Storia strana su di una terrazza romana

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Scrivendo questa commedia che è andata in scena per la prima volta nel gennaio del 1973 al Teatro Parioli di Roma rappresentat


Commedia in tre atti

di Luigi De Filippo

PERSONAGGI

Federico Sorice

Dolores, sua moglie

Valeria, loro figlia

Argentina, cameriera

Renato Vastola

Luciano Rampaldo

Don Cesare

Tarquinio Prugnone, farmacista

Giovanni, il commesso del negozio

Oscar Saliscendi, investigatore

L'Idraulico.

Donna Violante, fantasma

Messer Lancillotto, fantasma

La voce della vicina

Scrivendo questa commedia che è andata in scena per la prima volta nel gennaio del 1973 al Teatro Parioli di Roma rappresentata dalla Compagnia di Peppino De Filippo, quindi trasmessa dalla Rete Uno della Televisione nell'inverno del 1978 ed infine ripresa ancora da me in una riuscitissima edizione al Teatro Diana di Napoli nel gennaio del 1981, ho inteso dare con eguale dose di verità e di poesia, la rappresentazione comica, grottesca, drammatica, della famiglia in generale, che è essa stessa un eterno teatro.

Come nella vita vera, i protagonisti sono i figli, i giovani. Gli anziani fanno da « coro », da commento alle azioni. Ma quando i giovani si arrendono troppo facilmente al grigiore di una vita senza entusiasmi e senza ribellioni, è una fortuna se interviene il soprannaturale (nel caso della mia commedia il cane « Scugnizzo » che il suo padrone Luciano afferma di sentir parlare) a ricordarci il nostro diritto a reagire ed anche a sba­gliare pur di cercare di migliorare la nostra condizione umana.

LA     SCENA

La terrazza di un palazzo dell'antico centro di Roma. Am­biente dignitoso ma modesto. A sinistra due entrate. Una porta alla cucina ed alle altre camere dell'appartamento e l'altra al­l'ingresso di casa. Da un lato una scala a chiocciola che sale ad un terrazzino superiore.

Al centro un tavolo sul quale è apparecchiata la cena per una sola persona.

Intorno quattro sedie. Sul muro che delimita il terrazzo alcune piante di gerani. Sulla parete fra le due entrate una luce che illumina il terrazzo.

Da un lato uno sgabuzzino in legno che racchiude scope ed altri arnesi da giardinaggio con la porta verso il pubblico.

Sul terrazzino superiore alcuni panni stesi ad asciugare. Sullo sfondo la cupola di una chiesa ed altri elementi caratteri-stici di paesaggio romano.

Siamo all'inizio dell'estate ed é quasi sera.

PRIMO ATTO

Al levarsi del sipario Dolores è al davanzale e parla con­citata con una dirimpettaia che s'immagina sia nel palazzo di fronte.

Dolores E va bene, va bene, signora, le chiedo scusa. Av­vertirò mio marito!

La Vicina    Brava, ditecelo che è un'indecenza, uno schifo!...

Dolores D'altra parte siamo all'inizio dell'estate, fa caldo. Non c'è niente di male se in casa propria ci si mette un po' in libertà. (fa per andare).

La Vicina Macché libertà? Quello che si vede sul terrazzo vostro è uno scandalo continuo!

Dolores Ma mi faccia il piacere! Mio marito è una persona anziana, che scandalo può dare? Mò veramente me veneno 'e cinche minute!...

La Vicina    Sentite, adesso non vi arrabbiate, avete capito?

Dolores E mi arrabbio sì, perché mi sembra veramente un'esagerazione!   (fa per rientrare in casa).

La Vicina (richiamandola) Venite qua, venite qua... Esage­razione? Ma io so' pure capace di rivolgermi al commis­sariato... Qua si tratta di oltraggio al pudore! Sono na­poletana anch'io, ma qua siamo a Roma, a Roma!... Non ci facciamo conoscere!

Dolores (che sarà ritornata al davanzale del terrazzo) E va bene. Riferirò a mio marito; Ma lei non mi parli con quel tono perché io non mi faccio mettere i piedi in testa da nessuno, ha capito?!...

La Vicina Hocapito, ho capito!... Ma staremo a vedere, però... Io tengo due figlie zitelle costrette a vedere quello scoscienziato che se ne va in giro nudo per il terrazzo. È una vergogna!... Mò, mò vaco add'ò Commissariato!... (e la voce va a perdersi in lontananza seguitando a prote-stare).

Dolores (agitata rivolta ad Argentina che entra portando il fiasco del vino che metterà a tavola) Ecco... Abbiamo ri­cominciato la solita storia!

Argentina    Lassat' 'a sta, signò, chella é  'na meza pazza...

Dolores Ma no, in fondo ha ragione, ma è il modo come si dicono certe cose che mi dà fastidio!

Valeria (entrando)    Ma che succede?... T'ho sentito gridare...

Dolores    Tuopadre!

Valeria Possibile che voi due dobbiate sempre litigare?... (poi rivolta ad Argentina) Hai preparato, tu?

Argentina I maccheroni li ho coperti col piatto, ma se vo­stro marito ritarda ancora, diventeranno gelati...

Dolores (aspra)    E li mangerà gelati!

Valeria    Si può sapere perché gridavi?

Argentina (spiegando a Valeria) La signora Pozzetti, s'è la­mentata un'altra volta... (Esce).

Valeria   Ma di che cosa s'è lamentata?

Dolores Di tuo padre s'è lamentata. Ha detto che si rivolge­rà al commissariato!

Valeria    Ma perché, che cos'ha fatto papà? (Siede).

Dolores Quello che fa sempre. Va in giro per casa in mu­tande... Poi prende il sole mezzo nudo qui sul terrazzo... E la signora Pozzetti lì di fronte dice che ha in casa due figlie signorine che lo vedono...

Valeria Ma non è possibile! Tutt'al più esce in pigiama, in vestaglia...

Dolores E quella invece dice che è indecente!... E per me ha ragione. Tuo padre è sempre stato indecente, anche vestito!

Argentina (entrando in scena e seguitando ad apparecchiare la tavola) Certo che il signor Federico, alle volte, guarda in un modo... Mi mangia con gli occhi... Me spoglia annnura... (Ride) È peggio di un giovinotto!

Dolores (risentita) A me in questo modo non mi guarda di certo. Lo farà con te che sei una civetta!

Argentina   Io?!... Gesù, chillo è isso...

Dolores Sì, proprio tu. E lasciamo andare, e se io dico la­sciamo andare, è meglio lasciar andare...

Argentina (avviandosi per uscire di scena borbotta risentita) E lasciate andare. Che vi devo dire?... Né, ma vostra ma­dre perché se la piglia con me? Io vi dò gli otto giorni e me ne vado!... (Esce di scena).

Valeria Ma sì, smettetela... E non gridare che io i nervi ce li ho già per conto mio. Luciano ritarda...

Dolores Ma ringrazia Iddio che ritarda! Magari non tor­nasse più. E se tu avessi seguito i miei consigli... (Siede).

Valeria (dispettosa) E invece non li ho seguiti. Ho sposato Luciano perché lo amo e siamo felici a dispetto di tutti!

Dolores    E allora se sei felice è inutile farti venire i nervi!

Valeria    Ioi nervi ce li ho per una ragione!  (Si alza).

Dolores (gridando anche lei) E io ce li ho per mille ragioni!

(Internamente si sentirà un gridolino di dolore di Argentina).

Argentina (di dentro) Ahi!... Signor Federico, e stateve sodo cu' 'e mmane!

Federico (d.d.) E tu stai sempre fra i piedi, fammi pas­sare...

Valeria    Ma che c'è?... (Va verso la porta).

Dolores (alzandosi) È la mano morta di mio marito... Ecco che cos'è... E quella civetta come ci sta!... (Rifacendo Ar­gentina con caricatura) Lasciatemi stare, signor Federico...

Federico (entra dalla prima porta a sinistra. È in vestaglia. Ha un ventaglio in una mano ed un giornale nell'altra, è in pantofole) Sta sempre fra i piedi questa ragazza... Il corridoio è stretto e uno per passare involontariamente la tocca... Ma che sta succedendo? State strillando come gal­line, che maniera è? Rispettate il riposo dei cittadini, per­bacco!

Dolores    Ma piuttosto la tua che maniera è? Sempre in giro per casa mezzo nudo!

Federico   Mezzo nudo?... Sono rientrato a casa, mi sono spo­gliato e mi sono messo un pò in libertà, che c'è di male?

Dolores Te lo dico io che c'è di male. Che t'hanno visto le figlie della signora Pozzetti del palazzo di fronte e la madre ha protestato con me.

Federico Le figlie della signora Pozzetti? E quelle sono due racchie. E poi non sono femmine, sono maschi. Si vede benissimo, una ci ha i baffi, l'altra la barba...

Dolores    Ma sta zitto. Sono due donne.

Federico    Per me sono due mostri di sesso indefinito.

Dolores Comunque io sono stanca di sentire continue la­mentele, proteste... Quindi copriti e cerca di stare com­posto!...

Federico Ma che stiamo all'asilo?! Come si fa a stare com­posti col caldo che fa?... (Poi andando al davanzale e gri­dando come per farsi sentire dai vicini) E poi, in casa propria, ognuno è padrone di abbigliarsi come meglio crede!...

Valeria (intervenendo per calmarlo) Papà, vi prego! Vi ci mettete anche voi adesso?... Siamo diventati la favola del quartiere... Io mi vergogno!

Dolores Locredo che ti vergogni! Con un padre così inco­sciente!

Federico Ma state scherzando o parlate sul serio? Io vorrei sapere che ci sta d'indecente in questa vestaglia... Oggi le donne e gli uomini vanno in giro per la strada mezzi nudi e adesso alle zitelle del palazzo di fronte da impres­sione se prendo il sole sul terrazzo?... (Va al davanzale e grida) Almeno vedete un uomo!

Valeria   Zitto, zitto!...

Dolores Controllati. Perché solo io ti capisco e ti conosco. Tu sei indecente « dentro » la vestaglia, non solamente fuori! (Con rimprovero) Mezz'ora fa ti ho cercato, ma non mi hai risposto. Ogni tanto ti assenti senza motivo.

Federico   Ma che ci sta l'appello come in caserma?

Dolores    Si capisce, perché per te la casa è come una caserma, un carcere. Vorresti stare eternamente buttato o nelle sale corse a giocarti fino all'ultimo centesimo sui cavalli, op­pure nel tuo bar a trangugiare liquori e aperitivi assieme a quei debosciati degli amici tuoi. Dì la verità, confessa!

Federico Ma non esageriamo... Mò perché sono appassionato di cavalli e ogni tanto bevo un aperitivo con gli amici... Poco fa non ho risposto perché ero andato un momento dal giornalaio all'angolo...

Dolores (con disprezzo)    Già, dal giornalaio!...

Federico Ma perché, che ci sta la fucilazione se uno va dal giornalaio?

Dolores Il giornalaio! Quell'altro vizioso come te che ti mo­stra tutte quelle rivistacce, quegli osceni settimanali pieni di donne nude. Silenzio! È la verità... L'altro giorno, men­tre io ero entrata in farmacia, tu mi hai aspettato fuori e, come al solito, hai fatto una corsetta dal giornalaio ac­canto. Quando sono uscita, ti ho sorpreso a guardare quel­la porcheria...

Federico Ma che porcheria?... Io avevo chiesto di vedere quella pubblicazione così interessante « La storia del ca­vallo »...

Dolores (con caricatura) Ah, sì?... La « Storia del caval­lo »?... E com'è che quando ti sono arrivata alle spalle aggio visto che 'ncoppa 'o giornale ce steva 'o cavallo cu' 'o pietto 'a fora?... Stavi sfogliando quella roba lì intitolata « Pornosesso »?!

Federico Perché s'era sbagliato il giornalaio. Io, poi, nem­meno me n'ero accorto.. E poi smettiamola con questi pettegolezzi, specialmente in presenza di mia figlia. Mica sono un ragazzino, perbacco!

Valeria Ma si, smettetela, per favore. (Alludendo, al vici­nato) qui ci sentono tutti e poi sono già così in pena per Luciano che ritarda.

Federico Ma come la fate pesante con Luciano che ritarda! Ha chiuso il bar, poi avrà avuto un impegno improvviso...

Valeria E non mi telefona, non mi avverte? ...non dice: « farò tardi, non ti preoccupare? »...

Dolores    'A piccerella ave ragione, ma che si fa così?!... come se abitasse in albergo! Questa è casa nostra, non se lo dimentichi il signor genero! (Poi a Valeria). Tu sei troppo buona! Che si sappia invece, che tutti sappiano che bel campione ti sei sposato!

(Entra Argentina portando una caraffa di acqua che depone sul tavolo).

Valeria    Ma perché, che cos'hai da dire su mio marito?

Dolores Dopo quello che ci ha detto lui oggi a tavola, avrei da dire tante di quelle cose che potrei seguitare a par­lare di lui fino a domani!

Argentina Certo che il sig. Luciano è asciuto proprio pazzo cu' chillu cane (a Dolores) signò ma vuie ci credete a quello che ha detto?

Dolores    Macché!   Per me sono tutte stupidaggini.

Federico    Iopenso che Scugnizzo...

Dolores (aggressiva)    Senti non mi contraddire, sai?!

Federico E se non mi fai parlare! Ti stavo dando ragione. Dicevo che io « Scugnizzo », il cane, l'ho avuto fra i piedi giornate intere e non mi sono accorto di niente.

Argentina Signò, a me 'a storia che ha raccontato il signor Luciano mi pare così strana che mi viene da ridere solo a pensarci. (Poi come colpita da un'idea improvvisa) Ma ... Vostro marito fosse asciuto pazzo bell'è buono?

Dolores    Non è da escludere, a giudicare da quello che dice!

Valeria (ad Argentina con tono deciso) Hai da fare niente in cucina?

Argentina    Sì, signora, e come nun tengo che fa?!

Valeria   E allora vai, vai!... Togliti dai piedi!... Va!

Argentina (avviandosi) Vado, vado... (Esce di scena cantic­chiando tra sé).

Valeria Vi ho pregato cento volte di non parlare della mia vita privata davanti alla cameriera. Non capisco perché tutto il quartiere debba poi conoscere i fatti nostri! (poi al padre) Io lo so perché ce l'hai con Luciano. Perché ha cambiato l'insegna del Bar!

Federico Si capisce!... non c'era nessun bisogno di cambia­re l'insegna di un negozio che io ho portato avanti con successo per tanti anni.

Valeria   Ma perché,  scusa?...  «Bar Centrale» così come ha messo Luciano, mi pare l'insegna più adatta ... il bar è in pieno centro storico di Roma...

Federico No!... Lui doveva rispettare l'insegna che c'era prima, quella che misi assieme a mio fratello buonanima quando aprii il bar per la prima volta a Napoli, giocando scherzosamente sul nostro cognome Sorice... « 'o bar de' suricille » e che io poi rimasto solo, quando mi trasferii a Roma, mutai nel più moderno « La tana del sorice », ovvero specialità dolciarie napoletane, ovverossia nel re­gno della pastiera e della sfogliatella!... Tutti dolci fatti con le mie mani!... di una squisitezza eccezionale!... Se rivoluzionaie tutta Roma!... N'aggio servuto cardinale, il Vaticano si serviva da me! Mò se ne vene turzillo, cam­bia un'insegna gloriosa e mette quello squallido « Bar Centrale »!  'I comme s'è spremmuto mariteto!

Valeria Ma questi piccoli locali a conduzione familiare so­no ormai finiti, papà... oggi ci stanno le grandi pastic­cerie fornite di tutte le specialità... il vostro è un buco sperduto fra i vicoli della vecchia Roma... Oggi sfogliatelle e babà si trovano dappertutto.

Federico Ma che trovi?... Robaccia fatta in serie... dolci incartati nel cellophane... senza sapore, col rischio pure di avvelenarti...

Valeria    Insomma a Luciano non bastava vendere pastiere!

Federico No?... E che vorrebbe vendere: aeroplani, carri ar­mati, motoscafi?... Ma fammi il piacere che tuo marito è un megalomane ... sapeste invece quanta bellezza e quanta poesia ci può essere in una pastiera, in una semplice sfoglia­tella, in un profumato babà, in una cassatina...

(entra Argentina con un recipiente con i panni lavati da stendere e comincia a sistemare il filo al quale appenderli)

Ecco, prendiamo ad esempio la cassatina... quella sembra nien­te. In fondo è un poco di pan di Spagna, zucchero e ri-cotta con un pizzico di frutta candita ... e pure in certi casi rappresenta il sale della vita. Il sale dà sapore, ar­ricchisce una pietanza, così la  cassatina.  Completa  un pranzo, lo rallegra. Senza contare che anche sotto il pro­filo estetico, la cassatina ha un suo preciso significato ... quella bianca montagnella di zucchero e ricotta con in cima una rossa ciliegia candita, può rassomigliare al piccolo seno d'una giovane donna in fiore...

