Trovar marito

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TROVAR MARITO

Commedia in tre atti (4 quadri)

di FERENC HERCZEG

Riduzione di Mario De Vellis

PERSONAGGI

La Signora GYURKOVICS

KATINKA, SARI, TERKA, MITZI, CLARA e LISA, sue figlie

Il Colonnello RADVANY

GIDA RADVANY, suo figlio

HORKAY

SANOORFFY

TONI KEMENY

SEMESSEY JANKO

L'aziona si svolga in Ungheria, in una città di provincia, verso la fine del secolo scorso

Commedia formattata da

ATTO PRIMO

Ampia stanza centrale al pianterreno della vecchia casa di campagna della famiglia Gyurkovics. Alla parete di fondo due finestre che danno sulla strada. Fra esse una credenza con chicchere e bottiglie. Sulla stessa pa­rete, due ritratti ad olio, con cornice dorata, rappresen­tanti un uomo e una donna vestiti alla moda antica. Mo­bili semplici, antichi, di buon gusto. A destra, in se­condo piano, ampia porta vetrata che dà nel giardino, e che è la comune. Accanto a questa porta un attacca­panni. Ancora a destra, in primo piano, un'asse per sti­rare, appoggiata su un rozzo tavolino da cucina, e una sedia a braccioli. A terra, vicino all’asse da stirare, una grossa cesta con la biancheria, e poi una poltrona. Al centro della scena, un tavolo rotondo con intorno delle sedie. A sinistra, due porte che mettono nell’appartamento. Anche a sinistra, proprio in angolo, la porticina della dispensa. Sempre a sinistra, in primo piano, due poltroncine. Alle pareti quadri, lo stemma familiare, ecc.

(All'alzarsi del sipario, sono in scena cinque figlie della signora Gyurkovics: Katinka, Sari, Terka, Clara e Lisa. Katinka, Sari e Terka, indossano semplici vestitini da casa, ma soltanto Katinka è vestita da «signorina » cioè con le gonne lunghe. Katinka e Terka hanno la testa avvolta in una pezzuola, come usano le massaie quando si dedicano alle faccende domestiche. Sari, in­vece, ha un'acconciatura di capelli molto accurata. Clara e Lisa sono vestite da bambine, e hanno le trecce sciolte sulle spalle. Come è stato loro imposto dalla madre, ostentano nei giochi e nel parlare, un atteggiamento del tutto infantile. Katinka, in piedi dinanzi all'asse, stira, aiutata da Sari, mentre Terka, seduta sulla vicina pol­trona, mangia Una fetta di pane imburrato e legge avida­mente un romanzo. Clara e Lisa, sedute sulle poltron­cine di sinistra, hanno in braccio due bambole e giocano alle  «signore »).

Clara                             - (col tono affettato d'ima signora in visita)  Oh! cara signora! Che buona idea avete avuto di venirmi a far visita. Ero proprio sola in casa.

Lisa                               - (stesso tono) Come mai? E dove sono i vostri bambini? E dove è la servitù?

Clara                             - (c. s.) Anna è ai giardini col bebé. La cuoca l'ho licenziata stamani.

Lisa                               - Davvero? Ne eravate così contenta!

Clara                             - Sicuro. Faceva benissimo la crema. Ma al giorno d'oggi, non ci si può fidare di nessuno. Figu­ratevi! Aveva una tresca con mio marito.

Sari                                - (si volta scandalizzata) Ma Clara che dici? (A Katinka) Hai sentito? Una bambina che parla di tresche.

Katinka                         - (con tono di rimprovero a Clara, senza però dar peso) Vergognati! Chi ti ha insegnato queste cose?

Clara                             - (indicando il libro di Terka) C'è scritto in quel romanzo...

Katinka                         - (o Terka) Bella roba, leggi! Aiutaci a stirare, invece... (Sputa sul ferro) E' freddo. Vammene a prendere un altro.

Terka                             - (senza muoversi, continuando a leggere) Un momento. Se sapessi com'è interessante...

Katinka                         - (facendo spallucce) Sempre la stessa cosa. Tanto si sa che poi la marchesa sposa il barone...

Terka                             - Non me lo dire prima che abbia finito...

Katinka                         - Tutti i romanzi si concludono con un ma­trimonio.

Clara                             - (balzando dalla poltrona e avvicinandosi) Non è vero, perché il barone muore, in duello e la marchesa si fa monaca.

Terka                             - (sgomenta) Si fa monaca? Oh, com'è roman­tico! (Di fuori si ode una musica militare dei soldati che passano. Clara e Lisa corrono alla finestra di si­nistra).

Clara                             - I soldati, i soldati!

Terka                             - (corre alla finestra di destra insieme con Sari) Se vedessi quanti sono, Katinka!

Katinka                         - (continua a stirare) Non m'interessa!

Sari                                - (voltandosi con entusiasmo) Ma sono gli us­seri! Gli usseri, capisci?

Clara                             - (saltellando per la stanza) Gli usseri, gli us­seri! !

Katinka                         - (di colpo si toglie dalla testa la pezzuola, e si affaccia alla finestra) Oh sì! (Dopo una pausa af­ferra il braccio di Sari) Guarda quello a cavallo... E' lui!

Sari                                - Lui chi?

Terka                             - Lo conosci?

Katinka                         - (delusa) Non ha guardato qui! Non mi ha vista!...

Sari                                - Ma insomma, chi è? Non ci hai mai detto nulla.

Terka                             - Raccontaci, raccontaci. Noi ti diciamo sempre tutto.

Sari                                - (come colta da un'idea improvvisa, indicando un medaglione di vetro, con dentro un quadrifoglio che Katinka ha al collo) E' lui che ti ha, dato quel qua­drifoglio?

Katinka                         - Sì. Ma questo non vuol dir nulla. Lo tengo sempre perché porta fortuna.

Terra                              - E quando te l'ha dato?

Katinka                         - Il mese scorso, quando andai a Budapest con la zia. L'abbiamo trovato in treno.

Sari                                - E' un bell'uomo?

Katinka                         - Proprio il mio ideale.

Sari                                - Ti piacciono i vecchi? Che cos'è? Capitano?

Katinka                         - Anche di più, pare. (Indicando) Ha un gallone largo così! Però ha un viso energico. Se sapessi con che aria imponente guarda le donne...

Sari                                - Anche te?

Katinka                         - E come! Figurati che per tutto il viaggio si è lambiccato il cervello per attaccare discorso con noi. Ha chiesto il permesso di fumare, di aprire il fine­strino, di chiuderlo... Ma la zia, niente. Gli lanciava delle occhiate da incenerirlo.

Terka                             - E il quadrifoglio?

Katinka                         - Non so dove lo avesse. Quando è sceso, s'è fermato sotto il finestrino e me l'ha dato dicendomi sottovoce: «vi porterà fortuna». Tu sai che ho sempre creduto ai quadrifogli e ai venerdì.

Sari                                - (delusa) Credevo che ti avesse fatta la corte! Peccato!

La signora Gydrkovics           - (entra durante le ultime pa­role. Severa) Niente peccato! Non approda a nulla, la corte dei militari. Essi si comportano con le ragazze come i cani col fieno: non lo mangiano, ma non per­mettono a nessuno di avvicinarsi. (Breve pausa) Chi di voi è di picchetto, oggi in cucina?

Sari                                - Io, purtroppo!

La sig.ra Gyurkovics     - E allora, marsch! (Indi­cando la porta a sinistra) Forse, avremo un ospite a co­lazione.

Tutte insieme                - Un giovanotto?

La sig.ra Gyurkovics     - Tony Kemeny, il mio fi­glioccio. Non l'ho più visto da quando era bambino. Sua madre mi scrive che è diventato un angelo di ragazzo... un po' sciocco, timido, impacciato... dice. Per­ciò farete bene ad occuparvi di lui e a tenergli com­pagnia. (A Katinka, che è distratta) Hai sentito, Ka­tinka?

