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ATTO PRIMO

STASERA CORNA!

(IL TACCHINATORE)

 di

Pasquale Calvino

(Posizione SIAE n. 180531) e

di

Valerio Di Piramo

(Posizione SIAE n. 71464 )

Commedia comico brillante in tre atti (9Donne+8Uomini- tre scene:ABC)

Altri titoli :

Tutti tradiscono tutti, La frittata di patate e piselli, Tradimenti a catena…

Liberamente ispirato   da “Le dindon”(1896) di Georges Feydeau(1856-1921)

Il regista può apportare le variazioni che ritiene opportune per la sua compagnia. Gli autori possono fornire il copione anche con un diverso numero di personaggi, battute o altro scrivendo a:

calvinopasquale@gmail.com  cell. 347-6622400 e

valeriodipiramo@vodafone.it  cell. 338- 4290005

Personaggi:

            1m- CREPINO ROSSINI

          1f- LUCIANA ROSSINI, sua moglie

          2m-GIOVANNI, maggiordomo

          3m-CARLO INNOCENTI

          2f-CLOTILDE INNOCENTI, sua moglie

          4m-NARCISO TREVISAN(uomo d’affari)

          3f-MEGGY TREVISAN, sua moglie

          5m-PAOLO LOMBARDI(amatore)

          6m-GIROLAMO, domestico/a di Lombardi

         7m-GIANNINI(musicista)

          4f-SIGNORA GIANNINI(la sorda)

          5f-ARMANDINA (cocotte)

          6f--IL DIRETTORE(donna vestita da uomo)

          7f-CLARA, cameriera albergo

          8m-VITTORIO, cameriere albergo

          8f- IL PRIMO COMMISSARIO(donna vestita da uomo)

         9f- SECONDO COMMISSARIO(donna vestita da uomo)

Viaggiatori, gendarmi…

ATTO PRIMO

A Firenze, in casa Rossini. Primi decenni del Novecento. Salotto elegante. Porta nel fondo. Due porte a destra, una di entrata e due a sinistra. Un camino(se possibile).Mobili a piacere ma con almeno un divanetto, due poltrone, qualche pouf e un tavolo. Un camino o libreria se possibile. All’alzarsi del sipario, la scena rimane vuota e si sente una canzoncina comica(Dove sta Zazà, Lilly Kangy, T’ha vuò fa fa nà foto o altra ). Dopo poco si odono forti rumori di corsa e Lu­ciana, in abito da passeggio, col cappello un poco di traverso sul capo, irrompe nel salotto,impaurita, spaven­tata, atterrita…

LUCIANA (entra rapida va verso sinistra ma subito torna indietro per chiudere la porta dietro di se, ma non arriva in tempo a impedire che un bastone, introdotto da persona che non si vede, rimanga tra il battente e lo stipite. Si sforza inutil­mente di chiudere la porta) — Ma insomma, non vi ho già detto di andarvene?

INNOCENTI (cercando di spingere avanti la porta, che Luciana, alla sua volta, spinge indietro) — Vi prego, signora, fatemi entrare! Ho sete…un bicchiere d’acqua…per favore! Fatemi entrare!

LUCIANA — Ma neanche per sogno! Voi siete un ladro(Gri­dando, mentre lotta sempre contro la porta) GIOVANNI, GIOVANNI!... ! ACCIDENTI! MA DOVE SIETE TUTTI?

INNOCENTI — Signora, mi faccia entrare! Dar da bere agli assetati…

LUCIANA — No, no!

INNOCENTI (che ha finito per entrare) — Ecco fatto. Signora, ascoltatemi. Non voglio farvi del male e non sono un ladro!

LUCIANA — Andate via! Io non vi conosco!

INNOCENTI — Se mi presentassi parlereste con me? (Si avvicina a lei)…

LUCIANA (ritraendosi) — Mai! Siete pazzo?

INNOCENTI — Sì, signora, l’avete detto: sono paz­zo... di voi e per voi... da quando vi ho visto non dormo più…non bevo più…non mangio più…non…non amo più…

LUCIANA — …non voglio sentire altro. Andate via!

INNOCENTI — Non posso.

LUCIANA — Non potete?

INNOCENTI — No.

LUCIANA — E perché no?

INNOCENTI — Perché ho sete d’amore… ho fame d’amore…vi amo!

LUCIANA — Ma se non sapete neppure come mi chiamo!

INNOCENTI — Rosa?

LUCIANA —~ Visto? Non lo sapete! Mi chiamo Luciana.

INNOCENTI —  Volevo dire siete una rosa di maggio!...Luciana, io vi amo.

LUCIANA – Smettetela, vi ho detto!

INNOCENTI — Voi non potete proibirmi di amarvi.

LUCIANA — Andate ad amarmi da un’altra parte.

INNOCENTI — E come farei, senza la vostra bellissima presenza? Senza il vostro sorriso, il vostro bellissimo sorriso…sorridete sorridete…la vita ci sorride quando si ama…AMOR OMNIA VICIT…tutto vince l’amore… (declama) “ Vivamus mea Lesbia atque amemus,  rumoresque senum severiorum, omnes unius aestimemus assis. Soles occidere et redire possunt, nobis, cum semel occidit brevis lux, nox est perpetua una dormienda. (Luciana si sente affascinata da quei vesi )

Da mi basia mille, deinde centum, dei mille altera, dein seconda centum, deinde usque altera mille, deinde centum. Dein cum multa fecerimus, conturbabimus…

(Viviamo mia Lesbia e amiamoci, e i mormorii dei vecchi troppo severi stimiamoli nulla. I soli nascono e tramontano, a noi, quando sarà spenta la breve luce, è dato di dormire un’unica interminabile notte… Dammi mille baci, poi cento, poi altri mille, poi ancora cento, ancora altri mille e poi cento…(Luciana lo interrompe)

LUCIANA(smette di essere affascinata)- Basta…ho detto basta..

INNOCENTI- Il mio corpo è tutto un fremito…ho la macchina fotografica e 5 lastre…posso fotografare la vostra bocca mentre sorride…voglio un ricordo…

LUCIANA — Niente ricordi…state calmo…usate la memoria, la fantasia…Usate l’immaginazione.

INNOCENTI — Ma non vedete quanti anni ho? E’ finito il tempo dell’immaginazione… ora ci vuole la realtà…l’amore condiviso…gli adolescenti possono darsi alle fantasie, all’ autoerotismo, auto-amore…noi siamo adulti ci vuole l’amore reciproco…

LUCIANA — Sono una donna onesta, io!

INNOCENTI — Tanto meglio! Adoro le donne one­ste… a lungo andare sono le più diso…le più adorabili!..

LUCIANA - Cosa?

INNOCENTI- Le donne oneste sono proprio il mio genere…quello che preferisco…

LUCIANA — Il vostro genere? Io sarei un “genere?” Adesso chiamo mio marito.

INNOCENTI — Oh! Siete sposata?

LUCIANA — Certo.

INNOCENTI — Sarà sicuramente un emerito imbecille.

LUCIANA — Imbecille mio marito?!

INNOCENTI — I mariti delle donne che ci piaccio­no sono sempre imbecilli!

LUCIANA (risalendo la scena) — Va bene: adesso vedrete come vi tratterà l’imbecille!... Può sfidarvi a duello…con la pistola…è un ottimo tiratore…Per l’ulti­ma volta: volete uscire?

INNOCENTI — Mai! Non sono un codardo, io! Affronterò vostro marito a viso aperto! Lo sfiderò a duello…

LUCIANA (si avvicina alla porta di destra e chiama)— Crépino, Crépino!

INNOCENTI — Si chiama Cretino? L’ho detto che era un’imbecille…un cretino, un deficiente, un demente…

LUCIANA —  C R E P I NO!!!Crèpino, no Cretino! Ora vedrete…CREPINO!

ROSSINI — Mi hai chiamato, cara? (Riconoscen­do Innocenti)  Ehi, Carlo Innocenti, qual buon vento ti porta…finalmente sei venuto  in casa mia?

LUCIANA — Oh!

INNOCENTI (a voce alta) — Caro Rossini! Non ricordavo che ti chiamassi Crepìno!

ROSSINI — Come va?

INNOCENTI — Benissimo!

LUCIANA -Voi vi conoscete?

ROSSINI- Ma certo!

INNOCENTI — Guarda, guarda che bella improv­visata!

ROSSINI — Casomai lo dovrei dire io…

INNOCENTI — Già... No... Volevo dire: « Oh, che bella improvvisata ti ho fatta! ».

ROSSINI — Caro amico! Non puoi immaginare quan­to sono contento .. finalmente dopo tante promesse ti sei degnato di venirmi a trovare!

LUCIANA— Ecco fatto. Devo dunque dedurre che siamo tutti contenti come pasque?

ROSSINI (mentre Innocenti si profonde in abbracci e saluti, mal celando il suo turbamento) — Certo!

INNOCENTI — Oh, grazie, grazie. Caro Rossini... Signora!

ROSSINI — Adesso, che ci penso: tu non conosci mia moglie... (Presentandoli) Luciana, uno dei miei buoni amici; Carlo Innocenti, mia moglie Luciana!

INNOCENTI — Signora!

ROSSINI — (A Luciana) Però quasi quasi mi pento di avertelo presentato…

INNOCENTI e LUCIANA — Perché?

ROSSINI — E’ un uomo pericoloso…non si fa sfuggire una sola donna…tutte le deve avere! E’ un mandrillo…un gallo…un maiale…in senso buono…diciamo un cinghiale…Credo che collezioni cuori infranti…donne sedotte e abbandonate…Tutte le donne deve avere…belle e meno belle……sembra che le conquisti declamando versi…tutte, tutte le vuole ai suoi piedi…

LUCIANA (con aria motteggiatrice) — Tutte?... Ah, ah! Questo non è lusinghiero per nessuna.

INNOCENTI — Via, via,  caro amico! Esageri sempre!

LUCIANA — Certo deve essere una bella delusione per una donna essere sedotta e abbandonata… gettata nel mucchio con tutte le altre…

INNOCENTI— Signora, vostro marito esagera…

LUCIANA — Vi confesserò che se fossi una di quelle farei di tutto per farvela pagare…farvela pagare cara…ma venite, sedete qui accanto a me! (Siede sul divano, vicino al ca­mino).

ROSSINI (sedendo anche lui, dopo Innocenti) — Caro Innocenti, sembra che mia moglie si diverta a punzecchiarti…

INNOCENTI — Mi pare anche a me.

LUCIANA — Voi uomini dovreste tenere un po’ più in considerazione  le donne: ma lo sapete, marito mio, che ci sono alcuni uomini che inseguono le donne perfino per strada?

ROSSINI — Io sono del parere che chi segue una signora per la via, non può essere che un bellimbusto, un imbecille o un borsaiolo.

LUCIANA (molto cortesemente, a Innocenti) — Sce­gliete!

INNOCENTI (imbarazzato) — Ma, signora, io non capisco perché vi rivolgiate a me.         ROSSINI — No, non diceva a te… parlava in generale…        

LUCIANA — Già! In generale!      

INNOCENTI— Volevo ben dire!

LUCIANA _Comunque è un metodo riprovevole.   

INNOCENTI — Perché?

LUCIANA - Semplice: mettiamo il caso che la sciagurata accetti subito. Che gusto ci sarebbe per voi averla conquistata per strada, come una sgualdrina qualunque?

INNOCENTI- Per me? Cosa c’entro io?

ROSSINI- Sempre in generale…per un uomo…

INNOCENTI - Ah!

LUCIANA-E se invece non accettasse rimarreste umiliato!

INNOCENTI- Io?  Guardate sempre me…Cosa c’entro io?

ROSSINI- Sempre in generale! Un uomo in generale…Innocenti, cerca di capire mia moglie! Parla in generale…

LUCIANA — Ci crederesti marito mio? C’è un tale che mi segue per strada!

ROSSINI (alzandosi e andando verso sua moglie) —Davvero?

LUCIANA— E sono ormai tre giorni che mi segue.

INNOCENTI (alzandosi e venendo in avanti) — Avete visto che nuvoloni che ci sono oggi?

ROSSINI (avvicinandosi a lui) — Ma ci pensi? Un uomo che segue mia moglie!

INNOCENTI — Forse non è lui che la segue…forse è lei che lo precede…o è un caso…

LUCIANA — Ma non dire sciocchezze! E’ lui che misegue sempre!

INNOCENTI— Però con discrezione…

ROSSINI — Che ne sai tu? Un uomo che se­gue una signoraè sempre un indiscreto!... perché non mi hai avvertito?

LUCIANA - Mi sembrava innocuo…

ROSSINI— Va bene, però avresti dovuto cercare di sbarazzartene. Che so…entrare in una bottega…

LUCIANA — L’ho fatto: sono entrata in una pastic­ceria, ma è entrato anche lui…mi voleva offrire un babà…pensa un babà..

ROSSINI— Cara mia, quando un uomo ti segue, non si entra in una pasticceria; si va piuttosto da un gioielliere...

LUCIANA— L’ho fatto, ma il mio inse­guitore mi ha aspettata sulla porta.

INNOCENTI (al pubblico) — Mica sono scemo, io!

ROSSINI —Ma che mondo pieno di maleducati!

INNOCENTI — Eh già, di maleducati… come sarà il tempo domani? Forse ci sarà molta nebbia...la nebbia della Val Padana verrà qui…

ROSSINI — E’ possibile che una donna non possa neanche passeggiare per strada senza che qualche mascalzone la segua, la infastidisca? (Luciana  va a sedersi sulla poltrona).

INNOCENTI  —  Ma Rossini!

ROSSINI — Cosa?

INNOCENTI (reprimendosi) — Ora si sta passando il limite! Cambiamo argomento!

ROSSINI — E perché?  Vorrei averlo tra le mani!

LUCIANA (seduta sulla poltrona) —Non è poi tanto difficile... Non è vero, signor Innocenti?

INNOCENTI — Eh? Che ore sono? O mamma mia, come si è fatto tardi…

ROSSINI — Come? Tu lo conosci?

LUCIANA — Altro che! Via, diteci il suo nome, si­gnor Innocenti.

INNOCENTI (sulle spine) — Ma, signora, come vo­lete che io lo sappia...?

LUCIANA — Vi aiuterò io: si chiama Inno…Inno… Su, continuate... Inno... ?

 INNOCENTI — Inno di Mameli…Fratelli d’ Italia l’Italia si desta…(canta) è stato scritto da G. Mameli nel 1847…Credo di conoscerlo…posso cantarlo tutto…vi fa piacere?

LUCIANA — Non fate il cretino…è un cognome che voglio sapere… lo dico io: Innocenti!

ROSSINI — INNOCENTI? INNOCENTI TU?

INNOCENTI (sforzandosi di ridere) — Chi ? Io…non è possibile…non ricordo…Ah si, si… Ma sì, sì... e vero! Si…si… ero io! Si si ora ricordo…

ROSSINI (scoppiando dalle risa) — Ah! ah! Mat­tacchione!

INNOCENTI — Capirai, caro amico… lo sapevo che era tua moglie…ho voluto un po’ prenderla in giro!

LUCIANA — Prendermi in giro?!?

INNOCENTI — Sì! Divertente, vero?

ROSSINI — E tu ti aspetti che ci creda? No, tu l’hai tentata, caro amico, come sei solito fare con tutte le donne…non sapendo che Luciana fosse mia moglie…devi sapere che Luciana è mia moglie…

INNOCENTI — E va bene! Ora lo so… E’ proprio così…ci sei rimasto male? Ti sei offeso?

ROSSINI — Ma neanche per sogno!... Vecchio marpione! Ma stavolta ti è andata male, eh?

INNOCENTI — Già!

ROSSINI — Ti brucia, eh?

INNOCENTI — Ma no, cosa dici…e poi ho avuto il piacere di rincontrarti!

ROSSINI — Il piacere è mio.

INNOCENTI — Sei molto gentile.

ROSSINI — Mai quanto te.

LUCIANA (al pubblico) — Che carini! Non mi stupirei se ci fosse del tenero… (A voce alta) Sono davvero felice di essere stata l’anello di congiunzione tra voi due.

ROSSINI — Ora però credo che tu debba chiedere scusa a mia moglie.

INNOCENTI (avvicinandosi a Luciana) — Signora, mi sento molto colpevole…mi pento di avervi corteggiata…desiderata…ma non sapevo…credevo…sono mortificato…chiedo venia…scusatemi…

LUCIANA — Siete tutti uguali, voi scapoloni!

ROSSINI — Scapolo? Che scapolo? Lui è sposato!

LUCIANA — Davvero?

INNOCENTI — Sì signora Luciana.

LUCIANA — Ma come siete sposato! E come avete fatto?

INNOCENTI — Oh, la cosa è stata semplice. Mi sono trovato in municipio, c’era uno che faceva delle domande, ed io ho risposto sempre di sì…ma se avessi saputo le conseguenze di quei si…la libertà che avrei perso…le occasioni… che sarebbe stato un sì così lungo ci avrei pensato bene…

LUCIANA — Ma che faccia tosta!

INNOCENTI — E perché? Perché ho preso moglie?

LUCIANA — Perché non si fanno certe cose quando si ha una moglie …quando c’è  una moglie a casa!

INNOCENTI — E perché no? Il codice lo vieta? Cosa faccio di tanto  grave?

LUCIANA — Ma come cosa fate….quando uno èammogliato, deve fare il buon padre di famiglia!

INNOCENTI — Signora, io non ho figli.

LUCIANA-E neanche vostra moglie?

INNOCENTI- Vorrei vedere!

LUCIANA — Ditemi un po’, cosa fareste se vostra moglie vi metteste le corna?

INNOCENTI — Ma che c’entra! Gli uomini si ammalano se non hanno ogni giorno almeno un orga…(non dice orgasmo)… se non hanno un rapporto amoroso …Non è mica la stessa cosa! Le donne non hanno questa esigenza…a volte anche fastidiosa…come quando uno ha molta fame…muore di fame…la fame di cibo e d’amore  sono molto simili…per un uomo…s’intende…

LUCIANA (alzandosi e venendo verso la ribalta) —Già. Dimenticavo che per voi uomini è solo un’esigenza fisica…un grande appetito…. Ma non vi vergognate?

ROSSINI — Dai Luciana, smettila con queste morali! (Innocenti va a poggiare un ginocchio su un pouf e ascolta).

LUCIANA — E tu stai attento di non fare come questo bellimbusto qui presente…

ROSSINI — Io? Ma figuriamoci!

LUCIANA — Le tentazioni sono tante…abbi giudizio, maritino mio…perché non appena me ne combini una…ZAC!

ROSSINI-MAMMA MIA! ME LO TAGLI?!?

LUCIANA- Nooo. Ti rendo subito pan per focaccia…(allusiva)chi con la spada ferisce…con la spada perisce…

INNOCENTI (con gioia mal dissimulata, lascia il pouf) — Davvero?

ROSSINI — Mi sembri contento…

INNOCENTI — No! Cioè, sì…sono contento che non ti tagli niente…

LUCIANA — Io non conosco vostra moglie, ma la compiango.

INNOCENTI — A me lo dite? Vi assicuro che la compiango anch’io ogni volta che la tradisco…non è colpa mia…lo devo fare…ne ho bisogno, è più forte di me…è peggio di una droga…la tradisco, mi pento e la compiango…

LUCIANA — E la compiangete spesso?

INNOCENTI- Non mi lamento… a volte sono costretto anche un paio di volte a settimana… a volte devo anche recarmi dalle professioniste… le dottoresse e sacerdotesse dell’amore…hanno esperienza…mia moglie è molto ingenua…non la posso portare da nessuna parte…

ROSSINI — Perché non la porti qui? Io e Luciana saremmo felicissimi di conoscerla.

INNOCENTI- (A voce alta) Grazie, grazie. Anche mia moglie ed io ne sarem­mo felici, ma disgraziatamente non è possibile.

ROSSINI e LUCIANA — Perché?

INNOCENTI — Povera donna! E’ molto malata…è piena di dolori, reuma­tismi…

ROSSINI e LUCIANA — Davvero?

INNOCENTI — Sì. Sempre rinchiusa in casa, specie quando piove…quando è umido…

ROSSINI — Poveretta; non lo sapevo; scusami...

LUCIANA — Che donna sfortunata! Oltre ad un marito così, anche i reumatismi!

ROSSINI — Peccato, davvero! Possiamo venire noi a trovarla?

INNOCENTI — Se volete.

