Studio perimetrale intorno all’incertezza
Studio perimetrale intorno all’incertezza
di Massimo Maraviglia
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Studio perimetrale intorno all’incertezza
Note di regia
di Massimo Maraviglia
•Di un viaggio cognitivo – ebbe a scrivere una volta Michel Ciment – l’esito più interessante che ci si possa auspicare è quello inatteso. Si parte alla ricerca di un approdo e se ne trova un altro. Quanto importa che sia quello per il quale il viaggio fu iniziato, nessuno al momento dell’arrivo lo può dire. Accade lo stesso per le idee che muovono i passi di ogni ricerca, in ogni ambito conoscitivo.
•Gli esiti di ogni studio sono, per loro statuto ontologico, imperfetti, se perfetto vuol dire compiuto, condotto “fino in fondo”. Prima domanda: che vuol dire “fino in fondo?” Di quale fondo stiamo parlando? Davvero c’è bisogno di un fondo? E se fosse proprio l’idea del fondo a svilire l’esito di ogni studio?
•Probabilmente è proprio quest’idea del “fino in fondo” uno dei più velenosi rizomi della nostra così poco ricercante cultura occidentale, con le sue declinazioni sotto forma di “obiettivi”, “conclusioni”, “efficacie”, “controlli”, “prevenzioni”, “certezze”. Il campo semantico che si può disegnare intorno all’idea del “fino in fondo” è ampio, probabilmente rassicurante, perché è quello a noi più familiare.
•Nel caso di questo Studio perimetrale…, l’esplorazione è intorno ad una delle idee più rifiutate se non equivocate della Storia non scritta: quella dell’incertezza.
•Probabilmente la maggior parte delle sofferenze umane radicano qui, nella richiesta di certezza che nessuna garanzia può colmare “fino in fondo”.
•La certezza sembra il vestigio di una cultura positivista che già da molti, molti lustri ha manifestato la sua inadeguatezza, la pietra angolare di ogni rapporto di malinteso potere tra chi dice di poter dare certezza e chi cerca e accetta promesse di certezza: una delle possibili forme della schiavitù.
•Ed è una schiavitù atavica, che prima ancora di regolare i rapporti tra gli uomini, regolò quelli tra uomini e divinità. Scioltisi gradualmente i legami con la metafisica, altrettanto gradualmente la materica, sempre più isterica ricerca di certezza ha corroso ogni possibile forma di felicità: se è vero che ogni infelicità è mancanza ed ogni mancanza si riduce a una mancanza di certezza.
•L’unica possibile certezza è quella generata da una fede (o fiducia?) sconsiderata che a noi, gente di questo tempo, è irrimediabilmente interdetta, a meno che non tocchi in sorte (o non si scelga, ammesso che si possa scegliere) la strada della follia o dell’autoesclusione, che porta “al di là” di ogni certezza e/o incertezza.
•Ma “al di qua”, nello spazio dell’ “in tempo reale” e delle rapide negoziazioni economiche, pertinace permane il bisogno di certezza e la conseguente paura di non poterla guadagnare, e allora i rimedi contro la paura – in un mondo regolato dalle sole leggi di mercato - divengono le merci più vendute, surrogati subdoli e grotteschi di certezze e sicurezze, dunque della felicità.
•“Dopo la terra, il denaro e il lavoro, diverrà merce anche la paura, e in ultimo l’acqua”: forse un’Apocalisse riscritta potrebbe tra i suoi passi recitare così.
•Ma cosa accade se a un certo punto, esperita ogni possibile catastrofe, si provasse ad abitare il vuoto lasciato dalla sparizione di ogni possibile conato di certezza?
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Studio perimetrale intorno all’incertezza
•Lo Studio perimetrale intorno all’incertezza (esplorazione di orizzonti, non di profondità) parte da questa domanda, generando un movimento irregolare che può divenire centripeto o centrifugo a seconda del punto in cui lo si osserva o lo si intende attraversare. Si tratta dunque, su un piano possibile di discorso, di un attentato all’infelicità, più che un tentativo di felicità (al quale varrebbe comunque la pena aspirare).
•Su un altro piano di discorso, lo Studio perimetrale è un segmento – non necessariamente il primo e forse nemmeno l’ultimo – di un tracciato reticolare dedicato ad un “teatro dell’incertezza”.
•Si può immaginare un teatro “della certezza”, dove le aspettative siano più o meno soddisfatte, le storie raccontate, conchiuse, comprese, esplicitate. Storie in cui gli equilibri di scambio siano più o meno rispettati, i climax raggiunti, le agnizioni soddisfatte, i sensi svelati, perché chi assiste si senta “rassicurato” e possa infine dire “mi piace, non mi piace, concordo, discordo…” nel rispetto degli equilibri cognitivi di ciascuno, senza che nulla di catastrofico o destabilizzante possa scaturire dal theaomai.
•Oppure si può immaginare un teatro dell’incertezza, dove le attese si ritrovano negate, le sintassi narrative minate, incrinate e pronte a collassare, un teatro in cui non siano raccontate storie ma mondi nei quali ci si può anche annullare e gli equilibri di scambio siano disattesi, antieconomicamente, di modo che l’esperienza della visione susciti qualche forma di smarrimento che preceda il bisogno di ripensare, rivedere, ricompensare.
•Una scrittura in cui nessun esito certo è dato, non per il gusto del vagore o per la scontata bontà del dubbio, ma per minare al fondo gli assiomi più o meno velati sui quali si impiantano le più negoziate rappresentazioni (di qualsiasi natura esse siano).
•Una scrittura dell’ora in cui non c’è più scandalo, né stupore, né catarsi né paura immediata (resta quella mediata dai media e mercificata) in una parola: una scrittura dell’ora che non c’è più tragedia.
•Lo Studio perimetrale intorno all’incertezza, su un altro piano possibile del discorso, diviene allora lo scavo archeologico intorno ad un’area di macerie di una civiltà che forse non è mai esistita e che forse un giorno, liberati dal bisogno di certezza, si potrà edificare, in stretta collaborazione tra uomini e dèi tutti, parimenti, corresponsabilmente.
•Studiare l‘incertezza – a cominciare da quella dell’attore – per tentare la distopica ricerca di un germe di felicità. E questo è tutto.
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Dramatis personae
Saturnino
Giusconobbe
Scelòn
Svenditrice
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I
Tra le macerie di un edificio da poco crollato. La luce, prima flebile, graduale aumenta. Saturnino parla
Saturnino: È andata via la luce… è accaduto altre volte
Giusconobbe: Malintesi
Saturnino: Ci vuole prudenza … come trovi la prudenza?
Giusconobbe: Malintesi
Saturnino: Intendo il suono… prudenza… fa venire da grattarsi. Quante ne
hai viste?
Giusconobbe: Ne ho consumate molte
Saturnino: Dodici negli ultimi due anni, credo
Giusconobbe: Malintesi…
Saturnino: Comprese quelle collettive…
Giusconobbe: Comprese. Come procedere
Saturnino: Dipende…
Giusconobbe: Dipende
Saturnino: Non tutte sono uguali. Un po’ uguali, magari, lo sono diventate.
Alcune si poteva anche evitarle…
Giusconobbe: Senza catastrofi, cosa rimane
Saturnino: Le trovi interessanti?
Giusconobbe: Hanno le loro ragioni
Saturnino: A trovarle, se ci fosse il tempo. Si applica il protocollo di
reazione e via… catastrofe, disperazione, dolore, depressione e
contrizione, ripresa, rinascita, crisi e poi nuova catastrofe.
Sempre più rapidi, fino al punto immobile, niente ragioni!
Giusconobbe: Tempo reale
Saturnino: Tempo reale, esatto… Giunti a regime, rinascita e catastrofe si
manifesteranno simultaneamente, dei passaggi intermedi potrebbe non restare nulla.
Giusconobbe: Altra catastrofe. Malintesi.
Saturnino: Dall’ultima catastrofe, prima di questa intendo, quanto tempo c’è
stato per riprendersi? Quasi niente, direi
Giusconobbe: Per provar dolore
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Studio perimetrale intorno all’incertezza
Saturnino: Niente, direi. Niente. Anestetizzati.
Giusconobbe: In tempo reale
Saturnino: Chissà come sarebbe un tempo irreale. (avvicinandosi e guardando
Giusconobbe nella penombra) Ci conosciamo?
Giusconobbe: Può darsi
Saturnino: Io ero al quarto… prima del crollo, intendo
Giusconobbe: Io più in alto
Saturnino: Ecco. Forse per questo... Sa che le dico? Mi manca il pianto.
Piangiamo un po’ insieme?
Giusconobbe: Proviamo…
Piangono insieme, ma il loro pianto è grottesco, burlesco, sordamente infelice, poi s’interrompono di botto
Giusconobbe: È inadeguato…
Saturnino: Proviamo col riso?
Prova a ridere, ma è peggio del pianto
Saturnino: Che le sembra?
Giusconobbe: E a lei
Saturnino: Proviamo di nuovo…
Riprovano, è un riso sforzato, molto prossimo al tentato pianto di prima
Saturnino: Lasciamo stare, riproviamo dopo…
Giusconobbe: Dopo quando.
