Tattica sbagliata

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TATTICA SBAGLIATA

TATTICA SBAGLIATA

DI ARPAD ABONY

- (Traduzione  di  Taulero  Zulberti).

Personaggi

Lui

Lei

Commedia formattata da

Lui                         - Vi prego di non avervene a male, signo­ra, se giungo in un momento poco opportuno.

Lei                          - Nemmeno per sogno, caro amico. Acco­modatevi pure. Piuttosto sono stupita per un fatto semplicissimo: che vi siate presa la bri­ga di venir a quest'ora, a mezzogiorno, fin qui, facendo allegramente i cento venti gra­dini di questa casa, lontana per lo meno tre chilometri dal vostro ufficio; e sono davvero curiosa di sapere il motivo, anzi più che cu­riosa, lusingata...

Lui                         - Perdonate, signora... Da «lue anni ap­partengo alla schiera, anzi all'esiguo mani­polo dei vostri ammiratori, ma oggi, parola d'onore, non riesco a capire se il tono delle vostre parole contenga una punta d'ironia oppure se esse siano sincere, no, pardon, se...

Lei                          - Ho capito; cioè, non ho capito se ab­biate inteso di fare un complimento o un appunto astiosetto...

Lui                         - Nemmen per sogno, signora. Dico sem­plicemente la verità; aggiungo che la vostra ironia sembra serietà e la vostra serietà iro­nia. Non appartengo alla classe degli intel­ligentissimi, pure mi ritengo dotato di tanto buon senso da intuire immediatamente il va­lore di un tono, di un tono della vostra bella voce... Dunque per venire all'argomento... Già... Ecco: il mio carissimo amico e collega, nonché marito vostro è... già è una gran brava persona che io fin dal primo giorno ho imparato a conoscere molto bene, mentre voi...

Lei                          - Ma che c'entro io?

Lui                         - Voglio dire che, pur appartenendo al ma­nipolo dei vostri intimi, sono ben lontano dal conoscervi.

Lei                          - Esagerato!

Lui                         - E' così, pur troppo.

Lei                          - Frasi.

Lui                         - Fossero soltanto frasi..'.

Lei                          - Allora, già, allora non può essere ohe un amo.

Lui                         - Eh?!

Lei                          - Un amo, ripeto. Non sapete cos'è un amo?

Lui                         - Lo so, ma non comprendo...

Lei                          - Troppo ingenuo siete, caro amico. Dite un po': quanti anni avete?

Luì                         - Trent'otto.

Lw                         - Dunque quarantadue. Ho indovinato?

Lui                         - (sorridendo amaramente) Sì.

Lei                          - Oh, ecco: ciò significa che avete, come si dice, un cospicuo passato dietro di voi e pertanto un discreto fardello d'esperienza in fatto di donne e di astuzie per conquistarle. Poiché voi dite, e me lo avete ripetuto cento volte, che le più belle vostre battaglie sono quelle ingaggiate e combattute per il sorriso e la carezza di una donna, dovete sapere cer­tissimamente che alle donne piace di essere credute altrettante sfingi inaccessibili al com­prendonio virile. Questo è l'amo, caro amico, al quale io avrei forse potuto abboccare; in­vece voi non avete voluto approfittare del­l'eccellente scorta di ami che tenete dentro il fardello dell'esperienza...

Lui                         - Signora!

Lei                          - Vi ripeto, che siete esagerato, vale a dire troppo modesto...

Lui                         - Purtroppo, non ho alcun amo a dispo­sizione...

Lei                          - Ciò è ben strano; voi venite qui a mez­zogiorno, mentre mio marito suol rientrare verso le tre, non prima, del pomeriggio... Sono perciò, come potete ben supporre, dop­piamente curiosa...

Lui                         - Curiosa...

Lei                          - Perchè no? Curiosa di sapere a qualche bella novità, successa certamente stamane, vale a dire durante l'assenza di mio marito.

Lui                         - Perchè proprio stamane? Vostro marito non si trova sempre in ufficio...

Lei                          - Il mio buon Paolo? Oh, no, poverino: rimane anche in casa...

Lui                         - Già, anche in casa. Ma, e alla sera?

Lei                          - Esce per prendere un po' d'aria, va al club, legge i giornali e rientra.

Lui                         - Dopo mezzanotte.

Lei                          - Ieri è stata la prima volta; e sono rima­sta stupita che il mio buon Paolo abbia sa­puto resistere per così lungo tempo in mezzo a tanti babbuini noiosi.

Lui                         - Parlate sul serio? E' una ironia questa vostra serietà o viceversa?

Lei                          - Quando parlo di Paolo, non faccio mai dell'ironia, come voi dite. Egli è il marito ideale, ragione per cui un tono anche lieve­mente scherzoso della voce sarebbe irrive­rente ed ingiusto.

Lui                         - Già, può essere così.

