Tra due signori per bene

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TRA DUE SIGNORI PER BENE

TRA DUE SIGNORI PER BENE

Commedia in un atto

Di Valentino GAVI

PERSONAGGI

AVV.GUIDO ROSSI

SILVANA

ALBERTA

GIACOMO

CORNELIO

DOMESTICO

UN GIOVANOTTO

Cateragia per il Sito GTTEMPO

Salottino elegante in casa dell’Avv. Guido Rossi. Tra i mobili: un tavolino da tè, sul davanti a destra, e un divano in fondo a sinistra. Finestra nel fondo. A destra la comune e a sinistra altra porta che mette nella camera da letto. E' mattino.

Cornelio                        - (serve la cioccolata, sopra un tavolino da tè, poi rovi­sta fra le carte).

Guido                            - (entra, dalla porta che conduce nella camera da letto, in­filandosi la giacchetta).

Cornelio                        - (inchinandosi) Buon giorno signor avvocato.

Guido                            - (sedendosi al tavolino) Buon giorno. Novità?

Cornelio                        - La cioccolata è pronta.

Guido                            - Questa non è una novità. La bevo tutte le mattine.

Cornelio                        - (con leggero sottinteso) Ieri no, per esempio. Al­meno qui no.

Guido                            - Ieri? Ieri ero fuori...

Cornelio                        - (rigido e severo) Ah! le donne... Tutte eguali le donne.

Guido                            - Che c'entrano le donne? (Sta facendo la piccola cola­zione, servita dal domestico) Per ogni cosa tu mastichi contro le donne.

Cornelio                        - Tutte eguali. Non gliel'ho mai raccontata la mia storia? E' breve e comunissima. Ho sposato una donna che mi ha rovinato. Ecco che cosa mi hanno fatto le donne. Lei era ec­cessivamente bella e giovane, io eccessivamente vecchio per lei. Glie ne ho perdonate tante che non ho capelli in testa. Un gior­no spiccò il volo e addio.

Guido                            - (proseguendo nella sua colazione) Ed ora cosa fa?

Cornelio                        - Fa... quello che fanno tutte le donne giovani e belle e senza pudore. Quando non c'è pudore non si va che alla per­dizione. Per questo quando leggo certe notizie... Mah! signor avvocato, per esempio, ecco, non mi riesce di farle oggi i mieii rallegramenti.

Guido                            - (sorpreso) I tuoi rallegramenti?

Cornelio                        - Sì, per il suo atto di ieri... perchè ho capito che c'era di mezzo una donnina.

Guido                            - (che ha terminata la colazione, alza gli occhi stupiti in volto al domestico che sta sparecchiando) Ma che ti salta, vecchio mio? Forse le donne ti hanno dato al cervello?

Cornelio                        - (tornando presso l'avvocato con un fascio di carte in mano) Ma! idee pazze, è vero, signor avvocato. Eccole la posta.

Guido                            - (sorpreso di veder tanta corrispondenza e soprattutto i telegrammi) Quanta roba! Cos'è: il mio compleanno?

Cornelio                        - Perchè vuol farsi invecchiare, signor avvocato?

Guido                            - Beh! leggimi i telegrammi. (Accende beatamente una sigaretta).

Cornelio                        - (apre un telegramma, legge forte) « Congratulazioni vivissime. Dottor Mario Gabelli ».

Guido                            - (sorpreso) Oh! per che cosa si congratula?

Cornelio                        - (apre un altro telegramma) « Mandovi il mio plau­so entusiasta. Professor Piatto ».

Guido                            - (sobbalzando) Ma cos'è?...

Cornelio                        - (interrompendolo con la lettura di un terzo foglio) « Fiero, stringo la mano a tanto eroe. Tuo Strozzi ».

Guido                            - (alzandosi) Ma... Ma perchè mi stringe la mano? (Si odo squillare il campanello di casa).

Cornelio                        - (si ritira per andare ad aprire).

Guido                            - (rimasto solo afferra gli altri telegram-mi, li apre, li legge freneticamente passando di stupore in stupore) Ma qui c'è una folla che si congratula, che si felicita, che grida evviva...

Cornelio                        - (rientra).

Guido                            - (al domestico) Mi sai dire che cosa ho fatto io?

Cornelio                        - (porgendo una carta di visita) C'è una signora che chiede di lei.

