Trinummus

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FLORIO


Cinque atti di Plauto

Traduzione e note di Giovanna Faranda

Arnoldo Mondadori Editore - Milano - 2000

PERSONAGGI2

DISSOLUTEZZA e POVERTÀ (prologo)

MEGARONIDE (vecchio)

CALLICLE (vecchio)

LISITELE (giovane)

FILTONE (vecchio)

LESBONICO (giovane)

STASIMO (servo)

CARMIDE (vecchio)

SICOFANTE

La scena è ambientata ad Atene3.

ARGOMENTO

Carmide, in procinto di partire per l'estero, affida all'ami­co Callicle un tesoro4 nascosto e tutti i suoi averi. Ma men­tre lui è assente il figlio, con la sua condotta disordinata, dissipa tutto quanto. Giunge perfino a vendere la casa che però viene acquistata da Callicle. La sorella del giovane, fanciulla senza dote, viene chiesta in moglie. Callicle, allo scopo di darle una dote senza suscitare malignità, assolda un tale che sostenga di portare denaro da parte del padre. Nel momento in cui costui giunge a casa, il vecchio Carmi­de, arrivando anch'esso, gli rovina il gioco. La conclusione è che ambedue i suoi figli si sposano.5

PROLOGO

DISSOLUTEZZA POVERTÀ6

DISSOLUTEZZA Seguimi per di qua, figlia mia! Così potrai fare il tuo dovere.

POVERTÀ Io ti seguo, ma non ho idea di dove vuoi portarmi.

DISSOLUTEZZA Ci siamo. Ecco, quella è la casa7. Entraci su­bito. Ora (agli spettatori),per evitare che qualcuno di voi si sbagli sul nostro conto, con poche parole penserò io a in­stradarvi, purché promettiate di fare attenzione. Per prima cosa dunque vi dirò chi sia io e chi sia colei che è appena entrata in quella casa. Badate a quel che vi dico! È stato Plauto8 a darmi il nome di Dissolutezza, allo stesso modo che ha voluto imporre a mia figlia quello di Povertà. Ascol­tate dunque per quale motivo, da me spinta, lei sia entrata qui. Aprite bene le orecchie9 mentre parlo. In questa casa abita un giovane che, col mio aiuto, ha scialacquato tutte le sostanze paterne. Preso atto che ormai non ha più niente per alimentarmi, gli ho affibbiato mia figlia per il resto del­la vita. Ma non aspettatevi da me che vi esponga l'argo­mento della commedia. Saranno i due vecchi che si presen­teranno qui a raccontarvi tutto. Il titolo della commedia in greco è Thesaurus: la scrisse Filemone e Plauto l'ha traspo­sta10 in latino, dandole il titolo di Trinummus che ora vi prega di accettare. Non c'è altro. Vi saluto e vi invito ad as­sistere in silenzio allo spettacolo.


ATTO I

Scena I

MEGARONIDE

Rimproverare un amico,11 anche se il biasimo se l'è merita­to, non è mai cosa piacevole; però nella vita può servire e portare dei vantaggi.12 Proprio per questo oggi farò una ra­manzina al mio amico per via di una colpa di cui si è mac­chiato: ne farei volentieri a meno ma la lealtà nei suoi con­fronti mi ci spinge.13 In questo paese un morbo ha attaccato senza remissione i buoni costumi: così per la maggior parte essi si stanno estinguendo e, mentre la malattia li distrugge, i cattivi costumi li hanno soppiantati e crescono rigogliosa­mente come un'erba ben annaffiata. Solo questi cattivi co­stumi si trovano adesso a buon mercato14 e di essi si può or­mai fare un abbondantissimo raccolto. In questa città gran parte della gente stima molto più importante entrare nelle buone grazie dei nobili che fare quel che giova al popolo.15 Così i favoritismi la vincono sull'interesse comune, sono d'ostacolo all'attuazione di molte imprese, creano invidie e intralci nel privato e nel pubblico.

Scena II

CALLICLE MEGARONIDE

CALLICLE Voglio ornare con una corona la statua del nostro Lare.16 (Rivolto verso l'interno) Moglie,17 recita le preghie­re perché questa casa sia per noi benigna, fausta, felice e fortunata...18 (tra sé) e perché io ti veda morta stecchita il più presto possibile!

MEGARONIDE Guardalo qui quello che in vecchiaia è torna­to bambino, tanto da commettere una colpa che merita un castigo. Adesso mi accosto a lui.

CALLICLE Di chi è la voce che risuona qui vicino?

MEGARONIDE È di uno che ti vuol bene, se sei come inten­do che tu sia; in caso contrario, considerala quella di uno che ti è ostile e arrabbiato con te.

CALLICLE Megaronide! Caro amico e coetaneo mio, salu­te!19 Come te la passi?

MEGARONIDE Salute anche a te, Callicle!

CALLICLE Allora stai bene? Sei sempre stato bene?

MEGARONIDE Ma sì! Sto e son sempre stato abbastanza bene.

CALLICLE E di' un po': tua moglie? Come se la passa, come sta?

MEGARONIDE Meglio di quanto vorrei.

CALLICLE Sei fortunato, per Ercole, che lei ti tiri avanti bene!

MEGARONIDE Ho l'impressione, per Ercole, che tu ci goda dei miei malanni!

CALLICLE Io desidero sempre che i miei amici abbiano la stessa sorte che ho io.

MEGARONIDE Ah, sì? E tua moglie come va?

CALLICLE È immortale. Vive e vivrà in eterno!

MEGARONIDE Ottima notizia, per Ercole! Prego gli dei che ti sopravviva.

CALLICLE Lo vorrei anch'io, se fosse maritata con te.

MEGARONIDE Vuoi che ci scambiamo le mogli, che io mi prenda la tua e tu la mia? Ti garantisco che ci rimetterei pochino!

CALLICLE Eh, certo.20 Saresti tu a farmela senza che io po­tessi mettermi in guardia!

MEGARONIDE Per Ercole, quanto a te, ti accorgeresti subito di quel che ti saresti tirato addosso!

CALLICLE Suvvia, tientela come t'è capitata. Un malanno, quando è conosciuto, è quasi un bene. Del resto io, se ne prendessi una che non conosco, non saprei come cavarmela.

MEGARONIDE Per Polluce, se si vive bene, si vive a lungo!21 Ma adesso stammi attento e smettila con queste balordag­gini: son venuto qui per uno scopo preciso.

CALLICLE E quale?

MEGARONIDE Per farti una ramanzina che non finisce più.

CALLICLE A me?

MEGARONIDE C'è forse qui qualcun altro, oltre me e te?

CALLICLE No.

MEGARONIDE E allora perché mi chiedi se sei tu quello che voglio rimproverare? A meno che tu pensi ch'io sia venuto a far la predica a me stesso. Se le tue buone qualità di un tempo si son degradate, o se è la moda che ti ha cambiato il carattere e hai perso le vecchie abitudini per assumerne delle nuove, tu attaccherai il contagio a tutti gli amici tanto che quelli si ammaleranno al solo vederti o udirti.

CALLICLE Ma come ti viene in mente di tirar fuori questi ar­gomenti?

MEGARONIDE Perché tutti gli uomini e le donne per bene devono fare in modo di evitare ogni sospetto o colpa.

CALLICLE Tutte e due le cose non si possono fare.

MEGARONIDE Perché?

CALLICLE E me lo chiedi? Circa il commettere o no una col­pa, sono io che lo decido.22 Quanto al sospetto, esso è nel cuore degli altri. Ammettiamo che io sospetti che tu abbia rubato la corona dalla testa di Giove in Campidoglio, quel­lo che sta in cima al frontone: se tu non l'avessi fatto ma a me andasse di sospettarlo, come potresti proibirmelo? Co­munque sono curioso di sapere qual è il motivo per cui sei venuto.

MEGARONIDE Hai un amico o un parente che abbia sale in zucca?

CALLICLE Te lo dirò schiettamente, per Polluce: ce ne sono alcuni che so per certo essere miei amici, altri che suppon­go esserlo, altri ancora il cui carattere e le cui intenzioni mi sfuggono e non riesco a capire se stiano dalla parte degli amici o dei nemici. Però fra gli amici sicuri è te che io con­sidero sicurissimo. Se sei venuto a sapere che ho fatto qual­che scempiaggine o qualche cattiveria e non me la rinfacci, allora sei tu che vai sgridato.

MEGARONIDE Giusto! E se fossi venuto qui per qualche al­tro motivo, avresti ragione.

CALLICLE Sto aspettando che cos'hai da dire.

MEGARONIDE Prima di tutto, la gente sparla di te; i tuoi concittadini ti dicono affamato di illeciti guadagni;23 altri ve ne sono che ti chiamano avvoltoio: secondo loro, per te farebbe poca differenza divorare stranieri o concittadini. Io, poveraccio, quando sento dire queste cose di te, mi di­spero.

CALLICLE La cosa in parte dipende da me, in parte no, Megaronide. Non dipende da me che sparlino. Ma che non abbiano ragione di farlo, questo dipende da me.

MEGARONIDE Quel Carmide che stava qui era tuo amico?

CALLICLE Lo era e lo è. Perché tu te ne convinca, ti citerò un fatto come dimostrazione. Quando suo figlio gli dilapidò tutte le sostanze ed egli si vide ridotto in povertà mentre sua figlia, già grande, era ancora zitella e la madre di lei, sua moglie, era morta, allora si risolse ad andare in Siria24 e mi affidò la ragazza, tutto il suo patrimonio e anche quel mascalzone di suo figlio. Se ci fosse stata ostilità tra noi, non credo che l'avrebbe fatto.

MEGARONIDE E tu vedi che il giovane è sbandato, sai che è stato affidato fiduciosamente alla tua responsabilità, e non cerchi di raddrizzarlo, di riportarlo sulla buona strada?25 Adoperarti per ottenere tale scopo sarebbe stato senz'altro un'azione assai nobile; vedere se potevi in qualche modo renderlo migliore, questo sì, e non cacciarti nella stessa vergognosa situazione e aggiungere le tue colpe alle sue.

CALLICLE Casco dalle nuvole: che cosa ho mai fatto?

MEGARONIDE Cose degne di un birbante.

CALLICLE Non è da me.

MEGARONIDE Non l'hai presa da quel giovanotto la casa do­ve ora abiti? Perché non rispondi?

CALLICLE L'ho presa, sì, ma l'ho pagata con fior di denaro, quaranta mine,26 che ho messo in mano al ragazzo.

MEGARONIDE Gli hai dato del denaro?

CALLICLE Certo! E non mi rincresce di averlo fatto.

MEGARONIDE Per Polluce! In che mani è stato affidato questo ragazzo! Bel fatto! Non capisci che gli hai dato una spada per ammazzarsi? Che differenza credi che ci sia tra questo e quel che hai combinato tu, mettendo in mano a un giovanotto innamorato e senza cervello del denaro con il quale poter riprendere la sua vita scioperata?

CALLICLE Non avrei dovuto pagarlo?

MEGARONIDE Né pagarlo, né comprare niente da lui, né vendergli qualcosa: non dargli insomma il modo di diven­tare ancora peggiore! Ti sei arruffianato chi ti era stato affi­dato e hai sbattuto fuori casa colui che te l'aveva affidato! Per Polluce, bell'affare ha fatto quello ad affidarti il figlio! Te ne sei preso cura a dovere"! Tu va' ad investire questo qui della tutela di un ragazzo! Se ne approfitta per incre­mentare i suoi affari!

CALLICLE Mi stai incalzando in un modo talmente inaudito con le tue invettive, Megaronide, che mi vedo ormai co­stretto a metterti a parte di quel segreto che era stato affi­dato al mio silenzio, alla mia lealtà e onestà, a patto che non lo dicessi a nessuno e non lo dessi in pasto alla gente.

MEGARONIDE Quel che confiderai a me sarà al sicuro: lo troverai sempre dove l'avrai riposto.

CALLICLE Devi guardarti intorno, che non ci sia qualche testi­monio dei nostri discorsi; e torna a controllare ogni tanto.

MEGARONIDE Son qui tutt'orecchi.

CALLICLE Taci che parlo io. Carmide, poiché stava per anda­re all'estero, mi mostrò un tesoro depositato qui, in questa casa, in una certa stanza... ma torna a guardarti intorno!

MEGARONIDE Non c'è nessuno!

CALLICLE Si tratta di circa tremila filippi.27 Carmide mi ha scongiurato piangendo, da solo a solo, in nome della no­stra amicizia e fedeltà, che non confidassi il segreto a suo figlio né ad alcun altro, da cui potesse trapelare28 e giunge­re al ragazzo. Ora, se il mio amico torna in patria sano e salvo, gli riconsegnerò quel che è suo; se invece gli capita qualcosa, ho almeno il modo di dare la dote a sua figlia, in modo da poterla maritare a una persona di una condizione degna di lei.

MEGARONIDE Per gli dei immortali! Ero venuto da te con tutt'altra disposizione d'animo e adesso alla svelta e con poche parole mi hai fatto completamente mutar parere! Ma continua il tuo racconto come l'hai cominciato.

CALLICLE Che vuoi che ti dica? Che quel fannullone ha quasi completamente vanificato la saggezza di suo padre, i miei leali sforzi e tutto quel che gli avevamo tenuto nascosto?

MEGARONIDE E in qual modo?

CALLICLE Ecco qua. Mentre io mi trovavo in campagna per soli sei giorni, profittando della mia assenza, senza farmi saper nulla, senza consultarmi, ha appeso un cartello con l'annuncio che la casa era in vendita.

MEGARONIDE Il lupo si è sentito crescere la fame, ha spalan­cato con più voracità le fauci e ha aspettato che i cani si ad­dormentassero per distruggere tutto il gregge.

CALLICLE E l'avrebbe fatto se i cani non l'avessero fiutato in anticipo! Adesso sono io che voglio farti una domanda: se­condo te qual era il mio dovere? Dimmelo tu. Sarebbe sta­to giusto che io gli indicassi dov'era nascosto il tesoro an­dando contro alle istruzioni e preghiere di suo padre, o avrei dovuto accettare che un altro divenisse padrone di questa casa? Chi l'avesse comprata non avrebbe avuto an­che il famoso tesoro? Preferii comprare io stesso la casa, gliela pagai per poter salvare il tesoro e riconsegnarlo al mio amico. Non l'ho certo comprata per tenermela, per soddisfare un mio interesse: è per il mio amico che l'ho ri­comprata e i soldi li ho tirati fuori io. Ecco: è tutto qui. Se ho fatto bene o male non so, ma confesso di averlo fatto, Megaronide. Questi sono i miei delitti, questa la mia avi­dità, caro il mio Megaronide! Sono queste le azioni che mi hanno procurato una cattiva fama!

MEGARONIDE Basta così! Hai annientato il tuo critico! Mi hai tappato la bocca, non so più che cosa rispondere.

CALLICLE A questo punto approfitto per pregarti di aiutar­mi coi fatti e coi consigli e di sobbarcarti con me a questa impresa.29

MEGARONIDE Ti prometto la mia collaborazione.

CALLICLE Bene. Dunque, dove ti troverai tra poco?

MEGARONIDE A casa.

CALLICLE Posso esserti utile in qualcosa?30

MEGARONIDE Continua a essere così leale.

CALLICLE Sarà fatto.

MEGARONIDE C'è un'altra cosa.

CALLICLE Che cosa?

MEGARONIDE Dove abita ora il giovanotto?

CALLICLE S'è tenuto una stanzetta sul retro, quando ha ven­duto la casa.

MEGARONIDE Questo volevo sapere. Adesso puoi andare... Ma aspetta ancora un po': che ne è della ragazza? Vive con te?

CALLICLE Sì. E mi occupo di lei come di mia figlia.

MEGARONIDE Bravo, fai bene.

CALLICLE Hai forse qualcos'altro da chiedermi prima che me ne vada?

MEGARONIDE No. Addio. (Carmide esce) Non esiste al mondo gente più stupida, più stolta, più bugiarda, più pungente, più sfacciata, più falsa di quegli ipocriti cittadini ficcanaso che si sogliono chiamare bellimbusti.31 E pur­troppo mi devo considerare anch'io nel mazzo, visto che ho dato credito alle falsità di quella gentaglia che pensa di sapere tutto senza sapere invece nulla. Conoscono, a sentir loro, i sentimenti e le intenzioni di ciascuno, sanno quel che il re ha sussurrato nell'orecchio alla regina, quel che Giunone ha raccontato a Giove. Tutte cose che non si veri-ficheranno mai e che non esistono, ma loro le sanno. Se le loro lodi, le loro accuse siano vere o false nei confronti del­le loro vittime, se ne fanno un baffo, purché abbian l'aria di sapere quel che piace a loro. Tutti dicevano che la con­dotta di Callicle era indegna della città, perché aveva de­predato questo giovane dei suoi beni. E io, all'oscuro di quanto fossero malvagie le loro accuse, mi son precipitato qui a rimproverare il mio amico del tutto innocente. Ah! Se invece si andasse a cercare il fatto originario che avvalo­ri la diceria e risultasse che non esiste e di conseguenza il calunniatore dovesse pagarla cara, se le cose andassero co­sì, ne deriverebbe del bene a tutti e vi assicuro che pochi pretenderebbero di sapere quel che non sanno e badereb­bero di più a non dir scempiaggini.


