Tre poveri vedovi… inconsolabili!

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tre atti brillantissimi

di  ANTONIO GANDINO

LE PERSONE

ONORATO SGARRA, ex borsanerista, 55 a.

PAOLINO SGARRA, suo figlio, avvocato, 35 a.

MICHELE SGARRA, altro suo figlio, medico, 32 a.

LUIGI RASCHIA, ex borsanerista, 55 a.

LORENZO RASCHIA, suo figlio, 33 a.

Dottor BONI, farmacista, 55 a.

MEO BARCHETTA, barcaiolo, 45 a.

Una cittadina del Lago Maggiore. Oggi.

III    EDIZIONE

Proprietà letteraria dell'autore - Tutti i diritti riservati


DUE PAROLINE DELL'AUTORE

Cari amici, non ditemi che ho commesso un triplice uxoricidio per dar vita a una commedia ancora. Le tre ragazze, rimaste sempre dietro le quinte per disposizione categorica, non avendo un volto non destano rim­pianti... Veramente, quando diedi inizio al « Trittico » di questa vicenda teatrale Tre ragazzi in gamba cercano moglie - Tre mariti senza moglie -Tra poveri vedovi inconsolabili al « Trittico » non pensavo affatto. Fu il successo clamoroso della prima commedia, oltre tremila repliche in breve volger di tempo, a indurmi a rievocare questi « ragazzi » e i loro genitori per dedurre dai loro casi nuove ondate di buon sangue. Questo terzo lavoro mi è stato sollecitato da amici: - Dunque, non inventi più nulla intorno a Paolino, Michele e Lorenzo? - Ecco fatto: li ho resi vedovi per poterli riammogliare. Ma poi basta: questi personaggi non li incontreremo in altri lavori.

Chi ha recitato i primi due, reciterà pure i Tre poveri vedovi... incon­solabili! Chi recita quest'ultimo, andrà in cerca dei primi due e li metterà in scena, di sicuro. Le tre commedie possono recitarsi di seguito, tanto nel girone di andata, quanto nel girone di ritorno... Esse, infine, sono del tutte indipendenti e possono essere recitate isolatamente, a piacere. Il « Trittico » ha incontrato schietto successo dovunque. Non c'è nostra Filodrammatica che non l'abbia portato sulla scena. E' stato dato perfino in Argentina e nel Cile!

Questo, naturalmente, mi fa piacere; ma sono sicuro che anche voi ne provate soddisfazione.

E allora, stando così le cose, amici mici, coraggio e avanti!

Abbiatevi il mio fraterno augurio con il più affettuoso saluto.

A. Gandino


ATTO PRIMO

Il retrobottega d'un negozio di calzature. La comune in fondo, porta a destra e porta a sinistra. Un piccolo tavolo, rotondo, quasi al centro, con soprastante telefono. Si nota un certo disordine. Una poltrona molto co­moda ed elegante, fa bella mostra di sé. Qua e là, un po' dovunque, sca­tole di scarpe posate sulle sedie, sui mobili e sul pavimento. Mattino. Scoccano le ore nove, a un pendolo invisibile.

1

Nessuno in scena. Trilla il telefono, una, due, tre volte, invano. A un certo punto, prove­niente dal fondo, s'ode uno scalpiccio piut­tosto complesso. Uno alla volta entrano, senza parlare:

Sgarra (bell'uomo, di media statura, grasso e rubizzo, il tipo classico dell'ex borsaneri­sta, sui cinquanta cinque, vestito di scuro, con una faccia da funerale che consola. Va a sedere in un angolo e fa cenno agli altri di accomodarsi).

Raschia (ex borsanerista, allampanato, sui cinquantacinque, con due grossi baffi, serio, vestito di scuro anche lui, e lugubre come Sgarra. Va a sedere).

Boni (farmacista, occhiali sul naso, guarda a volte al di sopra di quelli, vesTito anch'egli di scuro, serio e macabro, come i prece­denti. Va a sedere).

Paolino (avvocato, sui trentacinque. Non ha il vestito scuro, ma la cravatta nera. Ap­pare, tuttavia, molto triste, addolorato, lon­tano. Va a sedere al tavolino).

Michele (medico, sui trentadue, anch'egli ve­stito di chiaro, cravatta nera, triste e addo­lorato come Paolino. Va a sedere vicino a lui).

Lorenzo (trentacinque anni. Molto triste e pensoso, cravatta nera, ecc. Va a sedere vi­cino a. Paolino e Michele).

(Pausa. Silenzio. Trilla, nuovamente, dopo un po' il telefono),

Paolino       (allunga svogliatamente la mano e dice, debolmente)  Pronto, Calzature Sgarra. (Al padre) Vuole sapere se apri i! ne­gozio più tardi.

Sgarra        (subito)  No, no, oggi niente. Oggi ri­mane chiuso.

Paolino       (al telefono)  No, signore. Oggi il negozio rimane chiuso. Sì,chiuso per luttuosa ricorrenza. No, signore. Oggi non ab­biamo voglia di parlare di affari. Telefoni domani. Grazie. Buon giorno.  (Riattacca).

Boni            Io non ho aperto la farmacia. Come si fa  a lavorare in un giorno come questo? Bisognerebbe   non   avere   sensibilità,   biso­gnerebbe non avere cuore.

Raschia      E' impossibile. Impossibile, il mu­lino è fermo e resterà fermo tutto il giorno,

Lorenzo      Hai fatto bene, papà. Anch'io non me la sentivo di lavorare. Andrò a casa, mi chiuderò nella mia camera, solitario, e vi resterò tutto il giorno a ricordare la mia povera Beatrice e a meditare sulla fralezza e sulla caducità delle cose umane.

Michele       Oggi non vado all'Ospedale. I miei malati, oggi faranno a meno di me.

Paolino       Ed io non vado in ufficio. L'ho già detto alla segretaria. Non ci sono, per nes­suno e per tutto il giorno.

Sgarra        Questo va bene; ma che cosa aspet­tate voi due? Su andate di là e fate cola­zione.

Michele       Io non mangio: non ho fame.

Paolino       Nemmeno io, non ne ho voglia.

Lorenzo      Quanto a me, è un anno che ho perso l'appetito.

Sgarra        Allora, ci vuole un liquorino. Un liquorino per tutti. Michele, svelto.

Boni            Lascia stare, Onorato. Non ne ho bi­sogno.

Raschia      Non è il caso.

Sgarra        Ne abbiamo bisogno tutti, invece. Aiuterà a scacciare la malinconia.

Michele       (avviandosi lentamente)  Per me, or­mai, la malinconia sarà la sola insepara­bile amica. (Esce a sinistra, affranto).

Paolino       Anche per me. Non rivedrete più il sorriso sulle mie labbra. Di questo dolore non me ne consolerò mai. (Poggia i gomiti sul tavolo e prende il capo fra le mani).

Sgarra        Un anno... E' già passato un anno dalla loro morte e pare un giorno.

Lorenzo      Ed io che debbo dire, allora? Paolino e Michele, almeno, non hanno figli ; ma io che ho due gemelli di tre anni... Bea­trice era l'angelo custode della mia casa, l'ancora di salvezza della mia famiglia, il mio rifugio nei momenti  di tempesta,  la

sola gioia dei giorni più lieti... Perduta.. Perduta, per sempre. Non riceverò mai più i suoi affettuosi scapaccioni... Mai più. Né mai più riceverò le sue schiaccianti... prove d'amore... Ah! Troppo dura la mia sorte; meglio sarebbe stato morire con lei, in fondo al fiume... E invece sono condannato a vivere!...

Boni            Davvero terribile sciagura... Tutte e tre, mentre voi tutti e tre, avete potuto salvarvi... Perché non avete salvato le vostre donne?

Paolino, Lorenzo, (Michele, che rientra da sinistra coi vassoi e sei bicchierini)  Di che ci accusa, dottore? Che potevamo fare? Aiutarle? Salvarle? E come?!...

2

Michele       E' una parola!... Voi non c'era­vate!... (distribuisce a tutti).

Lorenzo      Cinque metri sott'acqua!... E sudi­cia per giunta...! Non so davvero come sia riuscito a salvare me stesso.

Paolino       A stento ho potuto uscire dal fine­strino aperto, non senza bere molta acqua sporca. '

Lorenzo      Io poi ho dovuto sostenere un cor­po a corpo con un forsennato carabiniere che s'era messo in testa di arrestare... ad ogni costo i miei movimenti!...

Sgarra        (servendosi)  Questo, vedere, si gua­dagna con le gite collettive in pullmann! Un malore improvviso dell'autista, una tra­gica discesa lungo la scarpata, un tuffo nel fiume!... Ed ecco il bilancio: ventiquattro affogati!

Michele       E' un miracolo se fra gli otto scam­pati c'eravamo noi tre. (Bevono)

Sgarra        Lo so, lo so, purtroppo. Beh, inutile riparlarne, ora... quello che è stato è stato e indietro non si torna. (Posa il bicchierino sul vassoio)

Boni            Ormai, le recriminazioni sono super­flue. (Posa)

Raschia      Non ci rimane che ricordare quelle tre poverette e pregare per loro. (Posa)

Paolino       E' quello che facciamo, non è vero Michele? (Posa)

Michele       Io non la posso dimenticare la mia Anna. Nel mio cuore non c'è posto che per lei. (Posa)

Lorenzo      E nel mio non c'è posto che per Beatrice. Date le sue proporzioni, lo occupa tutto.

Raschia      Basta. Basta così. Non ne parliamo più. E' l'ora di andare a casa. (Si alza) La cerimonia è stata magnifica, e ili nostro do­vere l'abbiamo compiuto.

Boni            Ah, questo sì. Magnifico ed austero il catafalco, commovente l'organo, bravissimo il coro. (Assorto) Mah!

Sgarra        (Assorto)  Mah!

Raschia      (Assorto)  Mah! Vieni, Lorenzo, an­diamo a casa.

Boni            No, se permetti, Lorenzo verrà da noi a pranzo, oggi. Ci sentiremo un po' meno soli.

Raschia      Da te a pranzo?

Boni            Sì, abbiamo ucciso la faraona. (A Lorenzo) Verrai?

Lorenzo      Caro suocero... Veramente avevo deciso di chiudermi nell'isolamento e nella meditazione; ma se tu insisti, se tu dici che avete preparato la faraona... Arrosto?

Boni            Sì, credo, arrosto.

Lorenzo      Allora verrò; ma... con sacrificio.

Raschia      Quand'è così: sta bene. Arriveder­ci, giovanotti e... su con la vita. (Stretta di mano a Paolino e Michele).

Paolino       Grazie.

Michele       Grazie, signor Raschia.

Boni            Mi raccomando, Lorenzo. Niente lacri­me, eh? Non servono a nulla. Ricordati che sei un uomo e che devi essere forte.

Lorenzo      Cercherò di ricordarmelo, ma se penso... Se penso a lei, alla mia cara Bea... alla mia cara Beatr... (scoppia in lacrime e lo abbraccia)

Boni            Su, su via, andiamo, non fare così... Credi che non sia anch'io addolorato?... Cre­di che la morte della mia unica figlia, della mia povera Bea... della mia adorata Bea­trice, per il mio cuore di pa... di pa... (scop­pia in lacrime e abbraccia Lorenzo).

Lorenzo      (al pubblico)  E poi vuole consolare me!... Ma guarda un po'!...

Boni            (allontanandosi)  Hai ragione, hai ra­gione... Basta, basta... Andiamo. Ciao, Ono­rato, E grazie. (Stretta di mano ed esce, seguito da Raschia e Sgarra)

3

Paolino       (dopo breve pausa)  E allora, che cosa decidi, Michele?

Michele       Io? Nulla. Non decido nulla. Sono del tutto abulico.

Paolino       Invece dovresti reagire. Dobbiamo reagire. Scuotiamoci, perbacco!.,. Tu, Mi­chele, non hai forse i tuoi ammalati cui pensare? E tu, Lorenzo, non hai il mu­lino?..,

Lorenzo      Sì, sì, ho ilmulino, e ci penso... Ci penso a distanza... così, da lontano.

Paolino       Non vorremmo restare sempre qui, trasognati, nella contemplazione del pas­sato...

Michele       Ah, no. No. Hai ragione, Paolino. Ogni cosa ha un limite. Bisogna reagire. Reagiremo.

Paolino       Quanto a me ho già deciso ; vado nel mio studio e mi immergo nelle mie scartoffie.

Lorenzo      Bravo, Paolino!... Immergiti. E a me che cosa consigli?

Paolino       Te l'ho detto. Torna al mulino!

Lorenzo      Debbo  immergermi  nella farina?

Paolino       Immergiti nella farina, se questo ti fa piacere. Ma lavora, fa' qualche cosa.

Lorenzo      Seguirò il tuo consiglio; però, se permetti, rimango ancora un po' qui, per aspettare Meo, il barcaiolo.

Michele       Che vuoi da Meo?

Paolino       Viene qui?

Lorenzo      Era anche lui alla Messa. Uscendo di chiesa l'ho visto e gli ho dato un inca­rico.

Michele       Curiosa... Anch'io.

Lorenzo      Anche tu?!... Non lo sapevo!

Paolino       Oh, bella! Anch'io!... Straordinario...

Lorenzo      Un bel caso, però... Allora lo aspet-teremo qui, tutti e tre, insieme.

Paolino       Preferisco di no. Preferisco che papà non lo veda venire qui.

Michele       A pensarci bene, lo preferisco an­ch'io.

Lorenzo      Quando lo preferite voi... E' come lo preferissi anch'io.

Paolino       E' meglio che papà non venga a sa­pere che io... che tu... che noi, insomma, ab­biamo incaricato Meo di... di... Di che cosa l'avete incaricato?...

Lorenzo      Uhm... E tu?

Michele       Uhm... E tu?

Paolino       Bene. Non importa. Attenzione, c'è papà!

4

Sgarra        (dal fondo, con il camice scuro)  An­cora qui? Ho accompagnato Boni e Raschia per un tratto... Ebbene? Io penso che pos­siamo aprire il negozio. Tanto... A che gio­va? Il lutto, il dolore sincero voglio dire, è sentimento interiore e non deve essere un'ostentazione.

Paolino       Giustissimo. Il dolore c'è o non c'è. Se c'è, è sufficiente che ci sia. E se non c'è, è molto meglio non ostentarlo. (Estrae una cravatta colorata) E' un anno che por­to la cravatta nera e ne ho abbastanza.

Michele       Che cosa fai?

Paolino       Me la cambio. (Eseguisce)

Michele       Eh,  là... Non hai perduto tempo. Un anno va bene ma... non c'era tanta urgenza.

Paolino       Tu sei libero di portarla nera per tutta la vita, se ti fa piacere.

Sgarra        Ma sì, ma sì... In fondo è giusto. Un anno è trascorso ed anche le convenienze sono state rispettate. Un anno intero di au­sterità, di ricordo e di preghiere. Anche la Messa anniversaria è stata celebrata con solennità. Ora basta. Io vado ad aprire il negozio e voi farete bene a riprendere le vostre occupazioni. (Esce dal fondo)

5

Paolino       Ma si capisce... Ha ragione. Chi è morto giace e chi vive si dà pace. La vita ha pure i suoi diritti. E noi abbiamo diritto alla vita.

Michele       E va bene!... Quand'è così, la cambio anch'io. (Estrae di tasca una smagliante nuova cravatta colorata)

Paolino       Ah, volevo ben dire, io!...

Lorenzo      Toh, l'aveva già nella tasca, a por­tata di mano...

Michele       (cambiandola)  Il lutto dev'essere un sentimento e non una ostentazione. Una bella cravatta a colori dà un senso di allegria... direi di sicurezza. Ecco fatto. Che ne dici? Ti va?

Paolino       Benone!... E tu Lorenzo, che aspetti. La togli o non la togli?

Lorenzo      Ah, no. Io no. Non posso. Ma ne manca il coraggio... Io... Io non me la to­glierò mai!... Mi sembrerebbe una profa­nazione. (Si avvicina) Levatemela voi!... (Guarda in fuori, mentre Paolino gli toglie la cravatta)

Paolino       Mi pareva!... Lascia fare a me... (To­glie) E' presto fatto. Ecco qua. (Consegna a Lorenzo la cravatta nera che metterà nel­la tasca destra)

Michele       Ce ne vorrebbe una a colori vivaci, per Lorenzo.