ROSSINI — Bene, veniamo nel pomeriggio. Dove abita?

INNOCENTI —  Dove abita mia moglie?...A Palermo!

ROSSINI — Diavolo! E’ un po’ lontano.

INNOCENTI — I medici le hanno prescritto il mare di Palermo per le sue malattie…

LUCIANA –Che peccato! Mi sarebbe piaciuto conoscerla.

GIOVANNI (entrando) — Signor padrone, c’è di là una persona che ha portato un quadro. ROSSINI — Ah, il mio Butti. Ho comperato un quadro del Butti, un pittore triestino.

INNOCENTI — Sì?

ROSSINI — L’ho pagato molto …ma è bello..tanto bello!. Dopo ti farò vedere i miei quadri: voglio sapere cosa ne pensi…aspettami qui: sbrigo questa pratica e torno.

INNOCENTI — Con piacere. (Rossini esce dalla pri­ma porta di destra).

LUCIANA — Sedete.

INNOCENTI — Non vi faccio più paura, adesso? (Sedendo) Vi devo essere sembrato molto ridicolo.

LUCIANA (sorridendo) — Vi pare?

INNOCENTI — Mi pare che mi prendiate in giro.

LUCIANA — Ditemi un po’: cosa speravate da me, per seguirmi con tanta insistenza? INNOCENTI — Oh, Dio! Speravo ciò che ogni uomo spera dalla donna che segue, quando non sa chi sia.

LUCIANA — Andate diritto allo scopo, voi!

INNOCENTI — Se vi avessi seguito per chiedervi: “Signora cosa pensate della filosofia e della politica attuale”… mi avreste creduto?

LUCIANA — Certo che siete divertente…ditemi, il vostro metodo funziona?

INNOCENTI — Diciamo che il trentatre, 33 periodico…per cento ci sta….una su tre…

LUCIANA- Ci sta?

INNOCENTI - Sì, volevo dire che…quel che chiedo mi concede…

LUCIANA- So benissimo cosa volevate dire, non importa che mi raccontiate i particolari…oggi, però, siete cascato male: vi è capitata una delle altre sessantasei, 66 periodico per cento….che non ci stanno…quelle che dicono: No!

INNOCENTI — Pazienza…sapete, è più forte di me…mi piacciono le mogli…le sposate.

LUCIANA — Il sindaco ve ne ha data una.

INNOCENTI — Sì, ma è un romanzo che ho letto e riletto da diritto e da rovescio, ormai lo conosco a memoria…

LUCIANA — Tanto più che deve essere diventato difficile voltare… le pagine…

INNOCENTI  -Perché?

LUCIANA — I reumatismi!

INNOCENTI — Che reumatismi?

LUCIANA — Quelli di vostra moglie!

INNOCENTI — Ah già, è vero. Dunque, capirete…con una moglie piena di reumatismi…quando le dico voltati…è una tragedia…sempre le stesse posizioni! Ci vorrebbe la gru…poi oltre i reumatismi è schizofrenica, paranoica, dissociata, isterica, oligofrenia fenilpiruvica, acefala…è un ospedale ambulante…trovare voi che siete piena di salute, bella, un’atleta… è come trovare una fonte di acqua fresca nel deserto…immagino tante posizioni nuove…

LUCIANA — Insomma, basta! Non è ancora finito lo scherzo?

INNOCENTI — Adesso ho capito! Voi amate un altro!

LUCIANA — Ma insomma, siete davvero impertinente! Io sono una moglie felice! Ma con che genere di donne avete avuto a che fare fino a oggi? (Siede sul divano).

INNOCENTI (sedendo sulla sedia) — Con tutti i generi…anche con le suocere!

LUCIANA — Con le suocere?!?

INNOCENTI — Certo, ma in genere le avvicinavo solo per ingraziarmi la nuora…

LUCIANA – Ma siete una macchina da guerra, voi!

INNOCENTI — Voi non amate vostro marito…non potete amarlo…

LUCIANA — Che cosa?

INNOCENTI — Per il semplice fatto che è vostro marito. Magari lo potreste amare se non foste sposati…

LUCIANA — Ma cosa state dicendo?

INNOCENTI — La verità. Vedete, vostro marito è un’ottima persona, e io gli voglio molto bene.

LUCIANA — Me ne sono accorta.

INNOCENTI — Ma detto tra noi, con voi è… è un po’…un po’…spento, ecco! Non è al vostro livello…

LUCIANA –Spento?

INNOCENTI -Eh sì, spento. E non è certo una moglie che può riaccenderlo…

LUCIANA — Ma come vi permettete? Mettete in dubbio le mie qualità di donna?

INNOCENTI — Ma neanche per sogno! Anzi, mi piacerebbe provarle le vostre qualità…sono sicuro che darei un voto altissimo…

LUCIANA — Sfacciato!

INNOCENTI — Vedete, sia per voi che per vostro marito le novità non esistono più…sempre i soliti piatti, la solita minestra riscaldata, i soliti pasti…insomma, dopo un po’ di tempo tutto questo viene a noia, e si ha bisogno di cibi cucinati in altro modo…poi bisogna cambiare spesso colore del pelo…dei capelli…una volta la castana, poi la bionda…poi la bruna…la rossa…se uno mangia sempre pasta col pomodoro, anche se buonissima, poi col tempo non si stufa?

LUCIANA — E voi sareste qui per offrirmi una cena?

INNOCENTI — Un pranzo eccezionale…30 minuti di antipasti…un primo da favola: cannelloni…un secondo indimenticabile: salsicce di cinghiale Vi piacciono le salsicce vero? Poi mozzarelle, provole, provoloni…a me piace il latte(fa segno il petto) e i derivati del latte…Ho succhiato il latte della mia buona mamma per molti anni…mi piace tanto ancora…il latte s’intende…Vi offrirei un pranzo meraviglioso con tante cose sfiziose…(allusivo)patate fatte in tutti i modi… a crocchette…a bastoncini…

LUCIANA — Vi ringrazio con tutto il cuore, ma ho la fortuna di avere un marito che è un cuoco molto abile….perciò non desidero altro, almeno fino a quando non andrà a cucinare per un altro ristorante…da un’altra cuoca…

INNOCENTI — E se lo facesse?

LUCIANA — Mi vendicherei subito, e potrei accettare il vostro invito…mangiare tutti i vostri cannelloni…salsicce…i vostri piatti insomma…

INNOCENTI — Benissimo…la cosa allora è sicura…(al pubblico)…Non esistono mariti che cucinano solo per la moglie…non ci sono mariti fedeli…

LUCIANA — Voi non mi conoscete, ma sono molto vendicativa. Vi assicuro che comincerei con l’antipasto e andrei fino alla frutta: banane, mele, pere, fichi…

INNOCENTI — Salute!

LUCIANA — Lo dicevo anche l’altro giorno a…a…

INNOCENTI (notando la reticenza di Luciana) —A...?

LUCIANA — A... una mia cugina…

INNOCENTI (con certa incredulità) — A una cu­gina?

LUCIANA- Si le dicevo: se mi scoprissi mio marito tra le braccia di un’altra donna mi vendicherei in un modo molto particolare…realizzerei una mia fantasia…

GIOVANNI (dal fondo, annunciando) — Il signor Lombardi.

LUCIANA — Caro Lombardi, giungete a proposito…intanto vi presento il signor Innocenti, amico di mio marito…(si danno la mano)…vorrei che diceste al signore come mi comporterei io se mio marito mi tradisse.

LOMBARDI— Luciana! Perché mi fate questa domanda?

LUCIANA — Lo vorrebbe sapere il signore qui presente.

LOMBARDI — E come faccio a dirgli una cosa così intima? Lo conosco da venti secondi!

LUCIANA — Oh, fate un po’ come vi pare. Io vado di là a vedere il quadro che ha appena comprato mio marito… (Innocenti e Lombardi si inchi­nano. Luciana esce. Una pausa. I due uomini si squadrano di sbieco).

INNOCENTI(tra sé) — Se non sbaglio questo deve essere la “cugina” di cui parlava prima…(Scena muta. I due uomini sono risaliti al fondo della scena, e guardano i quadri. Essi ridiscendono, a poco a poco, uno a destra, l’al­tra a sinistra. Di tanto in tanto, si guardano di sfug­gita, si squadrano, ma affettano indifferenza quando i loro sguardi si incontrano. Lombardi. va alla poltrona, sulla quale si lascia cadere, e incomincia a brontolare sottovoce. Innocenti vicino alla tavola)

INNOCENTI— Dice a me?

LOMBARDI — No.

INNOCENTI — Scusi.

LOMBARDI— Si figuri. (Si rimette a zufolare. Innocenti, dopo una pausa, indispettito, si pone canticchiare un’altra aria. Lombardi ha cavato di tasca un giornale e, seduto voltando le spalle a Innocenti, si mette a leggere. Innocenti, che ha veduto una rivista sulla tavola, si dà a scorrerla, con l’aria di chi non ha di meglio da fare).

LUCIANA — Mi spiace di dover interrompere la vostra conversazione... (I due uomini chiudono, l’uno il giornale, l’altro la rivista, e si alzano) ma mio marito vi prega di passare da lui, signor Innocenti: vuole mostrarvi il suoi quadri.

INNOCENTI— Ah, vuole mostrarmi...

LUCIANA — Guardate: di là a destra, sempre di­ritto...

INNOCENTI (mentre si avvia a destra, senza entu­siasmo) — Di là?

LUCIANA — Sì, sì, andate.

INNOCENTI — Vado, vado! (Dopo una pausa) Il signore non desidera vedere anche lui i quadri?

LUCIANA — No. Non è appassionato di quadri.

INNOCENTI— Ah beh, allora… (Esce a destra).

LUCIANA (a Lombardi, che va su e giù, nervosa­mente, per la scena) — Sedete, mio caro.

LOMBARDI — Grazie! Sono venuto in carrozza... ho bisogno di fare del moto.

LUCIANA— Cosa avete?

LOMBARDI — Nulla. Vi pare, forse, che abbia qual­che cosa?

LUCIANA — Avete l’aria di un orso in gabbia. La presenza di quel signore vi dà ai nervi, forse?

LOMBARDI — A me? Ma figuratevi!

LUCIANA— Mi pareva.

LOMBARDI — Chi è quel tipo?Vi fa la corte?

LUCIANA— Mi ha invitato a cena.

LOMBARDI — E ci andrete?

LUCIANA –Dipende. Siete geloso?

LOMBARDI — Sì. Io vi amo.

LUCIANA — Dice di amarmi anche lui.

LOMBARDI — Ma via! Un uomo che conoscete da dieci minuti!

LUCIANA — Non è vero. Sono almeno venti minuti.

LOMBARDI (piagnucolando) — Lo sapevo… lo sapevo che oggi mi sarebbe capitata qualche disgrazia... Ho so­gnato, stanotte, che mi cadevano tutti identi... quarantacinque, per la precisione. Quando sogno che mi cascano i denti, non c’è santi! L’ultima volta, mi hanno rubato una cagnetta alla quale volevo molto bene... Oggi, tentano di portarmi via la mia amante.

LUCIANA —            La vostra amante? Ma io non sono la vostra amante.

LOMBARDI — Il mio cuore vi ama, e questo mi basta…

LUCIANA — Vi accontentate di poco, voi…

LOMBARDI — Giuratemi che non amerete mai nessuno se non me…

LUCIANA— Amare un altro uomo, io? Ma siete pazzo? Non lo conosco nemmeno! Per chi mi avete preso? Io amo solo mio marito!

LOMBARDI — Mi sembra anche parecchio antipatico…e che naso! Un uomo con un naso così non sarà mai un bravo amante.

LUCIANA — Non sapevo che si dovesse guardare il naso…

LOMBARDI — Certo! Guardate il mio naso, invece. E’ un naso fatto per amare…

LUCIANA — Come lo sapete?

LOMBARDI — Me lo dicono tutte.

LUCIANA — Ah sì? Tutte?

LOMBARDI — E’ un modo di dire…Luciana, Luciana, io vi voglio…mi faceste una promessa, tempo fa…

LUCIANA — Adagio! Vi dissi anche la condizione: ”Se mio marito mi tradisse”…

LOMBARDI (con un sospiro) — E cosa sta aspettando? Ma lo capisce che non ce la faccio più? Sono anni che voi Luciana, mi date l’aperitivo…ma ora ho bisogno di mangiare!

LUCIANA — Accidenti! Ma avete tutti fame, oggi?

LOMBARDI — Sì! Ho fame! Ho fame d’amore!

LUCIANA (ridendo) — Ma non avete detto che tutte vi dicono che avete un bel naso? Quindi andate a mangiare altrove!

LOMBARDI — Bella roba!  Tutto cibo avariato…e poi, se potessi mangiare qui da voi, credete che andrei in altri ristoranti?

LUCIANA- Vi vedo eccitato come non mai…

LOMBARDI— Certamente! Eccitato è la parola giusta!

LUCIANA- Ma non c’è quella vostra…Luisella? Sfogatevi con lei!

LOMBARDI (andando vicino a Luciana, dietro ala poltrona) — Ma che c’entra Luisella, ora!

LUCIANA — Come che c’entra? Non è la vostra donna?

LOMBARDI — Ma lo sapete che quando faccio l’amore con lei chiudo gli occhi e la chiamo Luciana?

LUCIANA — Non ci credo! E lei?

LOMBARDI— Ormai ha imparato a stare al gioco. Anzi, chiude gli occhi e mi chiama Clemente!

LUCIANA (alzandosi) — Che attori!Clemente? E chi è Clemente?

LOMBARDI-Sicuramente una sua fantasia….una piccola vendetta contro di me…

LUCIANA – (Al pubblico) Sì, una fantasia…

LOMBARDI (inginocchiandosi davanti a lei) — Luciana, vi amo. Vi adoro.

LUCIANA — Lombardi! Forza, alzatevi…se entra mio marito…vi ha già trovato due volte seduto in terra… (Lo respinge. La spinta fa cadere Lombardi seduto per terra. Luciana va rapidamente a sedere vicino alla tavola).

ROSSINI (entra e si arresta, vedendo Lombardi) —Ancora?!? Ma voi ci vivete sul pavimento?

LOMBARDI— (si muove come se facesse ginnastica)Buongiorno, come state?

ROSSINI — Io bene, grazie, ma voi mica tanto…vi consiglio di farvi vedere da uno specialista…vi presento il signor…

INNOCENTI— Non occorre, ci conosciamo già.

ROSSINI — Non ho mai incontrato uno come lui. Tutte le volte che entro in questa stanza lo trovo seduto per terra…come se mancassero le sedie!

LOMBARDI — Vi dirò, è un’abitudine che ho fin da bambino…mi piace rotolarmi in terra…fa bene alla salute…bisogna muoversi…

LUCIANA — E così, signor Innocenti, avete ammi­rato i quadri di mio marito?

ROSSINI —Li ha ammirati sì…e come gli sono piaciuti!

INNOCENTI — Davvero molto… moltissimo.! (Si ode il suono di un campanello).

ROSSINI- Vi devo ancora mostrare l’altra galleria…

INNOCENTI –C’è tempo, c’è tempo…

ROSSINI — E’ un vero peccato che la povera si­gnora Innocenti tua moglie sia in quello stato e che sia a Palermo... Le avrei mostrato la mia galleria con vero piacere.

INNOCENTI — Peccato davvero…ma che vuoi…quei maledetti reumatismi…

GIOVANNI(dal fondo) — La signora Innocenti.

TUTTI — Eh?!

INNOCENTI(di soprassalto, tra sé) — Accidenti, mia moglie!

LUCIANA— Vostra moglie?

INNOCENTI— Eh!... Sì... No... può darsi...

LUCIANA — Ma non era a Palermo?

ROSSINI — A curarsi la salute…i reumatismi?

INNOCENTI — Cosa volete che vi dica? Può darsi che sia guarita. Ultimamente la medicina ha fatto passi da gigante… (Al domestico) Non siamo in casa. Dite che non ci siamo.

LUCIANA — Ma che dite! (Al domestico) Fatela entrare!

INNOCENTI — Appunto, volevo dire, fatela entrare...

CLOTILDE (entrando) — Vi chiedo scusa, signora, signori...

INNOCENTI (andandole incontro) — Oh, mia cara, tu qui? Che bella improvvisata. Stai meglio? Ero proprio sul punto di andarmene. Via, salutiamo tutta questa bella gente…Vieni, andiamo via. Arrivederci a tutti.

LUCIANA— Fermi, dove andate?

CLOTILDE(sedendo) — Vi chiedo scusa, signora, se mi sono permessa di venire in casa  vostra, senza aver avuto l’onore di esservi presentata.

LUCIANA (seduta) — Figuratevi, signora. Anzi, toc­ca a me...

CLOTILDE— So che sono sfacciata, ma è così tanto tempo che sento parlare di voi da mio marito…

ROSSINI — Davvero? Siete molto buono, Innocenti!

CLOTILDE — E allora ho pensato: perché le mogli di due amici così intimi non si devono conoscere? Oh, signor Rossini, mio marito vi adora… Tutti i giorni, la stessa cosa.

“Dove vai? “. « In casa Rossini »... E tutte le sere, anche: “ Dove vai? “. “In casa Rossini “. Sempre in casa Rossini. Sembra quasi che viva più qui che a casa nostra…

ROSSINI — In casa mia?

INNOCENTI — Cara, ma tu non hai ancora vista la meravigliosa galleria di quadri del signor Rossini! Vieni che ti faccio vedere… (La afferra per un braccio)

CLOTILDE — Ma no... lasciami... si può sapere cos’hai?
INNOCENTI — Cos’ ho? io? Nulla. Cosa dovrei avere?

ROSSINI — Io non capisco nulla.

LOMBARDI (seduto, tra sé) — Dio, come mi diverto; davvero mi diverto.

CLOTILDE — Mi pare che tu sia molto turbato!

INNOCENTI — Turbato io? Cosa ti salta in mente? Tu, piuttosto vieni qui a raccontare ai coniugi Rossini ch’io vengo da loro tutti i giorni... Ma lo sanno pure ch’io vengo da loro tutti i giorni. Ditelo voi, Rossini: sapete ch’io vengo qui tutti i giorni non è vero?

ROSSINI — Ma, veramente…

INNOCENTI (a Clotilde) — Ecco, hai visto?

LOMBARDI (alzandosi e facendosi in mezzo, con aria canzonatrice) — Anch’io lo incontro qui in questa casa molto spesso…

INNOCENTI (dopo un istante di meraviglia, sotto­voce) — Grazie, signore, grazie! Iddio vi benedica! Grazie tante!

LOMBARDI (sottovoce) — Si figuri! Tra noi uomini… (Torna a sedere).

INNOCENTI (A Clotilde) — Ebbene, sei convinta, adesso?

CLOTILDE (sempre dubbiosa si alza) — Sì, sì.

INNOCENTI — Bene, andiamo…

ROSSINI (A Clotilde) — E’ andato tutto bene a Palermo?

CLOTILDE - Palermo? Che Palermo?

ROSSINI (non sapendo più che cosa dire) — Ah, non era Palermo? Forse ho sbagliato città..

INNOCENTI — Ecco, bravo, vai da un’altra parte…

LOMBARDI (tra sé) — Dio, come mi diverto, come mi diverto.

CLOTILDE (tra sé) — Incomincio proprio a credere che i miei sospetti fossero fondati... (A voce alta) Sapete signor Rossini, sarei venuta prima a farvi visita, ma poi, pensando alle vostre condizioni di salute…

ROSSINI — Le mie condizioni di salute?

CLOTILDE — Ma sì, i reumatismi!

ROSSINI — Ma non siete voi che avete i reumatismi?

CLOTILDE — Io? Io no…mancherebbero solo quelli!

INNOCENTI Ma insomma, non è mica un disonore soffrire di reumatismi! Ti prego, Rossini, accompagnami a vedere l’altra parte della mostra…  

ROSSINI — Sì, sì, con piacere. Andiamo a vedere l’altra galleria.

CLOTILDE — Vi tratterrete molto di là?

INNOCENTI — No, no... ritorno subito.

ROSSINI — Ritorniamo subito. (Escono dalla pri­ma porta di sinistra).

CLOTILDE — Ditemi la verità signora…mi prendono in giro?

LUCIANA — Ebbene sì.

CLOTILDE (seduta) — Lo sospettavo.

LUCIANA — Sentite, signora Clotilde, ve lo devo dire. Vostro marito è la prima volta che mette piede in questa casa. E c’è venuto per cercare di sedurmi.