Dolores (infastidita)   E io stavo in pensiero, ha parlato don Nunzio.

Federico    Ignorante, si dice D'Annunzio!

Dolores  Ma finiscila di dire sciocchezze! (poi ad Argentina che sarà ferma vicino a Federico volgendogli la schiena china com'è intenta a prendere della biancheria dalla ba­cinella che sarà in terra davanti ai suoi piedi) Piuttosto tu...

(Argentina non sente, allora Federico per richiamarla le tocca il sedere).

Federico   Rispondi?

Argentina (di scatto)    Signor Federico, ma stateve quieto!

Federico (giustificandosi)    La signora ti sta chiamando...

Dolores (acida verso il marito) Ha sentito, ha sentito... (Poi ad Argentina) Il signor Vastola che t'ha detto con precisione?

Federico Ecco, io questo vorrei capire bene, perché questa ragazza... (Indicando Argentina col dito le tocca il seno mentre la ragazza grida per il dispetto e il dolore).

Argentina    ...Signor Federico!  me facite male!

Federico E stai un pò più in là figlia bella ...cu stu pietto nnante! dicevo: io questo vorrei capire bene perché questa ragazza non si sa spiegare. Vastola 'o rappresentante, che t'ha detto?

Dolores (seccata al marito) Ma se già gliel'ho chiesto io, che bisogno c'è di ripeterlo?

Federico   Esisto anch'io!

Dolores   Allora?

Argentina   Ma ve l'ho detto no?... che rientrando a casa verso le otto e mezzo, ha incontrato il signor Luciano che stava chiudendo il Bar e l'ha pregato di avvertire la si­gnora Valeria che avrebbe tardato. Poi, l'ha visto allon­tanarsi assieme al cane.

Dolores (spazientita)   Ma no, io dico dopo!

Federico (toccandola di nuovo)   La signora dice dopo...

Argentina (innervosita)    Signor Federì, me parite 'nu purpo! v'avite sta fermo!

Dolores    'A vuò fernì da 'nquietà?

Federico (giustificandosi) Non so parlare senza gesticolare, sono napoletano!

Dolores Che cosa t'ha detto dopo quando t'ho incaricata di andare da lui al piano di sotto per pregarlo di salire.

Argentina   Ah dopo?

Dolores    Eh, dopo!

Argentina Ha detto che sarebbe venuto subito. Il tempo d'infilarsi la giacca.

Dolores E tanto ci vuole per infilarsi la giacca? Ma hai ca­pito bene?

Argentina E che ne so?! sempre con me ce l'avete! E io l'aggio ditto ca int'a sta casa nun se po' parla! cca' me pare che site asciute pazze tutte quante!

Federico Losai che quello è un Dongiovanni da strapaz­zo... Ci tiene sempre a fare il bello. Starà scegliendo la giacca adatta! A me m'è sempre stato antipatico quel piazzista di veleni.

Dolores (spazientita) Siente Federi! Ma non ce n'è uno che ti vada a genio in questo palazzo!... Non ti piace lo amministratore del condominio...

Federico   Mascarpone?

Dolores (precisando) Il generale Mascarpone!... È un vero gentiluomo ed è una persona simpaticissima!

Federico Quello è jettatore! Tre mesi fa, all'ultima riunio­ne di condominio mi domandò: « signor Sorice, lei è fa­vorevole o contrario al fermo dell'ascensore nei giorni fe­stivi? « Io subito risposi: « contrario »! qua stiamo al­l'ultimo piano. « Fa male » mi disse lui « fa molto male! » cu chella zeppola mmocca! Due giorni dopo, di domenica, sono rimasto chiuso nove ore nell'ascensore che s'era bloccato! Ci sono volute le truppe del Genio per farmi uscire, perché non c'erano riusciti neanche i pompieri! Me ne ascette chiagnenno!  me pigliaie chella vermenara!

Dolores   Ma è naturale!                                               

Federico    È naturale ca me pigliaie 'a vermenara?

Dolores La colpa è stata tua. Se il portiere è di riposo lo ascensore alla domenica non bisogna usarlo. Il generale ti aveva dato un buon consiglio.

Federico Sì? E allora andiamocene ad abitare a pian terreno perché io, non me la sento di fare la scalata del Monte Bianco tutte le domeniche, qua stiamo al sesto piano! Ma vattenne int'a nu vascio tu e Mascarpone!

(Internamente si sentirà il campanello d'ingresso).

Argentina (entra ridendo e dice rivolta a Dolores) Signora?... C'è il signor Renato...

Dolores    E perché ridi? Chi è arrivato, Pulcinella?

Argentina No, rido, perché racconta sempre barzellette così spassose!

Dolores    Smettila! E fallo entrare!

Argentina    Subito (Esce di scena).

Dolores (Dolores continua a rivolgersi a Valeria) Se tu avessi dato ascolto a me, questo era l'uomo che avresti dovuto sposare e non quel visionario di tuo marito.

Valeria (seccata)    Mamma, ti prego, lasciami in pace!

Argentina   Prego accomodatevi...

Vastola (entra seguito da Argentina. È un tipo molto galante e cerimonioso. Bacia la mano prima a Dolores e poi a Valeria, con particolare calore a questa  ultima.  Quindi stringe la mano a Federico). Permesso? Cara signora Do­lores buonasera.

Federico    È arrivato il confetto Falqui!

Vastola Signora Valeria, la prego di accettare i miei omaggi più devoti ed ammirati. Sempre più bella, sempre più bel­la! Caro signor Federico, come sta? Le hanno poi giovato quelle pillolette contro i reumatismi che le consigliai?

Federico   Sì, perché non le ho prese!...

Vastola Non le ha prese? Male, molto male. Lei non si fida di me, è vero? Dica la verità!

Federico    Sentite: Io quelle pillole non le volevo, voi me le avete volute dare per forza, io le ho messo nel comodino e là sono rimaste. Non è sfiducia, ma io medicine non ne prendo mai. Per me sono veleni.

Vastola (divertito)   Oh, questa è bella, questa sì che è bel­la! E quando si ammala, come fa? Federico   Come facevano gli antichi. Mi curo con le erbe,

solo erbe!

Dolores (seccata)   Si, come fanno i gatti!  Teniamo 'o mucione in casa!

Federico   Come le persone raziocinanti!

Dolores (a Renato)   Scusi se l'abbiamo disturbata...

Vastola Non lo dica nemmeno per scherzo, cara signora. Nessun disturbo. Per me essere ricevuto in casa sua è un piacere. Una gioia! (guarda Valeria con intenzione) chiedo scusa se ho tardato a salire, ma ero sotto la doccia. Oggi è stata una giornataccia: ho fatto Roma-Civitavecchia, Civitavecchia-Viterbo, Viterbo-Frascati e Frascati-Roma in sei ore!

Federico   State partecipando al giro del Lazio?

Vastola No! È il mio giro consueto per la fornitura alle farmacie, modestamente i miei clienti me li lavoro bene e gli affari mi vanno a gonfie vele! E allora mi dica: in che cosa posso esserle utile?

Valeria Si tratta di mio marito. Ma a lei che cosa ha detto esattamente quando stasera l'ha incontrato?

Vastola Né più né meno quello che ho già riferito ad Ar­gentina. Ma... vi vedo preoccupati. È successo forse qual­che cosa?

Dolores Mio genero stamattina ci ha lasciati di stucco ed anche sconcertati ed impauriti direi ... già il suo com­portamento nei giorni scorsi mi è sembrato stravagante... Stamattina poi, ci ha dichiarato, di punto in bianco che il suo cane parla, parla con lui come ora lei sta parlando con noi.

Vastola Il cane parla? Ma è assurdo!... Loro lo hanno sentito?

Federico   Sì!

Vastola   Ma allora è un miracolo!                                

Federico No, voglio dire che sì, abbiamo sentito il cane, ma abbaiare, non parlare. E invece mio genero afferma che lui riesce a capirlo e a parlargli.       

Vastola (ridendo) La cosa mi pare talmente enorme, di un tale assurdo...

Dolores Io, naturalmente, non gli ho creduto e abbiamo avuto una discussione piuttosto violenta. Si tratta di vaneggiamenti, discorsi da esaltato, da irresponsabile!... Per me, è diventato pazzo!

Valeria    Luciano non è pazzo. Sarà... il troppo affetto, ecco. Sono espressioni esagerate, comuni a chi possiede delle bestie, e che non è il caso di prendere alla lettera. Spesso si sente dire:   « a questo cane gli manca la parola... » « quando mi guarda sembra che voglia parlare ...» « io e questa bestia ci parliamo... » ma sono modi di dire! In questi casi è il cuore che parla.

Vastola Ah, certo è il cuore. Ma da quando tempo ha in casa questa bestiola?

Valeria   Da tre anni: ce lo regalò papà.

Federico   Sì, io glielo regalai a tutti e due. Non hanno figli.

Valeria Luciano lo chiamò Scugnizzo perché lo vide vivace e furbo proprio come un monello napoletano. Gli si af­fezionò subito. E adesso, suggestionato forse dal troppo affetto per questo animale, dice che parla... (cercando di minimizzare) tutto qui...

Dolores    E ti sembra una cosa normale?

Argentina Al paese, c'era una compagna mia che diceva sempre che sentiva le voci, che parlava con la Madonna. Le venivano le convulsioni. E allora l'hanno portata al manicomio. Pensate che anche al signor Luciano gli ver­ranno le convulsioni?

Valeria   Non dire stupidaggini e sta zitta!

Argentina Gesù, io un miracolo ho raccontato!

(Argentina esce di scena).

Vastola Via, calma, signora, calma. Non si agiti. Credo proprio che non sia il caso. S. Francesco parlava con gli uccelli, con il lupo di Gubbio. S. Rocco conversava con gli animali ed egualmente faceva S. Callisto.                     

Federico   Insomma mio genero è diventato santo?

Vastola Non dico questo. Voglio solo scherzosamente tran­quillizzare la signora Valeria, e farle comprendere, che parlare con gli animali è un evento abbastanza comune in soggetti particolarmente sensibili ed emotivi. Parlano con gli animali, con gli uccellini...

Federico    Però la cosa strana è quando l'uccellino risponde.

Valeria Ma rendetevi conto che Luciano è esaurito, stan­co... l'incidente ferroviario del quale è rimasto vittima un anno fa, l'ha sconvolto, impressionato. Lo so io che, la notte, lo sento sempre agitato, smanioso a causa degli incubi che ha...

Vastola Ma certo. Credo che la signora Valeria abbia ra­gione. Evidentemente, una traccia di quell'orribile notte trascorsa incastrato...

Federico    Come?

Vastola No, dicevo incastrato fra le lamiere del vagone ferroviario, dev'essere rimasta.

Dolores    Ma se non ebbe nemmeno un graffio!

Vastola Non si può dire, non si può affermare! La carne no, ma lo spirito può essere rimasto fortemente turbato.

Valeria   Oh Dio!

Vastola Si calmi, signora Valeria, mi dia le sue mani... (Valeria esegue malvolentieri e Vastola gliele stringe come ad infonderle fiducia). Lei deve avere fiducia in me... io le sarò vicino qualunque cosa accada, non si allarmi. La­sciamo fare al tempo. Il tempo è sempre il miglior me­dico. Nei giorni che verranno sapremo se questa del signor Luciano è qualcosa di più di una forma di suggestione... In tal caso vedremo il da farsi.

Dolores    Il da farsi io lo conosco già: chiamare un dottore!

Vastola (riflettendo) Giusto. La signora ha ragione. Qui ci vorrebbe un dottore! ... (Valeria ha un moto di scon­forto e Vastola subito le si rivolge con tono di paterno conforto) Tuttavia calma, signora calma! Nell'eventuali­tà io conosco qualche ottimo medico in grado di guarire perfettamente certe malattie della mente.

(Internamente si sentirà chiudere la porta d'ingresso, poi l'abbaiare di un cane).

Valeria È Luciano che ritorna col cane!

(Quindi si sentirà il cane che viene chiuso in una stanza, la porta della stanza che si chiude e i passi di Luciano che si avvicinano. Quindi Luciano entra in scena. È calmo e tranquillo, si ferma sot­to la porta ad osservare gli altri. Entra anche Argentina).

Luciano   Buona sera.

Tutti (salutano a soggetto mentre Luciano viene avanti).

Valeria   Eravamo in pensiero...

Luciano Mi dispiace... Scugnizzo si scusa, ma per lui è tar­di ed è andato a dormire.

Valeria    Vuoi mangiare? Ora sarà tutto freddo.

Luciano    Lascia stare, non ho appetito.

Vastola Se permettono, mi ritiro, Domani avrò una giornata di lavoro particolarmente faticosa.

Federico    Ritiratevi, ritiratevi.

Vastola In serata, se non disturbo, farò un salto qui da loro per salutarli e rendere un doveroso omaggio alle signore ed, in particolare, alla signora Valeria... (Si avvicina a baciare la mano a Valeria. Poi rivolto a Federico) Signor Federico, la conosce quella barzelletta?...

Federico (interrompendolo sgarbato) Sì, e non la voglio sen­tire.

Vastola Ma come fa a dirlo se non sa di quale voglio par­lare?

Federico   Soche la raccontereste male!

Vastola (ridendo) Ma che tipo! scherza sempre! non fa nulla, la racconterò ad Argentina... (chiamando) Argentina?

Argentina (che starà sistemando i piatti in tavola) Sì?

Vastola    La conosci la barzelletta del vecchietto in treno?

Argentina (divertita ed interessata)    No, qual'è?

Vastola C'era un vecchietto in treno, quand'ecco che nello scompartimento entra una bella ragazza... (Prendendo Ar-gentina confidenzialmente sotto al braccio esce per la se­conda porta a sinistra).

Valeria (a Luciano)   Non vuoi proprio mangiare?

Luciano   Non ho appetito.

Federico (con rimprovero a Luciano)   Beh, si saluta almeno!

Luciano   A chi?

Federico (seccato) A quello che passa! Dico: a me, si sa­luta!

Luciano E vi ho salutato. Quando sono entrato ho detto un buonasera generico...

Federico E io non sono un generico. In questa casa io sono il protagonista! A me si deve dire: buonasera papà!

Luciano   Losapete che non v'ho mai chiamato papà...

Federico E hai fatto male! Visto che a te nessun bambino ti chiama papà, ti potevi prendere tu questa gioia con me!

Luciano (con sopportazione) Sentite, dobbiamo ricominciare a litigare? Questa non è serata. Se non abbiamo figli, sono fatti nostri. E anche se non mi piace vendere paste, cioc-colatini e caramelle sono fatti miei, se permettete.

Federico Già, perché lui aveva altre aspirazioni... Questo mezzo prete!

Luciano Si capisce che avevo altre aspirazioni e non erano certo quelle di finire a fare il pasticciere come voi!

Valeria (intervenendo) Beh, lasciamo andare... Ma oggi cosa hai fatto? Non hai telefonato. Qui eravamo tutti in pen­siero.

Federico    Ioveramente no!

Luciano È stata una cosa improvvisa. E poi non avevamo intenzione di fare troppo tardi. Siamo andati a Villa Bor­ghese... all'orologio ad acqua.

Dolores (con caricatura) All'orologio ad acqua? Volevate controllare il funzionamento?

Luciano (senza rilevare il tono della suocera). Abbiamo por­tato dei fiori.

Dolores    Dei fiori?

Luciano Sei mesi fa, proprio davanti all'orologio ad acqua, la compagna di Scugnizzo, una cagna maremmana, fu investita da un'automobile e morì. Era incinta! L'aveva conosciuta a Villa Borghese ed era nata questa... questa relazione. Tutte le domeniche, quando io portavo il cane a Villa Borghese e lo lasciavo libero, i due s'incontravano. Finché un giorno, nel correre incontro a Scugnizzo, la povera bestia è andata sotto ad una macchina. Oggi fra le tante cose che mi ha raccontato, me ne ha parlato Scu­gnizzo con  tanta commozione e allora abbiamo deciso, appena chiuso il bar, di comprare due fiori e portarli in omaggio...

Federico   Al milite ignoto!

Dolores (ironica, fremendo dal nervoso) Ah, ecco... perché oggi tu e il cane avete continuato a parlare?

Luciano Naturale. E a questo proposito: vi avverto che in questa casa ci sono i fantasmi... anime di trapassati. Don­na Violante De Silveira e Messer Lancillotto.

Federico   Chi?

Luciano    Donna Violante De Silveira e Messer Lancillotto!

