Triconeus ovvero Il ciarlatano redento

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Il Ciarlatano

Triconeus

ovvero

Il ciarlatano redento

Commedia in due atti

D Arminio 2010

Personaggi

TRICONEUS, il mago

BORIS, suo assistente, muto

GRANDUCA

LAVINIA, figlia del Granduca

FIDELIO, segretario del Granduca

FELICE, fidanzato di Lavinia

MONNA RITA, nobildonna corteggiata dal Granduca

BETTINA, cortigiana e amica di Monna Rita

GORGOLONE, vecchio dongiovanni

FEDIA, racchia in cerca di un bel partito

NOTAIO, che non parla

AMBIENTAZIONE: Nole, borgo piemontese ai piedi delle Alpi; XVII-XVIII secolo

SINOSSI : Nato dalla rielaborazione de Il ciarlatano. Un mago giunge con il suo assistente alla corte di Nole, tra un Granduca vedovo che cerca nuova moglie, la duchessina che vagheggia invano il suo amore per Felice, un vecchio farfallone, una insistente racchia e altri personaggi. L'arrivo del mago, dotato di straordinari poteri, sembra aprire nuovi scenari e offre a più di qualcuno una grande opportunità, ma niente si dimostra per quello che appare.

N. B.: Le frasi in corsivo indicano gli “a parte”.

Nota dell’autore: Triconeus è la revisione e riscrittura de Il ciarlatano, un testo di cinque anni più vecchio. Molti dei personaggi della prima versione sono rimasti; sono cambiate varie situazioni e in generale il tono è più serio.

È rimasta anche la forte relazione tra recitazione, musica e ballo. Riguardo a questo, non tutte le musiche segnalate sono facilmente rintracciabili. Sta all’estro del regista decidere se utilizzarle o meno, ma mi auguro che almeno i brani di apertura e chiusura siano mantenuti quali sono.

Per quanto riguarda i balletti, le compagnie che non volessero impegnarsi nel progetto di una coreografia, potrebbero immaginare più semplicemente che i personaggi abbozzino qualche movenza di danza sul filo della musica, semplificando i balletti in brevi intermezzi.


Apertura

Sipario chiuso

[musica: Mozart; Sinfonia 25 – Primo movimento]

[primi 25-30 secondi, poi sfuma]

VOCE: Questa storia accadde tanti e tanti anni fa nel Granducato di Nole, il più famoso dei regni subalpini, governato con somma autorità da Sua Eccellenza il Granduca.


Atto Primo

Si alza il sipario

PRELUDIO BALLATO

Giardino del palazzo

 [danza del pettirosso: L. Mozart Kindersymphonie (primo movimento)]

SCENA PRIMA

Bettina e Monna Rita

[scena vuota; entrano Bettina e Monna Rita]

[la musica sfuma]

BETTINA: Buongiorno, monna Rita.

MONNA RITA: Buongiorno, Bettina.

BETTINA: Avete sentito il canto del pettirosso?

MONNA RITA: Oh, sì, mia cara. Veniva dal cespuglio là dietro.

BETTINA: La primavera è davvero iniziata. [annusa nell’aria] Ah, la mia stagione preferita.

MONNA RITA: Con la natura anche l’anima si risveglia, non trovate? E le emozioni si fanno così vive...

BETTINA: E l’amore? Ah, l'amore. Questa è la sua stagione, il suo regno. Chissà che finalmente quest’anno…[sospira]

MONNA RITA: Quest’anno cosa?

BETTINA: Che quest’anno non sia finalmente la prescelta di Cupido. Ho tanta voglia d’innamorarmi.

MONNA RITA: Via, non abbiate fretta, Bettina. Siete ancora giovane, il tempo è lungo davanti a voi.

BETTINA: Voi credete?

MONNA RITA: Guardate me. Ormai ho qualche anno, ma continuo a godermi la vita. Quando passerà l’uomo che saprà conquistarmi, allora mi arrenderò.

BETTINA: Tsk. Costei aborrisce gli uomini, ed è perciò che è ancora zitella. Non so che farmene dei suoi consigli.

[entra Fidelio]

FIDELIO: Signore mie, prego la vostra attenzione. Sua eccellenza il Granduca organizza per questa sera un sontuoso ricevimento a palazzo. Sua eccellenza sarebbe felice se anche voi voleste onorarlo della vostra presenza.

BETTINA: Come si può dire di no al Granduca? Verremo senz’altro, vero monna Rita?

MONNA RITA: Sì, verrò.

[Fidelio s’inchina ed esce]

BETTINA: Che tipo distinto, quel Fidelio, non trovate?

MONNA RITA: Sì, un segretario impeccabile.

BETTINA: [si avvicina con circospezione] Detto fra noi, Cornelia la cuoca mi ha confidato che il Granduca ha deciso di organizzare questa festa per vedere se tra le dame di Nole ce n’è una che possa fare al caso suo.

MONNA RITA: Ma cosa dite? Pensa davvero a risposarsi?

BETTINA: Sì, vi dico!

MONNA RITA: Credevo ci mettesse di più a riprendersi dalla morte della Granduchessa.

BETTINA: Oh, la povera Granduchessa… In ogni modo, pensate che onore sarebbe attirare le attenzioni del Granduca. Ha una certa età, ma ha ancora il suo fascino. E poi… diventare Granduchessa…

MONNA RITA: Voi sognate…

BETTINA: Chi può dirlo, mia cara? Oh, questa notizia mi entusiasma immensamente. Devo andare subito a prepararmi. Stasera voglio essere bellissima.

MONNA RITA: Tutte le giovani donne del granducato vorranno essere bellissime, credo.

BETTINA: Lo so, ma non tutte conoscono i trucchetti che so io per dare lucentezza alla pelle. E nemmeno come mettere in vista i fianchi. Fidatevi, fate anche voi come me e gli uomini non potranno fare a meno di posarvi gli occhi addosso.

MONNA RITA: Ne farei anche a meno, soprattutto di uno in particolare.

BETTINA: Chi? Messer Gorgolone?

MONNA RITA: Proprio lui.

BETTINA: Con lui non c’è bisogni di estetismi. Quel farfallone troverebbe attraente anche una scrofa.

SCENA SECONDA

Dette e Gorgolone

[entra inaspettatamente Gorgolone]       

GORGOLONE: Buongiorno, mie care signore!

[Bettina e Monna Rita sobbalzano spaventate]

MONNA RITA: Cielo, messer Gorgolone! Ma vi sembra questo il modo?

GORGOLONE: Ah ah! Scusate, mie care donzelle, ma non ho saputo resistere.

Ho sentito pronunciare il mio nome. Di che parlavano due dotte madame come voi? [fa il baciamano a Bettina, sbavandola un po’]

BETTINA: [schifata, pulendosi la mano] Di maiali.

GORGOLONE: Maiali?

MONNA RITA: Bettina voleva dire che stavamo lodando la vostra conoscenza e la vostra ammirata perizia sui modi in cui si cucina e si mangia la carne di maiale.

[Gorgolone tenta di farle il baciamano ma lei si ritrae]

GORGOLONE: Oh, sì, è vero. Modestamente nessuno in tutto il granducato mangia più cotechini di me nel tempo di una clessidra.

BETTINA: Un primato invidiabile…

MONNA RITA: Senza dubbio…

BETTINA: [maligna] Sapete, messere, si dice che ognuno diventa il cibo che mangia…

MONNA RITA: [divertita, a Bettina] Questa è davvero cattiva.

GORGOLONE: [ride] Ah ah! Oh, sì, avete ragione! Oh oh!

BETTINA: Ma che fa? Ride?

GORGOLONE: Intelligente come un maiale! Oh, certo che son così!

MONNA RITA: [a Bettina, sottovoce] Quest’uomo ha l’aria nel cervello!

BETTINA: [a Monna Rita] Cerchiamo di liberarcene.

MONNA RITA: [a Bettina] Datemi corda. [a Gorgolone] Attento, messere!

GORGOLONE: Che succede?

MONNA RITA: Un insetto vi si è posato sul collo.

GORGOLONE: Oh, lasciatelo fare. Mi piace sentire le loro zampette sulla pelle.

BETTINA: [a Monna Rita, piano] Che schifo!

MONNA RITA: Sì, ma quello non è un insetto normale.

GORGOLONE: No?

BETTINA: No, è un credulonius.

MONNA RITA: Giusto, un credulonius.

GORGOLONE: Un… che?

BETTINA: Sì, un credulonius. Ma come, non avete sentito nulla?

GORGOLONE: Sentito cosa?

MONNA RITA: Ve lo spiego io. Il credulonius viene dall’Africa, e ogni tanto si spinge a nord, fin dalle nostre parti. Dovete sapere che è un insetto molto velenoso…

GORGOLONE: Ve-velenoso?!

BETTINA: Oh, sì. Moltissimo!

GORGOLONE: Ah, toglietemelo! Toglietemelo! Via, va’ via! Via!

BETTINA: Troppo tardi.

MONNA RITA: Ormai v’ha punto. Sentite? [lo pizzica sul collo]

GORGOLONE: Ahi!

BETTINA: Eh, ormai il danno è fatto.

MONNA RITA: Siete in un bel guaio. Il veleno del credulonius non perdona.

GORGOLONE: Che mi succederà?

BETTINA: Prima diventerete tutto giallo, dalla testa ai piedi…

MONNA RITA: Poi verde…

BETTINA: Poi vi riempirete di pustole blu, che col verde s’intonano molto bene.

MONNA RITA: E infine il naso vi si gonfierà e diventerà grosso così!

GORGOLONE: Oh Dio, no! Perderò tutto il mio charme!

BETTINA: Oh, che tragedia…

GORGOLONE: E stasera c’è il ballo! Oh no no no! Devo fare qualcosa! C’è una cura al veleno del… colonius?

BETTINA: Mah, una cosa ci sarebbe…

GORGOLONE: Ditemi, presto!

MONNA RITA: Dicono che il fieno annulli gli effetti del veleno.

GORGOLONE: Il fieno?

BETTINA: Il fieno?

MONNA RITA: Oh, sì, una bella scorpacciata di fieno. Masticando lentamente e gustandoselo fino in fondo.

GORGOLONE: Oh, grazie, madame, siete la mia salvezza. Corro alle scuderie!

BETTINA: Mi raccomando, masticate con calma.

[Gorgolone esce]

SCENA TERZA

Bettina e Monna Rita

BETTINA: [ride] Ah ah ah! Ma come fa a essere così stupido?

MONNA RITA: [ride] Immaginatevi le facce degli stallieri, quando lo troveranno a razzolare tra i cavalli.

BETTINA: Ora approfittiamone per fuggire. Alla festa mancano solo poche ore.

MONNA RITA: Uh, non pensate solo a quella festa. La giornata è così bella, e il pomeriggio è ancora lungo.

BETTINA: Già, ma come dice mio zio, eterno è il tempo che impieghiamo noi donne davanti allo specchio. Perciò conviene iniziare subito.

MONNA RITA: Va bene, verrò ad aiutarvi.

BETTINA: Andiamo, allora.

[buio: cambio scena]

[musica: 12 Menuets, KV 601 No. 3 in G]

SCENA QUARTA

Camera di Lavinia

Granduca, Fidelio e Lavinia

[entrano il Granduca e Fidelio]  

GRANDUCA: Questo è un sopruso, un oltraggio, un delitto alla mia persona! Un furto, un ladrocinio, ecco cos’è! Sono rovinato, disperato, ridotto alla fame, a vivere sotto i ponti! E da chi? Da mia figlia! Quanto, quanto…?

FIDELIO: [lo interrompe] Trentamila ducati, eccellenza.

GRANDUCA: [prosegue come nulla fosse] …quanto ancora dovrò sopportare questo parricidio, questo abuso della mia dedizione di padre?

FIDELIO: E poi ci sarebbe la borsetta firmata da settecento ducati e le scarpette di raso da quattrocento…

GRANDUCA: [idem] Io, che ho sempre sudato e risparmiato per concedermi uno stile di vita buono e soddisfacente, vedo ora le mie sostanze dissipate da colei che mi è più cara!

FIDELIO: …e la collana da duemila ducati, più il rossetto, l’ombretto, il mascara, il nano, i dieci pappagalli, la villa sul mare, il viaggio intorno al mondo, per un totale di…

GRANDUCA: [scocciato] Silenzio! Ne ho abbastanza di queste sciocchezze! Lavinia! Lavinia!

[Lavinia esce dal suo gabinetto]

LAVINIA: Perché gridi, papà? Non sono ancora sorda.

GRANDUCA: Ho ben diritto di farlo. Guarda! [le mostra il conto spese]

LAVINIA: Ebbene?

GRANDUCA: Come “ebbene”? Tutto qui quello che sai dire? Non sono servite a niente le preghiere, le parole, i rimproveri! Tu stai prosciugando i miei patrimoni!

LAVINIA: Ti ho già spiegato il motivo di questo mio vezzo.

GRANDUCA: Ah, già. [a Fidelio, sarcastico] Perché si sente sola e infelice, lei…

LAVINIA: Smetterò solo quando avrai ritrovato un po' di senno.

GRANDUCA: Perché? Cos'ha Gorgolone che non dovrebbe andar bene? È un po’ sciocco, ma è ricco e fedele. Sarà il tuo degno sposo.

LAVINIA: Quante volte ti devo ripetere che quel vecchio bavoso mi fa schifo? Finirei cornuta in meno di una settimana!

GRANDUCA: Figlia mia, che dici?

LAVINIA: Ah, non fare il sorpreso. Non si perde una gonnella, quello. E benché puzzi, sbavi e abbia l’intelligenza di coleottero, c’è sempre qualcuna disposta a cadere tra le sue braccia – perché come dicevi è ricco. Solo tu fingi di non saperlo! Non lo sposerò mai.

GRANDUCA: E invece lo farai, perché sono ancora io che comando qui!

LAVINIA: Ah, vedrai di cosa sono capace. Ti sarà dura vincerla.

FIDELIO: [al pubblico] Ogni volta la stessa storia. Hanno entrambi la testa dura.

GRANDUCA: E chi vorresti sposare? Quell’inetto di Felice, forse?

LAVINIA: Non è un inetto. Non ti piace solo perché non ha abbastanza quattrini.

GRANDUCA: Non mi pare poco, cara. I soldi contano molto al nostro tempo. E il granducato ha le casse quasi vuote.

LAVINIA: Felice saprebbe aiutarti. Ha fatto il tesoriere per molti nobili locali, e potrebbe…

GRANDUCA: Ne dubito. Quel ragazzo è insipido, non saprebbe combinare nulla di buono.

LAVINIA: Oh, questo è troppo! Fuori di qui!

GRANDUCA: Certamente. Ma bada, è l’ultima volta che pago le tue sciocche spese.

[Lavinia torna al suo gabinetto]

SCENA QUINTA

Granduca e Fidelio, poi Fedia

GRANDUCA: Oh, questa ragazza mi farà impazzire!

