Telesilla

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Telesilla

Telesilla

Di Giacomo Leopardi

Personaggi

Un pastorello

Un altro pastorello

Una pastorella

Danaino

Una donna

Telesilla

Girone

I° cacciatore

II° cacciatore

Parte 1

I PASTORE

Spingiamo il gregge sotto a queste querce:

Ve' come piove?

II PASTORE

Io no.

I PASTORE

Mira d'incontro

A quelle piante.

II PASTORE

Or sento l'acqua in viso.

Presto al coperto; in là, che vi potreste

Immollar tutte, e par che l'acqua ingrossi.

PASTORELLA

Oimè ch'ella n'ha colti in un momento.

Se dura infino a notte, io non so come

Ricondurrem le pecorelle a casa.

I PASTORE

Non temer no, che 'l cielo è chiaro, e questo

Nuvoletto è legger.

II PASTORE

Croscia pur, croscia

Che 'l gregge avrà più fresca la pastura;

E ben di piova al prato era bisogno.

I PASTORE

Se ponente non s'alza, in poco d'ora

Torna il sereno.

II PASTORE

Ecco già 'l nembo allenta.

Oh fu pur breve cosa.

I PASTORE

Ei non potea

Fare altrimenti.

II PASTORE

Ecco vien fuora il sole,

E 'l canto de gli uccei si rinnovella:

Pur sento a strepitar l'acqua nel fosso.

I PASTORE

Via fuori a pascolar, che così fresco

Fil d'erba non provaste assai gran tempo.

II PASTORE

Vien qua, veggiam di qui chi prima coglie

D'un sasso in quel troncon.

I PASTORE

Via togli un sasso,

E traggi.

II PASTORE

Io trarrò poscia, e tu davanti.

I PASTORE

Io no, se 'l colpo tuo prima non veggio.

II PASTORE

Ned io trarrò.

I PASTORE

Ned io: tu che sfidasti

Dei gire innanzi.

II PASTORE

Io ti sfidai, ma 'l patto

È ch'i' non deggia trar se non da poi.

PASTORELLA

Date un sasso, io trarrò, ben ch'io non sappia.

II PASTORE

Sta qui, tien questo, e tira. Oh oh, gli è gito

A ritrovar le stelle, e 'l tronco è in terra.

PASTORELLA

Io 'l dissi già ch'io non sapeva.

I PASTORE

Io, io.

Guata. Oimè ch'io fallai.

II PASTORE

Mel credea bene.

Or vo che diate mente a questo tratto.

I PASTORE

Deh lascia ch'io mi provi un'altra volta

S'io ci so cor.

II PASTORE

Ti proverai dappresso

Quant'avrai voglia; or è dover ch'io tragga.

Vedi tu? vedi?

I PASTORE

Io saprò fare anch'io:

Lasciami il loco.

PASTORELLA

Oimè, guardate indietro.

Io veggio un cavaliero armato in sella.

II PASTORE

Eh pazza, ell'è una pianta. Oimè ch'io temo

Che dica vero.

I PASTORE

Io pure io pur lo scorgo.

Vien dritto inverso noi.

II PASTORE

Fuggiamo.

PASTORELLA

Oh tristi

Oh persi noi.

I PASTORE

Che fate? oh Dio, mi spiace

Di queste pecorelle: io non ritrovo

Che m'aggia a far: bisognerà ch'io fugga.

DANAINO

(a cavallo)

Olà quel pastorel, fermati; un motto;

Ascolta, dove corri? ascolta un poco,

Non mi fuggir.

I PASTORE

Che vuoi? lasciami andare.

DANAINO

Hai tanta fretta? o ch'io ti fo paura?

I PASTORE

Forse che non me n'hanno a far quell'armi?

DANAINO

Fa cor, vien qua, non dubitar, non fanno

Male a nessuno.

I PASTORE

Or non vegg'io quell'asta

Insanguinata?

DANAINO

È sangue d'un nemico,

Ch'ucciso ho poco lungi. A gl'inimici

Questa lancia fa danno, a i pastorelli

Non fa discortesia. Dimmi, non usi

Pascere in questo colle?

I PASTORE

Io sì.

DANAINO

Vedesti

Passare oggi verun?

I PASTORE

Veruno.

DANAINO

Omai

Dunque avranno a passar di questo loco

Un guerrier giovanetto ed una donna

Andando a Maloalto. Abbi fidanza,

Che l'una è mia consorte e l'altro amico,

Non ti faranno oltraggio. In nome mio

Dì lor che Danaino ha ritrovato

L'un de' nemici, ed hallo ucciso; e l'altro

È qui da presso, ed ei va per mandarlo

Col suo compagno, e se gli verrà fatto

Non avrà più cagion come credea

Di più dimora, e tornerà domani

A Maloalto.

I PASTORE

Come io gli abbia visti

Conterò loro il tutto.

DANAINO

Avrollo caro,

E ti farò quel ben che tu vorrai

S'accadrà ch'io ti veggia in Maloalto.

I PASTORE

Tu dunque se' di Maloalto?

DANAINO

Io sono

Il signor del castello. Or tieni a mente

Quel che ti convien dire?

I PASTORE

A motto a motto.

DANAINO

Bene sta. Dio ti guardi.

PASTORELLA

È gito?

I PASTORE

È gito.

T'accosta, non temer, ch'ei non fa male

A i pastorelli.