Federico    Chisto è pazzo!

Dolores    E chi sono?

Luciano Lei era la moglie di Don Gualtiero De Silveira, gentiluomo del 1600, ambasciatore spagnolo presso il Papa e che fece costruire ed abitò questo palazzo. In­namoratasi di un gentiluomo del seguito, un certo Lancillotto, ne divenne l'amante. Il marito scoprì la tresca e per punirla la fece murare viva assieme al suo amante in una stanza, che pare si trovasse proprio dov'è adesso questo appartamento, e lì i poveretti morirono dopo stra­ziante agonia.

Federico    Uh, guardate!

Luciano Ora il fantasma dell'infelice Violante si aggira gior­no e notte fra le mura di questa casa assieme al suo Lan­cillotto.

Valeria    E tutte queste cose te le ha raccontate il cane?

Luciano   No.

Tutti   Ah, ecco.

Luciano No, Scugnizzo mi ha detto che in questa casa ci sono dei fantasmi, qualche cosa di misterioso, di ultraterreno di cui lui avverte la presenza, con quella ipersensibilità propria degli animali. Queste cose le so perché so­no andato a cercare nei libri della vecchia parrocchia del quartiere e ho scoperto che lì dentro c'è raccontata tutta la storia di Donna Violante. Ci sono tracce della sua presenza e delle sue apparizioni fino a cent'anni fa. Gli inquilini di allora fecero più volte benedire la casa, ma inu­tilmente.

Dolores (a Valeria)    Lo senti tuo marito? Anche i fantasmi adesso! Abbiamo in casa Madamigella Violante e Messer Lancillotto, non so se vi rendete conto che stiamo qui co­me tre mazze 'e scopa a sentire uno che ci assicura che il suo cane parla!

Luciano Sentite: Ma è colpa mia se Scugnizzo parla e voi non lo capite?

Dolores Ma... «chi» parla?... «chi» ?!... Non diciamo eresie! I cani da che mondo e mondo abbaiano non parlano!

Luciano    E invece Scugnizzo parla!  da qualche giorno parla!

Dolores (al marito) Lo senti?... Hai visto che bell'affare hai fatto a regalare quella bestiaccia? Hai sempre delle idee luminose tu!

Federico Ma che c'entra, quando l'ho comprato a me non mi ha mai rivolto la parola! Che ne potevo sapere io che quello avrebbe parlato come un pappagallo?! (Poi a Luciano) Io poi vorrei sapere una cosa da te, Turzillo... Tu per «parlare» che cosa intendi?

Luciano    Abbaia, come fanno tutti i cani.

Tutti   Oh!

Luciano Solo che io adesso, capisco quello che dice. Come succede questo fenomeno non lo so.

Federico    Ma perché allora non lo capiamo pure noi?

Luciano È proprio quello che mi meraviglia! Perché, io, in­vece, lo intendo chiaramente, e che bella pronuncia!... Anche se con qualche inflessione dialettale... però con i termini giusti...

Federico    Ma di dov'è?

Luciano Di Mondragone, vicino Formia... il padre e la madre lavoravano in una pompa di benzina e lui...

Federico (ironico ed incredulo) Puliva i vetri alle mac­chine...

Luciano (serio precisando) No, aiutava i genitori a fare la guardia a questa stazione di rifornimento. Poi, carattere ribelle, insofferente alla soffocante vita di provincia, volle conoscere la grande città, ed è venuto qui a Roma... Certo, non ha una grande cultura, però se la cava. Soprattutto

ha molto buon senso. Anzi, meglio che ve lo dica subito così non ci pensiamo più. Io da domani, non vado al Bar, mi licenzio.

Valeria    E lasci il lavoro così, senza una ragione?

Luciano    La ragione c'è. Me l'ha consigliato Scugnizzo. Ne abbiamo discusso a fondo, e, alla fine, m'ha detto:  « Ma scusa, a te chi te lo fa fare di restare a marcire chiuso in un bar? Non è tuo, è un lavoro che non ti piace, ti distrugge moralmente, non ti permette di realizzarti. La­scialo! » Perciò da domani o ci tornate voi oppure vi cercate un altro che vi mandi avanti il negozio.

Valeria (seccata)    Eh!   No, scusa, sai?!   Ma certe decisioni si prendono consultandosi con la propria moglie, non con il cane! Qua è in gioco il nostro avvenire... Insomma che avresti intenzione di fare, non lavorare più?

Luciano   Ti dirò, ti dirò...

Federico    Dicci, dicci!

Luciano Per lo meno non lavorare più nel bar di tuo padre. E poi io voglio fare quello che sento. Provare ad essere felice, ma soprattutto soddisfatto di me stesso. Nella vita chi si contenta muore scontento. Me lo ha detto pure Scugnizzo.

Dolores Allora di' al tuo cane da parte mia che « essere sod­disfatti di se stessi » non vuole dire fare il proprio porcaccio comodo spaventando la gente e trascurando la pro­pria moglie! Perché in questo caso, tu e Scugnizzo an­drete a realizzarvi altrove, fuori da casa mia! E mia figlia resterà con me!

Valeria    Mamma,  ti  prego!   Quella che dev'essere la mia vita con mio marito, se permetti, la decido io! E poi non gridare che ci sentono!

Dolores    Ma non capisci che ti prende in giro? Quando mai uno che lavora, si «distrugge moralmente»?!

Luciano    Ho detto che Scugnizzo parla ed è la verità.

Dolores    Ma si può sapere che dice questo cane maledetto? Voglio sapere. Che dice?

Luciano Che voi avete fatto morire vostro fratello, per esempio.

Dolores (allibita)    Io?...

Luciano Sì, voi. Vostro fratello vi scrisse tempo fa una let­tera, era pieno di debiti e implorava il vostro aiuto. Era anche malato.

Dolores    Mio fratello è sempre stato un incosciente e un fallito. Tutta la vita m'ha perseguitato con le sue richieste di denaro. L'ho sempre aiutato, ogni volta che ho potuto.

Luciano    Avreste potuto anche stavolta. Ma non avete voluto. Vi aveva chiesto una somma, voi gliela avete negata. O meglio avete finto di non aver mai ricevuto quella let­tera disperata. E lui, non ricevendo risposta, si è ucciso, col gas. Non fu un incidente, come cercaste di sostenere. Fu suicidio.

Dolores    Ioti proibisco di calunniarmi con queste assurde supposizioni.

Luciano   Non sono supposizioni e non sono assurde. Scugniz­zo vi ha sentito raccontare piangendo tutta la verità una volta che vi siete confidata con il vostro grande amico, il generale Mascarpone che abita al primo piano.

Valeria    Mamma, ma è vero?

Luciano Si capisce che è vero. Renato Vastola invece, altro nostro simpaticissimo inquilino del palazzo, oltre a fare il piazzista di medicinali, piazza anche la sorellina che ha sistemato in un appartamentino ai Parioli. La presenta ad amici facoltosi e ci mangia sopra. Lui si prende il-50% di ogni prestazione. Sono circa sedici milioni al mese. Scugnizzo si è fatto il conto. E poi si mette anche le dita nel naso e se le pulisce dove gli capita. L'ha visto Scugnizzo un sacco di volte.

Dolores    Ma è rivoltante quello che dice questa bestia!

Luciano    Non è  rivoltante  quello  che  dice Scugnizzo,  ma quello  che  fate voi.  Il  cane, in tanti  mesi che abita qui, è stato vicino a voi in molti momenti della vostra giornata.  Voi non gli  badavate.  Naturalmente  non  gli davate importanza come testimone di cose che, inconscia­mente, eravate certi non avrebbe mai potuto riferire. Ma lui vi ha osservato, e adesso che parla mi racconta tutto.

Dolores    Bravo, sicché io avrei provocato la morte di mio fratello... Vastola si mette le dita nel naso come i ragaz-zini... e mio marito? Cosa fa mio marito secondo il tuo cane?...

Federico (cercando di sviare il discorso) Beh!, ma io che c'entro...

Dolores (a Luciano)    Voglio sapere che dice il cane di lui!

Federico Ma che deve dire, Dolores?! Andiamo! E poi hai detto tu stessa che a questa storia non ci credi. Basta!

Dolores No, Non basta. Perché sono stata messa sotto ac­cusa come se fossi l'unica in questa famiglia ad avere dei difetti, delle debolezze. Voglio sapere che dice di lui (allude al marito). Avanti!

Luciano Dice tante cose... che gli siete molto simpatico... ha parlato di voi a tutti i cani del quartiere... Per esem­pio, dice che tempo fa non è vero che foste scippato dell'incasso del Bar mentre andavate a depositarlo in banca. Quei cinque milioni ve li giocaste su un cavallo, perdendoli naturalmente...

Dolores Hai perso cinque milioni su un cavallo?... incoscien­te! Vedete... Vedete... l'incasso del Bar chisto s'o gioca 'ncopp'e cavalle!...

Federico Ebbi una soffiata. C'aveva fa?... Mi avevano detto che era sicuro...

Dolores    Ccà una cosa è sicura: che tu ce vuò manna 'a lemmosena! Cinque milioni... E a me, pe' me fa mettere 'sti dduje diente, ce vulette 'a mano 'e Dio!... Il dentista è troppo caro, nun pozzo spennere... mastica dall'altra parte... Puozze passa 'nu guaio tu e 'e cavalle!

Federico Ma 'o vuò capì ca, si vincevo, te putevo fa 'na dentiera d'oro?

Dolores    E io aggio bisogno d'a dentiera? Ma statte zitto!

Luciano Ah!, poi dice anche che tutte le sere prima di an­dare a letto, lui dalla finestra dello stanzino là... (lo indica) osserva col binocolo una ragazza che si spoglia nell'appartamento di fronte.

Federico (sinceramente meravigliato ed ammirato)    E' vero...

Valeria   Papà, ma che dici!

Federico   È la verità.

Dolores (scandalizzata)    Tu guardi una ragazza che si spoglia? !

Federico E che c'è di male? È una bella ragazza, si spoglia con la finestra aperta e io la guardo. Mi fa bene.

Dolores Porco! Ecco che cosa sei! Vergognati! Fare que­ste cose! E col binocolo poi!

Federico Uso il binocolo per vedere meglio, è lontano! Dolores io sono un uomo fino a prova contraria.

Dolores    Sei un maiale, non un uomo!  È inaudito!

Federico Si capisce che è inaudito! Perché uno, le belle donne nude, come tutto quello che di bello c'è al mondo, se le dovrebbe poter guardare tranquillamente, e in santa pace, senza essere costretto a doversi chiudere in un buco scomodo!

Dolores (agli altri, esasperata) Avete sentito? Qui siamo proprio all'anarchia! Mio marito vorrebbe arrivare alle orge!

Federico    Fosse 'o cielo, magari!

Dolores Eccola la tua vera natura! Ti sei rivelato final­mente! Vizioso! Certe cose non si confessano mai. Ri­cordatelo! Mi hai offesa. Hai offeso quello che io rap­presento nella famiglia l'onestà, l'onore, la fedeltà! (ed esce dì scena).

Federico Ma chi sei, l'Arma dei Carabinieri? E che esa­gerazione!... (guarda Luciano, quindi dopo breve pausa) Ma insomma qua vuoi far succedere la rivoluzione?...

Luciano    Voi, non credete a quello che ho raccontato?

Federico Ma non ti posso credere, amico mio, anche perché viviamo nella stessa casa e, a giocare quel cavallo, a spiare quella ragazza, mi puoi aver visto pure tu, non solamente il cane. Con me le storie dei cani che parlano, non funzionano... Io nun so' fesso! Quando il Padreterno creò il mondo dicette: tu sì ommo e può parla e tu si animale e te 'a sta!... Bonanotte, va... se ne parla dimane... La notte porta consiglio... (Esce di scena).

Valeria (dopo breve pausa rivolta a Luciano) Luciano, tu non mi stai prendendo in giro, non è vero? Non è che c'è sotto qualche trucco, qualche pasticcio?                                                       

Luciano (sincero)    Ti sto dicendo la verità, mi devi credere.

Valeria    Ma questa storia quando è incominciata?

Luciano Qualche giorno fa... ero uscito in macchina dopo pranzo e avevo portato Scugnizzo con me per lasciarlo dal veterinario. Ogni tanto abbaiava. Ad un tratto, men­tre m'ero fermato ad un semaforo ho sentito queste pa­role: « Ma che ci andiamo a fare? » Istintivamente mi sono voltato dalla parte di una macchina ferma al sema­foro vicino alla mia guardando l'uomo che era al volante. Credevo fosse stato lui a parlare. Ma quello ha seguitato a guardare attento il semaforo mentre ho sentito la voce di prima ripetere: « No, sul serio, che ci andiamo a fare? » Era Scugnizzo! Sconcertato, ho domandato mec­canicamente: « ma dove, che ci andiamo a fare?... » « dal veterinario... in negozio... » ha ripreso il cane. « Io mi sento meglio e non voglio andare dal dottore, tu non hai voglia di andare a lavorare... che ci andiamo a fare?» Ma ti rendi conto? Ogni giorno in negozio... Sempre alle stesse ore. Come se non ci fosse niente di meglio e non esistessero i prati e i boschi. Alla mattina a lavorare. i All'una a casa: la pasta asciutta, poi il sonnellino, poi di­nuovo in negozio. La sera a casa. Alle otto e mezzo la cena, poi la televisione. Quindi sonno. Pausa fino alle 7 del mattino, poi si ricomincia. E tutti i giorni così. Ma non ti senti impazzire? » Capisci?

Valeria   E tu?

Luciano E io? Io lo stavo a sentire a bocca aperta, poi l'ho guardato e gli ho chiesto:  « tu parli? tu sai parlare? ».

Valeria   E lui?

Luciano M'ha risposto: « ma è da tanto che ti parlo. Dal primo giorno che m'hai preso con te. Solo che prima non riuscivi a capirmi e adesso ci riesci ». Poi s'è messo a sedere sul sedile della macchina con la testa fuori dal finestrino e ha gridato allegro: « Andiamo al Pincio, è una giornata così bella! » E così siamo andati al Pincio ed è stato là che mi ha raccontato tante cose.

Valeria   Ma quali cose?

Luciano Tante. Per esempio che tuo padre va a letto con la cameriera...

Valeria (sgomenta)    Con Argentina?...

Luciano Sì. È da un pezzo ormai che dura questa storia con Argentina... la quale, poi, si porta a letto pure il signor Renato...

Valeria (stupefatta) Ma che dici?! Il signor Vastola? Quel­lo del piano di sotto... va a letto con Argentina?

Luciano (vedendo la faccia sbalordita di Valeria) Adesso non ti spaventare. Argentina non se li porta a letto assieme, ma separatamente.                                                               

Valeria   Ma è inaudito!

Luciano Hai ragione, è tutta questa storia che è inaudita. Poi m'ha raccontato anche di te e di quel farabutto bel­limbusto del piano di sotto.

Valeria   E cioè?

Luciano Che lui ti fa la corte e tua madre gli tiene mano. Quella ruffiana!

Valeria Ma sei pazzo? Ma che ti salta in mente e poi ti proibisco di offendere mia madre!

Luciano Ioripeto le parole di Scugnizzo: « il giovanotto le fa la corte e tua suocera gli tiene mano, quella ruffiana! » Non è la verità?... Me ne sono accorto anch'io. Ti fa la corte sì o no?

Valeria (indifferente)    Credo di sì.

Luciano   Lovedi?

Valeria Ma che cosa vuoi che veda?... Io vedo solo mio marito che si comporta come un esaltato, un visionario. Ma ti rendi conto che sono tutte cose delle quali avresti potuto benissimo accorgerti da solo con i tuoi occhi?... Mio padre e il signor Renato vanno a letto con la came­riera? Li avrai sorpresi in un atteggiamento sospetto, te ne sarai accorto da te. Affermi che Vastola mi fa la corte e che la cosa te l'ha riferita Scugnizzo... Ma tu stesso, pro­prio poco fa, mi hai detto di averlo visto usare verso di me delle attenzioni un pò eccessive che ti hanno dato fastidio. E allora? Non è il cane che ti parla!

Luciano   No. Me le ha raccontate Scugnizzo. Non so come dirti... Lui abbaia, perché io lo sento che lui abbaia, ep­pure per me, è come se parlasse. Quello m'ha raccontato cose intime mie che non poteva sapere nessuno all'infuori di me e poi altre cose che io mai mi sarei lontanamente immaginato...

Valeria   La storia dei fantasmi?...

Luciano Anche quella, si capisce. E come fantasmi, ho avuto tante altre cose attorno a me in questi anni che non riuscivo più a vedere e delle quali Scugnizzo m'ha ricordato l'esistenza.

Valeria    Per esempio?

