Stato di quiete

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Stato di quiete

STATO DI QUIETE

Commedia in un atto

di ALDO NICOLAJ

                                   

PERSONAGGI

PAOLO

MARCO

DAFNE

PALOMA

Commedia formattata da

Nel buio, un intenso suono di flauto. Poi si illumina una specie di anticamera asettica, piena di luce e di verde. In fondo una vetrata con una porta. Dietro ad alcuni vasi di piante, l’ingresso. Arredamento freddo ed impersonale, non ci sono soprammobili, né portacenere, né quadri, né riviste. Paolo sui 55 anni, mal portati, vestito di scuro, ma senza eleganza, suona il flauto in mezzo alla scena. Dopo qualche secondo entra Marco: ha più o meno la stessa età di Paolo, ma portata meglio. È vestito sportivamente, con una certa eleganza, anche se il giubbotto di daino è strappato e così i pantaloni. Vorrebbe tornare indietro scorgendo Paolo, ma questi, vedendolo, gli fa un cenno di saluto. Contrariato, risponde con un altro cenno e va a sedere su di una poltrona. Si sfila i guanti ed osserva l’ambiente. Poi fissa Paolo con un’insistenza quasi offensiva. Dopo un lungo silenzio.

Paolo                           - (sentendo lo sguardo ostile di Marco, smette di suonare) Le dà noia?

Marco                         - Che cosa?

Paolo                           - ... la musica.

Marco                         - Che musica?

Paolo                           - La mia. (indica il flauto)

Marco                         - Cos’è che suona? Il clarino?

Paolo                           - ... il flauto.

Marco                         - Più o meno la stessa cosa.

Paolo                           - No, il clarino è il clarino. Questo è un flauto da concerto.

Marco                         - Sempre strumento a fiato è.

Paolo                           - D’accordo, ma il suono è diverso. (pausa) Non ama la musica?

Marco                         - ... non quella seria. (cambia poltrona) Da quanto suona?

Paolo                           - Da un po’. Per passare il tempo.

Marco                         - Intendevo... da quanto tempo lo suona.

Paolo                           - Da ragazzo.

Marco                         - (cercando di ferirlo) L’avrei detto un principiante. Continui, se la diverte.

Paolo                           - (ironico) Grazie per la concessione. (continua a suonare)

Marco                         - (va alla porta centrale, cerca di aprirla, non ci riesce) Ci hanno chiusi dentro. (Paolo non commenta) Ho detto che siamo chiusi dentro.

Paolo                           - Pare. (e continua imperterrito a suonare)

Marco                        - Perché? Non siamo pericolosi. (Paolo non risponde. Passeggia avanti ed indietro nervoso, poi) È arrivato da molto?

Paolo                           - (posa il flauto) Non so, ho perso la nozione del tempo.

Marco                         - Controlli l’orologio.

Paolo                           - Si è fermato. (fa qualche accordo)

Marco                         - E se lo porta sempre dietro, quel coso?

Paolo                           - Il flauto? Normale per un musicista. Sono del complesso i Giovani Musici.

Marco                         - Ah!

Paolo                           - Un complesso molto conosciuto.

Marco                         - Mai sentito nominare.

Paolo                           - I Giovani Musici?

Marco                         - Giovani? Alla sua età?

Paolo                           - Lo eravamo, quando abbiamo formato il nostro complesso di musica da camera.

Marco                         - Musica da camera? Solo l’idea mi fa morire di noia.

Paolo                           - Questione di sensibilità.     

Marco                         - Non riesco a concepire come un uomo possa passare la vita soffiando in un tubo di legno. Per me è come la catena di montaggio.

Paolo                           - ... forse, ma con infinite variazioni. (riprende a suonare)

Marco                         - Ci vorrà ancora molto prima che si degnino di farci entrare?

Paolo                           - Io non ho fretta. La stanza è fresca, arieggiata, piena di piante...

Marco                         - È di un’impersonalità paurosa...

Paolo                           - Cosa pretende da una sala d’aspetto?

Marco                         - (dopo un silenzio) Una folla all’ingresso. Come all’uscita da uno stadio...

Paolo                           - Ma tutti ordinati e disciplinati...

Marco                         - Avrei voluto fare dietro-front ed avanti-march.

Paolo                           - A cosa le sarebbe servito?

Marco                        - Chi sostiene che la gente non ha soldi e non viaggia dovrebbe venire qui e dare uno sguardo... (un tempo) Brutta gente, però.

Paolo                           - In che senso?

Marco                         - Gentucola. Detesto il turismo di massa.

Paolo                           - (sorride) Non è che si venga qui per turismo.

Marco                         - Ma qui non si vede anima viva.

Paolo                           - (sorridendo) A parte lei.

Marco                         - Non sono abituato a fare anticamera... Di solito sono gli altri ad aspettare me.

Paolo                           - Prima di smistare tutta la folla che è arrivata... Dovranno pur fare dei controlli.

Marco                         - Controlli? Che controlli?

Paolo                           - ... verificare l’identità... tirare fuori le schede... controllarle...

Marco                         - Con i computers si fa in fretta. Mi domando piuttosto dove la metteranno, tanta gente...

Paolo                           - Qui non hanno problemi di spazio...

Marco                         - ... di tempo, sì. Non capiscono che per noi uomini d’affari il tempo è danaro.

Paolo                           - Qui, non ne tengono conto.

Marco                         - Male. Dovrebbero dare la precedenza a chi ha impegni. Io, per esempio, ho in agenda un sacco di appuntamenti... riunioni fissate da tempo... un’assemblea... devo risolvere una grana sindacale... Le mie segretarie avranno le mani nei capelli. E, come se non bastasse, ho dovuto rinunciare anche ad un incontro sentimentale. Le pare logico convocarmi all’ultimo momento, senza il tempo di avvertire?...

Paolo                           - Fanno così con tutti.

Marco                         - ... per la massa, capisco. Ma per persone come noi usare questo autoritarismo.

Paolo                           - È la loro forza.

Marco                         - Hanno chiamato all’ultimo momento anche lei?

Paolo                           - Sì, ma lo prevedevo...

Marco                         - Perché?

Paolo                           - ... me lo sentivo.

Marco                         - Io nemmeno ci pensavo. Quando manco io, nella mia azienda, crolla tutto.

Paolo                           - E poi un’avventura andata in fumo...

Marco                         - ... rimandata, soltanto rimandata. Mi spiace non avere avuto il tempo di avvertire...

Paolo                           - La signora capirà.

Marco                         - Una donnina adorabile. Il sesso è importante, per chi passa le giornate mandando avanti un’industria. La natura ha le sue esigenze. Bisogna accontentarla, anche per evitare gli stress. Non può immaginare cosa sia dirigere un’azienda. (passeggia avanti ed indietro) Anche lei è qui per la prima volta?

Paolo                           - Sì.   

Marco                         - Mi avevano già chiamato qualche anno fa, poi, hanno annullato la convocazione. Mi secca aspettare...

Paolo                           - Hanno già avuto riguardo, mandandoci qui...

Marco                         - Sapevano che non sopporto la confusione. Ma aspettare mi innervosisce.

Paolo                           - Cerchi di star calmo.

Marco                         - Anche il medico dice che agitarmi, mi fa male.

Paolo                           - Ha qualche disturbo?

Marco                         - Cinque anni fa, a New York ho avuto un infarto. Ma mi sono ripreso ed ora... sono sano come un pesce... Avevo il terrore di essere costretto a una vita di rinunce. A me piace mangiare, bere, fare l’amore. Delle donne non so fare a meno. Mi hanno curato benissimo. Uscito dalla clinica ero di nuovo un fringuello. Posso dar dei punti ad un giovanotto. Lei come sta a cuore?

Paolo                           - ... qualche disturbo, ma niente di serio.

Marco                         - Ho avuto fortuna ad ammalarmi in America, dove la medicina è ad alto livello. Ho un fisico di ferro e in poco tempo, me lo sono dimenticato, l’infarto. (si guarda) Ho i pantaloni... il giubbotto strappati. Non capisco come abbia fatto. E guardi in che stato le scarpe... Scusi, me le tolgo, ho i piedi gonfi. (esegue)

Paolo                           - A me gonfiano, quando viaggio in aereo.

