Storie di naufraghi

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Alfredo Balducci

Alfredo Balducci

Via Marsala, 11

20121 Milano

Tel.: 02.65.97.585

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alfredobalducci@tiscali.it

STORIE DI NAUFRAGHI

SPETTACOLO A DUE VOCI

(due tempi)

–=o0o=–

[Testo tutelato dalla Società Italiana degli Autori e degli Editori (S.I.A.E.)]


(4 minim’atti: La scelta - Il naufragio - Superiorità dell'attore - Delirio all'ufficio postale)

Breve sinossi:

Naufraghi e naufragi reali e simbolici.

1° minim'atto - La scelta

L'arrivo degli "altri" (alieni?) crea problemi ed opportunismi.

2° minim'atto - Il naufragio

Il testo si sviluppa attraverso ben dosati colpi di scena, proprio come accade nei lavori a più personaggi. La vicenda narrata non vuole soltanto intrattenere l’uditorio, ma ha un’ambizione più alta: quella di svolgere -nei limiti di un divertimento sempre presente- anche una critica di costume. E’ una certa mentalità da ricchi sfaccendati che viene presa di mira, insieme con la loro convinzione che fra i privilegi di cui godono, ci sia anche il diritto alla spregiudicatezza. Nessuno sfoggio di moralismo, però, nessuna pesantezza didascalica, nessun lancio di messaggi: tutto è trattato con estrema leggerezza, all’insegna del buonumore.

Monologo (1 personaggio femminile)

Rappresentata al Teatro Zazie di Milano

Rappresentata al Castello di Padenghe sul Garda (Bs)

3° minim'atto - Superiorità dell'attore

A tutti la vita offre talvolta situazioni incresciose da affrontare, ma solo alcuni, grazie al mestiere che svolgono, hanno la forza e la spregiudicatezza necessarie per superarle. In questi casi si può giustamente parlare di una vera e propria superiorità.

Rappresentata al Castello di Padenghe sul Garda (Bs)

4° minim'atto - Delirio all'ufficio postale

La storia racconta con divertita e bonaria satira dei sogni, delle illusioni, ma soprattutto delle frustrazioni di chi è costretto a svolgere un lavoro anonimo e ripetitivo. Accanto a personaggi della nostra realtà quotidiana appaiono figure irreali evocate da una fantasia esasperata. Uno squallido ufficio postale diventa anche palcoscenico sul quale si eseguono numeri di cabaret ed esibizioni canore. Il rullo compressore dell’esistenza passa insomma su individui comuni, schiacciando illusioni e speranze. Lo spettacolo nell’insieme è ricco di movimento e di trovate, cui fa da legame un solido filo di risate spontanee.

2 personaggi (uomo - donna)

Rappresentata al Teatro d'Alpiaz di Montecampione (Bs)

Durata complessiva: due tempi (quattro minim'atti)

Genere: tragicomico

da 2 a 6 personaggi a scelta (da uno a tre uomini ed altrettante donne)


PRIMA PARTE

LA SCELTA                                                     minim’atto

IL NAUFRAGIO                                              monologo

SECONDA PARTE

SUPERIORITÀ DELL'ATTORE                   monologo

DELIRIO ALL'UFFICIO POSTALE              minim'atto


P R I M A       P A R T E


LA SCELTA     (minim'atto)

PERSONAGGI

1° VOCE – Mario

2° VOCE – Anna


(La cucina – tinello di un appartamento modesto. A sinistra è la porta d'ingresso; di fronte la porta che conduce negli altri locali. L'immaginaria facciata dell'appartamento che dà sulla strada è al proscenio: davanti al boccascena, quindi, si trova un ipotetico balconcino con porta – finestra.

All’alzarsi del sipario, Anna è a destra, davanti ai fornelli. All'improvviso si spalanca la porta di sinistra: entra Mario agitatissimo, come chi è inseguito ed ha corso a lungo. Mario richiude subito la porta, mette il catenaccio, rimane immobile con la schiena contro lo stipite; respira profondamente per calmare il suo stato di agitazione.)

Anna

(IMPAURITA) – Mario!

(Mario fa il gesto disperato di tacere e di non far rumore, ma questo giunge troppo tardi: Anna è già corsa accanto a lui.)

Anna

– Mario!...

Mario

– Ci siamo.

Anna

– Mio Dio!

Mario

(INDICANDO CON LA TESTA LA PORTA DI PONDO) – Di là è tutto chiuso?

Anna

– Credo di sì.

Mario

– Assicurati.

(Anna esce dalla porta di fondo. Mario spinge un mobile dalla parete contro la porta d'ingresso. Rientra Anna)

Anna

(INDICANDO IL MOBILE) – Cosa vuoi che serva!

Mario

– Se non si può fare altro. Di là è a posto?

Anna

– Tutto sbarrato. Chiudiamo anche quella? (INDICA LA PORTA – FINESTRA)

Mario

– Non tutta. L’appartamento non deve sembrare abbandonato: darebbe subito nell'occhio.

Anna

– Dici?

Mario

– Certo. (ANNA FA PER MUOVERSI)... Aspetta, vado io!

(Schiacciato contro l'immaginaria parete, arriva ad accostare con grande precauzione la finestra. Guarda la donna che è rimasta in mezzo alla stanza)

Mario

– Non startene lì… dalle finestre di fronte è facile vederti.

Anna

– Posso andare ai fornelli?

Mario

– Non ne puoi fare a meno?

Anna

– Ho roba sul fuoco.

Mario

– Spegni tutto, allora. (ANNA SI MUOVE) Giù, bassa!... portami un bicchier d'acqua.

Anna

(AVVICINANDOSI CAUTAMENTE COL BICCHIERE) – Quanti sono?

Mario

– Come si fa a sapere?

Anna

– Volevo dire… ne hai visti molti?

Mario

– Dovevo stare lì, quando arrivavano, a contarli?

Anna

– No, si capisce.

Mario

– E poi volevo venire subito qui, ad avvertirti.

Anna

– Hai fatto bene.

Mario

– Tutto di corsa... non so come ci sono riuscito...

Anna

– Povero Mario!

Mario

– ... è da quando ero ragazzo che non corro più.

Anna

– Non ti sei ancora ripreso.

Mario

– Passerà.

Anna

– Come hai capito che stavano arrivando?

Mario

– Stai scherzando? sono giorni e giorni che non faccio che aspettarmeli, da un momento all'altro: m'è bastato il più piccolo segno per accorgermene.

Anna

– E gli altri?

Mario

– Vuoi che mi preoccupi degli altri, in questi momenti?

Anna

– Voglio dire se sei stato il solo a capire.

Mario

(IMPROVVISAMENTE) – Zitta!

Anna

(DOPO UN SILENZIO) – Cosa c'è?

Mario

– M’era sembrato di sentire… ma non è nulla… ronzii nell'aria, risonanze che si sovrappongono, s'intrecciano…

Anna

– Sei stato il solo a correre via, oppure l'hanno fatto anche altri?

Mario

– Quelli che hanno capito, come me.

Anna

– Alcuni sono rimasti, allora?

Mario

– Non c'era tempo per spiegare.

Anna

– Naturale. Che succederà, ora?

Mario

– Tutto è possibile, lo sai.

Anna

– Per esempio?

Mario

– Preparati al peggio, così non avrai sorprese.

(Pausa. Anna è davanti allo spiraglio della finestra)

Anna

– Non riesco a sopportarla quest'incertezza.

Mario

– Stai giù, ti ho detto... possono vederti.

Anna

– E quelli per strada che camminano tranquilli?

Mario

– Vuoi prendere esempio da chi non sa, adesso?!...

Anna

– No, ma…

Mario

– ... oppure dagli incoscienti?

Anna

– Non vorrei che tu ti preoccupassi più del dovuto.

Mario

– Ah!... questo pensi?!... un bel ringraziamento perché sono corso ad avvertirti.

Anna

– Non volevo dir questo, scusami.

Mario

– Meglio essere egoisti, a volte.

Anna

– Ti ho chiesto scusa.

(Un rumore dall'esterno)

Mario

(SPAVENTATO) – Hai sentito?

Anna

– Che cosa sarà stato?

Mario

– E che ne so, io...

Anna

– Veniva dalla strada, mi pare... ma nessuno ci ha fatto caso… guarda... tutto come prima...

Mario

(SI AVVICINA) – Incredibile!... sembra che non abbiano orecchi!

Anna

– Forse non gli hanno dato importanza. Per chi non sa, è stato un rumore qualsiasi... la saracinesca di un negozio, magari...

Mario

– Non si spiegherebbe, altrimenti.

Anna

– ... o forse era davvero un rumore qualunque... che ci ha allarmato soltanto perché noi sappiamo.

Mario

– Anche questo può essere... stai giù! sei troppo esposta così.

Anna

– Perché, secondo te, per colpire hanno bisogno di vedermi? se per essere al sicuro bastasse nascondersi, allora…

Mario

– Naturale che non basta… ma nascosta sei una delle tante, la tua scelta è affidata al caso. Così, allo scoperto, sei un bersaglio a portata di mano.

Anna

(IMPROVVISAMENTE) – Attilio e Lucia!

Mario

– Che cos'hanno fatto?

Anna

– Abitano in periferia, no? Se quelli convergono verso il centro, sono già passati da loro... (INDICANDO CON LA TESTA IL TELEFONO…) si potrebbe telefonare per sapere...

Mario

– E proprio perché sono lì, ti sembra il caso di telefonare?

Anna

– Ma cosa ne sanno di chi sta chiamando al telefono, scusa?

Mario

– Perché, tu sai quali strumenti abbiano, di quali mezzi si servano?

Anna

– Via, Mario, una telefonata, fra le migliaia che verranno fatte in questo momento!...

Mario

– Non parlare se non senti la voce di Attillo o di Lucia… se risponde una voce diversa, butta giù subito.

Anna

– Va bene.

Mario

– … e non stare in piedi a telefonare.

Anna

– No... porto a terra l'apparecchio.

(Anna si sdraia con l'apparecchio sul pavimento, compone un numero, ascolta, poi butta giù la cornetta.)

Anna

– L'ultima cifra è un sei o un nove?

Mario

– Un sei.

Anna

– Avevo fatto giusto, allora! (RIFORMA IL NUMERO; ASPETTA CON IL RICEVITORE ALL'ORECCHIO)... che strano!... e per la seconda volta…

Mario

– Cosa c'è, non risponde?

Anna

– E' un suono diverso… non l'ho mai sentito... e tu? (PORGE A MARIO LA CORNETTA)

Mario

(ASCOLTA) – No, mai... chiudi! (INTERROMPE LA COMUNICAZIONE)

Anna

– Pensi che ci possa essere pericolo?