II PASTORE

Udito abbiam da lungi

Tutto quanto e' dicea, ch'e' parlav'alto

Però che anco tu stavi a udir da lungi.

I PASTORE

Ben timor m'avea posto al primo tratto,

Ma poscia ho preso core. Io non credea

Che i cavalier parlassero a quel modo.

II PASTORE

In ver ch'a le parole ei rassomiglia

A la gente che d'arme non si veste.

Pur crudele è ne' fatti. Io non so come

Uccidon le persone, e recan tanti

Disastri in ogni loco, e niente manco

Favellan come fosser de la gente,

Come noi siam, che non fa danno altrui.

I PASTORE

S'avvien ch'io lo riveggia, io vo' far prova

Di chiedergli qualcosa. Or guata come

Tutte le pecorelle son disperse

Per tema del cavallo e del guerriero.

II PASTORE

Pon mente a quelle, io vo da questo lato.

I PASTORE

Bada a quella che fugge.

II PASTORE

Al tutto vuolsi

Fiaccare il collo: io pur l'ho giunta.

I PASTORE

Oh Dio,

Quell'agnella s'è fitta entro la macchia.

Or venganela a trar chi n'avrà modo.

II PASTORE

Fa cor, ch'io la riveggio. Ecco vien fuora

Da per se stessa, e tutte son raccolte.

PASTORELLA

U' u', che cosa è quel che va saltando?

I PASTORE

Un grillo, un grillo. Oh s'io lo ritrovassi,

Che già pronta ho la gabbia è tanto tempo,

Nè mai n'ho colto un solo.

II PASTORE

Aspetta aspetta,

Ch'ei sta qui dentro. Cheti, ch'e' non fugga.

Lasciate far: veggiamo a poco a poco.

I PASTORE

Dov'è ch'io nol ritrovo?

PASTORELLA

Io non lo veggio.

II PASTORE

Forz'è ch'e' sia fuggito, io non so dove.

I PASTORE

Mi duol.

II PASTORE

Non te ne caglia: agevolmente

Ne troverem più che non brami. Oh guata:

Un fungo, e quivi un altro: oh quanti funghi

Usciti son per tutto appena han vista

Quella poca di piova. Orsù coglianne,

Che non ci fuggiran questi da gli occhi

Sì come il grillo.

I PASTORE

Oh quanto è grosso e bianco

Questo ch'i' ho colto.

II PASTORE

Io n'ho ben de' più belli.

I PASTORE

Dove son?

II PASTORE

Vedi questo.

I PASTORE

Io troveronne

Un che sia meglio.

PASTORELLA

Ecco, io ne veggio, appresso

A quella pianta, un micolin più dietro.

I PASTORE

Questa? è una foglia secca.

II PASTORE

E tu che badi?

Che non vieni a cor funghi, e pieno è il prato.

PASTORELLA

Lasciatemi filar, ch'io non ho voglia

Di gire al sol, però ch'annera il viso.

II PASTORE

Dilicata, ei non ha forza nessuna

Or ch'ei tramonta, e battemi ne gli occhi

Senza danno. E ben puoi tenerti a l'ombra

Or ch'è sì lunga.

I PASTORE

Io vo' che tu riceva

Nel grembial questi funghi, ond'ho già pieno

Tutto il cappello, e non m'avanza loco.

PASTORELLA

Versagli pur.

II PASTORE

Lascia ch'io versi anch'io

Questi che ho colti.

PASTORELLA

Orsù.

DONNA

Figliuoli miei.

I PASTORE

Guata; questi son funghi: abbiamgli colti

Tutti dopo la piova, e son assai

Come vedi.

DONNA

Io n'ho gusto. Io son venuta

Per richiamarvi a casa, ch'egli è tempo

Di ricondur la greggia al pecorile.

I PASTORE

Io voleva aspettar che visto avessi

Certi che qui vicino a passar hanno

Andando a Maloalto: ed hollo inteso

Da un cavalier che qui passava, e detto

Hammi da ridir loro alcune cose.

DONNA

Figliuol mio, l'ora è tarda, e già calato

È 'l sol, nè più coloro oggi, cred'io,

Saranno per passar di queste parti.

Non si puote aspettar che faccia scuro

In questi lochi, ov'è tanto spavento

De' lupi che discendon su la sera,

Nè sta sicuro il gregge se non chiuso

Come il sole è corcato.

I PASTORE

A me non cale

Del cavalier gran fatto.

PASTORELLA

Io questi funghi

Porterò.

DONNA

Voi mettetevi la greggia

Dinanzi.

II PASTORE

Or via, su, tosto, al pecorile.

GIRONE

Poniamci a riposar sopra quest'erba,

Ch'ameno è 'l sito, e quinci a Maloalto

Non è gran tratto.

TELESILLA

Oh come fanno scuro

Queste piante, se bene anco non debbe

Esser l'aria sì fosca, e l'orizzonte

Debb'esser chiaro assai. Qui tutto quanto

È solitario, e non si scopre il fumo

Di nessuno abituro, e non si sente

Altro suon che de' grilli e de le rane.

GIRONE

Fors'hai qualche temenza? Esser non puote

Ch'altri ti faccia danno infin ch'io viva:

E sai che non imbelle è questo braccio.

Oh come oh come avventurato io fora

Se ti cadessi innanzi esangue e bianco,

E scoprendoti il petto e le ferite

Dicessi, mira o Telesilla mia;

Questo sangue è per te: questo ti diedi

Questo sol ch'io potea, la vita e 'l sangue.