ATTO II

Scena I

LISITELE32

Ho il cuore in tumulto per molti motivi e il pensarci mi provoca grande dolore: mi consumo, mi macero, mi spos­so nelle fatiche che il mio animo, come un severo allenato­re, mi impone. Ma l'averci tanto pensato non è abbastanza e ancora non mi è chiaro quale di questi due obiettivi debba perseguire, quale sia una guida più sicura per la vita: se mi convenga cedere all'amore o cercare la ricchez­za, quale dei due procuri una vita più piacevole: non ho proprio le idee chiare su questo argomento. A meno che non mi risolva a far così: valutare i due partiti contempo­raneamente e per riuscirci essere io stesso giudice e impu­tato. Sì, farò così, ho deciso: e per prima cosa elencherò le qualità dell'Amore per vedere che cosa comportino. L'Amore33 ha in programma di far cadere nelle sue reti solo gli uomini appassionati; sono loro che cerca, loro che insegue; li alletta subdolamente, dà loro consigli contro il loro interesse, li adesca con parolette dolci, li deruba, mente, è goloso, avido, schizzinoso, spoglia le sue vittime, le corrompe e le induce a peccare nell'ombra; vuole, nella sua povertà, estorcere loro quel che tengono nascosto. Chi ama una donna, non appena è stordito dalle ferite dei baci che lei gli scocca, subito tira fuori denaro e in men che non si dica il patrimonio sfuma. «Suvvia, fammi questo re­galino, dolcezza mia, se mi ami!» e il tonto subito: «Certo, pupilla degli occhi miei! Avrai questo e anche altro se lo vorrai». Lui è già accalappiato,34 lei insiste, chiede di più: e non sarebbe gran male se non ci fosse ben peggio: quello che mangia, quello che beve, quello che va a spendacciare! Se le si concede una notte, si porta con sé tutta la ser­vitù:35 la guardarobiera, il massaggiatore, quello che le cu­stodisce i gioielli, le schiave con i ventagli e quelle con i sandali di ricambio, quelle che cantano e quelle che porta­no i cestelli, schiavi latori di messaggi e delle relative ri­sposte: tutti divoratori di pane e companatico. L'uomo in­namorato si mostra affabile con tutti, ma intanto va in mi­seria. Quando mi fermo a considerare queste cose, e vedo di quale scarsa considerazione sia oggetto chi è povero, concludo: "Eh, no! Vattene, Amore, non mi piaci, non vo­glio avere a che fare con te! ". Per quanto il mangiare e il bere possano essere cose dolci, di amarezze36 l'Amore tut­tavia ne dà, abbastanza per star male. L'innamorato fugge la gente, fugge i suoi familiari, fugge perfino al proprio sguardo, nessuno lo vuol più per amico. Bisogna far di tutto per ignorare l'Amore, tenerlo alla larga, evitarlo. Chi si butta a capofitto nella passione, muore più atrocemente di chi si getta da una rupe. Via, va' via, Amore, portati via le tue cose,37 via, Amore, non cercare mai la mia amicizia. Ce ne sono altri che puoi rendere infelici e disperati e che già hai fatto tuoi schiavi! Ho deciso di dedicarmi a quel che rende bene,38 anche se ciò implica molta fatica. La brava gente si propone questi obiettivi: soldi, buona fama, onore, gloria, prestigio. Questa è la ricompensa per chi si comporta degnamente. Preferisco senz'altro vivere con la gente per bene piuttosto che in compagnia di birbanti e cialtroni.39

Scena II

FILTONE LISITELE

FILTONE    È uscito di casa, quello là, e adesso dove mai è an­dato a cacciarsi?

LISITELE    Son qui, padre mio, dimmi che cosa vuoi. Non ti farò perdere tempo né mi nasconderò per evitare di incon­trarti.

FILTONE    Ti comporterai come sempre fai in ogni occasione se porterai rispetto a tuo padre. Io non voglio che tu cerchi la compagnia dei malvagi, figlio mio, né per la strada, né nel foro. Conosco bene il modo di fare della gente del gior­no d'oggi. Chi è cattivo vuole che anche il buono lo diven­ti, perché gli somigli. Questa gentaglia sovverte le buone abitudini; ladri, avari, invidiosi, prendono il sacro per pro­fano, il pubblico per privato, questi ingordoni!40 Io soffro per tale situazione e mi tormento; giorno e notte ti ripeto di guardarti da quella gente! Loro si credono in dovere di tener giù le mani solo da ciò che non possono arraffare. Quanto al resto, addosso, è tutto un rubare, un portar via, un fuggire, un nascondersi! È uno spettacolo che mi fa piangere: son vissuto fino ad ora per dover vedere questa genia! Perché non me ne sono andato prima? Costoro esal­tano i costumi dei padri e mentre lo fanno li infangano.41 Io ti spingo a non imitarli perché tu non contragga queste abitudini. Ti esorto invece a seguire il mio esempio e i buo­ni vecchi costumi e a far quello che io ti prescrivo. Non vo­glio aver niente a che fare con queste abitudini merdose, sozze, con cui perfino la brava gente perde la faccia. Se ter­rai conto di questi miei avvertimenti ti sentirai il cuore in pace.

LISITELE    Dalla prima fanciullezza fino a quest'età io mi son sempre attenuto ai tuoi consigli e ordini, padre. Per il mio carattere42 io mi considero libero, pur tuttavia ho sempre ritenuto giusto assoggettare il mio temperamento alla tua autorità.

FILTONE    Chi fin da piccolo combatte col proprio tempera­mento, incerto se debba assecondarne le tendenze o ade­guarsi al modello che gli propongono genitori e parenti, se cede agli impulsi del suo animo, la partita è chiusa: diventa schiavo delle proprie inclinazioni e non fa più il suo vero interesse; se invece riesce a dominare la propria indole, al­lora ottiene la più bella vittoria della sua vita. Così se sei tu ad aver avuto la meglio sul tuo temperamento e non il con­trario, puoi ben rallegrarti. È molto più importante essere come è bene che tu sia piuttosto che come vorrebbero i ghiribizzi del tuo carattere! Maggior fama di bontà hanno certamente quelli che sanno vincersi che quelli che sono in balia dei propri capricci.

LISITELE    A questi principi ho informato la mia giovinezza; mi son guardato bene dall'introdurmi in cattive compa­gnie, dall'andare a zonzo di notte, dal rubare ad altri, dal procurarti comunque, padre mio, motivi di rincrescimen­to. Ho custodito gelosamente43 le regole che mi hai incul­cato, grazie alla mia capacità di controllo.

FILTONE    Perché tiri in ballo tutto questo? Se hai agito bene lo hai fatto per te, non per me. Io sono alla fine della mia vita. La tua condotta riguarda soprattutto te stesso. È one­sto solo colui al quale la propria onestà e la propria bontà non sembrano mai sufficienti; chi invece è soddisfatto di sé non è né onesto né buono. Solo colui che non ha un buon concetto di se stesso ha la capacità di migliorare. Sopra le tue buone azioni stendi uno strato di altre buone azioni, perché il tetto non lasci passare l'acqua.

LISITELE    C'è una ragione, padre mio, per cui ti ho detto tut­to questo: c'è una cosa di cui ti voglio pregare.

FILTONE    Che cos'è? Son pronto a concedertela.

LISITELE    C'è un ragazzo di nobile famiglia, mio amico e coetaneo, che non è stato troppo prudente e avveduto nell'amministrare il suo patrimonio, al quale vorrei pro­prio, padre mio, dare un po' di aiuto, se tu non sei con­trario.

FILTONE    Attingendo dal tuo, naturalmente?

LISITELE    Certo: del resto quel che è tuo è mio e tutto quel che è mio è tuo.

FILTONE    Che cosa capita a questo tuo amico? Ha problemi economici?

LISITELE    Ne ha.

FILTONE    Ma era ricco?

LISITELE    Eh, sì. Lo era.

FILTONE    E come ha fatto a impoverirsi? Si è trovato impli­cato in imprese pubbliche o in traffici marittimi? Ha fatto dei commerci sbagliati, per esempio con gli schiavi, ove ha pèrso denaro?

LISITELE    Niente di tutto ciò.

FILTONE    Che cosa allora?

LISITELE    È stato troppo buono, padre mio. E in più ha sper­perato non poco nei divertimenti che si è concesso.

FILTONE    Per Polluce, gli stai facendo una raccomandazione proprio da amico a questo qui! Lui però ha distrutto il suo patrimonio e si è ridotto in miseria non certo per traffici lodevoli! Non mi va affatto che ti sia amico uno che si comporta così!

LISITELE    Ma non l'ha fatto per cattiveria! Vorrei proprio aiutarlo a cavarsela.

FILTONE    Non fa mica del bene a un mendicante chi gli dà denaro da spendere in cibi e bevande. Prima di tutto quel che gli regala è buttato via, poi non fa che prolungargli una vita miserabile. Non ti dico questo perché non voglio asse­condare i tuoi desideri, anzi, lo farò volentieri, ma se mi esprimo così su quel tale è per indurti a riflettere a non di­ventare tu oggetto di compassione per averne avuta troppa per gli altri.

LISITELE    Avrei rimorso se lo abbandonassi senza porgergli aiuto nelle difficoltà.

FILTONE    Aver rimorso è molto meglio che pentirsi, per quanto le due espressioni si equivalgano.44

LISITELE    Ma padre mio, bisogna proprio dire che, per grazia degli dei e anche per merito dei nostri antenati e tuo, ab­biamo tanti di quei soldi di onesta provenienza che se farai del bene a un amico non potrà rincrescerti di averlo fatto! Piuttosto sentiresti rammarico nel caso non lo facessi.

FILTONE    Se togli un po' di denaro da un gran mucchio, que­sto diventa maggiore o minore?

LISITELE    Evidentemente minore. Però ricordi il ritornello che si suol cantare a chi non molla mai niente?45 «Che tu possa perdere quel che hai e ottenere invece quel che non hai, cioè un malanno, perché non sei capace di viver bene né di far del bene agli altri!»

FILTONE    Lo so, lo so, che così si suol dire, ma ti ricordo, fi­glio mio, che il vocabolo che tu hai usato46 indica chi non possiede niente per poter assolvere i propri obblighi.

LISITELE    Ma noi, grazie agli dei, ne abbiamo per goderne personalmente e per essere generosi con chi ci vuol bene.

FILTONE    Per Polluce, non riesco proprio a rifiutarti ciò che vuoi. Chi è dunque la persona di cui vuoi alleviare la po­vertà? Non aver paura di dirlo a tuo padre.

LISITELE    È Lesbonico, figlio di Carmide, che sta in quella casa lì.47

FILTONE    Quel tale che si è mangiato quel che aveva e anche quel che non aveva?

LISITELE    Non criticare troppo, padre mio. Agli uomini succe­de di tutto: cose che desiderano e cose che non vorrebbero.

FILTONE    Stai raccontando storie, figlio mio, cosa che di soli­to non fai. Il saggio si plasma da sé la sua fortuna e perciò non son molti gli inconvenienti che gli capitano, a meno che non sia un cattivo scultore.

LISITELE    Molto deve esercitarsi nell'arte del plasmare chi vuol plasmare come si deve la propria vita! Ma quello lì è ancora un giovincello!

FILTONE    Non è con l'età che si raggiunge la saggezza, ma con le proprie qualità morali. L'età è come il condimento della saggezza, però è la saggezza che è il cibo per l'età. Ma concludiamo: che cosa vuoi dare al tuo amico?

LISITELE    Proprio niente, padre mio, basta che tu mi permet­ta di accettare quel che lui dà a me.

FILTONE    È così che pensi di alleviare la sua indigenza, pren­dendo qualcosa da lui?

LISITELE    Proprio così, padre.

FILTONE    Per Polluce, questa faccenda me la devi proprio spiegare.

LISITELE    Naturalmente. Sai da quale famiglia proviene?

FILTONE    Certo, e la considero ottima.

LISITELE    Lui ha una sorella nubile, in età da marito: voglio sposarla senza dote.

FILTONE    Prendere una moglie senza dote?

LISITELE    Proprio così. In questo modo la tua sostanza non si tocca, ma otterrai lo stesso da lui una grande riconoscenza. Non potresti portargli aiuto in modo più indolore.

FILTONE    E io dovrei permettere che tu ti prenda una moglie senza dote?

LISITELE    Dovresti proprio, padre! Senza contare che procu­reresti alla nostra famiglia una gran bella fama.

FILTONE    Potrei sciorinarti una serie di dotte sentenze e sprecare la mia abilità retorica: sono vecchio e so come vanno da sempre le cose. Ma quando vedo che tu vuoi atti­rare amicizia e benevolenza verso la nostra famiglia, anche se finora mi sono opposto al tuo desiderio, ora decido così: ti do il mio permesso. Chiedila in moglie e sposala!

LISITELE    Che gli dei mi ti conservino! Ma a questo favore aggiungi ancora una cosa.

FILTONE    E che sarebbe questa cosa?

LISITELE    Ecco: va' tu dal mio amico, tratta tu, fa' tu la ri­chiesta.

FILTONE    Ah! Questo dovrei fare?

LISITELE    Farai più presto ad accordarti; quel che tu combi­nerai sarà definitivo. Avrà più peso una tua sola parola che cento delle mie.

FILTONE    Ecco che bega mi sono tirato addosso con la mia benevolenza! Va bene! Me ne occuperò io.

LISITELE    Come sei buono! Guarda: la casa dove abita il mio amico è questa qui; il suo nome è Lesbonico. Vai a sbrigar la faccenda. Io ti aspetterò a casa.

Scena III

FILTONE

Non è un grande affare né una sistemazione adeguata: ma ce n'è di ben peggio. Un unico pensiero mi consola: che se uno decide di fare solo quello che gli piace in contrasto con i desideri di suo figlio, finisce coll'annaspare nel vuoto e non concludere niente: in più si fa venire il mal di fegato. Chi si comporta così si prepara una vecchiaia più fredda di quanto già non sia, tirandosi addosso quella malaugurata tempesta. Ma ecco che la porta della casa dove stavo per entrare si apre. È proprio Lesbonico che esce a proposito, accompagnato da un servo.

Scena IV

LESBONICO STASIMO FILTONE48

LESBONICO Son passati meno di quindici giorni da quando hai ricevuto da Callicle quaranta mine per questa casa.49 È così o non è così, Stasimo?

STASIMO   Se ci penso, mi par di ricordare che sia andata pro­prio così.

LESBONICO Che ne hai fatto?

STASIMO   Si è mangiato, si è bevuto, ci si è spalmati d'un­guenti e si è fatto il bagno alle terme; poi se ne son portati via un po' il pescivendolo,50 un po' il panettiere, e via via i macellai, i cuochi, gli ortolani, i profumieri, i pollivendoli: il denaro se ne va in un baleno, si disperde di qua e di là, per Ercole, più velocemente dei semi di papavero gettati alle formiche.

LESBONICO Ma in queste spese avrai certo consumato meno di sei mine!

STASIMO   E quello che hai speso con le puttane?

LESBONICO Rientra in quel conto.

STASIMO   E quello che ti ho rubato io?

LESBONICO            Eh, quella sarà una bella somma!

STASIMO      Non pretenderai che quello che prelevi possa essere ancora lì a tua disposizione; a meno che tu non pensi che il denaro per te non debba finire mai.

FILTONE       (tra sé) È tardi ed è da sciocchi fare i conti come costui fa, dopo aver consumato il patrimonio; sarebbe sta­to necessario esser guardinghi prima.

LESBONICO            Non c'è verso, il conto non torna per niente.

STASIMO      Ma sì che torna, per Ercole! I soldi se ne sono an­dati, e basta! Hai avuto o no quaranta mine da Callicle ed egli ha ricevuto o no in cambio il possesso della casa?

LESBONICO            Certo.

FILTONE       (tra sé) Per Polluce, allora questo futuro parente, a quanto mi risulta, si è venduto la casa, e suo padre, quando tornerà dal viaggio, dovrà accamparsi sotto la porta della città, a meno che non vada a cercarsi un riparo nel ventre del figlio.51

STASIMO      E le mille dracme che abbiam dovuto restituire al banchiere Olimpico, quelle che gli dovevi dal tuo conto, secondo la garanzia che tempo fa ti era stata richiesta?