Luciano L'essere se stessi! Liberarmi dalla schiavitù di vi­vere qua con i tuoi. Avere una casa nostra, soli.

Valeria Ma ne abbiamo parlato tante volte di questo. Tu un altro lavoro non ce l'hai sotto mano, case non se ne trovano facilmente... e poi, se ce ne andassimo, sai quanto soffrirebbero i miei... sai bene quanto ha insistito mia madre perché dopo sposati, si restasse ad abitare qui con loro. Ne fece una condizione!

Luciano    E a quanto ne soffro io adesso non ci pensi?

Valeria (esasperata) E allora fai qualche cosa! Datti da fare! Decidi dove vuoi andare e io ti seguo. Sono tua moglie! Stammi a sentire: non rendere la nostra vita più difficile di quella che è. (Valeria va vicino al marito con atteg­giamento affettuosi) Perché ti torturi, perché ti preoc­cupi?

Luciano   Perché la vita che faccio adesso non la sopporto più!

Valeria E allora cambiala se hai la forza di cambiarla! Ma tu ce l'hai questa forza, questa volontà?... Perché è di questo che si tratta: di volontà. Tu sei stanco, esaurito, nervoso e dai corpo a ombre che vengono dalla tua im­maginazione... sono tutte fantasie, io ti conosco. Dal gior­no di quel maledetto incidente ferroviario sei diventato così irrequieto, insofferente... tu non ti devi far suggestio­nare dalle tue ossessioni, perché alla fine sono quelle che ti parlano non è il cane.

Luciano (prende la mano di Valeria che gli si è seduta vicino) Povera Valeria, io ti faccio paura, non è vero?

Valeria No... Hopaura solo che quello che è successo ci può dividere.

Luciano Ti sbagli... Invece è quello che non è successo in tutti questi anni che ci può dividere. Sapessi come vorrei tornare indietro alle volte e avere il coraggio di fare tutte quelle cose che per pigrizia o per egoismo non ho fatto e invece t'avrebbero reso veramente felice, anche per una ora  soltanto.  Adesso  sarebbe  più importante  quell'ora sola che tutti gli anni passati assieme.

(S'inizia a sentire la musica di un motivo suggestivo. Luciano l'ascolta stupi­to). (La musica sale di tono mentre da sinistra entrano teneramente abbracciati i fantasmi di Donna Violante e di Lancillotto. I due sono in costume del '600 ed entram­bi illuminati da una luce particolare).

Luciano   Guarda!...

Valeria (che non vede i due)    Che cosa?

Luciano (indicando i due fantasmi) Questi due, qua... non li vedi?

Valeria (agitata) ...Luciano, io non vedo niente.

(I due fantasmi, giunti accanto al tavolo, si scambiano un breve bacio, quindi, sempre abbracciati, lei col capo poggiato sulla spalla di lui, si avviano per uscire attraverso la scena. Luciano è in piedi e li guarda esterrefatto mentre Valeria non ha visto nulla).

Luciano Ma non li vedi?... È lei: Donna Violante con Lan­cillotto, i fantasmi!...

Valeria (spaventata) Ma sei pazzo?... Quali fantasmi?... Stai male? Vuoi che chiami qualcuno?...

Luciano (impressionato ma felice) Adesso li vedo anch'io... Scugnizzo mi parla veramente, e mi dice la verità...

(E mentre la musica sale di tono, i due fantasmi sempre tene­ramente abbracciati escono di scena scomparendo attraver­so la parete del ripostiglio che è sul terrazzo e che si aprirà a tempo convenuto suscitando nello spettatore l'impres­sione del dissolversi dei due fantasmi).

Valeria    Ma che dici?... Io questi fantasmi non li ho visti...

Luciano (alludendo al ripostiglio) Ma se sono entrati qui... li ho visti io! (eccitatissimo) aveva ragione, capisci?... Scugnizzo aveva ragione!... Non sono pazzo! I pazzi siete voi che non volete vedere quello che vi sta attorno! Ma Scugnizzo m'ha aperto gli occhi e glielo vado a dire subi­to... Scugnizzo!... Scugnizzo?!... Io ti credo, ti credo!...

 

(Internamente si sentirà forte l'abbaiare del cane e quindi)

CALA IL SIPARIO

                         

    


SECONDO  ATTO

La stessa scena del I atto. Sono trascorsi alcuni giorni. È pomeriggio. Sono in scena Don Cesare (il Parroco del quar­tiere), Dolores ed Argentina. Dolores è seduta alla tavola al centro ed ha appena terminato di servire un bicchierino di liquore a Don Cesare che lo gusta soddisfatto. Sul tavolo è anche un vassoio con dei pasticcini.

                                    

Dolores    Le piace, padre?...

Don Cesare    Ottimo... delicatissimo... (sorseggia ancora).

Dolores È dolce e mio marito non lo preferisce. È il regalo di un caro conoscente: il generale Mascarpone...

Don Cesare    Lo conosco di vista...

Argentina   È anche amministratore del condominio, è vero?

Dolores   (sorridendo,   compiaciuta)    Già,   già...   Vivamente sollecitato da tutti noi condomini, ha accettato questo gravoso incarico che, per la verità, esplica in modo enco­miabile!

Argentina Quest'inverno a Natale il generale Mascarpone ha mandato alla signora anche una cassa di vini e un grande cesto di frutta candita. Peccato che poi vostro marito, si senti male...

Dolores    Naturale che si sentì male!  La mangiò quasi tutta!

Don Cesare   È goloso, è vero?

Argentina (divertita al ricordo) E come gridava!... Ve ricurdate? diceva che il generale Mascarpone l'aveva avvele­nato... Vuleva chiammà 'e Carabinieri... (versa da bere a Dolores).

Dolores Il fatto è che mio marito trova sempre il modo di essere sgarbato con lui. Chissà perché non lo può ve­dere!...

Argentina   Chillo è accussì simpatico!

Dolores (ad Argentina che le sta servendo versandole ancora del liquore) Basta, basta così, grazie... (poi nervosa) t'ho detto basta!  Sei sorda?

Argentina   Eh! Nun'avevo sentito!

Dolores (rivolgendosi al prete) Lei padre, ne vuole ancora un po'?

Don Cesare No, per me va benissimo così, grazie. Se mi è permesso chiedere qualche cosa, gradirei ancora un pa­sticcino...

Dolores Vero che sono squisiti?... Questi li fa con le sue mani una zia del generale Mascarpone, pensi un pò; ... prego non faccia complimenti.

Don Cesare Uno soltanto. (Prende un pasticcino e lo man­gia) Semel in anno licet insanire! (Le donne lo guardano non capendo) È latino!

Dolores e Argentina   Uh!  Quanto è bello!

Argentina Compermesso padre, me vaco a cosere 'nu suttanino.                                                        

Don Cesare Prego figliuola, prego. Bello quassù, si vede tut­ta Roma (guardando il panorama).

Dolores È una casa vecchia, ma ci siamo affezionati. Mio marito ed io ci siamo venuti ad abitare appena dopo spo­sati... lui s'era trasferito da Napoli... e qui è nata Valeria... Sapesse quante cose mi ricorda questa casa!... (commuo­vendosi rabbiosa) E pensare che, per colpa di quel visio­nario di mio genero, adesso stiamo passando delle gior-nate d'inferno, mi fa una rabbia!... Lei che ne dice padre? Lei è napoletano come noi... Quando siamo venuti qui a Roma ho trovato nelle sue parole tanto conforto. Io aspet­to da lei un consiglio.

Don Cesare Cosa vuole che le dica?... Indubbiamente è una situazione molto delicata. Quando circa un mese fa, Luciano venne in parrocchia per chiedermi di consultare dei vecchi documenti riguardanti la storia delle famiglie che hanno abitato questo antico palazzo, lo accontentai di buon grado anche se la richiesta mi parve un pò strana. Ma non avrei mai supposto che ciò potesse servire a radicare nella sua mente il convincimento che in questa casa esistono dei fantasmi e che il suo cane gli parla real­mente.

Dolores  Ma, caro Don Cesare, lei non immagina il resto! Ma lo sa che cosa ci ha confessato mio genero col sorriso sulle labbra? Che lui non si serve più del gabinetto qui in casa perché Scugnizzo gli ha detto che è stupido fare i propri bisogni sempre nello stesso posto. È molto più bello e logico farli una volta qua, una volta là... a seconda dell'ambiente che ci attira. Come fanno i cani!

Don Cesare (costernato) Signora Dolores, non mi dirà che suo genero fa i suoi bisogni per la strada?

Dolores No, per la strada no... almeno non credo, ma non so... vede un negozio, un locale che gli piace, entra e chie­de della toilette. Almeno così assicura lui...

Don Cesare   È preoccupante. Preoccupante!

Dolores Preoccupante? Noi viviamo in un incubo, padre, al bar non ci va più perché dice che quel lavoro non gli permette di realizzarsi e allora è dovuto tornarci mio marito. Mia figlia è disperata. Non fa che piangere, preoc­cuparsi. Lui se ne va in giro con quella maledetta bestia, oppure se ne sta in casa e non fa che torturarci dicendo: « Ieri, mentre credevate di stare soli, avete fatto questo, poi avete fatto quest'altro. Me l'ha detto Scugnizzo, vi ha visto ». Non siamo più padroni di avere una nostra inti­mità; di fare un gesto, di dire una parola che lui lo viene a sapere. Le assicuro che quel cane è diventato un'osses­sione!

Don Cesare Signora mia, ma che dice? Allora pure lei am­mette che il cane possa parlare?

Dolores Ma no, padre, no... Io sono sicura, invece, che è mio genero che ci spia, ci sorveglia di nascosto per poi venire a riferirci cosa ci ha visto fare o sentito dire.

Don Cesare    Ma perché si comporterebbe così, a che scopo?

Dolores   Non lo so, o è pazzo o è indemoniato. Non le dico

poi che cosa ci ha raccontato di tutto il vicinato. Di lei...

Don Cesare   Di me?

Dolores Anche di lei. Quel farabutto oramai non ha più rispetto per nessuno! Dice che lei, si figuri... (non ha il coraggio di proseguire). Oh, Dio!

Don Cesare (ansioso) Che io?... Dica, dica. Non abbia ri­guardi, cara signora. È chiaro che stiamo parlando di una persona anormale.

Dolores (sempre imbarazzata) Ecco. Mio genero dice pro­prio questo di lei... che lei è una persona... anormale.

Don Cesare (indignato)   Anormale?... Io?!

Dolores Già. Dice che glielo ha riferito il cane il quale so­stiene di averla vista in atteggiamenti equivoci con i ra-gazzini che vengono alla parrocchia.

Don Cesare (esplodendo rabbioso) Ma queste sono infa­mie!... calunnie da criminali!... Ma io lo querelo per ca­lunnia, lo mando in galera! Mascalzone, assassino!

Dolores Oh Dio, adesso mi dispiace d'averglielo detto, padre!...

Don Cesare (sforzandosi di calmarsi) Ma no, ma no... Non si preoccupi che alle calunnie della gentaglia ci sono pur­troppo abituato. Il meno che si può fare quando si vuol diffamare un povero prete è dire o che beve, o che è un lussurioso.

Dolores Ma sapesse cosa ci ha raccontato di tutto il vicina­to!... « Quella è una donnaccia, quell'altro è uno stroz­zino, quello è un imbroglione, quell'altro ancora un cor­nuto ». Insomma non se ne salva uno! Lei deve interve­nire, padre e ricondurlo alla ragione. Lei ha celebrato il matrimonio di mia figlia con questo pazzo. Gli parli. Lo faccia per Valeria che, poverina, non sa più cosa fare con un marito simile.

Don Cesare Va bene, signora Dolores. Gli parlerò. Dov'è adesso?

Dolores È uscito, ma non dovrebbe tardare. È andato alla Radio.

Don Cesare   Alla Radio? Perché, lavora lì?          

Dolores    No. Ha telefonato ad un maestro di musicasuo conoscente e si è fatto fissare un appuntamento con un funzionario dei programmi della musica leggera. Ha por­tato Scugnizzo, dice che il cane ha una bellissima voce. Ha orecchio e lui lo vorrebbe lanciare come cantante.

Don Cesare (sconcertato) Ma cara signora Dolores, qua il mio intervento è superfluo... con Luciano non ci vuole un sacerdote, ma un medico, uno psichiatra e subito!

Dolores Le assicuro che, se dipendesse solo da me, lo avrei già spedito al manicomio. Ma c'è di mezzo la felicità di mia figlia. Valeria ama ancora quest'uomo. Anche se non hanno avuto figli, sono andati sempre d'accordo... e, fino a qualche tempo fa, devo riconoscere che, pure con i suoi difetti, Luciano è stato un buon marito.

(Internamente si sentirà aprirsi e poi chiudere la porta d'ingresso, quindi la voce di Luciano e il cane che abbaia).

Don Cesare    È rientrato?

Dolores  è lui che torna col cane! Vi lascio soli, padre. Mi Sì, sì,raccomando... (Esce rapida per la porta di fondo andando verso sinistra).

(Don Cesare rimane solo per qualche attimo mentre inter­namente si sentirà la voce di Luciano che parla scherzosa­mente col cane che gli risponde abbaiando. Poco dopo entra in scena Luciano che dice subito a Don Cesare).

Luciano Eccolo qua!... Lo sapevo che era venuto. Buona sera, padre.

Don Cesare Buona sera, figliolo... (tende la mano a Luciano che gliela bacia). Sapevi che ero qui?... E chi te l'ha detto, Argentina?

Luciano No. Me l'ha detto Scugnizzo. Appena siamo entrati ha annusato e m'ha detto: « Questo è l'odore del pre­te! » ...Lui non sbaglia mai! L'ho chiuso in camera perché qua fuori lo porto raramente. È così vivace! Salta di qua, salta di là... ho sempre paura che caschi di sotto. Anche perché il davanzale è basso e lui m'ha detto che soffre di vertigini... Dev'essere una forma di esaurimento...

Don Cesare (poco convinto, sorridendo) Già... perché Scu­gnizzo sarebbe il famoso cane che parla...                  

Luciano    Lei non ci crede?

Don Cesare   Ad essere sincero, no.

Luciano   Ma come? Non l'ha sentito anche lei poco fa?

Don Cesare    L'ho sentito abbaiare.

Luciano   Eh, no!  Per lei, forse ha abbaiato. Ma per me ha parlato e anche molto chiaramente! Se no come avrei fatto a sapere della sua presenza qui?

Don Cesare   Perché c'è il mio cappello all'attaccapanni dello ingresso.

Luciano    Già, il cappello... Lei è un altro che non mi vuole credere. Eppure lo capireste tutti quello che dice Scu­gnizzo, solo che voleste. Ma voi non volete... Purtroppo siete tutti uguali. Come quell'imbecille che suona il pia­no!... Lo sa dove sono stato oggi? Alla Radio. C'è un cre­tino, mio conoscente che fa parte come pianista dell'or­chestra della Radio. L'avevo pregato di fissarmi un'audi­zione per Scugnizzo. Quel cane ha una bella voce...

Don Cesare (scettico)   Ah, il tuo cane canta?

Luciano (serio ed entusiasta)    Certo che canta. Io lo sento cantare!... E come canta bene... sentisse le canzoni napo­letane, quelle antiche, con che sentimento le canta... per esempio « Reginella » la conosce?... (accennando il motivo) « Reginè quanno stive cu' mico - nun magnave che pane e cerase... » Chi lo ascolta rimane a bocca aperta perché ha un fascino straordinario... E le canzoni comiche?... È spiritosissimo quando le canta. Poi è dotato di un enorme faccia tosta. Appena si accorge che c'è qualcuno disposto ad ascoltarlo, lui si alza sulle zampine di dietro e canta con delle mosse comicissime ... per esempio « dove sta Zazà ». (Accennando con mosse comiche) « Dove sta Za-zà? - Uh Madonna mia!   - Come fa Zazà - Senza Isaia?... »

(Don Cesare ride ed applaude divertito l'esecu-zione mimata di Luciano, dopo di che questi prosegue soddisfatto dicendo)

Vede padre?... si diverte anche lei. Insomma, io sono sicuro che quel cane potrebbe avere un grosso successo, a parte la particolarità del fenomeno. Beh, lo sa che ci hanno cacciato via? Avevano creduto che io volessi fare ascoltare uno scugnizzo vero, un bambino che canta. Quando gli ho fatto vedere il cane e ho detto che Scugnizzo era lui e l'ho fatto cantare, ci hanno sbat-tuto fuori a male parole sostenendo che il cane non canta ma abbaia e che io avevo voluto prenderli in giro. Cose da pazzi!... (Si aggira nervoso per la scena).

Don Cesare (dopo una breve pausa, dopo aver fissato Luciano) Lucia', ma tu overamente faie?