Io fremo dal diletto ogni qual volta

Io mel figuro.

TELESILLA

Oh non dir questo mai,

Che mi si stringe il cor. Se tu morissi,

Allora io pur morrei.

GIRONE

Che vuol dir questo?

TELESILLA

Ch'altro, se non ch'io vo' che tu sia vivo?

GIRONE

Mi vuoi tu soddisfar d'una dimanda?

TELESILLA

Che c'è da dimandar?

GIRONE

Narrami il vero

O Telesilla mia: forse tu m'ami?

TELESILLA

Io t'amo?

GIRONE

I' sapea ben ch'era un inganno.

TELESILLA

Che inganno?

GIRONE

Io mi credea che tu m'amassi,

Pazzo ch'io fui.

TELESILLA

Deh perchè pazzo?

GIRONE

Al tutto

Pazzo è chi crede quel ch'esser non puote.

TELESILLA

Perchè non può? se tu sapessi.

GIRONE

Oh cara,

M'ami?

TELESILLA

Deh taci oh Dio, che non ti senta

Veruno, e Danain che nol risappia.

Oimè. che cosa io dissi? io già non dissi

D'amarti, ch'ei non lice.

GIRONE

O Telesilla,

Io lo so bene. Ed io? forse ch'io posso

Amarti? e Danain forse non m'ama?

Ed io lui sopra quanto ebbi più caro

Non amai sempre infin ch'io non ti vidi?

Ma un'ombra veramente è quell'affetto

Ch'io gli portava, e ch'io gli porto ancora,

Appresso al tuo, che più ch'io ci ripenso,

Più veggio ch'altro mai non proveronne

Che gli somigli, e ch'ella è cosa nova

Nè spiegar non si puote. Oh se vedessi

Questo mio core.

TELESILLA

E questo?

GIRONE

O mia beltade,

Quant'è che quest'affetto in sen ti nacque?

TELESILLA

Gran tempo.

GIRONE

E non ne desti alcun segnale?

TELESILLA

Io mi credea d'averne dato assai,

E temea che palese il tutto fosse,

Anzi che tu 'l sapessi, e non per questo

Ti calesse di me.

GIRONE

Questo ti parse

O poverella? Ed io come sovente

Immaginando quel ch'era pur vero,

Dissi, quest'è un inganno del desio.

Quanti giorni passai molto più lieti

Ch'io non so dir, credendomi aver visto

Alcun segno di bene, e quanti neri,

Stimandomi deluso. E quante notti

Mi parve in sogno di veder sì chiaro

Quel ch'io sperava, che in destarmi appena

Creder potea che nulla io mi trovassi

Cagion di consolarmi: ed una volta

Ti vidi che prendendomi per mano

E mirandomi in volto, mi dicevi,

Caro Giron; poi misi un gran sospiro

In isvegliarmi. Or chi saputo avesse

Questo ch'or tu mi narri. E ben mi duole

O cara, se provato hai quell'affanno

Che travagliato m'ha per cagion tua:

Perch'io so che l'ugual non si ritrova;

Anzi non veggio pur come tu sia

Bastata a sopportarlo.

TELESILLA

Oh me dolente:

Sperimentato io l'ho più fera cosa

Ch'io non credeva, e penso che tu fossi

Per lagrimar s'io ti narrassi appunto

Quel c'ho provato. E ancor che non sovviemmi

Lieta quant'or mi trovo esser mai stata,

Il core ho tuttavia così scomposto

E cruciato ch'io mai non ho speranza

Di racquetarlo.

GIRONE

O Telesilla mia,

S'i' avessi questa mane avuto a scerre

Intra 'l regno del mondo e l'amor tuo,

Questo avrei scelto immantinente, e parso

Mi saria cosa aver ch'io men de l'altra

Sperar potessi. Ed or ch'io l'ho, non veggio

Come non che si spegna in me l'angoscia,

Ma cresca. O Telesilla, o gioia mia,

Dunqu'è ver che tu m'ami? appena io credo

Pur dopo tanto spazio esserne chiaro.

Su via, guardami in volto, oh come tutta

Se' pallida e sudata.

TELESILLA

Oimè, non sei

Tu pur lo stesso? oh che sembiante è questo

Di spaurito anzi a morir vicino.

GIRONE

Deh chi sperato avria così da presso

Già mai veder quest'occhi e queste labbra?

Noi siam qui soli?

TELESILLA

Il vedi.

GIRONE

E certo è lungi

Danaino, e farà lunga dimora?

TELESILLA

Tel disse egli partendo.

GIRONE

E l'ora è tarda,

Nè più secreto loco ha ne' dintorni.

TELESILLA

O mio Girone, io tremo tutta, e 'l fiato

Mi manca.

GIRONE

Io sudo freddo, e 'l cor mi batte

Più forte che provato io non ho mai.

TELESILLA

Deh chi n'ha posti insieme in questo loco

E in questo tempo?

GIRONE

In ver che 'l tutto ad arte

Par fatto, e non a caso, e non darassi

A noi tal congiuntura un'altra volta

Fin che vivremo.

TELESILLA

Oh Dio, taci: non pensi

Che noi bramiamo alfin quel che non lice?

GIRONE

Tu parli ver, ma certo io sono al tutto

Fuori del senno.