Guido                            - (prende la carta, l'esamina, ha un sob­balzo e non sa nascondere l'intima gioia) Falla entrare, subito...

Cornelio                        - (via).

Guido                            - (si ravvia i capelli, si aggiusta la cra­vatta).

Alberta                          - (entra, bella, giovane, elegante, con il viso pallido d'emozione).

Guido                            - (le muove incontro e le prende la ma­no per baciargliela).

Alberta                          - (lo trattiene; con voce ansiosa) Amico mio: rassicuratemi per carità... Nessuna ferita, vero?

Guido                            - (s'arresta confuso) Quale ferita?

Alberta                          - Ah! sono contenta. Voi non sa­pete quale angoscia avevo nel cuore. Appena ho conosciuto la notizia sono stata presa da un dubbio atroce: E se fosse ferito? Vi sape­vo solo, senza un'amica, senza parenti... E co­sì mi sono decisa di venirvi a trovare. In caso di disgrazia avrei potuto esservi utile, non è vero?

Guido                            - (smarrito, senza capire il senso del discorso) Sono tanto felice di questa vostra visita...

Alberta                          - (interrompendolo) Dovete aver il sangue ancor tutto sossopra... State qui, buo­no, in riposo accanto a me. Non vi piace così? Poi adagio, adagio, mi racconterete. Vero che mi racconterete tutti i particolari?

Guido                            - (le prende improvvisamente la mano e, con tono implorante) Vi prego. Non con­tinuate. Altrimenti dovrò credere che vi bur­liate di me. Non siate crudele come sempre. Abbiate un po' di pietà per il mio amore.

Alberta                          - (guardandolo stupita) Vi «piac­ciono le niie parole?

Guido                            - Sono strane...

Alberta                          - Strane?

Guido                            - Voi mi avete chiesto se sono fe­rito...

Alberta                          - Non è naturale dopo che avete abbattuto il toro?

Guido                            - Il toro?

Alberta                          - Amico mio, siete voi che avete voglia di scherzare o di prendermi in giro. E questo mi addolora molto.

Guido                            - Vi giuro, signora...

Alberta                          - Allora lo fate per modestia. Ah! capisco. E' nel vostro carattere. Ma non po­tete più nascondere a nessuno il vostro eroismo.

Guido                            - Un eroe?

Alberta                          - Sicuro: è stampato anche sui giornali. Non li avete letti stamane?

Guido                            - No. Mi sono alzato tardi. Mezz'o­ra fa. Ero stanco: ieri sono stato fuori per af­fari...

Alberta                          - (con una smorfietta incredula) Conosciamo i vostri affari...

Guido                            - Perchè me lo dite ironicamente?

Alberta                          - (con accento caldo e sincero) No... no... Nessuna ironia. Ammirazione ho per voi. Ma raccontatemi il fatto. Voglio udirlo dal­la vostra voce ancora emozionata. Il giornale lo espone freddamente...

Guido                            - (prende un giornale che è sul tavolino e l'apre).

Alberta                          - (gli si avvicina per segnargli, coll'indice teso).

Guido                            - (legge con meraviglia) « L'atto eroico dell'avvocato Guido Rossi ». (// foglio gli casca di mano) Ma che scherzo è questo?

Alberta                          - Perchè volevate che non si sa­pesse? (Raccoglie il giornale e prosegue la let­tura da lui interrotta) « In seguito ad una fra­na che ha interrotto la linea ferroviaria di X. discendeva all'albergo del Giglio il noto av­vocato Guido Rossi della vostra città accom­pagnato dalla sua gentile signora... ».

Guido                            - (dando in una risata) Ah! Ah! Si vede che questo corrispondente di provincia non sa che ho giurato di morire scapolo.

Alberta                          - Oh! ma sovente l'uomo presenta per moglie una dolce compagna di viaggio...

Guido                            - No, signora mia: non assecondate questa burla! (Riprende il giornale e legge ad alta voce) « Con una brigata di amici trascor­reva in lieta compagnia le ore della notte nel bel salone dell'albergo. Ma, ad un tratto, udite dalla strada le urla di alcuni passanti che cer­cavano scampo dalle furie di un toro, egli, u-scito con la rivoltella in pugno, affrontava la be. stia e con un colpo sicuro la fulminava...