CLOTILDE — Voi?!?

LUCIANA —Si..io…Sono otto giorni che mi insegue per strada.

LOMBARDI (sempre sedutosul divano) — Che farabutto!

CLOTILDE — Mascalzone! Infame!

LOMBARDI — Ben detto!

LUCIANA –Vedete signora…io sono molto vendicativa…se mio marito mi avesse fatto una cosa del genere…

LOMBARDI (con aria scoraggiata) — Tranquilla…purtroppo non c’è pericolo!

CLOTILDE — Bene. Ora so tutto. Stai in campana, marito mio! Perché se ti colgo sul fatto…

LUCIANA — Occhio per occhio?

CLOTILDE — E dente per dente.

LOMBARDI (alzandosi) — Brava. Così si fa.

LUCIANA (riscaldandosi, come la signora Innocenti)— Esattamente come me.

LOMBARDI — (Fregandosi le mani) Sì, sì! Così si fa!

CLOTILDE — Per fortuna sono giovane e bella... non mi mancherà la possibilità di trovare un uomo che mi voglia far trascorrere una notte o due d’amore…

LUCIANA — Anch’io credo di poter trovare qualcuno disponibile…. Non è vero, Lombardi?

LOMBARDI — Altro che! Siete tutte e due bellissime!

CLOTILDE — Ora che ci penso la mia vendetta sarebbe più bella se la consumassi col primo uomo che vedo, dai 18 ai 99 anni, il primo cretino, il primo imbecille che mi capita a tiro…voi, per esempio…sareste disponibile?

LOMBARDI — ...Mi va bene anche passare da cretino e imbecille. E’ il risultato che conta. …Però io sono già impegnato, signora.

CLOTILDE — Non importa, ditemi il vostro nome e datemi il vostro indirizzo.

LOMBARDI —  Paolo Lombardi, via Passera, 16….Passera era un filosofo locale…

CLOTILDE — Lombardi, via Passera 16. Che nome per una strada! Tutto un programma di uccelli…Allora siamo d’accordo: se colgo mio marito sul fatto sarò vostra. (Si lascia cadere nelle braccia di Lombardi).

LUCIANA (ripetendo l’azione di Clotilde) — Ed io farò lo stesso. In via Passera 16.

LOMBARDI (con le due donne abbracciato) — Ah, signore!... (Tra sé) Quando tutto quando nulla…

CLOTILDE — Ecco i nostri mariti…silenzio per l’amor di dio! (A Rossini e a Innocenti, i quali, poco rassicurati, con aspetto timido, rimangono nel vano della porta)— Avanti, avanti, signori. Perché restate sulla so­glia? Cosa avete?

ROSSINI e INNOCENTI — Nulla!. Nulla!

CLOTILDE — Ebbene, avete visitata la galleria?... Sei rimasto soddisfatto? (A Innocenti). INNOCENTI —  Molto soddisfatto! Incantato! Vi era anche un quadro simile al quadro famoso di Gustavo Courbet: “L’origine del mondo”…Che capolavoro!

CLOTILDE —  Era una natura morta?

INNOCENTI- No una natura viva, vivissima…sembrava parlare…una bocca che parla d’amore…

CLOTILDE _ Sai, noi abbiamo parlato moltissimo di te.

INNOCENTI (inquieto) — Ohi.

CLOTILDE — Anzi, il signore (accennando Lombardi) m’ha detto che ti ha incontrato qui di frequente, e che ti stima molto.

INNOCENTI — Davvero? Ha detto questo?... (A Lombardi) Oh, signore, grazie, grazie. Che buoni ami­ci siete tutti.

CLOTILDE (accennando Lombardi) — E’ davvero un simpaticone…

INNOCENTI — Simpaticissimo, davvero!... (A Lombardi) Ora che siamo amici, potreste venire a trovarci a casa…

LOMBARDI — Ma certamente!  

GIOVANNI (a Rossini) — C’è di là una signora.

ROSSINI (risalendo la scena) — Chi è?

GIOVANNI — Non so. Una signora che non ho mai vista.

LUCIANA — Una signora? Cosa vuole?

ROSSINI — Cara mia, come vuoi che lo sappia lui? (A Giovanni) Avreste dovuto chiederle il nome.

LUCIANA (a Giovanni) — E’ bella?

GIOVANNI (con una smorfia) — Insomma…

ROSSINI — Luciana! Ti sembra una cosa da chiedere a un domestico? (A Giovanni) Le avete detto che ero in casa?

GIOVANNI — Sì, signore. L’ho fatta accomodare nel salottino.

ROSSINI — Va bene. Arrivo subito. (Giovanni esce).

CLOTILDE — Noi andiamo…arrivederci, cara signora... (A Lombardi) Molto lieta, signore...

LOMBARDI— Lombardi.

CLOTILDE - Lombardi.

LOMBARDI — Via Passera 16

CLOTILDE — Via Passera 16…. (A Innocenti) Prendi nota.

LOMBARDI — Non importa. Troverete il mio indi­rizzo nella guida di Firenze.

INNOCENTI — Vi segno lo stesso. Ormai siamo amici…

LOMBARDI — Figuratevi. Via Passera 16....

INNOCENTI — Grazie.

LOMBARDI — Vengo con voi: ho qualche affaruccio da sbrigare. (A Luciana) Arrivederci, signora. (Sottovoce)

INNOCENTI — Andiamo. (Stringe la mano a Rossini, poi a Luciana) Signora... (Sottovoce, in fretta) Porto a casa mia moglie e torno. Aspettatemi. (Escono).

ROSSINI — Lasciami un momento, mia cara: mi libero di quella signora. (Suona).

LUCIANA — Fa’ pure, caro. (Esce dalla seconda porta di sinistra).

GIOVANNI — Il signore ha suonato?

ROSSINI — Sì, fate entrare quella signora. (Gio­vanni esce dalla prima porta di destra; poi ritorna, introducendo Meggy, ed esce. Rossini è seduto al suo tavolo e sta mettendo in ordine alcune carte, per darsi aria di persona occupata, voltando le. spalle alla persona che entra) Si accomodi pure, signora.

MEGGY (lo raggiunge alle spalle, gli prende il capo e gli dà due grossi baci sugli occhi. Accento inglese molto teatrale) — Oh, my love!

ROSSINI (stupito, si alza) — Chi è?... (Riconoscen­dola) O mamma mia! La signora Trevisan! Meggy!

MEGGY — Io! Yes!

ROSSINI — Tu qui? Ma è una pazzia!

MEGGY — Perché?

ROSSINI — Perché credevo tu fossi a Londra.

MEGGY — Io averlo lasciato, Londra.

ROSSINI— E tuo marito?

MEGGY — Lui essere qui a Firenze…essere venuto per grosso affare…

ROSSINI — E tu? Cosa sei venuta a fare?

MEGGY-(Maliziosa) Anch’io essere venuta per affare… piccolo affare…. Tu sei il mio piccolo ma importante affare…

ROSSINI-MEGGY!

MEGGY — E allora perché tu chiedi me cosa venuta a fare?... Oh, ingrate! Oh, you naughty thing!  Tu molto cattivo… How can you ask me:  Come puoi dirmi:«cosa venuta a fare? I have sacrified every thing, my conjugal fidelity…(piangendo) Avere sacrificato tutto...mia coniugale fedeltà...per tuo tuo meraviglioso e piccolo grande amore…

ROSSINI (volendo interromperla) —  piccolo amore…Sì, sì! (Va ad ascoltare alla porta di Luciana).

MEGGY — I leave in London! I cross the seas....attraversato mare...All this to reach him; Tutto per raggiungere lui...and when at last I find him, he askes me: “What have you come here for?”. E lui dire a me: cosa essere venuta a fare?

ROSSINI — Lo sai che non parlo inglese! Non capisco una parola! Cosa vuoi da me?

MEGGY — Cosa io volere? Tu domandare cosa io volere? Io volere te. Volere piccolo grande amore…piccolo affare….(dondola la testa)piccolo grande, magnifico affare…piccolo grande amore

ROSSINI — MEGGY!

MEGGY— Oh, yes... Mio cretino!

ROSSINI — No cretino…Crepino!

MEGGY — Crepino, cretino, essere lo stesso. Tu contento vedere me?

ROSSINI — Come una Pasqua!

MEGGY — Oh! yes... Perché io amare you sempre moltissimo... Ah, dear me! Per trovare tu, io aver lasciato Londra, io aver attraversato il Manica, che ha fatto me molto malata... Oh, yes (mossa di chi ha il mal di mare) Come dire voi, questo?

ROSSINI — Non importa... Ho capito!

MEGGY — Io quasi morto... ma essere lo stesso. Io dire.. “Io vedere lui... io essere con lui con piccolo grande amore…otto giorni”. (Siede).

ROSSINI (cadendo sopra una sedia) — QUANTO? Otto giorni? Una settimana? Ti trattieni qui una set­timana?

MEGGY — Oh, yes! Una week …settimana, tutto settimana per noi. Ah, tu dire me tu amare me ancora. Per­ché you non rispondere lettere di io? Io dire già: « Oh, mio Cretino, lui non amare me più ». Ah, sì, tu amare me. Oh, Cretino, tell me you love me!

ROSSINI (alzandosi) — Ma per favore!

MEGGY (alzandosi) — Quando io essere arrivato questa mattina, e avere subito scritto a you per dare appuntamento... Poi io pensare: Cretino non rispondere. Allora, io get­tare lettera in cestino carta, e venuta qui... Quanto essere felice, tu venire mia casa, questa sera?

ROSSINI — Sei pazza!

MEGGY — Aoh! Tu non dire no! Io aver trovato questa mattina piccola appartamento, pianterrena tutta mobilia, come io avere scritto in lettera che io aver gettato prima. Stiamo via delle patate al numero 29.

ROSSINI- Abiti lì con tuo marito? In via delle patate?!?

MEGGY — Oh, no! Con Mr. Trevisan io abitare “Hotel Chatam”, ma piccola pianterrena essere per noi due... Io affittare casina per otto giorni... Io aspettare là, questa sera.

ROSSINI — Ah, no davvero!

MEGGY — No?! Perché no?

ROSSINI — Perché... perché è impossibile! Non

sono libero, io: ho moglie... Capisci? Sono sposato!

MEGGY — You essere ammogliato?

ROSSINI — Inesorabilmente.

MEGGY — Ah! In Londra detto me che essere vedòvo. Invece tua moglie viva…come mai?

ROSSINI — Si è ripresa.

MEGGY — Allora, allora! What? Essere tutto finito insieme?

ROSSINI — Via, Meggy, cerca di ragionare!

MEGGY — You non riamare me più... più no?

ROSSINI — Sì... quando verrò di nuovo a Londra. Va bene?

MEGGY — E quando venire Londra? Ora subìto?

ROSSINI — Non so... Sicuramente prima di…in futuro…

MEGGY (scoppiando in singhiozzi) — Aoh! Crétino non amare me più! Crétino non amare me più!

ROSSINI-CREPINO!

MEGGY — E’ la stessa!

     ROSSINI —Su Meggy, calmati ti prego…ricordi? Venni a Londra per affari, e conobbi tuo marito…poi lui ci presentò ed accadde quello che doveva accadere…ma tra noi c’è la Manica…perché non ti trovi un amante in Inghilterra?

MEGGY — Oh! no! Io non potere... io essere donna molto fedele! Io avere avuto uno solo amante, tu medesimo. Crépino, allora tu non volere me più?

ROSSINI — Cerca di essere ragionevole…

MEGGY — Well’ Well! Addio, Crépino!

ROSSINI (avviandosi verso la porta) — Addio, si­gnora, addio!

MEGGY (cadendo sopra una sedia) — You non avere risposto mie lettere…io insospettita…ed avere preparata lettera da mandare mio marito…

ROSSINI — Brava.

MEGGY (cava di tasca una lettera e legge) — Ora io leggio. « Good bye, my poor dear! Dont grieve about me! It is a guilty creature who writes to you and who is about to die. Mr. Rossini  has left me. I am going to kill myself! ».

ROSSINI — Bella! Mi pare che vada benissimo. Spediscila pure.... Ma cosa vuol dire?

MEGGY — Tu non capire? (Traducendo) Addio, mio povero caro; tu non piangere me! Io essere creatura colpevole, e io andare suicidare me! Io essere stata amante signor  Cretino Rossini…

ROSSINI — Ma sei matta? Fai il mio nome? Sono conosciuto io…Dammi subito quella lettera!

MEGGY — NO!

ROSSINI — DAMMELA  SUBITO TI HO DETTO!

MEGGY-  LA LETTERA NO! Se vuoi altro siiiiii!

ROSSINI-(Dolce) Ascolta cara Meggy…

MEGGY — Non essere più cara Meggy!

ROSSINI — Ma non è vero! Lo sei ancora…solo che non devi spedire quella lettera!

MEGGY — Allora tu venire questa sera via delle patate 29.

ROSSINI — Non posso, Meggy, non posso! Che scusa trovo per mia moglie?

MEGGY —Bene. Allora io suicidare me.

ROSSINI — No no, ma che dici…e va bene, stasera verrò in via delle patate 29

MEGGY — E tu amare ancora me?

ROSSINI — Sì, sì... ti amerò ancora!

MEGGY- E poi vedere mio piccolo affare? Mio piccolo grande amore!

ROSSINI- Mah, suppongo di sì…

MEGGY — Oh, io essere felice! Crétino, io amare te moltissimo! (Si ode il suono del campanello).

GIOVANNI (comparendo dai fondo) — C’è di là un signore che chiede di lei.

ROSSINI — Chi è?

GIOVANNI — Il signor Trevisan.

MEGGY — CIELLO! MIO MARITO!

ROSSINI — (A Giovanni) Va bene... Fra pochi minuti sarò libero. (Giovanni esce) Cosa vor­rà da me?

MEGGY — Io credo sapere… Lui essere in Firenze; lui venire stringere il mano suo caro amico Rossini…

ROSSINI- Che a Londra si è fatta sua moglie…

MEGGY- Oh,… ma lui non sapere!

ROSSINI — Ad ogni modo, è bene che non ti trovi qui... Passa di qua. (Le indica la prima porta a destra e ve la fa passare).

MEGGY — Io andare, yes!... Oh, you wicked man!...Tu cattivo...but ... I love you! (Esce a destra).

ROSSINI — Accidenti, che storia. Una sola, dico, una sola volta ho tradito mia moglie, e cosa mi va capitare? Una matta con manie suicide!

LUCIANA (mettendo la testa tra i drappi della portiera a sinistra) — Se ne è andata la signora?

ROSSINI — Sì, sì!

LUCIANA — Chi ha suonato?

ROSSINI — Un amico che ho conosciuto a Londra.

GIOVANNI (introducendo Trevisan) — Il signor Trevisan.

TREVISAN— Buon giorno, caro amico! Come state?

ROSSINI — Benissimo. Che bella improvvisata! (Trevisan saluta Luciana) Luciana, ti presento il signor Trevisan.

LUCIANA — Signore...(si danno la mano)

TREVISAN — La signora Rossini, certamente! Oh, felicissimo della conoscenza!! Mio caro amico, due parole solamente: io non ho tempo da perdere... Una sera, se voi vorrete, sarò libero… ma oggi “Business are business”, come noi diciamo dalle nostre parti! Dunque, io sono venuto per stringere la mano a voi, innanzi tutto; poi, per mia moglie...

ROSSINI (andando allo scrittoio.) — Come sta la signora Trevisan?

TREVISAN — Grazie! Molto bene... Essa mi ha inca­ricato di salutarvi tanto... Per lei, appunto, io sono venuto... Mio caro amico, io ho saputo una cosa... Voi sarete molto meravigliato. Io sono un cornuto!

ROSSINI — Cosa dite?

TREVISAN — Che sono cornuto. Mia moglie mi tradisce.

ROSSINI — Ma via!

LUCIANA (alzandosi) — Scusate, signore... temo di essere indiscreta... vi lascio.

TREVISAN — Non importa!... potete rimanere, signora... Io sono molto filosofo. Solamente, io non ho tempo da perdere. “Times is money”! Ecco i fatti. Questa mattina, io ho trovato questa lettera nel cestino della camera di mia moglie.

ROSSINI (tra sé) — Accidenti! La lettera che Meggy mi aveva scritta!... Voglia Dio che non abbia fatto ilmio nome!

TREVISAN – Io essere Firenze… Noi potere amare noi ancora... Voi capite?

ROSSINI — Sì, sì!

TREVISAN — Questa sera, marito di io... Io sono questo! essere molto occupato in affari di lui. Io es­sere sola. Voi venire trovare io via delle patate 29, pianterrena... Io aspettare voi - Meggy. Cosa dite?

ROSSINI — Ma è solo una lettera! Può darsi che non sia ancora successo nulla…

TREVISAN — Spero proprio che questa sera succeda qualcosa.

ROSSINI — Lo sperate?

TREVISAN — Sì, perché io voglio divorziare... Mia moglie mi secca... essa ha un temperamento. impossibile: non èmai soddisfatta…si lamenta sempre e mi colpevolizza.. E questo disturba i miei affari. Io non ho tempo da per­dere, quindi sono stato già dal Commissario di polizia... Io non so chi sia il “my love”, ma questa sera, io farò cogliere tutt’e due, essa e il suo  “love”... via delle patate 29... (Si alza)

Divorzio. Subito. (A Rossini) Per questo io sono venuto da voi, come avvocato, e vi prego di preparare subito tutte carte neces­sarie. (Prende il suo cappello).

ROSSINI — Io?

TREVISAN - Sì, perché io non tempo da perdere. Voi siete un avvocato; io sono un cornuto.

ROSSINI — Ma non è affar mio; non si può. Oc­corre che voi facciate le pratiche a Londra. TREVISAN — Perché a Londra? Io non sono in­glese: io sono italiano.

ROSSINI — Italiano?

TREVISAN — Per l’appunto: Narciso Trevisan, di Venezia. Io sono stato educato, sin da bambino, in Inghilterra, dove io ho vissuto sempre per i miei affari e dove io ho preso moglie, ma al Consolato italiano. Per conseguenza, voi potete preparare le carte per il mio divorzio.

ROSSINI — Allora si può fare.

TREVISAN — Siamo intesi?

ROSSINI — Intesi!

TREVISAN — Io vi saluto, perché io non tempo da perdere.

ROSSINI — Sappiate però che necessariamente si dovrà cogliere vostra moglie con il suo amante.

TREVISAN — Naturalmente. Stasera sistemo tutto, in via delle patate 29. E darò al porco anche una sonora lezione di boxe.

ROSSINI — Praticate la boxe?

TREVISAN — Sono campione dilettante. Ed anche mia moglie lo è, nella sua categoria.

ROSSINI— O mamma mia santa! Anche Meggy?!?

LUCIANA — Avete una certa maniera di raccontare le cose...

TREVISAN — Se è vero che ho preso la flemma inglese, ho però conservato sempre la natura del mio paese: Venezia. A Londra abbiamo nebbia, sì; ma anche sotto le nebbie voi troverete sempre un raggio del nostro sole italiano.

LUCIANA — Siete anche poeta!

TREVISAN — Adesso vado, il tempo è denaro. E stasera, quando lo avrò preso… (facendo un gesto di boxe) che pugni! Arrive­derci!... (Fa per uscire e si urta con Innocenti che entra).

INNOCENTI — Scusi!

TREVISAN — Buongiorno, signore e addio. Non ho tempo da perdere, io!

ROSSINI (a Luciana) — Fammi il piacere di ac­compagnare tu il signor Trevisan; devo parlare con Innocenti.

LUCIANA (uscendo dietro a Trevisan) — Con pia­cere!

INNOCENTI — Ma chi è quell’energumeno?

ROSSINI — Un inglese di Venezia. Sei arrivato a proposito, mio caro Innocenti: ho da chiederti un favore. Un favore particolare, da uomo a uomo. Stasera ho un appuntamento con una signora.

INNOCENTI — Tu? ma dai! Non vorrai dirmi che tradisci tua moglie!

ROSSINI — Sttt! Parla piano, se ti sente sono guai!

INNOCENTI –Va bene, va bene…ma dimmi, dimmi…

ROSSINI — Ci eravamo dati appuntamento in un luogo, ma non ci possiamo andare, per ragioni legate alla boxe…

INNOCENTI- Alla boxe?!?