TELESILLA

Oh Danain.

GIRONE

Deh come

Potrò far ch'io t'offenda amico mio,

Che amato ho infino ad or più che fratello?

E tu del par m'amasti e m'ami oh quanto,

Ed or non hai di me verun sospetto,

E s'io fossi in periglio, e non restasse

Altra via di salvarmi, a cagion mia

Daresti volentier l'anima e 'l sangue.

Io fra tanto son qui per farti scorno

E tradimento, e ciò perch'a me solo

Quel ch'altrui non faresti hai confidato.

Non temer, non sarà, pria mi vo' torre

Con questa man la vita.

TELESILLA

Oh non foss'egli

Partito mai.

GIRONE

Deh così fosse; ch'io;

Mi sento preso e strascinato in modo

Come se far contrasto io non potessi;

E parmi che nel cor sempre la spina

Avrò di questa occasion perduta,

E che s'io non farò quello ch'io bramo,

Già mai dal pentimento e dal desio

Non avrò pace.

TELESILLA

Oimè, dunqu'or nessuna

Difficoltà ci vieta il desir nostro?

GIRONE

Ben ch'io cerchi, nessuna.

TELESILLA

Oh tristi noi.

Ma divulgar mai non potrassi?

GIRONE

E come?

Se non ci vede o sente anima viva.

TELESILLA

Nè pentiremci poi?

GIRONE

Non so, ma parmi

Che quando io l'abbia fatto, acqueterommi.

TELESILLA

Io tutta abbrividisco, e le ginocchia

Mi sento sciorre, ed ogni cosa al guardo

Mi traballa: io son presso a venir manco.

GIRONE

(levato in piedi)

Oh cielo oh cielo, a questa colpa quale

Necessità ci stringe? e perchè tanto

Affanno se 'l fuggirla è in nostra mano?

Certo che noi siam folli.

TELESILLA

Oh mio Girone.

GIRONE

Io nol vo' far già mai; pur quand'io voglia,

Farollo un'altra volta.

TELESILLA

Un'altra volta,

Non ora.

GIRONE

Io veggio ben che ci conviene

Deliberarci adesso, e che già mai

Non tornerà l'occasion ch'a questa

S'agguagli. Ma che cosa è quel ch'io penso?

Telesilla, finor questi pensieri

E questi detti fur da gioco? o stolti

Siam fatti in un momento? Io di me stesso

Mi maraviglio e mi vergogno. In somma

Io di peccare intendo? io farò scorno

Al caro amico mio? che cosa è questo

Deliberar? si scorda in un momento

La virtù che s'è culta infino ad ora?

Non parmi ver ch'io l'abbia unqua da senno

Pensato e detto. O Telesilla, questi

Disegni son follie, poniam da canto

Ogni pensier di questi fatti: ad altro

Volgiamo il favellar.

TELESILLA

Tu ben ragioni.

Io sento al petto rallargar la chiusa,

E la foga del cor s'allenta: io provo

Alquanto di conforto.

GIRONE

(assiso)

Io vo' che 'l dove

E 'l perchè tu mi narri e 'l quando accesa

Di me ti fosti.

TELESILLA

Il giorno ch'io ti vidi

Nel castel de le Suore al torniamento,

E festi prove sì stupende, e a tanti

Perigli ti gittasti. Allor mi prese

Di te gran maraviglia, e di coraggio

E di valor sì grande, e un'infinita

Pietà di que' travagli e di que' rischi,

A' quali avrei voluto essere io stessa

Con te; nè mai vivendo altra sì dolce

Tenerezza sentii come quel giorno,

Massimamente allor che insanguinato

D'un gran colpo ti vidi il braccio manco.

E la sera di poi che ritornasti

Vittorioso, e che di farti onore

Ognun si dava affanno, io rimirando

Ti stetti con vivissimo desio

Di parlarti e lodarti, e narrar quanta

Di te misericordia e maraviglia

M'avessi posta in cor: ma non ti seppi

Dir se non pochi motti, e rozzi poscia

Mi parver sopra modo, e tu lor nulla

Badar m'eri sembrato, onde un immenso

Dolor sostenni. E da quel dì mi fosti

Sempre a cor, nè di te la notte o 'l giorno

Pensier mi venne mai senza travaglio.

E ancor non m'avvedea che fosse amore;

Nè me n'avvidi altro che tardi.

GIRONE

O mia

Povera Telesilla, or vedi come

Ne celava il destin quel che sì dolce

Fora stato a saperlo. Io quanto oprai

Quel dì, per te l'oprai, nè cosa alcuna

Ebbi tuttora in mente, altro che quindi

Aver tu mi dovessi in qualche pregio,

E que' sudori e que' perigli estremi

E quel mio sangue ti movesse alquanta

Compassion di me; tal che s'io fossi

A la presenza tua caduto e morto,

Mi fora stato caro, avendo speme

Che tu dicessi, oh come se n'è ito

Oggi quel meschinello. E rivolgendo

Di sotto la visiera ogni momento

Il guardo a la finestra ove ti stavi,

Quand'eri attesa a rimirarmi, in tutto,

Quasi rinnovellata la persona,

Il travaglio e l'angoscia io mi scordava,

E crescendo la forza e l'ardimento

Dicea, forse or colei si maraviglia;

Qui certo ella dirà, com'egli è prode!

