T.I.R. – Teatri in rovina

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la Compagnia Teatrale

dell’Istituto Tecnico Alessandro Volta

presenta

TeatriInRovina

Una situazione teatrale da commedie

TIR

Personaggi ed interpreti

1° attore                     Roberto Boeris

2° attore                       Carlo Demichelis

3° attore                     Cinzia Scalici

4° attore                          Francesca Del Sarto

5° attore                      Elisa Todarello

6° attore                       Matteo Ghislieri

7° attore                    Luca Triberti

8° attore                     Andrea Cantele

9° attore                 Alessio Re

10° attore                   Elisa Formica

11° attore                     Simone Licastro

12° attore                       Matteo Ruffinotti

13° attore                       Alessandro Camera

l’uomo del carciofo             Gianluca Galeone

Prima scena

di Edgardo Rossi

La servetta                             Francesca del Sarto

La cantatrice calva

di Eugène Ionesco

Signora Smith                      Elisa Todarello

Signor Smith                     Luca Triberti

La sabbiera

di Edward Albee

Giovanotto                          Matteo Ghislieri

Mammina                          Cinzia Scalici

Paparino                          Simone Licastro

Musicante                           Alessandro camera

Storia allo zoo

di Edward Albee

rivista ed adattata da Elisa Formica

Jerry                           Elisa Formica

Peter                            Andrea Cantele

Lui non c’entra un bel niente

di Silvano Baracco

Tancredi (il paggio)               Alessandro camera

il Re                        Alessio Re

Vittorio (quello che sa tutto)  Roberto Boeris

l’Esploratore                     Carlo Demichilis

la Regina                            Francesca del Sarto

il Ministro dell’economia        Simone Licastro

l’Uomo del carciofo               Gianluca Galeone

il Film

di Sergio Notti

Colonna sonora di

Andrea Lepori

scene, trucchi, immagini e cotillons

della Compagnia

tecnico luci e agli effetti vari

Matteo Ruffinotti

Collaboratrice alla regia

Luciana Baravalle

Regia

Edgardo Rossi

Notizie biografiche degli Autori

tratte dal Dizionario Enciclopedico Labyrintdelle Edizioni EDES, Alessandria

Edward Albee

New York, 1928

Edward Albee, drammaturgo statunitense. Divenne noto verso la fine degli anni Cinquanta con una serie di atti unici quali “Il sogno dello zoo” (1958) e “Il sogno americano” (1961), dal contenuto accostabile al cosiddetto Teatro dell’assurdo. Il successo lo ottenne nel 1962 con il dramma-commedia “Chi ha paura di Virginia Woolf?”, un abile intarsio teatrale dove Albee ha saputo fondere, in un melodramma di forte denuncia del malessere quotidiano della società statunitense, gli stili di Strindberg e Williams, rivisitandoli con un’originalità e una scaltrezza narrativa di grande effetto. Tra gli altri drammi ricordiamo: “Minuscola Alice” (1964), “Un equilibrio delicato”. Il teatro di Albee nasce dalla realtà, che però viene immediatamente stravolta tramite l’uso di luoghi comuni con cui i personaggi si esprimono, con la costruzioni di immagini verbali e frasi apparentemente distorte, che in realtà non sono nient’altro che storie tratte dalla quotidianità. L’azione scenica è spesso scarna, quasi ridotta ai minimi termini, i personaggi sono persone cioè maschere che recitano la loro vita, una vita fatta di banalità, di malessere, di infelicità di vivere e quindi reale e assurda nello stesso tempo. Con i suoi drammi Albee non fa nient’altro che narrare la vita.

Silvano Baracco

Valenza, 16 giugno 1959

Silvano Baracco, scrittore, commediografo e poeta. Personaggio atipico per la sua riservatezza, polemista di notevole livello, dotato di acuto spirito di osservazione e di grande sensibilità. Nei suoi scritti coglie diversi spaccati di umanità, oscillando dal drammatico al comico, usa spesso con abilità sconcertante una velata ironia con cui sa condire tanto i suoi racconti che le sue poesie. Il suo esordio artistico è avvenuto verso la metà degli anni Settanta con brevi sketch cabarettistici in copia con Edgardo Rossi. Seguirono le prime prove poetiche e in prosa. Nel 1982 pubblica il romanzo “Ulisse Odissea” (scritto sempre in coppia con Edgardo Rossi nel 1976) prova ancora acerba ma già ricca di molti dei suoi migliori spunti. Tutta la sua vastissima produzione successiva è stata autoprodotta e fatta circolare fra una ristretta cerchia di lettori. Ricordiamo: “Dopo la canzone”, “Il giorno della Rivoluzione delle Logiche Parallele”, “Da capo, non ci siamo”, “Il giullare di Chesterfield”, “Nostalgie senza memorie”, “La Merica”, “Crisantemi”, “Spegni le luci”, “Disincantesimo”.

Eugène Ionesco

Bucarest, 1912 – Parigi, 1994

Eugène Ionesco, drammaturgo e scrittore francese. Nato da padre rumeno e madre francese, visse alternativamente tra Francia e Romania, completò i suoi studi universitari in Francia con una tesi “sui temi del peccato e della morte nella poesia francese dopo Baudelaire” (1938). Si trasferì definitivamente a Parigi dove aveva trovato lavoro come redattore per una casa editrice. Il suo esordio come autore avvenne nel 1950, quando esordì con “La cantatrice calva” una vera e propria anticommedia. Si trattò di una provocazione che per lungo tempo non fu capita, si narra che per molte repliche gli unici spettatori presenti in platea fossero solo Ionesco, sua moglie e rari amici. D’altronde La cantatrice calva era una vera opere di rottura dei canoni della tradizione teatrale, il vero protagonista di tale commedia è il linguaggio, un linguaggio disarticolato, privo del suo significato originario, formato dall’unione di frasi banali, spesso prive di senso. I personaggi in scena sono anonimi, non hanno una personalità ben identificata, colloquiano tra di loro con discorsi illogici, che non dicono niente, la vicenda teatrale rappresenta simbolicamente l’incomunicabilità esistente tra gli uomini. Ionesco usa i personaggi e gli oggetti della scena per dare vita ad una coreografia in cui tutto è reale e dunque assurdo. D’altronde nel teatro di Ionesco i rapporti umani sono caratterizzati dalla violenza e dal sadismo, che detiene il potere (non importa in quale modo) lo esercita e ne fa un abuso come nelle commedie “La lezione” (1951), “Le sedie” (1952), “Giacomo o la sottomissione” (1955), “Sicario senza paga” (1957). Nel 1959 fu messo in scena “Il rinoceronte”, una sorta di parabola sulle conseguenze dei regimi totalitari, la situazione è ovviamente trasportata in una visione fantastica, una metamorfosi colpisce gli abitanti di un’intera cittadina, che, l’uno dopo l’altro, si trasformano in rinoceronti. Nel 1962 uscì “Il re muore”, una commedia dove Ionesco affronta il tema dell’accettazione della morte, il re protagonista apprende, con sua grande sorpresa, che nel giro di un’ora e mezza (il tempo della durata della commedia) morirà. Seguiranno “La sete e la fame” (1966), in cui l’angoscia non più quella di morire, ma quella di vivere; “Macbeth” (1972), una sorta di parodia funebre della tragedia di Shakespeare; “Viaggi tra i morti” (1986), “Massimiliano Kolbe” (1988). Con Becket, Ionesco, è considerato uno dei creatori del cosiddetto Teatro dell’assurdo. Ionesco scrisse anche opere non teatrali, tra queste ricordiamo il romanzo “Il solitario” (1974) e il volume di saggi “Note e contronote” (1962).

PROLOGO

di Edgardo Rossi

Parte la COLONNA SONORA

Inizio commedia, piena luce in platea, rapido passaggio dell’UOMO DEL CARCIOFO nello spazio tra il palcoscenico e la prima fila di poltrone

La scenografia sul palco è scarna, ci saranno però tutti gli oggetti che serviranno per le scene seguenti

Le luci sul palco sono spente (meglio se il sipario è chiuso), le luci sul palco si accendono ma tutto resta in penombra

Il palco è vuoto, per terra è coricato Luca, è immobile come se dormisse.

Entra in scena lentamente Roberto, parla gesticolando.

ROBERTO: Proprio a me doveva capitare. Proprio a me. Adesso non ho più un lavoro e adesso cosa faccio? ….mi rimetto a fare l’attore? Che schifo!!

Da dietro entra Carlo, che immediatamente si rivolge a Roberto con fare concitato e aggressivo, che diventa quasi triste e melanconico.

CARLO: Come ha detto scusi? Lei è forse un attore? Esca subito di qui. Non lo sa che gli attori sono inutili, oggi servono più a nulla, non esistono neanche più i teatri e lei parla di attori. L’attore non è un mestiere, abbiamo bisogno di ingegneri, di informatici, di commercialisti, di tecnici. E poi perché andare a teatro, che pure costa, meglio guardare la TV, te ne stai a casa in pigiama e fai anche meno fatica. E poi se vuoi andarci a teatro non puoi neanche ormai sono chiusi, chiusi. E i teatri non esistono più.

