Storia d’amore

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STORIA D'AMORE

STORIA D'AMORE

PERSONAGGI:

WALTER

CLAUDINE

NINO

due tempi

di

LUIGI LUNARI

La scena.

Un moderno appartamento arredato con grande gusto. Un locale aperto, in cui sono raccolti salotto, studio, un piccolo angolo-bar, distinti tra loro da piccole rampe di due o tre scalini che ne muovono e variano la planimetria. Vi è anche uno schermo cinematografico. Esso fa parte dell’ambiente, e cioè dell’arredamento dell’appartamento; tuttavia - in modo non realistico, o non necessariamente realistico - incombe sulla scena e sul pubblico: un grande schermo che domina prepotentemente la scena e che al tempo stesso ne è parte.

Di fronte allo schermo - schienali rivolti al pubblico - le poltrone o il divano che compongono l’angolo-salotto. Accanto a portata di mano, un tavolinetto con il quadro dei comandi che azioneranno luci, schermo, proiezioni, grammofono.

PRIMO TEMPO

I.

E’ notte. La stanza è apparentemente vuota, fiocamente illuminata da un discreto abat-jour in un angolo. Un lungo silenzio. Un orologio batte le ore, con un suono astratto: sono le quattro.

Dalla poltrona centrale, con le spalle voltate al pubblico, si intuisce - più che vedersi -- il movimento di qualcuno: un lieve agitarsi, forse un risveglio, ancora torpido e confuso.

Poi, sottolineato da un intensificarsi della luce che lo coglie, come per un dettaglio cinematografico, dalla poltrona si sporge, lentissimo, assonnato, un braccio. Il braccio raggiunge il tavolinetto dei comandi; a tentoni, come per movimenti infinite volte ripetuti, la mano cerca un tasto, lo preme. Il tendaggio o l’arazzo che eventualmente nasconde lo schermo si apre con un debole ronzio. La mano afferra intanto un bicchiere di whisky che si trovava sul tavolino e che ora scompare dietro lo schienale della poltrona. Di nuovo la mano raggiunge il quadro dei comando, schiaccia alcuni tasti. L’abat-jour nell’angolo si spegne, la stanza piomba nel buio, ma subito lo schermo si illumina, per ora ancora bianco. Alla luce dello schermo vediamo la mano premere altri tasti. Lenta, dal silenzio, affiora la musica: una musica settecentesca, dolce e solenne. E sullo schermo compaiono immagini sfocate che si mettono lentamente a fuoco, man mano che la musica cresce di intensità, si allarga, invade la scena.

Ora l’immagine è precisa: è una giovane donna, alle soglie della femminilità, bellissima, di un’eleganza naturale e connaturata. Sono primi piani che dissolvono l’uno nell’altro, statici o in movimento. La donna è - o sembra - in costume: da cavallerizza, da gran sera, da déjuner sur l’herbe; ma l’apparenza del costume potrebbe non esser altro che la convenzionalità formale del vestito.

I movimenti sono lenti, radiosi, angelici; le immagini sono di pura bellezza; la donna appare felice, ride, muove le labbra come per parlare con qualcuno, rovescia la testa all’indietro in una risata franca ed aperta; poi piega la testa da un lato guardando con ingenua malizia di sottecchi un invisibile interlocutore; affonda il volto in un mazzo di fiori, chiudendo gli occhi come estasiata al profumo… .. Poi improvvisamente il volto si rabbuia, si intristisce, avvizzisce, si deforma quasi in una smorfia brutta o altezzosa, o antipatica…

li braccìo, con un gesto rapido e nervoso, quasi intollerante, si sporge a schiacciare un comando. L’immagine si ferma in un foto-stop, poi si offusca e sparisce, mentre anche la musica si immobilizza in un suono sgradevole, prima di spegnersi del tutto.

 

Dopo un istante, la poltrona si gira di centottanta gradi; vi è seduto Walter, un uomo anziano ma ancora perfettamente vigoroso e scattante nel fisico. Un vigore con cui reagisce bene, ma non senza sforzo di volontà, ad un’intima e più profonda stanchezza. L’uomo ha un’espressione seria. Allunga una mano verso il tavolino, ne prende un telefono, se Io reca in grembo. Compone un numero. Attende una risposta che non arriva. Si può anche sentire, ingigantito ma pur sempre sommesso, misteriosamente diffuso, il suono del telefono nella lontana stanza vuota, dove nessuno risponde. Walter ha una smorfia di disappunto e di perplessità. Compone un altro numero.

WALTER - Pronto, aereoporto?... Il volo da New York, per piacere: ha ritardo?... Già arrivato tre quarti d’ora fa?! ... No, no, niente: grazie. In perfetto orario: certo! Grazie.

(Riappende, con un’espressione ora di maggior disappunto. Ricompone il numero di prima, e di nuovo sentiamo, misterioso, lo squillo di telefono nella lontana stanza vuota. Ma dopo pochi squilli, un altro suono: questa volta è un suono concreto e realistico: suonano alla porta. Walter ha un’espressione di soddisfazione, che dissolve nervosismo e disappunto. Schiaccia ancora alcuni comandi. La luce nella stanza si fa più forte, la porta si apre. Entra Nino: un uomo sui trentacinque anni, con l’espressione e la figura efficienti del giovane manager. Ha un impermeabile sui braccio, e una borsa da viaggio).

WALTER - Stavo proprio telefonandoti a casa.

NINO - Non mi lascia neanche il tempo di arrivare?

(Entra nella stanza, deposita la roba, stringe la mano a Walter che gli si è fatto in contro.)

WALTER - Hai fatto buon viaggio?

NINO - Sì, grazie.

WALTER (in fretta) - E allora?

NINO - Bene.

WALTER - Bene ... come? Com’è andata?

NINO - Benissimo.

WALTER - "Bene ... Benissimo ..."! Ti costa tanto parlare? Non potevi telefonarmi, da New York, prima di partire?

NINO - Allora: il film si fa. Budget praticamente illimitato. Gli americani non hanno fatto nessuna obbiezione. Chiedono soltanto un americano di gran nome come primattore

WALTER - E lei?

NINO - Carta bianca. Anche la sconosciuta: gli sta benissimo. Alla distribuzione basta il primattore e qualche altro nome nelle parti di fianco. L’idea della primattrice sconosciuta da cercare ... hanno pensato ... così!: una bizzarria del grande maestro.

WALTER - E la sceneggiatura?

NINO - Idem come sopra: nessuna obbiezione. Certo: si sono accorti che…

WALTER (secca mente, con diffidenza aggressiva)- Che cosa?

NINO - Beh ... che è identica ... al suo ultimo film!

WALTER - Identica?! E’ tutta un’altra cosa!

NINO - Maestro, che in sostanza si tratti dello stesso film ... mi pare innegabile!

WALTER i (sarcastico) - Gli pare innegabile!

NINO - Su trecentododici sequenze…

WALTER - Sostenere che sia lo stesso film, è idiota! Vuol dire non capir niente! Un film non si giudica sulla carta! La sceneggiatura! Che cos’è la sceneggiatura? "Primo piano di lei". Ebbene: quanti "primi piani di lei" posso fare?: diversi, opposti; bella, brutta, un angelo, un mostro ... Eppure, per la sceneggiatura, sono tutti "primi piani di lei".

NINO (ride come per togliere importanza alla discussione) - Non è soltanto questo, mi pare. I fatti, la situazione, i personaggi…

WALTER - E perché l’hanno approvato, allora, se è "identica al mio ultimo film"? Eh? Perché l’hanno approvato? Il mio ultimo film è lì, lo conoscono tutti: fa parte - bontà dei critici! - della storia del cinema: il capolavoro del neo-idealismo ... Eh? rispondi! O gli americani sono diventati tutti cretini? Perché l’avrebbero approvata, questa sceneggiatura, se è "identica al mio ultimo film"?, come dici tu!

NINO - Perché dal tuo ultimo film sono passati trent’anni.

(Pausa. L’affermazione pare quasi richiamare Walter alla realtà: è una doccia fredda sul suo sfogo, ed egli se ne difende con un’alzata di spalle.)

WALTER - (con voce sorda, pignolo, non senza sarcasmo) Trentadue.

NINO - (prende atto della correzione) Trentadue.

(Pausa. La discussione è giunta evidentemente a un punto morto. Nino siede in poltrona, abbandonandosi per un istante alla stanchezza del viaggio, mentre Walter si avvicina al tavolinetto dei comandi, e preme alcuni tasti. Lo schermo viene invaso dalfirnmagine della donna vista poc’anzi, che Walter si ferma a contemplare come dimentico di ogni altra cosa.)

NINO - (racconta, tranquillo) Evidentemente gli americani hanno fiutato l’affare. Un celebre film del passato, rifatto oggi, dallo stesso grande regista di allora, che in questa occasione ritorna al cinema, dopo trent’anni -trentadue anni - di silenzio…

WALTER - E quattordici anni di galera.

NINO - Un aggancio pubblicitario in più.

WALTER - E ... lo scandalo?

NINO - Una cosa che ha fatto scandalo ieri, oggi fa notizia. Sono passati i tempi della Bergmann messa al bando per aver lasciato il marito ... Questo oggi è un aggancio pubblicitario. E’ un film che si lancia bene, hanno detto gli esperti. Lo "scandalo" facilita I’input, facilita il briefing! ... Solo uno, a un certo punto, ha detto che forse, rifare un film con un’attrice che assomigli a Wanda Feurig ... potrebbe menar gramo. Un italo-americano, naturalmente. Magliulo, Gargiulo ... qualcosa del genere. Una battuta.

(Osserva anch’egli le immagini.)

Certo ... era bellissima!

WALTER - (disturbato e distratto) Come?

NINO - Niente. Ho detto: ... era bellissima. E direi anche: fotografata in modo

stupendo. Soprattutto questo.

WALTER - Non dire eresie! ... Lei era bellissima… ma dall’altra parte c’era un povero idiota. Dall’altra parte: dietro la macchina da presa, seduto sulla sedia con sù scritto "il regista": io!

(Nino ride, alza le spalle: tutte cose che ha già sentito e alle quali è inutile opporsi. Walter gli indica la nuova immagine sullo schermo: il viso di lei.)

Ecco: guarda! E’ possibile inquadrarla così? E perdere ... il momento di quegli occhi? Lei era i suoi occhi. Solo un imbecille poteva non accorgersene! Guardala! Vedi? L’imbecille non se n’era accorto! Così, doveva essere: così!

(Restringe l’immagine: gli occhi in primissimo piano.)

Gli occhi: erano grandi, profondi ... Come la sfera di cristallo di un indovino; dentro quegli occhi si vedeva il cielo dietro di lei ... Davano la vertigine; attiravano, prepotenti, come a volte il fondo di un pozzo. La tentazione di lasciarvisi andare, di gettarvisi dentro a corpo morto era fortissima. Questo, doveva dire l’immagine. Poi, dopo l’emozione, lo sgomento, l’affascinante paura di quegli occhi ... ecco: l’immagine si allarga al viso ... e gli occhi acquistano un altro senso, perdono il loro carattere di malia inquietante, di sogno drogato, e diventano un’oasi umana di pace, nel bianco del viso, un dolce invito ingenuo, purissimo, come una sorgente in mezzo a una pianura .. mentre il sorriso ti smentisce, con la sua sottile malizia. la sua ingenua ironia ... E il viso diventa un teatro: un grande palcoscenico, pulito, levigato, illuminato da un bravissìmo datore luci che è Dio in persona ... .e sul quale due primattori - gli occhi e il sorriso - si scontrano, si confrontano, lottano, si sopraffanno, si trasformano, sfoderano tutte le armi di cui dispongono: la dolcezza e gli occhi contro la malizia del sorriso, ... oppure addirittura invertono le parti, come per uno straordinario colpo di teatro - perché anche il copione lo ha scritto Dio in persona! - e allora maliziosi diventano gli occhi, e dolce il sorriso, e tutto si fonde, si contraddice, si alterna: malizia e malia, ingenuità, ironia, in una grande infinita gioia di vivere!

Ah, come non avevo capito niente, com’ero giovane, com’ero stupido!

NINO - (conclude, con sorridente ironia) Com’era innamorato!

WALTER - Innamorato come lo si è da giovani. Senza capire. ... Ho capito "dopo". Quando ho ripreso in mano queste immagini: quattordici anni dopo. Togliendole una ad una dal film, e vivisezionandole, smembrandole in ogni dettaglio. Adesso sì, l’ho capita! Adesso sì, saprei fotografarla, raccontarla Adesso che ho vissuto, che sono vecchio ... e che lei è morta.

(Con un gesto secco spegne le immagini.)

Comunque ... non e lo stesso film!

NINO - (conciliante) D’accordo, maestro. Diciamo ... che la storia ci assomiglia.

WALTER - La storia ... è la stessa. Tutto il resto, è cambiato: sono cambiato io, lei, il mondo. Una storia d’amore: un uomo incontra una donna: si amano: non si sono traumi, non ci sono difficoltà, ostacoli, niente: va tutto bene! Si amano e sono felici! Punto, e basta! Trent’anni fa tutto questo era una cosa: un film girato da un giovane; ignorante, incosciente ... In un mondo lavato di fresco dalla guerra, ansioso di andare ... Oggi tutto questo è un'altra cosa: io sono vecchio, ho imparato: cinema e vita ... e il mondo è stanco, e deluso; e una semplice storia d’amore gli arriverà come uno schiaffo in faccia!

NINO - Beh, certo, ecco: gli americani la mettono in modo leggermente diverso. Per loro, andando al nocciolo della questione - o meglio: dell’affare -il film è una proposta sentimentale che può contrapporsi efficacemente all’ondata di sesso e di violenza che dilaga sugli schermi; e che il pubblico dovrebbe, per reazione, gradire. Un caso insomma. Come "Love Story".

WALTER - Gli americani pensino a tirar fuori i soldi.

NINO - Questo è già fatto.

(Si alza)

Beh, credo proprio che me ne andrò a dormire.

WALTER - Aspetta. Voglio farti vedere una cosa, che ho trovato qualche giorno fa. Una vecchia foto. L’ho trovata tra le carte di una vecchia zia, morta, a cent’anni, l’anno scorso. Non le avevo mai guardate; e l’altro giorno, a un tratto

(Nel frattempo ha armeggiato attorno alle apparecchiature per la proiezione. Sullo schermo appare un ritratto di donna: una fotografia d’occasione, fatta in studio, come si usava un tempo, tra colonnine e fiori finti. La donna -giovane e bella, seduta su una poltroncina a braccioli-"assomiglia" alla diva tante volte vista; ma si tratta di una somiglianza molto opinabile, e comunque resa ancor più labile dalla pettinatura, dai vestiti, dall’espressone. Walter la guarda, ma osserva contemporaneamente Nino, come a studiarne le reazioni:)

Cosa ne dici?

NINO - Chi è?

WALTER - Non la riconosci?

NINO - No.

WALTER - Guardala bene.

NINO - ... Mai vista in vita mia.

WALTER - Ma come! E’ lei, è Wanda Feurig!

NINO - (stupefatto) Wanda Feurig?! ... E’ vero!

(Ma è poco convinto: si avvicina, ride, scuote la testa.)

Ma no, non le assomiglia neanche! Non ha proprio niente di lei! Sì, forse ... gli occhi ... Ma no, neanche: ne ha due anche lei, ecco! Insomma: si può sapere chi è?

WALTER - E’ mia madre.

(Pausa. Nino torna a guardare la fotografia.)

NINO - E perché mi ha detto che era Wanda Feurig?

WALTER - Per vedere se ti accorgevi che sono identiche.

NINO - Bah ... veramente

WALTER - Mia madre l’ho vista una sola volta in vita mia. Avevo venticinque anni. Non avevo ancora incontrato Wanda Feurig. Fisicamente. non ricordo nulla di lei; salvo certe espressioni degli occhi ... e l’odore. Ma quando ho trovato questa fotografia ho avuto un colpo al cuore: mai visto due donne assomigliarsi tanto tra di loro. E’ Wanda, ho pensato. Era mia madre.

