Tre preti per una besciamella

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Tre preti

per una besciamella

Commedia in cinque quadri per cinque folli confessioni

di Tonio Logoluso

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Primo Quadro: "La sposa"

Secondo Quadro: "I gemelli"

Terzo Quadro: "Assunta"

Quarto Quadro: "La suocera"

Quinto

uaQuaQuadro: "Don Emilio"

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I cinque quadri sono tutti ambientati nella sagrestia di una chiesa di un paese di provincia. L’ambientazione, stilizzata, è quella di una sagrestia che si può trovare in qualsiasi chiesa di qualsiasi città.

Al centro della scena un separèe sistemato in modo tale che il confessore e le persone che si confessano non si vedano tra loro. A destra del separèe una sedia,a sinistra un inginocchiatoio.

Primo Quadro

”La sposa”

Personaggi

DON REMIGIO

UNA DONNA

GABRIELE, IL SAGRESTANO

***************

 CAMPANE   Campane a festa. Poi, quando sfumano…

VOCE:           Un piccolo paese di una qualsiasi provincia. La sagrestia di una chiesa. Un separèe,

una sedia e un inginocchiatoio.

MUSICA

Entra la perpetua, spolvera gli oggetti presenti in scena, rassetta la sagrestia ed esce. Entra una donna. Va ad inginocchiarsi. Resta lì in atteggiamento di preghiera. Dopo un po’ entra di corsa don Remigio, tutto trafelato. Indossa rapidamente la stola, la bacia e si siede alla sedia. Sfuma la musica.

REMIGIO:    (affannato)  Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.

DONNA:       Amen.

REMIGIO:    Allora, figliola. Mi hai fatto chiamare con tanta urgenza. Dimmi, che ti è successo?

DONNA:       (quasi piangente)  Padre, mi faccio schifo.

REMIGIO:    Non dire così, figliola. Sei anche tu una creatura del Signore. E il Signore vuole bene

a tutti e ha pronta una carezza per tutti. Che cosa hai fatto?

DONNA:       Che cosa "non ho" fatto, padre.

REMIGIO:    E che cosa non hai fatto, figliola?

DONNA:       (disperata)  Che cosa ho fatto, padre.

REMIGIO:    Figliola…

DONNA:       Eh?  

REMIGIO:    L'hai fatto o non l'hai fatto?

DONNA:       L'ho fatto, padre. Eccome se l'ho fatto.

REMIGIO:    E che cosa hai fatto?

DONNA:       Una cosa che non si può dire, padre.

REMIGIO:    A me lo puoi dire, figliola.

DONNA:       Come vorrei, padre, come vorrei.

REMIGIO:    Allora dillo, figliola. Mi pagano per questo.

DONNA:       Mi vergogno, padre. Se sapesse come mi vergogno.

REMIGIO:    E di che cosa, figliola? Il Signore è grande e saprà perdonarti. Ma ti prego, dimmi

che hai fatto, sennò gli sposi in chiesa mi divorziano prima del tempo.

 

DONNA:       Quali sposi, padre?

REMIGIO:    Quelli che mi aspettano in chiesa.

DONNA:       E si sposano?

REMIGIO:    Certo, figliola. Se sono sposi, si sposano.

DONNA:       E c'è ancora qualcuno che ha il coraggio di sposarsi, padre?

REMIGIO:    Be', figliola, non mi sembra una cosa così grave. Si amano e si sposano.

DONNA:       Non le sembra una cosa così grave? Il mutuo della casa, le bollette, il condominio, l’IMU,

l'ICI, l'ACI, l'ICIAP, l'IRAP, l'IRAQ, l'ENPALS, e poi i figli, magari gemelli, e i pannolini,

e le pappine, e la suocera, e…

REMIGIO:   (spazientito)  Sì, va bene figliola, ma a te che te ne fre… (controllandosi) che cosa c'entra

col tuo problema?

DONNA:       Che cosa c'entra? Glielo dico io che cosa…

     Entra di colpo Gabriele, il sagrestano. Il suo accento può essere napoletano o della regione in cui si effettua lo spettacolo, l’importante è che non parli “pulito”, ma si senta la sua cadenza dialettale.. Tendenzialmente è mezzo scemo.

GABRIELE:  Don Remigio, gli sposi stanno aspettando.

REMIGIO:    Hai sentito, figliola? Gli sposi stanno aspettando. Torniamo a noi.   (a Gabriele)

Vengo subito, Gabriele, grazie.

GABRIELE:  Va bene.  (esce)

REMIGIO:    Allora, figliola. Che ti è successo?

DONNA:       Padre, 'na traggedia.

REMIGIO:    Che tragedia, figliola?

DONNA:        'Na traggedia che non le vedi nemmeno nei film. Ce li ha presenti lei i film della mafia,

padre? Quelli che muoiono tutti? I buoni, i cattivi, quelli che passano per strada, quelli

che…

REMIGIO:    (fa un profondo respiro)  Sì, figliola, ho capito. Ce li ho presenti.

DONNA:       Peggio.

REMIGIO:    Peggio che cosa?

DONNA:       Peggio dei film.

REMIGIO:    Che cosa è peggio dei film?

DONNA:       Quello che ho fatto io, padre.

GABRIELE:            (entrando)   Don Remì, la sposa! Si è sentita male. Che faccio?

REMIGIO:    Che ci ha la sposa?

GABRIELE:  Gli gira la testa.

REMIGIO:    Fatele prendere un po' d'aria.

DONNA:       Datele un biscotto.

GABRIELE:  Va bene.  (esce) 

REMIGIO:    Allora, figliola, dov'eravamo rimasti?

DONNA:       Alla traggedia.

REMIGIO:    Che "traggedia"?

DONNA:       Quella mia, che è peggio dei film.

REMIGIO:    Ho capito. Ma si può sapere che hai combinato?

DONNA:        Che ho combinato? Che ho combinato? Ho combinato un gran bel guaio, padre.

Ecco che ho combinato.

    

GABRIELE:  (entrando)   Don Remì!

REMIGIO:    Che altro è successo?

GABRIELE:  La sposa! Ci ha i crampi allo stomaco.

REMIGIO:    Sarà l'emozione. E la testa? Gira ancora?

GABRIELE:  No, dopo il biscotto è passato.

DONNA:       Lo sapevo. Lo zucchero fa bene.

GABRIELE:  Che faccio, don Remì?

REMIGIO:    Fatela sdraiare su un banco.

DONNA:       Taralli al peperoncino. Forse ha fame. Il piccante stimola l'appetito.

GABRIELE:  Va bene. (esce)

REMIGIO:    Allora figliola, dimmi. Qual è questo guaio che hai combinato? Confìdati, e confida

nel Signore. Tutto si risolverà.

DONNA:       Si risolverà, si risolverà. E come si risolve 'sta traggedia mia?

REMIGIO:    Non lo sapremo mai, figliola, se non ci dici di che si tratta.

DONNA:       È facile a dire "dici", padre. Difficile è quando le devi fare, le cose.

REMIGIO:    (contenendo il nervosismo)  Sta' tranquilla, figliola. Le faremo. Con la santa pazienza e con

la buona volontà noi le faremo le cose, eh? Le faremo.

DONNA:       Sì, padre. Noi le faremo. Le faremo.

REMIGIO:    Eh, le faremo. Ma per farle dobbiamo sapere che cosa dobbiamo fare.

     Entra Gabriele di corsa.

GABRIELE:  Don Remì, la sposa!

REMIGIO:    Che altro gli è preso a 'sta sposa? So' passati i crampi?

GABRIELE:  Sì, don Remì, so' passati. È vero. Era fame. Come si è mangiata i taralli ha voluto

le lenticchie, che quelle portano fortuna.

REMIGIO:     Embè?

GABRIELE:  Mo' ci ha i vuoti d'aria.

REMIGIO:    E che è, un aeroplano?

GABRIELE:  Don Remì, ci ha i vuoti d'aria.

REMIGIO:    E che so' 'sti vuoti d'aria?

GABRIELE:  (imbarazzato)  Don Remì… qui… davanti alle signore…

REMIGIO:    E che ci sta di tanto strano?

GABRIELE:  (c.s.)  Don Remì…

REMIGIO:    (rabbioso)  Gabriè!

GABRIELE: E vabbè, don Remì, se me lo dite voi… insomma, dopo che si è mangiata le lenticchie,

il vestito della sposa si è cominciato a gonfiare nella parte di dietro come a una mongolfiera, tanto che noi pensavamo che era un bambino che si era ficcato sotto al vestito per giocare. E invece non era un bambino, don Remì, era la sposa che di tanto in tanto sparava certe…

REMIGIO:    Ho capito, Gabriè, ho capito tutto, non c'è bisogno che vai avanti. Ma toglimi una curiosità:

                        quante lenticchie si è mangiata la sposa?

GABRIELE:  Cinque piatti, don Remì.

REMIGIO:    E per forza che si piglia i vuoti d'aria! Gabriè, di’ alla sposa che il cibo è vero che è un carburante, ma serve per nutrirsi, non per decollare.

GABRIELE:  Glielo dico, don Remì. Ma che faccio?

REMIGIO:    Fatela svuotare fuori dalla chiesa. Devo celebrare, io! E per celebrare bisogna parlare.

E per parlare bisogna respirare. E per respirare ci vuole l'aria. È chiaro il concetto?

GABRIELE:  Chiaro, don Remì.

DONNA:       Un merluzzo al cartoccio con le olive. Le farà bene.

GABRIELE:  Agli ordini.  (esce)

REMIGIO:    Allora, figliola. Eravamo fermi a un gran bel guaio che hai combinato.

DONNA:       Ha ragione, padre. Un gran bel guaio.

REMIGIO:    No, figliola. Non sono io che ho ragione. Sei tu che me l'hai detto.

DONNA:       È vero, gliel'ho detto io.

REMIGIO:    E allora sentiamolo questo guaio.

DONNA:       E sì padre, ha detto la parola giusta. Sentiamolo. Perché lo so io che cosa mi sento

qua dentro, lo so io che cosa mi sento.

REMIGIO:    E che cosa ti senti?

DONNA:       Un vuoto, padre. Un grande vuoto dentro.

REMIGIO:    E perché questo vuoto?

DONNA:       Per quello che ho fatto, padre. Per quello che ho fatto.

REMIGIO:    Ecco, figliola, appunto. Che cos'è che hai fatto? Io questo solo voglio sapere

e tu questo solo mi devi dire, perché sennò spiegami una cosa: che sei venuta a fare?

Io ci ho un matrimonio da celebrare, figliola bella, e mo' che la sposa s'è finito

di mangiare il merluzzo con le olive, io devo correre di là ad officiare.

DONNA:       Dov’è che deve andare, padre?

REMIGIO:    A unire in matrimonio figliola, si dice così. Ma qui non sei tu che devi fare le domande, sono io. Posso sapere allora che cosa hai combinato?

DONNA:       Padre… io… ho messo… la…

     Entra di colpo Gabriele.

GABRIELE:  Don Remì…

REMIGIO:    (urlando)  La sposa!

GABRIELE:  Lo sapete già?

REMIGIO:    (c.s.)  E per forza! Io e Lui stiamo in contatto!  (guarda al cielo con le braccia protese)

GABRIELE:  E che sapete?

REMIGIO:    Che se certi sagrestani erano un po' meno deficienti, io mo' lo sapevo 'sto benedetto fatto.

GABRIELE:            Che fatto, don Remì?

REMIGIO:    Quello della figliola nascosta qua dietro che non lo so perché ma non lo riesco ancora

a sapere.

GABRIELE:  E che c'entro io?

REMIGIO:    Gabriè, tu ti chiamerai pure come l'arcangelo dell'Annunciazione, ma non ti hanno fatto calare in questa chiesa per fare le annunciazioni pure tu, hai capito? Quando io confesso, qui non deve entrare nessuno!

GABRIELE:             Don Remì, ma la cosa è grave.

REMIGIO:    E che altro ci ha ancora la sposa?

GABRIELE:  La diarrea.

REMIGIO:    Allegria!

DONNA:       Perfetto.

REMIGIO:    Come, perfetto?

DONNA:       La reazione giusta. Il pesce, insieme alle olive, ha creato una miscela organica

che ha fatto liberare…

REMIGIO:    Lo sappiamo che cosa ha fatto liberare, figliola, non c'è bisogno della precisazione.

