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VITA DI PARROCCHIA II

TI PIACIU?

FARSA SICILIANA IN DUE ATTI

Di

NUNZIO COCIVERA

E

VINCENZO PRESTIGIACOMO

PERSONAGGI:

PASQUALE CAMPISI

MAGGIORDOMO

Sordo e muto

Parla a stento

ALFIO CUZZUPE’

BARONE

50 anni circa

MARIANNA INTRAVAIA

BARONESSA

Bella e fine

40 anni circa

CICCIO CUCUZZA

CAMPIERE

Rozzo ma furbo

CAROLINA CUCUZZA

MOGLIE CAMPIERE

Brutta ma provocante

LILLINA CUZZUPE’

BARONESSINA

Giovane ed elegante

ISIDORO

GIOVANE UNIVERS.

Giovane

PAPPALARDO

NUNZIO

CARABINIERE 1

RAPPATO

MICHELE

CARABINIERE 2

CALOGERA

PIPITONE

MOGLIE DI PASQUALE

SANTUZZU

BARILE

BRACC. AGRICOLO

MARCO

MICCICHE’

RAPPR. BIANCHERIA

Scena fissa – salone barone

I° ATTO

Sulla scena c’è il barone.

(ENTRA SANTUZZU)

BARONE:        Cosa c’è Santuzzu?

SANTUZZU:   Dovesse parrare con lei

BARONE:        Non vedo di cosa, hai un campiere

SANTUZZU:   Di isso, devo parrare proprio di isso

BARONE:        Sentiamo

SANTUZZU:   Ci dovesse dire che il signor campiere robba, ratta (lo mima)

BARONE:        Vai avanti

SANTUZZU:   Sogno sicuro che non ci potta manco la mità dei vari raccolti della terra!

BARONE:        Non vedo a te cosa interessa!

SANTUZZU:   A me non mi dovesse interessare ma…

BARONE:        Niente ma

SANTUZZU:   Ma dico, ci ho appena ditto che lo campiere robba

BARONE:        Non è un problema tuo

SANTUZZU:   Ho capisciuto… ho capisciuto, siccome lui chiude un occhio anzi tutti i dui su una certa cosa… lei ni chiudi uno sulla robba che manca

BARONE:        Di cosa parla?

SANTUZZU:   Lo sapi anzi… lo sapemu tutti

BARONE:        Non alluda, si spieghi

SANTUZZU:   Lei e la…

BARONE:        Bene l’hai detto ora… ti piaciu?

SANTUZZU:   Non mi deve piaciri a mia ma un altro argomento si!

BARONE:        Sentiamo anche quello

SANTUZZU:   Orami che ci sogno mi sbuttunu un a po’

BARONE:        Mi dice, sia franco

SANTUZZU:   Io sugnu Santuzzu!

BARONE:        Bene prosegua

SANTUZZU:   C’era stata una richiesta d’aumento di paga da 40 a 50 euro a Natali!

BARONE:        E l’aumento c’è stato

SANTUZZU:   Solo di 5 euro

BARONE:        Come di cinque euro? (da segno di capire)

SANTUZZU:   U sapia! Non era sicuru ma ora si! Lei ci ha fatto l’aumento di dieci ma lui da cinque, ci ratta 5 euro

BARONE:         (ride)

SANTUZZU:   Lei ride, abbiamo scoperto che ci ratta 5 euro e lei ride? Quello roba e li ride? Quello ci roba 5 euro ogni operaiu!

BARONE:        Hai detto bene ogni operaio!

SANTUZZU:   Ma i soddi li esce lei, e lei ride!

BARONE:        Mettiamola cosi, io già lo sapevo, non sei il primo che si lamenta

SANTUZZU:   Lei ora sapitore e ride io non lo capisco

BARONE:        Io caro don Santuzzu esco 50 euro ogni operaio e sono a posto che li prendiate voi o lui per me 50 euro sono! Ti piaciu?

SANTUZZU:   No, non mi piaciu, e non piacerà neanche a gli altri, soprattutto a quelli che non solo ratta 5 euro

BARONE:        Sta dicendo che lo dirà a tutti?

SANTUZZU:   Certu, ci iammu na guerra, faremo scipiro, oppuru andremo via

BARONE:        E dove?

SANTUZZU:   Come dove!

BARONE:        Le altre amministrazioni pagano dai 41 ai 45 euro almeno che non cambiate provincia

SANTUZZU:   Io intanto ciù dicu a tutti, soprattutto a chiddi chi u camperi non sulu ci fa a rattina ma ci fa i corna

BARONE:        Scoprirai che già tutti sanno tutto di tutti

SANTUZZU:   Comu tutti di tutto?

BARONE:        Caro Santuzzu mi meraviglio di te, non ni pighiasti mancu un pilu di to patri

SANTUZZU:   Cosa centra a bonanima di me patri?

BARONE:        Aveva naso, era furbo, scaltro. Tu si l’ultumu di una lunga lista, tutti sanno e tutti tacciono

SANTUZZU:   Lei volesse dire che gli altri erano già venuti da lei?

BARONE:        Ti piaciu?

SANTUZZU:   No, non mi piaciu. Il mondo è pieno di pecoroni

BARONE:        L’hai scoperto ora?

SANTUZZU:   No, ma li illudevo, sognavo…

BARONE:        E ora che ti svegli, e torni a lavoro

SANTUZZU:   Tutti sanno e tutti tacciano…

BARONE:        Non solo; vivi e lascia vivere questo è il succo

SANTUZZU:   Solo che così non si vive…

BARONE:        Santuzzu io ti visti nasciri, sei qui, dov’era tuo nonno e tuo padre, vivi e lascia vivere anche a me. Ti piaciu?