Mario

– E che ne sappiamo?... vedo che sei impallidita.

Anna

– Quel suono sconvolgente...

Mario

– Come il vento quando entra nei camini…

Anna

– … me lo sento ancora nell’orecchio. Ora provo con Francesca.

Mario

– Un'altra volta!

Anna

– Voglio sapere che cos'è successo. Non ce la faccio e restare con questa paura addosso

Mario

– Lo sai il prefisso di Francesca?

Anna

(PRENDE LA RUBRICA DEL TELEFONO) – L'avevo segnato qua sopra… eccolo!... (COMPONE IL NUTERO, ASCOLTA, POI ALLONTANA LA CORNETTA VERSO MARIO)... lo stesso suono…

Mario

(SLANCIANDOSI AD INTERROMPERE LA COMUNICAZIONE) – Chiudi!

Anna

– Si tratterà di un guasto… che cosa vuoi che sia, se non un guasto?

Mario

– Forse un guasto al nostro telefono.

Anna

– Proviamo... (COMPONE UN NUMERO)

Mario

– A chi telefoni?

Anna

– Al negozio in fondo alla strada... (AL TELEFONO)... pronto?... mi scusi, ho sbagliato... (INTERROMPE LA COMUNICAZIONE; A MARIO)... il nostro apparecchio funziona.

Mario

– Forse è la zona che è isolata.

Anna

– Già!... ma che ampiezza ha questa zona?... (SFOGLIA LA GUIDA TELEFONICA)

Mario

– Che numero cerchi?

Anna

– Voglio telefonare più distante… ecco, Magazzini Risparmio... (COMPONE IL NUMERO)... risponde!... ho sbagliato, scusi… (CERCA ANCORA SULLA GUIDA)… ancora più distante... Albergo Centrale... (COMPONE IL NUMERO)… scusi, ho sbagliato... (ALTRO NUMERO)… Ristorante Commercio... (STACCA DESOLATA IL RICEVITORE DALL'ORECCHIO)... il vento!

Mario

– Eppure è a cinque o sei isolati dall'Albergo Centrale!

Anna

– E' solo un guasto… non può essere altro!

Mario

– Vuoi convincere te stessa?

Anna

– Che cos'è, allora, se non un guasto?!

Mario

– Quello che senti, forse...

Anna

– Vuoi dire che…?

Mario

– Forse non c'è che quello... non c'è rimasto altro laggiù: il vento e basta.

Anna

– No, no... io mi rifiuto di pensare che...

Mario

– Calmati!... e non dire stupidaggini. Che cosa significa "io mi rifiuto"... dipende da te accettare o rifiutare?

Anna

– Hai ragione: non so più quello che dico.

Mario

– Stai giù, intanto... (VEDENDO CHE ANNA STA FORMANDO UN ALTRO NUMERO)... ancora col telefono?

Anna

– L'Albergo Centrale è a cinque o sei isolati dalla zona del vento, no?... dovranno pur sapere che cos'è accaduto vicino a loro.

Mario

– Pensi che abbiano voglia di dirtelo… o che potranno dirtelo?

Anna

– Proviamo... tre… cinque... e sei... (ASCOLTA PER UN ATTIMO, POI INTERROMPE DI SCATTO LA COMUNICAZIONE)

Mario

– Che succede?

Anna

– Il vento!

Mario

– Anche lì ?!... ma se poco fa rispondeva?!

Anna

(ANGOSCIATA) – Vengono avanti!

Mario

– Zitta!... giù, adesso... (ALLONTANANDO L'APPARECCHIO)… e basta con questo telefono!… dobbiamo starcene qui, in silenzio, senza muoverci.

Anna

– E' tutto un fronte compatto che viene avanti.

Mario

– Non lo sappiamo. Può darsi, invece, che cerchino dei buchi nella rete. Di qua non passeranno sicuramente.

Anna

– Non mancano di certo i buchi per passare... di fuori è come se non fosse successo nulla, come se non dovesse succedere nulla... la gente fa quello che fa di solito: lavora, perde tempo, si diverte.

Mario

– Sono quelli che non sanno o che non vogliono credere.

Anna

– Sono i rassegnati, invece

Mario

– Vuoi dire che hanno accettato quello che sta per accadere?

Anna

– Cosa c'è di strano? non l'ha accettata, ognuno di noi, fin dalla nascita, la tragedia che deve calarci addosso?

Mario

– Sono le occasioni straordinarie, come questa, a turbarci.

Anna

– Che cos'è l'auto che guidiamo... un coltello impugnato… una finestra aperta?... non sono tutte occasioni straordinarie, come le chiami tu?... e le malattie, quelle incurabili, che ci piombano addosso?

Mario

– C'è anche un calcolo delle probabilità da fare, l'incidenza del rischio da misurare.

Anna

– Eccole le nostre difese: le statistiche!... due per cento… tre per cento... dieci per cento... che percentuale abbiano di cavarcela, adesso?

Mario

– Forse nessuna.

Anna

– Ma giù nella strada tutti continuano la solita vita.

Mario

– Non tutti sono al corrente.

Anna

– Certo. C'è chi è rassegnato, chi non sa, chi non vuole sapere… e c'è chi fa finta di non sapere. Sicuro! c'è chi si mostra innocente per nascondere la paura.

Mario

– Anche quello è probabile.

Anna

– E’ certo, ti dico! una maschera di indifferenza sulla propria disperazione… ma a che serve?

Mario

– Cosa vuoi dire?

Anna

– Questo gioco di dissimulazione, per chi lo fanno? per la loro tranquillità interiore, o per dimostrarsi coraggiosi di fuori?...

Mario

– Un po' per l'uno e un po' per l'altro motivo.

Anna

– … oppure è per gli altri, per quelli che stanno arrivando?… vogliono assumere un atteggiamento che dica: non preoccupatevi per noi… vedete… per noi tutto è perfettamente normale… noi pensiamo ai fatti nostri, e voi potete fare quello che vi pare...

Mario

– Tu pensi addirittura che...?

Anna

– Sì… ma allora c’è un gioco da fare più facile più redditizio…

Mario

– Quale gioco?

Anna

– … perché restare a mezza strada… perché fingersi indifferenti soltanto... neutrali?...

Mario

– Cosa vuoi fare?

Anna

– La mia scelta… la nostra scelta.

Mario

– Spiegati!

Anna

(VA VERSO LA FINESTRA) – Ecco… vado a spalancare la finestra!

Mario

– Cosa fai… in nome di Dio?!

Anna

– Così… luce… aria!...

Mario

– Sei impazzita?!

Anna

– No, sto perfezionando il mio gioco… l'unico che può rendere qualcosa...

Mario

– E' finita per noi!

Anna

– Siamo salvi!… se c'è ancora una possibilità di salvezza... (VA VERSO UN IMPIANTO SONORO SU UN MOBILE E SCHIACCIA UN BOTTONE)… ora facciamo musica… gli diamo il benvenuto, capisci?...

Mario

(ANCORA INCREDULO E IMPAURITO) – Tu vorresti...?

Anna

– Voglio fare una festa!… su, in piedi, vieni... dimostriamogli che siamo dalla loro parte, che su noi possono fare assegnamento.

Mario

– Pensi sia così facile ingannarli?

Anna

– Forse ne hanno bisogno di noi, della nostra collaborazione… vieni... (PRENDE PER MANO L'UOMO ANCORA RILUTTANTE E LO CONDUCE ALLA PORTA – FINESTRA)... benvenuti... evviva!... (CORRE AD ALZARE IL VOLUME DELLA MUSICA)… più forte la musica… la devono sentire dalla strada… così… evviva!… abbiamo una bottiglia di champagne da qualche parte… ricordi dov'è, Mario?

Mario

– No…

Anna

– Lo so io... (CORRE A UN MOBILE E PRENDE LA BOTTIGLIA CHE CONSEGNA A MARIO)... stappala… io vado a prendere le coppe...

(Mario stappa la bottiglia, mentre Anna ritorna con le coppe che vengono riempite. Si avvicinano tutti e due alla porta –finestra per farsi vedere da tutti.)

Anna

– ... se c’è una possibilità, una sola, è nostra, capisci?!... (SOLLEVA LA COPPA)… evviva!… e poi, chissà che per noi non vada meglio veramente... che i nostri guai finiscano per sempre!… su, brinda con me... evviva!… benvenuti, finalmente… benvenuti!...

(Brinda con Mario, beve, ride rumorosamente, accompagna con la voce la musica che riempie la stanza.)

Sipario


IL NAUFRAGIO

(monologo)


Una spiaggetta in mezzo alla scogliera. Il mare è al proscenio. In fondo, a sinistra, una piccola capanna; accanto all'acqua, piantato fra gli scogli, un palo. La protagonista, vestita come una naufraga, è sdraiata sulla sabbia.

(Si sveglia, sbadiglia, si stira, si solleva, si tocca la schiena dolorante, poi fruga nella sabbia sotto di lei.)

– 'Sti letti moderni!

... Ecco che cosa non andava...

(tira fuori una grossa pietra e la getta via)

... una molla del materasso da cambiare!

(altri sbadigli e stiramenti; si alza e guarda la capanna)

... e se fosse arrivato mentre dormivo?

(corre alla capanna, entra e riesce)

... no, qui non c'è ancora nessuno...

(va a scrutare il mare)

... e nessuna nave in vista...

(guarda il palo)

... lo straccio!

(corre ai piedi del palo, raccoglie uno straccio caduto e lo lega di nuovo sulla sommità)

... non servirà a niente, ma almeno la coscienza è a posto...

"Ma chi te l'ha detto di andare in crociera alla scoperta del Pacifico?"... mi pare di sentirle la Pupa la Diletta... e anche la Francesca Romana... sì, anche lei... il senno del poi. E chi se l'aspettava una scarogna simile?... o, vista dall'altra parte, una fortuna simile, perché, magari, sono la sola ad essermi salvata.

Che finimondo ragazze! A cena avevo mangiato dei gamberoni alla panna che avevano subito cominciato a farmi male, tanto che, per mandarli giù, li avevo per così dire, affogati nel Madera, due bottiglie... una ciucca! La nave ballava sulle onde, e io che credevo che fossero i gamberoni al Madera che avevo sullo stomaco. La gente gridava, buttata da tutte le parti, e io che pensavo "ma guarda te che strage che hanno fatto quei gamberoni... pensa un po' che porcate che ci danno da mangiare! magari erano quelli avanzati dalla crociera precedente...!"