NINO - Le somiglianze… sono questione di gusti.

WALTER - Lascia perdere l’acconciatura, i vestiti…

NINO - E’ inutile discuterne.

WALTER - Identiche! E’ incredibile.

NINO - D’accordo.

WALTER - Tu, la somiglianza non la vedi.

NINO - Avrò sonno, maestro. Si vede che sono stanco. Adesso vado a letto, e domani ci pensiamo

WALTER - Domani vediamo anche la sconosciuta.

NINO - Alle quattro in punto, qui.

WALTER - Dove l’hanno trovata?

NINO - In un circo, pensi: cassiera e tuttofare in un circo di terzo o di quart’ordine.

WALTER - E le assomiglia?

NINO - (con ironia) Quella direi proprio di sì. Naturalmente ... non sa recitare.

WALTER - (alza le spalle) Se gli attori cinematografici dovessero anche saper recitare, altro che crisi del cinema!

NINO - Buonanotte, maestro.

WALTER - Buonanotte.

(Nino esce. Walter torna a sedersi in poltrona. Attenua le luci nella stanza, incrementa la luminosità dello schermo. L’immagine della donna nella fotografia da studio rimane sullo schermo per qualche istante, poi Walter schiaccia un tasto sul quadro dei comandi: la fotografia si ingrandisce, fino a che lo schermo è occupato dal solo dettaglio degli occhi. Ma l’immagine è vecchia, molto sgranata; gli occhi paiono quasi decomporsi. Una lontana musica in sottofondo, mentre Walter rimane immobile a contemplare l’immagine che lentamente si sfalda e si abbuia.)

Il.

Il buio dura un lungo momento, a sottolineare il passaggio del tempo. Poi un raggio di luce, quanto più possibile netto illumina dall’alto a poco a poco una donna, al centro della scena.

La donna è in un certo senso "in posa", come se il raggio di luce la esponesse all’esame di qualcuno. E’ una bella donna, la cui bellezza non è però aiutata nè dalle vesti, né dall‘acconciatura, nè dai suoi atteggiamenti. E’ pettinata e truccata in modo vistoso, e il tentativo di eleganza con cui è vestita si traduce di fatto in una nota di volgarità. Tuttavia, essa presenta una "certa somiglianza" con le donne viste in immagine durante il primo quadro: sia con la diva, sia con la madre di Walter. Questa somiglianza è al tempo stesso assoluta e opinabile; quasi fosse tale soltanto per chi è disposto ad accettarla o deciso a volerla.

La donna - che il raggio di luce esibisce impietosamente - si guarda intorno, verso gli invisibili inquisitori, con espressioni varie di diffidenza, di imbarazzo, di improvviso coraggio, di paur…

Nel buio della scena tutt’intorno, provenienti dai due lati opposti, le voci di Walter e di Nino, ben forti e nette.

WALTER - E questa chi è’?

NINO - Claudine.

WALTER - Chi?

NINO - Si chiama Claudine ... o almeno, questo è il suo nome d’arte.

WALTER - Claudine?!

NINO - Ma sì, è lei! La sconosciuta, la tua primattrice ... La protagonista del tuo film!

(Luci in scena, immediatamente. Sono le quattro del pomeriggio del giorno successivo alla vicenda del primo quadro. Walter e Nino sono in scena, ai due lati opposti della stanza, avendo Claudine nel mezzo. Walter, stupefatto, le si avvicina, le gira intorno osservandola; tende anche una mano, come per toccarla, ma poi rinunciandovi. Nino lo osserva compiaciuto, male interpretando lo stupore di lui.)

WALTER - Questa?!

NINO - Sì! Che cosa ne dice: non è incredibile, non è stupefacente?

WALTER - (lo stupore si scioglie a poco a poco in una sorta di incredula allegria; ripete il nome più vo/te, come ad assaggiarne la consistenza, con varie intonazioni, voltandolo e rivoltandolo da tutti i lati) Claudine! Claudine? ... Claudine…

NINO - (perplesso alla strana reazione) Il nome lo si cambia, naturalmente:

non è neanche il suo nome vero. Ma mi pare che la somiglianza…

WALTER - Claudine!

(Ora scoppia francamente a ridere, scuote la testa)

Ma no, ma no ... è impossibile! ... Ma sei impazzito ... Ma questa ... questa dovrebbe essere la protagonista del mio film?! Questa dovrebbe ricreare Wanda Feurig? ... Ma non ti rendi conto? Ma non la vedi?

NINO - Ma ... maestro ... la somiglianza è stupefacente ... La guardi bene

(Si avvicina alla donna, la prende con una mano per il mento, le fa sollevare il viso.)

WALTER - Ma non c’è neanche bisogno di guardarla bene. Semplicemente non esiste, è assurdo! Oh, dio! Non so neanche perché rido: dovrebbe essere una catastrofe, altro che ridere! Se questo è quello che avete scoperto, dopo mesi e mesi di ricerche ... vuol dire una cosa sola: che il film non si può fare!

NINO - Ma ... maestro…

WALTER - Macché maestro e maestro! Ma andiamo! Io dovrei mettermi dietro la macchina da presa, inquadrare quella squinzia, e dire: questa è la Donna con D maiuscoa!, questa è Wanda Feurig! ... Ma Nino, andiamo! Che cos‘è questa roba? Non vedi?

(Si avvicina anche lui alla donna, le muove brutalmente i capelli, le scolla un po’ la camicetta, ad illustrare con il gesto la parola.)

NINO - Lasci stare, adesso, com’è vestita e com’è pettinata. Guardi qui, la curva della mascella, Io zigomo, il taglio degli occhi..

(Anche Nino accompagna le parole, le sottolinea con gesti concreti, che per qualche momento riducono la donna ad oggetto, a mercanzia da soppesare e da valutare. La donna appare ancora più stupita che offesa, più impaurita che indignata. Subisce senza dire parola.)

WALTER - Ma che cosa significa questo! Non ti accorgi che mia madre è il ritratto di Wanda Feurig,e poi pretendi che questa roba ... Ma non vedi come si muove?

NINO - Ma se non si è ancora mossa!

WALTER - Ma non ce n’è bisogno! E’ un cadavere, è un porta-abiti. Due braccia, due gambe, una testa … avrà anche un culo, suppongo. Vediamo un po’ ... Sì, esatto: tutto a posto, tutto come previsto: abile!

Non dico che sia brutta: è… belloccia, è anche bella, se vuoi. Ma ... non c’entra niente. Io cerco la protagonista della più semplice, limpida, elementare storia d’amore che mai sia stata scritta o vissuta! Questa è una squinzia! Questa può fare al massimo la barista in una balera ... Questa è al massimo un bel pezzo di…

(L’ira della donna è andata ora aumentando; finché i discorsi vertevano sul concetto di "somiglianza", essa poteva anche non capire; ma le allusioni, le definizioni di Walter colmano la misura. Con un sordo grido, che è forse un insulto strozzata, Claudine si lancia contro Walter che nel frattempo le ha voltato le spalle, come per chiudere definitivamente la faccenda. Claudine lo raggiunge, lo colpisce con i pugni alla schiena. Nino le è addosso, la imprigiona tra le braccia, la blocca.)

NINO - E sta ferma!

WALTER - (stupefatto, si volta, senza assolutamente capire che cosa può essere successo) Ma ... che cosa c’è?.

CLAUDINE - (tra i denti) Ma come si permette, quello stronzo! Non sa neanche chi sono! Mi tratta che neanche una bestia! Mi mette le mani addosso! Ma ohei!

(Fa per scagliarsi di nuovo, ma Nino la trattiene. Claudine si divincola, poi, rabbiosa d’impotenza, scoppia in un pianto nervoso, offeso, umiliato. Il pianto comunque la scarica: Nino la lascia, e Claudine continua a piangere, immobile, contenuta.)

WALTER - (attonito) Ma che cosa è successo? Che cosa le ha preso?

(Guarda Nino, il quale allarga le braccia, con aria di ovvio rimprovero. Walter finisce col capire; sinceramente pentito, ora si dà da fare per riparare:) Ma no, ma no ... ma signora, signorina ... ma che cosa ha capito? Lei non c'entra! Stavamo parlando ... da un punto di vista tecnico, capisce? Ma sì, ha ragione! Le chiedo sinceramente scusa. Dalle qualcosa da bere, Nino.

(Nino esegue. Walter prende la donna per la mano, la accompagna al divano, siede accanto a lei, le parla con molta bonomia.)

Vede cara? Stiamo cercando la protagonista di un film. E ... la cerchiamo sulla base di certe somiglianze fisiche ... Lei è indubbiamente molto bella…. Ecco: beva. Molto bella, dicevo, ma questo non c’entra. Quello che si diceva, capisce?, non è - per l’amor di dio - un giudizio sulla sua persona! E’ un giudizio ... come dire?, relativo al tipo che ci interessa. E lei ... non corrisponde, ecco. Tutto qui. Comunque, prenderemo nota: magari per altre occasioni, qualche particina… se il cinema le interessa.

(La donna si è calmata. Walter ora si interessa a lei, con premura un po’ scoperta ed eccessiva:)

E lei, che cosa fa? Mi dica.

CLAUDINE - ... Lavoro in un circo.

WALTER - Ah, brava! E’ acrobata?

CLAUDINE - No.

WALTER - Fa bene. Io ho una grande ammirazione per gli acrobati, ma è troppo pericoloso.

(Gli viene un’idea:) Vede, è come se io mi fossi presentato al direttore di un circo ... che cerca un acrobata. Probabilmente direbbe: ma questo è un paralitico, ma questo è un sacco di patate! ... Avrebbe ragione, le pare? E sbaglierei io se la prendessi come un’offesa. Ha capito?

CLAUDINE - Sì, sì ... ho capito.

WALTER - Brava! E ... mi dica ancora: ... che cosa fa, nel circo?

CLAUDINE - Beh, un po’ di tutto, ma niente di speciale. Una volta cantavo:

un numero comico, in coppia con mio marito, che faceva l’Augusto.

WALTER - Ah, l’Augusto! Interessante. Un pagliaccio di grande tradizione. E’ quello che più si identifica con il pubblico dei semplici, dei bambini! ... Io, pensi: dovessi fare il pagliaccio, preferirei fare l’Augusto che il clown bianco. Proprio per questo: perché piace ai bambini. E il successo, al circo, lo decidono i bambini: è vero o non è vero?

CLAUDINE - E’ vero.

WALTER - Dica.

CLAUDINE - Niente. Poi mio marito è morto, e io sono rimasta un po’ fuori. Ho provato a fare la domatrice ... ho avuto due cani ammaestrati ... Ma servo di più in quel che faccio adesso. Esco in pista a portare la roba, sto di fianco al prestigiatore, introduco le sfilate, mi metto in posa quando ci sono i cavalli

WALTER - Brava!

CLAUDINE - ... Perché dicono che sono bella.

WALTER - Beh, questo è evidente.

CLAUDINE - E poi sto anche alla cassa, a vendere i biglietti; e al bar nell’intervallo.

WALTER - Bene ... Tutto passato?

CLAUDINE - Sì.

WALTER - Il mio amico le darà qualcosa per il suo disturbo, e le chiamerà un

tassì.

CLAUDINE - Un tassì?

WALTER - Non si preoccupi al tassista penserà lui.

(Nino le porge una busta, che la donna in fila nella borsetta.)

CLAUDINE - Grazie.

WALTER - Anzi: al tassì l’accompagno io. Per farmi perdonare. Nino, me

lo chiami tu, per piacere?

(La scorta verso la porta, mentre già Nino è al telefono.)

CLAUDINE - ... io li ho visti i suoi film, sa?

WALTER - Sì? Brava ... Spero le siano piaciuti.

(Sono usciti.)

NINO - Pronto?… Un tassì, per piacere: Piazza Victor Hugo 14. Grazie.

(Riappende. Poi si avvicina all’apparecchio per le proiezioni, vi lavora attorno per qualche istante. Finisce giusto in tempo per quando Walter rientra; la precipitazione con cui si allontana dalle apparecchiature indica chiaramente che la misteriosa manovra ha per destinatario per l’appunto Walter, il quale ècomunque troppo agitato per accargerserne.)

WALTER - (rientrando) Follia! Pura follia! Quanto più semplice, lineare, elementare è la storia d’amore, tanto più perfetti, indiscutibili, devono essere Lui e Lei! Adamo ed Eva dovrei avere! O Giulietta e Romeo, Tristano e Isotta, Pelléas e Melisande, Paolo e Francesca! Niente, assolutamente niente di meno! E tu mi porti - abbia pazienza! - una bonazzona di terz’ordine, senz’arte nè partel Neanche l’astuzia ... non so: di vestirla un po’ bene, di pettinarla, di cambiarle quel trucco orrendo da battona ... Povera diavola! Mi vergogno come un ladro per come l’ho trattata, smanacciandola come un’anguria al mercato! Ma giuro, è stato più forte di me, a lei non ho neanche pensato. Ho pensato al film, che ... è chiaro!, in queste condizioni non si può fare. lo mi chiedo che cosa avessi in testa quando hai pensato che io potessi…

NINO - Maestro, io non so cosa dire. Abbiamo interessato anche un centro di antropometria, per un giudizio scientifico sull’ultima rosa delle candidate ... I dati antropometricì ... cioè i dati, insomma, coincidono alla perfezione con quelli ... ma sì: con quelli di Wanda Feurig. Misura, strutture, colorito, la forma delle orecchie, la linea della schiena ... tutto.

WALTER - E che lo facciano gli antropometri, allora, il film: va bene? Ma non si può ridurre un essere umano alla sua cartella clinica: altezza, peso, segni particolari ... E l’armonia del viso?, e il ritmo del corpo?, e la luce degli occhi? ... Chi osa ridurre queste cose a numeri? Chi le paragona? Chi le confronta? E’ come pesare due cervelli per decidere chi è più intelligente!

NINO - (dopo una pausa) Vogliamo discutere in concreto?

WALTER - Sarebbe a dire?

NINO - Sarebbe a dire che tutto questo è molto bello; ma il cinema è un’altra cosa e può farne a meno. L’armonia del viso è una questione di inquadrature, il ritmo del corpo riguarda il montaggio, la luce degli occhi dipende dalla pellicola, dall’angolazione, dagli spot, dai bruti, e da tante altre cose programmabili, costruibili, dosabili come in una ricetta.

WALTER - Lo so, lo so. Il cinema è una grande menzogna, il trucco può tutto! Alan Ladd era piccolo, e baciava Sofia Loren in piedi su un muretto che la camera non inquadrava. Ma ci sono dei limiti: nessun trucco cinematografico potrà mai trasformare me nell’Apollo del Belvedere, nessun regista potrà mai tirar fuori da quella cassiera di circo equestre la luce di Wanda Feurig!

NINO - Va bene. Non ho più niente da dire. Ma evidentemente, più ancora del cinema, c’è qualcos’altro che manipola la realtà, e ne fa quello che vuole.

WALTER - E cioè?

NINO - li ricordo. I trucchi del cinema non sono niente rispetto agli effetti speciali del ricordo! Che per giunta è alla portata di tutte le borse; perché con la pellicola e con le inquadrature può giocare soltanto il regista, mentre con i ricordi può giocare chiunque!

WALTER - Ho capito! Sarebbe a dire che il mio "ricordo" di Wanda Feurig è altro da quello che lei era, e che per questo non la ritrovo in quella squinzia che, dicono gli antropometri, è "lei" fatta e finita! Eh, no! Il mio "ricordo" può essere controllato sul documento: lì ci sono fotografie, fumati; che io mi accuso - anzi! - di non avere alterati, manipolati, trasformati, per cogliere appunto non solo i "dati", quel che lei era di fuori; ma quel che lei aveva dentro! Immagini piatte, ti ho detto stanotte: di un giovane idiota e incosciente. Però, proprio per questo, anche "documenti"! lndiscutibili, inopinabili! Chiudi le finestre!