SANTUZZU:   No barone! Che vivo e lascio vivere ma i cosi stotti, su stotti! U camperi cumanna ciossà di lei

BARONE:        E tu fatti furbo, quello che non gli fanno la guerra vivono bene, ottengono benefici, la nostra azienda produce di tutto…

SANTUZZU:   Beneficiamo delle sue rattine, un biduni i vinu, unu di ogghiu, etc… etc… capisciu. Baciamo le mani barone

(SANTUZZU ESCE)

(ENTRA LA BARONESSA)

BARONE:        Meno mali ca truvammu stu maggiordomo tutto fari. E’ veramente bravo.

BAR.SSA:       Si è bravo, però pi tia è ancora chiù bravo, specialmente ca è surdu, mutu e soprattutto gay! (toccandosi l’orecchio)

BARONE:        Certo è completo, ti piacìu?

BAR.SSA:       Avi na manu biniditta, quandu mi fa i massaggi mi rilassu e mi passunu i duluri.

BARONE:        Ti piacìu? Mindi vaiu va! Chi haiu da fari.

BAR.SSA:       (Mostrando insofferenza verso questa frase che il marito ripete sempre). Mi dai fastidio cu stu “ti piacìu”… e poi speriamo che il tuo da fare non sia Carolina!

BARONE:        Zitta! Ci l’ha fari sentiri a so maritu sta babbaria?

BAR.SSA:       Tu raccumandu a chiddu, curnutu e cuntentu.

BARONE:        Certi minuti parri comu una… ricordati che sei la moglie del Barone Cuzzupè (gridandolo)

(DA DIETRO LE QUINTE SI SENTE UNA PERNACCHIA)

BAR.SSA:       Ti piacìu?

BARONE:        Cu è ca si permetti?

(ENTRA PASQUALE COL FAZZOLETTO IN MANO E IL BARONE SI CALMA)

MAGGIOR:     (Emette con sforzo pochi vocaboli non molto chiari. Saluta e indica alla baronessa che è l’ora dei massaggi)

BAR.SSA:       Vieni Pasquale, massaggiami, che ho bisogno di rilassarmi, sono stressata con mio marito.

BARONE:        Meglio che me ne vado. (Esce)

(MARIANNA SI SDRAIA E PASQUALE INIZIA IL MASSAGGIO)

BAR.SSA:       Bastardo non fa altro che tradirmi, ma io non voglio rinunciare a queste comodità, altrimenti l’avrei già lasciato.

(SUONANO – ENTRA IL CARABINIERE 1)

CARAB.1:       Buongiorno

BAR.SSA:       Mi dica

CARAB.1:       C’è una denunzia per il maggiordomo

BAR.SSA:       Di cosa è accusato?

CARAB.1:       Atti osceni in luogo pubblico e schiamazzi notturni

BAR.SSA:       Atti osceni, era in giro con qualche amichetto?

CARAB.1:       Ma quale amichetto, era con due femmine, era ubriaco e cantava a squarciagola

BAR.SSA:       Con due femmine e cantava, ci deve essere un errore

CARAB.1:       Niente errore, il mio collega l’ha descritto bene, inoltre le due femmine erano la cognata e la moglie

BAR.SSA:       Il suo collega si è sbagliato

CARAB.1:       No, è conosciuto bene, tutti i sabati va in discoteca, rimorchia e poi all’alba urla e schiamazza per la città. La descrizione e i testimoni non hanno dubbi è lui.

BAR.SSA:       Il maggiordomo è lui (indicandolo)

MAGGIOR:     (accentuando il suo stato, e fa carezze al carabiniere)

CARAB.1:       È lui il vostro maggiordomo?

BAR.SSA:       Come vede!

MAGGIOR:     (lo accarezza e prova a parlare)

CARAB.1:       (indietreggia con evidenti segni di fastidio) eppure il mio collega era sicuro che fosse lui

MAGGIOR:     (insiste e comincia ad esagerare)

CARAB.1:       Fermtì! Io son masculu in tuttu e per tuttu e amo le femmine, pussa via!

MAGGIOR:     (si fa indietro e si scusa)

CARAB.1:       È evidente che errore ci fu! (si ricompone) io vado e riferirò.

(IL CARABINIERE 1 ESCE)

(LA BARONESSA SI GIRA E GUARDA PASQUALE, MA LUI CONTINUA A MASSAGGIARLA)

BAR.SSA:       Ogni tanto dimentico che sei sordo, ma meglio così, almeno posso parlare, sfogarmi e sono tranquilla che i fatti miei restano qua. Certo ca si trovo qualcuno come dico io, i corna ci le fari come un cervo!

(PASQUALE SI FERMA UN ATTIMO COME SE AVESSE CAPITO, POI CONTINUA)

BAR.SSA:       Certo ca pi comi mi massaggia mi veni un certu sbiribbizzu, peccato ca è fru fru (tra se e se)

(BUSSANO ALLA PORTA)

BAR.SSA:        (a gesti) Pasquale, bussano, apri

(ENTRA IL CAMPIERE – MEZZO BALBUZIENTE)

CICCIO:           Voscenza san benedica, ha visto a me mughieri?

BAR.SSA:       No, penso ca perora avi dafari, molto dafari

CICCIO:           Chi voli diri?

BAR.SSA:       Niente, niente. Penso che ha da fare…

CICCIO:           Mha…! Baronessa, vi purtai l’ova sfrischi, a frutta e a verdura. Ma chi vi faci stu babbuinu? (guardando Pasquale)

BAR.SSA:       Ciccio, come ti permetti.