Paolino       Aspettate, vado a prenderne una delle mie... (S'avvia a destra)

Lorenzo      Un momento... (Paolino si ferma) Vogliamo provare questa? (Estrae dalla ta­sca sinistra della giacca una cravatta viva­cissima)

Paolino       E l'aveva in tasca anche lui!... Ah figlio d'un... Beh, lasciamo andare. Dammi qua. (Gliela prende) Ora te la metto io.

Lorenzo      Beatrice perdonami!... Sono loro, Paolino e Michele che mi hanno trascinato sulla  via  dell'ingratitudine e della perdi­zione...

Michele       Ah, canaglia, non tentare di giusti­ficarti. Tu, come noi, non vedevi l'ora di toglierla.

Paolino       Ecco qua. Guarda come gli sta bene!...

Lorenzo      E' strano. Mi pare d'essere ritor­nato scapolo.

Paolino       Dici il vero!... Provo questa, sensa­zione anch'io...

Michele       Anch'io, per la verità... Ma, dimmi, Lorenzo, che cosa aspetti da Meo?

Lorenzo      Un giornale.

Paolino       (e Michele)  Un giornale?!...

Lorenzo      Sì, un giornale. Sapete, al mattino, mi piace dare un'occhiata alle ultime noti­zie. Che c'è di strano?

Paolino       Di strano c'è che anch'io ho dato incarico a Meo di acquistarmi un giornale e di portarmelo qui!...

Michele       Perbacco! Anch'io!... Anch'io!...

Paolino       Mi viene un dubbio atroce...

Lorenzo      Ho capito. Magnifico!

Paolino       Che cosa hai capito?

Lorenzo      Che io... che voi... il giornale... Ah, sarebbe davvero straordinario...

Paolino       Andiamo via subito, prima che papà lo venga a sapere.

Michele       E' bene che ce ne andiamo. Andre­mo incontro a Meo e gli impediremo di ve­nire qui.

Paolino       Ci mancherebbe altro! Quello è ca­pace di tutto. Anche d'un ricatto. Presto, andiamo! (Escono lutti e tre, dal fondo, alla svelta. Breve pausa, poi trilla il tele­fono, una, due, tre volte)

6

Sgarra (dal fondo, con una scatola per scar­pe) Pronto. Calzature Sgarra. Ah sì. Buon giorno, signora Pavone. No, non gliele ho potuto mandare perché ho dato vacanza, per oggi, al fattorino. Se lei avesse la cor­tesia di mandare qualcuno gliene sarei gra­to. Si grazie. Mandi pure. Buon giorno, si­gnora Pavone. (Apre la scatola ed estrae un paio di scarpe da uomo quarantadue, che esaminerà, da competente, mentre par­lerà con):

7

Meo            (dal fondo, giacca sul maglione, e berretto, con in mano tre copie dello stesso giornale, usi quotidiano qualsiasi)  Buon giorno, signor Sgarra. Ero venuto per... Ho visto il negozio aperto... Credevo restasse chiuso, oggi. Meglio così... Sono entrato e son venuto avanti. La disturbo?

Sgarra        No, no, non disturbi. Vieni pure, Meo. Siedi. Come mai da queste parti, vestito a festa?

Meo            Non mi ha visto? Ero in chiesa, alla funzione...

Sgarra        C'eri anche tu? Bravo, Meo... Si vede che sei un amico. Allora, oggi niente barca, niente lavoro.

Meo            Stamani no; ma dopo pranzo ho una gita a Baveno.

Sgarra        Allora quattrini, eh?

Meo            A dire la verità pochi pochi. C:è troppa concorrenza. E poi, con questi vaporetti. Sono sempre più scarsi coloro che preferi­scono la barca ed io, per tirare avanti, son ridotto a far tutti i mestieri: barcaiolo, fac­chino, corriere.

Sgarra         (Scarpe in mano)  Ah, così?

Meo            Purtroppo. Ho moglie e figli. Lei lo sa. E a questi chiari di luna c:è poco da scher­zare. Alle volte accetto commissioni e inca­richi di fiducia per rimediare pochi spic­cioli. Per esempio, questa mattina. Questa mattina ho avuto un incarico misterioso... A proposito, sono in casa il dottore e l'av­vocato?

Sgarra        Sono usciti proprio adesso con Lorenzo Raschia. Non li hai incontrati, venen­do qua?

Meo            No, signor Sgarra. Si vede che sono passati dall'altra parte. Io venivo da questa. (Accenna)

Sgarra        Che volevi da Paolino e da Michele?

Meo            Oh, nulla... Cose private. Bello quel paio di scarpe, signor Sgarra. Sembrano solide.

Sgarra        Lo sono. Sì, è un bel paio. Non tanto eleganti, ma robuste. E' un campione. Ne voglio ordinare trecento paia con numeri assortiti.

Meo            E questo che numero è?

Sgarra        Quarantadue.

Meo            Guarda! Proprio il mio numero. Eh, sì, un buon paio di scarpe come quelle, ver-rebbe a fagiolo.

Sgarra        Dicevi... Che cosa vuoi dai miei ra­gazzi?

Meo            Lei continua a chiamarli ragazzi, men­tre sono adulti da un pezzo.

Sgarra        Per me sono sempre dei ragazzi. E quel loro amico, voglio dire quel Lorenzo Raschia, lo è ancora di più. Bisognava ve­derli, poco fa, tutti e tre, tristi, depressi, affranti sotto il peso del loro immenso dolore... Uno spettacolo penoso. Come nel pri­mo giorno, dopo un anno. Mi hanno com-mosso.

 Meo           Ma davvero? Io, invece, ho l'impres­sione che non siano così giù di corda come lei suppone, signor Sgarra.

Sgarra        Ah, no? E che cosa te lo fa pensare?

Meo            Glielo dirò un'altra volta. Per ora le assicuro che... questo paio di scarpe mi pia­ce moltissimo.

Sgarra        Meo, Meo... Ti conoscono bene, or­mai... Tu sei un furbissimo scroccone; ma questa volta ti sbagli. Queste scarpe val­gono cinquemila lire e me le tengo.

Meo            Ma non gliele ho mica chieste, perbac­co! Soltanto detto che mi piacciono. E pen­so che ci sono, talvolta, informazioni che valgono più d'un paio di scarpe. Arrive­derla, signor Sgarra. (S'avvia)

Sgarra        Vieni qua, Meo. Vieni qua. Tu hai qualche cosa da dirmi. Se hai qualche cosa da dirmi, puoi dirla, diamine! Resterà tra amici.

Meo            E' una faccenda riservata.

Sgarra        Ti regalo un pacchetto di sigarette.

Meo            Fumo solo la pipa.

Sgarra        Ti do mille lire.

Meo            Ma che dice, signor Sgarra. Mi vuole offendere?

Sgarra        Insomma, che cosa vuoi?

Meo            Io? Nulla. Io non voglio niente. Accet­terei questo paio di scarpe, ma solo se lei insiste. Ma siccome lei non insiste non le accetto. (S'avvia) Arrivederla.

Sgarra        Vieni qua, testone!... Vieni qua. Prendi le scarpe e che Dio ti benedica! Prendile! (Le rimette nella scatola)

Meo            Me le regala? Davvero?

Sgarra        Sì, te le regalo.

Meo            Spontaneamente?

Sgarra        Spontaneamente il cavolo! Per for­za te le regalo.

Meo            (avviandosi)  Allora niente. Non le voglio.

Sgarra        (trattenendolo)  Ma sì, ma sì... Vieni qua. Te le regalo spontaneamente.

Meo            Ah, così va bene. Se è così, posso accet­tare ma soltanto per farle piacere, sa? Per­ché ho stima e amicizia. Non per altro.

Sgarra        Va bene, va bene. Fuori le confi­denze, ora. Presto!

Meo            Ma sicuro, signor Sgarra. Con lei che è un amico ci si può confidare. Lei non lo dirà a nessuno, eh?

Sgarra        Puoi esserne certo.

Meo            Ecco qua: tre copie dello stesso gior­nale. (Le posa sul tavolo)

Sgarra        Ebbene, tutto qui?

Meo            Eh, mi pare! Ce n'è abbastanza, no? Paolino, Michele e Lorenzo, in tutta segre­tezza, e all'insaputa uno dell'altro, m'hanno incaricato di acquistargliene una copia e di portargliela qui. In esecuzione di quest'in­carico io sono andato all'edicola, in città, ho acquistato le tre copie ed eccomi qua.

Sgarra        Io non ci vedo niente di straor­dinario.

Meo            Ah, no? Io si, invece. Su questo gior­nale, è chiaro c'è qualche cosa che interessa molto tutti e tre. Ne fanno tanto mistero...

Sgarra        Ma, non so, non capisco. (Esamina un giornale)

Meo            Nemmeno io capisco, però lei conven­ga che c'è sotto qualche cosa.

Sgarra        Ma! Sarà... I giornali, intanto li tengo io. Lasciali pure qua.

Meo            Non posso, debbo consegnarli agli in­teressati.

Sgarra        Ci penso io, non dubitare. Prendo io la responsabilità. Dirò che li hai lasciati a me, in loro assenza.

Meo            Tutti e tre?

Sgarra        Tutti e tre. Lasciali qua.

Meo            Ah, no! Non posso.

Sgarra        Allora qua le scarpe. (Meo si tira in­dietro)

Meo            Lei facezia? L'affare è concluso e le scarpe sono mie.

Sgarra        E questi giornali sono miei. Li ho pagati cinquemila lire, mi pare!... Tranquil­lizzati. Lascierò i giornali sul tavolo (li posa) così, e quand'essi verranno io farò lo gnorri.

Meo            Farà lo gnorri?

Sgarra        Sì, farò lo gnorri.

Meo            Allora, se lei farà lo gnorri, va bene. Posso andare.

Sgarra        Vai, vai, vecchio furfante. Vai.

Meo            Scusi, signor Sgarra, come si fa a fare lo gnorri? Non ne ho idea...

Sgarra        Si fa così... (Guarda per aria, con aria

scema)

Meo            Ah, così? (Imita comicamente)

Sgarra        Precisamente. Come vedi, c'è sem­pre qualche cosa da imparare. Ed ora vat-tene, vigorosa canaglia, vattene.

Meo            A rivederla, signor Sgarra. Buon giorno (via dal fondo)

Sgarra        (Apre una copia del giornale e leggic­chia) « Disastro ferroviario a Ginevra… Tumulti e sparatorie in Palestina... Il Ministro del Tesoro riferisce sul bilancio... Au­mento delle tariffe telefoniche... ». Io non ci capisco un accidenti. (Volta la pagina). « Cavolfiori, seicento lire al chilo... ». Mah! Eppure qualche cosa ci dev'essere... (Deci­samente posa il giornale e fa un numero di telefono). Pronto. Sei tu dottore? Sono io, Sgarra. Scusami se ti disturbo. Fammi il favore di venire qua un momento. No, non posso venire io... Ti dirò perché. Sei qui vicino, non hai che da attraversare la stra­da!... Si, grazie. E scusa. Ti aspetto. Ciao. (Riattacca, stacca nuovamente e fa un altro numero) Sei tu, Raschione? Benissimo. Te­mevo di non trovarti in casa perché so che oggi sei di riposo... Ma santo cielo, che cosa è questo rumore di macchine?... Non si ca­pisce un accidenti... Parla forte! Ah, bene, bene!"... Senti, salta sulla bicicletta e vieni da me di corsa. (Campanello). Debbo par­larti con urgenza. No, no, ti dirò dopo. Ti dirò tutto; ma vieni subito. Bene. Grazie. Ti aspetto. Ciao. (Riattacca) Così, tutti in­sieme vedremo di venirne a capo.

8

Meo            (dal fondo, sempre con la scatola)  Mi scusi, signor Sgarra. Sono ancora io. Ho da farle un'altra comunicazione.

Sgarra        Senti, se per questa vuoi un altro paio di scarpe, ne faccio a meno.

Meo            Ma no, ma no. Questa gliela faccio gratis.

Sgarra        Sentiamo.

Meo            Proprio adesso, ho veduto i tre vedovi melanconici, seduti al tavolino del bar, qui all'angolo, seriamente occupati a consumare un'abbondante colazione.

Sgarra        Ma no!... (Campanello) Non è pos­sibile.

Meo            Ho pensato di venirglielo a dire per di­mostrarle che la loro depressione morale non è poi disperata...

Sgarra        Già, già... Hai fatto bene. così saprò regolarmi quando verranno a raccontarmi delle favole.

Meo            (guardando fuori)  C'è qualcuno in negozio. E' il dottor Boni.

Sgarra        Lo so. Lo stavo aspettando.

Meo            Per carità, mi raccomando. Non dica niente.

Sgarra        Fila, fila. E non ti preoccupare. Vai,

Meo            Se quei tre lo vengono a sapere, sono rovinato.

Sgarra        Eh, mio caro, a questo mondo biso­gna pur correre qualche rischio. Soprattutto bisogna che ognuno accetti le proprie re­sponsabilità. A rivederci.

9

Boni            (dal fondo, col camice bianco, da far­macista)  E allora, caro Onorato, che c'è? Addio, Meo.

Meo            (uscendo)  Buon giorno, dottore. Buon giorno, signor Sgarra. (Via)

Sgarra        C'è che... che... Scommetto che hai aperto la farmacia!...

Boni            Ma si, l'ho aperta, poco fa... Che vuoi, io non resisto a stare con le mani in mano. E poi, tu lo sai com'è la clientela... Se ve­dono chiuso vanno da un altro. (Campa­nello)

Sgarra        E' quello che dico anch'io. Il lavoro è lavoro. Abbiamo dei doveri verso i clienti. e non bisogna mandarli ad altri.

10

Raschia      (dal fondo, in fretta, vestito da la­voro, infarinatissimo e con la bustina di. carta in testa)  Ebbene, eccomi qua! Oh, dottore. Anche tu, qui?

Boni            (stretta di mano)  Eh, già, mi ha tele­fonato di venire subito.

Sgarra        (stretta di mano)  Molto bene, molte, bene... Ma caro Raschia, tu stavi lavorando... a quanto pare!...

Raschia      Veramente non volevo; ma poi.... avevo un ordine di macinazione per sessan­ta quintali e, capirai, non ne potevo fare a meno.

Sgarra        Ma sicuro, ma sicuro... Hai fatto be­nissimo. Dunque, sedete; sedetevi qua e-date un'occhiata a questo giornale.

Boni            Ci hai chiamati per leggere il gior­nale!?

Raschia      Che ti prende, Onorato?

Sgarra        Vi stupirete meno quando saprete che su questo giornale c'è qualche cosa che interessa molto (a Raschia) tuo figlio, vale a dire (a Boni) tuo genero e i miei figli

Boni            E che cosa mai può interessarli?

Sgarra        Io non lo so. Lo vorrei sapere da voi, possibilmente.

Raschia      Sarà tanto più spiccio se glielo do­mandiamo, no?

Sgarra        Non lo possiamo fare. Dobbiamo sco­prirlo da noi!

Raschia      E chi te l'ha detto che Paolino, Michele e Lorenzo si interessano a questo gior­nale?

Sgarra        Non hai incontrato Meo, venendo qua?

Raschia      Sì, infatti l'ho incontrato per la strada.

Sgarra        Ecco. Meo ha avuto incarico da tutti e tre di acquistare segretamente il gior­nale. Uscito di chiesa è andato all'edicola di piazza centrale e poi è venuto qui, ma essi erano già usciti, probabilmente, per an­dargli incontro. Ora quei tre poveretti, sono lì nel bar all'angolo che lo aspettano...

Boni            Piangendo?

Raschia      Disperandosi?

Sgarra        No. Consumando una robusta cola­zione.

Raschia      Ah! Interessante!

Boni            Oh, perbacco, perbacco!... Tuttavia, a me non pare così straordinario come voi dite!

Sgarra        Ah, no? Si vede che tu dottore, hai poca memoria... Si vede che non ricordi niente. Ma io sì, e Raschione pure... Quan­do quei tre ragazzi si riuniscono, complot­tano sempre qualche cosa di spiacevole, per noi... E anche tu, Boni, dovresti saperlo.

Boni            E' vero!... Perbacco!... E' vero!...

Raschia      E allora?

Sgarra        Allora, diamo un'occhiata insieme a questo giornale e vediamo di capirne il se­greto.

Raschia      E va bene. Diamogli un'occhiata.

