Succed due gh’è i danèe

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SUCCED DUE

GH'E' I DANÈE

commedia in un atto

di Roberto Zago

Personaggi:

Peppino Cazzaniga - marito di Emanuela - madre di Svetonio e di Delia - amica di Anna, Raffaella - è la domestica.

LA SCENA

Interno di casa Cazzaniga. Salotto arredalo con gusto assai moderno. È un tipico ambiente della Milano-bene: sofisticato e molto ricercato. Mobili di firma; quadri in­comprensibili. Chic e un pizzico di voluta pacchianeria.



(È giorno. E Delia, avvenente giovane sui vent'anni, sta parlando al telefono. Il suo tono è commosso).

Delia - Grazie, avvocato. Lei è molto gentile. Sì, sì... Riferirò a papà. Siamo tutti commossi della soli­darietà che lei ci dimostra. Certamente. La vita pre­senta sempre le sue giornate grigie, dice bene, avvo­cato, dice bene. In questi frangenti quello che occorre è una grande, dignitosa rassegnazione, nonché mante­nere lo stile... Sì, sì. Sarà fatto, avvocato. Riferirò. Grazie ancora. ( Posa il ricevitore. Fa per allontanarsi, ma l'apparec­chio prende a trillare. Delia ritorna per rispondere) {con disappunto) Pronto. Sì. Buongiorno, signora Nogari. Pure lei e al corrente dell'incidente occorso a papà? Il giornale? Ah, è sul giornale! Sì. Ora ripo­sa. No, non ha voluto assolutamente essere trattenu­to in ospedale. V. qui, lasciato ed ingessato, ma in casa propria. Niente di irreparabile, grazie al cielo.  si, si, si (mentre parla entra Svetonio, il fratello, con un pacco di giornali in mano. Svetonio e sui diciott'anni, è uno spilungone con gli occhiali; quando parla non fa sen­tire la erre che è completamente moscia, e il suo modo di fare è tutto « moscio ». Egli sfoglia un gior­nale e lo mostra a Delia che sta parlando) Papà doveva visitare un cliente nelle vicinanze di Lec­co e si trovava... Come? Il giornale dice che l'aveva -ormai visitato... Capisco. (Svetonio fa cenno con il foglio spiegato in mano) Ma, signora, forse un ma­lore, più probabilmente la nebbia, fatto si è che è uscito di strada, rimanendo in fondo alla scarpata tutta la notte. (Svetonio mostra un altro giornale) Purtroppo nessuno l'ha veduto, signora. Eh, sì... sì, sì, sì. Riferirò. Grazie del suo interessamento e de­gli auguri. Papà le è grato. No, glielo garantisco: nien­te di serio,-non«sta4ite quello che possono aver scrit­to i giornali... Grazie, è gentile signora. Buon giorno. (posa) Uffa! Non ne posso più! Ho il crampo del telefono all'orecchio destro.

Svetonio - Cambia orecchio.

Delia - Faccio di meglio: tolgo il ricevitore, (e lo fa) Quando si dice essere conosciuti come nostro padre.

Svetonio - Mi sa che molti speravano di mettere il lutto, e quando hanno saputo che gli è andata bene si com­plimentano con la bile travasata, (mette i giornali uno accanto all'altro, come in esposizione)

Delia - Ma che fai?

Svetonio - L'esposizione della fama. Leggi, (e legge i titoli delle diverse testate) « Grosso industriale mi­lanese ferito in un incidente stradale ». Titolo indi­pendente. « L'industriale Cazzaniga rimane seriamen­te contuso durante la notte in un fortunoso incidente accadutogli per motivi di lavoro ». Descrizione di de­stra. « L'industriale che cade nel fossato. Era brillo? » Tutto di sinistra. « Poteva essere mortale la disgrazia di Cazzaniga ». Cattolico.

Delia - Smettila, Svetonio.

Svetonio - Porta buono.

Delia - Figurati.

Svetonio - « Ne poteva sortire un disastro ». Ecco que­sto c'ha ragione. Non trovi. Io trovo.

Delia - Avevo il party con i Favony...

Svetonio - Dovevi andarci. Io non rinuncio a niente. Per­chè poi? Pensa agli operai della ditta che per un mese non se lo vedranno più tra i piedi. Sono i più fortunati. Hai letto il telegramma delle maestranze? Commossi e festanti per lo scampato pericolo, augu­riamo..» Eccetera. Ma come avranno dettato volen­tieri quel festanti.

Delia - Non fare il cinico.

Svetonio - Adesso ritaglio gli articoli e gliene faccio omaggio. Chissà. che ne salti fuori la Honda che non mi vuol comprare. Mi basterebbe anche la Laverda.

Delia - Sci stomachevole.

Svetonio - D'accordo. Però in sella alla Honda.

Delia - Ma è nostro padre, Svetonio!

Svetonio - Non c'è dubbio. È scritto su tutti i documenti. E con questo? Dobbiamo dispiacerci se gli è andata bene da un volo in un fosso con l'automobile? Ci fos­se rimasto nel fosso, lo capisco. Avremmo dovuto as­sumere la direzione dell'azienda! Ma così, con quat­tro costole rotte e un'ingessatura: esultiamo!

Delia - Tu no.

Svetonio - Io più di tutti. Mi vedresti a discutere di ma­terie plastiche riferite all'industria elettrica? No, ve­ro. Nemmeno io.

Delia - Ma almeno la circostanza rispettiamola.

Svetonio - Come si vede che ti hanno educato le Mar-cellinc. Delicatona! Tutto come sempre, sorellina. Dì! Ma clic ci faceva sulla strada di Lecco, quell'uomo?

Delia - Veniva da Galbiatc, ove era stato a discutere di lavoro.

Svetonio - Con chi? Alle due di notte? E poi non ve­niva, andava.

Delia - È uscito di strada.  •

Svetonio - Dalla parte opposta. Uhm!!! (segni dubita­tivi con le mani e il viso)

Delia - E che ne sappiamo? Lui dice di essere stato confuso dalla nebbia.

Svetonio - Nostro padre?!

Delia - Perchè non glielo chiedi?

Svetonio - Buona. E chi si fida? Ha il dogma dell'infal­libilità delle bambanate ex cattedra. Ci rinuncio.

Delia - Ma che cosa sospetti, scusa?

Svetonio - Niente. Si possono avere dei sospetti in que­sta casa? Cazzaniga padre è dio e lo proclama. Sua moglie, che sembra essere nostra madre, è perfetta e lo dice. E tu, sorellina? Hai un fidanzato che dura da settembre a giugno, poi scappa perchè il tuo sen­tore di sudore trattenuto non lascia adito a sospetti durante tutta l'estate.

Delia - Brutto impertinente!

Svetonio - Scusami. Però ammetti che io lo sopporto an­che in luglio.

Delia - Sei un mostro!