Alberta                          - (si è alzata con gli occhi pieni di febbrile ammirazione, e gli ha preso una ma­no fra le sue) Lasciate che stringa questa vostra mano eroica!

Guido                            - (soggiogato da quella stretta, e dallo guardo appassionato di lei, abbandona il gior­nale) Alberta...

Alberta                          - (poggiando la testa sulla di lui spal­la) Alberta, sì... la vostra Alberta...

Guido                            - (rapito) Ma dunque non sogno? Hai capito finalmente quanto ti amo?

Alberta                          - (languidamente) Ora sì... Ora sono io ad amarti. Il tuo eroismo mi ha ine­briata.

Guido                            - (smontato) Per questo mi ami?

Alberta                          - Sì...

Guido                            - E se io non avessi ucciso nessun toro ?

Alberta                          - Non dire... non dire...

Guido                            - Se vi fosse un equivoco?

Alberta                          - (crolla il capo, sempre affondato contro la spalla di luì, e non vuole sentire quel­le ragioni) Ti amo perchè sei temerario. Me ne hai dato una prova grande. Nell'uomo mi seduce la forza e l'ardire. Tu possiedi tutto questo. E sono venuta a dirti che hai vinto, che sono tua, che puoi fare di me ciò che vuoi.

Guido                            - (inebriato attira a se la donna e la bacia sulla bocca lungamente. Ad un tratto si ode bussare all'uscio. Guido si allontana da Alberta e grida seccato) Avanti! Che c'è?

Cornelio                        - (entrando) C'è un signore che vuole parlare con lei subito. (Gli porge una carta di visita).

Guido                            - (legge il nome e, agghiacciato, porge il biglietto ad Alberta) Fai attendere, suo­nerò.

Cornelio                        - (via).

Alberta                          - (tutta tremante) Mio marito?!

Guido                            - Già...

Alberta                          - Che facciamo?

Guido                            - (si alza sconvolto dalla paura).

Alberta                          - (lo trattiene per un braccio ed ha un grido soffocato) Ah! Guido... non am­mazzare anche lui!

Guido                            - (indicandole l'uscio della camera da letto) Nasconditi qui...

Alberta                          - (avviandosi) Abbi pietà di lui... (Via).

Guido                            - (suona per il domestico).

Cornelio                        - (compare subito).

Guido                            - Introduci il signore.

Cornelio                        - Il signore è con la sua signora...

Guido                            - (con un sobbalzo) Il signore... Il signor Giacomo Ferri e con la sua signora?

Cornelio                        - Sì, signor avvocato.

Guido                            - Ma tu oggi vuoi farmi impazzire. Con la sua signora? non è possibile. La sua signora... (Guarda l'uscio della camera da cui è scomparsa Alberta) Non è possibile!

Cornelio                        - Quando c'entrano le donne tut­to è possibile!

Guido                            - Ma smettila con le donne e intro­duci il signore.

Cornelio                        - Va bene avvocato. E la signora?

Guido                            - (impacciato) Ma sì, fai entrare an­che la signora.

Cornelio                        - (esce e introduce subito Giacomo, assieme a Silvana, una elegante e giovane don­na, fittamente velata in viso, poi esce).

Giacomo                       - (con molta cordialità) Caro Gui­do. Ho bisogno di te. Conto sulla tua amici­zia.

Guido                            - (è rinfrancato dal tono cordiale del­l'amico, gli stringe la mano, ma non sa stac­care gli occhi di dosso alla donna, cercando di scorgere, sotto il velo, i lineamenti).

Silvana                          - (alzando improvvisamente il velo e mostrando un bel visino molto truccato) Ah! posso anche soddisfare la curiosità del signor avvocato. Tanto più che è un bel giovane. So­no franca? (Gli porge la mano che Guido strin­ge estatico) Intanto è bene rompere subito il ghiaccio visto che assieme ne abbiamo già com­binato delle belle!

Guido                            - (balbettando) Caro Giacomo... Gentile signora... Vi prego: siate franchi, sì... Ma siate anche chiari. E cercate di procedere con ordine... Altrimenti io oggi vi giuro, per­do la testa. (Si fa vento in viso con un fazzo­letto e siede su d'una poltrona) Seggano anche loro... Ecco, così... Posso offrire qualche cosa? Un caffè?un licruore ?

Giacomo                       - No, nulla.

