TRENTASEI
ORE SUL MOLO
( I Pescatori)
Dramma i tre Atti
Di
Antonio Sapienza
Personaggi:
Zu Pippu
Paranza.....................................................................Pescatore
a riposo;
Petru.........................................................................................Pescatore
giovanissimo;
Alfio
Cavatedda.......................................................................Pescatore
con la lampara;
Tano Catania, detto Mazzaredda.............................................Pescatore
di siluri;
Ciccio......................................................................................Pescatore
dilettante e intrigante;
Santu, detto u bummaru...........................................................Bombaiolo;
Salvatore..................................................................................Aiutante
di Santu;
Paliddu do’
rizzagghiu.............................................................Pescatore
col giacchio;
Annuzza...................................................................................Moglie
di Paliddu;
Danna
Palma............................................................................Bottegaia;
Luciuzza...................................................................................Figlia
di Palma e amante di Santu;
Brigadiere.................................................................................comandante
dist/to GdF;
E, inoltre, pescatori e donne del paese.
La vicenda si svolge in un paesino di pescatori della Sicilia orientale, agli
inizi degli anni ’50.
Atto I
Sulla scena e’ stata ricostruita una piccola piazzetta di un paesino di
pescatori. Al centro della scena c’e’ la chiesetta il cui sagrato si stendera’
fino al porticciolo, del quale si vedra’ solamente il piccolo molo in pietra. A
destra e a sinistra della chiesa ci saranno altre facciate sbracciate di case,
alcune delle quali portano insegne di botteghe. Es.: farmacia, Alimentari,
bottega del vino ecc.
Sul piccolo molo vi sono attrezzi da pesca ( nasse, reti, remi)
All’apertura del sipario, con una musica adeguata (suono di zampogna), entrera’
in scena da destra, un vecchio pescatore, don Pippo detto Paranza.
Abbigliamento adeguato ai tempi, alla persona e al mestiere. Sara’ ancora
notte, il lampioncino della piazzetta sara’ acceso. Quando il vecchio raggiunge
il molo, essa pian piano cessera’ e si udra’ il rumore della risacca. Poi il
vecchio scorge disteso tra le reti, un ragazzo, Petru.
Pip.- (avvicinandosi e piegandosi sulle reti) E tu chi sei?-
Pet.- (svegliandosi) Oh, su Pippu, m’avete spaventato.Petru sono, non mi
riconoscete?-
Pip.- Petru? E cosa ci fai qui, a quest’ora?-
Pet.- Aspetto la paranza dei Mazzaredda, a bordo c’e’ mio padre.-
Pip.- Questo lo so. Ma tu cosa ci fai qui?-
Pet.- Me lo disse mio padre d’aspettarlo qui.-
Pip.- A quest’ora?-
Pet.- Si.-
Pip.- Tuo padre e’ una malanima. Ma come? Un ragazzino, quasi un bambino, si
lascia qua, in piena
Notte, con quest’umidita’? Mah, testa dura nacque e testa dura morira’. Senti
mangiasti?-
Pet.- Prima d’uscire mia madre mi ha fatto la zuppa.-
Pip.- “A suppa”? con questo freddo?Tie’, mangia (prende dalla sacca che porta a
tracollo del pane e del formaggio e lo offre al ragazzo, che esita a prenderlo)
Piglia, piglia, ne ho dell’altro. ( il ragazzo lo prende e inizia a mangiare,
mentre lo zu Pippo si siede su una nassa)._
Pet.- E voi cosa ci fate qui cosi’ presto?-
Pip.- (tagliando il pane a fette e masticando lentamente) Si dice: la mattinata
fa la giornata. Ma questo detto non vale per noi pescatori che passiamo meta’
della notte a letto e l’altra meta’ sul mare. Poi, per me e’ oltre che per
l’abitudine c’e’ anche l’eta’. Quando si fanno le tre il mio letto diventa una
graticola rovente. Abbrucia il materasso e mi debbo alzare. E allora mi alzo,
mi prendo il caffe’ e scendo al molo.-
Pet.- E lavorate…-
Pip.- … e lavoro.-
Pet.- Ma perche’ lavorate ancora?Vi siete ritirato e non uscite piu’ a pescare,
chi ve lo fa fare?-
Pip.- Mah, che ti debbo dire? Sara’ la forza dell’abitudine; forse il bisogno
di fare qualcosa; forse la necessita’ di vedere qualcuno, di sapermi ancora
vivo.-
Pet.- E certo, voi vivete solo.-
Pip.- Non e’ solo questo…e’…e’…ma guarda un po’, non ti so dire esattamente che
cos’e’!-
Pet.- Io, se fossi in voi, me ne starei a dormine dalla mattina alla sera e
dalla sera alla mattina. Mi farei certe panzate di sonno, certe dormite a sonno
piene, che non vi dico.-
Pip.- Ora, che sei giovane. Ma poi quando si diventa vecchi il sonno diventa
sempre piu’ raro e il letto e’ peggio di una giornata di remi, per queste mie
povere ossa. Sai, spesso, appena mi faccio il primo sonno, tutti i pensieri mi
vengono alla testa: penso alla vita, penso alla buonanima, penso ai miei figli
lontani, in terra straniera. Penso, penso…-
Pet.- Zu Pippu, e’ bello pensare. Io mi faccio certa pensate: mi faccio certe
fantasie.-
Pip.- Beh, certo, tu a cosa puoi pensare? Che pensieri puoi avere, se non che
il mondo e’ tuo. E’ questo che devi pensare…Ma io penso al mondo che lascio e a
quello che m’aspetta.-
Pet.- Volete dire al Paradiso, all’Inferno?-
Pip.- Pure, pure. Ma penso anche alla scienza dov’e’ arrivata, se la sera prima
ho parlato col farmacista; all’immortalita’ dell’anima, o meglio della sua
anima, se ho parlato col parroco; alle leggi umane giuste e ingiuste, se ho
parlato col brigadiere; alla durezza del nostro mestiere, se ho parlato con gli
amici di lavoro. Ce n’e’ roba da pensare, ce n’e’.-
Il vecchio, intanto, sistema i suoi attrezzi da lavoro e Petru si mette a
suonare lo zufolo.
Da destra entrano in scena due pescatori portando sulle spalle i loro attrezzi:
remi, fiocine, batiscopio ecc.; appena giunti vicino al molo, essi saluteranno
lo zu Pippo e Petru, col solo gesto della mano, poi si porteranno a sinistra e
s'imbarcheranno su un’ipotetica barca e si allontaneranno verso la quinta. Si
udra’ lo sciabordare dell’acqua e dei remi.
Pip.- (rispondendo al gesto di saluto) Salutiamo picciotti.-
Pet.- Sabbenedica (in direzione dei due, poi alla zu Pippo) Mih, ma quanto
parlano quelli.-
Pip.- E’ la loro natura. Tutti i Pennisi sono di poche parole e Turi e Saru non
fanno eccezione. Ma e’ anche per il loro mestiere.-
Pet.- Perche’, zu Pippu?-
Pip.- Sai, i purpari parlano poco sul lavoro. Essi, quando esplorano il fondo
marino alla ricerca di quel gran marpione che e’ il polpo, non hanno bisogno di
molte parole: bastano piccoli gesti, impercettibili segnali, lievi movimenti
per comunicare tra loro e capirsi. E l’intesa tra i due dev’essere perfetta:
non appena il fiocinatore, che sta al batiscopio a poppa, avvista il polpo che
si aggira negli anfratti e tra le alghe alla ricerca di preda, lo comunica a
rematore con un semplice gesto della mano. E da quel momento quello deve
assecondare tutti i movimenti che l’altro gli comunica in funzione di quelli
che fa il polpo.Egli deve frenare l’abbrivo, deve fermarsi senza scarrocciare
sul punto esatto segnalato, alla perpendicolare della loro preda, pur non
vedendola, e non la deve piu’ mollare finche il compagno non avra’ scoccato il
colpo di fiocina e tirato su la preda che si dimena tra i denti dell’arnese. E
quelli, (indica la sinistra della scena) i fratelli Pennisi, porpari da sempre,
quest’intesa ce l’hanno perfetta – se la perfezione esiste a questo mondo –
Dovresti vederli all’opera, sulla barca, in mare. Sembrano due statue: nere,
immobili, assorti, per diventare di colpo, nell’azione, plastici, guizzanti,
decisi, come una murena.
Sai cosa dicono di loro gli altri purpari?-
Pet.- Si, dicono che uno pensa alle femmine e l’altro al vino.-
Pip.- E il loro vizio.
Dunque dicevo: sai cosa dicono di loro? Polpo avvistato, polpo acchiappato! Ma
lo sai tu che a Turi e Saru Pennisi un solo polpo, dico uno solo, non e’ mai
sfuggito alle loro fiocine?
Senti a me, quelli sono mastri dei mastri.-
Si ode un ronfo di motore. Petru l’avverte per primo e balza in piedi.
Pet.- Sento un motore, saranno i Mazzaredda.-
Pip.- ( prima ascoltando, poi scuotendo la testa) No, sono i Cavatedda. Lo
senti come tossisce quel motore? Quello ha bisogno di una revisionata…-
Pet.- E’ ancora buio (scruta il presunto mare, cioe’ verso il pubblico). Siete
sicuro che siano proprio loro?-
Pip.- Allora senti: (si porta le mani alla bocca a mo’ di megafono) Aho’, Alfio
Cavatedda!-
Voce: (in lontananza) Aho’, zu Pippu!-
Pip.- Che ti dicevo? Sono i Cavatedda. (alzandosi faticosamente) Aventi,
avviamoci all’attracco, aiutiamoli a ormeggiare…(si avviano verso la quinta di
sinistra, dove si suppone che ci sia l’attracco) Tu sai ormeggiare, vero
Petru?-
Pet.- Le barche si, coi pescherecci non ci ho mai provato.-
Pep.-E’ quasi lo stesso. Ora ti faccio provare. (intanto il rumore di motore si
fa piu’ forte, poi cessa del tutto) Ci siamo! Cavatedda, lancia la cima. Petru,
prendila e assicurala al palo. Forza picciotti, mollate. Piano, piano…va’ bene
cosi’.(indietreggiano come se tirassero una fune e la legassero ad un paletto,
poi entra in scena, come se sbarcassero da sinistra, Alfio Cavatedda e il
fratello, che con un cenno della mano saluta e va subito via, uscendo dal
fondo.