Svetonio - Quello del sudore deve probabilmente es­sere un retaggio delle origini plebee di nostro padre. Perchè te la prendi? A me puzzano i piedi. E inoltre siamo in novembre: hai tutta la stagione davanti. Oc­chio, Delia! Matrimonio in febbraio. È una cautela meno delebile.

II

(Entra Emanuela Cazzaniga, madre dei due giovani. Un tipo di donna dal dinamismo travolgente. Tutto quello che le viene in mente fa, e ciò che le passa per la lingua non lo tace. È ancora giovanile e piacente. Naturale, l'unica sua preoccupazione e se slessa).

Emanuela - Smania, smania. E fa smaniare tutti. Bene­detti uomini, neppure un'unghia incarnata sapete sop­portare.

Svetonio - Mamma, la sua non è un'unghia incarnata.

Emanuela - Be, non è molto di più. Io per esempio sono s.tata incinta: due volte! E lui non l'ha provato.

Svetonio - No.

Emanuela - Comunque il peggio l'ha sofferto la mac­china che è irrecuperabile. Sapete una cosa? Vuol ve­nire in salotto, non vuole più stare a letto. Si stu­fa, dice.

Delia - Papà è un dinamico.

Emanuela - È un rompiscatole! Ma cosa mi fai dire, Delia. Svetonio, vai, vai di là e convincilo a riposare. Io non ce la'faccio più. (Vede dei telegrammi sopra un tavolino) Ancora telegrammi? Pensa tu a ringra­ziarc, Delia. Io non so come incominciare. Fai fare uno stampato come per i funerali, senza il nero, at­torno, s'intende. Sei ancora qui, figliolo? Ti prego, va' da tuo padre. Fra uomini, forse, vi intendete se riuscite ad andare d'accordo.

Sue tonto - Va bene, mamma. E se non ci riesco?

Emanuela - Cosa vuoi che ti dica? Arrenditi e portalo di qua.

Svetonio - Sarebbe stata preferibile una catastrofe, al­meno restava a letto e basta.

Emanuela - Svetonio!! O Dio, in fondo hai ragione.

Svetonio (mentre esce) - Con una famiglia come la no­stra Antonioni ci farebbe un film dei suoi dove non ci si capisce niente.

Emanuela - Figliola, tu sei donna come. me. Certo sì, qualche differenza c'è, ma non tanto poi. In fondo io non elico mai gli anni che ho, e quando mi guardo allo specchio non sento propensioni all'antiquariato come, viceversa, capita a certe amiche mie.

Delia - Vieni al sodo,, mamma.

Emanuela - Ecco. Da quando siamo sposati, è la prima volta che tuo padre mi va in crisi. Ha subito solo qual­che raffreddore, e allora sai non erano ancora diffuse le supposte, sicché si doveva prendere tutto per boc­ca e le cose andavano per le lunghe. Nonostante que­sto in fabbrica c'è sempre andato. Una volta sola mi ha fatto l'influenza: uno spasimo! Ma la mia vicinan­za è stata determinante e ce la siamo cavata. Neppure un mal di denti, nè gli orecchioni...

Delia - Che c'entrano gli orecchioni?

Emanuela - Come che c'entrano? Il marito della Tribur-zina Locatelli li ha avuti e., .oh!, figli non se ne son visti; non so se mi spiego! Perciò è una fortuna per tuo padre avere evitato gli orecchioni. Veramente è stata una fortuna anche per me, altrimenti... Ma che ti sto a dire, Delia?  .

Delia - Appunto.

Emanuela - Cosi è la prima voita che io mi ritrovo il marito invalido in tanti anni di matrimonio. Che faccio ?

Delia - Eh?!

Emanuela - Che faccio! È una domanda seria quella che ti pongo.

Delia - E che ne so, mamma?

Emanuela - Non lo sai? Benissimo, in questo modo sia­mo in due a non saperlo.

Velia - Perchè? Che si fa in queste circostanze? C'è un galateo, un canone?

Emanuela - Te lo domando, figlia mia: c'è?

Delia - No, che io sappia.

Emanuela - Allora lo inventiamo noi.

Delia - Direi che è inutile, perchè non sono cose da im­pararsi sui libri.

Emanuela - No? È una lacuna. La Sofia Tremarollo quando restò vedova del povero Arturo comprò un manuale e si comportò benissimo. Mi sembra impos­sibile che qualcuno non abbia previsto e posto in com­mercio un vademecum di comportamento coniugale in caso di...

Delia - Mamma!

Emanuela - D'accordo. D'accordo. Non esiste. E allora io che faccio? Continuo la mia vita attiva di moglie dell'industriale Cazzaniga che coltiva proficuamente le pubbliche relazioni nell'ambiente della Milano be­ne. O mi serro in casa fino alla sgessatura? Partecipo ai cocktail ed alle sfilate di alta moda per il benessere della famiglia e mi arricchisco culturalmente, oppure .marco visita sino al rimarginamento degli omeri di Peppino tuo padre? Rispondi!

Delia - Non lo so, e non mi pare molto importante.

Emanuela - Ed invece lo è. Mi vuoi in clausura? Dimmelo. Lo farò.

Delia - No, mamma.

Emanuela - Non mi vuoi. Ed hai ragione. Difatti è quel­lo che pensavo anch'io. Peppino guarisce da solo.

Delia - Ma la cosa più importante non sei tu.

Emanuela - E lei insiste. Fa niente. Ormai ho il tuo sensato benestare. Vado al cocktail Fornaciai-i.

Velia - Cosa?!

Emanuela - Al cocktail Fornaciari. Dalla Gisella. Ci sarà un mucchio di bella gente che vorrà sapere dell'inci­dente. Figurati, saremo al centro dei commenti, e l'ingegnere, finalmente, si convincerà a rivolgersi per ordinazioni alla Cazzaniga impianti.

Delia - Quelli se ne fregano.

Emanuela - Se non vado. Ma io vado e non possono più farlo perchè la presenza della vittima'li obbliga.

Delia - Vittima?

Emanuela - Eggià! Perchè io che cosa sono, scusa? Delia - Va, mamma, va...

Emanuela - Ero sicura che il tuo innato buonsenso avreb­be dato la risposta giusta. Da questo si vede che m'as­somigli. Blu pensi che stoni?

Delia - Che?

Emanuela - L'abito. Il colore dell'abito. Scendi dal fico, ragazza mia, e sii realista. Se sbaglio vestito quelli mi fanno fuori appena metto dentro il muso.

Delia - Sì, blu va bene.

Emanuela - Tutto go! Sono ritornata felice. (Ma stanno per entrare Svetonio e Peppino; Emanuela li vede, allora esclama) Adesso un po' meno.

IlI

(Svetonio sostiene il padre che ha una gamba rigida e le braccia altrettanto rigide dal gomito alle dita delle mani, e sono sostenute da due foulards. Cazzaniga è un uomo di mezza età dall'aspetta, simpatico, al di là dei cerotti e delle ecchimosi che tuttavia non ne intaccano il carat­tere di tipico meneghino chiassoso ed ottimista).