NINO - Perché?

WALTER - Voglio farti vedere: se sono ricordi idealizzati, o fatti che si toccano con mano!

(Nino chiude le finestre, Walter apre lo schermo e lo accende. Nella stanza si è fatto buio, rotto da poche lame di luce che trapelano. Walter schiaccia un comando: sullo schermo, il dettaglio di un paio di grandi occhi.)

Guarda! I suoi occhi: gli occhi di Wanda. Ed è una fotografia qualsiasi, piatta, male inquadrata, male illuminata ... Eppure, anche così, il potere di quegli occhi Io vedi, Io senti! ... Chiede la musica! Ecco: io, qui, di notte, mi aiuto con la musica, a darle vita! Musica, musica

(Schiaccia un altro comando: una musica solare, settecentesca sembra davvero animare l’immagine.)

Ecco: è già meglio. Questa foto, neanche mi ricordo di dove viene! ... Eppure, vedi?, è tanto piatta, tanto insulsa che la sua oggettività è indiscutibile! Qui non c’è menzogna, non c’è deformazione! Verità smaccata, volgare, nuda: ma verità! E pensa dunque, trattata con amore, che cosa può venirne fuori!

(Pausa. Nino tende un braccio verso i comandi.)

NINO - Posso?

WALTER - Che cosa vuoi fare?

NINO - Allargare il campo.

(Aziona una leva. Lentamente allarga il campo dell’inquadratura. Dal dettaglio degli occhi si passa al primo piano del viso: è il viso di Claudine, con la sua pettinatura volgare e il pesante trucco sulle labbra.)

NINO - Questa è la squinzia, maestro!

(Walter resta senza parole. Dopo un breve attimo attonito si alza, si avvicina come affascinato allo schermo, per vedere l’immagine più da vicino possibile. Nino, alle sue spalle, senza muoversi, restringe nuovamente il campo: elimina pettinatura e labbra, ritorna al dettaglio degli occhi. Walter è ora sotto lo schermo; ne vediamo la sagoma scura contro il chiarore dello schermo; lo immaginiamo attonito, a bocca aperta, guardare l’immagine che lentamente si spegne. Buio.)

III.

.

Dal buio emerge lentamente il grande schermo, su cui vediamo - sempre accompagnata dalla musica settecentesca che le è consona - l’immagine della diva. La donna è vestita da amazzone: è a cavallo, o appoggiata immobile ad una staccionata. Si tratta per certo di una delle immagini già viste nel primo quadro. La donna sorride. Altre immagini, dissolventisi l’una nell’altra, che sempre la mostrano radiosa, felice.

Dopo qualche istante, un cono di luce attira l’attenzione sul centro della scena, dove Claudine è ferma, in piedi. Anche lei è vestita da amazzone; è molto cambiata dalla sua prima apparizione, ed ora la somiglianza con la diva sullo schermo è più evidente, per lo meno per quel che riguarda l’aspetto esteriore. Movimenti e gesti, per contro, ne sono ancora lontani. In questa debole luce, che permette di cogliere soltanto le due donne -Claudine e la diva - il primo scambio di battute.

CLAUDINE - Come mi sta?

NINO - Perché di ogni cosa seguiti a chiedere come ti sta?

CLAUDINE - Perché ho paura.

NINO - E di che?

CLAUDINE - Di non assomigliarle.

(Luce in scena. Vediamo ora Nino in un angolo, che osserva Claudine. In mano una complicata macchina fotografica, con la quale le scatta numerose foto.

Claudine osserva la diva, si aggiusta il vestito come a migliorare la propria somiglianza con lei. inginocchiata di fronte a lei, una sarta le tende uno specchio: Claudine vi si guarda, poi si volta verso lo schermo, controlla la diva e se stessa.)

NINO - Le assomigli, sta tranquilla: le assomigli.

CLAUDINE - Come posso stare tranquilla? Mi avete ossessionata! Lei faceva così, lei rideva così ... questo gesto lei non lo faceva ... Lo sai che me la sogno di notte? Qualche giorno fa mi è capitato, improvvisamente: stavo facendo un brutto sogno, un incubo ... Attorno a me tutti erano morti, e io ero rimasta sola, su una specie di scoglio, in mezzo al mare. Le onde salivano mi sono svegliata in un bagno di sudore ... E il primo pensiero sai quale èstato? Non ho pensato "meno male che era soltanto un sogno". Ho pensato: "lei li faceva, questi sogni?"

NINO - Ti ripeto: non preoccuparti. E soprattutto non esagerare. Hai ancora tanto tempo davanti ... E poi, te lo dicono tutti che vai bene.

CLAUDINE - Lui no.

NINO - Lui è incontentabile si sa. Ma non è insoddisfatto. Io che Io conosco, lo so.

CLAUDINE - (si muove, fa qualche passo osservando lo schermo) Io vorrei potermi muovere più liberamente ... Essere me stessa.

NINO - Per l’amor di dio, Claudine, non cominciamo con queste frasi. Lasciale dire agli attori di teatro.

CLAUDINE - Sì, ma almeno…

NINO-Per muoversi più liberamente, bisogna saper recitare. E tu non sai recitare. Lei sapeva recitare: tu copiala pure, brutalmente. Poi, quando, senza sforzo, ti muoverai come lei, quello sarà il tuo muoverti liberamente. E ti sentirai te stessa, se proprio ci tieni.

(Con un gesto invitandola a muoversi)

Cammina!

CLAUDINE - (compie qualche passo) Così?

NINO - Eh! Sembri una tedesca con zaino che fa l’autostop. Camminavi così quand’eri al circo? Riprova!

(Claudine cambia andatura: ora cammina con una mano sul fianco, ancheggiando vistosamente, sguaiata, come appunto una comparsa del circo. Nino si copre gli occhi con le mani, con umoristica disperazione.)

CLAUDINE - Non va bene, vero?

NINO - Dammi quel libro che è sul tavolo!

(Claudine obbedisce: va a prendere il libro, e lo porta a Nino, che però lo getta su un’altra poltrona, senza neppure guardarlo.)

NINO - Ecco, vedi? Adesso hai camminato bene. Come tutti i "non attori", sei te stessa quando non reciti. Allora sei spontanea, e tutto va bene. Ma un attore deve imparare a fingere di essere se stesso quando recita!

CLAUDINE - Dio, che confusione! Recitare, fingere, essere ... Devo imitare lei, essere spontanea…

NINO - Devi imparare, devi costruirti: basta! Quel tanto che basta perché lui, poi, possa fare il resto.

(Indica con un cenno del capo lo schermo.)

Anche lei, sai: era tutta costruita.

CLAUDINE - Hai detto che lei sapeva recitare.

NINO - Appunto: era costruita.

CLAUDINE - Lui dice di no. Lui dice che lei "era" così.

NINO - (alza le spalle) Anche lui, come tutti, ha bisogno dei suoi miti. Càmbiati pure.

(Aiutata dalla sarta, Claudine si toglierà ora il costume da cavallerizza per indossare un elegante vestito campagnolo, ampio, bianco, da déjeuner sur l’herbe, accompagnato da un grande cappello di paglia di Firenze. Sullo schermo, Nino sostituirà poi l’immagine dell’amazzone con un’altra immagine, in cui la diva apparirà appunto vestita con un identica abito, da signora d’altri tempi in gita campestre. Anche questa appartiene alle immagini già viste nel corso del primo quadro. Anche in questo caso, Claudine si confronterà più volte con l’immagine sullo schermo, controllandosi nello specchio che la sarta le porge. Infine si scioglierà i capelli sulle spalle. Durante l’azione, il dialogo che segue:)

NINO - (scattandole una foto, come per scherzo, mentre si sta spogliando) Lui ... ha bisogno dei suoi miti. Ma ... non dimenticare che era anche innamorato di lei. E’ stata una sua "grande passione". Certamente la donna che ha amato di più. Forse l’unica. Anzi: l’unica certamente. Lei era bella, ma come ce ne sono tante: come te, come altre!

CLAUDINE - Allora è vero: era il suo amore che la trasformava.

NINO - (ride) Questo dove Io hai letto? In un fotoromanzo? (Spiega:) Lei era fotogenica. E lui era bravo. Punto e basta. Una donna fotogenica è una donna fotogenica, e non importa se è la donna più amata o più odiata del mondo. E una bella inquadratura è una bella inquadratura; e non importa se l’autore è un uomo follemente innamorato, o semplicemente un buon professionista che sa fare una bella inquadratura.

CLAUDINE - Lui però dice sempre…

NINO - Quello che lui dice adesso non ha importanza. E poi, che cosa dice? Dice che allora non ha saputo fotografarla. Perché non era bravo, dice; non perché non fosse abbastanza innamorato. Oggi invece - dice - saprebbe; ma non perché oggi sia più innamorato; semplicernente perché oggi è diventato più bravo. Oggi, insomma, saprebbe fotografarla. Dice.

CLAUDINE - Dio, che complicazioni!

NINO - Comunque, sta attenta: non è vero niente. Trent’anni fa era bravo come adesso. E lei ... è fotografata benissimo. Il problema è un’altro.

CLAUDINE - Basta, basta, per l’amor di dio! Mi fai girare la testa. Ma siete tutti così complicati, nel cinema? Sembrate… tanti elefanti. Nel circo sai qual è l’animale più complicato, come carattere, come ... psicologia? L’elefante. Non c’è paragone con i cavalli, con i leoni! ... Le scimmie, poi, sono identiche a noi. Ma quando di una persona non si capisce niente, si dice: ... è un elegante.

(Si osserva, si fa osservare.)

Come mi sta?

NINO - Bene.

(Claudine si controlla, aiutata dalla sarta: uno sguardo allo specchio, uno sguardo allo schermo. Si prova il cappello di paglia.)

CLAUDINE - Però ... non può essere solo come dici tu: lei fotogenica ... lui bravo ... Un interesse deve esserci: qualcosa lui deve sentire…

NINO - Può darsi.

CLAUDINE - E allora vedi, che con me non può essere la stessa cosa. Gli sono così indifferente!

NINO - (senza dare importanza alla cosa) Beh, non è vero.

CLAUDINE - Io me ne accorgo. Non esisto. Lui mi adopera, ma non gli interesso. Si vede! ... che mi guarda come se non mi vedesse: come se i suoi occhi mi perforassero, mi passassero da parte a parte, a cercare qualcosa al di là di me ... A cercare lei.

NINO - (recitando fastidio) Oh dio, è lui che t’ha messo in testa queste cose, vero? Sono cose che dice soltanto per stimolarti ad assomigliarle di più!

CLAUDINE - Non è soltanto questo.

NINO - Comunque ... una cosa devi togliertela dalla testa, se per caso ci hai pensato. Che lui possa innamorarsi di te. Se per caso hai dei progetti…

CLAUDINE - Hai delle strane idee sulla gente del circo.

NINO - Ma cosa c’entra il circo?

CLAUDINE - Uno pensa magari che se una lavora in un circo deve sbattersi nelle braccia del primo che passa.

NINO - Non direi che lui sia "il primo che passa". (Pausa.) Guarda che non ho assolutamente detto nulla di offensivo. Che un’attrice possa interessarsi a un regista di fama, a un uomo come lui ... non vuol dire che sia una puttana. Hai delle strane idee sulla gente del cinema! (Claudine si è messa il cappello.)

CLAUDINE - Come mi sta?

NINO - Bene.

Però ... quello che hai detto è giusto: non ti vede neppure. Per lui sei materia:creta, marmo, foglio di carta ... Ma tu non preocuparti. Tu pensa a te stessa: al film, e al colpo di fortuna che ti è capitato.

CLAUDINE - Le assomiglio?

NINO - Le assomigli, sta tranquilla.

C’è una cosa che forse ti può essere utile sapere. Lui ... - tu lascia perdere quel che dice oggi! - ... a suo tempo, allora, non vedeva neanche lei! Anche lei lo diceva: che gli occhi di lui la passavano da parte a parte! Le tue stesse parole: le ha scritte, nero su bianco.

La passavano da parte a parte ... come a cercare qualcosa ai di là!

CLAUDINE - Che cosa?

NINO - E chi lo sa?

CLAUDINE - Un’altra donna?

NINO - Non Io so. No ... forse sì. Comunque, tormentava anche lei, come tormenta te; le correggeva ogni posa, ogni tono, ogni gesto. La spingeva continuamente verso qualcosa ... Voleva .che assomigliasse, chissà! ... a un’immagine.

Ma queste sono parole, Claudine: parole! Tanto per dirti che quel che provi tu lo provava anche lei. Un uomo può anche innamorarsi di una donna; ma se fa il regista - mentre fa il regista! - lei è solo materia. Materia per un’idea: tu per l’idea di lei, lei per l’idea ... chissà: per l’idea che aveva in testa.

CLAUDINE - Dio, io non devo più parlare di queste cose! Mi fai scoppiare il cervello

NINO - Hai ragione. Non pensarci, e fa come ti dico io.

CLAUDINE (dopo una pausa) - Senti ... Posso chiederti una cosa?

NINO - Dimmi.

CLAUDINE - Lui ... l’amava molto, vero?

NINO - Sì.

CLAUDINE - E allora perché ...?

NINO - Perché cosa?

CLAUDINE - Perché…?

NINO - Perché?

CLAUDINE - Perché l’ha ammazzata?

NINO (dopo una pausa, con indifferenza, scattandole una foto) - Non è detto che sia stato lui.

CLAUDINE - Però l’hanno condannato.

NINO - Sì. Ma lui ha sempre negato.

CLAUDINE - Però, ho letto, non si è neanche difeso.

NINO - E’ vero. AI di là del negare, non si può dire che si sia difeso. Si è come lasciato andare.

(Pausa)

CLAUDINE - Come mi sta?

NINO - E dagliela! A chiedere sempre come ti sta!

(Entra Walter. Ha in mano un fascio di fotografie. Claudine, sorridendo, gli si fa in contro, esibendosi nel vestito appena indossato; ruota su se stessa, facendo sollevare l’ampia gonna, con improvvisa civetteria. Walter ha un atteggiamento di breve perplessità: sta per dire qualcosa, poi cambia evidentemente idea e ripiega su una qualsiasi frase di prammatica.)

WALTER - Facciamo progressi.

(Poi la supera, con indifferenza, si dirige verso Nino, gli porge le fotografie che ha in mano.)

Quei vestiti ... dicono poco.

NINO - Perché?

WALTER - Non lo so: mi sembra che non venga fuori niente. Ho visto queste

Fotografie…

NINO - (indicando Claudine e il vestito che indossa) Questo è perfetto!

WALTER - Sì, ma non c’entra. (Indica le fotografie) Voglio degli ingrandimenti. A grandezza naturale.

NINO - Non può proiettarle, come le altre?

WALTER - No. Voglio vedermele qui intorno. Tutte insieme.

NINO - Verranno tutte sgranate Saranno illeggibili.

WALTER - Meglio.

NINO - Okay. Come vuole lei.

Vado e torno.

(Esce. Una lunga pausa. Walter osserva un altro pacco di foto che si trova da qualche parte. Dà un’occhiata a Claudine. Spegne l’immagine sullo schermo. Ritorna alle foto, poi di nuovo ad osservare Claudine, che ora è ferma, impacciata, forse per la delusione all’indifferenza di lui.)

WALTER - Prova un po’ a muoverti

(C/audine obbedisce)

Appoggiati a quella sedia ... Con le mani dietro la schiena ... Sporgiti un poco Chiudi gli occhi

(Le si avvicina, la guarda dappresso)

Tu non mi aiuti!

CLAUDINE - (con un gesto di sconforto, con dispiacere sincero) Ma perché dice così?

WALTER - Ti sento fredda! Sei lontana, ostile!

CLAUDINE - Ma non è vero, non è vero!