Alf.- Buona giornata zu Pippu, siamo qua.- ( si assicura della legatura della
cima.-
Pip.- (Andandogli vicino) Buono giornata a voi, come e’ andata?-
Alf.- Bene, bene, non possiamo lamentarci: cinque cassette di alici di
Catania.-
Pip.- (facendo dei conti a mente) Benissimo.Vanno a quattro-cinquecento lire,
e, se non ne arrivano altre, anche a seicento.-
Alf.- Cinquecento? Per noi va bene anche cosi’. ( si avvicina all’attracco e
prende un cartoccio di pesce) Pigliate zu Pippu.-
Pip.- (guardondoli, poi schermendosi) Lasciate stare carusi…(riferendosi anche
a quelli sulla barca).-
Alf.- Zu Pippu, sta pietanza e’ vostra (tenta di mettere nelle mani del
vecchio, il cartoccio con decisione) prendete e non fate storie (con finta
burberita’, poi bonariamente) Tanto lo so che vi piacciono…-
Pip.- (sorridendo) Accetto, pero’ ne voglio di meno, lo sapete che mangio
poco…-
Alf.- Quante storie. E ve ne fate un poco crudi, a insalata: mentre gli altri
ve li fate arrostiti. Sono come il miele.( mette in mano al vecchio il
cartoccio).-
Pip.- (svolgendolo e guardando i pesci) Che bellezza, abballano ancora.
(riavvolge il cartoccio) Grazie ancora. Ora, sai cosa farai? Seguirai subito
tuo fratello e andrai a dormire. Sistemero io il pesce sul molo. Su, va’ a
dormire. Alla barca ci penso io.-
Alf.- Parlate al singolare, zu Pippu, Qua (alludendo il fratello che e’ gia
andato via) da quando quello s’e’ sposato, tocca fare tutto a me. (intanto
prende le cassette dalla barca e le posa sul molo) Quello, appena sbarca, va di
filata a casa, a letto, dalla sposina (ironico) Zu Pippu, ma quando gli
passera’? (riferendosi alla frenesia dell’amore).-
Pipp.- (aggiustando le cassette) E un poco di pazienza e vedrai che passera’.
Per adesso e’ sposino fresco e ha le sue …esigenze. Eh? Non sei d’accordo Alfio
Cavatedda (come a ricordargli che anche lui, fece cosi’ da sposino).-
Alf.- (burbero) Le sue…esigenze potrebbe soddisfarle dopo aver sistemati barca,
pescato e lampara. (intanto sistema la lampara).-
Pip.- Vai, vai, alla barca ci penso io e Petru. (che durate il dialogo dei due
si era tenuto in disparte, vicino al palo d’armeggio).
Alf.- (come se se ne fosse appena accorto e riconoscendolo) Petruzzu? E che ci
fa’ lui qui?-
Pip.- Aspetta sua padre, e’ con i Mazzaredda.-
Alf.- Li ho visti, erano piu’ lontani di noi… forse hanno pescato bene… ma
stanno venendo. (poi pensieroso per un’idea che non gli va’ a genio) Poi quelli
non pescano solo pesci…-
Pip.- (comprendendo l’allusione) Lo so, lo so. Lo sanno tutti cos’altro
pescano. Ma dicono che hanno bisogno di soldi.-
Alf.- Certo, certo, fanno i soldi. Certo guadagnano, ma e’ lavoro per pescatori
quello? Semmai e’ per bummari.-
Pip.- E manco per loro. E’ per gli artificieri che lo fanno per mestiere, me
l’ha detto il brigadiere.-
Alf.- Mah, i siluri. Contenti loro.(si carica la lampara sulle spalle) Ecco
fatto, Zu Pippu, vi salutu…ah, piu’ tardi viene Saru e si prende la partita
(allude ai cassetti di pesce), io vado a dormire. Ciao Petruzzu.-
Pip.- Buon riposo, buon riposo.-
Pet.- Buon...buongiorno (poi allo zu Pippu) Zu Pippu, ma chi disse Alfio
Cavatedda? Non l’ho capito bene. Parlava dei Mazzaredda, vero?-
Pip.- (sistemando l’ipotetica barca) Si, ma niente di speciale (imbarazzato).
Dice che quelli fanno un lavoro pericoloso.-
Pet.- Pericoloso? E perche’?-
Pip.- Perche’…(reticente) perche’…-
Pet.- (deciso) Perche’ zu Pippo?-
Pip.- (sbottando) Perche’ quei benedetti Alleati, durante la guerra, hanno
seminato la costa di siluri. Volevano affondare le navi nemiche, le nostre navi
(ironico) ma dovevano essere troppo scarsi, oppure orbi, perche’, invece,
riempirono mezzo mondo di siluri…E lo sai?Sotto costa navi non ne affondarono
una…almeno dalle nostre parti, si capisce.-
Pet.- Embe’?-
Pip.- Embe’, che quando una barca lo prende con lo strascico, se incappa un malanova
di quelli, bum e salta in aria. Allora il Governo cosa ha pensato? Ha pensato
di dare un premio per ogni siluro che viene trovato e portato su’ per essere
disinnescato…-
Pet.-…e i Mazzaredda…-
Pip.- …e i Mazzaredda ci vanno proprio a caccia.(pausa) poi lo disinnescano
loro stessi per recuperare il rame, la polvere e altro materiale ancora utile
da vendere, e consegnano la spoletta al Governo, per il premio.-
Pet.- Ma allora mio padre…-
Pip.- Tuo padre deve campare otto figli, e con le sarde e le alici, e’
difficile portargli il pane a sufficienza. (B.P.) percio’ va’ con loro.-
Pet.- Ma noi ci accontentiamo delle sarde e dei masculini…e non vogliamo che il
nostro papa’ fa bum e salta in aria.-
Pip.- E chi ti ha detto che salta e fa bum! Ho detto solamente che e’ un lavoro
pericoloso… (facendogli segno di tacere) Zitto, zitto (si pone in ascolto) si,
e’ un motore…e’ il motore della Speranza seconda…sono i Mazzaredda, con quel
bell’imbusto di tuo padre.Vieni prepariamoci a prendere la cima. (intanto il rumore
di motore aumenta)-
Pet.- La prendo io?-
Pip.- Se vuoi…-
Pet.- E se sbaglio? C’e’ mio padre a bordo e non voglio fare una figuraccia.-
Pip.- Stai tranquillo che non sbagli. Eppoi ci sono io appresso a te. Vai,
arrivano. –
Pip.- Oh, Ianu Mazzaredda!-
Ian.- Oh zu Pippu, ci siete?
Pip.- In carne ossa e acciacchi. Lancia la cima.-
I due attori faranno pressoche’ le stesse operazione fatte in occasione
dell’arrivo dei Cavatedda. Poi si ode la voce del padre di Petru.
Voce.- Petru, oh, Petru, avvicinati.-
Pet.- (rivolgendosi a Pippo) E’ mio padre…-
Pip.- E vai, ci penso io ai Mazzaredda.-
Entra Iano Mazzaredda come se sbarcasse.
Ian.- Sabbenedica zu Pippu.-
Pip.- Salutiamo picciotti!-
Ian.- (aggiustandosi i pantaloni e facendo cenno verso la quinta) Dieci cassette
di sarde. Buone zu Pippu, veru?-
Pip.- E come no? oggi vanno a trecento lire…-
Ian.- ( prendendo le cassette e posandole sul molo, intanto parla con Pippo)
Guardate che bellezza di pesce…(poi prende della carta ci mette del pesce e la
offre a Pippo) Prendete zu Pippu , abballano…-
Pip.- Grazie Iano, ma vedi?(mostra il cartoccio di pesce vicino alle reti che
riparava) sono arrivati poco da i Cavatedda e mi hanno abbuffato a masculini.
Senza offesa, sara’ per un’altra volta, ah?-
Ian.- Come volete voi. Nessuna offesa con voi zu Pippu. (sta per rimettere i
pesci al loro posto, quando passa Petru con un cartoccio di pesci in mano) Tie’
Petru, portati anche questi a casa. Poi mi farai il favore di dire a Saru u
raitteri che qui ci sono dieci cassette di sarde per lui da parte dei
Mazzaredda. Digli che i conti li facciamo dopo.-
Pet.- Sarete servito. Ciao pa’.Sabbenedica zu Pippo (fa un cenno di saluto con
la mano verso la quinta di destra e esce dal fondo).-
Pip.- Santu e binidittu Petru. (poi rivolto a Ianu) Hai fretta fretta Ianu
Mazzaredda? Ritorni in mare?-
Ian. – Proprio cosi’. (si asciuga la mani con uno straccio)-
Pip.- Hai sottomano un malannova?-
Ian.- Gia’ (laconico).-
Pip.- Attenti picciotti, quelli sono brutte bestie. (fa qualche passo verso le sue
reti).-
Ian.- Lo so, lo so…(riceve un’occhiata preoccupata da Pippo) state tranquillo
zu Pippu, sappiamo quello che c’e’ da fare. (agli altri rimasti in barca a
riprepararla per la partenza) Sbrighiamoci picciotti. (prendera’ le ultime
cassette e li porra’ diligentemente sulle altre). U pani e’ pani. (mormora
quasi tra se).-
Voce.- Siamo pronti, Ianu.-
Pip.- (che sa che quella voce e’ del padre di Petru) Ahu, malomu, ma che padre
sei?Quel ragazzo di notte deve stare a casa, a letto, al calduccio, e non sui
moli. Lo capisci o no?-
Voce- Zu Pippu e’ il piu’ grande dei figli e mi deve dare una mano. Sono otto
bocche da sfamare e mia moglie e’ pure incinta… e abbiamo fretta…e non posso
scendere… e non posso andare a casa... e non posso salutare mia moglie…-
Ian. - …e finiscila…-
Pip.- Di nuovo incinta? Ma che fai come i conigli? In ogni modo, se devi
portare del pesce a casa tua, la prossima volta dallo a me, ci pensero’ io…e
lascia a letto quel caruso…c’e’ n’umidita’ in queste notti.-
Ian.- (simulando l’imbarco) Salutiamo zu Pippu.-
Voce- Sabbenedica.(ronfo di motore in moto)-
Pip.- (mollandogli la cima) Dio v’accompagni, picciotti.-
Pippo si avvicina alle sue reti, il rumore di motore lentamente di allontana.