(Tutti e tre, seduti, una copia ciascuno, leg­gono, borbottando a mezza voce, qua e là, a caso, provocando un comico brusio, fino a quando non s'ode il solito campanello della porta d'ingresso del negozio).

Sgarra        (S'affretta alla porta di fondo e guar­da fuori)  Accidenti! Sono qua, tutti e tre!

Boni            Ebbene? Che dobbiamo fare? (Si alza) Raschia Dobbiamo scappare? (Si alza)

Sgarra        Subito. Sparite subito!... Via di qui. Non lasciatevi vedere. Posate lì i giornali, sul tavolo, e passate di là. Tu Raschia, nella camera di Michele (indica a sinistra) e tu, Boni, in quella di Paolino. (Indica a destra) Non debbono sapere che sic venuti qui. Li lasceremo soli. Voi cercherete di udire i loro discorsi e così sapremo tutto. Via pre­sto! (Posa il giornale sul tavolo)

Raschia      Siamo intesi. (Posa il giornale)

Boni            Che pasticcio, che pasticcio... Purché non succedano guai... (Posa il giornale. Escono: Raschia a sinistra, Boni a destra)

11

(Paolino, Michele e Lorenzo, dal fondo, seri seri, come prima).

Sgarra        Ebbene, come vi sentite? Più solle­vati, più su col morale?

Lorenzo      No, signor Sgarra. Niente da fare. Abbiamo provalo a lavorare; ma non ce la facciamo. Niente da fare. (Siede, affranto)

Sgarra        Su, via, non esagerate. Lo so che è una data dolorosa, questa, per voi; ma an­che per me, eppure, come vedete non mi abbandono alla tristezza in questa ma­niera...

Paolino       (sedendo affranto) Papà, tu non ci puoi capire.

Sgarra        No, no, io vi capisco!...iovi  capisco benissimo. Anche troppo.

Michele       Eh?! Che vuoi dire? (Siede, affranto)

Sgarra        Nulla. Non intendo dire nulla di più di quanto ho detto.

Paolino       Papà, è venuto Meo?

Sgarra        (con noncuranza)  Si è venuto non appena eravate usciti. Ha lasciato questi giornali e se n'è andato. Se non avete ve­glia di lavorare, divertitevi con la lettura delle ultime notizie. Io ho da fare di là, in negozio. Arrivederci. (Esce rapidamente dal fondo)

12

Paolino       (dopo essersi guardato in giro)  Mi pare un po' strano... Che ve ne pare?

Michele       A me non pare.

Paolino       Ha pronunciato certe mezze parole...

Lorenzo      Che ha detto?

Paolino       Che ci capisce bene... che ci capisce anche troppo. Che dubiti qualche cosa?

Michele       Ma va'...

Paolino       Comunque sia, Meo ha fatto male a lasciare qui i giornali. Io gli avevo detto di consegnarmelo personalmente.

Michele       Forse non avrà dato importanza alla cosa,

Lorenzo      Uhm... E' vero che di Meo non ci si può fidare troppo. Forse la colpa è solo nostra. Non dovevamo rivolgerci a lui.

Paolino       Ormai è fatto. Lasciamo andare. I giornali sono qui ed è giunto il momento di parlarci chiaro, fra noi. Fra di noi non ci debbono essere segreti. E' vero o non è vero che su questo giornale ci interessano gli annunci matrimoniali?...

(A questo pre­ciso punto, Sgarra fa capolino, dal fondo, ma si ritira subito)

Lorenzo      Come lo sai? Michele Chi te lo ha detto?

Paolino       Lasciamo andare! E' vero o non è vero?

Michele       Ebbene, si, è vero. Inutile negarlo.

Lorenzo      E' vero, Paolino... Confesso umil­mente il mio peccato... Che volete, amici mici, io non sopporto la solitudine. E poi, ho due bambini, due bei frugoletti... piccoli piccoli, alti così... (accenna, molto bassi, con la mano) e una donna ci vuole...

Michele       E a me no? Chi bada alla mia casa, chi ha cura della biancheria, chi mi pre­para il pranzo? E poi, e poi... da solo mi prende la malinconia... Voi mi capite.

Lorenzo      Altro che, se ti capisco!... A perfe­zione, ti capisco al volo, a rotta di collo!...

(A questo preciso punto Raschia e Boni fanno capolino, il primo da sinistra, il se­condo ad destra; ma si ritirano subito)

Paolino       Non crediate che io sia diverso da voi. Senza una moglie, io sento di non poter continuare.

Michele       Va bene, va bene, siamo tutti d'ac­cordo, tutti e tre, come sempre siamo stati in passato. Questo mi fa piacere.

Lorenzo      Sempre in gamba, eh? I tre ragazzi sono econtinuano ad essere in gamba.

Paolino       Veniamo al sodo. Io ho fatto un'in­serzione matrimoniale su questo giornale.

(A questo preciso punto, tutti e tre i geni­tori fanno capolino, ciascuno dalla propria parte, e sgranano tanto d'occhi, poi subito si ritirano)

Michele       Anch'io! Anch'io l'ho fatta!

Lorenzo      L'ho fatta anch'io!... Beatrice per­donami!...

Paolino       E' tanto naturale che sia così... Io ho pensato che iniziando una relazione con una brava ragazza scegliendola fra molte, ma una ragazza di fuori, non di questa cit­tadina, la faccenda avrebbe avuto carattere di maggior riservatezza ed avrei evitato chiacchiere superflue.

Lorenzo      Lo stesso, lo stesso... Io ho pensato la stessa cosa!...

Michele       Anch'io lo stesso! Pare incredibile, ma è proprio vero!...

Paolino E' giudizioso e giusto. In tal modo nessuno verrà mai a sapere nulla, se non a cose fatte, vale a dire a pubblicazioni avve­nute, sull'Albo del Comune.

(I tre genitori, contemporaneamente, fanno capolino. Que­sta volta resteranno con la testa fuori fino alla fine)

Lorenzo      Ma si capisce! così bisognava fare!... così va "bene!... Ed ora, avanti, ve­diamo un po' queste inserzioni!

Michele       Ecco qua, la mia. (Legge) « Giovane medico, vedovo, senza figli, conoscerebbe signorina o vedova di buoni sentimenti, gio­vane, bella, ricca, casalinga, modesta, sem­plice, di buon carattere, scopo matrimonio.. Rivolgersi Unione Pubblicità, eccetera, ec­cetera ». Che ve ne pare?

Paolino       Benissimo! Va benissimo!

Lorenzo      Ma come sei modesto, mio caro.... Vedo che ti sai contentare.

Michele       Non va bene? Paolino dice che va bene.

Lorenzo      Lo dico anch'io!... Perbacco, Buo­na, giovane, casalinga, modesta, semplice, bella, ricca... Va benissimo! (A Paolino) Vediamo la tua.

Paolino       (legge)  « Giovane avvocato, vedovo, senza figli, conoscerebbe signorina illibata, bella, ricca, sana, disposta coadiuvare stu­dio legale, casalinga, brava cuoca, scopo: matrimonio. Rivolgersi, eccetera, eccetera ». Eh?

Lorenzo      Di bene in meglio!... A meraviglia!.... Hai escluso le vedove, però. In compenso, hai pensato alle cuoche.

Paolino       A me le vedove non garbano. Le giu­dico pericolose. Temo portino sfortuna.

Lorenzo      Ma va'... Sciocchezze. Tutte scioc­chezze. Ascoltate la mia. (Legge) « Giovane simpatico, romantico, proprietario mulino, vedovo con due gemelli di tre anni, nemico della solitudine, conoscerebbe robusta, ener­gica signorina o vedova morigerata, anche povera, scopo matrimonio ». (A questo pun­to i tre genitori, fanno irruzione, contemporaneamente. I tre vedovi scattano in piedi, lasciando cadere i giornali)

Sgarra        Ah, mascalzoni!...

Boni            (contemporaneamente)  Ah, canaglie!

Raschia      Ah, figli di cani!


ATTO SECONDO

La stessa scena. Quindici giorni dopo. All'aprirsi del velario Sgarra e Meo, quest'ultimo con una piccola garza al lato destro della fronte, tenuta da un cerotto, conseguenza d'un infortunio.

1

Sgarra        Insomma, ti vuoi o non ti vuoi spie­gare?

Meo            Non ho capito niente.

Sgarra        Ti ho domandato che cosa vuoi.

Meo            Brutto affare, signor Sgarra. Dopo l'in­fortunio stradale della settimana scorsa (indica le orecchie) ... più niente. Non ci sento più.

Sgarra        Ah, sì? Non potevi dirlo subito? Meo Una bella disgrazia. Sono rovinato.

Sgarra        Devi rassegnarti, mio caro. Forse, col tempo, guarirai.

Meo            E' stato quel cretino che ha voluto far­mi salire sulla sua motocicletta... per anda­re a sbattere contro un albero... Ha suonato il clacson ma l'albero non si è spostato... e allora sono caduto ed ho perduto i sen­si... Quando mi sono riavuto ero all'ospe­dale...  completamente sordo.

Sgarra        Oh, poveretto.

Meo            Il farmacista Boni è venuto subito a trovarmi.

Sgarra        E che cosa ti ha detto il dottore?

Meo            Sì, mi sono svegliato dopo un paio di ore. (Campanello)

Sgarra        Va al diavolo.

Meo            Come vuole: siedo al tavolo. (Ese­guisce)

2

Boni            (dal fondo, col camice bianco)  Debbo andare al diavolo?

Sgarra        Ma no, dottore. Dicevo qui, a Meo. Vieni, vieni avanti.

Boni            Come va, Meo?

Sgarra        Non sente un accidenti: è completa, mente sordo. Vero, Meo?

Meo            Verissimo!

Sgarra        Eh?!... Allora hai udito!...

Meo            No, no, affatto! Non ho udito niente.

Boni            Qualche volta, solo qualche volta. E’ sordo a intermittenza; ma tutti lo credono continuativo. Ad ogni modo tu, Meo, va pure dove devi andare. Debbo parlare un momento con il signor Sgarra. (Indica di andare, con la mano)

Meo            Come ordina, padrone... A rivederci, si­gnor Sgarra. A rivederci, dottor Boni... (Via dal fondo)

Sgarra        (e Boni)  Addio, Meo. Ciao.

Boni            Meo ci sta rendendo un servizio pre­zioso.

Sgarra        Qui c'è un imbroglio. Che razza di pasticcio mi sta combinando? E' sordo o non lo è?

Boni            (sottovoce) Lo è e non lo è.

Sgarra        Sempre più complicato. Se ti spie­ghi meglio mi fai un favore.

Boni            Sono venuto qui apposta. Devi sapere che dopo l'incidente mi sono precipitato al­l'ospedale per avere sue notizie ed ero pre­sente solo io quando s'è riavuto.

Sgarra        Questo lo so. Va avanti.

Boni            Ho subito visto che non c'era nulla di grave.

Sgarra        Ah, no?

Boni            Lievi lesioni alla fronte, ora completa­mente rimarginante.

Sgarra        Ma, allora...

Boni            Allora m'è venuta un'idea. Per qualche giorno ancora si fingerà sordo.

Sgarra        Ah, così?!

Boni            Sì, Meo lavora per noi. Gli ho dato un anticipo e gli ho promesso un grosso regalo se m'aiuta in un certo affare.

Sgarra        Comincio a capire.

Boni            Bada che è un segreto. Tu sei il solo a sapere che finge. Nessuno, capisci, nessun altro dovrà esserne a conoscenza.

Sgarra        Sta tranquillo.

Boni            Meo frequenta ogni giorno Paolino, Michele e Lorenzo... Essi, come tutti, lo cre­dono sordo... Hai capito?

Sgarra        No.

Boni            Ascolterà i loro discorsi e prima o poi verrà a sapere quali siano i loro progetti, quali i loro piani matrimoniali e noi saremo in grado, all'occorrenza, d'intervenire e di sventarli.

Sgarra        Straordinario!... Machiavellico!... Bravo, dottore!

Boni            Sarà come avere il nostro cavallo di Troja nello schieramento nemico, un com­plice  nella  fortezza  avversaria.

Sgarra        Meraviglioso!... Diabolico!... (campa­nello) Attenzione, c'è qualcuno in negozio.

Boni            Però, bada, sai. Nemmeno a Raschia.

Sgarra        Ma si capisce! Se lo sapesse lui, lo saprebbero tutti in meno di mezz'ora. Non temere: io so tacere. (dal fondo) C'è suo figlio, Lorenzo. Forse viene a cercare Paolino e Michele.

3

Lorenzo      (dal fondo, con un pacchettino di lettere, in tasca)  Buon giorno, signor Sgarra.

Sgarra        Buon giorno, Lorenzo.

Lorenzo      Buon giorno, caro ex suocero mio.

Boni            Come? Ex suocero? Che significa? Non lo sono forse più?

Lorenzo      Eh, no, mi dispiace; ma dopo la morte di tua figlia, mia ex moglie, tu non sei più mio suocero.

Boni            Oh, bella! Questa è nuova.

Sgarra        Questa non l'avevo mai sentita.

Lorenzo      E' tanto chiaro, tanto semplice! Morta la moglie, scomparso lo suocero.

Boni            Ma io sono ancora vivo!

Lorenzo      Si potrà venire tutt'al più a un com­promesso, se proprio ci tieni. Resterai mio suocero onorario.

Sgarra        Di bene in meglio!

Lorenzo      E' naturale. Poniamo il caso ch'io mi decida a impalmare un'altra ragazza...

Boni            (e Sgarra)  Eh?! Come?!

Lorenzo      Sì, dico, se io decidessi di convolare a seconde giuste nozze, acquisterei un nuo­vo suocero e una nuova suocera... E, voi capirete, con questo genere di parentela non conviene esagerare... (campanello)

Boni            Sei un bel tipo, va là... Io non so dav­vero dove le vada, a pescare...

Sgarra        (nostalgico)  Eh, i giovani... i giova­ni... Mah! Con permesso. Mi chiamano. (via dal fondo)

Lorenzo      E' venuto qui mio padre, stamane?

Boni            Non lo so. Non lo potevi domandare a Sgarra? Perché lo domandi a me?

Lorenzo      Va bene. Domanderò a lui. A te domanderò un'altra cosa: prestami diecimila lire.

Boni            Va a farti friggere! Io sono un suo­cero onorario, chiedile aquello legittimo. (via dal fondo, rapidamente.)

4

Lorenzo      (al telefono, fa il numero e parla con circospezione)  Pronto, Signorina, per fa­vore c'è l'avvocato?... Sì, me lo chiami. (breve pausa) Pronto. Paolino. Sono io, Lorenzo. Telefono da casa tua. Sì, sono an­dato proprio ora all'ufficio postale... Sì, sì... C'è... C'è... Ho già ritirato il mio pacchetto. C'è anche quello di Michele. No, lascia stare, a Michele telefono io. Ma tu vieni su­bito. Trovati al Bar della Stella, qui vicino a casa tua... Sì, d'accordo. (Campanello) Ciao, a fra poco. (Riattacca e poi fa un al­tro numero; ma quando sta per parlare, dal fondo entra)

5

Michele       Ah, sei qui. Ti cercavo.

Lorenzo      (riattacca)  Guarda! Io cercavo te. Ecco qua il mio pacco. (mostra un pac-chettino, con timbri e francobolli, legato con uno spago. Dovrà essere di dimensioni tali da poter entrare anche con sforzo, nel­la tasca della giacca)

Michele       Ed ecco il mio. (mostra un pacchettino analogo).

Lorenzo      Ah, bene!... Io l'ho ritirato proprio adesso allo sportello dell'ufficio postale.

Michele       Anch'io, pochi minuti fa.

Lorenzo      Allora possiamo cominciare.

Michele       No, non qui. Di là c'è mio padre, può venire qualcuno.

Lorenzo      Io ho già avvertito tuo fratello Paolino di trovarsi al bar di fronte, nella sa-letta appartata, sai... nessuno ci disturberà.

Michele       Molto bene. Andiamo là. Quante ce ne saranno...

Lorenzo      Mah! Una cinquantina, suppongo

Michele       Sono molle.  Ci  sarà di  che  sce­gliere...

Lorenzo      Eh, sì. Ad ogni modo io ho deciso di sposarne una sola.

Michele       Lo voglio sperare.

6

Sgarra        (dal fondo, camice scuro)  Ebbene?