Saturnino: Prima le cose più urgenti…
Giusconobbe: Cose urgenti
Saturnino: Potrebbero esserci
Giusconobbe: E poi
Saturnino: Le risolviamo. Dovremmo intanto inventariare. Questo lo so fare.
Ho lavorato tanto come bibliotecario…
Giusconobbe: Lo so
Saturnino: (avvicinandosi e scrutandolo negli occhi) Come fa a saperlo?
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Giusconobbe: |
Ha l’occhio attento |
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Saturnino: |
Ed anche computante. Certo lavorare senza elenco.... Se non erro |
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al primo viveva una famiglia da quattro… scavando forse |
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potremmo… |
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Giusconobbe: |
Via. Scappati via. |
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Saturnino: |
Quando? |
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Giusconobbe: |
Prima del primo allarme. |
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Saturnino: |
Il vecchio della porta accanto… |
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Giusconobbe: |
Morto. Tre anni sette mesi e cinque giorni orsono… dose letale di |
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disattenzione |
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Saturnino: |
Al terzo, i sei studenti… |
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Giusconobbe: |
Rapiti da una setta di adoratori del Principe Pecunio |
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Saturnino: |
E la vedova del generale? |
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Giusconobbe: |
Suicidata, quattro mesi e due giorni orsono… si è lanciata in un |
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burraco… |
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Saturnino: |
Ah… al quinto, le tre sorelle… |
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Giusconobbe: |
Dieci anni due mesi e nove giorni ad oggi. Uccise da un |
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commando di rappresentanti porta a porta |
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Saturnino: |
Questo è il motivo per cui non apro mai… |
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Giusconobbe: |
Calati dal camino… |
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Saturnino: |
Natalizi! |
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Giusconobbe: |
…esasperati. |
Nessuno |
volle |
più |
acquistare |
il |
turbolavalavaspiratore, tampoco le sorelle, per quanto generose. |
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Prima massacrate e poi turboaspirate. Con copioso rumore. |
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Saturnino: |
… l’ingegnere con la moglie, quella bella coi capelli grandi e gli |
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occhi lunghi ed il cappello a pandorino… |
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Giusconobbe: |
Ascolta: non c’è nessuno più. |
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Saturnino: |
E noi? |
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Giusconobbe: |
Nessuno |
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Saturnino: |
Non lo avrei detto… crollato tutto, vero? |
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Giusconobbe: |
Quello che vedi. |
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Saturnino: |
Verranno i soccorsi |
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Studio perimetrale intorno all’incertezza
Giusconobbe: Non più.
Saturnino: Come fai a dirlo?
Giusconobbe: Fine dei soccorsi.
Satunino: Meglio così. Un tempo avrei gridato…
Giusconobbe: Fa’ sentire come
Saturnino: “Aiuto aiuto, siamo ancora vivi!”
Giusconobbe: Non c’è nessuno
Saturnino: Prima gridavi e arrivava qualcuno, qualcuno aiutava… perché
avrebbe dovuto? Eppure lo faceva… altri per fare affari… smonta
vendi compra monta… Ci sarà qualcuno che controlla le
catastrofi…
Giusconobbe: Da me a te, tutti, inconsapevolmente… quasi tutti
Saturnino: Come controllore di catastrofi, credo d’essere stato un onesto
disastro
Giusconobbe: Credi di averle soltanto subìte
Saturnino: Mica per questo. Non le ho vedute, però le ho sentite. Intanto che
accadevano, sentivo e immaginavo… senza la consistenza
molecolare del veduto, le cose sono chiare. E allora trovi un
tempo per considerarle, per averne…
Giusconobbe: Cosa
Saturnino: Manca parola. Adesso riprovo.
Saturnino riprova il suo pianto, poi desiste, come per uno starnuto andato via
Saturnino: Vado a computare i danni. Tu non provvedi?
Giusconobbe: Incalcolabili e perfetti, a colpo d’occhio. Manca niente.
Saturnino: Manca niente, a quanto sembra. Verrebbe da brindare
Saturnino porge un piccolo recipiente a Giusconobbe, che lo prende e lo osserva pensieroso per poi guardarsi intorno.
Saturnino: Dimmi che vedi
Giusconobbe: Malintesi. Aver disposto di una cifra che pure ad acquistare a tutto tempo non si è esaurita mai. Ho speso in ogni modo, prodotto beni d’ogni sorta, volutamente errato investimenti. Vedo niente, se non ricchezze duplicate a mo’ di pianta grassa che a dispetto d’ogni arsura, crebbero refrattarie ad ogni forma di respingimento. Molti beneficiari, resi obesi delle mie ricchezze,
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Studio perimetrale intorno all’incertezza
mi vollero colmare di raccomandazioni, richieste, spiegazioni. Lì a prodigarsi con ogni specie di riconoscenza o d’irriconoscenza, inchini, prostrazioni. Quante storie inventate sul mio conto. Il potere, che disastro.
Saturnino: Non vedo disastro
Giusconobbe: Avevo solo d’essere libero… e mi trovai sepolto sotto un peso d’opulenza. Ho trascorso buona parte del mio primo tempo a produrre ed erogare beni e la seconda a governarne le loro conseguenze.
Saturnino: Imprenditore?
Giusconobbe abbozza appena un sorriso
Saturnino: Credo di capire. A me la seconda catastrofe venne incontro a
vent’anni.
Giusconobbe: E la prima
Saturnino: Dimenticata. Ero uscito che non erano due anni dal collegio in
cui ero cresciuto…
Giusconobbe: Orfano, giusto…
Saturnino: … figlio di Nostra Signora…
Giusconobbe: Signora…
Saturnino: Figlio d’ignoti. Tornando da lavoro trovo una lettera di un tal
notaio…
Giusconobbe: Il testamento
Saturnino: Un’eredità. Il mio padre naturale
Giusconobbe: Non conoscesti…
Saturnino: Naturale… si ricordava del figlio abbandonato, al quale destinava
parte dei suoi averi, consistente in libri e denari. I libri a me…
Giusconobbe: E i denari…
Saturnino: A Barattolo. Il cane che accompagnò gli ultimi tempi della sua
vita libera e perfetta. Non poteva lasciare i libri al cane. Di Barattolo, tra l’altro, indicava il testamento me come tutore
Giusconobbe: Tutore di un cane analfabeta.
Saturnino: Barattolo era enorme, forse un incrocio tra razze a me ignote…
irrimediabilmente avido d’affetto, polpette e di un padrone, soprattutto
Giusconobbe: Anche per lui un padrone
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Studio perimetrale intorno all’incertezza
Saturnino: Non volevo fare da padrone…
Giusconobbe: Potevi allontanarlo
Saturnino: Provai.
Giusconobbe: Con esiti
Saturnino: Umilianti. Barattolo fu resistente ad ogni forma di
allontanamento. Le ho escogitate tutte. Polpette al cianuro, gas,
vergate, abluzioni in acqua bollente e il cane lì, sempre a
sorridermi e a leccarmi i piedi
Giusconobbe: Poi hai risolto
Saturnino: Da solo si è risolto. Un giorno è uscito e non è più tornato.
Giusconobbe: Era maturo il tempo.
Saturnino: Mi ci ero affezionato. Sento sete
Giusconobbe: Provvedi.
Saturnino tramesta tra le macerie e trova un rubinetto
Saturnino: Manca l’acqua
Giusconobbe: Non da adesso
Saturnino, con un bastone recuperato, comincia a picchiettare tutto intorno
Saturnino: Mosè picchiò la roccia e sgorgò l’acqua… Mosé picchiava rocce e acqua sgorgava… Credi ai miracoli? Ti racconto di questo sogno miracoloso. Ero davanti ad una scatoletta di sardine, ed aspettavo fiducioso che esse da un momento all’altro potessero risorgere dalla salamoia… aspetto, aspetto… nulla… all’improvviso sento le sardine mormorare, dall’interno vedo aprirle la lattina, con un guizzo balzano fuori e mi dicono stizzite: ma la chiavetta che è sulla scatoletta, non potevi usarla prima? ah benedetto benedetto… C’era bisogno proprio d’attendere un miracolo? Mi sono svegliato e allora ho pensato…
Picchia insistentemente ovunque, prima paziente poi con maggiore veemenza, sotto gli occhi di Giusconobbe che resta immobile ad osservare. Dopo vari tentativi, poggia con garbo il bastone per terra
Saturnino: Niente acqua.
Giusconobbe raccoglie il bastone, fa come per picchiare una pietra, poi ci ripensa e desiste
Saturnino: Perché non provi?
Giusconobbe: Non provo
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Studio perimetrale intorno all’incertezza
II
Passa la Svenditrice, come ambulante in un deserto. Il suo carretto di merci somiglia a una piccola discarica mobile di rifiuti speciali su cui quella che dovrebbe essere la merce è disposta in arditissimi mucchi precari che sembrano essere sul punto di precipitare.