Albeggia.
Pip.- (rimettendosi a lavorare) Dio v’accompagni…e vi protegga. (pausa e poi
uno scatto) Troppo pericoloso, e’ troppo pericoloso! Prendere siluri non e’
pescare. (pausa) Va bene, dicono che ormai sono pratici, che ci sanno fare, ma
sempre bombe sono …e sono anche malanova e tradimentosi. (altra pausa e altro
scatto) Quello e’ lavoro bestia, ma proprio bestia! (come se parlasse ad un
ipotetico ascoltatore vicino a lui) Debbono scoprirlo, imbracarlo, portarlo a
suma, a galla, caricarlo a bordo, togliere la spoletta e smontarlo…Bedda matri
se non e’ quello un lavoro bestia…-
Entra in scena Ciccio, pescatore dilettante, barbiere per mestiere.E’ un uomo
grassottello, di mezza eta’, chiacchierone e intricante.
Cic.- Oh zu Pippu, e che parlate da solo?-
Pip.- (girandosi sorpreso) Ohu, Ciccio ( a mo’ di saluto) Niente, niente,
pensavo…-
Cic.- Pensavate alle femmine, vero? Vecchio mandrillo.( per provocarlo)-
Pip.- A quali femmine e femmine. Pensavo ai Mazzaredda e ai siluri.-
Cic.- (piazzando il suo paniere vicino a Pippo e preparando la lenza) Affari loro,
sono affari loro.-
Pip.- (riprendendo il suo lavoro) Ciccio, non e’ per non farmi gli affari miei,
ma, onestamente, quello e’ lavoro per pescatori?-
Cic.- (gettando la lenza in avanti verso il supposto mare) Zu Pippu, i pesci
crescono e si moltiplicano, i siluri invece no: Quelli quando finiscono,
finiscono. E quando saranno finiti, finiranno anche i picciuli, i quattrini.E i
Mazzaredda hanno un grande bisogno d’ argent ( mina il segno dei soldi) hanno
molte spese…forse anche troppe, almeno cosi’ dice la gente…-
Pip.- … ossia: Ciccio…-
Cic.- …(senza raccogliere) Ma lo sapete? lo sapete che tutto il guadagno del
pescato se lo pappa Stefanu u calatafaru?…-
Pip.- …vero…-
Cic.- ….sicuro. Da quando i Mazzaredda si sono messi in testa quel chiodo
fisso, di costruirsi la Speranza terza, una lira, che sia una lira, non la
vedono piu’, nemmeno col cannocchiale. Adesso lo capite a che servono quei
malanova che pescano?-
Pip.- L’ho capito, l’ho capito, e che mi chiamo Ciccio? (poi tagliando corto)
Che esca usi?-
Cic.- Gamberetti puzzolenti.-
Pip.- (alzando lo sguardo) E come mai?-
Cic.- (innervosendosi) Come mai? Coma mai? Non mi fate parlare senno’ schiatto!
(pausa) No, anzi ve lo dico. Ieri sera. Dopo aver sistemato tutto per la pesca,
me ne vado a letto e, come quello che ha la coscienza pulita, in quattro e
quattr’otto, m’addormento.Stamattina, quando mi accingo a uscire di casa per
venire a pescare, sento una strana puzza di frittura stagnante nell'aria della
casa.Insospettito cerco l'esca, e mi trovo di fronte all’atroce verita’: quel
malacarne di mio fratello, ieri sera, rincasando ubriaco fradicio, non si era
fatta fritta la mi bella esca?-
Pip.- (divertito) Ma guarda che cose…-
Cic.- E’ vero?E allora, mentre quel figlio di buona donna, che sarebbe mia
madre buonanima, ronfa come un maiale per digerire il vino e la mia bella esca,
io come un allocco paziente, sono stato costretto ad andare da Puddu
Parrineddu, per comprarmi un quarto di gamberi puzzolenti, piu’ puzzolenti di
mio fratello e del bottegaio messi insieme. Ed ora, sapete cosa fanno i pesci?-
Pip.- Beh, veramente dovrebbero abboccare…-
Cic.-…sante parole! Ma invece no! non abboccano! Dovrebbero abboccare, ma
trattandosi dell’esca di Puddu Parrineddu, detto pure u fitusu! quelli ci
girano attorno, annascanu, annusano, storcono il muso schifati, e come sono
venuti se ne vanno.-
Pip.- E questo per l’esca?-
Cic.- Sissignore! per l’esca. L’esca di quel fitusu, che per risparmiare due
soldi di ghiaccio, la lascia cosi’, come si trova, all’aperto, per rinfrescarsi,
dice lui. Allora i gamberetti che fanno? Eh, che fanno?-
Pip.- Gia’, che fanno?-
Cic.- Che fanno? Ma quelli, delicati come sono, si ammalignano, si accalorano e
puzzano!I pesci, che sono cosa fine – e voi me lo insegnate - se l’esca non e’
freschissima, di giornata, virano di bordo e fuggono lontani! (intanto saggia
la lenza) Vedete? Vedete? Niente! non toccano, non abboccano nemmeno se
l’ammazzi.-
Pip.- Dagli tempo…-
Cic.- Tempo perso! ( si rabbuia e si zittisce)
Intanto la piazzetta si anima. A soggetto e a discrezione della regia si
faranno azioni appropriate. Il sole gia’ proietta ombra a destra, sulla scena.
Cic.- (ritirando la lenza e controllando l’esca) E che ti pareva? (incavolato)
Turciniuni di stomaco e diarrea per Puddu Parrineddu! Niente, proprio niente.-
Pip.- (che era soprappensiero) Chi fu?-
Cic.- Chi fu? (scandalizzato) Ma guardate, guardate (indica il mare) Vedete?-
Pip.- (guardando incuriosito il punto indicatogli) Veramente non vedo niente…-
Cic.- E niente c;e’! Ni-en-te! (ironico) Viene una “lappara”, arriva
sculettante e flessuosa, gira attorno all’esca, si avvicina, annusa… e scappa
via! come un “saittuni”! Poi viene una “precchia”, guarda a destra, guarda a
sinistra, annusa…e senza mancu salutare, come venne se ne va! Arriva, malandrino
e baldanzoso un “pizzo di re”, e che fa? Eh, che fa?(a Pippo inquisitorio)-
Pip.- Bedda matri non lo so.-
Cic.- E ve lo dico io: quello vira di bordo e scappa a tutta forza - che se non
sta attento arriva a Malta! E che vide il diavolo? (pausa) Mancu un tintu
“mazzunu”, che ammucca macari fumeri, si mangi st’esca fitusa di Puddu
Parrineddu – malanova a lui!-
Entra in scena un giovane pescatore, e’ Salvatore, compagno di Santo u bummaru.
Sal.- Buongiorno a tutti.-
Cic.- (girandosi) Salutiamo Salvatore…-
Pip.- (senza alzare il capo) Ahu, Salvatore…-
Cic.- (riprendendo a pescare) E il tuo socio, dov’e’?-
Sal.- (guardando sottecchi Pippo) Sta per venire, mi disse di passare avanti e
di preparare la barca (poi con malizia) intanto che lui prepara altre cose…poi
imbarchiamo.-
Pip.- (dimenandosi per la rabbia che monta) Eppoi spariamo!-
Sal.- (con finta premura) Zu Pippo avete detto qualcosa?-
Pip.- (sbuffando) Qualcosa l’ho detta, ma ci sarebbe qualcos’altro da dire e da
fare.-
Cic.- (che capisce come si mettono le cose) Ci siamo, bunu va’! Ora me ne vado,
tanto non abboccano.(cerimonioso, prima a Pippo, poi a salvatore) Salutiamo.
(prende le sue cose ed esce)-
Pip.- Ciccio non ti serva per comando, ma porteresti questi due pesci a donna
Palma?-
Cic.- Prima apro il salone, se non vi dispiace, poi glieli porto.-
Pip.- Obbligato…-
Sal.- (spavaldo) Allora, cosa avete detto? (poi sottolineandola la parola:
uccello di malaugurio) cuccu?-
Pip.- a te non debbo dire nulla…o quasi. Tu sei solo manovalanza.Ma al tuo Principale
(sottolineando la parola) avrei molto, ma molto da dire.-
Sal.- (sta per rispondere minaccioso, ma si frena perche’ vede arrivare Santu)
E allora glielo potete dire subito, eccolo che arriva. Caio Santu, qua u zu
Pippu ti deve dire qualcosa di ...terribile!-
Santu si avvicina e da un’occhiataccia a Salvatore, poi si china e parla a
Pippo con cortesia.