Entrano via via gli altri Cinzia, Francesca, Andrea, eccetera

CINZIA: (con tono deciso e con rabbia) Già i teatri niente! Non ce ne sono più, nulla. Se sei un attore, un attore, allora sei un disoccupato, un disoccupato a vita! Sei un attore eh? Ti attacchi, chi se ne frega! … mi viene una rabbia se ci penso che spaccherei tutti i teatri e… (pausa e poi con tono quasi rassegnato), ma che spacco se i teatri non ci sono più.

FRANCESCA: (con voce triste) Non l’avrei mai creduto, sono senza lavoro, senza soldi, senza vestiti, ero la prima attrice, indossavo ogni sera un abito nuovo. Adesso sono vestita di stracci, non ho più nulla!… La mia vita era il teatro e adesso?

ELISA: (con una risatina nervosa) Signori fate la carità! Fate la carità ad un povero attore disoccupato…

MATTEO: (entrando in scena) No signori è inutile, il teatro è chiuso. Il locale diventerà una banca. Grazie ma non abbiamo bisogno di attori. Si chiude per sempre con i teatri.

LUCA: (che è sempre rimasto fermo fino a quel momento, si alza con uno scatto) Freddo, ho freddo, non mangio da tre giorni, non dormo da quattro, sono senza casa che faccio. Io ero un attore un grande attore, mi sentite lo dico a voi, io ero un attore.

Tutti hanno come un attimo di sorpresa, poi quasi come se ritrovassero se stessi iniziano a muoversi con maggior sicurezza.

ANDREA: Mi sembra di sentire ancora gli applausi del pubblico, li sento come se fossero qui… invece è solo un sogno, io al centro del palcoscenico, intorno la musica, le luci, le scene (inizia a muoversi quasi come se danzasse).

MATTEO: Essere o non essere, questo è il problema (pronunciato con voce incredula, poi ripreso con decisione e convinzione) Essere o non essere questo è il problema, è meglio alzarsi e lottare o soggiacere… Io sto recitando, mi ricordo ancora, sto recitando.

ELISA: Smettila è inutile, non serve a niente.

CINZIA: Eppure in questo posto c’è un’atmosfera particolare… Ma dove siamo?

FRANCESCA: (a Luca) Su mio gentile signore placate questo sguardo truce; siate vivace e gioviale stasera tra i nostri convitati.

LUCA: (sorpreso) La disperazione ti ha dato al cervello?

CINZIA: Eppure in questo posto c’è un’atmosfera particolare. C’è qualcosa di magico.

CARLO: (che è uscito durante le battute degli altri rientra) Guardate cosa ho trovato! (Entra con una valigia che apre, è piena di fogli, parti di copioni).

ROBERTO: (anche lui rientrando dietro a Carlo, con uno scatolone) E in quest’altra cosa ci sarà? (lo apre e tira fuori abiti, cappelli, costumi di scena).

FRANCESCA: (raccoglie dei fogli) Guardate è l’Amleto di William Shakespeare. Atto quinto, scena seconda. L’ho letto, ormai tanto tempo fa che… ma me lo ricordo tutto. Ero una bravissima Ofelia, ne parlarono tutti i giornali, vi ricordate?

LUCA: Ora è chiaro, noi eravamo tutti attori.

ROBERTO: E questo edificio è un teatro?

MATTEO: Non so che posto sia, ma se vogliamo non lo possiamo trasformare in un teatro.

CARLO: (che rovista tra i fogli) Guardate sono solo pagine alla rinfusa, ma forse c’è ancora qualche scena completa.

MATTEO: E… se noi provassimo di nuovo a recitare.

LUCA: Sì, a ricreare emozioni, ero a bravo a fare paura

FRANCESCA: ad affascinare

ROBERTO: a far ridere

CINZIA: a far piangere

CARLO: finitela è inutile, non ci sono le luci, non ci sono le scene

MATTEO: Basta desideralo veramente e le luci ci saranno. Forza fate tutti come me.

(Quindi chiude gli occhi e stringe i pugni come per concentrarsi, tutti lo imitano, passano alcuni secondi e la parte centrale del palco si illumina)

CINZIA: Guardate, è vero la luce c’è, ce l’abbiamo fatta!

Entusiasmo da parte di tutti

Si spengono tutte le luci, tutti, tranne FRANCESCA, escono di scena

Si riaccendono le luci, Francesca è in scena, è vestita come una servetta, ha in mano un piumino e gira sul palco spolverando i vari oggetti, poi improvvisamente si gira verso il pubblico e, con voce tra il sorpreso e divertito incomincia a parlare. Continua a girare

FRANCESCA: Oh! Scusate non vi avevo visto, sapete sto mettendo in ordine questa stanza, ci troviamo in un interno inglese, con poltrone inglesi, e questa, se non lo sapete, è una serata inglese. Io sono la governante dei signori Smiths (mentre Francesca parla, entrano Luca ed Elisa e si siedono e iniziano a leggere i loro rispettivi giornali), solo che loro non lo sanno, anzi non mi vedono nemmeno, non sanno neanche che io sono qua. Ma questo non importa, tanto io governo lo stesso. (con voce invitante e ammiccante) Ma ascoltateli devono dirci delle profonde novità, la loro conversazione è famosa ed è invidiata dalla più alta società, ad ascoltarli c’è da imparare. (Si avvia per uscire, si ferma di colpo, come se avesse dimenticato qualcosa, e sempre rivolgendosi al pubblico). A pensarci bene non sono sicura di essere una governante e che questo sia un interno inglese in una serata inglese, forse è un interno francese, o spagnolo, o italiano, forse non è un interno e non è una serata… o beh! Che importa (si gira ed esce).

LA CANTATRICE CALVA

di Eugène Ionesco

La scena è molto scarna (la stessa dell’inizio), il signor Smith è vestito con una certa eleganza, la signora Smith è vestita in maniera assurda (l’abbigliamento culmina nelle calze di diverso colore), parla con voce da ubriaca, ogni tanto trangugia da una bottiglia. I due attori comunicano riempiendo lo spazio ed utilizzando i vari oggetti della scena, la scena già assurda nella versione originale della commedia, tende a diventare grottesca.

Signora Smith: Già le nove. Abbiamo mangiato minestra, pesce, patate, al lardo, insalata inglese. I ragazzi hanno bevuto acqua inglese. Abbiamo mangiato bene, questa sera. La ragione si è che abitiamo nei dintorni di Londra e che il nostro nome è Smith.

Signor Smith: (continuando a leggere, fa schioccare la lingua)

Signora Smith: (prima tira una lunga sorsata dalla bottiglia) Le patate sono molto buone col lardo, l’olio dell’insalata non era rancido. L’olio del droghiere dell’angolo è assai migliore dell’olio del droghiere di fronte, ed è persino migliore dell’olio del droghiere ai piedi della salita. Non voglio dire però che l’olio di costoro sia cattivo.

Signor Smith: (continuando a leggere, fa schioccare la lingua)

Signora Smith: (altra sorsata) Ad ogni modo l’olio del droghiere dell’angolo resta il migliore…

Signor Smith: (abbassa il giornale, guarda verso il pubblico, breve attimo d’attesa, riprende a leggere e fa schioccare la lingua)

Signora Smith: (con voce impastata, iniziando a gestire la scena, si corica sul tavolo di fronte a lei, si alza in piedi, parla quasi biascicando) Questa volta Mary ha cotto le patate proprio a dovere. L’ultima volta non le aveva fatte cuocere bene. (prende la bottiglia e tracanna, quindi si asciuga la bocca con il dorso della mano) A me piacciono solo quando sono ben cotte.

Signor Smith: (continuando a leggere, fa schioccare la lingua)

Signora Smit: Il pesce era fresco. Mi sono persino leccata i baffi (lo fa). Ne ho preso due volte. Anzi tre. Mi farà andare di corpo. Anche tu ne hai preso tre volte. Però la terza volta ne hai preso meno delle due volte precedenti, mentre io ne ho preso molto di più. Ho mangiato meglio di te, questa sera (prende la bottiglia e beve, si pulisce la bocca, si muove con passo incerto). Come si spiega? Di solito, tu mangi più di me. Non è certo l’appetito che ti manca.

Signor Smith: (abbassa il giornale, guarda la Signora Smith per un breve attimo, apre la bocca, prendendo la pipa in mano, quasi a parlare, poi fa schioccare la lingua, quindi riprende a leggere)

Signora Smith: (che ormai si muove nella scena, improvvisando passi e movimenti, per lo più incerti) Tutto sommato però la minestra era forse un po’ troppo salata. Aveva più sale in zucca di te. Ah, ah, ah. Aveva pure troppi porri e troppa zucca e cipolla. Mi spiace di non aver suggerito a Mary di aggiungere un po’ di anice stellato. La prossima volta saprò regolarmi.