Insomma, scendo in cabina, mi sdraio sul letto e mi ritrovo in mare. Cos'era successo? Niente di strano: un'ondata aveva sfondato l'oblò, riempito la cabina e risucchiato me in acqua.. Ma il bello era che io... beh, "bello" sempre per modo di dire... io non sapevo di essere in mare... pensavo di avere sbagliato, per colpa del Madera, e anziché sul letto, di essermi sdraiata nella vasca da bagno. "E io che credevo che a bordo ci fossero soltanto le docce!" dicevo..."e la vasca piena, chi l'avrà preparata?... Ma no, questa non è una vasca: è la piscina... si vede che anziché in cabina, sono finita sul ponte di coperta... , ma proprio in piscina dovevo cascare... accidenti ai gamberoni!... Toh, senti senti, la tavola del trampolino... questa non me la lascio scappare... verrà qualcuno, poi, a darmi una mano... , ma che buio... e che tempo di merda!" E così, aggrappata a quella tavola, mi sono addormentata... e mi sono svegliata qui: pensate, ero sopravvissuta ai gamberoni!

Dunque apro gli occhi e scopro di non essere in piscina e che la tavola a cui mi ero aggrappata non era quella del trampolino, ma la porta di un gabinetto... c'era sopra la targhetta d'ottone... e per fortuna era un gabinetto delle donne! Allora, mi trovo sulla spiaggia e dico: " è fatta! alla Pupa verranno le convulsioni quando saprà che sono scampata al naufragio, lei che si dava tante arie perché l'anno scorso, andando a sciare, è rimasta chiusa in macchina due ore per via della valanga... , e la Diletta che può vantare soltanto un tentativo di violenza carnale in ascensore?... E la Francesca Romana , poi, che non ha niente, assolutamente niente al suo attivo?! Adesso mi alzo, dico, e vado nel posto più vicino a telegrafare". E infatti sono andata e due ore dopo ero di ritorno, dopo aver fatto il giro completo dell'isola... perché è proprio su un'isola che mi ritrovo, e per giunta, disabitata... un atollo, come lo chiamano da queste parti... o no?!

Lì per lì, non mi sono disperata "verranno a prendermi" ho detto. Ho trovato un palo e ho sacrificato un pezzo di vestito... così ho fatto il modello "naufragio"... avrei anche acceso il fuoco ... ma chi è che ha detto che sfregando due pezzi di legno...? Proprio vero: la mamma degli imbecilli è sempre incinta...

Ma non perdiamo la calma, self control! anche se qui non c’e’ nessuno a guardarti, in fin dei conti sono qui solo da tre giorni...

Bisogna che non me ne dimentichi, almeno per mantenere i contatti col calendario. Dunque, questa è la data di arrivo, e qui ci sono i tre segni... tre giornate ad aspettare una nave, un aereo: niente... ormai non cercheranno neanche più... penseranno che non ci sono superstiti.

Organizzano le crociere e non sanno organizzare i naufragi! Basta, ormai e’ fatta, self control! Prima della partenza ti danno un bel programmino –preciso eh!– con le tappe che farà la nave, le cose che ti faranno vedere, le specialità che ti faranno mangiare... (bleah! gamberoni!)... persino i vini che ti faranno bere... (oddio il Madera!)... e niente, proprio niente sui naufragi! roba da matti! neanche una notina in fondo alla pagina ,che so, "in caso di naufragio, il servizio di soccorso sarà garantito da tanti aerei, tanti elicotteri, tante navi da ricerca, eccetera, eccetera... " Ma chi me l'ha fatto fare a me, di partecipare alla scoperta del Pacifico?!

Beh, ormai è fatta: self–control. Parliamo della capanna... appena l'ho vista mi sono detta "meno male che qui c'è qualcuno che può darmi una mano"... e invece dentro ohè, nessuno, neanche un'anima viva. Più che un'abitazione, sembra la baracca di un pescatore: qualche attrezzo, un grosso recipiente con l'acqua da bere... e il pescatore dov'è che sono tre giorni che l'aspetto?! Che sia stato spazzato via dalla tempesta, come la nave? Ma no, lui non si fa mica incastrare dal temporale, non è mica come quei fessi che hanno organizzato la crociera, lui: è uno di queste parti e il mare di casa sua lo conosce bene... speriamo.

E se a quello, tornando e vedendo una donna sola, gli venisse in mente... ? Ma no, qui nel Pacifico il sesso è vissuto in un'altra maniera, lo diceva persino il programma della crociera... Beh, appunto per questo... un giovane, atletico pescatore, trovando una donna sola sull'atollo... in questo caso dovrei fare buon viso a cattiva sorte... no... cattivo viso a buona sorte...E se invece il pescatore fosse vecchio e cadente? ... Beh, se è proprio vecchio e cadente, il problema non sussiste. Oppure nel Pacifico le cose vanno in un altro modo? Eccole, eccole le cose che dovrebbero scrivere sui programmi di viaggio, invece di tante stronzate! Ho fame!

Guardiamo se è avanzato qualcosa della cena di ieri sera...

(va a prendere qualcosa in un punto della spiaggia)

... un avanzo della cena, della prima colazione e della seconda, di ieri, dell'altro ieri e del giorno prima: un granchio. Non ho mangiato che granchi da quando sono qui. E pensare che prima mi facevano schifo soltanto a vederli!... Ma qui, se voglio sopravvivere... ci ho mica tanto da sfogliar verze... Se mi riuscisse almeno di accendere il fuoco, potrei mangiarli cotti invece che crudi... la Pupa direbbe che è una fortuna, "perché in questo modo le vitamine si conservano inalterate"... una fortuna... lei che in questo momento, magari, è seduta davanti a una buona cenetta... vorrei vedere lei di fronte a un menù del genere: granchi crudi e acqua.

(Come se dialogasse con l'amica)

"... ho detto di no... non me ne frega niente se hai delle buone intenzioni... ti pare il caso di farle a una come me, nelle mie condizioni, le tue sviolinate sull'ecologia?...

(Piagnucola)

... no, questo da te, Pupa, non me lo sarei mai aspettato, per te vitello arrosto e per me granchi, crudi... e poi vieni fuori con la faccenda delle vitamine! vitamine un corno!"

Se almeno arrivasse questo pescatore per portarmi al suo villaggio!... Perché sarà quello che vorrà fare, no? Che cos'altro potrebbe venirgli in mente, trovando una naufraga su questo atollo?... Potrebbe... ? Sì, va bene:. Dopo, dico, dopo... non mi lascerà mica sola, per caso? Ma no, questa è gente ospitale... almeno così diceva il programma... mi porterà sulla sua isola, fra la sua gente... da queste parti non esistono problemi di sopravvivenza... alle brutte, i granchi (che schifo!)... ci sono sempre... il clima è mite e si vive all'aperto, e per vestire basta un pareo. Imparerò anch'io a danzare sulla spiaggia, perché questa credo che sia l'occupazione principale delle donne di quaggiù... altro che stress della casalinga e sindrome della donna manager... le donne di qua han capito tutto!

Comunque danza a parte, potrei rendermi molto utile in una comunità primitiva; potrei insegnare la nostra civiltà... beh, non tutta, si capisce... non è che io... qualcosina... per esempio... il Teorema di Pitagora, questo me lo ricordo bene!... già, ma che cosa gliene frega alla gente di qua del Pitagora? Altre cose sarebbero importanti: come tessere una tela, per esempio, o come costruire una barca, oppure come cuocere la ceramica... già, ma questo, possono insegnarlo loro a noi... noi, che ci diamo tante arie! Ma che cosa ci fanno imparare a scuola?... I principi?... Ma quali?... Acca due esse o quattro... e poi?... spero promitto e iuro reggono l'infinito futuro... ? E poi?... E poi capiti su un atollo del Pacifico e il primo pescatore che incontri ti fa fare la figura del pirla!

Che cosa diavolo potrei fare per rendermi utile? Potrei insegnare la mia lingua, questo sì, un po' nordica magari..., ma di questi tempi fa tendenza... già, ma prima devo imparare la loro, altrimenti chi mi capisce? E quando gli ho insegnato la mia lingua, loro cosa se ne fanno?... Potranno leggere i nostri classici. E i libri dove li pigliano, se non hanno contatti con il mondo civile?... Potrei riscriverli io... ma sì, guarda che idea!... "Quel ramo del lago di Como che volge a mezzogiorno... " ragazze che meraviglia! Divento la Manzoni del Pacifico...però, siamo seri, ce li vediamo questi giovanottoni muscolosi o 'ste ragazzotte seminude, sulla spiaggia, che invece di...

(Accenna ad un passo di danza)

"Quel ramo del lago di Como... " No, non sarebbe un best–seller. Che cosa posso fare allora?... Ma sì! Ci sono! La musica! La più primitiva delle arti! La musica è comunicazione è linguaggio! E poi ho sempre avuto una gran passione per il musical Potrebbe essere la mia occasione! La possibilità di avere un pubblico tutto per me, cimentarmi nei brani più impegnativi e spettacolari! Come quello per esempio del "Victor Victoria" che ci ho fatto una malattia! Come faceva? Vediamo se mi ricordo...

(Canta la canzone spagnola)

Pensa te se ci fossero qui quelle tre betoniche della Pupa, della Diletta e della Francesca Romana, loro che sono stonate come campane, sì però, diciamo la verità, il musical non ha mai fatto chic, non è mai entrato nel tempio della cultura... sarà stonata anche la cultura?.. bah, comunque per non sbagliare, io mi butto sulla poesia, quella sì che va bene, la poesia è il mezzo per elevare anche i più semplici alle vette sublimi dell'arte...

(Come rispondendo a una domanda)

... No, quella non è possibile, è fuori discussione... lo so che sarebbe importante, volete che non lo capisca?... "Nel mezzo del cammin di nostra vita, la bocca sollevò dal fiero pasto, e quindi uscimmo a riveder le stelle"... Questo è tutto quello che mi ricordo; e il resto chi lo scrive? Ne so pochino?

No, neanche l'Alighiera del Pacifico posso diventare... Però, c'è una poesia completa che conosco: "M'illumino d'immenso". Finita! un po' cortina... ah! Ce n'è un'altra!... questa è più lunga e la so tutta a memoria, state a sentire... "T'amo o pio bove e mite un sentimento"... Ma come si fa?... Qui di bovi non ce ne sono, non ne hanno mai visto uno, di bove... è come se da noi qualcuno scrivesse "T'amo o pio iguana... "!