Lei                          - Ne dubitate? Ma avete un bel coraggio, caro amico...

Lui                         - Non mi sono spiegato chiaramente : vo­levo dire che voi l'amate così come è...

Lei                          - Vale a dire?

Luì                         - Se un giorno vi si dicesse che Paolo non è il marito ideale che ora conoscete e che come tale amate, che fareste?

Lei                          - Nulla, perchè sono sicura del fatto mio; egli è nato per essere un marito modello e lo sarà per molto tempo, anzi per sempre.

Lui                         - Non sono invidioso, signora. Però posso dire che, dopo quanto è successo la notte scorsa, tra il vostro buon Paolino, marito mo­dello, e me, vi ha una differenza ben notevo­le; io, checché ne pensiate, valgo molto più di vostro marito, intendo come uomo sobrio, morigerato...

Lei                          - Guarda un po' che mi tocca di udire.

Luì                         - Sulla mia parola d'onore. Spero non vorrete dubitare delle mie parole...

Lei                          - Dio mi guardi, caro amico; solo i vostri complimenti sono falsi, il resto è verità sacro­santa.

Lui                         - La verità, ve lo dico io invece quale è: che voi non conoscete vostro  marito,  così come io non conosco  voi.  Spero  che  non prenderete per un amo questa mia constata zione...

Lei                          - Non è un amo, lo ammetto. Be', conti­nuate pure.

Lui                         - (serici) Un motivo grave mi ha condotto qui. Ma non ho potuto resistere al bisogno di avvertirvi che il buon Paolo non è degno di voi. Va bene, bisogna perdonare le umane debolezze, però non si deve recitare una igno­bile commedia davanti a una come voi, bella, brava, virtuosa e ciecamente fiduciosa.

Lei                          - Parlate più chiaro, vi prego, senza tante reticenze.

Lui                         - Un po' di pazienza. C'è sempre tempo per apprendere l'amara verità. Ebbene, ecco­vi: questa notte al club è successo uno scan­dalo di cui è stato protagonista, il solo pro­tagonista, vostro marito!

Lei                          - Uno scandalo? Mio marito? E' impos­sibile...

Lui                         - Purtroppo, il vostro buon Paolo.

Lei                          - (ridente) Scusate, signore mio, se mi permetto di ridere; ma non posso trattener­mi dal farlo pensando che Paolo si sia potuto elevare ad un ruolo così eccezionale...

Lui                         - E' così. Vostro marito alle 11 aveva be­vuto ormai un paio di bottiglie...

Lei                          - Mio marito?

Lui                         - Vostro marito! Prima vino da tavola, poi champagne.

Lei                          - No!

Lui                         - Sì, vostro marito, il buono e dolce Pao­lo, il marito modello. Alle undici in punto dichiarò di voler festeggiare il vostro venti­quattresimo compleanno...

Lei                          - Oh, quale attenzione...

Lui                         - Fece portare sei bottiglie di champagne.

Lei                          - Mio marito?

Lui                         - Il mio no, di certo. Alle sei bottiglie ne seguirono altre sei, delle aliali almeno la me­tà furono bevute dal marito ideale.

Lei                          - Ebbene?

Luì                         - D'un tratto saltò sulla tavola e si mise a eseguire una danza indiavolata che fu se­guita immediatamente dalla più indiavolata delle ciardas. I bicchieri caddero a terra e si frantumarono; ne nacque un pandemonio. Qualcuno di noi osò redarguirlo; non l'aves­se mai fatto; il mite Paolo afferrò una seg­giola e la scaraventò contro il malcapitato. Ma, non basta: prese a inveire contro tutti noi, anche contro di me, minacciando di gettarci dalla finestra... Uno scandalo, vi di­co, terribile...

Lei                          - (interrompendolo) Ma è vero? Ma è pro­prio vero?

Lui-                        - Purtroppo! Vedete, signora, io non avrei...

Lei                          - Oh, il mio Paolo, il mio Paolino! H« bevuto champagne, ha ballato, ha fatto un pandemonio... il mio dolce e mite Paolino!

Luì                         - E' così... Ho creduto quindi...

Lei                          - Ma è una cosa meravigliosa, grandiosa, straordinaria. E voleva gettarvi dalla fine­stra... Questo poi è veramente un fatto ame-nissimo, anzi delizioso. Caro signore, mi ve­sto immediatamente, e voi mi accompagnerete fino all'ufficio. Voglio rivedere subito il mio mite Paolino, voglio baciarlo il mio marito ideale che ha preso una sbornia per festeg­giare il mio compleanno e che per amor mio è stato sul punto di prendervi per il collo e di farvi fare una volata eccezionale. Un istante, vi prego, vengo subito             - (entra nella stanza vicina).

Lui                         - (con una espressione da cane bastonato, fra se) Ho sbagliato tattica. Avrei dovuto lo­dare quel bestione di suo marito...

                                

 

FINE