GIACOMO ROMANO DAVARE
«TORNA A VOLARE LIBERO, GABBIANO!»
Dramma in 2 atti
(5 M - 5F)
personaggi (in ordine di apparizione):
San Benedetto
Maestro
Scolastica
Don Giacomo
Marianna
Ester
Massimo
Carla
Anna
Vittorio
Totila
Nutrice
Servitore
Benedetto
Giorgi
Donna Elena
PRECISAZIONI SULLE PARTI DA ASSEGNARE
Uno stesso attore interpreterà ciascuna delle doppie parti sottoelencate:
San Benedetto - Vittorio
Scolastica - Marianna
Maestro - Don Giacomo
Scudiero - Massimo
Nutrice - Donna Elena
Totila - Giorgi
Ciò per meglio far intendere la trasposizione delle problematiche
della vita del Santo nella vicenda attuale.
ATTO PRIMO
– QUADRO PRIMO –
SCENA PRIMA
(Sipario chiuso - si diffondono le note di un organo)
SCENA SECONDA
– QUADRO PRIMO –
(Sulla sinistra, illuminata, una pedana chiusa da un fondalino rappresentante
un ambiente della Roma postimperiale. Il resto della scena è completamente in penombra).
Maestro, Benedetto, coro
CORO
Vai Benedetto. Questa scuola non è più vera maestra di vita. O
forse lo è fin troppo: specchio dei suoi fini materiali, mercato dell’effimero,
palestra della non comunicazione. Una scuola priva di
etica, trappole di anime.
SAN BENEDETTO
Maestro, sono venuto a salutarvi. Ho deciso di togliermi i calzari e
ritirarmi sui colli in eremitaggio.
MAESTRO
Addio! Benedetto. Mi sento colpevole. Me ne sono rimasto inerte
lasciando che la rassegnazione rodesse in me, fino all’ultima oncia,
l’entusiasmo. E dopo l’entusiasmo presto si perde anche la fede. Va,
e ricordami nelle tue preghiere. (Abbraccerà l’allievo e, poi, uscirà
di scena)
CORO
Vai Benedetto! Questa società, irriverente ed intollerante non ti
appartiene. Vai tra i colli, alla sorgente dei fiumi, a cercare se esiste
ancora uno zampillo dell’acqua che Mosè ebbe da Dio. In tempo di
barbarie occorre che uomini puri e generosi portino in salvo le loro
anime. Nelle profondità delle loro cristalline coscienze verranno
custodite la civiltà e la vita ad immagine d’uomo, dell’uomo di Dio.
SCENA TERZA
Scolastica, Benedetto, coro
SCOLASTICA
(facendosi incontro a Benedetto) Benedetto! Mi hanno detto che hai
deciso di partire per luoghi solitari abbracciando la regola dei frati
anacoreti e disperavo ormai di vederti.
SAN BENEDETTO
Si!, ma parla, vedo che vuoi dirmi qualcosa.
SCOLASTICA
Ad Affile la popolazione continua a mostrare meraviglia per il risanamento
del vaglio rotto. La cara nutrice lo racconta a tutti dicendo
come abbia visto i cocci ricomporsi senza che tu nemmeno li toccassi.
SAN BENEDETTO
Mi sono lasciato commuovere dalle lacrime di quella donna, ma ora
quasi mi pento. Non bisogna desiderare di essere chiamato Santo
prima di esserlo davvero, né amare troppo le chiacchiere. Come vedi
è giusto che io mi ritiri in contemplazione per ricercare il vigore del
cuore che mi faccia capace di attendere un mondo nuovo, diverso,
che aspetta la sua ora. Addio Scolastica. (abbraccerà la sorella)
SCOLASTICA
Addio fratello caro.
(dopo che sarà uscito San Benedetto)
Io ti sarò vicino con la mia anima. E pregherò il Signore perchè mi
dia la forza di mantenere puro il mio cuore.
(con commozione e trasporto)
Dammi la forza Signore di saper concepire un amore puro, un
amore vero. Vedi che la mia vita è vuota, aiutami Signore, ti prego
dammi la forza Signore...
(scoppierà in lacrime)
SCENA QUARTA
– QUADRO SECONDO –
Si accenderanno le luci attorno alla scena evidenziando un tipicoambiente da sacrestia dove è stata ricavata una pedana per provedi teatro.
Marianna, Don Giacomo, Massimo, Carla, Anna, Ester
DON GIACOMO
(precipitandosi verso l’interprete di Scolastica) Cosa c’è Marianna?
MARIANNA
(alquanto confusa e smarrita) Non lo so. E che ho avvertito una
fitta qui, al cuore, che mi ha scatenato un’irresistibile voglia di
piangere.
DON GIACOMO
Adesso siedi. (la farà accomodare su una delle sedie predisposte al
lato destro della pedana)
MARIANNA
Scusate. Proprio non riesco a spiegarmi cosa mi sia successo. Ma
mi sento già meglio. (gli altri ragazzi rimarranno in piedi indecisi
sul da farsi)
DON GIACOMO
Bene, le prove sono sospese. (si rivolgerà all’interprete di San
Benedetto) Bravo Vittorio. Non dimenticare mai di essere contenuto
nei movimenti. Non devi pensare a quello che farai o a come ti
muoverai. L’importante è che tu senta dentro quel senso di equilibrio
spirituale, mistico che San Benedetto aveva ormai acquistato.
Il personaggio va creato dal di dentro; puntando solo sull’atteggiamento
esteriore si finisce più che che altro per farne una parodia.
VITTORIO
Vado a cambiarmi.
DON GIACOMO
Sì, andate a cambiarvi. Poi andate pure a casa. Proveremo domani.
VITTORIO
Marianna, tu non vieni?
MARIANNA
(alzandosi quasi di soprassalto, essendo intenta a pensare) No, io
mi fermo ancora un pò con don Giacomo, (rivolta al prete) se posso.
DON GIACOMO
Certo che puoi, accompagno i ragazzi e sono da te. (don Giacomo
e i ragazzi abbandonano la scena)
MARIANNA
(prende tra le mani il copione e incomincia a leggere a voce alta)
Dopo aver osservato una quaresima di penitenza, Benedetto entra in
Cassino e sceglie con i suoi seguaci un posto dove si erigevano
simulacri pagani che fa abbattere... Quindi adattando i vecchi edifici
ed elevandone dei nuovi, dà dimora ed assetto ai suoi monaci, fondando
quel cenobio che per i secoli a venire sarebbe stato custode
delle sue spoglie mortali e monumento della saldezza e della validità
della sua opera. (tolti gli occhi dal copione, Marianna si addormenta
mentre le luci si attenuano su tutta la scena)
SCENA QUINTA
(Attraverso un telo si intravede di profilo un chiostro benedettino;
voci e illuminazioni sono tali da rendere l’atmosfera di sogno)
Voce del Lettore - Umili e potenti accorrono a Monte Cassino attratti
dal fascino che emana quell’uomo fermo e deciso che offre certezza
e la incardina nella sua regola mentre diritto e istituzioni politiche
sembrano divorziare dall’umano per farsi strumenti dell’arbitrio,
delle barbarie, del potere. Perfino Totila, nell’autunno del 542,
trova il tempo, tra una scorribanda e l’altra, di dare un’occhiata
curiosa sul monte. Per schernire il frate invia al suo cospetto il proprio
scudiero facendogli indossare i suoi abiti. Ma San Benedetto
non si lascia trarre in inganno.
Voce di San Benedetto - Deponi, figliolo, ciò che hai indosso, non
è roba tua.
Voce del Lettore - Lo scudiero torna impaurito da Totila dal quale
viene rimproverato.
Voce di Totila - Buono a nulla, andrò io stesso da questo che chiamano
«l’uomo di Dio» e, per i miei avi, lo costringerò ad inginocchiarmisi
davanti.
Voce del Lettore - E così Totila, recatosi personalmente a Monte
Cassino, si fece introdurre al cospetto del Santo.
TOTILA
(indossa i costumi tipici dell’epoca) Ascolta fraticello, fra qualche
giorno entrerò in Roma e distruggerò i templi degli dei, il foro, la
vestigia di una civiltà che ha dominato il mondo. Una civiltà che ha
potuto contare su guerrieri, potenza, condottieri quali Cesare. (Con
un sorriso ironico) Tu sei protetto da un leggerissimo saio. (Con
tono di nuovo burbero) pensi sia una corazza sufficiente per la
punta della mia spada? Pensi che queste mura possano resistere alle
mie catapulte? E i tuoi macilenti monaci alla furia dei miei guerrieri?
Si dice di te che sei un uomo potente, fammi vedere i tuoi soldati
e le tue armi affinché anch’io possa dire che sei potente.
SAN BENEDETTO
(è impersonato dall’attore che interpreterà Benedetto, ma appare
invecchiato e indossa il saio a maniche larghe come nelle immagini
sacre) Se la potenza è commisurata al potere distruttivo, ebbene
tu sei un uomo potente. Ma a che ti vale tanta potenza se sei incapace
di preservare dalla morte i tuoi cari?
TOTILA
Le tue parole non mi sono chiare. Spiegami più chiaramente il
significato.
SCUDIERO
(entrando di corsa) Maestà, vostra figlia è annegata nel lago.
TOTILA
(afferrando minacciosamente lo scudiero) E voi cosa facevate? perchè
non gliel’avete impedito? Vi farò uccidere tutti!
SAN BENEDETTO
(rimane assorto, in pensiero. La scena si blocca in un quadro plastico
mentre, registrata, si ode la voce del santo che fisserà lo spettatore
senza muovere le labbra) Morte! Solo questo valore conosce
la vostra generazione. Da una parte la corruzione, il vizio, il cattivo
esempio, il mal governo; e dall’altra la violenza irrazionale, l’irrascibilità,
il disprezzo per ogni valore. Ma Dio porge sempre un’arca
agli uomini di buona volontà con cui rinnovare il suo patto di
amore. E quell’arca porterà in salvo anche questa volta i valori dell’uomo,
la sua essenza prima.
TOTILA
(fuori di sè) Tu: mostrami la forza del tuo Dio.
13
NUTRICE DI TOTILA
(appare come dal nulla, all’improvviso, come gli altri personaggi)
Sciagurato! Non ti accorgi di essere nella mani di Dio? Solo Lui
può ridare l’anima agli uomini. Neanche la morte di tua figlia è
capace di scuotere il tuo cuore di pietra? Invece di minacciare, inginocchiati
e chiedi perdono per i tuoi peccati. (rivolta a san
Benedetto) E tu, uomo di Dio, ti supplico, restituisci alla vita quella
innocente creatura.
SAN BENEDETTO
Queste azioni spettano ai Santi Apostoli, non alle nostre povere forze.
Perchè vuoi impormi un peso che non sono capace di portare?
NUTRICE
No, uomo di Dio, tu puoi! Dio è con te. Ho saputo che permettesti
al tuo discepolo Mauro di camminare sulle acque del fiume affinché
potesse prendere un fanciullo che le onde stavano trascinando
via. Ti supplico, uomo di Dio, in nome dell’anima innocente di
quella fanciulla. Di sicuro ella è punita per le colpe dei suoi avi;
ebbene io sono pronta a prendere su di me le ire del tuo Dio al posto
di quella creatura.
SAN BENEDETTO
Sei una donna pia. Il nostro non è un Dio vendicativo ma infinitamente
misericordioso. Dov’è la fanciulla?
SCUDIERO
Il suo corpo giace esanime alle soglie del monastero.
SAN BENEDETTO
(Inginocchiandosi) Signore non guardare ai miei peccati ma alla
fede di questa nutrice e opera per lei la resurrezione corporale di
quella creatura. (Rialzandosi, si rivolgerà a Totila) Ecco: va, tua
figlia è salva. (Totila, visibilmente scosso gli si inginocchierà
davanti e gli (bacerà la mano; San Benedetto sollevandolo) Alzati
Totila come si addice ad un re. Ma ricordati: molto male hai fatto,
smetti questa tua malvagia condotta. Entrerai in Roma, passerai il
mare, regnerai nove anni e al decimo morrai. (Totila e la nutrice si
allontaneranno e la scena si oscurerà)
SAN BENEDETTO
(lo si vedrà come se fosse un’immagine su di una tela) Marianna!
