Ti voglio tanto bene

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TI VOGLIO TANTO BENE

Commedia in un atto

di GUGLIELMO GIANNINI

                                                                            

PERSONAGGI

alessandro astari

tullio pardi

carlo sivieri

morozzi, direttore di scena

NICHI, cameriere

VIERI, suggeritore

VALENTINA SIVIERI

AMELIA SIVIERI

VANNA, modella

CATERINA, cuoca

L’azione si svolge in casa di Tullio Pardi. Epoca presente.

Commedia formattata da

Salotto in uno stu­dio di scultura. A sinistra avanti una larga entrata (sini­stra) mette nelle al­tre stanze dell'appar­tamento. Poco dopo l’entrata a sinistra la parete sinistra piega verso il fondo, e nel centro ha un'altra entrata (fondo) lar­ga, coperta da una tenda. A metà del fondo, e dritta verso la destra, una vetrata, alta, ampia, da cui entra la luce del sole, mitigata da varie tende. Fra la vetrata al fondo e l'inizio della parete destra, un largo passaggio mette nello studio dove Tullio lavora. A destra la parete, par­tendo dal passaggio, viene avanti fino alla ribalta.

Vari abbozzi e calchi, in gesso ed in creta. Alcune statue. Qualche quadro. Verso destra un modello di sta­tuetta rappresentante una giovine donna nuda. Due pol­trone di stoffa, vari sgabelli, un pianoforte contro il fondo. A destra avanti un divano, largo, basso, con molti cuscini di vivaci colori. Uno sgabello turco accanto al divano con su pipe, sigari, sigarette, una bot­tiglia di liquore piena a metà, due bicchierini. Nel mezzo della scena, verso il fondo, una colonna di marmo, su cui dovrebbe essere una statua: e non c'è. Solo un panno copre il posto della statuetta: un pezzo di legno qualunque ne fa le veci.

Sono le undici del mattino, ma l'ambiente è in pe­nombra, perché le tende coprono completamente la ve­trata in fondo. Unica luce: la lampada elettrica sul tavolinetto turco, accanto al divano.

Tullio                             - (all'alzarsi del sipario è steso sul divano, pro­fondamente addormentato, in abito da lavoro, cami­ciotto sporco di creta, berretto basco in testa. E’ immo­bile, e si confonde fra i vari cuscini, sotto uno dei quali ha nascosto la testa completamente. Quando s'alzerà sarà un bell'uomo sulla quarantina, forte, un po' rozzo, violento appassionato).

Nichi                             - (trenta-sessant'anni, cameriere, tenuta da mat­tina, timido, docile, buono, entra dal fondo sollevando la portiera e facendo strada ad Alessandro) Ecco, signor conte, accomodatevi.

Alessandro                    - (lo segue dal fondo. Trentacinque-quarant'anni, già brizzolato, squisita eleganza, bastone, guanti: porta il monocolo, ma non ne abusa).

 Caterina                       - (cinquantacinque anni, grossa, robusta, cuoca zelante e petulante. Entra dalla sinistra quasi contempo­raneamente a Nichi ed Alessandro. Allarmata) Chi è?

Nichi                             - (seccato) Io, Caterina!

Caterina                        - Chi c'è con voi?

Alessandro                    - (bonario) Io, Caterina: non vi spa­ventate.

Caterina                        - Oh signor conte, ma siccome il maestro non c'è...

Alessandro                    - (venendo avanti) ... Lo aspetterò. Grazie, Caterina.

Caterina                        - (esitante) Il maestro non vuole che entri nessuno qui quando non c'è lui...

Alessandro                    - Vi giuro che non ruberò niente.

Nichi                             - (andando verso la vetrata) Dove devo farlo aspettare, nel giardino? (Tira dispettosamente le tende, l'ambiente si rischiara subito).

Alessandro                    - (guardando verso il divano) Ma...

Caterina                        - (ha visto anche lei Tullio addormentato) Oh Signore! Non ha riposato nemmeno stanotte!

Alessandro                    - Mi pare che si stia riposando con tutte le sue forze!

Caterina                        - Quando non dorme nel suo letto non si riposa... (A Nichi, astiosa) E voi ieri sera m'avete detto che era uscito!

Nichi                             - Perché lui m'ha ordinato di dirvi così!

Tullio                             - (svegliandosi, sollevando il cuscino, guardando intorno) Cosa c'è? Mercato?

Nichi                             - (timidamente) C'è il signor conte Astari.

Tullio                             - (levandosi a sedere) Oh, addio, Petronio.

Alessandro                    - Ciao, Prassitele. Sono le undici!

Tullio                             - Perdinci  (A Nichi) La marsina, subito. (Fa per alzarsi).

Alessandro                    - Sono le undici del mattino!

Tullio                             - (sbalordito) Oh! Allora ho dormito quat­tordici ore! Un po' di caffè. (Si alza, si stira).

Caterina                        - (s'accosta al tavolinetto turco per metter or­dine. Spegne la lampadina, fa per prendere il vassoio)

                                      - Ma... (Fissa Tullio con uno sguardo carico di rim­provero).

Alessandro                    - (prende dal vassoio un tubetto di vetro contenente ancora tre o quattro compresse, lo mostra a Tullio con uno sguardo pieno di riprovazione) Hai bevuto mezza bottiglia di liquore, inghiottito un etto di narcotico... Sfido che si dorme .quattordici ore così!

Tullio                             - Il caffè  (Caterina fa per parlare), senza commenti e senza consigli.

Caterina                        - (esce dalla sinistra, scuotendo la testa).

Tullio                             - E il bagno, di corsa,

Nichi                             - (esce per la sinistra).

Tullio                             - (si fruga in tasca, prende una sigaretta, l'ac­cende, e subito comincia a tossire).

Alessandro                    - (ha deposto cappello, bastone, guanti, cava il portasigarette, e accenderà e fumerà anche lui più avanti) Tossisci come un asmatico.

Tullio                             - (con lieve fastidio) La mattina è sempre così... Poi... (Tossisce) E' un po' di faringite.

Alessandro                    - E' un enfisema. (Accende la sigaretta) Almeno al mattino potresti non fumare, lo ci sono riu­scito. (E fuma).

Tullio                             - (aspro) Se non mi sbaglio è mattina e fumi.

Alessandro                    - (Mattina per te, caro. Io mi sono alzato alle sette, ho fatto un bagno freddo, mezz'ora di cavallo, la prima e la seconda colazione, ho scritto l'articolo per oggi: sto in piedi da mezza         - (giornata!

Tullio                             - (lo fissa, poi) Quanti anni hai, adesso?

Alessandro                    - Trentanove.

Tullio                             - (fa spallucce) Mh! (Si muove, nervoso).

Alessandro                    - (contento di se) Non si direbbe, eh?

Tullio                             - (voltandosi) Certo. Ne dimostri almeno quarantacinque.

Alessandro                    - (seccato) Ho avuto una vita molto in­tensa, caro...

iNichi                            - (sul fondo) C'è la signorina Vanna.

Tullio                             - Ah, bene, falla entrare. (Ad Alessandro) Scusa, ma ho un angelo per le mani...

Alessandro                    - Mi mandi via?

Tullio                             - Se vuoi assisti, ma senza distrarmi.

Alessandro                    - (sbalordito) Ma cosa dici?

Tullio                             - Debbo finire un angelo, per una tomba!

Alessandro                    - Ah, un angelo di marmo...

Tullio                             - Di pietra! (A Nichi, andando verso la de­stra) Falla entrare.

Nichi                             - (esce dal fondo).

Tullio                             - (ad Alessandro) Una brava figliola, bel corpicino... come angelo è l'ideale.

Alessandro                    - Non so come fai a contentarti delle modelle.