Svenditrice: |
Panini souvenir delizie croci cornetti |
pizzette |
Saturnino: |
E lei da dove viene? |
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Svenditrice: |
Dal campo di macerie accanto. Panini souvenir delizie croci |
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cornetti pizzette |
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Saturnino: |
Ci sono altri sopravvissuti altrove? |
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Svenditrice: |
Panini souvenir delizie croci cornetti |
pizzette… |
Saturnino: |
(a Giusconobbe) Vuoi qualcosa? |
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Giusconobbe: |
Chiedi dell’acqua |
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Saturnino: |
Signora! (alla Svenditrice che sta per andare via) Dell’acqua, per |
|
favore |
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Svenditrice: |
Panini souvenir delizie croci cornetti |
pizzette… |
Saturnino: |
Acqua, per favore! |
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Svenditrice: |
Questa è l’ultima (tirando fuori una piccola bottiglia). Per me |
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(beve). |
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Giusconobbe: |
(suggerendo a Saturnino) Gliela pago |
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Saturnino: |
(alla Svenditrice) Gliela paga! |
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Svenditrice: |
Me la paga. Quanto? |
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Giusconobbe: |
(suggerendo a Saturnino) Posseggo molto oro. |
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Saturnino: |
(alla Svenditrice) Possiede molto oro! |
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Svenditrice: |
Anch’io. Non so come investirlo. |
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Saturnino: |
Ci dia un panino allora |
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Svenditrice: |
Per in cambio cosa? |
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Giusconobbe: |
Potrei sposarla, se non ha già un marito |
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Svenditrice: |
Marito? |
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Saturnino: |
Non fruttano… |
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Giusconobbe: |
Potrei difenderla, ed anche ingravidarla |
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Studio perimetrale intorno all’incertezza
Saturnino: (a Giusconobbe) Difenderla da cosa?
Giusconobbe: Ho molto oro…
Svenditrice: Già detto. Altro da offrire?
Saturnino: Avrei delle medaglie al valore…
Svenditrice: Questo è più interessante… le ha guadagnate lei sul campo?
Saturnino: Magari… di guerre combattute con medaglie non ce n’è più da
tempo…
Svenditrice: Ne girano parecchie di fasulle
Saturnino: Le ha guadagnate un mio antenato
Svenditrice: Antenato?
Giusconobbe: È molto giovane, non può ricordare…
Svenditrice: Cosa?
Giusconobbe: I padri, e i padri dei padri, e i padri dei padri dei padri, e a quelli
davasi il nome di antenati
Svenditrice: Conosco il genere… la storia l’ho sfogliata. Panini souvenir
delizie croci cornetti pizzette…
Saturnino: Un panino, per favore!
Svenditrice: E se dicessi no?
Giusconobbe: Verrebbe sterminata e depredata del bottino, acqua compresa. La
ceda, ne troverà dell’altra
Svenditrice: Sterminarmi? Potrebbe essere un affare
Saturnino: Cosa dice, signorina!
Svenditrice: Diventerei innocente capro della disperazione umana. Da
operatrice del mercato grigio a vittima della barbarie. Sarebbe un grande salto
Saturnino: Signora non salti, offra panino e prenda medaglie… grazie
Svenditrice: Per le medaglie potrei cedervi…
Saturnino: … panino…
Svenditrice: (pesca tra le sue merci) … candele
Saturnino: Più utili delle medaglie
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Studio perimetrale intorno all’incertezza
Svenditrice: Eccole qui, ultimi pezzi. Genuine. Fatte in casa da qualcuno
qualche tempo fa.
Saturnino: Puzzano un po’…
Svenditrice: Solo impressione…
Saturnino: Sarà l’origine della materia prima…
Svenditrice: Umana. Candele umane… un buon prodotto
Saturnino: Ogni cosa dovrebbe avere un che di umano…
Giusconobbe: (risoluto) Basta. Dia quel panino.
Saturnino, profittando di un momento di distrazione della Svenditrice, afferra il panino dal carretto e lo addenta famelico
Svenditrice: Quante storie… lo prenda e attento a non strozzarsi (accendendo
una candela) Com’è? (riferendosi al panino)
Saturnino: Eccellente…
Svenditrice: Umano…
Saturnino: (continuando a mangiare il panino, lo apre per vedere cosa c’è in
mezzo) che roba è?
Svenditrice: Würstel! Di dita di bullo…
Saturnino: (con una smorfia di dolore, tirando dalla bocca qualcosa) Ha
dimenticato di togliere gli anelli (porge l’anello alla Svenditrice, chelo afferra e lo intasca, dopo averlo un momento lucidato)
Giusconobbe: Avrebbe sete. Gli passa l’acqua?
Svenditrice: Non se ne parla…
Giusconobbe: Lei vuole morire. Dica almeno il modo.
Saturnino: Sacchetto? (riferendosi a un contenitore dove gettare le carte del
panino)
Svenditrice: Magari… (riferendosi a un modo possibile per essere uccisa)
Saturnino va verso Svenditrice per prendere il sacchetto che gli sta porgendo, per gettare i piccoli rifiuti del suo panino. Svenditrice, con gesto repentino e accompagnandosi con le mani di Saturnino, si porta il sacchetto alla testa per ausoffocarsi. Svenditrice viene meno, entrambi precipitano a terra. Saturnino recupera la bottiglia dalle mani di Svenditrice, beve.
Saturnino: Adesso che abbiamo bevuto, proviamo a piangere un po’?
Ritenta il suo pianto, ma è ancora più terribile e grottesco di quello di prima. Giunge alle loro spalle Scelòn
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Studio perimetrale intorno all’incertezza
III
Scelòn: Dov’è vostra sorella?
Saturnino non risponde, continua il suo tentativo di pianto
Scelòn: Dov’è vostra sorella!
Scelòn scorge la figura di Svenditrice stesa al suolo
Scelòn: Scellerati! Che avete fatto!
Giusconobbe: Sterminata
Scelòn: E adesso, resipiscenza?
Saturnino fa di no col capo
Scelòn: Perché piangete, allora…
Saturnino: Cortesemente… prima di altre domande, potrebbe presentarsi?
Scelòn: Non mi riconosceste.
Saturnino: Ci siamo già visti?
Scelòn: Con un piccolo sforzo di fede, potreste intuirmi ed
autofolgorarvi!
Saturnino: Non se ne abbia a male, siamo senz’acqua, dica il suo nome,
grazie.
Scelòn: Impronunziabile!
Giusconobbe: Prenda respiro e dica
Scelòn: (prende respiro, sembra che stia per dire il suo nome ma si smarrisce,
come se lo avesse dimenticato ) … e vengo ad annunciarvi che lafine…
Saturnino: … il nome?
Scelòn: … è vicina!
Saturnino: Senta, un po’ di tempo fa passò un suo simile cui non ricordo il
nome… (a Giusconobbe) il nome?
Giusconobbe: Non ricordo
Saturnino: … ricordi che annunciò la fine… te lo ricordi?
Giusconobbe: Non ricordo
Saturnino: …ci fu molto clamore…
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Studio perimetrale intorno all’incertezza
Giusconobbe: Non ricordo
Saturnino: Comunque sia… (a Scelòn) il suo consimile annunciò la fine
Scelòn: Un impostore…
Saturnino: Questo non lo so, ma in ogni caso la fine venne… (a Giusconobbe)
te la ricordi?
Giusconobbe: Non ricordo
Saturnino: Fu terribile?
Giusconobbe: Non ricordo
Saturnino: Quella successiva non fu da meno. A mia memoria, possiamo
conteggiare almeno sette fini…
Scelòn: Sette? Tutte annunciate? Sette? Non mi risulta
Saturnino: Ho una memoria labile e non vorrei dati inesatti ma più di cinque
quasi certamente, tutte annunciate magari, ma chi vuoi che accolga più le annunciazioni. Ne arrivano decine al giorno…
Scelòn: Comunque sia, questa è la fine della fine, definitiva fine
Saturnino: Si. Dicono tutti cosi… al lupo al lupo!
Giusconobbe: Ah! Al lupo!
Scelòn: Ah! (leggermente irritato) Agnostici
Giusconobbe: Prego?
Scelòn: Ed anche nichilisti.
Giusconobbe e Saturnino si guardano interrogativi
Scelòn: La verità…
Giusconobbe: Ah ah la verità!
Scelòn: Vorrei rispetto, diavolo! Ah! Che diavolo… disperati, schiavi di
parole ormai impotenti!
Giusconobbe: Non servono giudizi e ancor meno potere (a Saturnino) Giusto?
Saturnino: Contrari!
Scelòn: Potere? Potere… (ravanando tra le macerie) potere della scienza,
potere del denaro, potere della fede, potere dell’amore, potere della mente, potere del potere…
Giusconobbe: È una storia malvenuta… lei cosa rappresenta? Di quale potere
vuole renderci partecipi?
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Studio perimetrale intorno all’incertezza
Scelòn: Celeste?
Giusconobbe: Celeste, era chiaro. Così confezionato…
Saturnino: … possiamo crederla, se vuole…
Scelòn: Avevo solo optato per un’iconografia classica rivisitata alla luce
di una sensibilità moderna, posso spogliarmi…
Giusconobbe: Si spogli
Scelòn si spoglia
Scelòn: Sono lo stesso di prima. Non è cambiato niente
Giusconobbe: L’eterno ritorno del niente.