Marco                         - Disturbi di circolazione. Ma io non ne ho mai sofferto. E viaggio molto.

Paolo                           - Anch’io. Col nostro complesso da una città all’altra: Lisbona... Buenos Aires... Parigi... Praga... New York...

Marco                         - A New York vado sovente. Quasi ogni settimana.

Paolo                           - Detesto i voli intercontinentali. Il cambiamento di fuso mi rimbambisce.

Marco                         - Io dormo. L’aereo mi concilia il sonno. E, poi, può capitare una hostess carina. Giovedì scorso ce n’era una che aveva un culo... un culo... un culo che era la fine del mondo. Non c’è niente che mi esalti di più. Non che non mi piacciano i seni... le gambe... il bacino... Ma il culo mi dà l’estasi.

Paolo                           - E come la mette con l’infarto?

Marco                         - Chi se lo ricorda più? A letto, è come avessi vent’anni. Anche lei va forte con le donne?

Paolo                           - Io sto bene con mia moglie.

Marco                         - Beato lei. Io ne ho sposate tre, ogni volta un disastro. E, poi, ho bisogno di avere sempre nuove emozioni... La signora che avrei dovuto incontrare oggi ha un fisico... E specialmente...

Paolo                           - ... un culo!

Marco                         - ... un vero poema. Il corpo di una donna è tutto...

Paolo                           - E l’anima?

Marco                         - A letto non serve. Complica. Io, poi, sono uno che non si lascia invischiare dal sentimento. Nella vita conta più di tutto il sesso. Niente di più sano di una bella scopata: tira su il fisico ed il morale. Oggi ne sentivo proprio il bisogno. (si alza di scatto e va a picchiare contro la porta a vetri urlando) Vi decidete o no ad aprire?

Paolo                           - (va a calmarlo) Non si agiti, stia tranquillo, vedrà che presto...

Marco                         - Presto un cazzo! Presto può essere anche tra un mese od un anno. Subito, voglio...

Paolo                           - Si rilassi. Ci vogliono rilassati.

Marco                         - Chi glielo ha detto?

Paolo                           - Nessuno. Mi pare logico.

Marco                         - Logico un cazzo. Ci ricevano, allora.

Paolo                           - (fa alcuni accordi col flauto) Le piace Mozart?

Marco                         - Quello del Don Giovanni?

Paolo                           - Esatto.

Marco                         - È il mio idolo.

Paolo                           - Mozart.

Marco                         - Che c’entra Mozart? Don Giovanni! Con tutte quelle donne "V’han fra queste contadine, cameriere, cittadine, v’han contesse e...

Paolo                           - ... baronesse, marchesine e principesse, e v’han donne d’ogni grado, d’ogni forma, d’ogni età"...

Marco                         - Se n’è fatte di femmine, beato lui. Ma io, nel mio piccolo, non mi sono privato... Una volta sono stato a letto con tre donne. Sa cosa vuol dire avere tre meravigliosi corpi tra le lenzuola? Ci sarebbero voluti i tentacoli di un polipo. (ride compiaciuto)

Paolo                           - Parlare di donne la distende.

Marco                         - A me le donne, a lei la musica.

Paolo                           - Anche suonare è un atto d’amore.

Marco                         - Sarà, ma non si può andare a letto con un flauto. (un silenzio) Perché mi guarda così?

Paolo                           - Mi pare averla già conosciuta.

Marco                         - Non credo... mi avrà visto in televisione. Mi chiamano spesso. A lei non capita?

Paolo                           - Qualche volta, coi Musici. Non come solista. Era l’ambizione della mia vita. Ma al momento decisivo ho rinunciato. Per una crisi sentimentale...

Marco                         - Come solista chissà quanto avrebbe guadagnato. Pare impossibile che soffiando in quell’arnese lì, si possa fare un sacco di soldi...

Paolo                           - Mia moglie mi aveva lasciato per un altro uomo.

Marco                         - Così è la vita. Le corna o si fanno o si subiscono.

Paolo                           - Se n’è andata alla vigilia del mio debutto come solista. Quando è ritornata, ormai, avevo rinunciato e suonavo coi Giovani Musici.

Marco                        - Le donne si scatenano ed è sempre l’uomo a pagare. Puttane come sono, non ci rimettono mai. Non immagina quanto mi costino le mie tre mogli.

Paolo                           - L’ho ripresa per me e per i bambini: ne avevano bisogno.

Marco                         - Il matrimonio è un’istituzione nefasta, bisognerebbe abolirla... Ed i figli nascono per complicarci l’esistenza. Le mie mogli me ne hanno scodellato uno ciascuno, a tradimento. Io non ho mai sentito la paternità.        

Paolo                           - Io adoro i miei figli. (pausa) Forse con le mie confidenze... l’ho annoiata.

Marco                         - Non si preoccupi. Anche le confidenze di un suonatore di flauto servono a far passare il tempo.

Paolo                           - (non raccoglie) Quando si fa il bilancio della propria vita...

Marco                         - Io faccio solo quello della mia azienda.

Paolo                           - Non si guarda mai indietro?

Marco                         - Come la moglie di Lot? (ride) È la sola cosa che ricordo della Bibbia: si voltò indietro e restò di sale.

Paolo                           - Non ha né rimpianti né rimorsi?

Marco                         - Non sono come lei che fa confidenze al primo venuto. L’ho ascoltata per passare il tempo. Ma se devo essere sincero la preferisco quando suona il flauto.

Paolo                           - Ha ragione, meglio suonare che parlare con lei. (riprende a suonare. Marco lo guarda, contento di averlo ferito e cammina avanti ed indietro nervoso)

Dafne                          - (entra affannata: magrolina, scalza, vestita di bianco, sedici anni forse meno. Si guarda attorno spaesata)

Marco                         - Benvenuta, bella bambina. Non aver paura, non ci sono lupi mannari, qui. Solo gattoni pronti a farti le fusa.

Paolo                           - (che non l’aveva vista entrare, smette di suonare)

Dafne                          - Per favore, continui. La musica mi piace. Suono anch’io, il flauto.

Paolo                           - Vuoi? (le porge lo strumento)

Dafne                          - (rifiutandolo) No, suono poche note sul flauto dolce... Lei è musicista, direi...

Paolo                           - (riprende a suonare)

Marco                         - (invita Dafne a sedere) Sei carina.

Dafne                          - Grazie.

Marco                         - Sai di esserlo e ti piace sentirtelo dire.

Dafne                          - Dipende da chi.

Marco                         - Se te lo dico io?...

Dafne                          - ... mi lascia indifferente.

Marco                         - Sei troppo giovane per apprezzare un uomo come me.

Paolo                           - (posa il flauto) Com’è andato il viaggio?

Dafne                          - (sorride) Sono qui.

Marco                         - Sola?

Dafne                          - Con chi dovrei essere?

Marco                         - Fatti guardare...

Dafne                          - Non ho fatto nemmeno in tempo a pettinarmi. Devo essere in disordine.

Marco                         - Alla tua età si è carina anche spettinata.

Dafne                          - È successo tutto così in fretta...

Paolo                           - Non pensavi ti convocassero?

Dafne                          - (scuote la testa)

Marco                         - E per venire hai marinato la scuola?

Dafne                          - La scuola. Già. (si sdraia su di un divano)

Marco                         - Belle gambe. Dritte e tornite. Ti dispiace se te le guardo? (a Paolo) Mi distende i nervi. Come guardare il mare.

Paolo                           - Quanti anni?

Dafne                          - Quasi sedici.

Paolo                           - (a Marco) Potrebbe essere mia figlia.

Marco                         - Anch’io ho un figlio di sedici anni. O tredici. Non so.

Dafne                          - Mio padre non ricorda mai la mia età. Non glielo perdono. Ci mettete al mondo, poi...

Marco                         - Brava! Facciamoci anche una bella polemica generazionale per rallegrare l’attesa.

Dafne                          - È vero, noi...

Marco                         - Buona, buona. Ai miei figli... ci penso. Materialmente voglio dire. Ma per loro non rinuncio alla mia vita.

Paolo                           - Lei vuol dire che con la famiglia...

Marco                         - La famiglia è solo una ipocrisia borghese.

Paolo                           - Punti di vista. Per me è importante.