FIDELIO: Se posso permettermi, eccellenza, potrebbe non avere tutti i torti su quel ragazzo…

GRANDUCA: Non ti ci mettere anche tu. [pausa] Ogni cosa è pronta per il gran ballo?

FIDELIO: I valletti stanno finendo di decorare il salone d’onore, e i giardinieri in questo momento stanno pulendo le fontane e collocando le composizioni floreali sullo scalone.

GRANDUCA: E in cucina come procede?

FIDELIO: Pensavo di passare più tardi.

GRANDUCA: Va’ ora, invece. E controlla che non battano la fiacca.

FIDELIO: Sì, eccellenza.

[Fidelio esce]

GRANDUCA: Oh, che venga presto stasera! Chissà che finalmente un’altra donna possa riempire il vuoto rimasto nel mio cuore.

[entra Fedia]

FEDIA: Yu-uuh, Granduca!

GRANDUCA: [al cielo] Una donna ho detto, ma non lei!

FEDIA: Ero sicura di aver sentito la vostra voce.

GRANDUCA: Madama Fedia, che onore. Che sfortuna, stavo giusto per andarmene...

FEDIA: [avanza verso di lui] Ma non siate sempre di fretta. [gli sbarra il passo] Allora? Avete pensato alla mia proposta?

GRANDUCA: Nooo! Come ve lo devo dire che non voglio sposarvi?

FEDIA: [gli si avvinghia addosso] Oh, su mio dolce passerottino…

GRANDUCA: Non chiamatemi passerottino!

FEDIA: Come mi piacete quando fate il permaloso! Suvvia, lo sanno tutti che siete in cerca di una bella madama. E io cos’ho che non va? [si mostra al pubblico, in tutta la sua “bellezza”]

GRANDUCA: [al pubblico] Eh… come dire… si commenta da sé…

FEDIA: Niente. Perciò la sola risposta che voglio sentire da voi è: Sì.

GRANDUCA: No!

FEDIA: Sì, sì, sì.

GRANDUCA: No, no e no!

FEDIA: Sì, sì e sì. Andiamo: dite sì, dite sì. Forza, forza! [si mette a ballargli attorno come una pazza]

GRANDUCA: Fatela finita! Andate via! Oh, mi farete impazzire! [esce rapidamente]

FEDIA: [verso le quinte] Caro il mio Granduca! Ci vediamo stasera al ballo!

[sospira ed esce]

SCENA SESTA

Lavinia e Felice

[Lavinia entra dal gabinetto]

LAVINIA: Cos’era quel trambusto? C’è troppo movimento in questa stanza.

[bussano]

Chi è?

FELICE: Son io, tesoro.

LAVINIA: Oh, Felice! Entra!

FELICE: Ho visto tuo padre nel corridoio, che veniva di gran passo. Mi son nascosto appena in tempo.

LAVINIA: [siede sul divanetto] Uh, non mi parlare di lui. Mi ha già fatto arrabbiare, oggi.

FELICE: [siede accanto a lei] Avete di nuovo litigato per il matrimonio?

LAVINIA: Sì! Continua a essere fissato con Gorgolone, ma non ha capito che preferirei sposare un cinghiale piuttosto che quell’idiota.

FELICE: Se quel vecchiaccio stasera prova ad avvicinarti anche solo una mano lo scaravento nella peschiera, lui e il suo parruccone!

LAVINIA: Spero non ce ne sia bisogno, tesoro. [gli passa una mano fra i capelli, languida] Pensa, mio padre ha osato sostenere che sei un buono a nulla.

FELICE: Finché lo penserà, addio nostri progetti.

LAVINIA: [languida] Oh, penserò io a fargli cambiare idea… Ora però vieni un po’ più vicino a me, amorino mio…

FELICE: Non me lo faccio ripetere, zuccherino…

[si accosta a lei; guardandosi teneramente, fanno per baciarsi, quando si sente bussare alla porta]

SCENA SETTIMA

Dettie Gorgolone

[dalle quinte GORGOLONE: Laviuniucciaaa! Sono il vostro messer preferito!]

LAVINIA: Oh, no! Gorgolone!

FELICE: Cielo, che tormento! Ci mancava solo lui!

LAVINIA: [verso la porta] Ehm…purtroppo sono in deshabillè.

[dalle quinte GORGOLONE: <giulivo> Meglio, meglio cara!]

FELICE: Brutto porco!

[dalle quinte GORGOLONE: Ho sentito un’altra voce? C’è qualcun altro con voi?]

LAVINIA: [a Felice] Shhht! Vuoi che ti scoprano?

[verso la porta] Ci metterò un po’ a vestirmi. Passate più tardi.

[dalle quinte GORGOLONE: Non ho fretta, mia cara. Starò qui davanti alla porta finché non avrete finito]

LAVINIA: Dio, che imbecille!

FELICE: Potessi, lo strozzerei.

LAVINIA: Non deve trovarti qui, o saranno guai.

FELICE: Allora scappo dalla finestra.

LAVINIA: Fermo, sei matto! È troppo alto, ti farai del male.

[dalle quinte GORGOLONE: Cara, continuo a sentire altre voci.]

LAVINIA: [verso la porta] Ma no, messere. Non c’è nessun’altro, qui.

FELICE: Hai altre soluzioni?

LAVINIA: Sì, va’ di là nel mio gabinetto. Ma bada di non far rumore. Cercherò di sbarazzarmene al più presto.

FELICE: Sei una volpe, mio tesoro.

[le schiocca un bacio ed entra nel gabinetto]

SCENA OTTAVA

Lavinia e Gorgolone

[Lavinia va ad aprire la porta; entra Gorgolone]

LAVINIA: Cosa posso fare per voi, messere?

GORGOLONE: Avete fatto di già?

LAVINIA: Ehm… sì, con questi vestiti moderni sembra sempre ci voglia più tempo del necessario.

GORGOLONE: Siete un incanto. [le prende la mano]

LAVINIA: No no no. Il baciama…

[Gorgolone le fa il baciamano, sbavando]

[schifata] …no…

GORGOLONE: Che accade?

LAVINIA: [asciugandosi la mano] Niente, niente… Insomma, cosa volete?

GORGOLONE: Siete pronta per il grande evento?

LAVINIA: [maligna] Quale, il vostro trapasso?

GORGOLONE: Eh?

LAVINIA: Niente, sognavo…

GORGOLONE: Mi riferisco al gran ballo, ovviamente. [eccitato] Sono tutto una febbre.

LAVINIA: [gelida] Eh, non mi tengo dall’emozione…

GORGOLONE: Pensate, noi due soli in mezzo alla sala, mano nella mano…

LAVINIA: Che schifo!

GORGOLONE: Datemi un’anticipazione. [si avvicina]

LAVINIA: [ritraendosi] State lontano! [annusa] Ma… che odore!… ma quella è paglia? [indicando il vestito di Gorgolone]

GORGOLONE: Oh, credo proprio di sì.

LAVINIA: Siete stato in una stalla a rotolarvi nel fieno?

GORGOLONE: Ho dovuto. Sapete, per via del cocolonius.

LAVINIA: Del che?

GORGOLONE: È un insetto che viene dall’Africa. Se vi punge diventate prima tutti rossi, poi tutti verdi – o era il contrario? – insomma, e alla fine il naso vi diventa grosso così. E l’unica cura è mangiare tanta paglia. Oh, sì.

LAVINIA: [al pubblico] Credevo fosse scemo, ma questo è tutto pazzo.

GORGOLONE: Per caso vedete dei puntini blu sulla mia faccia?

LAVINIA: No, messere. La vostra faccia è brutta come al solito.

GORGOLONE: Oh, bene. Ma vorrei sincerarmene. Dove tenete uno specchio?

LAVINIA: [meccanicamente indica il gabinetto] Di là.

GORGOLONE: Oh, bene. [si avvia verso il gabinetto]

LAVINIA: [realizzando che nel gabinetto c’è Felice] No no! Fermo!

GORGOLONE: Che c’è?

LAVINIA: Ehm…ce n’è uno anche qui, me n’ero dimenticata. Che sciocca.

[prende uno specchio dal divanetto]

GORGOLONE: [specchiandosi] Mi pare un po’ piccolo. Mi si vede solo metà della faccia.

LAVINIA: Non è lo specchio che è piccolo, è la vostra persona che è grande e imponente.

GORGOLONE: Giusto, grande e imponente! [posa lo specchio] Ma dicevo… immaginate noi due nella sala da ballo, voi in un abito bianco scintillante, l’orchestra che suona note soavi, tutti gli sguardi su di noi…

[sospira] Che sogno…

LAVINIA: [al pubblico] Che incubo!

Ora, messere, avrei da fare, perciò se non vi spiace…

GORGOLONE: Aspettate, mia cara. Sono venuto qui anche per un altro motivo.

LAVINIA: Sentiamo.

GORGOLONE: Il barone di Villanova ha organizzato una serata danzante per la prossima settimana. Nulla a che vedere con il gran ballo di vostro padre il Granduca, ma sarà ugualmente una serata mondana. Sono stato invitato, e speravo che voleste venire con me…

LAVINIA: Manco morta.

GORGOLONE: Come?

LAVINIA: Purtroppo, messere, da qualche tempo ho degli improvvisi giramenti di testa, e il dottore mi ha consigliato di uscire il meno possibile.

GORGOLONE: Oh, me ne dispiaccio. Sentite, ma siete sicura che non abbia delle pustole blu sulla pelle?

LAVINIA: Vi ho già detto di no!

GORGOLONE: Non vorrei che qualcuna fosse spuntata, nonostante l’ottimo rimedio che mi hanno consigliato. Lo specchio del gabinetto è certamente più grande…

[fa per andare verso il gabinetto]

LAVINIA: Fermo, per Dio! [lo trattiene con violenza]

GORGOLONE: Che accade? Cos’è questa veemenza?

LAVINIA: Oh-ehm… [tenera] Suvvia, non credete più alla vostra Laviuniuccia?

GORGOLONE: Oh, è vero, perdonatemi! Come ho fatto a dubitare delle vostre maliarde parole? Allora, verrete al ballo del barone con me?

LAVINIA: Nossignore.

GORGOLONE: È un gran peccato. Sarà una festa di gran classe.

LAVINIA: Ecco, perciò sono sicura che troverete qualcun'altra disposta ad accompagnarvi. Ora, se volete andare…

GORGOLONE: Ah, ho capito. Non vedete l’ora d’iniziare a farvi bella per stasera, è così?

LAVINIA: Che perspicacia, messere! Come lo avete capito?

GORGOLONE: Perché il vostro cuore non ha segreti per me.

LAVINIA: Allora provate a indovinare cosa sto pensando in questo momento?

GORGOLONE: Che volete un bacino dal vostro Gorgolonuccio?

LAVINIA: No, che dovete sparire!

GORGOLONE: Come volete, mia cara. A stasera.

LAVINIA: A stasera. Finalmente.

[Gorgolone fa per uscire, quando si sente trambusto provenire dal gabinetto]

LAVINIA: Noo!

GORGOLONE: Cos’è stato?

LAVINIA: Cosa?

GORGOLONE: Ma come? Non avete sentito? Proveniva dal gabinetto.

LAVINIA: Vi dico che non ho sentito nulla. Vi state confondendo.

GORGOLONE: Eh no, mia cara. Il mio udito non è più quello di una volta, ma sono sicuro di aver sentito un rumore provenire dal vostro gabinetto.

LAVINIA: Sarà caduto qualcosa. Suvvia, ora andate…

GORGOLONE: Lavinia, non prendetevi gioco di me. là dentro c’è senza dubbio qualcuno!

LAVINIA: Ma chi volete che ci sia?

GORGOLONE: È quello che voglio scoprire. E se avrà cattive intenzioni, vi difenderò! Io lo… ehm, chiamerò le guardie perché gli diano la punizione che merita.

LAVINIA: Uh, che cavaliere! Datemi retta, messere. Non c’è nessuno là dentro. È solo una vostra impressione…

[si sente un altro tonfo]

GORGOLONE: Impressione, eh? Lasciatemi, voglio scoprire chi c’è!

[si libera dalla presa di Lavinia e a grandi passi esce dalla parte del gabinetto]

LAVINIA: È la fine!

[Gorgolone rientra, eccitato]

GORGOLONE: Ah, è così dunque?!

LAVINIA: Ahi, la frittata è fatta.

GORGOLONE: Pensavate di tenermelo nascosto?

LAVINIA: Ebbene sì, messere.

GORGOLONE: Siete birbantella, eh? Volevate farmi uno scherzo, eh?

LAVINIA: Come?

GORGOLONE: Sapete che non disdegno mai di conoscere una dolce fanciulla. Potevate dirle di star con noi.

LAVINIA: Noi… eh?! [al pubblico] Di cosa sta parlando?

GORGOLONE: [verso il gabinetto] Su, mia cara, entrate. Non siate timida.

SCENA OTTAVA

Dettie Felice

[entra Felice; indossa una parrucca, una camicetta e una sottana; con un ventaglio si copre pudicamente il viso]

LAVINIA: [sbalordita] Che mi venga…!

GORGOLONE: Volevate tenermi nascosto un simile splendore? [a Felice] Avanti, cara, nessuno vi mangia. Venite avanti! Come si chiama questa graziosa donzella?

LAVINIA: Ehm… è… mia cugina Amalia! È arrivata proprio oggi da Napoli.

GORGOLONE: A-ah! Una napoletana! Allora fingete di essere timida, eh? Scommetto che invece sotto siete tutta un fuoco.

FELICE: [risata femminea] Eh eh… Potessi, te lo darei io, fuoco.

LAVINIA: Scusateci un istante, messere. [prende da parte Felice; piano, a Felice] Ti avevo detto di non far rumore. Se n’era quasi andato!

FELICE: [a Lavinia, piano] Per sbaglio ho urtato il paravento ed è caduto. Ho dovuto inventarmi qualcosa.

LAVINIA: [idem] Allora approfittane per uscire da qui… Amalia cara.

FELICE: [con voce femminea] Beh, io ora andrei, cara cugina… [fa per andarsene]

GORGOLONE: Un momento, madama Amalia!

FELICE: Che vole… Cioè, cosa posso fare per voi, messere?

GORGOLONE: Cinque giorni a oggi si terrà una festa danzante presso il palazzo di un nobile signore. Sarei immensamente giocondo se voleste essere la mia dama.

FELICE: Ohimè, purtroppo non so ballare.

GORGOLONE: Poco male. Con un campione di ballo quale io sono, modestamente, imparerete in un lampo.

FELICE: Oh-ehm, ma… temo di avere un forte mal di testa, sì…

GORGOLONE: Anche a questo c’è rimedio: i nostri vini curano tutti i mali, credete a me.

LAVINIA: Vi prego, messere. Mia cugina è molto stanca per il lungo viaggio, credo che voglia andare a riposare nella sua stanza.

GORGOLONE: Oh, ma certo. Sarà un piacere per me accompagnarvi.

LAVINIA: Oh, no!

FELICE: Grazie, preferisco andare da solo… cioè da sola.