No! Non c'è niente da fare qui per me, se non infilare conchiglie nelle collane, o entrare nel corpo di ballo sulla spiaggia... e poi, un momento, qui il ballo è tutto un dimenamento di fianchi... mica facile, bisogna cominciare da bambini... io intanto ci provo, no... meglio di no.

Che ore saranno?

(Va a guardare in una zona della spiaggia)

Io l'orologio solare l'ho fatto: uno stecco infilato nella sabbia, sì, ma con l'ombra non ci capisco un tubo, ci vorrebbe un orologio vero per controllare gli spostamenti. Già, c'avessi un orologio vero, 'nteressa a me di quello solare!

Uffa! Però che barba su questi atolli! Una volta che hai segnato il giorno e guardato l'ora, non c'è più un cavolo di niente da fare... ah, devo rifarmi il letto...

(Gratta un po' la sabbia dove ha dormito)

Sì, io continuo a dormire qui, mica nella capanna. Il pescatore potrebbe arrivare anche di notte, e se mi trovasse lunga distesa sulla sua stuoia, che idea si farebbe di me? Uno che arriva dal lavoro e si trova una donna nel letto, che cosa deve pensare? Si, è una naufraga, va bene... ma sempre donna è. E così il letto me lo preparo qui. Non che con questo mi senta sicura, intendiamoci: sono nelle sue mani... e non intendo sottrarmici... non ci tengo mica io a entrare nel calendario come Santa–Martire–Vergine che su un atollo del Pacifico, per difendere la sua (diciamo così)purezza, oh!... Ma non me lo sogno neanche, non me lo sogno... solo che, un briciolo di forma, bisogna pur salvarla, bisogna. No dico, magari lui nemmeno ci pensa... sta mica bene che sia proprio io a mettergliela davanti... l’idea.

Sì ma, se fossero più di uno?... due?... tre?... O magari di più?... Bah, vedremo sul momento il da farsi... o il "da farsi fare"...Però, si potrebbe verificare anche un altro caso: ho letto che da queste parti, quando due giovani si sposano, vanno a passare la luna di miele su un isolotto deserto. E se questa l'avessero costruita due sposi? Oh, mama!... Loro poveretti, arrivano qua per avere un po' di privacy: cosa faccio, ci tengo il moccolo?... Ma che colpa ne ho io... lo capiranno, no? Non è che io sia venuta qui apposta per spiare le vostre intimità: è stato il caso a portarmi qui, il fato... Oh, mama! Il fato! Cominciamo con le complicazioni religiose, che han fatto più danni quelle lì della bomba atomica!... lui magari dice "Ma guarda te che bel regalino mi ha mandato la dea dell'amore" e...

(Fa il gesto di chi abbraccia)

...  e lei invece "Guarda un po' chi mi ha messo fra i piedi la dea del tradimento "e... sgnacchete!

(Fa il gesto di chi pugnala)

Eh, no ragazzi, andiamoci piano!

E, se mi prendessero come un regalino per tutti e due?...oh! Paghi due e porti tre! Mah... io non conosco bene le usanze di queste parti... e a me, francamente, le donne non è che mi dicano un gran che... ma in caso di necessità... si può sempre considerare un'apertura verso una nuova esperienza...

Ma cosa vado a pensare?! Questa è gente semplice, che vive vicino alla natura, e che obbedisce sempre alle sue leggi. Quindi, l'uomo, appena mi vede mi salta addosso, e la donna... sgnacchete!

(Fa il gesto di chi pugnala)

Però, io sono un'ospite, e l'ospitalità è sacra. Ma anche il matrimonio è sacro... e mi buttano in mare. Ma guarda un po' in che razza di guaio dovevo andarmi a cacciare, senza né colpa, né peccato! Ma vaglielo a far capire a quelli lì!... non capiscono niente: Su con la vita, ragazzi!... su, su... "Mio nome Vittoria... Vittoria! Do you know? Beh! lasciamo perdere. Io venuta qui a nuoto... così, splasc! grande tempesta: sblot sblot, pluff pluff, sciaffete sciaffete, e nave caput!... (caput? ma cosa c'entra il caput con loro)...

(Con gesti e rumori cerca di rappresentare il temporale e le altre cose che dice)

... io molto male qui, perché mangiato gamberoni alla panna... (sì, adesso gli spiego la panna!)... io amica... io spiacente voi sposati... (oh, mama!)... no, volevo dire, io contenta voi sposati, ma spiacente essere qui... voi non pensate me, voi fate vostro fic–fic tranquilli... io non disturbare... qui stare bene... grande letto per dormire... molti granchi crudi per mangiare... a proposito, solo piccolo favore io chiede: voi insegnare me fare fuoco... poi fare quanto fic–fic volete e quando voi stanchi e volere tornare grande isola, voi dare passaggio me, capito?"...

Sì, capito... neanche fossero Einstein avrebbero capito!... Prima di tutto devo dire che sono un'amica... come glielo faccio capire?... Ah, così... io amica...

(Si bacia il dorso della mano)

... Brava! Così lui ti salta subito addosso, e lei... sgnacchete!

(Fa l'atto di chi pugnala)

Ohè!... Ma com'è difficile vivere con questa gente... non gliene va mica mai bene una!...Che fatica! Son qua tutta rotta

come quando uscivo dal corso di jazz dance, che anche quella lì, e’ stata un’esperienza!

(Canta jazz dance)

(Si sente il trillo di un telefono. La donna rimane perplessa, fa un gesto di stizza, entra nella capanna e ne riesce con un telefonino portatile)

"Victor?!... Deficiente, cretino, rimbambito... ma che cosa ti viene in mente di telefonare e di sciupare tutto?... Quando faccio la naufraga, il telefono non esiste, hai capito?... Solo se bruciasse la villa. Victor! Sta bruciando la villa?... E allora perché mi telefoni? Stronzo! Chi la ricrea adesso l'atmosfera che avevo costruito?

Ma, a proposito, perché sei ancora lì, perché non sei ancora saltato sulla piroga polinesiana per arrivare qui con il tuo bel perizoma da pescatore?... cosa... non arrivi?!... E si può sapere perché non arrivi?... Ah! Ho capito! Forse perché devi fare il filo alla Giuseppina, la nuova cameriera?... dài dài non fare lo gnorri: ho visto bene come la guardi... ma perché vuoi negarlo scusa, di che cosa hai paura?...  stiamo giocando col "Naufragio nel Pacifico" mica con "La gelosia a Napoli"... e poi se proprio volevi, potevi portarla con te, la Giuseppina, come moglie del pescatore... Fra l'altro, lo sai, io faccio anche l'ipotesi della giovane coppia di sposi che arriva e trova la naufraga... lo so che non l'abbiamo mai fatto: questa poteva essere l'occasione, no?... Come sarebbe a dire che non sai la parte: guarda che non devi proprio aprire bocca... cosa si possono dire una naufraga e un pescatore del Pacifico?... Solo gesti, proprio come hai sempre fatto... beh, tutto tutto, davanti alla Giuseppina, no... ma non pensi che a quello, tu?... Ma sì, la vivi in modo troppo monotono la situazione... arrivi qua con quell'idea in testa, come se lo sapessi di già, e appena mi vedi, giù a pesce!... E magari, senza neanche portarmi nella capanna... sulla spiaggia, come l'altro giorno, brutto testone, con i Migliorini–Casati che con la scusa dello sci nautico passavano in su e in giù qui davanti.

Allora, si può sapere perché non sei ancora arrivato col tuo bel perizoma da pescatore?... Non vuoi più salire sulla piroga polinesiana?... Hai paura di andare a fondo?... Ohè! ma dico, siamo impazziti?... Ma non lo sai che le imbarcazioni a bilanciere sono le più stabili del mondo?... Non la nostra?... Ma se è la copia esatta di quella del "Musée de l'homme" di Parigi?! No che non sto parlando in dialetto, (Questi autisti sono proprio un po’ tardi! Degli autisti non ci si puo’ proprio fidare!)... Lo sai vero, quanto ci è costata la riproduzione?... Hanno sbagliato le proporzioni?... E te ne accorgi adesso, dopo un mese che l'adoperi?... Che cosa?... Vuoi arrivare a nuoto come scampato al naufragio anche tu?... Ma se non sai nuotare!... Aggrappato a una tavola... l'altra porta del cesso?... Non hai sforzato la fantasia, mi pare (un autista!).

Insomma! Il pescatore non lo fai più!... Ho capito: un personaggio che scompare dai nostri giochi... ah, ce n'è un altro che scompare, almeno per stasera... ha telefonato che non può venire... e chi è?... La Doda?... Stasera la Doda non viene?... Porca puttana! E a chi la facciamo fare la padrona del casino?... Direttrice di sala, si chiama?... No che non lo sapevo: non l'ho mica inventato io il casino...sì, il gioco del casino... è di mio marito... sì, il signore... e poi, inventato... cosa vuoi che inventi, lui... l'ha ricopiato... il mio naufragio sì che è tutto inventato... io, sugli atolli del Pacifico non ci sono mai naufragata, io..., ma torniamo a casa... volevo dire, al casino: a chi la facciamo fare la maîtresse stasera?... Va bene che tu non partecipi, ma una mano me la puoi sempre dare, anche dal di fuori, no?...

No, troppo tardi: non si può più disdire, ormai... figurati mio marito, poi... viene la mia cugina col Fulvio, la tribù dei Costa–Volpicelli, la Cocca, il Pier Franco, la Fabiana... a chi?... Alla Fabiana? Ma sei impazzito?! La Fabiana va bene ancora come ragazza di camera... ohè, ma gliele hai viste le tette?... No?... Beh, guarda, te le posso descrivere io... ma cosa vuol dire se non è più giovanissima, cos'è, erano tutte teen–ager nei casotti, una volta? Insomma, la Doda stasera, ci ha proprio lasciati nei casini, è il caso di dire... bisogna che trovi una sostituta... sostituta, non prostituta, sei diventato sordo?... chi? non lo so ancora, non lo so... ci devo pensare... ti richiamo dopo.

(Chiude il telefono, si guarda intorno, sbuffa e scrolla le spalle)

... Tanto vale, ormai...

(Va nella capanna, accende la radio, parte “Tropicana”, cantando esce dalla capanna in bikini cappello e occhiali, porta fuori una sedia a sdraio e una borsa, alla fine del brano si siede sulla sdraio)

... e così... niente naufragio... niente fic fic...

Non ci resta che darci alla letteratura!