MARIANNA
(alzandosi di scatto intravederà la figura che poi sparirà) Benedetto!
SCENA SESTA
Don Giacomo e Marianna
MARIANNA
(vedendo sopraggiungere il prete, imbarazzata) Padre, io...
DON GIACOMO
No, non dire niente. Siediti. (la fa sedere ) Io mi siedo qui di fronte
a te. Ecco, adesso aprimi il tuo cuore.
MARIANNA
Non so da dove cominciare.
DON GIACOMO
Cominciamo dalle lacrime. Cos’è che ti ha provocato questo irresistibile
impulso di piangere? Vedi, marianna, la finzione scenica ha
spesso il potere di scatenare in noi sentimenti lungamente repressi.
Si tratta, a questo punto, di individuare quale parola, quale gesto,
quale contesto ne sia stata la causa.
MARIANNA
Non saprei, don Giacomo. Fin ora la mia vita è stata frivola. Non
pensavo ad altro che a divertirmi, a far passare il tempo nel modo
più piacevole. Anche qui venivo per avere l’occasione di incontrarmi
con i ragazzi, scherzare con loro. In realtà non ero per niente
coinvolta nei problemi della comunità terapeutica che lei dirige e
nemmeno in quelli del gruppo catechistico o anche solamente teatrale.
(farà una breve pausa) Ma ora è diverso.
DON GIACOMO
Da quando è diverso?
MARIANNA
Dal momento che l’ho visto.
DON GIACOMO
Chi hai visto?
MARIANNA
San Benedetto. (con espressione mistica, ispirata) E mi chiamava:
Marianna!
DON GIACOMO
(alzandosi di scatto, tradendo un misto di incredulità e smarrimento)
Marianna!
MARIANNA
(si alzerà a sua volta e tradirà un certo risentimento nel tono della
voce) Lei non mi crede. Lei che predica di Santi e di miracoli non
crede ad una apparizione. Ma io l’ho visto, così come ora vedo lei,
proprio lì, come se fosse appiccicato a quella quinta bianca!
DON GIACOMO
Sì, Marianna, ti credo, ma adesso è tardi, torna a casa. (accompagnerà
Marianna sulla porta)
MARIANNA
va bene, padre, mi tolgo il costume di scena e vado, arrivederci. (esce)
DON GIACOMO
(si siederà allo scrittoio in lettura, dopo qualche secondo squillerà
il telefono) Pronto? Ciao, cosa fai, sempre lo sporcaccione? Quando
vuoi venire siamo qui. Stammi a sentire, Franco, non sei un bambino,
ti conosco bene. So bene che ti piace giocare con la vita e con i
sentimenti degli altri. Passami Emma. (piccola pausa) Ascolta
Emma: Franco non ha bisogno di coccole. Tu rappresenti un ostacolo:
per lui la tua presenza fisica è negativa. Contando sul tuo
conforto, sulla tua comprensione per i suoi errori, sbaglierà ancora.
E’ già tanto, ragazza cara, che riesci a mantenerti sana e incontaminata.
Mettilo su di un treno e fallo tornare qui. Un drogato non è
libero di uscire o non uscire dal suo cerchio vizioso, pertanto non si
può trattare come una persona libera. Ripassamelo. (dopo qualche
secondo) Allora ti aspetto. E stai attento fannullone: se rovini
Emma non verrò più a soccorrerti nemmeno fossi moribondo sul
ciglio di un strada. E di questo passo, ti capiterà presto. Ciao. (dopo
aver deposto la cornetta del telefono emetterà un sospiro tradendo,
nell’espressione, la sofferenza per aver dovuto essere così aspro,
nei toni, con quel ragazzo; dopo una breve pausa busseranno alla
porta) Avanti.
SCENA SETTIMA
Giovane, Don Giacomo
GIOVANE
(è un ragazzo di circa vent’anni, magro, gli occhi incavati, lo
sguardo assente e se ne resterà in penombra) Padre, voglio confessarmi.
DON GIACOMO
Accomodati. (prenderà la stola e dopo averla indossata siederà al
confessionale che consta su di un lato di un divisorio con spioncino
e di un solo inginocchiatoio dell’altro lato).
DON GIACOMO
(dopo che il giovane avrà preso posto sull’inginocchiatoio) Da
quanto tempo non ti confessi?
GIOVANE
Prete, non cominciare con le tue domande idiote. Ascoltami e non
interrompermi. Sono venuto qui perchè so che tenti, come si dice?,
già di riabilitare i miei ex colleghi. Ci siamo capiti, sono un drogato.
Ma non ti agitare, non sono qui per - riabilitarmi -, anzi il contrario.
Ma siccome penso che presto ci rimetterò la pelle sono venuto
a lasciarti il mio testamento.
DON GIACOMO
A chi dovrei comunicarlo?
GIOVANE
E’ tuo personale. Ho pensato che prima o poi qualcuno dovesse
venire a dirti chi sei veramente: un falso profeta, come tutti i tuoi
confratelli. Speculate sulla sofferenza e il timore di Dio. Avevo una
ragazza, stava con me ma adesso non vuole più. Dice che è peccato
fare all’amore, che è peccato drogarsi. E queste idee ce le hai
messe in testa tu. Ma che cosa ne sai tu di cosa è giusto? Ti sei mai
drogato, tu? Cosa ne sai se Dio è in quella ridicola urna o nella roba
che prendo io. Io l’ho già visto il mio paradiso, tu l’hai mai visto il
tuo?
DON GIACOMO
L’hai incontrato di persona nei tuoi paradisi, il tuo Dio?
GIOVANE
Non sfottermi. Non si incontra nessuno nei nostri paradisi, ed è proprio
questo il bello: poter stare lontani da questo stronzo mondo.
DON GIACOMO
Che però vi fornisce la roba ed ogni altro sporco vizio.
GIOVANE
Sempre più pulito delle menzogne che vendete voi. Te la dirò io la
verità prete. (riposerà la voce, divenuta ormai stanca e ansante) Ci
fu sulla terra un giorno in cui in mezzo ad una collina stavano tre
croci. Uno dei tre sulla croce credeva, al punto che disse a quello a
fianco: «Tu sarai oggi con me in paradiso». Il giorno finì, tutti e due
morirono, andarono e non trovarono nè il paradiso nè la resurrezione.
Non si avverò ciò che era stato detto. Quest’uomo era il più alto
su tutta la terra, costituiva ciò per cui essa doveva vivere. Tutto il
pianeta, con tutto ciò che è sopra di esso, senza quest’uomo, non è
che una pazzia. Non c’è stato nè prima nè dopo di lui uno simile a
lui, e non ci sarà nemmeno per miracolo. In ciò sta appunto il miracolo,
che non c’è stato e non ci sarà mai uno simile. E se è così, se
le leggi della natura non hanno risparmiato Lui, non hanno avuto
pietà nemmeno del loro miracolo, ma hanno costretto anche Lui a
vivere in mezzo alla menzogna e a morire per la menzogna, vuol
dire che tutto il pianeta è menzogna e si regge sulla menzogna e su
una stolta irrisione. Che ne dici prete?
DON GIACOMO
Che leggi Dostoevskij. Ma hai omesso la logica conclusione di
questo brano dei fratelli karamazov che mi hai citato: se è falso
il messaggio del Golgota non ci rimane più niente. Perchè falso
sarebbe anche l’amore. Ed allora perchè ti arrabbi tanto se una
ragazza ti ha piantato? Falsa lei, falsa la sua fede, falso il suo
amore: cosa te ne facevi? E qui cosa vieni a fare? Io sono un falso
profeta, uno che si guadagna da vivere sulle illusioni della gente.
Ed allora tu cosa sei venuto a fare da me? Se non m’importa
niente di tipi come te, come credi che possa importarmi di te,
come credi che possa importarmi di quello che dici? Non avverti
che sei tutta una contraddizione? Ma te lo dico io perchè sei
venuto qua. Perchè il coraggio di affrontare gli occhi innocenti di
quella che era la tua ragazza , non ce l’hai. Come non avresti il
coraggio di vedere la tua immagine corrosa dal vizio nel suo
sguardo pulito.
GIOVANE
Non farmi la predica, sporco prete.
DON GIACOMO
Non hai il coraggio di andare a casa tua perchè tuo padre ti metterebbe
alla porta e tua madre avrebbe vergogna di te.
GIOVANE
Non nominare la parola madre! (Si scaglierà contro il prete che si
sarà alzato e dopo averlo afferrato per la veste si fermerà tradendo
uno stato di convulsione) Mia madre è morta.
DON GIACOMO
(con voce calma e suadente) Come ti chiami?
GIOVANE
Benedetto.
DON GIACOMO
(asciugherà con il suo fazzoletto il sudore sulla fronte del giovane)
Stiamo preparando uno spettacolo sulla vita di San Benedetto.
BENEDETTO
Lo so, sono rimasto un paio d’ore nascosto a spiarvi. C’era una persona...
DON GIACOMO
La tua ragazza?
BENEDETTO
No, non importa chi sia... Come si chiama il tuo centro terapeutico?
DON GIACOMO
Il gabbiano...
BENEDETTO
Io sono un gabbiano. Ma non riesco più a volare, e vorrei tanto tornare
libero. (si aggrapperà alla veste di don Giacomo per non crollare
a terra) Aiutami prete! E’ freddo il marciapiede della strada ed
il mio cuore lo è ancora di più.
DON GIACOMO
Vieni ti porterò al centro, un dottore ti visiterà. (usciranno)
(la scena si oscurerà e si sentiranno le note di un organo per pochi
minuti).
SCENA OTTAVA
Entrano Massimo, Vittorio, Anna ed Ester
ANNA
Ma non veniva a trovarti tua madre?
MASSIMO
Mi ha portato la biancheria pulita ed a preso quella sporca.
ANNA
Aveva fretta?
MASSIMO
E cosa ne so io di quello che doveva fare quella signora. Per me
potrebbe fare anche a meno di venire. (visibilmente agitato torna
indietro ed esce sbattendo la porta)
ESTER
Sei la solita oca. Don Giacomo ti ha spiegato mille volte che non
devi toccare argomenti che vertono sui rapporti familiari con i
ragazzi del suo centro terapeutico.
ANNA
Io credevo...
ESTER
Io credevo, credevo!, cosa credevi di fare, la psicologa? A volte mi
chiedo se molti di voi non vengano qui solo per la gioia di mostrare
che sono più «bravi» degli altri, per la vanagloria di fare i «moralisti
». Lascia fare queste cose a chi le fa con competenza.
SCENA NONA
Don Giacomo e detti
CARLA
Buon giorno don Giacomo.
VITTORIO
Possiamo organizzare la pesca. (scoppieranno tutti a ridere)
CARLA
Cosa c’è nel mio abito di tanto ridicolo?
VITTORIO
Ha visto, don Giacomo? La donna è sempre donna. Si preoccupa
del vestito. Ma non l’abbiamo neanche guardato, il tuo vestito.
ANNA
Vorrei sapere cos’hai contro noi donne.
ESTER
Smettetela voi due. Vorrei vedere se in qualunque altra canonica
trovereste tanta tolleranza. Per fortuna qui abbiamo don Giacomo
che sa capire i nostri problemi e le nostre piccole debolezze. A volte
mi domando come fa lei, don Giacomo, a saper essere così vicino
eppure rimanere distante... non riesco a spiegarmi.
22
DON GIACOMO
No, ti spieghi perfettamente. Stai tentanto di dirmi che per essere un
prete, a volte, come in questo momento, mi manca la veste. (prenderà
il talare dall’attaccapanni) E’ che pur senza la veste non riesco
a dimenticarmi di essere un prete. (indossato il talare inizierà
ad abbottonarlo con fare solenne)
VITTORIO
Lei arriva subito al dunque.
DON GIACOMO
Avete recitato il rosario questo pomeriggio?
CARLA
Forse abbiamo parlato un pò troppo. Lei è un prete e con la veste.
ANNA
Andiamo in chiesa a fare le penitenze, ragazzi.