CICCIO:           Baronessa, tantu non senti. Certu, è completu, non ci manca nenti

(PASQUALE LO GUARDA E GLI RIDE TOCCANDOSI LA FRONTE)

CICCIO:           Ti fa mali a cirioppula? Pighiasti friscu? (parla dondolandosi)

BAR.SSA:       Ciccio esci, mi sto arrabbiando

(FINITO IL MASSAGGIO)

BAR.SSA:       Grazie Pasquale, mi sento un’altra

(ESCE MARIANNA, PASQUALE RESTA SOLO E BALLA)

(DOPO POCO ENTRA CICCIO)

CICCIO:           Ma cha fa? Balli senza musica?

MAGGIOR:     (facendosi capire) è bello ballare, si muove tutto il corpo

CICCIO:           Ma a barunissa cecca a so maritu, io a me mughieri, forse hannu troppu da fari (allussivo)

MAGGIOR:     (muove la testa)

CICCIO:           Chi fa ca testa accussi? Babbu! Purtroppo a vista è chista, ti pari chi no sacciu unnè me mughieri? Aiu i fighi di manteniri, cà c’è a casa gratis, manciari gratis, vistimentu gratis, stipendiu e…

MAGGIOR:     (si tocca la fronte e gli fa le corna con le mani)

CICCIO:           Corna, si ha raggiuni, però né si vidunu e mancu pisunu, e poi basta chi c’è a paci

MAGGIOR:     (fa sempre gesti di sfottimento)

CICCIO:           Ma poi, fatti i fatti to, parassi nautru (beffeggiandolo sul fatto che è gay)

MAGGIOR:     (gesticola con evidenza)

CICCIO:           E va beni, ora ti spiegu u fattu comu fu!

MAGGIOR:     (Gli fa cenno di scandire le parole perché lui non sente).

CICCIO:           Jo sugnu ca di carusu, ca me nonnu fici u mitateri, ca me patri facia u mitateri.

MAGGIOR:     (fa segno di parlare scandendo le parole).

CICCIO:           Tu si suddu, mutu e… (si tocca l’orecchio).

MAGGIOR:     (Fa l’offeso)

CICCIO:           Scusa! Dunque, tu si surdu e mutu, percio tu pozzu spiegari, tantu puru si vò non parri!

MAGGIOR:     (Fa segno di giuramento).

CICCIO:           Jo era carusu, cominciava a zappari e zappando doli a schiena; a propositu, tu u sa picchì u zappaturi non si scorda a mamma?

MAGGIOR:     (Fa cenno di no).

CICCIO:           Picchì zappando doli a carina, u cutruzzu…

MAGGIOR:     (Gesticola, come a chiedere chiarimenti).

CICCIO:           Unu chi zappa, dulenduci a schiena, dici “ai mamma, ai mamma”, perciò a muntua e non sa scorda.

MAGGIOR:     (Gli fa un cenno, per dire “che scemo”).

CICCIO:           Jo era allergicu o travaghiu, e avendo comu avveniri di fari u mitateri, non era cuntentu.

MAGGIOR:     (A gesti) e allura?

CICCIO:           Jo pinsà, me nonnu fici pi 50anni u mitateri e ristoi cu na manu davanti e una darreti. Me patri fici pi 40anni u mitateri cu du mani davanti e una darredi. Jo avia a fari u mitateri… pinsà d’investiri in corna!

MAGGIOR:     (A gesti) In corna.

CICCIO:           Si, picchì i corna su comu i denti: alla nascita fanno male, poi servono.

MAGGIOR:     (Fa cenno di non capire).

CICCIO:           Cà c’era una situazioni comu in Linguanterra.

MAGGIOR:     (A cenni e suoni) Come?

CICCIO:           U re Carlu di Linguanterra avia a mughieri bona, Diana; e l’amanti racchia, Camilla. Capisti?

MAGGIOR:     (Fa cenno di si).

CICCIO:           Cà c’era a stissa cosa, un baruni ca moglie bella e l’amante racchia. Sti nobili su strani…

MAGGIOR:     (a gesti) La moglie era l’amante del conte prima?

CICCIO:           Certu, di quand’era carusa. Me soggira ciccava u cummoghiu pi so fighia.

MAGGIOR:     (Lo indica a gesti).

CICCIO:           E truvò a mia! Jo dopu u matrimoniu fici a vittima cu baruni e cu me mughieri; già sapevo ma fingì… i sorveglià i i truvà nte favi…e me mughieri si manciava u piseddu!

MAGGIOR:     (a gesti) E fici u casinu?

CICCIO:           Di mitateri passai a camperi… di camperi futtia i mitateri… e o baruni ci cumincià a futtiri l’oghiu, u vinu!

MAGGIOR:     (A gesti) E iddu a tu mughieri.

CICCIO:           E iddu a me mughieri! Comu ti dissi, oggi u vinu, dumani l’oghiu, u frumentu, i cipuddi, i patati, etc etc… ci fici i casi e me fighi.

MAGGIOR:     (lo applaude).

CICCIO:           Comu si dici “contadinu scarpi russi e cirvellu finu”. Caro Pasquale i corna su come le antenne, attirano le forze benefiche ed allontano il malocchio, si chiudi un occhiu…

MAGGIOR:     Inchiunu a dispensa

CICCIO:           Inchiunu a dispensa, aumentunu u cuntu a banca

MAGGIOR:     (fa segno delle corna)

CICCIO:           E puri i corna, ma caro Pasquale i corna più o meno li abbiamo tutti

MAGGIOR:     Tutti?

CICCIO:           I corna su 4 tipi, l’uomo che li ha tutti i quattru è l’uomo più fortunato del mondo

MAGGIOR:     (fa segno che li vuole spiegati)

CICCIO:           Corna di canna quelli della mamma, corna di crita queli della zita e sono i più longevi, poi ci sunnu i corna d’oru chiddi da soru, hanno un loro perso ma durano poco, quando a soru si marita in automaticu passunu o cugnatu, poi ci su i corna veri, chiddi da mugghieri

MAGGIOR:     Chiddi chi a tu!

