - (continuando) Pensate che tutto si aggiusti, come dicevate dianzi, nonostante i miei... tra­dimenti. Ma se io... ascoltatemi bene... (tono e atteg­giamento di sfida) se io volessi ancora combattere? se io volessi ancora tentare di vincere?

Leda                              - (con doloroso timore) Come?

Il Professor X               - (continuando) - Se io decidessi di riuscire, almeno, a togliere agli altri il bene che non posso avere per me, e continuassi come ho cominciato: imbrogli, tranelli, dispetti, inganni, equivoci, fra voi e vostro marito, fra voi e quell'altro, e magari anche di peggio, se potrò e se vorrò?

Leda                              - Ma... (vorrebbe parlare).

Il Professor X               - Non dite altro. Ora è tardi per par­lare: troppo tardi. Non vorrete ch'io vi creda tanto in­genua da non sapere che quando un uomo dice a una donna quello che vi ho detto io...

Leda                              - (ha un sorriso rapido, scaltro; poi, a poco a poco, si tranquillizza, come se avesse trovato una linea di con­dotta, e aspetta, con ironica rassegnazione, ch'egli con­cluda).

Il Professor X               - Oh, insomma! Sto diventando ridi­colo come vostro marito. Evidentemente voi siete nata per rendere ridicoli gli uomini. Sicuro: per rendere ridi­coli gli uomini. E non vantatevene! E' un privilegio che dividete con le peggiori donne, mentre potreste... No. Niente. Fate quello che volete. E anch'io farò quello che vorrò. Ma ricordatevi le mie... sì: le mie minacce. Pensate ai vostri progetti di stanotte, alla facilità con cui li ho sconvolti. Pensate che, se non fosse stato del mio intervento, ora sareste sul punto di partire verso quella felicità di cui parlavate con tanta commozione. E rispondete, rispondete           - (accanito, incalzante) se io de­cidessi di seguitare a tormentarvi così, voi che cosa fa­reste? (Una pausa. Egli fissa la donna con durezza osti­nata. Ella sorride liberamente, sospira di sollievo).

Leda                              - Oh, finalmente! Un po' di silenzio. Se conti­nuavate ancora su quel tono, con quel crescendo... vi lasciavo qui a parlare tutto solo: un bellissimo monologo.

Il Professor X               - Si direbbe che la cosa vi diverta.

Leda                              - (subdola) Infatti.

Il Professor X               - Ma vi rendete conto?...

Leda                              - (interrompendolo)Di tutto. E certo meglio di voi. (Passaggio). Calmatevi! Smettete cotesto cipiglio! Non vi dona affatto.

Il Professor X               - (senza cedere) Aspetto la vostra risposta.

Leda                              - E come posso darvi una risposta? Avete par­lato sempre per conto vostro. Avete accumulato tante ipotesi. Mi avete prestato tante intenzioni... Certo, ca­pisco. Vi siete basato su quello che ho detto quando ho scoperto le vostre malefatte, e volevo correre su­bito a... ad aggiustare tutto. Ma ora...

Il Professor X               - (diffidente) Che cosa volete dire?

Leda                              - Mentre parlavate, mentre ammucchiavate contro di me tutte quelle parole cattive, senza lasciarmi il tempo di meditare su ciò ch'era accaduto, di valutare ciò che mi avevate detto... io pensavo... pensavo a tutt'altro... io mi stupivo di non sentirmi affatto offesa, né intimorita; e scoprivo in me qualche cosa che vi avrei detto prima, se voi me l'aveste permesso, e che potrei dirvi ora, anzi: vorrei dirvi... (Suadente, invitante) Ma che ingenuo anche voi! Come tutti!

Il Professor X               - Credete?

Leda                              - Lo vedo. Finché si tratta di giocare gli uomini, cioè di battervi fra di voi, siete abilissimi, scaltrissimo, ma quando dovreste capire noi donne... Insomma, io vi dico che, quando una donna si rivolge a un uomo per esserne aiutata in certe sue faccende, come feci io con voi, ieri, ebbene... ciò significa, almeno, che la donna sente per quell'uomo...

Il Professor X               - (sprezzante) Amicizia, fiducia, forse simpatia...

Leda                              - (quasi irritata) E da che cosa credete voi che cominci... il resto?

Il Professor X               - (fra lo stupore e la speranza) Leda!

Leda                              - (gli si avvicina, quasi lo sfiora, carezzevole) Ditemi quand'è stata la prima volta...

Il Professor X               - (tuttavia un po' cauto) La prima volta che...?