Beppino - Fa adasi, Svetoni. Aia, aia che mal. Marna, marna...

Emanuela - Vedi di non esagerare, Peppino, se quella santa donna ti sentisse, (è andata con la figlia a dare una mano a condurre il marito)

S ve tomo - Dove ti mettiamo, papi?

Peppino - In un sit due me passa el mal.

Delia - Adagiamolo qui. (lo fanno sedere con delicatez­za e gli mettono dei cuscini a sostegno; la gamba rigida gliela appoggiano sopra una sedia)

Peppino - Adasi, adasi. Aia, aia marna.

Emanuela - Ancora tua madre? Le ossa di tuo padre scricchioleranno per la rabbia.

Peppino - Fasila tasè.

S ve tonto - È una parola.

Emanuela - È noto come trattasse quel pover'uomo.

Peppino - Muchela! Va via, Manuela!

Delia - Su mamma, vai al cocktail.

Emanuela - No, io dicevo per la storia. Se però non vuoi... Tanto coabitano a Musocco, e lì non si litiga mai. Dì un po', l'hai fatta fare la raccomandata all'assicurazione?

Peppino (che continua a lamentarsi) - Sì.

Emanuela - Allora aumentiamo la cilindrata. Posso espri­mere un desiderio?

Peppino - No.

Svetonio - Altrimenti si realizza. Delia - Ti prego, va mamma.

Emanuela - Tutte? per non accontentarmi! Dico io se vale la pena di parlare di lui all'ingegnere!

Peppino - Se la voeur fàa?!

Emanuela -Fornaciari! Lo conosci, vado dai Forna­ciai perchè ti faccia l'ordine che aspetti.

Peppino - Mi spetti dumàa che te se tirett via di oeucc.

Emanuela - Oh, stai tranquillo che le parole non le spreco.

Svetonio - Fosse vero.

Emanuela - Delia, accompagnami.

Delia - Dove, mamma?

Emanuela - Dai Fornaciari, no?

Delia - A far che?

Emanuela - Mica posso andar sola con il marito sini-v. strato. Che figura ci faccio?

Delia - Io voglio restare con papà.

Emanuela - Peppino, fatti obbedire una buona volta! La Delia mi è necessaria.

Peppino - Va, Delia, se no tua mader la va via pù.

Delia - Lo vuoi proprio, papà?

Peppino - Cunt tutt el coeur!

Emanuela - Oh! Sia lodato il cielo. Non tutto il male viene per nuocere. Cazzaniga si fa ascoltare. Vieni, figliola, tra donne che sanno veramente che cosa sia la sofferenza ci si'intende.

Delia - Il numero telefonico dell'ingegnere ce l'hai, papà?

Peppino - Se gh'hu de bisogn, gh'è la Raffaella.

(Le due donne mentre escono)

Emanuela - Ti raccomando l'abito. No all'organzino e al jersie. Passabile la cianca, e consigliabili i colori semi scuri, (sono uscite).

Peppino - Benedett S. Antoni! Svetoni, mettum a post el cussin.

Svetonio (esegue) - Ti fa molto male?

Peppino - Me par de vess la statua delPom de preia: sunt tutt a tocc. Grattum el nas, Svetoni.

Svetonio - Cosa devo farti?

Peppino - Grattarmi il naso che mi purisna. Svetonio (esegue)

Peppino - Varda me Tè cunscià el Cassaniga. Hann tele-funà dala ditta?

Svetonio - Mia sorella ha interrotto la comunicazione perchè il telefono scottava.

Pappino - Cus'è?! Mett subit a post la curnctta!

Svetonio - Okey. Tutti i giornali 'pubblicano l'incidente.

Peppino - Bela roba.

Svetonio - Non ti fa piacere? Sei in compaginazione con la crisi del governo, la crisi irlandese, la crisi medio­rientale e quattro rapine contemporanee.

Peppino - L'era mei che ghe fuss sta un alter in coabi-tasione. Ciama el Fusetti, dumandegh cume va el laura.

Svetonio (fa il numero) - Se viaggiavi su una Honda te la cavavi più a buon mercato.

Peppino - Tacca minga cunt la moto, Svetoni! T'cl sett che de chela uregia lì sunt surd.

Svetonio - Pronto, Fusetti. Papà vorrebbe parlarle.

Peppino - Parlaci tu, mi me fu a tegnì in man la cur-netta?

Svetonio - Parlo io per lui. Peppino - Me la va?

Svetonio - Come va? (a suo padre) Bene. Ma suo figlio ha il morbillo, gli è scoppiato stanotte.

Peppino - E chi se ne frega. Mi voeuri savè di valvul per la Gilsea! Facci gli auguri.

Svetonio - Le valvole come vanno? Auguri. Grazie, (a sua padre) Le valvole bene. La Gilsea è come il fi­glio: in crisi. Ringrazia.

Peppino - Accelerare! Far fare gli straordinari agli operai.

Svetonio - Straordinari, Fusetti, straordinari! Sì, sì. (A suo padre) Chiederà il permesso alla commissione in­terna.

Peppino - La commissione interna! Chi l'è la commissio­ne interna?

Svetonio - Quella che comanda.

Peppino - Ah, già... Promettere un premio, soldi, ai vo­lonterosi.

S ve tonto - Promettere un premio ai volonterosi, (a suo padre) Non ce ne sono, ma farà il possibile per in­ventarli.

Peppino - Che mi tenga aggiornato in continuassione. Saluda.

Svetonio - Papà desidera essere costantemente in con­tatto e saluta. Riferisco e ricambio, (a suo padre) Ha detto di riguardarti che in ditta ha in mano lui la situazione, (fine della telefonata)

Peppino - Alura l'è bele che scappada.

IV

(Entra Raffaella, la domestica).

Raffaella - Signore, c'è una visita per lei.

Peppino - Se l'è, un alter dutur?

Raffaella - Una signorina.

Peppino - Se la vocur!? Mandela via. Te vedet no me sunt cunscià?

Raffaella - Va bene, signore, (esce)

Svetonio - Papi, tolgo il ricevitore all'apparecchio?

Peppino - Togli un tubo. Se me ciamen dala ditta, me femm?

Svetonio - Non lo so. Io però ho intenzione di toglier­mi da casa.

Peppino - In due te vett?

Svetonio - Dal Fredi, a studiare.

Peppino - E mi? Sunt chi de per mi. Tua mader e tua surela van via, tu ti togli.

Svetonio - C'è Raffaella, fai rispondere a lei.

Peppino - Insci al post di valvul ghe mandum carotul ala Gilsea.

Raffaella (ritorna) - Signore, quella signorina là insiste per essere ricevuta.

Peppino - Te ghe ditt in che stato sunt?

Raffaella - Sì. Appunto perciò vuole vederla.

Peppino - Appunto perciò? Se voeur dì?

Svetonio - Ricevila. Forse è qualcosa d'importante.

Peppino - Fala vegnì.

Raffaella - Sì, signore, (esce)

Peppino - Stamm visin, Svetoni. Te me dett una man.