CICCIO:           Ma io ci guadagno, sugnu furbu!

MAGGIOR:     (A gesti) Pure io furbo.

CICCIO:           Chi mi vo diri… chi si puru tu furbu? E comu?

MAGGIOR:     (gli fa capire) Poi vedrai… poi ti spiego!

CICCIO:           Allura, tu chi si furbu, vediamo se sai questa: secondo te, ci entra una scopa dal buco della serratura?

MAGGIOR:     (fa cenno di no).

CICCIO:           Invece si… prendi i pila, le setole, li spinni e li trasi nel buco della serratura a uno a uno.

MAGGIOR:     (Ci pensa) (a gesti) e… il manico? 

CICCIO:           Chiddu u sa tu unni ti l’ha mettiri (esce lasciando pasquale di stucco che gesticola).

(ESCE CICCIO ED ENTRA LA BARONESSINA)

BAR.INA:        Pasquale, che fai ridi da solo?

MAGGIOR:     (Sempre a gesti) mi raccontavo le barzellette.

BAR.INA:        Da solo?

MAGGIOR:     sto nel mio.

BAR.INA:        Certo deve essere brutto vivere isolati dal mondo.

MAGGIOR:     No, perché per me è tutto normale.

BAR.INA:        Dove sono i miei?

MAGGIOR:     Suo padre ha da fare, sua madre sta facendo la doccia.

BAR.INA:        Pasquale, a te lo posso dire, a Palermo ho incontrato un giovane, è bellissimo, dolce, affettuoso, ci amiamo da morire, si chiama Isidoro.

MAGGIOR:     (Appena sente questo nome ha come un sobbalzo).

BAR.INA:        Cosa c’è Pasquale?

MAGGIOR:     (Confuso) Niente, sono contento per lei.

BAR.INA:        Pasquale è bello essere innamorati, amare, ma tu hai mai amato… una donna?

MAGGIOR:     Cambiamo discorso, vi prego.

(ENTRA CAROLINA CON IN MANO UN PIUMINO ED UNA SCOPA)

CAROLINA:    (Non facendo caso che c’è la baronessina và canticchiando). Oh! Buon giorno baronessina. Ciao pasquale.

BAR.INA:        Ciao Carolina.

(PASQUALE ESCE - SEGUE DIALOGO TRA CAROLINA E LA BARONESSINA)

BAR.INA:        Carolina come và?

CAROLINA:    Baronessina tutto bene, si non fussi pi du rumpimentu di me maritu chi è insopportabili, andassi megghiu.

BAR.INA:        Povero uomo, devi capirlo, è tanto paziente!

CAROLINA:    Paziente, paziente si!! Jo fazzu tanti sacrifici e iddu mancia e bivi ca imba a cavaddu.

BAR.INA:        Sacrifici? Sicuro che per te sono sacrifici, solo sacrifici?

CAROLINA:    Baronessina, lei non po’ sapiri quante pene che ho passato io, lei non immagina, diu sulu u sapi.

BAR.INA:        Cosa?

CAROLINA:    Si baronessina, pene e sacrifici a non finire. Pi puttari a vanti a faglia si fannu tanti cosi.

BAR.INA:        Va bene ho capito, adesso vieni di là che dobbiamo preparare alcune cose, perché io mi sono fidanzata.

CAROLINA:    Comu! Cu è?

BAR.INA:        Ti spiegherò tutto, devo preparare, aiutami.

CAROLINA:    Vegnu vegnu.

FINE   I° ATTO

II° ATTO

Sulla scena c’è Carolina e la baronessina.

(SUONANO)

CAROLINA:    Vado a vedere chi è!

(CAROLINA ESCE E RIENTRO DOPO QUALCHE SECONDO)

CAROLINA:    È un rappresentante di biancheria

BAR.INA:        Fallo entrare che chiamo i miei. Vediamo se sono qui (esce dall’altra porta)

(CAROLINA ESCE E RIENTRA CON IL RAPPRESENTANTE CHE HA CON SE UN BORSONE – SUBITO DOPO ENTRANO I BARONI E LA BARONESSINA)

BARONE:        Desidera?

RAPPRES:       Sono Marco Miccichè e rappresento la nostra azienda di famiglia che opera nel settore dei corredi da due generazioni, sapete il detto: “corredo Miccichè il migliore che c’è, fatto a posta per te”

BAR.SSA:       Ci faccia vedere

RAPPRES:       Questa è merce esclusiva, prego, ci mettano pure le mani (parla fine, in italiano, mentre mostra la merce)

(IL BARONE E LA MOGLIE GUARDANO ATTENTAMENTE)

BARONE:        Ci dica i prezzi!

RAPPRES:       Coperta 1.000 €uro, coppia lenzuola 500 €uro, asciugamano 100 €uro, altra coppia lenzuola 300 €uro, vestaglia 200 €uro, tovaglia X 12 di lino 200 €uro, totale 2.300 €uro

BARONE:        Ma sta dando i numeri?

RAPPRES:       Signor barone vedete questi ricami, sono fatte a mano da mia madre e dalle mie sorelle, la notte lavorano, la notte.

(ENTRA PASQUALE, SALUTA IL RAPPRESENTANTE CHE RICAMBIA)

RAPPRES:       Dicevo, le mie sorelle lavorano la notte

MAGGIOR:     (Fa un gesto per indicare il lavoro che intende lui e intanto comincia a guardare la biancheria)

BAR.SSA:       Allora quanto facciamo? Pretendiamo tutto!

RAPPRES:       Dicevo 2.300 €uro, ma facciamo 2.100 €uro e non ne parliamo più!

BARONE:        2.000 e affare fatto!