ROSSINI - Sì, poi ti spiego…conosci un albergo tranquillo dove si possa svolgere questo incontro?

INNOCENTI -Un incontro di boxe?

ROSSINI- Ma che boxe! Con la mia amante!

INNOCENTI — Ma certo! Ce n’è più d’uno, ma “LA MICIA INNAMORATA “ è il più discreto…manda subito un telegramma, così ti riserveranno una stanza.

ROSSINI — Grazie, mio caro. Lo faccio subito. E telegraferò anche alla signora per avvertirla.

INNOCENTI — Naturalmente. E a tua moglie che dirai? Ti lascerà libero?

ROSSINI — Inventerò un pretesto... La mia pro­fessione mi obbliga spesso ad assentarmi da Firenze. Dirò che mi hanno chiamato d’urgenza ad Arezzo per un testamento.

INNOCENTI — Benissimo!

ROSSINI — Ti lascio: vado a fare il telegramma. (Esce a destra).

INNOCENTI — (Felice, ballando) Gli mette le corna! Gli mette le corna!

LUCIANA (entrando) — Che bel tipo l’inglese!

INNOCENTI — Ah,Luciana! Proprio voi…vi devo parlare…

LUCIANA — Dite.

INNOCENTI — Ebbene…ma no, ma no…non posso dirvelo…

LUCIANA — Forza, ormai avete cominciato…

INNOCENTI — Ricordate la promessa che mi faceste? Che sareste disposta a tradire vostro marito se anch’egli vi tradisse?

LUCIANA — Sì.

INNOCENTI — Ebbene, ho la prova che vostro marito ha un’amante.

LUCIANA — E dov’è questa prova?

INNOCENTI — Stasera vostro marito sarà all’albergo “La micia innamorata” tra le braccia di una donna che non siete voi.

LUCIANA — Non ci credo.

INNOCENTI — Ci crederete subito. Tra poco vostro marito verrà a dirvi che stasera dovrà andare lontano per una faccenda di un testamento.

LUCIANA — Non è possibile.

INNOCENTI — Vedrete, vedrete…io stasera spierò vostro marito, e appena sarò sicuro verrò a prendervi e vi metterò davanti al fatto compiuto. Volete?

LUCIANA — Eccome se lo voglio!

INNOCENTI — Ecco vostro marito: nervi saldi!

ROSSINI (entrando) — Ah, eccoti qua. Mi è caduta una tegola sul capo, mia cara!

LUCIANA — Sentiamo la tegola.

ROSSINI — Pensa! E’ arrivato un telegramma che mi obbliga a lasciare Firenze questa sera, con il treno delle otto. Devo andare ad Arezzo, per un testamento.

LUCIANA — E non puoi mandare uno dei tuoi giovani di studio?

ROSSINI — Per l’amor di dio! Certe cose le devo fare io di persona.

LUCIANA — Allora devi andare per forza?

ROSSINI — Eh sì! Tu sapessi quanto mi dispiace!

LUCIANA — Immagino. Ma prima di tutto il dovere.

ROSSINI — Come sei comprensiva! Adesso scusami, devo mandare un paio di telegrammi per via di questo increscioso affare… (Esce dal fondo).

INNOCENTI — E allora? Siete convinta?

LUCIANA — Infame! Mascalzone! Farabutto! Tradirmi così…vi attendo, signor Innocenti…e vi prometto che se le cose saranno come le avete descritte, dopo un’ora avrò già consumata la mia vendetta!

INNOCENTI — (Al pubblico) Me la da’! Me la da’! (canta)Lei mi da’ la cosa più bella che ha…io le do la cosa più bella che ho….

LUCIANA - Vigliacco!

INNOCENTI — Arrivederci a questa sera! (Esce)

SIPARIO

ATTO SECONDO

A sipario chiuso canto e musica: Miao. Miao…da “DUETTO BUFFO DI DUE GATTI” di G. Rossini(vedi su www.youtube.com) vedi anche: “Contrappunto bestiale alla mente” di Adriano Banchieri o altro).

Scena: Camera 69 dell’Hotel “La micia innamorata”: camera grande, comoda, con un letto nel fondo, a destra, entro una alcova; tavola, cassettone, toilette, tutta mobilia da camera d’albergo. Nel fondo a sinistra, porta d’en­trata che dà sul corridoio. A sinistra, sul davanti, porta di comunicazione con la camera 68; più indie­tro, un camino. A destra, verso il fondo, porta che mette in uno spogliatoio. All’alzarsi del sipario, Ar­mandina, in piedi vicino alla tavola ch’è nel mezzo, sta chiudendo una valigetta. Si picchia alla porta di fondo.

ARMANDINA — Avanti!... (Vedendo Vittorio) Ah, sei tu? Hai eseguito la commissione?. VITTORIO (diciotto anni, livrea da valletto d’al­bergo) — Sì, signora: il direttore verrà subito da lei.

ARMANDINA — Gli hai detto che mi diano un’altra camera?

VITTORIO — Sì, signora; ma lo sapeva già. Glielo aveva detto la cameriera.

ARMANDINA — Va bene. Grazie. (Il ragazzo fa per andare, ma lei lo richiama) Senti, ragazzo, quanti anni hai?

VITTORIO — Diciotto…compiti da poco...

ARMANDINA — Diciotto! Ma lo sai che sei molto carino? Prometti bene…

VITTORIO (arrossendo e abbassando il capo) — Grazie…

ARMANDINA — Via, ora non arrossire…

VITTORIO — E chi arrossisce? (Chiudendo gli occhi non osando proseguire).

ARMANDINA (facendogli una carezza sul viso) —Eh sì, sei davvero molto carino! (Nel momento in cui la mano di Armandina gli sfiora la bocca, co­me smarrito, Vittorio la prende con le proprie mani e la bacia freneticamente risalendo lungo il braccio) Ma cosa fai?

VITTORIO — Scusi, signora!

ARMANDINA — Accidenti che foga!

VITTORIO — Mi scusi…mi scusi…non so cosa mi sia successo…

ARMANDINA — Tranquillo, sei scusato.

VITTORIO — La signora non dirà nulla al direttore?

ARMANDINA (ridendo) — Ma non ci penso neanche!

VITTORIO — Grazie, signora, grazie…Ecco il direttore. (Giunto alla porta, si tira indietro, perché il direttore entri senza che lo veda. Poi esce).

IL DIRETTORE — La signora mi ha fatto chiamare?

ARMANDINA — Sì. Volevo sapere cosa avete sta­bilito per la camera.

IL DIRETTORE — Ho provveduto a tutto: la signora sarà spostata subito in un’altra stanza.

ARMANDINA — Meno male. Non mi piace questa camera…mi dovrò trattenere una decina di giorni, e vorrei una camera che mi soddisfi…che sia di mio gusto...

IL DIRETTORE — La farò spostare subito, anche perché questa camera è già stata assegnata.

ARMANDINA — E chi è il disgraziato che ci verrà?

IL DIRETTORE — Un certo signor Rossini, il quale m’ha prenotato una stanza.

ARMANDINA — Rossini, Rossini… non lo conosco.

IL  DIRETTORE — Invece lei andrà nella camera numero 16, che ha una veduta incantevole sulla strada ed è più grande di questa…c’è scritto camera della micia..

ARMANDINA — Perfetto! Il nome mi piace…poi io ho una micina…ha sei mesi! E’ piccina piccina…miagola… Sapete, questa camera è veramente troppo piccola…se mi dovesse venire a trovare qualcuno…e magari si trattenesse fino al mattino…

IL DIRETTORE — Capisco, signora, capisco…allora la metto alla 18, che ci sono due letti…

ARMANDINA — Ma cosa avete capito?

IL DIRETTORE — Mi scusi…credevo…pensavo…

ARMANDINA –Mi faccia il piacere di non credere e non pensare. Cerchi di fare solo il direttore di questa topaia. Figuriamoci! Due letti! No no, va bene la 16... la camera micia…mi piace!

IL DIRETTORE — Come comanda, signora.

ARMANDINA — Mandate a prendere il mio baule.

IL DIRETTORE — Immediatamente... (Esce, ma, appena messo il piede fuori dalla porta, si ar­resta, parlando a qualcuno che non si vede) Signore... (Rumore di voce) ... sì, signore: è qui. Vado a vedere. (Ritorna).

ARMANDINA — Cosa c’è?

IL DIRETTORE — Un signore ha chiesto di voi.

ARMANDINA — Chi è?

IL. DIRETTORE — Non so. Vado a chiedergli il nome.

ARMANDINA —     Non occorre: se è un uomo fatelo entrare!

IL DIRETTORE — Favorisca, signore! (Si tira indietro, poi esce).

LOMBARDI — Buona sera!

ARMANDINA — Voi?

LOMBARDI — Proprio io!

ARMANDINA — Non perdete tempo, voi, non c’è che dire.

LOMBARDI — E perché dovrei perdere tempo?

ARMANDINA — E’ già un po’ che non ci si vede…

LOMBARDI — Da ieri sera a teatro. (Sporge le labbra in avanti, arrotondandole per mostrare che vuole darle un bacio).

ARMANDINA — E’ troppo presto…

LOMBARDI- Ma no!

ARMANDINA — Mi ami?

LOMBARDI — Ti adoro.

ARMANDINA — Non ricordo come ti chiami…

LOMBARDI — Non l’hai mai saputo. Paolo Lombardi…e tu?

ARMANDINA - Armandina…

LOMBARDI- Oh, Armandina…

ARMANDINA —Guardami... Mi piaci, non c’è che dire! Sei il mio tipo!(Lombardi si ringalluzzisce) Ma lo sai che somigli al mio amante? Il Barone Altomiri –Rossi? Lo conosci? E’ sempre sui giornali…

LOMBARDI — Mai sentito nominare.

ARMANDINA — Ma ci pensi? Sta facendo  i suoi trenta giorni di servizio militare…uno come lui…con i soldi che ha si potrebbe comprare tutte le caserme d’Italia…

LOMBARDI — Bene, così non ci disturberà… Lasciagli fare i suoi trenta giorni… (Attirandola sulle sue ginocchia) Ar­mandina mia!

ARMANDINA — Cosa vuoi? (Lombardi sporge le labbra come sopra) Sì! (Lo bacia lungamente) Vidi subito come mi guardavi ieri sera in teatro…

LOMBARDI — …e poi ti feci l’occhiolino…

ARMANDINA — Chi era quella donna sul palco con te?

LOMBARDI — Luisella, la mia amante.

      ARMANDINA — Mi sembrava…la conosco di vista…era molto elegante.

LOMBARDI — Eh sì…sapessi quanto mi costa la sua eleganza!

ARMANDINA — Proprio perché ho visto lei così elegante ho accettato di vederti…vuol dire che sei un uomo generoso…

LOMBARDI — (Palpandola) Accidenti quante curve! E’ tutta roba tua, questa?

ARMANDINA (appoggiata al camino) — E di chi vuoi che sia? Tua?

LOMBARDI (davanti a lei!) — Non c’è cosa che desidero di più al mondo.

ARMANDINA — Goloso…ma la sai usare, questa roba?

LOMBARDI — Ti assicuro che la so usare molto bene! Mettimi alla prova…

ARMANDINA — Certo, se penso al Barone…a ora sarà solo in branda…a pensare a me…chissà cosa starà facendo…

LOMBARDI — E smettila col tuo Barone!

ARMANDINA - Mi vuole molto bene, sai? Sai cosa mi dice sempre? Ti amo, perché sei stupida. Ma io non sono stupida.

LOMBARDI — Stupido è lui. Tu sei un amore. Armandina mia! (Si abbracciano). ARMANDINA — Scusa, come hai detto che ti chiami?

LOMBARDI — Paolo…Lombardi!

ARMANDINA — Ah già…Paolino mio! Ti chiamerò Paolino il caldino…Ti piace?

LOMBARDI (attirandola a sé) — Si si…Vieni a sedere sulle mie ginocchia! (Siede a sinistra).

ARMANDINA — Non sarà un po’ presto?

LOMBARDI — Ma che presto! Vieni… Oh, Luciana! Luciana mia!

ARMANDINA —Luciana!?!?! E chi è Luciana? Io mi chiamo Armandina!

LOMBARDI (sempre in estasi) — Ti prego, la­sciati chiamare Luciana... Per te fa lo stesso, e per me questo nome è eccitante al massimo…

ARMANDINA — Ma guarda che tipo! IO NON SONO LUCIANA!

LOMBARDI — Ma dai, che differenza vuoi che faccia? (Bussano).

ARMANDINA — Chi è?

LOMBARDI (parlando a voce più alta che quella del fondo, per  impedire che questa si senta) —Oh, Luciana! Luciana mia!

ARMANDINA (a Lombardi) — E stai un po’ zitto! (A voce alta) Chi è?

LA VOCE DI VITTORIO — Signora, sono io!

ARMANDINA — E’ il ragazzo. Avanti!

VITTORIO (entrando) — E’ permesso? (Scandaliz­zato, vedendo Armandina sulle ginocchia di Lombardi) Oh!...

ARMANDINA — Cosa vuoi, carino?

VITTORIO (con voce tenera e carezzevole) — Sono venuto a prendere il baule…

ARMANDINA — Eccolo là.

LOMBARDI (a Vittorio) — Quale baule?

VITTORIO (brutalmente, a Lombardi) — Il baule della signora. Non è una cosa che vi riguardi.

LOMBARDI — Ma che maniera è questa di rispon­dere! Ora te lo do io il baule! ARMANDINA — Via, non sgridarlo, è così carino!

LOMBARDI — Carino ma maleducato!

ARMANDINA — Lascia stare. Dagli piuttosto cinque lire.

LOMBARDI — Ah, gli devo dare anche la mancia? Ma io gli voglio dare un calcio in….

ARMANDINA — AMBROGIO!

LOMBARDI- E chi è Ambrogio?

ARMANDINA-VOI!

LOMBARDI-PAOLO! Mi chiamo Paolo!

ARMANDINA- Paolo! Dagli cinque lire.

LOMBARDI — E va bene… ecco cinque lire… Ma che sia la prima e l’ultima volta.

VITTORIO (seccamente) — Grazie!... (A mezza voce tra sé) Schifoso! (Con voce carezzevole ad Arman­dina) Vado a cercare la cameriera, perché mi aiuti a trasportare il baule.

ARMANDINA — Va’ pure, carino! (Vittorio esce).

LOMBARDI (borbottando) — Non capisco perché è stato così maleducato…se non fosse un servitore direi che è geloso!

ARMANDINA — Ma che vai a pensare! (Vittorio ritorna accompagnato da Clara, came­riera, alla quale indica il baule).

VITTORIO — Aiutami a trasportare quel baule lì nella camera 16. Anche la valigia. (Portano via il baule e la valigia).

LOMBARDI — Cambi camera?

ARMANDINA — Sì, questa non mi piace... è troppo piccola. E poi non si vede la strada.

LOMBARDI — Non capisco perché vuoi vedere la strada…ti accompagno? (Va al camino a prendere il suo cappello).

ARMANDINA — Ma neanche per sogno!

LOMBARDI — Ma come! Eppure prima…

ARMANDINA — Prima era prima, e ora è ora…questa sera no.

LOMBARDI — No? Perché?

ARMANDINA — Perché aspetto un amico alle undici.

LOMBARDI — Accidenti! Un altro? Ma quanti amici hai? E chi è?

ARMANDINA — Un signore di Londra... Non lo conosci... Il signor Trevisan... Tutte le volte che viene a Firenze mi viene a trovare.

LOMBAEDI- Quando non c’è il barone…

ARMANDINA- Che vuoi, quando non c’è nessuno con me mi sento così sola…

LOMBARDI — E se ora ti proponessi di venire a casa mia?

ARMANDINA — A casa tua?

LOMBARDI (prendendola sotto braccio) — Si capisce…io e te…

ARMANDINA — E all’inglese che gli racconto?

LOMBARDI — Vediamo…gli lasci detto che tua madre si è sentita male, e che sei dovuta correre a casa sua.

ARMANDINA — Però non è bello…

LOMBARDI — Dai, facciamolo! Vedo che anche tu non aspetti altro…

ARMANDINA (andando al camino) — E va bene…ma solo perché sei l’uomo più eccitante che mi sia capitato negli ultimi due giorni.(Bussano).

LOMBARDI — Avanti!

IL DIRETTORE — Scusate se vi disturbo, signori…sono arrivati i signori Rossini ai quali è stata assegnata questa camera…

LOMBARDI — Bene, andiamo subito…Rossini? Avete detto Rossini?

IL DIRETTORE- Sì signore.

LOMBARDI — Rossini qui? Che fortunata coincidenza! Fatelo entrare, lo saluterò volentieri.

ARMANDINA — Lo conosci?

LOMBARDI — Altro che!

IL DIRETTORE — Si accomodi pure, signore! (Esce)

LOMBARDI (Va verso il fondo; vedendo Giannini entrare, in uniforme di maggiore medico, seguito da sua moglie) Ma non è lui!

GIANNINI (mentre sua moglie fa degli inchini ad Armandina e Lombardi) — Mi spiace moltissimo disturbarvi…ma come vedete dal dispaccio, mi hanno riservato proprio questa stanza, la numero 69…

ARMANDINA — Sono io che debbo scusarmi…

GIANNINI (deponendo la sua valigia sulla tavola dove era precedentemente quella di Armandina) —State tranquilla, signora. Dove c’è posto per due c’è posto anche per quattro.

ARMANDINA — Lei è davvero molto gentile.

LOMBARDI- Vi avevo scambiato per un mio amico. Ma evidentemente non siete voi.

GIANNINI — (A Lombardi) Lo possiamo sempre diventare. Signore, la­sciate che mi congratuli con voi: avete una moglie bellissima. (Lombardi s’inchina lusin­gato) Farei volentieri cambio con la mia!

ARMANDINA (meravigliata guarda la signora Giannini, la quale continua a profondersi in piccole riverenze) — Cosa dite? E poi, davanti a vostra moglie!

GIANNINI — Non vi preoccupate, è sorda come una campana. (Lombardi e Armandina ridono).

LA SIGNORA GIANNINI — Signora, ve ne prego, non disturbatevi per noi.

ARMANDINA (ringraziandola) — Vostro marito ha già avuto la cortesia di dircelo.

LA SIGNORA GIANNINI (che non ha capito) — Sì, è davvero una magnifica giornata...

GIANNINI — Non ci fate caso, se vi risponde a casaccio. Poveretta!

LA SIGNORA GIANNINI (molto amabile) —- E anche la serata si preannuncia bella.

GIANNINI — Che volete…ormai sono venticinque anni che la sopporto…figuratevi che era così anche da giovane…quando ci sposammo, al momento del “sì” dovetti darle un pizzicotto. Siamo venuti a Firenze proprio per i venticinque anni di matrimonio, e stasera la porterò in teatro a vedere un balletto.

LOMBARDI — Stasera?

GIANNINI — Sì…è un po’ tardi, lo so, ma tanto mia moglie non capisce una parola, guarda i balletti e basta… non sente nemmeno la musica…io sono un musicista…suono il clarinetto…mia moglie quando sentiva, trent’anni fa…suonava la chitarra classica..poi per un incidente è diventata sorda…”Sei sorda moglie mia?(Dandole un buffettino sulla guancia) Non è vero, Cocò?

LA SIGNORA GIANNINI— Sì, sì... molto meglio! Ades­so è cessato, ma in treno, che dolori, Dio mio! (Lombardi e Armandina si guardano).

GIANNINI — Vedete? Anche stavolta non ha capito nulla. Soffre anche di coliche epatiche, meteorismo, povera donna. 

ARMANDINA — Signore, non vogliamo abusare più a lungo della vostra cortesia. Sei pronto, Paolo? (A Giannini) Signore...

GIANNINI — Spero di rivedervi presto. (Lombardi e Ar­mandina salutano la signora Giannini che non sente e non si volta. Giannini dando un colpettino sul braccio di sua maglie) Cocò... (La signora Giannini si volta verso suo marito) Il signore e la signora ti salutano.

LA SIGNORA GIANNINI — Cosa?

GIANNINI (urlando) — Il signore e la signora ti salutano.

LA SIGNORA GIANNINI — I signori ti valutano…che significa?...Non capisco.

GIANNINI — Guardami! (Gesticolando e articolando semplicemente le parole con le labbra, senza che si oda il suono della voce) Il signore e la signora ti salutano….(le prende la mano come si fa con i bambini)fai ciao con la manina…

LA SIGNORA GIANNINI — Oh, mille scuse. Arrive­derci, signora! Signore...