Katinka                         - (con aria di donna molto navigata) A me, gli uomini timidi non sono mai piaciuti. Lo cedo a Sari.

Sari                                - E io non posso sopportare i cosiddetti bravi ragazzi. (A Terka) Te lo regalo.

La Signora Gyurkovics          - (a Sari) In cucina, ho detto! Uno, due... (Sari si avvia a malincuore) Alt! (Indicando l'acconciatura di Sari) Chi ti ha permesso di pettinarti da signorina?

Sari                                - Ma ho venti anni, mamma!

La sig.ra Gyurkovics     - Non è vero! Te lo proibisco! Ne devi aver sedici. (Comincia a scioglierle i capelli e poi li lega in due trecce) E neanche un giorno di più finché Katinka non avrà trovato marito.

Sari                                - Guarda un po'! Per colpa sua, dovrò portare le trecce anche da vecchia. .

La sig.ra Gyurkovics     - Smettila! Tu chiacchieri troppo. (Sari esce a sinistra. A Katinka) Però, non ha torto. Dovresti vergognarti.

Katinka                         - E' colpa mia se nessuno si innamora di me?

La sig.ra Gyurkovics     - Senti senti! Parla d'amore. Sei forse al mondo per amare?

Katinka                         - Credo di sì.

La sig.ra Gyurkovics     - Queste sono frasi che si di­cono a teatro. L'amore è un passatempo, mentre il ma­trimonio è una cosa seria. Una volta era facile: per ogni ragazza c'era un marito...

Katinka                         - (interrompendo) Chi sa quanto tempo fa!...

La sig.ra Gyurkovics     - ...Oggi, invece, i mariti sono rari come i bisonti, mentre le ragazze crescono come le cavallette...

Terka                             - E' vero! In qualunque luogo si vada, non si vedono che ragazze.

La sig.ra Gyurkovics     - (voltandosi di scatto) Taci tu!

Terka                             - (a parte, quasi verso il pubblico) E nemmeno un giovanotto che ci. faccia un po' di corte...

La sig.ra Gyurkovics     - Katinka, figlia mia, oggi le quaglie arrosto non volano in bocca. Un partito come il baroncino Gida si deve tenere molto da conto.

Katinka                         - (ride) Oh, mamma! Non posso sposare quello stupido bamboccio. Ha due anni meno di me.

La sig.ra Gyurkovics     - Gli aristocratici, lo sanno tutti, si sposano giovanissimi. E io, poi, non ho ancora sentito una donna lagnarsi perché il marito è troppo gio­vane. Del resto, un barone non ha bisogno d'essere intel­ligente. Pensa che ha una tenuta di 4.000 ettari...

Katinka                         - Ma suo padre vorrà dargli in moglie al­meno una figlia di un magnate.

La sig.ra Gyurkovics     - Non vivrà per l'eternità, quel vecchio. (Si alza) Il baroncino verrà oggi. (Con voce e gesto severi) Ricordati di essere gentile con lui. (Chiamando verso sinistra) Janko!

Sari                                - (rientra) Il garzone viene subito. E' in giar­dino.

La sig.ra Gyurkovics     - Da oggi, non è più garzone: l'ho promosso maggiordomo.

Janko                             - (viene da destra. E' un contadino di circa sedici anni, con un viso piuttosto sciocco e i capelli lunghi. Indossa una livrea troppo grande per lui, ed appare assai goffo. Ha in mano un telegramma).

Le Ragazze                   - (ridono) Com'è buffo!

La sig.ra Gyurkovics     - (squadra Janko) Non c'è nulla da ridere. Gli ho dato la vecchia livrea. Fra un anno gli starà bene.

Janko                             - (con accento dialettale, sforzandosi di mostrarsi disinvolto) Ho cercato dappertutto vostra signoria. Credevo che fosse in giardino. (Con un risolino sciocco) E invece la trovo qui.

La sig.ra Gyurkovics     - (che continua a squadrarlo) I Però dovresti farti tagliare i capelli.

Janko                             - Sì, signoria. Andrò dal parrucchiere.

La sig.ra Gyurkovics     - Macché! Macché, ci penserà il giardiniere.

Janko                             - Come comanda. (Si avvia).

La sig.ra Gyurkovics     - Che hai in mano?

Janko                             - (spaventato) Gesù mio! Me n'ero scordato! Un telegramma. Il procaccia m'ha detto che è arrivato ieri; ma lui è andato a un battesimo e ha bevuto un po' troppo. Vostra signoria deve perdonare.

La sig.ra Gyurkovics     - (stende la mano per prendere il telegramma) Sarà di Toni. (A Janko) Un'altra volta, però, devi portarlo su un vassoio.

Janko                             - (le riprende precipitosamente di mano il tele­gramma) Si, signoria, subito. (Fa per avviarsi).

La sig.ra Gyurkovics     - Dammelo, ora, stupido! puoi andare. (Janko glielo consegna e si ritira con un goffo inchino. La signora legge forte) « Arrivo domattina, Mitzi ».

Clara e Lisa                   - (saltando dalla gioia) Arriva Mitzi! Che piacere!

La sig.ra Gyurkovics     - (stupita) Come fa a lasciare il collegio? Non ci sono ancora le vacanze.

Katinka                         - Il treno dovrebbe essere già arrivato...

Janko                             - (rientra di corsa, raggiante in manica di ca­micia) Indovinate chi c'è?

La sig.ra Gyurkovics     - Come osi entrare a quel modo?

Janko                             - (torna indietro mortificato) Vado a prendere la giacca e ve lo dico...

Katinka                         - C'è Mitzi?

Janko                             - (fermandosi di colpo) La signorina ha indo­vinato. (Alla signora) Com'è intelligente!

Sari                                - Dov'è?

Janko                             - S'è fatta grande così. (Fa cenno con le mani) E com'è bella. (Via).

Katinka                         - (alta madre, mentre le altre corrono verso la porta) Ma com'è possibile che Mitzi, così piccina, abbia viaggiato sola?

Mitzi                             - (compare sulla porta a destra. E' la quarta delle sorelle Gyurkovics. Ha diciassette anni. Ma è piuttosto sviluppata per la sua età. Il lungo mantello da viaggio, l'obito e l'acconciatura da signorina, la fanno apparire ancora più grande. Ha in mano una borsetta da viaggio. Si ferma sulla soglia) Eccomi qua! Buon giorno a tutti. (La madre e le sorelle, che si aspettavano una bambina, rimangono immobili a guardarla, piene di stupore).

Mitzi                             - Cosa c'è? 'Non mi riconoscete?

La sig.ra Gyurkovics     - (indietreggia sgomenta) Gesù Maria! E chi è questa?

Mitzi                             - Bacio le mani, mammina. Sono Mitzi.

Katinka                         - Com'è cresciuta! (Si avvicina, le apre il mantello) Che magnifico vestito! Proprio come una si­gnorina!

Terka                             - (togliendole il cappello) E com'è pettinata!

Clara                             - (prendendole la borsetta) E che bella bor­setta!

Mitzi                             - E voi, mammina, non mi dite niente? Non ti fa piacere vedermi?

La sig.ra Gyurkovics     - Che cosa è diventata questa ragazza! (Con le mani sui fianchi) Come hai osato crescere tanto?

Mitzi                             - Non è colpa mia, mamma. Non l'ho fatto apposta.

La sig.ra Gyurkovics     - E perché hai lasciato il collegio?

Mitzi                             - Non è stato di mia iniziativa... Come potrei dire?.,.

 Katinka                        - (con molto interesse, divertita) Ti hanno cacciata?

Mitzi                             - (modesta) Ecco. Proprio così.

La sig.ra Gyurkovics     - Impossibile!