Tullio                             - (sussulta) Io modelle?

Alessandro                    - E' come con le cameriere e le impie­gate. Non concepisco servirsi d'una dipendente per...

Tullio                             - Ma chi ti dice ch'io me ne serva?

Alessandro                    - Sono dieci anni che vivi come un orso, senza un'amica... In qualche modo dovrai arrangiarti...

Tullio                             - (ferito) Ma non dire scempiaggini... Prima di tutto una modella non ha sesso per uno scultore, poi….

Nichi                             - (riappare sul fondo, facendo strada).

Vanna                           - (venticinque anni, abito da mattina, molto ele­gante) Buongiorno, maestro...

Tullio                             - Cara piccola, scusa sai, ma...

Vanna                           - Mi mandate via anche oggi?

Tullio                             - Ti pago la posa ugualmente...

Vanna                           - Ma io non voglio esser pagata senza la­vorare...

Tullio                             - Scusa, cara...

Vanna                           - E' già la quinta volta...

Tullio                             - Ho altro da fare.

Vanna                           - Aspetterò.

Nichi                             - L'acqua si raffredda.

 Caterina                       - (sulla sinistra) Il caffè è pronto.

Tullio                             - (a Vanna) Aspetta. Del resto hai ragione a insistere. Il lavoro dev'esser finito.

Vanna                           - Vedete? (Si muove verso la destra) Allora solo testa o mi spoglio?

Tullio                             - Visto che ci sei, spogliati... (Va verso la sinistra) Oh... il conte Astari... Vanna, la mia bambola di «biscuit».  (Esce dalla sinistra).

Vanna                           - (s'è tolto il cappellino e ha cominciato a sbot­tonarsi l’abito) Piacere... quello del giornale?

Nichi e Caterina            - (hanno seguito Tullio uscendo per la sinistra).

Alessandro                    - (rispondendo a Vanna) Sì, signorina.

Vanna                           - (uscendo dalla destra, cominciando a sfilarsi il vestito) Oh... piacere davvero... scusate, eh? (Esce per la destra).

Alessandro                    - (si muove dopo una pausa, guarda le sculture, poi s'avvicina alla destra.) Si può?

Vanna                           - (dall'interno) Venite, venite pure, sto dietro il paravento.

Alessandro                    - Allora non c'è sugo.

Vanna                           - (ride).

Alessandro                    - E' una fortuna per Tullio avere una modella come voi!

Vanna                           - E' una fortuna per me avere un maestro come lui!

Alessandro                    - Lo costringete a lavorare anche quando non ne ha voglia... Dovrebbe coprirvi d'oro!

Vanna                           - Ha fatto di più... Sono diventata famosa per lui... Tutti mi vogliono, e tutti mi pagano il doppio e anche il triplo!

Alessandro                    - Ah? Vi sfrutta pure, quel brigante?

Vanna                           - Mi dà quello che gli chiedo. (Rientra dalla destra, stringendosi l'accappatoio nella vita: è senza calze, in pantofole di velluto) Ecco fatto. (Viene avanti).

Alessandro                    - (la guarda, ammirato).

Vanna                           - (sorprende il suo sguardo, voltandosi) Cosa c'è?

Alessandro                    - Niente... Constato che siete bella an­che così!

Vanna                           - Non mi sono mica messa una maschera... la faccia è la stessa... (Prende una sigaretta di Tullio).

Alessandro                    - Non mi riferisco alla faccia, ma al... (Indica col pollice levato: a tutto il resto). Anche così non si perde niente... (Le offre l’accendisigaro).

Vanna                           - Oh, spero bene... (Accende, fuma). Il mio corpo è tutto il mio capitale... Peccato che diminuisce continuamente...

Alessandro                    - (stupito) Eh?

Vanna                           - Ogni giorno che passa è un giorno.

Alessandro                    - Questo anche è vero.

Vanna                           - Dieci anni fa ero perfetta.

Alessandro                    - E adesso?

Vanna                           - (siede, incavalca le gambe) Oh... ho mille difetti.

Alessandro                    - Non si direbbe.

Vanna                           - Bisogna guardarmi ad occhio nudo per scoprirli.

Alessandro                    - Se l'avessi pensato sarei venuto dietro al paravento.

Vanna                           - Nessuno ve l'ha proibito.

Alessandro                    - Come! Avete detto...

Vanna                           - ... sto dietro il paravento, ma non ho detto: non venite dietro il  - (paravento!

Alessandro                    - Oh che bestia!

Vanna                           - Del resto avevo già l'accappatoio addosso. Poi, quando una fa la modella da tanto tempo, non dà più importanza...

Alessandro                    - Già.

Vanna                           - lo mi turbo un po' solo quando mi sor­prendono spogliata in movimento...

Alessandro                    - Non capisco.

Vanna                           - Quando sono in posa, immobile, è un'altra cosa. Mi pare d'essere vestita.

Alessandro                    - Tullio mi diceva circa lo stesso, poco fa... Per uno scultore la modella non è una donna...

Vanna                           - Dicono tutti così! Poi si sa...

Alessandro                    - Ah, ah... E, naturalmente, anche Tul­lio... si sa.

Vanna                           - (volubile) Oh, il maestro non è un uomo...

Alessandro                    - Questa frase comincia a diventar mo­notona!

Vanna                           - Quello che conta in una figura come Tullio Pardi è la mano!

Alessandro                    - Ah?

Vanna                           - II pollice! Ci pensate? Quante creature sono nate dalle sue dita miracolose! Il nostro cimitero è pieno di vita! Io ci sono almeno venti volte, in tutte le pose!

Alessandro                    - Una cosa molto allegra!

Vanna                           -  Ci siete mai stato al cimitero?

Alessandro                    - No, grazie. M'intendo poco di scultura.

Vanna                           - M'avevano detto che 6iete amici da tanti anni...

Alessandro                    - Sì, ma fuori... il marmo, la creta... quei panni sempre bagnati... mi raffreddano.

Vanna                           - (pensosa) Dovreste andarci al cimitero.

Alessandro                    - (con lieve agitazione) Ma è una mania... Se è per veder voi, scusate, preferisco ammirarvi qui, viva...

Vanna                           - (pensosa) E' un'altra cosa.

Alessandro                    - Certo... e anche un po' monotona, sup­pongo... Sempre la stessa persona su venti tombe...

Vanna                           - (quasi scattando) Ah no... ah no! Mai la stessa... Io son sempre io, ma in ogni scultura c'è qual­cosa di diverso... Avete mai provato a far cinque o sei fotografie una dopo l'altra?... Quando le stampate vedete che ogni posa ha un'altra vita, alle volte sembra quasi un'altra persona! E' qui l'arte di Tullio Pardi... Può fare cento volte la stessa donna e sarà sempre un'altra...

Alessandro                    - Perché fate la modella? Avete gusto, intelligenza...

Vanna                           - (E che dovrei essere cretina?

Alessandro ;                  - Voglio dire... una donna, con le vo­stre qualità, bella...

Vanna '                          - Diciamo simpatica.

Alessandro                    - Diciamo anche simpatica... avrebbe po­tuto trovare...

Vanna                           - Che cosa?

Alessandro                    - Non so... qualcosa di meglio.

 Vanna                          - Per trovare bisogna cercare. Io non ho mai cercato.

Alessandro                    - Mai?

Vanna                           - (Non sono tipo di puntare un uomo, incre­tinirlo, prenderlo in trappola e attaccarmici sopra come un'ostrica... Quando m'è piaciuto uno... là! Fatto.

Alessandro                    - E poi?

Vanna                           - Non ho mai pensato al poi. Lavoro, io.

Alessandro                    - Capisco... ma basta?