Silvana                          - Sì, un liquore.

Guido                            - Per carità. Cercate di parlar uno alla volta. Sì? no? Ora io non so se avete det­to di sì o di no...

Silvana                          - Ecco. Io vi accontento subito. E mi snieso con la mia praticità. (Ha visto una bottìglia di liquore sul tavolino, la prende, l'e­samina, ne versa un bicchierino) Permettete? (Beve) Grazie. (Sempre rivolta a Guido) Ma sa­pete che siete un tipo molto strano e che mi piacete moltissimo? (Gli si avvicina gli pren­de una mano lo fissa negli occhi) Non dovete essere un donnaiolo, nonostante la fama che vi fanno gli amici. Ma sono contenta così. Ve­drete che vi Tarò oassare oiialòne giorno deli­zioso. E poi? Perchè no? Perchè non notrei di­ventare sul serio vostra moglie? Ah! Ah! questa sarebbe buffa. Senti, Giacomo. Dove sei?

Guido                            - (che ha continuato ad ascoltare la donna senza distogliere da lei lo sguardo, a quel richiamo si volta per cercare l'amico e veden­do che questi si è avvicinato alla porta della camera dov'è rinchiusa Alberta, balza in piedi e grida) Dove vai?

Giacomo                       - (tornando a sedere) Mi ritiravo in buon ordine.

Guido                            - Tu devi rimanere. Devi darmi del­le spiegazioni. Non sai che di là c'è la mia ca­mera da letto?

Giacomo                       - Lo so.

Guido                            - E allora? Vuoi andare nella mia camera da letto? Vieni qui, parla, spiegami che cos'è questo scherzo e manda via questa signora che non conosco e che non è la tua signora.

Silvana                          - Come potete dire che non sono la sua signora? L'avete forse in custodia voi?

Guido                            - (con un sussulto) Non dite frasi in­sensate...

Giacomo                       - Ora ti spiego tutto. Tu sai che io ero partito per Roma...

Guido                            - Sì. No         - Non so se lo ao.

Giacomo                       - Come? Se mi hai salutato prima della partenza.

Guido                            - Sei partito? Sta bene. E come mai sei qui allora?

Giacomo                       - Eccomi alla spiegazione. Un in­cidente di viaggio mi ha costretto a tornare al­l'improvviso. C'è stata un'interruzione sulla linea ferroviaria. Ho dovuto scendere a X.

Guido                            - Anche tu?

Giacomo                       - Perchè?

Guido                            - (con aria spavalda) Perchè anch'io ero su quel treno.

Giacomo                       - Tu? Ma benissimo. E a quale al­bergo sei sceeo?

Guido                            - All'albergo... all'albergo... (Cer­ca di ricordare il nome letto sul giornale).

Silvana                          - All'albergo del Giglio.

Giacomo                       - Ma no!

Guido                            - Sì, sì... all'albergo del Giglio.

Silvana                          - Lasciate che io vi osservi bene. Ma possibile che non mi ricordi di voi? A che punto siete arrivato della festa?

Guido                            - Della festa?

Giacomo                       - Ecco, senti... Lei la chiama una festa. Io ti dico che si tratta di un'orgia.

Guido                            - Un'orgia?

Silvana                          - Esagerato. Mai visto niente, que­st'uomo. La scena ve la descrivo io. Ci si era riuniti nella sala dell'albergo in otto o dieci per dimenticare l'incidente del treno e per brindare avendola scampata bella... Perchè, in fondo, poteva capitarci di peggio. Chi c'era dunque? Io, Giacomo, Alberto, Arnaldo, Silvio, Miranda, Lola... E forse c'eravate anche voi, av. vocato, sebbene non vi abbia visto.

Giacomo                       - A proposito: dove ti eri ficcato?

Guido                            - Te lo dirò dopo.

Silvana                          - Si è dunque ballato e bevuto un po'.

Giacomo                       - Un po'? Ubriacati, ci siamo. Ed ecco la causa dei guai. Ed il guaio più grosso, caro Guido, è proprio questa donnina.

Silvana                          - Senti, senti... Come se l'avessi cercato io.

Giacomo                       - Tu, proprio tu mi hai cercato. Quando nel ballare ti si è slacciata una scar­petta, ricordi? hai piantato il tuo cavaliere, sei venuta verso di me saltellando su d'una gamba e coll'altra protesa in avanti... « Per favore, mi allacci una scarpa ».