Leda                              - Che vi siete accorto di... quello che avete detto.

Il Professor X               - Non so. Forse... Ma perché vorreste saperlo ?

Leda                              - (tutta un invito) Per vedere chi è stato, fra noi due, a cominciare prima.

Il Professor X               - (uno scatto) E dunque voi..

Leda                              - Sì.

Il Professor X               - E non parlavate!

Leda                              - Come voi.

Il Professor X               - Non vi tradivate!

Leda                              - Come voi.

Il Professor X               - Pensavate agli altri!

Leda                              - Come voi, come voi!

Il Professor X               - Dicevate d'amare Aiax!

Leda                              - Capricci, sciocchezze, bugie...

Il Professor X               - Volevate partire con lui.

Leda                              - Ma solo per fuggire, per finirla.

Il Professor X               - E bisognava che accadesse tutto questo perché noi due...

Leda                              - (abbandonandosi fra le sue braccia) Sì... tutto questo... perché noi due... noi due...

Il Professor X               - (nell'atto di baciarla) Leda!

Leda                              - (si svincola) No... ora no... aspetta... Che smarrimento! Tutta la vita che si capovolge, cambia fac­cia... Oh caro, caro, e che cosa faremo adesso?

Il Professor X               - (risoluto) Tuo marito voleva par­tire con te.

Leda                              - Sì.

Il Professor X               - Tu volevi partire con Aiax.

Leda                              - Ma...

Il Professor X               - E invece... partirai con me.

Leda                              - Con te... Oh Dio! E tu vuoi questo? Tu sa­resti felice di questo?

Il Professor X               - Certo!

Leda                              - E se io ti dicessi di no, soffriresti? Dimmi: soffriresti ?

 

Il Professor X               - (tace, allarmato).

Leda                              - Sì. Soffriresti. E questo è veramente amore. E' veramente come dicevo io: una cosa vera e triste. E allora... ti dico di sì!

Il Professor X               - (felice) Sì?

Leda                              - Sì!

Il Professor X               - Dillo ancora!

Leda                              - Sì, sì, sì! Partiremo subito; saremo soli; e ci sembrerà... che cosa ci sembrerà?... Oh caro! Non so più quel che dico.

Il Professor X               - Non sarà per questo che dici d'a­marmi?

Leda                              - Oh no! Che idee!

Il Professor X               - Idee da innamorato. Lasciati guar­dare negli occhi!

Leda                              - Sì. Ecco.

Il Professor X               - (l'abbraccia) Non ridere!

Leda                              - Sono felice.

Il Professor X               - Lo dicevi anche stanotte.

Leda                              - Lo dicevo, sì, ma non sapevo nemmeno che cosa significasse. E ora mi accorgo che non lo ero per niente, e che invece lo sono adesso.

Il Professor X               - Non basta che tu lo dica.

Leda                              - E non sono pronta a dimostrartelo?

Il Professor X               - Voglio ancora sapere da te quello che tu volevi sapere da me.

Leda                              - Che cosa?

Il Professor X               - Quand'è stato che hai cominciato...

Leda                              - E chi lo sa! Tu puoi forse saperlo, per te ?

Il Professor X               - E' difficile. Ora mi pare che sia sem­pre stato così, o, se non proprio così, certo una sim­patia, un interesse, e quando, ieri, mi è parso di ve­derti innamorata di un altro... ma questo non ha impor­tanza. Ho cominciato... quando t'ho conosciuta, Leda!

Leda                              - Anche per me. Quando t'ho conosciuto.

Il Professor X               - Te ne ricordi?

Leda                              - (incerta) E' stato... ecco... un anno fa... o poco più... Dov'eravamo?

Il Professor X               - A Roma.

Leda                              - Sì. A Roma.

Il Professor X               - Eri vestita di rosso.

Leda                              - Sì, sì: di rosso. E tu, appena mi hai vista, hai...

Il Professor X               - Che cosa ho fatto appena t'ho vista?

Leda                              - (c. s.) Hai... hai sorriso, e mi hai stretto la mano in un modo... o, almeno, mi è parso ; e... (Pas­saggio) Ma che cosa stiamo facendo? Che bambini! Che sventati! Mio marito può arrivare da un momento al­l'altro...

Il Professor X               - (trattenendola) C'è tempo.

Leda                              - No, no...

Il Professor X               - Voglio ancora domandarti...

Leda                              - Più niente. Basta.

Il Professor X               - Ascolta...

Leda                              - Non più.