Vanna                           - Oh Dio... quando basta? Mai! I soldi sé ne vanno come l'acqua, e anche se mi capita la gran for­tuna son sempre pochi. Ma non ho mai pensato a vi­vere di rendita su un'ora d'ubriacatura.

Valentina                      - (ventisei anni, bella, fresca, quasi angelica, senza cappello benché vestita per uscire, entra dal fondo? si ferma un po' imbarazzata vedendo Alessandro e Vanna) Oh...

Vanna                           - (è balzata in piedi) Scusate, signorina...

Valentina                      - Prego... Buongiorno, conte...

Alessandro                    - (ossequioso) Signorina...

Vanna                           - (confusa) II maestro è occupato e allora mi son fermata a far due chiacchiere con il signore-Se permettete... vado nello studio.

Valentina                      - Andate, andate.

Vanna                           - (esce per la destra).

Alessandro                    - (appena Vanna è uscita, afferra la mano di Valentina, la bacia con furia sulla palma).

Valentina                      - (spaventata) Ma siete pazzo?

Alessandro                    - E' un'ora che t'aspetto.

Valentina                      - Non ho potuto scendere prima.

Alessandro                    - Perché ?

Valentina                      - C'è mio fratello...

Alessandro                    - Valentina, tu mi fai impazzire! Hai parlato ai tuoi?

Valentina                      - Non ne ho avuto il coraggio... M'avete promesso d'aver pazienza...

Alessandro                    - Non voglio morire pazientando. Ti amo come un forsennato...

Valentina                      - 'E' quello che non capisco... Io sono una donna così tranquilla... Credo di poter ispirare un affetto profondo... tenace, se volete, ma calmo e paci­fico... La vostra costante ebollizione mi terrorizza...

Alessandro                    - (si passa una mano sulla fronte) Va­lentina, se speri di calmarmi con la dolcezza, ti sbagli... Credi di gettar acqua sul fuoco e invece vi getti ben­zina... (Fa per afferrarla).

Valentina                      - ((atterrita) No... (Se ci sorprendessero... impazzirei di vergogna...

Alessandro                    - (frenandosi) Valentina, tu mi fai mo­rire! Fammi parlare con tua madre, con tuo fratello, con chi vuoi, ma finiamola con questa tortura! (Fa per afferrarla).

Amelia                          - (dall'interno) Valentina...

Valentina                      - (bassa) La mamma.

Amelia                          - (dal fondo, quarantacinque anni, portali con gran disinvoltura, perfetta eleganza, anche lei ve­stita per uscire e senza [cappèllo. Sembra un po' impa­ziente: vede Alessandro) Oh...

Valentina                      - H conte Alessandro Astari... Mia madre.

Alessandro                    - (bacia la mano di Amelia) Signora...

Amelia                          - Molto piacere... (A Valentina) E Pardi? Cosa fa questo benedetto uomo! E' quasi mezzogiorno...

Valentina                      - Sai com’è... (Ad Alessandro) Dobbiamo andare alla Galleria d'Arte per presentare una signo­rina al Direttore... Il maestro ci ha promesso una rac­comandazione e non trova mai il tempo di scriverla...

Alessandro                    - (radioso) Se è solo per questo, io...

Amelia                          - (ad Alessandro E' un benedetto uomo, io gli voglio un bene dell'anima...

Valentina                      - (Mamma!

Amelia                          - Ma è così sregolato! Poi ha dei periodi addirittura frenastenici. Da tre mesi, per esempio, è una belva... (L'altro ieri ha picchiato una modella, ha rotto una statua, ha urlato tutto il giorno... Ed è tanto buono e caro. Pensate che noi viviamo per lui...

Valentina                      - Mamma!

Amelia                          - Chi ci pagherebbe quello che ci paga lui per quest'appartamento? Quando mio marito è morto mi sono trovata con questo villino e due bambini da tirar su...

Lei                                 - (indica Valentina) e Carlo...

Valentina                      - Ma cosa vuoi che interessi al conte questa storia...

Alessandro                    - (vivamente) M'interessa moltissimo, in­vece.... Dite, dite signora...

Amelia                          - Ho detto... Valentina aveva dieci anni, e Carlo otto.... Pardi prese l'appartamento e sono sedici anni che lo tiene...

Valentina                      - Questo è un modo molto carino per far sapere che ho ventisei anni...

Amelia >                       - (Figlia mia, pensa a quanti ne ho di più io... avessi ventisei anni farei ventiseimila salti! (Ad Alessandro) Tullio Pardi è un tesoro, se non avesse queste parentesi di pazzia furiosa! Sono tre mesi che è una 'belva.

Valentina                      - L'hai già detto, mamma.

Amelia                          - Scusa, cara, bisogna essere indulgenti coi vecchi... (Guarda l'orologio) Mezzogiorno e cinque! Non faremo in tempo!

Alessandro                    - Se permettete, signora... Potrei presen­tarvi io al Direttore della Galleria... Lo conosco be­nissimo.

Amelia                          - (gratamente sorpresa) Oh... Artista an­che voi?

Valentina                      - (Ma no, mamma... Il conte è giornalista, redattore del « Tempo », di cui è anche il maggiore azionista...

Amelia                          - Oh... ma allora è una vera fortuna... Potrà farci avere dei biglietti per il teatro...

Valentina                      - Mamma...

Alessandro                    - Ma certo, signora... col massimo pia­cere... Intanto vi accompagnerò alla Galleria d'Arte... Ho l'automobile, giù.

Amelia                          - Corro a mettermi il cappello... mezzo minuto.

Valentina                      - Diciamo dieci minuti: è più onesto.

Alessandro                    - Fino all'una c'è tempo.

Amelia                          - E poi, con l'automobile... (A Valentina) Andiamo? Con permesso, conte.

Tullio                             - (entra dalla sinistra: è vestito diversamente, appare più fresco, accuratamente rasato e pettinato).

Carlo                             - (Ventiquattro anni, abito da mattina, cappello, dal fondo) (Beh? Andiamo? (Vede Tullio) Oh, ciao, maestro.

Tullio                             - Addio. Dove andate?

Carlo                             - Alla Galleria d'Arte.

Tullio                             - Ah già, devo raccomandarvi...

Alessandro                    - Non occorre. Le accompagno io.

Tullio                             - (lo fissa) Ah.

Alessandro                    - Già. (A Carlo) Permettete... Alessandro Astari... (Molto lieto.

Carlo                             - (stringendogli la mano) Fortunato...

Tullio                             - Ora conosci tutta la famiglia.

Alessandro                    - E ne sono felice.

Amelia                          - Andiamo Valentina. (Esce per il fondo).

Valentina                      - (la segue).

Carlo                             - (a Tullio) Se non ti dispiace aspetto qui...

Tullio                             - Perché dovrebbe dispiacermi? Siedi, acco­modati, accampati, bivacca.

Carlo                             - (lo fissa) Stai per mordere?

Tullio                             - (vincendo il suo malumore) Scusami, Carlo. Almeno tu abbi pietà di me.

Carlo                             - Sembri una tigre pronta a slanciarsi. (E sorride).

Tullio                             - Niente di più stupido delle tigri. Siedi. (Gli lancia U pacchetto delle sigarette) Sigaretta?

Carlo                             - (prende il pacchetto a volo, sceglie una siga­retta, siede).

Tullio                             - (ad Alessandro) E' un ragazzo di talento, questo disgraziato.

Alessandro                    - Ah?

Tullio                             - Morrà di fame.

Alessandro                    - (a Carlo) Se fossi in voi direi crepi l'astrologo.

Carlo                             - Comincio a convincermi che ha ragione, invece. Lui ch'è un artista idi genio vive perché s'è adat­tato alla scultura commerciale... Io diventerò forse ricco se riuscirò a comporre musichetta americaneggiante.