Chi sa che in riguardarmi un qualche affetto

Non la tocchi? E due volte o tre ch'io t'ebbi

Vista batter le mani, io non sapeva

Nel tornear quel ch'i' facessi, e penso

Ch'ognun se n'ammirasse. Or quando altrove

Eri intenta, io diceva, oh scioccherello:

Per sollazzarsi, e non perchè la sproni

Il core, ella ti guarda, in quella forma

Che tutte l'altre fanno, e so ben ch'ella

Di te pensa così come di tutti

Questi altri cavalier, che a rimirarli

Piglia trastullo, e non di te, ma solo

Del torniamento ha cura e de la festa.

Ma tu perch'or non senti altro che amore

Credi che quel che pensi ognun lo pensi,

E che d'affetto si consumi: e in questa

Dentro a la folta disperatamente

Mi gittava, e cercando a più potere

Che qualche lancia mi passasse il petto,

Da i plausi de la gente e da le grida

Eri mossa di novo a riguardarmi.

Così t'amava e t'amo, ed amerotti

Sempre fin ch'i' sia morto. Anima mia,

Quando i' sarò lontano, e fra disagi

E fra perigli sempiterni, e 'l mio

Cordoglio struggerammi, avrai tu nullo

Pensier di questo sfortunato?

TELESILLA

Oh mai

Non favellar così. Ma forse in breve

Se' per lasciarmi?

GIRONE

È forza, e immantinente

Come t'ho ricondotta a Maloalto.

TELESILLA

Oimè, dunque sì tosto?

GIRONE

O cara, al pianto

Siam prodotti ambedue. Non ci vedremo

Forse mai più: ben cosa certa è questa

Che 'l dolor nostro non avrà mai fine,

E che non troverem di questa sorta

Un'altra occasion. Parea che 'l fato

N'avesse qui congiunti a bella posta.

Certo che mille volte io pentirommi

Rimaso vòto il mio desire, e molto

Più caldo, e perch'io volli, e questa cara

Tua faccia, e questo sen lasciati avendo;

Questi, dich'io.

(Levato in piedi)

Dammi la man.

TELESILLA

Girone.

GIRONE

Dammi la mano. O Telesilla, oh quanto

Se' bella.

TELESILLA

Oh caro oh caro: io più non veggio.

Parte 2

I CACCIATORE

Io sento urlare i lupi, e s'io non fallo

Non denno esser da lungi. Andiam più ratti

E in più silenzio che si possa. Or bada

Quanto più sai, che ne l'andar non faccia

Crosciar le foglie e i rami: io vo' vedere

Di corgli a l'improvviso in questo scuro:

Ma tu cheta quel can che non abbai.

Certo la luna è sotto, e quant'io veggio,

Poco tempo n'avanza, ed è ben presso

Al giorno.

II CACCIATORE

Aspetta un poco: ei non s'arriva

Da questo colle a discoprire un tratto

De l'orizzonte. Io vo' cercar di quelle

Due piante che dan loco infra' due tronchi.

Stimo che sien colà dove 'l sentiero

Mette un barlume: io non ho preso abbaglio:

Già la marina è chiara, e la diana

È già levata.

I CACCIATORE

Orsù non ci conviene

Punto indugiar, che starà poco il sole.

Prendiam la via che mena al pecorile

Qui presso, ove dintorno han per costume

I lupi tutta notte andar vagando,

E quest'urla ch'io sento anco mi pare

Che vengan da quel lato e udir mi penso

A latrar i mastini. Abbi riguardo

A l'armi che non dien luce nè suono.

GIRONE

(dietro alle piante)

Chi è? chi sei? che voce è questa? Alcuno

È passato qui presso, o ch'ingannato

Io mi son forse in isvegliarmi: io deggio

Aver dormito. Oh tristo me: che feci?

Che feci?

(Uscito fuori)

Io tutto quanto inorridisco.

Dunque fu vero infine? ed io peccai?

Misero me fu ver? Ma come avvenne,

Come a tal mi condussi? Oh sventurato

Ch'io sono; oh fossi stato anzi quel punto

Schiacciato e stritolato: ogni altro affanno

È meno assai che 'l nulla a petto a questo.

Ma perchè 'l feci mai? per un diletto

Schifoso ch'a pensarne io mi vergogno?

Un dolor come questo? e mi pareva,

Stoltissimo ch'io fui, che senza quello

Non avrei pace, quando or mi ritrovo

In un'angoscia tal ch'io non provai

La somigliante: e in mio poter fu posto

Ch'io la schivassi, e ch'or ne fossi immune.