Silvana                          - Già. E lui, per allacciarmi la scar­pa, s'è messo a palpeggiare il piede, e piano piano, a lisciarmi la gamba con la mano. Cer­cava la scarpa, capite? E andava a cercarla al ginocchio. (Si avvicina a Giacomo e gli scocca un bacio) Sei un bel briccone...

Guido                            - (alzandosi con uno scatto) Ohe! dico... ci sono anch'io.

Silvana                          - Non date disturbo (Poi avvici­nandogli dolcemente) Siete geloso?

Guido                            - Voi state tranquilla e lasciate che il mio amico parli e mi spieghi perchè è qui con voi a farmi perdere tempo e pazienza.

Giacomo                       - Hai ragione amico mio. Ma io sono così confuso pensando che anche tu eri con noi... (Dopo una pausa, incerto e timoroso) Scusami tanto Guido: non hai letto i giornali stamane?

Guido                            - Altroché. E tu? Credevo anzi che tu fossi venuto qui per congratularti.

Giacomo                       - (imbarazzato) Per congratular­mi di che?

Guido                            - Dell'atto eroico. Non hai letto che ho ammazzato un toro infuriato?

Giacomo                       - (sudando freddo) Tu hai ammaz­zato?...

Silvana                          - (ridendo forte) Ah! Ah! questa è bella, questa mi diverte davvero.

Guido                            - Oh, perchè? Non sono coraggioso? Non è stampato su tutti i giornali?

Giacomo                       - O sono pazzo io, o sei pazzo tu...

Silvana                          - Tutti e due, credo io!

Guido                            - Non capisco queste tue parole.

Giacomo                       -Ecco, perchè,, vedi, il toro, capisci... fino a prova contraria, l'ho ammazzato io!

Guido                            - Tu?

Giacomo                       - Ascoltami. Eravamo dunque in baldoria nell'albergo, quando dal di fuori udim­mo improvvisamente urla, strepiti, un baccano d'inferno. Che c'è, che non c'è... Era il giorno delle disgrazie. Tutti ci precipiti amo alla por­ta. Un maledetto toro fuggito spargeva il ter­rore tra i passanti. Una confusione generale. Nel trambusto, vengo spinto fuori, in istrada. Allora, impaurito, mi armo di rivoltella e... prendo a scappare disperatamente. Dove? non sapevo. Quand'eceo... Accidenti ai sassi e allo champagne... Incespico, stramazzo, la rivoltella mi scappa di mano... spara. Dio mio! Che col­po. Credevo di essere morto io. (Si tasta ancora come per vedere se è ferito) Sangue non vedo. Coraggio. Quand'eceo una folla di gente ini si fa addosso, grida « Evviva l'eroe ». Mi si ri­porta in albergo in trionfo... perchè... perchè avevo ammazzato il toro. Sicuro: la mia rivol­tella, sparando, aveva colpito all'occhio il be­stione e il proiettile gli era arrivato al cervello. Cose da pazzi! Ho ben tentato di far capire che il colpo era partito per disgrazia e che io anzi, per lo spavento, mi promettevo che mai più sarei andato armato di rivoltella... Nossi­gnore. Non ne vollero sapere. Io ero l'eroe. Silvana qui presente mi si era attaccata al brac­cio e ogni tanto mi baciava...

Guido                            - (interessato) E poi? spiegami tutto che io veda finalmente chiaro in questa fac­cenda.

Giacomo                       - Vennero i giornalisti... vennero le autorità... E sempre mi sorpresero mentre Silvana mi abbracciava.

Silvana                          - Ero tanto commossa...

Guido                            - (esasperato) Allora dimmi: che c'entra il mio nome pubblicato sui giornali? Cos'è questa storia dell'atto eroico che mi si attribuisce?

Giacomo                       - Ah! perchè tu sei ben sicuro di non avere ucciso il toro?

Guido                            - Ma che toro. Io non ero su quel treno.

Giacomo                       - E neppure all'albergo?

Guido                            - Nossignore. Mai stato in quel paese.

Giacomo                       - Ah! respiro. Vuol dire che sono meno pazzo di quanto ho creduto. L'albergo del Giglio. Si può pensare un nome più inno­cente? E invece...