ARMANDINA — Paolo, vieni?

LOMBARDI — Eccomi! (Bussano. Entra Vittorio).

VITTORIO (ad Armandina) — La signora non ha altro da far portare giù?

ARMANDINA — No…ah, tra poco mi verrà a cercare un uomo…gli direte che sono dovuta correre da mia madre, che si sente poco bene.

VITTORIO -Va bene signora.

ARMANDINA — Bravo! Prendi la valigia. Di nuovo, arrivederci. (Vittorio prende per sbaglio la valigia di Giannini e la porta fuori per  Lombardi, che esce seguito da Armandina)

LA SIGNORA GIANNINI (togliendosi il cappello e pettinandosi con un pettine da tasca) — Mi metto in ordine…

GIANNINI — Va bene. (A Vittorio) E tu cosa fai, lì impalato? Scattare!  Avanti, marcia!

VITTORIO — Sì, signor maggiore!...

LA SIGNORA GIANNINI — Bisogna sbrigarsi, il balletto inizia alle dieci e mezzo.

GIANNINI — Sì…dov’è la valigia?

LA SIGNORA GIANNINI — Cosa?

GIANNINI (urlando) — Dov’è la valigia? (Artico­lando le parole, senza far sentire il suono della voce) Dov’è la valigia?

LA SIGNORA GIANNINI — Ma non l’avevi tu?

GIANNINI — Io? Sei sicura?

LA SIGNORA GIANNINI — Sì, tu. Dove l’hai messa?

GIANNINI — E dove vuoi che l’abbia messa? Qui l’ho messa!

(Si picchia alla porta mentre Giannini continua a cercare) Avanti!

CLARA — Sono venuta a preparare il letto... Il si­gnore e la signora cercano qualcosa?

GIANNINI (senza guardare Clara) — Sì, una valigia. E’ sparita. Volatilizzata.

LA SIGNORA GIANNINI — Forse il ragazzo l’ha messa nello spogliatoio.

GIANNINI — Vado a vedere. (Entra a destra).

CLARA (alla signora Giannini) — La signora pre­ferisce guanciali di piuma o di crine? (La signora Giannini non risponde) La signora desidera guan­ciali di piuma o di crine? (La signora Giannini non risponde) Ma dov’è? nelle nuvole? (Mettendosi da­vanti a lei) La signora desidera...

LA SIGNORA GIANNINI — (La vede solo ora) Ah, buona sera, cara.

CLARA — Buona sera, signora. Volevo sapere...

GIANNINI (rientra, e cerca ancora con l’occhio la valigetta) — Non ci fate caso… Perderete la voce. Cosa volete?

CLARA—      Volevo sapere...

GIANNINI — Ma lo sai che sei proprio una bella ragazza?

CLARA — …se il signore e la signora preferiscono guanciali di piuma o di crine.

GIANNINI (a Clara) — Ma guarda che bella bambina!

CLARA — Io?

GIANNINI — Il guanciale che preferirei sarebbe il tuo bel seno…

CLARA (scandalizzata) — Ma, signore!

GIANNINI — Come ti chiami bellezza?

CLARA—      Lasciatemi stare... (Chiamando) Signo­ra, signora!

LA SIGNORA GIANNINI — Chissà dove sarà…

CLARA — Ma è sorda?

GIANNINI — Come una campana. E tu sei fre­sca come una rosa. (L’abbraccia).

CLARA (dandogli uno schiaffo sonoro) — E questo è il gambo della rosa.

GIANNINI — Oh!

LA SIGNORA GIANNINI (voltandosi) -— Hanno bussato?

CLARA — Il signore non desidera altro?

GIANNINI — No, no.., basta così grazie! (Tra sé) Accidenti che mano pesante!

LA SIGNORA GIANNINI — Hai mal di denti?

GIANNINI —            No, no... Non è nulla! (A Clara) La valigia deve essere nella hall; fate in modo che sia portata qua.

CLARA — Sarà servito.

GIANNINI (a sua moglie) — Andiamo, altrimenti faremo tardi.

LA SIGNORA GIANNINI — Andiamo, altrimenti faremo tardi.

GIANNINI- Appunto. (Escono).

CLARA (sola) — Ma che credevi, brutto maiale , che sarei cascata ai tuoi piedi? Figuriamoci! Sai quanti ne potrei avere come te se solo volessi? E’ che sono troppo onesta…

INNOCENTI (socchiudendo un poco la porta del fondo e mettendo il capo in scena) — Eccoci qua…la camera è questa, la 69…Ormai Rossini non può tardare…prepariamo il campo di battaglia… (Si avvia in punta di piedi verso la porta di sinistra).

CLARA — Signore, cercava qualcosa?

INNOCENTI (tra sé) — Diavolo, la cameriera!... (A voce alta) Certamente. Il re del Belgio. Avete per caso visto il Re del Belgio?

CLARA — Qui non c’è.

INNOCENTI — Ah no? Infatti non ero sicuro. So per certo che alloggia nella camera 69, ma forse ho capito male il nome dell’albergo.

CLARA (sorridendo) — Sa il numero della camera ma non sa l’albergo?

INNOCENTI — Succede…proprio oggi mi ha detto: Amico mio, avrò la camera 69 dell’Hotel  Micia innamorata…ma forse ha detto L’oca innamorata. Mi sbaglio sempre con gli animali…

CLARA — Il signore fa parte della corte?

INNOCENTI — Certamente. Ed ho preso la camera 68. Che dovrebbe essere comunicante. (Avvi­cinandosi a sinistra) Quella lì?

CLARA — Sì.

INNOCENTI (che si è avvicinato alla porta, toglie la chiave dalla serratura) — La camera numero 68 èquesta qui! Bene, arrivederci signorina, tante belle cose. (Esce canticchiando tra i denti, mentre Clara lo guarda, stupefatta).

CLARA (ridendo) — Ora mancava solo il Re del Belgio! Ma sarà vero? Mah! (Esce dalla porta del fondo. Si ode un rumore nella serratura della porta di sinistra; subito dopo entra Innocenti circospetto).

INNOCENTI- (a Luciana che è ancora di dentro) Venite, Luciana, venite…non c’è nessuno.

LUCIANA — E’ qui?

INNOCENTI — Esattamente: il numero 69.

LUCIANA — Che infamia. (Sedendo) Se penso che tra poco in questa camera mio marito amerà un’altra donna…

INNOCENTI — Che mascalzone!

LUCIANA — E già mi immagino la scena... e se chiudo gli occhi li vedo…uno sopra l’altra…oppure lei davanti e lui dietro…no, no, è meglio tenere gli occhi aperti…

INNOCENTI — Ricordatevi che mantenere la calma è una condizione essenziale.

LUCIANA — Ma non posso sopportare tutto questo…non ce la faccio….

INNOCENTI — Ma insom­ma, volete sorprendere vostro marito, sì o no?

LUCIANA — Certamente! Quel porco!

INNOCENTI — Ebbene, dovete calmarvi e sorprenderete il porco in flagrante.

LUCIANA — A quali terribili prove ci sottopone la vita…

INNOCENTI — Su, su…ho escogitato un piano che ci permetterà di sorprendere i due amanti proprio mentre…sono…mentre fanno…insomma, al momento buono.

LUCIANA — Ma come faremo a sapere qual è il momento buono?

INNOCENTI — Ho pensato a tutto…guardate qua… (Cava di tasca due campanelli).

LUCIANA — Due campanelli?

LUCIANA — Possibile?

INNOCENTI — Certo! Guardate (Va ai piedi del letto, seguito da Luciana. Il letto è collocato per tutta la sua lunghezza parallelamente alla parete di fondo, un po’ discosto da questa, in modo da lasciare un piccolo passaggio) Da quale lato sta, abitual­mente, il porc….ehm, scusate, vostro marito?

LUCIANA (indicando la sponda del letto verso la camera) — Da questo.

INNOCENTI — A sinistra? Va bene. Allora, io pren­do questi due campanelli; il grosso, prima... (Fa suonare uno dei campanelli; suono grave) Questo è per Rossini... Quest’altro, più piccolo (fa suonare l’altro campanello: suono più acuto) servirà per la signora. Benissimo! Metto il signore, qua... (fa pas­sare il primo campanello sotto al materasso, a sini­stra; poi, fa il giro del letto) e la signora là... (Col­loca l’altro campanello sotto il materasso, a destra).

LUCIANA — E poi?

INNOCENTI — Ecco fatto. Ora dobbiamo solo aspettare che i pesci abbocchino.

LUCIANA — Non capisco.

INNOCENTI — Ma via! E’ facilissimo…appena si sentiranno i suoni dei due campanelli vuol dire che i due…amanti sono nel letto dell’adulterio…devono suonare contemporaneamente…

LUCIANA — Bravo! Molto ingegnoso!

INNOCENTI — Silenzio, un rumore… forse sono loro... presto, andia­mo... Non c’è tempo da perdere.

LUCIANA (come se parlasse a suo marito) — Stavolta sei fregato, mio caro…il testamento a Arezzo…sarà meglio che tu lo faccia tu il testamento! (Escono dalla porta di sinistra, e si ode, subito dopo, il rumore della chiave nella serratura. Nel medesimo tempo, si apre la porta di fondo e Meggy entra, seguita da Clara, che porta due guanciali).

MEGGY — What?... Io domandare voi camera 69... Non essere questa camera Mr. Rossini?

CLARA — Mi scusi, signora, ma non posso farla entrare…non ho ricevuto ordini a riguardo.

MEGGY — Good queen. Io dire voi: lui aver detto me: io aspettare lui qui... Voi non credere a io? Well! Tenere, leggere! (Le dà un telegramma aperto).

CLARA — Yes!

MEGGY — Oh! Voi parlare inglese? Do you speak English?

CLARA — No no, so dire solo yes. (Leggendo) Vostro marito sa tutto; ha trovato la vostra lettera nel cestino. (Interrompendosi) Ah!

MEGGY — Questo voi non leggere! Leggere solamente fondo lettera... Venite Hòtel Micia innamorata.

CLARA (leggendo) — Vi farete dare la mia camera, e se io non ci sarò, aspettate. Rossini.

MEGGY (durante questo tempo ha tirato fuori dalla sua valigetta una veste da camera, una piccola mac­chinetta a spirito, un ferro per arricciare i capelli, una acconciatura da notte simile ad un berrettino bianco, ecc.) — Well!Bene? essere persuadere..persuaduto…si dice così?

CLARA —  No persuasa…Va bene, signora: aspetti pure qui.

MEGGY — All right. Dove essere toilette?

CLARA (andando ad aprire la porta di destra ) —Di qua, signora.

MEGGY (mentre si avvia, con la sua veste da camera e il suo berrettino da notte, verso lo spogliatoio di destra) — Intanto voi portare me un te.

CLARA — Subito signora.

VITTORIO (introducendo Rossini) — Ecco la sua camera, signore!

ROSSINI — Perfetto.

CLARA (a Vittorio ) — Ma vi sbagliate! Questa ca­mera è occupata: è la camera del signor Rossini.

ROSSINI — Appunto. Rossini sono io.

CLARA — E il militare e sua moglie che erano qui poco fa?

ROSSINI — Un deplorevole errore…sono i signori Giannini…la similitudine del cognome ha fatto sì che avvenisse questo sbaglio…sul telegramma gli hanno scritto un numero per un altro… 69 invece di 39…ma ho già preso provvedimenti. Appena torneranno saranno avvertiti….I Giannini vanno al 39…quella camera hanno prenotato…

CLARA — Allora è tutto chiarito…

ROSSINI — Sì. (Mentre Vittorio si volta per uscire) Senti: avvisa che se qualcuno verrà a chiedere di me, gli dicano il numero della mia ca­mera e lascino salire.

VITTORIO — Sarà servito, signore! (Se ne va di corsa).

CLARA — Il signore cerca una signora?

ROSSINI — (Guardandola) No grazie, sono a posto così.

CLARA — (Ridendo) Ma che ha capito? Volevo dire che c’è una signora che la sta aspettando…ora è nella toilette.

ROSSINI — Ah, è già arrivata?

CLARA — Debbo avvertirla del suo arrivo?

ROSSINI — No, no, ci penso io.

CLARA — Allora, vado a preparare il tè. (Esce; Meggy entra canterellando)

ROSSINI- Eccola qui.

MEGGY — Cretino, già qui?

ROSSINI (bruscamente) — Sarà almeno un’ora.

MEGGY — No possibile. Io essere qui dieci minuti. Oh. Cre­tino, Cretino, come io essere felice!... (Gli salta al collo; Rossini tira indietro la faccia) What? Tu non volere essere abbracciato da io!

ROSSINI — NO! Sono venuto solo perché hai minacciato di suicidarti. Ma voglio dirti fin da ora che tra noi è tutto finito. Capisci? TUTTO FINITO!

MEGGY — Perché tu urlare, Cretino? Perché tu dire questo? Oh! tu essere cattivo! Io amare tu, perché tu esse­re tanto tenero, tanto dolcissimo, tanto buono, vici­no mio marito tu essere tanto gentile, tanto bene educato con signore.

ROSSINI — Io? Bene educato, io? E chi te l’ha detto? Accidenti a tutta l’Inghilterra e a tutti gli inglesi compresa la Regina!

MEGGY — Ah, ah! Quanto tu essere comico, cosi.

ROSSINI — Comico?! Ah, ti pare ch’io sia comico? MA LO SAI CHE PICCHIO LE DONNE?

MEGGY (che sta quasi per cadere nelle sue braccia) —      Oh, Cretino! Che uomo selvatico!

ROSSINI — Attenta, non vi avvicinate…

MEGGY — Voi volere picchiare me? Anch’io picchiare. Molto buono boxe. (Si mette in guardia ed incomincia a dare colpi ben assestati ) Là, questo, ecco.

ROSSINI (cadendo a sedere) — Ahi! Ma sei matta? Fermati! AHI! BASTA!

MEGGY (trovandosi dietro di lui, lo prende per il collo, e lo bacia) — Cretino, Cretino, io adorare te.

ROSSINI-E ALLORA CHIAMAMI CREPINO!!!! (Bussano) Avanti.

CLARA (entrando) — Il tè.

MEGGY (vedendo entrare Clara con un vassoio, conte­nente il necessario per fare il tè) — Ah! Well, well!... Voi mettere là. (Clara esce) Well! (Mentre versa dell’acqua calda nella teiera) Ah, tu avere preso boxe sufficiente? (Rossini fa una smorfia) Tu volere ancora picchiare tua piccola Meggy?

ROSSINI — Vigliacca! Abusare così della propria forza!

MEGGY  —   Allora tu essere gentile, buono per tua piccola Meggy?

ROSSINI — Insomma, lo capisci o no che tuo marito è sul piede di guerra? E che se ci scopre sono guai per tutti? Cerca di usare la testa.

MAGGY -Mio marito usare bene testa.Lui essere cervo… Lui tenere corna sopra.

ROSSINI- E’ l’ora di finire questa relazione!

MEGGY — Cretino, Cretino! Restare! Oh, restare!

ROSSINI — No, no, lasciami andare!

MEGGY — Io andare a suicidare me!

ROSSINI — Ancora? E basta! Suicidati e falla finita, una buona volta!

MEGGY — All right! Io prendere mio tè e morire! (Si versa il tè nella tazza).

ROSSINI — Fa’ presto.

MEGGY -Tu prendere tè con io?

ROSSINI — Se ti fa piacere...

MEGGY (riempie un’altra tazza e la porge a Rossini; poi con la zuccheriera in mano) Una pezzo? Dua zolletta?

ROSSINI— Tre, grazie.

MEGGY (glieli mette nella tazza, contandoli. Poi cava di tasca una boccetta, la mostra e domanda se ne vuole) — Una goccia, due goccia?

ROSSINI — Cos’è, rum? Io prendo il caffè al rum…Sarà buono il tè al rum?  Le gocce non bastano…Due cucchiaini abbondanti, grazie.

MEGGY — Uno cucchiaino basta uccidere tutta una città.

ROSSINI (deponendo in fretta la sua tazza) — Ac­cidenti, ma cos’è?

MEGGY — Essere arsenico. (Avvicina la boccettina alle labbra).

ROSSINI (precipitandosi sopra di lei per portarle via la boccetta) — Disgraziata!

MEGGY — No... Io volere morire sotto vostro occhio!

ROSSINI — In nome di Dio, Meggy... ti scongiuro! Non fare caz..cavolate!

MEGGY — Addio, cretino….

ROSSINI — No Meggy, ti scongiuro…farò tutto quello che vuoi…

MEGGY — Oh, voi dire questo?

ROSSINI — Sì, sì... tutto. Te lo giuro.

MEGGY — Yes?!

ROSSINI — Yes!

MEGGY — Ah, andare meglio, adesso. (Mette la boc­cettina in tasca).

ROSSINI (alzandosi) E va bene, ormai siamo in gioco, e giochiamo fino in fondo…vieni qui, baciami come mi baciavi a Londra…

MEGGY (atterrita) — Oh, no... Io non vo­lere...

ROSSINI — Come sarebbe a dire non vuoi? Ma mi pigli per il…in giro?

MEGGY — No, io non volere, così!... Voi aspettare: io andare là. Tu non volere io restare questo vestito?

ROSSINI — Che bisogno hai di andare di là? To­glilo qui.

MEGGY — Oh no! Io non pronta!

ROSSINI — E allora vai di là. Muoviti! (Meg­gy esce a destra. Rossini avviandosi al letto) Mi sono cacciato davvero in un bell’imbroglio. (Siede sulla sponda del letto. Sotto il peso di Rossini, il campanello suona. Dopo una lunga pau­sa, e rimanendo nella stessa positura) Che baccano fanno i campanelli in quest’albergo. (In questo momento s’apre la porta di sinistra, e Luciana sporge la testa in scena. Riconoscendo suo marito, ch’essa vede alle spalle, apre le braccia e spalanca la bocca, in atto di grande meraviglia. Ma prima che abbia avuto il tempo di cacciare un grido, Innocenti si è precipitato sopra di lei, facendo segno di no con la testa, come per dirle che non è ancora il momento. Nel medesimo tempo, la mano sinistra di lui ha preso la mano destra di Luciana e la tira rapida­mente indietro, mentre la mano destra richiude in un attimo la porta, senza far rumore. Rossini voltandosi rapidamente) Eh? Chi c’è là?... (Non vedendo nes­suno) Nessuno?! Curioso, mi è sembrato di aver sen­tito un rumore. (Va a osservare la porta) E’ chiusa... (Guarda nella toppa) La chiave non c’è... (Al pubblico, va per suonare) Sarà meglio far buttare via quel tè all’arsenico! (Leggendo il cartellino appeso alla parete) Per la cameriera, due volte. (Suona due volte; bussano) La cameriera, almeno, è sollecita in que­st’albergo. Avanti!

TREVISAN (entrando) — Buona sera!

ROSSINI –VOI! E voi che ci fate qui?

TREVISAN — Ne siete sorpreso?

ROSSINI — No…anzi sì…non lo so, dovrei esserlo?

TREVISAN — Ero giù nella hall, quando è venuto il cameriere e ha detto che se qualcuno cercava il signor Rossini doveva salire alla 69.

ROSSINI (tra sé) — Che scemo sono stato!

TREVISAN — A voi lo posso dire: ero venuto in quest’albergo per incontrare Armandina.. una donna meravigliosa, ma lei mi ha lasciato detto che è dovuta andare da sua madre che sta male.

ROSSINI (prendendo Trevisan sotto il braccio e conducendolo verso 1a porta) — Via, allora arrivederci e non vi preoccupate, me la cavo da solo…

TREVISAN — Ma cosa state dicendo?

ROSSINI — Vi accompagno all’uscio, perché so che voi non avete tempo da perdere…il tempo è denaro..gli affari sono affari…

TREVISAN — Il giorno… ma la sera io ho sempre tempo da perdere e non faccio affari…economici..

ROSSINI (tra sé) — Ma non dovevate sorprendere vostra moglie con l’amante in via delle patate  29?

TREVISAN — Certo, ho incaricato il commissario di polizia. Adesso lui è dove è mia moglie, visto che per sicurezza è da stamattina che la pedina… Tra poco il Commissario sorprenderà mia moglie con l’amante in via delle patate 29 Poi verrà qui a darmi la notizia.

ROSSINI — Benissimo, benissimo!

TREVISAN — Ma perché siete così…così agitato?