ABBOZZO DEL SEGUITO DELLA TELESILLA

Telesilla uscendo di mezzo alle piante. Oh me lassa oh me lassa. Oh ciel, ma dove È Giron? mi lasciò? Girone. G. Il vedi. T. Abbandonata io mi credeva. G. Insieme Seguiremo il cammin quando ti piace. T. A Maloalto? G. A Maloalto. T. Oh cielo. G. Riman se più t'aggrada, a la ma stanza Ricondurti io voleva, a me conviene Prender tosto altra via. T. Sorgi, ti seguo A Maloalto. Partono. Il primo Pastor. dietro alle piante. Allor quando si desta Il gallo e batte l'ali ec. E quando esce dal nido La rondinella e va per la campagna. (qualche bella idea del mattino come quella del disegno a penna di mio padre, o della favola del cacciatore dai tre cani) Allora anch'io mi desto ec. E vo le pecorelle a trar dal chiuso, E meno per ombrose ed erme vie A pascolar le pecorelle mie. Poi senza canto. Oh che bel cielo è questo, E che bel giorno. Al fresco o pecorelle. Poi un'altra canzone d'altro metro e materia. Danaino ec. come altrove. Telesilla fuggente. Gir one. Oh Telesilla, oh Dio, ferma, che fuggi? Certo che 'l villanello ha preso abbaglio, E Danaino è lunge. T. Or s'ei l'ha visto Al chiar de l'alba errar fra mezzo il (fra questo) bosco. G. Avrallo tolto in cambio. Or via non darti Cotanto affanno, oh ciel, ripiglia core: A noi fuggir non si conviene. T. Io non posso veder Danaino così tosto. Sai com'è avventato ec. palpito tutta, ed ho la bocca amara come il fiele. Io scerno Un pastorel colà. Forse che darci Potrà qualche novella, ec. O bel pastore, Dimmi ec. Pastor. Sì ec. L'un suo nemico ha spento E va de l'altro in cerca Ch'è qui da presso ecc. Danaino tra le piante ec. come altrove.

G. Io mi sento affogar. Cade steso in terra. Pastor. Questo ch'io veggio forse (Forse ch'è) un altro mondo? Io non mi reggo ec. come altrove.

Dopo le parole: Dunque fu vero infine ed io peccai? va subito fatta menzione di Danaino ch'è la prima cosa che gli debba venire in mente, e la maggior cagione della grandezza del delitto, cioè la sua grande amicizia con lui.

T. Hai tu veduto cavalier nessuno Errar fra questo bosco? P. Un solo, ed era Danaino il signor di Maloalto. Or sete forse voi color che quinci Avevate a passar, l'una sua sposa E l'altro amico? G. Sì che noi siam quelli. T. Non siam. P. Non sete voi? T. Sì bene. Or dimmi, Che ti narrò? P. Che l'uno avea già spento De gl'inimici, e in traccia iva de l'altro Qui ne' dintorni, e riede a Maloalto Come l'ha ritrovato e si confida Oggi di ritrovarlo. T. Odo romore Dentro la selva. D. Ferma, son Danaino ec. T. Giron, quest'è la voce di Danaino. Durante il combattimento T. mostri spavento e desiderio che D. non vinca. Cavaliere. Per Dio lasciami in vita, a un cavalier disdice uccidere un uomo scavalcato e senz'armi. D. A gl'inimici Cortese io non fui mai. C. Ti renda il cielo Quel che tu merti. Non gl'inimici ma gli amici tuoi Te ne paghino. G. a T. Componi il viso, fatti cuore ec.

Oh che bel cielo è questo e che bell'alba. G. Insieme Ripiglierem la via quando ti piace. T. Per dove? G. A Maloalto. T. A Maloalto? G. Ove meglio t'aggrada. A la tua stanza Io volea ricondurti: a me conviene ec.

T. Certo ch'ei vincerà che nessuno gli resiste nell'armi fuor di te solo.

Io gli ho veduti da lungi non ha molto In su la via che porta a Maloalto Per mezzo de la selva (al bosco, il bosco).

Che è questo mentire? Tu sei solito a farlo? perchè dunque ora menti?

Ti spiace? Anzi l'ho cara. (E va beniss. e naturalissimamen.).

O misero, ei l'uccide. Certo ei soccombe ec. E in tutta la durata del combattim. Telesilla mostri una certa inquietezza come di nascosto e non ben inteso desiderio che Danaino in qualche modo non resti vincitore. Anche al primo sentir la voce di Danaino o accorgersi ch'è lì presso, dia segni di terrore, e così poi al prevedere ch'egli comparisca.

Sai com'è fiero e impetuoso nell'ira ec. e avventato.

Ha ragione, è vero, ti dirò la verità, ci s'è fatto tardi, e noi abbiamo passata la notte qui. DANAINO. Come mai se Maloalto era sì presso Con un guerrier sì valoroso al fianco? ec. E come dunque avete piuttosto voluto passar la notte in un luogo così solitario com'è questo e così pauroso?

Che è questo assicurarmi contro il tuo solito che non menti, e mentire?

All'ombra o pecorelle più che potete, che fa caldo.

Sonno inquieto di Telesilla con sogni ec.

Io lo cercava più ch'io nol provava.

E in mio poter fu posto ch'or ne fosse immune oh quanto oh quanto fui pazzo che fora or quel dolore ch'io proverei? e che fu quello che ho provato per l'addietro? un'ombra un gioco. Questo sì ch'è fieriss. travaglio. Oh se mai fatto io non l'avessi! oh come or sarei fortunato. Adunque io punto Non m'inganno? io peccai! Giron, peccasti? Mi pare un sogno. Ahi, ahi, chi l'avria detto? Ch'io dovessi peccar quasi innocente Non fossi stato infin da quando io nacqui? Più ch'io ci penso parmi essere un altro. Oh virtù mia come sei gita. Certo se visto non l'avessi, io mai Creduta non l'avrei così da poco.

Sorge il sole ec. Oh come tutto è placido e contento ancor ch'io sono in sì mortal travaglio, e tutto segue l'andare usato ancor ch'io mi ritrovo Così diverso. O sole o ciel sereno o campi o piante Or come a riguardarvi io mi dispero A cagion ch'io solea sempre allegrarmi Di vostra vista. Or non più certo mai. E finito, a tutte altre sventure ho trovato e posso trovar conforto, ma non a questa. Misero me!