Vanna                           - (appare sulla destra, guarda Tullio, ha un gesto di dispetto) Maestro!

Tullio                             - (voltandosi) Eh?

Vanna                           - Vi siete vestito?

Tullio                             - Volevo accompagnare la signorina alla Gal­leria d'Arte...

Vanna                           - Dio santo, nemmeno oggi lavorate!

Tullio                             - Lavoro, perché il conte Astari s'è incaricato lui dell'accompagnamento. (Si toglie la giacca e la porge a Vanna) Tieni, fatti dare un camice...

Vanna                           - (esce, con la giacca, dalla sinistra).

Tullio                             - Brava ragazza... Se non mi spingesse lei... Mah! Finirò con lo sposarla!

Carlo                             - (Addirittura!

Tullio                             - Tutti i salmi finiscono in gloria. Bisogna pure decidersi a prendere una donna, ad una certa età.

Alessandro                    - (pensoso) E' vero.

Carlo                             - Non è vero.

Alessandro                    - Voi siete giovine.

Carlo                             - Ma non me ne lagno.

Vanna                           - (torna dalla ministra con un camice pulito, e lo porge a Tullio).

Tullio                             - (indossando il camice, aiutato da Vanna) Stavo facendo il tuo elogio, sai Vanna?

Vanna                           - Davvero?

Carlo                             - Diceva che finirà con lo sposarvi.

Vanna,                          - Ah! Non accetterò mai!

Tullio                             - Perché ?

Vanna                           - Vi voglio troppo bene.

Tullio                             - Quasi ci credo.

Vanna                           - Andiamo a lavorare?

Tullio                             - Aspetta che mandi via questi signori. Poi rimarremo soli e lavoreremo finche ci sarà luce.

Vanna                           - Avrei preferito che rimanesse qualcuno.

Alessandro                    - E' così pericoloso?

Vanna                           - A volte fa paura.

Tullio                             - (stupito) Ma dici davvero?

Vanna                           - Quando v'arrabbiate, sì.

Tullio                             - (l'accarezza) Ti prometto che non acca­drà più.

Alessandro                    - Cos'è accaduto?

Vanna                           - Oh... non ho il coraggio di dirlo... una cosa orribile!

Alessandro                    - (a Tullio) Come, tu fai ancora delle cose orribili?

Tullio                             - Sciocchezze... Ho strozzato una statua!

Carlo e Alessandro       - (ridono).

Vanna                           - Se aveste visto... Mi pareva che uccidesse me...

Alessandro                    - (con un brivido) Ma sei davvero un mostro, sai...

Carlo                             - Una belva pronta a slanciarsi...

Tullio                             - (ha un gesto furioso, poi si domina) Né mostro né belva... Sono un vecchio: ecco tutto.

Alessandro                    - (stupito)Un vecchio?

Vanna                           - (fissa Tullio sbalordita).

Tullio                             - Che non sa ancora rassegnarsi.

Vanna i                         - (Ma cosa dite, maestro? Vecchio voi?

Tullio                             - Non mi chiami maestro? Se fossi giovine mi daresti del tu!

Vanna                           - Ma io non oso...

Tullio                             - Appunto: non osi. In questo il guaio. Sai quanti anni ho, io?

Vanna                           - Ma... Quaranta... forse!

Alessandro                    - Senza forse. Almeno quarantadue.

Tullio                             - Ne ho cinquanta.

Carlo                             - (sbalordito) Ma cosa dici?

Tullio                             - La verità. Quarantanove anni, undici mesi e dieci giorni. Cinquanta fra tre settimane.

Vanna                           - Sembrate un giovanotto!

Tullio                             - Sembro. I nostri padri a quarant’anni ave­vano barba e pancia, aspetto serio e dignitoso, e spirito in armonia con l'aspetto. Erano vecchi e s'accorgevano di esserlo. Noi, invece... facce rase, nutrimento razionale, cure, sport... A cinquant’anni ne dimostriamo trentacinque, ci confondiamo con gli ancora giovani... E' terribile.

Alessandro                    - (con un po' di sgomento) Perché ter­ribile?

Carlo                             - Direi anzi ch'è un bene...

Vanna                           - Riuscire ancora a darla ad intendere... Pen­sate un po'...

Tullio                             - Darla ad intendere... A chi? Agli altri: non a te. Fuori la pelle è liscia, ma dentro si èvecchi!  Che sciocchezza, il sogno di Faust...

Alessandro                    - (Scusa, perché ?

 Tullio                            - Si finisce sempre con l'incontrare una Mar­gherita... ed amarla... pazzamente... poi disperato bisogno d'amore di chi si sente morire... (Ci sentiamo trascinati a fare le stesse sciocchezze dei giovani... spaventose per noi che ci vigiliamo e ci sentiamo ridicoli... E scopriamo che anche gli altri... l'altra... ci vede e ci sente ridicoli, e ride dentro di sé... Che c'è di strano se vedendo sul volto d'una statua quel terribile riso le mie mani ce­dano all'impulso di distruggere... '

Vanna                           - (atterrita) Maestro -

Alessandro e Carlo       - (si guardano spaventati).

Tullio                             - (fremente) Ho voluto fermare uno dei suoi mille aspetti... rendere eterno un attimo in cui m'era apparsa così mia... Le labbra che chiedono ed offrono un bacio, in un sorriso meraviglioso... Ma le mie dita pazze non tirano fuori dalla creta altro che quell'orri­bile riso di scherno... Le mani allora strangolano la figura oscena e deforme... il collo si schiaccia e mi sci­vola fra le dita, la testa si stacca e cade...

Alessandro                    - (terrorizzato) Tullio...

Carlo                             - (spaventato) Calmati...

Vanna                           - (dolorosa) Siete troppo stanco...

Tullio                             - (non li ha ascoltati) Pure una volta l'ho colto quel sorriso... l'ho avuto quel bacio... perché lei me li offriva, sinceramente... perché sentivo ch'erano miei, come lei era mia, tutta, corpo, sorriso... Guardate-guardatela... ditemi se c'è nulla di più perfetto... (Con un gesto violento Tullio strappa il panno che copre la colonna a sinistra: appare il pezzo di legno. Tullio ha un gesto di terrore).

Alessandro, Carlo e Vanna    - (hanno un uguale, sin­crono gesto di spavento).

Tullio                             - (smarrito, si volge a guardare i tre, col panno in mano).

Alessandro                    - (smarrito, tentando a"aiutar e Tullio) Evidentemente la statua non c’è.

Vanna                           - Non c'è... proprio così...

Carlo                             - (muovendosi verso la destra, alzando un po' la voce) La statua non c'è!

Tullio                             - Vedo anch'io che non c'è...

Alessandro                    - Forse l'hai mandata a riparare?

Tullio                             - No, ma... aspetta: ora che ricordo, l'ho fatta mettere di là nello studio... Vado a prenderla. (Esce dalla destra).

Alessandro, Vanna « Carlo    - (si guardano, imbaraz­zati, poi cominciano a muoversi disordinatamente in cerca di qualcosa da dire). ,

Alessandro                    - Strano che non ci sia, vero?

Vanna                           - Già, strano.           

Carlo                             - Molto strano.

Alessandro                    - E ancora più strano che Tullio l'abbia nello studio.

Carlo                             - Lo studio non è certo il posto adatto...

Vanna                           - Del resto è uno studio di scultura...

Alessandro                    - Ma che fa quel caro Tullio? (Chia­mando) Tallio? (Pausa) Sempre mattacchioni questi scultori!

Vanna                           - (sulle spine) Lasciano la gente nel salotto, se ne vanno di là a cercare una statua, e non tornano più! (Chiamando) Tullio?