Michele       (e Lorenzo, imbarazzati, cacciano in tasca il pacco; ma si vede fuori per metà). Ciao, papà. Ora dicevo qui a Lorenzo... che... Sì, dobbiamo subito uscire insieme... An­diamo, Lorenzo?

Sgarra        Dove andate?

Michele       Affari.

Sgarra        Affari?

Lorenzo      Affari privati, signor Sgarra. Priva-tissimi.

Sgarra        Lo sapete che Meo è completamente sordo?

Lorenzo      Ma no!

Sgarra        Completamente sordo.

Michele       Ho sentito dire qualche cosa, infatti l'altro giorno.

Sgarra        Sapete, dopo l'inciderne della moto­cicletta... E' venuto qui, poco fa... Poveretto. Dicono che non ci sia più niente da fare.

Michele       Un caso interessante. Uno di questi giorni lo voglio visitare.

Sgarra        Ma tu non sei uno specialista.

Michele       Non importa, posso fare anch'io la mia diagnosi. Vieni, Lorenzo. A rivederci, papà. Torneremo più tardi.

Sgarra        Che avete di bello, nella tasca, di così voluminoso?

Michele       Ah, niente. Sono lettere... Lettere di riconoscimento dei miei ammalati.

Sgarra        Te ne hanno mandato un pacchetto, così, tutto in una volta?

Michele       Eh, sì, come vedi. Appunto.

Sgarra        E tu Lorenzo? Anche tu lettere di riconoscenza?

Lorenzo      Ah, no... Io no... Questa è una busta d'un campione di farina di ceci che mi sono fatto spedire dalla Sicilia...

Sgarra        Guarda, guarda... Farina di ceci... dalla Sicilia...

Lorenzo      Che ci trova di straordinario?

Sgarra        Oh, nulla, figurati. E Paolino? Dove è Paolino? E come mai non è qui con voi?

Michele       Che ne so io di Paolino. Sarà nel suo studio, fra le sue scartoffie.

Sgarra        Anche lui ha ricevuto lettere e fa­rina di ceci?

Lorenzo      Ma no, signor Sgarra, ma no... Paolino ha ricevuto un campione di sementi.

Sgarra        Sementi? Quali sementi?

Lorenzo      Sementi della curiosità. Buon gior­no, signor Sgarra. A rivederla. (Via in fret­ta, con Michele dai fondo)

Sgarra        Ah, sì? Ora gliela dò io la semente della curiosità. (al telefono forma un nu­mero)  Dottore?   Sono Sgarra. Bada che  i tre vedovi si riuniranno fra qualche minuto nel bar della Stella qui vicino. Avverti su­bito Meo. Presto, mi raccomando. Sì, sì, gliel'ho detto. Lo credono completamente sordo.

7

Raschia      (dal fondo, infarinato)  Ciao, Ono­rato.

Sgarra        Ciao, Luigi.

Raschia      Ho visto mio figlio uscire con Mi­chele. Dove sono andati?

Sgarra        Al Bar Stella. Raschia A far che?

Sgarra        Credo a leggere in santa pace le ri­sposte alle loro inserzioni matrimoniali.

Raschia      Come lo sai?

Sgarra        Lo so perché ho visto nelle loro mani i pacchi della corrispondenza ricevuta.

Raschia      Sarebbe interessante ascoltarne la lettura.

Sgarra        Qualcuno ascolterà per noi, non du­bitare.

Raschia      E chi mai?

Sgarra        (sottovoce)  Meo.

Raschia      Impossibile. Proprio adesso tuo fi­glio Michele mi ha detto che Meo è com-pletamente sordo.

Sgarra        Senti, Luigi, in confidenza: non è vero niente.

Raschia      Che cosa non è vero? (campanello)

Sgarra        Che Meo sia sordo.

Raschia      Ah, no?

Sgarra        No. Meo è nostro alleato. Si fa cre­dere sordo: ascolterà e ci dirà tutto.

Raschia      Magnifico! Interessante.

Sgarra        Mi raccomando. Il dottor Boni me l'ha detto in segreto e non vuole che lo si sappia. Non devi assolutamente dirgli che te l'ho detto.

Raschia      Riposa tranquillo. Onorato. Cono­sci la mia discrezione, perbacco!

8

Boni            (dal fondo)  Molto bene. Eccovi qua tutti e due.

Sgarra        Beh? Quali novità.

Boni            Le novità le avremo fra poco, mio caro, e grosse. Il cavallo di Trova sta per entrare in azione.

Raschia      Cavallo di Troja? Quale cavallo?

Boni            Tu Raschione, non puoi capire.

Raschia      Io non capisco perché non ti spieghi o non ti sai spiegare.

Boni            Eh, no. Non è che non mi sappia spie­gare; è che non mi voglio spiegare.

Raschia      Ah, beh, quand'è così...

Sgarra        Io direi che... in questo caso... Dicia­moglielo, dottore?

Boni            Per carità! A lui? Lo saprebbero su­bito tutti quanti.

Raschia      Meno storie, meno storie! M'avete chiamato no? M'avete fatto venire per dir­mi qualche cosa, no? E allora, ditemela, non siate così misteriosi.

Boni            Ti piacerebbe, eh?  Ci mancherebbe

altro.

Raschia      Ebbene, con tua buona pace, voglio darti un dispiacere: io lo so.

Boni            Lo sai? Che cosa sai?!

Sgarra        Luigi, lascia perdere...

Raschia      Tutto. Che Meo non è sordo, che i tre vedovi in questo momento sono al Bar della Stella occupatissimi a leggere le ri­sposte alle loro inserzioni matrimoniali e che tu credevi che io non lo sapessi.

Sgarra        E' andata!

Boni            (A Sgarra) Ah, lazzarone... Gliel'hai detto tu!...

Sgarra        Ma sai dottore, io ho pensato che, dopo tutto...

Boni            Sei più linguacciuto e pettegolo d'una serva disoccupata.

Sgarra        Un momento; linguacciuto e pette­golo... serva disoccupata.

Boni            E' proprio vero: non ti si può confi­dare niente. Me ne ricorderò. Raschia Su via, non drammatizziamo...

Sgarra        Ma vedi, caro dottore, la cosa inte­ressava, pure lui ed io ritenevo che... In-somma, sì, gliel'ho detto. Che male c'è?

Raschia      Non vedo nulla di male, in tutto questo. Non avevamo stabilita una comune linea d'azione? Non era stato convenuto di marciare insieme fino in fondo?

Boni            Ma sì, ma sì... E va bene: è stato con­venuto...

Sgarra        Oh, meno male. Tanto prima o poi lo avrebbe saputo ugualmente.

Boni            Marceremo insieme fino in fondo; ma d'ora in poi saprò regolarmi...

Sgarra        E poi... E poi, se penso a quei tre poveri vedovi così giovani ancora... Vi con­fesso che, in fondo, non posso dare loro torto...

Boni            Ohé, Sgarrane, che ti prende!

Sgarra        Per la verità, vi debbo dire che non sono contrario alla loro iniziativa; sola­mente desidero vederci chiaro per impedire una sciocchezza. Una buona moglie è buona compagna. Il difficile è trovarla.

Raschia      Hai ragione, Onorato. (cattedratico) Una buona moglie è la fortuna, della fami­glia, una cattiva moglie è la rovina della famiglia.

Boni            Guarda, guarda... Sgarra Non è forse vero?

Boni            Ma certo! Ma sicuro che è vero. Chi lo nega?

Raschia      Lasciatelo dire a me che ho per­duto la mia tre anni fa.

Sgarra        E, sinceramente, non hai pensato a risposarti?

Raschia      No, non ho mai pensato a risposar­mi, perché fino a qualche mese fa avevo mia sorella Sofronia che badava alla casa e a tutto il resto; ma ora che la povera Sofronia non c'è più sento davvero la man­canza d'una donna.

Boni            E non hai forse la persona di servizio?

Raschia      Ma sì, ce l'ho, ce l'ho la persona di servizio; ma non è la moglie, non è la so­rella.

Boni            E' la persona di servizio, naturalmente. Povero Raschione, perché non fai un'inser­zione?

Raschia      Sai, c'è poco da sfottere.

Sgarra        (a Raschia)  Che cosa vuoi che capi­sca lui, che non è vedovo... Lui queste cose non le capisce.

Boni            Invece capisco benissimo che siete tut­ti e due precocemente rimbambiti.

Raschia      Un momento, dottore! Questa pil­lola non la mando giù, sai?

Sgarra        Farai bene a controllarti alquanto. Cosa credi? Che siamo due ragazzoni inca­paci di critica e discernimento?

Boni            No, no. Credo solamente che avete una aria da scemi che commuove.

Raschia      Dottore, bada! Io sono paziente e tollerante; ma entro determinati limiti.

Sgarra        Lascia perdere, Luigi. I ragli d'asino non arrivano alla stratosfera.

Boni            Asino? A me? Come ti permetti. Sgar­rone? E tu chi sei, calzolaio della malora?

Sgarra        Io sono un modesto calzolaio, questo è vero; ma è altrettanto vero che non de­rubo il mio prossimo vendendogli boccette d'acqua sporca!

Boni            Ah, questa non te la perdono, Onorato. Questa me la pagherai!

Raschia      Sentilo, come strilla. Se la prende perché l'hai punto nel vivo, Ah, ah!

Boni            E taci, dunque, tu che hai fatto milioni con la borsa nera e la farina bianca!

Raschia      Bianca o nera: l'occasione era buo­na e viva la faccia di chi s'arrangia.

Sgarra        Bah, ora basta! Dopo questo basta! Facciamola un po' finita, smettiamo di liti­gare fra di noi ogni volta che ci vediamo. Non ci conviene. Tanto, alla fine, ci ritro­viamo tutti d'accordo.

Raschia      Dici bene: è proprio vero.

Boni            Del resto, litigare è un sano esercizio e fa bene. E' come uno sfogo necessario, è come liberarsi dalle tossine accumulate nel sangue... (campanello)

Raschia      Le tossine le accumuliamo se com­periamo le tue specialità farmaceutiche.

Boni            E piantala, mugnaio contrabbandiere che hai venduto fave macinate per farina di frumento!...

Raschia      Fave o farina, chi non è scemo l'in­dovina!

Sgarra        Attenzione, c'è Meo che viene a rap­porto. (a Raschia) E tu ricordati che dob­biamo lasciargli credere che lo crediamo sordo.

Raschia      Va bene, va bene. Glielo lascieremo credere.

9

Meo            (dal fondo)  Ultime notizie! Edizione straordinaria!... Ho certe lettere da conse­gnarvi, interessantissime.

Boni            Molto bene: le aspettavamo. Sono im-portanti?

Meo            Oh, sì: pagherete in contanti.

Boni            Ho domandato se ci porti delle impor­tanti notizie.

Meo            No, no, niente primizie.

Sgarra        Senti Meo, lasciamo andare...

Meo            Eh, sì, fra poco me ne devo andare.

Boni            Basta: è proprio inutile. Lo sanno, gliel'ho detto io.

Meo            Se non le volete me le tengo io.

Boni            Ouffaa!... Vuoi finirla pezzo di somaro? Meo Toh! Proprio vero: lei è molto avaro!...

Sgarra        Caro dottore, devi rassegnarti: niente da fare.

Raschia      Mica vero. C'è un sistema infalli­bile per far udire chi non vuole udire.

Boni            Sono curioso di sapere quale.

Sgarra        Vediamo questo sistema, presto.

Raschia      (fa cenno)  Meo, vieni qua. (Si sco­sta di qualche passo)

Meo            (si avvicina)  Che cosa desidera signor Raschia?

Raschia      Quanto vuoi?

Meo            Il doppio.

Raschia      Il doppio di quanto?

Meo            Il doppio di quanto vorrebbe darmi.

Raschia      Mille lire.

Meo            E' poco.

Raschia      Duemila.

Meo            E' poco.

Raschia      Facciamo duemilacinquecento e non se ne parli più.

Meo            Raddoppi.

Raschia      Cinquemila?

Meo            No, il doppio di cinquemila.

Raschia      Vuoi diecimila lire per quelle let­tere?

Raschia      A testa? Sei forse pazzo? (A Boni e Sgarra, forte)  Vuole diecimila lire, a testa...

Meo            A testa.

Meo            Non una lira di meno, altrimenti le in­troduco in un tombino della fognatura. (le estrae di sotto la maglia)

Boni            Diamogliele, non c'è altra soluzione (gli dà diecimila lire)

Sgarra        Ecco qua. Sei contento? (gli dà die­cimila lire)

Raschia      Toh, e che Dio ti benedica! (gli dà diecimila lire)

Meo            (passo indietro)  Un po' di pazienza. Dunque, eccole qua. Sono lettere che io ho rubato ai tre poveri vedovi, al bar, poco fa.

Boni            Come hai fatto?

Meo            Sono entrato con la scusa di bere un caffè. Mi sono avvicinato per chiedere un fiammifero e poi ho lasciato cadere la sca­tola. Nel chinarmi per riprenderla ho urtato tutte le loro lettere. Poi, naturalmente, li ho aiutati a raccoglierle e così ho trovato modo di farne sparire qualcuna, alla svelta, sotto la maglia. Queste.

Sgarra        (prendendole)  Ma tutto questo non risolve un accidente! A noi interessava sa­pere l'indirizzo delle ragazze che essi hanno scelto! Che ne facciamo di questa roba? (le tutta sul tavolo)

Raschia      Eh, già... diecimila lire sprecate! Riprenditi le lettere e restituisci le dieci­mila lire.

Meo            Buon giorno, signor Raschia. E buon giorno anche a voi, signori. Ho una com­missione urgente da sbrigare.

Boni            Vai, vai, buono a nulla. L'incarico è revocato. Non abbiamo più bisogno di te.

Meo            (uscendo)  Credo invece di sì, dottore. Io sono sordo, completamente sordo. Con­tinuerò le indagini per conto mio e, questa volta, se vorrete sapere mi pagherete il triplo! Buon giorno. (Esce).

10

Boni            Bel tipo il vostro Meo, Grazie alla vo­stra ingenuità continua a taglieggiarci.

Sgarra        La nostra ingenuità. Non è forse stata tua l'idea di fingersi sordo? Come trovata è stata abbastanza cretina!

Raschia      Non sei forse stato tu a dargli l'incarico di spiare i giovani?

Boni            Si capisce che sono stato io. Voi non fate nulla. Tocca sempre a me togliere le castagne dal fuoco.

Raschia      Lascia stare le castagne, per favore. E vediamo, piuttosto queste lettere. (Al ta­volo, ne prende una, legge) « Egregio signore, ho letto la vostra inser­zione. Sono vedova, cinquantenne, ho una casetta alla periferia, con l'orticello, mo­bilio in buone condizioni, e mi sento molto sola... ». Questa si sente sola, ha la casa e l'orto... e cinquant’anni... Non fa per loro. (La strappa). Possiamo strapparla tranquil­lamente. (Butta i pezzetti in un angolo, in fondo alla scena).

Sgarra        (prende e legge)  « Egregio signore, sono vedova, ho quarantadue anni... ».

Boni            Andiamo già un po' meglio.

Sgarra        (c.s.)  « una piccola azienda agricola, con terreni, mucche e maiali, e mi sento molto sola... ». Tutte uguali, tutte si sen­tono molto sole... (Riprende). « Sono dispo­sta ad iniziare una relazione con voi scopo matrimonio... ». Beh, non c'è male: la trovo, interessante.

Boni            (prende)  Ora vediamo questa. (Legge). « Caro signore, sono rimasta vedova giova­nissima, ho trent'anni e un bambino di cinque, bello, bruno, tanto caro... Non ho nulla. Sono povera. Cerco un buon marito, per me, e un buon padre per il mio bambi­no... Scrivere, eccetera eccetera... ». Toh, questa mi piace!

Raschia      (allungando il braccio)  Da qua. Vo­glio vedere.

Boni            (ritirando)  Un momento. Che ne vuoi fare?

Raschia      Oh,  niente.  così,  per  curiosità...

Boni            Sono  curioso anch'io.

Sgarra        Ma tu hai moglie!

Raschia      Tu non sei mica vedovo.

Boni            Ohé, scherzate? Si direbbe che l'inser­zione l'avete fatta voi.

Sgarra        Povera donna, sola, vedova col bam­bino...

Boni            Nullatenente....