Non è tristo tutto il mondo? non è finito ogni contento al mondo? ec.

Or come mai sete voi qui? ec. ec. Perchè mi parli così? ec. Ma o pastorello, non son questi? ec. Dirotti, ci sorprese la notte e per timore siamo rimasti qui. Or come vi scordaste di far sì poca strada Con un guerrier ec. E non è questo un loco desertiss. sicch'era più da temere il restare che il proseguire?

Deh taci, non mi parlare di Danaino. Io non ci posso pensare assolutamente: solo del pensiero io mi spavento. Che cosa ho fatto mai! povero Danaino ec.

È morta Telesilla? e Danaino

È morto? Danaino? ed io l'uccisi?

Quel Danaino? Oimè che fatto è questo!

Io mi sento affogar.

Danain Telesilla, anch'io m'uccido,

Io son tutto di ghiaccio, e non mi reggo

Da lo spavento. Io vo' fuggir, se mai

Sopraggiungesse alcuno, e discoprisse

Com'io sì da vicino ho visto il tutto.

O bisogna fare che nella seconda parte Girone prima di partire dica di andare (dietro le piante) a rivestir le armi, ovvero bisogna premettere al dramma questo avvertimento.

Girone dev'esser vestito di una tonaca militare sopra il nudo con sandali all'eroica, elmo in testa spada al fianco pendente dal collo, e scudo al braccio. Nel principio della seconda parte si dee veder l'elmo la spada e lo scudo per terra, e Girone li ripigli prima di partire.

E dopo aver detto a Danaino Difenditi, o, guardati, questi deve soggiungere, non siam pari, hai svantaggio dell'armatura. G. Non monta. D. getta lo scudo. Battaglia e silenzio. D. disarm. e caduto. Io ti chiedo che mi lasci in vita per quell'amor che ci portammo. G. Ucciso Danaino senza rispondere si volga a Telesilla ec.

D. Non siam pari in arnese ch'io ti soverchio assai dell'armatura. G. Non conta.

T. Oh Dio perchè sì forte M'afferri? oimè tragge la spada ec. G. Guardati. D. Nell'arnese hai disvantaggio: Presso che inerme sei. G. non monta. D. getta lo scudo, e slacciatasi la corazza (se si può slacciare) parimente la getta ec. come sopra. D. Io chieggio La vita in don per quell'antico amore che ci portammo.

O Giron tragge la spada

Abbi pietate o Danaino aita

(Ahi soccorso)

Aita o mio Giron. M'uccide. È morta!

Difenditi ec.

Oh che bel sole è questo e che bel giorno.

O mio

Diletto sposo, lascia ch'io t'abbracci

Io son tornato di più gran periglio

Molto sovente, e di maggior dimora

E tu fatto non m'hai così gran festa.

Hai tu veduto nessun cavaliero? ec.

Siete voi coloro che cercava quel cavaliero? Quale? Danaino, il signor di Maloalto ec. siete la sua moglie e l'amico? Sì. Non siamo. Or voi non siete quelli? Sì siamo. Voglio corrergli dietro ec. Deh no. Lascialo andare a cercarlo ec.

Io non credeva che la mia virtù fosse sì scarsa. Eccola vinta. Povero Danaino. Chi avrebbe creduto ch'io ti potessi tradire. Credeva che sarei morto per te.

Ucciso Danaino Girone contando tutte a un tratto le sue disgrazie, noti quel senso d'affogamento che proviamo in tale occasione ec. e si chiama accoramento ec.

Danain credi a me (credimi o Danain) ch'io dico il vero. Il vero? forse ch'io non ti soglio credere? che vuol dire questa nuova favella?

Non son questi quelli che tu hai veduto stamane? Il pastorello. Sì li conosco ai vestimenti e all'armi.

Io credeva, stoltissimo ch'io fui che mi sarei pentito s'io non l'avessi fatto. Oh non l'avessi fatto mai! come sarei più quieto! Questa sì ch'è inquietezza ec.

Mi par d'essere affatto un altro da quel Girone di prima poichè son reo, mi pare un sogno ec.

PRIMA IDEA DELLA TELESILLA

Sogni, caro Giron, siam soli? questo non è tempo, ei non saprallo, tremo, sudor freddo e tutta l'ode di Saffo.