ROSSINI — Agitato? Nemmeno per sogno… Vi sembro agitato?

TREVISAN — Sì. State male?

ROSSINI — Un pochino, ma non molto.

TREVISAN — Colica?

(In questo punto dalla porta di destra, che è socchiusa, appare il braccio nudo di Meggy, la quale depone il suo corpetto sulla sedia posta a fianco della porta).

TREVISAN — Ehi! Che braccio!

ROSSINI (alle parole di Trevisan si è voltato) Accidenti, il braccio di Meggy. (A voce alta) QUELLO LÌ ERA UN BRACCIO.

TREVISAN — Perché urlate? Sì, era proprio un braccio. Molto grazioso. Ma di chi è?

ROSSINI — IL MIO NO SICURAMENTE!

TREVISAN — E continuate a urlare…Certo che non è vostro. Quello è il braccio della vostra donna…

ROSSINI — Sì, è il braccio di vostra donna…volevo dire di mia donna... ehm si…di mia moglie... (Va a raccattare il corpetto deposta da Meggy; ma, ap­pena lo ha preso, il braccio riappare, tenendo la sottana di Meggy. Rossini si precipita alla porta, afferra la sottana e la caccia, insieme con il corpetto, dentro al letto).

TREVISAN — Cosa state facendo?

ROSSINI (ridiscendendo la scena) — Nulla, nulla…

TREVISAN — Perché voi non sedete qui, vicino a me?

ROSSINI (sedendo sulla spalliera del divanetto) —Eccomi qua…eh eh!

TREVISAN — Complimenti vivissimi… vostra moglie ha un braccio meraviglioso! (In questo punto Meggy entra in scena, come se nulla fosse. Essa è in veste da camera, col berretto in testa. Ma appena ha scorto suo marito, soffoca subito  un grido e fugge. Al grido, Trevisan volta il capo, ma Rossini, che ha preveduto le sue inten­zioni, gli prende il capo con le due mani e glielo abbassa sul divanetto impedendogli di vedere Ehi! Ma cosa state facendo?

ROSSINI — Scusate, ma c’era mia moglie mezza nuda…sentite, perché non andiamo a fare una partita al biliardo?

TREVISAN — Sì, eccellente idea. Vi straccerò come feci a Londra, ricordate?

ROSSINI —Andiamo. (Bus­sano alla porta del fondo) Cosa c’è di nuovo?

TREVISAN — Avanti.

LOMBARDI (tenendo in mano la valigia che aveva portato via prima) — Vi chiedo scusa, signori!

ROSSINI — Lombardi?!

LOMBARDI — Devo aver scambiata la valigia poco fa. (Riconoscendo Rossini) Oh, Rossini. Voi qui?

ROSSINI — Già. Io qui. Vi spiegherò poi... Sentite, andate a fare una partita al biliardo col signor Trevisan?

LOMBARDI — Col signor Trevisan?

ROSSINI — Sì, con lui. Signor Trevisan, signor Lombardi, andate a fare una partita a biliardo in­sieme.

LOMBARDI — Ma io non so giocare.

ROSSINI — Non importa, lui sa giocare molto bene: v’inse­gnerà.

LOMBARDI (sedendo) — No, no... non posso... mi stanno aspettando.

ROSSINI — E allora perché vi sedete?

LOMBARDI — Ma lo sapete cos’è successo?

ROSSINI — Lasciate stare! Non abbiamo tempo, adesso! Ce lo racconterete un’altra volta. Dov’è il mio cappello?

LOMBARDI (accennando Rossini) — Accidenti, non sta fermo un attimo.  (Va per bere il tè che è sulla tavola).

ROSSINI (portandogli via la tazza) — PER L’AMOR DI DIO! (Bussano).

TREVISAN — Avanti.

CLARA (entrando) — Il signore ha suonato?

ROSSINI — Io? No. Ah, sì. Ho suonato io. Accidenti, ma sarà stato mezz’ora fa!  Portate via il tè. (Prende il vassoio e lo dà a Clara che esce. Rossini, facendo passare avanti Lombardi) E adesso, via.

LOMBARDI — E la mia valigia? Ero venuto a pren­dere la mia valigia.

ROSSINI (dando a Lombardi la stessa valigia ch’egli ha portato) — Eccola qui la vostra valigia. Via!

LOMBARDI (restituendo gli la valigia) — Ma io non la voglio questa! Ve l’ho riportata adesso!

ROSSINI (dandogli la valigia di Meggy) Allora sarà questa.

LOMBARDI (prendendo la valigia) — Non so... non è la vostra?

ROSSINI — No.

LOMBARDI — Allora sarà la mia. Andiamo.

TREVISAN — Noi andiamo.

ROSSINI — Finalmente. Precedetemi... Arrivo subito. (Lombardi e Trevisan escono dalla porta del fondo. Rossini, che è andato alla porta di destra) Meggy! Meggy! Presto!

MEGGY — Io poter venire? Quelli essere partiti?

ROSSINI — Ma che partiti! Sono qui fuori, devo andare a fare una partita a biliardo con loro…voi aspettate qui, cerco di liberarmi in fretta…entra, per sicurezza chiudo la camera a chiave.

MEGGY — Ah! yes. (Rumore di voce al di fuori).

ROSSINI (vivamente) — Lui?! nascondetevi! (Meg­gy ha appena il tempo di nascondersi nel passaggio tra il letto e la parete).

TREVISAN (contro la porta) — Allora Rossini, venite o no?

ROSSINI — Eccomi, eccomi, vengo! (Esce portando la chiave, e dal di fuori chiude la porta a dop­pio giro).

MEGGY (sola) — Aoh! Come io essere spaventato! Quando io aver veduto marito di io là, tutta mio coraggio essere partito. Oh, no, io non volere più. Io volere partire. Se mio  marito trova qui, ammazza.  (Cercando il suo vestito) Dove essere vestito di io?... (Si sente parlare nel corridoio)  My God…Good queen!Oh, chi essere ancora?

LA VOCE DI GIANNINI — Accidenti, non c’è la chia­ve nella toppa. Hodimenticato di chiederla giù... (Chiamando) Cameriere, mi volete aprire, per pia­cere?

LA VOCE DI UN CAMERIERE- Eccomi, signore! (La chiave gira nella toppa).

MEGGY — Oh, my God! (Fugge nello spoglia­toio di destra. La porta del fondo si apre. Giannini e la signora Giannini entrano).

GIANNINI (al cameriere nel corridoio) — Grazie! (Il cameriere richiude la porta. Giannini a sua mo­glie ch’egli sostiene) Via,via... non ti lamentare cosi... Passerà, passerà. Maledette coliche epatiche…proprio a teatro ti dovevano venire? (Scorgendo la sua valigia) Ah, la mia valigia. L’hanno portata; meno male. Ero sicuro di averla lasciata nella hall. (A sua moglie, la quale se­duta, lo guarda con aria dolce e sofferente. Tutte le frasi che seguono sono pronunziate da Giannini a gesti, senza voce, con la semplice articolazione delle pa­role) E così? Non ti senti meglio, adesso? (La si­gnora Giannini fa segno di no con il capo) Fammi vedere la lingua. (La signora Giannini tira fuori la lingua) Non è mica brutta, sai! (La signora fa una smorfia espressiva come a dire che essa sente che la lingua deve essere brutta) Vai a letto, vai… (La signora Giannini acconsente. Quindi si alza ed accenna a dare al marito la buonanotte, con una mossa del capo e con un sorriso malinco­nico) Buona notte! (La signora Giannini va lenta­mente tra la parete e il letto per spogliarsi) Adesso le preparo un calmante... (Fruga nella valigia) Dove sono i miei medicinali? (Cavando le pantofole) Le mie pantofole... (Le mette per terra, cava dalla valigia un altro paio di pantofole) Tieni, Cocò, le tue pantofole! (Va a portar le pan­tofole a sua moglie).

LA SIGNORA GIANNINI (dietro il letto) — Grazie!

GIANNINI (tornando a frugare nella valigia) — Ecco qua il sedativo…

LA SIGNORA GIANNINI (Dall’altro lato del letto) —Dammi il mio pettine.

GIANNINI (cavandolo dalla valigia) — Tieni. (Le fa passare il pettine di sopra al letto; poi va al comodino sul quale sono preparati una bottiglia con acqua, un bicchiere e un cucchiaio; versa l’acqua nel bicchiere) Prepariamo questo calmante, (Va alla tavola ch’è nel mezzo della camera e prepara la pozione. La signora Giannini in sottana, senza corpetto, siede sul letto, sciogliendosi i capelli. Sotto i suo peso il campanello collocato sotto il materasso suona. Giannini sulle prime non presta attenzione alla cosa. Contando le gocce) Una, due, tre, quat­tro, cinque, sei... (Rimescolando) Accidenti, chi è quell’animale che si diverte a suonare così, a ques­t’ora? (Posando il bicchiere sulla tavola) Ma non la smette più? (Va ad aprire la porta del fondo e grida verso il corridoio) La volete finire una buona volta?

UNA VOCE — Chi è che suona a questo modo?

GIANNINI (rispondendo alla voce) — Signore, non so nemmeno io... è insopportabile!... (Gridando) Fi­nitela, c’è gente che dorme.

LA SIGNORA GIANNINI (levandosi da letto per an­dare a vedere. Il campanello cessa di suonare) —Cosa c’è?

GIANNINI (non sentendo più suonare) — Era l’ora! Ma io dico…

UNA VOCE — Era l’ora! Buona notte, signore.

GIANNINI — Buona notte! (Richiude la porta).

LA SIGNORA GIANNINI — Cos’è successo?

GIANNINI — Nulla, nulla!... (Spingendola verso il letto) Vai a dormire…adesso vengo anch’io. (Si spoglia. Intanto, la signora Giannini è andata a letto. il campanello riprende a suonare senza interruzione) Ancora? Ma che maleducati!(Si appoggia al letto, dalla parte dei pubblico, per togliersi le scarpe. Il campanello, che è da questo lato, incomincia a suonare insieme con l’altro) Accidenti! Uno non basta?

LUCIANA (entra in un lampo seguita da Innocenti, il quale parta nella mano destra una candela accesa, un po’ al di sopra del capo, tenendo dietro ad essa la mano sinistra, a guisa di riverbero) — MAIALE! HAI VISTO CHE TI HO COLTO SUL FATTO?

GIANNINI (atterrito) — O mamma mia…chi c’è là?

LA SIGNORA GIANNINI (levandosi a sedere sul let­to) — Che succede?

LUCIANA E INNOCENTI — Non è lui! (Fuggono di corsa nella camera di destra).

GIANNINI (che s’era abbassato per finire di met­tersi le pantofole, rialza il capo e non vedendo più nessuno) — Accidenti, ma dove sono andati?

VITTORIO E CLARA (entrando di corsa) — Cosa c’è, signore? cosa c’è? Cos’ha il signore da suonare tanto?

GIANNINI — Io?!

IL DIRETTORE (entrando) — Scusi, signore, non è il modo di suonare! lei sveglierà tutto l’albergo.

GIANNINI — Cosa? Cosa dite? Io suono?! NON SONO IO CHE SUONO!

UN VIAGGIATORE (entrando in veste da camera e berrettino da notte) — Ma la vuole smettere, una buona volta? Mia moglie non può dormire.

UN ALTRO VIAGGIATORE (c. s.) — Ah, è qui che si suona a quel modo?

ALTRI VIAGGIATORI E VIAGGIATRICI (entrano suc­cessivamente, tutti in diverse acconciature, ciascuno gridando a sua volta) — Cosa c’è? Perché suo­nano così? Ma la volete smettere? E’ ora di fi­nirla! Ma che indecenza!

GIANNINI — MA INSOMMA, VE NE VOLETE ANDARE? QUESTA E’ LA MIA CAMERA!

IL PRIMO VIAGGIATORE — SMETTA DI SUONARE! (Tutti gli altri acconsentono a soggetto).

GIANNINI — NON SONO IO CHE SUONO! ANDATEVENE FUORI DAI PIEDI! (Scandisce ogni sillaba dando un pugno sul materasso. Il campanello suona a ogni colpo, drin, drin! Giannini si arresta, meravigliato, guarda il materasso, e prova ancora a darvi sopra dei pugni. Il campanello risponde nuovamente) C’è un campa­nello nel letto?!?

TUTTI — Nel letto?

GIANNINI — Certamente!... (Guarda sotto al mate­rasso e tira fuori il campanello) Bello scherzo! Chi è quel cretino che si diverte a fare questi scherzi deficienti?

TUTTI (meravigliati) — Ah!

GIANNINI — Il suono continua…. ce ne dev’essere un altro sotto mia moglie. (Tutti vanno verso il fondo. Il direttore va nel passaggio tra la parete e il letto, e si avvicina alla signora Giannini).

LÀ SIGNORA GIANNINI (che non capisce nulla di quanto succede) — Cosa c’è?... Signore, cosa vuole da me?... Giannini, cosa fa tutta questa gente in camera nostra?

GIANNINI — Ti spiego dopo.

IL DIRETTORE — Non abbiate timore, signora!... (Fruga sotto il materasso e ne trae fuori il campa­nello) Già. Eccone qui un altro.

GIANNINI —Ma ce ne saranno di cretini al mondo?

IL DIRETTORE — Non ci capisco nulla. Eppure sono il direttore.

GIANNINI — Ho paura che questa sia l’ultima volta che metto piede in quest’albergo!

IL DIRETTORE — Scusi, signore. Le assicuro...

GIANNINI — Va bene, va bene!... Adesso, andatevene via tutti quanti e lasciateci in pace! (Tutti. escono. Giannini chiude bruscamente la porta)

LA SIGNORA GIANNINI — Mi dici una buona volta cosa sta succedendo? Cosa voleva tutta quella gente?

GIANNINI  (accompagnando le parole con un gesto negativo) — Nulla, nulla.     

LA SIGNORA GIANNINI — E pensare che i dolori mi erano quasi passati…ora mi sono tornati più forti di prima!

GIANNINI — (Urlando) Ti preparo un impacco caldo: quello ti farà stare meglio.

LA SIGNORA GIANNINI — Ecco bravo…ce l’hai l’occorrente?

GIANNINI (additando la sua valigia, senza voce) —Ho tutto in valigia. Bisogna soltanto pre­pararlo. Aspetta! (Va a suonare il campanello; poi apre la valigia e ne cava un pacchettino, contenente semi di lino) Meno male che sono un uomo previdente!

VITTORIO — Il signore ha suonato?

GIANNINI — Sì, questa volta sono davvero io. Vorrei che mi preparasse un impacco caldo con questi semi ... è per mia moglie, che ha dei dolori.

VITTORIO — Mi dispiace signore, ma la cucina è chiusa.

GIANNINI — Ma santo cielo, ci sarà un fornello?

VITTORIO — Sì, signore. Certo signore.

GIANNINI - Meno male. Forza allora, conducetemi in cucina: lo preparerò io stesso.

VITTORIO — Venga signore.

GIANNINI (con la candela in mano c. s.) — Vado in cucina, a preparare l’impacco. Ritorno fra cinque minuti. Cerca di dormire. Quando torno ti sveglio.

LA SIGNORA GIANNINI — Dormire? Magari! Fai presto.

(La signora Giannini si volta dalla parte del muro. Giannini esce con Vittorio. La scena rimane vuota un istante).

MEGGY (entra) — Io non sentire più rumore. Ma cosa essere arrivato? E Cretino Rossini non tornare! Oh io non aspettare lui. No, io volere vestire e io volere andar via. Ma dove avere lui cacciato vestito di io?... (Cerca un po’ da per tutto. Andando a guar­dare sul letto vede la signora Giannini)My God… Good queen! Essere una persona in letto. (Fugge atterrita, nella camera che aveva appena lasciata. La scena resta di muovo vuota un istante. Si sente il rumore di una chiave che gira nella toppa del fondo, e poi quello di un spinta conto la porta. Ma la porta resiste).

LA VOCE DI ROSSINI — Ma cos’ha questa serratura? (Nuovo giro di chiave e spinta di Rossini. La porta si apre).

ROSSINI — Che scemo! Giravo all’inverso. In­vece di aprire, chiudevo a doppio giro. (Chiude la porta; si sente russare nel letto) Chi è che russa? (Va al letto a guardare) Oh, è già andata a letto… e come dorme ! Certo, che carattere! Non si spaventa nemmeno davanti a suo marito che per poco non la trova a letto con un altro… (Spogliandosi) Adesso mi sdraio anch’io, così finalmente potrò riposare un attimo… (inciampa nel­le scarpe lasciate da Giannini e le raccatta) Accidenti che piedi che hanno queste inglesi! (Va a mettere le proprie scarpe e quelle di Giannini fuori della porta) Che sete! (Prende il bicchiere lasciato dalla signora Giannini e beve) Ah, buono…ci voleva proprio… (Finisce di spogliarsi) Mamma mia che sonno… (Va sotto te coltri) ma quanto posto occupa? Mi si chiudono gli occhi…ma che c’era in quel bicchiere… (Si addormenta. Vittorio apre la porta del fondo per lasciar entrare Giannini il quale tiene l’impacco in una mano e la candela nell’altra).

GIANNINI (a Vittorio) — Grazie!... (Vittorio esce. Giannini depone la candela sul camino, e si dirige verso il letto) Cocò, eccomi qui. Vedi, come mi sono sbrigato? Ecco l’impacco.. Bada: è molto caldo. (Scopre Rossini con la mano sinistra, e con la destra gli applica l’impacco sullo stomaco). Amore, non sarebbe l’ora di farsi due peli? Hai una pancia che sembra la foresta Amazzonica!

ROSSINI (urlando) — AIUTO!

GIANNINI — MA CHI E’?!

ROSSINI — AL LADRO!

GIANNINI — UN UOMO NEL LETTO CON MIA MOGLIE?

LA SIGNORA GIANNINI (svegliandosi) — Cosa c’è? AH, MIO DIO! UN UOMO NEL MIO LETTO!

ROSSINI (alla signora Giannini) — MA VOI CHI SIETE?

GIANNINI (saltandogli al collo) — ASSASSINO!

ROSSINI — LASCIATEMI! MI VOLETE STROZZARE?

TUTTI E TRE — AIUTO! AIUTO! AIUTO!

GIANNINI (urlando) — C’È UN UOMO NEL LETTO DI MIA MOGLIE!

ROSSINI — LASCIATEMI, VI RIPETO!

LUCIANA (irrompe nella stanza seguita da Innocenti, che ha sempre la candela in mano) — FINALMENTE! E ORA PROVA A NEGARE! PORCO!

ROSSINI — ACCIDENTI, MIA MOGLIE! (Dà una spinta a Giannini, afferra velocemente i suoi abiti e scappa).

GIANNINI (si lancia per inseguire Rossini) — ARRESTATELO! ARRESTATELO! ERA NEL LETTO DI MIA MOGLIE!

SIGNORA GIANNINI (la quale durante questo tempo si è alzata, si è messa la sottana e le panto­fole) — Ma dove vai? (Corre die­tro a suo marito).

INNOCENTI (a Luciana) — Allora? Siete convinta?

LUCIANA — Sì. Maiale, porco…

INNOCENTI — E, adesso, spero che vi saprete ven­dicare!

LUCIANA — Ah, sì, ve lo giuro!

INNOCENTI — Ricordate ciò che mi avete pro­messo? “Occhio per occhio”.

LUCIANA — Certamente! Né mi  rifiuto! Vi dimo­strerò che so mantenere le mie promesse!

INNOCENTI — Brava!

LUCIANA —Andrò col primo imbecille che mi capita tra le mani.

INNOCENTI — Grazie! Io sono il più felice dei mortali.

LUCIANA — Voi non siete il primo imbecille. Siete il secondo.

INNOCENTI — Eh? E chi è il primo?

LUCIANA –Paolo Lombardi. Lui ha la precedenza.. è il primo a essersi offerto…Arrivederci! Vado a vendicarmi. (Esce)

INNOCENTI (correndo dietro Luciana) — Luciana! Luciana! Per amor di Dio... (Trovando la porta chiusa corre verso il fondo e urta nel Commissario di polizia, che entra seguito dai suoi agenti e da Trevisan).

IL PRIMO COMMISSARIO — In nome della legge, vi dichiaro in arresto.

INNOCENTI — Il Commissario!

TREVISAN — Eccolo qui il suo amante!