WALTER - Lo sento! E’ un velo, uno schermo di ghiaccio, che scende tra me e te. Qualche volta è soltanto indifferenza, qualche volta una cosa diversa, che tocco con mano, che mi colpisce ... Come se tu mi respingessi, come se mi odiassi, come se la mia presenza ti desse fastidio…

CLAUDINE - (angosciata) Ma no, ma no: non è vero! Lo giuro!

WALTER - Questo film deve nascere da un qualcosa. Non ci si può incontrare, come in un ufficio, come in una catena di montaggio! ... Tu, invece...

CLAUDINE Ma non è vero! Quando è entrato, le sono io venuta incontro! E lei non mi ha neanche vista!

WALTER - T’avevo detto di darmi del tu.

CLAUDINE - Ma sì ... Faccio fatica, mi proverò…

WALTER - E perché "fai fatica"?

CLAUDINE - Ma perché lei ... Ma perché tu sei un uomo famoso ... e io non sono niente: una povera donna…

WALTER - Una povera donna che però fa la preziosa: si nega, si chiude in se stessa ... Io non so niente di te.

CLAUDINE - Ma dio, dio, perché non c’è niente da sapere! Una povera donna qualsiasi. Perché mi dice queste cose? Perché mi fai sentire in colpa? Non è da me che ti devi sentire respinto. Non è colpa mia se non ti dico niente. Non è colpa mia ... se non le assomiglio. Sei tu! Sei tu: è dentro di te!

(Pausa. Claudine piange. Walter le si avvicina, le solleva il capo, la bacia dolcemente, piano.)

WALTER - Se ti chiedessi ... di venire a letto con me?

CLAUDINE - Verrei.

WALTER - Eppure, bada: Io farei solo per il film.

CLAUDINE - Anch’io. Per il tuo film.

WALTER - Se ti chiedessi di amarmi?

CLAUDINE - Non lo so ... Mi proverei.

WALTER - A letto sì, però.

CLAUDINE - Amare ... non è la stessa cosa.

WALTER - Cioè: sì la finzione, ma non la cosa che conta. Ecco: lo senti? Lo

schermo di ghiaccio

CLAUDINE - Oh dio, oh dio! Ma che cosa ho fatto di male? Io ... sono

imbarazzata. Vivo da due mesi in un mondo che non è il mio, faccio cose che non ho mai fatto… Oh, voglio tornare al circo! Voglio tornare tra gli acrobati, tra i pagliacci, tra le bestie feroci ... Quelli almeno sono gente normale: quelli parlano, e io li capisco ... Non potete chiedermi più di quello che possa dare!

(E così dicendo assume una posa strana: alza il braccio, lo ripiega fino a che la mano tocca la nuca, e nel cavo che così si crea affonda la testa come a nascondere il viso. Il gesto colpisce Walter, che la ferma e la aggredisce, con tono d’accusa:)

WALTER - Perché hai fatto quel gesto?

CLAUDINE - Quale gesto?

WALTER - Quello: adesso: perché l’hai fatto?

CLAUDINE - Questo? Oddio, non lo so: è un gesto di lei! Uno dei tanti che

m’avete fatto imparare. E che adesso faccio ... così!

WALTER - Quello non era un gesto di lei!

CLAUDINE - Ma sì.

WALTER - T’ho detto di no! Quello non era un suo gesto!

CLAUDINE - (senza capire) Va bene, non lo farò più!

WALTER - Dove lo hai preso?

CLAUDINE - Ma come, dove l’ho preso! Un gesto qualsiasi…

WALTER - Dove l’hai preso? Dove l’hai visto? Suo non era!

CLAUDINE - L’ho visto ... lì! In quella foto!

(In dica una foto che si trova, incorniciate, su un mobile. Walter prende la foto e sembra scaricarsi da un’intima tensione, e quasi afflosciarsi:)

WALTER - Questa non è "lei"! Questa è mia madre!

CLAUDINE - (senza capire) Non lo sapevo.

(Entra Nino)

NINO - Saranno pronte per dopodomani.

(Nota la tensione esistente.)

Che cosa è successo?

CLAUDINE - Niente.

WALTER - Non trovo la macchina fotografica.

NINO - (indicando la macchina, in evidenza sul divano) E’ lì!

WALTER - Ho bisogno di altri primi piani.

NINO - Prima che lei venisse gliene ho scattati un centinaio.

WALTER - Non importa.

(A Claudine) Mettiti lì.

 

(Le indica un "luogo". Claudine esegue.)

Siediti ... Accavalla le gambe ... Alzati… Nino, valle vicino.

(Nino le si accosta)

Appoggiati a lui ... Tu!, non nascondere la faccia ... Adesso attenti:

abbracciala

(Nino la abbraccia)

No: giratevi in modo che io veda lei.

(A Claudine)

Chiudi gli occhi ... Adesso aprili!

(Claudine, abbracciata da Nino, apre gli occhi, e guarda Walter al di sopra della spalla di lui. Improvvisamente sembra "vederlo": ha un grido di spavento, si stacca da Nino respingendolo con violenza. Walter ha lasciato cadere la macchina fotografica, ed è indietreggiato di un passo, rovesciando un vaso che si è fracassato con fragore.)

"CLAUDINE" - Walter!

"WALTER" - Wanda!

(Entra nella zona che un mutamento di luci ha isolato come luogo deputato. Si rivolge a "Nino" con forza e con rabbia contenuta:)

Tu: vattene!

"NINO" - Ecoute, Walter! ... Je te comprends bien, mais je peux bien t’expliquer…

"WALTER" - T’ho detto di andartene! Via!

"NINO" - Mais voyons, ce n’est pas le cas…

"WALTER" - (gridando) Via!

("Nino" ha ancora un attimo d’esitazione, ma "Walter" gli si scaglia contro: prima di farsi raggiungere "Nino" scivola via, esce dalla zona illuminata del luogo deputato, siede in qualche angolo buio, poco visibile, e dimenticato.)

"CLAUDINE" - (dopo una pausa) Posso spiegarti tutto, Walter ... Non devi credere ... Ecco: eravamo qui

"WALTER" - Ho visto che eravate qui! Non c’è niente da spiegare Wanda! Allora è vero, quel che sentivo nell’aria, e che non volevo capire. Ieri, sul set, i macchinisti che ridevano, mentre giravi la scena con lui! E io, idiota: "Più passione,Wanda! ... Più ... verità!" E invece la passione c’era, e la verità anche: e vere tutte e due! Solo che al cinema .. .è giusto che non vengano fuori! Lì è tutto finzione: e la finzione convince ... e la verità suona falsa! Ma fuori di lì è tutta un’altra cosa! E’ il contrario!

"CLAUDINE" - Per l’amor di dio, Walter! Non cominciare con i tuoi discorsi in questo momento. Non è vero quel che dice la gente! E’ stato un attimo, lo ammetto: ma è tutto qui, Walter, te lo giuro!

"WALTER" - Anch’io avrei giurato sui tuoi occhi, Wanda! Te Io giuro. E’ impossibile, mi dicevo, quando ... non volevo vedere. Con quegli occhi?!, come è possibile ... che sia una puttana?

"CLAUDINE" - (con un gesto di fastidio degrada a melodramma la battuta di lui) Walter, per piacere: sono stanca anch’io, sono stremata. Questo film ha stremato tutti, non soltanto te. Dunque, parliamo con calma. lo ti voglio bene, Walter…

"WALTER" - Sta zitta! Pensa come tutto adesso mi si chiarisce! Adesso capisco, che cos’è lo schermo di ghiaccio che sento sempre tra noi due! Ti ricordi che fin dal primo giorno te l’ho detto? Ti sento lontana, t’ho detto: indifferente, ostile ... Mi sentivo respingere. Adesso tutto è chiaro! E’ sempre stato come se la mia presenza ti desse fastidio

"CLAUDINE" - Ma no, ma no, ma che cosa dici! Non è vero…

"WALTER" - Un film che doveva nascere dall’incontro di due esseri umani

"CLAUDINE" (tormentandosi) - Basta, basta! Ma perché dici tutte queste cose? Perché vuoi a tutti i costi farmi sentire in colpa? Non sono io che ti ho mai respinto! Sei tu, sei tu! Quel ghiaccio è dentro dite, Walter! E’ qualcosa dentro dite! ... lo ti voglio bene, Walter, ma…

"WALTER" - Ma che cosa?

"CLAUD1NE" - Ma tu rovesci tutto su di me. Mi hai chiesto una volta -subito, me l’hai chiesto! - se sarei venuta a letto con te. Ti ho detto di sì!

"WALTER" - E allora?

"CLAUDINE" - E allora lo chiedo a te, Walter. Perché non ci siamo andati, a letto? Perché? Chi è stato a tirarsi indietro? Io ero qui: ti amavo. Ti ho aspettato. Ci siami trovati soli. Sono venuta a casa tua. Tu sei venuto a casa mia. Siamo vissuti insieme, Walter: un anno intero. Insieme abbiamo lavorato, viaggiato, vissuto. Perché non siamo andati a letto, Walter? Sono io che ti ho detto di no? Sono io che ti ho respinto? lo che ho tirato giù questo schermo di ghiaccio?... O sei tu, che sei impotente?

"WALTER" - (ha un gesto, poi si domina) Sai che non è vero.

"CLAUDINE" - Con le altre, non è vero. Ma con me? Perché, Walter: perché?

(Pausa. Con tono più calmo, ma anche più determinato)

Ascoltami: non c’è mai stato niente, tra me e Giscard. Va bene? Niente! Solo quello che hai visto. Un bacio. Un momento. Forse, però ... ci sarà. Ma questo non importa: non ti riguarda. Perché è tra me e te che non ci può essere più niente, Walter. Ho aspettato che finisse il film: ora il film è finito. Posso parlare. Non voglio dirti - non mi interessa! - quello che provo per te, quello che provo per Giscard ... E’ te che non voglio più. C’è qualcosa in te che non capisco. Ed è proprio quel ghiaccio che tu senti, ma che è dentro di te, soltanto dentro di te. E’ una cosa che non capisco, e che dunque mi fa paura. Voglio uscirne. E quindi ti prego: lasciami. Ho provato: non posso. Lasciami, Walter! Lasciami in pace! Ecco: solo questo: lasciami in pace! Non puoi chiedermi più di quello che posso dare!

(E dicendo quest’ultima frase alza il braccio, Io piega in modo che la mano tocchi la nuca, e nel cavo che così forma affonda la testa, nell’identico gesto già visto. Ancora una volta, Walter ne è colpito:)

"WALTER" - Perché fai quel gesto?

"CLAUDINE" - Quale gesto?

"WALTER" - Quello: perché l’hai fatto? Dove l’hai preso?

"CLAUDINE" - Questo? ... Oddio, Walter, basta: per piacere! Non ne posso più!

"WALTER" - L’hai fatto apposta?

"CLAUDINE" - Apposta che cosa? Ma che cosa dici? Per l’amor di dio, non cominciare con i tuoi discorsi! li film è finito, hai capito?

"WALTER" - Taci!

"CLAUDINE" - Il film è finito, finito, finito!

"WALTER" - Taci, taci!

"CLAUDINE" - (istericamente, gridando) E’ finito! E’ finito tutto! Tra me e te è finito tutto!

"WALTER" - Taci!

(Gridando le si avventa contro, la afferra, le tappa la bocca con una mano. Essa tenta di gridare, si divincola, egli ripete l’intimazione di tacere... poi "Claudine" gli si abbandona inerte, improvvisamente, tra le braccia.)

"WALTER" - Wanda’ ... Wanda! ... Per l'amor del cielo, smettila di recitare!

(La lascia lentamente, e lentamente essa scivola a terra, esanime. Walter si china su di lei.)

Wanda!

(Con terrore e sgomento)

No ... Oddio, dio mio

(Si alza, chiama:) Aiuto! .. . Aiuto!

("Nino" accorre; entra nel luogo deputato, si ferma a contemplare un attimo la scena, a capire.)

"NINO" - Mais qu’est ce que tu a fait, salaud! Tu l’as tuée?

"WALTER" - (attonito) No ... il cuore ... Le ho messo appena la mano sulla bocca ... per farla tacere…

(Si allontana da lei lasciandola a "Nino"; sulla soglia del luogo deputato si ferma, appoggiandosi ad un mobile. E lì esclama, con pregnanza, come qualcosa di assai più che un’esclamazione:)

Oh, mamma!... Mamma, mamma!...

("Nino" intanto solleva "Claudine", prendendola sotto le ascelle, gettandosi sopra le spalle le braccia di lei. Ad un certo punto, la posa in cui i due vengono a trovarsi, coincide con la posa che Nino e Claudine avevano assunto prima del flash-back. Anche le luci ritornano normali. Walter, stordito, ha raccolto la macchina fotografica e ritorna ora al suo lavoro:)

WALTER - Apri gli occhi ... Staccatevi un poco ... Tu, Claudine, prova a guardarlo ... Sorridi ... Più passione, Claudine ... più ... verità!

(Sulle parole di lii, sul clic della macchina fotografica, la fine del primo tempo.)

SECONDO TEMPO

I.

E’ notte. Nulla è mutato nell’arredamento della stanza, se non per l’aggiunta di alcune grandi fotografie di Claudine, a grandezza naturale, appese qua e là, alle pareti o ai mobili, in modo evidentemente provvisorio. Come per l’inizio del primo tempo, la scena è apparentemente vuota, ed illuminata soltanto dal discreto abat-jour in un angolo. Un lungo silenzio iniziale, poi una sorta di respiro profondo proviene - amplificato - dalla poltrona dall’alto schienale che nasconde Walter. Walter si riscuote, forse da un breve sonno, e allunga verso il tavolinetto dei comandi un braccio, che ancora una volta un effetto di luce raccoglie e sottolinea come un dettaglio cinematografico.

Walter preme un tasto, poi altri tasti. Lo schermo si apre e si riempie dell’immagine della donna onnipresente. Che si tratti di Claudine, lo dice anzitutto il fatto che le immagini - a differenza di quelle del film con Wanda - sono a colori; tenui colori pastello, delicati, quasi appena accennati; e poi, le espressioni della donna, che a differenza della solare e incondizionata felicità di Wanda, sono espressioni di una serenità composta, intima, venata di malinconia, che non si traduce in una aperta risata ma in un sorriso appena accennato agli angoli della bocca, in un increspare di labbra, in un socchiudersi di poco degli occhi. Anche i movimenti appaiono più lenti, meno sbarazzini e giovanili, più composti, quasi irreali, come per un effetto di ralenti. Ma per il resto, le scene sono "identiche’ a quelle girate con Wanda. Dopo qualche istante di immagini mute, il braccio si allunga di nuovo, schiaccia un altro tasto, inserisce la musica; ma non è più la musica del settecento che accompagnava le immagini di Wanda: è musica polifonica del cinque-seicento, madrigali a quattro o cinque voci, cantate da voci che quasi si sforzano ad essere strumenti, alterate, in falsetto, con effetti inquietanti. Una musica di una superiore e quasi sovrumana aristocrazia, quasi priva di passione, composta, profonda, che sta alla musica del settecento esattamente come la quieta serenità di queste immagini di Claudine sta alla radiosa felicità di Wanda. Improvvisamente, immagini e musica dovrebbero apparirci più nobili; e se improvvisamente dovessimo rivedere la spensieratezza di Warida e udire il concertato del barocco, essi dovrebbero apparircì - accostate a queste - come uno scadimento di clima, come l’abdicazione da un rigore assoluto, da una profonda ed alta "aristocrazia".