Svetonio - Ma papi, il Fredi mi attende!

Peppino - Mi te capissi no. Te ghetf semper di amis de andà a truà. Perchè vegnen mai chi lur?

Svetonio - Mia madre li monopolizza e li fa asfissiare. L'hanno paragonata ad un'assalto della Celere.

V

(Raffaella introduce Anna, una ragazza coetanea di De­lia. È un tipo procace, libero, anche un /io' volgare. Ha una vistosa borsetta ed un ancor più vistoso vestito).

Raffaella - Prego, s'accomodi, (esce)

Anna - Grazie, (una pausa. Si guarda in giro) Buon giorno, sciur Cassaniga.

Peppino (in difensiva) - Buon giorno.

Anna - Che bella cà e che bei mobil. Tutta roba de lussu. Lè el so fioeu ch'el bel giuin chi?

Svetonio - Sì, signorina. È il mio papi.

Anna - Il papi... Bello. Se ved che lè de rassa bona.. Dunca, me la và?

Peppino - Chi è lei?

Anna - Non facciamo finta, neh! Tutto sommato l'è an-dada ben, sciur Cassaniga. L'è un pù impacchetta, ma vivo. Cumpliment!

Peppino - Svetonio, vai dal tuo amico.

Svetonio..- Mi avevi chiesto di restare per darti una mano.

Peppino - Va, va.

Anna - Non si preoccupi, bel giovane, ce la dò io una mano al suo papi, in caso di necessità.

Svetonto - Senti, ma tu la conosci?

Anna - Eccome! Vero, Peppino?

Peppino (imbarazzato) Siamo in rapporti di.-., lavoro. Va, va, Svetoni. Preoccupati minga.

Suetonio - Va bé. È tutto bello per quella lì. (esce ab­bastanza perplesso)

Anna - Adesso siamo soli. Cume chella nott là.

Peppino - Se le vegnuda a fa in cà mia?

Anna - Guarda, (senza troppi complimenti gli mostra una spalla e poi una gamba) Quest hinn i pussé visibil, ma sota sunt tutta un gibull. Vuoi vedere?

Peppino - No! Senta, signorina.

Anna - Peppino, chella nott là te me ciamavett « mora travolgente ». Già, semm pù sulla Milano-Lecco.

Peppino - Signorina; quella notte non ero io.

Anna - Cosa dici mai? Me recordi benissim che te serett ti, margnifl'onc!

Peppino - Vocuri dì che seri foeura de mi, seri un alter.

Anna - Le vera, te seret talment gasa che te nanca tira el fren a man.

Peppino - Appunto. Cioè...

Anna - E mi stupida, me ne sunt nanca accorta. E l'è la prima roba de fàa. Però la culpa l'è tua. Quand se fàa certi sost el fren a man l'è indispensabil...

Peppino - Che la senta.

Anna - ... specialment sull'orlo d'una scarpada. T'el sett che...

Peppino - Per piasè, la me staga a sentì!

Anna - Hu capì, te voeurett savè perchè sunt vegnuda a truatt. Te me l'è giamo dumandà.

Peppino -Si. (suona il telefono) Risponda, per piacere.

Anna (al telefono) - Pronto. Cazzaniga è qui. Bene!

Benone! Un po' ammaccato ma vitale. Vero che sei vitale, cicci?

Peppino - Chi l'è che parla?

Anna - Sta bene. Ringrazia. Certamente. Sì sì sì. Ce lo dico. No, non può parlare, ma se ce lo dico io è come se lo dicesse lui. Arrivederci.

Peppino - Ma insomma, chi l'era?

Anna (ha posato) - Un certo Parigini. El vureva savè dela tua cundissiun. Saluti, auguri, e balle di circo-stansa.

Peppino - Orca l'oca, el Parigini! Anca lù! Prenda no­ta... Cioè, la lassa sta.

Anna - Alura, torniamo a noi ex cocco della fuori serie color pistacchio. Scusa se ti definisco così, ma lo sai, io ti classifico dalla cilindrata. La tua era eccezionale! Mi sunt vegnuda chi, primo: perchè mi sei-stato sim­patico. Secondo, perchè tra noi due s'era stabilito un certo clima. Te se recordett? Mi sei andato a genio appena te sctt ferma a la rutunda: è libera per fare un giretto? Cumc no! E via nel viottolo del boschetto, dove ci siamo fermati e abbiamo cominciato a par­lare. Lasa che ti dica che mi hai meravigliato, per­chè gli altri non parlano mica tanto, veh! Quante cose c'avevi da dirmi! Eri in vena di confidénse, eh, pa-strugnone! Talmente eri preso che pataslunfete!, la macchinona lè scarligada giò che la pareva l'otto vo­lante. Semm rutulà e la fin pareva che la rivass mai. Quand se semm ferma, la macchina l'era tutta scassada; ti te serett a tocch e te parlavett pù e mi me sentivi gibulada meza e intun-tida cumpagn d'una ciuca. Dopu su minga quant, hu pensa che l'era el casu de andà a ciamà aiut. Sunt ve­gnuda sii cunt una fadiga de matt, hu cerca un tele­fono per fatt vegnì a toeu, ma te giuri che te parevett mort. Poeu sunt andada a càa e me tucà metess in lett per un dì e do nott tutta piena de cataplasmi. Final-ment -stamattina dervi el giurnal e se troeuvi? Ch'el me cumpagn de viagg, pardon, de sosta l'è viv e si chiama Peppino Cazzaniga, grosso industriale mila­nese, uscito di strada con la propria macchina e ri­masto l'intera notte in fondo alla scarpata.

Beppino - Voeur dì che te minga telefunà.

Anna - Hu telefunà! Porsi t'han minga truà. Morale. Cume hu leggiù la nutissia me sunt dida: femess vede, uno per complimentarmi dello scampato pericolo. De passagg se femm rimbursàa i dance dela telefunada; i dan ée di cur e di mcdesin che m'hinn servì per tirass foeura di strasc, i danée per i do nott de fermo-mac­china, ci siamo capiti, vero... Due, vu a fagh visita per vera profonda simpatia. Ecco. Quest l'è quant. Contento, coccolone? Ti fa piacere che sia venuta a trovarti?

Peppino - No.

Anna - Ingrato!

Peppino - Quantu te voeurett?

Anna - Vuoi desfcsciarmi, eh? Capissi. Versione uffi­ciale: uscito di strada. A che velocità te cuntà che te andavett? Digli a la tua miée de duinandamcl a mi che gh'hu un cuntachilometri infallibil.

Peppino - La mia miée la sa nagott, e la gh'ha de savè nagott.

Anna - Conosco la prassi. Se tegnissi cunt de i miée di mari che incuntri, me vuraria la calculatriss... Però, t'el sett Peppino, mi gh'hu nagott de smenagh. Ti, invece...

Peppino - Avanti, sgancia la cifra.

Anna - Volgare! Subito i soldi. Perchè non continui a raccontarmi i tuoi crucci?