IL PRIMO COMMISSARIO — Signore, noi sappiamo tutto: voi siete qui, con la moglie del signor Trevisan.

INNOCENTI — Io?!

IL PRIMO COMMISSARIO — Dove si nasconde la vostra amante?

INNOCENTI — La mia amante?

IL PRIMO COMMISSARIO (agli agenti) — Cercate!

INNOCENTI — Ma io non ne so nulla!

UN AGENTE DI POLIZIA (che è entrato ai destra, rien­tra in scena trascinando per mano Meggy) — Venite signora!

INNOCENTI –E quella chi è?

MEGGY — CIELLO! MIO MARITO!

TREVISAN — Cielo! Mia moglie! (Fanno atto di litigare fra loro).

IL SECONDO COMMISSARIO (entra seguito dai due agenti di polizia e dalla signora Innocenti) — In nome della legge!

INNOCENTI — Un altro commissario? Mia moglie?!

LA SIGNORA INNOCENTI — Fate il vostro dovere, signor Commissario!

INNOCENTI — CLOTILDE!

TREVISAN (a Innocenti) — E adesso, a noi due! (Si slancia sopra Innocenti e incomincia a tempestarlo di pugni come se tirasse di boxe. Gli agenti cer­cano di separarli. Meggy sviene).

LOMBARDI (entrando dalla porta del fondo) Che succede qui?... (Vedendo i Commissari) Scusatemi, avevo scam­biato la valigia! (Lascia la valigia che porta seco, ne prende rapidamente un’altra e via di corsa).

SIPARIO

ATTO TERZO

SCENA-Salottino in casa di Lombardi. Porta nel fonda, che dà in una stanza interna; due porte a destra, e due a sinistra. Nel fondo, a destra, una finestra, che lascia vedere la stanza interna.

GIROLAMO (entra dalla porta di fondo, portando sul braccio sinistro gli abiti di Lombardi. e la sot­tana di Armandina e tenendo in mano le scarpe dell’uno e dell’altra che ha lustrate) — Un’altra sot­tana. Sempre sottane! Quel ragazzo è incorreggi­bile. Si porterebbe a letto anche sua nonna. Secondo me è malato…è affetto da grave satirismo (Va a bussare alla seconda porta di destra).

LA VOCE DI LOMBARDI — Chi è?

GIROLAMO — Sono io, Girolamo!

LOMBARDI (sporgendo il capo fuori dalla porta) —Cosa vuoi?

GIROLAMO — Sono le undici.

LOMBARDI — Grazie. (Gli sbatte la porta in faccia).

GIROLAMO — Ecco fatto. Ecco cosa si guadagna a dirgli che ore sono. Un ragazzo che ho visto crescere…(parlando verso il cielo) Hai visto Bartolomeo? Quando ti promisi di tirarlo su come mio figlio non sapevo a cosa andavo incontro…e pensare che io e te siamo stati fratelli di latte… (Si ode parlare nella camera di Lombardi e la porta si apre) Finalmente! (Esce dalla prima porta di destra, per portare gli abiti e le scarpe che ha sempre con sè).

ARMANDINA (entra dalla seconda parta di destra, seguita da Lombardi, che viene avanti strascicando. Non ancora pettinata ha i capelli semplicemente attorcigliati sulla nuca, e indossa una veste da ca­mera da uomo. Entrando, incespica nella veste da camera e sta quasi per cadere a terra) — Com’è lunga questa veste da camera!

LOMBARDI (che s’è lasciato cadere sul canapè) — Per forza, è la mia!

ARMANDINA — Certo. Cosa mi dovevo mettere? Non hai fatto altro che portarmi le valige sbagliate!

LOMBARDI — Ma io non la conoscevo la tua valigia! (Sbadiglia)

ARMANDINA — Che fai, sbadigli? Ma se siamo stati a letto fino a ora!

LOMBARDI — Stare a letto con te non vuol dire riposare, anzi… sono sfinito. Ho bisogno di riposare davvero. (Siede vicino alla tavola. Girolamo entra dalla seconda porta di destra).

GIROLAMO — Mi domando che soddisfazione ci sia a ridursi in codesto stato…

LOMBARDI — Cosa borbotti, Girolamo?

GIROLAMO (imbronciato) — Nulla!

LOMBARDI — Allora, perché mi guardi a quel modo?

GIROLAMO — Ti guardo così perché mi dispiace vederti ridotto così…

ARMANDINA — Eh?!

GIROLAMO -Mi fai compassione…ti devi curare…sei affetto da satirismo galoppante…la signorina è affetta da ninfomania…tutti gli eccessi fanno male…la virtù è nel giusto mezzo…non bisogna esagerare…

LOMBARDI — Ma insomma, te ne vuoi andare?

GIROLAMO — Eh! Non c’è bisogno di scaldarsi! vado, vado! (Esce).

ARMANDINA- Ma come ti tratta?

LOMBARDI — Non ci fare caso… è un vecchio domestico di casa…

ARMANDINA — Si prende un po’ troppa confidenza, mi pare!

LOMBARDI — Lo so, ma cosa vuoi che faccia? E’ come uno di famiglia, lui. E’ mio zio, fratello di latte del mio povero babbo.

ARMANDINA — Tuo zio di latte?

LOMBARDI — Sì, sua madre fu la balia di mio padre. Come vedi, siamo parenti per via lattea.

ARMANDINA — Capisco…però è sempre un servitore…e ti da del tu…

LOMBARDI — Cosa vuoi? Mi ha visto nascere! (Sbadiglia) Co­me sono stanco.

ARMANDINA — Ma èuna mania…non vorrai dire che è colpa mia, vero?

LOMBARDI — Un pochino lo è sicuramente… con tutta quella roba che ti ritrovi…

ARMANDINA — Certamente. (Lo ab­braccia) Ti dà fastidio quando ti abbraccio?

LOMBARDI — Se mi abbracci e basta solo va bene… Ma se mi viene in mente che potresti anche ricominciare…

ARMANDINA — Ho capito, ho capito…certo, siamo debolucci, eh?

LOMBARDI - Deboluccio?!? IO? Ma sei matta? Sono undici ore che ci sono sop…va be’, hai capito!

ARMANDINA (In piedi, davanti a lui, con le mani appoggiate alle spalle, guardando un acquarello, al di sopra del divanetto) Com’è bello quel dipinto! Di’ un po’: è una villa tua?

LOMBARDI — Quella? Ma no: è il Campidoglio, quello che sta a Roma!

ARMANDINA — Il Campidoglio?! Curioso, mi ha fatto pensare a Altomiri-Rossi...

LOMBARDI — Al tuo amante? E perché?

ARMANDINA — Perché mi  prende sempre in giro…dice che io e delle mie amiche molti anni fa abbiamo salvato il Campidoglio…

LOMBARDI — Ah, ecco…

ARMANDINA — Che cosa vorrà dire?

LOMBARDI- Non capiresti…

ARMANDINA- E perché non capirei? Non ho mica il cervello di un oca, io! (Lo abbraccia)

GIROLAMO (entrando con un bicchiere a calice pieno di vino, in mano) — Ancora? (Ad Arman­dina, mettendosi tra Lombardi è lei) Signorina, ve ne prego: abbiate un po’ di riguardo…non vedete che non ce la fa più?

ARMANDINA (allontanandosi) — Come sarebbe a dire?

GIROLAMO (guardando Lombardi)- Guardate un po’ in che stato lo avete ridotto.

LOMBARDI — Ma insomma, la smetti?

GIROLAMO — Dai, bevi!

LOMBARDI —Cos’è?

GIROLAMO — Bevi. E’ uno zabaglione con gocce di solfato di beta fenil isopropil ammina..uno stimolante, tonico, corroborante. Mio padre era farmacista… (Ad Armandina, sottovoce… Abbiate pietà…E’ sempre un ragazzo…Ha appena trentadue anni! Non è mica collaudato come me! Non bisogna essere insaziabili?

LOMBARDI — Cosa borbottate voi due?

GIROLAMO — Nulla, nulla!

ARMANDINA (con aria canzonatoria) — Abbiamo i nostri segretucci, noi!

GIROLAMO — Tu non c’entri! Bevi e taci!

LOMBARDI — Oh, scusatemi… (Restituisce il bicchiere a Girolamo) Non è venuto nessuno a chiedere di me?

GIROLAMO –Luisella.

LOMBARDI —Luisella?

GIROLAMO — Sì, e ti voleva vedere a tutti i costi.

LOMBARDI — E cosa le hai detto?

GIROLAMO — Ch’eri con tua madre. Voleva aspet­tare, ma io le ho detto che, quando sei con tua madre, ci stai  sempre tre o quattro giorni.

ARMANDINA — Avete fatto benissimo. Bravo! Pensa se ci fossimo incontrate a faccia a faccia…

GIROLAMO — Poi è venuto il signor Pollacci.

ARMANDINA — Pollacci? Chi è? Lo conosco?

LOMBARDI — Non credo, è un antiquario che abita qua sotto…siamo amici, e tutte le volte che compera qualcosa viene a chiedere il mio parere.

ARMANDINA — Eppure il nome Pollacci non mi è nuovo.

LOMBARDI — Li avrai mangiati allo spiedo…o con le patate… E cosa voleva?

GIROLAMO — Ha un nuovo acquisto da farti vedere: un oggetto rarissimo, al giorno d’oggi, una cintura di castità del quattordicesimo secolo.

ARMANDINA- Che cos’è una cintura di castità?

LOMBARDI- Non è una cosa che ti riguardi…non ti può servire…(Bus­sano) Se è una signora, dille che non ci sono.

GIROLAMO — Certo. (Esce).

ARMANDINA — Non vorrei che fosse ancora quella Luisella…non ho voglia di scenate… (Si avvia verso la porta di destra).

LOMBARDI — Dove vai?

ARMANDINA — A vestirmi... Se è una donna, me la svigno. E ti saluto adesso.

LA VOCE DI GIROLAMO — No, signora. Non c’è: sono sicuro. (Sporgendo il capo fuori della porta del fondo a voce bassa, ma in guisa da farsi udire da Lombardi) Presto, nascondetevi, questa donna è inviperita!

LOMBARDI e ARMANDINA — Via! (Scappano dalla seconda porta di destra).

GIROLAMO — Ebbene, signora, guardi lei se non mi crede. Le ripeto che il padrone non c’è.

LUCIANA — Va bene. Ditegli che la signora Rossini ha bisogno di parlargli.

GIROLAMO — Ah, lei è la moglie del signor Rossini? Il mio padrone parla spesso di lui…e anche di lei…

LUCIANA — Sono proprio io.

GIROLAMO — Oh, ma allora, è un’altra cosa! Le chiedo scusa, signora, l’avevo presa per una put…una cocottina…

LUCIANA — COSA?!?

GIROLAMO - No, volevo dire…lei l’appuntamento non ce l’ha, vero? Non importa… (chiamando a destra) — Ernesto, è la signora Rossini.

LA VOCE DI LOMBARDI — Chi è?

GIROLAMO — E’ la signora Rossini. Vieni subito!(A Luciana) Eccolo qui.

LOMBARDI — Che bella sorpresa! Voi qui, a casa mia!

LUCIANA (sedendo) — Vi assicuro che non so dove ho trovato il coraggio…

LOMBARDI (sottovoce a Girolamo) — Vai da quella signorina e mandala via dal retro…dille che poi la contatterò io…

GIROLAMO — Capito! (Bussa alla seconda porta di destra).

LA VOCE DI ARMANDINA — Non si può.

GIROLAMO — E’ lo stesso. (Entra).

LUCIANA- Era la voce di una donna?

LOMBARDI -La cameriera…ora ditemi: perché siete qui?

LUCIANA —Non ricordate la mia promessa?

LOMBARDI — Dovrei?

LUCIANA — Certamente! Questa notte ho colto mio marito in flagrante adulterio.

LOMBARDI — NO!

LUCIANA — SI! E io mantengo sempre, quando pro­metto!

LOMBARDI — Oh, Luciana, Luciana, voi non sapete come mi rendete felice…ma proprio stamani?

LUCIANA — Come sarebbe a dire proprio stamani?

LOMBARDI — No, dicevo…non si potrebbe fare con più calma, magari tra un paio di giorni…

LUCIANA — No, no! Subito! Il ferro va battuto quando è caldo!

LOMBARDI — Il ferro? Che ferro?

LUCIANA — E’ un modo di dire.

LOMBARDI — Ah già, ora ricordo…

LUCIANA— E dire ch’io gli sono stata fedele, sem­pre… che non ho mai voluto cedere a voi… né a quel poveretto di Innocenti che mi aspettava tremante di desiderio…

LOMBARDI — Proprio poveretto…

LUCIANA — Ora però basta: non gli resisterò più: prendetemi, sono vostra!

LOMBARDI- Ah Luciana, Luciana!

GIROLAMO (sporgendo il capo dalla porta di fondo)— Senti, io esco: vado a prendere due patate.

LOMBARDI (stizzito) — Va’ al diavolo tu e le patate! Non le voglio più le patate! Sono circondato dalle patate! Prendi dei piselli… hai capito? Piselli! E le uova…tante uova…un milione di uova!

GIROLAMO — Va bene, niente più patate. Piselli. E le uova. Vi devo fare una frittata?

LOMBARDI- Ma che frittata! Mettine una ventina in una ciotola, sbattile con un po’ di zucchero e portamele! (Girolamo esce)) — Quell’imbe­cille ha la mania di darmi patate tutti i giorni. Io incomincio ad esserne stufo. Oggi piselli! Cosa stavo dicendo, dolce amore?

LUCIANA — Dicevate che quell’imbecille ha la ma­nia di darvi patate tutti i giorni e che oggi volete i piselli…

LOMBARDI -Voi cosa preferite?

LUCIANA-I piselli, senza ombra di dubbio….meglio ancora piselli con patate al forno…!!!

LOMBARDI — Appunto. No… prima dei piselli…cosa stavo dicendo?

LUCIANA-(Allusiva) Parlavate di sbattere qualcosa…o qualcuno…

LOMBARDI- Ah Luciana, Luciana!

LUCIANA — Ecco, ora ricordo: dicevate: “Ah, Luciana, Luciana!”

LOMBARDI (in tono lirico, mentre ha l’aria di pen­sare a ciò che avrebbe potuto dire veramente) —Ah, Luciana! Luciana! Sì, sì... (Dopo una pausa) Ah, Luciana, Luciana... (La conduce al divanetto) Di­temi che non è un sogno questo! Voi siete mia, non è vero? Mia, unicamente mia.

LUCIANA — Vostra, sì. Prendetemi!

LOMBARDI — Oh! come sono felice!

LUCIANA — Tanto meglio…Prendete mi!

LOMBARDI — Un attimo, solo un attimo…fatemi sentire il profumo dei vostri capelli…

LUCIANA (accennando a togliersi il cappello) —Aspettate…

LOMBARDI — Sì, sì... toglietelo! (Luciana si toglie il cappello, Lombardi lo depone sopra la tavola; poi, ritorna vicino a lei e la abbraccia) E’ la prima volta che posso sfiorare il vostro viso con le mie labbra….

LUCIANA — Fate pure! Ebbene, prendetemi!

LOMBARDI. — Sì, sì.

LUCIANA — Incominciando da oggi, io non sono più la moglie del signor Rossini, ma la vostra amante. Prendetemi!

LOMBARDI — Ah! sì, sì.

LUCIANA — Che infame! Non ci posso pensare…prendetemi, sono vostra!

LOMBARDI —Ah, Luciana mia ado­rata! (Si mette in ginocchio davanti a lei).

GIROLAMO (sporgendo il capo dalla porta di fondo) —    Sono tornato.

LOMBARDI — Di già? Ma vattene! Non lo vedi che ho da fare?

GIROLAMO — Va bene. Ma volevo dirti che le uova sono di là…ne ho preso 300…300 uova…si marciranno… Invece non ho trovato i piselli ed ho preso patate...Poi magari esco di nuovo…(esce)

LOMBARDI — Vi chiedo scusa: è un vecchio do­mestico di famiglia... (Si rimette in ginocchio) Ah, Luciana mia, lasciate che vi stringa tra le mie brac­cia...

GIROLAMO- (Riaffacciandosi) Devo fare un altro zabaglione?

LOMBARDI-VAI VIA!!!!!!!! (Esce)

LUCIANA — Mi amate?

LOMBARDI — Se vi amo! Fatemi posto accanto a voi. (Siede alla destra di lei) Così, così va bene. Adesso posso stringervi meglio al mio cuore.

LUCIANA — La sonnambula aveva ragione.

LOMBARDI (con gli occhi semichiusi) — Quale son­nambula?

LUCIANA — La sonnambula, che mi predisse ch’io avrei avuto due avventure amorose nella mia vita: una a venticinque anni; l’altra, a cinquantotto. Per la prima, ha indovinato: compio venticinque anni proprio oggi! E voi siete il mio principe azzurro!

LOMBARDI Sì... ed io sono ilprincipe azzurro... (Mutando tono) No, così non sto bene... Aspettate. (Appoggia il dorso al dorso di Luciana, stendendo le gambe).

LUCIANA — Cosa fate?

LOMBARDI — Ah, così sto meglio! Vi sento di più... Ah, Luciana, Luciana! (Le prende una mano e glie­la accarezza).

LUCIANA (con un sospiro) — Ah!

LOMBARDI — Luciana! (Il viso di Lombardi rivela una grande ansietà; egli accarezza macchinalmente la mano di Luciana, ma si vede che il suo pensiero è altrove. Luciana si volta per guardarlo. Egli sor­ride immediatamente).

LUCIANA — E allora?

LOMBARDI — Cosa?

LUCIANA — State bene?

LOMBARDI — Meglio, molto meglio. Ah, Luciana, Luciana...

LUCIANA — Ho capito! Luciana, Luciana... Ma non sapete dire altro?

LOMBARDI — Sono così turbato, così com­mosso. Io non so...

LUCIANA — Mi amate tanto?

LOMBARDI — Vi adoro. Ma cercate di capire…ero così lontano da pensare tutto questo…se poi aggiungo che vostro marito è mio amico…e poi la stanchezza…

LUCIANA — Stanchezza? Ma non eravate a letto, questa notte?

LOMBARDI- Appunto…datemi sol­tanto il tempo di riflettere. Non vi chiedo molto... tornate domani... magari questa sera...

LUCIANA — Domani? Questa sera? Impossibile. Mio marito sarà qui tra poco ed io voglio che al suo arrivo la mia vendetta sia compiuta. Andate a bere le vostre uova.

LOMBARDI — Cosa vuol dire che vostro marito sarà qui tra poco?

LUCIANA — Vuol dire che prima di uscire gli ho fatto avere un biglietto con queste precise parole: “Voi mi avete tradita; io vi tradisco a mia volta. Se ne dubitate, venite a mezzogiorno in casa del vostro amico Lombardi: mi troverete nelle braccia del mio amante”.

LOMBARDI — Gli avete scritto così? Ma siete pazza? Quello mi ammazza!

LA VOCE DI GIROLAMO (fuori della porta) — Vi dico che non si può.

LA VOCE DI CLOTILDE — E io vi dico di sì!

LOMBARDI — Cosa c’è?

CLOTILDE (che è entrata, dando uno spintone a Gi­rolamo) — Lasciatemi entrare!

LOMBARDI e LUCIANA — La signora Innocenti!

CLOTLLDE — Eccomi qua! Ricordate cosa vi dissi ieri? Ebbene, eccomi qua…(togliendosi la giacchetta e gettandola sul divanetto) — Signor Lombardi, vendicatemi: io so­no vostra!

LOMBARDI — (Al pubblico) Un’altra volta!

LUCIANA — Un momento, signora. Non vi sembra di essere un po’ troppo invadente?

CLOTILDE — E voi che c’entrate, signora? Io ero d’accordo col signor Lombardi.

LUCIANA — Non vorrei contraddirvi, ma c’ero prima io.

CLOTILDE — Vi faccio notare che io ave­vo impegnato il signor Lombardi fino da ieri.

LUCIANA — E che m’importa che l’abbiate impe­gnato?! Io sono arrivata prima ed ho la precedenza: aspettate il vostro turno.

CLOTILDE- Così me lo consegnate spompato!

LOMBARDI- Già fatto.

CLOT&LUC-GIA’ FATTO COSA?

LOMBARDI— Volevo dire…ma il mio parere non conta nulla?!?!

CLOT&LUC-NO!

LOMBARDI — E INVECE SI! SILENZIO! ORA PARLO IO! Mi avete preso per il vendicatore solitario?