Dopo qualche istante il braccio nuovamente si sporge, schiaccia un nuovo tasto, ferma l’immagine in un foto-stop, pur lasciando proseguire la musica. Walter si alza. Raggiunge un mobile, ne apre un cassetto, ne trae qualcosa - una fotografia - che poi inserisce nel tavolinetto dei comandi. Siede in poltrona, preme un tasto: l’immagine di Claudine scompare, e lo schermo è invaso dalla fotografia della madre di Walter; la stessa che egli aveva a suo tempo mostrata a Nino. Walter disinserisce la musica. Silenzio. Di nuovo il foto-stop di CÌaudine. Di nuovo la fotografia della madre. Di nuovo la musica, da un inavvertibile pianissimo, in crescendo fino a un mezzo-forte. Walter preme un tasto, ma stavolta non succede nulla; il tasto evidentemente non ha risposto. Walter ripro va, si alza dalla poltrona, preme ripetutamente con forza il tasto ribelle. La musica cresce fino ad un fortissimo, mentre Walter pare quasi colto dal panico: prosegue la sua lotta con il tasto, e sentiamo amplificato il suo respiro affanrioso. Finalmente, dopo un ultimo tentativo violento, quasi un pugno, la musica cessa.

Walter, le spalle voltate allo schermo, in ginocchio davanti al tavolinetto dei comandi, vi si abbandona sopra, momentaneamente sfinito dalla tensione nervosa della lotta contro la musica che non voleva cessare. Evidentemente, e involontariamente, preme col corpo qualche altro tasto; perché alle sue spalle la fotografia della madre si "brucia" lentamente, aumentando il contrasto tra bianco e nero, fino a corrompersi e diventare del tutto illeggibile. Il respiro di Walter è diventato quasi un lamento, e quando la fotografia è al massimo della sua esplosione, viene interrotto dalsuono realistico del campanello della porta d’ingresso. Walter si riscuote, e sentiamo appena - sempre amplificata - la banale esclamazione con cui esce dal breve incubo:

WALTER - Oh, mamma!

(Si passa una mano sul viso, e in fretta preme qualche altro tasto per cancellare ogni cosa.)

Un momento!

(Torna alla poltrona, siede, prende un bicchiere già pronto da qualche parte, preme il bottone che apre la porta d’ingresso.

(Entrano Nino e Claudine, vestiti con molta eleganza, evidentemente di ritorno da una qualche occasione mondana. E’ Nino il primo ad entrare; Claudine lo segue, ed appena varcata la soglia accende la luce. Appare notevolmente trasformata, elegante, sicura di sé.)

NINO - Buonasera, maestro. Eccoci qui!

WALTER - Sapete che ora è?

NINO - Poco più delle una.

WALTER - Poco meno delle due. Non si fanno le ore piccole quando il giorno dopo si gira.

(Esce, senza quasii aver degnato di un’occhiata i due.)

NINO - (allarga le braccia) Sapevo che ci avrebbe aspettato, e sapevo che avrebbe brontolato.

(Walter rientra, quasi immediatamente, dopo un'uscita che è evidentemente solo un modo per darsi un contegno.)

CLAUDINE - (tranquilla) Domani giro di pomeriggio tardi. Ho il trucco alle due.

WALTER - Per piacere! Non è una questione di occhiaie. E’ una questione di concentrazione! Di avere la testa per una cosa o per un’altra. E’ che di questo film non ve ne importa niente a nessuno! Non ve ne frega niente! Lo fate perché qualcosa bisogna pur fare; a tempo perso, tra una cosa e l’altra! Se domani dicessi ... basta!, a monte!, il film non si fa più! ... tirereste tutti un sospiro di sollievo.

(Dopo una pausa)

Ce ne sono ancora molte di queste cose?

NINO - Maestro, abbiamo appena cominciato. Lei Io sa, come sono gli americani. C’è nel contratto: una clausola precisa, con tanto di penale! Claudine va lanciata. E’ una campagna di lancio in piena regola. E sono cinquanta manifestazioni pubbliche, scelte di comune accordo: di cui almeno cinque a Londra, cinque a Parigi, dieci a New York ... prima dell’uscita del film. Lo so a memoria.

WALTER - (indifferente) E stasera che cos’era? La Croce Rossa? La giornata del filatelico?

NINO - Ma come! Il premià Strega!

(L’idea fa comunque ritornare un po’ di buonu more nell’universo di Walter.)

WALTER - Ah, gli intellettuali! Ce n'erano molti?

NINO - Tutti! Ninfeo di Villa Giulia al gran completo, ninfe e paraninfi

compresi.

WALTER - Beh ... E’ andata almeno bene?

NINO - Benissimo. Claudine è stata perfetta: ha parlato poco, ha sorriso

Molto…

CLAUDINE - Parlato poco? Non ho neanche aperto bocca!

WALTER - Potevi farlo; certamente non avresti detto le sciocchezze peggiori.

NINO - Molto notata. fotografata, filmata ... E molto ammirata.

CLAUDINE - (volteggia, allegra, mostrando il vestito) Mi sta bene?

WALTER - Come mai non hai detto "le assomiglio"?

CLAUDINE - Perché questo vestito l’ho scelto io!

WALTER - Brava! E’ ... è molto bello.

CLAUDINE - (accanto al mobile bar) Nino, prendi qualcosa da bere?

NINO - Sì, un whisky, grazie. E poi ce ne andiamo.

(A Walter)

Dicevo ... che Claudine è straordinaria. Deve avere un vero e proprio sesto senso: mai una gaffe, mai un gesto, una parola stonata. Le si presenta un ministro, un gigolò, un cardinale ... lei ha sempre il tono, il sorriso - o il non sorriso - giusto. Si direbbe che sia sempre vissuta in mezzo alla gente di stasera!

CLAUDINE - Beh, che cosa ti credi? Sono sempre vissuta in un circo, no? E sai che cosa pensavo, questa sera, mentre ascoltavo tutti quei discorsi che non capivo, e salutavo tutta quella gente celebre mai sentita nominare? Che in fondo, il vostro mondo non è poi così diverso dal mio circo. Anzi: identico. Ci sono anche lì i pagliacci, gli acrobati, i domatori, le bestie feroci, gli animali ammaestrati ... Senza costumi ... No: con altri costumi: tutti vestiti bene, ma in fondo tutti in maschera anche loro. Proprio stasera l’ho pensato, mentre la gente parlava, si faceva festa, ciascuno nella sua parte da recitare. E’ il mio circo, ho pensato! Oh dio, dio, gesù, madonna, povera gente!, ci sono proprio tutti! La signora grassa, ingioiellata, che dava i premi: era la foca ammaestrata, che giocava con le buste, come avesse un pallone sul naso! E il presidente della giuria, sempre il primo a battere le mani: era l’orso, quello che suona i piatti, e il tamburo dietro la schiena. E poi lo scrittore che ha preso il primo premio; e sembrava proprio il giocoliere: buttava in aria le parole, le riprendeva ... e tutti ridevano, e dicevano "che bravo!" ... E allora li ho guardati uno ad uno, e pensavo: "Questo è un pagliaccio ... questo è un acrobata ..."

NINO - E se non sono indiscreto, che cosa siamo noi in questo circo? Il maestro, per esempio?

CLAUDINE - Per gli altri, probabilmente, "il domatore"! Per me ... l’elefante.

NINO - Ed io?

CLAUDINE - Il più simpatico dei cani ammaestrati.

NINO - E il produttore del nostro film? Mister Warton?

CLAUDINE - Il direttore di pista.

NINO - Ed i fotografi?

CLAUDINE - Una tribù di bertucce.

NINO - E il tuo partner?

CLAUDINE - Burt? Ma il leone, naturalmente! Che arriva sul set, e ruggisce, e tutti dicono "oddio!"… ma basta un’occhiata del domatore ... e fila al suo posto come un gattone qualsiasi.

WALTER - E tu, cosa sei?

CLAUDINE - Questo dovreste dirlo voi.

WALTER - Sei tu che conosci il circo.

CLAUDINE - (dopo una pausa) Io forse ... sono quella che porta da mangiare agli animaIi…Gli animali non la temono; e le vogliono bene.

(Pausa. Con civetteria divertita, con tono da favola:)

Ma il direttore di un altro circo, molto più grande e molto più importante, mi ha proposto addirittura di fare l’amazzone che apre la sfilata!

WALTER - Un personaggio importante!

CLAUDINE - Oh, sì e no. E’ molto apparenza.

WALTER - E perché allora hai accettato?

CLAUD1NE- Perché non ci si rifiuta mai di passare da un piccolo circo ad un grande circo, per bene o male che sia. Poi, magari, andando avanti, si trovano altre ragioni

(Pausa.)

WALTER - (sorride appena) Tu sei la mia pace ... Ti ringrazio, Claudine!

(Una pausa.)

CLAUDINE - Ah, sono stanca. Le scarpe mi fanno male. Ho voglia di cambiarmi e di mettermi le pantofole.

(Si avvia verso la porta che conduce alle altre stanze. Quasi sulla soglia si ferma, trovandosi vicina ad una delle gigantografìe che la ritraggono. Si ferma.)

Posso buttar via questa foto? Non mi piace.

WALTER - Perché?

CLAUDINE - Non lo so. Non mi è mai piaciuta; ma da un po’ di tempo proprio non la sopporto.

WALTER - (istintivamente) Ma è quella che più…

(Si interrompe. Con altro tono:)

Va bene, buttala pure.

(Claudine ha un piccolo sorriso di soddisfazione, e strappa la foto dal muro lasciandola cadere a terra. Poi esce. Pausa. Walter, lentamente, preme un tasto che riempie lo schermo delle immagini di Claudine: sono le sequenze già viste prima.)

NINO - Il materiale della settimana scorsa?

(Walter fa cenno di sì. Per qualche istante le immagini scorrono, accompagnate dalla musica che Walter introduce. Nino le osserva, affascinato:)

Certo che ... è bellissima!

WALTER - (disturbato e distratto) Come?

NINO - Ho detto: ... è bellissima. (Pausa) E direi anche ... ripresa in modo stupendo. Questo soprattutto.

WALTER - Non dire eresie.

NINO - Come? ... Ah, già, pardon! Dimenticavo! Lei è bellissima, ma dietro la macchina da presa, o seduto sulla sedia con sù scritto "Il regista", c’era un idiota che non sapeva fotografare. E’ così? Ricordo bene?

WALTER - No! Questo valeva per l’altro film. L’idiota ormai ha imparato a fotografare! Ma quello che sta dietro la cinepresa non basta: bisogna che quella davanti non si neghi! E lei invece non si lascia prendere! (Punta il dito contro l’immagine, con rabbia:) Guardala! La vedi mai ridere? Si nega, quella disgraziata! Ed è sempre così! Io le dico: "Ridi, ridi, devi ridere!, come rideva l’altra!, apri quella bocca!, spalancala!, fa vedere che hai denti!, ridi, ridi!" ... Ma lei niente; non ne vuoi sapere!

NINO - Ma se abbiamo girato centinaia di metri, migliaia, con Claudine che ride! (Indica le foro ingrandite:) Come in quelle foto! Non mi dirà che lì non fa vedere i denti, che non ride!

WALTER - (alza le spalle) Certo! Ma quanti modi ci sono di ridere? Anche la iena ride. Anche il conte Ugolino mostra i denti, anche Dracula! E’ un riso superficiale, volgare, sciocco; è la cassiera del circo! Questa - è inutile negarselo! - non è la felicità di Wanda Feurig! Questa è una che non sa perché ride! Questa è inconscienza! Non ha capito niente! Ride! Ma perché ride? Eh? Perché ride? Che cosa c’è da ridere? Di che cosa è felice? Che cosa c’è da essere felici?

NINO - Senta! Si ricorda di quella volta che dopo una famosa tirata sugli occhi di Wanda Feurig e su quelli di Claudine, non ha neanche saputo distinguere gli uni dagli altri? Bene! Scommettiamo che le metto sù una sequenza dell’una e dell’altra che ridono, e lei di nuovo non sa distinguerle?

WALTER - Non dire sciocchezze!

NINO - Scommettiamo?

WALTER - Scommettiamo.

(Nino si getta ad armeggiare sulle apparecchiature. Walter lo lascia fare per qualche istante:)

Peccato che il film con Wanda Feurig sia in bianco e nero, e questo a colori. Oltre che cretino, dovrei essere anche daltonico.

(Nino si dà una manata sulla fronte, come a riconoscere la propria dabbenaggine. Poi si alza e si avvia:)

NINO - Con lei non si può discutere. Buonanotte.

WALTER - Dove vai?

NINO - A casa, vado. Sono le due passate.

Comunque, stia a sentire: è inutile che continui a prendersela con Claudine. Claudine è perfetta! Bravissima quando imita Wanda Feurig, straordinaria quando imita se stessa. Lo dicono tutti. E quando ride, non ha niente che ricordi Dracula. E’ lei, maestro, che non vuole vederla ridere!

WALTER - Ma se non le chiedo altro! "Ridi, ridi!"

NINO - Certo: a parole! Ma le sequenze in cui ride, dove vanno a finire? Tutte lì, tra gli scarti!

WALTER - Perché è un riso idiota! E se no, perché dovrei, secondo te?

NINO - Ah, questo non lo so. lo mi occupo di cinema, non di fisime. A trovare "il perché" ci penseranno i critici. Anzi: gli psicanalisti!

Buonanotte, maestro.

(Ma da qualche istante Claudine è apparsa sulla soglia della stanza. Si è cambiata, e indossa ora una lunga vestaglia bianca, e un paio di pantofole. Entrando non ha fatto alcun rumore, e i due uomini non si sono accorti di lei. Essa si è fermata ad ascoltare, interessata ed evidentemente turbata. Ora chiude la porta dietro di sé, provocando volutamente un rumore che attira l’attenzione di Walter e Nino.)

CLAUDINE - Buonanotte, Nino. E grazie di tutto.

NINO - Ciao, tesoro. Buonanotte.

(Claudine lo ha accompagnato alla porta. Egli la bacia sulla guancia, ed esce.)

WALTER (dopo una pausa) - Un bravo ragazzo…ma un maledetto testone!

CLAUDINE - Nino è un tesoro. Guai se non ci fosse lui! Quando mi presenta qualcuno, basta il tono della sua voce, o il modo in cui mi sfiora un braccio o mi stringe il gomito, e io capisco quel che devo fare. Ci intendiamo a meraviglia.

WALTER - Posso farti una domanda? Sei mai stata a letto con Nino?

CLAUDINE (dopo una pausa) - No.

WALTER - Non… non penso che avrei il diritto di proibirtelo.

CLAUDINE - No, ugualmente.

(Pausa. Claudine gli è vicino, in piedi: gli pende la testa tra le mani, se la accosta affettuosamente al grembo. Sorride.)

Sei stanco?

WALTER - Sì. Ma sto bene con te. "Tu sei la mia pace".

CLAUDINE - Ho sentito, sai, quel che dicevate tu e Nino…

WALTER - Mi dispiace. Ma… era un discorso… tecnico.

CLAUDINE - Lo so. Tu fai sempre "discorsi tecnici".

WALTER (ride un po' imbarazzato)- Come la prima volta: ti ricordi? Tu eri lì, ferma, che non sapevi dove mettere le mani. E io: "Ma che è questa roba? Questa sta bene in una balera! E' una bonazzona qualsiasi| Questo è un bel pezzo…" E tu?

CLAUDINE - "A stronzooo!"

WALTER - L'avevi preso per un fatto personale.

CLAUDINE - E invece era solo… un discorso tecnico.

(Wakter ride, un po' forzato, come forzata è la breve rievocazione, fatta soltanto per evitare un discorso che Claudine aveva iniziato. Ma Claudine, dopo aver accondisceso per un attimo, ora riprende:)

Ma quel che dice Nino è vero, Walter. Perché non rido mai? Tutte le scene sono state girate cento volte: tu mi dicevi di ridere, di sorridere, di stare seria… M quelle in cui rido sono state tutte scartate!

WALTER (con fastidio, sulla difesniva) - Ma non è vero! Qualcuno, sì: perché il tuo modo di ridere non mi convinceva… Oppure perché era troppo evidente che stavi copiando l'altra!…

CLAUDINE - Ma se per mesi mi hai tormentata, che "dovevo" copiarla! Ogni volta che facevo un gesto diverso mi gridavo di non fare la diva, di non inventare niente, di stare al mio posto, di fare come lei, come lei, come lei!…

WALTER - "Assomigliare", a lei: ma non "essere"!