LESBONICO            Ah, già! Quelle che avevo garantito di versare.

STASIMO      Di' piuttosto «quelle che ho buttate via» per quel giovane che dicevi essere ricco.

LESBONICO            È vero.

STASIMO      Come è vero che il denaro è finito.

LESBONICO            Anche questo è un fatto. Ma l'ho visto in mise­ria, quel poveretto, e mi ha fatto pena.

STASIMO      Tu provi compassione per gli altri, ma di te stesso non hai né compassione né vergogna.

FILTONE       (tra sé) E tempo che lo affronti.

LESBONICO            È Filtone costui che ci viene incontro? Ma sì, per Ercole, è proprio lui!

STASIMO      (tra sé) Per Polluce, come vorrei che quel tipo, con tutto il suo denaro, divenisse mio servo!

FILTONE       Filtone augura ogni bene a Lesbonico e a Stasimo, padrone e servo.

LESBONICO            Che gli dei esaudiscano tutti i tuoi desideri, Fil­tone! E tuo figlio? Come sta?

FILTONE       Ti vuole molto bene.

LESBONICO            E anch'io a lui.

STASIMO      (tra sé) "Voler" bene non vuol dir niente se uno non "fa" anche del bene. Anch'io "vorrei" essere libero, ma pos­so aspettare di esserlo! Il mio padrone può pur "volere" es­sere una persona per bene, ma è pura fantasia!

FILTONE       Mio figlio mi ha mandato da te perché io ti propo­nessi di stringere tra noi affettuosi legami di parentela: vuole sposare tua sorella, e io sono d'accordo.

LESBONICO            Non ti riconosco: sei ricco e fortunato e vieni a deridere le mie disgrazie.

FILTONE       Ma no: ti parlo da uomo52 a uomo e Giove mi scampi dal venire a deriderti! Non te ne riterrei degno. Ti ho detto la verità: mio figlio mi ha pregato di chiederti tua sorella in moglie a suo nome.

LESBONICO            È giusto che io sia cosciente della mia situazio­ne: non è adeguata alla vostra. Cercatevi una parentela di­versa.

STASIMO      Sei sano di mente, hai il cervello a posto per rifiu­tare questa proposta? Per me è chiarissimo: hai trovato un amico disposto a portarti aiuto.53

LESBONICO            Vuoi andartene alla malora?54

STASIMO      Per Ercole, se lo facessi me lo impediresti.

LESBONICO            Se non c'è altro, Filtone, la mia risposta te l'ho data.

FILTONE       Mi aspetto che tu sia un po' più comprensivo di quanto hai finora dimostrato, Lesbonico. Non ci aiuta a vi­vere l'agire e il parlare da stolti.

STASIMO      Questo signore ha ragione.

LESBONICO            (a Stasimo) Ti caverò un occhio se dici ancora una sola parola.

STASIMO      Non mi fai paura. Se è il caso la dirò lo stesso, an­che se dovrò parlare da orbo.

FILTONE       Allora continui a sostenere che la tua posizione e le tue condizioni economiche non possono essere paragonate alle nostre?

LESBONICO            È così.

FILTONE       Stammi a sentire. Se tu andassi a cena nel tempio,55 a uno di quei banchetti che chiamano popolari, e per caso ti trovassi seduto vicino a un ricco davanti a cui i clienti si fossero affannati ad accumulare le pietanze, e qualcuna di queste piacesse a te, la mangeresti o resteresti lì, sdraiato vicino al ricco, senza mangiare?

LESBONICO            Macché! Io mangerei, se quello non me lo im­pedisse.

STASIMO      E io mangerei anche se quello cercasse di impedir­melo, e mi riempirei la bocca e divorerei a quattro palmen­ti e gli sottrarrei soprattutto i bocconcini da lui preferiti senza lasciargli niente di quel che piace a me. Non è pro­prio il caso di aver dei riguardi per chicchessia a tavola: lì ci si batte per questioni della massima importanza.

FILTONE       Hai toccato il punto.

STASIMO      Non racconto storie: gli cederei il passo in strada, sul marciapiede, nei pubblici uffici; ma per quel che ri­guarda la pancia niente da fare, per Ercole! Non mi ritire­rei di un passo, a meno che non mi ci obbligasse a forza di pugni. Con i tempi che corrono, una cena è come un'ere­dità che non si deve spartire con nessuno.56

FILTONE       Tu devi sempre considerare, Lesbonico, che la co­sa migliore è cercare di essere il migliore. Se poi non ci rie­sci, cerca almeno di star vicino a quelli che lo sono. Quindi questo rapporto che ti propongo e che voglio avere con te, vorrei che tu, Lesbonico, me lo concedessi e lo accettassi. Sono gli dei a essere ricchi, a loro spettano lo sfarzo e il prestigio, mentre noi, piccoli uomini, appena abbiamo esa­lato l'ultimo respiro,57 tutti quanti, il poveraccio e il ricco­ne, siamo tenuti in ugual conto da morti, sulle rive dell'Acheronte.

STASIMO      Ci vorrebbe anche che tu ti portassi fin là le tue ric­chezze! Quando sarai morto non sarai altro che quel che la parola appunto dice.

FILTONE       Allora, perché tu ti convinca che in questo caso non contano prestigio e ricchezza e che noi vogliamo solo essere in buoni rapporti con te, ti chiedo tua sorella in spo­sa per mio figlio, senza dote. E che tutto vada bene! Ho il tuo assenso? Perché taci?

STASIMO      Per gli dei immortali, che razza di splendida pro­posta!

FILTONE       Perché non consenti e non dici: «Te la prometto e che tutto vada bene!»?

STASIMO      Ohimè! Quando non era il caso prometteva a de­stra e a manca, adesso che occorre dire «Prometto» non riesce a dirlo.

LESBONICO Del fatto che mi riteniate degno di essere vostro parente, vi ringrazio moltissimo, Filtone. Però, pur se il mio patrimonio si è ridotto a nulla per mia colpa, tuttavia mi resta un campo in prossimità della città: lo darò in dote a mia sorella. È tutto quello che mi resta, oltre la vita, in conseguenza del mio comportamento dissennato.

FILTONE       Ti garantisco che della dote non mi interessa niente.

LESBONICO            Ma io son deciso a dartela.

STASIMO      E tu vorresti, padron mio, privarci di quell'unica fonte di sostentamento? Bada bene di non farlo. Che cosa avremo poi da mangiare?

LESBONICO            Vuoi tacere sì o no? Devo render conto a te?

STASIMO      (tra sé) Siamo belli e finiti se io non trovo una qual­che scappatoia. (Forte) Filtone, ho bisogno di parlarti.

FILTONE       A tua disposizione, Stasimo.

STASIMO      Vieni un po' qui, da parte.

FILTONE       Va bene.

STASIMO      Ho da dirti qualcosa in segreto, che non venga a saperlo lui (indica Lesbonico), né nessun altro.

FILTONE       Non aver paura di affidarmi qualunque confidenza.

STASIMO      Ti metto in guardia, in nome degli dei e degli uo­mini, dall'accettare quel campo per te o per tuo figlio. E ti dimostrerò perché.

FILTONE       Sono curioso di sentire, per Polluce!

STASIMO      Per prima cosa, quando si ara la terra, ogni quattro solchi muoiono i buoi.

FILTONE       Che gli dei ci scampino!58

STASIMO      Deve esserci la porta dell'inferno, in quel nostro terreno! I grappoli d'uva, prima di maturare, penzolano marci dalla vite.

LESBONICO (tra sé) Penso che cerchi di persuaderlo. Sarà un delinquente, ma tutto sommato mi è fedele.

STASIMO      Ascolta il resto. Quando altrove ci si prepara a mietere frumento in grande abbondanza, questo campo rende tre volte meno di quanto si è seminato.

FILTONE       Guarda un po'! Allora varrebbe la pena di semi­narci i cattivi costumi, se durante la crescita potessero estinguersi!59

STASIMO      Non basta! Non ci fu proprietario di quel campo cui non sia capitata una disgrazia. Alcuni di loro dovettero andare in esilio, altri morirono, altri si impiccarono. Guar­da questo qui, l'attuale proprietario! È perduto!60

FILTONE       Alla larga da questo campo!

STASIMO      E lo dirai ancor di più se ascolterai fino in fondo quel che ti dico. Un albero sì e uno no è stato colpito dal fulmine; i porci muoiono miseramente di angina; le pecore hanno la pelle ruvida, senza pelo, come la mia mano. Perfi­no di quella razza di schiavi che sono i Siri, estremamente resistente, nessuno ha retto qui nemmeno sei mesi! Si prendono dei colpi di sole e crepano.

FILTONE       Sono convinto che sia così, Stasimo. Ma quelli di origine campana61 sono ormai capaci di sopportare molto più dei Siri. Per altro in questo campo, a stare a quel che ho sentito da te, varrebbe la pena che lo Stato mandasse tutti i malfattori. È un po' come quando si parla delle isole dei beati,62 in cui dovrebbero andare a finire i buoni. Al contrario, in quel postaccio, se ha le caratteristiche di cui tu parli, dovrebbero proprio esser cacciati i delinquenti!

STASIMO      È il ricettacolo delle disgrazie! Che dire di più? Non c'è cosa tanto orribile che tu non possa trovare lì.

FILTONE       Tu, veramente, le puoi trovare sia lì che altrove.63

STASIMO      Sta' attento a non rivelare che ti ho dato queste informazioni.

FILTONE       Hai parlato con uno che sa tacere.

STASIMO      Perché quello lì (indica Lesbonico) sta cercando in tutti i modi di disfarsene, di quel campo, se appena appena trova uno da mettere nel sacco!

FILTONE       Mio, per Ercole, non diventerà mai!

STASIMO      Almeno se avrai buon senso! (Tra sé) Sono stato abilissimo, per Ercole, a spaventare il vecchio a proposito

STASIMO      Ascolta il resto. Quando altrove ci si prepara a mietere frumento in grande abbondanza, questo campo rende tre volte meno di quanto si è seminato.

FILTONE       Guarda un po'! Allora varrebbe la pena di semi­narci i cattivi costumi, se durante la crescita potessero e-stinguersi!59

STASIMO      Non basta! Non ci fu proprietario di quel campo cui non sia capitata una disgrazia. Alcuni di loro dovettero andare in esilio, altri morirono, altri si impiccarono. Guar­da questo qui, l'attuale proprietario! È perduto!60

FILTONE       Alla larga da questo campo!

STASIMO      E lo dirai ancor di più se ascolterai fino in fondo quel che ti dico. Un albero sì e uno no è stato colpito dal fulmine; i porci muoiono miseramente di angina; le pecore hanno la pelle ruvida, senza pelo, come la mia mano. Perfi­no di quella razza di schiavi che sono i Siri, estremamente resistente, nessuno ha retto qui nemmeno sei mesi! Si prendono dei colpi di sole e crepano.

FILTONE       Sono convinto che sia così, Stasimo. Ma quelli di origine campana61 sono ormai capaci di sopportare molto più dei Siri. Per altro in questo campo, a stare a quel che ho sentito da te, varrebbe la pena che lo Stato mandasse tutti i malfattori. È un po' come quando si parla delle isole dei beati,62 in cui dovrebbero andare a finire i buoni. Al contrario, in quel postaccio, se ha le caratteristiche di cui tu parli, dovrebbero proprio esser cacciati i delinquenti!

STASIMO      È il ricettacolo delle disgrazie! Che dire di più? Non c'è cosa tanto orribile che tu non possa trovare lì.

FILTONE       Tu, veramente, le puoi trovare sia lì che altrove.63

STASIMO      Sta' attento a non rivelare che ti ho dato queste informazioni.

FILTONE       Hai parlato con uno che sa tacere.

STASIMO      Perché quello lì (indica Lesbonico) sta cercando in tutti i modi di disfarsene, di quel campo, se appena appena trova uno da mettere nel sacco!

FILTONE       Mio, per Ercole, non diventerà mai!

STASIMO      Almeno se avrai buon senso! (Tra sé) Sono stato abilissimo, per Ercole, a spaventare il vecchio a proposito

STASIMO      Allora te ne vai?

LESBONICO            Non voglio che sia minimamente danneggiata...

STASIMO      Vai, per favore!

LESBONICO ... per trascuratezza mia.

STASIMO      Vai!

LESBONICO            Non mi pare proprio giusto che le mie colpe...

STASIMO      Vattene!

LESBONICO ... non ricadano soprattutto su di me.

STASIMO      Vai!

LESBONICO            Padre mio, potrò mai rivederti?65

STASIMO      Adesso fuori dai piedi!

(Escono Lesbonico e Filtone)

Oh! Finalmente ho ottenuto che se ne andasse. In no­me degli dei! Ecco che quando tutto sembrava andare a catafascio, è apparso uno spiraglio di luce, almeno se il campo resta in mano nostra. Per quanto, è ancora incerto come si concluderà la faccenda. Ma se il campo viene ce­duto, per la mia groppa è finita. Si dovrà andare all'este­ro,66 dovrò sobbarcarmi il peso dello scudo, dell'elmo, del bagaglio. Fatte le nozze, Lesbonico dovrà svignarsela dalla città e andare chissà dove a cercar guai, al soldo di chissà chi, o in Asia o in Cilicia! Adesso però io vado dove mi è stato ordinato, anche se non posso più vedere questa casa da quando quel signore67 ci ha espropriato.

ATTO III

Scena I

CALLICLE STASIMO

CALLICLE    Che cos'è questa storia che mi hai raccontato, Stasimo?

STASIMO   Che Lesbonico, il figlio del mio padrone, ha pro­messo in sposa sua sorella. Tutto qui.

CALLICLE    E a chi l'ha promessa?

STASIMO   A Lisitele, figlio di Filtone, e per di più senza dote.

CALLICLE    Collocherà sua sorella senza dote in una famiglia così ricca? Non posso crederti.

STASIMO   E tu, per Polluce, non crederci! Ma se non ci credi tu, io crederò...

CALLICLE    Che cosa?

STASIMO   ... che non me ne importa un bel niente.

CALLICLE    Quando e dove questo sarebbe avvenuto?

STASIMO   Ora, qui, davanti alla porta: «or non è guari» di­rebbe un Prenestino.68

CALLICLE    È possibile che Lesbonico sia diventato tanto più assennato adesso che è andato in malora di quando stava bene?

STASIMO   Ma è stato Filtone in persona a prendere l'iniziati­va di venire a far la domanda per il figlio.

CALLICLE    Per Ercole, sarà uno scandalo se non si darà una dote alla ragazza! Alla fin fine mi rendo conto che la cosa spetta a me. Andrò dal mio critico69 e chiederò a lui un consiglio.

STASIMO   Approssimativamente ho già un'idea di quel che va a fare così di fretta: la cosa mi puzza. Vuol togliere a Lesbonico il possesso del campo come già ha fatto per la casa da cui l'ha sbattuto fuori. Carmide, padron mio, qui ti de­rubano di tutto, profittando della tua assenza! Potessi ve­derti tornare sano e salvo a vendicarti dei tuoi nemici e a ringraziarmi di come mi son comportato e continuo a com­portarmi verso di te! È veramente difficile trovare un ami­co che meriti questo nome, a cui tu possa affidare i tuoi averi e poi dormirci sopra senza preoccupazione! Ma ecco che vedo avanzarsi il signor genero con il futuro cognato. Mi sembra che non siano troppo d'accordo. Camminano tutti e due d'.un passo affrettato e l'uno tira per il mantello l'altro che lo precede. Però adesso che si sono fermati han­no ripreso un atteggiamento composto.70 Mi tirerò un po' da parte perché ho voglia di sentire che cosa si dicono que­sti due novelli parenti.

Scena II

LISITELE LESBONICO STASIMO

LISITELE    Fermati subito, non voltarmi la faccia e non cercar di nasconderti.

LESBONICO Vuoi o no lasciarmi andare dove devo?

LISITELE    Ti lascerò se mi sembrerà che tu agisca per il tuo interesse, per la tua reputazione.

LESBONICO Stai facendo la cosa più facile.

LISITELE    Cioè?

LESBONICO Offendi un amico.

LISITELE    Non è mio costume e nessuno me l'ha insegnato.

LESBONICO Non te l'avranno insegnato, ma sembra che tu lo sappia benissimo. Che altro faresti, se te l'avessero vera­mente insegnato, per essere così insopportabile con me? Fingi di volermi far del bene, ma mi fai invece del male e mi metti a disagio.

LISITELE    Io?

LESBONICO Sì, tu.

LISITELE    Come faccio a farti del male?

LESBONICO Facendo quello che io non voglio.