Luciano   Non ho capito...

Don Cesare    Ti sto domandando se tutta questa storia ha uno scopo, un fine tuo particolare, oppure stai ascenno pazzo.

Luciano    Ma perché, per lei è un fatto così strano che un cane possa parlare?

Don Cesare    Non è strano. È assurdo.

Luciano   E perché?

Don Cesare Perché... Perché... Perché non è mai successo!

Luciano E va bene, ma che non sia mai successo non esclu­de che possa succedere. Lei l'avrebbe mai creduto, cinquan­ta o cento anni fa, che un giorno avremmo avuto in tutte le case una scatola sulla quale appaiono le immagini di avvenimenti lontani migliaia e migliaia di chilometri e una voce che li commenta che ce li illustra? Insomma la Radio, la Televisione lei le avrebbe mai credute possibili fino a pochi anni fa? Eppure oggi sono cose che tutti accettano senza meravigliarsi.

Don Cesare Ma quelle sono macchine create e comandate dalla volontà dell'uomo. Scugnizzo è un'altra cosa. Scu­gnizzo è una bestia.

Luciano   E che significa che è una bestia?

Don Cesare    Che non è un essere umano. Iddio non gli ha dato il dono della parola perché non ha un'anima.

Luciano    Lodite voi che le bestie non hanno un'anima per­ché ve le mangiate e non volete avere rimorsi.

Don Cesare    E tu? Non le mangi anche tu le bestie?

Luciano    Sì, ma io me le mangio con tutta l'anima!

Don Cesare    Basta. Non ti posso più seguire in questo scher­zo pericoloso. Ah, Madonnina del perdono, miettece 'na mano Tu! Lucia, vieni... siediti vicino a me. Quanti anni hai?

Luciano   Quaranta.

Don Cesare   Beh, poco più, poco meno siamo della stessa generazione.   Luciano  carissimo,   io   ti  parlo  veramente come un fratello. Tu stai facendo uAa fesseria grande co­me una casa. Stai facendo del male.

Luciano   Del male? E a chi?

Don Cesare A te stesso principalmente e poi agli altri. A chi ti sta vicino. A tua moglie. Ti ricordi il giorno che ho celebrato il vostro matrimonio? Era bella Valeria quel giorno, me la ricordo benissimo. Proprio una bella ragazza ed io, te lo confesso, per un attimo sinceramente t'invidiai. Quella bella figliola nel suo abito bianco, onesta, così innamorata di te... Sì, onestamente, invidiai quella tua felicità. Non ti meravigliare, anche un sacerdote può avere a volte queste piccole passeggere debolezze, è un uomo. (Luciano lo guarda). Sì, Luciano, un uomo, con desideri sani, naturali, anche se tu e il tuo cane mi calunniate e la pensate diversamente.

Luciano    (cercando di giustificare il cane e di minimizzare) Sono pettegolezzi di cani...

Don Cesare    Va bè, lasciamo stare... È vero, quel giorno io ti ho invidiato, ma ti ho invidiato troppo presto perché quella felicità adesso già non esiste più. Tu l'hai distrutta. Questa che t'ha preso è una follia. Se tu insisti, tutti si allontaneranno da te e perderai anche Valeria.

Luciano   Non è vero. Valeria mi capisce e mi crede.

Don Cesare   Ti capisce, ma non ti crede. Rifletti, pensa al­la pena che hai messo nell'animo di chi ti vuol bene. A causa di questo cane tutti si sentono allontanati da te, spiati, giudicati. Fa che torni nell'animo tuo l'amore per il prossimo, non sfidare la collera del Signore.

Luciano    Questo Signore alle volte, padre, mi pare che si comporti in modo molto strano. Perché mi ricorda qual­cosa che m'ha detto Scugnizzo alcuni giorni fa. Gli uo­mini, m'ha detto, ci eccitano alle volte, correndo e gio­cando perché si divertono. Poi quando alla fine noi cani ci decidiamo a farli giocare perché ci fanno pena, ci pian­tano in asso dicendo: « Adesso basta, ti ho fatto giocare abbastanza ». E così il Signore, alle volte. Ci eccita, ci meraviglia, colpisce la fantasia e la curiosità di noi uomini con i fenomeni più strani ed insoliti, poi, quando incuriositi da queste meraviglie, vogliamo conoscerle più  a fondo, più da vicino ci dice:   « Adesso basta,  fermati, non ti è concesso di andare più in là. Il resto è mistero. Ti ho fatto giocare  abbastanza! »   E uno deve restarsene lì fermo, in un angolo con quella voglia insoddisfatta che ci rode dentro. Proprio come noi facciamo con i cani. Non le pare?

Don Cesare   Ti sbagli. Il Signore non ci tratta come bestie, ma da esseri umani. Tanto è vero che ci ha dato l'uso della ragione. E poiché ne sei dotato anche tu, usalo!  Rientra in te stesso. Pensa alla felicità tua e di chi ti vuoi bene. Un giorno potresti rimpiangere di non averlo fatto!   (av­viandosi)  Io torno  in parrocchia,  se avrai  qualcosa da confidarmi, da comunicarmi, puoi farlo quando vuoi. Aspet­terò una tua visita con grande gioia.

Luciano    Buona sera, padre.

Don Cesare    Sia lodato Gesù Cristo. (Esce per il fondo sulla destra).

(Luciano resta per un attimo a guardare dalla parte dov'è uscito il prete e quindi fa per avviarsi. Ma ecco Argentina che fa capolino e lo chiama).

Argentina (venendo avanti circospetta) Signor Luciano? Si­gnor Lucia'? Vi vorrei parlare un momento... È importante. È per via del cane. È una settimana che non dormo più. Vorrei che voi mi diceste la verità. Ma è proprio vero che questo cane parla?

Luciano    Si capisce che è vero.

Argentina (disperata)    Ma io fra tre mesi mi devo sposare!

Luciano   E il cane che c'entra? Ti sposi? Auguri e figli ma­schi. (Fa per andare).

Argentina   Ma no. Aspettate. Il mio fidanzato Demetrio...

Luciano   Chi?

Argentina   Demetrio!                                       

Luciano    Ma non si chiamava Nicola?

Argentina   Ma no, Demetrio è un altro... Beh, insomma Demetrio è gelosissimo! Non vuole che parli con nessuno. Dice sempre che se scopre qualche cosa, se si accorge che non sono degna di lui, non mi sposa più. Adesso io mica sono più una ragazzina, devo pensare al mio avvenire, non voglio certo restare a servizio per tutta la vita. E poi io a Demetrio 'o voglio bbene! comme aggia fa'? (sbot­tando rabbiosa) Insomma se questo cane parla per davvero, come dite voi, mi rovina!  (Imbarazzata). Beh, sapete come succede?... Io Scugnizzo me lo portavo sempre appres­so, mi ci ero affezionata e lui pure... Mi seguiva dap­pertutto: quando andavo a prendere il latte... per le scale... in terrazzo quando andavo a stendere i panni... sapete com'è? Una ragazza giovane, carina, come me, dei corteggiatori, degli ammiratori ce li ha sempre... che le stanno dietro... magari che allungano un po’ le mani... e Scugnizzo stando con me delle volte ha visto tutto. Adesso se lo va a raccontare a Demetrio, quello non mi sposa più (piange).

Luciano (riflettendo) Già. Demetrio non ti sposa più se vie­ne a sapere che sei andata a letto con mio suocero e anche con il simpaticissimo signor Vastola del piano di sotto...

Argentina (spaventata) Oh Dio!... L'avete saputo?... E chi ve l'a detto? Il cane? Bestiaccia maledetta!   Spia! Disgraziato!

Luciano Che c'entra Scugnizzo? La colpa è tua che sei una cretina e vai col primo che ti mette le mani addosso e ti promette un regalo.

Argentina Ma qua regalo? Quelli mi sono saltati addosso, prima vostro suocero e poi quell'altro... Io so femmena, che putevo fa'? (Disperandosi) Oh Dio!... se lo viene a sapere Demetrio, quello non mi sposa più!

Luciano Ma, scusa: il giorno che questo Demetrio ti sposa se ne accorgerà, che prima di lui, sei stata con altri uomi­ni, e allora?

Argentina (Imbarazzata) Eh no! perché... anche se alle vol­te, ho dovuto cedere alla violenza... me so stata accorta... non è mai successo, diciamo così, l'irreparabile... è inutile che fate quella faccia!   Io sono una disgraziata, figlia di disgraziati e una ragazza come me ci deve pensare a queste cose. Se no che gli porto in dote a mio marito? Chesto no, chell'ato nemmeno... Ma voi non direte niente di quello che sapete, è vero signor Luciano? E nemmeno il cane... se è proprio vero che parla.

Luciano Per quanto riguarda me, non sono cose che m'in­teressano. In quanto a Scugnizzo, non posso garantire, quel cane è il ritratto della sincerità: apre la bocca e par­la!  Poi chi lo capisce lo capisce...,

Argentina Sì? E io l'acciro giuro ca l'acciro! dicitencello 'o cane: ca nun parlasse cu Demetrio pecché io l'acciro!

(Internamente il campanello di ingresso. Argentina si av­via per andare ad aprire quindi sotto la porta ripete con rabbia nuovamente la minaccia rivolta verso Luciano).

L'acciro!... Parola mia. L'acciro! comme... comme 'a 'nu cane!  (Esce).

Luciano (rimasto solo in scena si avvia sconvolto verso la por­ta a sinistra dicendo) Ma è pazza? (Poi dice come par­lando al cane che si immagina nella stanza, infatti lo si sen­tirà abbaiare) Scugnizzo, ma tu hai sentito?... Quella ti vuole ammazzare. Stai attento! (Esce).

(Argentina rientra precedendo Valeria e Vastola).

Valeria (ad Argentina)    Mio marito è rientrato?

Argentina    Sì, signò. Era qui poco fa...

Valeria    E mia madre?

Argentina    Dev'essere in cucina o in camera sua. Vostro pa­dre è di là, si sta preparando per andare al Bar, perché c'è solo Giovanni, il giovane del Bar, e vostro padre non si fida a lasciarlo solo quel mezzo scemo.

Valeria (vedendo la bottiglia di liquore sul tavolo con i pa­sticcini)    C'è stato qualcuno?

Argentina    È venuto Don Cesare. Ha parlato con  vostra madre. Sempre per la solita storia: quel cane maledetto!

Valeria   Bene, vai pure di là. (Argentina prende bottiglie bicchieri e vassoio ed esce).

Vastola (accennando a sedersi domanda a Valeria)    Posso?

Valeria    Ma sì, certo. Scusi... Sono così confusa, agitata.

Vastola (sedendo ed accendendo una sigaretta)    Valeria carissima, gliel'ho già detto e glielo ripeto, al punto in cui si è arrivati, non c'è da fare altro che ricorrere al parere di un esperto del ramo.

Valeria Ma questo che ha chiamato lei e che verrà fra poco, non è un medico.

Vastola   È meglio di un medico! È un mio carissimo amico...

Valeria    Ma è un farmacista!  Me lo ha detto lei!

Vastola Sì, è un farmacista, ma un appassionato studioso, un conoscitore profondo della psichiatria. Ha pubblicato anche un libro al riguardo. È una persona della quale mi

fido ad occhi chiusi, della massima serietà. Lo conosco da anni! Stia tranquilla. Io gli ho spiegato il caso dettaglia­tamente e lui è già al corrente di tutto. In seguito al suo parere, ci rivolgeremo ad un medico, uno specialista che lo stesso mio amico con la sua conoscenza in materia, sa­prà indicarci.

Valeria Ma perché, allora, non rivolgerci subito ad uno psichiatra?

Vastola Oh mio Dio, cara Valeria!... Ma gliel'ho detto per­ché; da questo primo colloquio m'interessa conoscere il parere di un amico, di uno studioso come il mio amico Tarquinio.

Valeria Lei è il solito confusionario!... Io non so che fare. Mi trovo in una situazione così assurda! (sconvolta) Sa­rebbe orribile!... Luciano in manicomio?... Non ci posso pensare!

Vastola (andandole vicino affettuoso) Via, non usiamo pa­role grosse adesso. Ci sono delle case di cura, delle cliniche specializzate per questo tipo di disturbi. Forse sarà suf­ficiente che suo marito rimanga lì per un anno...

Valeria   Oh Dio, un anno?

Vastola Qualche mese... Ora non so... Ma le verrebbe re­stituito probabilmente guarito. Nel frattempo lei non sa­rebbe certo sola... C'è qui il suo papa... La sua mamma... (guardando verso l'interno) ci sarei io...

Valeria   Lei?

Vastola Ma sì, perché no?... (Passionale) Valeria, forse non ti sembrerà il momento adatto, ma tu devi sapere quanto sia grande l'amore, l'attrazione che ho per te! Dammi modo dì provarti apertamente, alla luce del sole, quanto sia sincera questa mia passione. E poi fai pure la tua scelta! Io ti voglio! Tu mi vuoi? Possediamoci! Io ho ho dodici milioni alla posta! (S'inginocchia e cade all'indie-tro spinto da Valerio).

Valeria  Ma come si permette?... Non sarà diventato pazzo assieme a mio marito?!

Vastola (aggressivo) Ma io ti amo, ti desidero, ti ho sem­pre desiderata! (Fa per abbracciarla).

Valeria (svincolandosi)    Mi lasci, ma stia fermo!... Mi desi­dera!... E crede che questo sia sufficiente per convincermi a tradire mio marito?

Vastola Ma «chi» tradiresti tu?... Un uomo che t'ha già abbandonata per correre dietro ai suoi sogni, alle sue fan­tasie!

Valeria   La finisca di darmi del tu!

Vastola (sempre più appassionato ma contenuto anche nel tono) Perché?... È così bello darti del tu!... Ma non ca­pisci che tuo marito rifiuta la realtà che lo circonda e si rifugia in un mondo fantastico dove il suo cane gli par­la?... Tu non esisti più! Quello che conta per lui adesso è il cane, quello che dice il cane. E il cane non è altri che uno sdoppiamento della personalità di tuo marito. Scu­gnizzo è diventato un altro Luciano Rampaldo. Con la differenza che fa e dice cose che Luciano Rampaldo non avrebbe mai avuto il coraggio di fare o dire. Valeria (pensierosa) Allora, dovrei abbandonarlo al suo de­stino?

Vastola Non dico questo. Ti preoccuperai perché venga cu­rato bene. Ma, nel contempo, hai il sacrosanto dovere di ' pensare al tuo avvenire. Sei una donna giovane, attraente, ... quando ti vedo mi sento impazzire!... (Fa per ab­bracciarla di nuovo ma Valeria gli sfugge mentre suona il campanello d'ingresso).

Valeria (ricomponendosi si avvia verso il fondo) Vado io...

(Vastola rimane solo. Dà un'occhiata fuori e poi con mi­sura e senza esagerare si mette un dito nel naso. Nell'udire le voci di Valeria e di Tarquinio che si avvicinano, si ri­compone in fretta).

Valeria   (rientra precedendo   Tarquinio  Prugnone)    S'acco­modi, venga...

Tarquinio Grazie, signora, molto gentile... (Poi vedendo Va­stola si salutano affettuosamente) Carissimo, come stai?...

Vastola Innanzitutto grazie per essere venuto. Contiamo molto sul tuo parere in questa delicata questione...

Tarquinio    Per carità... (Poi alludendo a Valeria) La signora sa che non sono medico?... che sono farmacista?... hai chiarito tutto?

Vastola Tutto. Sta tranquillo. Ed inoltre fido sulla nostra vecchia e cara amicizia perché tu ci dia un parere competente e spassionato.

Tarquinio Molto volentieri... Se posso... E senza alcun com­penso, naturalmente, questo sia chiaro. Solo per la nostra vecchia amicizia e perché i casi insoliti di turbe mentali

mi appassionano sempre. Tu mi hai detto, se non sbaglio, che il marito della signora ha cominciato ad affermare che il suo cane parla, dopo essere rimasto vittima di un inci­dente ferroviario...

Vastola    Per me è pazzo, non c'è alcun dubbio.

Valeria   Oh Dio!

Tarquinio Un momento! Se vogliamo definire pazza una per­sona solo perché è partecipe di fenomeni insoliti, allora al mondo, di pazzi da rinchiudere ce ne sarebbero parec­chi a cominciare dai medium, dai rabdomanti, dagli in­dovini. No... È necessario che lo veda, che gli parli, che lo  esamini...

Dolores (entrando da sinistra) Buongiorno. Mi scusi ero occupata di là... mio marito non sta bene. Adesso ci si mette anche lui!... si capisce: gioca ai cavalli e perde! E poi gli vengono i mal di testa!... E, intanto al bar oggi c'è soltanto Giovanni, chillu miezo scemo.