Peppino - Signorina, per piasè!

Anna - Come vuoi. Bé, femm una media... Ti, l'è minga ' facil, 'Veh.

Peppino (impaziente) - La telefunada, cinquanta.

Anna - Cinquanta, cus'è?

Peppino - Lire.

Anna - Ma gioia, s*erum foeura zona. Telesclcsione not­turna! Femm domila.

Poppino - Va ben. El cunt del dutur... O te gh'ett la mutua?

Anna - Specialista! Quand se guasta la fonte di produs-sione se dama ci tecnico, minga ci stagnili. Mutua! uhm! Cinquanta!

Poppino - Lire?

Anna - Mila... L'è no una telefunada...

Peppino - E d'alter?

Anna - Gh'hu de turnagh. Controllo.

Peppino (tra i denti) - Cent.

Anna - Dù... La telefunada...

Peppino - I medesìn?

Anna - Gh'hu el scuntrin. (fruga nella borsetta) Quin-desmilatresenvint.

Poppino - Femm quindes.

Anna - Uomo d'affari il mio Peppino Cazzaniga. Cara, cara lui! Sedes!

Peppino - Sedes! Basta?

Anna - La sosta. Sai, io sono un animale notturno. De dì po anca pieuv, ma de nott le mei che ghe sia foeura i steli. E mi per do nott hu minga savù che temp faseva, con annessi e connessi.

Peppino - Quantu te fett per sira? O per matina... su no.

Anna - Dipend. Se gh'è una quai fera in gir, el guadagn l'è bun, se de no l'è nurmal. Ala fin del mes l'è mei che ala metà, naturai gh'è el vintisett. Poeu, se gh'è la nebbia: serada magra; se pioeuv: serada umida; se fa beli: se laura. Anca per ti sarà istess, minga tutti i mes te fett lo stesso fatturato. Dunca, eia, femm un forfait, tenuto conto della stagione, del temp e del calendari...

VI

Delia*(entra molto elegante) Papà, noi siamo quasi pron­te. Ho avvertito Raffaella di telefonarci qualora tu avessi necessità... (ha visto Anna, l'ha guardata, poi improvvisamente come se riconoscesse una cara per­sona amica, con grande sorpresa e piacere) Anna!

Anna (la riconosce) - Delia!

(si precipitano una nelle braccia dell'altra)

Delia - Anna, Anna! Cara!

Anna - Ma sei proprio tu, Delia?

Delia - Come va? Come sci cambiata!

Anna - A me va bene; E tu?

Delia - Al solito. Raccontami di te. Quanti anni sono passati!

Anna - Mica tanti. Solo tre o quattro. Ma... scusa... Tu sei la figlia di... (segna Peppino che le guarda ester­refatto, e scoppia a ridere) Ci sono troppi Cazzaniga a Milano.

Delia - Infatti è un cognome un po' inflazionato.

Anna - Se l'avessi saputo... Ma, probabilmente sarei ve­nuta lo stesso.

Peppino - Delia, me te fett a cugnuss la signorina?

Delia - Abbiamo fatto le scuole insieme. Dalle Mar-celline.

Peppino - Le Marcelline? Le suore Marcelline?

Delia - Certo. È la Anna Casiraghi. Quante volte ho parlato di lei in casa.

Peppino (non si capacita) - Dalle Marcelline. Vacca!

Anna - Si meraviglia, signor Cazzaniga?

Peppino - Un pù.

Anna - Non sono la sola. Sono tutte battezzate e cresi­mate, e spesso anche sposate in chiesa.

Delia - Ma che state dicendo? A proposito, come mai ti trovi in casa nostra?

Peppino (previene prontissimo la risposta eventuale dì Anna)" - Infermiera.

Anna (a bocca spalancala)

Delia (felice) - Sei venuta per fare da infermiera a papà? Benissimo! Sono felicissima! Papà, poverino, ne ha tanto bisogno. Lo saprai dell'incidente capita­togli l'altra notte.

Anna - Sulla strada Milano Lecco, lo so... Il fatto è che... io, Delia, non credo di...

Delia - Non ti sei messa d'accordo sull'onorario? Non temere. Papà è generoso. Intercedo io per te. (a suo padre) Niente storie, papà! Affare fatto. E adesso raccontami di te. Come mai ti sei ridotta a fare l'in­fermiera tu che eri tanto brava in italiano?

Anna - L'italiano non dà da vivere. Gli italiani, invece, sì.

Delia - Si ammalano molto?

Anna - Altroché! Ma è difficile spiegarti, amica mia. Mio padre morì qualche anno fa, la mamma deperì, ed io fui costretta a cercarmi una professione...

Delia - Infermiera? Anna - A domicilio.

Delia - Qui ti troverai come a casa tua, meglio ancora.

Anna - Grazie. Ma... tuo padre, vorrà?

Delia - Non occorre neppure domandarglielo. Oh! È quasi ora di fargli la iniezione.

Peppino - No!

Delia - Sì, vecchio mio. E farai il paziente... paziente. Vero, Anna?

Svetonio (è intanto entrato lemme lemme)

Delia - Vieni, ti mostrerò la tua camera. Quello è Sve­tonio, mio fratello. Non farci caso, sembra cresciuto, ma è innocuo.

Svetonio - Lieto. Lei invece non e innocua.

Delia (sembra eccitata per la gioia di aver trovato l'ami­ca) - Ho un mucchio di cose da raccontarti. Sai, io ha mantenuto i contatti con qualcuna delle antiche compagne: la Scarpelli; la Paschi; l'Elisabetta Or­landi (sono uscite)

Peppino - Anca l'infermerà che la cugriuss la tusa, due-va capita.

Svetonio - Non sei contento?

Pappino - Me un debit de paga. Tirumm sii, Svetoni.

Svetonio (esegue) - Perchè non l'hai chiesto all'infer­miera.

Peppino - Aia, aia! Va adasi...

Svetonio - Papi...

Peppino - Se te gh'ett de ciamam?

Svetonio - Come l'hai conosciuta?

Peppino - Chi? Svetonio - L'infermiera.

Peppino - Eh... tramite... tramite il lavoro. La ditta.

Svetonio - Già, siete in rapporti di... lavoro. Me l'hai detto. Però, non' ha mica tanto dell'infermiera, sai.

Peppino - Se la gh'ha de divers?

Svetonio - Tutto.

Peppino - Se voeur dì?

Svetonio - C'ha più della...

Pappino - Della?

Svetonio - Dai, papi, siamo uomini tutt'e due, ci siamo-capiti.

Peppino - Te voeurett dì che la gh'ha...? Ma va, famm minga rid! (ride forzato e naturalmente sente male) Aia, oh marna, che mal! Podi nanca rid me voeuri. Dinn pù di asnat.

Svetonio - Mantengo l'opinione.

Pappino - E se anche fudesse? Basta che la faga ben el so meste.

Svetonio - "Io dico che lo fa benissimo. Peppino - Cusa t'en sett? Te prua a fass cura?