MAGGIOR:     (continua a guardare la biancheria)

RAPPRES:       Scusi lei chi è?

BAR.SSA:       È il nostro maggiordomo ed è sordo e muto

RAPPRES:       A me sembra mezzo gay

CAROLINA:    Prego no mezzo ma tutto

BAR.SSA:       Carolina finiamola

MAGGIOR:     (a gesti chiama la baronessa e le fa leggere un’etichetta)

BAR.SSA:       Made in China?

BARONE:        Come, come?

RAPPRES:       Ma cosa dice con le mani benedette di quelle sante delle mie sorelle sono stati realizzati

MAGGIOR:     (a questo punto fa il gesto del braccio con l’ombrello, per vendicarsi che lo ha preso per gay)

RAPPRES:       (in siciliano) gran pezzu di ricchiunazzu, non ti basta ca si accussì, gay, ma si puru ‘ntricanti e spiuni, si ti caputu a menza a strada, ti fattu u (mimando il segno del didietro) così

BARONE:        E magari è puru cuntentu. Ma adesso basta, uscite dalla mia casa

(IL BARONE E PASQUALE ACCOMPAGNANO IL RAPPRESENTE ED ESCONO – IL RAPPRESENTANTE ESCE IMPRECANDO)

BAR.INA:        Mamma stasera a cena devo parlare con te e papà!

BAR.SSA:       A che proposito?

BAR.INA:        Stasera ne parliamo, ciao!

(LA BARONESSINA ESCE)

BAR.SSA:       Carol…

CAROLINA:    Comandi baronessa

BAR.SSA:       Comandi, comandi. Cosa credi che non lo so che te la intendi con mio marito?

CAROLINA:    Ahh! A barunissa stamattina si alzoi cu pedi sbaghiatu, a iurnata a cuminciamu bona. aronessa! Aviti ragiuni, ma jo chi ci pozzu fari si u baruni è omosessovali forti…

BAR.SSA:       Come omosessuale?

CAROLINA:    Si barunissa, capiu bona, omosessovale. La colpa è sua! Certu, lei u trascura, gli dice che sta mali, che ha l’emirrania…

BAR.SSA:       Che ho?

CAROLINA:    U diluri e testa! e iddu, essendo omosessuale forti, deve provvedersi.

BAR.SSA:       Provvedersi?

CAROLINA:    Voli fari sempri trich trach, trich e balocchi.

BAR.SSA:       Cosa stai dicendo?

CAROLINA:    Insomma, essendo omosessovali, voli fari sempri sessu.

BAR.SSA:       Cretina! Omosessuale vuol dire un’altra cosa!

CAROLINA:    Cosa?

BAR.SSA:       Gay… 

CAROLINA:    Guai? Chi guai?

BAR.SSA:       Lasciamo perdere… che ti dice che ho?

CAROLINA:    Lemirrania… così mi dici u baruni. Chi voscenza iavi sempri duluri di testa, e chi una comu a mia na trova mancu si faci a domandina o comuni.

BAR.SSA:       Andate a quel paese tu e mio marito.

CAROLINA:    Barunissa, non dubita, su truvamu su paisi andamu. Baciamu li mani barunissa.

(ESCE CAROLINA ED ENTRA PASQUALE CHE PER UN PO’ LA GUARDA ATTENTAMENTE)

BAR.SSA:       Pasquale, quasi quasi mi farei fare un massaggio.

(PASQUALE OBBEDISCE)

(SUONANO, ENTRANO IL CARABINIERE 1 ED IL CARABINIERE 2 – PASQUALE ESCE DALL’ALTRA PORTA)

CARAB.1:       Buongiorno, siamo tornati io ed il mio collega, lui è una parte lesa. Una delle femmine trovate con Pasquale è sua moglie

CARAB.2:       Non son riuscito a prenderlo ma l’ho intravisto, chimi il suo maggiordomo

BAR.SSA:       Un secondo fa era qui, ora vado a chiamarlo

CARAB.1:       È gay, non è lui!

CARAB.2:       Voglio vederlo da me

CARAB.1:       Tempo perso, se vuoi puoi provare…

CARAB.2:       Facillu pruvari a to soru

CARAB.1:       E ricchiuni

CARAB.2:       Allura provulu tu

CARAB.1:       Io sugnu masculu e mi piaciunu i fimmini

(LA BARONESSA ENTRA CON PASQUALE)

BAR.SSA:       Eccoci qua

MAGGIOR:     (accentua molto il suo stato di gay)

CARAB.1:       Eccolo

CARAB.2:       (lo guarda da tutti i lati) è lui, sembra lui

MAGGIOR:     (gesticola e si atteggia invadente)

CARAB.2:       Stai fermo quanto ti guardo meglio

MAGGIOR:     (fa la mossa di spogliarsi)

CARAB.2:       Vestito, vestito, stia calmo

CARAB.1:       Ma non vidi chi è…

CARAB.2:       Sembra lui ma… non sembra lui…

BAR.SSA:       Ora bata, si decide che abbiamo da fare

CARAB.1:       Non è lui

CARAB.2:       Sembra lui nell’aspetto

CARAB.1:       Ma lui è una lei!

MAGGIOR:     (si mette a scomporli, specialmente il carabiniere 2)

CARAB.2:       Stia fermo o l’arresto!

CARAB.1:       Stia ferma! O l’arresto!

BAR.SSA:       Ferma o fermo? Decidetevi!

CARAB.2:       Basta! Lei o lui che sia, almeno chè non è… risponda alla mia domanda “le piacciono le donne?

MAGGIOR:     (fa segno di no)

CARAB.1:       Scusi baronessa

CARAB.2:       Scusa ma io resto nel dubbio!