San.- Sabbenedica zu Pippu, bella giornata…-
Pip.- Bella per i pescatori, non per i bummari.-
Sal.- (minaccioso) Ma che dice stu rimbambito!-
San.- Zitto tu!(al vecchio) Zu Pippu, oggi siamo di pessimo umore, vero?-
Pip.- Quando vedo tipi come voi, divento di pessimo umore, di pessimissimo
umore.-
Sal.- Con la vecchiaia questo qui e’ tutto partito. (fa cenno che il vecchio e’
matto).-
San.- (con fermezza) Salvatore, tu devi stare zitto!Questo e’ cosa mia (indica
Pippo, poi allo stesso con dolcezza, nel frattempo viene un raitteri e preleva
le cassette di pesce dei Mazzaredda e dei Cavatedda, li carica su un carrettino
a mano, fa un cenno agli uomini e si avvia verso il fondo) Zu Pippu…zu Pippu
(si accoccola con pazienza) voi m’avete insegnato il mestiere, m’avete
insegnato che la nostra e’ una vita da perenne fame, fatica e poverta’. Io
queste cose, insieme al mestiere, li ho tenute sempre in conto, pero’ vi dico
con tutta onesta’ che non ci sto! Io il morto di fame non voglio farlo per
sempre. (alzandosi e indicando il porticciolo) Ma ditemi, uno di noi, qua, che
speranza ha dalla vita? O mangi sta minestra o salti dalla finestra, si dice. I
vostri figli saltarono, io non mangio e non salto! E che’, solo i signori
debbono fare una bella vita? Allora faccio quello che faccio – e sta bene, - ma
forse rapino, ammazzo?-
Pip.- (scandalizzato) Ma…ma che dici?-
San.- Ah, lo sapete dire: che dici! certo, queste cose non si fanno, non e’
onesto, non e’ giusto. Certo, certo…ma allora e’ giusto lavorare e rischiare la
pelle, per tutta la vita, come avete fatto voi, per poi ritrovarvi, alla fine,
vecchio, malconcio e piu’ povero di prima? Allora, ditemi, e’ giusto, e’ onesto
che voi mangiate solo perche’ gli amici vi danno qualche pietanza e qualche
vecchia rete da riparare: oppure perche’ i vostri figli, dall’estero, vi
mandano qualche soldo?-
Pip.- (adirato) Ma…ma che bestialita’ vai dicendo?-
San.- (pentendosi delle parole dette) E’ vero, sto dicendo bestialita’, avete
ragione. (con convinzione) Capitemi, una volta per tutte, capitemi, per favore:
io non ci sto’! non ci sto’! E allora faccio u bummaru: sparo, prendo
velocemente quello che posso, vendo tutto, guadagno molto e niente fatica. E
chi s’e’ visto, s’e’ visto!-
Pip.- (scuotendo la testa addolorato) U bummaru. La cosa peggiore che puo’ fare
un pescatore: la morte del mare. Vattene va’, vattene insieme a quel balordo,
fatti la bomba, ammazza mezzo mondo e poi torna carico di gloria (sprezzante)-
San.- Zu Pippu…(con dolore) zu Pippu…io, io (scatta in piedi) Ma va’, tempo
perso. Ehi, Salvatore, imbarchiamo! (esce da sinistra)-
Sal.- (passando davanti al vecchio) Stunatu, l’avete fatto innervosire con
quella stramaledettissima lingua: ora e’ capace che sbaglia il tiro…-
Pip.- Quello il tiro non lo sbaglia, e’ la vita che sbaglia.(quasi a se stesso)
Prima o poi vi piglieranno. E questo sarebbe nulla in confronto alla
possibilita’ di rimetterci un braccio o la vita.-
Sal.- E che fate il cucco? Uccellaccio di malaugurio, pussa via!(fa le corna) A
quello nessuno lo prende, e non gli succedera’ mai nulla. Non per nulla e’ il
primo bummaro della costa.-
Pip.- (sarcastico) Grande e onorato merito, non c’e’ che dire.-
Sal.- Ma certamente che e’ un grande merito, e, nel senso nostro, anche
onorato. Ma ditemi ‘na cosa: fare u bummaru per tanto tempo, senza avere mai un
infortunio, vi sembra nulla? E avvertire la puzza della Finanza, a dieci e piu’
miglia, e filarsela, vi sembra nulla? E intuire la passa dei saraghi, delle
occhiate, delle orate, delle spigole, delle ombrine, e centrarli e beccarle a
centinaia , vi sembra ancora niente? Vecchio jettatore, quello e’ nato per fare
u bummaru: poco lavoro, rischio, picciuli e bella vita. Travagghiati e pensate
a saluti. (finto cerimonioso) Arrivederciii-
Pip.- E no, adesso senti a me, bellimbusto: Tu sei senza mestiere – sai appena
appena tenere un remo in mano – sei vagabondo e vizioso, e lui ti fa comodo, ci
mangi con lui, e non hai nulla da perdere e lo spingi a rischiare: ma quella
testa dura (indica la direzione dalla quale e’ uscito Santo) e’ il migliore
pescatore che io conosca, un vero pescatore. Ed e’ un sacrilegio abbandonare il
mestiere per fare u…bummaru (con disprezzo). Sai malacarne, il pesce, bumma o
nun bumma, aspetta a lui per essere preso.Eppoi, quello e’ nato libero, se lo
beccano, in prigione quello ci muore. Avanti, vattene, malerba!-
Sal.- Oggi la vostra bocca e’ come quella di una murena, ed io alle murene ci
schiaccio la testa! Ricordatevelo! (esce furente)-
Pip.- Salutiamo…Orlando furioso…(poi come tra se) salutiamo…salutiamo.-
Pippo si rimette a rammendare le reti, intanto il porticciuolo si anima (musica
adatta): barche che arrivano, cassette di pesci che si ammonticchiano,
“raittieri” che prelevano il pescato (possibilmente con piccoli carrettini a
mano e tutti fanno dei cenni di rispettoso saluto a Pippo), ragazzini che
giocano, donne che fanno la spesa, ecc. ecc. Cambio di luci, e’
mezzogiorno.
Tocco di campana.
Pip.- (sentendo il suono e alzando lo sguardo verso il campanile, quindi guarda
il cielo tutt’intorno, mentre si sgranchisce le gambe) Mezzogiorno, leva mano,
Pippu Paranza e vattene a mangiare sti quattro mascolini (poi tre se) Con la
speranza ca donna Palma non attacca con la storia delle voglie. Tanto lo so’
non e’ lei che ha voglia di appetiti strani, di sfizi, ma la figlia Luciuzza,
che e’ incinta di cinque mesi e senza marito. Ma, poi, perche’ debbo essere
costretto a fare il fesso? A fingere ? Non mi si potrebbe dire: sono per
Luciuzza che e’ in stato interessante, e non si sa chi fu. Tanto io sono come
una tomba, che m’interessa? Io voglio bene a Luciuzza incinta o no. (pausa e
scuote la testa) Poi ieri, per esempio, voleva quattro ricci perche’- diceva-
le facevano cori…(la imita) e io a procurarglieli come uno sciocco, o allocco -
a piacere vostro. Ma io, per Luciuzza avrei fatto quello e altro, anche la
vita, perche’e’ una carusa che merita. Invece no! lo debbo fare,non debbo
sapere e bermi la favola dello… sfizio - suo. Poveri occhi di vecchio, cosa
devi vedere ancora?-
Sta per avviarsi verso la “ putia”, quando sopraggiunge Ciccio, trafelato.
Cic.- L’hanno preso, zu Pippu, l’hanno preso.-
Pip.- Hanno preso, chi?-
Cic.- A Santu u bummaru!-
Pip.- (prendendolo per il gomito e allontanandolo da lui) Non dire
bestialita’.-
Cic.- E’ vero Bedda matri, e’ vero! Hanno telefonato alla caserma, me l’ha
detto il brigadiere.-
Pip.- Non ci credo.-
Cic.- Oh, ma questa si che e’ bella! Allora, secondo voi, io me le invento le
notizie?-
Pip.- Suvvia, Ciccio, qualche volta hai esagerato…ora, sta tua notizia, ha
tutta l’aria di essere una balla.-
Cic.- Mi dovrei offendere, ma vi perdono. Comunque, non mi credete? E allora
parlate col brigadiere, il quale sa anche i particolari...-
Pip.- (con rassegnazione) E dimmeli tu, dai.-
Cic.- ( Ciccio, prima offeso, si illumina e inizia a raccontare come se
raccontasse la storia di Orlando) Santo e Salvatore erano usciti da tre ore e
avevano preso il largo, verso il lontano orizzonte. Da tre ore, in mare,
scrutavano il fondo marino, verde bottiglia che si tingeva di blu, alla ricerca
della preda, quando…-
Pip.- Ciccio, accorcia!-
Cic.- (guardandolo permaloso) Allora accorcio: li ha beccati un “licottero”.-
Pip.- (prima insofferente, poi interessato) Un che cosa?-
Cic.- (trionfante) Un licottero.-
Pip.- Ciccio cerca di essere piu’ chiaro…-
Cic.- E che volete un romanzo?-
Pip.- Alla malora, Ciccio, e parla!-
Cic.- Il licottero e’ una specie di idrovolante, ma senza le ali che si puo’
anche fermare sulle teste delle persone. (accalorandosi di nuovo nel racconto)
Questo animalone si fermo’ su di loro, intanto che raccoglievano il pescato
della bomba, li arresto’ e poi avverti’ la lancia della Finanza che li prese
col corpo del reato, insomma in flagrante.( con tono trionfalistico).-
Pip.- Ma guarda com’e’ contento. E abballaci sopra, forza Ciccio.-
Cic.- No, che non sono contento, sono accalorato dal racconto, io a Santo lo
voglio bene.-
Pip.- Ciccio, tu non vuoi bene neanche al tuo stesso sangue. Dov’e’ ora Santo?-
Cic.- Nella caserma a Catania.-
Pip.- (quasi tra se) Preso in flagrante...come un principiante…cinque anni di
galera non glieli leva nessuno…-
Cic.- (che stava attento alle parole del vecchio) E che e’ per colpa sua? Quello
gli si e’ fermato sopra, nell’aria, senza arruzzolare in basso…-
Pip.- A tradimento, l’hanno preso a tradimento. Ora ci vuole un avvocato…-
Cic.- Zu Pippu, vi saluto, avrei da fare delle cose urgenti.-
Pip.- Si, andarlo a raccontare a tutto il paese: Gente, sapete? la primula
rossa dei bummari e’ stata catturata.-
Ciccio corre via, il vecchio va verso la putia, ma Luciuzza gli si fa incontro.
Luc.- Sabbenedica zu Pippo, sono venuta per dirvi che i mascolini sono pronti.-
Pip.- Grazie, stavo proprio venendo…-
Luc.- (restando ferma sul molo) Zu Pippu e’ vero che …insomma si dice che… che
hanno preso Santu u bummaru?-
Pip.- Lo dice Ciccio…-
Luc.- E anche il brigadiere…-
Pip.- E a te?(fa cenno come dire: cosa t’interessa?)-
Luc;- (guardando in basso vergognosa) Cosi’, tra paesani…tra vicini di casa…-
Pip.- (insospettito) Luciuzza, niente, niente, fosse lui? (accenna alla pancia)
–
Luc.- (imbarazzata) Lui, cosa?-
Pip.- Il padre della creatura che porti nel ventre.-
Luc.- (senza convinzione) Ma no, che c’entra… poi quale creatura?-
Pip.- Luciuzza, so! Allora?-
Luc.- Si.-
Pip.- (cercando di vincere la collera) Santu! che levandoci il battesimo e’ un
porco! C’era d’aspettarselo…una vastasata simile! e’ proprio una cosa fitusa!
ma io l’ammazzo!-
Luc.- No, siete ingiusto, non e’ cattivo. ( prima gridato, poi con voce
lamentosa) Non e’ cattivo come pensano tutti quanti. Io poi vi credevo suo
amico…-
Pip.- Gli voglio bene come a un figlio, pero’…-
Luc.- Pero’, per ora bisogna aiutarlo.-
Pip.- Per prima cosa ci vuole un buon avvocato…-
Luc.- …e i soldi ci sono. Glieli tengo io i soldi che guadagna: si voleva
comprare il “cianciolo”, ma quando seppe che ero incinta, li voleva spendere
per mettere su casa…e poi voleva finirla anche con le bombe.-
Pip.- Luciuzza lascia fare a me, tu non t’esporre, sai in paese...-
Luc.- Zu Pippo, da questo momento non temo piu’ nessuno!