GABRIELE:  È un problema grosso, don Remì.

REMIGIO:    E perché?

GABRIELE: Con quel sorto di vestito che tiene la sposa, non facciamo a tempo a rivestirla,

dieci persone, che subito dobbiamo scappare per svestirla che ci ha gli stimoli.

E noi per tre volte ce l'abbiamo fatta, ma alla quarta già in cinque se n'erano scappati,

che quella mica aspetta fino all'ultimo velo. Quando sente che è il momento è tutto un…

REMIGIO:    È tutto come natura vuole, Gabriè, va bene? E mo' come sta?

GABRIELE:  Sta seduta.

REMIGIO:    Sull'altare?

GABRIELE:  Sulla tazza. Almeno là non è pericolosa.

REMIGIO:     E secondo te, io il matrimonio lo devo celebrare davanti all'altare o davanti alla tazza? 

GABRIELE:  Don Remì, e che volete da me?

DONNA:       Un limone. Datele un limone. Spremuto, senza zucchero. Concentrato ed efficace.

Se non basta uno dategliene due, tre, fino a quando non passa.

GABRIELE:  Va bene, don Remì?

REMIGIO:    E che ne so? Se lo dice lei.

GABRIELE:  Allora va bene.

     Gabriele esce.

REMIGIO:    (cercando di mantenere la calma)  Allora figliola, mi stavi dicendo che hai messo qualche

                        cosa da qualche parte. Di che si tratta?

DONNA:       Si tratta di una cosa bestiale, padre, che non auguro a nessuno. Neppure al peggior nemico.

REMIGIO:    E questo ti fa molto onore, figliola. Ma che cosa hai messo?

DONNA:       Una cosa che solo gli incoscienti e i criminali possono mettere.

REMIGIO:    Figliola, non avrai per caso messo una bomba?

DONNA:       Magari, padre, magari. Non stavo qua, adesso.

REMIGIO:    Hai riempito di cianuro l'acquedotto?

DONNA:       Magari, padre, magari. Non stavo qua adesso.

REMIGIO:    (spazientito) E va bene figliola, ma siccome adesso stai qua e qua non stiamo al Telequiz, dimmi che cos’è che hai messo. Non posso mica stare a indovinare che benemerita cosa hai

                        messo. E la bomba non è, e il veleno non è, ed è 'na "traggedia" più grande della mafia,

e a meno che non hai menato un'atomica sopra a un asilo, io non so più che altro ca…

che altro pensare.

DONNA:       Ci ha ragione, padre, ci ha ragione. È meglio non pensare, è meglio non pensare.

REMIGIO:    E va bene, figliola, non pensiamo, però diciamo, eh? Diciamo! Per favore, diciamo, perché

                  sennò da un momento all'altro ci appare di nuovo l'arcangelo Gabriele con qualche novità su…

GABRIELE:  (catapultandosi)  La sposa, don Remì! La sposa!

REMIGIO:    Hai visto, figliola? Che ti avevo detto? Parla, per favore, parla, perché se non parli tu,

lo so già dove andrò a parlare io fra poco se non chiudiamo questa benedetta storia.

E mo' sentiamo Gabriè, com'è il bollettino della sposa?

GABRIELE:  Buono, don Remì. Si è alzata dalla tazza. Il limone ha fatto effetto.

REMIGIO:    Meno male. E mo' è tutto a posto?

GABRIELE:  Non ancora don Remì, ma stiamo vicini.

REMIGIO:    E che altro ci ha?

GABRIELE:  Ci ha un forte senso in gola.

REMIGIO:    Che cosa ci ha?

GABRIELE:  Un forte senso in gola.

REMIGIO:    Gabriè, e che cos'è?

GABRIELE:  Che ne so, don Remì? Così dice lei. Che ci ha un forte senso in gola. Che si sente stringere

tutta la gola come se due cavalli la tirano per il canarozzo.

REMIGIO:    (sospettoso)  Gabriè, quanti limoni le avete dato?

GABRIELE:             Quarantuno, don Remì.

REMIGIO:    (urlando)  E per forza che si sente i cavalli! Con quarantuno limoni uno si sente pure le giraffe in gola!

GABRIELE:  Don Remì, la diarrea non passava. Un limone, niente. Due limoni, niente. Tre limoni,

niente. Quattro limoni, niente. Cinque limoni, niente…

REMIGIO:    Ho capito, Gabriè. Non c'è bisogno che me li conti tutti e quarantuno.

GABRIELE:   Io ho fatto come ha detto la signora: "Fino a quando non passa". E finalmente, al limone

quarantuno, la sposa si è alzata. Coi cavalli in gola, ma si è alzata. Meno male, don Remì, perché stavano per finire i limoni e ci avevamo già un ferito.

REMIGIO:    Un ferito?

GABRIELE:            Sì, don Remì. Lo sposo.

REMIGIO:    Pure? E che gli è successo?

GABRIELE:  Qua vicino non ci stanno fruttivendoli. Allora lo sposo, che aveva visto a fianco

alla chiesa l'agrumeto di Peppino il fattore, è entrato nel terreno e ha riempito una busta

di limoni. Quello Peppino è nervoso don Remì, lo sapete; a un certo punto l'ha visto

e gli ha cominciato a tirare addosso i pompelmi. Quelli so' belli grossi e fanno male,

e uno l'ha preso proprio nel centro dell'occhio destro.

REMIGIO:    E che si è fatto?

GABRIELE: Niente. Ci ha l'occhio nero. Mo' gli abbiamo messo sopra una fettina di manzo,

che l'avevamo presa se la sposa ci aveva ancora fame e magari dopo il pesce

voleva pure la carne.

REMIGIO:    Figliola, hai sentito? Facciamo presto, per favore, perché qua mi si accorcia la razza umana.

GABRIELE: Don Remì, e io che devo fare?

REMIGIO:    E che devi fare?

GABRIELE: E non lo so. Che si fa coi cavalli in gola?

REMIGIO:    E che ne so io che si fa coi cavalli in gola?

DONNA:       Coca Cola.

GAB - REM: Eh?

DONNA:       Datele la Coca Cola.

GABRIELE:  Che dite, don Remì?

REMIGIO:    E che devo dire? È lei l'esperta. Datele la Coca Cola, e speriamo che guarisce 'na buona volta.

GABRIELE:  Va bene, don Remì. Gliela do subito.

     Gabriele esce.

REMIGIO:    Figliola, il tempo stringe, la sposa stringe, tutto qui stringe. Vediamo di stringere pure noi?

DONNA:       Sì, padre, ha ragione. Stringiamo.

REMIGIO:    Allora che cos'è che hai messo di tanto grave non so dove, non so come e non so quando?

DONNA:       Eh, padre. Lo so io dove, come e quando.

REMIGIO:    (furioso)  E lo voglio sapere pure io, va bene?

DONNA:       Padre, non si arrabbi. Glielo dirò.

                       

REMIGIO:    Me lo dirai, figliola? E quando? Cerca di dirmelo adesso, finché sono contemporaneo.

DONNA:       Padre, non è facile, mi creda.

REMIGIO:    E io ti credo, figliola, ti credo. E lo so che non è facile. Ma anche tu mi devi credere se ti dico che nemmeno per me è facile, e che è mezz'ora che sto qua dentro, e che è mezz'ora che cerco di sapere qualcosa, e che in mezz'ora l'unica cosa che sono riuscito a sapere è il quadro clinico della sposa.

DONNA:       Ha ragione, padre, ha ragione.

REMIGIO:    No, figliola, no, non ho ragione. Avrò ragione solo quando saprò che cosa ca… che cosa capita ad una donna così preoccupata come te.

DONNA:       Di tutto capita, padre. Di tutto. Perché quando si commettono certi errori…

REMIGIO:    (a mezza voce, piangente)  Signore, dammi tu la forza…

DONNA:       Ha detto qualcosa, padre?

REMIGIO:    (rassegnato)  No, figliola, non ho detto niente. Va' pure avanti tranquilla.

DONNA:       Dicevo che quando si commettono certi errori è come se ti senti crollare il mondo addosso…

RUMORE

     Un boato tremendo fa sussultare don Remigio e la donna. Va via la luce per qualche istante.

REMIGIO:    (terrorizzato)  Gesù mio! Il terremoto!   (riprendendosi con molto affanno mentre torna la luce)  Figliola, per favore, non usare più certe espressioni, perché il Signore è grande e ti sente, e quello che hai fatto dev'essere una cosa molto grave, molto ma molto grave.

DONNA:       Gliel'avevo detto, padre.

     Entra Gabriele di corsa, gridando.

GABRIELE:  Don Remì, avete sentito?

REMIGIO:    E sì che ho sentito, Gabriè. Eccome se ho sentito!

GABRIELE:  Don Remì…

     Gabriele e don Remigio si guardano un attimo.

GAB - REM:  La sposa!

REMIGIO:    Che altro ha combinato?

GABRIELE:  Ci ha la… “fragìa”.

REMIGIO:    Che cos'è che ci ha?

GABRIELE:  La… “foragìa”.

REMIGIO:   Gabriè,  non è che per caso la sposa tiene… “l’aerofagìa”?

GABRIELE:  Quella cosa là, don Remì.

REMIGIO:     E allora… vuoi dire… che è stata lei… a fare tutto 'sto…

GABRIELE:  Eh.

REMIGIO:    E come santissimo ha fatto?

GABRIELE: E che ne so?  A un certo punto, mentre stava a bere la Coca Cola, ha detto "Scusate"

e non si è capito più niente. Se n'è andata la luce, i cappelli delle signore se ne sono volati, tutti i fogli della messa che stavano sopra a un banco si sono sparpagliati per tutta la chiesa.

Poi è tornata la luce e la sposa ha detto solo quella parola: "fragìa”… quella là che avete detto voi. Don Remì, che vuol dire?

REMIGIO:    Gabriè, quanta Coca Cola si è bevuta la sposa?

GABRIELE:  Sei bottiglie da due litri, don Remì.

REMIGIO:    (sbottando)  E San Giuseppe Incoronato, Gabriè! Con quella roba in corpo la sposa spegne pure gli incendi nei boschi!

GABRIELE:  Don Remì, i cavalli non se ne andavano. Una bottiglia, niente. Due bottiglie, niente.

Tre bottiglie, niente…

REMIGIO:    Ho capito, Gabriè. Fino a quando non se ne so' andati i cavalli.

GABRIELE:  Eh.

     RUMORE

Altro rutto spaventoso della sposa e nuova "scossa di terremoto".

REMIGIO:    (nervosissimo)  Gabriè, prima che la sposa ci fa crollare la chiesa a pietra a pietra,

                        bloccatela, spostatela, fate qualcosa ma fermatela. La chiesa ci serve!

GABRIELE:  E che devo fare, don Remì?

REMIGIO:    Non lo so! Mettetele un cerotto sulla bocca, portatela nell'agrumeto di Peppino,

ma fermatela!

DONNA:       Latte.

GAB - REM: Che cosa?

DONNA:       Latte. Datele del latte. Fa bene all'aerofagia.

GABRIELE:  Don Remì, che faccio?

REMIGIO:    Gabriè, la figliola è l'unico dottore che teniamo. Tu fai e speriamo bene. Dalle il latte,

il caffè, la brioche, quello che vuole, ma falla stare zitta. Se alla cerimonia quella sta ancora in queste condizioni, mi spara in faccia un "Sì" che mi venite a pigliare da sopra

al rosone.

GABRIELE:  (confidenzialmente)  Ma voi che dite, don Remì, glielo possiamo dare il latte?

Quello è pesante.

REMIGIO:    Gabriè, da quello che ci ha fatto sentire, la sposa digerisce pure i cavalli. Vai e fai presto, che solo 'sta chiesa ci abbiamo.

GABRIELE:  Volo, don Remì.  (esce)

REMIGIO:    Figliola, io ti ringrazio per i consigli che stai dando a Gabriele, ma ti prego,

facciamo presto, che questa sposa a me non mi fa stare per niente tranquillo.

DONNA:       Sì, padre.

REMIGIO:    Allora, dimmi tutto.

DONNA:       Padre, quello che ho fatto ieri sera non me lo perdonerò mai.

REMIGIO:    (ormai disperato)  E non sei tu che ti devi perdonare, figliola bella. Ci sta qualcuno molto

più in alto e molto più grande che pensa a tutti noi e quindi anche a te.