GORGOLONE: Ma cosa dite? Sarà un onore per me, madama.

FELICE: [garbato] Vi ho detto di no.

GORGOLONE: Insisto.

FELICE: E io insisto che non vi voglio.

GORGOLONE: Ah ah! Che spiritosa!

FELICE: [ride femmineamente] Eh eh… Ora vado. Addio, messere!

GORGOLONE: [bloccando il passo a Felice] Ci mancherebbe! A costo di essere maleducato, vi accompagnerò nella vostra stanza.

LAVINIA: Messere, vi prego…

FELICE: Siete proprio impertinente!

GORGOLONE: Ah ah! È vero. [avanza verso Felice] Datemi il braccio.

FELICE: [si allontana] Non ci provate!

GORGOLONE: Cosa fate, cara? Mi rifuggite?

FELICE: Eh, sì…

GORGOLONE: [idem] Ah ah, che simpatica. Suvvia, venite a me.

FELICE: [idem] Fossi pazza!

GORGOLONE: [si getta verso Felice] Ah ah! Che bel giuoco! Fatevi acchiappare, Amaliuccia!

FELICE: [fugge] No! Aiuto! State lontano!

GORGOLONE: [idem] Bella la mia napoletana focosa!

FELICE: Noo! Non vi avvicinate! [scappa ed esce]

GORGOLONE: Ah ah! Fatevi prendere, coraggio! [esce di cosa, inseguendolo]

LAVINIA: Oh, Dio! Ma cosa ho fatto di male?

[li segue ed esce]

[buio: cambio scena]

[musica: 2 Kontretänze KV 603 1. Nr. 1 in D ]

SCENA NONA

Salone delle feste del palazzo granducale

Bettina, MonnaRita, Gorgolone, Lavinia e Fedia

[tutti entrano solennemente e si dispongono sul palco]

[la musica sfuma – o termina]

[entra Fidelio]

FIDELIO: [con solennità] Sua Eccellenza, il Granduca di Nole!

[entra il Granduca; tutti s’inchinano]

GRANDUCA: Amici miei, è una gran gioia avervi ospiti qui stasera. Spero che la festa sarà di vostro gradimento.

E ora, si dia principio alle danze!

TUTTI: Evviva il Granduca! Lunga vita e felicità!

[musica: 12 Menuets, KV 601 No. 2 in C, poi sfuma]

[poco alla volta tutti escono come par andare a ballare, tranne Fedia]

SCENA DECIMA

Granduca e Fedia

[Fedia, portando due calici, si avvicina al Granduca alle spalle]

FEDIA: [alle spalle del Granduca] Yu-uuuh!

GRANDUCA: [grida, scansandosi] Aaah!

FEDIA: Caro il mio Granduca.

GRANDUCA: Fedia! Volete farmi scoppiare il cuore?

FEDIA: Scommetto che avete la gola riarsa. [gli offre il calice] La vostra Fedia è premurosa come sempre.

GRANDUCA: Non avevate null’altro da fare, stasera?

FEDIA: E come avrei potuto, sapendo di poter passare qualche ora insieme a voi? Mio passerotto burgundo…

GRANDUCA: Ma perché costei non si cerca qualcun altro?

FEDIA: Siete pronto a scatenarvi nelle danze in compagnia della vostra dama preferita?

GRANDUCA: Ferma lì! Non ballerei nemmeno in sogno, con voi.

FEDIA: Quanto più mi resistete, tanto più siete attraente.

GRANDUCA: Non so cosa mi trattiene dallo sbattervi fuori dal palazzo.

FEDIA: Forse perché in fondo mi volete bene?

GRANDUCA: Ah! Questa poi…

FEDIA: Vi vedo pallido, caruccio. Siete certo di star bene?

GRANDUCA: Sto benissimo. Io…

[Fedia gli balza addosso mettendogli una mano sul mento e costringendolo ad aprire la bocca]

FEDIA: Fate bene “Aaah”. Oh, che colorito…

GRANDUCA: Che colorito?!

FEDIA: [stirandogli le occhiaie] Oh, e che occhiaie! Povero, il mio caro! Ma dormite la notte?

GRANDUCA: Madama!

FEDIA: [tastandogli il polso] Come siete magro. Ma mangiate bene, almeno?

GRANDUCA: Ora basta! Sembrate mia madre!

FEDIA: Ecco, giusto! Quello che vi serve è la tisana che faceva mia madre: calma i nervi, scaccia le malattie e risveglia l’appetito. [lo afferra per la manica] Venite, andiamo in cucina che ve la preparo.

GRANDUCA: Ora basta! Lasciatemi! [furioso] Sparite dalla mia vista!

FEDIA: Uh, che modi! Poi, quando non riuscirete a muovervi dal letto dalla debolezza non venite a cercarmi. Ingrato!

GRANDUCA: Aria! Sciò! Via!

FEDIA: Attento, caruccio, che date spettacolo.

GRANDUCA: Sparite! [la caccia a calci]

[prima di uscire Fedia si volta e gli lancia un bacio]

GRANDUCA: Cielo, che tormento!

SCENA UNDICESIMA

Granduca e Lavinia

[entra Lavinia, furente]

LAVINIA: Cos’è questa storia, papà?

GRANDUCA: Che storia?

LAVINIA: Perché quell’idiota di Gorgolone va dicendo in giro che presto saremo sposati?

GRANDUCA: Perché stasera daremo l’annuncio ufficiale del vostro fidanzamento.

LAVINIA: E chi lo avrebbe deciso?

GRANDUCA: Io! E questo ti basti.

LAVINIA: Oh, grazie tante! Sono commossa dalla tua bontà e dall’amore che provi verso di me! Non vedevo l’ora che tutti sapessero che sto per sposare il cavernicolo più stupido di tutto il globo terrestre. Grazie!

[esce come una furia]

SCENA DODICESIMA

Granduca, Fidelio, Bettina e Monna Rita

[entrano Fidelio, Bettina e Monna Rita]

FIDELIO: Eccellenza, posso presentarvi due nobilissime dame?

GRANDUCA: Di chi si tratta?

FIDELIO: Ecco madama Bettina de’ La Filandera…

BETTINA: [s’inchina al Granduca] Onoratissima.

FIDELIO: …e Monna Rita Fiordiluni.

[il Granduca la guarda, e ne rimane molto colpito]

MONNA RITA: [s’inchina] Eccellenza, è un onore.

GRANDUCA: Oh… io… come mai non v’ho mai veduta per il paese, madonna?

BETTINA: Madonna si è trasferita da poco al piano superiore della mia abitazione.

MONNA RITA: È così. Prima abitavo in quel di Castelrosso.

GRANDUCA: Capisco…

BETTINA: Se c’è qualcosa che possiamo fare per voi non avete che da comandare, eccellenza.

GRANDUCA: Ecco io… non so se posso ardire…

BETTINA: Dite, avanti parlate!

MONNA RITA: Sarei lieto se voleste concedermi questo ballo, madonna.

BETTINA: [a Fidelio, piano] Oooh!

FIDELIO: [a Bettina, piano] Oooh!

MONNA RITA: [lo scruta con attenzione] Perché no? Certamente, eccellenza.

GRANDUCA: Mi fate un grande onore, madonna.

[il Granduca e Monna Rita escono]

SCENA TREDICESIMA

Fidelio e Bettina

BETTINA: Che colpo, Fidelio! Sono ancora tutta scossa.

FIDELIO: Non ho più visto quello sguardo da quando… beh, da quando è morta la Granduchessa.

BETTINA: Cupido ha fatto centro, su questo non c’è dubbio.

FIDELIO: Sì, ma… la vostra amica è disposta a ricambiare?

BETTINA: Questo temo sia un problema. Vedete, Rita è una donna indipendente, una di quelle donne “moderne”, che pensano di poter fare a meno degli uomini.

FIDELIO: Ahi ahi! Allora si è cacciato in un vicolo cieco.

BETTINA: È ciò che temo. Ma non abbiate timore, stiamo a vedere che accade, e poi nel caso penserò io a smuovere il cuore di quella donna di ferro.

FIDELIO: Siete sempre così ottimista, madama.

BETTINA: Così bisogna essere! C’è già abbastanza tristezza a questo mondo, per lasciarsi abbattere e passare il tempo a versare lacrime.

Ora, volete concedermi questo ballo?

FIDELIO: Con vero piacere.

[escono]

SCENA QUATTORDICESIMA

Gorgolone e Lavinia, poi Felice

[entra Lavinia, seguita da Gorgolone]

GORGOLONE: Lavinia cara, non fuggitemi!

LAVINIA: Smettetela di seguirmi! Vorrei restare un po’ sola.

GORGOLONE: Ma che dite? Non vi piace ballare con me? Non avete ammirato la mia leggiadria nella nobile arte della danza?

LAVINIA: Oh, certo… [al pubblico] Mi ha pestato i piedi così tante volte che ora sembrano due peperoni!

GORGOLONE: E poi tra poco verrà il gran momento, [sognante] il momento che attendo da così tanto tempo…

LAVINIA: Appunto! Basta già questo pensiero ad avvelenarmi il sangue, senza bisogno di vedervi di persona.

GORGOLONE: Oh, via. So che non pensate veramente quello che dite. Sapete che vi amo pazzamente, Lavinia.

LAVINIA: E la fanciulla che stavate sbaciucchiando poco fa nel sottoscala?

GORGOLONE: [sorpreso e imbarazzato] Eh? Ecco… ma no, di sciocchezze si trattava! Cose innocenti…

LAVINIA: Sicuro, lo immagino…

GORGOLONE: Io amo solo voi, dovete credermi. Voi e nessun’altra…

[entra Felice, travestito da cameriere]

FELICE: Desiderate da bere, signori?

GORGOLONE: Non ora. Lasciateci soli. [riflette un momento] Uhm… no, penso che berrò un po’ di vino.

FELICE: Per voi il migliore vino di Borgogna, messere. [gli porge il bicchiere]

GORGOLONE: Questo è parlare!

[mentre Gorgolone gusta il vino, Felice si accosta a Lavinia e le strizza l’occhio]

LAVINIA: Felice!

FELICE: Hai visto? Un camuffamento perfetto.

LAVINIA: Per fortuna che sei qui.

FELICE: Ho visto che questo ciccione ti stava importunando.

LAVINIA: Ecco, appunto. Toglimelo di torno!

FELICE: L’ho già fatto, mia cara. Basta aspettare qualche secondo…

GORGOLONE: [svuotato il bicchiere] Ah! Veramente delizioso. Un vero nettare… [cambia espressione] Oh, cielo!

LAVINIA: Che accade?

FELICE: Messere non si sente bene?

GORGOLONE: Io? No no… io… [tenendo una mano sullo stomaco] Io, ecco… Temo di dovermi allontanare qualche minuto… Ma torno subito, eh? Qualche minuto…

[scappa via]

LAVINIA: Ma cosa gli hai dato?

FELICE: Ho aggiunto al vino un filtro speciale che preparava mia zia Rosalina. Lo aiuterà a depurarsi molto profondamente…

LAVINIA: [ride] Ah ah! I bagni saranno occupati a lungo, allora.

FELICE: Appunto.

LAVINIA: Avevo proprio bisogno di rivederti. Mio padre sta accelerando i tempi del matrimonio.

FELICE: Ho appreso. Sapessi quanto mi fa rabbia!...

LAVINIA: Mi vuole cornuta e contenta, eh? Ah, ma io non ci sto! Piuttosto che sposare Gorgolone sono disposta a fuggire via con te! Fuggire, lontano da qui!

FELICE: Che dici? Spero non sia necessario.

LAVINIA: Oh, mi sento così confusa. Ho bisogno di prendere un po’ di fresca aria notturna. Ti prego, troviamoci tra poco sul terrazzo orientale.

FELICE: Sarò lì, mio amore.

[si scambiano un languido saluto e si allontanano ognuno da una diversa parte]

SCENA QUINDICESIMA

Granduca e Monna Rita

[entra Monna Rita, seguita dal Granduca]

MONNA RITA: Devo essere franca, eccellenza. Mi avete sorpresa.

GRANDUCA: Non sempre il cuore si attiene alle nostre moderne etichette, madonna.

MONNA RITA: Credete veramente in quello che mi avete detto poco fa?

GRANDUCA: Sì, Rita. Quando v’ho vista ho provato un’emozione in me sopita da molto, troppo tempo. Mi sono sentito rinascere. Ho sentito d’amarvi dal primo istante in cui i nostri sguardi si sono incrociati. Potete crederlo possibile?

[pausa]

MONNA RITA: Non siete uomo da burlarvi di una signora. Sì, lo credo.

GRANDUCA: Allora cosa rispondete alla mia umile confessione?

MONNA RITA: Eccellenza, ammiro la franchezza come la più grande virtù, ma in verità temo di non ricambiare il vostro sentimento. E vorrei essere io stessa a scegliere, se mai lo farò, l’uomo con cui dividerò il resto della mia vita.

GRANDUCA: Perché? Perché “se mai lo farò”?

MONNA RITA: Perché mi accorgo sempre di più di quanto gli uomini siano infidi e traditori, sempre attirati da qualche giovanetta. Quello che per noi donne il puro e invincibile sentimento d'amore, per voi non è che fumo, e fuoco di paglia.

GRANDUCA: Ma io non sarò così! Non lo sono mai stato! Io…

[Monna Rita lo zittisce con un gesto]

MONNA RITA: Eccellenza, non ho messo in dubbio la vostra onestà, ma che serve continuare? Avete avuto la mia risposta.

GRANDUCA: E come potrei accettarla, quando la vostra immagine mi danzerà davanti agli occhi ogni momento del giorno, ed è impressa qui, nel mio cuore?

MONNA RITA: Dimenticatela.

GRANDUCA: E in che modo?

MONNA RITA: Dimenticatela, vi dico. Per ora non posso, e non voglio essere vostra.

[esce]

SCENA SEDICESIMA

Granduca e Fidelio

[entra Fidelio]

GRANDUCA: Oh, Fidelio!

FIDELIO: Che vi succede? Non vi sentite bene?

GRANDUCA: No, purtroppo. Un male terribile mi divora.

FIDELIO: La signora Rita?

GRANDUCA: [sospira] Sì. Rifiutato come un cane rognoso. Che donna crudele!

FIDELIO: Via, pensate alle mille altre dame che affollano questa sala. Così belle, e che pregherebbero per ballare con voi.

GRANDUCA: Oh, non capisci! Una sola serata è bastata perché mi innamorassi per la seconda volta. E io ora sono pieno di lei, e nessun’altra potrebbe darmi la stessa dolcezza.

Ah, che sventura amare e non essere amati!

[pausa]

Almeno si annunci il fidanzamento di mia figlia, così che possa andare a dormire.

FIDELIO: Temo che questo sarà difficile.

GRANDUCA: Perché?

FIDELIO: Messer Gorgolone è rinchiuso in bagno da diverso tempo. Ha… come dire… problemi di stomaco…

GRANDUCA: Cosa? Fatelo uscire! Adesso!