CLAUDINE - Ma "chi" devo essere, allora?

WALTER (infastidito, sfuggendo) - Oddio, anche tu come lei: sempre la stessa domanda! "Chi devo essere?"!

"Siate" semplicemente: siate! Apritevi, datevi, non negatevi, non fatemi sentire questo muro di ghiaccio che sento sempre, con te, con lei! Quando io vi inquadro - ed è un atto d'amore! - perché mi rispondete di no? Perché, più calore c'è da parte mia, più bisogno di aiuto, più preghiera… e più fredda è la risposta, più insuperabile il silenzio….

CLAUDINE - Per piacere, Walter, basta! Non rispondere sempre così, non rifugiarti nelle parole! E' il tuo solito modo di sfuggire alle cose: quel che non vuoi vedere, tu lo neghi: ti arrampichi sugli specchi, rovesci le colpe sugli altri!…

WALTER - (rifugiandosi in un’esclamazione di fastidio e di noia) Oh, mamma!

CLAUDINE - Sei sicuro di sapere quello che vuoi?

WALTER - (come sopra) Oh, mamma mia!

(Pausa. Claudine gli si avvicina.)

CLAUDINE - (con bontà) Walter, tu hai bisogno di amare la donna di questa storia.

WALTER - (con sincerità) Ma io ti amo, Claudine! Quante volte te l’ho detto! Ti sono grato per la tua giovinezza ... Sei la mia pace ... Ti amo

CLAUDINE - E allora, Walter: perché ...?

WALTER - Perché cosa?

CLAUDINE - Perché ...? Mi hai chiesto una volta se sarei venuta a letto con te. Io ti ho risposto di sì. E ci sono venuta.

WALTER - Per il mio film, hai detto. Non perché mi amassi.

CLAUDINE - Sì. Ma non era anche quello un modo di volerti bene? Tu, invece, mi hai presa con indifferenza. Così! ... come una delle tante.

WALTER - E’ vero. Non ti amavo ancora.

CLAUDINE - Poi, un giorno, mi hai chiesto di restare qui. E io sono restata. E non più per il film, ma per te... e per me. Perché a chiedermelo non era stato il grande regista, che mi intimoriva; ma un uomo!, che aveva cominciato ad amarmi, e che aveva forse bisogno di me ... Non era stato ii domatore ... ma il mio elefante

WALTER - (dopo una pausa) E allora?

CLAUDINE - E allora ... perché ...?

WALTER - Perché?

CLAUDINE - Perché non è più successo niente? Perché ... non siamo più andati a letto insieme?

WALTER - E’ questo che ti dispiace?

CLAUDINE - (con fermezza) No.

No, Walter. Ma voglio sapere se anche tu ti senti respinto, se anche qui senti tra noi un muro di ghiaccio

(Walter non risponde)

Perché finché tutte le cose che mi hai detto me le dici per il film, io non rispondo; non so cosa dire. Quello è lavoro, è cinema, non è il mio mondo. Forse è soltanto che non so recitare, che non sono brava, che non so capirti .... e allora tutte le tue parole possono anche avere un senso, e tu aver ragione. Ma questa è vita, Walter; questo non è mestiere, e non è arte, e non c’entra l’attrice, o il saper recitare. Questa è vita, e io so il fatto mio, e so cosa rispondere; so che non sono io che ti respingo, e non c’è freddezza in me, e non sono io che mi nego ... E allora vuol dire che il muro di ghiaccio è in te, Walter; è di sicuro tra noi due, uomo e donna, ma forse anche sul lavoro, tra te dietro la camera e me davanti, Walter... E allora mi dispiace, Walter, perché non so come aiutarti, e non posso fare nulla.

WALTER - (dopo una pausa, ancora una volta rifiutandosi, ma ora più sinceramente stanco che infastidito, senza ribellarsi, senza aggredire, celando il viso tra le mani)

Anche tu!, anche tu!..

(Poi, rinunciando, come a proporre una tregua)

Sono stanco…

CLAUDINE - (sorride, gli accarezza i capelli) Il mio elefante, il mio povero elefante!

WALTER - (piano) Va a letto, Claudine ... E’ tardi.

CLAUDINE - Sì. Mi metto a posto i capelli, e poi andiamo a letto.

(Walter rimane seduto, mentre Claudine si avvia verso uno specchio, e comincia a sciogliersi i capelli e a pettinarsi. Walter, dopo un istante, preme un tasto sul tavolinetto dei comandi. Si odono le musiche polifoniche che abbiamo sentito accompagnare le immagini di prima.)

CLAUDINE - E’ la musica per il film?

WALTER - Sì.

CLAUDINE - E’ diversa dall’altra. E’ bella, mi piace ... ma ... e meno allegra.

WALTER - (piano) ... Non ride

(Claudine non ha neppure sentito. Continua a pettinarsi. Pausa. Walter ad un tratto si volta verso Claudine, si accosta alla zona che lei occupa, osservandola con crescente intensità. Alza un braccio, "bussa" contro un muro od un mobile, mentre un brusco mutamento di luce isola - come già nel primo tempo - il nuovo luogo deputato. La musica si interrompe di colpo. "Claudine" si volta di scatto, ed ha un gesto di sorpresa e di spavento.)

"CLAUDINE" - E lei chi è?

"WALTER" - Non gridi, la prego!

"CLAUDINE" - Che cosa vuole? Che cosa fa qui?

"WALTER" - Sono entrato. Di là non c’era nessuno ... Sono salito ... Lei è la signora…?

Mi chiamo Walter: ho venticinque anni ... Paolo è il nome di mio padre ("C!audine" ha un gesto di sorpresa, al limite del terrore.)

"CLAUDINE" - Lei?

"WALTER" - Mio padre è morto pochi giorni fa. Io ho pensato che fosse giunto il momento ... di conoscere mia madre.

"CLAUDINE" - (quasi implorando silenzio o prudenza) Per l’amor di dio! (Poi si calma, tenta toni normali. Nell’imbarazzo non sa dire di meglio che:) Si accomodi.

"WALTER" - Grazie.

(Si avanza, pronunciando il ringraziamento non senza un’amara ironia.)

Posso stringerle la mano?

("CIa udine", senza una parola, gli porge la mano.)

Fa uno strano effetto sentirsi dire "Si accomodi", e "stringere la mano" alla propria madre ... che si vede per la prima volta.

"CLAUDINE" - La prego di scusarmi. Sono ... sorpresa.

"WALTER" - Sorpresa?

"CLAUDINE" - E sconvolta, sì. Così ... all’improvviso…

"WALTER" - Potrei chiederle ... lo sforzo di darmi del tu?

(Ma subito fa marcia in dietro, di fronte all’espressione di disagio di lei.)

No, ha ragione! Ci siamo appena conosciuti

Tra qualche minuto, magari.

"CLAUDINE" - Non mi fraintenda, la prego. Tra l’altro ... non ho questa abitudine. Non do del tu nemmeno agli amici dei miei figli

"WALTER" - Ma io non sono ... un amico dei suoi figli"!

"CLAUDINE" (scoppia a piangere, nervosamente, travolta dall’emozione e dalla propria incapacità a trovare un contegno)

Mi perdoni, mi perdoni!

Tu hai venticinque anni, Walter. Quanto tuo padre, una sera, mi ha portata a casa sua, e poi a letto, con una scusa, frettoloso, violento, mentre mia sorella, dodici anni, aspettava in anticamera, con un giornalino, che lui le aveva dato, dicendo "leggilo" ... io avevo quindici anni, Walter! Quindici anni! Io non sapevo niente, non ho capito niente ... e poi non ho voluto neppure vederti. Come una malattia infantile, da dimenticare, in fretta. Mi sono sposata, ho avuto una vita, un marito, tre figli ... Questo può aiutarti a capire. Mentirei se ti dicessi ... che mi sei mancato.

(Pausa. "Claudine" tenta di sorridere, di fare comunque bella cera al nuovo e incolpevole venuto:)

Però ho saputo che ti occupi di cinema.

"WALTER" - In effetti.

"CLAUDINE" - E ho sentito dire che sei bravo.

"WALTER" - (teso in un improvviso moto di speranza) Lei ... si è informata di me?

"CLAUDINE" - (con improvvisa freddezza, come timorosa di aver detto troppo) Ho sentito dire.

"WALTER" - Ah già ... certo!

(Pausa. Il lungo momento di imbarazzo è rotto da Walter, che tenta, come una strana avance, velata di ironia:)

Mamma!

"CLAUDINE" - (sgomenta) La prego!

"WALTER" - Mi scusi. Ho voluto "provare"!

"CLAUDINE" - ... mio marito può tornare da un momento all’altro.

"WALTER" - E lui non sa niente.

"CLAUDINE" - Lo sa. Ma non ne abbiamo mai parlato.

"WALTER" - Proprio ... cancellato, dunque!

"CLAUDINE" - (esce dall’imbarazzo con un approccio banale) Raccontami qualcosa di te, piuttosto. Sei sposato?

"WALTER" - No. Credo di aver ricevuto in eredità un’immagine forse distorta della donna. Mio padre…

"CLAUDINE" - (come fermandolo) Tuo padre l’ho conosciuto.

"WALTER" - (di nuovo, come prima) Mamma!

"CLAUDINE" - Ti prego!

"WALTER" - E’ soltanto una parola, signora! Eppure mi accorgo che mi è mancato ... qualcuno cui dirla.

Sono cresciuto tra le donne di mio padre; una legione di donne, sempre diverse; e la scena della sorella, o della cugina che aspetta in anticamera, la conosco, signora, poiché da bambino giocavo io con loro. Uscendo dalla porta della stanza di mio padre, qualcuna ogni tanto mi dava una caramella, o mi portava fuori a prendere il gelato. Crescendo - e in assenza di sorelline da intrattenere - ho cominciato a guardare dal buco della serratura. Ho provato i primi strani turbamenti; qualcuna uscendo se ne accorgeva, si fermava a chiacchierare con me, oppure tornava, uscito mio padre. Alle donne piacevo; e così, le donne di mio padre erano spesso le mie. Ma io, forse, non avevo bisogno di quello che loro mi davano; forse era un’altra, "la donna di mio padre" che cercavo. E me ne accorgo ora, e adesso lo so. Una donna per un’altra parte di me; per un altro genere di amore, che mi è mancato, che non ho mai conosciuto. L’amore, per me, ha un solo tono…

"CLAUDINE" - (turbata, supplicando) Per piacere!

"WALTER" - (sinceramente, senza ironia) Mamma!

"CLAUDINE" - Perché sei venuto?

"WALTER" - Non tornerò più. Te Io giuro. Soltanto ... per una volta, l’ultima, o la prima ... prima di andare ... prendimi in braccio…

("CIa udine" si irrigidisce. "Walter" corregge:)

Lasci che io l’abbracci.

("Claudine" non risponde; "Walter" le si avvicina, ma è "Claudine" ad abbracciarla, seduta, mentre egli le si inginocchia davanti. Lei gli stringe la testa al seno, sfiorando gli con le labbra i capelli, con un improvviso impulso, sincero e pietoso insieme:)

"CLAUDINE" - Bambino mio!

"WALTER" - Mamma!

(Si alza, la fa alzare, la stringe tra le braccia con trasporto affettuoso.)

"CLAUDINE" - (ridendo brevemente, In un attimo di felice maternità ritrovata) Oh, attento, mi soffochi!

("Walter" allenta un attimo la presa, la guarda negli occhi e poi, come disinibito, trasportato dalle parole e dall’atteggiamento di lei, la bacia sulla bocca, mentre la sua mano corre istintivamente alla scollatura e al seno di lei. "Claudine" lo respinge, bruscamente, violentemente, con un grido di disgusto:)

Ma cosa fai?!

"WALTER" - (attonito) Mamma!…

"CLAUDINE" - Ma tu sei pazzo! Vergognati! Tu, come tuo padre…

"WALTER" - (con freddezza ironica e amara) Forse ... nessuno mi ha mai insegnato altro, signora.

"CLAUDINE" - Se ne vada.

(" Walter" esce, lentamente, dal luogo deputato, ritorna alla poltrona. Riprende la musica di prima, in sotto fondo, mentre il mutamento di luci sottolinea il ritorno all’attualità, e Claudìne - liberata della tensione della scena - completa la sistemazione dei capelli. Walter siede. Lunga pausa.)

CLAUDINE - Ecco finito!

(Ha finito di pettinarsi. Raggiunge Walter, gli è alle spalle. Lo guarda, sorride, scuote la testa, lo accarezza con bontà.)

Il mio elefante! Il mio povero, misterioso elefante!

(La luce si abbassa lentamente fino al buio completo.)

II.

La stanza vuota, di notte, illuminata appena dalla debole luce che proviene da fuori, attraverso le finestre.

Le gigantografie sono sparite.

Dopo qualche istante la porta d’ingresso si apre, ed entra Nino, che corre verso il centro de/la scena, lasciando la porta aperta dietro di sé. Armeggia con una macchina fotografica, che punta verso la porta. Sulla soglia, dopo qualche istante, vediamo stagliarsi contro la luce la sagoma di Claudine.

NINO - Ferma! Così! Sulla soglia, trionfante! In posa

CLAUDINE - Così?

(Si appoggia allo stipite, un braccio alzato, un’anca piegata, in un melodrammatico gesto di trionfo.)

NINO - Perfetto!

(Scatta due o tre foto con il flash.)

Una ... due ... tre! Ecco, adesso puoi entrare.

(Claudine entra, accende la luce. chiude la porta)

Immortalato il ritorno a casa della diva! Un bacio.

(Claudine gli vola tra le braccia.)

Sei contenta?

CLAUDINE - Sì.

NINO - E stanca?

CLAUDINE - Anche.

NINO - Allora siediti, che ti preparo qualcosa di giusto da bere. ... Ormai siamo in dirittura d’arrivo, lo sai? E adesso posso dirti anche una cosa: tutti aspettavamo questo giorno come una specie di prova del nove. Il giorno più importante: la scena del mulino. La più difficile, la più famosa; quella che ha reso celebre l’altro film: un pezzo d’antologia. La fotografia più celebre di Wanda Feurig, quella che tutti conoscono: viene da lì. Quando abbiamo fatto il piano di produzione, Walter voleva tenerla per ultima: per darti più tempo, e per scaramanzia. E’ stato il produttore a non volere: per ragioni di organizzazione. Ma noi tutti insistevamo: corre il rischio di rovinare tutto il film, dovremo rigirarla chissà quante volte, sballerà tutti i tempi, e saranno decine e decine di milioni..

CLAUDINE - (fishing for compliments) E invece?

NINO - E invece sei stata bravissima. Piano di produzione perfettamente rispettato. Mezza scena girata, domani la conclusione.

CLAUDINE - (dopo una pausa) Nino, me la fai vedere?

NINO - Ma ... non ce l’abbiamo ancora.

CLAUDINE - Non la mia: l’altra.

NINO - (con scherzoso entusiasmo) Ma ormai ci sei tu, Claudine; l’altra non esiste più!

CLAUDINE - Per piacere!

NINO - Ma non so neanche dove sia!

CLAUDINE - (indicando le apparecchiature) Ma è lì, è ancora sù! L’abbiamo

rivista anche ieri! Ti prego!

NINO - E va bene; agli ordini.

(Armeggia attorno alle apparecchiature)

Dev’essere una forma di sadismo, o di masochismo, non so. O forse vuoi vedere dove sei più brava tu?

CLAUDINE - E’ un’altra cosa, Io sai.

NINO - O più bella? ... Voilà!

(Partono le immagini dì Wanda Feurig. Dopo un tempo:)

E neanche qui ti ha lasciata ridere, vero?

CLAUDINE - (concentrata sulle immagini) E’ vero.