DONNA:       Padre… davvero?

REMIGIO:    Davvero, figliola. Puoi stare tranquilla.

     Dopo un breve silenzio.

DONNA:       (biascicando)  La besciamella.

REMIGIO:    Eh?

DONNA:       (biascicando)  La besciamella.

REMIGIO:     Figliola, io forse sarò anche un po’ sordo ma non ho capito niente. Che cosa hai detto?

DONNA:       (scandendo decisa)  La besciamella.

REMIGIO:    (stupito, ha un attimo di pausa)  Che cos'è ... "la besciamella"?

DONNA:       La besciamella è una salsa fatta con la farina stemperata nel burro e diluita con latte

a fuoco lento, adatta soprattutto…

REMIGIO:    Lo so che cos'è la besciamella, figliola, lo so. Volevo dire "che cos'è" nel senso di

"che c'entra".

DONNA:       C'entra perché ce l'ho fatta entrare io.

REMIGIO:    Dove?

DONNA:       Nel patè d'oca.

REMIGIO:    E allora?

DONNA:       Nel patè d'oca ci va la salsa rosa.

REMIGIO:    E allora?

DONNA:       Ho voluto provare la besciamella.

REMIGIO:    E allora?

DONNA:       Un disastro.

REMIGIO:    E perché?

DONNA:       Un sapore aspro e duro rispetto alla delicatezza dell'oca. Ma questo è niente.

REMIGIO:    (spazientito)  E che altro c'è?

DONNA:       Stava mia suocera.

REMIGIO:    (c.s.)  E allora?

DONNA:       Lei fa lo chef in un ristorante cinese.

REMIGIO:    (c.s.)  È cinese tua suocera?

DONNA:       No, però di cucina capisce.

REMIGIO:    (molto spazientito)  E allora?

DONNA:       Se la mena da morire. Dice che inventa dieci ricette al mese e gliele pubblicano tutte

su "Grand Gourmet".

REMIGIO:    (c.s.)  E allora?

DONNA:       Poi dice che io non valgo niente e che da quando il figlio si è sposato con me si è sciupato un sacco perché la cucina mia fa schifo e lui non vuole mangiare.

REMIGIO:    (sempre più spazientito)  E allora?

DONNA:       E allora ho deciso di inventarmi una ricetta speciale, una di quelle che te le ricordi

per tutta la vita, che tutti te la invidiano, che tutti te la chiedono e che tu non gliela

dai manco se s'impiccano.

REMIGIO:    (c.s.)  E allora?

DONNA:       E allora ho fatto il patè d'oca, e l'ho fatto con tante spezie speciali, ma soprattutto… (disperata)  l'ho fatto con la besciamella.

REMIGIO:    (dopo un profondo respiro)  Figliola, e tu mi hai fatto venire qui con una fretta bestiale

che quasi mi accarravo un'innocente creatura, mi hai tenuto prigioniero qua dentro

per mezz'ora e mi hai quasi eliminato una coppia di sposi… per dirmi… che hai messo

la besciamella nel patè?

DONNA:       Padre, lei non sa le conseguenze.

REMIGIO:    No, figliola, e non le voglio sapere. Mo' però ti do dieci secondi di tempo, quelli che

ci vogliono per farti il segno della croce, per sparire di qui e per lasciarmi a quell'altra sventurata che già lo so che fra poco arriva Gabriele per darci le ultime notizie su…

GABRIELE:  (affacciandosi)  La sposa! Don Remì, la sposa!  (esce)

REMIGIO:    Hai sentito, figliola? La sposa. Adesso sparisci, perché sennò mi ricordo che prima di essere un prete sono un uomo, e che tante volte l'uomo somiglia a una bestia…

DONNA:       Padre, io non mi sono ricordata che mio marito… è allergico alla besciamella…

REMIGIO:    Non me ne freca niente.

DONNA:       Hanno cominciato a uscirgli le bolle sulla faccia…

REMIGIO:    Come sopra.

DONNA:       E i figli miei, i due gemelli, hanno cominciato a piangere e a gridare perché credevano

che il papà diventava Godzilla…

REMIGIO:    Sparisci.

DONNA:       E mia suocera ha detto che soltanto io potevo mettere la besciamella nel patè…

REMIGIO:    Meno cinque…

DONNA:       E mio marito ha cominciato a gridare pure lui…

REMIGIO:    Quattro…

DONNA:       E ha cominciato a dire che ci avevo io l'intelligenza dell'oca…

REMIGIO:    Tre…

DONNA:       E mia suocera che mi voleva denunciare per tentato omicidio…

REMIGIO:    Due…

DONNA:       E mio marito che mi voleva tagliare gli alimenti…

REMIGIO:    Uno… 

DONNA:       E si voleva portare anche i gemelli…

REMIGIO:    Zero. (urlando)  Vattiiiiiiiiiiinneeeeeeeeeeee!!!!!!!!!!!!!!!!

DONNA:       Padre, sono assolta?

REMIGIO:    (arrabbiatissimo)  Assolta, beata e santa, tutt'insieme, basta che sparisci!

GABRIELE:  (entrando)  Don Remì…

REMIGIO:    (esasperato)  La sposa! Iamme, Gabriè!

      MUSICA

     Don Remigio esce rapidamente. Gabriele resta basito sull'ingresso. Buio.

Fine Primo Quadro

Secondo Quadro

”I gemelli”

Personaggi

DON COSIMINO

I GEMELLI

ASSUNTA, LA PERPETUA

***********

VOCE 5:        Il solito paese nella solita provincia. La solita sagrestia della solita chiesa.

Il solito separèe, la solita sedia e il solito inginocchiatoio. Due mesi dopo.

     MUSICA

    Entra Assunta, la perpetua. Ha in mano un incensiere acceso e lo diffonde nell’ambiente. Si segna.

Sfuma la musica. Va verso l’inginocchiatoio e cosparge tutta la zona d’incenso. Durante quest’azione

si lascia andare ad una serie di detti e proverbi popolari tendenti a scacciare il malocchio. Ha cadenza napoletana.

ASSUNTA“Disgraziata... Disgraziata che non sei altro... tu e tutta la razza tua... Santa Rita aiutaci tu.

(prende un santino dalla manica della camicia)  E anche tu San Giuseppe, che per averti ho dovuto dare tre Sant’Antonio, due Gesù Bambino e pure Santa Lucia, che quella vipera di Maria la canonica mica ti voleva dare. “E ti do Santa Chiara”. “E che vuoi mettere, Santa Chiara con San Giuseppe?”… e gli ho dovuto dare Santa Lucia. Hai capito, San Giusè?… Don Remigio, quel povero don Remigio... neanche un anno che stava qua e già me l’hanno fatto scimunire… Don Remigio, quel povero don Remigio... Santa Rita aiutaci tu“.  (esce e si segna)

  MUSICA

Entrano un ragazzo e una ragazza. Biondi, di un biondo innaturale, coi capelli a caschetto; sono vestiti in modo identico, hanno lo stesso passo, le stesse movenze, gli stessi gesti. Fanno all'unisono le stesse identiche cose. Dopo un po' entra don Cosimino. Indossa la stola e si siede. I due giovani, sentendolo arrivare, si fermano in piedi vicino all'inginocchiatoio, dietro il separèe. Sfuma la musica.

COSIMINO:  Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.

GEMELLI:  Amen.

COSIMINO:  Allora, figliolo, dimmi. In cosa hai peccato?

GEMELLI:  Chi, io?

COSIMINO:  Sì, tu. E chi sennò?

GEMELLI:  Potevo essere io.

COSIMINO:  Scusa un attimo, figliolo. C'è qualcun altro vicino a te?

GEMELLI:  Sì, io.

COSIMINO:  Io chi?

GEMELLI:  Io.

COSIMINO:  A me mi è parso di sentire una voce di donna, figliolo. O mi sbaglio?

GEMELLI:  No, padre. Non si sbaglia.

COSIMINO:  E non può essere.

GEMELLI:  Che cosa?

COSIMINO:  Che sta qualcuno vicino.

GEMELLI:  Perché?

COSIMINO:  Come perché? La confessione non è la pizzeria.

GEMELLI:  E allora?

COSIMINO:  E allora uno parla e l'altro resta fuori e aspetta. Ma scusatemi una cosa…

perché parlate sempre assieme?

GEMELLI:  Siamo gemelli.

COSIMINO:  Auguri. Non mi pare però che i gemelli parlano sempre assieme e fanno le cose

sempre assieme.

GEMELLI:  Noi sì.

COSIMINO:  (mormorando)  E giusto a me mi dovevano capitare.

GEMELLI:  Ha detto qualcosa, padre?

COSIMINO:  No, figlioli. Pensavo. Stavolta però dovete fare un'eccezione. Qua in chiesa le confessioni

                        collettive non si fanno.

GEMELLI:  Perché?

COSIMINO:  Come perché? Mica è il Coro dell'Antoniano, qua, scusate.

GEMELLI:  E non può fare lei l'eccezione?

COSIMINO:  Io? Figlioli, ma quando mai s'è visto che uno confessa due persone alla volta?

A meno che non siete siamesi… siete siamesi?

GEMELLI:  No, padre.

COSIMINO:  E allora potete aspettare un poco, prima uno e poi l'altra.

GEMELLI:  Non possiamo, padre.

COSIMINO:  E perché?

GEMELLI:  Perché non ci riusciamo.

COSIMINO:  E non è mica la traversata dell'oceano, figlioli.

GEMELLI:  Non ci riusciamo, padre.

COSIMINO:  E fate sempre tutto assieme?

GEMELLI:  Tutto.

COSIMINO:  Tutto tutto?

GEMELLI:  Tutto tutto.

COSIMINO:  Scusate, figlioli, non è per sapere i fatti vostri… ma quando  ci avete… come dire…

                        insomma, quando ci avete i vostri bisogni, come fate?

GEMELLI:  Insieme, padre.

COSIMINO:  E no, figlioli. Qua vi volevo! Non mi potete mica venire a raccontare che vi viene

lo stimolo nello stesso momento e con la stessa intensità. 

GEMELLI:  Sì, padre.

COSIMINO:  E non ci credo!

GEMELLI:  È la verità, padre.

COSIMINO:  E come fate?

GEMELLI:  Ci sono due tazze nel bagno, padre.

COSIMINO:  Embè?

GEMELLI:  Quando è il momento… (a tempo e mimando le azioni)  Un due tre, giù i pantaloni…

un due tre, giù le mutande… un due tre, giù sulla tazza… un due tre, liberazione…

un due tre su dalla tazza…

COSIMINO:  Va bene, figlioli, è tutto chiaro. Però scusate… non vi sentite a disagio, così,

senza un po' di privacy, senza un po' d'intimità?

GEMELLI:  Le tazze sono di spalle, padre.

COSIMINO:  E sai che differenza.  (pausa)  Vabbè, contenti voi. Così fate sempre tutto assieme.

GEMELLI:  Sì, padre.

COSIMINO:  Cominciate assieme e finite assieme?

GEMELLI:  Sì, padre.

COSIMINO:  E non può essere.

GEMELLI:  Perché, padre?

COSIMINO:  E come, perché? Mettiamo che lei ci ha la gonna e tu ci hai i pantaloni. Come fate a fare

                        "un due tre, giù i pantaloni…"

GEMELLI:  (a tempo)  Un due tre sfilo il bottone… un due tre giù la cerniera… un due tre giù

                        l'indumento… un due tre giù le mutande… un due tre…

COSIMINO:  Ho capito, figlioli. Ho capito tutto. La soluzione la trovate sempre.

GEMELI:      Sì, padre.

COSIMINO:  Però, figlioli, scusatemi. Non è che io voglio fare il guardone o sfruculiare i fatti vostri,

ma questa cosa è possibile se il bisogno è… come dire… è quello grande. Ma come fate

a partire insieme con… con la "liberazione", come la chiamate voi, quando si tratta

di quello piccolo?

GEMELLI:  (a tempo)  Un due tre, giù l'indumento… un due tre giù le mutande… un due tre

lei sulla tazza… un due tre liberazione…

COSIMINO:  E voi mi volete dire che tutte le cose vostre le fate sempre così? Un due tre, un due tre?

GEMELLI:  Sì, padre.

COSIMINO:  E Madonna Santa, figlioli belli. Non sentite anche voi il bisogno…

GEMELLI:  Sì, padre.