Guido                            - Ora devi dirmi tutto se non vuoi che racconti Paweniuja a tua moglie,.,,

Giacomo                       - (aitandosi spaventato e prendendo l'amico pr il bavero della giacca) No! Al­berta non deve sapere. Ed è per questo che so­no qui e che ho dato false generalità.

Guido                            - False generalità?

Giacomo                       - Non t'arrabbiare. Ti chiedo per­dono. Ma tu salvami.

Guido                            - In che modo?

Giacomo                       - Devi lasciare credere a tutti di essere stato tu ad uccidere il toro.

Silvana                          - Ah! Ah! Mi diverto come a una commedia.

Guido                            - (con un'occhmta alla porta della sua camera da letto) Parlate piano.

Giacomo                       - Dunque, a causa del così detto atto eroico, io ho dovuto dire chi ero e dare le generalità della donnina che mi accompagna­va. Ora io ho moglie. Tu lo sai. E conosci il caratterino della mia Alberta...

Guido                            - (nuova occhiata alla porta della ca­mera da letto) Oh!

Giacomo                       - Mi ama.

Guido                            - (c. s.) Ti adora.

Giacomo                       - Sì, grazie. Ma se venisse a sa­pere che l'inganno...

Guido                            - Guai!

Giacomo                       - Così... invece del mio nome ho dato quello d'un mio amico scapolo.

Guido                            - Tu hai dato il mio nome?

Giacomo                       - (abbassando il capo) Proprio così. « Avvocato Guido Rossi e signora ».

Silvana                          - (con un inchino) La signora sa­rei io. Mica brutta, vero? Le gambe poi... ha visto le gambe della sua signora?

Guido                            - Ora tutti mi crederanno un don­naiolo.

Giacomo                       - Ma chi non perdona a un avvo­cato di trent'anni di avere un'amante? Sei scapolo. Non hai legami.

Guido                            - (occhiata alla porta e. s.) Come puoi sapere che non ho legami? E se ne aves­si uno tenerissimo?

Giacomo                       - Non me l'hai mai confessato.

Guido                            - Eh? proprio a te dovrei confes­sarlo !

Giacomo                       - E poi c'è l'atto eroico. Vedrai, qualche bella donna ti cadrà, per questo, fra le braccia.

Silvana                          - Avrà da fare i conti con me.

Guido                            - Zitta voi. (Passeggiando esasperato) Già... bella reputazione... « Passa le notti con donne, s'ubriaca... ».

Giacomo                       - Questo sui giornali non c'è.

Guido                            - (senza interrompersi) Epoi tirapistolettate contro le bestie innocenti che pas­sano per la via. (Fermandosi improvvisamente dinanzi a Giacomo) E se quel toro fosse stato un uomo?

Giacomo                       - (esterrefatto, con un fil di voce) Hai ragione. Se fosse stato un uomo io l'am­mazzavo.

Silvana                          - Oh! la smettete di litigare? Vo­lete risolvere invece, di grazia, la mia situa­zione?

Guido                            - La vostra situazione? Che c'en­trate voi?

Giacomo                       - C'entra: il toro e... la signora!

Silvana                          - Cari miei. Io ho sempre pensato che una bella donna senza un amante, o un marito illustre, sia come una bottiglia del mi­glior champagne senza etichetta. Non la vuole nessuno. Orbene, io, grazie all'incidente d'ieri, mi sono trovata ad un tratto con la mia eti­chetta. Sicuro: io e X. sono ormai personal­mente conosciuta dalle persone più facoltose co­me la «ignora dell'avvocato Guido Rossi. Pen­sate, con tale nome, restando in quel paese, che carriera potrei fare, disposta naturalmente a tradire il mio celebre marito lontano...

Guido                            - Volete anche tradirmi?

Silvana                          - Ma no, che vi voglio già bene! (Tenta di abbracciarlo).

Un Giovanotto              - (alto, forte, spavaldo, ine­legante, entra improvvisamente dalla comune, dopo aver spinto indietro Cornelio che lo se­guiva tentando di trattenerlo. Col volto rosso dalla collera e gli occhi truci) Basta!

Giacomo, Guido e Silvana     - (sono balzati in piedi spauriti).

Giovanotto                    - Sono stufo di fare anticame­ra. Chi di loro ha ucciso il toro?