(IL MAGGIORDOMO CONTINUA A CORTEGGIARLI – I CARABINIERI INVECE DI METTERE LE MANETTE AL MAGGIORDOMO SE LI METTONO LORO)

(I DUE CARABINIERI ESCONO)

BAR.SSA:       Pasquale ma perché prima eri scomparso, riprendi con il massaggio.

(PASQUALE RICOMINCIA IL MASSAGGIO – DOPO UN BREVE PAUSA)

BAR.SSA:       Pasquale, io non capisco, ma quando mi massaggi vado in tilt… e poi ho come la sensazione di essere accarezzata da un uomo, ma, fammi capire, non è che tu sei… come dice il carabiniere?

(PASQUALE CONTINUA IMPASSIBILE)

BAR.SSA:       sei anche uomo?

MAGGIOR:     (cambia espressione in viso ma prosegue il massaggio).

BAR.SSA:       Hai mai provato con una donna?

MAGGIOR:     (Non si scompone).

BAR.SSA:       (Si gira) Hai mai provato con una donna? (scandendo le parole).

MAGGIOR:     (Fa segno di no).

BAR.SSA:       (Tra se) E se funzionasse… (si alza e fa sedere lui) siediti qui, ti massaggio io!

MAGGIOR:     (Obbedisce)

(SEGUE UN BREVE MASSAGGIO)

BAR.SSA:       Adesso vieni di là con me.

MAGGIOR:     (Si rifiuta, si trattiene).

BAR.SSA:       (Lo tira via).

MAGGIOR:     (Fa segno di no).

BAR.SSA:       (Autoritaria) Pasquale vieni di là che voglio approfondire questo discorso e devo controllare una cosa.

(ENTRA CAROLINA E S’INCROCIA CON LA BARONESSA)

BAR.SSA:       Carolina, rassetta che io ho da fare con Pasquale.

CAROLINA:    Va beni baronessa, comu dici voscenza.

(PASQUALE E LA BARONESSA ESCONO)

CAROLINA:    Ah Ah… Ohhh, si non l’aviti ancora caputu, mi pari chi annu u stissu da fari chi aiu jo cu baruni. Patri, fighiu e p’undi pigghiu pigghiu. A vidi a vidi a barunissa, pari chi non ci cuppa cu da faccitta…

(ENTRA IL COLONO)

CICCIO:           Ciao amore mio.

CAROLINA:    Amore e brodu di ciciri, salutami e cacciamu. Chi c’è sintemu?

CICCIO:           Sempri dolci l’amore mio, ci esce miele dalla bocca. Vidi si ti po fari dari cacchi cosa du baruni, chi l’avemu a mandari o colleggiu pi nostri figghi.

CAROLINA:    E ti paria, u to pinzeri è sempri unu. Ci ceccu picchì servunu pi me fighi, ma si erunu pi tia putivi stari friscu.

CICCIO:           Si è pi chistu, jo staiu sempri friscu. Ma undi sunnu Pasquali ca barunissa?

CAROLINA:    Dà banna, u suddu ci sta facendo u massaggiu in privatu.

CICCIO:           Hai capito u fru fru? Non è chi è a doppiu sensu di circolazioni?

CAROLINA:    chinni sacciu jo, e poi chi è su doppiu sensu?

(ESCE CICCIO ED ENTRA LA BARONESSA)

CAROLINA:    Baronessa come si sente? A vidu chiù sullivata.

BAR.SSA:       Benone, potenza dei massaggi di Pasquale.

CAROLINA:    Baronessa, non è chi piccasu mi putissi fari fari du massaggi puru a mia?

BAR.SSA:       Camina, fui, se no dimentico di essere una barunissa.

CAROLINA:    Sapi, mi doli u cutruzzu.

BAR.SSA:       Tu facissi passari jo!

CAROLINA:    Pasquali ci nzignò a fari i massaggi?

BAR.SSA:       Certu, ti piacìu?

CAROLINA:    Su nzignò puru lei?

BAR.SSA:       Con mio marito? Lo ripete come un pappagallo!

CAROLINA:    Chistu è veru.

BAR.SSA:       Siccome lo so che eri la sua amante da prima che mi sposasse; non lo negare!

CAROLINA:    (Tace).

BAR.SSA:       Dimmi, te lo dice anche a letto “ti piacìu”?

CAROLINA:    (Tentenna e tace).

BAR.SSA:       Allora?

CAROLINA:    Si! E si propriu u voli sapiri mi piacìu!

(CAROLINA ESCE DI CORSA ED ENTRA IL BARONE)

BARONE:        Ma cos’è questo discorso che ci deve fare nostra figlia?

BAR.SSA:       Bho! Chiama lei. Io non lo so.

BARONE:        Vuoi che lo dica lei? Io non credo che… Lillina, Lillina, Lillina veni cà (gridando).

BAR.INA:        Papà cosa c’è? Perché gridi?

BARONE:        Sei sempre bella, ti piacìu?

BAR.INA:        Mi piacìu, grazie… papà, mamma vi volevo dire che all’università ho conosciuto un ragazzo e ora stiamo assieme.

BARONE:        Come? State assieme?

BAR.INA:        Stiamo assieme è un modo di dire che siamo quasi fidanzati e fra poco viene per conoscervi.

BARONE:        Ma è figlio di nobile?

BAR.INA:        No papà, suo padre lavora all’estero, non sanno cosa fa, però ogni mese gli manda i soldi.

BARONE:        Cosa? Ed io dovrei dare a mia figlia ad uno che non è nobile?

BAR.SSA:       Come la fai lunga, se si vogliono bene è tutto.

BAR.INA:        Anzi tra poco vengono Isidoro con sua madre.

BAR.SSA:       E tu non fiatare. A nostra figlia va bene, ed anche a me!