Mitzi                             - (offesa) Mi ritenete capace di raccontare delle frottole? Mi hanno cacciata via! (Orgogliosa) Su unanime parere del corpo insegnante, e con l'approva­zione ministeriale mi hanno espulsa da tutti i collegi e le scuole del Regno di Santo Stefano.

La sig.ra Gyurkovics     - Dimmi subito, perché?

Mitzi                             - Vi dirò... (Alle sorelle) Ragazze, ritiratevi: non è per le vostre orecchie.

La sig.ra Gyurkovics     - Che cosa mi toccherà sen­tire! (Alle ragazze che, invece di allontanarsi, s'erano avvicinate) Via! (Le ragazze escono a malincuore) E allora?

Mitzi                             - Ossigeno ha baciato Luisa Liebeman.

La sig.ra Gyurkovics     - Che vaneggi?

Mitzi                             - Ossigeno è il professore di chimica e la Lie­beman è la maestra di tedesco. Li ho visti di notte, in giardino, che si baciavano.

La sig.ra Gyurkovics     - (inorridita) Taci!

Mitzi                             - Proprio così. Io ne feci una poesia e la re­citai alle compagne. Un'allieva esterna l'ha ripetuta in città, e un giornaletto umoristico l'ha pubblicata. E' stata aperta un'inchiesta, e s'è voluto dare un esempio solenne affinché in avvenire non trapeli più che le mae­stre di tedesco si fanno...

La sig.ra Gyurkovics     - Basta! Di questo riparle­remo poi. Adesso dimmi! Come hai osato viaggiare sola? E avevi abbastanza denaro? (Katinka e Sari, che durante le battute precedenti avevano fatto capolino da sinistra, senza che la madre se ne accorgesse, a questo punto, con aria naturale, ridiscendono in iscena, seguite a breve distanza dalle altre sorelle).

Mitzi                             - (dimenticandosi) Ora viene il bello. Alla sta­zione mi accorgo che mi manca un pengo per il biglietto. Per fortuna c'era un simpatico, interessante... (Si ferma di colpo).

Sari e Katinka               - (curiose) Chi? Chi?

Mitzi                             - (guardando la madre, piano) Un vecchio si­gnore... che quasi non poteva camminare... vecchio, ma simpatico, che mi ha prestato il pengo...

La sig.ra Gyurkovics     - E come si chiamava questo vecchio signore?

Mitzi                             - Cecco Horkay... (Riprendendosi) Cioè: Fran­cesco Giuseppe Horkay.

La sig.ra Gyurkovics     - (sospettosa) Uh!.„ Belle cose sento! Quel vestito, dove l'hai preso?

Mitzi                             - Mammina, m'avete mandato voi il denaro per farlo! E io l'ho ordinato così. Ormai sono una signo­rina, io.

La sig.ra Gyurkovics     - Te la darò io la signorina! Va subito su a metterti il vecchio vestito di casa. E questo penserò io a sequestrarlo.

Mitzi                             - Il vestito di tre anni fa? Ma sarò ridicola! Sembrerò Una ballerina!

La sig.ra Gyurkovics     - Sembrerai una bambina di quattordici anni. Quanti ne devi avere, ricordati.

Mitzi                             - Ma ne ho già compiuti diciassette!

La sig.ra Gyurkovics     - (battendo i piedi) Non è vero! Qui comando io e io stabilisco le età. Tu hai quattordici anni.

Katinka                         - Sarà un po' difficile, mammina!

La sig.ra Gyurkovics     - (a Mitzi) Prendi un'aria in­genua e vedrai che tutto andrà benissimo.

Clara                             - (che si era seduta sulla poltroncina a sinistra) E allora, mammina, se Mitzi ha quattordici anni, quanti è lecito che io ne abbia?

La sig.ra Gyurkovics     - Tu? Niente! Tu sei una zanzara! Chi può interessarsi alla tua età? (Clara china la testa mortificata).

Janko                             - (ire giacca. Ha i capelli tagliati a scala, cioè a grossi colpi di forbici. Entra a destra. A Mitzi) Com'è diventata grande la signorina!

Mitzi                             - Mi rimpicciolisco subito! (Via a sinistra).

La sig.ra Gyurkovics     - (a Janko) Che vuoi?

Janko                             - C'è quello che viene sempre... non mi ri­cordo il nome... quello che porta i guanti ai piedi.

La sig.ra Gyurkovics     - (alle figlie) Il baroncino Gida.

Janko                             - Sì. sì. E' lui. Ma come ha fatto a indovinare subito? Mi ha detto di denunziarlo...

La sig.ra Gyurkovics     - Annunziarlo. Introduci il barone. (Le ragazze si mettono in ordine i vestiti, si ras­settano i capelli, si tolgono i grembiali, e, con l'aiuto di Janko, fanno rapidamente sparire l'asse da stiro, la cesta della biancheria e le altre cose portandole nella stanza attigua. Janko esce).

Gida                              - (aria molto giovanile, viso piuttosto paffuto e roseo, rasato accuratamente e col monocolo E' vestito da cavallerizzo con affettata eleganza. Entra impacciato, por­tando tra le mani un gran mazzo di fiori, e bacia la mano a tutte, anche alle bambine. Alla madre, con tono melodrammatico) Oh, signora! Voi vedete in me un uomo finito!

La sig.ra Gyurkovics     - (molto gentile) Cosa c'è, caro baroncino?

Gida                              - E' arrivato mio padre con i suoi ottocento usseri. E per rimanere... Si è fatto trasferire qui con tutto il reggimento.

La sig.ra Gyurkovics     - E vi pare un guaio tanto serio ?

Gida                              - Voi non conoscete mio padre, signora? S'è messo in testa che devo fare gli esami di riparazione. E se sarò bocciato, allora...

La sig.ra Gyurkovics     - Allora...

Gida                              - Mi darà una buona «orna di legnate. L'ha promesso.

Terra                              - Povero Gida!

Katinka                         - (a parte) Che melenso!

Gida                              - Ora ti dico: a che mi servono tanti esami? Non voglio diventare accademico. Mi basta esser socio del Circolo dei signori... E mi ha anche proibito di venir qui. « Se metti ancora piede in casa di quei conta­dini serbi... », ha detto.

La sig.ra Gyurkovics     - Allora?

Gida                              - Allora mi rompe la schiena. Che tiranno!

Terka                             - Povero Gida!

La sig.ra Gyurkovics     - Ma che razza di uomo è vostro padre?

Gida                              - Un uomo terribile. Una vera belva.

Katinka --------------- - Esagerazioni!   

 Gida                             - Ve ne accorgerete. Ha deciso di venir qui a dirvi il fatto vostro.

Katinka                         - Tanto meglio. Così almeno potremo guar­darci ira faccia.

Gida                              - Sentirete che cosa uscirà da quella bocca.

Katinka                         - Benissimo. Così metteremo fine a questa commedia umiliante.

La sig.ra Gyurkovics     - (aspra) Katinka! Ma che dici! (A Gida, molto gentilmente) Non le date retta, ba­roncino. E' fuori di sé.

Katinka                         - (con i pugni stretti) Uff!

La sig.ra Gyurkovics     - (a Gida) Forse sarebbe bene che vi ritiraste nella camera delle ragazze.

Gida                              - (agitato e preoccupato) Sì, sì. Guai se mio padre mi trova qui.

La sig.ra Gyurkovics     - E per chi sono questi ma­gnifici fiori?

Gida                              - (guarda inebetito i fiori e le ragazze e non at decidersi) Questi magnifici fiori?

La sig.ra Gyurkovics     - (suggerendo) Scommetto che sono per Katinka. Ho indovinato?

Gida                              - (con sollievo) Sì, sì, per Katinka.

La sig.ra Gyurkovics     - (prende dalle mani di Gida i fiori e li consegna a Katinka) Ringrazia il baroncino, cara. (Sottovoce, con tono minaccioso) Ringrazialo, ti dico!