Giacomo e Guido         - (Si puntano Vun l'altro con Vindice teso).

Giovanotto                    - (alzando vieppiù la voce) E non tentate di prendermi a gabbo. (Si avvici­na al tavolo e vi butta sopra una grossa pi­stola) So sparare anch'io.

Silvana                          - (va a rincatucciarsi nella parte più lontana della sala).

Guido                            - (ha indietreggiato cautamente, verso la porta della camera da letto, che al momento opportuno viene socchiusa dal di fuori, in mo­do che Guido riesce a svignarsela dallo spira­glio. La porta si rinchiude subito).

Giacomo                       - (che ha visto l'amico scappare) Ah, vile! (Poi si rivolge al giovanotto) Ebbene, che volete?

Giovanotto                    - (sempre minaccioso) Io sono il proprietario del toro ucciso. Era la mia ricchezza. Il colpevole deve pagare. Chi è l'eroe?

Giacomo                       - (indicando l'uscio da cui è scom­parso Guido) L'eroe è lui.

Giovanotto                    - (per precipitarsi contro l'uscio).

Giacomo                       - (lo trattiene) Ma pago io!

Giovanotto                    - (remissivo) Quand'è così!

Giacomo                       - (cercando nel portafoglio) Ora non ho denaro sufficiente.

Giovanotto                    - (inalberandosi di nuovo) Su­bito, subito voglio essere rimborsato. In contanti. Quando c'è di mezzo un avvocato è finita.

Giacomo                       - Va bene. Calmatevi. Usciamo assieme e provvedere. (Avvicinandosi all'uscio della camera di Guido, batte con le nocche e chiama) Guido!

Guido                            - (senz'aprire, dal di fuori) Che c'è?

Giacomo                       - Esco un momento per una picco­la spesa. Compro il toro.

Guido                            - (c. s.) Buon viaggio, io resto chiuso.

Giacomo                       - (al giovanotto) Andiamo. Pagherò, ma almeno le corna dovrete mandarmele.

Silvana                          - Le corna?E che ne vuoi fare?

La voce di Guido          - Portano fortuna.

Giacomo                       - Senti l'eroe! Arrivederci, Silva­na. Attendimi, che torno subito. (Via dalla co­mune assieme al giovanotto che lo ha preceduto, dopo aver ripresa la rivoltella).

Guido                            - (sporge la testa cautamente dall'uscio) Sono andati?

Silvana                          - (avanzando) Sì, per fortuna.

Guido                            - (entra e rinchiude subito la porta del­la, camera).

Silvana                          - (gli si avvicina, seducente) Mi dai una sigaretta?

Guido                            - (di umore nero) Sono rimasto senza.

Silvana                          - (trae il portasigarette) Offro io.

Guido                            - (fa per servirsi, allunga la mano, poi la ritira).

Silvana                          - Che fai?

Guido                            - (la g iarda negli occhi) Voi avete gli occhi color topo. Un'indovina mi ha predetto che una donna cogli occhi color topo sarebbe stata la mia rovina. Dunque andatevene.

Silvana                          - Che orso! Non ti sei mai inna­morato?

Guido                            - No.

Silvana                          - Io m'innamoro almeno due volte la settimana.

Guido                            - Non sarai mai felice.

Silvana                          - Anzi! La mia è una felicità moder-na. Va dallo sciampagna di ieri notte agli abiti di domani, dal palco all'automobile, da un bel « pechinese » a un bel giovanotto.

Guido                            - (col pensiero ad Alberta) Se amerò una donna sarà per tutta la mia vita.

Silvana                          - Quanto sei idiota.

Guido                            - Basta!

Silvana                          - (gli si avvicina) A me piacciono gli idioti. (Si toglie il cappello che ancora ave­va in testa) Permetti?

Guido                            - (con un'improvvisa idea, prende il cap­pello, l'osserva, ne esamina minutamente il ve­lo fitto che ricopriva il viso di Silvana quando entrò).

Silvana                          - Vuoi esaminare anche il mio tail­leur? (Si accinge a sbottonarsi).

Guido                            - Sì, toglietevi il vestito.

Silvana                          - (mentre si spoglia) Ho sonno...

Guido                            - (come distratto, sempre preso da un suo pensiero) Anch'io.

Guido                            - (aiutandola a svestirsi, e. s.) Ma non sapete che io sono una persona per bene?