Marco                         - Perché è un piccolo borghese anche lei... Ormai la famiglia è solo un fatto anagrafico.

Dafne                          - A scuola siamo tutti figli di genitori separati.

Marco                         - Appunto. E non vi manca niente.

Dafne                          - ... l’amore.

Marco                         - Non dirmi che non ne hai trovato da qualche parte.

Dafne                          - Ho sofferto per mancanza d’amore. Sono sempre stata fragile. Per questo sono qui.

Paolo                           - Qui, prima o poi, ci si deve arrivare tutti.

Dafne                          - Speriamo che, dopo, sia diverso.

Marco                         - Diverso perché? Tutto continuerà come prima.

Dafne                          - (preoccupata a Paolo) Mi dica che non è vero...!?!

Paolo                           - D’ora in poi sarà tutto diverso. Riposati. (la fa sdraiare e si allontana da lei, prendendo per il braccio Marco)

Marco                         - Sembra un uccellino senza piume. Ma ha un bel culetto.

Paolo                           - Non ha ancora sedici anni.              

Marco                         - L’età migliore, l’adolescenza. Deve essere di quelle che a letto gemono ed urlano. Non mi guardi così, chissà quanti maschietti se la saranno già fatta.

Paolo                           - Possibile che non pensi che al sesso?

Marco                         - Ed a che altro dovrei pensare? Ai genocidi? Agli stermini? Ai pericoli nucleari? Alle guerre? Creda a me, se l’umanità si dedicasse con più impegno al sesso, il mondo andrebbe meglio.

Paolo                           - Col sesso non si risolvono i problemi.

Marco                         - Si risolvono quelli sessuali. (scoppia a ridere, poi) Non capisco il suo disagio, quando parlo di donne. Forse è un omosessuale latente. Da quanto mi ha detto della sua vita, ci sono tutti i presupposti.

Paolo                           - Ed anche se fosse?

Marco                         - Detesto i diversi. Latenti o no. Tutto quello che non è normale, mi dà fastidio.

Paolo                           - Secondo lei, è normale concupire una ragazzina?

Marco                         - Sempre meglio che concupire un ragazzino.

Paolo                           - La sola cosa che conta nel mondo è il sentimento d’amore, come dice Dante.

Marco                         - Ai sentimenti, preferisco gli istinti. Sono più schietti. (con improvvisa collera) Non c’è un giornale... una rivista... un portacenere... un bar... un telefono... Ci hanno lasciati qui come in un deposito e si sono dimenticati di noi.

Paolo                           - (si avvicina a Dafne) Cosa pensi?

Dafne                          - ... alla mamma. Perché, ora, si rende conto... Ed ai miei amici che non mi troveranno al solito posto. Sono sempre la prima ad arrivare. Ci sediamo attorno alla fontana e parliamo, parliamo, parliamo...

Marco                         - Non credo vi limitiate a parlare. Mi sa tanto che scopate come conigli...

Paolo                           - La prego!

Marco                         - So quello che fanno gli adolescenti di oggi. Vivono a branchi, come pesci, e pensano che tutto è loro permesso. Quando noi avevamo la loro età, era ben altra la musica.

Dafne                          - Non credo siate mai stati soli come noi...

Marco                         - ... vittime, dovete sempre fare le vittime. Intanto non si fa vedere nessuno. Basta, mi sono rotto. Voglio parlare con qualcuno! (va alla porta d’ingresso, cerca di aprire, ma la trova chiusa) Aprite! Aprite! Cos’è? Hanno paura che scappiamo? Ci hanno chiusi dentro come ladri di galline!?!

Dafne                          - (con dolcezza) Bisogna avere pazienza. Con tutta la gente che c’è...

Marco                         - Se l’avessi saputo mi sarei portato il cane...

Dafne                          - Un cane?

Marco                         - Certo, un cane. L’unico che mi sa tener compagnia. Un bel lupacchiotto di pelo chiaro...

Paolo                           - Qui non sono ammessi.

Marco                         - Il flauto sì, un cane no?

Paolo                           - Se tutti si portassero dietro un animale, sarebbe l’arca di Noè.

Marco                         - Perché se tutti venissero con uno strumento... (alza le spalle) Meglio lasciar perdere.

Dafne                          - La mamma a casa non ha mai voluto animali. Io ho fatto amicizia con un randagio. Un bel bastardino dal pelo rossiccio. Vado matta per gli animali. Una volta con Sergio, un mio amico, ci siamo fatti chiudere nello zoo. È stato eccezionale. Era una notte serena, con una grande luna. Gli animali sono diversi, quando sono soli. Una grande pantera la guardava stirandosi... Proprio così, guardava la luna...

Paolo                           - E tua madre ti lascia fuori la notte?

Dafne                          - Per lei avere una figlia significa soltanto comprarle magliette colorate e darle l’aspirina quando sta male.

Marco                         - E tu te ne approfitti...

Dafne                          - Dopo che papà se n’è andato, dimentica persino che io esista. Vive con un uomo più giovane di lei. Se, per caso, posa gli occhi su di me, ne soffre talmente... Come se io potessi portarglielo via. Perciò cerco di vederli poco. E mio padre non so nemmeno dove sia. Se non avessi i miei compagni...

Paolo                           - Io credo di avere un buon rapporto coi miei figli...

Marco                         - Su, esibisca le loro fotografie, da buon padre modello. Ne avrà certamente nel portafogli.            

Paolo                           - (senza batter ciglio tira fuori dal portafogli le foto dei figli e le fa vedere a Dafne) Questo è il maggiore... questo il piccolo... Al mare, l’estate scorsa...

Dafne                          - Sua moglie? Bella donna... (e mette le foto davanti agli occhi di Marco)

Marco                         - (le guarda e subito la respinge) Preferisco andare in giro col cane, che coi figli. Per lo meno, gli dico "cuccia" e si mette giù tranquillo senza rompere i coglioni. I figli, invece... La società dovrebbe avere strutture adeguate per farli crescere collettivamente. Loro starebbero meglio e noi vivremmo in pace. La famiglia è micidiale. Le bambine concupiscono il padre, i maschietti non sognano che la madre, le saltano in grembo, la toccano, la baciano dappertutto con le loro bocche vischiose...

Dafne                          - Lo avrà fatto anche lei!?!

Marco                         - Mia madre ha avuto il buongusto di morire di parto.

Paolo                           - Forse lei nella donna cerca la madre, che non ha avuto.

Marco                         - (volutamente volgare) Già, per scoparmela. (con cattiveria) Lei deve avere avuto la vita di un pidocchio.

Paolo                           - È vero, hanno cercato tutti di schiacciarmi.

Marco                         - (mentre Paolo rimette le foto nel portafogli) Ma che cazzo di controlli devono fare? Non ho nulla da nascondere. La mia vita è chiara e trasparente come l’acqua di sorgente. Non ho segreti sui quali indagare...

Dafne                          - Tutti abbiamo qualcosa da chiarire.

Marco                         - Mi lascino andare per la mia strada, ho ancora tante cose da fare ed anni importanti da vivere.

Dafne                          - Si sente così giovane?

Marco                         - Lo sono. Sentiamo... Quanti anni mi dai? Su, coraggio, di che cosa hai paura? Vuoi che te lo dica io? Ne ho 52, ma ne dichiaro 45. Le donne dicono che li porto da dio. Specie a letto. (ride divertito)

Dafne                          - E perché si tinge?

Marco                         - (toccato) Mi tingo? Ebbene sì, mi tingo. Che male c’è? Le donne allora? Invecchiare non mi piace, il deterioramento fisico mi fa orrore. Perciò cerco di conservarmi meglio che posso. Più della mia anima, di cui non so nulla, amo il mio corpo. Ne conosco le voglie, le debolezze, le esigenze, quello che gli piace, quello che detesta... Lo amo asciutto... scattante... i muscoli elastici... il viso         fresco... la pelle tirata... Non dovrei respingere l’usura del tempo, anche se costa fatica?

Dafne                          - Parla come mia madre...

Marco                         - Dobbiamo difenderci dalle fiumane di giovani che vorrebbero metterci da parte. Perché mi guardi così? Pensi anche tu che il mondo non ci appartenga più e sia già vostro?

Dafne                          - Ad ogni frutto, la sua stagione.