(Prende “Novella 2000” dalla borsa e si mette a leggere)

Una volta che era andato tutto bene, è stata la piroga polinesiana a non funzionare!... e adesso anche quella scema della Doda ci si mette! Lo sapeva da una settimana del gioco di stasera, doveva tenersi libera... eh, sì, carina: la serietà prima di tutto. E adesso come faccio?... Ci sarebbe la Corinna che potrebbe andar bene: la faccia ha proprio le pieghe giuste... e lo sguardo poi, perfetto... ma chi glielo dice che è proprio il tipo che ci serve per fare la maitresse?... Lei! Che tutti i giorni va in chiesa! quasi quasi la faccio io... anche se, modestamente... no, sarei ridicola...

Ma tu guarda che giornata fantastica sarebbe stata per il naufragio!... Invece, tutto a rovescio... e anche la Doda adesso... ma, un momento!... Ma perché mi devo rompere la testa proprio io, per questa sera? Non è mica mio il gioco: è il Pier Luca che l'ha inventato, lui è il regista, e lui ci deve pensare... ma guarda che cretina! Vado a prendermi le gatte da pelare degli altri... a rischio poi, di sentirti dire che hai sbagliato tutto, che le maîtresse erano fatte così e così... ma cosa ne so io di come erano fatte... non ho mica passato la giovinezza nei casotti io, ma nei collegi delle monache... e anche se... beh, c'è una bella differenza!

Ah, ma ti aggiusto io... ti piace fare il regista? E allora goditela fino in fondo...

(Prende il telefonino e compone un numero)

"Victor!?... Come chi è Victor?! Ma sei tu Victor no? Lo so, lo so che tu ti chiami Calogero e sei di Rocca Lumera in provincia di Agrigento, ogiù di lì, ma nella vita darsi un tono e’ importante! Pensa te se, da domani, Pippo Baudo non potesse più parlare di fictions, Maurizio Costanzo di talk show e Berlusconi di audience: bognerebbe rimandarli tutti a scuola di italiano.Comunque ti telefono per dirti che ci ho riflettuto e ho concluso che dell'affare della Doda non me ne frega proprio niente!

Adesso mi fai il favore di chiamare mio marito in ufficio! Come?... Mio marito non c'è?... Ha telefonato un minuto fa: che è partito per un viaggio d'affari?... Ma quale viaggio d'affari, ma se io non ne sapevo niente... e quanti giorni sta via?... Non l'ha detto... eh, già, bisognava domandarlo alla sua segretaria quanti giorni lei, vuole star via... sì, a quella troia... macché viaggio d'affari: non ci sono viaggi d'affari per mio marito!... Anzi, per lui, non ci sono neanche gli affari: l'azienda che gli ha lasciato il suo paparino va avanti per conto suo... vedi, affari è una parola che ci ha tanti significati: ci sono gli affari pubblici, gli affari di stato, gli affari esteri, gli affaroni, gli affaracci... tutti ci hanno il loro affare!

Ma no, sono modi di dire! Ma allora, proprio non si può più parlare... comunque, se l'intendi in questo modo, allora quello di mio marito con la sua segretaria, è proprio un viaggio per gli affari!...

Troppo severa? Ah, tutti abbiamo i nostri peccatucci?... Eh, no, caro mio: i nostri sono giochi e quella invece è la realtà... non puoi mica mischiare le carte...

Adesso che ci penso, però, un vantaggio c'è: va a monte la riunione di stasera. Oh, meno male: è un gioco che proprio non mi va né su né giù; volgare, stupido, imbecille... proprio come mio marito!

Comunque, in camera mia troverai la lista degli invitati di stasera... telefona a tutti e dì che la riunione è sospesa perché il signore... è in viaggio d'affari... passo e chiudo."

(Chiude la comunicazione nervosamente)

... In viaggio d'affari, lo stronzo!... Ma come si è permesso di introdurre la sua verità nei nostri giochi?... Di umiliare la nostra fantasia coi suoi sporchi "affari"  personali?...

(Parte la musica)

 Maiale! Ha sciupato tutto, ha sporcato tutto...

(Ha un accenno di singhiozzo, canta: "Crazy world")

... "Cosa faccio, piango, adesso?"... "ma no, sono i nervi... è la rabbia che mi sento in corpo per quel... bastardo... dopo tutti gli anni che gli ho dedicato, dopo tutti i sacrifici che ho fatto per sopportare la sua volgarità...

"Dài su... facciamo il casotto stasera... ci stai anche tu, vero?..."

(Singhiozza)

... "Ingrato, porco!"... "cosa fai, cretina, ti metti a piangere?"... "ma no, di lui non me ne frega niente, non si merita una cicca lui... è per gli anni che ho sprecato che..."

(Continua a piangere)

... "Ma la vuoi smettere?!... Sembra che tu abbia riesumato l'Abbandonata nel motel"...

(Alza le spalle)

... "E poi, le lacrime non c'erano neanche lì..."... "E io ce le metto! Sarò padrona di piangere quando mi pare e piace?!"... "Non nei nostri giochi"... "E perché...?" "Perché?, ma perché li facciamo per divertirci, e le lacrime vere non ci stanno, è evidente"... "E' evidente, sono fuori gioco... e tutta colpa di quel... di quel... quel cornuto!"...

... Così adesso divento adultera quando cedo al pescatore del Pacifico e puttana quando gioco al casotto... neanche Pirandello ci si raccapezzerebbe!... Così, il signorino non vuole più stare alle regole eh? E allora perché dovrei starci io?... Eh no, caro mio, non sono mica cretina fino a questo punto: io mi butto sull'occhio per occhio, dente per dente", e chi s'è visto, s'è visto!... Oh! E meno male che hanno inventato il cellulare familiare, se no, sai che bollette! Altro che l’atollo nel Pacifico, qui mi finiva a Milano Marittima se andava bene!

(Prende il cellulare e compone un numero)

... "Calogero!... hai telefonato per disdire?... Bene... e come la prendono?... Ah, ridacchiano quando sentono che il signore è in viaggio d'affari!... si capisce! lo conoscono bene, il signore e lo sanno di quali "affari" si tratta!... beh, appena hai finito, dì alla Carla e alla Giuseppina che hanno la giornata libera e che se ne vadano fuori dai piedi: restiamo in villa noi due soli, per un nuovo gioco... di cosa si tratta?... Il titolo potrebbe essere "La signora e il suo autista"... sapevo che ti sarebbe piaciuto,(un autista!)... Perché non l'abbiamo mai fatto? Ma perché era troppo vicino alla realtà e non lo trovavo di buon gusto... non è mica la stessa cosa: si tratta di sfumature... che però possono cambiare tutto... vedi, il gioco del casino, lo facevo solamente perché piaceva a mio marito, e in quello del naufragio non mi sentivo colpevole perché sottostavo a una forza superiore alla mia, soccombevo sotto il peso di una circostanza...

(Piagnucolando)

... E che altro poteva fare una “pora dona”, sola, su un atollo del Pacifico?... No, adesso non ho più scrupoli: mio marito se ne va "in viaggio d'affari" eh? E io gioco alla "signora con il suo autista".

Prepara tutto per bene: indossi la divisa nuova e porti il Volvo davanti all'ingresso principale della villa... quando tutto è a posto, mi dai un colpo di telefono: io entro in casa dalla porta di servizio e salgo in camera mia a vestirmi... appena pronta, stacchiamo il telefono e incominciamo... nessuno ci disturberà più...

Come, che bisogno c'è di questo apparato?!... Ma cosa dici?!... Ti rendi conto?!... Mi prendi per mio marito?!... O peggio, per una signora che se la spassa davvero col suo autista?!... Ma allora non hai capito un accidente!... ma certo che c'è differenza... senti fai come ti ho detto, e non metterti in testa certe idee!..."

(Chiude il telefono)

... Perché quest'apparato, domanda... c'è da farsi cadere le braccia... ma, allora non ha capito proprio niente!... Gratta gratta, le origini vengono fuori... è una questione di cultura... di classe... eh, sì, caro Carletto... (Carlo Marx, naturalmente)... ce ne ha ancora di strada da fare, il proletariato!... Hai voglia te a sacrificarti, a spiegare, ad insegnare... guarda qua che risultati!...

Ma non sono mica conti da fare, questi... chi ci ha l'abitudine di dare, come me, non può che continuare su questa strada, senza lasciarsi scoraggiare dai frutti raccolti... e forse un giorno... chissà...

(Accenna l'aria dell'inno dei lavoratori)

"Su fratelli, su compagne... "

SIPARIO


S E C O N D A        P A R T E


SUPERIORITA’ DELL’ATTORE

monologo

L’attore è in scena con un immaginario interlocutore. Sul fondo una quinta teatrale oltre la quale si intravvedono la ribalta accesa e la buia distesa di una platea affollata. Lo spettacolo è in corso. Ogni tanto, qualche musichetta, brusio di folla, risate, applausi.