Atto secondo
Quando si apre il sipario, la scena e’ quasi vuota. L’orologio batte le due.
Luci adeguate.
In scena c’e’ Petru che suona lo zufolo.Poco dopo entra in scena, uscendo dalla
porta di donna Palma, Pippo, con la giacca buttata sulle spalle e con un
incedere stanco, che si avvia verso il molo. Vede Petru e gli fa cenno di
seguirlo.
Pet.- Sabbenedica zu Pippu. (smettendo di suonare)-
Pip.- Vieni Petru, fammi compagnia..-
Pet.- (affiancandolo) Per la verita’ vi stavo aspettando per andare insieme al
molo.-
Pip.- A far che?-
Pet.- Ad aspettare i Mazzaredda, me lo disse mia madre.-
Pip.- Presto arriveranno (guardando il cielo), presto.-
Arrivati a molo, si siedono Pippo al posto di lavoro e Petru, su un mucchio di
reti, e si rimette a suonare.
Pochi minuti e passa un pescatore di giacchio.Che porta avvolto su un braccio.
E’ Paliddu do rizzagghiu, trentacinque anni portati malissimo, pieno di
acciacchi e di delusioni.
Pal.- Sabbenedica zu Petru, ciao Paliddu.-
Pip.- Salutiamo Paliddu, che fai esci? Dove vai oggi.-
Pet.- Sabbendica…-
Pal.- Sulla scogliera di ponente.-
Pip.- E fai bene. Fra un’ora o due, ci sara’ l’arrivo dei cefalotti. Buon
lavoro Paliddu.-
Pal.- Grazie, altrettanto a voi…(si allontana ed esce di scena con passo stanco
e malsicuro, come quello di un palmipede).-
Pet.- Brutto mestiere…(riferendosi a Paliddu)-
Pip.- Gia’. Tutto i santi giorni con i piedi a mollo, in agguato per i
cefalotti…-
Pet.- …che nessuno piu’ vuole…-
Pip.- …e neppure a casa sua…-
Pet.- E allora perche’ non cambia mestiere, zu Pippu?-
Pip.- E’ combinato malissimo in salute …sai la guerra, la prigionia. Ma prima
era un bravo stagnino.-
Pet.- Stagnino? Ma…non e’ stato sempre pescatore di giacchio?-
Pip.- Ma quando mai. Lo e’ diventato per necessita’: con quattro figli da
mantenere e con le macerie del dopoguerra, senza lavoro, come poteva
continuare? Cosi’ si prese uno giacchio e si mise a pescare cefalotti, che e’
il lavoro piu’ facile per i pescatori principianti. Poi la salute peggioro’ e
non riusci’ piu’ a far nulla…tranne prendere qualche cefalotto…-
Pet.- Poveretto.-
Pip.- Uno dei tanti uomini sfortunati…come tuo padre e come quelli come lui,
che sfacchinano tutta la notte in mare per portare cassette di sarde o alici
alla ditta Bellassai. E Cateno il Tunisino ingrassa. (b.p.) Arrivo’ a Aci con
le pezze nel sedere, ma poi ci fu la guerra, la borsa nera, u “ntrallazzu”, e
oggi la Ditta Bellassai e’ diventata “ Premiata Casa Conserviera “ (ironico).E
coi tempi moderni, secondo il farmacista, anarchico e filosofo, ma che se ne
intende di cose economiche, Cateno sarebbe nel settore secondario, i pescatori
sarebbero nel primario, mentre donna Palma, con la sua bettoluccia, sarebbe nel
terziario. Ma da dove li pesca queste novita’…mah. Intanto qui la fame si
taglia col coltello.-
Pet.- Secondo me il farmacista legge troppi giornali e troppi libri e tutta
quella scrittura gli fa fumare il cervello. L’altro giorno, per poco non avvelenava
a mastro Peppi: invece del sale inglese, ci dette il veleno per i sorci. Lo
sapevate?-
Pip.- Ma subito se ne accorse, pero’. Comunque tra un sorcio e mastro Peppi,
non saprei chi scegliere: tutti e due arrusicano i cristiani. Amaro chi ci
incappa!-
Pet.- Perche’? forse perche’ nella sua bottega c’e’ scritto: credito a
nessuno?-
Pip.- E certo, e che ci poteva scrivere: prestito a usura?-
Entra in scena Ciccio, e’ trafelato e va sul molo, intanto grida.
Cic.- E’ scoppiato un siluto, e’ saltata una barca!-
Pip.- Petru, chi “vannia” quello li’?
Pet.- Dice che e’ saltata una barca, per un siluro. (intanto balza in piedi)-
Cic.- (arrivando) E’ saltata, e’ saltata!-
Pip.- (smettendo di lavorare e guardandolo preoccupato) Sei sicuro Ciccio, bada
che se non e’ vero…-
Cic.- Santissima verita’: e’ saltata una barca del nostro paese, me lo disse il
brigadiere.-
Pet.- Gesu’, i Mazzaredda, mio padre!-
Intanto arrivano sul molo altre persone: il brigadiere, donna Palma, Luciuzza,
ecc.-
Pip.- Brigadiere? ( come dire: e’ vero allora?)-
Bri.- Calma, calma (intanto fa cenno di si a Pippo, che si alza), ancora non
sappiamo nulla di preciso, calma.-
Pal.- Brigadiere, in questo paese solo i Mazzaredda vanno a siluri…-
Bri.- E allora? Non e’ detto che siano loro. Aspettate, le vostre sono solo
congetture...-
Cic.- a quali confetture e confetture, brigadiere. Qua siamo quattro gatti, e
se e’ saltata una barca nostra, saltarono i Mazzaredda! (pianto e strilli di
donne e bambini)-
Pip.- Ciccio bestia! Ma quando impari a frenare quella linguaccia? Sei contento
ora? (agli altri) Zitti voi e fatemi sentire.(rivolto a brigadiere che ancora
non aveva finito di parlare) -
Bri.- Mi e’ arrivata una telefonata generica, ma mi hanno detto che non appena
si sapra’ qualcosa me lo faranno subito sapere.Ho lasciato l’appuntato in
caserma, vicino al telefono. Nel frattempo stiamo calmi!-
Pip.- E, secondo voi…(lascia intendere: puo’ essere vero che sono morti?)-
Bri.- Tutto puo’ essere: dipende dalla profondita’, dalla potenza
dell’ordigno…-
Pet.- (indicando il mare) La’, una barca! Vedete?-
Cic.- Chi sara’?-
Pip.- Dal rumore del motore sembrano i Mazzaredda.-
Pet.- Si, i Mazzaredda (saltando di gioia) i Mazzaredda sono!-
Pal.- Dio sia lodato. (si segna)-
Le donne piangono e strillano, a soggetto.
Cic.- Ma guarda che bella? I loro uomini tornano sani e salvi e loro piangono…-
Pip.- Ciccio, sei una bestia senza rimedio.-
Cic.- Mih, ma per voi non ne faccio una giusta?-
Pip.- Esattamente!-
Intanto la barca attracca: solita procedura.Scende Iano Mazzaredda e gli si
mettono attorno il brigadiere, Pippo, Ciccio, donna Palma e Luciuzza, mentre le
altre vanno con gli altri uomini dell'equipaggio (tre) e, festosi, escono di
scena.
Cic.- (non potendone piu’ dalla curiosita’ di sapere) Tutto a posto Iano?-
Ian.- Mi sembra, non vedi?-
Pip.- Iano, ma allora chi e’ saltato in aria?-
Bri.- Non era di qua, vero?-
Ian.- E invece si.-
Pal.- Madunnuzza mia, chi sono?-
Bri.- Gia’, chi?-
Ian.- (gravemente) Saru e Turi Pennisi.-
Pal.- I purpari?-
Ian.- I purpari!-
Luc.- Bedda matri…-
Pip.- (sbalordito) Ma…ma com’e’ possibile?-
Bri.- Gia’. Com’e’ successo, lo sapete?-
Ian.- Lo so’, noi eravamo a mezzo miglio da loro. Roba da pazzi…(commenti a
soggetto dei presenti)-
Bri.- Per favore, i commenti dopo. Ditemi, allora?-
Ian.- Dicevo che eravamo vicini, sentivamo le loro voci. Erano concitati,
irrequieti, si insultavano a vicenda, e tutto per colpa di un grosso polpo che
era sfuggito alla fiocina di Turi Pennisi…-
Pip.- Turi sbaglio’? (Trasecolato)-
Cic.- Come? Turi? il mastro dei mastri…-
Ian.- (con sopportazione) Questo lo so anch’io.E percio’ che ci sbalordimmo
anche noi della Speranza seconda, quando lo sentimmo…-
Bri.- Continuate Mazzaredda.-
Ian.- Prego, signor Sebastiano Catania…-
Bri.- …signor Catania…-
Ian.- ( soddisfatto della puntualizzazione) Li sentimmo dire che era un
marpione di otto-nove chili e che gli avrebbe potuto salvato la giornata, dato
che fino ad allora, cosa strana per loro, non avevano fiocinato nulla. Quindi
Saru allargo’ e poi si mise a fare giri sempre piu’ stretti per
rilocalizzarlo.E lo trovarono: Turi gli diceva che si stava pappando un’orata
sbracato su una chiazza di sabbia, e per insegnargli l’educazione a quella cosa
fitusa, prese l’arpione…-
Bri.- L’educazione? A un polpo? Con l’arpione?-
Pip.- Brigadiere, al polpo l’educazione s’insegna con l’arpione: il colpo e’
piu’ difficile, ma efficace e maschio!-
Ian.- (annuendo) Quindi bilancia l’arpione, lo immerge, mira e Bum! Saltarono
in aria.-
Cic.- Un polpo alla nitroglicerina.-
Pip.- Malanova a te, ma chi ti ci ha portato qui?-
Bri.- E fatemi capire…-
Ian.- Brigadiere, quel polpo, probabilmente, s’era sbracato una spoletta di un
siluro sepolto dalla sabbia. Capite ora?-
Bri.- Cristo, certo che capisco. Ditemi (sottovoce) ci sono…vittime?-
Ian.- No, per fortuna. La colonna d’acqua fu enorme, e quando si quieto’
andammo a prenderli: erano mezzi affocati, ma Saru aveva la forza di gridare:
il diavolo, il diavolo! Li abbiamo portati a Ognina e da li’ li hanno
trasportati in ospedale.Non so’ altro.-
Bri.- Grazie Mazzar…signor Catania, vado a vedere se ci sono notizie fresche. (
e si avvia di corsa verso la caserma, gli altri, a soggetto andranno pure via)-
Pip.- Ianu, il tuo e’ ancora la’?-
Ian.- La’ e’ e non si muove. E’ incastrato il carognone.-
Pip.- E tu cosa hai intenzione di fare?-
Ian.- (facendo finta di non capire) Vado a mangiare un boccone e stanotte, se
Dio vuole se ne riparla.-
Pip.- (rimarcando le parole) Ianu, ci torni?-
Ian.- Dopo, dopo la pesca. Tanto quello aspetta…-
Pip.- Iano, cambia strada.-
Ian.- Fra non molto, fra non molto.Sabbenedica zu Pippu. (prende le sue cose e
se ne va)-
Pippo si mette al lavoro. Cambio di luci, sono le cinque del pomeriggio, tocco
di campane. Musica adatta. Movimento di persone dedite a varie faccende.