FIDELIO: Non è nelle condizioni per farlo…

GRANDUCA: Idiota! Idiota!

FIDELIO: Credo che dovremo rimandare.

GRANDUCA: Ah! Tutto va storto questa sera!

FIDELIO: Mi dispiace, eccellenza.

GRANDUCA: Fa’ passare tutti gli ospiti sul terrazzo. Che inizino i fuochi d’artificio.

FIDELIO: Come ordinate. E voi?

GRANDUCA: Voglio restare un po’ solo.

FIDELIO: Va bene.

[Fidelio s’inchina ed esce]

[il Granduca prende una sedia e vi si accomoda con la testa fra le mani]

SCENA DICIASSETTESIMA

Granduca, Triconeus e Boris

[musica: Prokofiev, Romeo e Giulietta – Danza dei coltelli]

[il Granduca resterà solo in scena con la musica per qualche secondo prima che entri Triconeus; la musica sfuma solo quando il mago sarà accanto alla sedia]

[Triconeus entra dal fondo, seguito da Boris, e inscenano un breve balletto; poi Triconeus si avvicina al Granduca]

TRICONEUS: Eccellenza…

GRANDUCA: [sorpreso, voltandosi di scatto] Chi è là?

TRICONEUS: Perdonate, eccellenza.

GRANDUCA: Chi siete?

TRICONEUS: Il mio nome è Triconeus.

GRANDUCA: [indicando Boris] E quello?

TRICONEUS: Boris, il mio umile servitore. È muto dalla nascita, poveretto.

[il Granduca scruta Triconeus]

GRANDUCA: Non ricordo d’avervi invitato.

TRICONEUS: E infatti è così.

GRANDUCA: Ma allora come siete entrato?

TRICONEUS: Scoprirete, eccellenza, che ci sono molte cose che io posso. Ad esempio, posso scorgere nel vostro viso delusione e amarezza, e posso aiutarvi.

GRANDUCA: Siete forse un medico?

TRICONEUS: Oh, no. Sono un mago.

GRANDUCA: Oh, questa è bella! [ride]

TRICONEUS: Perché ridete?

GRANDUCA: Non ho mai creduto troppo alla magia.

TRICONEUS: E avete fatto male.

GRANDUCA: Ci sono troppi truffatori in giro.

TRICONEUS: È vero, ma esistono anche i veri maghi. E io sono uno di quelli.

GRANDUCA: Mi sembra un’affermazione forte.

TRICONEUS: Sono giunto a Nole attirato dalla fama del vostro illuminato governo. I miei servigi potrebbero esservi di grande aiuto.

GRANDUCA: Non vedo come. Non ho bisogno di astrologi di corte.

TRICONEUS: Astrologia? [ride malignamente] Ah ah ah! Mi fate offesa, eccellenza. Queste sono arti servili e sciocche. Io parlo di vera magia.

Lasciatevi guardare. Vedo nel profondo dei vostri occhi una figlia che vi dà preoccupazione… Ama un altro e rifiuta la vostra volontà…

GRANDUCA: Come vi permettete di…?

[Triconeus lo zittisce con un gesto]

TRICONEUS: E vedo anche una donna… e un rifiuto… Non è così? [imperioso] Ditemi!

GRANDUCA: [confuso] Sì…

TRICONEUS: Ogni resistenza è vana. Non c’è anima che possa sfuggire al mio sguardo indagatore.

Ma ecco il mio grande potere: io posso creare l’amore là dove amore non c’è. I miei filtri sono famosi in tutto il mondo conosciuto.

GRANDUCA: Cosa dite? Voi…

TRICONEUS: [lo zittisce] Io posso.

Ma c’è dell’altro… un segreto desiderio che vi opprime… che non siete mai riuscito a soddisfare…

GRANDUCA: Cosa?...

TRICONEUS: Siete un uomo molto generoso, lo vedo bene, ma nello stesso tempo vorreste essere il più ricco, vivere nello splendore e nella ricchezza, ammirato da tutti i governanti vicini. Eppure le ricchezze sono misere, e il denaro mai abbastanza. Dite, non è così?

GRANDUCA: [come soggiogato dal fluido del mago] Io… ecco… sì…

TRICONEUS: E se foste ricco, magari potreste sottrarre vostra figlia allo sciagurato matrimonio d’interesse che avete in mente. Non è vero?

GRANDUCA: È così. Se fossi ricco…

TRICONEUS: E allora inchinatevi alla grandezza di Triconeus. Io posso farvi smisuratamente ricco.

GRANDUCA: Cosa dite?

TRICONEUS: Io posso moltiplicare l’oro, eccellenza. È un mio metodo specialissimo. Non è vero, Boris?

[Boris risponde con un mugugno abbassando la testa]

GRANDUCA: Che sciocchezza! Se fosse vero sareste l’uomo più ricco al mondo, e non verreste certo da me.

TRICONEUS: [ride malignamente] Ah ah! Perdonate, ma non siete pratico di arti magiche, e non sapete che ogni incantesimo ha i suoi limiti invalicabili. La magia di moltiplicazione non ha effetto sull’oro che possiede chi compie l’incantesimo.

GRANDUCA: Dunque voi non potreste fare niente.

TRICONEUS: È così.

GRANDUCA: Ma perché siete venuto proprio da me a offrire un simile prodigio?

TRICONEUS: Ve l’ho detto, perché siete un uomo generoso. Sapete, la maggior parte degli esseri umani è avida, e ho già commesso una volta l’errore di affidare i miei servigi a un individuo smisuratamente avido, che invece di ricompensarmi voleva trasformarmi nel suo schiavo perché continuassi a moltiplicare oro all’infinito. Ma so che con voi non sarà così.

GRANDUCA: Se quello che dite è vero, sareste un miracolo mandato dal Cielo.

TRICONEUS: Non esageriamo, diciamo che sono il mago più potente del mondo. [ride malignamente] Naturalmente, eccellenza, mi aspetto di essere ricompensato bene per il mio servigio.

GRANDUCA: Lo sarete di certo… ma vorrei prima avere una dimostrazione del prodigio, se permettete.

TRICONEUS: Naturale, naturale. E Triconeus vi darà la dimostrazione che volete, se sarete così gentile da offrire un tetto per me e il mio assistente Boris.

GRANDUCA: Sarà fatto. Darò ordine d’alloggiarvi nell’ala degli ospiti.

TRICONEUS: Siete troppo buono, eccellenza.

GRANDUCA: [raggiante, alzandosi] Triconeus, il vostro arrivo mi dà speranza e mi risolleva dal grigiore di questa serata. Se siete chi dite di essere, potrò ben dire che il vostro incontro è stata una gran fortuna per me e per tutto il granducato.

TRICONEUS: Così sarà, non ve ne pentirete.

GRANDUCA: Ho gran desiderio di vedere i fuochi d’artificio. Venite, Triconeus, raggiungiamo gli altri ospiti sulla terrazza.

TRICONEUS: Siamo subito dietro di voi.

[il Granduca esce]

[Boris si avvicina a Triconeus]

TRICONEUS: È certamente vero che l’esperienza ci rende abili, ma ogni volta è facile come la prima volta, non è vero, Boris?

[Boris assentisce col capo e sogghigna in maniera spettrale]

Vedrà il Granduca che il mio potere è ben diverso da quel che lui crede, eppure ugualmente potente.

E le stelle saranno testimoni di un’altra vendetta, qui a Nole. Sì, vendetta!

[ridono forte e malvagiamente, avviandosi verso l’uscita]

[musica: Romeo e Giulietta – Danza dei coltelli (conclusione)]

Cala il sipario

Atto Secondo

***Il giorno seguente***

Si alza il sipario

PRELUDIO BALLATO

Stanze di Triconeus

 [danza di Triconeus e Boris: Verdi - Dies Irae]

SCENA PRIMA

Triconeus, Boris, Granduca, Fidelio e Gorgolone

[Triconeus e Boris si affaccendano a terminare i preparativi; si sente bussare, e Boris va alla porta; ritorna subito dopo]

TRICONEUS: I nostri ospiti sono arrivati?

[Boris assentisce]

Bene, falli entrare. [al pubblico] Che inizi lo spettacolo!

[entrano il Granduca, Fidelio e Gorgolone]

TRICONEUS: Benvenuto, eccellenza. Tutto è pronto per l’esperimento.

GRANDUCA: Bene, Triconeus. Fidelio e messer Gorgolone sono qui per assistere con me.

TRICONEUS: Certamente, c’è posto anche per loro.

GRANDUCA: Ho portato le quattro monete d’oro, come avete richiesto.

TRICONEUS: Eccellente! Sono quattro, non una di più non una di meno?

GRANDUCA: Sono quattro, non una di più, non una di meno.

TRICONEUS: Tra poco avrete tra le vostre dita otto monete d’oro, non una di più e non una di meno.

GORGOLONE: [a Fidelio] Ma io non ho ancora capito cosa devo fare.

FIDELIO: [a Gorgolone] Dovete star qui e osservare che non accada nulla di strano. Questo mago non mi convince del tutto.

GORGOLONE: [a Fidelio] Ma che dite? Ha così una faccia simpatica…

FIDELIO: Oh, che cretino!

TRICONEUS: Ora metterò le monete nel calderone.

FIDELIO: Permettete, messere, che dia un’occhiata?

TRICONEUS: Fate, fate pure. Io non nascondo nulla. [rivolta il calderone] Osservate; esso è vuoto. Non è così?

FIDELIO: [tocca l'interno del calderone] Sì, è vuoto.

TRICONEUS: Ora metterò le monete che mi ha dato il Granduca. Contate con me: uno... due... tre... quattro. Fin qui ci siamo?

GRANDUCA: Procedete.

TRICONEUS: Ora vi prego di fare attenzione. Boris, cominciamo!

[musica: Verdi, Aida – Danza dei piccoli schiavi mori (ultimi 30 sec ca.)]

TRICONEUS: Tutto è compiuto! Venite, Fidelio, prendete voi stesso il contenuto del calderone.

[Fidelio estrae dal calderone otto monete d'oro]

GRANDUCA: Quante sono, Fidelio?

FIDELIO: Sono otto monete, eccellenza.

[si avvicina al Granduca, e le osservano]

TRICONEUS: [al pubblico] Vedere e credere ciò che non è. Questo gioco di prestigio ha un mirabile effetto sul debole animo degli uomini.

GRANDUCA: [a Fidelio, piano] Sono in tutto e per tutto uguali a quelle che gli abbiamo dato.

FIDELIO: [al Granduca, piano] Questo prova che sia abile, non che sia un mago, eccellenza. Se, con il vostro permesso, potessi compiere un'ispezione...

GRANDUCA: [a Gorgolone] Voi, Gorgolone, avete visto qualcosa di strano?

GORGOLONE: Eccellenza no. Assolutamente.

TRICONEUS: Ci sono motivi per dubitare della mia buona fede?

Via, a che scopo dovrei ingannarvi? Per impossessarmi dei vostri tesori?

FIDELIO: [piano] Forse...

TRICONEUS: Davvero potete credere che abbia messo in piedi una simile commedia per riuscirci?

Sono capace di distillare sonniferi e potenti acidi: con i primi avrei potuto eliminare ogni resistenza delle vostre guardie, con i secondi forzare qualsiasi porta e cassaforte. E avrei potuto farlo senza che ci fossimo mai visti. Perché allora avrei dovuto presentarmi da voi?

In tutta onestà vi chiedo di fidarmi di me. Vi fidate, eccellenza? Vi fidate?

GRANDUCA: [come soggiogato dal fluido del mago] Eh... io... sì, certo. Via, Fidelio, basta con queste insinuazioni. Triconeus gode della mia più ampia fiducia.

Ho visto di cosa siete capace, Triconeus. Pensate di poter replicare l'esperimento con i tesori del granducato?

TRICONEUS: Senza dubbio. Portateli a me, e quanto è vero il cielo questa notte vedrà raddoppiare le vostre ricchezze.

GRANDUCA: Bene. Così sia fatto.

FIDELIO: Ai vostri ordini, eccellenza.

GRANDUCA: E ora andiamo tutti, molte cose vanno preparate.

[tutti escono, tranne il Granduca che si trattiene]

SCENA SECONDA

Granduca e Triconeus

[ il Granduca si avvicina a Triconeus]

GRANDUCA: Sentite, Triconeus…

TRICONEUS: Sono ai vostri ordini, eccellenza.

GRANDUCA: Mi avete detto, se non sbaglio, che sapete preparare filtri d’amore.

TRICONEUS: È così. I miei elisir sono potenti ed efficaci. [lo scruta sornione] Volete quella donna a tutti costi, eh?

GRANDUCA: Ecco, io… ebbene sì. Sento che è la donna del mio cuore. L’unica degna di sostituire la mia defunta moglie.

TRICONEUS: Pensate che la magia possa essere una soluzione giusta?

GRANDUCA: Penso che, se non riesco a farle mettere ragione col sentimento, allora mi vedo costretto a ricorrere a qualcosa di più efficace. Ma dei problemi di etica mi occupo io, voi pensate all’elisir.

TRICONEUS: Farò come comandate. Credo che sarà pronto per questa sera.

GRANDUCA: Ottimo. Sarete adeguatamente ricompensato, messere.

TRICONEUS: Non ne dubito, eccellenza.

GRANDUCA: [sta per uscire, fra sé] Conviene intanto che metta la pietra tombale sulle fantasie di mia figlia con quel Felice. Mi hanno detto di aver visto quello scioperato aggirarsi poco fa vicino alle sue stanze.

Intendo accelerare i tempi; è ora che questo matrimonio si faccia. E si farà come dico io! Ora andrò subito dal notaio.

Così, almeno, festeggerò in un sol tempo le nozze di mia figlia… e le mie.

[il Granduca esce]

SCENA TERZA

Triconeus, Boris e Gorgolone

[Boris entra mugugnando qualcosa]

TRICONEUS: Eh? C’è ancora qualcuno? Fallo passare.

[entra Gorgolone]

TRICONEUS: [al pubblico] Ah, lo scemo di corte. [a Gorgolone, cordiale] Messere Gorgolone, giusto?

GORGOLONE: Proprio così. Lasciate che mi inchini alla vostra potenza. [s’inchina]

TRICONEUS: Fate, fate. Inchinatevi.

[Gorgolone si sbilancia e gli cade addosso]

GORGOLONE: Oh! Perdonate, messere. Sono mortificato!

TRICONEUS: Non fa nulla… Incapace.

GORGOLONE: Per quanto riguarda la mia visita…

TRICONEUS: Dite, dite…

GORGOLONE: Ecco io speravo che voi…

TRICONEUS: Dite, dite…

GORGOLONE: Non che si potesse…

TRICONEUS: Dite, dite…

GORGOLONE: Considerata la situazione…

TRICONEUS: Dite…

GORGOLONE: Però se non volete…

TRICONEUS: Ma insomma, parlate!