LISITELE    Ma io voglio provvedere al tuo interesse.

LESBONICO Tu lo faresti meglio di me? Ho abbastanza buon senso e ho un'idea chiara di quello che torna a mio vantaggio.

LISITELE    Sarebbe questo l'aver buon senso, rifiutare un be­neficio da chi lo fa perché ti vuol bene?

LESBONICO Non ritengo un beneficio quello che non piace alla persona a cui è diretto. Ho perfetta coscienza di quel che devo fare e non perdo la testa facilmente: non riuscirai con le tue parole a distogliermi dal preoccuparmi dell'opi­nione della gente.

LISITELE    Ah, sì? Be'! Non posso trattenermi dal dirti quel che ti meriti. Credi che i tuoi antenati ti abbiano tramanda­to il loro buon nome perché tu lo infangassi e con la tua cattiva condotta distruggessi quello che avevano conqui­stato con la loro virtù? Eh, no! Perché tu fossi garante71 della dignità dei tuoi discendenti, tuo padre e tuo nonno ti hanno spianato la strada, te l'hanno resa facile verso la conquista dell'onore: tu sei riuscito a farla diventare diffici­le per colpa tua, per la tua inettitudine e la tua insensata condotta. Hai preferito anteporre i tuoi amori alla virtù. E adesso con questo modo di agire credi di poter tirare un velo sui tuoi errori? Ah! no, caro mio! Devi aprire il tuo animo alla virtù e scacciare dal cuore la tua infingardaggi­ne. Presentati nel foro e dedicati agli amici, invece che alle donne a letto, come sei solito fare. E io insisto perché tu ti tenga questo campo e abbia così un mezzo di redenzione: in tal modo i cittadini che ti sono nemici non potranno rin­facciarti una totale indigenza.

LESBONICO Tutto quello che hai detto lo so fin troppo bene e potrei mettere per scritto che ho distrutto il patrimonio e infangato la reputazione dei miei antenati. Sapevo come dovevo comportarmi, ma nella mia pochezza non ce la fa­cevo a metterlo in pratica. Così, sedotto dalla potenza di Venere e invischiato negli allettamenti dell'ozio, mi sono lasciato traviare. E ora, per come ti comporti con me, ti ringrazio moltissimo.

LISITELE    Ma io non posso tollerare che le mie fatiche vada­no perdute in tal modo e che tu non tenga conto delle mie parole; e anche mi rincresce che tu non te ne vergogni. An­drà a finire, se proprio non mi ascolti e non fai quel che ti dico, che ti nasconderai come niente fosse dietro la tua ombra, in modo che l'Onore non ti ritrovi, e rimarrai lì, se­polto nelle tenebre, anche quando ti verrà voglia di ritor­nare alla luce del sole. Perché io conosco a fondo la tua in­dole, Lesbonico, e so che è nobile; so che non hai sbagliato per tua volontà ma che l'Amore ti ha ottenebrato gli altri sentimenti; lo so perché io stesso conosco tutte le sue vie.72 È come un proiettile quando vien lanciato: non v'è nulla che sfrecci via volando più velocemente. È lui che rende i comportamenti degli uomini strambi e fastidiosi. Se qual­cuno ci consiglia qualcosa, non ci piace; se ce la sconsiglia, allora ci piace. Si brama quel che non si ha e si disprezza quello che si ha. Chi tenta di allontanarci da qualcosa ci spinge a farla; chi invece vuol persuaderci ce ne distoglie. È follia scegliere di abitare in casa di Cupido. Io ti racco­mando caldamente di pensar bene a quel che vuoi fare. Se fai quello che pretendi,73 darai fuoco alla tua stirpe. Allora cercherai ansiosamente dell'acqua che ne estingua l'incen­dio ma se la troverai, dato che gli innamorati sono così scaltri,74 soffocherai la fiamma senza lasciare nemmeno una scintilla da cui la stirpe possa riprendere vigore.

LESBONICO Di scintille se ne può trovare facilmente: il fuo­co te lo danno, anche se lo chiedi a un nemico. Ma tu, mentre mi rimproveri per i miei errori, cerchi di trascinar­mi su una strada peggiore. Vuoi convincermi a darti mia sorella senza dote. Eh, no! Non mi sta bene. Dopo aver di­strutto tanta parte del patrimonio paterno io dovrei avere ancora del denaro e tenermi il campo e lei invece trovarsi povera in canna, tanto da odiarmi? E ne avrebbe ragione. Non potrà mai farsi prendere sul serio dagli altri chi si comporta con leggerezza con i suoi familiari. Manterrò quel che ho detto. Non voglio che tu ti dia da fare oltre.

LISITELE    Ti sembra una soluzione tanto migliore che tu ti ri­duca in povertà in favore di tua sorella e che io diventi il padrone del campo con cui tu invece potresti far fronte ai tuoi doveri?

LESBONICO Io non voglio che tu ti preoccupi di me per alle­viare la mia povertà, ma piuttosto per fare in modo che io non perda la faccia, pur essendo povero. Non consentire che sparlino di me, dicendo che ti ho dato mia sorella co­me amante piuttosto che come moglie, nel caso te la ap­pioppassi senza dote. Chi potrebbe allora aver fama peg­giore della mia? Una volta risaputa la notizia che l'hai sposata senza dote, tu saresti ritenuto generoso e nobile, io invece sarei coperto di fango. Tu ci guadagneresti in rispet­tabilità, a me avrebbero qualcosa in più da rinfacciare!

LISITELE    Che intendi dire? Credi che ti farebbero dittatore75 se io accettassi di prendere il tuo campo?

LESBONICO Non lo vorrei, non lo cerco, non penso di meri­tarlo. L'unico onore per un uomo per bene è fare il proprio dovere.

LISITELE    Ho capito benissimo che intendi fare: lo vedo, lo presagisco,76 lo sento. Tu ti comporti così perché, una volta stretta la parentela tra noi e consegnato a me quel campo, ridotto a non aver più niente per vivere, tu debba fuggirte­ne dalla città a mani vuote, abbandonare la patria, i paren­ti e gli amici: tutto questo dopo aver concluso le nozze! Così tutti direbbero che per colpa mia e della mia avarizia sei stato cacciato in esilio. Non pensare nemmeno lontana­mente che io sia disposto a tollerare che ciò avvenga.

STASIMO   Io scoppio se non urlo: «Bene, bravo, Lisitele, bis!77 La palma è tua senza discussione: costui è vinto e la tua commedia78 ha riportato la vittoria! Hai sviluppato meglio l'argomento e hai fatto versi più belli. (A Lesbonico) A te invece, per la tua stoltezza, infliggerò la multa di una mina».79

LESBONICO Hai il coraggio di interromperci e di intromet­terti nella nostra discussione?

STASIMO   Così come mi sono intromesso mi estrometterò.

LESBONICO Vieni con me a casa, Lisitele! Lì potremo chiac­chierare più a lungo su questo argomento.

LISITELE    Non è mia abitudine trattare in segreto. È qui che continuerò ad esporti come la penso. Se tua sorella, come ritengo giusto, mi vien data in moglie così, senza dote, e tu non te ne vai da qui, quel che è mio sarà tuo. Se hai altre intenzioni... ti faccio tanti auguri per tutto, ma io non ti sarò amico a condizioni diverse da quelle che ti ho propo­sto. Ho preso la mia decisione.

(Esce)

STASIMO   E così se ne è andato. Hai sentito, Lisitele? Qui ti voglio... Ma se ne è andato anche lui! Sei rimasto solo, Sta-simo! Che posso più fare se non chiudere i bagagli, pren­dermi lo scudo in groppa e farmi inchiodare grosse suole sotto le scarpe? Non c'è altra soluzione. Già mi vedo ridot­to tra non molto a facchino militare. Credo che il mio pa­drone si metterà al servizio di qualche re e che, paragonato ai grandi combattenti sarà un gran... fuggente, e che il bot­tino lo raccoglierà colui che lo affronterà in battaglia. Quanto a me, quando mi sarò munito di arco, faretra e frecce, e mi sarò calcato l'elmo sulla testa... mi farò un bel sonno sotto la tenda. Ora me ne vado al foro. Devo chiede­re la restituzione di un talento che ho prestato cinque gior­ni fa, tanto per avere in tasca del denaro per il viaggio.

Scena III

MEGARONIDE CALLICLE

MEGARONIDE A quanto mi dici, Callicle, non c'è verso di evitare di dare una dote alla ragazza.

CALLICLE Eh, no, per Ercole! Non sarebbe onesto che tolle­rassi che lei si sposasse senza dote, quando il suo patrimo­nio ce l'ho io, in casa.

MEGARONIDE Certo, la dote ce l'ha bell'e pronta in casa; a meno che tu non voglia aspettare che il fratello la sistemi senza dote. Poi potresti andare tu da Filtone e dirgli che sei disposto a dare tu la dote in nome dell'amicizia con suo pa­dre. Ho paura però che una tale offerta ti esponga alle accu­se della gente e ti procuri cattiva fama. Direbbero che non senza motivo tu ti mostri generoso con la ragazza: la dote per lei te l'avrebbe data suo padre e a quella somma tu avresti attinto per compiere quest'atto di liberalità; che inoltre nemmeno gliela avresti consegnata integra come ti era stata affidata: sosterrebbero che tu te ne sei sgraffignato una par­te. D'altronde aspettare che torni Carmide sarebbe troppo lungo. Intanto al giovanotto potrebbe esser passata la voglia di sposarsi con quella: lui è un partito di prim'ordine.

CALLICLE    Tutte queste cose, per Ercole, son venute in men­te anche a me! Guarda se non ti pare più pratico e vantag­gioso che io affronti Lesbonico e gli racconti tutto per filo e per segno. Però come faccio a svelare la presenza di un tesoro a un giovane che non ha controllo ma pensa solo all'amore ed è dominato dai sensi? Non è assolutamente cosa da farsi, per Ercole! Quello, ne sono sicuro, sarebbe capace di mangiarsi anche il posto dove è racchiuso il teso­ro! E ho perfin paura di dissotterrarlo, perché temo che egli senta il rumore e scopra tutto quanto, se appena appe­na ventilerò l'ipotesi di dare alla ragazza una dote!

MEGARONIDE Come si può allora far saltar fuori questa be­nedetta dote di nascosto?

CALLICLE Fintanto che non si presenti l'occasione propizia, si può chiedere in prestito a qualche amico del denaro.

MEGARONIDE Ma sarà possibile scovare da qualche parte un amico che si lasci commuovere?

CALLICLE    Ma certo.

MEGARONIDE Storie!80 Ti sentiresti subito rispondere: «Io proprio non ho denaro da dare in prestito!».

CALLICLE    Preferirei che tu dicessi la verità,81 per Ercole, piuttosto che farmi un prestito!

MEGARONIDE Aspetta! Vedi se ti garba l'idea che m'è venuta.

CALLICLE    E quale sarebbe?

MEGARONIDE Mi par proprio d'averne trovato una conveniente.

CALLICLE    E allora dilla.

MEGARONIDE Si tratta di assoldare un uomo che sembri il più possibile forestiero.

CALLICLE    E che cosa dovrà fare poi?

MEGARONIDE Bisognerà vestirlo come un forestiero, a pun­tino. Non dovrà risultare una faccia nota, al contrario, un tipo mai visto, un contafrottole...82

CALLICLE    E che cosa dovrà fare?

MEGARONIDE... un gran bugiardo, uno pieno di arie...

CALLICLE    E poi?

MEGARONIDE Dovrà simulare di essere stato mandato al ra­gazzo da parte del padre, dalla Siria, per portargli i suoi sa­luti, informarlo che gli affari gli vanno bene, che è in otti­ma salute e che tornerà quanto prima. Dovrà portare due lettere che noi sigilleremo in modo che sembrino autentiche. Una la darà al giovane, l'altra dirà di volerla consegna­re a te.

CALLICLE    Sbrigati a concludere.

MEGARONIDE Dirà di portare dell'oro come dote per la ra­gazza e aggiungerà che il padre gli ha comandato di conse­gnarlo a te. Hai capito tutto ormai?

CALLICLE    In un certo senso. E ti ascolto esultante.

MEGARONIDE Allora tu darai finalmente il denaro al giova­ne, non appena la ragazza si sarà sposata.

CALLICLE    Uno splendido progetto davvero!

MEGARONIDE Così, quando dissotterrerai il tesoro, non su­sciterai nel fratello alcun sospetto: penserà che l'oro ti sia stato mandato da suo padre, mentre tu lo prenderai dal gruzzolo nascosto.

CALLICLE Perfetto, ben pensato! Per quanto, alla mia età, mi vergogno di inventare imbrogli... Ma quando il messo porterà le lettere sigillate, non credi che il ragazzo sia in grado di riconoscere se quello è o no il sigillo dell'anello di suo padre?

MEGARONIDE Vuoi tacere? Si possono trovare mille scuse per giustificare la differenza. Carmide può aver perso l'anello che aveva ed essersene comprato uno nuovo; op­pure il messo potrebbe portarle non sigillate e dire che i doganieri gliele hanno aperte e controllate. In un affare co­me questo, passare la giornata a cianciare è proprio una perdita di tempo: di sproloqui se ne posson sempre fare finché se ne vuole. Ora, corri sul luogo del tesoro più in fretta che puoi, senza farti vedere: e manda via servi e ser­ve. Mi ascolti?

CALLICLE    Sì. C'è altro?                   

MEGARONIDE Fa' di tutto per tener nascosta la faccenda an­che a tua moglie: quella non è capace di mantenere il più piccolo segreto. Sei ancora qui? Perché non ti sbrighi ad andartene? Apri il nascondiglio del tesoro, togline quanto ne serve per questa faccenda e ricopri subito la fossa. Ma in segreto, per carità, come ti ho detto!83 E prima manda via tutti da casa.

CALLICLE    Sarà fatto.

MEGARONIDE Abbiamo già parlato troppo, consumando un sacco di tempo quando84 ormai occorre fare in fretta. Non preoccuparti per il sigillo: vedi che io non lo faccio. È una splendida trovata quella di attribuire, come ti ho già detto, l'apertura delle lettere ai doganieri. Non vedi che ore sono? Che cosa credi che stia facendo Lesbonico, con le abitudini e il carattere che si ritrova? È certo già ubriaco fradicio. Ac­cetterà qualunque cosa. E poi, e questo è fondamentale, il messo dirà di portare, non di chiedere del denaro!

CALLICLE    Basta! Sono convinto.

MEGARONIDE Quanto a me, vado al foro, mi accaparro un im­broglione, sigillo due lettere, gliele consegno e lo spedisco dal giovanotto in questione dopo averlo istruito per bene.

CALLICLE    Io vado a casa a far quel che devo. Tu fa' la tua parte.

MEGARONIDE La eseguirò nel modo più brillante.85


ATTO IV

Scena I

CARMIDE

A Nettuno,86 fratello di Giove e di Nereo, signore del ma­re, a lui che molto può, con letizia rivolgo di gran cuore lo­di e ringraziamenti, a lui e alle sue salse onde, che pur ave­vano potere sui miei beni e sulla mia vita, per avermi riportato dalla loro sede incolume in patria. A te soprattut­to, Nettuno, prima che agli altri dei, sono sommamente grato, a te che tutti menzionano come crudele, inflessibile, avido, torbido, violento, intollerabile, pazzo! Al contrario posso testimoniare per esperienza che ti ho trovato placido e benevolo e che mi hai assecondato quando ero in alto mare. Prima d'ora già avevo sentito vantare dalla gente questa tua caratteristica: che tu suoli risparmiare i poveri e perseguitare invece i ricchi. Fai bene87 e te ne lodo: sai trat­tare a seconda della loro condizione, con giustizia, gli uo­mini: questo è degno degli dei. Non infieriscano mai sui poveri! Tu non mi hai tolto la tua protezione, mentre van­no dicendo che sei sleale. Se non ci fossi stato tu, lo so be­ne, i tuoi giannizzeri mi avrebbero fatto orribilmente a pezzi, povero me, in mezzo alle onde, e insieme avrebbero disperso tutti i miei beni nella distesa azzurra. Stavano tutti intorno alla nave, proprio come mastini, turbini, venti, rovesci, cavalloni, terribili procelle che si avventavano con­tro l'albero maestro, volevano strappare le antenne, squar­ciare le vele: e lo avrebbero fatto se tu non fossi stato lì a imporre loro la calma. Ma d'ora in avanti, basta, per favo­re! Voglio vivere in pace. Ho messo da parte abbastanza con le sfibranti fatiche che mi sono imposto, per costituire un patrimonio a mio figlio. (Entra in scena il sicofante) Ma chi è colui che si avanza nella piazza con quell'abito e quell'aspetto mai visto? Aspetterò, per quanto sia ansioso di andare a casa, e cercherò di capire che cosa intende fare.