Il Professor X               - Quando sei venuta da me, ieri...

Leda                              - (gli prende il capo fra le mani, lo bacia) Oh... così, almeno, ti faccio stare zitto... (un altro bacio).... così... rispondo a tutte le tue domande... (ancora)... così... ti dico tutto, tutto quello che vuoi sapere... (Smettendo) Hai capito? Hai capito quello che ti ho detto?

Il Professor X               - Sì. Ma non proprio bene. Dovresti, ripetere.

Leda                              - (ridendo) Più tardi. Te lo ripeterò quante volte vorrai. Ma ora obbedisci, come obbedivo io, sta­notte, ricordi? « sedete... prendete un foglio... una bu­sta... » (Sempre ridendo) Ascolta... Ora bisogna passare agli affari. Ah, ah! Ancora parole tue. Vedi, vedi come le ricordo. Bisogna passare agli affari!

Il Professor X               - Affari miei, questa volta.

Leda                              - Sì. Tuoi e miei. E bisogna risolverli bene.

Il Professor X               - Finora li abbiamo risolti benissimo.

Leda                              - Certo. E occorre continuare. Sempre bene. Sem­pre meglio. Che gioia! Ma vediamo, vediamo. Non c'è tempo da perdere. Attento. Ora io corro all'albergo, prendo le mie cose. Alle dieci e mezzo, attento, parte il diretto per... (passaggio) no, questo non c'interessa... (pensa) ecco: alle undici c'è un rapido per Roma ; pren­deremo quello; e a Roma un altro rapido... e via, via!... Ma bisogna badare: mio marito verrà qui: gli ho detto che l'avrei aspettato qui. Tu dovrai trattenerlo.

Il Professor X               - Lo tratterrò.

Leda                              - Riuscirai?

Il Professor X               - Certamente.

Leda                              - i E poi verrai al treno. Io ti aspetterò al treno. Che ore sono?

Il Professor X               - Le dieci.

Leda                              - E' tardi, è tardi. Come stanotte, ricordi? quando tu hai fatto il giuoco delle lettere, e m'hai in­gannata, tradita... Ah, come sei stato bravo! Nessuno è bravo come te, per ingannare la gente. E io ho il coraggio di fidarmi.

Il Professor X               - Ti spiace?

Leda                              - Enormemente!

(Il giapponese, in veste da lavoro, esce da un came­rino e, nel palcoscenico buio, comincia pazientemente a far rotare piatti, palle, cerchi).

Leda                              - (piano, avviandosi verso la porta di destra) Arrivederci, caro. Alle undici. Non mi lascerai partire sola, spero.

Il Professor X               - (scherzoso) Non credo.

Leda                              - Giuri?

Il Professor X               - Giuro.

Leda                              - Caro, caro... Arrivederci!

Il Professor X               - Arrivederci! (Ancora un sorriso, un bacio soffiato sulla punta delle dita, poi Leda esce. E il professore è preso da una subitanea impazienza, e chiama) Tato!... Tato!... Tato!

Tato                               - (arriva lento e circospetto dal palcoscenico).

Il Professor X               - Ascolta!

Tato                               - (aspetta a bocca aperta).

Il Professor X               - Fra poco non mi vedrai più.

Tato                               - (sobbalza) Come?

Il Professor X               - Fuggirò, sparirò.

Tato                               - (lamentoso) Ahi, ahi, ahi!

Il Professor X               - E tu non saprai dove sarò andato a finire.

Tato                               - i Me l'aspettavo. (Funereo) La donna!

Il Professor X               - Zitto!

Tato                               - E adesso vi rovinerete.

Il Professor X               - Finiscila!

Tato                               - Ma se già -questa notte vi dicevo...

Il Professor X               - Basta!

Tato                               - Eravamo così tranquilli. Facevamo discreti af­fari. Lo spettacolo magico, la realtà misteriosa...

Il Professor X               - Basta, ti dico! Non c'è da piagnucolare. Un po' di vacanza. Una bella vacanza. Poi si torna a lavorare. E, magari, faremo il « numero » tre.

Tato                               - In tre! Anche il « numero » ?

Il Professor X               - Solo il «numero », bestia! A meno che tu non mi costringa a cacciarti via, e si rimanga in due soli anche per il « numero »: io e lei, io e lei...

Tato                               - Ecco: e io dovrei pagare le spese.

Il Professor X               - Niente. Non pagherai niente. Dirai al padrone che non rinnovo la scrittura, e che non la rinnova neppure...

Tato                               - ... la signora Leda.