$ ve Ionio - Io no, ma tu si.

Peppino - Le appena rivada, spetta che vedarem.

S ve Ionio - Tu hai già visto.

Peppino - Quand?

Svetonio - Sulla Milano-Lecco.

Peppino - Varda che te du un slavadent!

Svetonio - Non puoi, (segna le braccia ingessate di suo padre) Papi, ho sentito tutto.

Peppino - Brutt...

Svetonio - Non l'ho mica fatto di proposito. Ero di là a studiare. Mi spiace... Se mi lasciavi andare dai Fre-di... (sospensione) Bé, non prendertela. Lo sappia­mo soltanto io e te. Su, su dai, papi.

Peppino (pieno di vergogna) - Gh'e success nagott tra mi e le.

Svetonio - Certo. La macchina e precipitata quasi su­bito. Ma niente di male. Le nostre donne non sapran­no niente.

Peppino - La mandi via subit.

Svetonio - Chi? L'infermiera? No, aspettiamo, papi. Inoltre c'è Delia, come facciamo? A quella sembra d'aver ritrovato l'oracolo.

Peppino - Eggià.

Svetonio - Niente, niente. L'infermiera resta qui e... ti cura.

Peppino - L'è minga bona.

Svetonio - Per essere bona è bona.

Peppino - Uei, Svetoni, fa no pastiss...

Svetonio - Io?! Ma papi! Figurati! Certo che se avessi la Fionda...

Peppino - Parla no de la moto!

Svetonio - No? E di che cosa parliamo allora, con la mamma? (una pausa) La Honda riempie i discorsi familiari, ti pare?

Pappino (capisca) - Te me incastra.

Svetonio - Non esageriamo. Prima o poi me l'avresti comprata. Meglio prima, naturalmente. Ed io ti pro­metto...

Pappino - Fa no di promess che te menett gramm!

VIII

Emanuela (entra come un tuono) - Siamo pronte! Pep-pino, noi ti lasciamo, ma il mio pensiero resta con te. È poco, ma sufficiente.

Svetonio - Hai visto l'infermiera di papi?

Emanuela - Ce un'infermiera? Dove?

Svetonio - In casa.

Emanuela - Davvero? Ed io come mai non l'ho incon­trata?

Svetonio - Tutta colpa di questo appartamento e dei suoi quattro servizi.

Emanuela - È già ai servizi?

Svetonio - È con Delia, in camera sua.

Emanuela - Come, con Delia? Il ferito è lui. Che razza d'infermiera è?

Svetonio - Domandalo a papà.

Emanuela - Senti, Peppino, se hai avuto l'idea di assu­mere un'infermiera, hai fatto benissimo, però al­meno presentamela. Com'è?

Peppino - Te la vedarett.

Emanuela - Speriamo che si intenda di dermatologia. Ho certe macchie che neppure col borotalco dermopatico riesco a far sparire. Glielo voglio chiedere subito. Dov'è?

Svetonio - Te l'ho detto. Con Delia.

Emanuela - Sì, è vero. Bene bene. Dove l'hai trovata così presto"?

Peppino - Perchè presto?

Emanuela - Prima che andassi a vestirmi non se ne parlava.

S ve Ionio - Potenza dell'industria.

Emanuela - È il caso di dirlo. Finalmente la smetterai di lamentarti: hai l'infermiera. E poi dì se non prov­vediamo a te. Manco fossimo il Cottolengo.

Pappino - Ti te pruédett?

Emanuela - Naturale. Se io non la volessi, quella non ci sarebbe.

IX

(Entrano Delia ed Anna. Delia ha in mano Voccorrente per fare un'iniezione).

Svctonio - Mamma,, è lei. Emanuela - Lei, senta.

Delia - li mamma. Papà, preparati per l'iniezione.

Pappino - Per l'amur del etcì! Anna - Lieta, signora.

Emanuela - Anch'io. Ma in questi frangenti tralasciamo i convenevoli. Io le ciò in mano mio marito: ne fac­cia buon uso.

Svetonio (a parte) - Già fatto.

Emanuela - Forse si è già accorta che Peppino,'pardon, il signor Cazzaniga, necessita di cure assidue. In caso contrario la metto al corrente io che in questi due giorni mi son data da fare parecchio. Peppino, tira giù i calzoni. Ah, non puoi, sei impedito. Allora chi lo spoglia? Tu no, Svetonio, perchè sei minorenne. Tu nememno, Delia, perchè sei donna. Raffaella nean­che parlarne. Lo farò io.

Peppino - No, Manuela! No, per carità!

Emanuela - Che carità! Stai più attento un'altra volta, guidi sempre come Paperino, solo che lui è un fu­metto,» Avanti sono sufficienti pochi centimetri di pel­le. Vero, signorina?

Anna (spaventata per l'esperienza) - Mi pare.

Emanuela - Le pare? Che discorsi sono. Avrà visto più natiche lei... Svetonio, girati od esci.

Peppino - Aia, aia.

Emanuela - Anche tu, Delia, è bene che non guardi altri­menti ti impressioni. (ì due giovani guardano altrove, mentre Emanuela ha scoperto il marito) Gliela fac­cia alta, è meno pericolosa.

Anna - Può essere pericolosa?

Emanuela - Altroché! Se va in suppurazione stiamo fre­schi, tagli, ospedale, e conseguenze varie. Al cognato della suocera Tagliaferri sposata Incerti, è venuto un sederone così. Sicché, non gliela fa? (al marito che seguila a lamentarsi) Taci, Peppino..

Anna - Iio paura.

Peppino - Anca mi.

Emanuela - Che paura paura! Ma che infermiera è, lei?

Svetonio - Appunto.

Emanuela - Su, non s'impressioni. Le punture sono Tabe della sua professione.

Anna - Scusi, signora, si tiri in disparte.

Emanuela - Perchè, le faccio paura anch'io?

Anna - Sì.

Peppino - Manuela, va via. Dagh a tràa.

Emanuela (si gira anche lei come i suoi figli) - Oh, quanta suscettibilità! Ma da che parte salta fuori, questa qui!

Delia - È una mia compagna di scuola.

Emanuela - Di scuola?! Delia, hai intenzione di prose­guire gli studi?

Delia - Voglio dire che è una vecchia compagna di scuola.

Emanuela - Vecchia non direi, meno male, anzi, che Pep­pino sia invalido. Allora, signorina?

Anna - Se lei mi sta lontana, mi viene più facile.

Emanuela - Va bene.

Anna - E continui a stare girata.

Emanuela - Ma dove siamo! Non è mica un film vietato!

Peppino - Fa me la te dis.

Emanuela - Questa qui ce l'ha mandata la San Vincenzo.

Peppino (sottovoce) - Des mila frane se te ciapett el cussin invece del...

Anna - Vint!

Ceppino - Va ben. Vint.

Emanuela - Cosa dice?

Peppino - Ferma! Gires no, Manuela.