Signor Smith: (continuando a leggere, fa schioccare la lingua)

Signora Smith: Il nostro bambino avrebbe voluto bere della birra, un giorno o l’altro non lo terrà più nessuno (beve). Ti rassomiglia. Hai visto, a tavola, come fissava la bottiglia? (lo dice alzando la bottiglia che ha in mano) Ma io gli ho riempito il bicchiere con l’acqua della caraffa. Aveva sete e l’ha bevuta. Elena invece rassomiglia a me: brava donna di casa, economa, suona il piano. Non chiede mai di bere birra inglese. È come la più piccola, che beve solo latte e non mangia che pappa. Da ciò si può capire che ha appena due anni. Si chiama Peggy. (si avvicina al Signor Smith, gli abbassa il giornale, nell’indifferenza del marito, che continua imperterrito a leggere, continua a vagare per la scena, con passo incerto, ogni tanto beve) Il pasticcio di cotogne era formidabile. Alla frutta avremmo forse potuto concederci un bicchierino di Borgogna australiano, ma non ho voluto mettere in tavola il vino per non dare ai ragazzi un cattivo esempio di golosità. Bisogna insegnar loro ad essere parchi e misurati nella vita.

Signor Smith: (continuando a leggere, fa schioccare la lingua)

Signora Smith: (che torna a sedersi, e appare sempre più brilla, gesticola con fatica e scoordinata, posa la bottiglia sul tavolo) La signora Parker conosce un droghiere rumeno, chiamato Popesco Rosenfeld, che è appena arrivato da Costantinopoli. È un gran specialista in yogurt. È diplomato alla scuola dei fabbricanti di yogurt di Adrianopoli. Domani andrò da lui a comperare una grossa pentola di yogurt rumeno folcloristico. Non si trovano sovente cose così nei dintorni di Londra.

LA SABBIERA

di Edward Albee

Palcoscenico nudo con questi soli accessori: vicino alla ribalta, all’estrema destra, due seggiole qualsiasi, una accanto all'altra, di fronte al pubblico; sempre vicino alla ribalta, ma all'estrema sinistra, un'altra seggiola con un leggio per musica, voltata verso destra; più indietro, al centro, leggermente sopraelevata e inclinata, una grande sabbiera per bambini con una paletta e un secchiello; su1 fondo il cielo, che muta dallo splendore del giorno al buio della notte.

All'alzarsi del sipario, è pieno giorno. In scena soltanto il Giovanotto, dietro la sabbiera, un po’ su un lato. Sta facendo degli esercizi ginnici e continuerà a farne sino alla fine della commedia. Questi esercizi, che mettono in azione soltanto le braccia devono suggerire il battere e il fluttuare delle ali. Il Giovanotto, in fondo, è l'Angelo della Morte.

Entrano da sinistra Mammina e Paparino, lei prima di lui.

Mammina: (facendo cenno di venire avanti) Be’, eccoci arrivati. Questa è la spiaggia.

Paparino: (piagnucolando) Ho freddo.

Mammina: (ridacchiando) Non essere sciocco; fa un caldo che si soffoca. Guarda quel bel giovanotto là in fondo; lui non pensa che faccia freddo (Fa segni al giovanotto). Salve!

GIOVANOTTO: (con affascinante sorriso) Salve!

Mammina: (guardandosi intorno) Qui andrà benissimo…non ti pare, Paparino? C’è sabbia qui… e là in fondo, l’acqua. A cosa stai pensando, Paparino?

Paparino: (vago) A quello che hai detto tu, Mammina.

Mammina: (Ancora ridacchiando) Già, certo… a quello che ho detto io. Allora siamo d’accordo?

Paparino: (si stringe nelle spalle) È tuo padre, non il mio.

Mammina: Lo so che è mio padre. Per chi mi hai preso? (Pausa). Adesso, comunque cerchiamo di sistemare la cosa. (Urla verso la quinta di sinistra) Ehi! Tu! Puoi venire, adesso (Entra il Musicante, si siede sulla seggiola a sinistra, colloca un foglio di musica sul leggio, è pronto a suonare. Mammina annuisce soddisfatta) Sei pronto, Paparino? Andiamo a prendere il Nonnino.

Paparino: Come vuoi tu, Mammina.

Mammina: (Avvicinandosi ad uscire dalla sinistra) Già certo come voglio io. (Al musicante) Puoi incominciare, adesso.

Il Musicante incomincia a suonare; Mammina e Paparino via.

Il Musicante mentre suona, china il capo per salutare il Giovanotto.

GIOVANOTTO: (con lo stesso sorriso affascinante) Salve!

Un attimo dono rientrano Mamminae Paparino trasportando il Nonnino. Devono letteralmente reggerlo sotto le ascelle è irrigidito ha le gambe piegate e i piedi non toccano terra. Sul suo viso incartapecorito si devono leggere perplessità e paura.

Paparino: Dove lo mettiamo?

Mammina: (ridacchiando come al solito) Dove dico io naturalmente. Vediamo un po’… be’… sì laggiù… sulla sabbiera. (Pausa) Be’, Paparino, cosa stai aspettando? … La sabbiera!

Trasportano insieme il Nonnino sulla sabbiera e praticamente ve lo scaricano.

NONNINO: (si rialza sino a mettersi seduto; la sua voce è un incrocio fra la risata e il pianto di un bimbo)  Aaaah! Graaaaa!

Paparino: (spolverandosi) E ora che facciamo?

Mammina: (al Musicante) Puoi smettere, adesso (il Musicante smette. A Paparino) Come che facciamo? Andiamo lì e ci sediamo naturalmente. (Al Giovanotto) Ehi là!

GIOVANOTTO: (ancora sorridendo) Salve!

Mammina e Paparino si portano alle seggiole di destra e di sinistra e si siedono. Pausa

NONNINO: (come prima) Aaaaah! Ah-haaaaa! Graaaaaa!

Paparino: Credi... credi che stia... comoda?

Mammina: (con impazienza) Come posso saperlo?

PAPARINO: (dopo una pausa)  E adesso che facciamo?

MAMMINA: Aspettiamo. Ce ne stiamo qui seduti... ad aspettare... ecco che facciamo.

PAPARINO: (dopo una pausa)Vuoi che chiacchieriamo?

MAMMINA: (la solita risatina, si toglie qualcosa dall’abito) Be’, puoi chiacchierare tu, se hai voglia... se credi di avere qualcosa da dire... qualcosa di nuovo.

PAPARINO: (dopo una breve riflessione) No... credo di no.

NONNINO: (battendo rumorosamente la paletta contro il secchie/lo) Eaaaaaa! Ah-haaaaaa!

MAMMINA: (rivolta verso il pubblico) Sta’ quieto Nonnino… Sta’quieto e aspetta(il Nonnino getta a Mammina una palettata di sabbia. Mammina, ancora verso il pubblico) Mi sta gettando contro la sabbia! Smettila Nonnino; smettila di gettarmi contro la sabbia(a Paparino) Mi sta gettando contro la sabbia.

Paparino si volta verso il Nonnino che lancia un urlo nella sua direzione.

NONNINO: Graaaaa!

MAMMINA: Non guardarlo. Stattene... stattene lì seduto... senza agitarti… e aspetta (al Musicante) E tu… uhm... continua a fare quello che devi fare.

Il Musicante suona. Mammina e Paparino restano immobili, con gli occhi fissi su un punto al di là del pubblico. Il Nonnino li guarda, guarda il Musicante, guarda la sabbiera, lascia cadere la paletta.

NONNINO: Ah-haaaaaa! Graaaaaa! (Aspetta una reazione che non viene. Allora... direttamente agli spettatori) Ma dico io. è questo il modo di trattare un vecchio signore! Trascinarlo via di casa... caricarlo su una macchina... portarlo fuori città... depositarlo su una pila di sabbia... e lasciarlo lì senza più badargli. Ho ottantasei anni io. Mi sono sposato che ne avevo diciassette. Con una contadina. Che è morta quando ne avevo trenta. (al Musicante)Vuoi smetterla, per favore? (Il Musicante smette di suonare) Io sono un povero debole vecchio… come potete pensare che mi sentano con tutto quel pep pep! (a se stesso) Non c'è più rispetto qui! (al Giovanotto) Non c'è più rispetto!

GIOVANOTTO: (stesso sorriso) Salve!

NONNINO: (dopo una pausa, di nuovo al pubblico)Mia moglie è morta quando avevo trent’anni e (indica Mammina)ho dovuto allevare quella grossa vacca tutta da sola. Potete immaginarvi cosa è stato. Buon Dio! (al Giovanotto)E lei come è arrivato qui?

GIOVANOTTO: Oh, è da un pezzo che sono da queste parti.

NONNINO: Ci credo, ci credo! Eh, eh, eh. Basta guardarla!

GIOVANOTTO: (flettendo i muscoli) Che gliene pare? (continua i suoi esercizi).

NONNINO: Perbacco! oh, perbacco! Formidabile, davvero!

GIOVANOTTO: (con dolcezza) Davvero!

NONNINO: Di dov’è lei?

GIOVANOTTO: Della California del Sud.

NONNINO: (annuendo) Me l'ero immaginato. E come si chiama?

GIOVANOTTO: Non lo so.

NONNINO: (al pubblico)  Vispo, anche!