L’attore

– … no e no… ho detto di no! io non le faccio queste figure. Dovevo saperlo prima, mi sarei preparato qualcosa. Lo so che non fai l’indovino, ma nemmeno io faccio il tappabuchi. Quello che potevo fare l’ho fatto: ho allungato il mio numero di cinque minuti… di più non potevo starci là sopra… lo capisci subito quando il pubblico è stanco. Figurati un po’ se posso ritornare in scena… a raccontare che cosa, poi?… come dici? l’attore di razza… l’animale da palcoscenico?… balle!… l’improvvisazione non è mai esistita, neppure ai tempi della commedia dell’arte… e neanche Petrolini… no, neanche lui, con quelle battute brucianti che sembravano nate lì per lì… un campionario ne aveva, tutte belle allineate le battute “brucianti”, per tutte le occasioni… queste per il ritardatario, queste altre per lo spettatore che si alza prima della fine… per chi non applaude, per chi chiacchiera col vicino di posto, e via di seguito. Dunque, se neanche Petrolini se la sentiva di affrontare il pubblico a mani nude, vuoi che io, proprio io… eh, andiamo! La faccia è mia e non la butto via così facilmente. Che cosa dovrei fare?… barzellette? non ne conosco… una storia qualsiasi, un episodio della mia vita?… beh, ma per chi m’hai preso, per Giacomo Casanova? Cosa credi che sia stata la mia vita, un romanzo?… una vita come tutte le altre, né più, né meno… anzi, forse meno che più. E poi, non lo sai che una vita appare interessante solo quando appartiene a chi è diventato qualcuno, quando qualsiasi cosa abbia fatto diventa un segno rivelatore, anticipatore del genio? Se io, per esempio, vado fuori a raccontare che mio padre non voleva che facessi del teatro, sai cosa dice la gente?… “aveva ragione”!… come? Se gliela racconto così si mette a ridere? Non credere: oggi il pubblico è molto esigente… ci vuol altro per farlo ridere… come dici? con i discorsi dei politici di tutti i giorni… io dovrei raccontare questa roba?… non sono ancora sceso così in basso… e poi a me il qualunquismo non piace, lo sai. No, non insistere, le mie doti di comunicazione ci sono ancora quando ho un testo nel cervello, provato e riprovato… ma poi, ti rendi conto chi dovrei sostituire?.. Kira e Samantha… tette, cosce e chiappe… ti rendi conto? Il novanta per cento del pubblico viene per vedere loro, e io dovrei dare almeno qualcosa dello stesso peso… ah, non pretendi che lo spogliarello lo faccia io… sei generoso!… ma perché quelle due cretine sono andate a finire in un incidente stradale facendosi incastrare dalla polizia per via delle testimonianze?!.. Va beh, affari loro… Senti, perché sulla scena non mandi Gloria… cosa vuoi che sia per lei cantare altre tre o quattro canzonette?… non la vogliono sentire, è una cagna sfiatata?… mi dài ragione, finalmente!… e perché l’hai ficcata in compagnia, allora, perché ce la portiamo dietro?… va a letto con l’onorevole... lo so… e allora che venga lui qui, l’onorevole, a riempire questo vuoto… potrebbe essere un’idea: l’onorevole tappabuchi… eh, no, questo non è qualunquismo: non è un onorevole qualunque, è un onorevole con nome e cognome. Dài, non te la prendere, lo so che non è il momento di scherzare, che non vuoi avere da dire con il proprietario della sala… vediamo come si può rimediare… il duo Foster! Non hanno un altro balletto da presentare?… non ce l’hanno. Scin–Lao, l’uomo che legge nel pensiero, può allungare il suo numero come ho fatto io, no? ... allungherà di dieci minuti… e perché non di più? … c’è un limite a tutto? e lasciamoglielo trovare a lui questo limite: sarà ben capace di leggerlo nel pensiero del pubblico quando è il momento di smetterla… ma no… ti ho detto che voglio aiutarti, non cerco le battute… vengono fuori da sole… perché siamo qui, si capisce… là non uscirebbe nulla. Senti, non c’è che Susy che possa salvare la situazione… lei, se vuole, può farlo durare almeno un quarto d’ora il suo numero… dici di no?… cinque minuti tutta vestita… cinque minuti per togliersi il reggiseno e cinque minuti dal reggiseno alle mutandine… guarda, è Susy che può darti una mano… beh, una mano con tutto il resto, si capisce! Ma non c’è verso di farti smuovere!… sei proprio fissato con me, te li devo riempire io questi dieci minuti!… il pubblico vuole me?… ti ringrazio, ma il pubblico prende quello che passa il convento: il pubblico è un buon bestione che chiede soltanto di poter sonnecchiare in pace. Io non so cosa andare a dire, hai capito? Io senza il copione sono un uomo morto, Ah, sì, la fai facile, tu… ma prova ad affrontarlo tu, il pubblico… quella platea silenziosa che aspetta il momento giusto per sbranarti… eppure dovresti conoscerlo anche tu, il pubblico, dovresti sapere di che mostro si tratta… come? mi contraddico?… non c’è contraddizione, il pubblico può cambiare: a volte buon bestione, a volte mostro spietato. Insomma, lo vuoi capire che non me la sento?… dovrei entrare dopo il numero degli equilibristi, fra dieci minuti esatti... cosa vuoi che prepari in dieci minuti?… non è per dar retta a Stanislavskij, ma un po’ di tempo ci vuole… Senti, ho un’idea: allunghiamo di cinque minuti l’intervallo fra il varietà e il cinegiornale e di cinque quello fra il cinegiornale e il film… beh, scusa tanto, non volevo mica offenderti, cercavo di aiutarti… sì, lo so che col vuoto non si riempie nulla, che lo spettacolo è già uno schifo così… escluso il mio numero? Grazie, ma non ti incomodare, tanto sul palcoscenico non ci torno. Un pugnale nella schiena? eh, via, mi sembri un po’ tragico! Se sei capace di fare queste scene madri, perché non ci vai tu davanti al pubblico?…uffffà… no e poi no! ho parlato cinese finora?… perché non ripeto il numero dell’altro varietà?… ah, questa poi!… ma, dico, sono tre mesi che andiamo in giro, che ci sciroppiamo due spettacoli al giorno, tre la domenica e gli altri festivi, e non ti sei ancora accorto che il mio numero è ancora quello vecchio?!… che abbiamo scartato il numero nuovo, dopo i primi giorni, perché non faceva ridere nessuno?!… sì, lo so, a te non frega nulla di quello che facciamo noi: tu ascolti soltanto gli applausi e conti i biglietti venduti… certo che hai ragione: gli applausi e gli incassi sono la cosa più importante nel nostro mestiere… anzi, a guardar bene, gli applausi contano soltanto perché fanno aumentare gli incassi, altrimenti, voi, neanche degli applausi sapreste cosa farvene. Perché adopero il voi, perché faccio delle divisioni, prendo delle distanze? perché ogni tanto bisogna incominciare ad alzare dei muri, a scavare delle fosse… eh, no, mio caro, non siamo sempre sulla stessa barca… ci sono delle differenze, eccome se ci sono! Guarda adesso, per esempio, venire a scoprire che dopo tre mesi, con duecento e passa spettacoli sulla schiena, tu non hai mai ascoltato il mio numero!… d’accordo, hai altro da fare… non vuoi perdere d’occhio la cassa, d’accordo… ma una volta su duecento, una volta sola… anche per curiosità… e per un briciolo di soddisfazione a questo fesso sbattuto laggiù… Pazienza! Come non detto. No, guarda, non insistere perché proprio non me la sento. No, non me la sono presa a male: a certe cose ci si fa il callo… e poi, in un momento come questo non starei a guardare. Te l’ho detto e ridetto il motivo: non ho un copione, e non so cosa raccontare. Come dici? l’attore è superiore al testo? guarda, io questa superiorità dell’attore non l’ho mai capita. C’è gente che riesce a fare spettacolo con un niente, con la loro sola presenza: io no, ho bisogno di un copione, di prove e riprove per essere decente… e forse è proprio per questo che, come dici tu, qualche applauso lo strappo. Se no sarei un disastro, una frana… Ma renditi conto che mi chiedi l’impossibile… la mia vita, i miei ricordi non possono interessare nessuno… ma lo sai veramente quello che può esserci dentro una persona?… quello che c’è dentro di me, lo sai?… forse non te l’immagini neppure… Ecco, fai conto della porta di un camerino che si apre e di vedere tua moglie, mezza nuda, abbracciata con il suo compagno di numero. Come…? può non essere una sorpresa? d’accordo: in certi casi uno se l’aspetta e, quando capita, che impressione vuoi che gli faccia? Ma se questo sospetto non t’è mai passato per la testa, se mai e poi mai hai pensato che potesse succedere, me lo dici come ci rimani, eh?… e io?… e che cosa volevi che facessi, la tragedia?… in una compagnia di rivista!… sul comico l’ho buttata… dico: “che succede, ragazzi, state provando un numero nuovo? fate bene perché il porno–show va forte”… e loro?… mia moglie senza fiato, e lui: “non crederai che si facesse sul serio”… e io: “ma per chi mi prendi? Lo so bene che a te piacciono i maschi.”… Ma perché mi fai raccontare queste cose che conosci benissimo?… no?… ma se lo sanno tutti!… e va bene, se davvero ci tieni e se proprio non lo sai, io sono imparziale: o tutti o nessuno… Allora, che cosa vuoi sapere?… se era vero che lui…? io l’ho buttata lì a caso, tanto per umiliarlo, ma, guarda un po’, ci avevo indovinato… sembra che fra tanti tentativi che avesse fatto di andare con le donne, solo con mia moglie… capisci? Vedi bene che non si trattava di un adulterio… era un’opera di beneficenza… era come una dama di San Vincenzo, mia moglie… la San Vincenzo degli invertiti. Come l’ho presa io al momento?… “scusate tanto” ho detto, e ho richiuso la porta… quando si può fare del bene a qualcuno!… Dici che sono un uomo caritatevole?… e mia moglie, allora, che se ne andò con lui a continuare… la sua missione?!… Due anni insieme c’è stata… pensa che forza d’animo! Ecco, vuoi che vada fuori a raccontare questa roba? oppure dell’anno scorso, prima di venire con te, quando incontro Esposito… quello della compagnia “Bèlle Epoque”… sì, lui, il vecchio, quello con due denti d’oro proprio qui davanti… mi dice: “Sto mettendo insieme uno spettacolo, vuoi venire con noi?” E io, con l’aria di chi naviga in mezzo alle proposte: “Potrebbe anche… di che si tratta?” E lui: “Avresti un numero con un bocconcino tutto pepe… ma che non ti venga in mente di allungare le zampe, perché quella me la pascolo io…“ Beh, il bocconcino era mia moglie… sempre nel campo della beneficenza: ora si occupava di assistenza agli anziani… Come andò a finire? Che non potei entrare in compagnia… era un tipo geloso Esposito, e quando seppe… eh, no, fu proprio lui a non volermi: io ci sarei passato sopra… ero a spasso da sei mesi… vuoi parlare di dignità a uno che da sei mesi si arrampica sugli specchi per campare?! Questo dovrei andare a raccontare?!… ah, dici che potrebbe divertire?… Ma per cosa l’hai preso il pubblico, per una pattumiera che raccoglie ogni rifiuto?… ora non voglio farti una lezione, ma devo ricordarti che il teatro è finzione, là sopra la verità non ci può stare: è stonata, dà fastidio… Dici che la mia non è più verità, che la trasfiguro nel raccontarla?… ah, se fosse vero! se per noi attori non esistesse mai una vita autentica, ma solo finzioni da rappresentare!… se ogni vicenda della nostra esistenza, invece di entrarci nella carne, si rovesciasse sul pubblico! una vita intera che passa su di te come l’acqua di un fiume, e tu che hai il solo compito di mostrarla, secondo precise regole estetiche, estraniandola, magari, oggettivandola… Pensi che stia recitando? Ma uno che dice: “scusate tanto” e chiude la porta, che cosa fa se non allontanare da sé quella vicenda che gli è caduta addosso?… Che cosa ha fatto in quel momento: ha pensato a sfogare un moto dell’animo, o si è preoccupato dell’applauso del pubblico? dici che mi ubriaco di parole? forse hai ragione, ma è un’idea che mi piace questa, una scoperta che mette tutto a posto… ah, come mi sento leggero, adesso! Sì, ora potrei anche andare là fuori, se fossi capace di raccontare quello che provo… no, scherzavo, non ci sperare: io fuori non ci vado. A parte il fatto che non saprei come spiegarla, non me la sento ancora bene addosso questa verità… devo farci l’abitudine… sai, non è un fatto da niente: è qualcosa che entra profondamente in te, che si stabilisce nella tua fisionomia… “che succede, ragazzi, state provando un numero nuovo?” e risate e risate… “scusate tanto” e giù uno scroscio di applausi… il pubblico, capisci, sempre intorno a noi… perché il teatro è insieme autore, attore e pubblico… anche quando provi la parte nel tuo camerino, il pubblico immagini sempre che ci sia… e chi scrive un copione per il teatro, sente l’attore che lo recita e il pubblico che l’ascolta… sempre! Che cosa dici… che è così per tutti, che l’intera vita umana è teatro?… Via, mi meraviglio che tu non l’abbia ancora scoperto che è soltanto la consapevolezza a darti la misura della tua esistenza. Parlo troppo difficile?... e allora ti dirò che gli altri non possono essere attori perché non sanno nulla del teatro. Per loro l’esistenza è un groviglio confuso di azioni da compiere, di parole da dire, di azioni e di parole da soffrire dentro di loro, e non da mostrare soltanto, perché loro non sanno che c’è un pubblico intorno, che deve esserci sempre. Noi, invece, che questa consapevolezza l’abbiamo dentro, noi sì che sappiamo quali cose sono importanti. E’ importante il gesto: aristocratico… paterno… triviale… è importante l’incedere: solenne… incerto… dimesso… sono importanti toni, volumi, pause, fiati… “che succede, ragazzi, state provando un numero nuovo?”… “scusate tanto”… sentito che perfezione?… E questo non è niente, avresti dovuto sentirmi quel giorno con Esposito… un capolavoro!… e sai che a me non piace vantarmi, che amo la modestia e passare inosservato… come tutti gli attori, del resto… cosa fai, ti metti a ridere?… beh, una battuta ogni tanto me la concederai, no?… Allora, quel giorno Esposito mi fa: “Devi scusarmi, sai, ma io della faccenda di te e di tua moglie non sapevo nulla…” e io, con un largo sorriso alla platea: “che vuoi farci, mio caro, cose che capitano…” e lui: “Ora quello che mi rincresce di più è di non poterti avere in compagnia…” Lento girare della testa, lieve movimento delle spalle, espressione stupita: “Non vuoi più che rimanga… e perché?” “Non vorrai restare qui con tua moglie… e me…” Aria innocente, voce flautata d’ingenua… Agnese nella Scuola delle mogli di Molière… “perché, c’è qualcosa c’è che non va?” E lui, da vecchio, consumato istrione, rotto a tutte le tempeste di palcoscenico: “Ma cosa dici?!… la mia è una compagnia seria!” E qui ho toccato l’apice del professionismo… dentro di me c’erano i bauli sequestrati dalla padrona di casa, l’orologio d’oro al monte di pietà, l’assegno scoperto in trattoria… eppure non ho pensato che a una sola cosa: a chiedere aiuto a tutti gli Armando Duval della storia… e, a testa alta, con un sorriso beffardo: “Ma via, Esposito, che cosa vai a tirar fuori… siamo uomini di mondo, no?!” Fantastico, vero? E’ un sistema che ho trovato da solo, sai... certo, non l’ho inventato io, si capisce, ma io l’ho riscoperto, rispolverato, rimesso in esercizio… e ne posso spiegare per filo e per segno il funzionamento. Hai un peso che ti schiaccia? Appoggialo sul pubblico. C’è qualcosa che ti dà fastidio? Buttala in platea. Magnifico! Ecco, ora ho capito: questa è l’autentica superiorità dell’attore. Fantastico il mio sistema, vero? Peccato che non si possa brevettare, perché non può andare bene per tutti... bisogna essere attori per poterlo adoperare: vivere fra palazzi di cartapesta, pugnali a lama rientrante, travestimenti, capelli finti… guarda mia moglie che è stata due anni con un finto maschio… dici che anche lei era una finta moglie? naturale! lo sbaglio era stato il mio, quello di introdurre un sentimento vero nella finzione generale, quello di vivere in privato ciò che invece era destinato al pubblico… ma l’ho capito subito per fortuna, e ho saputo rimediare in tempo: “state provando un numero nuovo?” oplà sul pubblico!… “siamo uomini di mondo, no?” Scaricato!... Sai cosa ti dico? Ora potrei anche andarci sul palcoscenico a riempirti quei dieci minuti… eh, come corri… ho detto “potrei”… ma sì, su con la vita: te lo faccio io il tappabuchi… ora posso affrontare qualunque situazione: non ho più paura di nulla, adesso. Che meraviglia! posso tirare a inventare o raccontare quello che è veramente successo… non cambia nulla, perché è un copione, capisci?... un copione scritto per me da mia moglie o da un Esposito qualsiasi… No, non c’è bisogno di ringraziarmi: mi costa così poco… ecco la musichetta che chiude il numero… tocca a me, allora… hai detto dieci minuti, vero?... lascia fare a me… e piantala con i ringraziamenti… ringrazia il fatto di avere in compagnia un attore di razza, capito? un autentico attore!