Anna (iniezione al cuscino...) - Fatto!

(Un bel OOOOOHH! generale)

Emanuela (in disparte, alla figlia) - Scusa, come si chia­ma questa imbranata?

Anna (ha sentito) - Anna. E non sono imbranata.

Svetonio - Eccome.

Delia - È l'Anna Casiraghi. Suo padre, te lo ricordi?, aveva una fabbrica di culottes.

Emanuela (illuminandosi) - Ah, sì, sì, sì! Le culottes! come no? Io venivo in fabbrica per rifornirmi. Ne ho fatto certe scorte! Come sta suo padre?

Anna - È morto.

Emanuela - Oh, poveretto! Mi dispiace. Peccato, le con­fezionava così bene, che fibra! Scusi, sa, ma che c'en­trano le culottes con lei che fa l'infermiera? Non ha attinenza, mi pare.

Anna - Appunto. Nessuna.

Emanuela - Volevo ben dire. Ma qui dentro mi danno sempre torto. Comunque, nonostante i precedenti, lei si prenderà cura di mio marito con solerzia. Pun­ture a parte.

Delia - Stai tranquilla, mamma, Anna è bravissima.

Emanuela - La tua fiducia, spero, giovi a tuo padre, De­lia. E la ditta?

Anna - È stata rilevata.     ,

Emanuela -Ah. Purché ci sia sempre lo stesso marchio di garanzia. Se ne intende di dermatologia?

Anna - Nemmeno un po'.

Emanuela - Lei sembra allergica alla pelle degli altri, signorina.

S ve Ionio (sempre in disparte) - Non direi.

Emanuela - Andiamo, Delia.

Delia - Io vorrei restare.

Emanuela - Ancora? Ma c'è il cocktail!

Anna - Vadano pure, sto io con il signor Cazzaniga.

Emanuela - Delia, chiama Alessandro con la cinquecen­to, (ad Anna) Alessandro e l'autista.

Delia - Uffa! Papà, che faccio?

Pappino - Va, tuseta, va.

Delia - Ti fa male?

Pappino - Sempre di meno, portafoglio a parte.

Delia - Allora posso andare? (suo padre acconsenta con stanchezza) Scusa, Anna ci vedremo stasscra.

Anna - Sì, cara, fai, pure.

Delia (esce)

Emanuela (con com piacimento) - Che cara ragazza! Fa sempre quello che le dicono. E lei?

Svetonio - Anche.

Emanuela (l'ha sentito) - Screanzato! Perche non esci, oggi?

Sue Ionio - Non ne ho voglia.

Emanuela - IL un fannullone! Dovresti tirartelo dietro a manovalare, Peppino, invece di mantenerlo come un uccello in gabbia: gratis.

Pappino - Sì, lo manovalerò.

Emanuela - Scusi se ho parlato di cinquecento, lei ca­pisce, vero?

Anna - Capisco. Da una Miura color pistacchio, targata P 98999, a... (si ferma imbarazzata) a una cinque­cento, il salto è notevole.

Emanuela (non ha rilevalo) - Eh, voglio ben dire! Ma Alessandro è un ottimo autista e spero che non com­bini sciocchezze neppure a bordo di quel trabiccolo. Ciao, Peppino. (si avvia. Giunta sulla porta si ferma di scatto. Indugia. Poi ritorna) Com'era la targa del­la nostra macchina?

Anna - Bé, mi pare P 98999...

Emanuela - Ah, ecco. Io l'avevo dimenticata; con i nu­meri non ho rapporti di simpatia. Grazie, (si avvia. E avviene come sopra) E lei, come lo sa?

Anna - Bé, lo so...

Emanuela - Lo vedo. Ma come ha fatto? Anna - Bé, era sui giornali...

Emanuela - Non dica sempre bé! Sui giornali non c'era. Non c'erano stampati numeri e non parlavano della signora Cazzaniga. Questa e la prova che li ho letti attentamente. Risponda!

Peppino (interviene) - Manuela lassa perd.

Emanuela - L'ho fatto troppe volte dal giorno che ti ho sposato.

Anna (sempre più imbarazzata) - Forse me l'ha detto Delia.

Emanuela - 'Forse' lascia perplessi. Ed io non lascio, l'ho già detto a mio marito. Svetonio, vai di là.

Svetonio - A fare?

Emanuela - La befana ti ha portato molti doni. È il mo­mento di farla contenta. Vai!!

Svetonio - Ma mamma.

Emanuela - Vai!!

Svetonio - Uffa!

Emanuela - Non avete imparato altro che a dire uffa, in questa casa?

Svetonio (mentre esce) - Papi, ricordati la Honda.

Emanuela - Parleremo più tardi di cilindrate, (ad Anna) Allora?

Peppino -In uffisi. Anna - Eh!

Peppino - N'hcmm parla in uffisi.

Emanuela - Dal ciò devo dedurre che voi due vi cono­scete.

Anna - Eggià.

Emanuela - No no no no! Senta, signorina, mio marito • mi dà sovente dell'anitra, e io, tutto sommato, qual­che volta starnazzo. Le mie amiche mi trattano da oca, qualcuna anche da bertuccia, per non dire che ' sono una cornacchia, però in mezzo a tutto questo zoo una scintilla umana riesco ancora a scoccarla: io le co­nosco tutte le donne di mio marito. Lei non è del­l'ufficio! Quindi si sbottoni.

Anna - Che cosa mi devo sbottonare, scusi?

Peppino - Nient.

Emanuela - Dove vi siete conosciuti? Fuori! In macchi­na? Già! In macchina! Proprio lì. Se conosce la mar­ca, il colore e la targa... figuriamoci il resto.

Anna (con ironia) - Guidatore compreso.

Emanuela - Sicuro, guidatore compreso. E tu hai pure la sfacciataggine di portarmela per casa.

Peppino - Manuela, Manuela! Fa la brava, te preghi.

Emanuela - Tu preghi! Tu? Ma chi sei per pregare? Chi sei? Come si dice in questi casi? Feligrafo... no, Fo-nograf... nemmeno.

Anna - Vuol forse dire fedifrago?

Emanuela - Ecco, sì, quella roba lì. E tu lo sei! Grosso così.

Peppino - Vusa no. Te regali la spilla de brillant che te me dumandàa.

Emanuela - Ah, quella sì! Ma non è sufficiente, caro mio! Tu mi tradisci, mi sei infedele: vile! Alla tua età! Con due figli adulti! Vergognati! Ringrazia il cielo che sei già conciato, altrimenti provvedere! io! Cos'ha quella più di me? Di diverso da me? La carta d'iden­tità, eh? Le culotte di suo padre, forse? Troppo po­co. Quelle le porto anch'io. E in quanto ai documenti anagrafici, guardati allo specchio e stacci poco per non svenire di spavento.

(suona il telefono. Emanuela, scatenata, risponde) Pronto! Mio marito? Cazzaniga sta passando un brut­to quarto d'ora! Con me! (sta per posare. Riprende) Chiami più tardi. Se riuscirà a trovarlo ancora vivo! (posa)

X

(Entra Delia, seguita da Svetonio). Delia - Cosa succede?