GORGOLONE: [tutto d’un fiato] La duchessina il mio cuore possiede, ma con disdegno mai si concede, ora io chiedo la vostra immensa e ben suprema arte per un filtro che d’un lampo e senza parte la mi possa alfin soggiogare… [prende fiato] ed ecco posso respirare!

TRICONEUS: Va bene. Sarà pronto entro stasera.

GORGOLONE: [abbraccia il mago con foga] Oh, Grazie! Grazie, messere! Grazie infinite!

TRICONEUS: Aiut… Lasciatemi! Sto soffocando! Aiuto, Boris!

[Boris arriva alle spalle di Gorgolone e gli stringe la mano accanto al collo]

GORGOLONE: Ahiaaa!

TRICONEUS: Uff… [si annusa i vestiti] Bleah!

GORGOLONE: Come potrò ricompensarvi, o ottimerrimo Triconeus?

TRICONEUS: Imparando a parlare. Mi accontenterò di seicento ducati.

GORGOLONE: Seicento? Mi pare tantino…

TRICONEUS: Volete questo elisir o no?

GORGOLONE: Sì sì, certo. Sono certo che sono soldi ben spesi. [prende il sacchetto con le monete e dà il pattuito a Triconeus]

TRICONEUS: [prendendo il denaro] Non sapete neanche quanto… [si rigira fra le mani l’oro] Ora lasciatemi lavorare. Boris, accompagnalo fuori.

GORGOLONE: [mentre viene accompagnato fuori da Boris] Siate benedetto e sempre venerato, o sublime Triconeus. Vi farò una pubblicità così grande che non potete neanche immaginare.

TRICONEUS: [con indifferenza] Sì, sì…

[Gorgolone esce]

TRICONEUS: [a Boris] Vieni, andiamo a prendere il necessario per gli elisir.

[escono]

[buio: la luce illumina solo i personaggi]

SCENA QUARTA

Granduca e Lavinia

[entra il Granduca; Lavinia lo insegue correndo]

LAVINIA: [sconvolta] Fermati! Fermati, perdio! [gli blocca il passo]

GRANDUCA: Non dare scenate!

LAVINIA: Come potrei, se mi hai appena messo un cappio intorno al collo? Tu, mio padre!

GRANDUCA: Non essere ridicola. Il notaio sta stendendo il contratto di matrimonio tra te e Gorgolone. Stasera stessa lo firmerete, così che entro una settimana potremo infine celebrare le nozze.

LAVINIA: Ah, despota! Tiranno! Tu mi vuoi uccidere!

GRANDUCA: [stizzito] Basta, smettila! Sono stanco delle tue scenate. Tu sposerai Gorgolone!

[esce]

LAVINIA: [sconvolta] Ah! Oh, Dio! Oh, Dio, aiutami!

[esce piangendo dalla parte opposta]

SCENA QUINTA - BALLETTO

Triconeus e Boris

[preparazione dei filtri]

[musica: Peer Gynt – Nell’antro del re della montagna]

SCENA SESTA

Triconeus, Fedia e Boris

[entra Fedia]

FEDIA: C’è nessuno? Messer Triconeus? [si guarda attorno; poi, al pubblico] Beh, vedete, io non credo molto a queste cose. Però mi hanno detto che questo mago sappia preparare anche filtri d’amore. Io, insomma… non è che… Insomma, vorrei che il Granduca mi amasse spontaneamente, per quello che sono. Ma è così testardo, fa tanto il prezioso. Si vede lontano un miglio che soffre tantissimo da quando ha perso la moglie. Non sono tanto bella, lo so, ma modestamente ho tante virtù. Sarei una sposa fedele, leale, operosa, saprei coccolarlo e consigliarlo. [affranta] Come vorrei non essere costretta a questo!

[entra Triconeus già parlando, seguito da Boris; entrambi reggono nelle mani ampolle e alambicchi]

TRICONEUS: …credevo che il Granduca fosse meno credulone, ma vedo che è come tutti gli altri, [a Boris] non sei d’accordo?

[Boris assentisce con un mugugno]

Immaginati la faccia di quello stupido di Gorgolone quando scoprirà che l’imbroglio? [ride] Ah ah! Quanto godrei a vederla! Il Granduca mi fa un po’ più pena, così triste e severo, ma anche lui ci ha dato corda, ed è bene che soffra come gli altri.

Ho avuto indubbiamente buon gusto con questi elisir. Per Gorgolone essenza di lavanda e ortiche. Per il Granduca… direi…

[Boris mugugna qualcosa]

No no, per lui ho scelto il timo. Così almeno gli sarà più facile… ingoiare il rospo, [ride malignamente] ah ah! Forse conviene aromatizzarlo con un poco di cannella, per un tocco di esotismo.

[Fedia, che fino a quel momento si è tenuta in disparte a osservare e ascoltare, fa un movimento brusco e viene vista da Boris]

TRICONEUS: Chi è? [a Boris] Fermala! Non deve scappare!

[Fedia tenta la fuga, ma Boris la raggiunge e la immobilizza, trascinandola verso Triconeus]

FEDIA: Lasciatemi! Non si tratta così una signora!

TRICONEUS: [guardando in viso Fedia] Cielo, che brutta faccia.

FEDIA: Mi fate male! Lasciatemi!

TRICONEUS: [a Fedia] Devo presumere che abbiate ascoltato tutto, madama…?

FEDIA: Fedia. Ma vi giuro che non è vero, non ho potuto sentire nulla, ero lontana e…

TRICONEUS: Menzogna. Perché siete entrata senza avvertire? Ora mi mettete in una spiacevole situazione.

FEDIA: Voi non siete un mago, siete un ciarlatano!

TRICONEUS: Davvero perspicace, [a Boris] non trovi, Boris?

FEDIA: Aspettate che lo sappia il Granduca. Vi farà arrestare e gettare in galera.

TRICONEUS: Oh, ma il Granduca non lo saprà. [minaccioso] Non certo da voi.

FEDIA: Che volete farmi?

TRICONEUS: Nulla, se vi comporterete bene. [a Boris] Boris, lasciala. [a Fedia] Da questo momento siete mia ospite e la vostra mobilità è limitata ai miei appartamenti.

FEDIA: Questo è rapimento!

TRICONEUS: Chiamatelo come volete. Ma non preoccupatevi, non starete qui per molto. Conto di andarmene entro stanotte.

FEDIA: Quando vi avranno portato tutto l’oro granducale, non è vero?

TRICONEUS: Esatto.

FEDIA: Siete solo un volgare ladro!

TRICONEUS: [ride] Ah ah! Un ladro, io? È questo che credete?

FEDIA: Un ladro! Un lestofante! Un imbroglione!

TRICONEUS: [improvvisamente serio] Dite, madama, avete mai perso qualcuno che amavate?! Eh?! [pausa] A me è successo!

FEDIA: Io non...

TRICONEUS: Mia moglie! [ritorna con la mente al passato] Era la donna più dolce che avessi mai conosciuto, un angelo sulla terra…

Aveva la febbre, si sentiva debole e spossata. Io sono un farmacista sapete? Avevo provato tutti i possibili decotti; nulla, non erano serviti a nulla. Allora – maledizione a quel momento! – mi venne in mente lui.

FEDIA: [spaventata] Lui?

TRICONEUS: Lui! Un ciarlatano, un mentecatto che si spacciava per mago che aveva messo bottega nel nostro villaggio. Voi ci sareste andata? Beh, io lo feci.

Era così suadente, così gentile… Come si poteva non dargli fiducia?

Mi diede un decotto. Ricordo ancora benissimo, qui, davanti ai miei occhi quel sorriso ispirato dal Diavolo in persona: “Vedrete che domattina starà molto meglio”. [pausa; truce] Quella stessa notte il mio angelo consegnò la sua anima a Dio.

[Fedia si siede, sgomenta]

La mia credulità l'ha uccisa. Mi sono fidato di quel buffone, e l'ho uccisa!

[pausa]

Vedete, in quei momenti di disperazione ho avuto modo di riflettere. E ho pensato che gli uomini hanno sempre creduto in falsi dèi; devono farlo. Si augurano che il passaggio di una cometa possa farli più ricchi, o che il canto di un gufo porti sventura. Gli uomini sono stupidi.

FEDIA: Non capisco…

TRICONEUS: Pensateci bene. Gli uomini proclamano a tutti i venti la loro infallibilità, le loro qualità e virtù. Dicono d’essere al di sopra degli animali – talvolta anche di Dio – perché possiedono la ragione. Si vantano d’avere scoperto le leggi della natura e del cosmo, e poi…

E poi, sfogliano gli oroscopi e dicono di non crederci, si fanno leggere le mani e dicono di non crederci, credono di poter vedere il futuro scoprendo delle misere carte… Questa io chiamo la nebbia della ragione. Ed io mi infilo in questa nebbia e agito una grande lampada colorata. E sapeste quanti dispersi, attirati dalla lampada, vengono a me!

FEDIA: Ma voi l’ingannate! Voi siete un imbroglione! La colpa è vostra, non loro.

TRICONEUS: Oh, no, mia cara. Se io sedessi su una pietra al bordo di una strada, senza muovere un muscolo, appena respirando, verrebbero a me lo stesso. Perché, come ho detto, gli uomini sono stupidi.

E io ho deciso di giocare con la loro stupida superstizione. Così ho detto: che se avessi dovuto ricevere una moneta d'oro per ogni ingenuo, sciocco, credulone che c'è a questo mondo sarei divenuto immensamente ricco.

FEDIA: È per i soldi che lo fate? Solo per i soldi?

TRICONEUS: Vedo che non mi avete seguito. Non è per il vile denaro. Il denaro non ha anima, non ha emozione. Io lo faccio per vendetta; per il puro e spietato piacere di vendicarmi.

Raggiungo le mie vittime, li circuisco, li alletto, finché li stringo nel mio pugno, e allora li stritolo, lasciandoli nudi in mezzo al fango.

FEDIA: Parlate come un mostro!

TRICONEUS: Solo in quel momento – forse – assaggiato il sapore della melma, comprendono davvero d’essere colpevoli d’una colpa infame.

FEDIA: Oh, ma ascoltatevi! Siete un sadico ladro!

TRICONEUS: Io lusingo, tradisco e abbandono. Inquisisco, giudico e castigo.

FEDIA: Non capisco se siete un pazzo o se credete davvero di agire per il meglio.

TRICONEUS: Naturalmente tutto si può dire, tranne che sia folle. Cosa c’è di più perfetto dell’inganno della moltiplicazione dell’oro? Sapeste quanti prima del Granduca ci sono già cascati, e quanti ancora ci cascheranno.

E quanto ad agire per il meglio, se la colpa è infamante dev’essere infame anche il castigo.

[si mette le mani alle tempie]

Ma ora sono stanco di parlare con voi. Devo terminare i miei filtri. Boris, chiudila nell’altra stanza.

FEDIA: Come nell’altra stanza?

TRICONEUS: Vi ho detto che siete mia prigioniera. Non vorrete certo che qualcuno vi veda?

FEDIA: No, vi prego! Non dirò nulla, starò buona. [a Boris] Via, voi! Tenete giù le mani.

TRICONEUS: [seccato] Quante storie.

[Fedia viene trascinata fuori da Boris]

TRICONEUS: [verso le quinte] Assicurati che non possa saltar giù dalla finestra!

[esce nella stessa direzione]

[buio]

[musica: German Dances, KV 605 No. 3 in C]

[i personaggi entrano, e la luce illumina solo loro]

SCENA SETTIMA

Felice e Fidelio

FIDELIO: È come un bruscolino nell’occhio, che tanto fastidio dà quanto difficile è da scacciare. Quel mago, quel Triconeus…

FELICE: Non vi piace, vero?

FIDELIO: Fin dal primo momento. Qualcosa in lui non mi ha mai convinto del tutto. E tuttora sento una strana agitazione dentro di me.

FELICE: Vi capisco. Neanch’io sono riuscito a capire questa infatuazione per lui, e come il Granduca stesso, che io ritengo una persona intelligente, abbia potuto dargli retta.

FIDELIO: Non si potrà mai capire la logica profonda del comportamento umano. Forse perché, semplicemente, non c’è una logica. [sospira, pausa] Quel che conta, è che c’è la possibilità di porvi rimedio. Se questo Triconeus è un impostore, noi dobbiamo scoprirlo prima che la rovina si abbatta su di noi. Il Granduca ha ordinato di portare nelle sue stanze tutto l’oro dell’erario. Se quell’oro sparisse, sarebbe la fine per il granducato e per lo stesso Granduca.

FELICE: Cosa proponete, allora?

FIDELIO: Dobbiamo introdurci nel suo laboratorio. È l’unico modo. Ma se anche Triconeus uscisse, c’è sempre quel suo assistente…

FELICE: Ho l’idea. Bisogna travestirsi!

FIDELIO: Travestirsi? Come?

FELICE: Mi è venuto in mente qualcosa. Ormai sto diventando pratico di travestimenti. Venite, vi spiegherò…

[escono]

[musica: German Dances, KV 605 No. 3 in C – conclusione]

SCENA OTTAVA

Triconeus e Boris

TRICONEUS: [a Boris] Boris, io esco. Il Granduca mi ha invitato per cena. Che seccatura! Tieni gli occhi aperti e controlla la nostra… ospite.

[Boris assentisce e mugugna]

Torno presto.

[esce]

SCENA NONA

Boris, Felice e Fidelio, poi Fedia

[bussano; Boris va ad aprire]

[entra Felice, travestito da cameriera]

FELICE: Buonasera, buon uomo. Buonasera a voi.

[Boris gesticola perplesso]

Sono Amalia, la donna delle pulizie. Mi hanno mandata a spolverare queste stanze.

[Boris cerca di mandarlo via]

Oh, che scortesia! Ma di che avete paura? Non toccherò nulla.

[Boris insiste]

Su, su, mettetevi qui seduto [lo accompagna a una seggiola] e non preoccupatevi, farò in un attimo. Non vedete che disordine, che confusione?

[Boris fa per alzarsi]

[Felice lo siede di forza] Sedete qui, ho detto. Ci vorranno pochi minuti.

Ma vedo che avete l’aria stanca.

[Boris gesticola perplesso]

Sì, proprio così! Non vi siete accorto di che occhiaie avete? Dovete riposare un poco, date retta a me. Mettetevi bene disteso, così. Ecco. Ora Amelia vi canterà una bella ninnananna.

[canta] Dormi bambino,

dormi tesor,

la cara Amelia ti cullerà.

Dormi tesoro,

dormi bambin,

sì che l’inganno si compirà.

[Boris cade addormentato]

Dormi bene, eh eh.

[va verso la porta]

FELICE: [verso l’esterno, piano] Fidelio! Pssst! Entrate, ma fate piano.

[Fidelio entra]

FIDELIO: [notando Boris addormentato, piano] Ma come avete fatto?

FELICE: [piano] Eh eh, segreto…

[muovono verso il proscenio]

FIDELIO: Ho preso accordi con il capocameriere; tratterrà Triconeus per tutto il tempo che sarà necessario.

FELICE: Ottimo.