Alessandro                    - Oh... lo chiamate Tullio? Non più maestro?

Vanna                           - E' che a volte... capite, signor conte... io... (Scoppiando) Oh, insomma, caro Stivai, spiega cos'è suc­cesso e fa calare il sipario... Io non ne posso più! (Siede affranta).

Carlo                             - (cade a sedere anche lui).

Alessandro                    - (ridiventato l'attore, si rivolge al pub­blico) Signore e signori... vogliate perdonarci... un ba­nale incidente di palcoscenico... ci doveva essere la statua e non c'è... Ninchi doveva continuare la sua scena de­scrivendoci minutamente il capolavoro... Ha tentato di rimediare inventando lì per lì che la statua era nello studio e andando a prenderla... ma dev'esser successo qualche altro pasticcio... Farò calare il sipario e...

Tullio                             - (rientrando affannato dalla destra) Mio caro conte, la statua l'ho mandata dal formatore per farne delle copie. Ora ve ne farò la descrizione come se fosse qui. Permettete intanto che copra la colonna. (Rimette il panno sulla colonna).

Alessandro                    - (pietoso) Ci diamo del voi, adesso?

Tullio                             - (sussultando) Ah già... del tu... (Ma sono così distratto. La scultura fa questi scherzi... (Fissa i tre, stupefatto).

Alessandro                    - (s'è seduto, affranto, e lo guarda sconfor­tato).

Vanna e Carlo               - (fissano Tullio scuotendo la testa).

Tullio                             - (smarrito) Co... cos'è successo?

Vanna                           - Niente... Non hanno ancora sparato sul pal­coscenico... Vedi com'è buono il pubblico?

Tullio                             - (ad Alessandro) Ma...

Alessandro                    - Eh già. Stavo per far calare il sipario quando tu sei rientrato con la trovata del formatore. Ab­biamo fatto una gran bella figura. Sipario, eh! (Pausa, poi, al suggeritore) Lo date questo segnale del sipario?

Il Suggeritore                - (dalla buca) E' un quarto d'ora che suono!

Alessandro                    - (seccato, atta destra) Volete decidervi a calare questo sipario?

Morozzi                         - (dall'interno a destra) Non c'è nessuno per calarlo!

Alessandro                    - Eh?

Morozzi                         - (e. s.) L'atto avrebbe dovuto finire fra venti minuti, e i servi di scena sono ancora all'osteria!

Alessandro                    - Venite qui... fatevi ammirare anche voi! (Lo tira in scena).

Morozzi                         - (entrando) Eccomi, signor Stivai, ma io non ho nessuna colpa.

Alessandro                    - Nessuna colpa?

Morozzi                         - La didascalia dice: una colonna di marmo coperta da un panno... La colonna c'è, e il panno anche. Io sono a posto.

Alessandro                    - Ma disgraziato! Ci voleva la statua sotto il panno!         

Morozzi                         - Bisognava specificarlo! Si doveva dire: una colonna di marmo, con statua « da scoprire », co­perta da un panno...

Alessandro                    - Ma cosa vi faceva metterci anche la statua sulla colonna?

Morozzi                         - Mi faceva che avrei dovuto pagare il noleggio anche della statua e non della sola colonna, mentre un pezzo di legno non costa nulla. In teatro tutto è finzione: è l'arte che fa sembrar vero ciò che è falso!

Alessandro                    - (gli stringe la mano) Bella battuta! Ed ora come si rimedia?

Morozzi                         - La statua l'ho mandata a prendere. Fra un quarto d'ora sarà qui.

Alessandro                    - Ed io cosa racconto al pubblico du­rante questo quarto d'ora?

Morozzi                         - Scusate, ma è un affare che non mi riguarda. Io faccio il direttore di scena, non il primo attore. Con permesso, ho da fare.

Alessandro                    - Andate, andate... E un'altra volta state attento alle prove!

Morozzi                         - (esce dalla destra).

Alessandro                    - Ed ora che facciamo?

Vanna                           - Visto che non ci hanno ancora lanciato nes­sun pomodoro, tiriamo avanti... Tassani potrebbe suo­nare, io e te fare un balletto...

Carlo                             - Ah, io suono in scena solo se c'è il maestro che suona dietro le quinte!

Alessandro                    - Ha ragione! E poi cosa farebbe Ninchi?

Vanna                           - Potrebbe battere il tempo con le mani e fare ih ah... ogni tanto.

Tullio                             - Grazie per la gran parte.

Vanna                           - Ho espresso un'opinione.

Tullio                             - L'ho sempre detto che questa commedia era troppo complicata... Che bisogno c'è di fare della psicologia...

Alessandro                    - (con lieve enfasi) Non soltanto psico­logia... La descrizione della statua, tutti quei particolari tecnici sulla scultura sono forse un po' pesanti, ma la grande scena fra noi due è bellissima, e all'entrata della Cellini è davvero impressionante...

Tullio                             - Troppo drammatica. (Recitando) Quest'at­timo meraviglioso io l'ho fermato nel marmo! Ogni volta che quest'attimo ritornerà nella mia esistenza quella donna sarà mia!

Valentina                      - (appare sul fondo, col cappello e la pel­liccia, terminando d'infilarsi un guanto) Quale donna, maestro ?

Amelia                          - (segue Valentina, cappello, pelliccia) Avete finalmente una donna vostra?

Tullio, Carlo, Alessandro e Vanna     - (guardano co­sternati Valentina e Amelia).

Alessandro                    - (al pubblico) Questo significa entrare sulla battuta di soggetto. Al «sarà mia » di Ninchi dove­vano entrare Giana Cellini e Gina Sammarco, e non hanno tardato un secondo. Sono attrici preziose.

Valentina e Amelia       - (sono sbalordite).

Valentina                      - Ma cos'è successo?

Vanna                           - Scatascio: disastro.

Amelia                          - S'è fermata la commedia?

Vanna                           - Pare di sì.

Amelia                          - (scoppiando a piangere) Oh Dio santo!

Valentina                      - Cosa c'è?

Amelia                          - Io che m'ero fatto questo vestito proprio per questa scena!

Alessandro                    - La riprenderemo... appena arriva la statua...

Amelia                          - Sì... dopo che s'è sciupato tutto l'effetto... Andate a spender soldi, sacrificatevi per i capocomici, arricchite le sarte: ecco cosa si guadagna...

Alessandro                    - Calmati, Ginotta, vieni avanti, siedi e sorridi... E tu, Giana, coraggio e aiutaci. Finché voi sorridete tutto può ancora salvarsi. Anche tu, Tilde, fa' vedere i dentini...

Vanna                           - (sorride di scatto)

Alessandro                    - Ma no, santo Cielo, un sorriso vero... sembri la pubblicità d'un dentifricio... (Vanna sorride giusto) Oh, meno male... (Al pubblico) Non c'è niente di strano se ci diamo del tu... Gli attori si danno tutti del tu, di solito. Quando, dopo due o tre giorni dalla riunione, s'insiste ancora sul voi, allora si, è segno che gatta ci cova... Nelle grandi Compagnie... non nella nostra, di giovani... noi siamo piccoli e c'ingrandiamo soltanto della nostra speranza di crescere... Nelle grandi Compagnie, dicevo, si dice sempre voi, però... Bacia­mani, inchini... Signora, come avete dormito? Bene grazie, signor attore, e voi?

Amelia                          - Frasi inutili: lo sanno benissimo come hanno dormito, tutti e due!

Valentina                      - Oh... datemi tutti del tu, d'ora in poi-Anche voi, flMinchi, per favore...

Tullio                             - Ma sì, cara... Come hai dormito?

Vanna                           - E falle una domanda meno stupida, no?