DON GIACOMO
Pregherete in un altro momento. Vi farò fare piuttosto delle penitenze
corporali quando ci sarà da ricostruire la sede del Gabbiano.
Ormai i muri della vecchia abbazia sconsacrata che ospita i dormitori
del centro terapeutico sono pericolanti.
VITTORIO
Ne saremo felici, padre.
DON GIACOMO
(con un sorriso) Lo so che siete bravi ragazzi. E dire che quando mi
hanno mandato qui mi avevano messo in guardia...
ANNA
Sulla cattiva condotta dei giovani di questo quartiere?
DON GIACOMO
Proprio così. Mi dicevano che avrei trovato ragazzi privi di entusiasmo,
paranoici, poco disponibili al dialogo.
ESTER
Pensa che sia così?
DON GIACOMO
No. Ho trovato in voi una sola patologia: quella della solitudine,
dell’assenza di dialogo. Ma non da parte vostra. Nel diario di un
giovane drogato ho trovato scritta una frase che mi ha molto scosso:
«la collettività non è più un continente: si è sgretolata in miriadi
di atolli assolati e deserti che un oceano di egoismi biecamente
attanaglia e corrode».
CARLA
Sono parole molto tristi che gelano, il cuore, ma sono vere. Ma si
potrà cambiare una società come la nostra che sopravvive proprio
grazie alle spinte egoistiche che la stanno disgregando?
DON GIACOMO
Il tempo in cui visse San Benedetto, molto simile per certi versi al
nostro, certamente non lasciava prevedere che avremmo avuto
uomini come San Francesco, Galilei, Colombo, Einstein. In fondo
oggi l’uomo ha un cuore meno barbaro di quello dei nostri antenati.
Bisogna aver fiducia nel destino dell’umanità. Se no si tradisce
la fede in Dio.
ANNA
(dopo un attimo di silenzio che esprime meditazione per le parole
del prete) Proviamo?
VITTORIO
Dovremmo aspettare Marianna: o pensi di soffiarle la parte?
ANNA
Sei un orso, un orso polare!
CARLA
Solo che per nostra sfortuna non va mai in letargo.
DON GIACOMO
(dopo aver guardato l’orologio) E’ strano, la ragazza è sempre puntuale.
SCENA UNDICESIMA
Giorgi e detti
GIORGI
(entrerà con circospezione. E’ un uomo sui cinquanta, di statura
media. veste con eleganza, ostenta modi sicuri e affettamente cerimoniosi)
E’ lei don Giacomo?
DON GIACOMO
Sì, e lei? Non ho il piacere di conoscerla.
GIORGI
Sono il dottor Giorgi, il papà di Marianna.
DON GIACOMO
Piacere, si accomodi. Stavamo appunto aspettando sua figlia per le
prove...
GIORGI
(interrompendolo) Mia figlia non verrà, volevo parlare appunto di
questo.
DON GIACOMO
Capisco. Andate pure ragazzi, proveremo domani.
25
VITTORIO
Va bene, arrivederci padre, arrivederci signor sindaco. (uscira
assieme ai ragazzi dell’oratorio)
DON GIACOMO
Di cosa si tratta?
GIORGI
Mia figlia non frequenterà più questa parrocchia e spero nessun’altra
d’ora in poi.
DON GIACOMO
Lo ha deciso sua figlia?
GIORGI
No, l’ho deciso io! Ma mia figlia è d'accordo. O meglio, lo sarà presto,
quando le passerà questa infatuazione per i Santi e soprattutto
per i loro predicatori.
DON GIACOMO
Lei non può impedire a sua figlia l’incontro con Dio!
GIORGI
O con lei? (don Giacomo avrà un moto di rabbia che riuscirà, tuttavia,
a trattenere) Lei è come me lo immaginavo: un uomo dallo
sguardo melanconico e accattivante, dall’aspetto giovanile.
DON GIACOMO
Io non so chi le dia questo diritto di insultarmi.
GIORGI
Il diritto di padre! Di un padre che ha perso la figlia per colpa di un
falso predicatore.
26
DON GIACOMO
(trascendendo) Esca imm... (chinerà gli occhi cercando di sbollire
la rabbia) lei viene qui a rimproverare in me un falso predicatore.
Ammesso che io abbia potuto plagiare sua figlia, se questo è il concetto,
non le nasce il dubbio che forse lei non ha saputo esserle la
guida che doveva?
GIORGI
Oh bella!, lei vorrebbe muovermi persino dei rimproveri! Io ho
seguito mia figlia giorno per giorno procurandole svaghi, distrazioni,
vita spensierata come si addice alla sua età. (dopo breve pausa) Io ho
avuto un’infanzia difficile e una gioventù ancora più travagliata.
DON GIACOMO
Tempi in cui anche lei, probabilmente, ascoltava i falsi predicatori.
GIORGI
Da giovane è facile lasciarsi adescare da banalità.
DON GIACOMO
No, da giovani si è più sinceri, più spontanei, più votati ad imprese
nobili ed eroiche. I giovani non vogliono una vita spensierata, ma
una vita vera. Vogliono maturare da loro, scoprire con sacrificio, se
occorre anche con angoscia, la vera essenza della vita: quella molla
che la spinge verso un fine che la renda degna di essere vissuta; o
altrimenti questo universo resterebbe uno stupido meccano messo
su perchè l’umanità si danni in una giostra crudele senza fine, meccanicista
o relativistica che sia.
GIORGI
E’ la droga questa essenza?
DON GIACOMO
Il nostro centro «Il Gabbiano» si propone di disintossicare la gente,
non di drogarla.
27
GIORGI
La maggior parte dei giovani finisce per drogarsi frequentando ex
drogati. Non voglio che mia figlia corra questo rischio. Morta mia
moglie ed il mio figlio maggiore, non voglio davvero perdere l’unico
bene che mi rimane.
DON GIACOMO
Vedo che con lei è inutile discutere. Lei non si arrenderebbe nemmeno
dinanzi un miracolo.
GIORGI
A proposito di miracoli. Ho saputo da mia figlia la storiella dell’apparizione
di San Benedetto. Come miracolo non lo trovo né originale
né edificante.
DON GIACOMO
Ma è vero!
GIORGI
(di scatto, alzando la voce) Cosa è vero?
DON GIACOMO
Che le è apparso San Benedetto.
GIORGI
(ironico) E’ apparso anche a Lei?
DON GIACOMO
Intendo dire che me lo ha riferito Marianna e sembrava sincera.
Anche se va contro le nostre esperienze, in certe particolari condizioni
psichiche una visione mistica...
GIORGI
Basta! Non dica altro o vado a denunciarla per plagio. Ma lei andrà
via di qui con tutta la sua comunità. Come si chiama? Il Gabbiano?
28
Un bel volo non vi farà male. Questa sera in giunta chiederò la
demolizione della vecchia abbazia. E’ pericolosa per l’incolumità
dei residenti delle ville più in basso. Mi sembra che sia stata edificata
nel medio evo dai benedettini. Vada a pregare il suo San
Benedetto. Implori un vero miracolo piuttosto che un’apparizione a
ragazze mistiche, perchè a giorni il comune manderà le ruspe. O
piuttosto faccia le valigie perchè butteremo quei muri a terra anche
se vi fosse dentro lei con la sua banda di derelitti. (lascerà la sacrestia
prima che don Giacomo possa replicare)
DON GIACOMO
(se ne rimarrà come interdetto, poi cadrà in ginocchio) Signore
dimmi tu cosa debbo fare, perchè io non lo so più.
SCENA DODICESIMA
(L’ambiente si farà buio)
Voce di scolastica - Benedetto, piangi? Non ti avevo mai visto piangere
prima d’ora.
Voce di San Benedetto - Scolastica cara, questo monastero che ho
costruito e tutte le cose che ho costruito per i fratelli per disposizione
di Dio Onnipotente sono destinate in preda ai barbari. A fatica
sono riuscito ad ottenere che a chi sarà in questo luogo sia risparmiata
la vita.
Voce di Vittorio - Don Giacomo abbiamo saputo che gettano giù
l’abbazia. Ma noi staremo qui con lei.
DON GIACOMO
No, vi prego, andate.
Voce di Ester - Ma da chi andremo?
29
DON GIACOMO
Da un buon predicatore. Io sono un falso predicatore.
Voce di Ester - Non dica così, padre. Lei è il nostro maestro. Sapesse
come è importante per un giovane trovare un maestro. Questa
società propone solo istruttori incapaci di parlare alle nostre anime.
Voce di Carla - Ascoltate: è il rumore delle ruspe, hanno cominciato
a demolire.
DON GIACOMO
No, sono bombe, mitra, cannoni. E’ la guerra. La guerra dell’uomo
contro l’uomo. Una guerra che vuole distruggere il mondo per
togliere l’impronta di Dio dal creato.
SCENA TREDICESIMA
San Benedetto, Don Giacomo
(Attenuatisi i rumori si sentiranno le note di un organo. Poi, nella
penombra, apparirà sulla tela del fondalino la sagoma di San
Benedetto)
Voce di Don Giacomo - perchè, padre, mi hai lasciato da solo ad
affrontare questo compito che mi rende questo saio più pesante di
quanto io non possa, con le mie povere membra, sopportare.
Voce di San Benedetto - Il tuo cuore vacilla. Eppure il salmo dice:
«vuoi abbandonare chi ha fiducia in te e per te in Dio? peccheresti
due volte». Ti ho inviato i segni che dovevano indicarti la giusta
via. Forse per colpa di un peccatore lascerai crollare la tua chiesa?
Occhio non vide, né orecchio udì, né passò mai per il cuore d’uomo
ciò che Dio ha preparato per quelli che lo amano. Dunque vai,
il tuo cuore sia forte e spera nel signore.
30
SCENA QUATTORDICESIMA
Don Giacomo, Benedetto
La scena tornerà ad illuminarsi. Don Giacomo è riverso sul tavolo.
Ha tra le mani il copione di San Benedetto)
DON GIACOMO
(Svegliandosi) Cosa è stato? Mi sono addormentato leggendo la
scena in cui San Benedetto si presenta ad un frate che gli rimprovera
d’averlo abbandonato e lui gli ricorda di essergli andato in
sogno. Devo aver sognato tutto il dialogo. ma perchè ero qui? Ora
ricordo è venuto a trovarmi il papà di Marianna, mi ha detto che
vuole demolire l’abbazia...
BENEDETTO
(entrando) La disturbo, padre?
DON GIACOMO
No, vieni pure.
BENEDETTO
Poco fa è uscito il sindaco, vero?
DON GIACOMO
Si, era lui.
BENEDETTO
Voglio confessarmi padre. Questa volta seriamente. Ma per ciò che
le rivelerò chiedo il segreto confessionale.
DON GIACOMO
Non hai bisogno di chiedermelo. Conosco il mio dovere. Su, inginocchiati,
figliolo. In nomine Patris, et Filii et Spiritu Sanct.
BENEDETTO
Amen.
SIPARIO
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ATTO SECONDO
PROLOGO
(La scena è buia, si diffonderanno le note di un organo)
Voce di San Benedetto - Mortifica il corpo. Non darti ai piaceri.
Ama il digiuno. Non dare la pace falsa. Ama i nemici. Ogni giorno,
nella preghiera, confessa a Dio con lacrime le tue colpe passate.
Odia la tua volontà, dalla volontà traviata si forma la passione,
sorge l’abitudine, non resistendo all’abitudine si crea la necessità.
Sii libera e felice in Dio. (si intensificheranno le note dell’organo)
(si aprirà il sipario)
– QUADRO TERZO –
(Una stanza dell’appartamento del dottor Giorgi. La stanza è
addobbata con eleganza, su di un tavolinetto ci sarà un telefono).
SCENA PRIMA
(Marianna dorme sul divano, entra Giorgi)
GIORGI
Marianna, cosa fai? Sei tutta intirizzita.
MARIANNA
Sognavo, papà (ha un’espressione serafica) E tu hai ancora molto
lavoro?
GIORGI
Sì, Ma ho sempre tempo per la mia bambina.
MARIANNA
papà, non sono più una bambina.