Raschia      Non importa. Lorenzo ha il mu­lino... Dà qua. (Gliela prende). Ne parleremo in famiglia e chi sa che non venga fuori qualche cosa di buono. Ora vi lascio perché ho un impegno; ma ci rivediamo più tardi. Ciao, Boni. A rivederci, Onorato.

Boni            Aspetta, vengo anch'io. (A Sgarra). Se ci sono novità, telefonami o vieni a chia­marmi.

Sgarra        Non dubitare. Verrò da te non ap­pena avrò bisogno d'un purgante.

Boni            D'accordo! Ho giusto ricevuto questa mattina una nuova specialità contro la sti­tichezza! (Esce con Raschia, ridendo). Ah, ah, ah! (Telefono).

11

Sgarra        (all'apparecchio)  Pronto. Chi? Eh?!... Mattatoio civico! Ma no, ma no... Qui c'è il negozio di calzature Sgarra. Ci dev'essere un errore. (Riattacca). Mattatoio civico... Ma guarda un po'. (Riprende a leggere a mezza voce). « ... vedova, quarantadue anni... una piccola azienda agricola... terreni, muc­che e maiali... »  Perbacco! Dopo tutto... (perplesso) prati, campi, mucche, maiali... Mah! (Esce a sinistra adagio, assorto, con le mani dietro la schiena, tenendo la lettera, aperta. Campanello).

12

Paolino       (dal fondo, seguito da Michele e da. Lorenzo, con in mano ognuno il proprio mazzo di lettere, senza involto) - Fate piano.. Qui non c'è nessuno. Papà dev'essere di là. (indica a sinistra).

Lorenzo      Io vorrei sapere dove ho cacciato-quella lettera.

Michele       Cerca meglio nel mazzo e la tro­verai.

Lorenzo      Già fatto, ed ho pure già frugato in tutte le tasche. Ed era quella che mi piaceva di più: giovane vedova col bam­bino.

Michele       Ma lascia perdere la vedova col bambino... Di bambini ne hai già due, no?

Lorenzo      Eh, si, due piccoli piccoli... così ne avrei avuto uno di più.

Michele       Sei uno sciaugurato. Cerca qualche cosa di meglio, svegliati!

Paolino       A me viene il dubbio che Meo ce n'abbia grattata qualcuna. L'incidente del­l'urto al tavolino, ehm, non è chiaro... Ri­cordate che ha voluto aiutarci a racco­glierle?

Michele       E' vero!... Dev'essere così!... E' così senz'altro!...  Oh furfante!

Paolino       E poi, sapete, io credo poco alla storiella della sua sordità.

Michele       Eppure l'incidente della motociclet­ta c'è stato: lo hanno visto tutti.

Paolino       Non lo nego ma questo non vuole affatto dire che sia sordo.

Lorenzo      Come! Vuoi dire che Meo... che Meo finge?

Paolino       Mah! E' un'idea che m'è balenata, così, all'improvviso.

Lorenzo      Ah, farabutto!... E possibile. Può esser vero... Quello finge. E' venuto là per spiarci, la lettera della vedova col bambino me l'ha presa lui, sono disposto a scommet­tere.

Michele       Beh, non scoraggiarti: ne hai delle altre e puoi sempre scegliere.

Lorenzo      Non è tanto facile. Qui, per esem­pio, ce n'ho una che ha quarantasette anni e le manca una gamba... Fossi scemo!... Ci sarebbe quest'altra, a dire il vero che mi interessa moltissimo e le voglio scrivere... ma... Fate vedere prima voi. (Intasca le altre).

Michele       Questa è, fra tutte, quella che ho preferito. (Intasca le altre e legge). « Ho letto la vostra inserzione. Sono la signorina Tal dei Tali, ventiduenne, ereditiera, dispo­sta a conoscervi, con il consenso dei ge­nitori. Presentatevi domenica prossima a Pallanza, Via eccetera, numero eccetera... ».

Paolino       Ah, è di Pallanza! Vedo che fa le cose sul serio. Dev'essere una ragazza giu­diziosa. Piacerebbe anche a me!

Michele       Calmati, mio caro, e abbandona ogni speranza. Questa ha da piacere solo a me. Proprietà riservata.

Paolino       Nessuno te la contende, non temere. Del resto, ecco qua, quella che ho scelta, fra tutte. (Intasca le altre e legge). « Sono vedova trentaquattrenne... ».

Lorenzo      Alt! Fermati! Non avevi detto che le vedove portano sfortuna?

Paolino       Sì, l'ho detto; ma sono tutte favole. Non  è vero niente: ho cambiato idea!

Lorenzo      Sei strano, proprio non ti capisco.

Paolino       (riprende)  « ... vedova, trenfaquattrenne, con una magnifica villa in riva al lago... e un ragguardevole conto in banca... ».

Lorenzo      Ora comincio a capire.

Paolino       (c.s.)  « Vi invito a volermi telefo­nare per fissare un incontro. Intenzioni se­rie.». Avete udito?

Michele       E come no? Questa è migliore della mia!

Paolino       Proprietà riservata, E siccome de­sidero non perdere tempo e qui c'è un te­lefono, io le telefono subito. (Fa il numero dell'intercomunale). Signorina, prego, mi dia subito il 24-53 di Baveno'

Michele       Ah, Ah!... E' di  Baveno!

Paolino       Sì, grazie. Qui al numero 26-32. Mi raccomando: è urgente. (Riattacca).

Michele       (a Lorenzo)  Fa vedere.

Lorenzo      Proprietà riservata. Leggo io. (Leg­ge). «Sono una signorina quarantaquat-trenne... ».

Michele       Un po' stagionata, no? Paolino Non ce n'erano di più giovani?

Lorenzo      Non interrompetemi, prego. (Ri­prende) « ... di sana e robusta costituzione, campionessa regionale di lotta libera, sol­levamento pesi e lancio del martello, di­sposta a conoscere subito questo disgrazia­to vedovo, padre di due figli, pronta a met­tere finalmente un po' d'ordine nella sua famiglia. Scrivere, eccetera, eccetera».

Paolino       Anche lei di Baveno o di Pallanza?

Lorenzo      No, è di Nizza Monferrato.

Paolino       Un po' lontano. Io non te la con­siglierei.

Lorenzo      Campionessa regionale di lotta li­bera e sollevamento pesi... Che donna!... Alla prima discussione è capacissima di buttarmi dalla finestra... E poi l'affare del lancio del  martello...  (Campanello).

Michele       Dunque hai già deciso per questa?

Lorenzo      Non ancora, veramente... Sono al­quanto perplesso.

13

Sgarra (da sinistra, con una lettera in mano)  Oh, siete qui di nuovo?

Paolino       Sì, papà, abbiamo certi affari da discutere, questa mattina.

Sgarra        Discutete finché vi pare. Io ho da fare di là, in negozio. (Campanello). Ah, è entrato qualcuno. (A Lorenzo). E' tuo padre. Aveva detto che sarebbe tornato.

Lorenzo      Non gli dica che sono qui.

Sgarra        Va bene. Vado io in negozio.

Paolino       No, no, fallo pure venire avanti. Noi andiamo di là, nella mia camera.

Sgarra        Come volete.  (Via dal fondo).

Paolino       Venite con me. Qui non si può stare in pace. Di là potrete scrivere le vostre let-tere con  tranquillità.

Michele       E tu non scrivi?

Paolino       Ve l'ho detto: prima voglio tele­fonare,

Lorenzo      Dunque, fra noi, proprio non me la consigli la campionessa?

Paolino       Ma, caro Lorenzo, se piace a te... Non voglio forzarti...

Lorenzo      Veramente preferivo l'altra, la ve­dova col bambino. Tuttavia, ripensandoci, bambini ne ho già due... Infine anche la mia prima moglie era robusta ed autorita­ria e... mi piaceva. Mi dava certi scapac­cioni... (Risoluto). Ebbene, ho deciso: vada per la campionessa! Andiamo. (Escono tut­ti e tre a destra).

14

Sgarra        (dal fondo, con Raschia)  Vieni, vieni pure avanti, Raschione. Qui potremo par­lare indisturbati.

Raschia      Ecco qua, Sgarrone. Desidero intrat­tenerti su un argomento particolare... come dire... delicato.

Sgarra        Al nòcciolo, veniamo al nòcciolo. Stamane sono piuttosto occupato ed anche un po' nervoso.

Raschia      Eh, perbacco! Un po' di pazienza!... Sei sempre così impetuoso, alle volte, che non so se confidarmi oppure no.

Sgarra        Ah, tu vuoi confidarti? Con me?

Raschia      Con te, sì. Con chi vuoi che mi confidi... Non ho più nessuno... all'infuori di quello scimunito incosciente di Lorenzo...

Sgarra        Là, là, non svalutarlo così, diavolo... Non è poi così scemo come pare...

Raschia      Alle corte. Devi sapere che dopo la morte di sua moglie; ma specialmente in seguito al trapasso di mia sorella Sofronia, io vivo come un pesce fuor d'acqua, senza una donna in casa, senza un affetto... tu mi capisci.

Sgarra        Altro che... Ho già capito. Siedi li. (Siedono) Senti, ho anch'io qualche cosa da confidarti. Coraggio. Segreto per segreto. Avanti, caro Luigi.

Raschia       Ah, se tu parli così mi levi un peso dallo stomaco... Dunque anche tu hai qual­che cosa da dirmi... Che cosa c'è?

Sgarra        Ah, no, tu devi fare il primo. Sei tu che hai cominciato, e tu devi finire.

Raschia      E va  bene, ma... silenzio, eh?

Sgarra        Sta' tranquillo. Quando si tratta di cose serie, so  tacere.

Raschia      Allora, ecco qua. Ho una lettera dafarti vedere. (Estrae).

Sgarra        Una lettera? Toh!... Anch'io!

Raschia      Ma no.

Sgarra        Ma sì. Una lettera e un certo pro­getto... Va avanti.

Raschia      Anch'io ho un progetto! Ma guarda. Vedi caro Onorato, uscendo di qua ho la­sciato il dottor Boni dinnanzi alla sua far­macia e poi sono entrato nel Bar della Stella per rileggere in santa pace la let­tera di quella giovane vedova...

Sgarra        ... e hai scritto per conto tuo.

Raschia      Indovinato!

Sgarra        Ebbene, stammi a sentire: appena tu e Boni ve ne siete andati, io mi sono ritirato di là, nel mio studio, (indica a si­nistra) e ho scritto questa lettera. (Estrae).

Raschia      Dici sul serio? Anche tu?

Sgarra        Dico sui serio. Anch'io. Debbo con­fessarti che la vedova quarantaduenne con mucche e maiali, m'interessa...

Raschia      Ah, sì!...

Sgarra        Molto.

Raschia      Ma no.

Sgarra        Ti sorprende?

Raschia      Non tanto, veramente, non tanto. Però io sono come dire, più giovane...

Sgarra        Più giovane?

Raschia      ... più giovanile, voglio dire più in gamba, e un secondo matrimonio, dopo tut­to... Non ho che cinquantacinque anni...

Sgarra        La mia età.

Raschia      Ora che Lorenzo vuole riprendere moglie, capisci per non restare completa­mente solo...Insomma, sto per prendere una decisione grave... Sono ad una svolta della mia vita.

Sgarra        Attento alle cantonate.

Raschia      Attento tu, piuttosto.

Sgarra        Fammi vedere la tua lettera.

Raschia      Fammi vedere  la  tua.

Sgarra        Ah, no, prima la tua.

Raschia      Faccio una proposta: scambiamo-cele contemporaneamente, così la confidenza sarà posta su di un piano di assoluta parità.

Sgarra        Va bene. Come vuoi. Ecco.

Raschia      Ecco. (Scambio. Legge, sgrana gli occhi, sorride, scuote il capo compassione­volmente).

Sgarra        (scuote il capo, sorride, sgrana)  Un bel fegato però!

Raschia      Un bel coraggio! Almeno io sono disinteressato.

Sgarra        Ma la scegli giovane, vecchio rim­bambito!

Raschia      Ah, questo sì! Tu non lo sei rim­bambito, perché cerchi la dote.

Sgarra        Io cerco la dote!  Che cosa dici?!

Raschia      Eh, mi pare! La cascina, le muc­che, i maiali... Le mucche sono mucche, i maiali sono maiali.

Sgarra        Bella scoperta.

Raschia      Vedo che sai fare i tuoi conti. (Restituisce la lettera).

Sgarra        Per forza li debbo fare. Per mettere a posto i miei figli ho dato fondo a tutte le'mie sostanze. Ora poi, con il loro se­condo matrimonio - perché sono sicuro che prima o poi lo faranno - mi mange­ranno anche il negozio. Almeno potrò riti­rarmi in campagna, a vita privata. (Resti­tuisce).

Raschia      ... fra le mucche e i maiali. Bravo! Una bella pensata!

Sgarra        E' sempre staio il mio sogno, una fattoria, i prati, i campi...

Raschia      ... le mucche... i maiali...

Sgarra        E smettila!

Raschia      Io, invece, sogno soltanto di rico­struirmi una nuova famiglia, con una. nuova moglie e un nuovo bambino...

Sgarra        Purché lei accetti, s'intende.

Raschia      Tu pensi che non accetterà?

Sgarra        Non dico questo, ma sai, lei ha trent'anni e tu cinquantacinque...

Raschia      Ma ho la villa, il mulino e una solida posizione economica.

Sgarra        Lo sappiamo, lo sappiamo... Non darti tante arie, borsanerista.

Raschia      E poi, sono nella mia piena matu­rità... E piaccio alle donne.

Sgarra        Eh, eh!

Raschia      Tu mi prendi in giro?

Sgarra        Ma va'...

Raschia      Hai  fatto:  eh... eh...

Sgarra        Oh, bella, non posso fare:  eh, eh! Del resto, riflettendo bene, debbo darti ra­gione.

Raschia      Dunque tu approvi.

Sgarra        Ma si capisce che approvo. Ma bravo, Raschione. E tu che ne dici del mio progetto?

Raschia      Dico che sei un uomo in gamba. Solidarietà, ci vuole, fra noi, mio caro. So­lidarietà e... silenzio. M'incontrerò con lei domenica pomeriggio... Troverò una scusa, con Lorenzo, per giustificare la mia as­senza.

Sgarra        Anch'io andrò a trovarla domenica. Troverò anch'io una scusa con Michele e Paolino. Desidero tagliar corto. La setti­mana ventura: pubblicazione; fra un mese: matrimonio.

Raschia      D'accordo! Farò anch'io così. (tril­lo insistente dell'intercomunale).

Sgarra        L'intercomunale!... (si alza e va allo apparecchio). Pronto, Pronto! Non si sente un accidenti!... Con Baveno?... Ma no, io non ho chiamato Baveno... Che cosa fanno con questo telefono questa mattina... Sono Sgarra! Chi parla?... Eh? La signora Laura Bonifazi vedova Calzettoni:... Mai conosciu­ta... No, signora... No, signora, io non ho chiamato il  suo numero...

15

Paolino       (da destra, di corsa)  E' per me! Lascia andare! E' per me! Dà qua! (gli strappa il microfono) Pronto!... Pronto!... Sono Sgarra!

Sgarra        Ma guarda che maniere! Non po­tresti avere un po'  di  educazione?

Paolino       (al telefono)  La Signora Laura? Ma sì, sono Sgarra, l'avvocato Paolino Sgarra... Come  sta.  Signora?

16

Michele       (seguito da Lorenzo, da destra)  E' lei, certamente la proprietaria della villa...

Lorenzo      ... e  del  conto in  banca.

Raschia      (a Lorenzo)  Che cosa fai ancora qui, tu? Non hai niente da fare al mulino?

Lorenzo      Ma che mulino!... Per qualche gior­no non parlarmi di mulino.

Paolino       (sempre più affabile)  Sì, signora, sì. Ho ricevuto la sua lettera proprio oggi... e le dico subito che desidero tanto vederla, signora Laura...

Sgarra        Ma chi è questa signora Laura, si può sapere?  (si avvicina).

Paolino       (allontanandolo con la sinistra) A te non interessa affatto... Scusi,, signora, dicevo qui a mio... al mio fattorino... Sa, è un po' ficcanaso...

Sgarra        Fattorino?!... Ficcanaso?!... Che ti prende?!

Paolino       (c.s.)  Fino a domenica? Peccato... Sì, dico, è un vero peccato, perché io sono davvero impaziente, signora, molto impa­ziente di fare la sua personale conoscenza.