Marco                         - È un male avere cura del proprio corpo?!?

Paolo                           - Ma oltre al corpo c’è l’anima...

Marco                         - Parla come un prete.

Paolo                           - "Animula vagula blandula..."

Marco                         - Bravo, ci manca anche il latino. Detesto gli intellettuali.

Dafne                          - Perché?

Marco                         - Pensano troppo e vivono poco. (guarda con tenerezza Dafne) Era tutto meraviglioso, quando avevo la tua età. L’universo era mio... pensavo di poter cogliere il mondo, come un frutto dall’albero. Poi, poco a poco, il tempo si è portato via sogni, speranze, illusioni. Gli anni se ne sono andati veloci, sfrecciandomi davanti, come i chilometri in autostrada... Ma non importa. Vivere mi piace, ne sento sempre di più il sapore.

Paolo                           - Io mi curo poco di me, mi lascio andare. Me lo dice anche mia moglie.

Marco                         - Quanti anni?

Paolo                           - Abbiamo la stessa età.

Marco                         - La porta male. Non bisogna rassegnarsi. Io riesco ancora ogni giorno a strappare qualcosa alla vita. Con l’abilità di un ladro e la voracità di un piranha. Ma io sono fatto di una pasta diversa dalla sua. Lei suonando il flauto non fa che rimasticare le sue frustrazioni. Un’esistenza squallida, grigia, senza follie, senza passioni, chiusa nel suo bozzolo. Per questo sembra un vecchio.

Paolo                           - Volevo solo che Claudia ritornasse. Ed è tornata.

Marco                         - ... diventando l’alibi del suo fallimento. Invece era lei a non avere talento ed ha trovato compensazione rifugiandosi nel Complesso dei Musici. Ed ha sbagliato, amico mio. Bisogna battersi, lottare, affrontare la vita come in guerra il nemico.

Dafne                          - E lei che lo ha fatto, è contento del risultato?

Marco                         - Tu la pensi in modo diverso, lo so... Il tuo guru spiegandoti il tuo karma, ti avrà insegnato chissà quale altra chiave per penetrare i misteri dell’esistenza. Ormai voi giovani guardate all’oriente per trovare un equilibrio.

Dafne                          - Guardi che io...

Marco                         - Non cercare di spiegarmi lo zen, sarei capace di mordere.

Paolo                           - Al liceo avevo un insegnante che diceva sempre: i frutti della conoscenza sono alla portata di tutti, basta entrare nel giardino...

Marco                         - ... e scegliere tra i tanti quelli giusti...

Paolo                           - (non raccoglie) Era un uomo aperto, magro e nervoso, con una grande testa di ricci grigi...

Marco                         - ... e per tre anni ci ha rotto i coglioni con questa cazzata. (guarda Paolo che lo fissa con insistenza) Già, sono Marco.

Paolo                           - T’avevo riconosciuto. Subito.

Marco                         - Anch’io, ma non mi andava di fartelo capire...

Paolo                           - Non sei cambiato.

Marco                         - Tu sì. Eri asciutto, scattante, avevi un bel ciuffo biondo che ti illuminava il viso. Della tua bellezza e di tutto il resto non è rimasto che il flauto, col quale, già allora, cercavi di incantare le ragazze.

Paolo                           - Ma eri tu a conquistarle.

Marco                         - Già, ero io. (un silenzio) Non mi aspettavo questo incontro.

Paolo                           - Bella sorpresa, no?

Marco                         - Sorpresa... lo è. Bella... non direi...

Paolo                           - Sai chi mi ha domandato giorni fa tue notizie? Anna Cinci, la ricordi?

Marco                         - Uno schianto. Bionda... alta... snella come un giunco...

Paolo                           - Ora è grossa, sfatta. Ha sei figli, già grandi. Ricordi Gabriella? Rideva sempre. Ora è vedova e depressa... Marilena convive con un medico molto più vecchio e Lauretta...

Marco                         - Me le sono fatte tutte. Aspettavo uscissero dalla palestra... a turno le distendevo sull’erba, dietro la siepe... A primavera, mentre facevamo l’amore ci piovevano addosso i petali dei biancospini... E tu continuavi imperterrito a masturbarti.

Paolo                           - Mi avevi insegnato tu.

Marco                         - Ti ho portato io da una puttana. Era bionda, grassa, la pelle bianca. Abbracciarla era come annegare nella panna. È stata la prima donna che hai avuto. Quanti anni sono passati, maledizione!

Paolo                           - Una vita.

Dafne                          - I ragazzi, oggi, non hanno più bisogno delle puttane...

Marco                         - Oramai hanno voi come navi scuola. E noi apparteniamo alla preistoria.

Dafne                          - Fare l’amore ci viene naturale.

Marco                         - Merito e colpa nostra, che vi abbiamo permesso tutto...

Paolo                           - Danaro, successo, donne. Hai avuto quello che volevi.

Marco                         - Avresti potuto sfondare anche tu. Eri persino più bello e più intelligente di me. Ma il tuo destino è stato sempre quello di farti fregare dagli altri.

Paolo                           - Anche e soprattutto da te. (lunga pausa) Perché mi hai portato via Claudia? (Marco non risponde) Quando più ne sentivo il bisogno.

Marco                         - Avevi la musica.

Paolo                           - Non mi è bastata.

Paloma                        - (una zitella sulla settantina) Scusino se disturbo. Mi hanno mandata qui...

Marco                         - (non senza ironia) Prego, si accomodi. Le do il benvenuto...

Paloma                        - Grazie. Mi chiamo Paloma. Fortunatissima. E come mai è qui anche questa ragazzina?...

Dafne                          - ... convocata, come gli altri. Sono in buona compagnia. I signori si sono ritrovati per caso, erano compagni di scuola.

Paloma                        - Infinite sono le vie del Signore.

Marco                         - (con sarcasmo) Già, non si può dire altro...

Paloma                        - Sono arrivata in un fulmine. Non ho fatto nemmeno in tempo a vedere il paesaggio. Servizio inappuntabile ed ottima organizzazione.

Paolo                           - Ci sanno fare.

Paloma                        - È carino qui, con tutte queste piante. Adoro il verde. Nel mio giardino... grande quanto un fazzoletto, ci sono tutti i tipi di piante. Ho dei gerani, che sembrano alberi e... (si interrompe) Oh, il mio anello...

Dafne                          - L’ha perduto?

Paloma                        - Che stupida, l’ho regalato ad Ines, prima di partire. Potevo portarmelo dietro? A lei piaceva tanto quell’ametista. Me l’aveva regalata mammina dicendomi "Un giorno, il tuo fidanzato ti regalerà un anello molto più bello". Mai avuto un fidanzato. Un ragazzo che mi faceva la corte non piaceva a mammina perché era di una diversa estrazione. Potevo darle un dispiacere?

Marco                         - A mammina? Mai.

Paloma                        - Sono vissuta con lei. Ho perduto papà piccolina. Ricordo poco di lui, soltanto gli occhi, erano come i miei... grandi... neri... (una pausa) Chiameranno loro?

Paolo                           - Quando sarà il momento.

Marco                         - Se si decidessero una buona volta, cazzo! (a Paloma) Pardon.

Dafne                          - Non possono chiamarci. Non siamo ancora pronti.

Marco                         - E cosa diavolo ne sai, tu?

Paolo                           - Ha ragione Dafne. Non siamo ancora pronti.

Marco                         - In che senso?

Dafne                          - Dobbiamo essere calmi... distaccati... i nervi distesi...

Marco                         - Se fanno aspettare ancora, i nervi me li fanno saltare. Aspettare mi rompe le palle. (a Paloma) Pardon!          

Paloma                        - Credevo che qui non si usassero certe espressioni...

Paolo                           - (dopo una pausa, a Marco) Quando ti ho rivisto, t’ho invitato a casa per farti conoscere mia moglie. T’avevo confidato che con lei, mi sentivo realizzato, felice. Perché me l’hai portata via?

Paloma                        - Non mi immaginavo un posto come questo. Tutto ordinato, bianco... pulito... piante bellissime, che non conosco... Le foglie sono lucide... di un verde smagliante... Chissà come si chiamano...