Vastola (cerimonioso)    Per carità, signora carissima, non è il caso di scusarsi. Le presento quel mio amico del quale le ho tanto parlato...

Tarquinio (presentandosi)   Tarquinio Prugnone, farmacista... onoratissimo... non sono medico, questo la signora lo sa?

Dolores    Sì... sì... me lo ha detto il signor Renato.

Tarquinio Lochiarisco subito perché non voglio fastidi. Una volta è già successo... mi hanno fatto causa...

Dolores Ma sì, il signor Renato ha già detto che lei potrà aiutarci. E noi speriamo tanto in lei. L'ultima è la più bella di tutte, stia a sentire: adesso Luciano sostiene che il cane gli ha fatto una nuova rivelazione, dice che Scu­gnizzo gli ha detto queste precise parole: « nel Bar di tuo suocero c'è nascosto un tesoro ».

Vastola (meravigliato ed incredulo) Un tesoro?... Nel Bar? Ma quale tesoro?...

Dolores Non si sa. Un tesoro!... Scugnizzo non sa dire di più. Sente che c'è qualche cosa sotto terra di prezioso, ma non sa dire che cosa. Bisognerebbe scavare.

Vastola Sciocchezze! Queste sono stupidaggini. Cara signo­ra, qui abbiamo l'amico Prugnone che è disposto a darci una mano. Affidiamoci a lui!

Tarquinio (Pignolo)    Non come medico, però, sia ben chiaro!

Vastola Ma sì, va bene. Abbiamo detto come studioso. Ora, però, se permettono devo andar via. Devo ritirare dei campioni di medicinali in fabbrica sulla via Salaria e sono già in ritardo... (Poi alle donne appartandosi con Tarqui­nio) permettono un minuto?... (Poi a Tarquinio parlan­dogli in tono concitato e confidenziale). Allora, non avevo ragione?... Che ne dici, non è una bella femmina?

Tarquinio    Sì, sì... una bella signora...

Vastola Macché bella signora! Quella è femmina, è donna da letto dalla cima dei capelli alla punta dei piedi... Ades­so mi affido a te. Mi raccomando: il marito di questa dev'essere rinchiuso. Quello è pazzo furioso!

Tarquinio (seccato e parlando anche lui concitato a bassa voce) Senti: non insistere! Ti ho già detto che io sono venuto per curiosità di studioso e per farti un piacere. Ma non sono disposto a farti anche da ruffiano. Parlerò col marito, ma se vedo che è una persona normale, io lo dico chiaro e tondo.

Vastola (cercando di rabbonirlo)   E va bene... Non è il caso di offendersi. Comunque, tu il marito vedilo. Per me è pazzo. Tu poi fai di coscienza tua... e dopo ti faccio un bel regalo. (Mentre Tarquinio sta per protestare di nuovo risentito, Vastola si avvicina galante a Valeria mentre Dolores va a parlottare con Tarquinio). Cara Valeria, io vado...

Dolores    Caro Renato, l'accompagno...

Vastola Molto gentile, signora Dolores... Non s'incomodi.

(I due scambiandosi delle cerimonie escono di scena per il fondo sulla destra).

Valeria (a Tarquinio)    Vuole parlargli subito?

Tarquinio   Certamente. È in casa?

Valeria   Penso di si.

Tarquinio Lo chiami, allora, Non è necessario dirgli che sono venuto per esaminarlo. Gli dica che sono... del Co­mune e sono venuto per un accertamento catastale degli appartamenti di questo quartiere.

Valeria D'accordo... Vedrà... non sembra affatto un pazzo. Ragiona benissimo.

Tarquinio (sorridendo) Non si preoccupi, signora, ora ve­dremo... Lo chiami.

(Valeria esce di scena per la porta a sinistra. Tarquinio resta per un po’ solo. Si aggira per il terrazzo curiosando ma ecco che sul fondo passa Federico. Ha l'aria agitata e un fazzoletto legato intorno alla fronte. Sta per uscire poi vede Tarquinio e si ferma incuriosito. I due si osservano un attimo, poi Tarquinio saluta scam­biandolo per il marito di Valeria).

Tarquinio   Buongiorno!

Federico (un po’ stupito) Buongiorno. Ma scusate, voi chi siete?

Tarquinio   Del Comune, no?... Sua moglie non glielo ha det­to?... Facciamo dei rilievi catastali nella zona...

Federico    Rilievi catastali? Vuie site d'o Catasto? Ho capito: altre tasse! Maledizione, ma non la finiscono mai! Comun­que se volete informazioni più dettagliate e precise sullo stabile, dovreste andare al primo piano, dal generale Ma­scarpone...

Tarquinio    Mascarpone?...

Federico Si chiama così. Vedete se questo è un nome da generale!... Comunque è l'amministratore del condominio... Un antipaticone... È la simpatia di mia moglie, ma io non lo posso vedere. Adesso non è per fare pettegolezzi, per carità, perché a me mi piace parlare poco... Comunque per me, questo Mascarpone è jettatore... Però andate da lui che vi potrà dare tutte le informazioni che vi servo­no... Purtateve 'nu cuorno appriesso...

Tarquinio   Non occorre...

Federico   No, chillo 'o cuorno ce vò!

Tarquinio   Si tratta solo di qualche rilievo per raccogliere al- cuni dati... (Alludendo alla benda che copre la fronte di Federico)    S'è fatto male?

Federico    Chi s'è fatto male?

Tarquinio     No, dico lei, s'è fatto male?

Federico Ah, per la benda? No. Un mal di testa da stamat­tina! Quello è lino fresco... In Africa si mettono i bar­racani per stare più freschi, i barracani di lana... più si co­prono di lana, più stanno freschi... in Africa... gli africani... E io mi metto il lino fresco...

Tarquinio (osservandolo con curiosità, mentre Federico co­mincia a innervosirsi).   Ma sa che la credevo diverso?

Federico   Sì?... Ma perché, al Comune si parla di me?

Tarquinio   No. Ma qui nel quartiere sì.

Federico Beh, ci abitiamo da tanti anni in questo quartiere... Ma accomodatevi! Con la popolazione indigena, coi ro­mani, io ho solo contatti commerciali, perché non ci fac­ciamo di carattere... Infatti i miei amici, conoscenti, sono quasi tutti immigrati napoletani come me... Anche la ca­meriera ce la siamo fatta venire da vicino Napoli... Il garzone, chillu cretino che tengo al negozio, pure è na­poletano... Casa mia è come una piccola colonia napole­tana... Un'ambasciata napoletana a Roma... Questa terraz­za è un'isola... Siamo un'isola. E poi ci ho il bar... Prima si chiamava « La tana del Sorice »... mai sentita nomina­re?... Specialità dolciarie napoletane. Qua a Roma era famoso... Poi hanno cambiato l'insegna in « Bar Cen­trale »... un'idea del turzo ... Ma senza il mio consenso.

Tarquinio Già, il Bar... (Cambiando discorso) Mi hanno det­to di un cane che parla...

Federico   Pare... io, per la verità, non lo potrei giurare...

Tarquinio (trionfante)   Oh, bravo!... Lei non lo può giurare!

Federico   No, in coscienza no.

Tarquinio    Sentirlo parlare è un'impressione?                     

Federico   Credo di sì...

Tarquinio (meravigliato e compiaciuto) Ma sa che la trovo molto ragionevole?

Federico Mi fa piacere... Ma il Comune, di preciso che vuole sapere?

Tarquinio Dopo, dopo... Ma lo sa che una volta, io che amo tanto gli animali, ho avuto l'impressione che un uccel­lino che avevo in casa, in gabbia, mi parlasse? Una mia suggestione, s'intende, eppure a volte, mi pareva proprio che pronunciasse delle parole...

Federico    Ma era un pappagallo?

Tarquinio No, no... un canarino. Io gli davo la lattuga, il miglio, e avevo proprio l'impressione che, cantando, mi dicesse: Grazie, grazie, Tarquinio. Io mi chiamo Tarqui­nio...

Federico (pensoso, guardando Tarquinio con diffidenza) Il canarino vi chiamava per nome?...

Tarquinio    Già. Strano, non è vero?

Federico    Ma voi, per caso, non siete amico di mio genero?

Tarquinio No, non credo... Ma mi dica: ho sentito parlare anche di certe apparizioni... Cose meravigliose, ecceziona­li che lei dice di vedere...

Federico (stupito)   Ah, si è saputo?...

Tarquinio   Pare che siano apparizioni fantastiche...

Federico Pure questo hanno saputo al Comune? Ma allora là sanno tutti i fatti miei?

Tarquinio (incoraggiandolo a parlare) Allora è vero?... Mi dica: che cosa ha visto?

Federico (un po’ incerto) Beh, certo... siamo fra uomini, si può parlare... insomma io questa apparizione ce l'ho tutte le sere!

Tarquinio   Un fenomeno ricorrente!

Federico Un fenomeno! Avete detto la parola giusta! Quel­la donna è un vero fenomeno, un'apparizione!... Che bel­la cosa!

Tarquinio   E lei la vede tutte le sere?

Federico Tutte! Non me ne perdo una...! E che so scemo? Certe volte la vedo così bene che mi pare di poterla toccare con la mano, ma non è possibile:  sta troppo lontano!

Tarquinio (prendendo appunti su un taccuino) Ecco... l'ap­parizione si tiene a distanza... questo è importante...

Federico    È importante?... Ma per chi, per il Comune?

Tarquinio (con un gesto di fastidio) Mi lasci fare... (poi ri­prendendo il discorso) E che fa questa donna, che fa?

Federico    E che deve fare? si spoglia. E io la guardo.

Tarquinio (sempre prendendo appunti)    Ossessioni erotiche...

Federico   Come?

Tarquinio No, niente, niente. Dicevo... assessore Cotica... Dica, dica, che m'interessa... si spoglia e poi?

Federico E basta. Che dovrebbe fare di più, la danza del ventre? Si spoglia e se ne va a letto.

Tarquinio E quest'apparizione non le ha mai rivolto un cenno, una parola?...

Federico No, mai! E poi io sto attento a non farmi vedere, se no scompare subito. Ma vi assicuro che è uno spettacolo che non si ammira neanche a Parigi alle Fólies Bergère... Io sono stato a Parigi, con mia moglie... In occasione dei 15 anni di matrimonio. Io 'a sperdette p'e Parigi e me ne jette alle Fólies Bergère... 'I che femmene! Altra qualità di carne, proprio...

Tarquinio Lo credo, lo credo... E questa donna che le ap­pare non ha mai assunto le sembianze di un treno... un vagone ferroviario?...

Federico (sconcertato) No, mai... E poi io che facevo? Re­stavo a guardare un vagone ferroviario che si spoglia?... (Avviandosi) Beh, adesso chiedo permesso...

Tarquinio (cercando di trattenerlo per la giacca) Ancora un momento, per favore!...

Federico   Lassa, lassa 'a giacca!

Tarquinio    Un attimo solo!... Questo cane che parla...

Federico (innervosito)    Pare che parli...

Tarquinio Già. Questo cane, dicevo, non le è mai apparso sotto le sembianze di una lasciva donna nuda che voglia adescarlo?...

Federico (al limite del nervosismo) Il cane vuole adescare a me?

Tarquinio Appunto. Non se ne meravigli, è già successo. Forse lei lo vede sotto l'aspetto di una languida fanciulla discinta che le si offre in atteggiamenti equivoci, lus­suriosi...

Federico (scattando) Sentite, ma voi siete pazzo?... La don­na con le sembianze di treno!,.. Poi diventa cane lascivo che mi vuole adescare!... Ma come vi vengono in mente queste porcherie?!... Cose dell'altro mondo! Uno fa una confidenza in buona fede e questo viene a t'a'nguaia'! Era così bella quella apparizione e questo m'ha fatto passare la voglia! Vizioso, disgraziato che non sei altro! ... 'I che fetiente che stanno 'ncoppa 'o Comune! (esce di scena per il fondo a destra sempre borbottando agitato).

Tarquinio (commenta soddisfatto l'uscita di Federico pren­dendo degli appunti sul suo taccuino). Benissimo! Molto bene...

(Valeria entra da sinistra seguita da Luciano).

Tarquinio (appena la vede le va incontro soddisfatto dopo aver rapidamente salutato Luciano che non ha capito essere il vero soggetto da esaminare). Buongiorno... Pur­troppo, cara signora, non c'è niente da fare: ho parlato con suo marito e mi sono reso conto che indubbiamente è affetto da manie ossessive... Un caso curabilissimo, inten­diamoci, infatti anche Freud...

Valeria (seccata e sconcertata). Ma che sta dicendo?... Con chi ha parlato lei?..

Tarquinio   Con suo marito, signora...

Luciano    Guardi che il marito della signora sono io.

Tarquinio Lei?... Ma allora quel signore con il fazzoletto legato alla fronte?

Valeria    Ma quello è mio padre! 

Luciano (a Tarquinio)    Credeva che fossi io?

Tarquinio    Sembrava proprio una persona anormale...

Luciano E invece l'anormale di questa casa sono io. (A Va­lerio). Ma, insomma: questo signore chi è? M'hai detto che è un tale del Comune... che è venuto per certi rilievi...

(poi a Tarquinio) si può sapere chi è lei?

Tarquinio (presentandosi imbarazzato) Tarquinio Prugnone, farmacista... Non sono medico.

Luciano Ma allora lei non è del Comune?... (A Valeria) Ma tu che mi hai raccontato?... Ho capito: Questa è certamen­te una trovata del nostro amico Vastola, non è vero?

Tarquinio   Effettivamente sono un suo vecchio conoscente...

Luciano E l'ha mandato da me per vedere se sono pazzo o no? È vero?... Ma in quale veste? Lei stesso ha detto che non è medico...

Tarquinio No, No... Sono farmacista... però studioso di cer­ti problemi riferentisi alla mente umana, alla psiche...

Valeria Cerca di capire. Lui di queste cose ne capisce. Ti può dare un consiglio... Mi preoccupo perché vorrei sa­pere se stai male...

Luciano Certo, che sono stato male, molto male! Ma in pas­sato. Adesso sto bene. Io, in passato sono stato grave, in punto di morte. Ogni giorno che vivevo era un'agonia che si trascinava crudele, interminabile. E io non me ne accorgevo. Morivo in quel maledetto bar e mi sembrava una cosa naturale. Ma un giorno il mio cane m'ha detto...

Tarquinio    Eccoci al cane che parla... (prende appunti).

Luciano Certo che parla! Per fortuna! E m'ha detto: « que­sta tua vita te la stai portando addosso come un vecchio straccio sporco e strappato. Perché? È bella la vita! Mo­della le sue pieghe sulla tua figura, scuoti via la polvere, godila, mettila in valore. E sarà un vestito che ti starà a pennello! » ...Ha capito lei? Ora sto bene! Il medico do­vevano mandarmelo prima, non adesso! E adesso lei che ne pensa, sono pazzo?

Tarquinio   No, non credo.

Luciano   Malato?

Tarquinio   Forse...

Luciano   E... potrò guarire?

Tarquinio Probabilmente si. Secondo il mio parere, tutto ciò che le sta succedendo in questi anni è la conseguenza del trauma subito in seguito all'incidente ferroviario del quale lei rimase vittima. È probabile che il ripetersi di una nuova emozione violenta produrrebbe senz'altro in lei un cambiamento.

Valeria    Che genere di cambiamento?

Tarquinio    Beh, adesso non saprei di preciso. Forse il cane

non le parlerebbe più. Oppure lei non riuscirebbe più a farsi capire dal cane. Insomma avverrebbe come una frattura di questo stato attuale di cose che vi riporterebbe entram­bi al punto di partenza, da una parte il cane che, essendo un animale, non può parlare con un essere umano e, dal­l'altra, il padrone che, essendo un essere umano non può parlare con un animale. Però lei sarebbe guarito.

Luciano   Senta: vuol vedere Scugnizzo?  Glielo porto qua. Forse anche lei lo sentirà parlare e si convincerà che dico la verità. Io cerco una persona che lo capisca come me.

Tarquinio No, meglio di no. Se capissi quello che mi dice potrei avere un trauma anch'io e allora... Lasci stare. (Poi a Valeria) Cara signora, io non so che dirle... Ho bisogno di riflettere. Però per me, una cosa è sicura: suo marito non è pazzo. E adesso tolgo il disturbo... Stia comoda, co­nosco la strada. (Voi a Luciano) Arrivederla... Stia certo che la catalogherò fra le mie esperienze più interessanti... (Poi di nuovo a Valeria) In quanto a suo padre, lo faccia - visitare da un medico. Il suo stato mentale non mi ha convinto... Di nuovo... (Esce per il fondo a sinistra).