GIOVANOTTO: Voglio dire... voglio dire che non mi hanno ancora dato un nome... I produttori...

NONNINO: (fissando con attenzione) Non mi dica... non mi dica. E adesso... uhm... devo parlare ancora un po’... non se ne vada.

GIOVANOTTO: Oh, no.

NONNINO: (tornando a concentrare la sua attenzione sugli spettatori) Bene, bene. (Poi, di nuovo al Giovanotto) Lei... lei è un attore eh?

GIOVANOTTO: (raggiante) Sì, sono un attore.

NONNINO: (di nuovo agli spettatori, stringendosi nelle spalle) Sono proprio in gamba, io. Comunque, ho dovuto allevare... quella là tutta solo; e quel coso che sta seduto accanto a lei... è quello che lei ha sposato. Ricco? Da non credersi... soldi, soldi, e poi soldi. Mi hanno portato via dalla fattoria... e stato molto gentile. da parte loro... e mi hanno condotta con loro nella grande casa di città... mi hanno scelto un bel posto sotto la stufa... mi hanno dato un lenzuolo dell'esercito... e un piatto... un piatto tutto per me! Insomma, di che posso Lamentarmi? Di niente, naturalmente. E infatti non mi lamento. (Alza gli occhi al cielo e ulta a qualcuno in quinta) Non dovrebbe venir buio adesso, bimbo?

Le luci si affievoliscono; è notte. Il Musicante riprende a suonare; la notte è sempre più buia. Riflettori su tutti i personaggi, compreso il Giovanotto che,naturalmente, continua a fare i suoi esercizi.

PAPARINO: (stiracchiandosi) È  notte.

MAMMINA: Ssss! Non muoverti aspetta.

PAPARINO: (piagnucoloso) Fa tanto caldo.

MAMMINA: Ssss! Non muoverti aspetta.

NONNINO: (a se stesso) Adesso va meglio. È notte. (al Musicante) Bimbo, devi suonare per tutta la scena? (Il Musicante annuisce). Be', allora fa' il bravo ragazzo, e suona piano e bene. (Il Musicante annuisce ancora, e suona più pano). Così va bene.

Si sente un rombo fuori scena.

PAPARINO: (sobbalzando)  Che cos’era?

MAMMINA: (incominciando a piangere)Niente.

PAPARINO: Era... era... un tuono.. o il frangersi di un'onda... o qualcosa del genere.

MAMMINA: (fra le lacrime, in un sussurro) Era un rombo fuori scena… e tu sai cosa significa…

PAPARINO: L'ho dimenticato...

MAMMINA: (fatica moltissimo a parlare) Significa che per il povero Nonnino è scoccata l’ora… e io non posso tollerarlo.

PAPARINO: (con indifferenza)  Penso... penso che dovrai farti coraggio.

NONNINO (ironico) Giusto, figliola; fatti coraggio. Lo sopporterai; lo supererai anche.

Altro rombo fuori scena... più forte.

MAMMINA: Ooooooooh... povero Nonnino, povero Nonnino…

NONNINO: (a Mammina) Sto bene! Sto benissimo! Non è ancora successo niente

Fragoroso rombo fuori scena. Tutte le luci si spengono, eccetto il riflettore sul Giovanotto; il Musicante smette di suonare.

MAMMINA: Ooooooooh… Ooooooooh…

Pausa.

NONNINO: Non riaccendere ancora le luci... Non sono pronto; non sono ancora pronto. (Pausa). Avanti, bimbo... Ci sono quasi. (luci si riaccendono, è pieno giorno. Il Musicante incomincia a suonare. Il Nonnino è ancora nella sabbiera, sdraiato su un fianco e appoggiato al gomito. È quasi completamente sepolto e si dà da fare con la pala a versarsi la sabbia addosso. Brontolando) Non so come posso farcela con questa maledetta paletta...

PAPARINO: Mammina! È giorno!

MAMMINA:(di ottimo umore) Eh già! Bene! La nostra lunga notte è finita. Dobbiamo metter da parte le lacrime. Liberarci del lutto… e affrontare l’avvenire. È nostro dovere.

NONNINA (continuando a spalare e parodiandola) …liberarci e lutto… affrontare l'avvenire... Buon Dio!

Mammina e Paparino si alzano e si stirano. Mammina rivolge un cenno di saluto al Giovanotto.

GIOVANOTTO: (con il solito sorriso) Salve!

Nonnino si finge morto. Mammina e Paparino si avvicinano a guardarlo ora è sepolto nella sabbia per più di metà; tiene la paletta nelle mani incrociate sul petto.

MAMMINA: (davanti alla sabbiera, scuotendo il capo) Bello. Non… non si può essere tristi… sembra… sembra tanto felice (con orgoglio e convinzione). Rende far le cose bene. (al Musicante) Be', adesso se vuoi puoi smettere. Voglio dire che puoi andare a farti una nuotata, o qualcosa del genere; non abbiamo più bisogno di te (un profondo sospiro)..Be', Paparino... andiamo.

PAPARINO: Coraggiosa Mammina!

MAMMINA Coraggioso Paparino!

Escono da sinistra

NONNINO (dopo la loro partenza, restando ancora sdraiato e immobile) Rende far le cose bene... Questa è buona, oh, questa è. buona! (cerca di rizzarsi a sedere) ... be', adesso... (ma si rende conto che non è possibile) ... non... non riesco più ad alzarmi. Non... non posso muovermi... (il Giovanotto smette di fare la ginnastica, fa un cenno di saluto al Musicante, s'avvicina al Nonnino, s’inginocchia accanto alla sabbiera). Non... non posso muovermi.

GIOVANOTTO: Ssssss!... stia quieto...

NONNINO:Non... non posso muovermi...

GIOVANOTTO: Uhm... Signore, io.,. ho una battuta da dire a questo punto...

NONNINO: Oh, mi scusi, carissimo; dica pure, dica pure.

GIOVANOTTO: Io sono... uhm...

NONNINO:Con tutto il suo comodo, figliolo.

GIOVANOTTO: (si prepara, poi dice la sua battuta come un autentico dilettante) Io sono l'Angelo della morte. E sono... uhm...;sono venuto qui per lei.

NONNINO: Come... come... (poi, rassegnata) Oooh,.. oooh, capisco. (il Giovanotto si china e bacia dolcemente il Nonnino sulla fronte. Il Nonnino ha gli occhi chiusi, le braccia incrociate sul petto, la paletta fra le mani, e un tenero sorriso in volto)Be'... è molto bello questo, mio caro...

GIOVANOTTO: (sempre inginocchiato) Ssss... stia calmo...

NONNINO:Volevo dire che... lo ha fatto veramente bene, carissimo...

GIOVANOTTO: (arrossendo) Oh...

NONNINO: Dico davvero. Lei ha quel nonsoché... lei ha delle qualità.

GIOVANOTTO: (con il suo affascinante sorriso) Oh... grazie; mille grazie... signore.

NONNINO: (lentamente, dolcemente, mentre il Giovanotto posa le proprie mani sulle sue) Lei... lei è il benvenuto... mio caro.

Tableau. Il Musicante continua a suonare, mentre cala lentamente

Cambio scena.

STORIA ALLO ZOO

Di Edward Albee

Rivista ed adattata da Elisa Formica

La scena: sempre la stessa, scarna, la vicenda si svolge al parco, una domenica pomeriggio in estate, oggi; due panchine, una ad ogni lato della scena, entrambe di fronte al pubblico. Peter è seduto sulla panchina di destra. Sta leggendo. S’interrompe per pulirsi gli occhiali, e subito riprende a leggere. Entra Jerry.

JERRY Sono stato allo zoo. (Peter non gli bada). Ho detto che sono stato allo zoo. Signore, sono stato allo zoo!

PETER Eh?…Come?…Mi scusi, diceva a me?

JERRY Sono stato allo zoo, e poi mi sono messo a camminare finché non sono arrivato qui. Ho camminato sempre verso nord?

PETER (impaziente di riprendere la lettura) Si, sembrerebbe proprio.

JERRY Caro vecchio nord.

PETER (noncurante) Ah, Ah.

JERRY (osservando Peter che, impaziente di liberarsi di lui, sta caricando la pipa) Oh, vedo che lei non vuole correre il rischio di prendersi un cancro ai polmoni, dico bene?

PETER (alza gli occhi, chiaramente seccato, poi sorride)No signore, non con questa.

JERRY No signore. Quello che finirà per capitarle sarà molto probabilmente un cancro alla bocca, e allora dovrà portare una di quelle cose che portava Freud quando gli hanno tirato via tutta una mascella. Come le chiamano quelle cose?

PETER (un po’ a disagio) Una protesi?

JERRY Precisamente! Una protesi. Lo sa che è davvero colto lei? E’ medico?

PETER Oh no; no. Devo averlo letto in qualche posto. Su “Time” suppongo.(Si con centra sul suo libro)

JERRY Be’, “Time” non è una rivista per stupidi.

PETER No, credo di no.

JERRY (resta in piedi qualche secondo, continuando a guardare Peter che finalmente rialza gli occhi, perplesso) Le dispiace se chiacchieriamo?