Entra Paliddu con una cesta di cefalotti.
Pal.- Zu Pippu, favorite, due cefalotti…-
Pip.- Grazie Paliddu, ma solo due, sai che mangio poco…-
Pal.- Prendete…(mette del pesce in un cartoccio).-
Pip.- Quanto di debbo?-
Pal.- (scandalizzato) Voi? Me li volete pagare? Mai sia!-
Pip.- Sono o non sono il tuo migliore cliente?-
Pal.- Per apprezzare il mio pesce, ma non per pagarmelo. Mai prendero’ una lira
da voi.-
Pip.- Sempre la solita storia. E io mangio a sbafo, ti sta bene?-
Pal.- Ma che dite? quando mai. A sbafo, voi? E allora io vi ho pagato quando
m’avete insegnato il mestiere di rizzagghiaru?E vi ho pagato quando m’avete
fatto prendere a credenza lo giacchio da Puddu Parrineddu? E chi l’ha pagato
poi? Non io, ma voi!-
Pip.- Non l’ho pagato, solo gli ho riparato le nasse…-
Pal.- E’ la stessissima cosa. Allora, mangiateli alla mia salute.-
Pip.- Grazie Paliddu, a buon rendere.-
Pal.- Come volete…salutiamo.-
Pip.- Dove vai?-
Pal.- In giro…cerco di vendere questi pesci freschissimi…poi svaporo…poi…poi…-
Pip.- Statti bene, Paliddu.-
Paliddu si allontana, mentre Pippo ripone i cefalotti.
Pip.- E anche stasera cefalotti. E che si deve fare…-
Musica, cambio di luci. Tocco di campane, e’ sera.
Entra Annuzza, moglie di Paliddu.
Ann.- Sabbenedica zu Pippu…-
Pip.- (sollevando la testa) Oh, Annuzza, Santa e Biniditta…-
Ann.- Zu Pippu, avete visto Paliddu?-
Pip.- Si, qualche ora fa, ma…che successi?-
Ann.- Niente, niente…-
Pip.- Avanti Annuzza, se non fosse successo nulla, non saresti venuta da me.-
Ann.- E’ successo che sono una bestia servaggia! Ecco.-
Pip.- Tu? Ma via…-
Ann.- E invece si. Ho buttato in faccia a Paliddu i cefalotti che mi ha portato
in casa.-
Pip.- Vero?-
Ann.- Vero zu Pippo. Ma non ne potevo piu’. Non ne potevo piu’. Glielo avevo
detto che non ne volevo piu’ cefalotti puzzolenti. Che andasse a lavorare: era
uno stagnino infine? Che riprendesse il mestiere.-
Pip.- Benedetta figlia…-
Ann.- Maledetta figlia! dovete dire, maledetta figlia…maledetta…(come rivivendo
la scena) E Paliddu s’abbassa, si mette a quattro zampe e raccoglie i pesci uno
a uno, lentamente, con dolcezza, quasi con religiosita’, come uno che vuole
farsi perdonare d’aver commesso un sacrilegio…E capii che Paliddu non era piu’
Paliddu. In altri tempi…in altri tempi mi avrebbe presa a schiaffi e m’avrebbe
costretta a raccogliere quei maledetti pesci con la bocca, uno dopo l’altro.
(pausa) Poi a capo chino, con i pesci nel paniere e il paniere sotto il
braccio, e’ uscito senza dire una parola.-
Pip.- Benedetta femmina, ma lo sai o non lo sai che l’uomo deve avere tanto
coraggio quanto la femmina tanta prudenza? Ma lo sai cos’hai combinato?-
Ann.- Lo so’, lo so’ e per questo che mi dico bestia!L’ira ha avuto il
sopravvento. Ora e’ uscito di casa da molto tempo e non si e’ fatto piu’
vedere…sono preoccupata. E’ un uomo pieno di dignita’… non vorrei, Dio ce ne
scansi…-
Pip.- Ma che vai dicendo: sara’ in agguato su qualche scoglio per qualche altra
retata. Vattene a casa Annuzza, se lo vedo te lo mando io. Ma tu…(la minaccia
col dito).-
Ann.- Giuro! Non l’offendero’ piu’. Grazie assai zu Pippo, sabbendica.
(esce)-
Pip.- (tra se) E certo, chi ne mangia piu’ cefalotti? Nessuno ne compra piu’
nemmeno il prete che avaro com’e’ si mangerebbe pure la m…. Va bene. Lasciamo
perdere il prete. E allora, se li porta a casa…ma che deve fare quel
cristiano?-
Entra di corsa Luciuzza.
Luc.- Zu Pippu. Zu Pippu (si china sul vecchio) ho parlato di Santu col
brigadiere - che brav’uomo – e mi ha capito e si e’ interessato di Santu.-
Pip.- (speranzoso) E allora?-
Luc.- Ha parlato per telefono con un suo collega di Catania che gli ha detto,
che con un avvocato che lui conosce, Santu esce in liberta’, perche’ e’
incensurato. Capite? Esce. Esce!-
Pip.- Sia lodato Dio!-
Luc.- Sono cosi’ contenta, come una Pasqua, che mi metterei a ballare.-
Pip.- Senti Pasqua, sta per fare buio, ritirati a casa. Ah, ci sarebbero sti
cefalotti, dille a tua madre di farmeli alla matalotta…-
Luc.- Come volete. (prende il cartoccio) Mi ritiro, vado, vado…ah, ma ci
sarebbero due maccheroni fritti… che vi aspettano.-
Pip.- Grazie, grazie, mangero’ pure quelli. (tra se) se ce la faccio. Va’ e
santa notti.-
Pippo raccoglie le sue cose e si avvia verso la putia di donna Palma, quando
dall’altro.lato entra il brigadiere.
Pip.- Brigadiere, venite a cenare?-
Bri.- Mi tocca, no? dopo una giornata cosi’ intensa d’avvenimenti…-
Pip.- Ho saputo che vi siete interessato per Santu, siete buono e comprensivo,
brigadiere.-
Bri.- Macche’ ringraziamenti: dovere, solo dovere.-
Pip.- E, siete anche modesto. Ma lo sappiamo, siete un uomo buono per essere
uno…uno…-
Bri.- E ditelo:uno sbirro.-
Pip.- Bedda matri con voi non ci si puo’ “ cummattiri”. Grazie, comunque, anche
a nome di…-
Bri.- Lasciate stare i ringraziamenti vi ho detto.(pausa) Quando ho saputo che
Santo non era quel tipaccio che si pensava, ho ceduto volentieri alle preghiere
di Luciuzza.E, badate, ho disturbato un amico, solo questo. Comunque, non era
in stato di arresto, ma di fermo, per cui, gli commineranno una grossa multa, e
dovrebbe essere libero anche stanotte stesso. –
Pip.- (per minimizzare) Ah, sti carusi…quando la metteranno la testa a posto?-
Bri.- ( pensando al matrimonio dei due) Speriamo presto. La pancia cresce…A
proposito: i fratelli Pennisi sono fuori pericolo. Certo Saro dice sempre che
fu il diavolo a farli saltare. E lo credo bene, sono ancora sotto shock. –
Pip.- Gia’…u scantazzu! Sentite oggi vi voglio mio ospite, vi faccio assaggiare
certi cefalotti alla matalotta che sono la fine del
mondo…Accomodatevi…prego.(lascia passare il brigadiere, poi entra anche lui
nella casa-
Bri.- ( da dentro)Con piacere…ma cos’e’ la matalotta?-
Pip.- ( idem )Assaggiate e poi mi direte.-
Tela.
Atto Terzo
Stessa scenografia degli atti precedenti. Musica. Quando si apre il sipario e’
ancora buio. Il lampioncino della piazzetta e’ acceso e l’orologia batte le
quattro. Entra in scena Pippo, che lentamente si avvia verso il molo. Dietro di
lui entra in scena Santu.