Scena II

SICOFANTE CARMIDE

SICOFANTE Decido di chiamare questo giorno "Tre soldi". E il motivo è che oggi mi sono impegnato proprio per tre nummi a vender frottole. Sono uno che viene dalla Siria,88 dalla Macedonia, dall'Asia, dall'Arabia... tutti paesi che non ho mai visto e che non ho mai sfiorato con la punta di un piede! Guarda un po' che brutti scherzi fa il bisogno a un pover'uomo: sono costretto per tre nummi a sostenere di aver ricevuto queste due lettere da uno che non ho mai conosciuto, che non so che tipo sia, e manco so con certez­za se sia vivo o morto.

CARMIDE (tra sé) Per Polluce, questo qui sembra uno della fa­miglia dei funghi! È tutto coperto dal cappello!89 Al­l'aspetto, cioè a giudicare dal vestito, sembrerebbe venire dall'Illiria.

SICOFANTE Quel signore che mi ha assoldato,90 quando lo ha fatto, mi ha condotto a casa sua, mi ha esposto quel che voleva ch'io facessi e mi ha spiegato e mostrato accurata­mente come dovevo farlo. Se poi io adesso ci aggiungerò un tantino del mio, chi mi ha ingaggiato avrà fatto un affa­re ancor migliore grazie alle mie panzane. Mi sono camuf­fato come lui voleva: questo è il potere del denaro! Del re­sto il costume l'ha preso lui dall'affittuario91 a suo rischio: se adesso io riesco a fregarglielo, otterrò che si renda conto che son proprio un sicofante fatto e finito!

CARMIDE (tra sé) Più lo guardo e meno quel tipo mi piace. Sarebbe strano che non fosse un ladro notturno92 o un ta­gliaborse. Perlustra con lo sguardo la zona sbirciando tutto intorno, studia la casa. Credo proprio, per Polluce, che stia esaminando il luogo dove poi verrà a rubare. Mi viene an­cora più voglia di stare a spiare per scoprire le sue inten­zioni. Sì, mi ci devo impegnare.

SICOFANTE Quello che mi ha affittato mi ha già descritto questa zona: è quella la casa dove devo andare a compiere la mia bella impresa. Busserò alla porta.

CARMIDE (tra sé) Si dirige dritto dritto a casa nostra. Per Ercole, temo che, appena arrivato, stanotte mi tocchi già di dover fare la sentinella!

SICOFANTE Aprite, su, aprite! C'è qualcuno di guardia a questa porta?

CARMIDE Giovanotto, che cerchi? Che vuoi? Perché batti a questa porta?

SICOFANTE Ehi, calma, vecchio, son già stato censito e in quell'occasione ho dato tutte le informazioni al magistrato con la mia brava deposizione giurata!93 Sto cercando Lesbonico, voglio sapere dove sta; e anche un'altra persona, coi ca­pelli bianchi press'a poco come te: si chiama Callicle. Alme­no così mi ha detto chi mi ha consegnato queste lettere.

CARMIDE (tra sé) Toh! Questo qui cerca Lesbonico, mio fi­glio, e il mio amico Callicle, a cui io affidai i miei figli e il mio patrimonio.

SICOFANTE Sii buono, padre mio, dimmi dove abitano que­sti due!

CARMIDE Perché li cerchi? Chi sei? Da che paese vieni? Da dove arrivi?

SICOFANTE Mi chiedi un sacco di cose insieme. Non so qua­le risposta darti per prima. Se mi ripeterai le tue domande una dopo l'altra con calma, ti dirò il mio nome, i fatti miei, e ti racconterò il mio viaggio.

CARMIDE Va bene, ti accontento. Dimmi per prima cosa il tuo nome.

SICOFANTE Bella domanda, come inizio! È la più difficile.

CARMIDE Perché?

SICOFANTE Perché, padre mio, se cominciassi all'alba a par­tire dalla prima lettera del mio nome,94 non arriveresti in fondo se non in piena notte!

CARMIDE Bisogna munirsi di provviste da viaggio per arriva­re in fondo al tuo nome, stando a quel che dici.

SICOFANTE Però ne ho anche un altro, piccolo piccolo, co­me l'etichetta di una bottiglia di vino.

CARMIDE E come sarebbe questo nome, ragazzo?            

SICOFANTE "Pace." Questo è quello che uso tutti i giorni.

CARMIDE Per Polluce, che nome da imbroglione! È come se tu mi dicessi, nel caso che ti avessi prestato qualcosa e tut­to fosse andato perduto: «Pace!».95 (Tra sé) È chiaro che costui è un imbroglione. (Forte) Ascolta, ragazzo.

SICOFANTE Che vuoi?

CARMIDE In che rapporti sei con le persone che cerchi?   

SICOFANTE Il padre di quel giovane, Lesbonico, mi ha con­segnato queste due lettere. E mio amico.

CARMIDE (tra sé) Ecco che l'ho beccato, senza scampo. Dice che sono stato io a dargli le lettere. Adesso gliela faccio ve­dere io!

SICOFANTE Dato che ho cominciato, finirò di raccontarti la storia, se mi stai attento.

CARMIDE Non chiedo altro.

SICOFANTE Dunque la prima lettera mi ha incaricato di dar­la al figlio Lesbonico, la seconda al suo amico Callicle.

CARMIDE (tra sé) Dato che questo qui continua a raccontar panzane, mi è venuta voglia, per Polluce, di farlo anch'io. (Forte) Dove si trovava questo signore?

SICOFANTE Si occupava dei suoi affari con successo.

CARMIDE Ti ho chiesto: dove?

SICOFANTE In Siria.

CARMIDE Dunque è da lui che hai ricevuto queste lettere?

SICOFANTE Dalle sue mani alle mie.

CARMIDE E che aspetto ha quest'uomo?

SICOFANTE È uno più alto di te di circa un piede e mezzo.

CARMIDE (tra sé) Non si riesce a capire come mai quando son via sono più alto di quando sono qui. (Forte) E lo co­nosci bene?

SICOFANTE Mi fai delle domande ridicole! Vado sempre a pranzo con lui.

CARMIDE E come si chiama?                                             

SICOFANTE Per Polluce, ha un nome da persona distinta!

CARMIDE Dimmelo!

SICOFANTE Si chiama... si chiama... aspetta... oh, povero me!

CARMIDE Che ti succede?

SICOFANTE Ce l'avevo, il nome, ma sbadatamente me lo so­no mangiato!

CARMIDE Non mi garba la gente che sbrana gli amici.

SICOFANTE Eppure ce l'avevo sulla punta della lingua!

CARMIDE (tra sé) Per fortuna che oggi sono arrivato prima di lui.

SICOFANTE (tra sé) Disgraziato me, mi son fatto cogliere in flagrante!

CARMIDE E allora, te lo sei ricordato questo nome?

SICOFANTE Mi vergogno davanti agli dei e agli uomini!

CARMIDE Vedi un po' come conosci quell'uomo!

SICOFANTE Come me stesso, ti dico. Succede però che una cosa ce l'hai sotto mano, l'hai davanti agli occhi, e non rie­sci a trovarla! Adesso provo a ripensare alle lettere del no­me. Comincia per C.

CARMIDE Callia?

SICOFANTE No.                                                         

CARMIDE Callippo?

SICOFANTE No.

CARMIDE Calliclemide?         

SICOFANTE No.               

CARMIDE Callinico?        

SICOFANTE No.                 

CARMIDE Callimarco?

SICOFANTE No, no, non indovini. Ma del resto me ne im­porta ben poco, perché io per me lo so.

CARMIDE Ma bada che di Lesbonici qui ce n'è una quantità, e se tu non mi dici il nome del padre io non ti posso indica­re gli uomini che cerchi. A qual nome assomiglia? Vediamo se riusciamo ad avvicinarci per congettura.

SICOFANTE Si avvicina un po' a Care... o forse a Carmide?

CARMIDE Carmide, dici?

SICOFANTE Ci siamo, deve proprio chiamarsi così, che gli dei lo fulminino!

CARMIDE Ti ho già avvertito prima. E meglio mandare augu­ri a un amico che maledizioni.

STASIMO   Ma quell'accidente non mi ha fatto tribolare re­stando impastato tra labbra e denti?

CARMIDE Non dir male di un amico assente!

SICOFANTE E allora perché quel lazzarone continuava a sfuggirmi?

CARMIDE Se lo avessi chiamato per nome, ti avrebbe rispo­sto. Ma adesso dov'è?

SICOFANTE Per Polluce, l'ho lasciato presso Radamante, nell'isola Cecropia.96

CARMIDE (tra sé) Chi c'è di più imbecille di me, che vado a chiedere ad altri dove mi trovo? Ma ciò non compromet­te97 la situazione. (Forte) Ebbene? Che mi rispondi a que­st'altra domanda? Che luoghi hai visitato?

SICOFANTE Ah! Splendidamente splendidi.

CARMIDE Mi piacerebbe che me li nominassi, se non ti di­sturba.

SICOFANTE Non vedo l'ora di dirtelo. Per prima cosa, navi­gando verso il Ponto arrivammo in Arabia.

CARMIDE Guarda un po'! Anche l'Arabia è nel Ponto?

SICOFANTE Certo. Però non quella dove cresce l'incenso, ma l'assenzio e quella specie di origano che si dà ai polli.

CARMIDE (tra sé) Questo come cacciaballe è perfetto! Ma lo scemo sono io, che vado a domandare a lui da dove torno, cosa che io so benissimo mentre lui la ignora! Se non che son curioso di vedere come se la caverà alla fine! (Forte) Andiamo avanti. E poi da lì dove andasti?

SICOFANTE Sta' attento che te lo dirò. Arrivai alla sorgente di quel fiume che sgorga dal cielo, precisamente da sotto il trono di Giove.

CARMIDE Da sotto il trono di Giove?

SICOFANTE Proprio così.                       

CARMIDE Dal cielo?

SICOFANTE Sì. Proprio dal punto centrale.   

CARMIDE Allora sei salito anche in cielo?

SICOFANTE Naturalmente. Ma tramite una barca, che risali­va la corrente del fiume.

CARMIDE Non dirmi che hai visto anche Giove!?

SICOFANTE No, perché gli altri dei mi dissero che era anda­to in campagna a rifornire di cibo i servi.98 E poi...

CARMIDE E poi e poi, basta con queste storie! Non ne voglio più sentire!

SICOFANTE...99 Come sei noioso!

CARMIDE Non si può certo stimare100 serio uno che dice di essere andato dalla terra al cielo.

SICOFANTE Farò come vuoi. Ma deciditi a indicarmi quelle persone che cerco, a cui devo consegnare queste let­tere.

CARMIDE Ma scusa, se per caso ti imbattessi proprio in quel Carmide che sostieni averti dato le lettere, lo ricono­sceresti?

SICOFANTE Si vede proprio che mi hai preso per una bestia, per Polluce, se pensi che non riconoscerei uno con cui ho passato la vita! Oppure credi che sia lui lo scemo, tanto da affidarmi mille filippi d'oro, incaricandomi di consegnarli a suo figlio e al suo amico Callicle nelle cui mani diceva di aver messo tutto il suo patrimonio? Pensi che me li avreb­be affidati se non ci conoscessimo benissimo a vicenda?

CARMIDE (tra sé) Bene, bene: questo imbroglione lo voglio imbrogliare io ora, per vedere se posso fregargli quei mille filippi d'oro che sostiene che io gli abbia dato. E chi è mai costui? Io non lo so e non l'ho mai visto prima d'ora. Co­me avrei potuto mettere in mano il mio oro a uno a cui non darei anche una sola moneta di piombo, nemmeno se fosse questione di vita o di morte? Bisogna che lo tratti con astu­zia. (Forte] Ohilà! Pace! Ti voglio dir tre parole.

SICOFANTE Anche trecento, se vuoi.

CARMIDE Ce l'hai con te quell'oro che hai ricevuto da Car­mide?

SICOFANTE Certo! Tutti i mille filippi! Me li ha contati a uno a uno sul banco.101

CARMIDE Quindi confermi che li hai ricevuti dalle mani stes­se di Carmide?

SICOFANTE Sarebbe bello che li avessi avuti da suo nonno o addirittura dal bisnonno, che son morti!

CARMIDE Ragazzo, dammi subito quel denaro!

SICOFANTE Quale denaro dovrei darti?

CARMIDE Quello che hai ammesso di avere avuto da me.   

SICOFANTE Da te?

CALLICLE    Già.                                                            

SICOFANTE E tu chi saresti?

CARMIDE Quello che ti ha dato i mille filippi. Carmide in persona.

SICOFANTE Per Polluce, tu non lo sei affatto e non lo diven­terai oggi, almeno nei confronti di quest'oro. Vattene, svel­to, imbroglione, che pretendi di imbrogliare me che sono un imbroglione!

CARMIDE Ti dico che sono Carmide.

SICOFANTE Allora lo sei per niente, perché io non ho qui nessun oro. Hai fatto il furbo per prendere al volo questa occasioncella niente male: io ho detto che portavo del de­naro e tu sei diventato subito Carmide; prima che parlassi dell'oro non lo eri. Ma non concludi niente! Quindi ti con­viene, così come ti sei incarmidato, disincarmidarti!102

CARMIDE Allora chi sono io se non sono quello che sono?

SICOFANTE E a me che importa? Purché tu non sia quello che non voglio che tu sia, per me puoi essere chi ti pare e piace. Prima non eri chi eri; adesso sei diventato quello che non eri.

CARMIDE Sbrigati a fare quel che devi fare.

SICOFANTE Che cosa?                                                   

CARMIDE Restituisci il denaro.

SICOFANTE Ti sogni, vecchio!

CARMIDE Hai ammesso che Carmide ti ha dato del denaro.

SICOFANTE È appunto scritto.

CARMIDE Te ne vai sì o no, più che in fretta, da questi luo­ghi, ladro notturno, prima che io dia ordine di conciarti per le feste?

SICOFANTE E perché mai?

CARMIDE Perché quel Carmide che hai citato mentendo, eb­bene, sono proprio io! Sì, quello che secondo te ti avrebbe dato le lettere!

SICOFANTE No!? Sei veramente tu?

CARMIDE In persona.

SICOFANTE Continui a sostenerlo? Sei veramente lui?

CARMIDE Ti dico di sì.

SICOFANTE Lui lui?

CARMIDE Te l'ho già detto: sono Carmide.                        

SICOFANTE Proprio lui lui?                                                   

CARMIDE In personissima!103 E adesso levati di torno!

SICOFANTE Parliamo sul serio: se sei tu che arrivi... sarai ba­stonato secondo la mia volontà e quella dei nuovi edili!104

CARMIDE E hai anche il coraggio di minacciare?

SICOFANTE Anzi, dato che arrivi sano e salvo... che gli dei ti mandino in malora! Figurati se me ne importerebbe qual­cosa di te, anche se fossi crepato prima! Io per far questo lavoretto sono stato pagato. Quanto a te, che ti venga un malanno! Di chi tu sia o chi non sia, me ne frego altamen­te l'Andrò da quello che mi ha dato i tre nummi e lo avver­tirò che li ha persi. Be', vado! Ti auguro ogni male! Che tutti gli dei ti dannino per questo tuo arrivo dall'estero, Carmide! (Esce)

CALLICLE Se ne è andato! Ora ho il tempo e la possibilità di parlare liberamente. È da un po' che questa spina mi pun­ge il cuore, nell'incertezza di quel che stava combinando davanti a casa mia. La faccenda di quella lettera e la storia dei mille filippi mi crea un cumulo105 di paure: che vorrà dire? Se suona un campanello, una ragione c'è: perché se nessuno lo tocca o tira la sua corda, se ne sta muto, non lo si sente. Ma chi è che sta correndo verso questo punto del­la piazza? Voglio vedere che farà: mi tirerò da parte.

Scena III

STASIMO CARMIDE

STASIMO   Stasimo, corri, sbrigati, torna a casa dal padrone! Bada di non dover tutto a un tratto temere per le tue spal­le, per colpa della tua scemenza. Accelera, accelera il passo, svelto. È passato troppo tempo da quando sei usci­to da casa. Sta' in guardia, altrimenti schioccheranno fitti sopra di te i colpi del nerbo di bue,106 se non risponderai quando il padrone ti cerca. Su, non smettere di correre. Che pezzo di cretino sei, Stasimo! Dovevi proprio dimen­ticarti l'anello107 all'osteria,108 dopo esserti riscaldato la gola? Torna indietro a cercarlo, mentre il fatto è ancora re­cente.

CARMIDE (tra sé) Per questo qui, chiunque sia, il gorgozzule fa da allenatore: gli insegna a correre.