PETER No, diamine…no.

JERRY Si che le dispiace, invece.

PETER (Posa il libro, si toglie la pipa di bocca e sorride) No, davvero; non mi dispiace.

JERRY Sì che le dispiace.

PETER No, non mi dispiace affatto. Davvero.

JERRY È… è una bella giornata.

PETER (guardando in alto) Si. Si, proprio nella. Splendida anzi.

JERRY Sono Stato allo zoo.

PETER Si me lo ha già detto… O sbaglio?

JERRY Lo leggerà domani sui giornali, se non lo vedrà stasera alla TV. Lei ha la TV vero?

PETER Ma certo. Ne abbiamo due, una è per la prole.

JERRY Ah, lei è sposato!

PETER Ma certo, diamine!

JERRY Non è un obbligo, grazie a Dio.

PETER No…naturalmente.

JERRY E ha una moglie.

PETER (Sconcertato) Sì!

JERRY E ha anche dei figli.

PETER Si due.

JERRY Maschi?

PETER No femmine… due femmine.

JERRY Lei però avrebbe preferito dei maschi.

PETER Be’… è naturale, tutti gli uomini vorrebbero un figlio maschio, ma…

JERRY (Con una punta di ironia) Ma non tutte le ciambelle riescono con il buco, vero?

PETER (seccato) Non volevo dire questo

JERRY Be’, e adesso? Che si fa?

PETER Cosa stava dicendo a proposito dello zoo… che avrei letto o visto…?

JERRY Glielo dirò tra poco. Ora le dispiace se le rivolgo qualche domanda?

PETER No di certo.

JERRY Ma prima le voglio spiegare perché lo faccio. Ogni tanto mi piace parlare con qualcuno. Mi piace conoscere una persona, sapere tutto su di lei.

PETER (ridacchiando, ma sentendosi ancora un po’ a disagio) E oggi sarei io la cavia?

JERRY In un assolato pomeriggio di domenica come questo? Chi meglio di un simpatico signore con due figlie e … uhm! … un cane? (Peter scuote il capo). No? Due cani? (Di nuovo, Peter scuote il capo). Uhm. Niente cani, allora? (Peter scuote il capo, con tristezza). Oh, che peccato. Eppure lei ha l’aria di uno che possiede animali. Gatti?(Peter annuisce). Gatti! Ma non può essere stata sua l’idea. No signore. Sua moglie e le sue figlie? (Peter annuisce ancora). C’è nient’altro?

PETER (Si schiarisce la gola). Ci sono… ci sono anche due pappagalli. Uno …uhm…per ogni figlia.

JERRY Uccelli.

PETER Le mie figliole li tengono in una gabbia in camera loro.

JERRY E’ un vero peccato. C’è altro? Cosa fa lei per mantenere una famiglia così numerosa?

PETER Ho un posto di dirigente in una piccola casa editrice. Noi…noi pubblichiamo manuali scolastici.

JERRY Sembra un bel lavoro, molto bello anzi…

PETER Ma perché continua a stare in piedi?

JERRY Fra poco farò due passi e poi andrò a sedermi. Aspetto di vedere il suo volto!

PETER Come? Quale volto? Ehi, senta; è successo qualcosa allo zoo?

JERRY (distratto) Dove?

PETER Allo zoo, allo zoo; qualcosa allo zoo.

JERRY Lo zoo?

PETER Lo ha già nominato parecchie volte!

JERRY (Ancora distratto, ma improvvisamente si riprende) Lo zoo? Ah, già lo zoo. Ci sono stato prima di venire qui, gliel’ho già detto.

A questo punto Jerry può incominciare a passeggiare sulla scena con decisione e autorità che aumentano lentamente.

JERRY Sa che io abito in un appartamento ammobiliato in una casa a quattro piani?…Abito all’ultimo piano, verso occidente. E’ una stanza ridicolmente piccola, una delle pareti in realtà è un tramezzo. La stanza al di là del tramezzo è occupata da una checca di colore che non mi dà mai fastidio e non porta mai nessuno in camera sua. Tutto quello che fa è depilarsi le sopracciglia, indossare un chimono e andare su e giù dal gabinetto

PETER (imbarazzato) Perché… perché abita lì?

JERRY Non so.

PETER Non sembra un posto molto bello!

JERRY Be’ no. Ma deve tenere conto che non ho una moglie, due figlie, due gatti e due pappagalli. Ho solo oggetti di toeletta, qualche vestito, un fornello, un coltello, due forchette e due cucchiai, tre piatti, un bicchiere e due cornici per fotografie entrambe vuote…Ah e un mazzo di carte pornografiche. Ho anche  una piccola cassaforte senza serratura che contiene…indovini cosa? Sassi! Si sassi… sassi levigati che ho raccolto sulla spiaggia da bimbo.

PETER E quelle due cornici… perché vuote?

JERRY Non è chiaro?…Non ho nessuna foto da metterci.

PETER I suoi genitori…forse…o un…

JERRY Ah, la cara vecchia Mamma e il caro vecchio Babbo sono morti…

PETER Oh, accipicchia!

JERRY Acci cosa? E’ passato tanto tempo…Come si chiama lei? Di nome voglio dire?

PETER Peter

JERRY Mi sono dimenticato di chiederglielo. Io sono Jerry.

PETER Salve, Jerry.

JERRY Ma presumo che lei preferisca sapere cosa è accaduto allo zoo.

PETER Oh, si, lo zoo.

JERRY Prima voglio parlarle della mia padrona di casa. Non mi piace per niente, è un grasso, volgare, stupido, sporco mucchio di spazzatura.

PETER Ma questa descrizione è piuttosto…

JERRY In ogni modo possiede un cane ed è di questo cane che voglio parlarle.

PETER (Nervoso) Ah, il cane.

JERRY Non se ne vada, lei sta pensando di andarsene, eh?

PETER Be’ no

JERRY Perché poi le dirò quello che è successo allo zoo…

PETER Lei ha un sacco di storie da raccontare, vero?

JERRY Be’, sì. Comunque, questa è la “Storia di Jerry e il cane”. Il cane è più che una bestia ,un mostro, con una testa  grossa grossa e orecchie piccole piccole e… occhi iniettati di sangue. E tutto nero e fra il grigio, il giallo e il bianco quando mostra le zanne. Insomma quando fa GRRRRRRRRR! Ed è proprio quello che ha fatto la prima volta che mi ha visto ed ha continuato a minacciarmi fin d’allora. Una volta m’ha azzannato alla gamba dei pantaloni, qui vede, dove c’è questo rammendo. Cercai di ammansirlo con le buone; infatti comprai un pacco di hamburger. (Il brano seguente dovrebbe essere accompagnato da azione). Quando tornai posai la carne in un punto un po’ distante da dove stava ringhiando. E quello prima ringhia, poi fiuta, poi avanza, sempre più svelto verso la carne, si ferma e mi guarda. Gli sorrido, a titolo d’esperimento s’intende. Fiuta ancora e poi… Rrraaaaggghhh, si mangia tutto. Come se in vita sua avesse mai mangiato altro che immondizie .Ma d’un tratto, BAM, eccolo che rincomincia a ringhiare contro di me. Provai altre cinque volte ma con lo stesso risultato. Decisi così di uccidere il cane. Oh non si spaventi Peter; non ci sono riuscito. Comprai un hamburger e una dose letale di vele no per topi. Eh… stessa scena… posai a terra il pasticcio avvelenato e rimasi li a guardare. Quella povera bestia trangugiò il cibo e poi BAM. La stessa sera la padrona di casa mi disse che Dio aveva inferto al suo cagnolino un colpo indubbiamente fatale, e per semplificare le cose … le dissi che avrei pregato. Lei alzò gli occhi. Disse che molto probabilmente mi auguravo la morte del cane.( un profondo sospiro). Be’ fatto sta che il cane guarì. Dopo che la padrona di casa mi disse che il suo cucciolone stava meglio, speravo che il cane mi stesse aspettando. Ero stranamente ansioso di ritrovarmi di fronte il mio amico. (Risatina beffarda di Peter) Sì, Peter, il mio amico. Fatto è che chi non riesce ad avere rapporti con la gente, deve cercare di stabilirne, in un modo o nell’altro, con gli animali. Un cane. L’uomo è il migliore amico dell’uomo, sì o no?. E questo è il risultato: il cane e io abbiamo raggiunto un compromesso, di più, un accordo.(Pausa Jerry si avvicina alla panchina di Peter e si siede accanto a lui). La storia di Jerry  e del cane: Fine. (Peter tace) Su Peter, mi dica qualcosa, cosa ne pensa?

PETER (confuso) Io …non capisco cosa… non credo di… (Quasi piangendo).Perché mi ha raccontato questa storia?

JERRY Perché non avrei dovuto?

PETER Non capisco!

JERRY (pacatamente) Ho cercato di spiegarglielo man mano che raccontavo.

PETER Non voglio più sentire parlare. Non capisco né lei, né la sua padrona di casa, né il cane della sua padrona di casa.

JERRY Già. Ma sono qui senza la minima intenzione di andarmene.