Saturnino: È una frase vaga, questa
Giusconobbe: Non più di ogni altra. O vuoi che s’incominci all’improvviso ad
essere ficcanti? Anche quello è un potere
Saturnino: No no
Scelòn: Avrei un po’ di freddo. Mi rivesto?
Saturnino: Si rivesta. (a Giusconobbe) Celeste. Eppure ha freddo
Scelòn: Umano… è in quest’umanità che rivelai il celeste
Saturnino: Ri-vela… velarlo una seconda volta, intende? Ci riveli, per
favore
Scelòn: A che pro? Siete agnostici…
Saturnino: Proponga un numero!
Scelòn: Potrei resuscitare questa donna… un po’ di pneuma ancora lo
possiedo
Giusconobbe: Che aspetta?
Scelòn si avvicina alla donna (Svenditrice), compie una sorta di respirazione bocca a bocca. Svenditrice si riprende
Saturnino: Molto bene, grazie. Sono certo che la donna fosse veramente morta
Svenditrice: (risollevandosi e ridendo) Ero morta, ero morta davvero…
Saturnino: Non è una compare?
Giusconobbe: (a Scelòn) Va bene, risorta. E adesso
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Studio perimetrale intorno all’incertezza
Saturnino: Vivrà in eterno, adesso?
Scelòn: Adesso non precipitiamo. Potrebbe, prima però un cammino…
Giusconobbe: (interrompendolo) … di ricongiungimento… signorina, lei cosa
dice
Svenditrice: Di cosa?
Saturnino: A che serve…
Giusconobbe: Vivere in eterno
Svenditrice: Panini souvenir delizie croci cornetti pizzette… (viene meno)
Saturnino: È svenuta…
Giusconobbe: Morta di nuovo.
Saturnino: Sei certo? (tastandole il polso)
Saturnino e Giusconobbe guardano Scelòn con sguardo quasi di rimprovero. Scelòn sorride imbarazzato
Scelòn: Posso…
Saturnino: Lasci stare, va bene così.
Giusconobbe: Altro da aggiungere?
Scelòn: No… della fine ho detto…
Saturnino: Preso nota…
Scelòn: Allora andrei…
Scelòn esce via trascinando il corpo della donna, poi rientra per riprendere il suo carretto, Saturnino lo richiama
Saturnino: Mi scusi…
Scelòn: Redento?
Saturnino: Per completezza d’informazione… per quando è prevista questa
nuova fine?
Scelòn: Il giorno e l’ora esatta intende?
Saturnino: Indicativamente…
Scelòn: Sarà sorpresa inaspettata! Questa è la fine della fine… Pentitevi,
fintanto che ne avrete il tempo. Non aspettate.
Scelòn esce
17
Studio perimetrale intorno all’incertezza |
|
IV |
(tra sé) Pentitevi, fintanto che ne avrete il tempo. Non aspettate. |
Saturnino: |
|
Pèntitevi fintantò cheneavrè te il tèm…po… nonaspè… ttatè … |
|
pènti tèvi fin tantòche neàvre tetetè il tem popò… nònas… |
|
nònas… pèpèpèpè… tthà… thèeee |
|
Giusconobbe: |
Dimmi che vedi |
Saturnino: |
Esploro il timbro di tante ti tutte concentrate in un solo detto… |
questo è tutto… |
|
Giusconobbe: |
Tu stai tentando… |
Saturnino: |
No no… cosa? |
Giusconobbe: |
(rimproverante) Anche questo è potere, lo sai? |
Saturnino: |
Non era intenzionale |
Giusconobbe: |
Se vuoi ripristinare una qualsiasi specie di potere sono pronto, |
possiamo incominciare anche da adesso, da me e da te, ad |
|
esempio, pronti a polemizzare… |
|
Saturnino: |
Ma no… |
Giusconobbe: |
(incalzando) Su una qualsiasi questione a te la scelta, i motivi di |
conflitto l’uno vale l’altro… |
|
Saturnino: |
Dico di no… |
Giusconobbe: |
Chi sei tu! Potremmo cominciare a dire… |
Saturnino: |
sono… |
Giusconobbe: |
… e io, chi sono, io! |
Saturnino: |
Tu chi sei? |
Giusconobbe: |
L’ho già detto! E questo è tuo e questo è mio! (raccogliendo degli |
oggetti personali che inserisce in un sacco) |
|
Saturnino: |
Per favore |
Giusconobbe: |
O anche da vecchie gelosie per patti immantenuti… |
Saturnino: |
Patti? |
Giusconobbe: |
… da recriminazioni razziali |
Saturnino: |
Ti prego… |
Giusconobbe: |
… dai credo, dai grandi ideali |
Saturnino: |
Piangiamo un poco insieme? |
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Studio perimetrale intorno all’incertezza
Giusconobbe: (dopo un attimo di incertezza) E sia.
Riprovano a piangere, ma il loro pianto è davvero imbarazzante. Si fermano, restano per un po’ in silenzio. Giusconobbe gioca con le mani disegnando nel vuoto figure, Saturnino si guarda intorno, alla ricerca di un qualcosa su cui cimentarsi. Entra Scelòn
V |
Perché indugiate? |
Scelòn: |
|
Saturnino: |
Non stiamo indugiando |
Scelòn: |
No? |
Saturnino: |
Facciamo. |
Scelòn: |
Cosa? |
Saturnino: |
Facciamo. |
Scelòn: |
Si può anche finire male facendo senza un cosa, un perché o un |
percome |
|
Saturnino: |
Facciamo. |
Scelòn: |
Stirpe di canarini… sarete cibo per insetti! |
Saturnino: |
Insomma, può dirci come possiamo esserle utili? |
Scelòn: |
Cerco tre giusti… |
Saturnino: |
Giusti per cosa? |
Scelòn: |
Per scongiurare il rischio che tutto sia distrutto… |
Saturnino: |
È già distrutto tutto |
Scelòn: |
(guardandosi intorno) Qualcosa ancora in piedi la si può sempre |
scovare negli angoli nascosti. E voi, quand’anche foste giusti… |
|
siete soltanto in due… |
|
Saturnino: |
Prima molti di più eravamo, ma è crollato lo stesso tutto. |
Scelòn: |
Ne basterebbe anche uno solo, in verità. Di giusto. |
Saturnino: |
È giusto, è giusto (tra sé) giusto per cosa? |
Saturnino riprende a riassettare le macerie. Scelòn, dopo un momento di silenzio, incalza di nuovo
Scelòn: Nuvole nere incombono sui vostri passi. Non ci si può fermare, andate avanti, prima che giunga il falso salvatore e già si sente in lontananza il coro delle sue voci querule e mielose. In nome del bene vostro vi irretiranno per poi scaraventarvi in fondo alle
19
Studio perimetrale intorno all’incertezza
miniere loro. Non lasciatevi ghermire dalle vocine sue, vi trascineranno nel più ottuso torpore
Giusconobbe: (raccogliendo una scarpa) Sei arrivato tardi…
Scelòn: (a Saturnino) È già passato?
Saturnino: Chi?
Scelòn: Il falso salvatore… Ne arriveranno altri e vi prometteranno
salvezza e soluzioni!
Saturnino: Siamo qui, siamo qui, ma non abbiamo bisogno di niente,
grazie… ci accingevamo a un lavoretto…
Scelòn: Pensate davvero di non avere bisogno di niente?
Saturnino: Un po’ d’acqua, magari
Scelòn: Acqua? Avrei qui per voi la scopa messianica
Saturnino: Acqua…
Scelòn: Acqua, acqua, acqua… presto ne avrete talmente tanta che vi ci
annegherete dentro!
Saturnino: Siamo qui, siamo qui…
Scelòn: Volete che vi renda edotti circa la costruzione di un’arca garantita
e certificata?
Saturnino: Eravamo intenti ad altro a dire il vero. Magari una prossima
Scelòn: Non ci sarà una prossima
Saturnino: E allora un’altra prossima
Scelòn: Sono risuonatore della voce celeste e non intendo farne unguento
per le lusinghe vostre!
Saturnino: Senta… possiamo chiudere il discorso? Non se la prenda,
abbiamo da fare
Giusconobbe: Non abbiamo da fare!
Saturnino: Allora solo abbiamo
Giusconobbe: Non abbiamo!
Saturnino: Allora… uhm!
Scelòn: Uhm! Uhm non è un buon segno… troppo fiacchi per quasiasi
cosa. Mai più s’inombri la luce!
Saturnino: Che ha detto?
20
Studio perimetrale intorno all’incertezza
Giusconobbe: Mai più s’inombri la luce
Saturnino: Vuol dire qualcosa?
Scelòn: Pensate forse di meritare parole che possano ancora significare?
Scelòn esce. Saturnino prova nuovamente il suo pianto, con esiti analoghi ai precedenti tentativi.