Tullio                             - Ho cercato di dir qualcosa... Io non ho lo spiritaccio di Stivai che sta parlando da un quarto d'ora a soggetto... Mi ci vuole una battuta, magari cre­tina, ma mi ci vuole!

Carlo                             - Certo, senza testo non so com'è possibile continuare...

Valentina                      - Bravo, Tassani, dite qualcosa anche voi, così la scena non si raffredda...

Carlo                             - Vi pare, signorina, faccio del mio meglio per aiutare la barca, ma anche voi...

Alessandro                    - (fissando Tullio, Vanna e Amelia) Si danno del voi!

Valentina                      - Oh Dio, Tassani, parla... Dammi del tu!

Carlo                             - Ma sì, cara... Come stai?...

Valentina                      - Bene grazie, e... tu?

Carlo                             - Non c'è male... Come va il biroccio?...

Alessandro                    - Dite qualcosa di più spirituale, se vi riesce...

Carlo                             - (a Valentina) Che ne dici della commedia? Ti piace la parte?

Valentina                      - Oh, la parte... Per quella ch'è ridotta la mia parte, dopo quest'incidente...

Amelia                          - E la mia!

Valentina                      - La Mercandalli è riuscita a dirla quasi per intero... Tutte le lodi saranno per lei, domani!

Alessandro                    - Non cominciamo a discutere le parti, adesso... Un vero attore non se ne lagna mai!

Valentina                      - Sì, parlate voi, ora... cioè, parla tu! Le migliori le arraffa sempre lui...

Alessandro                    - Scusa, è colpa mia se le parti per uomo sono in maggioranza?

Valentina                      - Voi uomini state sempre intorno agli autori, scrivimi questo, scrivimi quest'altro... ed ecco perché vi favoriscono!

Alessandro                    - Potreste darvi da fare anche voi donne!

Valentina                      - Vai, vai, che nel teatro la donna è sem­pre sacrificata!

Amelia                          - Per avere una paga decente si deve urlare tutta l'estate! Poi tutto se ne va fra sarte e modiste...

Valentina                      - Si avesse almeno la soddisfazione di recitare... Di « Signore dalle camelie » ne vien fuori una al secolo!

Amelia                          - Ogni cosiddetta rivoluzione teatrale si ri­solve a beneficio degli uomini... Il grottesco porta avanti il primo attore, il giallo mette in candeliere l'ispettore e l'assassino...

Alessandro                    - Scusa: « Il processo di Mary Dugan » è per donna...

Valentina                      - Già, col fratello protagonista! Andiamo!

Alessandro                    - Io dico che anche con una parte pic­colissima un vero artista può farsi valere.

Amelia                          - Sì, la conosciamo questa storia... E ne siamo stufe!

Alessandro                    - Vuoi scommettere che una battuta si può dire in dieci modi differenti, variandone signifi­cato, importanza, carattere?

Valentina                      - Da quando stai nel Teatro Moderno sei diventato possibilista.

Alessandro                    - (balzando) Eh? Cosa, scusa?

Valentina                      - Possibilista... Credi tutto possibile, come il principale... Lui però se ne scappa al caffè le sere di prima, e si fa telefonare i risultati, mentre noi stiamo qui a tribolare!

Alessandro                    - Dammi una battuta qualunque e ti farò vedere in quanti modi si può dirla. (Valentina tace) Avanti: la battuta più facile e insignificante... la prima che ti viene in mente.

Valentina                      - Oggi rimango a casa... e magari ci fossi rimasta!

Alessandro                    - Oggi rimango a casa o magari ci fossi rimasta?

Valentina                      - Oggi rimango a casa!

Alessandro                    - Benissimo. Stai attenta. (A Vanna, sem­plicemente) Oggi rimango a casa. (A Valentina) E uno. (Ad Amelia, come per dire: Oggi pretendo rimanere a casa e basta!) Oggi rimango a casa! (Finge d'aprire un'immaginaria finestra, tende la mano per vedere se piove, poi, a Carlo, come per dire: Oggi sto in casa, tanto è cattivo tempo) Oggi rimango a casa. (Mette la mano davanti alla faccia come uno specchio, si guarda la lingua, poi scuotendo la testa) Oggi rimango a casa! (Piegandosi teneramente su Vanna, pieno di languore, invitando) Oggi rimango a casa...

Valentina                      - Oh Dio!

Alessandro                    - (saltellando come un bambino, tutto con­tento, canterellando) Oggi rimango a casa! Oggi ri­mango a casa!

Valentina                      - Cos'è quest'ultima sublime interpreta­zione?

Alessandro                    - Pierino, che ha saputo che il maestro s’è rotto una gamba e che quindi non va a scuola!

Tullio                             - (a Carlo) Vedi? Spiritaccio... E' capace d'andar avanti altre due ore così.

Vanna                           - Quando il pubblico non spara...

Amelia                          - Scusa, perché dovrebbe sparare? Diver­tente lo è, senza dubbio; mi sto divertendo anch'io...

Amelia                          - Chi s'interessa si diverte.

Carlo                             - Il teatro non è solo divertimento...

Tullio                             - Scusa, Aristofane divertiva...

Valentina                      - Ma interessava, anche.

Amelia                          - Chi s'interessa si diverte.

Tullio                             - Stavo per dirlo io... Curioso, ora parlo anche senza testo... Il fatto vero è che a teatro bisogna interessare, facendo ridere o piangere... E non posso soffrire le commedie che pretendono di trasformare la platea in aula e il palcoscenico in cattedra. Chi vuole istruirsi vada all'università... Che bisogno c'era di metter su questa commedia che si limita a descrivere l'anima d'uno scultore eccezionale, l'anima d'una ragazza ecce­zionale, l'anima... uff! La migliore commedia del mondo è quella che racconta un fatto, senza fronzoli!

Alessandro                    - (con una certa sufficienza) Vedi, Ninchi... arrivato ad una certa età, e rappresentato un certo numero di commedie col fatto dentro, solide, quadrate, coi ruoli a posto, commerciali, insomma... un autore « deve » scrivere un lavoro polemico, una di quelle commedie pensose, accorate...

Tullio                             - Scocciantissime e pesanti...

Alessandro                    - ... ma piene di significati, magari re­conditi. Anzi più il significato è recondito più è impor­tante la commedia.

Valentina                      - Certo, ci sono autori che diventano ce­lebri per aver scritto delle cose che nessuno capisce.

Alessandro                    - Vedi? Un lavoro del genere è d'ob­bligo scriverlo per un autore, come per un attore che si rispetti è d'obbligo metter su un « Amleto » ad un certo punto della sua carriera. Un lavoro del genere è, in sostanza, tutto quanto l'autore avrebbe voluto scri­vere e non ha saputo. Il creatore vero crea, infischian­dosi delle resistenze esterne, supera modi, forme, tradi­zioni: se ha il capolavoro dentro lo mette fuori, e ci muore sopra, nel caso. Ma se dentro ha solo l'embrione del capolavoro, non mette fuori che una commedia pole­mica, che dimostra, e magari convince, ma col ragio­namento, non con la possente persuasività del fatto. Ora io mi domando: è arte teatrale la polemica? Nel sì o nel no sta tutto il problema.

Valentina, Tullio, Amelia, Vanna e Carlo     - (si guar­dano stupiti).

Valentina                      - (dopo una pausa, ad Alessandro) Scusa, non ho capito bene. Vuoi ripetere?

Alessandro                    - E' una parola! Chi si ricorda?

Morozzi                         - (entrando affannato dalla destra) Ecco la statua. (E porge qualcosa avvolta in un giornale, legata con uno spago rosso).

Alessandro                    - Benissimo. Riprendiamo dal punto interrotto.

Valentina                      - Benone, così la rappresentazione finisce alle due.