Katinka                         - (brusca) Allora vi ringrazio. (Getta i fori sul tavolo).

Terka                             - (li prende e li odora) Oh, come sono belli!

Mitzi                             - (rientra da sinistra. Ha indossato un abito cor­tissimo, ha i capelli sciolti, nasconde dietro la schiena una bambola e parla con un leggero scilinguagnolo come i bambini) Eccomi, mammina. Ho fatto presto? (Gida si volta sorpreso a guardarla).

La sig.ra Gyurkovics     - E' la mia quarta figliola. (Gida le porge la mano. A Mitzi) Mitzi, saluta il ba­roncino.

Mitzi                             - (stringendogli fortemente la mano) Con una forte stretta di mano.

Gida                              - Com'è energica questa bambina!

Mitzi                             - (con una cantilena infantile) Sì, perché mangio sempre la buona minestra e la buona verdura e non lascio mai niente nel piatto.

Gida                              - (parlandole col tono che si usa coi bambini) E non vorrebbe mostrarmi che cosa nasconde nell'altra manina?

Mitzi                             - (dondolandosi) Mi vergogno...

La sig.ra Gyurkovics     - E' tanto timida! (A Mita) Avanti, mostra che cos'hai.

Mitzi                             - (caccia sotto il naso di Gida la bambola alla quale fa dire « Marna»).

La sig.ra Gyurkovics     - (accarezzandole i capelli) Che sciocchina! Ha quasi quattordici anni e gioca an­cora con le bambole.

Le Sorelle                      - (soffocano le risa, ma uno sguardo severo della madre le fa ridiventare serie).

La sig.ra Gyurkovics     - (a Katinka) Allora andate pure di là col baroncino.

Tutte                             - (escono con Gida, tranne Mitzi).

La sig.ra Gyurkovics     - (appena rimasta sola, severa) Bada che se fai la burletta, ti tiro le orecchie.

Mitzi                             - Non sembravo un'autentica bambina?


La sig.ra Gyurkovics     - Hai esagerato! Oggi le bam­bine di quattordici anni non sono più così ingenue.

Mmi                              - Ma io sono un'eccezione e ho conservato il candore della mia ingenuità.

La sig.ra Gyurkovics     - (avviandosi) Sta attenta al candore delle tue orecchie. (Esce).

Mrm                              - (ri/misto sola gira per la stanza canterellando una canzonetta. Posa la bambola su una poltroncina, vede il libro che'Terka leggeva, lo prende, lo apre, fa spallucce e lo getta con disprezzo. Di fuori si sente il ru­more di una carrozza. Va alla finestra, guarda e ha un gesto di comica disperazione osservandosi l'abito. Esita un momento. Fa l'atto di fuggire a sinistra, ma la comune si spalanca ed entra Horkay).

Horkay                          - (è un bel giovane sui venticinque anni, dal­l'aria molto svelta. Si ferma nel vano della porta e guarda stupito Mitzi) Siete voi o è vostra sorella minore?

Mitzi                             - (con aria contrita) Sono proprio io! (Horkay comincia a ridere allegramente ed anche Mitzi è gua­dagnata dalla sua allegria).

Horkay                          - Vi ho riconosciuta soltanto dagli occhi. Non ce n'è un altro paio simile in tutta l'Ungheria. Ma che cosa vi è successo? Siete ringiovanita precipito-eamente. Forse siete stata malata?

Mitzi                             - (scuotendo la testa con comica serietà) Mac­ché! Sono la vittima di un terribile errore. Fino a sta­mani credevo di avere diciassette anni. E anche voi lo credevate, è vero?

Horkay                          - Parola d'onore!

Mitzi                             - Invece m'ero ingannata. Appena giunta qui la mamma mi ha detto che ne avevo soltanto quattordici; ha preso un paio di forbici e trac, ha tagliato due palmi del mio vestito. (Facendo lo scilinguagnolo) E ora sono di nnovo bambina.

Horkay                          - Terribile! (Guarda le gambe di Mitzi) Cioè... non è tanto terribile! E che farete adesso?

Mitzi                             - Giocherò con la bambola fino a quando le mie sorelle maggiori avranno preso marito.

Horkay                          - E quante sono? (Mitzi fa segno con le dita: tre) Ah! Tre! (Ride) Ora comincio a capire la logica del cuore materno.

Mitzi                             - Sembrate intelligente.

Horkay                          - (risoluto) Dunque, dobbiamo far sposare le vostre tre sorelle. E presto, anche.

Mitzi                             - (battendo i piedi in terra) Presto, presto, lo dico anch'io.

Horkay                          - Veniamo al positivo. Che portate in dote?

Mitzi                             - Una bella camera mobiliata.

Horkay                          - E' naturale. Questo si.sa. Ma avrete anche un appannaggio?

Mitzi                             - Senza dubbio. Ogni anno la mamma ci manda dodici vasi di marmellata di albicocche... o di prugne.

Horkay                          - Ah! (Pausa) Oh Dio! Non è difficile tro­vare degli uomini ai quali piaccia la marmellata. (Altro tono) Almeno, sono belle le vostre soreUe?

Mitzi                             - Press'a poco come me.

Horkay                          - (la osserva attentamente, come per valutarla) Allora... gli occhi -ralgono... mettiamo 50.000 pengo. La bocca... questa bella boccuccia, ne vale almeno 100.000. Il collo... e le spalle...

Mitzi                             - (lo interrompe) Basta, grazie. Mi contento

 della dote dichiarata. Il resto dovrà sorprendere grade­volmente il futuro sposo.

Horkay                          - Scommettiamo che troverò marito alle vostre «oreUe?

Mitzi                             - Davvero?

Horkay                          - Non esistono uomini interamente codardi, completamente avari, assolutamente scapoli. Qualunque uomo può battersi; da chiunque si può ottenere del de­naro; ad ognuno si può dare moglie. Tutto dipende dal modo di iniziare le cose... Scommettiamo?

Mitzi                             - Quanto?

Horkay                          - Una dozzina di baci.

Mitzi                             - (facendo una smorfia come per ricusare) Egregio signore, siete troppo caro. Diminuite.

Horkay                          - Trovate che sia troppo caro? Facciamo tre baci per sorella.

Mitzi                             - Due, pagabili il giorno delle nozze della terza. E non se ne parli più.

Horkay                          - La scommessa è andata. Qua la mano.

Mitzi                             - (esita un momento, poi gliela dà) Mi pare che sia mio dovere compiere questo sacrificio per il bene della mia famiglia. (Gli stringe la mano) Vedremo chi si pentirà.

Horkay                          - E se pagherete onestamente, non sarò avaro: troverò un marito anche per voi.

Mitzi                             - Grazie. Non voglio abusare della vostra cortesia... per me, provvedo io. (Breve pausa. Improvvi­samente, con molla gaiezza) Sentite un po', Horkay: mi fareste un gran favore?

Horkay                          - Altro che! Tutto quello che volete.

Mitzi                             - Sposate subito voi una delle mie sorelle.

Horkay                          - Ah no!

Mitzi                             - (implorante) Ve ne scongiuro.

Horkay                          - Parola d'onore non posso. Io non mi sposo.

Mitzi                             - Mai?

Horkay                          - Mai! Andrei contro le sacre tradizioni della mia famiglia.

Mitzi                             - (a parte) Sta a vedere che il mascalzone ha già moglie.

Horkay                          - Che borbottate?

Mitzi                             - (con ingenuità infantile) Mostratemi la mano. Conosco una bella storiella. (Horkay glie la mostra e Mitzi prende le dita una per volta, cominciando dal pol­lice, molto in fretta) Il primo ha visto la lepre, il se­condo l'ha ammazzata, il terzo l'ha scuoiata, il quarto l'ha cucinata... (Gli lascia cadere di botto la mano. A parte) Non ha l'anello. E' scapolo. (Si allontana).