(Si muove verso il palcoscenico)

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DELIRIO ALL’UFFICIO POSTALE

(minim’atto)


Personaggi:

Luigi

Il Generale

Pasquale

Cliente (voce)

Silvia

Nota: I quattro ruoli maschili possono essere interpretati anche da un solo attore.

La scena:

Interno di ufficio postale – reparto raccomandate. Al centro sacchi di corrispondenza; di fronte un pannello divisorio; a sinistra due armadietti guardaroba. Lo sportello di accettazione delle raccomandate è di fianco, vicino al proscenio.


(All’aprirsi del sipario, Luigi è davanti al suo armadietto: si toglie la giacca e indossa una vestaglia. Silvia entra con passo stanco e si siede su uno sgabello al centro.)

LUIGI:                   - (voltandosi e accorgendosi di Silvia:) Ah, sei già qui! Non ti avevo sentita… un po’ giù stamani, eh?… capita anche a me quando mi alzo.

SILVIA:                 - E la voglia di vomitare, la mattina, ti viene mai?

LUIGI:                   - Dipende da cosa ho mangiato la sera.

SILVIA:                 - Non arriva di qui… (si tocca lo stomaco)… ma di qui… (si tocca la fronte)

LUIGI:                   - (gridando a qualcuno in un altro reparto) Mancano cinque minuti all’apertura!

SILVIA:                 - Io non ero nata per questa vita.

LUIGI:                   - A chi lo dici! Pensa che sarei potuto essere in banca.

SILVIA:                 - E non sarebbe lo stesso?

LUIGI:                   - Eh, no: ci sarebbe una bella differenza.

SILVIA:                 - Mi pare di sentire Pasquale.

LUIGI:                   - Cosa c’entra tuo marito?

SILVIA:                 - Siete senza fantasia, voi uomini. Sai che Pasquale invidia il mio posto a quello sportello?

LUIGI:                   - E’ naturale. Dev’essere dura andarsene in giro tutto il giorno a fare il commesso viaggiatore.

SILVIA:                 - E così, con lui non parlo neanche più, per non finire a leticare.

LUIGI:                   - Guarda che fra due minuti si apre.

SILVIA:                 - (andando verso il suo armadietto) Si chiude, Luigi, fra due minuti… anche l’ultimo spiraglio sul mondo, si chiude…

LUIGI:                   - Si può sapere che cosa vorresti fare, tu?

SILVIA:                 - E chi lo sa… l’esploratrice, magari… o la stella del cinema…

LUIGI:                   - Mica male l’idea, avendo il fisico adatto. Hai visto il film di ieri sera in Tv?

SILVIA:                 - L’ho sentito.

LUIGI:                   - Sentito?!

SILVIA:                 - Sì, la sera, davanti alla televisione, ho i calzini di Pasquale da rammendare.

LUIGI:                   - Ah, i calzini…

SILVIA:                 - Tu non hai idea di come li consumi… due paia al giorno… con buchi grossi così…

LUIGI:                   - Sfido io, con tutto quel camminare che fa!… (gridando nell’altro reparto) … Francesco, puoi aprire!

SILVIA:                 - Sai come lo vedo il mondo, io, Luigi?

LUIGI:                   - Come me, penso: una scatola buia piena di insetti che sbatacchiano qua e là, senza sapere dove andare.

SILVIA:                 - Sì, è una scatola, ma a forma di calzino… e non è buia, perché ha un buco sul calcagno… (alza la ghigliottina del suo sportello) … questo!

LUIGI:                   - (superando il pannello di separazione) Buon lavoro!

SILVIA:                 - (incomincia a lavorare) Telegrammi sportello accanto… qui solo raccomandate… manca il numero di codice…  (astraendosi)… sì, per diventare una diva del cinema ci vorrebbe il fisico adatto… La bellezza è un aiuto, qualunque cosa tu faccia… (prende dalla borsa uno specchietto e si esamina il viso)… ma la personalità è ancora più importante… Giovanna d’Arco, per esempio, era bella o era brutta?… doveva esser bella, altrimenti come avrebbe fatto a convincere i suoi contemporanei di essere stata incaricata da Dio… Ma va là… Stai a vedere che Dio si rivolge a una bruttona come lei… Con tutte le pulzelle che ci sono!… era bella: è chiaro…

CLIENTE:             - Allora, questa raccomandata?!…

SILVIA:                 (prende una lettera)… chiaro bisogna scrivere …. Che cos’è, Pescara, questa? … Perché non adopera lo stampatello?… (sbrigando il lavoro)… se proprio non era bella, doveva almeno avere un viso particolare, un’espressione ascetica: “Delfino di Francia, le voci mi hanno detto che devi prendere le armi per liberare la patria…“… macché bella o brutta: altra gente, altri tempi!… te l’immagini oggi?… “Signor Presidente, le voci mi hanno detto che devi prendere le armi…”… “pronto?… un’ambulanza urgente qui alla presidenza…“

CLIENTE:             - Come ha detto?

SILVIA:                 - Non parlavo con lei, ma col Presid… a chi tocca?… raccomandata espresso?

CLIENTE:             - Espresso soltanto

SILVIA:                 - L’espresso solo lo prende al bar: qui dev’essere anche raccomandato.

CLIENTE:             - Faccia lei.