Bocca amara, consegnare, abbracciamento, Filare, levarsi in piedi, solitudine paurosa (non temete ec. pecore sbrancate ec. cappello rotolato ec. ecco parlo fra me come un pazzo ec. v. l'Alamanni, nella parlata di Girone alla spada e in quella di Danaino irato a Girone e possono servire o per l'ultima scena della 1. parte o per la 2. della seconda, sole ed ombra nella 1. parte, oh che bel dì, è caldo ec. apostrofe alle pecore, canto, è presso al giorno ec. luna tramontata, orsa, marina tra le piante, eosforo, cani ec. cheta quel cane che non abbai che i lupi non se n'accorgano, canto mattutino degli uccelli, sole nascente, come mai tutto è in calma e segue l'usato corso quando io contro il mio ordinario ec. e niente partecipa del mio ec. Girone dietro le piante. Uscito fuori, nella ult. scena della 1. parte porterà la donna per conforto alla colpa la sperata lunga assenza del marito, e ch'egli non potrà saper niente, ovvero nella 2 . par. ma meglio nella 1. nella stessa scena dirà la donna che tutto è solitudine e silenzio e non si sente quivi Altro suon che de' grilli e de le rane ec. eh via via ma che? ho forse necessità di far questa colpa? e se non la farò non sarò mai quieto e sempre pentito? così mi pare ora ec. Fine della ult. scena 1. par. Girone: Quanto sei bella ec. La donna: Oh caro oh caro! io più non veggio nulla. vien qua, fa cuore, non facciamo male a nessuno. Eppure io vedo quella lancia insanguinata. Ora ho ucciso un mio nemico. Ai nemici armati facciamo male ma per te non sono quest'armi, senti ec. Or tu non usi Pascer su questo colle? Io sì. Dunque se passeranno dì loro ec. Danaino nell'ultima scena dirà come mai non sieno andati la sera a Maloalto ch'era sì presso Con un guerrier sì valoroso al fianco ec. Nell'ult. scena la donna. Oh caro, o mio d iletto quanto godo ec. Danaino. Molte volte io son tornato di maggior periglio e più lunga dimora ec. e tu non m'hai mostro tanto ec. Questo è stato un nulla ec. Uccisa la moglie senza parlare, Danaino non parlerà più. Nell'ult. sc. 1. part. si noti che quell'opportunità non tornerà forse più Leva quella mano o ch'io la spicco. (Danaino al suo nemico) Maledetto ec. ti sia fatto altrettanto (il nemico a lui). Per la 2. par. sc. 3 v. l'ode d'Orazio sopra Europa. Gir.

Io nol vo' far già mai pur s'i' volessi (se vorrollo)

Nol potrei far com'ora (Nol potrò come adesso) un'altra volta?

Tel. Cotesto no ec. Dove fuggiamo? che cerchiamo? ec. Ei tornerà subito a Maloalto pur ch'ei vinca: Oh non può far che soccomba (ciò nella scena della loro fuga).

SUPPLEMENTO ALL'ABBOZZO DELLA TELESILLA

Si può cominciare col fingere che allora o Poco prima cessi una pioggia o tempesta ec. Nella 3. scena farli cogliere funghi e gareggiare ec., correre a coglierne uno e trovare ch'era una foglia secca, ec. Nella scena della madre e della pastorella si potranno introdur le galline ec.

PER UN'AVVERTENZA ALLA TELESILLA

Dirò in secondo luogo com'io non ho creduto che l'attenzione e la curiosità degli spettatori si dovesse conservare con quel miserabile mezzo dei nodi e viluppi intricatissimi in luogo della immagine continua viva ed efficace rappresentazione della natura e delle passioni umane. E ho stimato che la semplicità delle azioni drammatiche allora sia biasimevole quando è tutt'uno coll'uniformità e colla noia. Ma la varietà e l'efficacia non consiste nei laberinti, come debbono credere coloro che non hanno tanto capitale di sentimenti e di affetti da mantener sempre, e rinnovare a ogni tratto la commozione ec.

E poichè l'Italia non solamente nella lingua ma eziandio nelle lettere e ne' costumi, è diventata, si può dire, una colonia francese, li voglio pregare che questa volta si contentino d'essere italiani, e amando la dignità, non raccapriccino della natura, e amando l'eleganza, non si spaventino della semplicità ec.

Finalmente vorrei che si persuadessero che dal classico al francese ci corre un grandissimo divario, e che se la miglior parte degl'intelletti ha ripugnato alle fole che chiamano romantiche, e sostenuta la sana maniera (le sane dottrine) dello scrivere che chiamano classica, non ha mai pensato che il classico e il francese fossero la stessa cosa; non lo avrebbero creduto gli antichi italiani, non i latini, non i greci. Se bene io per verità comincio a credere che questa gente sia stata la corruttrice delle lettere e belle arti, e la Francia la ristoratrice del gusto corrotto dai greci e dai latini e dagli antichi italiani.

Si potrà paragonare la Telesilla alle pastorali Italiane, p.e. al Pastor Fido ec.

Dirò primieramente che se vorranno chiamarla tragedia potranno, tanto perchè i poemi secondo me non si definiscono a proporzione della misura, e del numero dei palmi quanto perchè molte tragedie greche sono più brevi di questa, e nessuna è distribuita in atti, come credo che sappiano. Se non vorranno, faranno anche benissimo a non cercar altro, e curarsi meno dei nomi che delle cose.

Catastrofe luttuosa ed esposta sulla scena.

Rappresentazione di oggetti pastorali e campestri che non sono comici per se stessi, in luogo dei plebei tanto cari agl'inglesi ai tedeschi.

Servire ai tempi e ai costumi senza mancare alle regole naturali non arbitrarie.

Forza e verità moderna della passione, unita per la prima volta alla semplicità e agli altri pregi antichi.

Ma di queste cose discorrerò di proposito altrove e mostrerò che non ignoro o disprezzo nè l'arte nè la natura, e che forse non merito di essere nè scomunicato da' seguaci veri de' classici, nè deriso da' filosofi e indagatori delle alte sorgenti del bello.

Perchè poi se stimano che la controversia fra i romant. ec. sia stata se il poeta debba meditare e inventare ec. e se la novità ci voglia in poesia ec. sappiano che questa controversia non è mai stata al mondo fra uomini d'intelletto, non solamente dopo nati i romantici, ma in nessun tempo.

FINE