Il Professor X               - Sicuro! La signora Leda. E hai qualche cosa da aggiungere?

Tato                               - Io? Oh no.

Il Professor X               - Meglio per te. Dunque: corri all'albergo, prepara la mia valigetta, ma subito, capisci? e poi corri alla stazione, con la valigetta, e aspettami al rapido delle undici, per Roma.

Tato                               - Ma, scusate, io non capisco...

Il Professor X               - Non hai niente da capire.

Tato                               - Che bisogno di mandare tutto all'aria, di com­promettere...

Il Professor X               - (ode un passo, forse una voce, sob­balza) Silenzio! (Corre alla porta di destra. Si affaccia. Vede qualcuno che sta salendo. Ritorna agitato, sospinge Tato verso la stessa porta) Via, via! Non c'è tempo da perdere. E' qui.

Tato                               - Ma chi?

Il Professor X               - Passagli accanto di corsa; non fer­marti ; e ricordati della valigetta, della stazione, di tutto: alle undici, il rapido per Roma! Via, via! (Tato è uscito. Il professore, sempre rapidissimo, si guarda attorno, come per decidere un'azione. Rivede il giapponese. Lo rag­giunge. Lo conduce con sé). Voi! Prego! Venite con me! Svelto! Ho bisogno di voi.

Il Giapponese                - Comment, comment?

Il Professor X               - Sedete al pianoforte, prego! (Lo sospinge, lo costringe a sedere).

Il Giapponese                - Mais non... moi... répétition... prova...

Il Professor X               - Anch'io répétition... prova... con voi!

Il Giapponese                - (confuso) Con... moi? Oh signor....

Il Professor X               - (febbrile) Suonate! suonate!

Il Giapponese                - Oh signor... je ne sais pas!

Il Professor X               - Ma sì! Una cosa qualunque... (ac­cenna un motivetto) trallalà, trallalà, trallalà...

Il Giapponese                - Oh yes... trallalà, trallalà... ali rightS,

Il Professor X               - Ecco. Ali right. E seguitate sempre, sempre: anche quando sarò uscito. Su forza!

Il Giapponese                - Trallalà, trallalà... (comincia a suo­nare una marcetta puerile, monotona).

(Il professore toglie da una tasca della marsina un grande fazzoletto colorato, e lo sventola camminando di qua e di là, sul ritmo della musica, come se provasse uno dei suoi giuochi. Ed entra da destra Salvi, molto allegro, portando anche lui una valigetta).

Salvi                              - Buongiorno, protettore!

Il Professor X               - (continuando il suo armeggio) Buon­giorno.

Salvi                              - (un po' sorpreso) Che cosa fate?

Il Professor X               - (c. s.) Provo una nuova combina­zione di giuochi. Straordinaria!

Salvi                              - Ah, ecco. Bravissimo! E noi verremo ad applaudirvi, appena torneremo: io e Leda. Sarà un trionfo, vedrete: applausi, applausi; e poi: bis, bis; e poi: evviva il Professor X! evviva il più grande presti­giatore del mondo!

Il Professor X               - (c. s.) Eh via! II più grande... (Aiax discende la scala, serio e compassato come prima. Si avvia a destra). Buongiorno, Aiax.

Salvi                              - (ridicolmente cerimonioso) Buongiorno, Aiax.

Aiax                              - (uscendo, fra i denti) Buongiorno.

Salvi                              - (s'inchina alle sue spalle, più volte, buffamente; poi) Ah, ah! (Al professore) Che broncio! L'effetto della lettera: la liquidazione immediata, senza appello... Oh, fratello mio! E... l'avete vista, la mia Leda?

Il Professor X               - (accentuando le sue prove) Certo. E' venuta poco fa. Ora si prepara per... per il viaggio.

Salvi                              - Il viaggio, si, il viaggio di nozze.

Il Professor X               - (c. s.) Ecco, il viaggio di nozze. (Giocando col fazzoletto e, a soggetto, con un porta­sigarette che si è tolto di tasca: lo fa apparire, sparire, cambiar di mano) Uno, due... Era felice.

Salvi                              - Sì, sì. L'ho vista anch'io, prima che venisse qui. Tremava di emozione, di gioia. Che angelo!

Il Professor X               - Uno, due... hop! Ha detto di farvi aspettare qui.

Salvi                              - Sì? E che altro ha detto?

Il Professor X               - Uno, due... Altro? Ah sì, ha detto che il vero amore è come un fiume sotterraneo.

Salvi                              - (preoccupato) Che?