SILVIA:                 - (a se stessa) E così, per la centomillesima volta, ho detto la mia battuta. Che spirito!… forse neanche Pasquale, quando va dai clienti… ma perché me la prendo sempre con lui, povero uomo?… sì, è un po’ limitato, ma mi vuol bene… mi dà tutto quello che può… anche se io avrei bisogno di ben altro… la mia vita si consuma in solitudine… inaridisco in un angolo, come una pianta senz’acqua… avrei bisogno di contatti umani, di scambi spirituali…

LUIGI:                   - (apparendo dal divisorio) Hai da cambiare diecimila?

SILVIA:                 - Da cambiare con cosa?

LUIGI:                   - Come… Con cosa ?… dieci fogli da mille… o venti da cinquecento…

SILVIA:                 - Scusa, Luigi, stavo pensando a un’altra cosa… (cambia il biglietto)… quattro… cinque… stamani non riesco ad ingranare.

LUIGI:                   - A chi lo dici!… grazie… (sparisce oltre il divisorio)

SILVIA:                 - Eccolo il mio dramma: l’incomprensione… quando qualche mattina dico: “stamani non mi sento”, Pasquale pronto: “te l’avevo detto ieri sera di non mangiare i carciofi!”… e così ho imparato a non dire più niente… (si alza  e  si muove con atteggiamenti da attrice vecchio stile)… sì, signori: ho imparato a soffocare dentro di me ogni impulso, ogni anelito verso quella libertà dello spirito che ogni essere umano ha bisogno di raggiungere…

CLIENTE:             - Chi me la fa la raccomandata?

SILVIA:                 - Che succede?

CLIENTE:             - E’ un’ora che sono qui.

SILVIA:                 - Un’ora ? … e io è tutta la vita che… insomma, un momento per respirare me lo darete no, va bene soffocare ogni impulso, ogni anelito … ma c’è bisogno anche di respirare, no? (torna a sedere)… dia qua… ma questo è un contrassegno … e a questo sportello i contrassegni non si fanno: c’è il cartello qui fuori… qui si fanno solo le raccomandate… niente telegrammi, né vaglia, né pacchi postali… e nemmeno i servizi di conto corrente… leggeteli questi benedetti cartelli!… (di nuovo astraendosi)… e se fosse così anche per me ?… tutta una serie di cartelli che nessuno legge: sentimento… immaginazione… sensibilità… tenerezza… sensualità… (torna al lavoro)… manca l’indirizzo del mittente… e anche il numero di codice… (astraendosi)... e se fosse proprio per quello… se questi messaggi non fossero arrivati perché mancava il numero di codice?!… sarebbe il colmo!… per tutta la vita hai aspettato la risposta a una lettera che non è mai arrivata…

CLIENTE:             - E dov’è andata a finire?

SILVIA:                 - Che cosa?

CLIENTE:             - La lettera… che cosa ne avete fatto?

SILVIA:                 - (punta sull’orgoglio professionale) Fatto cosa?… qui non c’è niente che scompare!… della posta si può dire di tutto: ritardi, disguidi… ma niente va perso. Quante volte veniamo a sapere di una lettera che dopo venti o trenta… o quarant’anni… (astraendosi)… così, magari, un giorno potrebbe capitare…

(Cerchio di luce di un proiettore verso il pannello divisorio. Allegra nota di una marcetta militare. Appare un signore con capelli e lunghi baffi candidi: veste una fantasiosa e pittoresca divisa militare. Il nuovo arrivato saluta militarmente, compiendo un leggero inchino).

GENERALE: - Generale della riserva Filiberto de Savignac… solo ora ho avuto notizia della sua esistenza , signora… Solo ora mi rendo conto che in questa parte del mondo esisteva una creatura dolce e soave come lei, la mia anima gemella, la donna che ho cercato invano per tutta la vita. Eccolo, dopo quarant’anni, l’essere accanto al quale avrei potuto vivere felice!… Quanto tempo sciupato!… Mentre la cercavo disperatamente, signora, ho consumato la mia carriera da sottotenente a generale di corpo d’armata; ho messo al mondo sette figli con l’aiuto delle due donne che, per un crudele scherzo del destino, hanno occupato –una dopo l’altra, naturalmente– quel posto accanto a me che spettava  a lei…

CLIENTE:             - (risentito) Guardi che ora tocca me!…

(Generale, luce e musica scompaiono)

SILVIA:                 - (trasognata) E perché dovrebbe toccare a lei?

CLIENTE:             - Sono il primo della fila.

SILVIA:                 - C’è il generale prima di lei!

CLIENTE:             - Quale generale?… io non l’ho visto.

SILVIA:                 - Era qui un attimo fa…

CLIENTE:             - Ma se è un’ora che sono qui!

SILVIA:                 - Un’ora?… ma faccia il piacere!… lui sono quarant’anni che aspetta!

CLIENTE:             - Beh, se davvero aspetta da quarant’anni, allora è arrivato prima di me.

SILVIA:                 - (si alza e gira per l’ufficio) Generale!... dov’è andato, generale?…

(Si riaccende il riflettore sul divisorio dove appare un uomo di schiena. Silvia fa un passo verso di lui)

SILVIA:                 - … Ah!… è tornato!… (l’uomo si volta: e’ Pasquale con le valigie del campionario) Pasquale!... tu ?!… che… che cosa fai qui?!

PASQUALE:        - Cerco un paio di calzini… Dove li hai ficcati?

SILVIA:                 - (smarrita, disperata)... I calzini… quali calzini…. Come i calzini?!…

PASQUALE:        - … i calzini, sì, cosa c’è di strano?!… posso andar fuori senza i calzini?! (mostra i piedi nudi)

SILVIA:                 - Li ho rammendati ieri sera… sono nel primo cassetto… dove li metto da quarant’anni…

PASQUALE:        - Quali quarant’anni, se siamo sposati da cinque?

SILVIA:                 - E io sono quarant’anni che rammendo calzini… quattrocento… quattromila anni!… cassetti pieni di calzini… armadi… montagne di calzini!…

(Pasquale sparisce; Silvia torna al suo posto affranta. prende in mano un pacchetto)

SILVIA:                 - … i calzini!…

CLIENTE:             - Guardi che dentro non ci sono calzini.

SILVIA:                 - E invece ci sono!

CLIENTE:             - Ma se l’ho fatto io il pacchetto!

SILVIA:                 - (riprendendosi) Scusi… mi ero distratta un momento… (si astrae di nuovo)… e tutto per uno scherzo del destino… (colpisce col timbro a guisa di pugnale)... muori, destino atroce… muori, infame!…

CLIENTE:             - Ma cosa fa col timbro, scusi?

SILVIA:                 - Come?… (riprendendosi)… lo vede cosa faccio… timbro!… ogni ricevuta che esce da un ufficio postale deve essere timbrata…

CLIENTE:             - Ma lei mi ha timbrato anche le mille lire di resto!

SILVIA:                 - … beh, … così, se risultano false, lei sa chi gliel’ha date.

(Le luci si affievoliscono, quindi tornano a rialzarsi)

LUIGI:                   - (apparendo dal divisorio) Vuoi fare gli straordinari? È ora di chiusura.

SILVIA:                 - Ah, sì?… (ad alta voce)… si chiude!

(Silvia abbassa la ghigliottina dello sportello, quindi resta seduta a guardare Luigi che si toglie la vestaglia fischiettando)

LUIGI:                   - Giornata dura, oggi…

SILVIA:                 - Non mi sembri troppo depresso, però.

LUIGI:                   - E’ il pensiero di quello che mi aspetta a casa a tirarmi su… la Juve stasera gioca in Olanda e trasmettono la partita in Tv… (fischietta)

SILVIA:                 - Ah!

LUIGI:                   -… peccato che a te il calcio non piaccia.

SILVIA:                 - Tanto, anche se mi piacesse, davanti al televisore…

LUIGI:                   - Già… i calzini

SILVIA:                 - (quasi piangendo) Anch’io, però, sono allegra, sai…

LUIGI:                   - Non si direbbe.

SILVIA:                 - Figurati che ho visto una persona che avrei dovuto incontrare quarant’anni fa…

LUIGI:                   - Ma se quarant’anni fa non eri ancora nata!

SILVIA:                 - Che c’entra… lui mi cercava lo stesso!… fa piacere, sai, sapere che qualcuno… Il mondo sembra persino diverso…

LUIGI:                   - C’è poco che cambia: la solita scatola buia, attraversata ogni tanto da brevi raggi di luce.

SILVIA:                 - Le partite della Juve in Tv, magari.

LUIGI:                   - Ecco.

SILVIA:                 - Una mia lontana parente, anni fa, sposò un tenente colonnello… generale di corpo d’armata è più di tenente colonnello?

LUIGI:                   - Eh, sì… un bel po’ di più

SILVIA:                 - Sì, forse hai ragione: una scatola buia e qualche raggio di sole ogni tanto…

(E’ pensierosa mentre Luigi continua a fischiettare. La luce si affievolisce e torna ad alzarsi: è una nuova giornata. Luigi sta indossando la vestaglia. Entra Silvia con passo stanco.)

LUIGI:                   - Ciao, Silvia… Come va stamani? (Silvia alza le spalle) Io ho un diavolo per capello.

SILVIA:                 - La Juve ha perso ieri sera?

LUIGI:                   - All’ultimo minuto… un maledetto raso-terra… uno a zero!

SILVIA:                 - E così, ora nella scatola non c’è che buio, vero?

LUIGI:                   - Fino a martedì prossimo.

SILVIA:                 - E che cosa succederà martedì?

LUIGI:                   - C’è la partita di ritorno… E quella non si gioca in Olanda, ma qui.

SILVIA:                 - E che cosa cambia?

LUIGI:                   - Tutto cambia… altra musica!… e tu, invece?

SILVIA:                 - Beh, anch’io me la cavo… ieri mi hanno detto che sono una creatura dolce e soave.

LUIGI:                   - Accipicchia che complimento! Non è stato Pasquale a fartelo, per caso?

SILVIA:                 - Non c’è pericolo! Come fa lui ad accorgersi di qualcosa che non è nel suo campionario?

LUIGI:                   - “Una creatura dolce e soave”… fa venire a mente le opere liriche.

SILVIA:                 - E perché?

LUIGI:                   - Come, perché… è linguaggio da opere quello… (con gesto e timbro di tenore) “Oh, soave fanciulla…”

SILVIA:                 - Sai anche cantare?

LUIGI:                   - Una volta, quand’ero ragazzo… Avrei dovuto studiare canto… eh, sì, se mi avessero fatto studiare, chissà dove sarei adesso… (riprende con maggiore impegno) “Oh soave fanciulla, fulgido a te si schiude un radioso avvenir…”

BUIO