COSIMINO:  Fatemi finire, figlioli. Voi pensate sempre a "quel" bisogno. Volevo dire il bisogno

di stare un po' da soli, per i fatti vostri, nella vostra intimità.

GEMELLI:  No, padre.

COSIMINO:  (bisbigliando)  Signore mio buono, meno male che li hai creati tu.

GEMELLI:    Ha detto qalcosa, padre?

COSIMINO:  No, figlioli, niente che vi riguarda. Sentiamo, allora, che cos'è che mi volete dire?

GEMELLI:  Siamo fidanzati, padre.

COSIMINO:  E questa è una bella cosa, figlioli. E allora?

GEMELLI:   È un amore tormentato.

COSIMINO:  Tutti gli amori hanno i loro alti e bassi. Non ve ne dovete fare un cruccio.

GEMELLI:  Ci vogliono lasciare, padre.

COSIMINO:  E vabbè, figlioli, questi però so' affari vostri. Telefonate a “Cuori infranti” e sbrigatevela 

con loro.

GEMELLI:  Ma noi abbiamo peccato, padre.

COSIMINO:  E in che cosa avete peccato?

GEMELLI:  Li abbiamo fatti cornu…

COSIMINO:  (interrompendoli)  Li avete fatti "correre", ho capito. Cerchiamo però di usare

un linguaggio adatto al luogo, eh?

GEMELLI:  Sì, padre.

COSIMINO:  E quindi li avete fatti cornu…  (si corregge)  gli avete fatto cosa non gradita e soprattutto

                        non lecita. E questo non si fa. Ma perché siete caduti in questa brutta tentazione?

GEMELLI:  Perché abbiamo incontrato due pezzi di fi…

COSIMINO:  (piccato)  Il concetto è chiaro, figlioli, ma vi ho già detto di contenere il linguaggio,

va bene?

GEMELLI:  Sì, padre.

COSIMINO:  Dunque, figlioli, io solo questo vi voglio dire: sarà pur vero che l'uomo è un animale,

un animale evoluto e sviluppato, ma questo non vuol dire che è una bestia, e che ogni volta

che vede a una o a uno che gli piace gli deve saltare addosso per forza.

GEMELLI:  No, padre.

COSIMINO:  E allora, figlioli, controllate i vostri istinti, sennò è normale che i vostri fidanzati

vi vogliono lasciare. Non sono mica ruote di scorta.

GEMELLI:   Sì, padre.

COSIMINO:  E allora pentitevi e non lo fate più, va bene? Adesso andate, e per penitenza recitate…

GEMELLI:    Ma non è per questo che ci vogliono lasciare, padre…

COSIMINO:  E me l'avete detto voi mo' proprio!

GEMELLI:  Noi il peccato l'abbiamo detto a lei, padre, mica a loro.

COSIMINO:  Ah, e perciò, quei due non sanno niente delle cor… delle corse che avete fatto?

GEMELLI:  No, padre.

COSIMINO:  E glielo dovete dire.

GEMELLI:  No, padre.

COSIMINO:  (rabbioso)  Come "No, padre"?  E che ce li teniamo, cornuti e contenti? (si accorge

della "gaffe" e si segna)  Scusa, Signore, scusa, ma dimmi Tu certe volte come si fa.

Avete visto, che cosa mi fate dire? Adesso mi tocca confessarmi pure a me.

GEMELLI:  Sì, padre.

COSIMINO:  Facciamo poco l'ironia, figlioli, e veniamo al sodo. Che cosa volete adesso da me?

GEMELLI:  Un consiglio, padre.

COSIMINO:  E ve l'ho già dato. Non fate più certe cose e state contenti con i vostri fidanzati.

GEMELLI:  Ma loro ci vogliono lasciare.

COSIMINO:  Me l'avete detto. Ma se non è per le vostre "corse", allora perché?

GEMELLI:  Per esigenze.

COSIMINO:  Che esigenze?

GEMELLI:  Personali.

COSIMINO:  Di chi?

GEMELLI:  Loro.

COSIMINO:  E di che tipo?

GEMELLI:  Quando stiamo scopan…

COSIMINO:  (bloccandoli)  Quando state "scoprendo" nuovi orizzonti. Ho capito, figlioli.

Mi scordavo l'argomento e soprattutto gli elementi. E ditemi: quali sono queste "esigenze"?  (tra sé)  Ma guarda tu che razza di domande che devo fare io.

GEMELLI:  La luce.

COSIMINO:  La luce?

GEMELLI:  Sì, padre.

COSIMINO:  Che c'entra la luce?


GEMELLI:  Senza la luce, succede di tutto.

COSIMINO:  Eh, di tutto. Che significa di tutto?

GEMELLI:  Padre, di tutto.

COSIMINO:  Figlioli, è vero che sono un uomo, ma sono pur sempre un prete. Io leggo il Vangelo,

non il Kamasutra.

GEMELLI:    Padre, durante il rapporto…

COSIMINO:  Eh.

GEMELLI:  Succede un gran casin…

COSIMINO:  (con forza)  Una gran confusione!

GEMELLI:  Una gran confusione.

COSIMINO:  E che genere di confusione?

GEMELLI:  Quando è il momento, lui non vuole la luce, lei non vuole la luce, loro non vogliono la luce

                        e noi facciamo tutto al buio.

COSIMINO:  E meno male, figlioli. Mica sono tutti come a voi: "Un due tre, un due tre".

La gente ce l'ha ancora, il pudore. Poco, ma ce l'ha. E allora?

GEMELLI:  E allora lui allunga la mano…

COSIMINO:  Eh.

GEMELLI:  Che vuole acchiappare una tet…

COSIMINO:  Non si dice.

GEMELLI:  Vuole acchiappare una pop…

COSIMINO:  Non si dice!

GEMELLI:  Vuole acchiappare una zin…

COSIMINO:  (sbottando)  Non si dice!!!

GEMELLI:  E come si dice?

COSIMINO:  Un seno! Vuole accarezzare un seno!

GEMELLI:   Lo sa anche lei, padre?

COSIMINO:  (risentito)  Non facciamo allusioni, figlioli, va bene? Andiamo avanti.

GEMELLI:   E allora, al buio, in quella confusione, acchiappa sempre la tet…

COSIMINO:  (urlando)  Non si dice!

GEMELLI:  Il seno sbagliato.

COSIMINO:  E che cosa vi aspettavate, scusate? Mica quella è fosforescente.

GEMELLI:  Che cosa?

COSIMINO:  La te… il seno!  (si segna)  Scusa, Signore, scusa.  (pausa)  Ditemi una cosa, voi due.

Come fa quello lì ad accorgersi che è… insomma, che ha preso il seno sbagliato?

GEMELLI:  Perché una ce li ha a pera e l'altra ce li ha a mela. Lui si trova in una mano la pera

e nell'altra la mela.

COSIMINO:  (dopo un breve silenzio)  E la pesca... non gli piace?

GEMELLI:  Non lo sappiamo, padre.

COSIMINO:  (furioso)  Figlioli, e che stiamo a fare qua, la macedonia a luci rosse?

GEMELLI:  È la verità, padre.

COSIMINO:  Eh, la verità. Ma ci sono tanti modi per dire la verità. Voi però scegliete sempre

quello più diretto, è vero?

GEMELLI:   Sì, padre.

COSIMINO:  E pentitevi!

GEMELLI:   Sì, padre.

COSIMINO:  (commentando)  La mela e la pera. Si dice a punta o rotondo.

GEMELLI:   Se ne intende lei, padre.

COSIMINO:  Figlioli, vi ho già detto che non vi permetto insinuazioni! Io cerco solo di portare

 la conversazione su toni più civili e più urbani.

GEMELLI:   Sì, padre.

COSIMINO:  E mo' continuiamo. Allora, questo poveretto, al buio, si trova in mano la mela e la pe…

(sospira)  il seno sbagliato. E a quel punto che fa?

GEMELLI:  Comincia a tastare.

COSIMINO:  A tastare?

GEMELLI:  Sì, padre.

COSIMINO:  E perché?

GEMELLI:  Per capire qual è quello a punta e qual è quello rotondo.

COSIMINO:  E dove tasta?

GEMELLI:  Dove capita.

COSIMINO:  Come, dove capita? E come fa a capire? Saprà se quello che gli interessa è quello a pe…

                        quello a punta o quello rotondo.

GEMELLI:  Quello a punta.

COSIMINO:  Embè?

GEMELLI:  Tasta di qua, tasta di là, tasta più su, tasta più giù…

COSIMINO:  Figlioli, veniamo al sodo!

GEMELLI:  In quel grande buio, in quella grande confusione, acchiappa una cosa e comincia a gridare.

COSIMINO:  Non era quello a punta?

GEMELLI:  Eccome, se era a punta.

           

COSIMINO:  Embè?

GEMELLI:  Invece del seno, aveva preso un ucce…

COSIMINO:  (arrabbiatissimo)  Ho capito, figlioli, ho capito tutto. Però finiamola una buona volta

con questo linguaggio triviale, va bene?

GEMELLI:  Sì, padre.

COSIMINO:  E per forza, che vi vogliono lasciare! Vi sembrano cose normali, queste?

GEMELLI:  No, padre.

COSIMINO:  Embè, se lo sapete pure voi, trovate un rimedio. Non potete mica andare avanti così.

GEMELLI:  Che dobbiamo fare, padre?

COSIMINO:  Cominciate ad andare ognuno per i fatti vostri.

GEMELLI:  Non ci riusciamo, padre.

COSIMINO:  E ci dovete riuscire!

GEMELLI:  Ci abbiamo provato, padre. Non ci riusciamo.

COSIMINO:  E perché?

GEMELLI:  Perché uno pensa a quel che pensa l'altro.

COSIMINO:  Non ho capito niente. Che significa?

GEMELLI:  Che uno risponde alle domande che fanno all'altro e viceversa.

     Silenzio.

COSIMINO:  Figlioli, e io vi devo credere?

GEMELLI:   È la verità, padre.

COSIMINO:  E che cosa succede?

GEMELLI:   Un gran casi…

COSIMINO:  Una gran confusione! E spiegatevi meglio!

GEMELLI:  Una volta stavamo in due posti diversi. Uno in un pub e l'altro a un esame.

COSIMINO:  Un esame?

GEMELLI:  Di storia.

COSIMINO:  All'università?

GEMELLI:  Sì, padre.

COSIMINO:  E allora?

GEMELLI:  Mentre il professore chiedeva "Che cosa disse Garibaldi a Vittorio Emanuele sul ponte

di Teano?", nel pub un cafone ubriaco chiedeva: "Qual è la pupa che viene con me?"

COSIMINO:  Embè?

GEMELLI:  Noi due stiamo sempre in contatto, padre.

COSIMINO:  Me ne sono accorto. E stavi tu al pub?

GEMELLI:  Sì, padre.

COSIMINO:  Eh, buonanotte. Facciamo giornata, qua. Stavi tu al pub, "figliolo"?

GEMELLI:  Sì, padre.

COSIMINO:  E tu stavi all'esame, "figliola"?

GEMELLI:  Sì, padre.

COSIMINO:  Meno male. Almeno questo l'abbiamo appurato. Andiamo avanti.

GEMELLI:  Quello del pub si è sentito rispondere "Obbedisco", e il professore di storia si è sentito

rispondere "Che fa tua sorella quando non dorme?"

COSIMINO:  E già, secondo voi, sul ponte di Teano, Garibaldi a Vittorio Emanuele gli ha detto:

"Che fa tua sorella quando non dorme?"

GEMELLI:  Sì, padre. Cioè, no, padre. Ci siamo scambiati la risposta.

COSIMINO:  E fino là ci arrivo, figlioli. E poi che è successo?

GEMELLI:  Che il cafone del pub si è arrabbiato come 'na bestia e ha scassato tutti i tavoli e le sedie;

e il professore si è arrabbiato come 'na bestia e ha detto che se Garibaldi rispondeva così

a Vittorio Emanuele, Vittorio Emanuele a Garibaldi gli faceva un cu…

COSIMINO:  Un cumulo di rimproveri! Figlioli, e mo' basta con questo vocabolario!

GEMELLI:   Ma l'ha detto il professore, padre.

COSIMINO:  Appunto! L'ha detto il professore! E poi basta il concetto, non c'è bisogno dei dettagli.