32
GIORGI
Già! (assumera un’aria pensierosa) Ascolta, che ne diresti di andare
a cena fuori, stasera? Potremmo invitare Massimo; è tanto tempo
che non ci congediamo una bella serata d’allegria.
MARIANNA
L’allegria, papà caro, non c’è bisogno di cercarla in un ristorante
alla moda. Vi sono altri modi di sentirsi allegri e, soprattutto, vivi.
GIORGI
Ad esempio?
MARIANNA
Aiutando la gente che soffre...
GIORGI
Tu non andrai più al «Gabbiano»...
MARIANNA
Perchè ti ostini in questo tuo comportamento? pensa se un giorno
fosse tua figlia ad aver bisogno di aiuto. Cosa ne sarebbe di me se
anche gli altri ritenessero come te di non dover perdere il loro
tempo per il prossimo?
GIORGI
(con tono affettuoso) Ci sarò io, sempre, per mia figlia!
MARIANNA
Oh, papà! (abbandonerà la stanza, in lacrime)
SCENA SECONDA
Giorgi, Don Giacomo
(Si sentirà suonare alla porta che dà sull’esterno, e Giorgi vi si dirigerà)
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GIORGI
(rientrando seguito da don Giacomo) Venga avanti. Vedo che non
ha saputo resistere alla tentazione di venire a trovare mia figlia.
Ovviamente mosso da spirito di carità cristiana.
DON GIACOMO
Non le riesce mai di parlare senza offendere la gente?
GIORGI
Tra le sue mansioni non credo vi sia quella di offendersi. La pagano
anche per professare cristiana sopportazione. (con tono più
aspro) In ogni caso è lei che, con la sua presenza, reca offesa a questa
casa.
DON GIACOMO
Io potrei ampiamente dimostrarle...
GIORGI
Lei non ha niente da dimostrare. Mia figlia è una dimostrazione sufficiente.
Lei non ha alcun diritto a interessarsene; a venire qui sfacciatamente
a...
DON GIACOMO
Io non sono qui per incontrarmi con sua figlia, se è questo che voleva
dire. Vengo a chiederle di salvare la nostra comunità.
GIORGI
Mi dispiace, stasera approveremo il provvedimento di demolizione.
Tanto più che ci sono giunte parecchie denuncie contro il comportamento
di quei giovani.
DON GIACOMO
Lei non può approvare un gesto sacrilego. E ancor peggio dettato
da motivi personali di vendetta che sono peraltro infondati.
34
GIORGI
Sorvoli sulla fondatezza o meno. E poi sa benissimo che il piano
comprensiorale prevede la demolizione di edifici pericolanti qualora
non ci siano fondi per la loro ristrutturazione.
DON GIACOMO
Ma lei aveva promesso il suo aiuto, e la provincia assicura il suo
intervento.
GIORGI
Tutto quello che avevo intenzione di fare era esclusivamente di rendere
felice mia figlia. Se aveva davvero a cuore quella chiesa avrebbe
potuto fare a meno di causarle un tale turbamento.
DON GIACOMO
(risentito) Io non ho causato nessun turbamento in sua figlia. Ma è
inutile insistere. (cambiando il tono della voce) Sono venuto per
dirle che ho chiesto il trasferimento in un’altra parrocchia a cento
chilometri di distanza. Me ne andrò e lei non avrà più alcun motivo
di vendetta. Non si macchi di questa ulteriore colpa, salvi la comunità.
E’ gente che soffre.
GIORGI
Lei osa parlarmi di colpe? Devo riconoscere che recita bene il suo
ruolo romantico. Adesso fa l’eroe, parte, si sacrifica e il cerchio è
bello e quadrato. No, caro signore, ci vogliono argomenti più validi
e pressanti quando si ragiona tra uomini.
DON GIACOMO
Qualunque cosa ci sia da chiarire tra noi io sono sempre disponibile
ad assumermi le mie responsabilità.
GIORGI
Bene, adesso comincia ad ammettere.
35
DON GIACOMO
Ma non ho niente da ammettere. Sto cercando di farle capire che nel
nostro rapporto un’abbazia, una casa di Dio, anche se sconsacrata,
ed una comunità a scopi terapeutici non possono e non devono
entrarci.
GIORGI
Ha paura di andare all’inferno per questa demolizione?
DON GIACOMO
(con tono alterato) La smetta!
GIORGI
Non dimentichi che è a casa mia!
DON GIACOMO
Mi scusi.
GIORGI
Ora va meglio. Ci penserò sopra. La riunione di giunta è per stasera.
Preghi che mia figlia guarisca per allora.
DON GIACOMO
Sua figlia non è malata. Ha piuttosto la capacità di guardare il
mondo con gli occhi dell’anima e di far trasparire dall'espressione
la serenità della contemplazione. Quella che lei suppone pazzia è in
realtà l’alone della santità. Lei deve stare molto attento perchè si sta
opponendo al volere di Dio!
GIORGI
Lasci stare Dio, lo conservi per le prediche in chiesa. A gente che è
così povera e sottomessa da non potersi permettere neanche un
sogno personalizzato, l’ideale mistico pronto e confezionato può
andar bene. Ma non venga a parlarne a me che ho dovuto e saputo
scrollarmi di dosso ogni remora mistica per perseguire i concreti
36
ideali del vivere civile. E, come può ben vedere, sono diventato
qualcuno, un uomo potente e rispettato da una società che prima,
quando inseguivo i miei chimerici Messianici ideali, sforzandomi
di perdonare, di dare agli altri che a me toglievano anche i sogni, mi
derideva.
La sua stupida abbazia si sta trasformando in un affare: una importante
società immobiliare mi ha già offerto un «contributo» di trecento
milioni. Il denaro dà la felicità. Ed è questo ideale di vita concreta
che mia figlia deve ereditare da me, capisce?
DON GIACOMO
Capisco e la compiango.
GIORGI
Eviti questi toni da Giovanni Battista.
DON GIACOMO
Non ho la fortuna di possedere simili toni. Ma neanche lei possiede
quella felicità che vanta. Non mi è mai capitato di vederla sorridere
in questi nostri incontri.
GIORGI
Me lo ha tolto lei, il sorriso!
DON GIACOMO
Sua moglie è morta precipitando dal balcone di una sua villa, e suo
figlio...
GIORGI
(prevenendolo) Basta! Adesso mi faccia la cortesia di andarsene!
DON GIACOMO
Come vuole (uscirà)
(Giorgi lo accompagnerà alla porta, quindi tornerà indietro dirigendosi
verso la scrivania).
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SCENA TERZA
Donna Elena, Giorgi
GIORGI
(starà rassettando alcune pratiche sul tavolo, poi vedendo entrare la
madre dall’uscio interno, distrattamente) Hai già visto Marianna?
DONNA ELENA
Sì, e mi sono resa conto di aver fatto bene a venire. Qualcosa mi
diceva che qui c’era bisogno della mia presenza.
GIORGI
E’ stata mia figlia che ti ha telefonato?
DONNA ELENA
Non mi ha telefonato nessuno.
GIORGI
Non importa, ormai sei qui e ti sarei grato se volessi occuparti di
lei. Io sono sempre molto impegnato e ci vorrebbe qualcuno che le
badasse. Rimane troppo tempo da sola e la solitudine le crea malsane
fantasie.
DONNA ELENA
Ti riferisci all’apparizione di San Benedetto?
GIORGI
Te ne ha parlato?
DONNA ELENA
Si, mi ha raccontato...
GIORGI
(interrompendola) Spero non le avrai creduto.
38
DONNA ELENA
Io non credo a niente. La ragazza ha, però, un’espressione più dolce
e felice che non qualche tempo fa, quando la costringevi ad uscire
per divertirsi anche contro voglia.
GIORGI
Una ragazza che non abbia voglia di divertirsi, fammi ridere!
DONNA ELENA
Innanzi tutto ricordati che sono tua madre e mi devi rispetto. Anche
se sei uno degli uomini più importanti, potenti e temuti di questa
regione, io non ti ho mai ammirato. Con la tua freddezza hai fatto
morire quella santa donna di tua moglie, la stessa freddezza che hai
sempre avuto nei confronti di tua madre e persino dei tuoi figli. Dio
voglia che a Marianna sia apparso davvero San Benedetto. C’è
bisogno di un Santo per aver ragione di questo tuo mondo cinico e
egoista che avvelena i cuori.
GIORGI
Ascoltami bene, mamma, se intendi metterti a spronare le assurde
pazzie di mia figlia, la porta è quella!
DONNA ELENA
Mi sono decisa a varcare quella soglia per Marianna, non certo per
te. Ed io le starò accanto anche senza il tuo permesso.
GIORGI
Dimenticavo che con te non si può discutere.
DONNA ELENA
Sei tu che non sai e che non vuoi discutere. Ora tante cose appaiono
chiare. Mi rendo conto di aver odiato senza ragione la tua povera
moglie. Dopo il vostro matrimonio notai che il tuo atteggiamento
nei miei confronti diveniva sempre più freddo e distaccato.
Avvertivo tra noi come una barriera che si faceva sempre più alta e
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compatta. E pensavo fosse lei, la povera Marta, quella barriera che
ti separava da me. Ora mi rendo conto che è la tua anima contorta
la vera, unica barriera che ti separa da me e da ogni altro essere che
conservi ancora integra la coscienza.
GIORGI
Smettila, mamma. Non è il momento né il luogo adatto per una predica.
DONNA ELENA
Zitto. Quando parla tua madre non devi interromperla. Troppo
tempo ho taciuto, pianto, in silenzio. Avrei dovuto fartela prima,
molto tempo prima quella che tu chiami predica. Capisco quando
era in vita la povera Marta, ma dopo? Mai una volta che portassi i
tuoi ragazzi a casa mia. Ora so il perchè. Tu avevi paura che trovassero
da me, da questa stupida vecchia, quell’ospite che tu hai
bandito dal tuo mondo: il sentimento. Ma così facendo non è soltanto
a questo mio debole cuore che hai arrecato una sofferenza
indicibile, ma anche ai tuoi figli che hai tentato di fuorviare con una
educazione massimalista, inculcando loro la pratica del dileggio per
le forme religiose ed evitando che si avvicinassero ai sacramenti.
GIORGI
Ho ben visto i risultati pratici di lasciare mia figlia avvicinarsi ala
pratica religiosa. E adesso, basta! Ti ripeto che non è il luogo adatto.
(squilla il telefono, Giorgi prende la cornetta e risponde)
Pronto? E’ arrivato l’architetto? Bene arrivo subito. (dopo aver
deposto la cornetta) Devo andare, dobbiamo decidere la sorte dell’abbazia.
DONNA ELENA
Quale abbazia?
GIORGI
Quella che ospita la comunità. C’è una proposta di demolizione.
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DONNA ELENA
Non intenderai gettar giù la chiesa?
GIORGI
E perchè no? Mi piacerebbe sfidare questo San Benedetto a colpi di
ruspa. Per dimostrarti ancora una volta come il tuo non sia altro che
stupido bigottismo.
DONNA ELENA
Stai attento figlio mio perchè ti stai mettendo contro il volere di
Dio. Sì, è Lui che sta bussando alla tua coscienza.
GIORGI
(avrà un gesto di stizza, Poi dirigendosi alla porta) E’ meglio che vada.
DONNA ELENA
Sì, è meglio per te fuggire. Ma non risolverai niente. E’ tutta la vita
che fuggi da chi ti vuol bene, da te stesso, dalla tua coscienza.
GIORGI
(dopo aver rivolto, alla madre uno sguardo carico d’insofferenza
uscirà, sbattendo la porta)
DONNA ELENA
Dio mio, aiutami. Sento la tua mano possente sopra questa casa.
(esce dalla camera, l’ambiente resterà in penombra)
SCENA QUARTA
Voce di San Benedetto - capitolo IV della regola. Quali siano gli
strumenti del ben operare.
Coro - Rinunciare a se stessi per seguire Cristo. Mortificare il proprio
corpo. Amare il digiuno. Visitare l’infermo. Consolare l’afflit41
to. Non agire dominati dall’ira. Amare i nemici. Quel che ognuno
vede in sè di bene non attribuirlo a sè ma a Dio; il male, invece, sappia
che è opera sua e se lo attribuisca. Osservare ogni giorno con i
fatti i comandamenti di Dio e mai disperare della Sua misericordia.