VI |
Non funziona. Magari non è il momento… poi tornerà, bisogna |
Saturnino: |
|
aspettare |
|
Giusconobbe: |
Chi |
Saturnino: |
Il pianto… bisogna aspettare |
Giusconobbe: |
Non c’è niente da aspettare. (raccogliendo delle scarpe tra le |
macerie e gettandole nel sacco) Malintesi. Persino il vuoto divenne |
|
commedia… non era questo. Non era questo. |
|
Saturnino: |
Potremmo scrivere un’altra commedia? Riscrivere, magari |
Giusconobbe: |
Serve a qualcosa? |
Saturnino: |
No. |
Giusconobbe: |
Procedi allora. |
Saturnino: |
Da dove si comincia? |
VII |
|
Entra Scelòn |
|
Scelòn: |
In medias res! Voglio darvi buoni esempi… |
Saturnino: |
Gentile, ma di cosa? |
Entra la Svenditrice col suo carretto ambulante, che si trasforma in un piccolo carro per spettacoli ambulanti. Rapidamente, lei e Scelòn indossano nuovi costumi per iniziare la loro irrappresentabile commedia, come guitti da Commedia dell’Arte. I modi e i toni sembrano quelli di una scena amorosa, con tanto di litigi e riconciliazioni. Saturnino e Giusconobbe, l’uno accanto all’altro, prendono posto da spettatori.
Scelòn: Io so che tu m’inganni
Svenditrice: Come?
Scelòn: Lo sai
Svenditrice: Non so
21
Studio perimetrale intorno all’incertezza
Scelòn: Per questo lo fai, non sai
Svenditrice: Lo so
Scelòn: La verità è che questo mondo è morto, i valori che l’hanno
strascinato fino a questo luogo, attengono a un passato che non
potrà mai più tornare. Possiamo ripercorrere la strada e ricondurla
più lontano?
Svenditrice: Accendere!
Scelòn: Il fornaio accende la legna. Solo attraverso una nuova nascita.
Svenditrice: Se ne avessimo consapevolezza spenderemmo gloriosamente,
pagando di persona, invece di farlo nel modo approssimato dei nostri genitori.
Scelòn: E allora vedrò il cielo, e un grande telo scendere da esso, nel
quale vi saranno ogni costellazione, e ogni specie d’animale, fiere, rettili, volatili; e una voce dirà…
Svenditrice: Inverno!
Scelòn: È fatto di neve!
Svenditrice: Padre!
Scelòn: Una volta mi gettò dalle scale!
Svenditrice: In mezzo, sfumature infinite, dalle sabbie paludose al lancio di
una freccia verso il sole, passando per la saltacavallina.
Scelòn: Vogliamo il ritiro delle truppe, l’abolizione dell’ingiustizia, un
salario equo e solidale per tutti: vogliamo un uomo forte che
gestisca tutto con risolutezza! Vogliamo un re! Vogliamo
democrazia! Vogliamo la pizza!
Svenditrice: E Pietro?
Scelòn: Cantò tre volte! Il suffragio, come il diluvio, sarà universale
Svenditrice: Fai senza sapere ciò che fai e se non sai quello che fai, non puoi
decidere se fare o non…
Scelòn: Ofelia!
Svenditrice: Non più!
Scelòn: Ofelia t’amo ancora
Svenditrice: Nel complesso i dispendi improduttivi, una volta divisi, persero
di gloria! Giulebbe sono… e il lusso è squilibrato.
Scelòn: Posso animare rettili di bronzo, far divertire i morti, discutere coi
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Studio perimetrale intorno all’incertezza
cani e averla vinta. Posso marciare su nuvole di gas e strisce di
mercurio, forare le montagne, mostrarmi imberbe o saggio, tigre
o anoplùro, rapire il tuo aspetto o conferirti il mio, montare un
dardo e correre al galoppo!
Svenditrice: Cosa resta, di una verità che si espande, si ritrae e riplasma
continuamente?
Scelòn: Taci! Solo colui che sa può amare perché se ne ha bisogno, vuol
dire che non l’ha dunque non lo può dare.
Svenditrice: Ma tu lo sai, che non mi hai amato mai
Scelòn: T’avrei amato se non m’avessi condannato
Svenditrice: Ofelia, uccidimi!
Scelòn: Perché?
Svenditrice: Sarò amabile, da morto!
Scelòn: Copriti, fa fresco
Svenditrice: Non spingere il nemico alla disperazione, gli accresce le forze e il
coraggio, aguzza l’ottuso intelletto e non c’è modo più sciatto per sottrarlo all’umiliazione!
Scelòn: Pietà certo che si! Pietà per te tapino che non ami e per questo
non sei amato
Svenditrice: Dobbiamo dilapidare, risolutamente. Nel nostro accecamento,
questi eccessi ingombranti hanno dilapidato noi più di quanto non sapemmo fare noi con essi!
Scelòn: Ofelia, non hai pietà!
Svenditrice: Vivere senza volere, malgrado la vita, viva la libertà, direi
Scelòn: Nemmeno
Svenditrice: Avrei lottato per il trionfo di verità e giustizia! Se solo mi fosse
stato chiaro di cosa si parlasse
Scelòn: Grato alla legge che affligge i nostri corpi, tu meriti soltanto di
campare. Addio!
Svenditrice: È evidente che la legge dei fatti, come ogni legge, non deve
spiegazioni. Non si tratta di capire. Solo obbedire, o violare
Scelòn: Dichiaro fermamente sdegno e ricondanno l’atto di barbarie e
tìppete e tàppete!
Svenditrice: Misero, pietà certo che si!
Scelòn: Ma se questo dovesse succedere saremmo di fronte a un nuovo
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Studio perimetrale intorno all’incertezza
virus contro il quale i rimedi esistenti potrebbero non essere efficaci.
Svenditrice: Perché non vuoi cavar profitto da un branco di conigli?
Scelòn: Qui si allude alla dottrina di Empedocle
Svenditrice: Perché un agglomerato troppo numeroso porta al disastro!
Scelòn: Discordia d’elementi genera l'odio: venendo a mancare il quale
per opera dell'eros, gli elementi si aggregano tra loro generando il caos. Ofelia!
Svenditrice: Non più!
Scelòn: Distruggi i simulacri! Prega, digiuna, mortifica, piangi! Niente
scienza o conoscenza! Vuoi una mela?
Svenditrice: Ofelia t’amo ancora. E il processo, dice Jacques, è sempre in
negativo
Scelòn: Quanti di loro si sono domandati cosa andava fatto se qualcosa
non fosse andato per il verso giusto? E tu, donna, perché non li hai fermati? Avresti dovuto occluderne la perpetrazione!
Svenditrice: Prega a bocca chiusa, a che il respiro non appanni il pensiero
Scelòn: Non sono un vivente e quand’anche lo fossi, non me ne cale
niente
Svenditrice: (dopo una pausa alquanto lunga) Non c’è più tragedia. L’abbiamo
divorata, tutta tutta
Scelòn: (c.s.) Di quale bulimia noi ci appestammo?
Svenditrice: (riprendendo un ritmo sostenuto) Ognuno incatenato alla sua parte,
che il caso ha destinato, senza allegarne gloria o colpa.
Scelòn: Meglio per lui. L’uomo libero da ogni desiderio e paura, trae la
vita lieto e gode per quel che di natura puote!
Svenditrice: Non godo
Scelòn: Vengano a me i coperti di fango e sangue
Svenditrice: Non godo!
Interrompe di botto Giusconobbe
Giusconobbe: Basta!
Scelòn: (come un “a parte” ) Il mio padrone ha scritto strofe assai graziose che testimoniano bontà e innocenza, intenti puri e senso d’umorismo. Il mio padrone è portaotre d’acqua!
24
Studio perimetrale intorno all’incertezza
Saturnino: Ripeti?
Scelòn: Il mio padrone è portatore d’acqua!
Saturnino: Portaotre preferisco.
Svenditrice: Ofelia!
Scelòn: Non ora!
Saturnino: Allora mai più
Saturnino applaude, Giusconobbe no. Nel silenzio, Scelòn e Svenditrice smontano la baracca ed escono di scena. Saturnino riprende a parlare.
Saturnino: Dovremmo ritornare sulla terra
Giusconobbe: Siamo già sulla terra
Saturnino: Alla terra, alla terra
Giusconobbe: Coltivarla
Saturnino: Cos’altro?
Giusconobbe: Coltivare la terra.
Saturnino: Potremmo informarci. Non so da chi ma…
IX
Scelòn, vestito da vecchio gentiluomo di campagna si fa avanti
Scelòn: Dunque se mi è consentito, vi fornirò alcuni suggerimenti circa il
trattamento del foraggio. Cominciamo subito: uno! si rivolti
l’erba a terra senza sparpaglio; due! vadano i covoni concepiti a
cono; tre! si fissino i fastelli repentinamente in loco, poi
ammucchiati a dieci per volta
Saturnino: A dieci?
Scelòn: A undici, ad otto… trattasi di numero stocastico. Quanto al
rastrellatore inglese, su un terreno del genere non frutta.
L’alternativa sarebbe l’innesto di prati artificiali (tira fuori dalla
sua bisaccia un pratino sintetico). Questo almeno mi pare
incontestabile
Saturnino: Incontestabile.