Horkay                          - Mi prendete in giro? Badate che ve le do. (Fa l'atto di avvicinarsi).

Mitzi                             - Se siete capace di acchiapparmi. (Gli sfugge).

Horkay                          - (corre verso Mitzi per prenderla, la ragazza gli passa sotto le braccia e Horkay afferra la madre che entra in quel momento).

La sig.ra Gyurkovics     - Gesù mio! Chi è?

Horkay                          - (imbarazzato) Servo suo...

La sig.ra Gyurkovics     - (a Mitzi) Ma chi è? (In questa scena il tono di Mitzi e di Horkay dev'essere oscillante tra l'affermazione e l'interrogazione, in modo da generare equivoco).

Mitzi                             - Che dicevate, mammina?

La sig.ra Gyurkovics     - Chi è questo signore?

 ; is

 .

 



 FERENC HERCZEC

 Mitzi                            - Questo signore? Oh Dio, la mamma non lo conosce... (La madre fissa Horkay).

Horkay                          - (a parte) Vorrei sprofondarmi.

La sig.ra Gyurkovics     - Siete voi, dunque?

Mitzi                             - E' lui.

Horkay                          - Sono io.

La sig.ra Gyurkovics     - (d'improvviso, credendo di in­dovinare) Tu sei Toni!

Horkay e Mitzi              - (si guardano) Toni?

La sig.ra Gyurkovics     - E io che non l'ho ricono­sciuto subito...

Mitzi                             - Ecco, mammina, vedete...

Horkay                          - (con tono di rimprovero) Non mi avete riconosciuto subito.

La sig.ra Gyurkovics     - Guarda, guarda! Che bel ragazzo sei diventato.

Horkay                          - (si inchina con modestia) Si fa quel che si può.

La sig.ra Gyurkovics     - Però lo sapevo che arrivavi oggi; tua madre me l'ha scritto. (Chiama verso sinistra) Ragazze! Venite a vedere chi è arrivato.

Horkay                          - (a Mitzi) Ora mi butteranno fuori dalla porta.

Mitzi                             - (sottovoce) Macche! Dove sono sei ragazze, non si buttano via i giovanotti.

La sig.ra Gyurkovics     - (indicando le due ragazze che entrano) Ecco le tue cuginette Clara e Lisa. Sono le più piccine.

Horkay                          - Oh, che care cuginette!

La sig.ra Gyurkovics     - Non le baci?

Horkay                          - Ma sì che le bacio. (Eseguisce).

La sig.ra Gyurkovics     - (a Sari e Terka che entrano) Vedete? E' arrivato Toni.

Horkay                          - (animato) Posso baciarle? - (Le bacia).

Mitzi                             - (a parte) Che sfacciato!

Katinka                         - (entra) Ah, il cugino Toni!

Horkay                          - (ancora più animato) Oh, cara, bella cu­gina! (La bacia).

Sari                                - E ci hanno scritto che è timido, impacciato...

Horkay                          - (guardandosi intorno) Non ci sono altro cugine?

Mitzi                             - Mammina, voi non avete baciato il povero Toni! (Horkay la fulmina con un'occhiata).

La sig.ra Gyurkovics     - Hai ragione. Vieni qua, figliolo mio. (Horkay indietreggia, ma poi risolutamente va verso di lei e la bacia) Come rassomiglia a Mariska, questo ragazzo.

Mitzi                             - Specialmente negli occhi.

La sig.ra Gyurkovics     - Ora sediamoci e chiacchie­riamo un po'.

Horkay                          - (a parte) Come andrà a finire? (Tutti pren­dono posto aggruppandosi intorno a Horkay).

La sig.ra Gyurkovics     - E come stanno a casa?

Horkay                          - Grazie, abbastanza bene.

La sig.ra Gyurkovics     - Tua madre non mi ha scritto più nulla di Baldassarre. E' sempre con voi?

Horkay                          - Baldassarre? Ah già! Si capisce.

La sig.ra Gyurkovics     - (stupita) Hai sentito, Ka­tinka? Veramente non la capisco più, tua madre.

Horkay                          - Figuratevi io! (Con aria triste) A volte è così strana...

 Katinka                        - Ma come sono andate veramente le cose? Raccontaci tutto.

Horkay                          - Eh, non è facile! Devo premettere che il caso di Melchiorre... no, no, di Baldassarre... ha dei par­ticolari che voi certo non conoscete.

La sig.ra Gyurkovics     - (con curiosità) Racconta, racconta.

Horkay                          - (sui carboni ardenti) ... Perché mai come questa volta si è potuta constatare l'eterna verità del famoso detto: « Chi è senza peccato scagli la prima pietra ».

La sig.ra Gyurkovics     - Verissimo!

Horkay                          - (soddisfatto) Ecco! Io l'ho sempre detto: Baldassarre, sta attento perché alla fine farai i conti con l'oste. (Si asciuga la fronte) Dopo tutto, Baldassarre mi è troppo vicino perché io possa essere un giudice im­parziale delle sue azioni. Può darsi che m'inganni, ma la volpe che nom> arrivava all'uva, dichiarò che era acerba.

La sig.ra Gyurkovics     - (seria) Toni ha ragione.

Katinka                         - E' un modo virile di pensare.

Mitzi                             - (ironica) Però ha dimenticato di aggiungere che quando uno scava la fossa per un altro ci casca dentro.

La sig.ra Gyurkovics     - E coinè sta Mariska?

Horkay                          - Benone!

La sig.ra Gyurkovics     - Quanti anni ha adesso?

Horkay                          - (come se calcolasse, guardando di sottocchi Mitzi) Tra breve saranno diciassette.

La sig.ra Gyurkovics e Katinka         - (insieme) Di­ciassette anni, tua madre?

Horkay                          - (si alza, disperato) Già, mia madre...

Mitzi                             - (minacciando col dito) Toni, Toni, confessa che hai per la testa un'altra Mariska.

Horkay                          - (compunto) Lo confesso.

La sig.ra Gyurkovics     - A proposito: dov'è il ba­roncino?

Sari                                - Aveva attaccato il settimo panino imbottito.

La sig.ra Gyurkovics     - (a Sari e Terka) Voi due tornate di là a fargli compagnia. (A Clara) Tu vai a studiare il piano. (A Lisa) E tu, va a fare i tuoi compiti. (Sari, Terka, Clara e Lisa escono a sinistra).

Horkay                          - (a parte) Ah! L'interrogatorio è finito.

La sig.ra Gyurkovics     - Di là c'è il baroncino Radvany. Lo conosci?

Horkay                          - No. Però il padre è colonnello del reggi­mento al quale sono stato ora assegnato.

La sig.ra Gyurkovics     - Come come? Sei ufficiale e tua madre non mi ha scritto nulla!

Horkay                          - (con aria misteriosa) Ma io sono ufficiale in congedo. La differenza è questa: che gli effettivi li conoscono tutti e perciò indossano la divisa, mentre quelli in congedo non deve conoscerli nessuno, perché servono ad ingannare il nemico.

La sig.ra Gyurkovics     - (che non ha capito nulla) Ah! (Indicando a sinistra) Quel baroncino viene spesso. A te che sei parente posso dirlo: perché si interessa a Katinka. (Katinka alza le spalle).

Horkay                          - (a Katinka) Un barone si interessa a te e tu alzi le spalle? Devi dirgli: « parlate con la mamma! ». Ma in che mondo viviamo?

Mitzi                             - (con premura) Hai sentito?

 14

 TROVAR MARITO

 La sig.ra Gyurkovics    - (a Katinka) Hai visto? An­che Toni lo dice. Katinka        - (a Horkay) Se sapessi quanto è stupido! Hobkay      - Benissimo! E' quello che ci vuole! E' il marito nato. Perché, cara cugina, gli uomini si dividono in due categorie; gli stupidi e gli intelligenti. Gli stu­pidi non sanno ballare, parlano poco, sono noiosi; ma formano i mariti ideali. Gli intelligenti sono ottimi bal­lerini, simpatici parlatori, compagni deliziosi, ma si li­mitano a far la corte. E se prendono moglie, Iddio salvi quella povera donna.