(si sentiranno le note di un organo che intonerà un brano di musica
sacra)
Voce di San Benedetto - Ciò che è stato fatto non è sufficiente.
Proprio la nostra civiltà opulenta e indifferente, ha bisogno di essere
evangelizzata. Ed i fedeli devono rendere testimonianza con la
pratica della carità, con la loro disponibilità verso i bisognosi, i
derelitti, gli emarginati.
Voce di Santa Marianna - Ti ricordi Benedetto? Quando eravamo
ancora fanciulli, una notte ce ne restammo svegli a dialogare nei
campi. Eravamo felici, pervasi dalla pace della natura. Nostro padre
non credette a quel racconto.
Voce di San Benedetto - L’egoismo, l’avidità, l’interesse, deformano
spesso i contorni del reale. L’uomo, ogni uomo, sa qual’è la
verità, ma trova il modo di fuorviarla per il suo benessere puramente
materiale criminosamente elevato ad ideale.
SCENA QUINTA
Giorgi, Don Giacomo
(la mattina seguente)
GIORGI
(attraverserà la stanza dirigendosi verso la porta) Venga avanti,
padre. Vedo che non ha resistito alla tentazione di venire a fare un
nuovo tentativo.
42
DON GIACOMO
(entrando) Ho saputo che quell’assurda risoluzione di abbattere
l’abbazia è stata approvata dalla sua giunta e che lei l’ha resa immediatamente
esecutiva.
GIORGI
Ho semplicemente firmato un'ordinanza di demolizione, una tra
tante.
DON GIACOMO
Ma si tratta di un’ex abbazia.
GIORGI
Cos’è, le rimorde la coscienza?
DON GIACOMO
Ma chi è che vuole sfidare in questa sua pazzia? la religione, Dio,
il prossimo? O piuttosto se stesso? Ma lei non può mettere a repentaglio
la vita di gente innocente. Alcuni giovani della comunità si
sono barricati all’interno dell’abbazia. Se lei non fermerà le ruspe
potrebbero essere sepolti sotto le macerie.
GIORGI
Quando capiranno il pericolo, verranno fuori, non si preoccupi. Del
resto la mia giunta ha già deliberato. Costruiremo un albergo al
posto dell’ex abbazia. Il paese ha bisogno di centri che promuovano
il turismo. La sua comunità, invece, fa scappare persino i nostri
cittadini per colpa dei drogati.
DON GIACOMO
Ho capito che è inutile insistere. Ma si ricordi che potrebbe essere
coinvolto più di quanto pensa in questa vicenda.
GIORGI
Cosa vuol dire?
43
DON GIACOMO
Niente. Solo quello che ho detto. Arrivederla. (si dirigerà verso la porta)
SCENA SESTA
Donna Elena, Giorgi
DONNA ELENA
(incrocerà don Giacomo sull’uscio e dopo avere scambiato con lui
uno sguardo carico di tensione si dirigerà verso il figlio. Don
Giacomo si fermerà dinanzi l’uscio, poi si riavvicinerà durante il
dialogo tra Giorgi e Donna Elena.) Devi fare qualcosa figlio mio.
Se succedesse un incidente...
GIORGI
(indispettito) Ti metti a fare minacce anche tu, come quel prete?
DONNA ELENA
Dio mio, come faccio a dirtelo (resterà qualche istante incerta in
silenzio, poi, visibilmente commossa, inizierà). Tra quei ragazzi
barricati all’interno dell’abbazia c’è tuo figlio Benedetto.
GIORGI
(scosso dalla notizia si siederà tradendo la sua sorpresa nel sapere
che il figlio è al centro di don Giacomo senza però tradire la
minima emozione nel saperlo vivo) Mio figlio è lì?
DONNA ELENA
(piuttosto stupefatta dalla reazione del figlio) Come? Tu allora
sapevi che tuo figlio fosse vivo!
GIORGI
Sì, mamma, è per lui che ho accettato la tangente per la costruzione
di un albergo al posto dell’abbazia. Mi avevano chiesto trecento
milioni entro oggi, se no lo avrebbero lasciato morire.
44
DONNA ELENA
(esterefatta) Ma perchè ci hai fatto credere che era morto?
GIORGI
Fu quella volta che mi chiamarono d’urgenza, due anni fa, ricordi?
Era la polizia. Avevano trovato mio figlio mezzo tramortito, sotto
l’effetto della droga. Era ricercato per un furto. Da mesi non dava
più notizie dopo essere partito con gli amici in vacanza su di uno
yacht. Sua madre era ormai preparata all’idea che fosse naufragato
durante una tempesta. E quando vidi il suo viso distrutto dall’uso di
stupefacenti e lo sentii parlare con parole, Dio mio, che non pensavo
nemmeno che un giovane potesse conoscere, quando gli sentii
insultare me e quella santa di sua madre...
DONNA ELENA
Pensasti di dire alla povera Marta che suo figlio era morto in mare
e che non era stato possibile recuperare il cadavere.
GIORGI
Marta era già ammalata, sapere che suo figlio fosse diventato quello
che io avevo visto, l’avrebbe uccisa!
DONNA ELENA
No, figlio mio. Ma perchè non ti confidasti con me! Sapere morto
suo figlio la uccise. Il saperlo malato, il saperlo bisognoso di aiuto,
la speranza di poterlo un giorno riavere come una volta, questo l’avrebbe
tenuta in vita, l’avrebbe indotta a lottare disperatamente
anche per la sua vita. Con quella pietosa bugia hai abbandonato
tutte e due al loro destino già segnato.
GIORGI
(guarderà lontano e tradirà il carico d’angoscia per aver realizzato
quella verità che lui aveva cercato di nascondere) Non abbandonai
mio figlio: lo feci seguire, gli mandai dei soldi.
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DONNA ELENA
Già!, tu sei abituato a risolvere tutto con i soldi.
GIORGI
Negli ultimi tempi era finito nel giro di uno spacciatore senza scrupoli,
che mi ricattava. Ma tu come hai fatto a saperlo?
DONNA ELENA
Me lo ha confessato Marianna. Era sua quella voce che la chiamò
quel pomeriggio in sacrestia.
GIORGI
(rivolto al prete) Ma allora, la storia del miracolo?
DON GIACOMO
Quando Marianna si girò dalla parte da cui proveniva la voce, vide
l’immagine del santo sulla tela di una quinta apparentemente bianca.
E, sul momento, credette ad una apparizione.
GIORGI
Ed invece l’immagine era già nella tela sotto lo strato di vernice
bianca.
DON GIACOMO
Infatti. Fu uno spiraglio di luce dal retro a farla emergere per un
breve istante grazie alla penombra che avvolgeva la scena.
(seguirà una pausa. Don Giacomo guarderà Giorgi e cogliendone
l’intenso conflitto interiore gli si rivolgerà con voce calma e tono
dimesso)
Mi ascolti, la prego, dottor Giorgi. Mentre lei parlava scorgevo la
sorpresa che le facevano le sue stesse parole. Quelle stesse parole
che tante volte avevano tumultuato nel suo inconscio trovando sempre
una barriera invalicabile, man mano che arrivavano dalle orecchie
dritte al cuore. Parole bandite perché rivelavano una verità
amara, diversa. Parole coperte con la vernice del ragionamento
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interiore capace di mistificare persino il valore significante delle
parole. Ora, come l’immagine del Santo, un casuale spiraglio di
luce ha fatto riemergere quelle parole e con esse la nuda verità.
(si fermerà un attimo. Giorgi mostrerà il suo imbarazzo, farà come
per dire qualcosa ma rimarrà con le labbra socchiuse come se l’arsura
non gli consentisse di emettere suoni. Don Giacomo riprenderà
con voce che tradisce una forte emozione contenuta)
Ma quello spiraglio ha fatto emergere anche in me una verità che io
ho sempre ignorato. Mi sono reso conto come anch’io, da prete,
abbia commesso gli stessi suoi errori. Ho sempre valutato la realtà
col metro del mio giudizio etico-religioso senza sforzarmi di vederla
come fosse oggettivamente. Così invece d’incontrarmi con la
gente, come il mio ruolo esige, finisco sempre per scontrarmi, come
è successo con lei. Ed ho capito che la scuola, la società, la famiglia,
l’oratorio, non devono lottare per disputarsi il diritto a confezionare
la migliore gabbia etica a protezione del giovane.
Il giovane è come un gabbiano, ha bisogno di volare libero: noi
dobbiamo solo aiutarlo a scoprire quegli spazi di autentici valori
esistenziali dove possa esercitare liberamente la propria creatività,
la propria scelta di vita.
Diceva San Francesco: «guardate i passeri, sembrano così indifesi,
eppure Dio pensa a loro. E non saprà a maggior ragione pensare a
questi giovani senza che noi ci affanniamo a istruirli?»
La prego dottor Giorgi: aiuti quei giovani, ridia loro la libertà di rifarsi
una vita; lei conosce per esperienza la sofferenze dei loro genitori,
lo faccia anche per loro. Lo faccia anche per il suo Benedetto che ha
bisogno di un sorriso, di un suo segno d’affetto. Telefoni, dica ai suoi
funzionari di sospendere l’ordinanza di demolizione.
GIORGI
(Dopo un attimo di esitazione, in preda ad una trasparente agitazione
si avvierà verso il telefono e alzatane la cornetta, comparrà
un numero) Pronto? Mi passi l’ingegnere capo: sì, sono io il sindaco.
Non riconosce più la mia voce?
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(In attesa della comunicazione rovisterà con le mani tra le carte
sparse accanto al telefono sul tavolinetto)
Avete iniziato la demolizione dell'Abbazia? fermatela. Cosa? La
ruspa!!, fermate la ruspa.
(un attimo di pausa)
Non si può? Si può perchè ve lo ordino io. Mi assumo ogni responsabilità.
(ancora una pausa. Giorgi sarà sempre più agitato)
Mi passi il segretario.
(Ancora una pausa. Giorgi si slaccerà il bottone del colletto e si
passerà, poi, la mano sulla fronte che gronda sudore)
Senta, convochi il consiglio comunale per una seduta straordinaria.
Come? L’ordine del giorno?
(Improvvisamente resterà come impietrito, lo sguardo fisso, la cornetta
leggermente discosta dall’orecchio. Dal telefono si sentiranno
dei rumori segnalanti che dall’altra parte della linea l’interlocutore
continua a chiamare Giorgi. Dopo qualche secondo si sentiranno
in sottofondo le note dell’Ave Maria di Gounod e per un’istante
la luce su Giorgi sarà di maggiore intensità. Poi l’espressione
gli si ricomporrà e riavvicinerà la cornetta all’orecchio.)
Diceva? L’ordine del giorno? le dimissioni del sindaco. Il motivo?
Il motivo è che il sindaco deve tornare a fare il padre.
(posata la cornetta, si avvierà verso la sedia e riprenderà a parlare
con voce stanca e sofferta)
Sai, mamma? L’ho vista, mentre telefonavo: lei, Marta. Mi guardava
con occhi di rimprovero. Ora so di averla spinta io da quel balcone:
con il mio cinismo, la mia freddezza.
DONNA ELENA
(commossa, quasi disperata) Cosa dici, figlio mio...
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GIORGI
Sì mamma, lasciami parlare. Sono queste colpe inconfessate che
giacciono nel profondo della nostra coscienza che ci abbruttiscono
facendoci smarrire le vie dell’amore e del sorriso!
(dopo una breve pausa, con voce tornata calma ma carica di tensione)
Non fu il pensiero della malattia incurabile a spingerla al suicidio,
ma il mio comportamento nei suoi confronti. Credeva di essere
rimasta incinta. Pensai alla sua salute precaria, all’eventualità che
quel bambino finisse come Benedetto che le avevo fatto credere
morto perchè non sapesse della sua condotta e le dissi che avrei preteso
abortisse.
- Ma questa nuova vita è importante per me. Potrei non vivere a
lungo, ho già perso un figlio, il Signore mi dà questa gioia di mettere
al mondo un’altra creatura. Non è quasi un miracolo? - continuava
a ripetermi.