Scelòn: Per le coltivazioni, suggerirei dei cantalupi. Ed ora, se permettete,
vorrei mostrarvi le delizie del vivere bucolico. Cominciamo con
la mietitura. Notino lorsignori il ritmico lavorìo dei dodici
mietitori, lì sulla vostra destra che a dorso nudo e gambe
25
Studio perimetrale intorno all’incertezza
divaricate, falciano la segale. Sentite il sibilìo di lame che oscillano tracciando semicerchi d’eleganza rara
Giusconobbe sembra imitare i movimenti dei mietitori
Scelòn: |
Notate in fondo il gregge, la grazia del suo brucare e in |
contrappunto lo sferruzzare del pastore intento alla sua calza con |
|
il cammello accanto. E quel fienile, non è una cattedrale? E questi |
|
polli che beccano il granone, non sono uno splendore? E gli orci |
|
sui graticci, gli uni di fila agli altri, turgidi di latte, la schiuma |
|
debordante, e i buoi col ticchettìo di corna… puledri... conigli… |
|
pavoni, perché no… poi suona il campanello della cena, e al |
|
desco, tutti, un pasto saggio di legumi, un pezzo di formaggio e |
|
pane, un po’ di vino… e a letto. Doman si ricomincia |
|
Saturnino: |
Rivelante. Ma se deve arrivare la fine… |
Scelòn: |
Aspettate la fine? |
Giusconobbe: |
Non aspettiamo niente. |
Scelòn: |
Come vi piace… L’agghiacciamento dei cuori andrà di pari passo |
col surriscaldamento della terra! |
|
Scelòn esce |
|
VIII |
Quand’anche volessi, da dove ricominciare? |
Giusconobbe: |
|
Saturnino: |
Dovremmo procurarci degli attrezzi |
Giusconobbe: |
Ci sono |
Saturnino: |
Ci vorrebbero sementi |
Giusconobbe: |
Ci sono… |
Saturnino: |
… quattro cavalli… |
Giusconobbe: |
Ci sono |
Saturnino: |
… dodici mucche |
Giusconobbe: |
… ci sono… |
Saturnino: |
sei maiali, pecore centoventi |
Giusconobbe: |
(tirando fuori da alcune scatole oggetti che nulla hanno a che vedere |
con quelli menzionati) ci sono… |
|
Saturnino: |
Non fai mancare niente… |
Giusconobbe: |
Non è un merito |
Saturnino: |
L’acqua… scavando la troviamo! E se è inquinata? |
26
Studio perimetrale intorno all’incertezza
Giusconobbe: La purifichiamo
Saturnino: Purifichiamo! Quanto tempo ci vorrà?
Giusconobbe: Cosa cambia
Saturnino: E se non bastasse?
Giusconobbe lo guarda severo
Saturnino: Va bene va bene (comincia a lavorare) Con calma e senza
bramosia di terminare.
Giusconobbe: Senza bramosia.
Di buona lena, iniziano a predisporre gli attrezzi, a fare spazio. Giusconobbe lento, quasi solenne, Saturnino di buon buzzo. A un tratto Saturnino si ferma per ascugarsi il sudore
Saturnino: Avrei sete
Giusconobbe: Se ti agiti in quel modo...
Saturnino: Piovesse almeno… dovremmo forse dedicarci ad un’attività
meno defatigante… (riprende a muoversi alquanto esagitatamente)
Misurare!
Giusconobbe: Non smisi mai di dirlo in ogni modo.
Saturnino: Forse non sono state prese le misure giuste
IX
Scelòn entra improvviso, scompigliando le macerie che Saturnino ha iniziato a ridisporre, seguito dalla Svenditrice che ha una cesta in testa
Scelòn: Badate: in qual misura misurate, sarete misurati.
Escono così come sono entrati
Saturnino: Intendo dire le misure delle cose che vanno misurate. È stato
misurato tutto? Qualcosa può essere sfuggito?
Giusconobbe: Lo escludo (raccogliendo un’altra scarpa)
Saturnino: Allora smisuriamo. Hai un metro?
Giusconobbe: (lanciando un oggetto che non è una bilancia) Bilancia. Senza pesi.
Saturnino: Meglio…
Giusconobbe: (c.s.) … e uno sfigmomanometro
Saturnino: Da’ qui…
27
Studio perimetrale intorno all’incertezza
Giusconobbe: (c.s.) … e un gonfiatore…
Saturnino: può servire…
Giusconobbe: … rotto…
Saturnino: Allora… (inizia a prendere “smisure” tutt’intorno e di ogni cosa gli
capiti a tiro, sotto gli occhi di Giusconobbe, che continua a raccogliere
oggetti e scarpe da inserire nel sacco) Una volta ricondotte a nuove
cifre…
Giusconobbe: (lancia violento un oggetto, Saturnino cade) Stai tentando di
nuovo…
Saturnino: (rialzandosi) Perché fai questo?
Giusconobbe: Non controllare.
Saturnino: Non volevo controllare. Intendevo procedere a tentoni, provare,
riuscire, fallire, cambiare, magari quello che andrebbe lasciato e
lasciare quello che andrebbe cambiato, sconclusionare. Fare
sacrifici, smisurati…
Giusconobbe: Per ottenere
Saturnino: Nulla. Dilapidare, che dici?
Giusconobbe: Quello ch’ebbi da dire l’ho detto. Fui malinteso. Adesso ascolto.
Saturnino: Non ho urgenza di parlare.
Saturnino riprende con pazienza a ricomporre macerie, cercando corrispondenze per possibili combinazioni tra le cose che, di volta in volta, gli capitano tra le mani. Giusconobbe lo osserva, sembra ogni tanto suggerirgli, con piccoli gesti, possibili disposizioni. Saturnino qualche volta accoglie il suggerimento, qualche altra no. Il luogo assume quasi un che di piacevole.
Saturnino: Potremmo fondare una nuova città
Giusconobbe: E chiamarla poi?
Saturnino: Non chiamarla. Una città priva di nomi propri… dove tutti gli
uomini si chiamano “uomini”, le donne “donne”, i bambini “bambini”. Dove il mercato si chiama…
Giusconobbe: “mercato”
Saturnino: e trovi strade chiamate…
Giusconobbe: “strade”
Saturnino: proprio così… non che siano tutti uguali, anzi. Li
differenzierebbero le qualità, non certo i nomi, qualità che in
nome della gentilezza nessuno dichiara, le si riconosce, per quello
che sono. Una città dove se vuoi destare basta dire: “Ehi,
bambino” oppure “ehi, uomo!”, “ehi donna!” a seconda dei casi,
28
Studio perimetrale intorno all’incertezza
e tutti i bambini o gli uomini o le donne presenti in quel momento risponderebbero. Una città dove lo scambio d’indirizzi avviene per pazienti, quasi impercettibili rappresentazioni in cui ciascuno si cimenterebbe volenterosamente, sicchè persino dare un indirizzo diventerebbe un’arte, che richiede tempo, ma i cittadini della città de-nominata non saprebbero cos’è il tempo reale, e proprio per questo, forse, il loro tempo sarebbe… reale, o almeno principesco. Ho nostalgia di questa città.
X
Entra la Svenditrice
Svenditrice: Che aria fresca c’è qui! Finalmente si respira. Lì fuori si sbranano in grasse negoziazioni. Mangiano, s’ubriacano e poi vomitano ovunque, s’ingroppano a vicenda, una vera festaccia d’inizio millennio
Saturnino: (porgendole una scrannetta) Si riposi
Irrompe Scelòn a distruggere la serenità del momento
Scelòn: Al suo arrivo la terra tutta fiorirà come campo di girasoli, e gli
occhi dei ciechi vedranno e le orecchie dei sordi si stureranno. I neonati condurranno i leoni per la criniera
Saturnino: Il nostro pneumatoforo… dico bene? Passa di qui ogni tanto,
porta un po’ di voce e poi va via
Scelòn: … e vengo ad annunciarvi che la fine…
Svenditrice: Da dov’è che viene?
Scelòn: Dai cieli del deserto, dove mi nutro di nuvole
Svenditrice: Nel deserto non ci sono nuvole
Scelòn: Poche. Mangio poco.
Svenditrice: A vederlo così non si direbbe ma lui… eh? Quante apparizioni ha
al suo attivo?
Saturnino: Adesso non saprei…
Svenditrice: E cosa dice, cosa?
Saturnino: Cose spaventose dice, a volte
Scelòn: … e vengo ad annunciarvi
Svenditrice: (guardando le mani di Scelòn che continuano ad agitarsi) Ma che
belle manine… come colombelle pronte a volare… farfalline farfalline
29
Studio perimetrale intorno all’incertezza
Saturnino: E la tromba… sapesse che tromba… fa’ un po’ vedere, suona
suona…
Scelòn suona
Scelòn: È giunto il Figlio dell’uomo!
Svenditrice: Perché grida in questo modo?
Scelòn: Non rallegratevi se la verga di chi vi batteva è stata spezzata! Dal
suo mozzo sortirà un basilisco che sbranerà gli uccelli!
Svenditrice: Poveri uccelli…
Scelòn: Dov’è quello la cui coppa d’abominio è ormai colma? Dove
quello che un giorno morirà in vesti d’argento davanti a tutto il
popolo? Che giunga, affinché taccia le folle e ascolti le voci
sommesse dei virgulti…
Svenditrice: Di che parla?