GEMELLI:   Sì, padre.

COSIMINO:  E certo che tutt'e due fate 'na coppia che a volerla mettere assieme non lo so

                        se ci riusciamo, eh, figlioli?

GEMELLI:  Sì, padre.

COSIMINO:  (tra sé) E meno male che ve lo dite pure voi.  (ai gemelli)  Sentite, figlioli, io quello che

vi dovevo dire ve l'ho detto. A parte quelle cose che dovete assolutamente evitare, vi posso solo consigliare di farvi vedere, che ne so, da qualche psicologo, o da qualche psichiatra.

GEMELLI:  Non siamo mica pazzi, padre. 

COSIMINO:  No, figlioli, voi no, però così come state combinati voi fate diventare pazzi a tutti quelli

che vi girano attorno, me compreso. E ve la confesso io mo' una cosa: se trovo 'n altr' e due come a voi da confessare, a me il manicomio non me lo toglie nessuno. Sicuro.

GEMELLI:  Sì, padre.

COSIMINO:  Eh. "Sì, padre". Altro che "sì, padre", figlioli belli. Io qui non so più che cosa dire

se l'autore non mi mette in bocca qualche altra battuta.    

GEMELLI:  Chi è l'autore, padre?

COSIMINO:  E lo vorrei conoscere anch'io, figlioli, visto che non si decide. Ah, no. Una cosa ce l'ho.

GEMELLI:  Che cosa, padre?

COSIMINO:  Scusate, figlioli, non è per essere impiccione, ma quando avete fatto le cor… le "corse"

                        con quei due pe… con quei due "penitenti" figlioli… posso sapere com'è andata?

GEMELLI:  Bene, padre.

COSIMINO:  E come avete fatto?

GEMELLI:  È stato facile, padre.

COSIMINO:  Davvero? E perché?

GEMELLI:  Perché sono gemelli. Stanno qua fuori che aspettano di confessarsi pure loro.

     Don Cosimino ha un attimo di smarrimento.

COSIMINO:  (atterrito)  Gemelli?

GEMELLI:  Sì, padre.

COSIMINO:  (c.s.)  Come a voi, figlioli?

GEMELLI:  Sì, padre.

COSIMINO:  (c.s.)  Un due tre un due tre?

GEMELLI:  Sì, padre.

COSIMINO:  (c.s.)  E si vogliono confessare?

GEMELLI:  Sì, padre.

     Don Cosimino chiama ad alta voce Assunta, la perpetua.

COSIMINO:  Assunta, fammi una cortesia. Telefona al vescovo e chiedi: "Che cosa si fa per diventare

                        missionari nell'Africa nera?"  (ai gemelli)  Torno subito, figlioli.  (fa per andar via).

GEMELLI:  Don Remigio, e non ci assolve?

     Don Cosimino si blocca.

COSIMINO:  Quale don Remigio? Io sono don Cosimino.

GEMELLI:   Non siete don Remigio?

COSIMINO:  No, figlioli, ve l'ho detto. Sono don Cosimino. Don Remigio so' due mesi che non sta

più qui.

GEMELLI:  Davvero?

COSIMINO:  Davvero.

GEMELLI:   E perché?

COSIMINO:  Perché? Perché un bel giorno si è incantato il disco e ha cominciato a cantare:

"Patè patè patè, que querè que què". Poverino, non si è fermato più.

GEMELLI:  Peccato. La mamma ci dice sempre che don Remigio è tanto una gran brava persona.

COSIMINO:  È vero, figlioli.

GEMELLI:  Che a lui si poteva dire tutto, perché aveva tanta pazienza.

COSIMINO:  È vero.

GEMELLI:  Che solo a lui era riuscita a confessare il suo grande peccato, quello della besciamella.

     Silenzio. Don Cosimino ha un sussulto.

COSIMINO:  La besciamella?

GEMELLI:  Sì, padre.

COSIMINO:  Figlioli… scusate… non è che vostra madre… ogni tanto… vi fa il patè?

GEMELLI:  Ce l'ha fatto una volta sola. De mesi fa.

COSIMINO:  E come l'ha fatto?

GEMELLI:  D'oca. Però ha messo la besciamella. Nel patè d'oca ci va la salsa rosa. E siccome

papà è allergico alla besciamella gli sono uscite tutte le bolle in faccia. Sembrava

Godzilla. E la nonna si è arrabbiata come 'na bestia, che lei fa lo chef in un

ristorante cinese…

COSIMINO:  O Gesù mio! Sono loro!

GEMELLI:  Loro chi, padre?

COSIMINO:  Nessuno, figlioli.  (chiama fortissimo la perpetua)  Assunta, chiama di nuovo il vescovo

e di’ che l'Africa nera non va bene, è troppo vicina! Voglio andare in Australia, in mezzo agli aborigeni! Capito? Iamme, Assù, che sto arrivando!

           MUSICA

     Don Cosimino, sconvolto, esce rapidamente di scena. I due gemelli, con aria scanzonata, escono anche loro. Buio.

Fine Secondo Quadro

Terzo Quadro

“Assunta”

 

Personaggi

UN SIGNORE

ASSUNTA, LA PERPETUA

DON EMILIO

          *******

VOCE 8:              Il risolito ripaese nella risolita riprovincia. La risolita risagrestia della risolita richiesa.

Il risolito riseparèe, la risolita risedia e il risolito riinginocchiatoio. Un mese dopo.

        MUSICA

Entra Assunta con passo pesante. Sembra molto provata. Ha l’incensiere acceso. Si segna. Sfuma la musica. Riprende i suoi riti popolari, pronunciati con forza ancor maggiore e alternati a imprecazioni:

ASSUNTA:               Don Cosimino... pure don Cosimino... un’altra anima candida che è finita al reparto esagitato… tre mesi che stava qua, tre mesi… e poi si lamentano della crisi di vocazioni… e per forza, se non si scancellano prima certe persone dalla terra, chi lo fa più il prete? Ma nemmeno il chierichetto uno si mette a fare…  maledetti a loro e a quando so’ venuti in questa chiesa... che solo un’anima dannata come a quella là poteva mettere al mondo due bestie così... e pure gemelli... Don Remigio lei... Don Cosimino le bestie... due fiori, due anime pure. (sparge l’incenso anche sulla sedia del sacerdote) Proteggi questa sedia, o Signore... e anche tu, Santa Rita, proteggi questo posto... proteggete questo luogo da quella famiglia dannata e maledetta e da tutte le sue generazioni: passate, presenti e future...  (comincia ad uscire)  Don Cosimino… pure don Cosimino…  (esce)

    MUSICA

Entra un signore e si inginocchia. Le mani giunte, la testa bassa, comincia a pregare. Dopo un po' rientra Assunta. Ha in mano un piumino per le pulizie. Sfuma la musica. Per spolverare la sedia, Assunta la sposta facendo rumore. Fino a quando non si svelerà, Assunta reciterà spolverando. Il signore si segna, convinto che sia arrivato il prete che deve confessarlo.

SIGNORE:    Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.

ASSUNTA:  Amen.

SIGNORE:    Mi pento e mi dolgo dei miei peccati, padre.

ASSUNTA:  E fai bene, figliolo. Chissà quanti ne hai fatti.

SIGNORE:    Io davvero non pensavo di poter arrivare a tanto, padre.

ASSUNTA:  Dicono tutti così, figliolo.

SIGNORE:    E invece io sono arrivato.

ASSUNTA:  Ebbè, figliolo, mo' so' affari tuoi.

SIGNORE:    Eh, lo so, padre, lo so.

ASSUNTA:  E uno mica se n'esce tanto facilmente.

SIGNORE:    Lo so, padre, lo so.

ASSUNTA:  E più passa il tempo, più peggiora la situazione.

SIGNORE:    Lo so, padre, lo so.

ASSUNTA:  E quando uno crede che sta per passare, tiè… t'arriva n'altra mazzata.

SIGNORE:    Don Cosimino, a parte il fatto che mi potreste pure fare un po' di coraggio,

ma scusate la domanda… la voce vostra è proprio così? Mi sembrate Amanda Lear.

ASSUNTA:  Quale don Cosimino?

SIGNORE:    Non siete don Cosimino?

ASSUNTA:  No.

SIGNORE:    E chi siete?

ASSUNTA:  Assunta.

SIGNORE:    Assunta?

ASSUNTA:  Eh. Assunta, la perpetua.

SIGNORE:    E io stavo a dire tutti i fatti i miei alla perpetua?

ASSUNTA:  E che ci sta di tanto male?

SIGNORE:    Sentite, toglietevi di là e chiamatemi a don Cosimino, che non ho tempo da perdere.

ASSUNTA:  E voi usate modi più gentili, che state parlando a una signora.

SIGNORE:    Per piacere, principessa, volete annunciare il mio arrivo all'Illustrissimo Reverendo

Don Cosimino?

ASSUNTA:  (si siede)  Voi con me l'ironia non la fate, va bene?

SIGNORE:    E voi chiamatemi a don Cosimino, che mi devo confessare.

ASSUNTA:  Se vi dovete confessare voi, noi la messa di domani non la diciamo.

SIGNORE:    Ha parlato Santa Rita.

ASSUNTA:  Non mi toccate a Santa Rita!

SIGNORE:    E chi ve la tocca!

ASSUNTA:  Non mi toccate a Santa Rita, va bene? Che io a Santa Rita gli faccio dire la novena

ogni mese col coro delle "Sempreverdi".

SIGNORE:    Le "sempreverdi"? E chi sono? Le voci bianche della giungla?

ASSUNTA:  Non mancate di rispetto alle Sempreverdi, capito? Quelle sono delle brave signorine,

                        mature, garbate ed educate, che non si sono volute sposare e che cantano tutte le novene

a Santa Rita.

SIGNORE:    Non si sono volute sposare, eh?

ASSUNTA:  Sissignore, non si sono volute sposare.

SIGNORE:    Se sono tutte come a voi, voglio proprio vedere chi se le pigliava alle sempreverdi.

ASSUNTA:  Voi siete un gran cafone. E poi come fate a sapere che non sono sposata?

SIGNORE:    Non so. Intuito maschile.

ASSUNTA:  Non è che poco poco… mi fate spiare?

SIGNORE:    State tranquilla, signora. Io mi voglio tanto bene.

ASSUNTA:  Voi siete solamente un gran cafone. Io mi sono sposata… con questa parrocchia.

Da tanti anni.

SIGNORE:    E avete fatto bene.

ASSUNTA:  (sprezzante)  Pentitevi, peccatore, e venite anche voi a cantare la novena a Santa Rita.

SIGNORE:    Sentite, Perpetua, Assunta, o come vi chiamate voi, io voglio soltanto a don Cosimino.

La novena ve la canto un'altra volta. Voi impicciatevi degli affari vostri.

ASSUNTA:  Che cafone. E comunque non vi posso fare niente.

SIGNORE:    E non siete voi che dovete fare qualcosa. Voi dovete soltanto chiamare a don Cosimino.

ASSUNTA:  È impossibile.

SIGNORE:    E che ci sta di tanto impossibile?

ASSUNTA:  Non ci sta.

SIGNORE:    Chi?

ASSUNTA:  Don Cosimino.

SIGNORE:    E dov'è andato?

ASSUNTA:  In Australia.

SIGNORE:    (sospira)  Sentite, signora, io sto cercando di mantenere la calma, che il posto è quello che è, ma voi non mi potete prendere in giro a questo modo, sennò io vengo da quella parte e…

ASSUNTA:  (batte col piumino sul separèe)  Vi dovete solo permettere, cafone di un cafone.

E pure             violento. Voi non siete degno di vedere né il mio corpo né la mia faccia.

SIGNORE:    E sai che mi perdo!

ASSUNTA:  Cafone di un cafone! Che ne sapete voi? E poi ricordatevi che quel che conta

è il “ghermiglio”, non il guscio della noce.      

SIGNORE:    Eh, avete detto la poesia. Adesso mi chiamate a don Cosimino?

ASSUNTA:  Cafone. Siete solamente un cafone.

SIGNORE:    Va bene, signora. Sono un cafone. Contenta? Mo' chiamatemi a don Cosimino.

ASSUNTA:  Ve l'ho detto. Sta in Australia.

SIGNORE:    Di nuovo?

ASSUNTA:  Sentite, signor cafone. Per vostra norma e regola, io le bugie non le dico. Don Cosimino

si è fatto missionario e si è fatto mandare in Australia in mezzo agli aborigeni, va bene?