PETER (Dopo aver consultato l’orologio) Be’, lei forse no, ma io devo essere a casa tra poco.

JERRY Ma vuol sentire o no cosa è successo allo zoo?

PETER Si, si certo. Mi racconti cosa è successo allo zoo. Oh, perbacco. Non so cosa sia successo a Me.

JERRY Adesso glielo racconterò (Spinge Peter con il braccio)

PETER (cordiale) Mi spiace non ha spazio sufficiente? (Si sposta un poco)

JERRY (Con un leggero sorriso) Be’ ci sono tutti gli animali e tutta la gente, è domenica e ci sono tutti i bambini.( Un’altra spinta a Peter). Si sposti.

PETER (Paziente e ancora cordiale) Va bene. (Si sposta ancora un po’).

JERRY Ed è una giornata calda, e c’è tutta la puzza, e tutti i venditori di palloncini, e tutti i gelati, e le foche latrano.(Ancora una spinta più violenta a Peter) Si sposti!

PETER (incomincia a seccarsi) Ehi, ma adesso ne ha più che abbastanza di spazio! (Tutta via si sposta).

JERRY Si sposti!

PETER (Molto seccato) La smetta di spingermi, non posso andare oltre. Che le è preso?

JERRY Che sono matto brutto bastardo!

PETER Non è una battuta spiritosa la sua.

JERRY Mi stia a sentire, Peter, voglio questa panchina!

PETER (Sconcertato) Ma perché?… cosa le è preso? E poi non vedo il motivo per lasciare questa panchina.

JERRY Via da questa panchina, Peter, la voglio io!

PETER No!

JERRY (Spinge Peter, quasi ma non del tutto, fuori dalla panchina) Sparisca dalla mia vista.

PETER (Riconquistando la sua posizione) Basta! Ne ho abbastanza di lei. E ora se ne vada (Jerry sbuffa ma non si muove) Se ne vada, ho detto. (Jerry ride e rimane) L’avverto. Chiamerò un poliziotto!

JERRY Non riuscirà a trovare un poliziotto qui attorno; sono tutti dall’altra parte del parco a cercare checche, ai piedi degli alberi o in mezzo ai cespugli. Strilli pure quanto la pare, non risolverà niente.

PETER Polizia! L’avverto, la farò arrestare. Polizia! (Pausa). Via!

JERRY No.

PETER L’avverto.

JERRY Si rende conto di essere ridicolo adesso?

PETER (Furibondo e insieme imbarazzato) Non me ne importa. Vada via dalla mia panchina!

JERRY Perché? Lei ha tutto quello che si può desiderare…e adesso vuole anche questa panchina!

PETER Pensi per se ragazzo; e comunque lei non ha bisogno di questa panchina. Su questo non c’è il minimo dubbio.

JERRY Sì invece ne ho bisogno.

PETER Vengo qui da anni. Vi trascorro ore di grande piacere, di grande soddisfazione. Questa è la mia panchina e lei non ha nessun diritto di togliermela!

JERRY Si batta, allora. Si difenda; difenda la sua panchina

PETER Lei mi ha spinto a farlo. Si alzi e si batta.

JERRY (Si alza pigramente) Benissimo, Peter, ci batteremo per la panchina, ma non certo ad armi pari (Estrae di tasca e con uno scatto apre minaccioso un coltello).

PETER (Rendendosi bruscamente conto della situazione) Lei è matto! Matto furioso! Lei vuole uccidermi!

Ma prima che Peter abbia tempo di prendere una decisione, Jerry getta il coltello ai suoi piedi

JERRY Ecco. Lo raccolga. Se lei ha il coltello, le nostre forze saranno molto più equilibrate.

PETER No!

JERRY (Si precipita su Peter, lo afferra per il bavero) Adesso lei raccoglierà quel coltello e si batterà con me!

PETER (Divincolandosi) No! Mi lasci… mi lasci andare! Aiuto!

JERRY E invece ti batterai, miserabile bastardo; ti batterai per quella panchina.

PETER (S’abbassa di scatto, raccoglie il coltello e indietreggia un poco) Voglio darle un’ultima possibilità; se ne vada e mi lasci in pace.

JERRY (Con un profondo sospiro) E va bene! (Si getta impetuosamente contro Peter e s’infilza nel coltello).

PETER (In un sussurro) Oh, mio Dio, oh, Dio mio, oh Dio mio…

JERRY (morente) Grazie, Peter. Grazie davvero.(Ride per quanto gli è possibile). E adesso ti racconterò cosa è successo allo zoo. Credo che sia successo questo… credo di aver previsto tutto questo… credo proprio di averlo fatto. E ora sai cosa vedrai in TV . Io sono.......... venuto da te, Peter … Grazie!

PETER (non si muove) Oh, mio Dio!

JERRY Grazie… ma ora vai via.

PETER (con un urlo straziante mentre se ne va) Oh mio Dio!

JERRY (è morto).

Cambio scena

LUI NON C’ENTRA (un bel niente)

di Silvano Baracco

Scenografia:

scarna, all’apertura del sipario comparirà una stanza con un trono, due sedie ed un tavolino, a sinistra, un tèlevisore a destra, appoggiato in terra, con sopra un telefono.

Costumi:

il re è vestito da re, il paggio da paggio, Vittorio con un maglione scuro, la regina con una veste molto elegante con una coda lunghissima, senza corona, viceversa la testa del re è coronata da una specie di vaso da notte. L'eventuale regista curerà in particolare i costumi secondo i suoi gusti e le sue esigenze, artistiche e economiche.

Personaggi

Tancredi (il paggio)

il Re (Cosimo IX)

Vittorio (quello che sa tutto)

l'Esploratore

la Regina

il Ministro dell'economia

l'Uomo del carciofo (in marsina)

resta inteso che il testo potrebbe variare ogni volta, a seconda del gusto del regista e degli attori; anche i personaggi possono cambiare, non soltanto il nome, ma anche il carattere, lo spirito, il loro ruolo. Restano fermi solamente l'uomo con il carciofo, che non può assolutamente cambiare, e il senso della commedia, quindi anche Il finale.

Volendo, anche il titolo può essere cambiato.

Comunque questa è la nostra .proposta, si dia inizio alla rappresentazione.

(in scena Tancredi da solo. Passeggia con fare nervose e vagamente stupido. Ad un certe punto, a piacer dell'attore che volendo potrebbe anche passeggiare in su ed in giù per un par di settimane,Tancredi smette il camminare, si china leggermente verso il pubblico e inizia la recitazione)

Tancredi: Un attimo di pazienza, sto attendendo sua maestà onorabile, re Cosimo IX, sire di Giovenalia. Voi vi starete chiedendo in quale secolo è ambientata la scena, e, saputo che si tratta di questo medesimo secolo nel quale voi avete la ventura di vivere, vi chiederete come mai io sia vestito da paggio. Ma la risposta è semplice, io sono un paggio, il paggio personale di sua maestà. Volete sapere di quale regno si tratti? semplice, di questo! Ma attenzione, mi pare di udire un rumore di passi e di voci... sua maestà?

Entra il re, accompagnato da Vittorio. Il re è grasso, spelacchiato, ha un fare burbero e poco intelligente, portamento da. pavone, mentre Vittorio ha un'aria scanzonata. Il pubblico applaude l'entrata del re, ovviamente, Tancredi si inginocchia)

Re:           Salute te, fido paggio Tancredi, e noto con piacere che la tua devozione nei miei confronti rimane salda, pur col passare degli anni, e me compiaccio. Vorrei che altri avessero per me simili premure, vero, Vittorio?

Vittorio:   Fate un po’ come vi pare.

Re:           La pena di morte ci vorrebbe per quelli come te, che non portano rispetto, e in siffatto modo, con tal agire, minano i valori più alti, quelli su cui un piccolo stato come il nostro si regge. La disciplina, il rispetto per chi più in alto è sito, poiché evidentemente più vale, ciò che tu non capisci.

Vit:          Avete detto bene, non capisco.

Re:           Avrei potuto dir peggio, che. non puoi capire, o che non vuoi, ma io sono democratico, forse troppo, ahimè, e ti conservo nell'incarico di consigliere.

Vit:          Ascoltaste almeno i miei consigli!

Re:           Quando saranno buoni li ascolterò, non voglio mandare in rovina il reame, io!

Vit:          Oh, se anche fosse!

Il re non sente, è impegnato a salire sul trono, sbuffa, ansima, alla fine ci riesce, con il gesto della mano invita Tancredi ad alzarsi

Re:           Oh, che dolore, che fitte! I reumi! I reumi! Dovrei farmi visitare da un medico ma a parte il fatto che non mi fido, quella categoria di persone ha il difetto di pretendere parcelle onerose, troppo per le casse delle stato. Io mi sacrifico per il bene del popolo!

Vit:          Veramente il popolo non se ne accorge.

Re:           Certo, la critica è molto facile, e gli sbagli sono molto più appariscenti delle buone azioni? E poi... (comincia a tossire, in quel momento entra la regina con il codazzo del vestito che striscia in terra)

Tan:          Ave, mia regina?