Emanuela (segnando Pappino ed Anna) - Si conoscono!

Delia - Lo so.

Emanuela - Lo sapevi?! Perchè io ne ero tenuta al­l'oscuro?

Delia - Non si può farti conoscere tutte le persone che si conoscono.

Emanuela - Si può!

Delia - Mamma, Alessandro aspetta.

Emanuela - È pagato anche per aspettare.

Delia - E il cocktail?

Emanuela - Qui c'è ben altro! Quei due se la intendono! (vede Svetonio) Svetonio, ti prego di uscire, non è conveniente che tu venga a conoscere le malefatte ses­suali di tuo padre.

Svetonio - Le so già.

Emanuela - Allora degeneri anche tu.

Peppino (rivolto al figlio) - Se te spetett la Honda!

Delia - Ma insomma, si può sapere che cosa c'è sotto?

Emanuela - Devo farti un corso accelerato di corna co­niugali? Non hai ancora capito, Delia?

Delia (ad Anna) - È vero?

Anna (indugia a rispondere)

Delia (interpreta a suo modo il silenzio dell'amica) -Non è vero, (a sua madre) Io la conosco bene. La sua educazione morale è perfetta.

Svetonio - Oeuh!

Emanuela - Ci vuol altro che l'educazione morale. Per la grana si manda all'inferno anche i santi! E poi bi­sogna vedere se lo fa per i soldi. Con i tempi che corrono! E pensare che è stata dalle Marcelline.

Delia - Anch'io ci sono stata!

Emanuela - Non mi verrai a dire che anche tu... Peppino!

Peppino - Oh, basta! Sì, l'è vera! Se cugnussum! E ghe sunt sta insema, ansi, serum insema quand la macchi­na lè scarligada giò dalla scarpada.

Emanuela - Peppino!

Peppino - Lè insci! Scandalizess minga, Delia, l'è tantu che tra mi e to mader gh'è pù quel che se ciama... ma­trimoni. Quest el disi no per giustificass. Ma forsi te ne set accorta anca ti.

Delia - Sì.

Peppino - E i mutiv hinn tanti... Lassem perdi Quand se gh'ha tropp impegn e tropp dannée resta pù el temp per i rob pussé bei.

Emanuela - Ma, Peppino, io trasecolo.

Peppino - Ti te sett quela che te sett, men che una miée. Anca adess te pcnsctt ai cocktail, invece de stamm visin cume saria to ducr. D'accord, mi el meriti no, che mari sunt? Lè cume se vessi spusà la ditta invece che una donna. Però anche ti te mai fa nagott per migliurà la situassiun. E i fioeu te sumiglien! Vardel là el rampollo, l'erede, ch'el sculta drè ai port e poeu el te ricatta! Anca la Honda, caro mio! E ti, Delia, che te sett bona, te ghe minga la forsa de uppones a ch'el terremot de to mader e ch'el tuder de to pader. Bella famiglia, i Cassaniga! E mi duaria vergugnam de avegh avù un colloquio cunt chela tusa chi?

Emanuela - Colloquio!

Peppino - Cert, colloquio. Me sentivi insci giò de gir, che me saria sfugà cunt un can se el fuss sta bun de capimm.

Anna - È così. Peppino, quella sera, non ha fatto altro , che parlare, parlare di lei, signora.

Emanuela - Di me? O bella, che aveva da dirle?

Anna - Un mucc de rob. Voeuna pussé comica dell'altra. Lei è proprio un tipo che fa ridere, sa, meno suo marito.

Emanuela - Ah, io sono una che fa ridere! E lei ci si è divertita?

Anna - Troppo poco. Perchè il freno a mano non era tirato. Delia, mi dispiace, le suore Marcelline hanno fatto il possibile con me, di più, non hanno potuto.

Svetonio - Le hanno insegnato bene la geografia, però.

Anna - Sì, signor Svetonio. La Milano Lecco la cono­sco perfettamente. Tanto che quando certi giovinastri, come lei, verranno con l'intento di approfondire... la materia, io li boccerò senza remissione. Credo che d'ora in avanti preferirò ascoltare certi mariti delusi i quali cercano da me quello che, purtroppo, le loro mogli non sanno più dare. Toh, me par quasi de vess una dama de carità. Sciur Cassaniga, quand prima gh'hu ditt ch'el m'era simpatich, l'era vera, e gh'en-trava nagott cunt ci cunt.

Peppino - La se presenta nel me uffisi, darù urdin de... quietansà.

Anna - No, gh'è nient de paga, Peppin, el so cunt, chi denter, l'è giamo lungh asse! Addio, Delia. Se rivedi le nostre suore, dì loro che l'Anna s'è fatta un'ottima posizione lungo la Milano Lecco, e che rivedere te mi ha fatto venire tanta nostalgia e un po' di... rimor­so, (esce lentamente)

XI

(Una lunga sospensione. Telefono).

Svetonio (va a rispondere) - Pronto. Dica, Fusetti. Sì. Sì. (a suo padre) È riuscito a convincere la com­missione interna a fare gli straordinari.

Peppino - Ringrassiel.

Svetonio - Papà ringrazia. Va bene, Fusetti, lo dirò. (posa) Lo hanno fatto per te.

Veppino (dopo una pausa, alle due donne annichilite) - Alura, non andate al cocktail?

Delia - Papà!

Veppino - Cunta sii! Dì tutt quel che te gh'ett de dì, ma ala svelta, che l'è giamo tardi.

Delia (corre ad abbracciarlo) - Papà! Papà! (e scoppia a piangere )

Emanuela - Senti, Delia; non fare piangere anche me che ho le lacrime facili, (si commuove)

Raffaella (entra) - Signora, Alessandro mi manda a chiedere se deve attendere ancora per tanto, perchè c'è la macchina in sosta vietata e un vigile urbano vuol mettergli la multa.

Emanuela - Dì ad Alessandro di non fare il cretino e di pagarla! Casa Cazzaniga sa pagare le multe per le soste vietate ed anche le rotture per le uscite dì strada.

Raffaella - Sì, signora, (fa per uscire)

Emanuela - Fagli riportare la cinquecento in garage. Non hai capito che non andiamo più al cocktail? (e scop­pia a piangere mentre si abbraccia al marito)

Raffaella - Sì, signora, (esce)

Svetonio - Che bel quadretto! Devo venire dentro an­ch'io?

Emanuela - Imbranato, chiedi scusa a tuo padre!

Svetonio - Okey! Entro, (e fa la scena di abbracciarlo anche lui)

Veppino (soffocato si lamenta dal dolore) - Aia, aia, adasi, adasi che me fii mal.

Emanuela - Peppino, non fare la vittima. Forse hai fatto apposta a scivolare giù dalla scarpata.

Veppino - Apposta no, ma ben sens'alter.

FINE DELLA COMMEDIA