     Silenzio.

SIGNORE:    Scusate, signò… volete prendermi… 

ASSUNTA:  Io a voi non vi piglio manco morta. Quello se n'è andato veramente in mezzo

agli aborigeni.

SIGNORE:    E perché?

ASSUNTA:  Gli è salito un esaurimento nervoso.

SIGNORE:    A don Cosimino?

ASSUNTA:  Eh.

SIGNORE:    E per guarire l'esaurimento si mena in mezzo ai Vatussi?

ASSUNTA:  Ebbè, sta chi si mena in mezzo ai Valium e chi si mena in mezzo ai Vatussi.

SIGNORE:    Signora, voi a me mi fate fesso.

ASSUNTA:  Sentite voi: io mi so' scocciata di ripetere 'sta storia, va bene? A don Cosimino gli è preso

l'esaurimento, si è fatto missionario e se n'è andato in mezzo ai Vatussi. Se non mi credete, ve ne potete pure andare.

SIGNORE:    E quanto tempo è?

ASSUNTA:  Che cosa?

SIGNORE:    Che se n'è andato.

ASSUNTA:  Domani fa un mese. È il trigesimo dell'esaurimento di don Cosimino. Sta una messa

                        cantata. Se volete venire, visto che ci tenete così tanto a lui, la messa è alle sette.

SIGNORE:    Veramente? E com'è qua, signora? Quello si piglia l'esaurimento e voi gli cantate la messa?

ASSUNTA:  E che dobbiamo fare? Lo dobbiamo aiutare in qualche modo.

SIGNORE:    E gli cantate la messa? Quella si canta quando a uno l'esaurimento gli è passato di sicuro.

ASSUNTA:  Sentite, pensate ai fatti vostri, che chissà quanti peccati tenete in corpo.

SIGNORE:    E proprio per questo so' venuto, se non vi dispiace. Ma se non ci sta un prete come faccio?

                        Me la date voi l'assoluzione?

ASSUNTA:  (rabbiosa ed evocativa)  E mo' ve la do io l'assoluzione!

SIGNORE:    (scaldandosi)  Insomma, signò, ci sta un altro prete o mi devo assolvere da solo?

ASSUNTA:  (rispondendo a tono)  Ehi, voi qua non alzate la voce, avete capito?

SIGNORE:    E allora ditemi che devo fare.

ASSUNTA:  Dovete aspettare, che mo' arriva don Emilio.

SIGNORE:    E chi è don Emilio?

ASSUNTA:  L'idraulico. E chi dev'essere? E' il nuovo parroco.

SIGNORE:    E quando arriva?

ASSUNTA:  Portate pazienza, che sta a celebrare un funerale.

SIGNORE:    E in chiesa non ci sta nessuno.

ASSUNTA:  Sta in un'altra chiesa, quante ne volete sapere.

SIGNORE:    Ed è bravo questo don Emilio?

ASSUNTA:  (ha un attimo di esitazione)  Non vi rispondo, che mo' sta la legge sulla "prìvaci".

SIGNORE:    Manco avessi chiesto il 101!

ASSUNTA:  E che significa? Fatevi gli affari vostri.

SIGNORE:    Senti chi parla!

ASSUNTA:  Pregate e aspettate. Se proprio volete ci diciamo un rosario assieme.

SIGNORE:    Eh, con tutte le poste in palio.

ASSUNTA:  (furibonda)  E mo' vi assolvono a voi!

SIGNORE:    Mannaggia a don Cosimino, mannaggia! Giusto mo' se lo doveva pigliare l'esaurimento.

Quello era tanto bravo. I gemelli me lo ripetono sempre: "Papà, noi una volta ci siamo confessati, ma ci siamo confessati proprio bene. Don Cosimino è un sant'uomo. Ci ha dato tanti bei consigli e noi mo' non facciamo più un due tre un due tre".

     Silenzio.

ASSUNTA:  (sospettosa)  Tenete i gemelli?

SIGNORE:    Due. Un maschio e una femmina.

ASSUNTA:  (c.s.)  Che fanno sempre le cose assieme?

SIGNORE:    Prima. Da quando si so' confessati a don Cosimino non lo fanno più.

ASSUNTA:  (c.s.)  Un due tre un due tre?

SIGNORE:    Ve l'ho già detto. Non lo fanno più.

ASSUNTA:     (impaurita)  Scusate, vi posso fare una domanda?

SIGNORE:    Ormai.

ASSUNTA:  Voi.. siete allergico… alla besciamella?

SIGNORE:    E questo che c’entra?

ASSUNTA:               Rispondete. Siete allergico alla besciamella?

SIGNORE:    Signorsì. E allora?

ASSUNTA:  (si segna, terrorizzata)  O Gesù, so' tornati 'n 'altra volta!

SIGNORE:    Chi è che so' tornati?

ASSUNTA:  (rabbiosa)  Iatavinne! Iatavinne! Avete capito? Andatavene, che noi qua non vi vogliamo!

SIGNORE:    Vi sentite male?

ASSUNTA:  (c.s.)  Assai. Iatavinne!

     Si sente fuori scena la voce di don Emilio.

EMILIO:       (fuori scena)  Assunta, sono tornato. Scrivo una cosa e arrivo subito. C'è qualcuno di là?

ASSUNTA:  (ad alta voce)  Nessuno, don Emì, fate con comodo.

SIGNORE:    Come, nessuno?  È mezz'ora che sto qua ad aspettare!

ASSUNTA:  (sussurrando con rabbia)  Iatavinne!

EMILIO:       (fuori scena)  Ho sentito una voce, Assunta.

ASSUNTA:  (ad alta voce)  Niente, don Emì. È il fornaio, che ha portato le ostie.

SIGNORE:    Ma tu senti a questa!

ASSUNTA:  (sempre più rabbiosa)  Vattinne, tu e tutta la razza tua!  (fa la croce con gli indici)

SIGNORE:    Uè, signò, v'è pigliata la menopausa tutta 'na volta?

ASSUNTA:  Tu da qui devi sparire, hai capito?

SIGNORE:    Ci diamo del tu adesso?

ASSUNTA:  Lo so io che cosa ti darei a te.

SIGNORE:    Poca confidenza, signò, e chiamatemi a don Emilio!

ASSUNTA:   Manco morta!

SIGNORE:    E perché?

ASSUNTA:  Perché noi solo a don Emilio teniamo.

SIGNORE:    E io non lo voglio rapire. Mi voglio solo confessare!

ASSUNTA:  E vatti a confessare a un'altra parte!

           

SIGNORE:    La parrocchia mia è questa e io mi confesso qua!

ASSUNTA:  Vattinne!

SIGNORE:    Io da qui non me ne vado fino a quando non mi confesso!

ASSUNTA:  Allora mettiti comodo, che ti faccio fare un bel funerale. Pago io tutti i fiori e le corone.

SIGNORE:    Dobbiamo vedere chi fa prima!

ASSUNTA:  Tu da qui te ne devi andare, che noi vogliamo a don Emilio.

EMILIO:       (fuori scena)  Assunta, ancora un minuto. C'è un signore che mi vuole parlare.

SIGNORE:    (ad alta voce)  Anche qui!

EMILIO:       (fuori scena)  Chi c'è, Assunta?

ASSUNTA:  (ad alta voce)  Nessuno, don Emì. È mio nipote. Gli piace a pazzià. Lo caccio subito.

SIGNORE:    A chi è che cacciate voi?

ASSUNTA:  Sei  mio nipote tu?

SIGNORE:    Che pure 'st' altra disgrazia ci voleva.

ASSUNTA:  La disgrazia era la mia, se tenevo un nipote come a te. Mi facevo cancellare

dall'albero ginecologico.

SIGNORE:    Uè, signò, 'na volta tanto avete detto giusto. Voi sopra a un albero dovete stare.

Allo zoo, assieme agli orang utang!

ASSUNTA:  Tu basta che te ne vai e che non ci fai fuori pure a don Emilio. Non ti bastano don Remigio

                        e don Cosimino?

SIGNORE:    Che c'entro io?

ASSUNTA:  Tu e tutta la famiglia tua!

SIGNORE:    Signò, non vi permetto!

ASSUNTA:  Mi permetto io!

SIGNORE:    E io no!

ASSUNTA:  E non me ne freca niente!

SIGNORE:    Ah, siamo arrivati alle parole!

ASSUNTA:  Non hai sentito niente ancora.

SIGNORE:    E allora ritirate l'offesa.

ASSUNTA:  A chi?

SIGNORE:    A me e alla mia famiglia.

ASSUNTA:  Tu sei solo scemo!

SIGNORE:    Insistete?

ASSUNTA:  Eccome!

SIGNORE:    Uè, signò!

ASSUNTA:  Ci ho don Remigio che mi canta le messe in cinese grazie alla besciamella di tua moglie…

SIGNORE:    Mia moglie?

ASSUNTA:   E don Cosimino in Australia con la gonna, la permanente e gli orecchini, che cammina

                        scalzo e si mangia le noci di cocco "un due tre un due tre" grazie ai gemelli tuoi…

SIGNORE:    I gemelli?

ASSUNTA:  E tu mo' ti vuoi fare pure a don Emilio?

SIGNORE:    Uè, signò, andiamo piano. Io non mi voglio fare a nessuno. Mi voglio solo confessare.

ASSUNTA:  E così dicevano quelle altre bestie della razza tua.

SIGNORE:    E che dovevano dire?

ASSUNTA:  Che erano anime dannate!

SIGNORE:    Perché si dovevano confessare?

ASSUNTA:  Perché erano anime dannate!

SIGNORE:    E voi siete un'anima sguaiata!

ASSUNTA:  E don Remigio s'è presa l'anima di tua moglie per salvarla…

SIGNORE:    E incasinata!

ASSUNTA:  E don Cosimino quella dei gemelli…

SIGNORE:    E pure arrapata!

ASSUNTA:  E tu mo' ti vuoi fare a don Emilio…

SIGNORE:    Assatanata!

ASSUNTA:  Devi passare sul mio cadavere!

SIGNORE:    E questa è una bella idea.

ASSUNTA:  E manco da morta ti faccio passare!

SIGNORE:    E io ti uccido un'altra volta!

ASSUNTA:  Pecchè tu si' dannate!

SIGNORE:    Facciamo due.

ASSUNTA:  E pure screanzate!

SIGNORE:    Anzi tre.

ASSUNTA:  E disgraziate!

SIGNORE:    Meglio quattro.

ASSUNTA:  E scurnacchiate!

SIGNORE:    Ti faccio cremare…

ASSUNTA:  E lo sai che ti dico?

SIGNORE:    E…

ASS - SIG:     (urlano)  Vattinne affangùl!!!

        MUSICA

     Prima che pronuncino la fatidica parola, una musica liturgica, fortissima, copre le loro voci.

Escono di scena mentre cala il buio.

Fine Terzo Quadro

Quarto Quadro

“La suocera”

Personaggi

DON REMIGIO

LA SUOCERA

ASSUNTA

GABRIELE

*************

VOCE:     L’arisolito aripaese nell’arisolita ariprovincia. L’arisolita arisagrestia dell’arisolita

                  arichiesa. L’arisolito ariseparèe, l’arisolita arisedia e l’arisolito ariinginocchiatoio.

Dieci giorni dopo.

        MUSICA

Entra Assunta con un cartello su cui è scritto“BENTORNATO”. Lo poggia sullo schienale della sedia, si segna più volte, bacia alcuni santini ed esce di scena notevolmente euforica. Entra una signora, che si guarda intorno con aria circospetta e s’inginocchia. Dopo un po’ entra don Remigio, guarito nel frattempo dal suo esaurimento.

REMIGIO:    Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.

SUOCERA:              Amen.

REMIGIO:    Allora, figliola, come ti va la vita?

SUOCERA:  (con accento dialettale marcato)   Come ‘na chiavica, padre.

            Pausa.

REMIGIO:    Cominciamo bene, figliola.

SUOCERA:              Scusa, padre, scusa, ma non ce la faccio più.

REMIGIO:    E io son qua per aiutarti.

SUOCERA:   Tu? Non mi fare ridere, padre.

REMIGIO:    Grazie per la fiducia, figliola. Posso sapere allora perchè sei venuta?

SUOCERA:  Non tenevo che fare.