Saturnino: Lo domandi a lui
Scelòn: (alla Svenditrice, che intanto gli si è avvicinato) Indietro, figlia di
madre inattesa, ripugnante simulacro di cispa che illubricò
l’occhio del mondo. Il clamore dei vostri sconci è giunto fino alle
orecchie di colui che sorride… cadranno fave lorde quanto massi
sui vostri tetti e il timbro tenace della corda divina scuoterà col
suo vibrare le vostre acque salmastre e pantegane voraci
divoreranno le scorie che impunemente avete accumulato!
Svenditrice: (a Saturnino) Perché fa così?
Scelòn esce facendo ancora squillare la tromba. La Svenditrice lo segue quasi per fermarlo.
Saturnino riprende paziente il suo lavoro d’improbabile ricomposizione delle macerie.
Giusconobbe continua a raccogliere scarpe da inserire nel sacco.
XI |
Si dice che ovunque sia armonia. Ma anche che tutto sia pura |
Saturnino: |
|
entropia… assioma e controassioma. Si dice che ci siano schiavi |
|
e padroni, ma anche che gli uni prima o poi si mutino negli |
|
altri… |
|
Giusconobbe: |
Malintesi (raccoglie un’altra scarpa) |
Saturnino: |
Oltre agli assiomi, andrebbero smontati i controassiomi. Messi |
insieme fanno una bella prigione. Prima di ricostruire qualsiasi |
|
città, sarebbe necessario risalire all’assioma degli assiomi |
|
Giusconobbe: |
Vallo a cercare. |
Saturnino: |
Avrei sete. |
Giusconobbe non gli dà corda
30
Studio perimetrale intorno all’incertezza
Saturnino: Possibile assioma numero uno: per far fronte alla catastrofe è
necessario che essa, quando giunge, non trovi nulla da
catastrofare. Magari spezzeremmo la catena di catastrofi e
saremmo liberi!
Giusconobbe: Liberi. Da cosa
Saturnino: Non lo so. Dal pensare progetti, forse. Più che progetti,
basterebbero getti
Giusconobbe: Di cosa
Saturnino: Di pietre, di dardi, di dadi, di quello che più aggrada… di sputi!
Che dici?
Giusconobbe: Non dico
Giusconobbe: Di sputi! Non dìspute ma sputi (sputacchia)
Giusconobbe lo guarda e lo imita. Adesso sono entrambi a sputacchiare, prima lentamente, come in un gioco ritmico che diviene sempre più frenetico, un gioco orgasmico e imbarazzantemente infantile, ma fatto con grande serietà.
XII
Scelòn appare improvvisamente con la sua tromba
Scelòn: Sputate finché sputo non vi sommergerà!
Riprendono tutti a sputacchiare, Scelòn compreso. Entra la Svenditrice col suo carretto
Svenditrice: (come ad annunziare le sue merci) La fonte del fallo… la fonte del fallo… torri, zucchine, ceri, piramidi, menhir, gambe di tavoli, travi, batacchi per campane, pennoni, campanili, penne, lampioni… falli per tutti…
Scelòn: Fallo per me… (la Svenditrice porge un pezzo di maceria a Scelòn)
Svenditrice: (Avvicinandosi a Saturnino, porgendogli un altro pezzo) Fallo per te…
Scelòn e Saturnino giocano tra loro a scherma usando gli oggetti che la Svenditrice ha loro dato, intanto Giusconobbe continua a sputacchiare dall’alto delle macerie
Svenditrice: (rivolgendosi a Saturnino e a Scelòn che continuano a duellare) A cosa rassomigliano?
Saturnino/Scelòn: Fallo fallo
Saturnino e Scelòn giocano in un improbabile combattimento, sotto gli occhi di Saturnino, immobile. La Svenditrice rimette ordine tra le merci del suo carretto
31
Studio perimetrale intorno all’incertezza
Svenditrice: Falli d’ogni specie! Ed anche un’ampia gamma di vulve, qui non si scherza… Scarpe, guanti, foderi di spade, e poi canali e chitarrine, serrature, scatole! Scatole… vuote perlopiù, riempite a caso e senza onore
Su quest’ultima parola la scena si congela, anche Giusconobbe smette di sputacchiare dall’alto delle rovine
Svenditrice: Circonfusi tra vulve e falli in maschera!
Scelòn: Ne resterete ammaliati
Svenditrice: (a Saturnino e Giusconobbe) Serve qualcosa?
Saturnino: Grazie no. Un po’ d’acqua e già conosco la risposta
La Svenditrice comincia a gridare, come ad emulare le voci e i pianti delle prèfiche, o quelle di un corteo di protesta, rivolgendosi verso Giusconobbe
Saturnino: Cosa fa?
Svenditrice: Scarico voci pietose raccolte qui nella discarica accanto. Ce ne
son troppe altrove, bisogna bilanciare, qui si gioca, lì si muore
Saturnino: Anche qui, se è per questo…
Svenditrice: Volete scherzare? Scherzate pure (sta per uscire, indugia un
momento ) Vi è andata bene. Quello che è duraturo non producescambio e rigenerazione… è sano il principio di ogni catastrofe.
Esce la Svenditrice, Scelòn le danza con la spada intorno per un po’, poi si ferma ad osservare
idue rimasti in scena. Saturnino riprende a ricomporre la scena pazientemente, con le macerie nuovamente scombussolate dal passaggio di Scelòn e Svenditrice.
XIII |
Mi meraviglio che passiate da un tracciato all’altro senza |
Scelòn: |
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approfondirne alcuno… dicono che trascuriate un po’ la storia… |
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Giusconobbe: |
La storia… |
Scelòn: |
Che cosa le rimproverate, signore? |
Giusconobbe: |
Di quale storia parli… |
Saturnino: |
Ciascuno racconti la sua e d’ufficio si dia ascolto a tutte. Anche |
alle più bislacche. Anche a quelle che sembrano non raccontare |
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nulla. Quanto a noi, potremmo limitarci ad ascoltare, oppure |
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tentare una storia universale del fallo |
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Scelòn: |
Continuate pure a vendicarvi |
Saturnino: |
Non abbiamo nulla da vendicarci. Intendevo… una storia |
concepita come graduale manifestazione di un grande fallo al |
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servizio di una causa o un fine, di una religione, una nazione, un |
32
Studio perimetrale intorno all’incertezza
partito, un sistema, di un’identità… identità, ecco, mi sa che è
questo l’assioma degli assiomi. Quante catastrofi bisogna
computare sotto la voce “identità”? Però se chiedi a qualcuno
“cosa significa identità?”
Scelòn esce
Saturnino: … nessuno risponde. Non in maniera chiara, intendo. Prendendo
tutti i libri sull’argomento, esaurite le fonti, analizzate e
condensate in un distillato… dell’assioma identità non resta
niente. Una storia universale della stupidità, per contro, mi
sembra più abbordabile.
Giusconobbe: Serve a qualcosa?
Saturnino: Direi di no
Giusconobbe: Allora procedi. Senza sudare
XIV
Entra la Svenditrice cantando una sorta di marcetta, seguita da Scelòn che sembra volerla afferrare, mentre lei gira intorno al suo carretto
Svenditrice: Mangiaste, beveste, compraste, vendeste, piantaste, muraste…
Scelòn: Ti pentirai!
Svenditrice: … poi piovve fuoco e zolfo, periste, di nuovo nasceste e allora…
Scelòn: Tu Gemerai!
Svenditrice: mangiaste, beveste, compraste, vendeste, piantaste, muraste…
Scelòn: Ti tormenterai!
Svenditrice: … poi piovve fuoco e zolfo, periste, di nuovo nasceste e allora
mangià-stèbevé-stècomprà-stèvendé-stèpiantà-stèmurà-sté-sté-sté-sté-sté
Scelòn: (in simultanea con la battuta della Svenditrice) Tipènti-ràitormènte-
ràitugeme-rài-rài-rài-rài-rài
Saturnino: Quante staffilate alle orecchie! Vi prego, meno volume
Svenditrice: (a Scelòn, che finalmente l’ha raggiunta ed acciuffata) Se davvero è
stato un dio a fare questo mondo, non gradirei punto somigliargli.
Un dio che lancia fave lorde come massi sulle teste della gente,
insomma… a sorte per giunta…
Scelòn: E se non fosse a sorte?
Svenditrice: Potrei fare le cose più orrende e fornirle tutte le argomentazioni
di questo mondo!
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Scelòn: Svenditrice: Scelòn: Svenditrice: Scelòn: Svenditrice: Scelòn: Svenditrice: Scelòn: |
Scelòn: |
Svenditrice: |
Studio perimetrale intorno all’incertezza
Giusconobbe: Lei non è dio!
Svenditrice: Possiamo dirlo con certezza?
Giusconobbe: Direi non so!
Svenditrice: Dirò di più: si stava ventilando l’ipotesi di un nuovissimo manifesto. Può dare un contributo? (A Saturnino) Lei, signore, può dare un contributo?
Saturnino si tasta addosso, si guarda attorno per cercare “un contributo”che non trova.
Signori! Risulta evidente che siete nel pieno di una crisi di fiducia…
(prendendo nota su un foglio, a mo’ di nota per la spesa) Fiducia, segniamo fiducia…
… dell’umanità.
Umanità…
(alla Svenditrice) segna… in luogo della ragione…
Uh uh… ragione, quasi la dimenticavo…
… della razionalità…
… razionalità!