(Ad un tratto:) Ferma, ferma, è qui!

 

(Nino ferma la proiezione in un fotostop)

Ecco: questo gesto non l’ho fatto! Questo volevo rivedere! Non l’ho fatto! Spegni pure!

(Lo schermo ritorna vuoto.)

Ho fatto così!

(Accenna ad un gesto diverso.)

L’ho fatto apposta, diverso. E’ un gesto che facevo al circo. E per questo soprattutto sono felice; perché in quel momento lui ha detto "brava!". L’ha detto piano, non a me: a se stesso. Ma aveva il megafono alle labbra, e io ho sentito, e hanno sentito tutti. Hai capito? Non mi ha fermata, non mi ha detto, come diceva sempre, "No, questo non c’entra, lei non lo faceva, non inventare, non fare la diva, ripassati la parte ..."! Questo gesto non c’era, Nino, e lui mi ha detto "brava"!

NINO - Beh ... brava te lo ha detto tante volte!

CLAUDINE - Sì, ma è diverso. Oggi ... gli è venuto da dentro! Stavamo girando, non mi ha fermata; e proprio quando ho fatto quel gesto ... - mio, capisci?, non copiavo da lei! - ..ha detto "brava", ha pensato "brava!", piano, a se stesso: non a me! Non so se riesco a spiegarmi…

NINO - Sì, ma adesso sta calma. Altrimenti dormirai male, avrai le occhiaie, e la seconda parte della scena verrà che sarà un orrore. Tieni.

(Le porge da bere.)

CLAUDINE - Che cos’è?

NINO - Un camomilla-dry.

CLAUDINE - Che schifo!

NINO - Bevilo!

CLAUDINE - Un momento.

(Posa il bicchiere, si alza, corre verso la porta che conduce alle altre stanze, la apre, guarda dentro.)

NINO - Dove vai?

CLAUDINE - Mi era venuto il dubbio che Walter potesse essere tornato prima di noi.

NINO - Ma no, si ferma sempre a rivedere il materiale. Bevi, e mettiti tranquilla. Ci hai fatto prendere una bella paura oggi quando sei svenuta.

CLAUDINE - E’ stato un attimo. Burt mi ha sostenuta, e mi sono ripresa subito.

NINO - Non tanto subito. E ti sei accorta che il maestro non ha interrotto la ripresa? Poi avete rifatto la scena, naturalmente; ma il tuo svenimento intanto lo ha ripreso. Che cosa è stato?

CLAUDINE - (per un istante a disagio) Non lo so ... Niente. Un giramento di testa. Che ore sono?

NINO - Le sette. Tra poco sarà qui.

(Con un altro tono, dopo una pausa:)

Senti ... Claudine, posso chiederti una cosa? Sei molto innamorata di lui?

CLAUDINE - Gli voglio bene. Sì, credo di sì. In un certo senso ... si.

NINO - Vivete insieme da due mesi.

CLAUDINE - Certo. O almeno: questo è quello che scrivono i giornali.

NINO - Perché dici così?

CLAUDINE - Beh ... è una cosa un po’ strana.

NINO - Claudine, conosco Walter come le mie tasche, e ormai comincio a sapere qualcosa anche dite. Lui ... è un incredibile egoista, Claudine; per lui esistono soltanto i suoi films. Non illuderti. Te l’ho già detto una volta. Anche senza volerlo, potrebbe farti del male.

CLAUDINE - Finora non si può dire.

NINO - No, non parlo della tua carriera. Sebbene, anche qui: sei stata fortunata, e basta. Se ti ha presa, è perché gli servivi, non certo per te; sotto questo profilo, non gli devi niente. Comunque, sto parlando della tua vita: Wanda Feurig l’ha distrutta lui! Non dico "ammazzata": questo è un altro discorso, e io non ci ho mai creduto. Dico "distrutta". E potrebbe farlo anche con te.

CLAUDINE - E allora? Che cosa dovrei fare?

NINO - Esser prudente: stargli alla larga: tu come donna, da lui come uomo.

CLAUDINE - Mi pare un po’ tardi per questo.

NINO - Non lo so. Hai detto che tra te e lui "è una cosa un po’ strana". Perché?

CLAUDINE - Nino, non sono cose facili da spiegare

NINO - Puoi anche non rispondermi, se vuoi. Ma ... a letto insieme, ci andate?

CLAUDINE - Sì.

(Paasa. Nino la guarda, per un attimo sorprèso, se non proprio incredulo.)

NINO - Beh ... se e cosi ... è diverso. Ritiro la mia obbiezione ... e ti chiedo scusa. Evidentemente…

CLAUDINE - (dopo una pausa) Nino. E’ vero. Siamo andati a letto insieme, sì, una volta; ma subito, all’inizio, quattro mesi fa. Da quando viviamo insieme, da quando - diciamo - è una cosa seria… no. non è più successo.

(In fretta, come a prevenire le parole di luì)

Però ... mi va bene così. Ecco perché non mi sento in pericolo di essere distrutta. Il suo egoismo ... se è questo che tu chiami il suo egoismo…

NINO - Anche questo, sì.

CLAUDINE - ... beh, va d’accordo con il mio egoismo. Quando dico che è

una cosa strana, voglio dire che ... pur essendo una cosa diversa da come è naturale che sia ... a me "va bene così"! E’ una cosa tenera, dolce, tranquilla. Mi ricorda i miei cani ammaestrati. Morto mio marito, dormivano con me, ai piedi del letto. A me bastava ogni tanto allungare una gamba ... e li sentivo. Mi davano tranquillità, sicurezza..

NINO - Una donna, giovane e viva come te, non può vivere soltanto di tranquillità e sicurezza. Mi preoccupo anche per lui, Claudine. Nel suo egoismo è terribilmente solo, malato dentro. Ha bisogno di te.

CLAUDINE - (sorridendo) Hai paura che mi trovi un amante?

NINO - Beh, quanto tempo è che è morto tuo marito?

CLAUDINE - Quattro anni.

NINO-E da allora tu ... mai ...?

CLAUDINE - Ma sì, ma sì, qualche volta ho ... provato. Anche con Walter, appunto. Ma…

NINO - (interpretando la smorfia di lei) Non ti è piaciuto!

CLAUDINE - (ride all’espressone, fa cenno di no con la testa) Proprio così: non mi è piaciuto.

NINO - E con tuo marito?

CLAUDINE - Con mio marito era diverso ... una volta.

NINO - Una volta? E poi?

CLAUDINE - E poi ... E poi no.

(Si difende con un filo di sottile ironia dalla penosa difficoltà del ricordo.)

Non mi è piaciuto più neanche con lui!

NINO - (dopo una breve pausa di perplessità) Prima sì e poi no. Dunque…

non sei frigida.

CLAUDINE - No. O forse ... lo sono diventata.

(Con altro tono, serio e sincero:)

Non mi piace parlarne, Nino.

NINO - Era solo per cercare di capire, Claudine.

(Scherzando:) Magari chissà: un giorno potrei fare anch’io un film: con te ... e su di te!

CLAUDINE - (sta allo scherzo) Oh, Nino, sarebbe meraviglioso!

(Ride, ma Nino non demorde.)

NINO - (dopo una pausa) Dimmi! ... Se vuoi.

CLAUDINE - (seria) Poi, un giorno.

NINO - Un giorno?

CLAUDINE - Un giorno ho abortito.

NINO - (non sembra capire bene. Dopo una pausa) E allora?

CLAUDINE - (con sofferenza, mista a rabbia) Oddio. Nino, "e allora"! Quelli che parlano di abortire come di prendere una purga ... non sanno quello che dicono.

NINO - Scusami.

CLAUDINE - Dovevamo andare in tournée. E sono rimasta incinta. Una tournée lunga, importante, in Europa orientale: Ungheria, Cecoslovacchia, Polonia ... io non avrei potuto fare il numero con mio marito; avrei dovuto restare in Italia. Lui ... avrebbe dovuto sostituirmi, istruirne un’altra. Non ne aveva voglia. E io avevo paura: perché sapevo come vanno queste cose: due cominciano a lavorare insieme, si trovano bene, lei - senz’altro - sarebbe stata più brava di me ... Ero gelosa. Ci tenevo al mio numero, era stata l’unica occasione della mia vita. Così, per un sacco di cose, ho abortito. L’abbiamo deciso insieme; ma ad abortire, poi, sono stata soltanto io! Il peso, voglio dire, è stato soltanto mio! Lui ... è morto subito dopo. E quando me lo sono visto davanti, schiacciato dall’elefante ... sai qual è stato il primo pensiero che mi è venuto in mente? Vigliacco, ho pensato; hai tagliato la corda! Perché lui era fatto così: era un terribile egoista, rifiutava le preoccupazioni. Qualsiasi cosa succedesse, alzava le spalle, una bella risata, e via!

NINO - Beh, in questo caso mi sembra un po’ ingiusto considerarlo così!

CLAUDINE - Sì, povero Armando, hai ragione! Eppure,è stata la prima cosa che ho pensato. Vigliacco, ho pensato; vigliacco! Avevamo risolto tutti i problemi, certo! Non abbiamo fatto la tournée, non abbiamo fatto il numero, lui non ha dovuto sostituirmi ... Ma per me ... è stato il vuoto! Tu non puoi capire, Nino. Un uomo non può capire; e neanche una donna, finché queste cose le legge soltanto sui giornali. E così, da allora, io ho un figlio; ma questo figlio non c’è, e non c’è perché io l’ho scacciato, e io sono come in attesa, ma lui non può tornare, e non tornerà. Un vuoto; e in questo vuoto io vivo, rido lavoro ... ma sempre con quest’ombra dietro le spalle. E se mi avvicino a un uomo, qualcosa mi blocca ... mi impedisce

NINO - E lui?

CLAUDINE - Walter? Gli voglio bene, te l’ho detto. Gli sono grata per quello che ha fatto ... e anche per quello che non fa. Qualche volta, quando siamo a letto ... lui mi tiene vicino, mi appoggia la testa qui, sulla spalla, o addirittura qui, sul ventre. E sono gli unici momenti in cui non sento quel vuoto, non vedo quell’ombra

(Pausa.)

NINO - Gli hai mai chiesto ... il perché?

CLAUDINE - Sì, una volta, ma ... stavamo parlando d’altro. Ma non voglio saperlo, Nino. Per ora, almeno, non voglio saperlo. Questo è il mio egoismo, Nino! Ripeto: "mi va bene così"!

(Il tono è definitivo, conclusivo.)

NINO - (dopo una pausa, con decisione, quasi con aggressività) Lo sai dov’è lui in questo momento?

(Claudine lo guarda, senza esattamente capire la domanda.)

Se ti dicessi che lui, in questo momento ... sta scopando?

(Claudine lo guarda, dominando ogni eventuale emozione, come a rifiutarsi di lasciarsi provocare da/la brutalità dell’espressione di lui.)

CLAUDINE - (dopo una pausa) Perché "se ti dicessi"?

NINO - Saresti gelosa?

CLAUDINE - No.

NINO - Beh, è vero! E’ una cosa che fa abbastanza spesso. Quando si sente in forma ... o quando è stanco; quando il lavoro è andato bene ... o quando va male. Un modo per scaricarsi, suppongo. Non lo sapevi?

CLAUDINE - Credevo si trattenesse a vedere i filmati.

NINO - Beh, naturalmente; anche.

CLAUDINE - ... E con chi?

NINO - Oh, ha il suo giro. CLAUDINE - Puttane?

NINO - No, puttane no. O almeno: non in senso tecnico. Attricette, comparse, ammiratrici…

CLAUDINE - Perché me l’hai detto?

NINO - Perché penso che la verità sia sempre utile. Non devi volergliene per questo.

CLAUDINE - Non gliene voglio.

NINO - E neanche essere gelosa.

CLAUDINE - Anche le mie gelosie sono state punite, Nino. Non sono gelosa.

Ripeto: continua ad andarmi bene così!

NINO - (è vicino alla finestra) Eccolo: sta arrivando. Non facciamogli capire, mi raccomando. Quando lavora va lasciato in pace. Facciamo finta di guardare i filmati.

(Aziona lo schermo, che si illumina e si riempie dell’immagine e del sorriso di Claudine. Cìaudine, come se si sentisse imbarazzata o incapace di affrontare l’incontro con Walter, fugge - quasi-- verso la porta che conduce alle altre stanze. Di qui si volta verso Nino:)

CLAUDINE - Nino! ... Nino, oggi, quando sono svenuta ... io lo so cos’è stato!

NINO - Che cosa?

CLAUDINE - Nino, io

(Ma non c’è tempo per altro, perché la porta d’ingresso si apre ed entra Walter. Vedendo Nino intendo ai film ati fa un gesto, come a dire di continuare. Si avvicina, osserva anche lui. Claudine intento è ferma, come paralizzata, accanto alla porta.)

WALTER - Il materiale di ieri?

NINO - Sì. Mi pare molto buono.

(Walter non reagisce)

CLAUDINE - Dove sei stato?

WALTER - A visionare un po’ di roba. (A Nino) li dispiace spegnere?

(Nino spegne.)

CLAUDINE - Sei ... soddisfatto?

(Walter non risponde. Si avvicina ad un vassoio, sopra un mobile, sul quale si trova la corrispondenza, e comincia ad aprire varie buste. Claudine ripete la domanda:)

Sei ... soddisfatto?

WALTER - (neutro) Abbastanza.

(Apre una busta, ne scorre brevemente il contenuto, passa il foglio a Nino:) A questa rispondi tu.

(Apre altre lettere; qualcuna la straccia immediatamente, altre le mette da parte, altre ancora le passa a Nino. Intanto continua la risposta a Claudine, senza mai fissarla, con apparente indifferenza.)

In qualche momento sei un po’ rigida ... Poco naturale ... Altri momenti bene Molto bello il viso quando sei svenuta. Un primo piano che bisognerà utilizzare. Però sta attenta: se ti capitava a cavallo…

(Porge a Nino un’altra lettera) Anche questa.

 

…poteva essere pericoloso.

L’impressione è che qualche volta ti preoccupi troppo di copiare l’altra. Altre volte invece te ne vai per i fatti tuoi ... Inventi troppo ... e non va bene.

(Tra le varie lettere gli capita ora per le mani un telegramma.)

I telegrammi dovreste portarmeli sul set. Possono essere cose urgenti.

(Lo apre, lo legge. Nessuna emozione compare sul suo viso.)

NINO - E’ una cosa urgente?

(Walter risponde con una smorfia indecifrabile.)

WALTER -- Chi sa che cosa è urgente nella vita?

(Breve pausa. Walter riguarda il telegramma.)

Domani non si gira.

NINO - (dopo un attimo di attonimento, e uno scambio di perplesse occhiate con Claudine) Domani ... maestro ... la scena del mulino, da finire

WALTER - (ribadisce, impassibile, senza guardali) Domani non si gira. Devo andare a Ginevra.... Un funerale. E’ morta mia madre.

(Straccia lentamente, più volte, in piccoli pezzi, il telegramma. Ma non lo getta via. Si avvia in fretta verso la propria stanza. Esce, mentre in scena si fa rapidamente buio.)

III

Tre giorni dopo.

In scena vi è la sola Claudine, addormentata sul divano, avvolta in una coperta. Possiamo forse sentire, amplificato, il respiro del suo sonno inquieto. Al suono realistico dell’orologio, che scandisce le cinque, Claudine si riscuote, allunga faticosamente un braccio, afferra il telefono, compone un numero. Ancora ampllficato, sentiamo lo squillo del telefono nella lontana casa vuota, dove nessuno risponde.

Claudine riappende. Si guarda intorno, ha un brivido di freddo o di sgomento, si riavvolge nella coperta, si sdraia nuovamente come a ricercare il sonno.

Ad un tratto la porta si apre. Entra Nino, in preda ad un affanno non mascherato. Claudine si riscuote.

CLAUDINE - Ti ho telefonato a casa…

NINO - Ma ti pare che potessi essere a casa?