REMIGIO:    Ebbè figliola, te ne potevi andare al cinema. Qui stanno gli altri che aspettano.

SUOCERA:  E aspettassero.

REMIGIO:    No figliola, non è come dici tu. Qui uno si viene a confessare, non a fare il burraco.

SUOCERA:  Io so’ brava a burraco.

REMIGIO:    Non me ne freca nie…  (si trattiene)  non è questo il punto, figliola.

SUOCERA:  E qual è?

REMIGIO:    E me lo devi dire tu.

SUOCERA:  E perché?

REMIGIO:    Come perché? Sei venuta tu qua, scusa.

SUOCERA:   Ma hai detto tu del burraco e del punto. Mo’ che vuoi da me?

REMIGIO:    (controllandosi a stento)  Non è niente, Signore. Sta’ tranquillo, non è niente. 

(alla signora)  D’accordo, figliola, ho detto io del punto. Dimmi allora, perché

questo disagio? Vedrai che una soluzione la troviamo.

SUOCERA:  Ma che vuoi trovare tu, padre.

REMIGIO:    (accalorandosi)  Senti, figliola, io questo film l’ho già visto e so bene come va a finire.

                        Siccome non mi piace per niente, ma proprio per niente, dimmi subito il tuo peccato,

sennò lascia ora proprio il posto a qualcun altro.

SUOCERA:  (seccata)  Don Emilio, quanta fretta. E aspetta ‘nu poco. Fammi concentrare almeno.

            Silenzio.

REMIGIO:    Figliola, per caso hai detto… don Emilio?

SUOCERA:  E come dovevo dire?

REMIGIO:    Don Remigio. Io sono don Remigio.

            La signora si illumina.

SUOCERA:  Don Remigio? Sei don Remigio… quello vero?

REMIGIO:    Perché, ce ne sta uno falso?

SUOCERA:  Quello che canta le messe in cinese?

REMIGIO:    Signora, come vi permettete? Questi sono affari miei. E poi a voi chi ve l’ha detto?

SUOCERA:  Quello che ha fatto confessare a mia nuora il patè colla besciamella?

            Lungo silenzio. Don Remigio suda freddo.

REMIGIO:    (tra sé)  No, Signore, dimmi che non è vero.

SUOCERA:  Che da quel giorno mia nuora fa solo gli spaghetti aglio, olio e peperoncino?

REMIGIO:    (c.s.)  Dimmi che non sono loro.

SUOCERA:  Che da quando cucino io mio figlio non sta più sciupato e non gli escono più le bolle

in faccia?

REMIGIO:    (c.s.)  E invece sono loro.

SUOCERA:   Che quello, sapete, è allergico alla besciamella.

REMIGIO:    E che ho fatto io di male per meritarmi tutto questo?

SUOCERA:  Sei proprio quello lì?

REMIGIO:   Sì, figliola, sono proprio quello lì.

SUOCERA:   O Gesù, che bellezza!  (grida al cielo)  È tornato don Remigio!

REMIGIO:   (disperato)  Signore, dimmi tu che devo fare.

            Entra Assunta come una furia.

ASSUNTA:   State tranquillo, don Remì, lo so io che devo fare!

REMIGIO:    Assù, che ci fai tu qua?

ASSUNTA:   Sorveglio sull’umanità, don Remì!

            Assunta, mentre parla, si arrotola le maniche della camicia.

REMIGIO:    Assù, tu stavi a spiare?

ASSUNTA:               E meno male, don Remì. Almeno mo’ la risolviamo ‘sta benedetta storia,

‘na volta per tutte.

SUOCERA:   Che cos’è che risolvi tu?

ASSUNTA:               Statti zitta, bestia, che tu sei la causa di tutti i guai miei!

SUOCERA:   Tu prega soltanto che non vengo di là, sennò sai come aumentano i guai tuoi?

ASSUNTA:               Statti tranquilla, che mo’ vengo io di là.

REMIGIO:    Assù, di là non si può andare.

ASSUNTA:               E pure ‘sta botta di culo dovevi tenere!

REMIGIO:   Assù!

SUOCERA:   Ehi, con chi ti credi di stare a parlare?

ASSUNTA:               Con la sorella di Belzebù!

REMIGIO:    Calmati, Assù.

SUOCERA:  (ironica)  Salutiamo a Santa Rita.

ASSUNTA:               N’altra volta, co’ Santa Rita! Senti, brutta strega dannata e maledetta, io già gliel’ho detto

a quell’animale di tuo genero, che voi a me non mi dovete toccare, né a me né a Santa Rita,

va bene?

SUOCERA:   Io manco con le triglie di mia nuora ti tocco a te.

            Entra di colpo Gabriele con una busta in mano e si rivolge a Don Remigio, ormai in stato comatoso, che parla come un automa, in totale stato di “trance”.

GABRIELE:  Don Remì, Gennarino vi regala le triglie.

REMIGIO:   Le triglie no.

SUOCERA:   E nemmeno col polpo.

REMIGIO:   Il polpo sì.

GABRIELE: Volete il polpo, don Remì?

ASSUNTA:   Ancora un poco e te lo faccio vedere io tutto l’acquario.

REMIGIO:   Il polpo sì.

GABRIELE: Allora il polpo. Ce l’ha, don Remì, l’ho visto io.   (esce)

Nel frattempo Assunta ha quasi terminato il suo personalissimo“rituale”.

ASSUNTA:   Tenete duro, don Remì, che vengo subito.  (accenna ad uscire)

REMIGIO:    Vengo subito.

SUOCERA:   Te ne scappi, eh? Gallina sconsacrata!

ASSUNTA:   (si blocca, poi furiosa)  Me ne scappo? Me ne scappo? Non ti muovere di lì, tu.

Che oggi è festa grande! Oggi è tutta la felicità mia!  (esce)

SUOCERA:   E fai presto allora!

            Rientra Assunta con il turibolo acceso e un libricino in mano.

ASSUNTA:   Ecco, don Remì, tenete questo. Me la vedo io, voi state tranquillo.

Dà il turibolo a don Remigio.

ASSUNTA:   (alla suocera)  Comincia a tremare, mo’!

SUOCERA:   Io tremo solo se mi metti avanti agli occhi quella faccia di cozza che tieni!

REMIGIO:   Faccia di cozza.

GABRIELE:  (entrando)  Don Remì, il polpo.

ASSUNTA:   Te la faccio vedere io la faccia di…

REMIGIO:   Cozza.

GABRIELE:  Volete le cozze?

ASSUNTA:               Fai presto, Gabriè, che tenimme che fa’!

GABRIELE:   Don Remì, volete le cozze?

REMIGIO:    Le cozze.

GABRIELE:   E vi porto le cozze.  (esce)

SUOCERA:   Portati pure a quella cozza là!

ASSUNTA:               Silenzio là dietro!

SUOCERA:   Ehi, gli ordini a me non me li ha dati mai nessuno!

ASSUNTA:               E mo’ te li do io!

SUOCERA:   Don Remì, l’avete rimediata voi quella cafona?

ASSUNTA:   (alla suocera)  Elisabetta d’Inghilterra!

SUOCERA:   (ad Assunta)  Tu non vai bene manco in mezzo alle alici!

ASSUNTA:   A te te le do io le alici!

REMIGIO:    Le alici.

            Entra Gabriele.

GABRIELE:   Don Remì, le cozze.

REMIGIO:      Le alici.

GABRIELE:   Mi avete detto le cozze.

ASSUNTA:   Lascialo stare, Gabriè.

GABRIELE: Voleva le cozze, mo’ vuole le alici.

ASSUNTA:               E tu porta le alici.

GABRIELE:  È sicuro, don Remì? Che io mi sto a stancare.

ASSUNTA:   Vai, Gabriè, che ce l’ho io di là ‘na bella alice.

REMIGIO:   Le alici.

GABRIELE:  Le alici.   (esce)

ASSUNTA:   Stai pronta tu, là dietro?

SUOCERA:  A che cosa?

ASSUNTA:   A ‘na cosa che ci dobbiamo divertire.

REMIGIO:    Divertire.

SUOCERA:   E divertiamoci!

            Assunta “carica” don Remigio, in totale “trance”, per fargli dondolare il turibolo.

ASSUNTA:               Don Remì, voi menate l’incenso, va bene?

REMIGIO:     Va bene.

            Assunta apre il suo libricino e comincia la litania.

ASSUNTA:   Sant’Egidio con gli occhi marroni, toglimi a queste davanti ai co…

SUOCERA:  (forte)   Orà pro nobìs!

ASSUNTA:   Te l’avevo detto io che ci dobbiamo divertire!

REMIGIO:  Toglimi a queste davanti ai co…

ASSUNTA:   No, don Remì. Non lo dovete dire voi!

REMIGIO:   Dire voi.

            La suocera, nel frattempo, avendo capito che Assunta sta scagliando contro di lei

un “rosario segreto”, prende dalla borsetta un libricino, identico a quello di Assunta.

ASSUNTA:               San Venceslao abituato alla lotta, fammi sparire a ‘sta grande migno…

SUOCERA:   (fortissimo)   Orà pro nobìs!

REMIGIO:    ‘Sta grande migno…

ASSUNTA:               Don Remì, voi no! Voi menate solo l’incenso!  (alla donna)  Santa Teresa che d’amore

scintilla…

            La suocera adesso legge anche lei dal libricino.

SUOCERA:   Ficcale in seno nu’ sfaccime d’anguilla!

            Entra Gabriele.

GABRIELE:   Don Remì, le alici.

REMIGIO:   Anguilla.

GABRIELE: Don Remì, io non so più che devo dire a Gennarino.

REMIGIO:    Gennarino.

GABRIELE:  Eh, Gennarino. Quello è stato tanto gentile che vi ha regalato il pesce, ma mo’ si sarà

                        scocciato pure lui.

ASSUNTA:  Vai, Gabriè, che don Remigio sta impegnato.

GABRIELE:  Don Remì, perché non ve lo venite a scegliere voi il pesce che volete?

REMIGIO:    Che volete?

GABRIELE:  Io niente, don Remì. Siete voi che me lo dovete dire.

ASSUNTA:               I calamari, Gabriè, basta che sparisci.

GABRIELE:  I calamari?

REMIGIO:    I calamari.

GABRIELE:  E mo’ avete detto l’anguilla.

REMIGIO:    L’anguilla.

SUOCERA:   Io sto ad aspettare qua.

ASSUNTA:   E non ti muovere, che arrivo subito!

GABRIELE:   Don Remì, i calamari o l’anguilla?

ASSUNTA:   L’anguilla, Gabriè. Vattinne!

GABRIELE:   E pigliamo l’anguilla.  (esce)

Assunta riprende il suo rosario.

ASSUNTA:   San Martino dell’undici novembre, tutte le rogne sopra a quella, ora e sempre.

SUOCERA:  Santa Beatrice con la mantella rossa, fa’ che domani la troviamo in una fossa.

REMIGIO:   Fossa.

ASSUNTA:               San Saturnino co’ tutti i tuoi parenti, mandagli in casa ‘na trentina ‘e serpenti.

SUOCERA:   Santa Margherita della grande contrada, falla abbracciare da un Tir sull’autostrada.

ASSUNTA:               Santa Bibiana che fa le cose buone…

SUOCERA:   Inzacca ‘o veleno quanno se fotte ‘o salmone.

            Entra Gabriele.

GABRIELE:   Don Remì…

REMIGIO:   Salmone.

GABRIELE:   E no, don Remì, così non vale.

SUOCERA:   Santo Torquato a cavallo di un mulo…

GABRIELE:   Vi ho portato l’anguilla.

ASSUNTA:  Ve’ se me la mandi un poco poco affà…

SUOCERA:   Santa Cristina cosparsa di gigli…

ASSUNTA:   Ti faccio ‘na statua se mo’ proprio te la pigli!

GABRIELE:   E voi mo’ volete il salmone.

SUOCERA:   San Secondino di tutti i carcerati…

REMIGIO:   Salmone.

ASSUNTA:   Mandala all’inferno assieme a tutti quei dannati!

GABRIELE:   E vi piglio il salmone.   (Esce)

SUOCERA:   Santa Ermelinda in azione perpetua…

SUOCERA:   ‘Na bella paresi a ‘sta schifezza ‘e perpetua!