STASIMO   Non ti vergogni, bestia? Son bastati tre bicchieri a farti perdere la memoria? O forse è capitato perché ti sei messo a bere con gentiluomini tanto squisiti che non ose­rebbero mai toccare la roba altrui? C'erano Truto, Cerconico, Crinno, Cercobulo, Collabo,109 della famiglia degli occhi pesti,110 delle gambe scricchiolanti, logoratori di fer­ri, groppe da frustate. E tra questi tipi tu credi di poter ri­trovare il tuo anello? Ciascuno di loro potrebbe rubar di sotto ai piedi la suola delle scarpe a uno che corre!

CARMIDE (tra sé) Per gli dei, che ladri modello!

STASIMO   Che cerco a fare quello che è andato perso? Devo badare piuttosto a non aggiungere al danno anche la fatica. Convinciti che quel che è perso è perso. Fai dietrofront e ritorna dal padrone.

CARMIDE (tra sé) Questo qui non è uno schiavo che sta fug­gendo: pensa alla casa.

STASIMO   O se gli antichi corretti costumi, l'antica parsimo­nia fossero ancora in onore, invece di queste abitudini de­pravate!

CARMIDE111 Per gli dei immortali, adesso comincia a citare massime con l'enfasi di un re!112 Rimpiange il passato, si direbbe che lo rispetta come facevano i nostri antenati.

STASIMO   Il modo di vivere attuale tien conto solo del piace­re e non del dovere. Gli intrallazzi113 sono consacrati dalla consuetudine, ignorati dalle leggi; buttar gli scudi e fuggire davanti al nemico è usuale e permesso; aspirare ad onori in cambio di azioni riprovevoli, anche questo è roba di tutti i giorni.

CARMIDE E che bella roba!

STASIMO   Trascurare le persone valide è di moda.

CARMIDE Bella moda!

STASIMO   Questi mali costumi han fatto schiave le leggi che sono loro più sottomesse che i genitori ai figli:114 quelle di­sgraziate sono state perfino affisse al muro con chiodi di ferro, mentre sarebbe stato di gran lunga più giusto inchio­darci i cattivi costumi.

CARMIDE (tra sé) Mi piacerebbe andargli incontro e chia­marlo. Ma sono troppo felice di ascoltarlo e ho paura, se lo interrompo, che cambi discorso.115

STASIMO   Non c'è nulla che a questi costumi appaia sacro per legge, ma sono le leggi ad adattarsi a loro che trascina­no nella rovina ciò che riguarda sia la religione sia la cosa pubblica.

CARMIDE Per Ercole, dovrebbero essere aspramente puniti codesti perversi costumi!

STASIMO   Non sarebbe il caso che chi governa prendesse provvedimenti? Una tal razza d'uomini è dannosa a tutti indistintamente, a tutti fa male. Costoro, venendo meno alla lealtà, fanno sì che non si presti più fede nemmeno a quelli che non hanno nessuna colpa, i quali vengono poi giudicati secondo il comportamento dei primi. Ma come mi è venuto in mente questo sproloquio? È evidente: da un fatto che mi è capitato di recente. Se dài qualcosa in prestito a uno, non ce l'hai più, l'hai persa. Se vai a richie­derla poi, invece di un amico ti ritrovi un nemico, grazie al bene che gli hai fatto; se insisti per recuperare la roba tua, delle due l'una: o perdi quello che avevi prestato oppure l'amico.

CARMIDE Ma quello lì è il mio servo Stasimo!

STASIMO   Io avevo prestato un talento a un amico e con que­sto mi son comprato un nemico e ho venduto un amico. Comunque sono uno sciocco a preoccuparmi dei problemi generali piuttosto che di quelli che mi toccano da vicino, cioè di come mettere al sicuro la mia schiena. Vado a casa.

CARMIDE Ehi, tu! Fermati subito! Stammi a sentire!

STASIMO   Ehi, ehi! Nemmeno per idea!

CARMIDE Ma io voglio parlare con te.

STASIMO   E io non voglio che tu lo voglia.

CARMIDE Bada, Stasimo, che sei troppo villano!

STASIMO   E tu pensa a comprarti uno che ti obbedisca.

CARMIDE Per Polluce se l'ho comprato! E a suon di quattri­ni! Ma se non mi dà ascolto, che devo fare?

STASIMO   Puniscilo come si deve.                    

CARMIDE Buon consiglio! Farò così.

STASIMO   A meno che tu non gli sia obbligato.

CARMIDE Se fai il bravo, ti sono obbligato; altrimenti farò come tu mi dici.

STASIMO   E a me che importa se hai servi buoni o cattivi?

CARMIDE Perché tu ci sei dentro, nel bene e nel male.

STASIMO   Quanto al male, te lo lascio tutto, del bene dammi pure la mia parte.

CARMIDE Lo farò se te lo meriterai. E adesso voltati e guarda qui, verso di me. Sono Carmide.

STASIMO   Chi è costui che si permette di tirare in ballo una persona così per bene?

CARMIDE Quella persona sono io.

STASIMO   O mare, terra, cielo, dei tutti! Questi occhi ci ve­dono bene? È lui o non è lui? È lui, è lui, è proprio lui! O caro padrone tanto atteso, salve!

CARMIDE Salve, Stasimo!

STASIMO   Che tu sia in buona salute...

CARMIDE Lo so, lo so, ti credo. Ma lascia andare i convene­voli e rispondimi. I miei figli, la ragazza e il ragazzo che ho lasciato qui, come stanno?

STASIMO   Benissimo!

CARMIDE Tutti e due?

STASIMO   Tutti e due.

CARMIDE Gli dei mi vogliono bene. Le altre notizie, te le chiederò in casa con calma. Andiamo dentro! Seguimi!

STASIMO   Dove vai?

CARMIDE E dove? In casa.

STASIMO   Ma tu credi che noi abitiamo qui?

CARMIDE E dove se no?

STASIMO   Ormai...                            

CARMIDE Ormai cosa?                        

STASIMO   Questa casa non è più nostra.

CARMIDE Che cosa sento?                  

STASIMO   Tuo figlio l'ha venduta.         

CARMIDE Dannazione!                        

STASIMO   ... in cambio di contanti: mine pagate sull'unghia.

CARMIDE Quante?

STASIMO   Quaranta!

CARMIDE Sono perduto! E chi l'ha comprata?

STASIMO   Quel bel tomo di Callicle a cui avevi affidato le tue sostanze: è venuto lui ad abitare qui e noi ci ha cacciati fuori.

CARMIDE E mio figlio? Dove abita adesso?                       

STASIMO   In questo localino sul retro.

CARMIDE Che rovina!

STASIMO   Lo sapevo che ti avrebbe fatto male ascoltare que­ste cose!

CARMIDE E io, che ho navigato in mezzo a rischi estremi, ho attraversato sconfinati mari, sono scampato mille volte al pericolo di morte, quando sono caduto in mano ai pira­ti, e finalmente sono arrivato sano e salvo, adesso, me di­sgraziato, trovo qui la mia rovina! E proprio a causa di quegli stessi per cui, alla mia età,116 ho tanto tribolato! Sono così sconsolato che mi sento svenire. Stasimo, sor­reggimi!

STASIMO   Vuoi che vada a prenderti dell'acqua?

CARMIDE Bisognava spargerne un po' sul mio patrimonio, quando stava per venir meno!

Scena IV

CALLICLE CARMIDE STASIMO

CALLICLE    Che cos'è questo vociare che sento davanti a casa mia?

CARMIDE O Callicle, o Callicle, o Callicle! Dimmi: a che ami­co ho consegnato i miei beni?

CALLICLE    A uno bravo, fedele, fidato, di gran lealtà! Che ti saluta e gode di vederti tornare sano e salvo.

CARMIDE E io ti credo, se tutto questo che mi dici è vero. Ma che fai conciato in questa maniera?117

CALLICLE    Te lo spiego subito: stavo scavando per tirar fuori il tesoro per dare la dote a tua figlia. Ma vieni dentro che ti racconto questa storia e anche altro.

CARMIDE Stasimo!

STASIMO   Sì?

CARMIDE Scatta velocemente118 e fa' una corsa di filato fino al Pireo, dove vedrai ancorata la nave con cui abbiamo viaggiato. Ordina a Sangarione119 di scaricare la mercè che gli ho detto. Va' anche tu insieme a lui. Il dazio è già stato pagato al doganiere:120 non ci sono intralci. Va', corri e tor­na subito.

STASIMO   Vado e torno in un baleno.      

CALLICLE    Tu seguimi in casa.                    

CARMIDE Vengo.

STASIMO   Al mio padrone resta questo solo amico sicuro, che non ha smesso di essere leale verso di lui, ma è un'eccezio­ne, a parer mio. Eppure ha dovuto faticare molto, credo, per salvargli il patrimonio.121

ATTO V

Scena I

LISITELE

Guardatemi! Quest'uomo che vedete è privilegiato tra tutti e tutti li supera per i piaceri e le gioie che gli capita­no. Tutto quel che desidero succede, quel che faccio mi riesce, mi appaga, mi soddisfa: così da una gioia ne deri­va un'altra. Stasimo, il servo di Lesbonico, è appena ve­nuto a casa mia. Mi ha annunciato che Carmide, suo pa­drone, è appena tornato dall'estero. Lo devo incontrare quanto prima perché egli offra una garanzia più autore­vole a quello che ho stabilito con suo figlio. Vado. Uffa! La porta scricchiola e sfortunatamente mi obbliga a so­prassedere.

Scena II        

CARMIDE CALLICLE LISITELE LESBONICO

CARMIDE Non ci fu, non ci sarà e non credo possa esserci sulla terra un uomo che ti eguagli per lealtà e fedeltà verso un amico. Mi avrebbe sbattuto fuori dalla mia casa, mio fi­glio, senza il tuo intervento!

CALLICLE    Se ho fatto qualcosa di buono per un amico, se ho agito avvedutamente, non mi sembra di meritare una parti­colare lode, ma solo di aver evitato di macchiarmi di una colpa. E evidente che se uno regala a un altro un proprio bene, lo perde; se invece glielo dà in prestito, deve poterlo riprendere quando gli pare e piace.

CARMIDE È vero. Ma io non riesco a riavermi dalla meraviglia per il fatto che quello lì sia riuscito a far imparentare sua sorella con una famiglia tanto importante.

CALLICLE    Eh, sì! L'ha promessa a Lisitele, il figlio di Filtone.

LISITELE    (tra sé) Sta parlando di me.

CARMIDE Si è introdotto in un'ottima famiglia.

LISITELE    (tra sé) Perché non mi decido a parlare con loro? Ma forse è meglio che aspetti un po', perché sta imbasten­do un discorso che mi interessa.

CARMIDE A proposito...            

CALLICLE    Che c'è?                     

CARMIDE Quando eravamo in casa mi son dimenticato di dirti una cosa. Mentre stavo dirigendomi qui, poco fa, mi è venuto incontro un cialtrone, un tipico cacciaballe: figurati che sosteneva di dover portare a te e a mio figlio Lesbonico mille filippi d'oro che gli avrei dato io. E io non sapevo nemmeno chi fosse né mai l'avevo visto prima! Ma perché ridi?

CALLICLE    L'avevo incaricato io di fingere di portar l'oro da parte tua per dare una dote alla ragazza. Così tuo figlio, quando io glielo avessi consegnato, avrebbe creduto che il denaro provenisse da te e non avrebbe in nessun modo ca­pito la verità che c'era sotto, cioè che presso di me io cu­stodivo il tuo tesoro: altrimenti, secondo la legge, avrebbe potuto esigere che gli dessi quel che era di suo padre!

CARMIDE Per Polluce che bella trovata!

CALLICLE    Veramente non è mia ma di Megaronide, che è af­fezionato sia a me che a te.

CARMIDE Mi congratulo con lui per quest'idea.

LISITELE    (tra sé) E io che me ne sto qui in disparte a girare i pollici, per non interrompere il loro discorso! Perché non faccio quel che ho in mente di fare? Ma adesso li abbordo.

CARMIDE Chi è costui che viene verso di noi?

LISITELE    Lisitele porge i suoi ossequi a suo suocero Carmide.

CARMIDE Che gli dei ti benedicano, Lisitele!

CALLICLE    E me, non mi si saluta?

LISITELE    Certo, salve Callicle! Ma è giusto che io prenda in maggior considerazione lui: la tunica è più vicina al corpo del mantello!122

CALLICLE    Auspico che gli dei assecondino i vostri progetti.

CARMIDE (a Lisitele) Sento che mia figlia è fidanzata con te.

LISITELE    Se tu non ti opponi.

CARMIDE Perché dovrei?

LISITELE    Allora confermi la promessa di darmi tua figlia in moglie?

CARMIDE La confermo e aggiungo una dote di mille filippi d'oro.

LISITELE    La dote non mi interessa.

CARMIDE Se lei ti piace, deve piacerti anche la dote che por­ta con sé. Concludendo: non avrai quello che vuoi se non accetti anche quello che non vuoi.

CALLICLE    Sta dicendo la cosa giusta.

LISITELE    E l'otterrà, se tu lo patrocini come avvocato.123 Al­lora, a questi patti, mi prometti tua figlia in moglie?

CARMIDE Sì.

CALLICLE    E io mi unisco nell'impegno.                     

LISITELE    Salute a voi, miei nuovi parenti!

CARMIDE Pure esistono, per Polluce, delle ragioni per cui resto in collera con te.

LISITELE    Che ho fatto di male?

CARMIDE Non hai impedito che mio figlio si desse alla mala vita.

LISITELE    Se fosse successo per colpa mia, avresti ragione di essere arrabbiato. Ma lascia che ti chieda una cosa che de­sidero.

CARMIDE Che cos'è?

LISITELE    Te lo dico subito. Vorrei che tu ti dimenticassi tut­te le sue marachelle. Perché scuoti la testa?

CARMIDE Sono molto preoccupato e ho anche paura.

LISITELE    Di che cosa?                                       

CARMIDE Sono preoccupato perché lui si comporta come non mi piace; però ho paura, se ti rifiuto quel che mi chie­di, che tu pensi di non essere abbastanza importante per me. Non mi impunterò. Farò come tu vuoi.

LISITELE    Come sei buono! Vado a chiamarlo!

CARMIDE Dispiace però di non poter punire le malefatte co­me si meritano.

LISITELE    Su, aprite la porta e fate venir fuori subito Lesbonico se è in casa. È cosa urgente: lo voglio immediatamente incontrare.

LESBONICO Chi è che urla in questo modo per farmi uscire?

LISITELE    Un amico che ti è molto affezionato.

LESBONICO Tutto bene? Dimmi.

LISITELE    Sì, sì. E son contento perché tuo padre è ritornatofelicemente dal suo viaggio.

LESBONICO Chi lo dice?

LISITELE    Io.

LESBONICO L'hai visto?

LISITELE    Lo puoi vedere anche tu.

LESBONICO Padre, padre mio, salve!

CARMIDE Salute anche a te, figlio mio!

LESBONICO E la tua fatica, padre...

CARMIDE Non è successo niente. Non aver paura! Tutto è andato bene e sono qui sano e salvo. Se farai il bravo, ab­biamo stabilito di darti in moglie la figlia di Callicle.

LESBONICO La sposerò, padre, lei o qualunque altra donna tu vorrai.

CARMIDE Per quanto sia stato molto arrabbiato con te, pen­so che una disgrazia sola sia sufficiente per un uomo.124

CALLICLE Non per questo qui! Se in espiazione dei suoi peccati ne dovesse sposare cento, sarebbe ancora poco!

LESBONICO Ma d'ora innanzi mi controllerò.

CAMMIDE    Basta che tu non ti limiti a dirlo.

LISITELE    C'è qualche motivo per cui non possa sposarmi do­mani?

CARMIDE     No, no. Va bene. (A Lesbonico) E tu preparati a sposarti dopodomani!

ATTORI TUTTI125 Applaudite.