LUCIANA — Basta con i discorsi: chi scegliete per prima?

CLOTILDE — Sì, chi scegliete?

LOMBARDI — Sapete una cosa? Nessuna delle due!

CLOT&LUC — Eh?!

LOMBARDI — Vi saluto! (Risale la scena).

GIROLAMO (accorrendo dal fondo) — Senti: Luisella...

LOMBARDI — Cosa? Luisella?

GIROLAMO — E’ ritornata. Ti vuole vedere!

LOMBARDI — COSA? Basta donne, per pietà, basta…dille che sono morto…

GIROLAMO-E come?

LOMBARDI- Mi sono impiccato con un reggipetto. (Si avvia per uscire) Anzi, no, dille che sto male che ho fatto indigestione…indigestione di patate!

GIROLAMO — Va bene. (Esce).

CLOT&LUC (insieme) — Lombardi! Signor Lombardi!

LOMBARDI — Sono morto! (Entra a destra e chiude la porta a chiave).

LUCIANA e CLOTILDE (che sono corse con lo stessa moto istintivo alla porta dalla quale è uscito Lombardi) — Si è rinchiuso.

CLOTILDE — Visto che cosa avete fatto?

LUCIANA — Ah, io? Voi, piuttosto!

CLOTILDE (ridendo ironicamente) — Già, ora la colpa è mia! Cercate di capire quale sacrificio sarebbe stato per me giacere con quell’uomo…

LUCIANA — E io allora? Avrei patito le pene dell’inferno!

GIROLAMO (entrando dalla porta di fondo) — Si­gnore, c’è di là un giovanotto che chiede della signora Rossini.

LUCIANA — Un giovanotto che chiede di me? Chi è?

GIROLAMO — Dice di chiamarsi Innocenti.

CLOTILDE — Ma non è un giovanotto: è mio ma­rito! (A Luciana) Che vorrà mio marito?

LUCIANA — E che ne so…so solo che giunge a proposito per la mia vendetta…

CLOTILDE — MA BRUTTA e CATTIVA…VORRESTE FORSE ANDARE A LETTO CON MIO MARITO?!?

LUCIANA — E che vi importa? Ormai vi ha già tradito, quindi…una più una meno…

CLOTILDE (riflettendoci su) — Questo è vero.

LUCIANA — Me lo cedete?

CLOTILDE — Sì, sì! Prendetelo pure. Ma non vi aspettate grandi cose… sarà un tradimento…piccolo piccolo…senza nervo…

LUCIANA- Piccolo piccolo?

CLOTILDE- Eh sì…molto piccolo…

LUCIANA — Meglio che niente… chi si contenta gode…(Prende la giacchetta di Clo­tilde sul divanetto e la dà a questa) Prendete, signora, e andate di là. (Fa uscire Clotilde dalla seconda porta di sinistra; poi a Girolamo) Fate entrare il si­gnor Innocenti. (Tra sé) Ma guarda che razza di amante mi doveva capitare…piccolo piccolo… che sfortuna! (Girolamo introduce ed esce dal fondo).

INNOCENTI (entrando) molto commosso) — Sola! Siete sola!

LUCIANA — Cercavate di me?

INNOCENTI — Sì. Siete qui da molto?

LUCIANA — Sono arrivata ora.

INNOCENTI — E Lombardi?

LUCIANA — E’ andato a controllare i piselli.

INNOCENTI- Che cosa?

LUCIANA- Si coltiva piselli…va a vedere se crescono!...Ma no…E’ un modo di dire. Lo sto aspettando.

INNOCENTI -Quindi ancora…nulla?

LUCIANA -Ma proprio nulla.

INNOCENTI — Dio sia benedetto. Sono arrivato in tem­po. (Depone il cappello sulla tavola).

LUCIANA — Potrei sapere cosa volete da me?

INNOCENTI — Cosa voglio? Voglio impedire che voi e Lombardi…insomma, capitemi.

LUCIANA —E con quale diritto me lo vorreste impedire?

INNOCENTI — Col diritto che mi danno tutti i guai, tutte le noie che da ventiquattr’ore mi sono piovute addosso. Voi non sapete nulla quello che successe ieri sera, dopo la vostra fuga dall’albergo. Per amor vostro io mi sono cacciato in un maledetto ginepraio. Fui sorpreso da un marito che non conosco, con una donna che non ho mai vista. Fui sorpreso da mia moglie, sempre con la stessa donna che non conosco! Quindi, sicuramente, ci sarà il divorzio tra mia moglie e me. E un altro divorzio tra la signora che non ho mai visto e il signore che non conosco, ma nel quale sarò impli­cato come complice. La signora che non ho mai vista è venuta, stamat­tina, a dirmi, con accento inglese, che io le devo una riparazione. Un signore che non conosco ieri sera mi ha picchiato. Ora ci sarà il processo, e mille altre seccature…e voi pretendete che vi lasci tra le braccia di un altro? Ma non ci penso neanche!

LUCIANA (tra sé) — Tra poco mio marito sarà qui. Mi crederà colpevole: questa sarà la mia vendetta. (Ri­mane assorta e pensierosa).

INNOCENTI — A che pensate?

LUCIANA — Penso che avete ragione.

INNOCENTI — Meno male. Siete la prima persona, da ieri sera, che ha un po’ di comprensione per me.

LUCIANA — Anzi, vi dirò che vi trovo più simpatico di Lombardi, quindi…

INNOCENTI — Davvero?

LUCIANA — Certo. E quindi per la vendetta scelgo voi.

INNOCENTI — Dio sia lodato! Allora posso sperare?

LUCIANA — Certo. Eccomi qua. Prendetemi!

INNOCENTI — Qui? Ora? Possibile? Ma non è un sogno? Ah, Luciana, Luciana!

LUCIANA— Ora non comincerete anche voi con  “Ah, Luciana, Luciana!?!? “

INNOCENTI — E in casa di Lombardi, per giunta. Oh, che vendetta raffinata!

LUCIANA (andando verso la tavola) — Su! (Si toglie la giacchetta di velluto, e rimane in corpetto) inte­ramente scollacciata. Nello stesso tempo fa cadere i capelli, scuotendo il capo) Con i capelli sciolti, così, mio marito mi trovava più bella; sono bella?

INNOCENTI (togliendosi i guanti) — Mamma mia! Mi bolle il sangue!

LUCIANA — (Mutando tono e avvici­nandosi) Mi amate?

INNOCENTI (stringendola tra le sue braccia) — Pro­fondamente!

LUCIANA (svincolandosi) — Va bene, va bene. Andate a sedere.

INNOCENTI (meravigliato) — A sedere? Ma non devo prendervi?

LUCIANA – Certo…fidatevi di me…vedrete cosa vi farò…

INNOCENTI (sedendo vicino alla tavola) — O mamma mia! Eccomi, sono seduto…

LUCIANA (avvicinandosi) — Benissimo! Toglietevi la giacca, staremo più comodi…

INNOCENTI — Subito, subito… (Si toglie la giacca) E adesso?

LUCIANA — Venite più vicino a me, e gustatevi i preliminari. (Innocenti si siede accanto a Luciana sul divano)

INNOCENTI (dopo una lunga pausa) — Se èlecito, cosa aspettiamo?

LUCIANA — Zitto…sono io che comando, ora… toglietevi la camicia…levate ‘a cammesella!

INNOCENTI (togliendosi il panciotto) —. Ecco fatto. (Sedendo) Mi sento un poco ridicolo. LUCIANA — Non ci pensate... (Sfilandogli la cinghia del calzoni) Ecco qua…non vi sentite più libero? Mamma mia, ma chi vi pettina a questo modo? Avete una mucca a casa che vi lecca i capelli prima di uscire? (Gli scompiglia i capelli) Ecco, così va bene. Adesso avete l’aria di un artista.

INNOCENTI — Davvero? (Esaltandosi, al contatto di Luciana) Ah, Luciana, Luciana mia! LUCIANA — E rieccolo! Vi prego di contenervi, quando non c’ è nessuno.

INNOCENTI — Aspettiamo qualcuno? (La tocca)

LUCIANA — FERMO! Vi ho detto di pazientare. Rispettiamo i preliminari.

INNOCENTI — E va bene, rispettiamoli, ma non sono di marmo.

LUCIANA — Neanche io. Però paziento.

INNOCENTI — Va bene, pazientiamo. (Luciana si alza e va a prendere un giornale sulla tavola, torna a sedere e si mette a scorrere il giornale) E’ la prima volta che faccio dei preliminari così.

LUCIANA — Ecco, vedete? Una cosa nuova! Siete eccitato?

INNOCENTI- Da morire.

LUCIANA - Visto? (Si rimette a leggere. Innocenti, non sapendo che fare, si mette a zufolare tra sé, men­tre guarda intorno. Dopo un certo tempo si alza e, con le mani dietro al dorso, va a esaminare i vari oggetti. Luciana, senza levare il capo dal giornale) Restate seduto, per piacere. Non sciupate questo magico momento.

INNOCENTI — Sì, certo…scusate, mi ero lasciato prendere dalla libidine… (Va a sedere con aria rassegnata. Scorgendo sulla tavola un fascicolo, lo prende e si mette a leggere).

LUCIANA (volgendosi e guardandolo) — Cosa leggete?

INNOCENTI — Non so. (Guarda il titolo) “ La pollicoltura: rivista bimensile “.

LUCIANA (sorridendo) — Vi attrae?

INNOCENTI — Certo, i polli sono la mia passione. (Si odono rumori nel fondo) Cosa c’è?

LUCIANA (si alza subito e butta via il giornale) —Finalmente. State tranquillo, è solo mio marito.

INNOCENTI — Vostro marito?!?

LUCIANA — Certo. Così la mia vendetta sarà completa! (In questo momento, si vede la tenda della finestra del fondo scostarsi e dai vetri appaiono alcune teste).

LA VOCE DEL PRIMO COMMISSARIO — In nome della legge, aprite!

INNOCENTI — Il commissario!!!! Presto,  nascondetevi!

LUCIANA — Neanche per sogno. E voi non vi muovete perché vi spacco la testa.

INNOCENTI — Mancherebbe questa…che giornata….

LA VOCE DEL COMMISSARIO — Volete aprire?

LUCIANA — Innocenti? Abbracciatemi!

INNOCENTI — Come? Adesso?

LUCIANA — Certo, i preliminari sono finiti…ABBRACCIATEMI!

INNOCENTI (allontanandosi) — NO!

IL COMMISSARIO — Aprite, o rompo i vetri.

INNOCENTI (allibito) — Eccomi, eccomi… (Va ad aprire, e gli cascano i pantaloni in terra; Luciana si lascia cadere sul divano, le braccia in­dietro il dorso appoggiato alla spalliera e le gambe incrociate. Getta a Rossini uno sguardo di sfida).

ROSSINI (entrando) — Infame!

IL COMMISSARIO — Che nessuno si muova!

ROSSINI —Allora era vero!

INNOCENTI (al Commissario) — In fin dei conti, signore...

IL COMMISSARIO (guardandolo) — VOI? ANCORA VOI? Non vi è bastato ieri sera? Ma lo fate di mestiere?

INNOCENTI — Cosa vorreste dire? Io stavo facendo visita alla signora.

IL COMMISSARIO — Ma se siete mezzo nudo! Signore, rivestitevi! (Innocenti si rimette il panciotto e la giacchetta, dimenticando di riallacciare la cinghia).

LOMBARDI (entrando dalla stessa porta dalla quale era uscito) — Ma che cosa succede?

IL COMMISSARIO (a Luciana) — Signora, io sono il Commissario di polizia, e sono qui su precisa richiesta del signor Crépino Rossini, vostro marito.

LOMBARDI — MA INSOMMA, COSA STA SUCCEDENDO IN CASA MIA?

LUCIANA (rimanendo nella posizione in cui si è messa al principio della scena) — E va bene, confesso. Sono l’amante del signor Innocenti, e voglio che venga messo a verbale.

ROSSINI (lasciandosi cadere sopra la seggiola, vi­cino al camino) — Oh!

CLOTILDE (entrando dalla porta di destra) — E ora tocca a me.

INNOCENTI — Mia moglie?

CLOTILDE — Signor Commissario, scrivete anche che la moglie di Innocenti era in questa casa a trovare il suo amante.

INNOCENTI (scattando) — Che stai dicendo?

CLOTILDE — Arrivederci, signore. (Esce dalla porta di sinistra).

INNOCENTI (correndole dietro) — Disgraziata! (Gli cascano i pantaloni)

IL COMMISSARIO (trattenendolo.) — Signore, vi pre­go di rimanere: abbiamo bisogno di voi.

INNOCENTI — Ma non avete capito? Mia moglie ha un amante! Appena lo trovo lo uccido!

GIROLAMO (entra e piantandosi  dinanzi a Innocenti) — Eccomi qua!

INNOCENTI — Voi? Un vecchio?

GIROLAMO-VECCHIO SARAI TE E TUA SORELLA!

LOMBARDI (a Girolamo) — Ma che dici?

GIROLAMO (sottovoce a Lombardi) — Zitto, ti salvo…

INNOCENTI — Va bene, signore! Vi sfido. L’arma e il luogo. Il vostro biglietto di visita?

GIROLAMO — Non ne ho. Ma non importa. Io sono Girolamo, cameriere del signor Ernesto Lombardi. (Dà un buffetto a Lombardi ed esce).

IL COMMISSARIO (a Innocenti) — Ma insomma, non lo capite che vi stanno prendendo in giro? Ma davvero credete che vostra moglie sia l’amante di quel vecchio?

INNOCENTI (andando a prendere il suo cappello.) —Vedremo!

IL COMMISSARIO — Restate qui. Più tardi appurerete questa faccenda. Dove è l’occorrente per scrivere?

LOMBARDI — Di là, signor Commissario. (Gli in­dica la stanza che si vede dalla porta del fondo aperta).

IL COMMISSARIO — Grazie. (A Innocenti) Venite con me signore... (a Luciana) e anche la signora. Ci sbrighiamo in un secondo.

LUCIANA — Eccomi! (Si alza e risale lentamente la scena, con lo sguardo sempre fisso su Rossini. Mentre contiene a stento la propria commozione, il viso di lei si contrae tra singhiozzi repressi. Va nella stanza indicata, raggiungendo gli altri, ad ec­cezione di Lombardi e Rossini. Si vedrà uno dei due agenti che funziona da segretario seduto alla tavola; il Commissario in piedi vicino a lui che gli detta il verbale; Luciana e Innocenti Sono in piedi, cia­scuno da un lato della tavola).

LOMBARDI — Che caos! (Vedendo Rossini ac­casciato sul divano, col capo tra le mani) Forza Rossini, forza! fatevi coraggio!

ROSSINI — Non credevo che essere cornuto facesse soffrire così!

LOMBARDI (mettendogli la mano sulla spalla) —Su, su! Coraggio, non è niente…prima o poi ci passano tutti…

ROSSINI — Già! fate presto voi! Tanto la moglie è la mia! E io sono cornuto!

LOMBARDI — No, voi siete tonto…pensateci un attimo. Quale moglie manderebbe un biglietto al proprio marito dicendogli che a mezzogiorno l’avrebbe trovata tra le braccia dell’amante?

ROSSINI — Questo è vero. E allora perché l’avrebbe fatto?

LOMBARDI — Per farvi ingelosire. Non avete sentito il commissario? Non ci crede neppure lui…e poi io sono avvocato, so quello che dico.

ROSSINI — Oh mamma mia come sono felice! Mi viene da pian­gere dalla contentezza!

LOMBARDI — Piangete, piangete pure. Vi farà bene. (La porta di fondo si apre e Luciana entra con la stessa aria arrogante di prima. Ma, appena vede Rossini che piange, si arresta meravigliata e interroga con lo sguardo Lombardi il quale fa segno di tacere).

ROSSINI — Come sono felice!

LOMBARDI — Adesso frenate la vostra gioia; potreb­be farvi male.

ROSSINI — Mi fareste un favore? Andreste di là da mia moglie a dirle che l’amo tantissimo? E che non l’ho mai tradita?

LOMBARDI — No? E stanotte?

ROSSINI — La donna di ieri sera l’avevo conosciuta a Londra…mi capitò in casa, e mi ricattò dandomi appuntamento in quell’albergo…ma non c’è stato nulla, bevve e si addormentò subito…e anch’io…

LOMBARDI — Anche voi in bianco?

ROSSINI — Anche voi? Che vuol dire anche voi?

LOMBARDI (riprendendosi) — No nulla, nulla…ormai andare in bianco sembra che sia diventato lo sport nazionale…

ROSSINI — E l’ho anche scampata bella…vedesse i piedi di quella inglesona… porterà il 46…e tira di boxe come un uomo!

LOMBARDI — Peccato che vostra moglie non sia ad ascoltarvi.

ROSSINI — Davvero. Sono sicuro che se fosse qui mi capirebbe, mi metterebbe una mano nella mano e mi direbbe “Crepino mio, ti perdono!” (Lombardi ha preso la mano di Luciana e la mette in quella di Rossini).

LUCIANA — Crépino mio, ti perdono!

ROSSINI— Luciana, Amore mio!

LUCIANA — Crepino, Amore mio!

LOMBARDI (con voce lacrimosa) — Che bella scena!

ROSSINI (stringendogli la mano) — Grazie, amico mio… (A Luciana) Non se ne trova un altro come lui.

LUCIANA (tra sé) — Meno male!

IL COMMISSARIO (rientrando) — Il verbale è ter­minato: lo volete esaminare?

ROSSINI — Ma che verbale! Andiamo insieme a strappare tutto.

IL COMMISSARIO — Strappare il verbale? Che cos’è, uno scherzo? (Va al fondo, trascinato da Rossini).

LOMBARDI (solo con Luciana) — E allora, tra noi?

LUCIANA — Tra noi?

LOMBARDI — Tutto rimandato?

LUCIANA — Rimandato che cosa?

LOMBARDI— Allora è tutto finito?

LUCIANA —Direi che la vostra difficoltà non è finire. E’ cominciare.

LOMBARDI — Aspetterò.

LUCIANA — Bravo. Ma ricordate che quella sonnambula mi predisse due avventure: la prima, grazie a Dio, è passata. La seconda mi dovrà capitare a cinquan­totto anni. Un po’ troppo tardi, non è vero?

LOMBARDI — Oh, non per voi, sarete sempre ca­rina. Ma per me, piuttosto: sarò molto più stanco….

LUCIANA— Più di adesso? Potrete sempre sbattere le uova, visto che di sbattere qualcos’altro non se ne parla nemmeno…

LOMBARDI- No ho deciso di cambiare vita…una vita così movimentata, piena di avventure, di problemi, di guai…non fa più per me…mi voglio trovare una buona, brava, gentile ragazza e dividere solo con lei il mio futuro…se è carina non guasta basta che sia di poche parole…non amo le donne logorroiche…quelle che parlano dal mattino alla sera…magari avrò anche un figlio…mi piacerebbe molto…

ROSSINI (rientrando, seguito dagli altri, ascolta Lombardi) — Giusto…anche io voglio diventare più saggio… Ora che è finito tutto bene, che ne direste di venire lunedì tutti a cena da me?

INNOCENTI — Certamente, con piacere…Io proverò a non fermare più le donne per strada…a essere più fedele e meno bugiardo

INNOCENTI—Allora, Arrivederci. (Va a prendere il cappello).

LOMBARDI (sottovoce a Luciana) — Sentite: se per caso vi saltasse nuovamente il ticchio, disponete pu­re di me. Però, fatemi il piacere di avvertirmi il gior­no prima…

LUCIANA — Certo, così la notte dormirete….ma non avevate detto che volevate cambiar vita?

LOMBARDI- Si ne sono convinto...ma… se si trattasse di fare un piacere a un’amica, non potrei rifiutarmi…non sacrificarmi…per gli amici si fa qualsiasi cosa…sarebbe un addio al celibato…

LUCIANA- Non ci sarà il caso di fare né questo piacere né questo sacrificio…

GIROLAMO (dal fondo) — Il pranzo è servito!

LOMBARDI- Bene bene…naturalmente sarete tutti miei ospiti…cosa abbiamo oggi da mangiare, Girolamo?

GIROLAMO- Ho trovato anche i piselli…sono piccoli e teneri…buonissimi…e ho preparato una grande, enorme, gigantesca e buonissima frittata di patate e piselli! (Tutti ridono; sipario)

FINE