CLAUDINE - Dove sei stato?

NINO - Dappertutto. Polizia, ospedali … Ho telefonato a tutti i suoi amici che mi son venuti in mente, alla sua casa al mare, a Ginevra a sentire se era partito. Non sa niente nessuno. All’aereoporto il suo nome non risulta, a

d’altra parte lui viaggia spesso con nomi a caso ... Si diverte!

CLAUDINE - Ma che cosa può essergli successo?

NINO - E poi ho dovuto tener buoni gli americani. Per quelli, due giorni persi sono una catastrofe; volevano dirlo ai giornali, alla televisione ... per trovarlo, subito, a tutti i costi! A fatica li ho convinti ad aspettare fino a stasera In fondo non può essergli successo niente. Avrà voluto ... restar solo, non so!

CLAUDINE - Ma almeno telefonare, far sapere!

NINO - Fa parte del suo egoismo, Claudine. O forse, non so: la morte della madre lo avrà ... non dico sconvolto, ma…

CLAUDINE -- Ma se non aveva rapporti; non ne parlava quasi mai! lo, figurati, neanche pensavo che l’avesse ancora!

NINO -D’altra parte è impossibile che in queste condizioni possa riprendere subito il lavoro! Due o tre giorni, santo cielo!… per seppellire una madre, dovranno pur concederglieli anche gli americani!

CLAUDINE - Il funerale era l’altro ieri

NINO - Avrà avuto delle cose da sbrigare, da sistemare; l’eredità ... non so.

CLAUDINE - E se gli fosse successo qualcosa?

NINO - Ma che cosa? E perché? E poi: allora Io sapremmo!

(Con altro tono:) Senti: mettiti a letto. E’ inutile che tu stia qui ad angustiarti. Ti accompagno io; poi ti preparo una camomilla-dry, e dormo un po’ anch’io, qui sul divano ... Vieni!

(La solleva quasi di peso aiutandola ad alzarsi, e la accompagna verso la camera da letto. Escono.

Dopo qualche istante la porta d’ingresso si apre. Entra Walter; ha sotto il braccio una cartella aperta, rigonfia di carte che ne spuntano fuori, e che ora depone da qualche parte. Si guarda brevemente in giro, e subito si getta sul tavolinetto dei comandi. Mentre cerca di mettere in funzione qualcosa, rientra Nino. Al rumore, Walter si volta verso di lui, ed approfitta del suo attimo di sorpresa per chiedergli, quasi sussurrando:)

WALTER - Claudine?

NINO-...Di là...

WALTER - Lasciala stare! Dorme? ... Lasciala dormire!

NINO - Ma si può sapere dove è stato?

WALTER - Avevo voglia di star solo…

NINO - Noi, qui, però ... e Claudine ...!

WALTER - Avevo bisogno di star solo!

(Gli si avvicina:)

Nino, ho capito montagne di cose in questi due giorni!

(Con altro tono, pratico:) Hai sonno?

 

NINO - No! Forse le parrà strano, ma sono un po’ teso. Gli americani sono

fuori della grazia di dio!

WALTER - Cerchino di rientrarci.

NINO - Posso almeno telefonargli? Che è tornato, che sta bene

WALTER - No. Dopo, con calma. Adesso lasciami riprender fiato ... Ho

bisogno di parlare con qualcuno. Dammi qualcosa da bere. Quello che vuoi. (Nino si affretta al mobile bar. Walter siede. Una pausa.)

Ho visto bruciare mia madre, Nino; che avevo visto una volta sola in vita mia, quasi quarant’anni fa. Non fare quella faccia, Nino; non è niente di quello che ti immagini; niente di drammatico: anzi!

Aveva lasciato scritto, mia madre, di voler essere cremata; una specie di testamento, messo lì, e forse dimenticato più di trenta anni fa! lo ... ho cercato di dire che una cosa, detta o scritta trent’anni prima, non poteva avere nessun valore! Non doveva avere nessun valore! In trent’anni un essere umano cambia completamente: dicono che delle cellule che compongono il nostro corpo, tutte vengono sostituite nell’arco di trent’anni; e dunque figurati Io spirito, la volontà, i sentimenti ... che hanno ben altra vicenda, che vivono ben altre esperienze che il corpo!

Comunque, eran discorsi inutili, I figli - i miei fratelli, i miei fratellastri, figùrati: un industriale, un architetto, un commercialista! Trincerati dietro "le volontà delle defunta" - perché "mamma" con me non lo dicevano! - mi devono aver preso per pazzo, o forse per scemo. Così, ho dovuto rassegnarmi all’idea di vedere mia madre - che avevo visto, non so se te l’ho mai detto, una sola volta in vita mia, a venticinque anni, quasi quarant’anni fa! - bruciare e sparire in un forno. Perché la setta alla quale lei apparteneva, assieme al marito e ai figli, - o la religione - ha questo di ... simpatico: che se un credente, o un adepto o cosa diavolo, decide di farsi cremare, i parenti devono "testimoniare la consunzione". Devono star lì a guardare, insomma, davanti al forno, che per l’appunto ha un grande sportello di vetro; sta lì a guardare il caro estinto che "si consuma". Perché questo è il verbo di rito, l’espressione ufficiale: "consumarsi". E io, nel mio inguaribile, assurdo ottimismo, mi immaginavo infatti un consumarsi, uno sparire graduale, solenne, nel calore invisibile, un dignitoso dissolversi nel nulla…

E invece no! E’ stata una lotta, una rissa indegna e indecorosa, una farsa, tra il calore micidiale, invisibile come un virus, e il corpo di mia madre, che non voleva saperne di "consumarsi"; e si contraeva, si rattrappiva, saltava, mentre il viso faceva stranissime smorfie; si girava di qua e di là, e le vesti sparivano per prime, mostrando pezzi di carne nuda, che rapidamente diventavano neri. E a un certo punto, quando le labbra hanno cominciato anche loro a "consumarsi", ha mostrato i denti, e si è messa a ridere! ... E in quel momento, forse per sfuggire a quella farsa, ho guardato il parentame, e me li son visti tutti, me compreso, schierati su due file davanti allo sportello, mani incrociate davanti alla patta, con aria compunta, a guardare mia madre consumarsi senza nessuna compunzione, unica a non rendersi conto della sacralità del momento…

Nino! Mi sono messo a ridere, a ridere come un pazzo, senza riuscire a trattenermi; e devo anche aver detto qualcosa - che cosa non so! - perché mio fratello l’architetto, il più anziano, mi si è avvicinato, e mi ha detto: "Si vergogni!" e "Se ne vada!" O qualcosa del genere. Tant’è vero che me ne sono andato, e li ho aspettati fuori. Ma a vergognarmi non ci sono riuscito, perché la scena era troppo buffa, Nino, avresti dovuto vederla! Troppo buffa!

(Ride, si asciuga gli occhi. Esclama:)

Oh, mamma mia! Che ridere!

(La porta della camera si apre, ed entra Claudine)

CLAUDINE - Walter!

(Corre verso di lui, gli si inginocchia davanti, lo abbraccia, mentre Walter si è nascosto il viso tra le mani e nel fazzoletto, e il riso gli si è trasformato in un pianto irrefrenabile.)

WALTER - Le parole precise: si vergogni, e se ne vada!...

Che cosa tremenda, che cosa tremenda!

CLAUDINE - Walter, amore mio!

(Walter a poco a poco si domina, si ricompone, si asciuga gli occhi, cerca di sorridere.)

WALTER - Tutto passato, Claudine. Come stai?

CLAUDINE - (turbata) lo sto bene. Ma tu?...

WALTER - Avevi ragione, sai? Aveva ragione lei, Nino! Quando le dicevo: Ridi, ridi!, e lei non voleva saperne! Avevi ragione! Il riso è una cosa atroce, o sciocca. Non è quella, la felicità! Quella è caricatura, incoscienza! Chi ride non ha ancora capito! Non sa niente! Non sa quel che l’aspetta!…

Hai capito, Claudine?

CLAUDINE - (paziente) Sì, Walter; ma adesso

WALTER - No, non hai capito. Non puoi aver capito. Ma te lo spiegherò, con calma…

NINO - (interviene, concreto) Ecco: con calma! Questa è un’ottima idea. Ma adesso, per piacere, pensi a riposarsi. lo vado a casa, telefono agli americani

(Walter neppure lo ha ascoltato; riprende con energia, seguendo con passione, con teso entusiasmo, il filo dei propri pensieri:)

WALTER - Nino! Sai che cos’ho fatto, tutto ieri? Sono andato in giro per negozi d’arte, gallerie di pittura, mostre, musei ... E ho comprato tutte le riproduzioni che mi è riuscito di trovare ... di quadri sul tema ... "Madonna col Bambino".

(Prende la cartella, ne rovescia su un tavolo, sul divano, per terra una grande quantità di cartoline e riproduzioni di varie dimensioni.)

Eccole, guarda! Se c’è una "situazione" che l’umanità ha assunto come perfetto esempio della perfetta letizia ... è la maternità della Madonna, la madre di Dio col figlio dell’Uomo! Ma no, non occorre: la Madre col Figlio! Ebbene, eccole qua: ce ne sono di tutti i tipi... Raffaello ... un naìf iugoslavo, una crosta del Seicento ... Bellini ... Leonardo

Non ce nè una in cui la madonna rida!

(Improvvisamente, quasi infantile:)

Non t’avevo chiesto qualcosa da bere?

(Nino gli porge un bicchiere pronto da tempo, che egli beve con un lungo sorso, come a placare una sete improvvisa.)

Forse, qualche volta, sorride! Ma i denti - per esempio - i denti non li mostra mai! E’ tutto "dentro". E’ una serenità composta, che non grida, che non si esibisce, che non aggredisce gli altri. Ridere non serve! Perché ... la felicità non ne ha bisogno, e poi ... anche lei sa quel che la aspetta! Non è la felicità stupida, che si crede eterna! E’ la pace: umana, limitata, destinata a finire…

Wanda Feurig rideva perché io la facevo ridere; perché ero giovane, un povero incosciente, e il mondo pieno di illusioni. Ma ora siamo tutti cambiati, non solo il mondo: anch’io! Abbiamo vissuto, imparato; e la massima felicità possibile è la pace, la pace dentro e fuori, ove nulla succede fuorché la pace! Non importa, Claudine, se tu capisci o non capisci! Non ridere! Hai ragione! E’ la più bella delle storied’amore ... possibili! Un uomo incontra una donna, e si amano: non ci sono traumi, non ci sono difficoltà, ostacoli, nubi: va tutto bene! Si amano, se lo dicono davanti a un vecchio mulino ad acqua, e sono felici. Vivono la loro gioia senza esplosioni, senza presunzione, senza sbatterla in faccia agli altri; come andrà a finire non lo sanno, ma sanno che tutto al mondo finisce, e per questo sono felici e tristi insieme, perché questo è l’uomo, questa è la sua condizione, tra la perfezione intuita e il limite sempre presente, a metà strada tra Dio e la scimmia!, lì in mezzo, in prigione, per sempre! Questo è il film, Nino! Agli americani non occorre spiegarglielo! Oppure, se faranno domande, dirgli soltanto: una volta aveva trent’anni, adesso ne ha sessanta!, una volta cominciava a vivere, adesso ha quasi finito!

(Un respiro)

Claudine, sono stanco! Abbracciami…

CLAUDINE - Povero amore!

(Lo abbraccia con tenerezzal ed egli le si accoccola contro, preso da una improvvisa, crescente stanchezza.)

Una pausa. Nino pare sentirsi improvvisamente di troppo, o di avere comunque esaurito il da farsi.)

NINO - Beh ... tutto questo mi fa molto piacere ... Quando posso dire, agli americani, che si ricomincia a girare? Stasera? Domani?

WALTER - Né stasera né domani, Nino. Diciamo ... sabato.

NINO - Sabato?! Quelli mi muoiono al telefono, maestro…

WALTER - (sbadigliando) Digli di non preoccuparsi. Recupererò il tempo perduto. Ormai ho capito: gireremo subito le scene buone.

NINO - Va bene. Ah, volevo dirle: le ho messo un ... un sonnifero, nel bicchiere. Non si spaventi.

WALTER - (chiudendo un momento gli occhi) Lo so, Io so. Ti conosco. L’ho capito subito, ma ormai avevo bevuto.

NINO - Bravo! Ci faccia sù una bella dormita, ché domani si gira. Altro che sabato! Buonanotte!

WALTER - (ancora con gli occhi chiusi) Buonanotte, Nino. E grazie!

(Ma Nino è già uscito. Walter apre gli occhi, a fatica si tende verso il tavolinetto dei comandi.)

CLAUDINE - Che cosa fai?

WALTER - Voglio mettere sù una cosa, qui ... che avevo preparato prima appena entrato…

(Lo schermo si illumina, e si riempie dell’immagine di Claudirie, in primo piano, in fotostop, nel già visto sorriso quasi in visibile, sereno e triste insieme. L’accompagna una musica polifonica, piano, in sotto fonda.)

Ecco: questo ... è il sorriso della madonna

(In braccio a lei) Avevi ragione tu, Claudine! Quando io ti dicevo "Ridi, brutta stronza, ridi! ..." E tu niente!

CLAUDINE - Avevi ragione tu, Walter, quando buttavi via tutte le scene in cui ridevo.

WALTER - (sempre più abbandonato tra le braccia di lei) Se non avessi conosciuto te, se non avessi visto mia madre mostrare i denti ... come l’ho vista, l’altro ieri ... non so se avrei capito.

(Ha un brevissima momento di ripresa. Più vivacemente:)

Sai una cosa, Claudine? Dopo il funerale, come tante altre volte mi è successo in questi casi, ho sentito dentro di me come una furiosa voglia di vivere. Negli altri casi, sempre, io.. andavo a finire in una qualche trattoria, in mezzo alle gente, a farmi una gran mangiata, e poi ... con una donna, a letto. Credo che sia la vita, che vuole prendersi la rivincita sulla morte, e che si "afferma" proprio nelle sue cose più elementari, più animali: mangiare,bere, fare all’amore! ... Ieri invece ... no. Ho pensato a te. Mi sono attaccato a te. E mentre tutto mi si chiariva dentro ... mi sono sentito pronto ... a fare il film come dev’esser fatto ... Ad amare te come devi essere amata

(Sul punto di cedere al sanno:)

Nino è un bravo ragazzo ... ma e un maledetto testone!

CLAUDINE - (con bontà) Abbiamo tempo, Walter

WALTER - Sì, sì, ma ... non siamo eterni…

CLAUDINE - Lo so.

WALTER - Ho sonno.

CLAUDINE - Dormi.

(Pausa. Lei lo tiene tra le braccia, la testa di lui in grembo, le mani ad

accarezzargli piano i capelli.)

Anch’io, Walter, ho una cosa da dirti.

Sono incinta. Sto aspettando un figlio. E’ figlio tuo.

WALTER - (abbandonato, con gli occhi chiusi) Mio?

CLAUDINE - Sì. Quella volta…

WALTER - (debolmente, ma di buon grado) E perché non me lo hai detto?

CLAUDINE - Perché "quella volta" non mi bastava, Walter. Aspettavo il tuo

amore.

WALTER - (come sopra) E’ vero. Hai ragione

Beh, è una bella notizia, Claudine! Anch'io, dunque ... avrà combinato qualcosa nella vita! ... Un figlio ... non è un film! Bisognerà dirglielo, agli americani!

(Ride appena ormai vicino al sonno.)

Beh ... è molto bello

CLAUDINE - (con tenerezza) Il mio elefante! Il mio povero piccolo elefante!...

(Quasi lo culla, per un attimo.)

Come è bello essere felici!

Dio, come è bello essere felici!

(Piange, dolcemente, senza volersi frenare.

L’immagine sullo schermo permane, mentre la scena va lentamente a buio; poi anch’essa lentamente si spegne, magari dando luogo ai titoli di coda.)