FIDELIO: Dividiamoci. Cerchiamo qualunque cosa strana o sospetta.

FELICE: Va bene. Io vado di là.

FIDELIO: E io di qua.

[Felice fa per muoversi]

Ah…

[Felice si ferma]

…ricordate: Shhht!

FELICE: [lo imita] Shhht!

[si separano e perlustrano la stanza; di tanto in tanto Boris russa, spaventando a morte Fidelio che teme possa risvegliarsi]

[a un certo punto Felice si avvicina alla porta che conduce nell’altra stanza]

FELICE: [piano] Fidelio!

FIDELIO: [piano] Che c’è?

FELICE: [idem] Vado a vedere cosa c’è di là.

FIDELIO: [idem] Va bene, ma ricordate…

[all’unisono]

FELICE: Shhht!

FIDELIO: Shhht!

[Felice esce; si sente un gridolino, e dopo pochi istanti Felice rientra, seguito da Fedia]

FIDELIO: Fedia!

[all’unisono]

FELICE: Shhht!

FEDIA: Shhht!

[i tre muovono verso il proscenio]

FIDELIO: Che cosa ci fate qui?

FEDIA: Oh, grazie. Pensavo che non avrei più visto facce amiche.

FELICE: Siete stata rapita?

FEDIA: Diciamo trattenuta…

FIDELIO: E perché mai?

FEDIA: Vedete, ero entrata per… per commissionare a Triconeus un… alcune cose… e per caso ho udito… l’ho sentito…

FELICE: Cosa avete sentito?

FEDIA: Insomma, non esiste nessuna moltiplicazione dell’oro, è tutto un gioco di prestigio.

FIDELIO: Ecco confermati i miei sospetti!

FELICE: Quel Triconeus!... È un volgare ladro!

FEDIA: Oh, no, lui non lo fa per soldi.

FELICE: Cosa?

FEDIA: È stata una lunga confessione: aveva una moglie, e le voleva un gran bene. Ma poi lei morì per causa di uno di quei cialtroni che si fingono maghi. E da allora lui vuole vendicarsi, non dei ciarlatani, ma degli uomini che si fanno imbrogliare.

FIDELIO: Che sciocchezza! Cosa spera di ottenere?

FEDIA: È un uomo così triste, e così solo…

FELICE: Ma è anche un ladro. Andremo a chiamare le guardie, e il tribunale deciderà di lui.

FEDIA: Oh, no, vi prego! Non fatelo.

FIDELIO: Perché? Cosa vi prende?

FEDIA: Sì, ecco io… ho visto del buono in Triconeus. Vorrei provare, se posso, a cancellare dalla sua mente l’odio che prova per il mondo e fargli smettere i suoi piani truffaldini.

FIDELIO: Ma, madama…

FELICE: Vi potrebbe usare come ostaggio.

FEDIA: Non temete, non mi farà del male. O almeno lo spero. [pausa] Concedetemi del tempo, vi scongiuro. Lasciate che parli con lui. Proverò a redimerlo.

FELICE: Siete convinta di quello che dite?

FEDIA: Pienamente convinta. Non ho mai avuta una certezza più grande.

FIDELIO: E va bene. Tentate.

FELICE: C’è qualcos’altro che non ci avete ancora detto, madama?

FEDIA: Oh, sì. Triconeus ha preparato due filtri d’amore che gli sono stati commissionati.

FIDELIO: Da chi?

FEDIA: Uno da Gorgolone per Lavinia…

FELICE: Questa poi!

FEDIA: …e l’altro… ohimè, l’altro dal Granduca per quella smorfiosa di Monna Rita.

FIDELIO: Che sento!

FEDIA: Li ha consegnati poco fa, dicendo loro di non usarli fino a domani.

FELICE: Penso che questa notizia interesserà molto a Lavinia…

FIDELIO: …e anche a madama Rita, presumo.

FELICE: Quando ha intenzione di partire Triconeus?

FEDIA: Stanotte, col favore delle tenebre.

[Boris russa e si risistema nel giaciglio]

FIDELIO: Andiamocene di qui, prima che quell'altro si risvegli.

FELICE: Sono d’accordo. Allora non verrete, madama?

FEDIA: No, io resto.

[pausa]

FELICE: Come volete.

FIDELIO: Manderò i giardinieri qui nei pressi, così che se avrete bisogno potranno udire un vostro grido, e noi manderemo subito le guardie.

FEDIA: Siete molto cari. Ma ora andate, prima che vi scoprano.

FELICE: A presto!

[Fidelio e Felice escono; Fedia sospira ed esce dalla parte opposta]

[buio]

[musica: Deutsche Tanz KV 586 No. 12 in C]

[i personaggi entrano, e la luce illumina solo loro]

SCENA DECIMA

Monna Rita e Bettina

BETTINA: Ma è meraviglioso! È fantastico!

MONNA RITA: Non gridate troppo, vi prego.

BETTINA: Perdonate, ma non riesco a nascondere la mia felicità. E come è maturato un simile cambiamento in un solo giorno appena?

MONNA RITA: La notte, amica mia. La notte che parla direttamente all’anima. E due notti insonni mi hanno permesso di riconoscere la verità.

[pausa]

Lo devo ammettere, non sono più la stessa dopo il ballo.

BETTINA: È una gran cosa, madonna.

MONNA RITA: Sì, ma tutti i miei discorsi? L’indipendenza, il godersi la vita… Come sono stata sciocca!

BETTINA: Niente affatto. L’avete detto voi, quando fosse arrivato l’uomo giusto vi sareste arresa. Non è forse accaduto questo?

MONNA RITA: Sì, è vero.

BETTINA: E allora gioite di Amore, che vi ha finalmente raggiunto. Dovete cantare e ballare! Siate felice! E dovete subito dirlo a lui, naturalmente.

MONNA RITA: Lo farò senza indugio.

BETTINA: Ne sarà immensamente contento, credetemi.

[la trascina via; escono]

[buio: si cambia la scena]

[musica: German Dances, KV 600 No. 5 in C]

SCENA UNDICESIMA

Camera di Lavinia

Felice, Lavinia, Fidelio, Monna Rita e Bettina

FELICE: …e questo è tutto.

BETTINA: Che scandalo!

LAVINIA: Questa poi! Ricorrere a mezzucci così infimi! E sì che da quell’imbecille di Gorgolone me lo sarei aspettato, ma da mio padre proprio no!

FIDELIO: Eppure è così. Una delle cameriere mi ha confermato di aver visto il Granduca entrare nel laboratorio di Triconeus e uscirne con un’ampolla. Subito dopo è passato anche messer Gorgolone.

LAVINIA: Però a me sembra che con quello che sappiamo si potrebbe giocare qualche tiro birbone… e anche prendersi una rivincita. Oh, sì!

FELICE: Che vuoi dire?

FIDELIO: Che se tutto va come la mia mente sta immaginando presto i veti di mio padre svaniranno del tutto, tesorino mio.

MONNA RITA: Io sono estranea a queste macchinazioni, duchessina, quindi smaschererò l’imbroglio senza indugi davanti al Granduca.

BETTINA: Brava!

LAVINIA: Va bene, ma concedetemi un po’ di tempo per orchestrare il mio inganno.

MONNA RITA: E sia. Ma non oltre il tramonto. Rischiamo che il mago prenda il volo.

FIDELIO: Non accadrà. Or ora avvertirò il capitano delle guardie di appostare i suoi uomini attorno al palazzo. [a Lavinia] Siete certa di ciò che fate? Sarebbe tutto più semplice se arrestassimo subito il malnato.

LAVINIA: Fedia vi ha fatto promettere di concederle tempo. E poi credetemi, Fidelio, ogni secondo di più l’idea germoglia nella mia testa e prende la forma di un meccanismo perfetto. La mia felicità futura dipende da quel che accadrà tra poco.

Entro poco Gorgolone e il notaio saranno qui per la firma del contratto matrimoniale. [a Fidelio] Ditemi, sarete voi uno dei testimoni, vero?

FIDELIO: Sì, duchessina.

LAVINIA: E il secondo?

FIDELIO: Sua eccellenza ha dato a me facoltà di decidere.

LAVINIA: Ottimo. Allora il testimone sarà Felice.

FELICE: Chi? Io?

LAVINIA: Avvicinatevi, così che vi spieghi cos’ho in mente.

[Lavinia parla sottovoce a Fidelio e Felice]

[Bettina e Monna Rita si portano sul proscenio]

BETTINA: Certo che la nostra duchessina è un pozzo di idee

MONNA RITA: È vero, una giovane davvero eccezionale. Solo, questa storia del suo piano mi preoccupa.

BETTINA: Perchè?

MONNA RITA: Per la sicurezza di madama Fedia, non possiamo aspettare troppo.

BETTINA: Capisco, ma vedrete che andrà tutto bene.

[Lavinia termina e Felice e Fidelio si ritraggono; Bettina e Monna Rita indietreggiano]

FELICE: [divertito] Ah ah ah! Me la voglio proprio godere!

FIDELIO: Senza dubbio geniale, duchessina.

LAVINIA: Infatti. Ora andate a istruire il notaio.

FELICE: Con piacere, mia cara.

LAVINIA: E voi, Fidelio, fate intanto disporre le guardie attorno al palazzo, ma che siano in incognito.

FIDELIO: Certamente.

MONNA RITA: Bettina, vi prego, accompagnatemi in giardino.

BETTINA: Certamente, Madonna.

[Felice, Fidelio, Monna Rita e Bettina escono]

SCENA DODICESIMA

Lavinia,poi Gorgolone, Fidelio, Felice e il Notaio

LAVINIA: Oh oh! Vedrai, Gorgolone, che bel tiro ti sto preparando. Mi sbarazzerò di te per sempre! [ride] Lo accoglierò degnamente. Per cominciare un po’ di trucco…

[esce dalla parte del gabinetto]

[musica: Mozart, Rondò alla turca]

[entrano Gorgolone, Fidelio, Felice e il Notaio]

GORGOLONE: Lavinia! Laviniuccia! Ci siete? Il vostro salamino piccante è qui con il notaio e i testimoni!

[dalle quinte LAVINIA: Un momento e sarò da voi.]

GORGOLONE: [a Felice] Davvero mi sorprende, messere Felice, che vogliate essere testimone. Credevo che mi consideraste un rivale. Sebbene con un uomo della mia levatura sia ben difficile competere…

FELICE: [a Fidelio, piano] Ora lo stendo.

FIDELIO: [a Felice, piano] Mantenete i nervi saldi.

FELICE: [a Gorgolone] Ebbene, un vero gentiluomo sa ammettere la propria sconfitta.

GORGOLONE: Ah ah, giusto. Perdonate la franchezza, ma potevate evitarvi questa figuraccia.

FELICE: [fa per avventarsi su Gorgolone] Ma io lo…!

FIDELIO: [trattenendo Felice] Fermo, per carità!

GORGOLONE: Mi piace la vostra sportività. Passate sopra a queste meschine competizioni.

FELICE: Passare sopra, già… ti passerei sopra eccome, con un reggimento!

GORGOLONE: [al pubblico] Quanto sono fortunato! Tra pochi minuti la duchessina sarà mia moglie. Peccato solo che abbia speso seicento ducati per far preparare l’elisir a Triconeus. Oh, beh, non saranno soldi buttati male: ne farò bere ugualmente un poco alla dolce Lavinia, per avvincerla sicuramente al mio cuore. [lo mostra, fissato al lato interno della giacca] Eccolo, prezioso e delicato elisir che mi renderà il più felice tra tutti gli uomini. E poi, detto fra noi, si potrebbe utilizzare anche su altre donzelle… ho sempre ammirato i sultani d’Oriente con i loro harem… uh uh! [si gongola al pensiero]

Tuttavia, messer Triconeus mi ha detto che non deve essere bevuto prima di domattina, altrimenti, ha detto, succederanno cose strane… cose che non ho capito.

[entra Lavinia]

LAVINIA: Eccomi a voi, signori. Notaio…

[Lavinia si avvicina a Felice]

LAVINIA: [a Felice, piano] Allora, l’ampolla?

FELICE: [a Lavinia, piano] Ce l’ha addosso, nella giacca.

LAVINIA: [idem] Perfetto. Mi raccomando, da ora secondatemi.

[si avvicina a Gorgolone]

GORGOLONE: Mia cara, lasciate che vi porga omaggio. [fa per farle il baciamano]

LAVINIA: [divincolando la mano] Prego, notaio, sedete.

[il Notaio siede e prepara le carte]

GORGOLONE: Oh, delizia! Tra tutti i prosciutti di una cantina, voi siete il più sodo e il più profumoso di tutti.

LAVINIA: Vi ringrazio. Toglietemi una curiosità: per i vostri paragoni vi ispirate a Dante?

GORGOLONE: Chi?

LAVINIA: Lasciate stare.

GORGOLONE: Ci pensate? Apposta questa firma, saremo presto marito e moglie.

LAVINIA: È il mio incubo… cioè il mio pensiero da quando vi conosco. [pausa] Volete farvi più vicino, Gorgolone?

GORGOLONE: [sbalordito] Come? Che sento?

LAVINIA: Sì, messere. Ho da dirvi due parole in confidenza.

GORGOLONE: [si getta sul divanetto, quasi travolgendola] Oh, che gioia! Mai prima d’ora mi aveva concesso un simile onore.

LAVINIA: Che bufalo.

GORGOLONE: Pendo dalle vostre labbra.

LAVINIA: Ecco, ho riflettuto lungamente…

GORGOLONE: Siii?

LAVINIA: …ho meditato a fondo…

GORGOLONE: Siii?

LAVINIA: …e alla fine sono arrivata alla conclusione…

GORGOLONE: Siii?

LAVINIA: Oh, insomma, sembrate un meccanismo rotto. Indipendentemente da questo atto di matrimonio, sono arrivata alla conclusione che potreste non essere un cattivo partito.

GORGOLONE: Sant’Ubaldo mio! Cosa sentono le mie orecchie!

LAVINIA: Avete buone proprietà, una vasta rete di conoscenze, una certa posizione…

GORGOLONE: [si avvicina a Lavinia] Fatevi abbracciare, mia dolcissima!

LAVINIA: [lo ferma] Al tempo, Gorgolone. Ho detto che potreste essere un buon partito.

GORGOLONE: Eh?

LAVINIA: Tuttavia…

GORGOLONE: Tuttavia?

FELICE: Tuttavia?...

LAVINIA: Al nostro amore manca qualcosa… uno stimolo…

GORGOLONE: Quale stimolo maggiore del fuoco d’amore che mi divora?

LAVINIA: Cosa siete disposto a fare per me?

GORGOLONE: Io? Per voi? Combatterei da solo contro dieci eserciti, scalerei le montagne più alte, attraverserei il mare a nuoto; mi taglierei le unghie dei piedi persino una volta al mese…

LAVINIA: Che coraggio!

FELICE: Che schifo!

FIDELIO: Che schifo!