La sig.ra Gyurkovics     - Com'è intelligente il nostro Toni. Mitzi    - Oh sì! Toni è intelligentissimo! Hokkay      - Sposalo, Katinka: sotto la "mia responsa­bilità, sposalo. E se poi avrai voglia di ballare... ci siamo noi.

Katinka                         - Ma sei lui stesso non sa ancora quello che vuole, e il padre è contrario al matrimonio.

La sig.ra Gyurkovics     - Contrario proprio no; è questione di principio.

Hokkay                         - Se il giovane è titubante, è perduto. Perché, che cosa vuol dire titubare? Oscillare tra il volere e il non volere; basta prenderlo nel momento in cui vuole... e allora non tituba più. In quanto al vecchio, poi, lo si mette davanti al fatto compiuto. La sig.ra Gyurkovics        - Parole savie. Mitzi   - E che si deve fare?

Horkay                          - Disporre le cose in modo che il ragazzo si decida. Mitzi             - Come?

Horkay                          - (a Katinka) Tu rimani sola col baroncino e

gli dici che io sono arrivato, cioè...

Mitzi                             - (suggerisce) ... che è arrivato il cugino Toni.

Horkay                          - Ecco; Toni. Gli racconti che Toni ti ama

tanto, che ti ama da bambina... (Riscaldandosi) Che ha

per te una passione violenta e gelosa...

Mitzi                             - Calma, calma... E' inutile sprecare tanto ar­dore.

Horkay                          - Gli confessi che non ami Toni, ma che egli è ricco e la famiglia vuol costringerti a sposarlo. Scommettiamo che si decide a svelarti i suoi sentimenti? La sig.ra Gyurkovics   - E' naturale. Mitzi             - Giustissimo,

Horkay                          - Ma tu non >ti accontenterai. Farai un po' la civetta con lui... Katinka    - (con sdegno) Questo, poi... Horkay          - Non mi dirai che non sei capace, con quegli occhi... il baroncino perderà la testa, ti bacerà... Katinka            - (flemmatica) ...e io gli darò un ceffone. La sig.ra Gyurkovics   - Ah no! Non lo farai! Horkay           - E perché? Avrai tanto tempo quando sarai sua moglie. Per ora scoppierai in pianto. Io entro. Si sentono i miei passi... « E' il cugino Toni », dirai, « per amor di Dio! Se vi trova qui vi ammazza ». Lo nascon­derai... La sig.ra Gyurkovics   - Dove?

Horkay                          - (guarda intorno) Dietro un divano, o una tenda... come si fa in teatro. Mitzi    - (indica a sinistra) 0 nella dispensa. Horkay   - Nella dispensa. Io entro di corsa e grido: elio sentito la voce di un uomo: chi è? Dov'è? Scom-

 metto che lo hai nascosto. Lo cerco, lo uccido! ». Tu giurerai, ti difenderai, negherai tutto. Io troverò il ba­roncino... (Gesticolando animatamente verso Katinka) « Ecco! Questo è il premio del mio amore e della mia fedeltà! Oh, donne, donne! Piuttosto che fidarmi di te, rinunzio alla mia felicità! ». E ti cedo al barone. (Con tono normale) Ecco fatto. Vorrei vedere se dopo tutto questo esiste al mondo un barone...

Mitzi                             - ... che non fa subito la sua brava domanda di matrimonio alla madre.

Katinka                         - Che sciocchezza!

La sig.ra Gyurkovics     - E' un po' pericoloso.

Horkay                          - Senza pericolo non c'è vittoria.

Mitzi                             - (a Katinka) Fa quello che ti dice il cugino Toni. E fa presto, mi raccomando. (A Horkay) Noi frat­tanto andiamo in giardino.

Horkay                          - (avviandosi a destra con Mitzi) Quando posso entrare fammi segno col fazzoletto. (Ridiscende in iscena, prende la bambola di Mitzi ed escono).

La sig.ra Gyurkovics     - Ti manderò qui Gida: prima o poi, bisogna chiarire la situazione. (Via a si­nistra).

Katinka                         - (ambigua) La chiariremo. (Pausa. Altro tono) Ma che bel matto quel cugino Toni!

Radvany                       - (è un bell'uomo sulla quarantina, di aspetto giovanile, in divisa di colonnello degli usseri. Dalla co­mune) Non c'è nessuno?    - (Si affaccia sulla soglia).

Katinka                         - Un ufficiale! (Nel medesimo istante entra da sinistra Gida "che intravede Radvany).

Gida                              - (con terrore) Oh! (Rientra precipitosamente a sinistra).

Radvany                       - (vedendo Katinka si toglie il berretto) Scusi...

Katinka                         - (a parte) Il mio ussero!

Radvany                       - (molto cortese) Cerco la signora Gyur­kovics

Katinka                         - (c. s., imbarazzata) Che vorrà mai?

Radvany                       - (si avvicina di più osservandola) Ma non mi sbaglio! La bella sconosciuta del treno!... (Con tona piuttosto gioviale) Vi ricordate di me?

Katinka                         - (sorridendo lievemente) Ho buona me-

moria .

Radvany                       - (galante) Benedico il caso che ci fa incon­trare di nuovo.

Katinka                         - (un po' delusa) Soltanto il caso?

Radvany                       - Se fosse dipeso da me... (Si ferma di colpo. A parte) Ma è terribilmente graziosa! (Dopo una breve pausa, ad alta voce) Non abita qui la signora Gyurkovics^

Katinka                         - Sicuro! E' la mia mamma. (Chinando gra­ziosamente la testa) Mi chiamo Katinka Gyurkovics.

Radvany                       - (sorpreso) Voi? Non è possibile!

Katinka                         - (gaia) Veramente dovrei saperlo.

Radvany                       - (serio) Dunque, siete Katinka... Chi lo avrebbe mai creduto! Ora mi spiego tutto... E sapete chi sono io?

Katinka                         - (c. s.) Avreste dovuto presentarvi da un pezzo.

Radvany                       - Sono il padre! (Katinka lo guarda stupita) Il padre di Gida. (Presentandosi in tono carretto, ma brusco) Colonnello Radvany.

Katinka                         - (quasi involontariamente) Il vecchio! Oh!

 FERENC HERCZEG

                                      - (Si porta la mano alla bocca come per trattenere la pa­ rola sfuggitale). '

Radvany                       - Precisamente: il vecchio. Ho sentito par­lare di voi.

Katinka                         - (che ha già padroneggiato il suo stupore, con , malizia) Bene o male?   - (Radvany scuote la testa. La ragazza, con un grazioso sorriso, gli indica una sedia) Prego.   - (Seggono. Radvany volge le spalle a sinistra).

Radvany                       - (dopo una breve pausa, durante la quale fissa Katinka con volto accigliato. Brusco) E vorreste farmi credere che amate quel ragazzaccio?

Katinka                         - (offesa) Colonnello!

Radvany                       - Perdonate la mia sincerità: 'ho sempre chiamato le cose col loro nome. Voi mi sembrate una ragazza fiera ed onesta. Com'è compatibile con la vostra fierezza civettare con quello stupido monello? (Gida, che aveva di nuovo sporto la testa da sinistra, si ritira pre­cipitosamente con una smorfia) E come vi consente la vostra onestà di mirare alle ricchezze di mio figlio?

Katinka                         - (con sincero sdegno scattando in piedi) Io miro alle ricchezza di vostro figlio? Nessuno ha mai osato parlarmi in tal modo! (Si guarda intorno. Prende il mazzo di fiori sul tavolo e lo butta ai piedi del co­lonnello) Questo è per vostro figlio! (Si strappa la col­lana e getta il medaglione in terra) E questo è per voi! (Gli volta le spalle nascondendo il volto fra le mani).