(si fermerà tradendo lo sforzo per non prorompere in lacrime)
Ma io la perseguitai giorno e notte, non le diedi pace finchè non riuscii
a carpirle il consenso che abortisse. Le analisi appurarono che
non era in corso alcuna gravidanza. Ma ormai lei si sentiva complice
morale di un delitto e quest’idea la perseguitava. E fu questo
rimorso, ora ho il coraggio di ammetterlo, a spingerla al suicidio. E’
da me che voleva fuggire , da una vita che io le avevo reso un inferno!
(scoppierà in pianto)
DONNA ELENA
Oh, figlio! perchè ci hai messo tanto a capire? Bisogna proprio toccare
il fondo per accorgersi del vuoto creato nella propria vita? Ma adesso
rassenerati. Vedrai, riusciremo a far tornare Benedetto a casa. L’ho
visto, sai. È cambiato, non parla più con quei toni aspri, non ti guarda
più con quello sguardo sprezzante di un tempo. Ed il merito è di quel
sant’uomo di don Giacomo e di tua figlia Marianna che di nascosto va
a trovarlo confortandolo con il suo amore. Anche adesso gli è vicina.
GIORGI
(si alzerà di scatto) Come, non è a casa Marianna?
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DONNA ELENA
È andata al «Gabbiano». È seguendola che ho saputo... Ma cos’hai?
GIORGI
Ti avevo detto di tenerla a casa! Pensa se...
DONNA ELENA
Ma di cosa ti preoccupi? Sicuramente sarà di ritorno tra poco!
GIORGI
Eppure non mi sento tranquillo. Oh, mamma! ma cos’è?
All’improvviso non riconosco me stesso, non ritrovo più il filo
della mia vita! (Squilla il telefono. Giorgi e donna Elena si guardano
in viso, poi donna Elena va al telefono)
DONNA ELENA
Pronto? Sì, sono la nonna...
(sul viso della donna si dipinge un’espressione di sconsolazione)
Grazie.
(posa la cornetta e si passa una mano sulla fronte)
GIORGI
Cosa c’è, parla, in nome di Dio!
DONNA ELENA
Invochi Dio?, adesso? Sì, figlio mio, sei proprio nelle Sue mani.
GIORGI
Ma cosa è successo?
DONNA ELENA
Marianna!
GIORGI
Lo sapevo! Lo sapevo!
DONNA ELENA
C’è stato un incidente, ha riportato gravi lesioni, l’hanno portata in
ospedale.
(si affretterà a prendere il soprabito)
GIORGI
Dio! perchè, perchè? Io sono il peccatore, mie sono le colpe. Perchè
te la prendi sempre con gli innocenti?
DONNA ELENA
Cosa fai? Tua figlia è nelle mani di Dio e tu ancora lo sfidi?
GIORGI
hai ragione, mamma, non so quello che dico, quello che faccio!
(indosserà a sua volta il soprabito e si avvierà verso l’uscio. Donna
Elena lo aprirà e Giorgi dopo aver spenta la luce si fermerà un
istante dando uno sguardo i giro per la stanza)
Com’è vuota questa casa. Tanti anni di lavoro, l’avidità di creare un
paradiso materiale ed ho costruito solo una gabbia da dove le creature
pure sono dovute fuggire.
DONNA ELENA
Andiamo figlio. Non è lontano che devi cercare la soluzione ai tuoi
problemi, ma nel tuo cuore.
(Uscirà mentre Giorgi e Don Giacomo si attarderanno dinanzi l’uscio.
Una luce che filtra dallo spiraglio della porta aperta li pone in
penombra mentre una triste melodia, in sottofondo, invade la scena)
GIORGI
Sa, don Giacomo? Anch’io, da giovane, frequentavo l’oratorio
della sua abbazia. In quei tempi preparammo anche noi un recital su
San Benedetto. Io ero negato per la recitazione, ma dipingevo bene
e mi chiesero di preparare le scenografie. Quell’affresco di San
Benedetto che è apparso a mia figlia l’ho disegnato io!
CALERÀ LENTO IL SIPARIO
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GIACOMO ROMANO DAVARE
PRIMA CHE IL TRENO PASSI Atto unico
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Il Teatro di Giacomo Romano DAVARE
n. 8
Premessa
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54
SCENA PRIMA
(Al levarsi del sipario l’ambiente si presenterà buio. La scena non
è ben visibile. Si ha l’idea di un ambiente fuligginoso. Il riflettore
illumina un giovane che dal fondo avanzerà verso il proscenio)
Paolo
PAOLO
Salve. Sono Paolo. Per la verità, per voi, lo ero. Qualche tempo fa.
Vengo spesso qua, ora che posso muovermi senza il peso del mio corpo.
Scendo verso il letto del fiume, poi risalgo fino al ponte della ferrovia.
Su quelle rotaie ho trascorso gli ultimi istanti della mia vita. Quel
giorno, non ero certamente serafico come vi appaio adesso.
Tornavo da Milano, dove frequentavo il primo anno di università.
SCENA SECONDA
(Dietro Paolo dal fondo, nella penombra entra un gruppo di ragazzi
e ragazze, chi con libri chi con cartelle per le mani)
Bepy, Sandra, Elena, Carla
CARLA
Guarda io non ricordo più niente.
SANDRA
Non dirlo a me. Stanotte non ho dormito. Sono ridotta uno straccio.
PAOLO
(è ancora distante dagli altri ragazzi) L’anno precedente avevo
sostenuto la maturità.
(breve pausa, farà un passo verso gli altri, poi si girerà ancora
dalla parte del pubblico)
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Aspetti per anni quel giorno; sei convinto che finalmente la scuola
ti darà la possibilità di vivere un giorno da protagonista.. invece..
(raggiungerà il gruppo dei compagni)
BEPY
Tu non entri a sentire la Betty?
PAOLO
Tra poco tocca a me. Preferisco rilassarmi un po’..
SANDRA
Confessa che non sopporti di vedere le moine che si fanno con il
professor Salvadori.
PAOLO
(dopo aver rivolto a Sandra uno sguardo corrucciato, con finta
indifferenza) Sai quanto me ne frega.
SCENA TERZA
(Dall’ipotetica stanza dove si svolgono gli esami entra in lacrime
Betty Moretti che poi esce di scena sul fondo. Dietro di lei il professor
Salvadori che, poi, si fermerà a parlare con gli studenti in attesa)
Salvatori e detti
SALVADORI
Betty, Betty, ascolti..
PAOLO
(lanciando uno sguardo furente verso Salvadori) La chiami pure
per nome..
SALVADORI
(fermandosi, rivolto a Paolo) Come?
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PAOLO
(girandogli le spalle) Niente, professore!
SANDRA
E’ andata male?
SALVADORI
Su una domanda di letteratura s’è bloccata. Eppure l’avevo sentita
più volte su questo argomento. La Moretti da l’impressione di una
ragazza che sa ciò che vuole, ma la sua è una maschera, dentro è
molto fragile.
PAOLO
(ironico, sempre girando le spalle al professore) ... e bisognosa d’affetto.
CARLA
Le abbasserete il voto?
SALVADORI
No, farò presente la situazione alla commissione. Otterrà il massimo,
non preoccupatevi .. e rassicuratela. (si girerà e tornerà nell’aula
dalla quale era uscito)
PAOLO
(come sopra) Guardi che non c’è nessuno di noi che si preoccupa
per il voto della Moretti.
SANDRA
Sei proprio antipatico.
PAOLO
(girandosi verso di lei, con un inchino) Grazie! Detto da te è un
complimento.
BEPY
Non sopporta che gli sia stato levato il bocconcino di bocca.
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PAOLO
(minaccioso) Stai a sentire, tu..
SANDRA
Ma volete piantarla! (i due compagni che si erano già lanciati uno
contro l’altro, si fermano)
E tu Paolo non faresti meglio se ti concentrassi sul colloquio che
stai per sostenere? Ho vuoi andare incontro anche tu ad un black
out? Guarda che tu non hai l’ottimo di presentazione della Moretti..
VOCE (da fuori, dall’aula dove si sta interrogando)
Paolo Marchetti.
PAOLO
(si alza, fa per andare verso l’ipotetica aula, poi compie un dietro
front e si avvicina la proscenio. I compagni lentamente raggiungono
il fondo e spariscono. La scena è buia a parte il segui-persona
che illumina Paolo)
Il mio esame fu più idiota di quanto non immaginassi. Il professor
Salvadori cercò in tutti i modi di aiutarmi. Ma peggiorò la situazione
in quanto io volutamente non rispondevo alla sue domande.
Allora interveniva lui stesso con qualche suggerimento. Del resto,
quell’esame era più che altro una vetrina per i docenti che sull’ora
abbondante di colloquio intervenivano per almeno tre quarti d’ora.
La presunta “maturità” veniva valuta sulla capacità mnemonica del
candidato di ripetere nozioni e concetti così come erano esposti nei
libri di testo o negli appunti dettati dai docenti. Nelle materie cosiddette
scientifiche ti facevano risolvere l’ennesimo esercizio del tuo
percorso scolastico. Nulla che facesse davvero emergere le capacità
di sintesi e di ragionamento, né tanto meno l’acquisizione di specifiche
competenze.
Nei cinque anni delle superiori avevo imparato a ingoiare veleno e
secernere antitodi in difesa del mio mondo interiore che si andava
formando autonomamente al di fuori e talora in antitesi con la supposta
«formazione» scolastica. L’unico obiettivo era prendere il
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«pezzo di carta» ministeriale. L’ impresa, mi riuscì. Anche se uscii
dall’esame piuttosto teso..
(torna verso i compagni ai quali si è aggiunta la Moretti che Paolo
fissa intensamente)
ELENA
(rivolto a Paolo) Allora?
PAOLO
Tutto sotto controllo. (indicando la Moretti che si è aggregata al
gruppo) Io non ho i suoi problemi. A me basta il minimo. Se occorre,
anche con la pedata nel culo. Lei invece ha bisogno del massimo,
la lode e il bacio in fronte del professore, e magari altro ..
BETTY
Sei un idiota. (gli volge le spalle e fa per andarsene)
PAOLO
(la ferma, prendendole un braccio) Aspetta!
BETTY
(si gira e lo fissa con sguardo di sfida) E allora?
PAOLO
(lasciando la presa del braccio di Betty) Niente!
BETTY
Forza dillo. (dopo un attimo di pausa, con intima agitazione) Dì
che sono una calcolatrice, che gioco con i sentimenti degli altri, che
i miei comportamenti non sono morali.. e con questo? Chi sei per
giudicarmi? Hai le fette di salame negli occhi? Ma guardati bene
attorno, anche nella tua stessa famiglia e rifletti!
PAOLO
(furente dà uno schiaffo a Betty) Non tirare mai più in ballo la mia
famiglia!
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BETTY
Sei proprio un idiota, un perfetto idiota. (gli volge le spalle e si
allontana)
SANDRA
Lo schiaffo potevi evitarlo..
PAOLO
Lasciatemi in pace..
(Dopo un attimo di pausa, i compagni di Paolo abbandonano la
scena)
SCENA QUARTA
Madre e Paolo
(la scena è ora rischiarata da due riflettori che illuminano Paolo
ed una donna entrata in scena durante il buio)
MADRE
(Lanciandosi verso Paolo) Paolo! Avevo paura di non trovarti più..
sai abbiamo trovato un traffico pazzesco, soprattutto sulla tangenziale
di Milano..
PAOLO
Senti, evita di fare scene..
MADRE
(risentita) Paolo, ho fatto trecento chilometri per assistere al tuo
esame!
PAOLO
E li hai fatti inutilmente, il mio esame è già finito.
60
MADRE
Ma io volevo vederti. Come potevo non esserti accanto in un giorno
così importante.
PAOLO
Beh, adesso, mi hai visto e puoi tornare alle tue faccende, cara
signora.
MADRE
(con un moto di rabbia) Sono tua madre!
(scoppierà in singhiozzi e stringerà a sé il figlio che rimarrà impassibile)
Perché sei così crudele con me! Il matrimonio con tuo padre è
stato uno sbaglio. Ma tu non c’entri con questo. Tu sei mio figlio,
ti ho desiderato, ho gioito nel sentirti dentro di me, nel darti alla
luce. E nei primi anni di vita ti ho allattato, cullato, coperto di
baci..