… segni distintivi della dignità umana…
Dignità…
… il panico! (urlando) Ah! Il panico! Il panico! (si agitascompostamente )
Saturnino e Giusconobbe lo guardano in silenzio, senza scomporsi
Saturnino: (alla Svenditrice) Panico? Non ne abbiamo panico
Svenditrice: Avete consumato anche quello… (prendendo nota) panico. E companatico. Sarete serviti (esce)
XV
Saturnino raccoglie residui di macerie
Saturnino: Guarda che bello! Con questa frutta potremmo produrre delle compostine… da qualche parte ho la ricetta… (raccoglie altrioggetti) un chilo di zucchero, tre di frutta, acqua quanto basta…(ad acqua si ferma, lascia da parte gli oggetti raccolti)… non ho mai amato le marmellatine in particolar modo
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Studio perimetrale intorno all’incertezza
Entra Svenditrice
Svenditrice: Dovreste vergognarvi… Continuate a far finta di nulla.
Dov’eravate quando ier l’altro si è scatenato il pandemonio?
Saturnino: Pandemonio… potrebbe essere la ricetta di un dolce piccante…
Svenditrice: Nessuno ha visto niente… “io non c’ero…” “queste cose non
c’interessano…” la solita omertà! Perché chi vive qui non vede, non sente, non parla!
Giusconobbe: Lei vive qui?
Svenditrice: Per carità pelosa! Non ci penso neanche
Giusconobbe: (raccogliendo un’altra scarpa) Ha scavalcato cadaveri di morti
ammazzati?
Svenditrice: Che barbarie. E lei, ha visto, sentito?
Giusconobbe: Non ero qui
Svenditrice: Lei è di passaggio
Giusconobbe: Passaggio
Svenditrice: Lei non ha paura!
Giusconobbe: Perché dovrei
Svenditrice: Perché dovrebbe, infatti! Non è di qui…
Giusconobbe: Lei che è di qui ha paura, invece
Svenditrice: Non ho paura, non ne ho più motivo!
Giusconobbe: E allora parli!
Svenditrice: Per dire cosa? Quello che già sanno tutti? Parli lei, se vuole,
esponga, denunci, intervenga!
Giusconobbe: Non è questo il mio compito (raccoglie un’altra scarpa)
Svenditrice: Neanche il nostro
Saturnino: (palesemente vinto dalla disidratazione, flebile) Di chi è allora?
Svenditrice: Ad ogni modo, adesso è troppo tardi per parlare, non si saprebbe
neanche da dove cominciare… tutto è archiviato, dimenticato, persino le ragioni della paura
Giusconobbe: Allora lei ha paura!
Svenditrice: Le ho già detto di no. Quando posso, adesso, me la vendo la
paura. E faccio affari. E non mi pento.
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Studio perimetrale intorno all’incertezza
Saturnino: Nessuno comprerebbe paure… Ovvio che no. Ma antidoti si!
La Svenditrice esce, Saturnino riprende a ricomporre le macerie, secondo ardite e claudicanti costruzioni, con movimenti sempre meno coordinati
Saturnino: (a Giusconobbe) Venisse almeno a piovere…
Giusconobbe: Cosa aspetti, che venga a piovere?
Saturnino: No no…
Giusconobbe: Tu aspetti.
Saturnino: Non aspetto. Dicevo solo che con un po’ d’acqua non
mancherebbe più nulla. Potremmo costruire un laghetto artificiale
e indifferentemente mettervi papere e pesciolini rossi. Proviamo
con la Paparuda.
Giusconobbe: Paparuda.
Saturnino: Danza per invocare pioggia… magari funziona…
Saturnino prova ad emulare le figurazioni suggerite da un’immaginaria danza tribale, movimenti scomposti, guardando il cielo. Poi desiste, sconfortato. Entra Scelòn
Scelòn: Con la musica va meglio. Abbiate fede.
Attacca una musica ritmica sulla quale Saturnino e Scelòn danzano sempre più forsennati, fino a cedere estenuati.
Saturnino: (palesemente provato dallo sforzo) Possiamo farne a meno.
Saturnino e Scelòn si accasciano al suolo per la stanchezza
Scelòn: “Erano due ladri e furono crocifissi insieme al Salvatore. Si dice
che uno fu salvato e l’altro… salvato
Giusconobbe: Salvato da cosa
Saturnino: (Dopo un momento di pausa) Dalla speranza, forse. La disperanza è
un assioma poco raccontato. (Sembra riprendere le sue forze, forse
folgorato da un miraggio) Navigando disperanti, ogni cosa accade e
si rivela, come folgorazione che nulla deve dar di conto alla
speranza. Disperanza del marinaio attento, pudicamente eroico
che osserva le correnti e interpreta i venti e, senza fretta né paura,
trova i porti che sorte gli ha affidato in cui potere muovere quello
che limpida appropriatezza d’acqua sa suggerire. Navigare,
corresponsabilmente. A ben pensarci, non c’è mai stato un
cataclisma completo del globo terrestre…
Scelòn: Adesso si comincia a ragionare…
Giusconobbe: Condiscendenze così ingannano i marinai…
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Studio perimetrale intorno all’incertezza
Scelòn: Vorreste negare il Piano?
Giusconobbe: Non lo conosco
Scelòn: Visto che siete gli ultimi, potrei svelarvelo
Saturnino: Svelarvelo… è un suono molto arioso
Scelòn: Lui gioca…
Giusconobbe: Gioca.
Saturnino: Acqua, per favore
Scelòn: Allora, lo sveliamo questo piano?
Saturnino non ha più forza per rispondere
Scelòn: Rinunci al verbo?
Saturnino è visibilmente scosso dalla disidratazione, non risponde
Scelòn: Temo non rimanga altro da fare che tirare un frego sulle nostre
aspettative. La nostra missione può dirsi perfettamente fallita.
Siete inabitabili, dovete convenirne. Nessun Messìa verrà!
Giusconobbe: Perché dovrebbe
Scelòn: Questo lo ignoro. Provate a digrignare i denti almeno? Come si fa
a profetare, come annunziare… Ma porco di un dèmone
rincitrullito! Ho guarito malati da lontano, ho scacciato diavoli,
ho attraversato fiumi in mezzo a coccodrilli, stuoli di adoratori si
sono malmenati per vedermi, ho sopportato il peso di mille
elefanti e le punture di altrettanti insetti, restato sveglio per cento
notti e voi neanche di uno sguardo mi onoraste!
Giusconobbe: (guardando nel sacco in cui ha raccolto scarpe ed oggetti) Avevano
sofferto troppo… e poi si vendicarono e le città rigurgitarono di
morti e ombre di morti, nelle piazze, negli androni, sui sagrati,
ammucchiati nelle stanze e né porte né finestre poterono più
apririsi… Non si donò più nulla…
Scelòn: (riprendendosi, come in un estremo tentativo di convincimento) Negli
ultimi tempi verranno momenti oscuri. Gli uomini saranno ottusi,
amanti del denaro, vanitosi saranno, e orgogliosi, ingrati senza
onore, sleali, maldicenti, intemperanti, traditi e traditori, sfrontati,
accecati dall’orgoglio e dai piaceri, coperti da parvenza di bontà!
Entreranno nelle case ed accalappieranno giovincelli e
donnicciole…
Giusconobbe: Continui a parlare al futuro
Scelòn: Trattasi di profezia!
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Studio perimetrale intorno all’incertezza
Giusconobbe svuota il sacco davanti a Scelòn che guarda allibito il mucchio di scarpe riversatogli davanti. Giusconobbe, quasi a volerlo risvegliare, gli porta le mani al volto, poi i gesti si traducono in altro, quasi a rimodellare un’immaginaria creta spalmata sul viso.
Giusconobbe: La forza del verbo mutò in stracci per schiavi e padroni, ne fece soldati votati al macello, senza onore né divise in crociate per santi denari, ognuno per sé produsse vittorie mutate in sconfitte da quelle vittorie e a sangue perduto, venduto il tempo, l’acqua, il talento… nessuno, né “Noi” né “Voi”, ebbe vantaggio alcuno. Nessuno…
Scelòn: Malintesi… malintesi…
Scelòn fugge via mormorando qualcosa tra sé, una sorta di lamento che si trasforma in un pianto. Giusconobbe, lento, sembra andare verso di lui ma si ferma accanto a Saturnino, gli toglie gli occhiali, per poi riprendere lento il suo passo.
Saturnino, ormai del tutto estenuato, indica quasi sorridendo Scelòn, come a dire “bravo, era questo che cercavo…”. Entra la Svenditrice, con ciò che resta del suo carretto, scatole vuote, si siede accanto a Saturnino, gli mostra la merce che più non ha.
Giusconobbe, intanto, sembra avere acquisito il passo e i gesti costanti e volitivi di Saturnino, riprende a costruire, nel silenzio, una sorta di albero con vela.
Svenditrice riprende il suo passo, ormai lento, sereno. Passa accanto a Scelòn, che la segue con lo sguardo, poi si siede su ciò che resta di una scranna, accanto a Saturnino e allo stesso Scelòn. Li raggiunge Giusconobbe, che pianta al centro del gruppo la vela poc’anzi costruita coi residui delle macerie. Buio.
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