BARONE:        Certo, parli tu che non ti manca niente. Ti piacìu?

BAR.SSA:       No, non mi piacìu per niente, perché è vero che non mi manca niente, però mi manca tutto, cioè l’amore.

BAR.INA:        Papà, convinciti che non si vive di solo apparenza, ma anche di amore.

BARONE:        E va bene,avete ragione, anche se non dovete dimenticare che io sono Alfio Cuzzupè, Barone di Pietratagliata e Roccafiorita, Conte di Lupara Bianca e Duca di Roccapisciata!

(SI SENTE LA SOLITA PERNACCHIA) 

BAR.SSA:       Ti piacìu? (in contemporanea alla baronessina)

BAR.INA:        Ti piacìu? (in contemporanea alla baronessa)

(ENTRA PASQUALE COL FAZZOLETTO IN MANO)

BARONE:        Jo a tia stu raffridduri tu fazzu passari a cauci nto culu.

BAR.SSA:       Ti piacìu? Pasquale, non fare caso a quello che dice mio marito, vai di là e quando ti viene a chiamare Carolina porta gli aperitivi che fra poco arriva il ragazzo della baronessina.

(PASQUALE ESCE)

BARONE:        Oggi dunque conosceremo Isidoro ed i suoi genitori

BAR.SSA:       Solo lui e la madre

BARONE:        Non mi va questo matrimonio, proprio non mi va

BAR.SSA:       Va a nostra figlia, andrà anche te

BAR.INA:        Va benissimo mamma, ben detto

BARONE:        Io pretendevo un nobile come noi

(LA FAMIGLIOLA SI SIEDE; ENTRANO CAROLINA E CICCIO E RASSETTANO IL SOGGIORNO; SUONA IL CAMPANELLO E CICCIO VA AD APRIRE E RITORNA CON ISIDORO E LA MADRE)

ISIDORO:        Ciao Lilly!

BAR.INA:        Ciao Isidoro!

ISIDORO:        Buonasera a tutti, bacio le mani barone, la riverisco baronessa!

CALOGERA:   Buonasera barone e baronessa!

(CICCIO SISTEMA LE PIANTE E CAROLINA LE SEDIE - SI SIEDONO SEGUE DIALOGO FRA IL BARONE, LA BARONESSA, ISIDORO E CALOGERA)

ISIDORO:        Baronessa sono onorato di essere qui e di essere vostro genero

CALOGERA:   Anche io sono felice, mio figlio ha scelto una bella ragazza in un bella e nobile famiglia

BARONE:        Nostro malgrado abbiamo accettato il volere di nostra figlia!

CALOGERA:   Perché noi non siamo nobili

BAR.SSA:       In effetti!

CALOGERA:   Ma la vera nobiltà non sta nei titoli ma nell’anima. La nobiltà d’animo supera qualsiasi blasone si voglia e mio figlio è un ragazzo d’oro

BAR.INA:        Altrimenti non l’avrei ne scelto ne amato

CALOGERA:   È l’amore abbatte qualsiasi barriera sociale, politica e nobiliare

BARONE:        Vedo che tua madre sa parlare bene, caro Isidoro, e tuo padre? (a Calogera) e suo marito?

CALOGERA:   Mio marito sono anni che si sacrifica in giro per il mondo

BARONE:        Ha sempre lavorato all’estero?

CALOGERA:   Da sempre appena sposati è emigrato in cerca di lavoro, non voleva fare ne il bracciante ne il muratore

ISIDORO:        Gli unici lavori che poteva fare in paese

CALOGERA:   Abbiamo vissuto divisi ma mio figlio ha studiato ed è quasi alla laurea

BARONE:        Adesso dov’è? Che attività svolge?

CALOGERA:   Non lo sappiamo, non lo vedo da Natale, ma quei pochi giorni che sta a casa non parliamo certo di lavoro 

BARONE:        Ma un lavoro lo farà?

BAR.SSA:       Ma caro la signora ti ha appena detto che dopo la lontananza c’è altro da fare che parlare di lavoro

BARONE:        Ma io…

BAR.SSA:       Ma tu… meglio che taci

CALOGERA:   Siamo contenti di essere qui, Isidoro è felicissimo ed innamoratissimo

BARONE:        non sono tanto felice, devo essere franco.

CALOGERA:   Lei si chiama Francesco?

BARONE:        Essere franco, chiaro… vi piaciu?

ISIDORO:        Mi piacciono le persone precise! Prosegua

BARONE:        Non sono molto felice di questo fidanzamento

BAR.SSA:       Ma si amano, sono giovani e quindi noi l’accettiamo

BARONE:        Nostro malgrado l’accettiamo

BAR.SSA:       Avremo tempo di conoscerci meglio

BAR.INA:        Scoprirete che è un tesoro

BAR.SSA:       Carolina, chiama Pasquale per l’aperitivo

(CAROLINA ESCE E RIENTRA CON PASQUALE)

MAGGIOR:     (entra con vassoio, e alla vista di Isidoro con la madre lo fa cadere)

ISIDORO:        Papà tu qua?

MAGGIOR:     Isidoro, figlio mio

CALOGERA:   Pasquale! (sviene)

MAGGIOR:     Calogera, tesoro (la soccorre)

BARONE:        Come papà! E tu, parli?

BAR.SSA:       Questo non lo sapevo!

BARONE:        Perché cosa sapevi?

CICCIO:           Chi era masculu

ISIDORO:        Papà ma cos’hai, non ti riconosco! Tu, il maggiordomo tutto fare?

CICCIO:           Appunto, tuttofare

ISIDORO:        Come, Lilly aveva tanto parlato di un maggiordomo, dicendo che era sordomudo e scusa, gay!