Radvany                       - (agitato) Vi prego, calmatevi. (A parte, raccogliendo i fiori) Glieli avrà dati Gida! (ti posa sul tavolo. Poi raccatta il medaglione e lo osserva) Un qua­drifoglio? (Ricordando) Ah! (Si avvicina a Katinka col medaglione in mano. Altro tono) Lo avevate serbato e Io portavate al collo? (La guarda stupito e commosso) Cara piccina! (Fa l'atto di prenderle le mani).-

Katinka                         - (indicando a sinistra, con ira) Di là c'è vostro figlio. Portatevelo via subito, altrimenti lo faccio saltare dalla finestra! E che non metta mai più piede qui!

Radvany                       - (turbato) Perdonatemi! Sono veramente confuso.

Katinka                         - Lasciatemi in pace, voi e vostro figlio. Non voglio sentire altre insolenze!

Radvany -                     - Riconosco di aver detto delle sciocchezze. Ma ho perduto l'abitudine alla cortesia...

Katinka                         - (interrompendo) ... e anche alla cavalleria.

Radvany                       - (inghiottendo la saliva) Ho meritato questa lezione. (Pausa) Cara signorina, nella mia vita non ho mai lasciato una vertenza sospesa. Non andrò via finché non vi avrò dato piena soddisfazione.

Katinka                         - (leggermente canzonatoria) Non vorrete che mi batta con voi...

Radvany                       - Rispondete: mi perdonate o no?

Katinka                         - Se è per farvi un piacere, vi perdono. Ma ad una condizione: che quel ragazzo non mi venga più intorno. La vertenza è chiusa.

Radvany                       - Datemi la mano.

Katinka                         - (con civetteria) E' proprio strettamente necessario?         - (Gliela porge).

Radvany                       - (gliela stringe) Posso rivolgervi una do­manda?

Katinka                         - Che uomo curioso...

Radvany                       - La curiosità è il debole dei vecchi.

Katinka                         - (c. s.) Siete poi tanto vecchio?

 Radvany                      - (con tono spigliato) Quanti anni mi date?

Katinka                         - (guardandolo) Tra i ventkióve e i tren-tano ve... (Radvany appare lusingato) E la domanda?

Radvany                       - Volevo chiedervi: che ne sarà di quel quadrifoglio? Non lo porterete più?

Katinka                         - Prometteva fortuna e ha mentito.

Radvany                       - (incalzando) Sicché non lo porterete più? (Katinka ha un sorriso incerto) Forse per Gida? o forse per un altro? .

Katinka                         - (civetta) Chi sa...

Radvany .,                    - Rispondete, vi prego: amate qualcuno? , Katinka            - Con qual diritto me lo chiedete?

Radvany                       - Stavamo per diventare parenti... eravate quasi mia nuora... (Pausa, altro tono) Mah! Chi può conoscere le donne!

Katinka                         - (riflette un po', guardando verso la comune, poi sembra colta da un'idea improvvisa e da quello momento il suo tono è completamente diverso, come di chi reciti una parte) Vi risponderò, senza indagare perché m'interrogate. C'è un parente.» un mio lontano parente il quale mi ama...

Radvany                       - (con ansia) Ma voi... voi lo amate?

Katinka                         - (fingendo di non udire) .-è arrivato oggi per il fidanzamento.

Radvany                       - „. Ma se voi non lo amate».

Katinka                         - Una ragazza senza dote non può concedersi certi lussi.

Radvany                       - Non precipitiamo gli eventi. Voi siete giovane e inesperta™

Katinka                         - (alzandosi) Scusatemi se non vi trattengo. Quando siete entrato stavo per andare dal mio fidan­zato...

Radvany                       - (interrompendola) Non è ancora il vostro fidanzato.

Katinka                         - Verissimo. Dirò: dal mio pretendente, Egli può entrare da un momento all'altro, e non vorrei che vi trovasse qui.

Radvany                       - Non posso andar via adesso. Devo parlarvi ancora

Katinka                         - (guarda agitata verso la comune) Ora no! Ora no! Forse un'altra volta...

Radvany                       - (sempre più agitato) No, no, ora... vorrei dirvi... Ma così è impossibile! Aspetterò che se ne vada. Non potreste farmi attendere in un'altra stanza?

Katinka                         - (indicando a sinistra) Di là c'è vostro figlio... (Guardandosi intorno) E qui, non saprei pro­prio... A meno che... ma no; come potrei farvi attendere nella dispensa?... (Accenna la porticina a sinsitra).

Radvany                       - (sempre più eccitato) Entrerò li. Che im­porta? Ma non posso andarmene senza avervi detto tu'."'».

Katinka                         - (apre la seconda porticina a sinistra) Come volete. Ma state attento ai vasetti della marmellata.

Radvany                       - (entrando a sinistra) Mi pare di essere ridiventato sottotenente.

Katinka                         - (richiude la porticina, poi si accosta alla co­mune e sventola il fazzoletto. Scende in iscena, si mette il dito sulla bocca e dice verso il pubblico) Katinka sarà baronessa!

Horkay                          - (entra cauto dalla comune e sussurra) Ho visto mi ufficiale. E' andato via? (Katinka accenna di sì con la testa) E il baroncino? (Katinka accenna con la mano e con gli occhi verso la dispensa. Horkay si aH-

 

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 TROVAR MARITO

 

 iottona la giacca, si arruffa i capelli e viene davanti alla porta della dispensa con pazzo marziale. Da ora in poi, parlerà con tono melodrammatico e sempre rivolgendosi terso la dispensa) Katinka, angelo mio! Finalmente ti trovo sola. In questo momento si decide di tutta la mia felicità.

Katinka                         - Discutiamo con calma.

Horkay                          - Il mio cuore è in subbuglio, il mio cervello è in fiamme e tu parli di calma?

Katinka                         - Lasciami un po' di tempo per riflettere.

Horkay                          - Non riflettere. Ubbidisci alla voce della passione che ti spinge nelle mie braccia. Io non penso che alla nostra felicità futura: non sogno che la gioia di averti tutta per me solo. Sì, per me solo! Giacché io lono geloso anche dell'aria che tu respiri.

Katinka                         - No, amico mio. Non è questa la vita che io sogno.

Horkay                          - Come? Che cosa è accaduto in te? Sogni forse un altro ideale?

Katinka                         - Non si tratta di ideale. Non posso amarti; sei troppo giovane.

Horkay                          - (piano, con voce naturale, uscendo dalla parte) Come, troppo giovane? E quello lì, allora? (Indica lo dispensa).

Katinka                         - (gli fa cenno di tacere, e parla verso la di­spensa ad alta voce) Perché negare? Nei miei sogni non si presenta il tuo volto, ma quello di un uomo ma­turo, gentile e forte, buono e indulgente, che sappia do­minarmi con la sua volontà e guidarmi con la sua espe­rienza. (A poco a poco la sua voce assume un tono di sincerità) Che mi ami, non solo col cuore, ma anche col cervello. Forse questo non è che un sogno, ma spero che il cielo mi esaudisca, perché è il più sincero desi­derio del mio cuore. (Dalla dispensa si sente un forte rumore come di vasi che si rompono. Con sincera preoc- * cupazione) Oh Dio!

Horkay                          - Che c'è?

Katinka                         - Nulla, nulla. (Ma siccome Horkay fa l'atto dì andare verso la dispensa, essa si pone con gesto spon­taneo dinanzi la porta) Non ti permetterò d'entrare.

Horkay                          - (gridando) Incredibile! (Rovescia una sedia) Che infame tradimento!

La sicnora Gytjrkovics - Che vuol dire questo chiasso? (Piano) E' andato via il colonnello?

Sari                                - (entrando con le altre sorelle) Perché gridi così, Toni?