San.- Zu Pippo, sempre mattiniero.-
Pip.- Santu! Santu, gia’ di misero fuori?-
San.- Come potete vedere…-
Pip.- Ti hanno denunciato?-
San.- Si…ma mi faranno solo una multa . Ci si e’ messo in mezzo il nostro
brigadiere. Dovro’ ringraziarlo…(intanto sono arrivati sul molo e Pippo si
prepara a lavorare)-
Pip.- E dimmi, come fu?-
San.- Che mi presero?-
Pip.- Uh. Uh.-
San.- ( senza potersi dare pace) Una bestialita’, fu una vera bestialita’.Non
tenni conto di quei moderni e maledetti elicotteri che ora usa la Finanza. Non
sapevo che anche da noi ce ne fossero gia’ in giro, anzi in volo. Allora
guardai, come al solito, per tutti i 360 gradi, non vidi nulla, anzi vidi un
puntino lontano lontano, all’orizzonte, ma non vi badai e lanciai la
saponetta...-
Pip.-…e ti fregarono…-
San.- …com’e; vero Dio!Zu Pippo, credetemi, mi sono sentito come un pesce
nell’amo, senza scampo, quando quel coso mi si e’ fermato sopra facendo tutto
il baccano del mondo e il vento del diavolo.-
Pip.- Il progresso, caro Santu, il progresso. E ora che fai?-
San.- E che faccio? Con la multa da pagare, con la barca sequestrata, con…-
Pip.-…un figlio in arrivo…-
San.- Lo sapete?-
Pip.- Certo. E so che te la sposi.-
San.- Lo faro’.-
Pip.- Buono per te, ti avrei sventrato con le mie mani, senno’.-
San.- Grazie per il trattamento, zu Pippu, ma io a Luciuzza le voglio bene e…mi
mangerei le mani, …per una bestialita’...-
Pip.- …tutto e’ andato in fumo, peschereccio compreso.-
San. – Non e’ detto. Ancora non e’ detto.-
Pip.- (allarmato) Cosa intendi dire?-
San.- Intendo dire che povero e pazzo non mi ci vedra’ nessuno.-
Pip.- Rifai il bummaro?-
San.- No. Andro’ coi Mazzaredda a pescare siluri. Quelli mi hanno preso a
braccia aperte. Hanno un bestione da tirare su’ e non ci riescono e allora ci
provano con me che sono fortunato.-
Pip.- Dalla padella alla brace. Ahu, hai un figlio in arrivo…(pausa) Senti,
perche’ non t’imbarchi regolarmente? Uno due anni e vedrai che potrai comprarti
il cianciolo. Sai, ho sentito dire che danno le barche a motore a credito. Un
buon pescatore come te, ce la puo’ fare a pagare e a campare decentemente. E se
Dio vuole, ci sara’ lavoro per tutti. Abbi pazienza ancora per poco, vedrai,
veramente, le cose stanno sicuramente cambiando. Ascolta questo vecchio, eh?
Almeno ci provi?-
San.- Non sono nato per fare il servo, di nessuno…-
Pip.- Allora: saponette, bummi e siluri. Chi nasce tondo non muore quadrato.
Vattene malacarne!-
San.- Zu Pippu, ora state sgarrando!-
Pip.- E che mi fai? Mi bastoni? M’ammazzi? E me non puoi fare nulla, ma a
quella povera ragazza e alla tua creatura, si!-
San.- Zu Pippu, m’avete tenuto sulle ginocchia, ma non vi autorizzo a trattarmi
cosi’.-
Pip.- Ti turciniassi il collo,io. Comunque, vai per la tua strada, cosa posso
dirti ancora?-
San.- Mi basta. Sabbenedica.(esce)-
Pip.- Ti saluto. (si mette a lavorare, intanto albeggia e si spegne il
lampione.Dal fondo entra Ciccio con gli attrezzi per pescare).
Suono di zufolo in lontananza. Albeggia, poi si alza il sole. Attivita’ dei
pescatori come all’inizio del primo atto. Quando si calma l’attivita’ entra in
scena Ciccio con gli attrezzi per pescare.
Cic.- ( avvicinandosi piano piano) Salutiamo!-
Pip.- (sobbalzando) Cicciu! Malanova a te!E che mi vuoi fare saltare l’anima?-
Cic.- Sono contento, oggi sento che mi tira bene. ( prepara la lenza e mette un
verme nell’amo)-
Pip.- Vermi?-
Cic.- Tremolina! Ma l’hanno portata da Ognina. Ora ci divertiremo, cari
pesciolini belli.-
Ciccio cala la lenza e Pippo riprende il suo lavoro. Suono di zufolo.
Poco dopo entrano in scena Luciuzza seguita da donna Palma. Sono in camicia da
notte e hanno addosso uno scialle. Luciuzza e’ sconvolta, correndo grida:
Luc.- La Speranza, la Speranza!-
Pip.- (balzando in piedi0 Che fu?-
Luc.- La Speranza…Santu…lasciatemi, lasciatemi…( alla madre e a Pippo)-
Cic.- Avvolgendo la lenza) Guai in vista.-
Pip.- (scuotendola) Ma chi fu? Cosa successe?-
Luc.- La Speranza e’ saltata! La speranza! Gesu’!…Santu! Santu.-
Pip.- Ma chi ti dette questa notizia?-
Luc.- ( come se si svegliasse da un sogno) Chi me l’ha detto? (guardandosi
smarrita) Come chi me l’ha detto? Mamma. ( la mamma la copre meglio con lo
scialle) Chi me l’ha detto? (poi decisa) L’ho vista coi miei occhi! E’ saltata!
L’ho visto con questi occhi.-
Cic.- Mizzica che vista.-
Pip.- Calmati Luciuzza. Vedi? Non puo’ essere, i Mazzaredda sono in mare
aperto, sono lontani, come avresti potuto vederli?-
Luc.- Vi dissi che l’ho vista! Ho visto la speranza! Ho visto una grande
colonna d’acqua e la barca che si sbriciolava, e gli uomini gridavano…e Santu,
a Santu colava sangue da tutte le parti. L’ho visto!-
Pal.- L’ha sognato. Era a letto, dormiva e s’e’ alzata di colpo gridando. L’ha
sognato.-
Pip.- Luciuzza, tua madre ha ragione. Quelli, a quest’ora sono in mare alle
prese con le reti da tirare, a sistemare alici e sarde, a sudarsi la fatica.
Torna a letto e calmati. Hai fatto solamente un brutto sogno.Donna Palma,
portatela a casa, prende freddo in queste condizioni…su, figlia, vai.-
Luc.- (calmandosi) Era tutto vero, come se fosse vero, zu Pippu. Mi vengono i
brividi…-
Cic.- E’ il freddo…-
Pip.- Vai, va’.-
Pal.- Andiamo figlia mia.-
Luc.- (allontanandosi) Era un sogno…un sogno…-
Cic.- L’ha capito, finalmente.-
Pip.- Lei ha sognato, e a me e’ saltato il cuore.-
Cic.- Ah, ste femmine.( sospira e getta la lenza in acqua)-
Pip.- (riprendendo a lavorare) Che fa? Toccano?-
Cic.- Ma quali…( fa cenno di no con la mano)-
Pip.- Non sara’ l’esca?-
Cic.- Sara’ a morti subbitanea! Ma come? Ho speso un capitale per comprare
questi vermi, e questi schizzinosi (accenna con disprezzo ai pesci nel mare)
non abboccano.-
Pip.- Forse non hanno appetito…o non gradiscono.-
Cic.- Che, sfottiamo?-
Pip.- Mai sia. (abbassa il capo e riprende a lavorare)-
Cic.- Gia’, voi scherzate, sfottete e io m’addanno. Niente, non mangiano. -
Pip.- Cose che capitano quando c’e’ l’acqua chiara.-
Riprendono a lavorare. Cambio di luce. L’orologio batte le sei. Entra Petru.
Pet.- Sabbenedica zu Pippu, salutamu zu Cicciu.-
Cic.- (incavolato risponde con un grugnito)
Pip.- Oh, Petru, finalmente tuo padre l’ha capito che non ti deve far uscire di
notte?-
Pet.- Mah, cosa volete che vi dica, zu Pippu.Ieri sera mi da detto di venire a
quest’ora. E qua sono.-
Cic.- Aspetti la speranza dei Mazzaredda…(doppio senso)-
Pet.- Si.-
Cic.- Sai chi c’e’ a bordo?-
Pet.- Ci sono i fratello Mazzaredda, il loro cugino Tanu, me patri e Santu u
bummaru.-
Cic.- Quindi Santu e’ coi Mazzaredda, ma bravo.-
Pet.- Mio padre e’ contento che ci sia lui. Dice che e’ mastro in certe cose…-
Cic.- Bummi e affini.-
Pet.- (vedendo Pippo assorto) Oh zu Pippu, e che dormite?-
Pip.- (scuotendosi) Eh? Chi fu?-
Pet.- Zu Pippu, lo sapete che Paliddu do rizzagghiu stanotte non s’e’ ritirato
a casa?-
Pip.- (sorpreso) No?-
Pet.- No. Mia madre ha sentito donna Annuzza che piangeva, e’ accorsa per
vedere cos’era successo, e lei le ha detto che suo marito, dopo una litigata,
era uscito e ancora non s’era ritirato.-
Cic.- Puzza di corna…(intanto continua a pescare e a non prendere nulla)-
Pip.- Strano…molto strano…Paliddu non li fa certe cose…-
Cic.- Zu Pippu, quello e’ a Catania, a femmine!( sfottente)-
Pip.- Sta zitto Ciccio, qui la cosa e’ seria. ( a Petru) E senti, l’hanno
cercato da sua madre?-
Pet.- Ma certo.Hanno mandato Vicenzinu, ma da lei non c’era.-
Pip.- E in giro? Hanno cercato in giro?-
Pet.- Credo d’aver capito di si. Ma non sono sicuro.Ma che e’ preoccupante la
cosa, zu Pippu?-
Pip.- Ma che ti posso dire. Forse ha ragione lui (accenna a Ciccio) Sara’
andato a Catania, a svaporare.-
Cic.- A fottere!-
Pip.- Muto tu! Linguaccia!-
I due uomini riprendono le loro occupazioni, mentre Petru suono lo zufolo. Via
vai di marinai e di donne indaffarate. L’orologio batte le sette.
Cic.- (rassegnato) E non abboccano…Zu Pippu, avete notizie di Saru e Turi
Pennisi?-
Pip.- No, il notiziario sei tu.-
Cic.- Le ultimissime sono che li stanno sbattendo fuori dall’ospedale: Saru fa
come un pazzo, dice che c’e’ il diavolo! Sara’ lo scio’.-
Pet.- Scio’ scio’ galline, scio’ scio galline.-
Cic.- Zitto e porta rispetto. Dicevo sara’ lo sci…quello che e’, ma per me Saru
e Turi scattianu. E’ partito con la testa: scimunenu...-
Pip.- Volevo vedere te, con quella bestia che ti scoppia sotto.-
Pet.-… Ma col tempo passa… -
Pip.- Poveri figli.-
Cic.- ( a Petru) Zitto tu, che ne sai di queste cose?-
Pet.- Ma l’ha detto il farmacista…-
Cic.- Ed e’ bestia pure lui…io so…-
Pip.- E allora diccelo.-
Cic.- Allora, sembra che Turi non parla piu’, e che Saru ripete sempre una sola
parola…-
Pip.-…u diavulu.-
Cic.- … u diavulu, proprio cosi’.-
Pet.- (scrutando l’orizzonte) E ancora la Speranza non si vede…-
Pip.- …e non ha ragione? Solo il diavolo poteva architettare una disgrazia
simile: un polpo che si sdraia su una spoletta di siluro inesploso, signori
miei. Roba da non crederci.-
Pet. - Zu Pippu non puo’ essere che il diavolo si sia trasformato in polpo?-
Pip.- Non puo’ essere.-
Cic.- Perche’?