Sgarra        (a Raschia)  E' impaziente, capisci?

Lorenzo      Sfido io; ha la villa e il conto in banca!

Sgarra        Che cosa vai dicendo, Lorenzo, la villa e il conto in banca...

Lorenzo      Eh, già! La mia, invece, non ha niente, però ha quarantaquattro anni ed è campionessa di  lotta  libera...

Raschia      (e Sgarra)  Eh? Lotta libera?

Paolino       (c.s.)  D'accordo, cara signora, d'ac­cordo. Sta bene. Sì, sì, domenica pomerig­gio, senz'altro... A rivederla e tante tante cose care!... I miei devoti omaggi. (Riat­tacca) Fatto!

Sgarra        (aspro)  Mi spiegherai, suppongo, che cosa significa tutta questa storia, mi dirai, suppongo, chi è questa signora di Baveno che ha una villa e il conto in banca. (Cam­panello).

Paolino       Ma sicuro... Una cliente, sì, una cliente che ha una causa in Tribunale per l'eredità del marito... Dovrò andare da lei domenica.

Sgarra        E tu pensi che io creda una parola di tutto questo?

Michele       Credere o no, devi rassegnarti, papà. Credere o no, ormai è fatto. Noi tireremo di­ritto. Vero Lorenzo?

Lorenzo      Certamente. Noi tireremo diritto. Chi si ferma è perduto!

17

Boni            (dal fondo, seguito da Meo)  Oh, Sgarra, c'è qui Meo che ha delle novità per noi.

Sgarra        Ma va' a farti friggere con le tue novità e il tuo Meo!...

Boni            Come, come?

Lorenzo      (a Boni)  Vedi, caro ex suocero mio, il tuo Meo farai bene a buttarlo in fondo al lago... altrimenti ve lo butteremo noi, uno di questi giorni.

Paolino       ... lo spione, il ladro di lettere...

Meo            Eh?!... Io? Spia e ladro? Darò querela!

Michele       Come vedete ci  sente benissimo!

Lorenzo      (a   Meo)  Tu   non   darai   proprio nessuna querela e dovrai sistemare certi conti in sospeso fra noi... Capito? E ringrazia il Cielo  che oggi siamo troppo assorbiti  da certe   cure  sentimentali,   diversamente...

Sgarra        Cure sentimentali?

Raschia      Che cosa dici, sciagurato? Tu vaneggi?

Lorenzo      Dunque non avete ancora capito... Poveretti... Ebbene ve lo dirò io. Michele Sgarra sposerà quanto prima una ricca ereditiera di Pallanza; Paolino sposerà quanto prima una signora di Baveno con villa lussuosa sul lago e conto in banca ed infine io, Lorenzo Raschia, sposerò quanto prima una donnona di Nizza Monferrato, campionessa regionale di lotta libera, sol­levamento  pesi  e  lancio   del  martello!

Raschia, Boni, Sgarra, Meo (contemporaneamente)  Ooooh!


ATTO TERZO

Stessa scena. La domenica successiva alle otto di sera. Scoccano, infatti, a un pendolo invisibile. Scena deserta e buia. Silenzio.

1

Sgarra        (dal fondo, vestito a festa, sopra­bito sul braccio,  entra tenendo il fazzo-letto piegato sull'occhio destro e non se lo toglierà se non quando sarà indicato. Con la sinistra gira l'interruttore presso la porta: luce. Viene avanti, posa il so­prabito sul tavolo poi va a destra e chiama)  Paolino!... (ma Paolino non c'è perché è andato a Baveno, e allora va a sinistra e chiama) Michele!... (ma Michele non c'è perché è andato a Pallanza)  Ancora fuori, quei disgraziati... E' l'ora di cena e sono ancora fuori tutti e due... Ora mi sentiranno. (siede, comprime, so­spira. Telefono). Pronto. Onorato Sgarra, calzature. Ah, siete voi. No, il signor Ra­schia non è qui, non lo vedo da ieri... Non ne so proprio nulla. Buona sera. (Riattac­ca, prende il soprabito e fa per uscire a sinistra; ma trilla il campanello. Allora lascia il soprabito su una sedia esce dal fondo e va ad aprire. Di dentro) Si può sapere che cosa vuoi a quest'ora?

Boni            (d. d.)  Scusami Onorato... Te lo dico subito.

Sgarra        Veramente... sono un po' stanco: stavo per andare a letto.

Boni            (entra, vestito a. festa, senza camice, e si ferma in fondo)  Vuoi andare a letto alle otto? Non stai bene?

2

Sgarra        No, no; sto bene. Ho avuto una giornata alquanto movimentata ed ho bi­sogno di riposo .

Boni            Solo un momento, Onorato, un mo­mento solo.

Sgarra        Quand'è così, vieni avanti, rompiscatole.

Boni            Ecco... Non ti ho visto per tutto il giorno...   Si  può   sapere  dove   sei andato?

Sgarra        Sono rientrato proprio ora da Stresa.

Boni            Sei andato a Stresa? Guarda, guarda... Io credevo, invece, che tu fossi andato a Intra.

Sgarra        Oh, bella! Perché avrei dovuto andare a Intra?

Boni            Perché... Ma che fai, Onorato... Ti fa male l'occhio?

Sgarra        (nervoso)  Ma no, non mi fa male... Va' avanti. Dicevi?...

Boni            Dicevo... che stamane all'imbarca­dero.... ti hanno visto acquistare un bi­glietto per Intra...

Sgarra        (c.s.)  Ebbene, sì, sono stato a Intra! Che te ne importa?

Boni            Figurati! Che vuoi che me ne im­porti.   Proprio nulla.

Sgarra        E  allora.  impicciati   dei  fatti   tuoi.

Boni            Là, là... Siamo nervosi questa sera... Su, via, che hai fatto all'occhio?

Sgarra        Mi ci è andato un bruscolo.

Boni            Si può togliere. Vieni un momento nella mia farmacia.

Sgarra        Ma lasciami in pace con la tua farmacia...  Non  lo  voglio  togliere.

Boni            Ah, beh, se te o vuoi tenere per ricordo... non  insisto.

Sgarra        Senti Boni, sono stanco, sofferente all'occhio  e  desidero  andare  a  letto.

Boni            Come desideri, mio caro... Fammelo vedere, sii buono...

Sgarra        Se te lo faccio vedere, poi te ne vai? Boni    Ma   certo!   Debbo   ancora   cenare...

Sgarra        (abbassa la mano: appare un vistoso occhio nero)  Contento?

Boni            Eh perbacco!... Ma questo è un ma­gnifico occhio nero!... Dove l'hai preso... Voglio  dire   come   l'hai  fatto?

Sgarra        L'ho fatto, l'ho fatto che... che... camminando in fretta ho inciampato sul marciapiede... E tu sai, quando si inciam­pa... non si sa che cosa possa capitare.

Boni            Uhm... Poco persuasivo. Poco poco... Si vede che non hai più fiducia nella mia amicizia...

Sgarra        Cosa c'entra l'amicizia! Vuoi che inventi una favola? Ho l'impressione che tu mi stia facendo un interrogatorio.

Boni            No, no... Non si tratta di questo, vecchio mio... Solo pensavo che in questi cin­que minuti hai già detto tre bugie.

Sgarra        Come?

Boni            Tre: che sei andato a Stresa, che t'è entrato un bruscolo e che hai inciampa­to nel marciapiede... Mi sono spiegato?

Sgarra        Eh, sì abbastanza chiaramente.

Boni            Dunque, raccontami. Ti confesso la mia grande curiosità, dimmi almeno chi ti  ha  fatto  quell'occhio   affumicato!...

Sgarra        Boni, smettila, sono già abbastanza nervoso. (Campanello).

Boni            Eh, se la prendi su questo tono... Ma guarda un po' che razza di amico...

Sgarra G    li scocciatori non sono amici, e tu sei uno scocciatore. Qui ce n'è un altro. (Esce   dal  fondo   rapidamente).

Boni            (al pubblico)  Comincio a pensare che qualcuno gliele abbia suonate. Non mi vuoi dire niente; ma io gratto finché mi  faccio dire  tutto.

3

Sgarra        (seguito da Meo, senza cerotto, sul fondo, tenendo sempre il fazzoletto sul­l'occhio)  Vieni, vieni a vedere tu stesso. Qui ci siamo solamente io col dottor Boni.

Meo            Buona sera.

Boni            Toh! Meo... Sei venuto per le solite informazioni? Puoi farne a meno.

Meo            Niente affatto. Le informazioni, se mai, ci sono per il signor Raschia.

Sgarra        Il  signor   Raschia   non  c'è.

Boni            E' partito questa mattina per Cannobio.

Sgarra        Come lo sai?

Boni            Mia moglie era presente quando tu partivi per Intra e Raschia partiva per Cainnobio. Lei andava a Laveno; è tor­nata nelle prime ore del pomeriggio e me l'ha detto.

Meo            Ora capisco perché non ho trovato il signor Raschia! E' andato a Cannobio e probabilmente ritorna con l'ultimo bat­tello. (Guarda l'orologio a polso) Sono le otto e dieci: dev'essere per strada... Buo­na sera... S'avvia).

Boni            Te ne vai così in fretta?

Meo            Eh sì, non ho tempo da perdere... Ma, scusi signor Sgarra, che fa col faz­zoletto?

Sgarra        Un bruscolo.

Meo            Se vuole, glielo tolgo io.

Sgarra        Non occorre. Vai, vai, non ti preoccupare.

Meo            Oh, scusi sa? Come vuole. Buona sera. (via  rapidamente   dal  fondo).

Boni            Addio, Meo.

4

Sgarra        (abbassa la mano)  Anche lui vuole togliermi il bruscolo. Se tutti s'impiccias­sero un po' di più dei fatti propri, sarebbe-molto meglio. (telefono) Pronto, Sgarra calzature. Ah, sei tu? Siete voi... E' ora che vi decidiate a rientrare... Sì, sono qua e vi aspetto. (riattacca). Sono loro: Paolino e Michele.

Boni            Evidentemente sono arrivati proprio adesso col battello delle otto.

Sgarra        Battello  delle  otto?  Non  capisco,

Boni            Sono partiti a mezzogiorno. Io ero là, per caso e ho udito chiedere i biglietti: Paolino per Baveno e Michele per Pal-lanza.

Sgarra        E che ci sono andati a fare a Ba­veno e Pallanza?

Boni            Probabilmente quello che sei andato, a fare tu a Intra!

Sgarra        Ma fammi il piacere, Boni, fammi il piacere. Io a Intra sono andato a trat­tare una partita di scarpe, se t'interessa. (Campanello).

Boni            (indicando con le dita)  Quattro! Quattro bugie!

Sgarra        E piantala! Eccone un altro. Si direbbe che si son messi d'accordo, questa sera. (Via dal fondo,  comprimendo).

Boni            (al pubblico)  Ora viene il bello. A poco a poco mi dirà tutto. Ci sarà da ri­dere.

5

Sbarra        (dal fondo, comprimendo l'occhio-destro, seguito da Raschia, vestito a festa, soprabito sul braccio, che comprime il si­nistro)  Vieni, vieni avanti Luigi, c'è qui anche il dottor Boni il quale ha già detto, che  deve andar via subito.

Boni            Toh, guarda Raschione!... Anche tu. un bruscolo nell'occhio?

Raschia      Eh, sì, appunto... Non so come sia andata... Un po' di vento... la polvere, ca­pite? E' un'ora che mi tormenta.

Boni            Anche Onorato, vedi? Anche lui, e non vuole che glielo tolga. Aspetta, vieni qua.

Raschia      No, no, lascia stare... Lo toglierò io: ora vado a casa. Passavo di qui e ho voluto venire a salutare Onorato.

Sgarra        Senti, Boni, lasciaci soli. Raschia ed io dobbiamo parlare di alcune faccende private.

Boni            Bella maniera questa di congedare gli amici.

Raschia      Te  lo  chiediamo  per  favore.

Boni            Ah, beh, se me lo chiedete per favore è un altro paio di maniche... Vi lascio alle vostre confidenze sentimentali. Così potrete levarvi il bruscolo fra di voi! (Via rapidamente dal fondo).

6

Sgarra        Alla buon'ora! Se n'è andato. Co­minciavo a  spazientirmi.

Raschia      Me ne sono reso conto, mio caro. Sempre nervoso,  eh?

Sgarra        Anche tu, a quanto pare. Che t'è successo,  Raschione?

Raschia      Dimmelo tu cosa ti è successo. Fa un po' vedere.

Sgarra        Ah, no! Tu, prima.

Raschia      Faccio una proposta: giù la mano insieme. Va bene?

Sgarra        Va bene. Via?

Raschia      Via! (Entrambi abbassano la ma­no: appaiono due vistosissimi occhi neri). Toh! Hai un occhio nero!

Sgarra        Anche tu, se non sbaglio. Raschia Com'è  andata,  me  lo vuoi  dire?

Sgarra        E' andata che... che... Com'è andata a  te, piuttosto?

Raschia      Ah, alludi alla mia gita a Cannobio, per la faccenda della vedova col bam­bino... Eh, no, voglio sapere prima com'è andata la tua visita alla vedova con la cascina, mucche e maiali.

Sgarra        Ci sono!... Ci sono le mucche e i maiali...: a Bergamo!

Raschia      A Bergamo?!

Sgarra        Ma sì. Devi sapere che prima di avvicinarla ho assunto prudenti informa­zioni. Così son venuto a sapere che la ca­scina è di suo padre, un arzillo vecchietto che coltiva la sua terra con l'aiuto di altri cinque figli, fra maschi e femmine.

Raschia      Affare magro, perbacco! E lei che fa  a   Intra?

Sgarra        Gestisce un'osteria, fuori mano, con un fratello venuto ad aiutarla dopo la morte del marito.

Raschia      Tutto questo va bene; ma non giustifica  il  tuo occhio nero.

Sgarra        Adagio, mio caro, abbi pazienza! Dimmi qualche cosa tu, intanto, della ve­dova   col   bambino...

Raschia      (si schiarisce)  Eh, eh... Già. La vedova col bambino... Tu sai che le avevo scritto paroline tenere... piene di senti­mento...  come  so fare  io...

Sgarra        Lo so, lo so, va avanti...

Raschia      Ebbene, a dire la verità mi aspet­tavo un'accoglienza diversa. Nella mia lettera non avevo parlato della mia età, si intende...

Sgarra        Fatto male: era la prima cosa da fare.

Raschia      Tuttavia speravo - data la mia posizione e la mia prestanza fisica - di fare  colpo... Invece...

Sgarra        (contento)  E' andata male, eh?

Raschia      Si  direbbe che  sei contento.

Sgarra        Oh,  no, dicevo così, domandavo...

Raschia      Giudico da quanto mi hai detto, che sia andata male anche a te. O mi sbaglio?

Sgarra        No no... Hai indovinato; ma l'oc­chio,  spiegami  l'incidente  dell'occhio...

Raschia      Spiegamelo tu, prima.

Sgarra        Beh, se insisti... E' andata così. En­tro nell'osteria e ordinomezzolitro; ma sapevo già tutto... Comunque, ero curioso di vederla, desideravo rendermi conto del­l'ambiente... Mi servono il mio mezzo litro, bevo un bicchierotto, poi un altro e intan­to  osservo...

Raschia      Ho capito.

Sgarra        Lei era là, dietro il banco con le maniche rimboccate, che lavava i bic­chieri.

Raschia      Uhm...

Sgarra        Statura media, abbastanza ordinata, aspetto sano; ma un naso... un rosso, a peperone...  che  non  ti  dico.

Raschia      A peperone?

Sgarra        Scoraggiami. In un angolo semi­buio alcuni avventori giocavano a taroc­chi e a quando quando discutevano ani­matamente. Fumo, aria viziata, pestilenzia­le. Ad un certo punto, desiderando di ta­gliare corto, mi sono avvicinato e le ho detto chi ero. Ha sgranato due occhi così. (mimica) Poi mi ha invitato a passare di là. C'era suo fratello, di là, un tipo robusto, un giovanottone, ex caporale di arti­glieria da montagna. « Perché non è ve­nuto suo figlio? » - dice lei. Capirai, ci voleva  del tatto.  « Paolino  ha  altri  progetti, signora... E' avvocato e, compren­derà ha "altre aspirazioni, altre pretese... ». « Come, come? » - fa lei. «Io ho questo esercizio bene avviato, che mi dà da vi­vere, e poi ho la cascina»! «Un momen­to - dico io - un momento... Lei ha que­sta bettola e sta bene; ma la cascina è di suo padre e lei avrà la sua parte sol­tanto a babbo morto! ».