Silvana                          - Si vede, dal modo come mi aiuti...

Guido                            - Sono una persona seria, morale.

Silvana                          - Anch'io sono seria e morale. Che credi? Le guardie non mi hanno mai presa. E sono anche maritata.

Guido                            - (c. s.) Maritata? E vostro marito sa? Vostro marito tollera?

Silvana                          - Mio marito è un vecchio imbecil­le. (Ella è ormai in sottoveste) Non ti piaccio? (Tenta di abbracciarlo).

Guido                            - (l'allontana dolcemente e raccoglie in fretta il cappello e il vestito di lei) Attendete qui. (Va via dall'uscio della camera da letto che si affretta a richiudere alle sue spalle).

Silvana                          - (rimasta fuori,, dono aver picchiato coi pugni alla porta) Onesto è il colmo della distrazione: portarsi in camera il vestito e la­sciare fuori la donna!

Guido                            - (ricompare subito e conduce Silvana a sedere sul sofà).

Silvana                          - Non mi vuoi? Andrai noi a tro­varla ad ogni passo una ragazza come me?

Cornelio                        - Entra e resta esterrefatto dinanzi ai tre. Per la prima volta guarda in viso la donna e s’irrigidisce, come impietrito.

Silvana                          - (accostandosi a lui) Per ciò che riguarda la dignità sono come te. Vedo che ci inten d'amo.

Gutdo                           - Io ho sempre a srito con onestà...

Stlvana                          - E' strano che tu sia diventato un grande avvocato.

Guido                            - (ha un sobbalzo e fa ver variare, ma si interrompe vedendo anHrsi l'uscio della camera da letto e comparire Alberta).

 Alberta                         - (entra abbigliata con le vesti di Silvana e porta il di lei fitto velo sul viso).

Silvana                          - (balzando in piedi) Cos'è questo?

Alberta                          - (allunga il passo verso la comune).

Guido                            - (si affretta a condurre Alberta per un braccio, mentre fa segno a Silvana di star quie­ta. Rapido passaggio).

Alberta                          - (via dalla comune).

Guido                            - (ritorna verso Silvana).

Silvana                          - Chi è quella donna? Perchè si è presi i miei abiti? Oh! me li pagherai salati! (Prende a girare per la stanza nel suo intimo abbigliamento).

Guido                            - (si è affacciato a una finestra).

Silvana                          - (accendendo una sigaretta e corican­dosi sul sofà) Ma non importa. Vuol dire che resterò in questa casa per sempre.

Guido                            - (si ritira improvvisamente dalla fine­stra, spaventato, con le mani nei capelli) Dio mio! Giacomo ritorna. E' entrato nel portone. (Si siede sulla sponda del divano).

Silvana                          - (alzandosi va a sedere accanto a lui) Oh! non potremo mai stare un po' in pace?

Giacomo                       - (entra, tenendosi con una mano la guancia) Che schiaffo, amico mio!

Guido                            - Uno schiaffo?

Giacomo                       - Ho incontrato sulle scale una si­gnora che, dall'abito, dal velo fitto in viso, ho scambiato per Silvana. L'ho chiamata per no­me, tentando di fermarla. E lei, per tutta ri­sposta, gin uno schiaffo sonoro!

Silvana                          - Ah! Ah! Imparerai a fare il s'alio.

Giacomo                       - (senza badare al costume di Silva­na, viene a sedersi sullo stesso divano) Ora, amico mio, prima di tutto, offrimi l'aperitivo, che me lo sono guadagnato.

Guido                            - (suona per il domestico) Ma poi... scioglieremo questo imbroglio, spero.

Silvana                          - (seduta tra i due, cinse con un brac­cio nudo il collo di Guido e coll'altro il collo di Giacomo) Si sta tanto bene così.

Cornelto                        - (entra dalla comune e resta esterre­fatto dinanzi ai tre. Per la nrima volta guarda in viso la donna e s'irrigidisce, come impie­trito).

Silvana                          - (che anche lei l'osserva per la pri­ma volta in viso, ha un srido e si porta le mani agli occhi) Mio marito!

Giacomo e Guido         - (si alzano di scatto).

Cornelto                        - (puntando il dito contro la donna) Tutte le volte la incontro così... In quel co­stume, tra due signori per bene!

FINE