Paolo                           - (a Marco) Non mi rispondi, perché ti vergogni? (riprende a suonare il flauto)

Paloma                        - (non si rende conto che è Paolo che suona) La musica?!? Anche la musica. Abbiamo tutto per essere felici.

Marco                         - (con sarcasmo) Per forza, questo è il paradiso...

Paloma                        - È vero, è il paradiso, è proprio il paradiso...

Marco                         - (ha uno scatto improvviso e va a battere i pugni contro la vetrata) Ora basta! Aprite! Fateci entrare!

Paolo                           - Calmati, Marco, devi saper aspettare come noi.

Marco                         - Spacco i vetri, ecco quello che faccio... (ma ha un improvviso cedimento)

Paolo                           - (lo sostiene) Hai visto che non dovevi?

Marco                         - Mi gira la testa... sto per perdere i sensi...

Paolo                           - (lo aiuta a stendersi sul divano)

Dafne                          - (a Paolo, piano) È il momento?

Paolo                           - Non ancora. Ma non manca molto.

Marco                         - ... il cuore... sento che il cuore... Dio, un infarto... sarà un altro infarto. Un medico. Un medico... voglio qualcuno che si occupi di me...

Paloma                        - Un infarto?

Paolo                           - Un infarto, ma non solo quello... Lui non lo sa ancora.

Marco                         - Stammi vicino, Paolo, non mi lasciare... Ho una sensazione strana... Come se stesse per mancarmi il respiro...

Dafne                          - Se è il cuore...

Paloma                        - Si rende conto ora dell’infarto? Ah, ho capito. (scoppia in una risata comunicativa e liberatoria con uno sguardo d’intesa a Paolo)

Marco                         - Io sto male e lei ride?

Paloma                        - Mi scusi, è stato più forte di me. Mi è venuta la risata e non sono stata capace di trattenerla.

Marco                         - Dovrebbe vergognarsi. (a Paolo) Ho paura. Qui non c’è né un usciere... né un telefono... né un campanello...

Paolo                           - Calmati, Marco, è già tutto risolto...

Marco                         - Forse è stata una suggestione: le porte sbarrate... l’aria condizionata...

Dafne                          - L’aria non è condizionata.

Marco                         - Peggio ancora. Un’aria morta.

Paloma                        - Proprio così. Un’aria morta. (e riprende a ridere)

Marco                         - Ricomincia? Le manca proprio qualche venerdì.

Paloma                        - Cosa posso farci? Sono allegra perché, qui, mi sento bene, libera... leggera...

Marco                         - E perché io, invece, tanta angoscia?

Dafne                          - Non ha ancora avuto il tempo di ambientarsi.

Marco                         - (a Paolo) Ma se sono arrivato prima di lei...

Paolo                           - Ognuno ha i suoi tempi. Tra poco ti sentirai meglio anche tu.

Marco                         - Tra quanto?

Paolo                           - Presto.

Marco                         - Sempre quel cazzo d’avverbio che non vuol dire niente.

Paloma                        - Ha ragione, non vuole dire niente. Domandavo a mammina, quando mi sarei sposata e lei rispondeva "Presto". Invece...

Dafne                          - Nessun marito??

Paloma                        - Nessuno.

Marco                         - E lei è rimasta vergine?

Paloma                        - Come Dio m’ha fatta.

Marco                         - Mai avuto un uomo? Non sa come sia fatto?

Paloma                        - Guardando le statue, vedendo i quadri, l’anatomia, la conosco. L’amore, no. Ne ho sofferto per anni, poi ho risolto. A tutto c’è rimedio.

Marco                         - Ora capisco le sue assurde risate. Mancanza di equilibrio sessuale.

Paloma                        - Cosa vuol dire?

Marco                         - Ha represso i suoi desideri, li ha respinti...

Paloma                        - E che ne sa lei?

Marco                         - Non ha mai avuto un contatto sessuale...

Paloma                        - Se ne avessi avuto, cosa mi resterebbe? Ricordi. Soltanto ricordi.

Paolo                           - Una vita senza ricordi, non ha senso.

Paloma                        - Ma io ne ho tantissimi. Perché, la mia vita, anche se non l’ho vissuta come intendono loro, me la sono immaginata...

Marco                         - Tra immaginare e vivere c’è una bella differenza...

Paloma                        - Anche immaginando si hanno ricordi. Non di innamorati veri, ma di quelli immaginati.

Paolo                           - ... in sogno.

Paloma                        - No, ad occhi aperti... Bellissimi giovanotti che si innamoravano di me appena mi vedevano. Dovunque entrassi, le altre donne sparivano e gli occhi di tutti si puntavano su di me.

Marco                         - Nella sua fantasia.

Paloma                        - Certo, nella mia fantasia.

Marco                         - Uomini che nemmeno esistevano...

Paloma                        - ... non esistevano per gli altri, ma per me... sì. Mi venivano attorno, mi parlavano d’amore...

Dafne                          - Nella vita... o si vive o si sogna.

Paloma                        - Le storie, soltanto sognate, sono rimaste nel mio ricordo, come fossero vere. Ora, che differenza c’è che siano vere o no, dal momento che me ne resta il ricordo?

Marco                         - Masturbazione mentale.

Paloma                        - (non raccoglie, forse non ha capito) Non ero bella, avevo solo dei grandi occhi, gli occhi di papà. Ma un uomo non si innamora perché si hanno dei begli occhi. E, poi, mammina era severa... prima non mi lasciava uscire sola, poi si è ammalata ed ho passato anni a curarla. Se n’è andata portandosi via la mia giovinezza. Ho trovato lavoro in un istituto di suore, ma la sera, rientrando, mi rendevo conto di essere sola.

Dafne                          - È stata brava a resistere. A me la solitudine ha sempre fatto paura. Ecco perché avevo tanti amici...

Paloma                        - Le altre si erano sposate, avevano figli, problemi col marito, ma anche il suo amore... Anch’io avrei voluto le braccia calde di un uomo che mi stringessero... ma nessuno si è mai occupato di me. Uscivo, andavo al cinema, mi mettevo accanto ad un uomo, solo così, per sentire il suo respiro, il suo calore... Ma non mi dava gioia. Era meglio stare nella mia stanza a sognare...

Marco                         - (a Paolo) Cosa ne dici? Ci meritavamo la compagnia di questa matta?

Paolo                           - Ti senti meglio?

Marco                         - Non so. Mi sento strano.

Paloma                        - A tutti, ho preferito un ufficiale di marina. Si chiamava Antonio. Biondo, alto, con degli occhi che avevano visto tutti gli oceani, e di quei mari conservavano il colore. Di notte mi ha fatta salire sulla nave, nascondendomi nella sua cabina. E la nave, al mattino, è partita verso i mari del sud... Dall’oblò vedevo il cielo azzurro... i pesci volanti... i delfini... i gabbiani... Le onde lunghe del mare, azzurro col sole, d’inchiostro la notte... ed il solco scintillante della prua che fendeva il mare...

Marco                         - (col solito sarcasmo) Chissà cosa sarà successo in quelle calde notti stellate sui mari del sud?

Paloma                        - È stata la felicità più completa. Poi, tutto è precipitato.

Marco                         - Un tradimento?

Paloma                        - Fucilato.

Paolo                           - L’ufficiale?

Paloma                        - La marina ha una disciplina di ferro. Era una nave da guerra, capiscono?

Marco                         - Non ce l’aveva detto.

Paloma                        - L’ho saputo dopo. Quando è stata scoperta la mia presenza a bordo, il capitano non ha avuto pietà. Lo hanno fucilato davanti ai miei occhi. Ed il suo corpo, cucito in un sacco, lo hanno affidato al mare.

Dafne                          - Avrebbe dovuto scriverle, le sue storie.

Paolo                           - Doveva proprio scegliere un finale così tragico?

Paloma                        - E la vita non lo è? Una notte, guardando il cielo, dalla finestra della mia stanza, mi è parso di vedere il mio ufficiale trasformato in una stella. Allora ho deciso di farlo fucilare. È una morte rapida, non si soffre. E da quel giorno, mi sono vestita di nero.

Marco                         - (con sarcasmo) Una vera eroina.

Paolo                           - (la guarda esterrefatto) E la sua vita è stata tutta così?

Paloma                        - Ognuno fa le sue scelte.