ASSUNTA:    (risentita)   Ah! San Callisto con tutte le farfalle…

REMIGIO:    Toglimi a queste davanti alle pa…

ASSUNTA:               No, don Remì, non lo dovete dire voi! Voi menate l’incenso, che me la vedo io!

REMIGIO:    Io.

SUOCERA:   San Crispino con la tigre e la lonza…

ASSUNTA:   Fammi sparire  ‘sta grandissima…

REMIGIO:   Stronza.

ASSUNTA:   Don Remì, volete finire all’inferno pure voi?

SUOCERA:  Sant’Adriano che non pensi al guadagno…

ASSUNTA:   Metti uno squalo…

SUOCERA:  Nella sua vasca da bagno!

            Entra Gabriele.

GABRIELE:  Don Remì…

REMIGIO:    Uno squalo.

GABRIELE:   E don Remì, voi lo fate apposta.

ASSUNTA:               Dove lo trovo uno squalo a quest’ora?

SUOCERA:   Falla schiattare in mezzo a tanti dolori!

GABRIELE:   Quello Gennarino non ce l’ha.

REMIGIO:      Non ce l’ha.

GABRIELE:   E no che non ce l’ha.

SUOCERA:   Santa Cunegonda col temperamatite…

ASSUNTA:               Fagli venire ‘nu sfaccime ‘e gastrite!

REMIGIO:   Gastrite.

GABRIELE:   Tenete la gastrite, don Remì?

ASSUNTA:               San Beniamino con la spada e la livrea…

GABRIELE:   Ci ho qua io il bicarbonato.

SUOCERA:   Fagli venire ‘na bella diarrea!

            Gabriele porge il bicarbonato a don Remigio.

GABRIELE:   Ecco, don Remì.

REMIGIO:   Diarrea.

SUOCERA:   San Casimiro che vola tra i venti…

GABRIELE:   Tenete la diarrea?

ASSUNTA:               Falla schiattare tra mille tormenti!

GABRIELE:   E vi volete mangiare lo squalo?

SUOCERA:   Santa Veronica che aiuta gli sposi…

REMIGIO:   Gli sposi.

ASSUNTA:               Fagli pigliare ‘na bella trombosi!

GABRIELE:   Vi vado a prendere un limone.   (esce)

SUOCERA:   San Sebastiano con la lancia e il pallone…

SUOCERA:   Falla ‘sta pronta pe’ ‘na bella Estrema Unzione.

REMIGIO:    Unzione.

            Don Remigio si alza, e nel suo totale stato di alienazione poggia il turibolo sulla sedia

e comincia a sbottonarsi la tonaca.

ASSUNTA:               Santa Rosalia che proteggi gli inermi…

SUOCERA:   Falla finire in una fossa di vermi!

ASSUNTA:               Menate l’incenso, don Remì!

SUOCERA:   San Bartolomeo che ogni notte ti penso…

ASSUNTA:               Falla soffocare in mezzo a tutto quest’incenso! Menate l’incenso, don Remì!

Don Remigio nel frattempo si è tolto la stola e la tonaca e le ha poggiate sulla sedia. Adesso è in pantaloni e maglia intima. Comincia a tirar giù le bretelle dei pantaloni. Entra Gabriele con un limone in mano.

GABRIELE:   Ne ho trovato uno solo, don Remì!  (vede don Remigio che si sta spogliando)  O Gesù!

  È forte assai lo stimolo, don Remì?

SUOCERA:   Santa Chiara dell’anima mia…

GABRIELE:   Venite, don Remì, che vi accompagno io.

            Gabriele esce con don Remigio sotto braccio.

ASSUNTA:               Don Remì, l’incenso!

SUOCERA:   A lei quattro infarti e a te n’Ave Maria!

ASSUNTA:  Dove andate, don Remì? L’incenso, che stiamo vincendo!

SUOCERA:   Sant’Ercolano dell’ultimo momento…

ASSUNTA:               Pòrtatela insieme quando passa il primo vento!  (grida)  Don Remì!

            Prende il turibolo e sparge l’incenso per la stanza.

SUOCERA:   Sant’Alessandro che sei così intelligente…

ASSUNTA:               Se gli viene un enfisema io non ti dico niente.

SUOCERA:   Santa Luciana che io tanto ti adoro…

ASSUNTA:               Falla strozzare con un bel pomodoro!

SUOCERA:   Sant’Apollonio con la barba rifatta…

ASSUNTA:               Ti faccio un regalo se domani lei schiatta!

ASSUNTA:  Sant’Aureliano che sei tanto un bel ragazzo…

SUO - ASS:  (fortissimo)  Levamìlle ora e sempre da ‘sta chiesa e da ‘sto cazzo!  (escono)

        MUSICA 11

Fine Quarto Quadro

Quinto Quadro

“Don Emilio”

Personaggi

DON EMILIO

UNA SIGNORA

ASSUNTA

                            ***********************

VOCE 12:      L’aririsolito ariripaese… insomma, quella roba lì. Il giorno dopo.

   MUSICA

        Entra una signora. Si inginocchia e comincia a pregare. Dopo un po’ entrano don Emilio e Assunta.

Don Emilio indossa la stola e si siede. Assunta dà un bloc notes a don Emilio. Anche lei ne ha uno

in mano e segue tutto il dialogo che segue, annotando. Sfuma la musica.

EMILIO:       Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.

SIGNORA:  Amen.

EMILIO:       (leggendo dal bloc notes)  Allora, figliola, dimmi. Sei sposata?

La donna resta un po’ interdetta e sorpresa dalla domanda.

SIGNORA:  Sì, padre. Perchè?

EMILIO:       Hai figli?

SIGNORA:  Sì, padre, ma che...

EMILIO:       Quanti?

SIGNORA:  Due, padre, ma...

            Quando sente che la donna ha due figli, Assunta ha un sussulto, dà quasi in escandescenze

e fa cenno a don Emilio di cacciar subito via la donna. Don Emilio la tranquillizza e poi prosegue.

EMILIO:       Gemelli?

SIGNORA:  No, padre...

           

Assunta tira un sospiro di sollievo.

EMILIO:       Cucini il patè?

SIGNORA:  No, padre, non mi piace, ma non capi...

EMILIO:       Usi la besciamella?

SIGNORA:  No, padre, ma...

EMILIO:       Tuo marito è allergico alla besciamella?

SIGNORA:  No, padre, ma mi scusi, che...

EMILIO:       Tua suocera è cinese?

SIGNORA:  È siciliana, padre, ma che...

EMILIO:       Tua suocera fa lo chef?

SIGNORA:  No, è pensionata.

EMILIO:       Tua suocera faceva lo chef?

SIGNORA:  Era impiegata alla posta, padre, ma posso chiedere...

EMILIO:       I figli tuoi vanno al bagno insieme?

SIGNORA:  Padre, ma che domande mi...

EMILIO:       Tua figlia ce le ha a mela o ce le ha a pera?

SIGNORA:  Che cosa?

EMILIO:       Le tette.

SIGNORA:  Ho due maschietti, padre, ma posso...

EMILIO:       Tuo marito somiglia a Godzilla?

SIGNORA:  Padre, io mi vorrei confessa...

EMILIO:       Ti piacciono i film della mafia?

SIGNORA:  No, padre, ma...

EMILIO:       Hai mai messo una bomba da qualche parte?

SIGNORA:  Padre, ma per chi mi ha pre...

EMILIO:       E il veleno nell’acquedotto?

     La signora comincia ad essere notevolmente scossa.

SIGNORA:  Padre, per favore, io vorrei...

EMILIO:       Che cosa disse Garibaldi a Vittorio Emanuele sul ponte di Teano?

SIGNORA:   Che ne so io che disse Gariba...

EMILIO:       Tua suocera scrive su Grand Gourmet?

SIGNORA:  Che cos’è ‘sto Gourmet, padre? Io vo...

EMILIO:       Tua suocera s’inventa le ricette?

SIGNORA:  Padre, mia suocera è diabetica, non può nemmeno...

EMILIO:       Tuo marito è dimagrito?

SIGNORA:  E perchè deve dimagrire?

EMILIO:       I figli tuoi fanno “un due tre un due tre”?

SIGNORA:  Che significa, padre?

EMILIO:       Fanno un due tre un due tre?

SIGNORA:  Non lo so...

EMILIO:       Fanno un due tre un due tre?

SIGNORA:  No... cioè... forse... non lo so... quando contano...

EMILIO:       I figli tuoi sono fidanzati?

     La signora, vinta dai nervi, comincia a singhiozzare e a piangere. Da questo momento in poi

le sue risposte saranno sempre più farfugliate e rotte dal pianto.

SIGNORA:  (piangente)  Padre, io mi voglio solo confessare...

EMILIO:       I figli tuoi sono fidanzati?

SIGNORA:  (c.s.)  Padre, il più grande ha otto anni.

EMILIO:       E l’altro è fidanzato?

SIGNORA:  Ha quattro anni e mezzo. Gioca coi trenini.

EMILIO:       Tuo marito pensa che tu ci hai l’intelligenza dell’oca?

SIGNORA:  Padre...

EMILIO:       Tuo marito ti voleva lasciare?

SIGNORA:  E perchè? Lui mi vuole be...

EMILIO:       Si voleva portare i figli?

SIGNORA:  Ma che...

EMILIO:       Tua suocera ti ha mai denunciato per tentato omicidio?

SIGNORA:  Padre, io non sono un’assassina...

EMILIO:       La cucina tua fa schifo?

SIGNORA:  Che ne so, padre... non mi pare...

EMILIO:       Se qualcuno s’impicca tu gli dai una ricetta?

SIGNORA:  Padre, che cosa vuole da me?

EMILIO:       A tuo marito gli escono le bolle in faccia?

SIGNORA:  Perchè gli devono uscire le bolle?

EMILIO:       I figli tuoi piangono?

SIGNORA:  Padre...

EMILIO:       I figli tuoi gridano?

SIGNORA:  Come tutti i bambini...

EMILIO:       Tuo marito ti vuole tagliare gli alimenti?

     La donna è sempre più disperata.

SIGNORA:  Padre, io mi volevo solo confessare.

EMILIO:       Tu vuoi essere assolta?

SIGNORA:  Io me ne voglio andare...

EMILIO:       Chi ti piace di più, don Remigio o don Cosimino?

SIGNORA:  E chi sono?

EMILIO:       Ti piaccio io?

SIGNORA:  Padre, è una settimana che sto qua. Non conosco nessuno...

EMILIO:       Vuoi cantare la novena a Santa Rita?

SIGNORA:  Padre, io mi volevo confessare.

EMILIO:       Ti piace il coro delle Sempreverdi?

SIGNORA:  Eh? Boh, sì, mi piace...

EMILIO:       Vuoi andare in mezzo ai Vatussi?

SIGNORA:  Che vado a fare in mezzo ai Vatussi, padre?

EMILIO:       Vuoi cantare la messa in cinese?

SIGNORA:  Va bene padre, pure in giapponese, basta che me ne fate andare.

EMILIO:       Ti piacciono le noci di cocco?

SIGNORA:  Sì, padre, tutto quello che volete voi.

EMILIO:       Tu a me mi vuoi fare?

SIGNORA:  (disperatissima)  Padre, io mi volevo solo confessare.

     Assunta nel frattempo ha controllato sul suo bloc notes tutte le domande che don Emilio ha rivolto alla malcapitata.

ASSUNTA:  Bravo, don Emilio. A don Remigio e a don Cosimino vostro fratello gemello li vendichiamo noi. E mica ce li hanno solo loro i gemelli. Ah, don Emì, questa qua tutto a posto. La potete confessare. Ha risposto esatto a tutte le domande. È una innocua.

EMILIO:       Grazie, Assunta.  (Assunta esce)  Allora, figliola, dimmi. Che cosa hai fatto di male?

    Breve silenzio.

SIGNORA:  (piange a dirotto)  E che ne so?

     La signora va via sconsolata e distrutta, piangendo come una fontana. Mentre esce, pronuncia frasi sconnesse e disperate, sconvolta per quel che le è successo. Rientra Assunta.

ASSUNTA:  (ad alta voce)  Avanti un altro!

 


MUSICA

Assunta e don Emilio si danno un cinque, soddisfatti. Poi escono, mentre le luci sfumano e si chiude il

S i p a r i o

F i n e

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per contatti: tonio.logoluso@yahoo.it

Sito web:  www.teatrodelleonde.it