MAGGIOR:     Ma cosa dici? Io sono sempre lo stesso e cioè maschio, maschio. Dovevo fingere; se no a mia mu davunu stu travaghiu!

BARONE:        Bastardo, mi hai preso in giro

MAGGIOR:     Barone e voi mi avreste dato questo lavoro sapendomi normale?

BARONE:        Bastardo, mi facevi i corna ‘nta me casa… e tu Marianna, ecco picchi dicivi che i massaggi ti facevano bene

MAGGIOR:     Barone, è colpa sua se sua moglie lo tradisce!

BARONE:        Colpa mia?

MAGGIOR:     Le donne sposate che tradiscono sa perché lo fanno?

BARONE:        Sentiamo

MAGGIOR:     Il 5% u fannu picchi su tappinari, u 95% picchi è cuppa du maritu. Cercano fuori casa quello che manca in casa, e non è sempri da cosa

BARONE:        Cosa?

MAGGIOR:     Manca affetto, amore, complicità, manca il marito che se ne sta in giro con gli amici a caccia, magari iddu cerca l’uccullu do boscu e so mugghieri ‘nto paisi; iddu ‘nto boscu non trova e su mugghieri si

CICCIO:           Iddu cerca u beccacciu e so mugghieri fa beccacciu a iddu. Barone, non si preoccupi, le corna sono la pace della famiglia.

(CALOGERA RINVIENE)

CALOGERA:   Pasquale, ti fazzu vidiri io tradituri

MAGGIOR:     Amore, l’ho fatto anche per te

CALOGERA:   Io non moru, con quali facci pari, io ti fugu

MAGGIOR:     Stai calma, Calogera

CALOGERA:   Comu è stari calma? Tu fa u ricchiuni!

MAGGIOR:     Anche per non farti mancare nulla

CALOGERA:   Mi manca un marito

MAGGIOR:     Ogni tantu tunnava a casa e funzionava

CALOGERA:   Ora ti fazzu funzionari io! (avanza minacciosa)

MAGGIOR:     Stai calma

CALOGERA:   Io ti diru u coddu come na iaddinazza, curnutu

MAGGIOR:     Comu curnutu?

CALOGERA:   È un modo di dire

BARONE:        Curnutu è un modo di fari

MAGGIOR:     Mi facisti i corna?

CALOGERA:   Ebbene si, ricambià

BARONE:        Ti piaciu?

MAGGIOR:     Veramenti no

BARONE:        Come hai detto tu prima, quando la moglie tradisce è colpa del marito

CALOGERA:   E avendo un marito assente…

BARONE:        E pure gay!

MAGGIOR:     Tu u sa benissimo che non sugnu gay

CALOGERA:   Noi andiamo, dobbiamo chiarire tante cose

MAGGIOR.:    Andiamo

ISIDORO:        Arrivederci

BAR.INA:        Vi accompagno

(MENTRE FANNO PER USCIRE ENTRANO I DUE CARABINIERI)

CARAB.1:       Fermi tutti, a lui lo prendiamo noi. Pasquale Campisi lei è in arresto per disturbo della quiete pubblica e schiamazzi notturni

CARAB.2:       E per violazione di domicilio, di casa mia

MAGGIOR:     E no! A casa sua, mi aprì sua moglie

CARAB.1:       Allora non ci fu violazioni di domicilio

CARAB.2:       Come non ci fu violazioni?

CARAB.1:       Caso mai ci fu violazione di moglie

MAGGIOR:     Ti piaciu?

CARAB.2:       No e ti arresto per violenza carnale

MAGGIOR:     Non scherziamo, tu moglie ci stava

CALOGERA:   Basta! Portatelo via prima che l’ammazzo

CARAB.1:       Lei è in arresto, ci segua

(ESCONO CARABINIERI, PASQUALE, CALOGERA, ISIDORO, BARONESSINA)

CICCIO:           pi corna sugnu in buona cumpagnia, vi piaciu?

BARONE:        Tu zittiti curnutu cuntentu! Ti piaciu?

CICCIO:           Cettu chi mi piaciu, picchì mi piaci u benessiri

BARONE:        Benessere?

CICCIO:           Certu, io sugnu curnutu cuntentu pi convenienza

BAR.SSA:       Convenienza?

CICCIO:           Certu, vuoi comu baruni mi putiti diri curnutu, picchì è veru, vui personalmenti mi faciti da anni

CAROLINA:    Ma Ciccio che dici? Capitò na vota

CICCIO:           O iornu! Ma non è un problema

CAROLINA:    Comu non è un problema? Iavi na vita chi mi stressi, e i me poviri genitori cinni facisti vidiri di tutti i culuri

CICCIO:           Tattica, manovre… iddi si meritavano tutti. Mi avevano ingannato, iddi pensavano e puru vuiautri (indica anche il barone)

CAROLINA:    Sapevi tutto dall’inizio?

CICCIO:           Certo ho investito in corna

CAROLINA:    E facevi la vittima, e quannu ti capitava cu cacchi colona…

CICCIO:           Ti ricambiavo le corna, ti piaciu? Chi dici?

BARONE:        Basta! Curnutu cuntentu! Cosa vuol dire hai investito in corna?

CICCIO:           Chi io mi fici pagari sia di me soggiri chi di tia!

BARONE:        Mi hai derubato in questi anni!

CICCIO:           Mi sono solo pagato, tu mi hai cornificato, siamo pari!

BARONE:        Basta!

CICCIO:           Basta u dicu io! Caru barunu, finalmente io sugnu curnutu cuntentu, ma tu si curnutu ‘ncazzatu!

BAR.SSA:        (al marito) ti piaciu?

CICCIO:           Tiè (fa il gesto con il braccio) ti piaciu?

(CICCIO SCAPPA INSEGUITO DAL BARONE)

FINE