Marco                         - Non discuto, ma il sapore di un bacio... un brivido di passione...

Paloma                        - Io ho avuto questo ed altro nei miei sogni d’amore...

Dafne                          - Quasi mi vergogno a sedici anni di aver provato quello che a lei è mancato.

Paloma                        - Ho avuto tutto. Cosa mi è mancato?

Marco                         - I suoi sono stati solitari orgasmi.

Paloma                        - ... che hanno dato un senso alla mia esistenza. (come una bambina) Ho avuto anche un ladro. Ma aveva rubato perché aveva fame...

Marco                         - Una storia da fumetto.

Paloma                        - Era carino. Una testa di ricci neri. Ogni riccio, un capriccio, gli dicevo io.

Marco                         - È stato fucilato anche lui?

Paloma                        - ... è morto di crepacuore in carcere, pensando a me. Non è che tutte le mie avventure finiscano con una tragedia. Ma un po’ di dramma ci vuole, fa parte della vita.

Paolo                           - Questo è vero. Ognuno ha avuto il suo.

Dafne                          - Lei non ha vissuto la sua vita ed io l’ho bruciata in fretta. Ho voluto avere tutto, subito. Ma nemmeno per curiosità. Solo per bisogno d’amore.

Paolo                           - Se dovessi ritornare indietro, farei esattamente tutto quello che ho fatto.

Paloma                        - Gli ultimi tempi ero meno sola... I mariti erano morti... i figli se ne erano andati... le mie amiche avevano bisogno di compagnia: ci vedevamo per chiacchierare... per uscire... Mi erano tutte attorno, quando sono partita...

Paolo                           - Claudia voleva seguirmi, per fortuna glielo hanno impedito.

Dafne                          - La mamma non prevedeva questa mia partenza improvvisa...

Paloma                        - Neanch’io. Mi sentivo stanca... senza energia... indebolita...

Paolo                           - Ed ora?

Paloma                        - Ora mi sento tranquilla, come non sono mai stata.

Dafne                          - Non ha più bisogno di sognare.

Paloma                        - È vero, non ho più bisogno di sognare. (ride)

Marco                         - Non posso far altro che ammirare la vostra serenità. Il solo ad essere angosciato, sono io.

Paolo                           - Fra poco andrà meglio e proverai la nostra stessa serenità.

Paloma                        - Cosa vuole? Hanno i loro metodi. Bisogna aver fiducia considerando la loro grande esperienza ed il loro senso di responsabilità.

Marco                         - Speriamolo. Ma mi sento pieno di inquietudine...

Paloma                        - Mi ricorda il mio ufficiale. Anche lui non era tranquillo perché non distingueva il bene dal male. Non era a posto con la sua coscienza.

Marco                         - Cosa vuol dire? Che fucileranno anche me?

Paloma                        - Antonio aveva trasgredito ad ordini superiori stabiliti. Di lei non so nulla... Se ha trasgredito anche lei...

Marco                         - La trasgressione è sempre stata la base della mia esistenza. Però penso di essere fondamentalmente onesto. Diciamo che sono onesto con qualche riserva.

Dafne                          - Il mio sbaglio è di aver avuto troppa fretta di vivere. Anche per questo sono qui.

Marco                         - Droga?

Dafne                          - Già...

Marco                         - (urlando) Hai sedici anni e vuoi distruggerti la vita?

Paolo                           - Non urlare. Si rende conto che ha sbagliato...

Paloma                        - Tutti abbiamo qualcosa di cui pentirci.

Marco                         - Ma ti rendi conto dove porta la droga?

Dafne                          - ... mi ha portata qui.

Marco                         - Non capisco come...

Paolo                           - Tra poco capirai anche tu.

Marco                         - Non vi seguo... non riesco a seguirvi... Non avete ribellioni, non reagite. Mi sembrate dei morti. Proprio dei morti.

Paloma                        - (scoppia a ridere)

Marco                         - E ride, la pazza. Non voglio stare con voi, voglio ritornare a casa... ritrovare le cose che amo... Ho una struggente nostalgia per tutto quello che ho lasciato. Questo posto non mi piace, mi opprime. Me ne devo andare. Vi prego, aiutatemi ad andarmene...

Dafne                          - Dove?

Paloma                        - Da qui non si può uscire. Le porte sono chiuse. Non tocca a noi decidere di aprirle.

Paolo                           - Devi aspettare anche tu la conclusione...

Marco                         - Quale? Non capisco...

Paloma                        - Può succedere ad un corpo di sopravvivere alla propria coscienza. Come già esiste nel ventre materno, prima che questa si formi...

Marco                         - Ed allora? Si spieghi, per favore...

Dafne                          - Non ha ancora capito che è in anticipo?

Marco                         - Sono venuto quando mi hanno chiamato.

Paolo                           - Ma hai ancora un legame...

Marco                         - Con chi?

Dafne                          - ... con la vita, col corpo.

Marco                         - Certo. Sono vivo.

Paloma                        - Vivo?

Dafne                          - Ancora per poco.

Marco                         - (li guarda atterrito) Cosa volete dire? Che sto per morire?

Paolo                           - Non ti domandi perché ti hanno convocato?

Marco                         - Per un controllo... per un semplice controllo... Per una comunicazione, poi ritorno...

Dafne                          - Tornare?!?

Paloma                        - ... a vivere? (scoppia a ridere)

Paolo                           - Quella porta si apre per entrare, non per uscire.

Marco                         - Cosa vuoi dire?

Dafne                          - Possibile che non se ne renda ancora conto?...

Paolo                           - Tu sei arrivato un po’ prima. Ma se il tuo corpo è ancora in vita, non ci sono più speranze. Sei in coma irreversibile.

Marco                         - (cerca di ridere, nervoso) Non è vero... cosa dici? Ho avuto un malessere, ma è passato. Stavo male perché mi ero suggestionato e per la mia stanchezza... il viaggio... la tensione... Ma mi sono ripreso. Ora sto bene come prima... Sto benissimo...

Paloma                        - No, si convinca, lei è vivo ancora per poco... La sua esistenza, come la nostra, si è conclusa. Si viene qui quando la vita è finita. Finita per chi l’ha vissuta, per chi l’ha sognata, per chi se l’è distrutta, per chi l’ha bruciata. L’abbiamo abbandonata e stiamo aspettando di entrare nell’aldilà.

Marco                         - Non è vero. Ho ricevuto la convocazione soltanto perché...

Paolo                           - ... perché ti hanno chiamato. Cerca di ricordare quello che è successo.

Marco                         - Ricordo benissimo. Avevo avuto una magnifica giornata... avevo fissato tutti gli appuntamenti per la settimana e confermato le riunioni per il giorno dopo. Poi mi sono seduto sulla mia scrivania, ho ordinato un caffè.

Paolo                           - ... bollente... doppio... amaro...

Marco                         - Esatto. Sono tornato a casa, mi sono fatto un bel bagno, e dopo essermi abbondantemente frizionato di colonia, mi sono vestito e sono salito in macchina...

Paolo                           - ... per andare all’appuntamento con l’ultima conquista...

Marco                         - All’improvviso mi è arrivata la convocazione, ma non ricordo quello che è successo...

Paolo                           - ... mentre guidavi hai sentito prima un dolore al braccio, poi una fitta al petto... Hai perso il controllo del volante, la macchina è uscita di strada, è precipitata in una scarpata. Forse anche da questo infarto avresti potuto salvarti, ma c’è stato l’incidente...

Marco                         - ... l’incidente?

Dafne                          - Appunto, l’incidente.         

Paloma                        - L’hanno estratta dalla macchina in condizioni disperate.

Marco                         - Non ho una ferita. Solo gli abiti strappati.

Dafne                          - Contusioni interne. Dappertutto. Guardi in che stato sono i suoi abiti...

Paolo                           - Sei in coma profondo.

Marco                         - Mi salveranno. Ho fiducia nei medici. Ah, se fosse successo in America...

Paloma                        - Non si salvava neanche in America, se questo era il suo destino.

Dafne                          - Ora è qui. E da qui non si esce più...

Paolo                           - Il tuo corpo sta lottando invano contro la morte. Tu... lo hai già abbandonato.

Paloma                        - Capisce, ora? Capisce?