Valeria Mi dispiace... Ma Vastola ha tanto insistito e anche mia madre. Sono preoccupati per te e allora... Non hanno tutti i torti. Questo cane parla solo con te.

Luciano Non è vero. Scugnizzo parla con tutti, solo che non tutti sono in grado di capirlo. Bisogna credere nelle cose. Io ci credo che parla e lo capisco.

Valeria   Non gli parli mai di me?       

Luciano   Sempre.

Valeria    E lui che ti dice?

Luciano Che ti vorrebbe parlare, ma tu non lo vuoi capire.

(Internamente si sentirà squillare il campanello d'ingresso e quindi picchiare insistentemente alla porta mentre la voce di Giovanni il commesso del negozio chiama concitato).

Giovanni (dall'interno) Cavaliere?... Aprite!... È cosa ur­gente!      

Valeria    Ci vado io...

(Esce di scena mentre internamente si continua a sentire squillare il campanello d'ingresso insi­stentemente. Quindi si sentirà la voce concitata di Giovanni che parlotta con Valeria e poi i due entrano in sce­na. Giovanni è agitato ed è euforico).

Giovanni Il Cavaliere?... Dov'è il cavaliere?... Gli devo par­lare!

Luciano    Ma è successo qualche cosa al bar?                           

Giovanni Un miracolo!... Un miracolo!... (poi a Valeria) chiamate il cavaliere, per favore, non c'è tempo da per dere!

Luciano (a Valeria)    E chiamalo, no?...

Valeria (avviandosi verso l'interno dell'appartamento) Vado, vado... (ed esce di scena).                                                   

Giovanni Signor Luciano, permettete che mi metta a sedere? L'emozione è stata troppo forte!...

Luciano    Insomma si può sapere che è successo?

Giovanni    Una cosa straordinaria!   Figuratevi ca mentre stevo d'into 'o bar...

Valeria (rientra in fretta seguita da Federico e Dolores) Ecco papà...

Giovanni (alzandosi ed andando incontro a Federico dicendo con tono euforico)    Cavaliere, siete ricco! ... Siete diventato miliardario, una fortuna, signora Dolores!... una for­tuna!...

Federico Parla con calma e spiegati chiaramente. (Poi agli altri). Questo è un mezzo cretino. (Poi a Giovanni). Allora?

Giovanni   Ecco: Oggi stavo al Bar quando arrivano due ope-

rai dell'azienda dell'acqua e dicono che devono controllare le tubature che passano nella cantina, perché c'è una per­dita. Scendono in quei cunicoli che stanno sotto al bar, sapete quelle catacombe?... Io li sento martellare sempre più forte, sempre più forte... e 'nduchete e 'ndanchete, e 'nduchete e 'ndanchete... (battendo il pugno sul tavolo).

Federico   Statte fermo ca se sfonn'o tavolo!

Giovanni Incuriosito scendo anch'io e vado a vedere. Quando ecco che dal pavimento, all'improvviso, cavaliere, non me lo dimenticherò mai, schizza fuori una fontana, un getto d'olio nero che in poco tempo allaga tutto il locale. Cavaliè, era petrolio!

Dolores    Ma sei sicuro?

Giovanni Cavaliere, mi dovete credere. Vi sto dicendo la verità. È petrolio! (Va verso Dolores e Federico) Ma non vedete che ci ho ancora le mani sporche, la giacchetta tut­ta macchiata... sentite se non è petrolio! (Fa annusare a Federico le mani ed un lembo del camice). Lo sentite se non è petrolio? Sentite...

Federico   Iosento sulo 'na puzza...

Giovanni E quella è la melma! Il petrolio è sgorgato dal sottosuolo e là dev'essere pieno di scheletri, di cadaveri di antichi romani. Gli operai hanno detto che ci dev'essere una falda petrolifera proprio sotto al bar, un giacimento vastissimo, una ricchezza!

Dolores    Ma ora al bar chi ci è rimasto?

Giovanni    I pompieri!

Federico    Hai chiamato pure i pompieri?

Giovanni Sono stato costretto. Li ho dovuti chiamare per­ché si era allagato tutto. Adesso stanno sgomberando, hanno messo tutto in mezzo alla strada: caffè, caramelle, cioccolattini, paste, brioches...

Federico   Ma come la merce in mezzo alla strada? Quella si deteriora...

Giovanni    E che ve ne importa? Adesso siete miliardario!... E non vi dico la folla che s'è fatta davanti al negozio. Tutti vi invidiano!  Siete ricco!

Luciano Avete sentito? Scugnizzo aveva ragione. Il tesoro sotto al bar c'era. Ditemi ancora che sono pazzo, adesso!

Dolores Ma come è possibile? Il petrolio a Roma? Ma quando mai è successo?

Giovanni (disperandosi) Ma perché non mi volete credere? Venite a vedere voi stessi. È pretolio vi dico. L'hanno det­to anche i pompieri.

Federico    I pompieri l'hanno confermato?

Giovanni Appena hanno visto la fontana! L'hanno osservata e il Comandante... ah! e quanto era bello... Alto, la barba bionda, 'e capille biondi, volto emaciato...

Federico    Ma chi era Gesù Cristo?

Giovanni Ma no, il Comandante, uno milanese, coi baffi, ha detto subito:  « Ma questo è petrolio, ovvìa! ».

Federico Ha detto « ovvìa? » ma allora non è milanese, è toscano! L'aggio ditto io ca chisto è scemo!

Giovannni Va buò, non sarà di Milano, comunque è un tipo del Nord, e quelli il petrolio lo conoscono. Venite a ve­dere voi stesso!

Federico (emozionato) Ma allora è vero... È proprio petro­lio?... Devo andare al bar, a vedere che sta succedendo... Bisogna dire ai pompieri di fare qualche cosa, d'imbri­gliare quella fontana di petrolio, di fermarla... È una for­tuna che se ne va!

Giovanni Si capisce. Ogni minuto che passa sono milioni che perdete.

Federico È vero?... E invece io sto a perdere il mio tempo qua con te! Cretino! Stai qua a chiacchierare da dieci mi­nuti e mi avrai fatto perdere un centinaio di milioni!... Vedete se io sto in condizioni di perdere cento milioni!... Muoviamoci!

Valeria    Papà, calmati, non ti agitare.

Luciano    Al negozio ci andiamo noi...

Federico (scattando) Eh, no, caro mio!... Adesso ti farebbe comodo andare al bar. Adesso che hanno trovato il petro­lio!  Adesso non è più un carcere, è vero?

Luciano Che c'entra? È per andare a vedere che sta suc­cedendo...

Federico E quello che sta succedendo è cosa che riguarda solo il fondatore della « Tana del Sorice »! È chiaro? Jammo, pigliammo 'nu paro 'e fiasche, 'e zucarole... Mò aggio truvato 'o petrolio? M'aggia fa 'na panza tanta 'a faccia toja!   (Esce di scena seguito dagli altri con i quali seguita a discutere animatamente).

CALA IL SIPARIO


TERZO ATTO

                                                                                                                                        .

La stessa scena degli atti precedenti. È trascorsa una notte. È mattino. Al levarsi del sipario, sono in scena Federico e l'idraulico. Quest'ultimo è all'interno dello stanzino che da sul terrazzo, occupato a dare numerose martellate mentre Federico impaziente lo sta a guardare.

Federico    E allora? Hai finito, sì o no?                      

Idraulico (dall'interno) Un momento... ci manca poco... (riprende a martellare).

Federico Ma che stai facendo?... Qua se ne cade il terrazzo! Fai piano!

Idraulico (sempre dal di dentro) Ho finito... ho finito... (poi venendo fuori) Volete che lo ripari il guasto, sì o no?... E allora lasciatemi fare!... Adesso dovrei controllare lo scarico esterno... (fa per avviarsi verso la cuccia del cane che sarà addossata al muro da una parte del terrazzo, ma, appena gli si avvicina, si sentirà il rabbioso ringhiare ed abbaiare del cane che si immagina sia nella cuccia).

Federico Ma no, lascialo stare che lo scarico sta proprio sotto la cuccia del cane.

Idraulico    Ma dovrei controllare lo scarico...

Federico E adesso non è possibile. Quel pazzo di mio genero ha chiuso a chiave il cane là dentro. Lo vedi che c'è il lucchetto?...

Idraulico Ma perché lo ha rinchiuso, c'è pericolo che morda?

Federico    C'è pericolo che mordiamo noi a lui. Che gli stac-

chiamo la testa con un morso solo!... Disgraziato, ma­ligno che non è altro! Adesso sta male... Chissà ieri che porcheria si è mangiato e sta male... Ci ha la sciolta... Una puzza per tutta la casa!... Mio genero dice che hanno cer­cato d'avvelenarlo e allora, prima di uscire, l'ha chiuso là dentro perché deve stare al sicuro. (Si avvicina alla cuccia e si sentirà il cane guaire flebilmente). Un lamento continuo.

Idraulico Hanno tentato di avvelenare il cane? E chi è stato?

Federico E che ne so?... Bisogna vedere se è vero... Mio genero ogni tanto dà i numeri...

Idraulico Ma io dovrei controllare lo scarico... (Mostra a Federico un pezzo di tubo rotto) Guardate qua... È tutto fradicio... Si capisce che ieri sera qui s'è allagato tutto. Non m'è riuscito di venire prima perché avevo da fare delle riparazioni al primo piano qui nel palazzo... Dal ge­nerale Mascarpone... Un lavoro grosso. Sta rinnovando tutto l'impianto dei bagni e del riscaldamento. Che bella cosa!  Pareno 'e terme 'e Diocleziano!

Federico Sa quanto è bello Mascarpone dinto 'e terme 'e Diocleziano... Chillu miezu nano!

Idraulico Ah! Una bella spesa! Ma il generale appena ha saputo che qui all'attico c'era bisogno ha detto subito: « Non per quello antipatico del marito, ma se alla signora Dolores occorre l'idraulico, bisogna accontentarla. Vai su' a vedere di che si tratta... » E così sono venuto.

Federico (seccato) Così ha detto quella faccia di gufo malato? Ma io gli faccio causa per diffamazione a questo jettatore che teniamo nel palazzo... Un fatto è certo: ogni volta che l'incontro, passo un guaio... E ieri sera l'ho incontrato pro­prio mentre stavo andando al bar...

Idraulico   Dopo il fatto del petrolio?

Federico Ma che petrolio! Quando mai c'è stato il petrolio a Roma? Erano venuti dinto 'o bar a controllare certe per­dite d'acqua nel sottoscala. Hanno martellato e hanno sfondato il pavimento. Là hanno trovato un pozzo nero e, vicino, il grande serbatoio di quella pompa di benzina. Non se ne sono accorti e hanno sfondato anche quello. La benzina s'è mescolata alla melma del pozzo ed è ve­nuto fuori quel getto di porcheria nera che hanno creduto fosse petrolio, o meglio che ha creduto quel cretino del commesso perché io ho sempre avuto dei dubbi. Comun­que s'è allagato tutto il bar, sono scoppiate le tubature dell'acqua e, poco dopo, c'è stata una forte perdita anche qua sopra nello stanzino. E come buttava. Sembrava Fon­tana di Trevi.

Idraulico Sono quegli scoppi di tubature che succedono per simpatia!

Federico    Scoppiano i tubi perché io sono simpatico?...

Idraulico   Ma no. Si dice così « per simpatia ». Scoppiano le tubature di sotto e scoppiano anche quassù. Comunque biso­gnerà cambiare tutto il pezzo... Vi verrà una spesa sulle 90 - 100.000 lire...

Federico    Hai capito che bella sorpresa!...

Idraulico Iome ne vado giù dal generale Mascarpone a la­vorare...

Federico E allora dicci al generale che questi lavori me li faccio rimborsare dal condominio e quindi anche da lui.

Idraulico Comunque io sono giù dal generale Mascarpone. Ci devo passare la notte.

Federico   Ma che fai te cucche cu' isso?

Idraulico No, lì c'è da fare un sacco di lavoro e stanotte ne approfittiamo per provare le caldaie del riscaldamento...

Federico Stanotte? In piena estate, col caldo che fa, il gene­rale si mette a provare le caldaie del riscaldamento?

Idraulico Altrimenti non possiamo terminare i lavori... Ma che fa? Se avete caldo vi alzate e venite qua fuori in terrazza a prendere aria...

Federico Va vattenne va, e dì al generale che se si azzarda a far accendere i termosifoni, scendo e lo butto nella cal­daia. È chiaro? (Spinge l'idraulico che si avvia con la borsa dei ferri). Va, va! E domani mattina presto ti aspetto col tubo nuovo!

(L'idraulico esce mentre internamente si sentirà chiudere la porta d'ingresso e quindi le voci di Luciano e di Oscar Saliscendi).

Luciano (introducendo Saliscendi) Venite, Saliscendi... Ac­comodatevi...

Saliscendi (entrando e venendo avanti) Grazie, molto gen­tile.

Luciano (vedendo Federico) Buongiorno... (poi presentando) Mio suocero... Il signor Saliscendi.

Federico    Federico Sorice.

Saliscendi (presentandosi)    Oscar Saliscendi... Investigatore...

Federico    Un poliziotto?

Saliscendi Non proprio. Sono un ex. Ma ero nelle forze dell'ordine.

Federico   Hocapito. Ex carabiniere.

Saliscendi No, guardia notturna. Ma non solo a Roma, an­che al nord, a Torino...

Federico Ah! Io a Torino ci ho fatto il militare, come si dice? « Le tote de Turin son come li grissini » Lo volete un cavallo? Tengo un cavallo vincente sulla terza corsa...

Luciano Per favore, dobbiamo lavorare! (Aprendo con la chiave il lucchetto che è alla porta dello stanzino). Ecco, guardate, il cane, per proteggerlo, l'ho dovuto rinchiudere qui dentro. (Si sentirà l'abbaiare del cane) (A Saliscendi chiarendo). Adesso se la prende con me. (Poi rivolto di nuovo al cane) Ho tardato perché non m'è riuscito di trovare subito il signore ed ho dovuto aspettare che rientrasse in ufficio. (Poi a Sdiscendi alludendo al cane). È ner­vosissimo, la minima contrarietà lo rende smanioso. Del resto è giusto, dopo quello che gli è successo!

Saliscendi    Vedo, vedo... È ancora sofferente?

Luciano Ha avuto delle convulsioni che sembrava un inde­moniato. La bava verde alla bocca, difficoltà di parola...

Saliscendi    Come?

Luciano    Sì, di ...espressione, disturbi intestinali...

Federico Non ne parliamo. Da stanotte ha impuzzolentito tutta la casa. Un colera! Gli si dovrebbe mettere un tappo...

Luciano   Come?

Federico    'Nutappo, p'animale. (Esce).

Luciano (gridando) Ma mettetevelo voi il tappo! Che fami­glia!  (Poi a Saliscendi) Povero Scugnizzo, si capisce che è stato male: hanno cercato d'avvelenarlo. Ma venite, prego, sedetevi. Io vi ho portato qua perché è qui in casa che si deve svolgere principalmente la vostra sorveglianza... (Mostrandogli delle foto che ha tratto dalla tasca) Queste son le foto delle persone che dovete tenere d'occhio... Questa è Argentina.

Saliscendi   È straniera?

Luciano Ma no, è il nome, è la cameriera. Sarebbe l'assas­sina, o meglio, quella che ha tentato l'assassinio del cane. È una persona da tenere d'occhio continuamente perché è capace di tutto.

Saliscendi Ma come fa ad essere sicuro che sia stata la cameriera a tentare di avvelenare il cane?

Luciano E chi può essere stato? Lei, ne sono sicuro! L'ha minacciato più volte: non è lei che quasi sempre dà da mangiare a Scugnizzo? Vi dirò che c'è un altro elemento sospetto che vi consiglio di sorvegliare attentamente e col massimo scrupolo. È un certo Vastola. Questa è la fotografia... (Gliela mostra) Gliel'ho fatta io, è amico di casa e spesso si aggira per l'appartamento. Questo tale ha intenzioni nefande! Finge simpatia per me e per quella povera bestia, ma sarebbe capacissimo di mettermi le corna!

Saliscendi   Col cane?

Luciano    Ma come, col cane? Con mia moglie!

Saliscendi Capisco... (Prendendo appunti) E i sospetti si limitano solo all'ambito familiare?

Luciano Niente affatto! Qua c'è da sorvegliare tutto il quartiere! Tutti hanno motivi di risentimento con questo cane! Inoltre voi, in agenzia mi avete detto che siete dotato di mezzi modernissimi, no? E allora avrete dei microfoni, delle cineprese tascabili...

Saliscendi Certamente. Giradischi, musicassette, accendini. Abbiamo dei veri gioiellini fabbricati in Giappone...