GORGOLONE: …domerei leoni e tigri, innalzerei sontuosi palazzi, conquisterei…

LAVINIA: Va bene, Gorgolone. Mi avete quasi persuasa.

GORGOLONE: Oh, meraviglia! Oh, gioia! Oh, tripudio! È mia! È mia! E senza bisogno di elisir. Come posso convincervi definitivamente?

LAVINIA: Rispondendo a questa domanda: avete punti deboli?

GORGOLONE: Oh, beh… [guardandosi attorno] Vedete… [a Lavinia, piano] Quando vedo una bella fanciulla mi sento fremere tutto, non so resistere. Sapete, la carne è debole…

LAVINIA: Maiale. [con falsa cortesia] Ma questo è già cosa nota. Intendevo qualche debolezza che non so.

GORGOLONE: Beh, una ci sarebbe… [a Lavinia, piano] Non so resistere al solletico.

LAVINIA: Cioè se io vi facessi così…? [lo solletica]

GORGOLONE: [ride] Uh uh uh! Esatto, duchessina… Ah ah ah!

LAVINIA: E se vi solleticassi qui? [gli fa il solletico sotto le ascelle, poi sulla pancia e lentamente gli sbottona la giacca; continuando a solleticarlo infila una mano nel risvolto della giacca]

GORGOLONE: [idem] Ah ah ah!

FELICE: Ma cosa stanno facendo?

FIDELIO: Forse ho capito.

GORGOLONE: [idem] Ah ah ah! Basta, vi prego… Uh uh uh!

LAVINIA: [prende la boccetta di elisir dal risvolto della giacca] Oh, ma cosa c’è qui? Del liquore?

GORGOLONE: [ancora ridendo] Uh uh! L’elisir!

LAVINIA: [annusa il contenuto] Mmh… odora di lavanda. Dev’essere buono!

GORGOLONE: No! Ferma!

[Lavinia beve]

Oddio! E ora, che succederà?

LAVINIA: Veramente delizioso.

[l’espressione sul suo volto cambia, disegnando una smorfia malvagia]

GORGOLONE: Lavinia, mia diletta, vi sentite bene?

LAVINIA: [truce] Tu… stupido prosciutto senza sale…

GORGOLONE: Come?

LAVINIA: [idem] Latte irrancidito, maledetto ciccione! Io ti odio!

GORGOLONE: Oddio, Lavinia, che vi succede?

LAVINIA: [furiosa, agguanta una scopa e si scaglia contro di lui] Ti faccio fuori!

GORGOLONE: No! Che fate? [si rifugia da Felice e Fidelio] Vi prego, difendetemi, è impazzita!

[Lavinia mette giù la sposa, fingendo di spazzare]

FIDELIO: Chi?

GORGOLONE: Come chi? La duchessina! Non vedete che sguardo malvagio?!

FELICE: A me sembra tutto normale.

FIDELIO: Anche a me. Duchessina, vi sentite male?

LAVINIA: Al contrario, mi sento benissimo.

[Lavinia gira attorno ai due; appena dà loro le spalle, si avventa su Gorgolone, colpendolo senza pietà] Ti ammazzo! Ti faccio secco!

GORGOLONE: Ahi! Ahi! Basta, vi prego! [le strappa di mano la scopa e se ne serve per tenerla lontana] Signori, fate qualcosa!

FELICE: Ma suvvia, messere, sapete bene anche voi che “l’amore non è bello se non è litigarello”.

[tutto il dialogo tra Gorgolone e Lavinia si svolge sul proscenio, mentre Felice e Fidelio stanno presso il Notaio, senza ascoltare]

GORGOLONE: [tra sé] Cosa ho fatto? Le ho dato l’elisir prima del tempo, e adesso invece di amarmi mi odia. Povero me!

LAVINIA: [cattiva] No, aspetta. Non ti ucciderò.

GORGOLONE: Ah, no?

LAVINIA: No. Io ti sposerò.

GORGOLONE: Sarà tornata alla ragione?

LAVINIA: Vuoi sposarmi, eh, vecchia mummia? [crudele] Ebbene, avrai ciò che vuoi. Sarò la tua sposa; sarò la tua fine! [al notaio] Notaio, procediamo con l’atto!

GORGOLONE: [al notaio] Aspettate, voi. [a Lavinia] Che significa?

LAVINIA: Seguirò ogni tuo passo, controllerò ogni tuo respiro. Mi obbedirai e servirai come uno schiavo: laverai i miei vestiti, mi preparerai il pasto, mi rimboccherai le coperte e dormirai ai piedi del letto, come un cane. [al notaio] Procedete.

GORGOLONE: [al notaio] No no, fermatevi.

LAVINIA: [truce] Ma questo è solo l’inizio. Dilapiderò tutto il tuo patrimonio in vestiti, feste e viaggi, così che sarai costretto a mendicare da me. E infine ti farò cornuto così tante volte che la tua zucca pelata non ti basterà a tenere tutte le corna! [al notaio] Allora, quest’atto?

GORGOLONE: Oh, Dio! Oh, Dio! Vi prego, tornate in voi! [al notaio] E voi, volete posare quella piuma?

LAVINIA: Ti piace questo quadretto? Io lo trovo delizioso. [ride malignamente] Ah ah ah!

GORGOLONE: No, no! Ah, me disperato! No, non voglio sposarvi.

LAVINIA: Come non vuoi? Ma se mi corteggi da mesi! Ora ti tiri indietro?

GORGOLONE: Sì! Mi tiro indietro, mi tiro!

LAVINIA: Sei un ciccione codardo!

GORGOLONE: Sì, lo sono!

FIDELIO: [piano, a Felice] Ci sta calcando la mano.

FELICE: [piano, a Fidelio] No, che gli fa bene.

LAVINIA: Lo sai che io invece potrei costringerti a sposarmi? Mio padre non sarà contento di sapere che ti stai tirando indietro.

GORGOLONE: Ah, ma io gli spiegherò ogni cosa. Voi siete ammattita e…

LAVINIA: E pensi che crederà di più alla sua adorata figlioletta o a un bavoso dongiovanni? [ride] Ah ah! Io ti ho in pugno, Gorgolone!

GORGOLONE: Ah, no, vi prego. Non fatemi questo.

LAVINIA: Allora mettilo per iscritto.

GORGOLONE: Cosa?

LAVINIA: Scrivilo, che non mi vuoi più sposare. [al notaio] Notaio, scrivete quanto vi detterà messer Gorgolone.

GORGOLONE: Certo! Scrivo e sottoscrivo, anche!

LAVINIA: Fallo, se hai coraggio.

GORGOLONE: Lo faccio subito. [al notaio] Voi, prendete un foglio bianco e scrivete.

LAVINIA: [al pubblico] Sta funzionando! [malvagia, a Gorgolone] Avanti, digli di scrivere. “Io sottoscritto Gorgolone, in piena coscienza e sanità mentale…”

GORGOLONE: [al notaio] Sì sì: “Io sottoscritto Gorgolone, in piena coscienza e sanità mentale…”.

LAVINIA: “…rifiuto e rinuncio a sposare la duchessina Lavinia…”

GORGOLONE: “…rifiuto e rinuncio a sposare la duchessina Lavinia …”

FELICE: Ma messere, cosa state facendo?

FIDELIO: Volete annullare l’atto?

GORGOLONE: Ecco… io… lei…

LAVINIA: [piano, a Gorgolone] Sei proprio sicuro di non voler diventare mio marito? Ci divertiremmo tanto insieme… Ah ah ah!

GORGOLONE: [piano, a Lavinia] Per tutto l’oro del mondo, mai! [forte] So ben io quel che faccio. Continuate a scrivere, notaio.

LAVINIA: Bravo, continua: “Io dichiaro solennemente che non l’amo e non la sposerò mai.”

GORGOLONE: “Io dichiaro solennemente che non l’amo e non la sposerò mai.” Avete scritto tutto?

[il notaio assentisce]

LAVINIA: [a Gorgolone] Firmate, adesso.

GORGOLONE: [firma] Ecco!

FELICE: [al pubblico] Gioia! Giubilo! Il ciccione ha capitolato!

FIDELIO: Che gran testa ha quella donna. [a Gorgolone] Io rinuncio a capirvi, messere. Eravate a un passo dal matrimonio.

GORGOLONE: Ehm… ho avuto… come dire?... una folgorazione…

LAVINIA: [piano, a Gorgolone] Bravo, Gorgolone. Non credevo ne saresti stato capace.

GORGOLONE: [piano, a Lavinia] Spiegherete al Granduca questo mio rifiuto?

LAVINIA: [idem] Ma certo, lo convincerò di ogni cosa. [truce] Ma ora sparisci, prima che ci ripensi!

GORGOLONE: Ah, scappo! Lavinia mia, cos’ho combinato? Con permesso, signori, mi sono ricordato di un impegno urgentissimo. [esce di corsa]

SCENA TREDICESIMA

Lavinia, Notaio, Fidelio e Felice

LAVINIA: [bacia il foglio firmato da Gorgolone] Pezzo di carta benedetto, tu sei la mia salvezza. [al notaio] Tenete, notaio, conservate questo foglio e custoditelo gelosamente. [prende l’atto di matrimonio] E quanto a questo… [lo strappa] Ecco fatto.

Ora potete andare.

[il notaio esce]

LAVINIA: [ride, abbracciando Fidelio e Felice] Ah ah ah! Evviva! Evviva! Ce l’ho fatta! Vittoria!

FELICE: Sei stata grandiosa! La più grande attrice del mondo.

FIDELIO: Mirabile, oserei dire.

LAVINIA: Sono libera, libera!, libera da quel maledetto rompiscatole. Finalmente!

E ora andiamo a stanare il falso mago!

[escono]

[buio]

[musica: Kontretanz KV 609 No. 1 in C]

[si cambia la scena]

[i personaggi entrano, e la luce illumina solo loro]

SCENA QUATTORDICESIMA

Monna Rita e Bettina

MONNA RITA: Il vento ha spazzato le nuvole, Bettina. Guardate che stelle.

BETTINA: Sono incantevoli, madonna.

MONNA RITA: [sospira] È tempo. Credete che verrà?

BETTINA: È l’ora della sua passeggiata serale. Non manca mai.

MONNA RITA: Lo spero.

BETTINA: [guardando lontano] Eccolo, infatti. Vi lascio sola, madonna. Buona fortuna.

MONNA RITA: Pregate per me.

[Bettina esce]

SCENA QUINDICESIMA

Monna Rita e Granduca

[entra il Granduca]

GRANDUCA: [sorpreso] Oh, madonna.

MONNA RITA: Eccellenza…

GRANDUCA: Anche voi in giardino?

MONNA RITA: Sì, ammiravo le stelle.

GRANDUCA: Sono così belle, non è vero?

MONNA RITA: Sembrano tanti piccoli cuori che palpitano.

[silenzio]

MONNA RITA: Dovete dirmi qualcosa, eccellenza?

GRANDUCA: Oh… Ci sarebbero tantissime cose che vorrei dirvi, ma m’infrango contro la barriera del vostro rifiuto.

MONNA RITA: Eccellenza, io sono una donna moderna, e mi piace parlare senza preamboli e senza censure. Non avete forse acquistato un elisir d’amore con cui sperate di indurmi a innamorarvi di voi?

GRANDUCA: Ma come…? Come fa a saperlo? Che dite, madonna?

MONNA RITA: Spero non lo negherete, perché so che è vero.

GRANDUCA: Non so che dire.

MONNA RITA: Non parlate? Allora io vi chiedo: sperate di stregarmi per ottenere da me il mio affetto?

GRANDUCA: Ho la lingua di marmo. Io non…

MONNA RITA: State negando, dunque? Ma con che coraggio sperate di ottenere l’amore in questo modo?

GRANDUCA: Io…

MONNA RITA: Dovreste vergognarvi, eccellenza! Allora, ammettete oppure no?

GRANDUCA: Ebbene, è vero! È tutto vero, madonna. E io imploro la vostra pietà.

MONNA RITA: Non è con le fattucchierie che otterrete il mio affetto.

GRANDUCA: È vero. Non so cosa mi abbia preso, e non so se mai… potrete…

MONNA RITA: I filtri non servono. Vi concedo il mio amore senza bisogno di trucchi magici.

GRANDUCA: Che dite, madonna?

MONNA RITA: Ho detto che vi amerò. E lo farò perché lo sento col cuore, e per nessun altro motivo.

GRANDUCA: Voi vi prendete gioco di me. Prima mi umiliate, e di questo non vi posso biasimare, ma ora mi state deridendo e prendendo in giro.

MONNA RITA: Perché dovrei? Vi giuro che sono sincera. [gli tende la mano]

GRANDUCA: [le prende le mano] Svegliatemi, se questo è un sogno.

MONNA RITA: È vero quanto le stelle e la luna sopra di noi.

GRANDUCA: Che notte felice! Ed io che stavo per rovinare tutto drogandovi con quell’intruglio…

MONNA RITA: …che è un misero inganno.

GRANDUCA: Come?

MONNA RITA: Ci sono le prove. Triconeus vi ha imbrogliato e sta cercando di scappare con l’oro del Granducato. Ero qui anche per dirvi questo.

GRANDUCA: Che sento! Raggiro e imbroglio! Bisogna fermarlo!

MONNA RITA: Non c’è dubbio. Ma calmatevi…

GRANDUCA: Guardie! Fidelio! A me!

[esce di corsa]

MONNA RITA: Oh, uomini…

[esce]

[musica: Mussorgsky - Notte su Monte Calvo]

SCENA SEDICESIMA

Laboratorio di Triconeus

Triconeus, Boris e Fedia

[Boris sta mettendo ordine e raccogliendo le cose; restano ampolle e flaconi sparsi un po’ ovunque. Entra Triconeus]

TRICONEUS: Boris! Boris! Hai preparato ogni cosa?

[Boris mugugna affermativamente]

Bene. I forzieri con l'oro sono già sul carro?

[idem]

Li hai camuffati in modo da non destare sospetti?

[idem]

Ottimo. Sei impagabile. Ti manca solo la parola... ah ah.

[Boris mugugna come per far intendere che la battuta non fa ridere]

Ora raccogli la nostra roba e caricala, e fa' presto. Ho come un brutto presentimento.

[Boris esce]

FEDIA: E di me? Che ne sarà?

TRICONEUS: Non dovete aver paura. Starete con noi giusto il tempo necessario per permetterci di allontanarci senza troppo chiasso. A voi toccherà poi solo una passeggiatina sotto le stelle per tornare in paese.

FEDIA: Dunque portate via l'oro del granducato?

TRICONEUS: Sì, madama.

FEDIA: E non pensate alla povera gente di Nole, senza più il becco di un quattrino?

TRICONEUS: Che se la vedano con il Granduca. È lui che mi ha tanto generosamente concesso le sue ricchezze.

FEDIA: Vi ha concesso le ricchezze che voi gli avete estorto con l'imbroglio!

TRICONEUS: Dobbiamo tornare sull'argomento? Non avete compreso a sufficienza i miei scopi?