Il Professor X               - Cammina, cammina sotto la terra; e nessuno lo vede, nessuno lo sospetta, poi, un bel gior­no... tac! eccolo al sole, alla luce!

Salvi                              - Oh, bellissimo, bellissimo! Ed è proprio così.

Il Professor X               - Certamente.

Salvi                              - Per quattro anni sotto la terra, il suo amore per me; e ora... tac! la luce, la luce!

Il Professor X               - Lia luce! Uno, due...

Salvi                              - E che altro ancora ha detto?

Il Professor X               - Hop!... Che altro ancora?... Ah sì: ha detto che, un anno fa, a Roma...

Salvi                              - A Roma?

Il Professor X               - Era vestita di rosso.

Salvi                              - Sì. Mi ricordo. Aveva un vestito rosso. Ma che c'è stato, un anno fa, a Roma?

Il Professor X               - Oh, niente d'importante... uno, due... Ha avuto per voi una strana tenerezza... non sa più in che circostanza... sapete: un ricordo confuso, ma dolce, diceva, tanto dolce... hop!

Salvi                              - Che amore! Che tesoro! E... ancora, ancora!

Il Professor X               - Che cosa?

Salvi                              - Quello che ha detto.

Il Professor X               - Ah... sì: ha detto che piangerà per tutta la vita.

Salvi                              - (con doloroso stupore) Piangerà?

Il Giapponese                - (senza nulla capire continua a suonare meccanicamente).

Il Professor X               - Sì... uno, due... ricordando il male che ha potuto farvi.

Salvi                              - Oh, cara, cara! (Non si trattiene più) Dov'è? Nel suo camerino? O forse dal direttore? Scusate, vo­glio vederla subito, dirle che non pianga, che non pensi più...

Il Professor X               - (correndo ai ripari) No! Aspettate! Un attimo solo. Voglio provare...

 Salvi                             - (tentando di passare oltre, verso sinistra) O protettore mio; e vi pare che sia il momento...

Il Professor X               - (incalzante, sbarrandogli la via) Avrete tempo a dirle tutto, a dimostrarle tutto. (Voci, toni e modi da prestigiatore in funzione) Attenzione, attenzione! Che cosa credete voi di avere in tasca, si­gnore? Un portafogli?

Salvi                              - (divertito benché impaziente) Certo! Ma...

Il Professor X               - Una penna stilografica? Un fazzo­letto? Un paio d'occhiali? Due biglietti ferroviari?

Salvi                              - Eh sì! Anche quelli. Ma siete proprio un tipo...

Il Professor X               - E credete che tutto in tal modo sia stato inventariato, enumerato, catalogato? E invece no, signore! Voi avete ancora in tasca... Attenzione, atten­zione! Più forte, maestro!

Il Giapponese                - (obbedisce affannosamente).

Il Professor X               - Voi dovete avere in tasca... Uno, due... hop! (Toglie da una tasca di Salvi - o finge di toglierne - una grande bandiera multicolore e la sven­tola inchinandosi al suo immaginario pubblico).

Salvi                              - (ridendo) Ah, ah! Proprio un tipo, un tipo...

Il Professor X               - E che altro ancora, signore? In quest'altra tasca... Oh, incredibile! Che cos'è questo? (Trae dalla tasca una lunga, interminabile catena di na­stri, bandierine, strisce di stoffa) Un fazzoletto? Una cra­vatta?... E qui? Che c'è qui? Guardate, guardate! (Dalle altre tasche di Salvi, come pure dalle sue maniche, dal fondo dei suoi pantaloni, dal suo colletto, continuano a uscire oggetti disparati: fiori, animali, sigarette accese).

Salvi                              - (ride e si agita nel cerchio di gesti rapidissimi che intorno gli crea il Professor X; cenci variopinti pendono dalle sue tasche).

Il Professor X               - Meraviglioso! Fantastico! Formi­dabile!

Salvi                              - Oh... davvero! Se Leda ci vedesse... Ma perché non la chiamate? (Chiamando) Leda! Leda!

Il Professor X               - Silenzio! Non turbate il corso delle forze occulte! (Incalza ancora) Attenzione! La vostra va­ligia, signore! (Toglie dalle mani di Salvi la valigetta, corre a deporta accanto al pianoforte) Ecco... qui... e ac­canto le metteremo... Un momento, signore, un mo­mento! (Entra correndo nel camerino, ne esce subito portando la « scatola magica » ) Accanto le metteremo la scatola magica. Così. E ora... Il vostro cappello, signore! (Toglie dalle mani di Salvi anche il cappello; lo guarda; finge di ammirarlo) Oh, splendido! Alla moda!