PAOLO
Perché le altre mamme non lo fanno?
MADRE
(dopo un attimo di pausa, rintuzzando le lacrime) Qualunque cosa
io dica, mi rimbecchi..
PAOLO
Papà si era offerto d’ospitarti..
MADRE
Paolo, non posso dormire a casa di tuo padre, ho un altro marito..
PAOLO
Potevi andare in albergo. Avremmo cenato o pranzato insieme
oggi..
61
MADRE
Mio marito ha un appuntamento nel primo pomeriggio, dobbiamo
rientrare quasi subito..
PAOLO
Vedi che per te è più importante tuo marito..
MADRE
Ma perché non ti sforzi di capirmi..
PAOLO
Ti capisco fin troppo bene.. E tu cerca di capire me quando ti diranno
che tuo figlio si droga, ruba o magari..
MADRE
(tradendo un’intima sofferenza, reagirà dando uno schiaffo a Paolo
che non avrà alcuna reazione)
Non le dire nemmeno per scherzo queste cose!
(scoppierà ancora in singhiozzi e stringerà a sé il figlio che
rimarrà impassibile)
(dopo un attimo di silenzio, nel quale guarderà sconsolata il figlio)
E tuo padre ?
PAOLO
Ha evitato di venire, per non crearti alcun imbarazzo . Così, come
sempre, ho fatto tutto da solo.
MADRE
(Abbracciandolo ancora) Oh, non sai quanto mi dispiace..
PAOLO
(svincolandosi) Mamma, smettila di abbracciarmi.. siamo nel corridoio
di una scuola. Sarà meglio continuare in un altro luogo le
nostre discussioni private.
62
MADRE
Si, hai ragione. C’è un bar all’angolo.. Ti aspetto là..
(si staccherà da Paolo, e con passo veloce e gli occhi umidi di
lacrime si avvierà all’uscita)
SCENA QUINTA
(la scena tornerà buia)
PAOLO
(illuminato dal segui-persona)
Dopo meno di mezz’ora mia madre se ne andò ed io tornai a casa da
mio padre. E’ un uomo buono, all’antica. Molto religioso.
Fisicamente è un uomo piacente e ha dei modi gentili. Ma questo è
un suo difetto, è un perdente. Nella nostra società per emergere devi
sfruttare gli altri o farti sfruttare. Lui vuole vivere onestamente del
suo e così vivacchia. Comunque, avrebbe potuto iniziare una nuova
relazione. C’è una sua vecchia compagna di scuola, anche lei gentile
e umile, che lo ha sempre adorato. Ma lui rispetta le regole civili e
religiose, da buon cattolico. (farà qualche passo verso il proscenio)
Avemmo una lunga discussione per ciò che riguardava il mio futuro.
Gli dissi che volevo arruolarmi nell’esercito. Certo era buffo che dopo
aver partecipato ad ogni tipo di manifestazione in favore della pace,
facessi il militare. Del resto tanti che vedevo alle manifestazioni pacifiste
e in favore dell’integrazione razziale, se le davano di santa ragione
e insultavano i meridionali e odiavano gli extra comunitari. Ma i
raduni fuori dalla Valtellina, magari con a seguire un concerto rock,
soprattutto per i benestanti e le figlie di buona famiglia erano l’occasione
per darsi al sesso, alla droga e all’alcol, lontano da occhi indiscreti.
Sfilare per la pace nel mondo faceva chic ! La pace in classe, con
i propri amici, dentro se stessi.. beh!, quella non interessava nessuno!
Mio padre si mise a piangere. Mi disse che sarebbe morto di dolore
al pensiero del suo unico figlio in giro per il mondo, con il terro-
63
re di vederlo tornare dentro una bara con una medaglia OK, come
dicono gli americani. Allora gli dissi che rinunciavo a fare il militare
ma avrei cercato di ottenere subito un impiego, anche come
cameriere. Ma mio padre era fissato: voleva il figlio laureato ! Così
iniziò la mia avventura presso l’Università di Milano.
QUADRO SECONDO
SCENA PRIMA
(un viale nei pressi di un’ipotetica università)
Bepy, Sandra, Elena, Carla, Paolo
BEPY
Del resto non trovando lavoro, frequentare l’università diventa una
scelta obbligata. E molti della stessa classe di Paolo ci ritrovammo
all’università. E alle piccole incomprensioni si aggiunsero ben più
seri problemi relazionali specie per noi che venivamo da un
ambiente chiuso e in qualche modo «protetto».
SANDRA
Certamente non era come arruolarsi per una missione militare. Non
si rischiava una raffica di mitra o di saltare su una mina anti-uomo,
ma per chi non ha una vera vocazione per lo studio c’erano altre
trappole. Inizi a fare un party con qualche wisky, poi ti fai una
canna.. Senza rendertene conto scivoli sempre di più. E soprattutto
senti che dentro di te aumenta il vuoto, il distacco con la vita, il
distacco con te stesso.
PAOLO
Incominciai a non frequentare più l’oratorio, spesso per il wek- end,
invece di tornare a casa me ne restavo a Milano. A mio padre dicevo
che passavo la sera da mia madre. E lui era felice. Ma mia madre
64
non la vedevo da tempo, dopo che avevo avuto un litigio con il suo
nuovo marito ed ero stato sbattuto fuori dalla loro casa. Il mio carattere
non era dei migliori.. e mia madre non ha mai saputo gestire le
situazioni. Dentro di me sentivo di odiare quella donna che non mi
dava l’amore di cui avevo bisogno.. E in quell’odio la accomunavo
a Betty della quale ero ancora innamorato. Se almeno lei.. Ma non
si può chiedere ad una ragazza di sostituire la propria madre. E non
si può chiedere agli altri di riempire la propria anima.
CARLA
Oggi la società ti abitua a «quotare» ciò che utile per «apparire». La
presenza, il divertimento, possibilità di avere tutto a buon mercato,
senza sacrifici, anche a costo di compromessi, ma tutto ora e qui. E’
un sistema che esclude il sacrificio, la fede, la generosità, la poesia,
la fantasia, l’altruismo, l’ amore intimo che non ha bisogno di essere
contraccambiato. Ma ciò che si ottiene a buon prezzo prima o poi
crolla, come i titoli in borsa.
ELENA
E ti rimane il vuoto dentro.. sei un fantoccio senz’anima. E una volta
perdendo il sentimento, non trovi più nemmeno le parole per comunicarle
«Gli uomini, comunicandosi le proprie idee, cercano di comunicarsi
le proprie passioni: l’eloquenza serve a tale scopo. Fatta per
parlare al sentimento, come la logica e la grammatica parlano alla
mente; l’eloquenza impone silenzio alla stessa ragione». E’ una frase
di D’Alembert. Il matematico del circolo degli illuministi francesi.
La frase la citò il mio professore di Matematica. I miei compagni lo
criticavano perché faceva filosofia.. La verità è che cercava sempre
di farci capire l’idea, il concetto che c’era dietro un procedimento,
una formula. «L’uomo pensa per concetti, non per formule», continuava
a ripeterci citando un altro matematico- filosofo, Withehead.
BEPY
Già.. ma le idee si adattano ai sentimenti.. e quando questi sentimenti
si sono abbrutiti, quando non sei più capace di sognare, di
65
piangere, di amare.. allora la fredda ragione ti propone idee disumane..
SANDRA
Ciao ragazzi, anche questa schifosa settimana è passata. Ci rivediamo
in valle.
(i ragazzi si salutano l’un l’altro. Rimane solo Paolo che si avvicina
al proscenio)
PAOLO
Quel venerdì pomeriggio presi il treno per tornare in Valtellina.
Un mio ex compagno di classe mi aveva presentato il regista di
una compagnia dilettante. Quella sera c’era una prova cui dovevo
partecipare. Ma c’era anche uno dei miei nuovi amici che mi
aspettava sotto un ponte ferroviario per darmi la mia prima
pozione di cocaina. E,.. naturalmente, mi aspettava pure mio
padre.
QUADRO TERZO
Un vagone ferroviario
SCENA PRIMA
Don Saverio, Sandra, Carla, Elena, poi Paolo
(Dal fondo arrivano: Elena, Sandra, Bepy e Carla, portando con se
delle sedie che disporranno le une di fronte all’altro in senso longitudinale
- dal proscenio verso il fondo – e a spina di pesce: le
distanze sono maggiori verso il proscenio di modo che i personaggi
non si coprano a vicenda. Questa impostazione delle sedie intende
simulare un vagone ferroviario. Entrerà in scena Don Saverio
che i ragazzi saluteranno con riverenza. Tutti siedono. Poi arriva
Paolo)
66
PAOLO
(si avvia lentamente verso gli altri. Rimarrà in piedi come per
guardare dal finestrino del treno) Come mai qui sul treno anche lei,
Don Saverio ? Torna anche lei da una lezione universitaria?
DON SAVERIO
Ti sembrerà strano, ma frequento l’Università.
PAOLO
Capisco, vuol fare carriera.
DON SAVERIO
No. Visto che insegno religione cattolica nelle scuole, voglio
studiare le materie degli altri colleghi per capire meglio il loro
punto di vista. Ma non è solo per questo. Voglio stare tra i giovani,
osservarli, incontrarli, parlare con loro, per capirli meglio.
Anno dopo anno mi accorgo, in oratorio, che dopo il primo
anno di università i giovani o non si fanno più vedere o cambiano
umore, sono poco disponibili al dialogo, ostentano diffidenza..
PAOLO
(distrattamente, come se non avesse ascoltato le parole del don)
Ma guarda: sembra che ci sia dati un appuntamento. Cos’è una riunione
catechistica?
SANDRA
E sempre così al venerdì. Se prendessi anche tu il treno tutte le settimane,
lo sapresti.
PAOLO
Già, negli ultimi mesi spesso sono rimasto a Milano..
DON SAVERIO
Segno che ti ci trovi bene ..
67
PAOLO
Non lo so. La città mi piace. Spesso faccio lunghe passeggiate.
Qualche volta sono stato a teatro.. Ma ho paura del chiasso, del frastuono,
dell’anonimato. Mi vengono strane idee.
Tengo sempre il balcone chiuso, perché quando mi affaccio sento
un’irresistibile voglia di fare un volo. La mia stanza è al sesto piano.
DON SAVERIO
E’ lo stress per gli esami..
PAOLO
Non credo, ne ho dato appena uno in sei mesi..
DON SAVERIO
Hai più visto Betty? Dicono che è andata a vivere a Milano con un
uomo sposato.
PAOLO
E’ il suo stile.
CARLA
E il professor Salvadori?
BEPY
Lei non lo saluta quasi più! Se l’era tenuto buono per avere dei bei voti.
SANDRA
Sei ingiusto nei confronti di Betty. Io credo che ne sia stata davvero
innamorata del professore. E’ un uomo con un gran fascino. Lo
ascolteresti ore ed ore. Ma parlare è l’unica cosa che sa fare. Ed
anche se uno che ti dice cose che ti fanno sognare, se continua a
ripeterle, prima o poi ti stanca.
PAOLO
E Betty è una che si stanca presto, di tutto..
68
SANDRA
Non per dire, Paolo, ma con te si stancherebbe chiunque. Sei sempre
teso, con la rispostina pronta ed un muso lungo fino a terra. Ma
datti una regolata. Guarda, cambio vagone.
BEPY
Io vengo con te. Paolo lo lasciamo con don Saverio. Magari lo confessa!
(Bepy, Carla e Sandra si allontanano)
DON SAVERIO
A pensarci bene sono mesi che non vieni a confessarti. Ti confessi
a Milano, adesso?
PAOLO
No, don Saverio. Semplicemente non mi confesso.
DON SAVERIO
Hai tagliato i ponti con la Chiesa?
PAOLO
Lo dica pura nel modo più esplicito. Ho tolto Dio dalla mia vita.
DON SAVERIO
Credo che gli rimanga un bel po’ da fare anche senza dover pensare
a te.
PAOLO
Se è per questo non credo si sia mai scomodato per me..