Regina:    Salve, Tancredi. E tu che hai da tossire?

Re:           Coff, coff… che. ..coff coff... che domande! Coff coff coff

In quel mentre entra dalla sinistra un uomo alto, pochi capelli, nasoaquilino, magro. Indossa una marsina e porta un vassoio, sopra il quale è posto un carciofo. Si guarda attorno con aria interrogativa e un po’ spaesata, quindi esce da destra

Re:           E chi è costui? come è passibile che nella stanza del re possa entrare chiunque, neanche fossimo in Inghilterra! Ma il ministro degli interni mi sentirà, e anche il ciambellano.

Tan:          Il ciambellano è stato licenziato, sire!

Re:           Ah sì? e come mai?

Tan:          Pare che non gliene riuscissero col buco!

Re:           Ma anche i cretini sannoche. non tutte le ciambelle riescono col buco!

Tan:          Ma nel suo caso tutte riuscivano senza!

Re:           Ah, allora èdiverso,sì, sì, venga esiliato, anzi, impiccato, ci vuole l’esempio!

Grande confusione, entra l'esploratore tutto stracciato

Esp:          Mio sire, sapeste cosa mi è successo... .catastrofe...su tutta linea. ..tutti morti... perso tutto... gli indigeni... ohooo!

Re:           Ma si spieghi, chi è morto? Cosaha perso?Quali indigeni?

Esp:          Scusi l'agitazione, cercherò di spiegare tutto.. Sono partito sulla caravella, è costata quattrocento denari, non mi sono bastati i soldi, poi arriverà la tratta!

Re:           Pure!

Esp:          Sono arrivato dopo un viaggio scomodo, tra nubifragi. e freddi, credo d’aver circumnavigato il polo nord!

Vit:          Ma se ha fatto rotta verso ovest!

Esp:          Sarà stato il polo ovest allora! Poi sono giunto in quella terra inospitale, ho baciato la terra, mi sono sporcato tutta la faccia. Quella terra era abitata da indigeni incivili bianchi e neri...

Re:           A strisce?

Esp:          No un po’ bianchi e un po’ neri!

Re:           Chiazzati cioè!

Esp:          Ma no! Certi bianchi o certi neri! Ma fatemi proseguire! Ho tentato di far loro capire che avevo scoperto la loro terra, stranamente uno di loro capiva e parlava la nostra lingua, ho detto che loro erano selvaggi o io li avevo scoperti, e dovevo tornare a Giovenalia, ma due di quei tizi; tutti vestiti di bianco hanno cominciato a seguirmi, io sono scappato, e nella fuga è morto tutto l’equipaggio!

Re:           Accidenti! E da quanti membri era composto?

Esp:          Uno, il mio pappagallo, intelligente com’era! Di raffreddore! Ma sono fuggito in un campo, mi sono nascosto tra l'erba, mi sono nutrito di quel che c'era. Ma ecco, è arrivate un buzzurro e si è messo ad urlare, quindi ha preso a malmenarmi, io sono fuggito, elui dietro a pungermi con un frutto puntuto! Mai vista prima una simile arma. Aaaaaaaaah!

Da destra è entrato l'uomo col carciofo, l’esploratore fugge terrorizzato, l’uomo si guarda attorno, guarda il pubblico, poi esce da sinistra

Reg:         Ero solamente preoccupata del tuo stato, caro consorte.

Re:           Grazie, coff coff, conosco il tuo attaccamento a questo vecchio…

Tan:          Cosa dite mai?

Re:           No no, vecchio, sono proprio vecchio! Ma sposando te, mia regina, è entrato nella mia vita, e in questo regno, il soffio magico della giovinezza. Comunque tossivo perché mi era andata dì traverso la e saliva, nulla di preoccupante! Ma che vuoi, mia regina?

Reg:         Pensavo. che questa sera avrei bisogno di un nuovo abito, non posso ricevere così l'ambasciata di Lorans.

Re:           L'ambasciata di Lorans?

Reg:         Viene in visita ufficiale.

Re:           Tutta l'ambasciata? O l'ambasciatore?

Reg:         O che mi credi grulla?. Volevo dire, io non parlo a vanvera, tutta l’ambasciata, ambasciatore, consoli, funzionari.

Re:           Mi costerà un capitale!

Reg:         Mio re, mi darai una grande amarezza nel negarmi queste svago, ma se lo devi fare...

Re:           Ah, mai, mai! Sì spenda quel che c'è da spendere, non si dica che io bado a spese e nego miseri svaghi alla mia dolce regina! Verrò anch'io, e tu, vai nel migliore negozio e compra. il miglior vestito, e dì che farò passare il ministro dell’economia a pagare!

Reg:         Grazie, mio signore!

lo abbraccia, poi se ne va, il re va in estasi, lo richiama alla realtà Vittorio con uno schiocco. di dita

Vit:          Lo sa quanti denari ci sono nelle casse della tesoreria?

Re:           Ieri c’erano appena duecentotrenta denari e qualche spicciolo!

Vit:      Oggi c'è qualche spicciolo.

Re:           E i denari?

Vit:          Li ha presi Tancredi.

Re:           Il più fedele! Mai mi sarei aspettato da te una coltellata, è la storia di Bruto che si ripete, Bruto che pugnala Augusto!

Vit:          Cesare!

Re:           Cesare Augusto?

Vit:          Cesare, Caio Giulio Cesare! Zio di Cesare Augusto.

Re:           Che morì pugnalato anche lui!

Vit:          Niente affatto!

Re;           Come odio essere contraddetto! Augusto fu pugnalate, io decide così e così è! Anzi, fu trapassato da una lancia, .thò!

Vit:          Oh, per me, dite un po’ come vi pare, però…

Re:           Però, però! E tu, che dici a tua discolpa, ladro!

Tan:          Ma mio sire, non ho rubato quei soldi! Li ho dati all'esplorato per il suo viaggio alla ricerca di nuove terre!

Re:           Chi. ti ha dato l'ordine?

Tan:          La regina!

Re:           Ah, bhé... però bisognerebbe mettere un freno alle spese, poi la gente si lamenta, dovrò mettere nuove tasse...

Vit:          Aveva promesso....

Re:           Promesso! Ma è per il bene della nazione! Devo solo inventare qualcosa per... ecco, conterremo il tetto del1'inflazione al l5%!

Vit:          L'hanno già inventata!

Re:           Allora bisognerà inventare qualcos'altro, chiederò al ministro…

Il re si interrompe perché passerà, sempre guardandosi attorno, l’uomo del carciofo, sconvolto il Re esploderà in un urlo…

Re:           Bastaaaaaaa! Chi è mai costui?

Vit:          Se mi sta a sentire glielo dico!

Re:           E tu! Come osi rivolger verbo al tuo sire in siffatta maniera? Rispetto, rispetto, rispetto, per Nettuno! E mi si dia del voi!

Vit:          Ma sì! Ve lo dico o no?

Re:           Noooo! Ti è tolta la facoltà di parlare in mia presenza, saputone? Tancredi, mio fido, dimmi tu chi è quel tale!

Tan:          Sire, non so!

Re:           Nessuno sa! Ma so ben io chi è! Sicuramente un pignoratore. Lo stato ormai è ridotto in mutande, ecco com’è! Inutile nascondersi dietro a un dito e finger che sia nulla. Bisogna trovare al più presto un rimedio! Sia dato un taglie alle spese di corte! Il ricevimento di questa sera sarà l'ultimo!

Vit:          Finché la regina non avrà altre idee, cioè presto.

Re:           Silenzio tu, non hai diritto alla parola? Ancora un solo verbo e ti fo mozzar la lingua, com’è vero che son re?

Vit:          Uh uh uh!

Re:           Poi mi spiegherai cos'è quel sorridere vago! Ora voglio conferire col ministro dell’economia!

Tancredi esce di scena, rientra col ministro

Min:         Mio sire, bacio i piedi! Desiderate?

Re:           La situazione finanziaria a tutt’oggi, il bilancio!

Mm:         Ahi ahi ahi! Bisognerà trovare .il modo di non spender più un soldo se vogliamo evitare la bancarotta, sebbene ormai le speranze siano poche, diciamo nulle.

Re:           Ma allora è la fine?

Min:         Via, parliamo di coma irreversibile.

Re:           Ah bhé, allora....

Tan:          Mio sire, giunge l’amata regina, la.vidi attraversare il cortile.

Re:           Ben venga!

Tan:          Non voglio colpirvi, ma temo che ella venga a chieder altri finanziamenti per una certa festa. in maschera di cui corre voce.

Re:           Ohimè, che faccio? Consigliere!

Vit:          Non ho diritto a parlare?

Re:                  Ma parla! Ti rendo il permesso! Che. faccio?

Vit:          Di fronte a un grande pericolò che non si può combattere, l'unica via è la fuga.

Re:           Che disonore, però!

Vit:          Meglio che il fallimento. Le consiglierei l’armadio è abbastanza capiente!