Raschia      A babbo morto?

Sgarra        Eh già!... A babbo morto, è natu­rale.

Raschia      A babbo morto: magro affare.

Sgarra        Eh, mi pare! « Io credevo si trat­tasse di ben altro, signora! ». E mi sono alzato per togliere il disturbo.

Raschia      Evidentemente non ti restava altro da fare.

Sgarra        A questo punto interviene il fra­tello che prima aveva sempre taciuto e sorrideva stranamente. E' molto gentile. Si alza, sempre sorridendo, e mi accompa­gna fino alla porta. Mi stringe la mano, apre, sorride ancora e mentre sto var­cando la scali a mi rifila un solennissimo calcio nel di dietro mandandomi a sbatte­re con la testa contro il batacchio del portone della casa dirimpetto... Ecco spie­gato perché  ho l'occhio nero.

Raschia      Oh perbacco, perbacco!... E tu non hai  reagito?

Sgarra        Reagito... E' una parola! Alto uno e ottanta, con un torace da boxeur... No, no, ho preferito squagliarmela protestando energicamente.

Raschia      Ah,  meno male!   Hai  protestato.

Sgarra        Sì, mentalmente.

Raschia      Mentalmente!...

Sgarra        Solo mentalmente, per non farmi udire da nessuno e non destare scandalo... Sai, se la cosa è risaputa... la mia serietà, la mia onorabilità potrebbero averne sca­pito... E questo, assolutamente non deve verificarsi.

Raschia      Capisco. Hai fatto bene. Così nes­suno  saprà  mai niente.

7

Boni            (dal fondo, sorridendo)  Oh, mio po­vero  Onorato...

Sgarra        (e Raschia)  Come?!... Ancora lì?!...

Boni            Mi dovete scusare... Appena nel cor­ridoio sono stato coito da malore improv­viso... Tant'è che ho dovuto appoggiarmi al muro, presso la porta, per non cadere... e così son rimasto in attesa...

Raschia      ... dei nostri discorsi, non è vero?

Boni             ... in attesa di sentirmi meglio... Non potevo né muovermi, né parlare... E' stra­no...

Sgarra        E' strano che tu sia diventato così ficcanaso...

Boni            Ma sii ragionevole, Onorato... Andia­mo!... Non vi rendete conto che da una settimana mi sforzo di impedirvi una cor­belleria... Riprendere moglie alla vostra età... e con dei figli che hanno ancora bisogno di voi... Su,via, Raschione, rac­contaci la tua avventura che quella di Onorato la  conosciamo  di  già.

Sgarra        Ah, così!... Dunque lo confessi... Hai udito tutto!

Boni            Involontariamente, solo involontaria­mente.  Va bene?

Boni            Avanti  Luigi,  coraggio.

Raschia      Ma sì, ma sì!... Tanto con questo testone è inutile dire di no. Tanto fra di noi i segreti non durano a lungo... Dun­que, statemi a sentire... Appena giunto a Cannobiosono andato direttamente a casa sua.

Boni            ... della giovane vedova col bambino.

Raschia      Lasciami parlare. (riprende) C'era suo padre e c'era anche il bambino, un frugolo di cinque anni, paffuto, bruno vivacissimo. Entro e dico:« Sono Raschia quello del mulino...» «Ah, lei è il padre del giovane vedovo con due bambini... Ma si accomodi, ma che piacere, ma si acco­modi... Perché non è venuto suo figlio? Non sta forse bene?... » « No, no, Lorenzo sta bene, signora, ma... ma... ». E non ho saputo dire altro. Aspettava lui, capisci? Credeva che la lettera l'avesse scritta lui. Allora ho sterzato a destra: «che bel bambino, signora, che bel bambino... che occhi   intelligenti,  com'è  vivace ». Infatti, quel frugoletto stava giocando con un bat­ticarne...

Sgarra        (e   Boni)  Un   batticarne?

Raschia      Sì, quell'affare di legno durissimo, col manico, quella specie di mazzapicchio che si adopera per spianare le bistecche, quando ci sono, beninteso: ma penso che per quella povera gente fosse un oggetto del tutto superfluo, tanto è vero che lo avevano regalato  al bambino...

Boni            Ah, sì, sì il batticarne! Ne ho uno anch'io.

Raschia      Faceva un rumore infernale. Pic­chiava sui mobili, sulle sedie, lo lanciava violentemente contro il soffitto... Un demo­nietto scatenato!... « E' un po' vivace - dice lei - ma è così caro... così affet­tuoso... ».

Sgarra        E lei, lei com'è?

Raschia      Oh, lei è una bella donna, alta, bionda, ha l'aria d'una brava figliola, un tipo molto casalingo. Suo padre è spaz­zino municipale... È suo marito è morto quattro anni fa, sotto una frana... Lei è tornata coi genitori, si capisce. Brava gente, senza un soldo, ma brava gente.

Boni            Allora t'è andata bene: i quattrini tu li hai...

Raschia      Vuoi stare zitto, per piacere (ri­prende) Io non avevo ancora parlato, non avevo ancora detto nulla di compromet­tente... Si discorreva del più e del meno... e il marmocchio continuava a fare il ter­remoto... Io non so bene come sia andata; ma sta di fatto che a un certo punto il batticarne ha urtato vigorosamente contro il mio occhio sinistro... Ho chiuso anche l'altro e mi sono trovato al buio. Contem­poraneamente sono andato a finire sotto il tavolo, privo di sensi.

Sgarra        (e Boni)  Oh, perbacco! Questa poi!...

Raschia      Quando mi sono riavuto ero seduto sul sofà e mi stavano spruzzando con ac­qua fresca. Il bambino l'avevano portato dalla zia...

Boni            Non potevano portarlo prima?

Raschia      E' quello che ho detto anch'io! Prima, bisognava portarlo dalla zia, pri­ma, non dopo avermi inviato il batticarne in un'occhio!... Lei era rimasta male (imitando)  « Oh, scusi, signore, scusi... Nicolino non l'ha fatto apposta ». Si chiama Nicolino. (c.s.) « L'abbiamo sgridato sa? Ab­bia pazienza... non si offenda... » « Ma no, ma no - dico io - è stato un piacere, signora, un vero piacere... ma siccome ho fatto un po' tardi me ne debbo andare... Verrà mio figlio Lorenzo, domenica pros­sima... Sì, sì, verrà lui... E' bene che venga lui, per i particolari... ». Ed ho tagliato la corda. Ecco spiegato il mio occhio nero.

Boni            Magnifico! Provvidenziale! Provviden­ziale!...

Raschia      Provvidenziale, tu dici? Ma guarda un  po'!...

Boni            Ma certo, mio caro... Senza il batti­carne, ti saresti comportato da babbeo... e ti saresti coperto di ridicolo... Ringrazia il cielo che t'è andata bene. Ringrazia il cielo...

Raschia      Tu sei straordinario!... Io ricevo un batticarne in un occhio e debbo ringra­ziare il cielo. Ah, no, eh! Ah, no!

8

Michele       (d.d., cantando, lontano)  Quel mazzolin di fiori... ».

Paolino       (d.d., di rincalzo) Che vien dalla montagna... ».

Michele       (d. d., più vicino)  Quel mazzolin di fiori... ».

Paolino       (d. d., più vicino)  Che vien dalla montagna... ».

Michele       (e Paolino)  « Ma guarda ben che non si bagna... Che lo voglio regalar... ». (entrano rumorosamente) Buona sera a tutti!

Paolino       Buona sera, papà, buona sera dot-tor Boni... (a Raschia) Come va, carissimo ex suocero mio?

Boni            Ah, benissimo!... Anche tu sei stato promosso suocero onorario!

Sgarra        Che significa questa gazzarra, si può sapere? Dove siete siati finora?

Michele       (esultante)  Annuncio il mio pros­simo fidanzamento con la esimia signori­na Emma Danarosi, ereditiera di Pallanza, giovane, colta, carina carina... papà, ti aspettano domenica... Ma che hai fatto all'occhio?

Sgarra        Lascia in pace il mio occhio ti prego.

Paolino       Ah, no, Michele! Domenica, papà verrà con me a Baveno per il mio fidan­zamento con la signora Laura Bonifazi, ve­dova Calzettoni, una gentile signora piena di quattrini e villa sontuosa sul lago!... Ci sono tre camere per gli ospiti. Potrai ve­nirci a trovare quando vorrai! Ma che hai fatto all'occhio? Non me lo vuoi dire?

Sgarra        Lasciatemi in pace, ho detto... Che diavolo volete che abbia fatto?!...

Michele       Anche lei, signor Raschia, ha un occhio nero... Oh, bella: avete fatto a pu­gni, durante la nostra assenza?

Raschia      A dire il vero... eravamo qui e ci annoiavamo e, così, tanto per passare il tempo... per ridere un po'... (ride male) Eh, eh!

Boni            Eh, già. Proprio vero: un incontro amichevole di pugilato. Io ero l'arbitro!...

Michele       E chi ha vinto? papà o il signor Raschia?

Boni            Nessuno, nessuno dei due. E' stato un incontro alla pari,

Paolino       Non era meglio una partita a ta­rocchi, dal momento che  eravate in tre?

Sgarra        Non parlare mai più di tarocchi in mia  presenza...  E'  un  gioco  da  osterie...

Michele       (osservando)  Per farlo scomparire basterebbe una bistecca, spianata col bat­ticarne...

Raschia      Non parlarmi di bistecche e di batticarne, per favore, mi danno ai nervi.

Michele       Eh, là, non siate così irascibili... Allegria, allegria!... Domenica duplice fi­danzamento nella nostra famiglia!...

Sgarra        Basta, basta!... Non ne posso più. Andiamo via di qua, andiamo a pigliare una boccata d'aria perché se rimango an­cora con questi due sciagurati mi scop-pia il fegato! (esce risolutamente dal fondo).

Boni            Ho piacere anch'io di fare due passi, prima di cenare... Buona sera, ragazzi e... auguri! (via dal fondo).

Raschia      Ed io no? Dovrei restare qui a sentir parlare di vedove e di fidanzamenti, di bistecche e di batticarne? Ah, no, ne ho abbastanza!... (verso il fondo). Vengo con voi, aspettatemi! (esce rapidamente).

Michele       Ma che cosa hanno? Sembrano di pessimo  umore.

Paolino       Probabilmente hanno litigato fra di loro. Non c'è da meravigilarsene. Sono amici inseparabili e litigano continuamen­te. Mai visto una cosa simile!

Michele       Sono felice, Paolino, felice!... Vo­glio telefonarle.

Paolino       Telefonarle? Se l'hai lasciata un'ora fa!

Michele       Ora, subito. Le donne sono molto sensibili  a  queste  attenzioni.

Paolino       A chi lo dici! Telefono anch'io.

Michele       Un momento. Prima io. (alza il microfono, fa il numero) Pronto, signorina. Per favore (tira fuori di tasca un giornale e legge, sul margine) il 21-05 di Pallanza. Si, subito. Qui, al.26-32. Grazie. (riattacca) Accomodati pure.

Paolino       (fa il numero)  Signorina, per fa­vore, il 24-53 di Baveno, è urgente. Qui, al 26-32. Grazie. (riattacca) Fatto! (campanel­lo) Hanno suonato mi pare.

Michele       Vado a vedere. (via rapidamente dal fondo. Durante la breve pausa, Paolino accende una sigaretta).

9

Michele       (rientrando, dal fondo)  E' Meo. Dice che è preoccupato...

Paolino       Fallo venire avanti.

Michele       (dal fondo)  Vieni pure avanti. Meo,

10

Meo            (dal fondo, preoccupato)  Buona sera.

Paolino       Buona sera, Meo. Che  c'è?

Meo            C'è che... che... C'è che ho aspettato a tutti i treni del pomeriggio e non è an­cora   arrivato...

Michele       Chi?

Meo            Il loro amico, il signor Lorenzo Ra­schia... Mi aveva detto di aspettarlo alla stazione, caso mai avesse avuto bisogno di aiuto...

Paolino       E non l'hai visto?

Meo            No, l'ultimo treno con la coincidenza da Nizza è arrivato e il signor Lorenzo non  c'era.

Michele       L'avranno trattenuto a cena. Arri­verà domani mattina.

Paolino       Non è verosimile. La prima volta che si va a trovare la fidanzata non ci si trattiene a cena... E' successo qualcosa di sicuro.

Michele       Andiamo ancora avedere alla sta­zione. Forse è uscito dal bar per fare più presto.

Paolino       Che idea!... In questo caso sarebbe già arrivato. (campanello) Vado io. (esce dal fondo).

Michele       Dunque Lorenzo ti aveva dato in­carico di aspettarlo alla stazione.

Meo            Sì, dottore. Il signor Lorenzo me ne aveva pregato insistentemente. Io ho pro­messo.

Michele       E' mollo strano...

11

Paolino       (dal fondo, allarmato)  E' qui!... E' qui!...

Michele       Chi? Lorenzo?

Paolino       Ma sì, lui, Lorenzo... Oh, povero diavolo... (viene avanti).

Michele       Ma insomma che cosa è successo, si può sapere?

12

Lorenzo      (dal fondo, con un turbante di garze immacolate e segnate leggermente di rosso sulla fronte, braccio destro al collo, soste­nuto da un fazzoletto variopinto, piede si­nistro voluminoso di cotone e bende, avan­za appoggiandosi a un robusto nodoso ba­stone che tiene con la sinistra)  Eccomi qua, amici miei! Arrivo in questo mo­mento da Nizza Monferrato!

Michele       Euuuh!... Ti si direbbe reduce dal­le patrie battaglie, non da un convegno amoroso!...

Lorenzo      Ah, che donna, che donna!... Insuperabile! Più in gamba, molto più in gam­ba della povera Beatrice buon'anima... Che donna!...

Paolino       Non hai incontrato tuo padre, il mio e il dottor Boni?

Lorenzo      No, non ho incontrato nessuno. (a Meo) Nemmeno te! Perché non sei venuto alla stazione?

Meo            Sono andato alla stazione; ma lei non c'era!...

Lorenzo      C'ero... E come c'ero... Frantumato, ma c'ero!... Sono sceso per ultimo e mi sono fermato al bar a prendere un cognac...

Michele       E  com'è andata, com'è andata?

Lorenzo      Lo vedi bene com'è andata!... Mi ha polverizzato! E' un cannone!... Dome­nica prossima  fidanzamento!

Paolino       Ma va'... Sei forse pazzo?!...

Lorenzo      Ho riportato lievi lesioni... Si ve­dono?

Michele       Eh,  sì, un poco...  Solo un poco.

Lorenzo      Ma la colpa è solo mia, me lo sono meritato. (a Meo) Senti Meo, corri sulle tracce di mio padre e digli di venire subito. Ho bisogno di lui per tornare a casa.

Meo            Sì, signor Lorenzo. Vado subito. (via in fretta dal fondo).

Paolino       Dicevi... Colpa, tua?!

Lorenzo      Precisamente. Ho commesso un er­rore di va lutazione... un piccolo errore. Orsolina - si chiama Orsolina - è una donna complessa, tarchiata, nemmeno trop­po voluminosa, no, no...! ma terribile. Ter ribile. Non so come mai mi sia venuto in mente di dubitare delle sue qualità spor­tive... Ora, come vedete, ne sopporto le con­seguenze.

Paolino       Insomma, ce lo vuoi dire com'è avvenuto?

Lorenzo      E' avvenuto che io le ho detto: « Campionessa di lotta libera, sollevamen­to pesi e lancio del martello? Lei scherza, lei ha voglia di faceziare... ». Non l'avessi mai fatto. Dopo avermi sollevato come una piuma, mi ha rovesciato al suolo in un ba­leno, poi mi ha afferrato per le caviglie e facendo mulinello al disopra del capo (ro­tea il bastone al disopra della testa: Paolino e Michele si curveranno a tempo) ad un certo punto: paff! (lascia andare il bastone in fondo alla scena, dove Michele lo raccoglierà per restituirlo a Lorenzo) mi ha scaraventato a tre metri di distanza mandandomi a sfondare con il cranio il pannello centrale d'un grande armadio in stile barocco piemontese.