DON SAVERIO
Dipende dal punto di vista che assumi.
PAOLO
Sarebbe?
69
DON SAVERIO
Se tu pensi che non esista, o anche che esiste ma non ha tempo di
interessarsi di noi, allora è un entità inutile per la nostra vita. Ma se
senti, con il dono della fede, che esiste, che è la fonte della nostra
vita, del nostro essere, allora capisci che si è interessato di te né più
né meno che di quanto non si interessi di qualunque essere terrestre
ateo o credente che sia. Perché lui sa anche quello che tu non sai e
non sospetti nemmeno.
PAOLO
Anche che sono tentato di trasgredire?
DON SAVERIO
Come.. drogandoti, per caso?
PAOLO
Potrebbe essere.
DON SAVERIO
Sentimi bene, Paolo: vi sono molti giovani che scivolano nei baratri
più profondi per colpa del vizio. Come dice San Paolo « la passione
crea consuetudine, e la consuetudine travia la volontà». Ma
nel tuo caso non sono i vizi ma la mancanza di forza di volontà a
spingerti sul ciglio del burrone. Tu hai voglia di farla pagare agli
altri. E credi che il miglior modo per farlo sia quello di far male a
te stesso.
PAOLO
E se invece in questo baratro di cui lei parla ci fosse piacere, un’intensa
emozione, una via alternativa a questa stronza vita..
DON SAVERIO
Attento Paolo: non c’è nulla fuori di noi che possa contaminarci. E
da dentro che noi contaminiamo noi stessi.
70
PAOLO
(alzandosi di scatto) E’ proprio vero. Gli stessi discorsi alla lunga
stancano, cambio vagone anch’io.
(fa per uscire dalla parte di Bepy e Sandra)
DON SAVERIO
Stai pure dove sei, la prossima fermata scendo. Sai dove trovarmi..
e dentro di te, nel profondo della tua anima, sai come ritrovare te
stesso e Dio .. (esce)
SCENA SECONDA
PAOLO
(torna a sedere e si prende il viso tra le mani) Non ce la faccio più..
PADRE
(avvicinandosi a Paolo) Sono liberi questi posti?
PAOLO
(togliendo le mani dal volto) Si.. (con aria sbigottita) Papà, cosa ci
fai sul treno?
PADRE
Sono venuto a Lecco per trovare Giovanna..
PAOLO
Perché non la sposi, almeno non dovresti stare sempre solo..
PADRE
Io ho te, Paolo ..
PAOLO
Si, ma a casa ci vengo così poco ..
71
PADRE
Ma vivo lo stesso con te, pensandoti, aspettandoti, anche se le attese
sono lunghe ..
PAOLO
(bofonchiando, a bassa voce) Sei il solito idiota..
PADRE
Cosa?
PAOLO
Niente.. (dopo una breve pausa, tradendo un intima agitazione)
Cosa mi aspetti a fare ? Credi che io ci venga volentieri a casa? Ma
proprio non lo capisci che preferirei non venirci proprio.
PADRE
So che vai più volentieri da tua madre, io non sono geloso per questo..
il mio amore nei tuoi confronti non dipende da quanto tu me
ne dimostri. Sei mio figlio. Solo questo conta, basta questo per
farmi felice. Anche se non vieni a trovarmi.. ma so che sei bravo,
che ti fari strada.
PAOLO
Ma come fai ad essere così ingenuo? Mi madre non la vedo da tre
mesi. E non la vedrò più, ne lei ne quel distinto signore che se la gode..
PADRE
Sei ingiusto nei confronti di tua madre. Finche è stata con me mi ha
dato tutto il suo amore.. e un figlio..
PAOLO
Tu vivi d’illusioni papà.. non ti rendi conto della realtà. Ne ho abbastanza
della mia famiglia, di mia madre e di te.. Voglio farmi una
vita tutta mia, voglio vivere, non vegetare..
72
PADRE
Davvero non ti capisco. Non possiamo permetterci certi agi, ma in
fondo il minimo indispensabile per andare avanti negli studi non ti
manca. Qual è il problema?
PAOLO
Sei tu il problema!
PADRE
Cosa?
PAOLO
Si, tu. Con il tuo perbenismo, il rispetto per gli altri, il rispetto per la
parola data.. il mondo in cui vivi tu e nel quale vorresti farmi vivere,
non esiste.. E la cosa peggiore è che non te ne rendi conto. La maggior
parte dei miei amici si droga, il professore che tu per anni mi hai
portato ad esempio si scopava la mia compagna, il pretino che ti affanni
ad ossequiare si sbronza e dice parolacce durante i campi estivi..
PADRE
Ti proibisco di dire queste cose..
PAOLO
Io posso non dirle, ma sono vere lo stesso..
PADRE
Paolo! Non ti riconosco più.. hai perso la testa..
PAOLO
Si ho proprio perso la testa.. e tra poco la perderò materialmente..
rotolerà dal lato di un binario. (volge la spalle al padre e si avvia
dalla parte opposta)
PADRE
Paolo cosa dici? Dove vai. Aspetta parliamo.. (gridando) Paolo!
(la scena rimarrà per breve tratto al buio)
73
PAOLO
(un riflettore lo illuminerà, mentre tutto il resto è in ombra)
Arrivati in stazione dissi a mio padre di andare a casa da solo perché
io dovevo prima andare alle prove della compagnia. Gli affidai
la mia valigia per portarla a casa. Ma i miei passi non si diressero
verso la sala dove mi aspettavano gli altri attori. Sotto il ponte della
ferrovia mi aspettava il mio amico con la «roba». E’ paradossale,
ma i soldi mi li aveva dati mio padre. Gli avevo detto che dovevo
comprare un manuale universitario.
QUADRO QUARTO
(Una pedana con sopra un legio. A fianco della pedana una poltrona,
sedie, un attacca panni, un tavolino sul quale si trovano
copioni teatrali)
SCENA PRIMA
Regista, Elena, Sandra, Carla, altri attori di una filodrammatica
REGISTA
Come mai Paolo non arriva?
ELENA
Non lo so. Il treno da Milano è arrivato da un pezzo.
SANDRA
Forse era stanco. In questi ultimi giorni aveva sempre una particolare
aria depressa..
REGISTA
Cominciamo lo stesso.. Inizia tu Elena, vai al leggio..
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ELENA
(prende posizione al leggìo. Sarà illuminata dal segui-persona,
mentre il resto della scena sarà avvolta dal buio)
Chi può dire ciò che s’insinua nell’animo umano..
chi può leggerne i reconditi pensieri,
chi può capirne l’irrefrenabile ansia,
la profondità dell’angoscia..
chi può arrestarne i tormentosi pensieri..
(la scena rimarrà per un attimo al buio, si sentiranno le note di un
pianoforte)
SCENA SECONDA
Padre
PADRE
(Apparirà sul lato opposto della scena rispetto ad Elena,, illuminato
dal segui-persona, sta parlando al telefono)
Pronto, sono il padre di Paolo. E’ per caso li da te?
Cosa? Doveva andare a fare le prove in teatro? Si , provo a chiamare
la regista.
(Appoggerà la cornetta e farà un altro numero)
Pronto.. è la regista? .. volevo sapere se mio figlio.. Non si è ancora
fatto vedere.. Sia gentile, se arriva mi faccia un colpo di telefono..
Grazie..
(Appoggerà la cornetta e guarderà sconsolato avanti a se. Il seguipersona
si spegnerà)
75
SCENA TERZA
Sandra
SANDRA
(appare al leggio al posto di Elena. Sarà illuminata dal segui-persona,
mentre il resto della scena sarà avvolta dal buio)
La comunità unisce, la società dissolve..
La fede sorregge, la ragione tormenta..
(Si farà ancora buio, mentre si intensificheranno le note del un pianoforte)
SCENA QUARTA
Paolo
PAOLO
(Sarà inquadrato dal segui-persona, verrà avanti al proscenio)
Mentre mi recavo lentamente all’appuntamento con il mio amico,
le mie idee sembravano agitate da un frullatore. Quella «pozione»
mi portava alla rovina.. e nella rovina avrei trascinato mio padre,
mia madre, qualche mio amico. Magari un giorno, in crisi di astinenza,
avrei anche compiuto un crimine.. la mia coscienza era
ancora incatenata ai precetti religiosi.. al senso di rimorso. Volevo
sfidare la società, ma sentivo di non avere sufficiente coraggio.. ed
allora non mi rimaneva che sfidare Dio.. Dov’era ? Perché non mi
parlava? Sotto il ponte c’era la trasgressione.. e sopra il ponte tra
qualche minuto sarebbe passato il treno. Ed improvvisamente un’idea
mi balenò per la testa.. la strada ferrata.. il treno, lasciarmi staccare
la testa dal resto del corpo..
(la scena rimarrà per un attimo al buio, le note di un pianoforte si
faranno sempre più intense)
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SCENA QUINTA
Carla
CARLA
(riprende la sua posizione al leggio. Sarà illuminata dal segui-persona,
mentre il resto della scena sarà avvolta dal buio)
Se non ti importa più niente degli altri,
se non hai più voglia d’amare,
Se non hai più un sogno nel cuore,
se la vita ti sembra tutto un beffardo inganno ..
SCENA SESTA
Padre
PADRE
(Apparirà nello stesso posto di prima, sempre inquadrato dal
segui-persona. Avrà ancora con la cornetta del telefono in mano)
Ma come, non è ancora arrivato.. Ma allora dov’è che è andato..
Mio Dio.. non può davvero pensare di ..
(Appoggerà la cornetta e rimarrà per un istante con lo sguardo
sbarrato. Poi verrà vanti al proscenio quasi gridando)
Dico a voi, a tutti voi. Se mi state ascoltando, non state fermi, dovete
fare qualcosa.. qualcuno deve dirglielo al mio ragazzo.. vi prego.
Non spezzate la vita di questo padre.. i figli sono il nostro futuro..
non possiamo rinunciare al nostro futuro.
Se abbiamo sbagliato lo abbiamo fatto per loro. Abbiamo lavorato,
amato.. forse non abbastanza. Ma buon Dio!, non meritiamo che la
nostra generazione perisca in loro.
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Ma c’è qualcuno che mi sta ascoltando? C’è tanta gente che parte
per terre lontane per aiutare i diseredati, possibile che non se ne
trovi uno che vada qui a poche centinaia di metri a parlare con il
mio ragazzo? A spiegargli che anche la sua vita è importante?
Non si trova un educatore, un sacerdote, un poeta, o anche solo un
povero mendicante che gli spieghi che con tutti i suoi difetti questa
vita di bastardi occidentali è poi più umana di tante altre e comunque
degna di essere vissuta ? Vi prego qualcuno si muova, lo raggiunga,
glielo dica .. prima che il treno passi…
(si farà buio)
(Un lungo silenzio, poi il ritmico avanzare di un treno e subito dopo
lo stridere delle ruote sulla strada ferrate per effetto di una frenata.
Poi ancora silenzio. La scena rimarrà buia.)
VOCE RADIOFONICA
(si irradieranno le note di un violino che suona una romanza)
Ancora un suicidio di un giovane in provincia, in un momento in
cui sono in crescita i casi di alcolismo e di tossicodipendenza.
Questi fenomeni rappresentano una spia del malessere sociale
delle giovani generazioni che chiama in causa i nostri modelli
sociali e l’azione educativa delle famiglie e della scuola.
VOCE DEL PADRE
Genitori, educatori, fermatevi a parlare con i vostri ragazzi, parlate
ai loro cuori.. prima che passi il treno.
CALERÀ LENTO IL SIPARIO
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INDICE
Premessa Pag. 5
Personaggi » 7
Anteprima » 11
Prologo » 15
Atto primo » 28
Atto secondo » 84
Spartito Tarantella » 154
Il musicista Marco Pisoni » 155
80
Attività editoriale senza scopo di lucro.
NO PROFIT
Pubblicazione a cura della Fondazione Thule Cultura
Via Ammiraglio Gravina, 95 - 90139 Palermo
www.thule.too.it
La proprietà letteraria è riservata all’Autore
Finito di stampare da “La Tipolitografica” srl - Palermo
nel mese di Febbraio 2011
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