Tullio                             - Come vuoi fare? L'azione deve svolgersi...

Vanna                           - Per me io ho quasi finito...

Carlo                             - Già, ma io ho tutta la scena con lo scultore...

Valentina                      - Ed io tutta la scena con mio fratello...

 Alessandro                   - La sola scena veramente importante è la mia...

Valentina                      - Eccolo: sentite?

Alessandro                    - La mia con la Sammarco, eppure pro­pongo di tagliarla...

Amelia                          - Lo sapevo che finiva così!

Alessandro                    - Spieghiamo brevemente cosa succede e attacchiamo il finale...

Valentina                      - Ma sì, è meglio... A quest'ora, ormai...

Amelia                          - Non so come il pubblico possa capire il finale senza aver visto quello che lo prepara!

Alessandro                    - Scusa, le battute ci sono, no? Basta dirle bene!

Amelia                          - Ma l'atmosfera drammatica? Come fai a formarla di nuovo?

Alessandro                    - Cara, quella se c'è c'è, e se non c'è Dio ce la mandi buona... (Alla buca) Vieri, passate al finale...

Vieri                              - (dalla buca) Già fatto.

Morozzi                         - Ed io?

Alessandro                    - (severo) Voi riportate la statua dove l'avete presa!

Morozzi                         - (esce dalla destra con la statua).

Alessandro                    - (al pubblico) Un pò d'attenzione, si­gnori... Dunque, qui c'è uno scultore, innamorato pazzo d'una signorina. Lui cinquant’anni, lei (indica Valen­tina) ventisei. Nessuno sa di questa folle passione, scoppiata dieci anni prima. Valentina ha subito il fascino dell'artista: tutte le curiosità, le inesperienze, le impa­zienze della sedicenne l'hanno portata a darsi, ma in dieci anni è diventata donna attraverso il travaglio di questo amore segreto e bruciante. L'artista non è più che un uomo per lei, e un uomo di cinquant'anni. In Tullio invece l'amore non fa che divampare sempre di più: la tenerezza è diventata tempesta, uragano. La di­stanza fra lui e Valentina aumenta ogni giorno: egli la sente, l'indovina. Tremando le ha detto un giorno: non pretendo che tu leghi la tua vita alla mia. Quando sarai stanca dimmelo. Saprò affrontare con serenità il terribile momento della separazione. E questo momento è venuto. Un amico dello scultore, il conte Alessandro Astari, giornalista, di dieci anni più giovine di Tullio, ha notato quella figura soave di donna, se n’è innamo­rato profondamente, vuole sposarla. Non sospetta della tresca: nessuno lo potrebbe. Si confida con Tullio, lo prega d'aiutarlo, di chiedere, per lui, la mano di Valentina alla madre. Lo schianto dello scultore è terribile: la vecchiezza che sente in se e che si sforza di tener nascosta, ora sembra che affiori. E' improvvisamente in­vecchiato: ha la sua età... dieci... quindici anni gli sono piombati sulle spalle in pochi secondi...

Valentina, Amelia, Carlo e Vanna     - (durante la bat­tuta di Alessandro sono usciti di scena quasi inosservati, uno per volta).

Tullio                             - (si è seduto, sconvolto da un terribile dolore: è un po' curvo, le mani gli tremano leggermente).

Alessandro                    - (fissa Tullio, poi, con dolcezza) Il mio racconto ti ha sorpreso.

Tullio                             - (reprimendo lo strazio) Ti... ti confesso di sì...

Alessandro                    - Parlerai a sua madre?

Tullio                             - Sì...

Alessandro                    - Quando?

Tullio                             - Quando vorrai...

Alessandro                    - Subito. L'indugio è diventato un sup­plizio:.. Bisogna finirla...

Tullio                             - Sì... finirla... è terribile aspettare... illu­dersi in un'attesa straziante... Una sola cosa voglio chie­derti... Lei... ti ama?

Alessandro I                 - Mi ama.

Tullio                             - Lo credi... o te l'ha detto?

Alessandro                    - Me l’ha detto.

Tullio                             - (s'alza con sforzo, e vacilla).

Alessandro                    - (fa per sorreggerlo).

Tullio                             - Oh... sciocchezze... il cuore... bisogna star attenti al cuore.

Alessandro                    - Non sapevo che soffrissi...

Tullio                             - Nemmeno io credevo di dover soffrire tanto...

Valentina                      - ((entra dal fondo, senza cappello, è un po' inquieta, si (ferma guardando i due).

Alessandro                    - (la fissa, estatico) Valentina...

Tullio                             - (vacilla).

Valentina                      - (allarmata, a Tullio) Ma... cos'avete?

Tullio                             - (riprendendosi) Niente... nulla... sciocchez­ze (La guarda, poi guarda Alessandro).

Alessandro                    - (ha capito che Tullio vuol parlare a Va­lentina, e chiede a questa) La mamma è in casa?

Valentina                      - Sì.

Alessandro                    - Allora salgo a salutarla... e torno su­bito... Tullio ha qualcosa da dirvi...

Valentina                      - (sussulta, fissa prima Alessandro, poi Tullio).

Alessandro                    - (esce dal fondo).

Valentina                      - (ha seguito con lo sguardo Alessandro: ora è turbata, fissa Tullio).

Tullio                             - ((la guarda, cupo, poi) Così... è finita...

Valentina                      - (senza guardarlo) E' finita.

Tullio                             - Lo ami?

Valentina                      - Si.

Tullio \                           - (E stanotte... sei stata ancora qui.

Valentina                      - (ostinata) Lo ani».

Tullio                             - Come ogni notte... scivolando come un'om­bra fra porta e porta, nel camice nero del pretesto di lavoro, in punta di piedi sulle suole di gomma.,.

Valentina                      - Lo amo!

Tullio                             - Non lo ami. Non ami più me, non puoi amare nessuno. Tutto l'amore che avevi l'hai dato a me, nel tuo cuore non c'è più niente. Cosa vuoi, cosa speri di trovare in lui? Nulla.

Valentina                      - Nulla? Un nome, una casa, una posi­zione... non e nulla, questo, per te?

Tullio                             - Io son pronto a sposarti: lo sai...

Valentina                      - (Non è possibile... sospetterebbero, sco­prirebbero... Mi ricordano tutti con le vestine corte e il nastro fra i capelli... Sarebbe come confessare un incesto.

Tullio                             - Confessa che non mi ami, invece.

Valentina                      - Non ti amo.

Tullio                             - Ed io ti amò sempre. Ti voglio tanto bene. Più di quanto tu possa immaginare, più di quel primo istante in cui vidi nel tuo sguardo che potevo osare... Ti toccai la mano e tu me la stringesti... ti presi... ti sollevai come una piuma, ti tenni sulle braccia, distesa, e t'accostai alla bocca quasi senza chinar la testa, e sentii 1^ tua pelle e i tuoi capelli sugli occhi e sulle labbra... E ancora oggi, come allora, ti voglio tanto bene.

Valentina                      - Mi dicesti d'essere franca e leale, di non mentire. Mi promettesti di non trattenermi per forza.

Tullio                             - Non voglio trattenerti per forza.

Valentina                      - Non puoi trattenermi diversamente... Io debbo andarmene, ne ho il diritto, voglio vivere!

Tullio                             - E non hai vissuto con me? Non vivi? Ma sai tu cosa sia possedere l'amore sconfinato d'un uomo? Sai tu quale forza è quest'amore, quanta vita può darti?

Valentina                      - Anche lui mi ama.

Tullio                             - Ti ama e non s'è accorto di nulla? Ti ama e non è geloso di me? Ma io sentii il pericolo dal primo istante e subito ti dissi di non mentirmi, d'esser franca e leale con me... Non te l'avevo mai detto prima.