Marco                         - ... qualcosa ricordo: avevo imboccato l’autostrada... tenevo il piede sull’acceleratore... Mi sentivo contento, soddisfatto della mia vita... l’autoradio trasmetteva una canzone d’amore... ad un tratto... sì, hai ragione, Paolo, è successo qualcosa... ma che cosa non so.

Dafne                          - Il suo amico gliel’ha spiegato...

Marco                         - No, no. Volete farmi paura... Io sono vivo, vivo. Ho ancora davanti a me anni meravigliosi... Non ho che 52 anni... Alla mia età un uomo è nel pieno della vita...

Paolo                           - Andiamo, Marco. Non capisci che è tutto finito?

Marco                         - Ho fiducia nei medici... Mi salveranno. Ritornerà... ritornerò...

Dafne                          - Non si ritorna. Siamo già fuori del tempo e dello spazio...

Marco                         - Non sono morto... Non sono morto. Se lo fossi me ne accorgerei.

Paolo                           - Guarda, sei nella camera di una clinica, i medici attorno... scuotono la testa...

Marco                        - Non voglio vedere. Io sono vivo e voi siete morti... Mi hanno mandato qui, tra i morti, ma io... io...

Paolo                           - Tua moglie è nel corridoio, angosciata... stanno per arrivare i tuoi figli per vederti per l’ultima volta...

Paloma                        - Coraggio, il momento è arrivato.

Paolo                           - Sente il suo cuore? Gli ultimi battiti... (ingigantiti i battiti di un cuore)

Marco                         - (si mette le mani sulle orecchie) No... no...

Paolo                           - Ti hanno infilato nel corpo aghi e tubi che non servono più, ormai.

Marco                         - Soffrirò?

Paloma                        - Nessun dolore fisico.

Dafne                          - I       medici si consultano.

Marco                         - (ha un’emozione intensissima e singhiozza, senza lacrime)

Paolo                           - Non aver paura, sei già con noi.

Paloma                        - Non si disperi per un corpo. Cos’è un corpo?

Marco                         - (con rabbia) Niente per lei, che non l’ha saputo usare. Ma io ne ho fatto l’uso migliore.

Dafne                          - ... ma ora altro non è che un corpo scosso dai brividi della morte.

Marco                         - Per lo meno fosse successo mentre facevo l’amore. Sarei morto sul campo. Com’è possibile? Già non ricordo più chi fosse la donna che mi aspettava... lei si confonde con le altre... si confonde tutto.

Paolo                           - (cantando i versi del Don Giovanni) V’han tra queste contadine, cameriere, cittadine, v’han contesse e baronesse, marchesine e principesse...

Marco                         - La vita si allontana... le feste... le crociere... le corse in macchina... le notti d’amore... Avevo tutto, cosa mi mancava? Eppure nessuno si è mai sentito solo come me.

Dafne                          - Ecco, stanno staccando il tubo dell’ossigeno...

Marco                         - No?

Paolo                           - II     tuo cuore ha smesso di battere.

Marco                         - (ha come un lungo brivido, abbraccia con forza il suo corpo come per non staccarsene. Gli altri lo guardano. Poi, dopo un lungo silenzio, con una nuova         serenità) È fatta. Ora sono qui anch’io di diritto ed in piena coscienza. (come se fosse entrato in questo momento) Buongiorno a tutti.

Paloma                        - Benvenuto.

Dafne                          - ... benvenuto nel nostro stato di quiete.

Marco                         - È arrivata anche per me la fine.

Paolo                           - La fine? Diciamo l’inizio.

Marco                         - Morto senza soffrire.

Dafne                          - Anch’io non me ne sono accorta, distesa su quella panchina del parco... Ora sono all’obitorio, su di una lastra di marmo. Il vecchio medico intenerito dice che sembro una bambina.

Paloma                        - Le mie amiche mi portano dei fiori. È una sera serena, l’aria dell’Andalusia non è mai stata così dolce...

Paolo                           - Il medico fa prendere un sedativo a mia moglie perché stanotte possa dormire.

Paloma                        - ... sono i suoi figli?

Paolo                           - Sono arrivati di furia. Erano in giro in vacanza.

Dafne                          - Infatti sono abbronzati.

Paolo                           - La camera mortuaria di un ospedale è di uno squallore... E l’odore dei fiori dà alla testa...

Paloma                        - Da te non c’è ancora nessuno.

Dafne                          - Sta arrivando mia madre. Povera donna, un grave colpo per lei.

Paolo                           - Perché... la droga?

Dafne                          - ... mi sentivo sola, abbandonata da tutti... Un ragazzo mi ha consigliato il rimedio per tirarmi su. Così ho cominciato. Oggi la droga era tagliata male. Quello che me l’ha venduta mi ha augurato "Buon viaggio". Forse sapeva che sarebbe stato senza ritorno.

Marco                         - Mi fa male vedere mia moglie piangere. Non è vero che non l’amassi più. La tradivo, era più forte di me. Chi non resiste all’alcool, io non resistevo alle donne.

Paolo                           - E il bambino?

Marco                         - Gioca tranquillo nel giardino della villa. Vorrei che qualcuno, quando sarà il momento, gli dicesse con dolcezza che io me ne sono andato e che lui continuasse a giocare. Avrà nove anni a giugno. Ho mentito quando ho detto di non sapere la sua età... Non è vero che non amassi i miei figli, ma le madri, una dopo l’altra me li hanno portati via... Così ho cercato di resistere alla tenerezza dell’ultimo, che è arrivato restando indifferente alla sua grazia. (un tempo) Non pensavo di morire...

Paolo                           - Hai vissuto, col piede sull’acceleratore come correndo in autostrada.

Marco                         - Era il mio modo di vivere. E di guidare. Ed all’improvviso...

Paolo                           - ... l’eternità. E ti sei ritrovato proprio con me, l’ultima persona che avresti voluto incontrare. (riprende a suonare il flauto)

Paloma                        - Qui non si portano dietro né odi né rancori...

Dafne                          - Qui esiste soltanto l’amore.

Marco                         - È stato facile portarti via Claudia. Le ho offerto l’imprevisto di un’avventura... la follia... brividi nuovi... Quando ho capito il male che ti avevo fatto, era tardi. È tornata da te perché da me non avrebbe avuto quella continuità d’amore che tu le davi.

Paolo                           - Tutto è lontano, ormai.

Paloma                        - Stiamo staccandoci dai ricordi, come mi sono staccata dai miei sogni.

Marco                         - I sogni, non lasciano tracce, né rimorsi, mentre la vita... Vedi, Paolo, non potevo immaginare che ti avrei stroncato la carriera. Claudia mi diceva che era la musica a dare un senso alla tua esistenza.

Paolo                           - (finisce l’accordo, posa il flauto) Non sapevo lottare e per questo non ho potuto vincere. Credo che, in fondo, in fondo, Claudia abbia continuato ad amare te.

Marco                         - Tu hai avuto la musica.

Paolo                           - Per questo mi hanno messo tra le mani... il flauto.

Dafne                          - Con tutta l’esistenza davanti a me, non ho avuto la forza di viverla.

Paloma                        - Ognuno di noi avrebbe potuto fare meglio. Ma a che vale parlarne? Tutto è ormai lontano. (a Paolo) Non si rassegnano i suoi figli. Il più piccolo è il suo ritratto...

Paolo                           - Ha preso da me. (come parlasse ai figli) Coraggio, ragazzi, acchiappatela, la fortuna. Non lasciatevela scappare.

Marco                         - Ricordi quando eravamo ragazzi noi, Paolo? Uscivamo di corsa da scuola... tutto era un giuoco... la gioia di vivere che avevamo... Ho sempre rimpianto quegli anni... Ora, mi stanno vestendo. Un abito blu tagliato da un grande sarto. Mi stava perfetto. Cominciano le visite degli amici. Amici? Ne ho mai avuti?

Dafne                          - Coraggio, mamma. Questione di un attimo. Alzeranno il lenzuolo e tu dovrai dire che sono tua figlia. Vedrai, la vita, senza di me, ti sarà più facile... non avrai più responsabilità... Mi accorgo ora di come era bello il mondo: le rondini... i fiori... le stelle... l’amore. Al primo impatto con la realtà ho ceduto.