N O T E

1 Del motivo di questo titolo si ha notizia solo nella II scena del IV atto (v. 843), mentre si apprende ai vv. 18-19 del prologo che la commedia si ispira a un esemplare greco intitolato, Θησαυός scritta da Filemone, nato a Siracusa ma vissuto in Grecia per quasi un secolo, nel periodo che va dalla Commedia di Mezzo alla Nuova. A questo autore, più an­ziano di Menandro, Plauto si rifà anche per altre due tra le commedie a noi giunte e cioè per il Mercator (Εμπορος) e per la Mostellaria (Фάσμα). All'influsso del modello è probabilmente dovuta l'insistenza del tono moraleggiante, che in taluni punti appesantisce la commedia (per quanto tale atteggiamento affiora anche altrove, nell'opera di Plauto, e in particolare nei Captivi e nel Rudens); bisogna anche tener conto del fatto che essa appartiene con tutta probabilità all'ultima parte della pro­duzione dell'autore, cioè alla sua vecchiaia. Alla datazione dell'opera si risale combinando alcuni accenni a eventi storici che qua e là si riscon­trano: il più convincente è la menzione ai novi aediles (cfr. v. 990 e nota relativa); meno lo sono quella alla triste odissea delle popolazioni cam­pane sconfitte dai Romani nel 211 a.C. e duramente punite (vv. 545-46), e la citazione dei nummi Philippei, quelli coniati da Filippo II di Mace­donia e in corso a Roma solo dopo la vittoria su questa regione (v. 152). Altri punti relativi a più generici sfoghi contro la corruzione dei costumi civili e politici non mi pare possano offrire spunto per una collocazione esatta nel tempo. Comunque gli studiosi concordano nel porre la data in cui il Trinummus fu rappresentato intorno al 190 a.C, poco prima di quella dello Pseudolus, la cui didascalia, in parte conservataci (cfr. Pseudolus, nota 1), indica la data del 191 a.C.

2  Megaronide, uno dei quattro vecchi che intervengono nell'azione, la cui parte nella commedia è piuttosto modesta, ha un nome foggiato al modo dei patronimici, sulla base del vocabolo μέγαρον = "sala" o "pa­lazzo"; il nome di Callicle, un altro vecchio, amico del primo e dell'as­sente Carmide, si riconnette a κάλλος,= "bellezza"; il nome di Lisitele è costituito dall'aggettivo λυσιτελής = "utile"; nel nome di Filtone, padre di Lisitele, si individua la radice φιλ-del verbo amare; Lesbonico è com­posto da Λέσβος, l'isola di Alceo e Saffo e della lirica d'amore, e dal ver­bo νικάω = "vinco", e significherebbe "vincitore a Lesbo", quindi nell'amore; Stasimo, lo schiavo il cui nome denota un'inclinazione alla tranquillità (da ϊστημι), è invece costretto dagli eventi a correre spesso qua e là. Carmide, padre di Lesbonico, appare, di ritorno dal mare, solo verso la fine della commedia alla cui soluzione contribuisce: il suo nome deriva dal verbo χαίρω = "godo", "gioisco"; Sicofante non è un nome proprio ma il sinonimo di "spione" e "gaglioffo", usato spes­so come ingiuria generica, prescindendo dal suo primitivo significato ri­stretto a "delatore" (da σύκονe φαίνω): esso era riservato a chi denun-ziava l'esportazione clandestina di fichi, cosa vietata in Attica. Con lo stesso epiteto viene presentato anche Simia, nello Pseudolus.

3 A conferma dello svolgimento dell'azione in questa città si veda il v. 1103, ove viene ordinato allo schiavo Stasimo di correre al Pireo, il più importan­te porto di Atene, che non molto dista dalla città stessa.

4 La lezione thensaurum (con una "n" in più rispetto al greco θησαυρός) appartiene ai codici migliori e probabilmente rispecchia una pronuncia comune ai tempi di Plauto. Del resto anche all'aggettivo greco con cui venivano designate particolari festività (Μεγαλήσια) fa riscontro in lati­no la dizione Megalensia.

5 Il verbo nubo è in età classica riservato a soggetti femminili, ma presso gli scrittori antichi se ne riscontra l'uso relativo a persone di ambedue i sessi.

6 A recitare il prologo sono due astratti personificati: la loro funzione è quella di introdurre l'azione cui poi non parteciperanno. Di quest'uso, defluito in seguito nella Commedia Nuova, si suole attribuire l'inven­zione a Euripide che trasforma il prologo in espositivo, togliendogli la funzione di scena prima, e si serve allo scopo di divinità, di personaggi minori o allegorici. Non dimentichiamo però il prologo del Prometeo eschileo in cui già troviamo nei panni di servi di Zeus le personificazioni di Κράτος = "Forza" e Βία = "Violenza". Quanto a Plauto, il prologo della Cistellaria, posposto alla scena prima, è anch'esso affidato a una divinità che personifica un astratto: Auxilium = "Aiuto".

7  Indica la porta di una delle due case dipinte sul fondale della scena, quella di Carmide (acquistata da Callicle), accanto alla quale sta quella di Megaronide.

8 C'è chi sostiene che l'introduzione del nome del poeta (che ritorna al v. 19) si debba a un posteriore rifacimento. La moderna critica tende però a considerare autentici quasi tutti i prologhi di Plauto, per quan­to taluni avanzino dubbi anche nei confronti del prologo della Casino, ove troviamo al v. 12 l'espressione Plautinas fabulas e il nome Plautus ai vv. 34 e 65. Circa il significato di questo cognomen non ci sono sicu-re documentazioni; secondo tarde testimonianze deriverebbe da plotus, aggettivo che in Umbria, luogo di origine del poeta, significava "dai piedi piatti", oppure da plautus, aggettivo con cui si designavano i cani dalle orecchie pendenti (in tal caso si giustificherebbe l'espressio­ne cum latranti nomine che si trova nella Casina al v. 34 accanto al no­me di Plauto). Quanto alla vicenda che ha portato a stabilire in Titus Maccius il praenomen e il nomen di Plauto, cfr. tra l'altro E. Paratore, Storia della letteratura latina, Firenze 1973, p. 36 ed E. Questa, Intro­duzione a Pseudolus, cit. nella Bibliografia, p. 9 sgg. et alibi.

9 Cfr. Pseudolus 469 e nota. È la terza volta in pochi versi (cfr. vv. 5 e 7) che il poeta sollecita l'attenzione degli spettatori; evidentemente non era facile dominare il tumulto iniziale della platea e catturarne l'interes­se. Cfr. R. Raffaelli, op. cit. nella Bibliografia.

10 Non è certo una semplice traduzione, quella di Plauto, e il verbo smi­nuisce la complessa operazione creativa che investe struttura, spirito, lingua e metri.

11 Le voci che accusavano Callicle di essersi impossessato della casa di Carmide in sua assenza (mentre questi l'aveva fatto solo per venire in aiuto al figlio di lui, Lesbonico) son giunte all'orecchio del vecchio ami­co, che intende rinfacciargli l'azione che crede disonesta. E ne approfit­ta per imbastire una tirata sui corrotti costumi di Roma.

12  Conducibilis è uno degli aggettivi in -bilis che, insieme a quelli termi­nanti in -osus, erano cari a Plauto e in genere al linguaggio poetico arcai­co, specialmente dei tragici: aggettivi dalla complessa struttura metrica, che appesantivano il verso e che avrebbero poi fornito motivo di scher­no alla satira, a partire da Lucilio.

13  Il verso è tutto un sapiente gioco di accostamenti. Nota la paronoma­sia tra i due termini invitus e invitet che nessun rapporto di significato né di etimo hanno tra loro, e l'allitterazione faciam fides.

14  Vedere in questa battuta un accenno a una presunta carestia e utiliz­zarla per la datazione della commedia è procedimento arbitrario, in as­senza di sicuri riscontri storici. Piuttosto le considerazioni di Megaronide ben si attagliano a qualsiasi tempo, dall'antichità ai giorni nostri.

15  La frase è di dura costruzione: con forte iperbato pluris è staccato dal verbo faciunt a cui si riferisce; pauciorum significa "il partito dei pochi", l'aristocrazia, in opposizione a pluribus con cui è indicata la massa; il soggetto pars (privo dell'aggettivo magna che gli competerebbe) ha un verbo plurale perché inteso come collettivo; quod è usato probabilmen­te in luogo di quo e alcuni editori hanno senz'altro corretto il testo: più difficilmente potrebbe essere un accusativo neutro di relazione.

16 Con l'acquisto della casa, Carmide ha ereditato anche il dio protetto­re di essa, cui vuol subito rendere omaggio. I Romani tributavano gran­de venerazione al Lar familiaris che si ingeriva autorevolmente nelle faccende della famiglia. Vedi il prologo dell'Aulularia, recitato appunto dal Lare che orchestra tutta la vicenda.

17  L'invito è rivolto verso l'interno della casa e la moglie non apparirà né ora né mai. Del resto, di nessun'altra donna v'è traccia in questa commedia: anche della sorella di Lesbonico, chiesta in moglie da Lisitele, si sente solo parlare. Una totale assenza in scena di personaggi fem­minili si riscontra ancora e soltanto nei Captivi.

18 L'allitterazione sottolinea la formula sacrale consueta.

19  Comincia qui un ozioso scambio di battute ripetitive e poi di spirito­saggini per lo più insipide, che ben riproducono il tono di una conver­sazione tra vecchi buontemponi. Megaronide accetta che l'incontro si svolga così per un po' di tempo e poi (v. 66) richiama l'amico a prestare attenzione al vero scopo della sua visita.

20  Namque enim: ridondanza che si riscontra solo qui (ma di cui non è difficile trovare in Plauto analoghi esempi) e che si intona col vezzo del­la lingua parlata di usare due nessi di identico significato, allo scopo di rafforzare il concetto o per pura sciatteria. Vedi il nostro "ma però", tanto sgradito quanto diffuso.

21  L'Acidalio inverte la posizione degli avverbi bene e diu, in modo che la sentenza risulta di altro tono: se si vive a lungo insieme, si vive bene (cioè ci si adatta l'uno all'altra).

22 Promus viene dal verbo promere, che significa soprattutto "mescere", ed era la denominazione dello schiavo addetto alla mescita del vino (ve­di quante volte i due vocaboli, verbo e sostantivo, rimbalzano nei versi di una gustosa scena del Miles gloriosus: vv. 829, 837, 846, 848). Qui è usato in senso metaforico, per indicare colui che dispone della propria persona.

23  Indubbiamente sotto il nuovo vocabolo plautino turpilucricupidum c'è il greco αίσχροκερδής, ma l'efficacia grottesca deriva anche dall'aver Plauto portato da due a tre gli elementi del composto!

24 Seleucia, come già altrove e poi al v. 845, sta per la nazione ove esiste una città di tal nome e dove i Seleucidi furono re, cioè la Siria.

25 Il vocabolo frux, oltre al significato di "frutto", "messe", ha anche quello metaforico di "bontà", "onestà", tanto che il suo dativo frugi è usato come aggettivo indeclinabile che indica tali doti morali: lo ritro­viamo spesso in Plauto.

26  Cifra considerevole. La mina corrispondeva a cento dracme attiche d'argento.

27 Philippeum per Philippheorum: si tratta della moneta d'oro coniata da Filippo di Macedonia, d'uso corrente in Grecia, che anche altrove viene citata per designare grosse somme.

28 Permanascere è un apax plautino, un tipo di verbo incoativo sulla ba­se di permanare.

29 Per provincia inteso come "incarico" in senso generico, cfr. Pseudolus 148 e nota.

30  Richiesta di cortesia che di solito precede un congedo. Ma come si vedrà, Megaronide non se ne darà per inteso e continuerà a dilungarsi in ulteriori domande.

31 Scurra è il buffone; qui con questo vocabolo si delinea specificamente la figura di quegli scioperati che non d'altro si occupano che di andare in giro a spettegolare e ad eccitare il riso sparlando degli altri; più tardi Orazio, concludendo una famosa invettiva contro i falsi amici (Satire I, 4, 83-85) di loro dirà solennemente: solutos qui captat risus hominum, famamque dicacis, fingere qui non visa potest, commissa tacere qui nequit, hic niger est, hunc tu, Romane, caveto! ("chi cerca di suscitare le risate sgangherate della gente e di procacciarsi la fama di spiritosone, chi è ca­pace di inventare cose che non ha mai viste, chi non sa mantenere un se­greto, questo è un'anima nera, da costui devi guardarti, o Romano! ").

32  Il monologo del giovane Ositele è un canticum composto prevalente­mente di metri bacchei e giambici, che si conclude con una serie di ana­pesti.

33  L'elenco dei molti inconvenienti che conseguono all'amore lo ritro­viamo in un altro canticum, quello di Alcesimarco nella Cistellaria (v. 202 sgg.) e nel prologo del Mercator (v. 18 sgg.), recitato da Carino, an­che lui vittima dei tormenti d'amore, come del resto tutti gli adulescentes del teatro plautino. Quanto alla struttura catalogica, Plauto si com­piace molto spesso dell'enumerazione di cose, stati d'animo, personaggi (e ne abbiamo un esempio subito sotto, al v. 252 sgg.).

34  Pendentem ferit: l'immagine si rifà all'uso di appendere gli schiavi da punire e di frustarli.

35  Ha qui inizio un elenco del personale che una donna ritiene indispen­sabile alle proprie esigenze: è relativamente breve in confronto, per esempio a quello lunghissimo che Megadoro fa nell'Aulularia (v. 500 sgg.) per giustificare la scelta di una moglie di umili condizioni, senza capricci. Il mettere alla berlina le pretese delle donne fa parte dell'atteg­giamento misogino diffuso in tutta la commedia.

36  Ancora una volta l'accostamento di dulcis con amarus per opera di Amore. Cfr. Pseudolus, nota 9.

37  È la formula giuridica usata nei divorzi.

38 Lisitele con questo programma fa onore al suo nome!

39  Vanidicus è un altro aggettivo coniato per descrivere la gente che par­la a vanvera. Cfr. al v. 200 mendaciloquius, al v. 201 confidentiloquius, al v. 222 stultiloquentiam. Qui però il vocabolo non appare così calzante all'argomento e sembra piuttosto un'eco alle considerazioni di Megaro­nide dell'atto precedente.

40 Hiulcus = "screpolato", "spaccato": in senso proprio si riferisce in genere

alla terra e ai campi; qui, in senso traslato, indica chi sta a bocca spa­lancata per avidità, atto che di solito si suole indicare col verbo hiare.

41 Lutito è un frequentativo creato da Plauto sulla base di luto (già raro) = "infangare".

42  Ingenium come valore semantico corrisponde al vocabolo greco τρόπος, dal verbo τρέπω = "volgere"; ciò ben indica come i Greci non consi­derassero il carattere come un dato fisso e immutabile, assegnato all'uo­mo dal dio, ma come una cosa soggetta a un'evoluzione e a modifiche continue (cfr. v. 322), di cui l'uomo soltanto è responsabile. Bellissimo e illuminante a tal proposito il fr. 714 di Menandro, che sviluppa uno spun­to che si può far risalire fino a Eraclito (cfr. l'esauriente analisi di A. Bari­gazzi in La formazione spirituale di Menandro, cap. IV, Torino 1965). Plauto, nei versi successivi, continua a insistere su questo concetto; in alternativa a ingenium usa, soprattutto per designare la parte istintiva dell'uomo, il vocabolo animus.

43  Sarta tecta: formula comune per indicare qualcosa di ben custodito e protetto, usata soprattutto con riferimento a edifici, all'atto della conse­gna. È formata dai participi del verbo sarcio = "riparo" e tego = "co­pro", "proteggo".

44  In latino i verbi pudere e pigere hanno lo stesso numero di lettere e questo è quanto dice il testo: ma non si può tradurre letteralmente in italiano. Quanto al concetto, lo ritroviamo identico in Pseudolus 281.

45  La figura dell'immunis = qui munus non dat, cioè dell'avaro, così spesso oggetto di parodia (vedi l'Euclione dell'Aulularia) è qui delinea­ta in pochi versi. Forse se ne è ricordato Orazio che, nella seconda parte della satira I o della μεμψιμοιρία = "scontentezza della propria sorte", descrive, come sommo esempio di uomo stupidamente insoddisfatto, l'avaro. Certo modelli non mancavano nella diatriba, ma il v. 349 fa sup­porre che Orazio abbia pensato proprio a Plauto e ne abbia fatto un'exergasia nel v. 43 della satira succitata, anche se l'immagine è utiliz­zata per ottenere un'opposta conclusione.

46 Filtone ricorda al figlio un'altra possibile interpretazione del vocabo­lo immunis, a cui però Lisitele non sembra dare gran peso nella sua ri­sposta.

47  Lisitele addita evidentemente una delle case che costituivano lo sfon­do della scena, come farà al v. 390.

48 Rimane in scena non visto e interverrà solo più tardi, come spessissi­mo in Plauto accade.

49  Il servo funge da tesoriere e amministratore, svolgendo quelle man­sioni di cui il padroncino non si cura.

50 Per l'elenco, qui per altro breve, di fornitori, cfr. nota 35.

51 Ove sta il patrimonio paterno, da Lesbonico ingoiato.

52 Il richiamo alla comune umanità si pone in contrasto con la più famosa massima plautina lupus est homo homini (Asinaria 495) e arieggia piutto­sto Terenzio homo sum; humani nihil a me alienum puto (Heautontimo-roumenos 77). Del resto, in altri spunti di questa commedia si sono voluti vedere atteggiamenti che si possono definire terenziani.