FEDIA: Io vi ho capito benissimo. Quello che invece non riesco a comprendere è come possiate covare rancore per così lungo tempo!

TRICONEUS: L'odio è un fuoco inestinguibile, madama; per quanto possiate provare a spegnerlo, sotto la cenere le bragi continuano ad ardere, e appena trovato di che nutrirsi, la fiamma di nuovo divampa con maggiore forza.

FEDIA: I vostri occhi...

TRICONEUS: Cos'hanno i miei occhi?

FEDIA: Vi vedo una luce. È profonda, ma riluce fino all'esterno. [lo afferra per le spalle] Perdonate!

TRICONEUS: [si divincola] No, non ne sono più capace.

FEDIA: E invece voi sapete, e dovete farlo.

TRICONEUS: Non mi seccate, signora.

FEDIA: Basta, Triconeus! Sciogliete il vostro cuore dalla morsa del male!

TRICONEUS: Non sapete cosa dite.

FEDIA: Credete? Guardatemi. So di non essere bella, e per questo ho imparato a non giudicare dalle apparenze. Io vedo in voi un uomo onesto, gentile e sensibile. Perché vi ostinate a tenere questa maschera di tristezza e cattiveria addosso?

TRICONEUS: Fedia, perdete il vostro tempo. Non cambierò ciò che sono e non rinuncerò alla mia missione.

FEDIA: Nemmeno davanti a chi vi vuole bene?

TRICONEUS: Ah ah! E chi mai dovrebbe voler bene a un uomo come me?

FEDIA: Io!

TRICONEUS: Cosa?

FEDIA: È così; ora lo sapete. Voi mi siete caro più di ogni altro, Triconeus. Sarei pronta a fare ogni cosa per il vostro bene.

[si getta ai suoi piedi]

Vi prego! Vi prego, perdonate! Abbandonate le vostre follie! Fatelo per chi vi vuole bene. Fatelo per me!

TRICONEUS: Via! Che fate? [la scaccia] Non siate sciocca, non basteranno queste moine a farmi recedere. La mia missione è vitale: risvegliare l'uomo dal sonno della ragione; e non sarà certo una donnetta un po' pazza a fermarmi.

FEDIA: Io? Pazza?

TRICONEUS: E poi, lasciatemelo dire, non potrei mai innamorarmi di voi, brutta come siete.

FEDIA: [si rizza in piedi, indignata e affranta] Come osate, insolente? Così ricambiate l'affetto che io ho per voi? Ingrato, ecco cosa siete! Possiate essere dannato, voi e la vostra maledetta missione!

[afferra delle ampolle, mostrando di volerle lanciare]

TRICONEUS: Che fate, pazza? Non oserete?

FEDIA: Certo che oso! [ne lancia una contro Triconeus] Siete un ingenuo, l'avete detto voi: l'uomo è il principe degli stupidi; prende e lascia la ragione secondo come gli conviene, e certamente non basterebbero mille Triconeus per cambiare questa testa così impenetrabile. [ne lancia un’altra]

TRICONEUS: Ferma! Smettetela! Le mie ampolle!

FEDIA: [continua a lanciare tutto ciò che capita fra le mani] Prendetevele, le vostre ampolle! Toh! Toh!

TRICONEUS: Smettetela, ho detto! State facendo un pandemonio. Boris! Boris!

FEDIA: [idem; infine afferra un piccolo vasetto e getta il suo contenuto (che sarà farina) sul mago] E prima di andare non dimenticate anche questo!

TRICONEUS: [sporco di farina inizia a starnutire] Che diavolo... Etcì! Etcì!

FEDIA: Ben vi sta, mascalzone.

TRICONEUS: Etcì!... etcì!... ETCHIUMM!!

FEDIA: Vi siete sturato il naso? Bene, il signore venga a chiamare, quando avrà deciso di partire.

[fa per andarsene]

TRICONEUS: Fedia, aspettate!

FEDIA: Che volete ancora?

TRICONEUS: Io... improvvisamente mi sento più leggero... sento la testa più chiara...

FEDIA: Buon per voi.

TRICONEUS: Mi sono accorto solo adesso di tutto il male che ho procurato con il mio dolore. Mi sono lasciato imprigionare dal male, e non riuscivo più a liberarmi del tormento e del rancore. Ma ora... adesso... io mi sento libero! Libero! E tutto grazie a voi.

FEDIA: Il vostro sguardo! Brilla di nuova luce. Cosa gli sarà accaduto?

TRICONEUS: Respiro l'aria che mi entra nei polmoni come se fosse la prima volta. Mi sento rinato, davvero. E di questo non ho che da ringraziare voi, mia musa.

FEDIA: [legge l’etichetta sul barattolo] “Polline ignoto. Provenienza: Africa”. Che magia è mai questa?

TRICONEUS: Perdonate se vi ho offesa, Fedia. Un altro Triconeus parlava in quel momento. Ma ora che sono nuovamente padrone di me stesso, io vi dico: anche per me voi siete la persona più cara che ho.

FEDIA: Non scherzate? Parlate sul serio?

TRICONEUS: [le prende le mani nelle sue] Mai sono stato più serio come in questo momento, mia cara.

Restituirò l'oro che ho ingiustamente estorto al Granduca. Tutto e subito, fino all'ultimo centesimo!

FEDIA: Voi mi fate spaventare, e mi confondete.

TRICONEUS: Allora vi spaventerà ancora di più quanto sto per chiedervi: volete sposarmi?

FEDIA: Io… Dio, Triconeus. Io... ma non temete l'ira del Granduca?

TRICONEUS: Implorerò il suo perdono. Sconterò le mie colpe. Ma ogni sofferenza mi sarà più dolce se voi ora direte di sì, e mi lascerete nella speranza che, alla fine di tutto, io potrò essere vostro marito, e voi mia moglie.

FEDIA: I vostri occhi dicono più della vostra voce, e io leggo che siete sincero. Perciò accetto, mio Triconeus.

[Boris entra spaventato]

TRICONEUS: Boris, che succede?

[Boris gesticola freneticamente]

Le guardie? E il Granduca?

FEDIA: Oh, cielo!

TRICONEUS: Che entrino, oramai non ho più nulla da temere.

SCENA DICIASSETTESIMA

Detti e Granduca, Felice e Fidelio

[irrompe il Granduca, seguito da Fidelio e Felice]

GRANDUCA: Dov’è? Lestofante! Imbroglione!

[Fedia si frappone tra il Granduca e Triconeus]

FEDIA: Fermo! Non fategli del male.

GRANDUCA: Non intromettetevi, voi. [a Triconeus] La fuga è ormai inutile: il palazzo è circondato da ogni parte.

FEDIA: Vi prego…

GRANDUCA: [idem] Maledetto! Avrai la punizione che meriti!

FEDIA: Vi scongiuro…

FIDELIO: Eccellenza…

GRANDUCA: [idem] Ti farò chiudere in prigione a vita!

SCENA DICIOTTESIMA

Detti e Lavinia, Gorgolone, Monna Rita e Bettina

[entra Gorgolone, seguito da Lavinia, Monna Rita e Bettina]

GORGOLONE: Dannato! Ti ucciderò!

FELICE: Eccone un altro.

GORGOLONE: Monna Rita mi ha detto ogni cosa! Ah, sono tutta una furia. Affronto e raggiro! Nessuno può ingannare Gorgolone. Io…

GRANDUCA: Voi tacete, messere. La precedenza spetta a me; costui dev’essere giudicato secondo la legge del granducato.

FEDIA: Vi prego, calmatevi tutti quanti.

[al Granduca] Mi appello alla vostra pietà, Granduca. Siate clemente. Egli è pentito, sinceramente pentito dei suoi misfatti. E inoltre… e inoltre vuole sposarmi.

GRANDUCA: Non siate sciocca, lui… [sbalordito] Cosa?

FEDIA: È così. E io lo voglio! [a Triconeus, prendendogli le mani] Non è vero?

TRICONEUS: Sì, tesoro mio.

BETTINA: Cielo!

LAVINIA: Una vera sorpresa.

FELICE: Sono senza parole.

TRICONEUS: [si getta in ginocchio] Sono pentito, lo giuro davanti a voi tutti. Restituirò subito l’oro, e sono pronto a subire le conseguenze delle mie azioni. Questa donna ha saputo ridarmi alla vita, e a lei per questo va la mia devozione eterna. Siatemi testimoni che, scontate le mie pene, intendo farla mia moglie.

LAVINIA: Padre, perdona l’uomo che fa ammenda dei suoi peccati. [aiuta Triconeus a rialzarsi] Il dolore che ha portato sulle spalle finora è una pena adeguata.

BETTINA: Sì, perdonatelo.

GORGOLONE: Ma che perdonare? Alla forca! Alla forca!

LAVINIA: E poi, a proposito di colpe, che dire di due sciocchi che non hanno esitato a domandare filtri d’amore per risolvere le loro questioni sentimentali? Di questo non vogliamo parlare?

FEDIA: Vi imploro…

[il Granduca e Gorgolone si con imbarazzo]

GRANDUCA: E va bene. Potete andare e siete libero di sposare questa donna, ma vi ordino di non farvi mai più vedere nel granducato.

[generali espressioni di gioia]

FEDIA: [abbracciando il Granduca] Oh, grazie! Grazie! Grazie!

TRICONEUS: Mi inchino alla vostra bontà, eccellenza.

GRANDUCA: [liberandosi da Fedia] Via! Sciò! Pensate al vostro futuro sposo.

BETTINA: Così, quel che sembrava finisse in lacrime, si conclude con un matrimonio.

MONNA RITA: In realtà, i matrimoni saranno due…

[stupore generale]

Se siete d’accordo, eccellenza.

GRANDUCA: E come potrei dirvi di no?

GORGOLONE: Che gran confusione. Mi sento stordito.

BETTINA: Eh, con voi ci vuol poco…

GORGOLONE: Però, un momento… Se l’elisir era acqua sporca, allora non aveva alcun effetto. E allora Lavinia!...

LAVINIA: È vero, vi ho ingannato, messere.

GORGOLONE: Ma perché? Perché questo a me?

LAVINIA: Perché l’uomo che ho nel cuore è un altro.

GRANDUCA: Cos’è questa storia?

LAVINIA: [a Gorgolone] Dimenticate il foglio che vi ho costretto a firmare. Sono pronta a non impugnarlo, ma vi chiedo con tutto il mio cuore: rinunciate qui pubblicamente a farmi la corte e mi lasciatemi sposare chi veramente voglio.

GORGOLONE: Ma come farò senza di voi, Lavinia?

BETTINA: Ce la farete benissimo, date retta a me.

LAVINIA: Mi appello al vostro buon nome…

GORGOLONEE va bene. Di Gorgolone si potrà dire ogni cosa, ma non che non sia generoso. [piano, a Lavinia] E poi, detto fra noi, non mi andava proprio di ammogliarmi. [forte] Qui davanti a voi annuncio che non è più mia intenzione sposare la duchessina Lavinia.

GRANDUCA: Cosa?!

FIDELIO: Finalmente.

GORGOLONE: Per ogni bisogno comunque fate sempre conto su di me, duchessina.

LAVINIA: Grazie, messere.

GRANDUCA: Cosa diavolo significa tutto ciò?

LAVINIA: Significa che sto per sposarmi, papà. Ma non con Gorgolone.

GRANDUCA: Come?!

LAVINIA: Hai sentito cos’ha detto, no? Non vuole più la mia mano.

GRANDUCA: [a Gorgolone] Ma io vi… [a Lavinia] Disgraziata! E chi sposeresti, sentiamo?

LAVINIA: Ma Felice, ovviamente.

FELICE: Ovviamente.

GRANDUCA: Ah ah ah! Questo proprio no.

LAVINIA: Devo ricordarti la nostra scommessa? Vuoi rinfrescarla a beneficio dei presenti?

GRANDUCA: Sposerai Felice solo se saprà combinare qualcosa di buono. Ma…

LAVINIA: Fidelio, volete ricordare a sua eccellenza mio padre che senza l’idea di Felice non sareste penetrati nel laboratorio di Triconeus, non avreste scoperto l’inganno e salvato il tesoro del granducato?

FIDELIO: Mi sembra che si possa dire di sì, duchessina.

GRANDUCA: Cosa vai dicendo? Lui avrebbe smascherato il mago?

LAVINIA: Sissignore. Mi spiace, ma hai perso.

FIDELIO: Credo, signore, che ai fini di una corretta…

GRANDUCA: Oh, taci! [pausa] E va bene, sposalo! Chissà che non mi sia veramente utile come amministratore. [a Felice] E vedi di farle smettere il vizio di spendere: da oggi è a carico tuo.

FELICE: La terrò a freno, signore.

LAVINIA: Grazie, papà! [lo abbraccia]

[espressioni di gioia; il Granduca di commuove]

GRANDUCA: Oh, figliola mia…

FELICE: Che gran testa ha la mia donna! [lo schiocca un bacio]

LAVINIA: [abbraccia Felice] Maritino mio.

MONNA RITA: [al Granduca] Che vi serva da lezione. D’ora in poi in famiglia decideremo tutti insieme.

GRANDUCA: Sarà così, lo prometto.

BETTINA: Che bellezza! Devo subito pensare a trovarmi un vestito, ora che si preparano tre cerimonie.

GORGOLONE: Il vestito, giusto! Chissà se trovassi madama Amalia, le chiederei di accompagnarmi.

FELICE: Non credo che la troverete. È partita stasera per tornare a Napoli.

GORGOLONE: Che peccato. Ohibè, qualcun’altra la troverò.

LAVINIA: Su questo non c’è dubbio.

FIDELIO: [richiama l’attenzione] Madame, messeri…

Sia ricordato questo giorno perché…

GORGOLONE: Sarà il dì di cui Amor divenne re.

GRANDUCA: Sarà ricordato l’audace prestigio

del ciarlatano impostore…

FEDIA: …e la stolta credenza di quelli

che con falsa magia volean sfidare il cuore.

MONNA RITA: Si ricorderà colei, d’animo prima in bellezza,

che nella bontà credette, e pregò

il mago fin ch’egli abbandonò l’antica tristezza;

BETTINA: e dalle genti avrà memoria e onore

l'ardito inganno che la figlia

fece al Granduca signore.

LAVINIA: E non si dimentichi il vecchio casanova

che alfin restò pur lui a bocca vuota.

TRICONEUS: E ricorderanno gli uomini tutti

di usare il cervello a fondo

perché di ciarlatani pieno zeppo è il mondo.

FELICE: Or ora è bene, è meglio per noi andare:

il triplo sposalizio bisogna preparare.

FIDELIO: Speriamo, buona gente,

che di questa storia antica

ognun ricordo avrà.

GRANDUCA: E tutti noi diciamo…

TUTTI: Evviva! Evviva! Urrà!

[Balletto conclusivo: Mozart, Sinfonia n. 23 – Presto (ultimi 30 sec ca.)]

[i personaggi escono: prima le tre coppie, poi i restanti]

Cala il sipario

FINE