Pip.- Perche’ gia s’e’ mutato nella bestiazza che sei. Malanova a te,
ignorantaccio e superstizioso.-
Cic.- Mannaggia a me. Ma perche’ parlo con voi. (impermalosito) Ora me ne
vado.-
Pet.- Sentite? Non e’ un motore? Forse e’ la Speranza…-
Pet.- E non te la prendere, Ciccio, e che? non si puo’ scherzare?-
Cic.- Scherzate, scherzate, sulla pelle degli sfortunati. (mostra l’amo vuoto)-
Pip.- Te l’ho detto: acqua chiara.-
Pet.- A me sembra un motore.-
Cic.- E piantala. Quando arrivano arrivano.-
Pip.- Ma non gliene perdoni una a quel caruso…-
Pet.- Abboccano?-
Cic.- Fatti gli affaracci tuoi.-
Pet.- Se non prendete niente, perche’ continuate a pescare?-
Cic.- E chi te lo dice che non prendo niente…basta aspettare.-
Pip.- La pazienza e’la prima virtu’ dei pescatori.-
Cic.- Ben detto, perche’ sento qualcosa…stavolta ci siamo…l’ho preso.-
Pip.- (sorpreso) Davvero? L’hai preso?-
Cic.- E come no. Guardate come tira. Sara’ roba di una chilo, forse due…-
Pet.- Per me e’ uno scoglio.-
Cic.- Mutu, guarda come viene su manzo manzo, buono buono…-
Pip.- Fammi vedere?-
Cic.- L’acqua e’ torbida, ma dev’essere un mostro, tanto e’ grosso.-
Pip.- (avvicinandosi all’acqua) Fammi vedere…-
Cic.- Che volete vedere, con st’acqua?-
Pip.- (alzandosi e avvicinandosi al limitare del molo) Tira piano Ciccio, mi
sembra di vedere qualcosa.-
Cic.- E dalle! Ma ci vedete bene, senza offesa, data l’eta’…-
Pip.- Stai tranquillo, ci vedo, ci vedo, e forse meglio di te. Tira piano ti
dissi.-
Cic.- (rassegnato, ma stufo) Come vossia comanda.-
Pip.- Fermati Ciccio! ( a Petru assorto a guardare l’orizzonte) Petru, oh
Petru.-
Pet.- Ah? Dite a me?-
Pip.- Petru, vai a chiamare il brigadiere.-
Pet.- (guardando l’acqua) Ma…e’ Paliddu!-
Pip.- Gia’. Corri, corri.-
Ciccio, intanto si e’ avvicinato anche lui, e non appena vede il corpo di Paliddu
rimane come paralizzato. Pippo si toglie il berretto e fa il segno della croce.
L’orologio batte le otto.
Pip.- Pover’uomo…Ciccio, accosta piano piano a sinistra, a ridosso, forse viene
meglio a prenderlo…(Ciccio resta immobile) Ciccio, oh Ciccio? Hai sentito?
(Ciccio e’ come paralizzato, allora Pippo gli prende dalle mani la canna e
simula l’accostamento del cadavere verso la sinistra del molo, tra le quinte)
Paliddu, figghiu, ma cos’hai combinato? Lo so’, lo so’, la vita e; stata
ingrata con te…Ma avevi la tua dignita’, e quando l’hai definitivamente
perduta, ci hai mandati tutti a quel paese e te ne sei andato via. (intanto
arriva gente col brigatiere, guidati da Petru, sono Luciuzza, donna Palma,
Salvatore ed altri)…Eccoli che arrivano, tutti…ma e’ troppo tardi per
rimediare…Paliddu, Paliddu, sentimi, un’ultima cosa (si china) Perdonaci a
tutti e riposa in pace.-
Pet.- (al brigadiere, come se continuasse il racconto)…era sul fondo, tra le
alghe alte. U zu Cicciu l’ha preso con l’amo…evvero zu Pippu?-
Bri.- Fate vedere, fate vedere…(si china e guarda) E’ proprio lui. Qualcuno ha
avvertito la moglie? ( i presenti scuotono la testa) Fatelo voi donna Palma,
per piacere. Intanto andate a procurare un lenzuolo.(donna Palma annuisce e
esce)-
Luc.- (porgendogli una tovaglia da tavola) Questa andrebbe bene, brigadiere?-
Bri,- (prendendola e guardandola) Penso di si. Adesso aiutatemi a recuperare la
salma.-
Sal.- Facciamo noi due…( si avvicina insieme ad una comparsa)-
Bri.- Va bene, ma opperate con delicatezza, ci saranno da fare gli accertamente
di legge, per cui…-
Sal.- (interrompendolo) Non preoccupatevi, sappiamo. ( i due imitano
l’avvolgimento della salma nella tovaglia)-
Bri.- Ciccio, voi, dopo, con calma, verrete a trovarmi in caserma, stenderemo
il verbale. (Ciccio non risponde, resta immobile)…Ciccio, parlo con voi.-
Pip.- (che assisteva alle operazioni di recupero) Lasciatelo stare brigadiere,
e’ rimasto impietrito dalla scena macabra. Lui e’ stato sempre un uomo che ha
preso la vita come viene viene, con leggerezza, anche con allegria, e ora sta
disgrazia…-
Pet.- L’ha scio’…scio’ …lo scii…-
Bri.- Ho capito: lo sciokki.-
Pet.- Esattamente. Si aspettava un pesce da un chilo, e forse forse due, e
invece…(indica il cadavere)-
Pip.- State tranquillo brigadiere, dopo lo accompagno io stesso da voi (indica
Ciccio)-
Bri.- Come volete. Allora ( a Salvatore) per favore, portatelo in caserma. ( i
due si avviano seguiti dal brigadiere. Gli altri restano muti e impassibili sul
molo. Da lontano si sentiranno le urla attudite di Annuzza. Poi silenzio.
L’orologio batte le nove).
Pet.- (Guardando il campanile) A quest’ora la Speranza doveva essere gia’ qui.-
Luc.- Perche’? Come, mai? Chi te l’ha detto?-
Pet.- Mio padre mi disse: vieni al molo alle sei, cosi’ u zu Pippu non si
lamenta piu’. Sono le nove…-
Pip.- E allora? Che e’ una novita’? il ritardo da noi significa buona pesca.
Eppoi in mare non si guarda l’orologio del campanile. (allude a petru)-
Cambio di luci. L’orologio batte le dieci. Musica dove possibile. Entrano in
scena il brigadiere, Salvatore, donna Palma e Annuzza. Tutti gli attori
resteranno fermi in scena nei posti che assegnera’ loro il regista.
Pet.- Volete vedere che sono andati direttamente a siluri?-
Pip.- Puo’ essere.-
Sal.- Con Santu a bordo si puo’ fare di tutto…-
Pal.- …ha cento spiriti...-
Pip.- …e la testa dura.-
Cambio di luci. L’orologio batte le undici.
Luc.- Zu Pippu, il mio sogno…ho un presentimento…-
Pip.- I sogni sono sogni!-
Entrano in scena anche le comparse posizionandosi anche nella piazza e vicino
alle case in attesa della Speranza. L’orologio batte mezzogiorno. Per ogni
rintocco, un fascio di luce colpira’, a turno, i singoli attori. L’ultima sara’
Luciuzza, sulla quale il raggio si dovra’ soffermare.
Pet.- Luciuzza, che cosa sognasti?-
Luc.- Sognai che la Speranza avanzava in un mare di piombo. Forse procedeva a
motore spento…c’era un silenzio…Tanu era al timone, Santu stava a prora e
scrutava l’acqua oleosa…poco dopo, con un cenno del capo, fece fermare la barca
e, quindi, scaglio’ in mare la saponetta.
Passarono pochi secondi e, tra la schiuma e bolle viscide, vennero a galla
migliaia e migliaia di pesci che gli uomini prendevano col coppo, colla
fiocina, con l’arpione, con le mani. E l’ammonticchiavano sul fondo della
barca, in un’ammasso brulicante d’argento, di nero e di rosso sangue…e…i pesci
parlavano. Parlavano lingue sconosciute, strane, bizzarre…e lanciavano insulti.
Insulti che si materializzavano in rossi fasci e raggiungevano il cielo! Poi,
quando la barca fu stracolma, Santo si accorse che in fondo al mare giaceva una
grossa macchia d’argento. “ La voglio prendere!” disse, e si tuffo’. Dopo
interminabili minuti, venne a galla reggendo un grosso pesce bianco – forse era
un palombo – forse…Sei mani si sporsero dalla barca per afferrare la
grossissima preda, ma furono sforzi vani, perche’ il grosso pesce diventava
sempre piu’ grosso. Diventava sempre piu’ grosso e rideva, rideva, rideva.
Rideva in modo lascivo, sguaiato, osceno…poi scoppio’! Un’altissima colonna
d’acqua raggiunse il cielo e lo sorpasso’, mentre la barca e gli uomini
diventavano colorati coriandoli fluttuanti nell’aria. Poi vidi Santu che
galleggiava nell’acqua sanguigna: e boccheggiava come un cefalo colpito a
morte, col volto sfigurato e ridotto ad un informe grumo di sangue. Io volevo
aiutarlo…e non potevo, volevo agguantarlo e non ce la facevo, volevo gridare e
non ci riuscivo. Volevo, volevo (si copre il viso) Santu, (poi gridato)Santuzzu
mio!-
Pet.- (accoccolato sulle reti di Pippo, e illuminato a sua volta) Bedda matri,
che brutto sogno…perche’ fu un sogno, vero Luciuzza? Ah, vero Luciuzza?…Vero?-
Sulla scena, intanto, pian piano cala il buio.
Fine.
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