Salvi                              - Ma non potreste...

Il Professor X               - (senza ascoltarlo) E la valigia? Dov'è la valigia?... Ah... ecco... insieme alla scatola ma­gica, misterioso cofano, scrigno di diabolici segreti, pie­tra basilare del Tempio Arcano, catapulta dell'incono­scibile, arca dell'ineffabile... (Parlando ritorna alla va­ligia e alla scatola, le tocca, le sposta; e sempre tiene in una mano il cappello di Salvi) Attenzione, attenzione!

Salvi                              - Non potreste abbreviare?

Il Professor X               - (ritornando a lui) Signore! Vedete il vostro cappello ?

Salvi                              - Eh, sì... certo.

Il Professor X               - E che cosa credete ch'io possa tro­vare nel vostro cappello? Interrogate i numi, le sibille, gli oroscopi, gli auguri, signore, e rispondete. Un pesce rosso? No. Una lampada elettrica accesa? No. Un vaso di fiori? No. Un cagnolino? No. L'uccellin belverde? No. Un rospo con cinque gambe? No. Uno scoiattolo parlante? No, no, no! Che cosa, dunque? Attenzione! Uno, due... hop! (Toglie dal cappello un coniglio bianco, e lo solleva per le orecchie).

Salvi                              - (ridendo) Ah, bellissimo! Come se fosse pro­prio stato lì dentro! Ma adesso...

Il Professor X               - Alt! Ancora non basta, signore! Mu­sica, musica! Le forze occulte mi padroneggiano. Gli spiriti misteriosi m'ispirano. Signore... Che ore sono?

Salvi                              - Sono... (guarda l'orologio) le dieci e quaranta. 0 protettore mio, io dovrei...

Il Professor X               - (coprendo la sua voce) Dieci e qua­ranta, dieci e quaranta.... Musica! E ora, signore, il giuoco più bello di tutti.

Salvi                              - Basta, basta, vi prego!

Il Professor X               - (consegna al giapponese il coniglio) Tenete.

Il Giapponese                - (prende il coniglio con la sinistra, suona ancora con la sola destra, affannosamente).

Il Professor X               - (a Salvi) Qui signore, su questa sedia... (una sedia in mezzo alla scena).

Salvi                              - (cedendo e sedendosi) Ma vi prego...

Il Professor X               - Una benda sugli occhi, signore! (gli benda gli occhi).

Salvi                              - No, caro, questo no... non vorrei...

Il Professor X               - Niente paura, signore! Ora siete immerso nelle tenebre, siete travagliato dall'ansia. Ma sapete voi chi sarà a sbendarvi, fra pochi attimi? (Fur­tivamente lascia la marsina, indossa la giacca, prende il cappello e il soprabito, si avvicina alla porta di destra).

Salvi                              - (bendato e immobile, d'improvviso rasserenato) Chi sarà a sbendarmi... fra pochi attimi...

Il Professor X               - (pronto per uscire) Musica, musica!

Salvi                              - (c. s.) Lo so... lo so... (sorride beato, aspetta)... Leda... Le...

(Sulla porta di destra appare Tato, con la valigetta. Il professore indietreggia allibito. Il giapponese smette di suonare. Salvi, alle prime parole, s'irrigidisce).

Tato                               - (avviandosi verso il camerino del professore) Il signor Aiax vi augura buona permanenza: a voi, professore, e al signor Salvi. E' partito col diretto delle dieci e trenta. Si scusa d'essere andato via così, senza consegnarvi un paio di lettere, una per ciascuno, evitando d: scambiarle. Dice che non ha fatto in tempo a scriverle E poi, dice, sarebbero state inutili. E' tutto chiaro, chiarissimo. (E' sulla soglia del camerino, si volta) E tanti saluti, naturalmente, anche dalla signora. (Via).

(Una pausa. Poi Salvi si scuote, si strappa la benda, si guarda intorno, sfigurato).

Salvi                              - Che... che ha detto? (Quasi balbettando) Perché ha parlato del signor Aiax e... della signora? E di che lettere parlava? Di che lettere parlava? (D'improvviso balza in piedi, accorre alla porta di destra, esce, e chiama disperatamente, e s'ode la sua voce già lontana, che continua a chiamare) Leda! Leda! Leda!

Il Professor X               - (si asciuga la fronte, sospira) Più brava di me... molto più brava di me.

FINE