Paloma                        - Ed io che ho passato il tempo a sognare... Hai ragione, Dafne, era bello il mondo... le albe... i tramonti... le nuvole...

Paolo                           - Un’estate in una caletta dove l’acqua era chiara... io ed i ragazzi ci siamo tuffati con la maschera per vedere il fondale. Loro, in acqua, si muovevano come pesci, io nuotavo con quella esitazione che mi sono sempre portata dietro in tutto quello che facevo... Ad un tratto i miei figli, uno da una parte, l’altro dall’altra, mi hanno preso la mano ed abbiamo continuato a nuotare così nell’acqua illuminata dal sole, su quel fondale di cose vive. È stato come riscoprire la felicità del grembo materno.

Paloma                        - Da un pinolo, piantato in giardino da ragazza è nata una pianticina, che, piano, piano, è diventata un albero. Un enorme pino nato da un piccolissimo seme. Questi miracoli fa la natura.

Dafne                          - Avrei voluto un seme nel mio corpo per far germogliare una vita. Ho avuto dei semi, ma non sono germogliati.

Marco                         - Di tante cose, ricordo una passeggiata col mio cane, in un bosco d’autunno. Sdraiato a terra sull’erba ho scoperto il cielo tra le foglie dorate.

Dafne                          - Non abbiamo capito che il senso della vita era l’amore.

Paloma                        - (a Marco) Ecco, i suoi figli...

Marco                         - Mi guardano con dolore: forse rimpiangono il padre che avrei voluto essere e non sono stato.

Paolo                           - I musicisti del mio complesso sono venuti a portarmi dei fiori.

Paloma                        - Perché il più piccolo ha un sorriso soddisfatto?

Paolo                           - È il professore di clarino. Suo figlio, flautista, prenderà il mio posto nel complesso.        

Dafne                          - Mio padre... è venuto mio padre...

Paloma                        - Un bellissimo uomo.

Dafne                          - ... mi sfiora con le labbra la fronte e resta pensoso, senza degnare di uno sguardo mia madre.

Paolo                           - Domani, alla mia cerimonia funebre, suonerà il nostro complesso. Sarà il debutto del nuovo flautista, il figlio del suonatore di clarino. E subito mi dimenticheranno. Per te Marco, sarà diverso, sei un personaggio importante.

Marco                         - Avrò intere colonne sui giornali, ne parleranno anche alla televisione... Ma anche se parteciperanno... si assoceranno... esprimeranno il loro cordoglio, di me, ormai, tutti se ne fregano. Sul letto di morte, Paolo, siamo uguali.

Paolo                           - ... cadaveri da seppellire.

Dafne                          - ... le primule. Papà si è ricordato dei miei fiori preferiti. Da piccola, a primavera, mi portava nei boschi a raccoglierle...

Paolo                           - Il prete viene a dare la benedizione alla mia salma.

Marco                         - Serve a qualcosa?

Paolo                           - A consolare chi resta.

Marco                         - Se serve soltanto a far parte di questa ultima rappresentazione, perché la religione?

Paloma                        - L’umanità ne sente il bisogno. Per un sollievo della coscienza.

Marco                         - Povero il mio Newton. (tutti lo guardano sorpresi) Così si chiama il mio cane. È fermo davanti al cancello e non fa che guaire. Ha capito che non mi vedrà più.

Paolo                           - Si prenderà cura di lui il più piccolo dei tuoi figli. Così sia l’uno che l’altro conserveranno qualcosa di tuo.

Marco                         - L’ho salvato da un canile dove lo avrebbero eliminato. Lo ha capito e me ne è grato.

Dafne                          - Spero che qualcuno porti da mangiare al mio randagio...

Marco                         - Cosa succederà, ora?

Paloma                        - ... al nostro corpo? Lo seppelliranno e buonanotte ai suonatori...  

Marco                         - Ha ragione, Paloma, vivere la vita o averla soltanto sognata che differenza fa? Se penso al mio passato, non mi sembra nemmeno di averlo vissuto. Di noi non resta nulla...

Dafne                          - ... soltanto quello che abbiamo saputo dare.

Marco                         - Ed io che cosa ho saputo dare? Il mio seme, sparso in tanti corpi diversi. Per questo sarò giudicato?

Paolo                           - No, Marco, ci giudichiamo da soli. Per questo ci hanno mandati qui, prima di farci entrare...

Marco                         - Chi?

Paloma                        - Quelli più forti di noi.

Marco                         - C’è chi decide, allora?

Paolo                           - Pare di sì.

Marco                         - Dio?

Paloma                        - La presenza di Dio è in ognuno di noi. Un poco di Dio lo possediamo tutti.

Dafne                          - Credo che sia così.

Marco                         - Allora Dio c’è?

Paloma                        - Se non ci fosse, perché l’uomo avrebbe pensato la sua esistenza?

Marco                         - E che Dio è? Quello cristiano, quello buddista, quello maomettano?

Paloma                        - Lei quale vorrebbe?

Marco                         - Per me vanno bene tutti. Li conosco poco. Ma se è quello del Padre Nostro...

Paloma                        - Quanti ne ho recitati in silenzio nella mia chiesetta in Andalusia.

Dafne                          - ... rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori...

Marco                         - Il Dio dei comandamenti mi fa un po’ paura "Non commettere atti impuri"... "Non desiderare la donna d’altri"...

Paolo                           - Dio è l’assoluto e l’assoluto non proibisce.            

Marco                         - E cosa se ne può fare l’assoluto di uno come me?

Paolo                           - Dell’assoluto facciamo parte.

Marco                         - Anch’io?

Paolo                           - Facciamo parte della coscienza universale. (e riprende a suonare)

Marco                         - Non ho fatto nulla che possa giustificare l’esistenza della mia coscienza.

Paloma                        - Ha creduto nella vita.

Marco                         - Questo sì.

Dafne                          - L’ha amata.

Marco                         - Pochi possono averla amata come me. Ora la mia coscienza sparirà insieme alla mia immagine?

Paloma                        - ... l’immagine sì, quando più nessuno la ricorderà. Sbiadirà sempre più fino a cancellarsi del tutto...

Paolo                         - (dopo un’ultima nota acuta e straziante, posa il flauto su di un mobile e lo saluta con un dolce) Addio.

Marco                         - Tu sei il più sereno.

Paloma                        - Ha amato la musica. E nulla più della musica avvicina all’eternità.

Marco                         - Tra poco la mia immagine scomparirà?

Paloma                        - Cosa le importa della sua immagine? Resterà quella parte della coscienza che le avrà permesso di entrare nell’infinito.

Marco                         - L’infinito?

Paolo                           - Si chiama così perché è composto da tutti noi che non possiamo finire.

Paloma                        - Quando la coscienza dell’umanità diventerà coscienza universale, tutto avrà finalmente un senso.

Dafne                          - Forse rivivremo. In un altro corpo.

Paloma                        - Può darsi. Sicuramente potremo aiutare altri a vivere meglio di noi.         

Marco                         - Vorrei reincarnarmi.

Paolo                           - Te la sentiresti?

Marco                         - Sì, nonostante le angosce...

Paolo                           - Nascere... crescere... scoprire il mondo con occhi innocenti...

Paloma                        - È quel poco di innocenza che è in noi a salvarci...

Marco                         - Ma... tutti uguali? Voglio dire... niente beati... niente dannati? Senza un castigo?

Paloma                        - Un castigo c’è: scomparirà di noi tutto quello che non aveva un vero valore...

Paolo                           - Resta quello che di positivo dovremo trasmettere agli altri.

Marco                         - Ho dato parte della mia vita ad una fabbrica di pneumatici... Capite che grande coglione sono stato?

Dafne                          - (mentre poco a poco la porta a vetri si illumina) Il momento è arrivato...

Paloma                        - (voltandosi anche lei) La porta si sta per aprire...

Paolo                           - L’eternità ci aspetta.

Marco                         - Cosa pensi, Paolo? Che per salvarmi sia bastato quel poco d’amore che ho saputo dare al mio cane?

(Paolo non fa più in tempo a rispondere. I quattro si trovano ora spalle al pubblico mentre la porta a vetri si apre ed una luce accecante colpisce in pieno il pubblico, abbagliandolo. È un attimo. Quando la luce scompare rimane il palcoscenico vuoto)

FINE