Valentina                      - (cupa) Non ho più sedici anni. Non sono più una bimba, ma una donna che si sente già invecchiare...

Tullio                             - Come bestemmi...

Valentina                      - (c. s.) Non ho più bisogno d'un fuoco divoratore.... Forse non lo resisterei più: sento che dav­vero ho dato a te tutti gli eroismi di cui ero capace... Oggi m'occorre un fuoco tranquillo, sicuro...

Tullio                             - Ed io non sono sicuro... sono vecchio! Ed in questo momento lo sembro ancor di più... Sento tre­marmi le mani... le mani che pure hanno chiuso la tua maledetta bellezza in certo forme... (Indica intorno, accenna alla destra) Guarda... guardale, guardati... In tutta l'opera mia non ci sei che tu, la tua nudità al­lucinante che io conosco come nessuno conoscerà mai. Tu sei cosa mia, anima, corpo, arte, bellezza, tutto... m'appartieni, per quello che sei stata per me, per quello che t'ho dato!

Valentina                      - (sdegnosa) Cosa m'hai dato?

Tullio                             - La mia vita!

Valentina                      - (c. s.) La tua vita era già finita quando i tuoi occhi stanchi m'hanno guardato la prima volta come una donna...

Tullio                             - (atterrito) Valentina...

Valentina                      - No, parlerò io, ora. Tu non vuoi ac­corgerti del dolore che anch'io soffro... Non hai avuto pietà di me, io non ne avrò per te... Sì, io avevo sedici anni quando m'innamorai pazzamente di te che ne avevi quaranta... Fosti il mio primo amore ed ero per te l'ultimo. Io nascevo appena, tu stavi già per dare un addio alla vita... Hai preso la 'mia giovinezza, te la sei innestata nel sangue, sei rinato, ritornato giovine, forte, maschio, hai ripreso a lavorare, hai espresso il capolavoro, hai riempito il mondo del tuo nome e della tua opera, sei diventato Tullio Pardi... Di chi è tutta questa vita? (Mia, tutta mia! La lacrima che hai messa nello sguardo dell'Amante abbandonata l'ho pianta io, la prima volta che m'hai fatto soffrire! Il sorriso di gioia sulle labbra della Baccante era sulla mia bocca, quando la mia passione m'ha sollevata fino alla follia... La fronte pensosa dell'Attesa è la mia: la mia attesa, a volte lunga, piena di paure... Tu an­davi alle Accademie, e nelle Gallerie a inchinarti alla Gloria, io t'aspettavo notti intere alle volte, giungendo all' aberrazione di godere la mia sofferenza... Avevo ancora delle riserve di giovinezza, avevo ancora qualche goccia di sangue fresco nelle vene! Ora non più: son vecchia, la bella e fresca corteccia d'un frutto mar­cito dentro; hai preso tutto di me, non c'è più nulla, non ho nient'altro da darti, e niente da prendere da te! Sono una pianta malata, ho bisogno d'un'altra terra... Debbo andare, tentare... Non ti chiedo che di lasciarmi vivere... e t'ho dato tanta vita, io... tutta la vita che avevo.

Tullio                             - (è atterrito, ancora più curvo, ancora più invecchiato e tremante. Dopo una pausa, con rancore)Vattene.

Valentina                      - (lo guarda, poi fa per muoversi).

Tullio                             - (Non mi dici nemmeno addio?

Valentina                      - (si ferma, esitante, poi gli corre incontro).

Tullio                             - (tende le braccia, i suoi occhi sembrano al­lucinati, splendenti di febbre).

Valentina                      - (commossa) Mio povero Tullio... (Lo bacia).

Tullio                             - (la ghermisce come una preda, la stringe furiosamente, la bacia).

Valentina                      - (tentando di liberarsi dopo la pausa) Lasciami andare, ora.

Tullio                             - (è impazzito) Un bacio, prima!

Valentina                      - Te l'ho dato...

Tullio                             - Un altro!

Valentina                      - (lo bacia di nuovo, fa per staccarsi da lui).

Tullio                             - (trattenendola) Questo non è un bacio...

Valentina                      - (intimorita) Non è un bacio?

Tullio                             - (c. s.) Non è un bacio d'amore... come quelli che tu sai dare, che io conosco... (La stringe).

Valentina                      - (atterrita) Tullio...

Tullio                             - (stringendola) Sulle tue labbra io voglio un altro sorriso... non questo di scherno... di paura...

Valentina                      - (terrorizzata) (Ma tu mi fai paura...

Tullio                             - (ferocemente) Ah io ti faccio paura... Io ti faccio paura... (L'afferra per il collo, la getta sul divano, la strangola).

Valentina                      - (resiste qualche istante, poi s'abbandona, è morta).

Tullio                             - (lascia il corpo esanime: le mani sono an­cora atteggiate a stringere, le dita convulsamente con­tratte) Valentina... perdonami... Non posso averti fatto tanto male... Ti voglio tanto bene... (Le s'ingi­nocchia accanto, la stringe disperatamente) Valentina... Rispondimi...

Alessandro                    - (viene dal fondo, si ferma sbalordito vedendo Tullio inginocchiato accanto a Valentina ri­versa) Ma... (Accorre presso i due) Cos'è successo?

Tullio                             - (allucinato) E' morta...

Alessandro                    - (con un grido) Morta?

Tullio                             - (c. s.) Le volevo tanto bene...

Alessandro                    - (si precipita su Valentina, la scuote, os­serva, vede, indovina, fissa Tullio con orrore) Tu... l'hai uccisa...

Tullio                             - (istupidito dal terrore) Le volevo tanto bene... le mie mani si sono strette non so come... era una statua... la mia ultima statua... Volevo un sorriso sulla sua bocca e non potevo fermarlo...                     

 Alessandro                   - (cava fulmineamente la rivoltella).

Tullio                             - Sì, uccidimi... (Le voglio tanto bene... (Mette un braccio sulla morta, con infinita tenerezza) Uccidimi... vicino a lei... con lei...  

Alessandro                    - (spara. Il colpo non parte. Spara di nuovo, e il colpo non parte nemmeno la seconda volta. Alessandro s'indispettisce, tira e spinge la pistola, si arrabbia, prova di nuovo a sparare: ma il colpo non parte. Allora fissa smarrito Tullio).

Tullio                             - (è sconcertato, guarda Alessandro, poi, come suggerendo) Strangolami...

Alessandro                    - (fuori di se) Ma che strangolare... Sei il doppio di me... è ridicolo...

Valentina                      - (rialzandosi) Ma cos'altro e'è?

Alessandro                    - (furibondo) Ce.., c'è... (mostra la pistola) c'è che ci dev'esser qualche iettatore in giro! (Urlando) Morozzi!

Morozzi                         - (entrando a precipizio per la destra) Eccomi!

Alessandro                    - Non avete caricato la pistola?

Morozzi                         - Io? Vorrete scherzare!

Alessandro                    - E com’è che non spara?

Morozzi                         - (prende la pistola, l'esamina, poi ha una espressione indignata) Ma se non togliete la sicura, Dio santo!

Alessandro                    - Se l'ho spostata venti volte! E' scarica!

Morozzi                         - Scarica? (Prova la pistola, e, senza vo­lerlo, fa partire il colpo: guarda Alessandro confuso, poi) Guardate un po' se era scarica!

Tullio, Valentina e Alessandro          - (sono costernati, hanno un gesto di sconforto).

Alessandro                    - (s'asciuga la fronte madida) T servi di scena sono tornati?

Morozzi                         - In questo momento.

Alessandro                    - E allora giù il sipario. Il troppo è troppo. (Al pubblico) Signori... scusateci.

FINE