Re:           Sia?

comincia la difficoltosa operazione di spostamento, coi tre presenti che aiutano il re. ad entrare nell'armadio, cioè fuori scena, si sentono urla e imprecazioni, poi tutto finisce, tutti rientrano mentre dall’altra parte della scena entra la regina

Reg:         Mio signore, mi chiedevo se... oh! Non c’è il re?

Tan:          È dovuto uscire!

Reg:         Possibile? Quella larva non usciva di millenni! E dove ha trascinato la sua trippa?

Tancredi e il Ministro appaiono scandalizzati enon parlano più

Vit:          Impegni di governo lo hanno portato fuori dal palazzo, e dallo stato

Reg:         Ah ah ah? (mentre parla si accomoda sul trono con fare divertito e trionfante) Ed è riuscito a trascinarsi appresso il peso invero non .trascurabile della panza?

Vit;          E delle corna!

Reg:         Cos 'è questa insinuazione? Vuoi che ti faccia impiccare?

Vit:          Per quel che mi impressiona, faccia pure!

Reg:         Non c'è modo di farti paura, ma come sai? Mi spii, non sarà l’orso coronate a darti l’incarico?

Vit:          No, il re non sa nulla, poveraccio! .Si volle invece che io sapessi tutto. È la mia condizione, ognuno ha la propria, .qui. Lei quella di regina falsa, cinica e spendacciona!

Reg:         Che coraggio!

Vit:          Se anche lei sapesse, forse, non lo direbbe!

Reg:         Me ne vado, ma ci rivedremo!

esce ai scena adirata e imbarazzata, il ministro esce anche lui sorreggendole il codazzo, Tancredi è esterrefatto. Si sentono lamenti provenire dall'armadio immaginario

Re:           Tiratemi fuori, povero me! Ahimè! Ohi ohi ohi!

Tan:          Avrà sentito?

Vit:          Certo che ha sentito?

il re rientra in scena e va a sedersi sul trono, ha l’aria triste

Re:           Sono un uomo morto, questo è un colpo mortale!

Tan:          Mio sire, su!Non se la prenda!

Re:           Aaaaah! Ahimé!

Vit:          Ha ragione Tancredi il paggio! Non se la prenda, tanto...

Re:           Già! Tanto sono io il re! Sono io il cornuto! ma questo è troppo.

Vit:          Suvvia, faccia il lamento è previsto a questo punto.

il re si alza dal trono, si mette il braccio sulla fronte, singhiozza e poiinizia il lamento

Re:           Oh sorte ria! Tu non risparmi i potenti! Neppure io, che fui e sono ancora amato. e il fato mi diede un popo1o da dominare, e io lo feci sempre con coscienza! Fui un buon re, un giusto monarca! Ma tu, sorte, non mi hai risparmiato. Passi il fallimento di questo regno, che pure amo, ma se dovrò anche pagare con la vita, sono pronto a pagare. Ma anche lei, l'unico fiore ai questa vecchiaia. triste, la mia dolce regina mi ha ingannato! Piangete tutti per me! Sono sconfitto, sì, la vita mi ha vinto, e non nasconderò oltre la mia sconfitta, mi darò la morte come si conviene ad un re, sebbene tradito e solo. Tu, Tancredi, che solo non mi hai abbandonato, prendi dunque la mia spada e trafiggimi!

Tan:          (in lacrime e disperato) Mio sire, nooooo!

Vit:          Alla faccia della tragedia!

Re:           (singhiozzando) Se mi ami fallo! Non farmi aspettare ancora, non far soffrire ancora questo mio cuore..

il re sospende qui la frase perché si è accorto del1'uomo in marsina che, entrato con il solito vassoio col carciofo, sta assistendo alla scena in silenzio, accortosi di lui il re strabuzza gli occhi ma l’uomo in marsina non fa una piega, si guarda attorno, poi scende gli scalini del palcoscenico e passando attraverso la platea esce dal teatro. Alcuni secondi di silenzio, con il re che guarda verso il pubb1ico con la bocca aperta, allibito,Tancredi ancora visibilmente scosso e Vittorio con un mezzo sorriso, appoggiato al tavolino

Re:           Bastaaaaa! Anche in questi momenti tragici! Ma chi è?

Vit:          Io so chi è, ma lei non mi sta a sentire.

Re:           Insubordinato che non sei altro, ti ostini a darmi del lei anziché del voi!

Vit:          È più forte di me!Come potrei darle del voi? È così stupida la cosa!

Re:           Ma io sono il tuo re!

Vit:          Ma mi faccia il piacere!

Re:           E va bene! Vorrà dire che prima di farti impiccare mi dirai chi è quel tizio! Poi sarà dato corso al tuo destino, cui sembra tu non tenga molto!

Vit:          Oh, se è per quello, non ci tengo affatto!

Re:           Allora, chi è quel tizio?

Vit:          Vede, lui non c'entra.

Re:           Come sarebbe a dire?

Vit:          Lui non c'entra un bel niente con la nostra scena, non ha nulla a che fare con noi, anche se ormai questo beffardo destino lo ha legato a noi. Lui però non c'entra con questa scena che si svolge, non ci conosce.

Re:           Ma... allora chi è? Che vuole? Non capisco!

Vit:          È un personaggio che non ha trovato posto. È nato nella fantasia dell'autore, nato così, per caso, ma è troppo assurdo e non trova posto in nessuna commedia. E così l’autore lo ha fatto passare di qua, per questa commedia senza capo né coda, senza alcun finale, dove ognuno di noi ha una parte che si è portata avanti sin qui, ma che ora lascia. Io che se tutto, il fedele servitore, e lei, il re.

Re:           Ma allora... noi non esistiamo.

Vit:          Possiamo anche dire così. Perciò le dicevo di non preoccuparsi troppo, le sapevo che non ci sarebbe state finale, o meglio che questo sarebbe stato il finale, e lei avrebbe saputo.

Re:           Ma se non esisto, me la sono presa per niente! Dunque non avevo motivo di piangere per il fallimento del reame, che poi non esiste né della regina, inesistente anche lèi! Evvivaaaaa! Sono felice ora? Bisogna festeggiare!

Tan:          No, non sono d’accordo! Io voglio esistere! Non sono il personaggio di un sogno, io! Le comparse sono comparse, voi siete re, coi vostri guai, ma sempre re, tu poi sai tutto, e fai della commedia ciò che vuoi. Ma io, nella mia mediocrità, sento di esistere, anzi, mi rifiuto di non esistere! Sono qui, vivo, non sono immaginato da nessuno, vivo di vita propria! Vivo la mia vita.

Vit:          Bravo, sfogati pure, ma non crederti un ribelle! Se anche ti ribelli, è l'autore che te lo fa fare, quindi cosa cambia?

Re:           Io preferisco non esistere, comunque. Per il personaggio che sono!

Vit:          L’uomo del carciofo invece continua a vagare, in questa  commedia non ha trovato posto, e probabilmente non lo troverà mai, ma non si dà per vinto, finché si vuole sia così! Cali il sipario!

Il finale originale prevedeva

(sipario)

(si rialzano le tende, e tre manichini vestiti come i tre personaggi ricevono gli applausi del pubblico)

(sipario)

Il finale usato per la commedia TIR è un altro, o meglio sono due, il primo è quello qui sotto riportato, che però non è poi stato utilizzato...

Lentamente si riaccendono le luci in scena CINZIA, ELISA, LUCA, FRANCESCA e via via gli altri

ELISA: Zitti, zitti, sento dei rumori in platea, forse sta arrivando qualcuno

ANDREA: (Guardando in platea) Ma, guardate, c’è un sacco di gente in platea.

ROBERTO: Un altro miracolo!

FRANCESCA: Non poteva che essere così, il pubblico non è mai mancato ai miei spettacoli.

LUCA: Sono venuti per noi.

MATTEO: Per chi se no!

CARLO: Ma no, non è un pubblico vero, siamo noi che ce lo stiamo immaginando.

CINZIA: No è tutto vero, sono venuti per noi, per vedere degli attori a teatro.

ELISA: Mi sembra impossibile.

Improvvisamente sullo schermo vengono proiettate delle immagini, filmati di pubblicità, notizie, eccetera. Tre minuti poi torna il silenzio.

MATTEO: ma allora sono venuti per quello, nooo, anche qui.

CINZIA: in così tanti per quel… quel coso.

ROBERTO: Mi sembrava troppo bello per essere vero.

LUCA: No ragazzi, noi stasera abbiamo dimostrato che è ancora possibile recitare, che il teatro è ancora vivo, e questa gente ha comunque ascoltato noi, ha (attimo di pausa) applaudito noi (pausa se c’è applauso) e noi da oggi siamo di nuovo attori e non smetteremo più di recitare (così parlando esce seguito dagli altri)

Riparte la COLONNA SONORA

Il sipario si chiude, poi si riapre

Tutti gli attori rientrano per gli applausi.

L’altro finale (quello utilizzato) è un filmato, gli attori vengono arrestati da una retata di polizia, con tanto di annuncio al telegiornale, malmenati e quindi schedati. Alla fine del filmato proprio l’uomo del carciofo si inchina, posa il vassoio e il carciofo si leva il cappello e saluta il pubblico citando un verso di Shakespeare.