53  Secondo informazioni che risalgono a Varrone e da altre testimonian­ze si ricava che ferentari erano chiamati i soldati che prendevano l'ini­ziativa del combattimento, scelti tra i più veloci e abili, e schierati alle ali dell'esercito.

54 Dierecte, vocabolo dall'incerta etimologia, è frequentemente usato da Plauto e indica probabilmente il supplizio della croce.

55 Si trattava, secondo Varrone, del tempio di Ercole, ove i comandanti, reduci da una vittoria, offrivano la decima parte del bottino perché il popolo festeggiasse con un banchetto.

56  I sacra erano gli obblighi familiari che l'erede era tenuto a mantenere e i legati a parenti ed amici.

57  Il nostro editore accoglie la correzione salillum = "granello di sale", del Wagner, mentre il Palinsesto Ambrosiano porta satillum, da inten­dere come diminutivo dell'avverbio satis. Altri emendano diversamente. Comunque l'autore vuol significare l'ultimo piccolo residuo di vita.

58 Apage è imperativo, usato come formula apotropaica.

59  Ritorna un'immagine molto simile a quella espressa da Megaronide al v. 33.

60 Ad incitas (calces) redigi significa "subire scacco matto": è espressione dedotta da un gioco, equivalente a quello degli scacchi, che i Romani fa­cevano con pietruzze (calx, calculum). Il participio incitus (da cieo = "spingere") si riferisce a un pezzo che non può essere più mosso.

61  Allusione feroce alla sorte dei cittadini di Capua, la cui insurrezione, stroncata dai Romani nel 211 a.C., aveva avuto come conseguenza la de­portazione di molti di essi e la condanna a una durissima schiavitù, lam richiama il fatto che il periodo intercorso tra questo evento e la compo­sizione del Trinummus era stato sufficiente a ridurli a una totale sogge­zione: ma l'entità del periodo non si può quantificare, per cui utilizzare questa allusione per la datazione della commedia (se non come termine post quem) appare difficile.

62  Mitica fantasia più volte ripresa dagli scrittori greci e vagheggiata, tra gli altri, da Orazio nell'epodo XVI (v. 44 sgg.) come antidoto alla tragi­ca realtà delle guerre civili.

63  Intende dire che una canaglia come Stasimo non può imbattersi che in malanni e punizioni, ovunque vada.

64 La questione della dote, che è rimasta in sospeso.

65  Le divagazioni lamentose di Lesbonico sembrano voler protrarsi, traendo spunto da un altro tema: Stasimo ne è terrorizzato.

66  Il padrone di Stasimo, ridotto in miseria, non avrà altra scelta che fare il soldato mercenario, una specie di legione straniera, e il servo lo do­vrà accompagnare carico di armi e bagagli.

67 Callicle.

68  Plauto prende in giro gli abitanti di Preneste sia per il loro dialetto che per il loro atteggiamento da spacconi (cfr. Truculentus 691).

69  Si riferisce all'amico Megaronide che gli ha appena fatto la predica (cfr. la II scena del I atto e il lungo confronto tra i due vecchi).

70  L'avverbio greco εύσχήμως viene qui presentato in forma negativa, essendo stata la lezione dei codici, non del tutto perspicua, corretta dal Camerarius. L'ulteriore negazione che lo precede dà luogo a una litote, figura retorica prediletta dal latino.

71  Chi pone il punto di domanda alla fine del v. 644 dà al vocabolo vindex un senso negativo quale "distruttore" o similari. Chi invece, come il Lindsay, lo pone alla fine del v. 643, deve intenderlo con valore positi­vo: scelta a cui io mi sono attenuta.

72  Lisitele lo ha dimostrato sviscerando il tema nel canticum che apre il II atto.

73  Indicium: parola tradita dai codici, è difficile da emendare e perciò messa tra croci. Il senso non ne scapita.

74  Il tono ironico non basta a dare un senso convincente a tutta l'imma­gine e, a quel che sembra, nemmeno Lesbonico ne capisce.

75  Insipido gioco sulla parola honos usata prima da Lesbonico (v. 694) nel senso di "rispettabilità" e qui intesa da Lisitele nel senso di "carica onorifica".

76 Subolet è lo stesso verbo usato da Stasimo al v. 615 (= "mi puzza"); ma mentre in bocca al servo manteneva il suo senso fuor di metafora, in questo discorso serioso pretende di essere tradotto in altro modo.

77 Πάλιν = "di nuovo" e le interiezioni precedenti sono quelle che il pub­blico greco usava per manifestare la sua approvazione a uno spettacolo (cfr. Pseudolus, nota 33); così Stasimo, dopo aver assistito al dibattito tra i due, applaude, preferendo naturalmente le argomentazioni di Lisitele.

78  I vincitori degli agoni drammatici, sia comici che tragici, in Grecia non vincevano che un trofeo di fronde. Stasimo paragona il lungo con­fronto tra i due giovani alla recita di due commedie in gara, tributando la palma ovviamente a chi gli conviene.

79 Curis è vocabolo tradito dai codici ma difficilmente emendabile. Tra­scurandolo, nulla cambia nel senso generale.

80 Gerrae significa "vimini" quindi, in gergo, "cose inconsistenti e vane".

81  Callicle vuol far capire a Megaronide che sa benissimo che lui non è affatto disposto a fare quel prestito e vuol farglielo intendere tramite una considerazione generale.

82 L'aggettivo composto, come gli altri due del verso successivo, è in ac­cusativo senza una reggenza esplicita. Plauto può aver mutato incon-sciamente il costrutto, dato che la battuta viene interrotta dalla doman­da di Callicle, oppure alcune parole possono esser cadute ed esser state sostituite, come suppone il Leo che in luogo della prima domanda di Callicle (che poi viene ripetuta al verso successivo) supplisce con oportet hominem deligi.

83  Questa è probabilmente una delle tante piccole incoerenze in cui Plauto involontariamente cade. Il suggerimento di Megaronide è in contraddizione con quanto Callicle aveva detto ai vv. 754-55. Come mai adesso, sia pur con tutte le cautele, si consiglia di dissotterrare il tesoro prima della consegna della lettera? Non potrebbe Lesbonico accorger-sene, come si temeva?

84  Il Lindsay accetta quod, lezione dei codici, che forse è errore dovuto alla presenza di un altro quod nel verso seguente, invece dell'emenda­mento quom che mi appare necessario.

85  Nugacissume è correzione dello Hermann da tutti accettata perché la lezione dei codici non da senso. Sarebbe un apax plautino costruito sul­la base dell'aggettivo nugax = "buffone", "spiritoso".

86  Carmide, presentandosi in scena in abito da viaggio, intona un canticum in cui rivolge il ringraziamento di rito alla divinità del mare che ha propiziato il suo ritorno. Il tono si eleva, le allitterazioni e le ripetizioni fanno parte del linguaggio formulare delle preghiere. Cfr. analoghe si­tuazioni (Mostellaria 431 sg. e Stichus 402) in cui i personaggi si riferi­scono a viaggi reali, o anche altre, ove il ritorno dal viaggio è pura in­venzione (Miles gloriosus 411 sgg.). Forse proprio alla pretenziosità del linguaggio sono dovute le incertezze del testo tradito che penalizzano questo brano. Eppure Plauto fa spesso ricorso al linguaggio sacrale o giuridico di cui ama la solennità perché genera un potente contrasto col tessuto ordinario del dialogo. Cfr. G. Petrone, op. cit. nella Bibliografia.

87 L'imperativo di abeo può valere approvazione o condanna. Qui è usa­to evidentemente nel primo caso.

88 Cfr. nota 24.

89  Il cappello a larghe falde era tipico di chi veniva dai paesi orientali o dal mare. Era detto causia, e con questo nome viene citato nell'elenco degli indumenti che nel Miles gloriosus (v. 1178) il furbo Palestrione consiglia per un travestimento da uomo di mare.

90  Nel v. 853 rimbalza comicamente per ben tre volte il verbo duco, dif­ferendo di poco la terza forma composta dalle due precedenti; l'allitte­razione continua poi nel verso successivo ove troviamo le due forme verbali dixit e docuit.

91  Il χορηγός in Grecia era ben di più: una specie di impresario che cu­rava a sue spese l'allestimento dei cori; ciò costituiva sempre un grosso onere finanziario, nonché un onore, e toccava quindi ai cittadini più ab­bienti e più in vista. In Roma, invece, questo vocabolo indicava un trovarobe che si occupava di procurare tutto quanto atteneva alla sceno­grafia, collaborando solo talora col dominus gregis, il capocomico.

92  Plauto traduce col vocabolo dormitator il concetto di ήμερόκοιτος, che è chi dorme di giorno per esser sveglio di notte e andare a rubare.

93  II sicofante si ribella all'indagine dello sconosciuto (cfr. anche v. 880), affermando la sua condizione di libero cittadino che si è sottoposto re­golarmente alle norme del censimento.

94  Carmide ha usato primum come avverbio, nel senso di "per prima co­sa", invece il sicofante finge di intenderlo come aggettivo collegato a nomen e si inventa questa freddura relativa alla lunghezza del suo nome, cui Carmide risponde, stando allo scherzo.

95  Parola che indica rassegnazione, che usiamo anche noi con un certo tono e certi gesti, come, per esempio, "amen! ".

96  Non credo che vi siano nei due vocaboli riferimenti intenzionali a persone o a luoghi (il Paratore propone per il primo un'allusione al giu­dice infernale; per il secondo ci si richiama a κέρκος = "tipo di scim­mia", e all'antico nome di Ischia, Pithecusa, in cui abitavano i Cercopi, trasformati in scimmie per punizione (cfr. Ovidio, Metamorfosi XIV, 90 sgg.); penso invece che il sicofante abbia citato sul momento due nomi fantasiosi, dato che in questo caso riteneva che nessun controllo fosse possibile. Plauto ama queste creazioni altisonanti che evocano posti mi­steriosi e di fatto inesistenti (cfr. Miles gloriosus 13-14).

97  Disconducit è un apax plautino come il discupio del v. 932; si osservi però che, mentre nel primo caso dis ha valore negativo, nel secondo è invece intensivo.

98  Ha ragione il sicofante! Non sempre Giove se ne sta seduto sul suo trono; anzi spesso si assenta dal cielo, per esempio per correr dietro alle sue avventure galanti in terra.

99 Una macchia nell'archetipo si è portata via l'inizio del verso.

100 Accetto l'integrazione del Ritschl in deputare.

101  Mensa può essere la τράπεξα del banchiere o il banco del commer­ciante.

102  Con la sua incredibile facilità di crear parole, Plauto conia subito due verbi giocando sul nome del personaggio.

103  Giusto richiamarsi ad Aristofane, Pluto 83, αύτότατος, ma non biso­gna dimenticare che il caso non è isolato (cfr. ocissimus, verberalissume ecc). I superlativi abnormi di nomi, pronomi, avverbi sono tipici di un linguaggio elementare che vuol calcare al massimo l'effetto, come quello dei bambini (per esempio: "Ho famissima! ").

104  Questa menzione alla recente entrata in carica degli edili, che a partire dal 266 a.C. avveniva alle idi di marzo, fa autorevolmente sup­porre che la commedia sia stata rappresentata nel corso dei Ludi Megalenses che si tenevano in aprile, piuttosto che in occasione di altre festività (Ludi Romani, Ludi Plebei) celebrate in settembre e in no­vembre. Inoltre, come è stato messo in evidenza dal Ruschi in base a Livio, XXXIV, 54, solo dal 194 a.C. nei Ludi Megalenses furono inse­riti spettacoli teatrali. Così, più che in base ad altri scarsi e incerti rife­rimenti storici che emergono dal testo, si ha da qui la certezza che la composizione di questa commedia risale all'ultimo periodo della vita di Plauto. Cfr., tra l'altro, E. Paratore, Introduzione al Trinummus, cit. nella Bibliografia, p. 276.

105  Concenturiat: cfr. Pseudolus 572 e nota.

106  L'espressione si ritrova solo qui. Il sostantivo cottabi è una metafora per indicare la gragnola di colpi che Stasimo si aspetta ed è il plurale di κότταβος,vocabolo che designava un gioco comune in Grecia. Si tratta­va di colpire il bicchiere nel quale era rimasto un po' di vino, facendone cadere le gocce in un catino di metallo, ove provocavano uno schiocco che poteva avere vario significato augurale.

107  Condalium si chiamava l'anello che gli schiavi portavano. Si sa che esisteva una commedia così intitolata attribuita a Plauto.

108 Il θερμοπώλιον, luogo dove si servivano bevande calde, è l'antenato del nostro bar. Sulla base di questo vocabolo Plauto conia buffamente il corrispondente verbo (v. 1014).

109  I nomi propri, chiaramente inventati dall'autore, celano una più o meno palese allusione alla caratteristica saliente dell'individuo: Truthus, il primo, è lezione incerta e viene corretto e tradotto in varie forme; Cerconicus deriva da κέρκω νικάω = "colui che vince con la coda"; Crinnus da κρίμνον= "pane d'orzo", vien tradotto con "Mangiapagnotte"; Cercobulus è ancora connesso con κέρκος = "coda", composto con βουλαβος, e si può tradurre "colui che trama con la coda"; Collabus da κόλλαβος = "piccolo pane", ha significato analogo a Crinnus.

110 Gli aggettivi che accompagnano i nobili nomi sopra citati aggiungo­no elementi alla tipologia dei loro possessori. Due di essi hanno addirit­tura la desinenza del patronimico, come quelli degli antichi eroi, e sono composti col verbo crepo = "scricchiolare", "spaccarsi"; il terzo è com­posto dal verbo tero = "logoro" e ricorda il flagritribae di Pseudolus 138; il quarto è un sostantivo da μάστις = "frusta" e corrisponde a verber, vocabolo di analogo significato.

111  Sembra che anche Carmide trovi eccessiva e un po' fuori luogo la ti­rata moraleggiante a cui il servo dà inizio e noi siamo d'accordo, specie dopo tutti gli altri passi di questo tenore, veramente sovrabbondanti in questa commedia.

112 L'aggettivo è greco, come lo era il vocabolo epithecam = "aggiunta", del v. 1025. Di come certi vocaboli greci fossero invalsi e accettati nel sermo cotidianus già si è detto.

113  Ambitio e ambitus (da ambio = "circuire") erano usati soprattutto per indicare le brighe tese a corrompere i magistrati, e i conseguenti brogli elettorali.

114 Altro punto dolente della dilagante anarchia è la mancanza di rispet­to verso chi dovrebbe avere più autorità. Cfr. il famosissimo passo di Piatone, Repubblica VIII, 562c sgg.

115  La stessa osservazione fa Euclione nell'Aulularia 523, udendo con compiacimento parlar male delle donne; questo giustifica il prolungarsi del silenzio di Carmide. Si trova infatti in scena fin dal momento del­l'entrata di Stasimo, ma si deciderà a intervenire solo al v. 1059.

116 Hoc aetate: piuttosto di ritenere che il vocabolo aetas sia usato al ma­schile, penso che l'espressione corrisponda a hoc aetatis (cfr. v. 787), oppure vada corretta in hac aetate.

117 Callicle si era evidentemente attrezzato con un abito adatto al lavoro pesante che lo aspettava.

118 Sembra una voluta ironia che a questo schiavo, il cui nome indica una chiara propensione per la vita sedentaria, tocchi sempre di correre a perdifiato (in omaggio evidentemente al modello del servus currens ca­ro a Plauto).

119 Sangaris o Sagaris è il nome di un fiume della Frigia, quindi è molto probabile che, come spessissimo i nomi degli schiavi, anche questo ri­specchi la località di provenienza.

120 Piuttosto che "non hai tempo da perdere", penso che la precisazione si riferisca, come ho tradotto, al concetto precedente, cioè al fatto che non ci saranno più formalità da sbrigare.

121 Il passo è corrotto e ha subito vari emendamenti e trasposizioni. Resta chiaro però che Stasimo, malgrado l'opinione espressa al v. 1083 sgg., si adegua prontamente alla fiducia che Carmide ha subito restituita all'ami­co. Il che conferma come, non solo per l'economia della commedia (per evitare cioè inutili ripetizioni), ma anche per sottolineare la fiducia nell'amicizia, tra Carmide e Callicle non ci sono spiegazioni (v. 1098).

122 Espressione comune per indicare una priorità di vicinanza affettiva, simile ad altre che anche noi confidenzialmente usiamo.

123  Scherzosamente Lisitele continua nel linguaggio formulare forense, come Callicle aveva iniziato.

124 Nemmeno negli ultimi versi, in pieno lieto fine, Plauto rinuncia a in­trodurre una battuta maligna sulle donne!

125 Caterva era il nome con cui si designava l'intera compagnia degli attori.