Michele       (e Paolino)  Euuuh!

Lorenzo      Il resto è noto: frattura delle ossa occipitali, lussazione della spalla destra e del piede sinistro. Per quarantacinque gior­ni sono servito!... Che donna!... Suo padre è sergente dei pompieri a riposo, ed ha un fratello che è stato tre anni in galera... Paolino (e Michele)  In galera?!

Lorenzo      Sì,tutta brava gente, del resto. E' stato condannato per abigeato...

Paolino       Per furto di bestiame, vuoi dire.

Lorenzo      Appunto: ha rubato l'asino al pa­drone presso il quale era garzone... Non lo pagava, e lui s'è preso l'asino. Denuncia, condanna: tre anni, senza la condizionale perché alcuni anni prima aveva già rubato alcuni conigli al suo vicino di casa... Ride­va, rideva...

Michele       Chi?

Lorenzo      Lui, il fratello, l'ex galeotto... Si vede che le mie fratture lo hanno diverti­to... Quando ho potuto rialzarmi, ho rac­colto i pezzi, li ho messi insieme, e poi sono andato all'ospedale. Già, proprio così. Ho detto che ero caduto dalla bicicletta, durante una gara di allenamento. E ho pa­gato tremilacinquecento lire per le medi-cazioni. Poi ho preso l'ultimo treno del pomeriggio ed eccomi qua. Evviva!... Da­temi una sedia. (Michele eseguisce subito, Lorenzo  siede)  Ah!...   Grazie.

Paolino       E lei, che cosa ha detto lei?

Lorenzo      Ah, lei? Ha detto che le sono simpatico, molto simpatico... e mi aspetta,, senza fallo, domenica...

Michele       E tu ci andrai?

Lorenzo      Veramente ci stoancora pensan­do... E' probabile.

13

Sgarra        (dal fondo)  Farai bene a rimandare, caro Lorenzo... Ma guarda un po'... in che stato... Ascolta il mio consiglio: lascia per­dere...

Lorenzo      Oh, caro signor Sgarra, come va? come va?

Sgarra        Io sto bene... Non ti preoccupare di me. Senti, di là, c'è tuo padre.

Lorenzo      (si alza) E' meglio che non mi veda subito... Preparate voi il terreno... Io mi ritiro un momento nella tua camera Paolino, se permetti... (si avvia a destra) Con permesso.

Paolino       Ma certo! Ma sicuro che permetto... Vieni con me... Ti accompagno... (lo piglia sotto il braccio sinistro ed esce con lui a destra).

Michele       C'era da aspettarselo!... Va a fi­danzarsi con la campionessa di lotta libe­ra! Quello è matto.

14

Raschia      (dal fondo furioso, seguito da Boni e da Meo che si trattiene presso la porta)  Dov'è, dov'è questo sciagurato di mio figlio! Fatemelo venire davanti che lo pos­sa vedere...

Sgarra        E' andato di là, con Paolino... Han­no alcune cose da discutere, in attesa che tu ti calmi...

Raschia      (furioso)  Sono calmo!.... Sono cal­missimo!... Se mi viene fra le mani lo strozzo!...

Boni            Eh, via, Luigi, bisogna ragionare, bi­sogna indulgere con i giovani se vuoi che i giovani indulgano con i vecchi...

Raschia      Eh!? Vecchi? Non sono poi tanto vecchio! Che cosa vuoi dire?

Boni            Lo sai benissimo che cosa voglio dire... (a  Sgarra)  E anche  tu.

Raschia      Comunque sia; io non approverò giammai questo matrimonio: giammai! (telefono intercomunale).

Michele       E' perme! O per Paolino... (stac­ca) Pronto! Come? da Baveno... E' per Paolino... (chiama) Paolino?

Paolino       (di corsa, da destra. Prende)  Pron­to!... Come? Sì. sono io...Sono io, Laura... Non riconosce la mia voce?... Ero già sper­so... tanto.

Sgarra        Era già sperso. E' tornato adesso da casa sua ed è già sperso... tanto. (si avvicina)

Paolino       (allontanandolo col braccio)  Come sia?... Come stai? Permetti che ti dia del tu? Mi pare  più  affettuoso,  più intimo...

Boni            (tossisce, e guarda al di sopra degli occhiali) Eh, eh!...

Sgarra        La vuoi finire di fare lo scimunito?...

Paolino       (c.s. allontanandolo)  Indietro, in­dietro tu!... Eh?! No, dicevo qui a mio... al miocagnolino che sta giocando col mio piede... E' una cara bestiola!...

Sgarra        Cagnolino?!... Bestiola?!... (guarda sotto il tavolo).

Paolino       Domenica, sì, cara, domenica sicura­mente. L'ho già detto a papà: ha promes­so di venire con me per le ufficiali presen­tazioni... A presto, cara. Telefonerò spesso, telefonerò tutti  i giorni!

Sgarra        Ed io pagherò le  comunicazioni.

Paolino       I miei omaggi ai tuoi genitori. Buo­na sera. (riattacca) Avete udito?

Raschia      E come no? Si capisce che abbia­mo udito!

Sgarra        Non siamo sordi... Dov'è il cagnoli­no?... La cara bestiola...

Paolino       Scherzavo, papà, scherzavo... (in­dicando improvvisamente a destra) Guardi signor Raschia, guardi chi c'è!

15

Lorenzo      (da destra, bendato come nella sce-na precedente)  Quello che è rimasto di tuo figlio, eccolo qua.

Raschia      Ah, disgraziato!... così ti sei ri­dotto...

Lorenzo      All'ospedale mi hanno detto che non è nulla; quarantacinque giorni di gua­rigione. Che donna!...

Raschia      Sei un povero scemo!

Lorenzo      (umilmente)  Sono tuo figlio, papà.

Raschia      Ad ogni buon conto, sia ben stabi­lito che quella donna tu non la rivedrai mai più,  capito?

Boni            Tuo padre ha ragione. Per te ci vuole ben altro, mio caro... Ben altro.

Lorenzo      Avete qualche cosa di meglio sot­tomano?

Raschia      Qualche cosa ho scoperto io... se proprio ci tieni a riprendere moglie.

Lorenzo      Non sarà, anche questa, campio­nessa di qualche cosa...

Raschia      No no, niente campionesse... E' una brava ragazza, casalinga, ed è il tipo che fa per te. (estrae la lettera) Questa.

Lorenzo      (la prende)  Ah, così. Cos'è questa storia della ragazza,casalinga? Vediamo, vediamo tra po'. Paolino tirala fuori; lo ho un braccio addormentato. (Paolino estrae il foglio e porge) Grazie. Ma questa è la lettera della giovane vedova col bambino! Quella che io preferisco!... La lettera che mi è stata trafugata... (a Raschia) Com'è finita nelle tue mani? Avanti, desideriamo conoscere la verità, tutta la verità, niente altro che la verità!... Fuori!...

Boni            La verità è che tuo padre l'ha trova­ta... ed ha voluto informarsi prima di con­segnartela.

Lorenzo      Uhm... Questa spiegazione mi per­suade poco... Ebbene?

Raschia      Ebbene, oggi sono andato a trovarla a Cannobio.

Lorenzo      Davvero?!... non era meglio se an­davo io?

Raschia      Taci, cretino! Ti aspetta domeni­ca... Io non potevo permettere che mio fi­glio si fidanzasse e sposasse senza prima vederci chiaro...

Lorenzo      E come hai fatto a vederci chiaro se hai un occhio scuro?

Raschia      Sta zitto, dico! Lascia parlare tuo  padre!... E' una brava figliola ed ha un bel bambino, vivacissimo, tanto carino.

Lorenzo      Che bellezza!... Io ne ho già due... due più uno,  tre!

 Sgarra       Ma sicuro!... I genitori debbono con­trollare le faccende dei figli!... Anch'io do­menica vorrò accertarmi dei rapporti sen­timentali di Paolino e di Michele...

Paolino       Ma tu non potrai andare da tutte e due. Tu verrai con me!

Michele       Ah, no, papà verrà con me. Non facciamo scherzi.

Sgarra        E va bene... Al mattino  andrò  a Pallanza, e al pomeriggio andrò a Baveno... Contenti?

Michele       Ah,  quand'è   così...  non  ho  altre obbiezioni da fare. Sei il mio caro papali­no... (eseguisce) Lasciati abbracciare. Lo sapevo  che   avresti   dato  il  tuo consenso.

Sgarra        Piano, piano. Non l'ho ancora dato. Rimanda le tue effusioni a tempo debito.

Paolino       Sei il migliore papalino del mondo... (abbraccio) Ma sai che hai un magnifico occhio nero? (telefono intercomunale) Que­sta volta è per Michele.

Michele       (al telefono) Pronto? Emma? Emma, sono felice!... Felice! Papà ha già detto di sì... Domenica mattina saremo da voi. Contenta? Ciao, cara... Tante cose, cara... Buona  notte,  tesoro...  (riattacca).

Sgarra        Ma sentilo! Ma sentilo!... Ha trentadue anni ed è dottore in medicina... (ri­facendolo) Ciao, cara, tante cose cara, buo­na notte, tesoro... (a Boni) Questi ragazzi non metteranno mai giudizio.

Lorenzo      Non è vero signor Sgarra... Lei deve ammettere che siamo sempre i tre ragazzi in gamba!... Voi vecchietti, piut­tosto, dovreste mettere giudizio... Ho l'im­pressione che ne abbiate combinata qual-cuna.

Raschia      Ti prego, Lorenzo, per favore... sor­voliamo.

Sgarra        Ma sì, ma sì, sorvoliamo... E' bene per tutti.

Boni            Tutto è bene ciò che finisce bene. Ed anche questa vicenda che volge al termine, finisce bene. I tre poveri vedovi saranno presto consolati e assumendo nuove respon­sabilità familiari metteranno finalmente la testa a partito.

Tutti            Bene, bravo dottor Boni!...

Lorenzo      E allora, quand'è così,  dovrò tele­grafare  subito a Orsolina, a Nizza  Monfer­rato: « Rinuncio al fidanzamento. Parlo per il Venezuela!...». E domani, invece, andrò a trovare la giovane vedova col bam­bino!... E se mi domanderà che cosa mi è successo, le dirò che ho dovuto sostenere mio malgrado un incontro amichevole di lotta libera!... (risata generale).


L'ALLESTIMENTO

Tutti i « registi » che han messo in scena i Tre ragazzi in gamba cer­cano moglie e Tre mariti senza moglie, raggiungendo risultati di successo clamoroso, troveranno superflua questa nota dicendo: - Le commedie gandiniane si impostano da sé: sono costruite per far ridere, e la fatica che impongono è essenzialmente questa: che devono resistere al ridere gli attori, resistere a quell'onda di comicità che, sprigionandosi in platea, sale ad avvolgere gli stessi che la comicità han provocato.

Ho visto un'eccellente formazione lasciarsi prendere da questa debo­lezza. Doveva essere piacevole recitare divertendosi così, ma gli attori di­menticavano il primo canone delle produzioni umoristiche: bisogna reci­tare seriamente: la « serietà » dei personaggi di Molière mandava per tra­verso sulle poltrone il re di Francia e i suoi cortigiani.

Qui, per questo lavoro, c'è da fare una precisazione: le prime scene del primo atto non sono da prendersi sul tragico: bisognerà riuscire in un dolore manierato che, rigorosamente, non si tradisca. Ci vuole compassatezza, sincerità, slancio di accenti, ma non caricati dalla minima punta comica.

Anche il cambio di cravatta va giocato con ingenuità. Così la battuta di Lorenzo: «toglietemela voi» va buttata con il garbo d'una decisione fanciullesca. Lorenzo è il più tipico dei tre ragazzi: negli altri due c'è il calcolo, lui invece ama le situazioni assurde, rammenta i ceffoni di Bea­trice con nostalgia. Un altro tipo curioso è Meo. Scarpe grosse ma cer­vello fino. Ora la sua abilità volpina deve essere evidente a far da con­trappeso a Sgarra che, con tutto il suo fiuto di consumato commerciante, si lascia infinocchiare. La scena 7adel primo atto è pari alla 9a del se­condo. In questa, Meo deve fare il sordo e lo fa bene: i sordi parlano forte, ma non sempre talvolta la loro voce esce come l'eco d'una voce interna. Bisogna pensare a quello che è l'atteggiamento d'un sordo, anche nel suo aspetto facciale di persona leggermente trasognata. Meo è un sordo per finta ma lo faccia sul serio, ne guadagnerà in comicità la sua entrata.

Anche i tre anziani han da essere comici la loro parte. Il loro sdegno vero, quell'altercare deciso seguito subito da un conversare amichevole come se nulla fosse stato, devono essere marcati perché sono come la caratteristica d'una scena buffonesca che si avvale cioè di tutti i con­trasti di carattere, di tutte le trovate per formare il quadro.

Naturalmente, quando i tre orecchieranno nell'ultima scena del primo atto, ammicchino con ingenuità, non con furberia: sul suo volto si dise­gnerà lo stupore, il loro sdegno proromperà sincero.

Il secondo atto ha un andamento simile al primo: le situazioni co­miche sono frequenti ma tutte di facile resa. Nel terzo atto, invece, la atmosfera di ilarità rialza ancora il tono per l'arrivo di vari infortunati nella grande giornata di approcci e presentazioni.

C'è chi ritiene abusati questi espedienti di occhi tumefatti e di teste bendate, ma quando sono il frutto di situazioni comiche ben concertate sono di irresistibile umorismo. Non ricordate quando da bambini esplo­devamo in una risata alla caduta di un nostro compagno di gioco? Era la posa comica del disgraziato che ci faceva ridere nostro malgrado, e accet­tavamo il sermone di mamma, convenendo alle sensate esortazioni a non ridere per il male degli altri, ma tenevamo la testa bassa o voltavamo il capo dall'altra perché il riso, quanto più trattenuto, insorgeva prepo­tente. Insomma, una testa fasciata nel teatro comico fa parte della commedia dell'arte e se Gandino pesca abbondantemente in questi espedienti è perché sa il fatto suo.

Adesso gli interpreti di questa commedia manterranno anche sotto le bende la stessa misura degli atti precedenti, Sgarra farà le sincere smor­fie di dolore e così le altre due vittime. Ma Lorenzo, pur colpito e sof­ferente avrà il morale alto, è sempre il tipo dell'uomo ottimista, la crea­zione di un autore che, così serio e pratico nella vita, ci ha dato in queste produzioni di irresistibile comicità.

C. R.

TRUCCATURA DEGLI ATTORI

Per i personaggi di PAOLINO SGARRA, MICHELE SGARRA e LORENZO RASCHIA, occorre la normale truccatura dell'attor giovane e cioè: per tinta di fondo usare cerone 2 e mezzo o 3 - leggero ritocco alle labbra in carmino - om­breggiatura agli occhi in matita dermografica marrone scuro - incipriatura in tinta ocra pallido.

ONORATO SGARRA Tinta di fondo in cerone 3 o 3 a mezzo ocra - legge-rissime rughe labiali con sfumatura in matita marrone e rilievi con ceroncino bianco ai capelli, delle tempie - baffetti di taglio moderno in castano scuro - incipriatura generale con cipria ocra scuro.

LUIGI RASCHIA Tinta di fondo in cerone 2 o 2 e mezzo ocra pallido -rughe labiali e alle orecchie in matita marrone e rilievi in cerone bianco - baffoni spioventi in pelo castano grigio - sopraciglia folte - stilature di cerone bianco ai capelli e alle terapia - leggerissima sfu­matura di rossetto da guancia al naso - incipriatura generale con ci­pria ocra pallido.

DOTT. BONI Tinta di fondo in cerone 2 e mezzo o 3 ocra rossa - par­rucca a coccia semicalva in tinta rossastra e sfumatura di grigio - baffetti a spazzola della stessa tinta della parrucca - rughe labiali e sottocchi  in matita marrone e rilievi con cerone bianco molto sfu mato - incipriatura con cipria ocra.

MEO BARCHETTA - Non fare uso di ceroni per la tinta di fondo - sol­tanto una leggera sfumatura di rosso carico alle guance e al naso -leggerissime rughe labiali in matita marrone - barba incolta, ottenuta con stilatura di matita blu e sfumatura di cerone bianco - ritocco alle labbra in rosso cupo - niente cipria.