Luciano E allora bisognerà nascondere questi apparecchi un po' dappertutto qua in casa. In camera da pranzo, in cucina, in camera da letto... nei posti dove si cospira, si confabula... Stare attenti a quello che si mangia, fare analizzare i cibi.

(Entra Valeria).

Saliscendi Non solo, ma per una sorveglianza rigorosa e scrupolosa, primma ca chisti ccà addorano il fieto del mic­cio, si potrebbe anche istituire un tesserino... Un « pass », diciamo... Per entrare ed uscire da questa casa. Chi non è munito di « pass » non entra.

Luciano Ottima idea. Anzi, per qualche notte, penso che sarebbe bene che voi dormiste assieme al cane, mentre io sorveglierei armato i movimenti qui in casa. Che ne dite?

Valeria (intervenendo indignata) Ma domandalo a me! Do­mandalo a tua moglie che cosa ne dice! Domandalo a me se sono disposta a vivere in quest'inferno! Controllata, schedata, spiata!   Questa è casa mia!

Luciano Ma lo vuoi capire che dobbiamo agire con furberia? Che siamo in pericolo!

Valeria Tusei in pericolo, tu! Perché il cervello non t'aiuta più e finiranno con il rinchiuderti in manicomio!

Luciano   Non gridare che si sveglia Scugnizzo!

Valeria (esasperata)    Non me ne importa niente!

Dolores (entrando con Federico poiché ha sentito gridare) Ma che succede?

Valeria Succede che adesso non saremo più padroni neanche di andare al gabinetto perché dovunque saremo spiati, fotografati, controllati da questo signore assunto per pro­teggere il cane dagli attentati!

Luciano In questa casa si trama contro quella povera bestia ed io ho il dovere di difenderlo!

Dolores (a Federico) Hai sentito?... E tu non dici niente, non parli? Anche il questurino in casa ci mancava!

Saliscendi La prego, signora, io non sono questurino e non sono disposto a lasciarmi offendere.

Valeria (sgarbata)    E allora se ne vada.

Luciano Niente affatto, voi dovete restare! Sedete! Io vi pago per vigilare sull'incolumità di Scugnizzo e lo farete. Perché non è solo qui in casa che si complotta contro questo cane, ma anche fuori, nel quartiere. Scugnizzo ha sentito discorsi sospetti e me li ha riferiti, parola per parola.

Saliscendi (colpito dalla frase crede di non aver ben compreso) Gliel'ha riferito?... Ma, scusi, questo Scugnizzo, non è il cane del quale si parla?

Luciano   Certo...

Saliscendi E come fa ad averle riferito di queste voci che ha sentito, se è un cane?

Luciano    Perché è un cane che parla.

Saliscendi (sorridendo incredulo) Ma come, parla?... Un cane che parla?

Luciano    Certo.

Dolores (ironica a Saliscendi) Dica la verità: questa non se l'aspettava. Le è mai capitato di sorvegliare un cane che parla?

Saliscendi Insomma lei sostiene di possedere un cane che apre la bocca, ma, invece d'abbaiare, parla. È esatto?

Luciano   Proprio così.                                                         

Saliscendi    Parla italiano?...

Luciano   Italiano!

Federico   È di Mondragone...

Saliscendi (riflettendo perplesso) Un fatto stranissimo... Bisogna pensare all'intervento di qualche forza superiore. Di qualche forza comandata dall'Aldilà... (Come a pren­dere congedo) Beh, arrivati a questo punto penso che sia opportuno un riesame di tutta la faccenda... È necessario che io rifletta e mi consulti con i miei familiari e colla­boratori... (Fa per andare).

Luciano    Ma che fate, ve ne andate?

Saliscendi Caro signore, lei quando oggi è venuto da me non ha minimamente accennato al fatto che il cane parla.

Luciano   Ma che cosa cambia se il cane parla?

Saliscendi Cambia moltissimo, invece. Cambia tutto. Vede... Io non voglio mettere in dubbio le sue parole... Lei mi dice che il suo cane parla... Non so... A me sembra una cosa inverosimile, assurda... Tuttavia anche ammesso un fenomeno, un miracolo, la faccenda cambia totalmente aspetto.

Luciano    Ma perché?

Saliscendi    Come «perché»?!...

Dolores    Tene 'a capa tosta!

Saliscendi Ma come si può fare la guardia ad un miracolo? !... Lo vede lei un investigatore che indaga sulla Madonna di Lourdes, oppure sul miracolo del sangue di San Gen­naro?... Sono eventi soprannaturali che sfuggono al con­trollo di noi poveri mortali.

Luciano   Ma qua si tratta di un cane...

Saliscendi ...Che parla! E chi se la prende questa respon­sabilità? Sono faccende delicate. Io, giusto un anno fa, ho avuto la grazia di mia moglie che m'è guarita da una broncopolmonite fulminante... Egregio amico, 'o Signore s' 'a steva chiammanno. Io stesso so stato ricoverato que­st'inverno tre mesi all'ospedale perché un autobus m'aveva investito... Doppia frattura della gamba destra con versa­mento di liquido al ginocchio... Sente?... Se lo agito, pare 'na butteglia 'e champagne... freccechéa...

Federico   Si sente!

Saliscendi È un danno anche per il mio lavoro, quando faccio 'e pedinamente, mi senteno arriva luntano 'a 'nu chilometro... La Vigilante è un'agenzia modesta... Llà simmo io, mio suocero reduce da un infarto, e mio figlio disoc­cupato... E che fa questa agenzia?... Si va a mettere in urto con potenze ultraterrene che potrebbero essere be­nigne sì, ma anche maligne!... 'Ccà 'o Cielo 'o sape e 'a Madonna 'o vede!... No, no... Io sono di famiglia catto­lica, finché si tratta di pedinamenti, di indagini, di sorve­glianza di esseri umani, sono a sua completa disposizione, ma se entriamo nel campo del trucco da palcoscenico...

Luciano    Trucco da palcoscenico?

Saliscendi Mi lasci dire! Del trucco da palcoscenico come potrebbe essere quello del ventriloquo...

Dolores   Parlano cu 'a panza!

Saliscendi O peggio ancora, entriamo nel mondo del sopran­naturale, allora l'agenzia Vigilante dice: alt... Noi non ci stiamo. A chi vulite 'nguaià?

Luciano    Ma aspettate un momento...

Saliscendi Ma che devo aspettare?... Ho già spiegato che devo rinunciare all'incarico. Io, naturalmente restituisco l'anticipo che mi è stato dato...  (Trae una busta dalla tasca e la depone sul tavolo) Trattengo solo il denaro per le ore perdute... (Esegue) (Avviandosi) Comodi, comodi, conosco la strada. Modestamente ho un cervello fotografico... Pè ddò s'esce?

Luciano    'A llà, 'a llà! (Indicando l'uscita sgarbato).

Saliscendi   Iovi ossequio... Mi dispiace p' 'o Scugnizzo, ma io voglio sta quieto... Scusate, ma proprio nun è cosa! Buongiorno a tutti. (Esce di scena e poco dopo si sentirà chiudere la porta di ingresso).

Dolores Ma che gusto c'è, dico io, a farsi trattare come un pazzo?

Luciano Non fa niente. Domani farò una denuncia al Com­missariato. Scugnizzo deve essere protetto.

Dolores Bravo! E anch'io andrò al Commissariato! Anzi, ci vado subito! Perché anch'io farò una denuncia per chiedere che la legge ci protegga da un irresponsabile che ha perso completamente l'uso della ragione. Voglio che mi mandino a casa i carabinieri e, se non bastano i carabinieri, gli infermieri! Che ti portino finalmente al manicomio che meriti!  (Esce di scena furiosa).

Federico (dopo breve pausa rivolto a Luciano ed a Valeria che sono rimasti in scena) Valeria, 'o 'ssaje, bell'e papà, giù al negozio, quando io ancora mi occupavo del bar... all'interno della vetrata che guarda su questa piazzetta della vecchia Roma, avevo fatto mettere qualche tavolino. E ognuno aveva il suo pezzetto di panorama, di veduta diciamo, secondo il posto che si sceglieva... Ma quando quel tale tavolino e quel tale cliente non s'incontravano, non si ritrovavano, erano pasticci... Mi ricordo di una cliente, una vecchiarella, una povera donna... Veniva quasi tutti i giorni, pure d'inverno, con la pioggia... Entrava, ordinava una sfogliateli e si sedeva a un tavolino che stava vicino alla porta a vetri... Si mangiava la sfogliatella con gusto, piano, piano e tossiva, ma una tosse così insi­stente, fastidiosa... Io le dicevo: « Signò, ccà ce sta 'na refola d'aria, ve fa male, cambiate tavolino... Mettiteve echio dinto... »« No - mi rispondeva lei - Voglio stare seduta proprio a questo tavolino qua... Si vede la chiesa di fronte e mi dico il rosario mentre me mangio 'a sfoglia­tella ca me piace assaje... In chiesa non lo potrei fare... ». Povera vecchiarella, veniva spesso, ma un brutto giorno non la vidi più. Venni a sapere che quella brutta tosse che teneva s'era aggravata e accussì murette. Polmonite. Cara mia, quando uno si fissa col posto sbagliato nella vita, poi passa un sacco di guai. Bisogna avere il coraggio di cambiare il tavolino... (Ed esce di scena).

Valeria (dopo breve pausa) Luciano, io penso... Penso che ti lascio, me ne andrò.

Luciano Ma che dici?... Valeria, cerca di capirmi, io ti voglio bene.

Valeria Ecco: mi vuoi bene. Come vuoi bene a Scugnizzo o forse un po' di più, ma non mi ami. E una moglie ha bisogno di essere amata. (Fa per andare).

Luciano   Aspetta!

Valeria (fermandosi) Ma cosa vuoi che aspetti ancora? Ho aspettato tanto con fiducia, con amore... Ma inutilmente! Non c'è più posto per me nella tua vita. Scugnizzo è tutto e ti basta. E sai perché? Perché per te, parlare con Scugnizzo è come parlarti allo specchio. Quel cane non è altri che te stesso. Sei tu Scugnizzo. E ti sei illuso che questo ti abbia dato il diritto di diventare un enorme egoista! Ma, se per me non c'è più posto nella tua vita, io me ne vado.

C'è chi mi apprezza, chi mi ama ed ha il coraggio di dimo­strarmelo senza bisogno di essere incoraggiato dal proprio cane. Vuol dire che andrò da lui.

Luciano   Dal simpaticone del piano di sotto?

Valeria Proprio così!... È più umano di te. Dimostra più coraggio di te. Se sarò più o meno felice con lui non lo so, ma ho diritto come te di provarci anch'io!

Luciano   E mi lasci solo?

Valeria   Tunon sei solo. Hai il cane. E te lo lascio al posto mio. Gli auguro di essere più felice di me. (Esce di scena per la prima porta a sinistra).

(Luciano, dopo breve pausa, si volta verso la cuccia del cane parlando a Scugnizzo che si immagina sia sempre disteso all'interno sofferente).

Luciano   Hai sentito?... Se ne vuole andare!... Siamo rimasti soli... Adesso posso parlare solo con te. (Si inginocchia presso la cuccia) Come va?... Ti senti meglio?... (Poi fis­sando Scugnizzo con curiosità) Ma tu parli veramente? Alle volte mi domando se la mia non è una suggestione, un'illusione. Se non è la mia stessa voce che fa le domande e si dà le risposte, proprio come dice mia moglie... (Poi con rabbia) Ma no, che dico?... Tu parli. Io lo so che mi parli. È la verità. Ma non posso più dirlo, capisci? Se no, la gente, invece di essere contenta di sentire una voce sincera, si spaventa, s'insospettisce. Valeria mi lascia, hai capito? Se ne va con Renato Vastola, figurati!... Quel mascalzone, ipocrita, buffone!   E adesso senza di lei mi sento perduto. Ma per conservare lei, devo rinunciare a te. Non lo posso più dire che parli. Non lo devo dire più! Certe verità le devo scoprire da solo. Non me le puoi suggerire tu. Tutte le cose bisogna vederle sempre attra­verso un velo che ce le renda più sopportabili, altrimenti, con la loro realtà spietata, rischiano di distruggere tutto quello che in noi c'è di buono, di umano, di pietoso... Invece tu l'hai strappato quel velo e che cosa hai ottenuto? La serva ti vuole ammazzare, mia suocera sarebbe felice di fare altrettanto, mia moglie mi lascia per causa tua... Ti sembra giusto? Per accettare ed affrontare il mondo come me lo fai scoprire tu, bisogna essere forti come una bestia. E, invece, io sono solo un essere umano... Sono debole, vile... Che debbo fare? Dimmelo tu. Che debbo fare?... Parla!... Non vuoi parlare con me? (Piange copren­dosi il volto).

Valeria (che già da un po' è rientrata in scena ed è rimasta in silenzio ad ascoltare le parole di Luciano interviene preoc­cupata)    Luciano, che cos'hai?

Luciano (sconvolto)    Scugnizzo... Non vuole più parlare con me, pensa che l'ho tradito...

Valeria    Non parla più? Ma è la fine di un incubo!  Non capisci che hai ritrovato te stesso? Ora che lui non vuole più parlarti, sarò io a riprendere il mio posto accanto a te e tu non avrai più bisogno delle sue parole, ti baste­ranno le mie.

Dolores (entrando con un secchio) Ho detto tante volte che questo secchio deve stare sul terrazzo, e invece lo trovo sempre in corridoio...

Valeria (andandole incontro felice)    Mamma?...

Dolores    Che altro c'è adesso?

Valeria    Il cane non gli parla più.

Dolores (piacevolmente colpita)   Non gli parla più?

Luciano   No... Non mi parla più.

Dolores    Dio sia lodato!   Abbiamo ritrovato la pace!

Federico (entrando in scena)   Ma che è stato?

Valeria    Scugnizzo non parla più. L'incubo è finito.

Dolores    Già, se Dio vuole!

Federico   Non parla più, e perché?...

Valeria Ma che importa?... La cosa essenziale è che Luciano sia guarito. Che noi due ci amiamo, papà, e non ci lasce­remo mai.

(Entra in scena Argentina che resta in ascolto sorpresa).

Dolores Se ripenso alle brutte giornate che abbiamo passato per colpa di questo cane, mi vengono i sudori freddi... Anche il generale Mascarpone era così preoccupato per questa brutta faccenda...

Federico E figuriamoci se il grande amministratore del con­dominio non si preoccupava!... Io poi, vorrei sapere per­ché questo generale si deve impicciare dei fatti di casa nostra!

Dolores Perché è una persona gentile ed educata. Ecco per­ché! Volesse il cielo tu avessi la sua stessa squisita sensi­bilità! Ma ti rendi conto che questa bestia è stata capace di mettere la rivoluzione in famiglia?... E tutto per colpa tua che avesti la bella idea di comprarla!... Senti: porta via quel cane che, al solo vederlo, mi fa venire i nervi!... Portalo di là!

Federico (chiamando con tono affettuoso) Vieni, Scugnizzo... Andiamo di là. Vieni su!...

Luciano    Ma non si può muovere, sta male...

Dolores (a Federico) Allora portalo di là con tutta la cuccia, non lo voglio più vedere. Mettilo sul terrazzino della cu­cina perché puzza!... (Federico solleva la cuccia del cane e la porta via uscendo di scena per la prima a sinistra).

Argentina (a Dolores) Signora potrei uscire per una mez­zora?

Dolores Per andare dove? Sei sempre lì, con il fuoco sotto alle sottane! Se non te ne vai in giro a spasso, stai male!... In casa ci sono tante faccende da sbrigare e lei vuole andarsene a passeggio!

Argentina Solo un momentino in chiesa. Avevo promesso un cero alla Madonna, ed ora che Scugnizzo non parla più, vorrei sciogliere il voto...

(Federico compare lentamente sotto la porta di fondo. È pallido).

Federico   Fermi tutti. Io faccio un macello!

Valeria    Papà?... Ma che è stato?

Dolores    Stai male?... Cosa t'è successo?

Federico    Scugnizzo... Il cane...

Luciano   Che ha fatto?

Federico Mentre lo portavo di là, s'è voltato e m'ha detto: « Lo sai che tua moglie se l'intende col generale Mascar­pone? Cornuto!» Ha parlato!... Giuro che l'ho sentito con queste orecchie! Adesso ha cominciato con me!... Ma io voglio una spiegazione. (Rivolto minaccioso a Dolores) La verità!... Voglio tutta la verità!... Disgra­ziata!...

(Incomincia ad inveire contro la moglie che gli risponde a tono difendendosi quindi, mentre gli altri trattengono Federico imbestialito, salgono le urla della lite che s'ac­cende furiosa mentre lentamente)

CALA    IL    SIPARIO