Horkay                          - Venite tutti qui! (Indicando Katinka) Guar­datela! Non è una donna, è un serpente che mi scal­davo in seno e che mi tradiva!

Gira                               - (fa capolino per ultimo da sinistra) E' andato via il babbo?

La sig.ra Gyurkovics     - (a Horkay) Ma il baroncino

e qui!

E

Horkay                          - (guarda esterrefatto Gida e Katinka) allora?

Katinka                         - (sempre davanti alla porta della dispensa con sincerità) Non insistete. Non vi lascerò aprire questa porta. Ho sbagliato, la colpa è mia... prendo su di me tutta la responsabilità... Ma non vi lascerò passare.

Horkay                          - (piano, a Mitzi) Non ci capisco più niente. Mi pare che Katinka faccia ora sul serio. Si direbbe che il suo accento è sincero. (Forte, col tono di prima) Ma

 io sono deciso a vedere chi si nasconde lì! Voglio dargli una buona lezione! (La porta della dispensa è scossa di dentro. Tutti si voltano a guardare. Finalmente essa si spalanca di colpo ed esce il colonnello).

Radvany                       - Eccomi! Chi è che vuol darmi una le­zione?

Horkay                          - (stupito) E chi è costui?

Mitzi                             - (che ha capito subito, con gesto di ammira-' zione) Brava Katinka! Come ha imparato presto!

Gida                              - (con terrore) Mio padre!

Radvany                       - (un po' turbato) Sono il colonnello Radva­ny... Chiedo scusa se ho rotto qualche barattolo di mar­mellata... ma la porta non si poteva aprire.

Horkay                          - Il mio colonnello! Sto fresco, ora!

La sig.ra Gyurkovics     - Signor barone, come siete capitato nella dispensa?

Radvany                       - Un piccolo equivoco. Ecco: vi dirò... (A parte) Che situazione ridicola!

Katinka                         - Il barone non è colpevole di nulla, e può allontanarsi con animo tranquillo. Ho voluto io così... Spiegherò io alla mamma.

Radvany                       - Non ho bisogno di difensori! (Alla si­gnora Gyurkovics) La signorina non dice la verità. Le ho chiesto io di nascondermi. Volevo sapere qualche cosa... Non sono un ragazzo...

Mitzi                             - (impaziente) Concludiamo!

Radvany                       - (a Katinka) Tutto si può chiarire subito. (Indicando Horkay) Scegliete fra me e questo signore.

Katinka                         - Con che diritto mi parlate così?

Radvany                       - (indicando a sinistra) Lì dentro ho ri­flettuto. (Breve pausa. Improvvisamente) Che risponde­reste se vi dicessi che vi amo?

Katinka                         - (con un sorriso) Vi direi di parlare con la mamma.

Gida                              - Ahimè! (Si lascia cadere nelle braccia di Terka).

Terka                             - (commossa) Oh! Povero Gida!

La sig.ra Gyurkovics     - Ma che sorpresa!

Janko                             - (da sinistra) Vostra signoria è servita. (Via).

La sig.ra Gyurkovics     - (a Radvany) Rimanete a colazione con noi, oggi?

Radvany                       - Oggi?         - (Con entusiasmo) Fino alla morte!

Katinka                         - Allora porgetemi il braccio fino alla morte. (Via entrambi a sinistra).

- Horkay                        - (a Mitzi, indicando la coppia che è uscita) E una. (Da destra entra Toni Kemeny, vestito da viaggio, con una valigetta in mano).

Toni                               - Bacio le mani.

La sig.ra Gyurkovics     - Chi siete?

Toni                               - Cara zia, non mi riconoscete? Sono Toni! Toni Kemeny.

La sig.ra Gyurkovics     - (stupita) Che dite? Se voi siete Toni, chi è quello lì?       - (Indica Horkay).

Horkay                          - (sfacciato) Sicuro! Chi sono io?

Mitzi                             - (nello stesso modo) Appunto! Chi è lui?

Tom                               - E che ne so?

Horkay                          - (trionfante) Vedete che non lo sapete?

Mitzi                             - (incalzando) E se non lo sapete, perché parlate?

Toni ----------------------- - (confuso) Non capisco!... Io ho portato una lettera della mamma che manda tanti baci alla zia. E a casa stanno tutti bene. IV   -:

 FERENC HERCZEG

 Horkay                         - Vediamo, dov'è questa lettera!

Mitzi                             - Dov'è la lettera?

Toni                               - (consegna la lettera ad Horkay) Eccola. La mamma ha detto che devo baciare per lei tutte le ra­gazze.

Hokkay                         - (freddo) Già fatto. (Guarda la lettera) Questa calligrafia non la conosco. (Scuote il capo, e la consegna alla signora Gyurkovics) E voi?

La sig.ra Gyurkovics     - E' di Mariska! (Guarda stu­pita Horkay e Toni) Che strano!

Horkay                          - Stranissimo, infatti! Fermi tutti! Ora metto in chiaro la situazione. (A Toni) Avete qualche docu­mento? Un passaporto?

Toni                               - (apre la valigetta e vi fruga dentro) Ho l'atto di nascita. Eccolo. (Lo porge).

Horkay                          - Vediamo!

Toni                               - (continua a frugare) Ho il certificato di vacci­nazione... il mio libretto di soldato.

Horkay                          - (esamina l'atto di nascita) Perfetto! Indub­biamente è legittimo. (Lo consegna alla signora Gyur­kovics).

La sig.ra Gyurkovics     - Strano!

Horkay                          - Stranissimo! (Breve pausa, poi molto in fretta) Poiché questo signore ha le carte in regola evi­dentemente mi sono sbagliato e Toni Kemeny non sono io, (Bacia la mano alla signóra, stringe la mano di Mitzi, saluta con un cenno le altre, e, prima che i presenti si riabbiano dallo stupore, esce in fretta da destra).

La sig.ra Gyurkovics     - (a Mitzi) ... Ma chi è?

Mitzi                             - (con un sorriso) Se non mi sbaglio, mam­mina, un vostro futuro genero.

FINE DEL PRIMO ATTO

ATTO II

La stessa scena del primo atto, meglio arredata. A si­nistra, in primo piano, dov'erano le due poltroncine sulle quali le bimbe giocavano, è ora un bel divano con cu­scini di varie tìnte. A destra, dov'era l'asse da stiro, due ampie poltrone, con cuscini. Stuoie colorate, qualche nin­nolo, molti fiori in vasi; davanti alla finestra di sinistra, al fondo, una colonna di marmo, con una grande pianta ornamentale. Otto mesi dopo il primo atto.

                                      - (Katinka, ormai vestita da signora, è seduta sul divano a sinistra, e dipana una matassa di seta colorata).

Janko                             - (indossa una livrea più adatta a lui. Entra dalla comune con un pacco postale sotto l'ascella, e una busta rosa in mano) Bacio le mani. C'è un pacco per il signor colonnello... Veramente è arrivato ieri...

Katinka                         - - Tutti si rassomigliano per l'amore al vino. Mettilo lì. (Indica la tavola centrale e Janko eseguisce) Saranno le pistole ordinate da mio marito. (Indica la busta rosa) E quella lettera?

Janko                             - (molto confuso, la mette subito in tasca) E' mia. Mi ha scritto Marianka. (Via subito a sinistra).

 Radvany                      - (entra dalla comune eccitatissimo, gridando) Incredibile! Da che mondo è mondo, non s'è mai viltà una cosa simile.

Katinka                         - Che è successo?

Radvany                       - (piantandosi dinanzi a Katinka a gambe lar­ghe) Figurati: proprio davanti alla Pasticceria Cen­trale ho visto un ussero coi pantaloni gialli

Katinka                         - (incredula) Possibile?

Radvany                       - Giallo canarino, ti dico! Non credevo li miei occhi. Gli faccio cenno d'avvicinarsi, ma il furfante mi guarda un attimo e via a gambe levate. Entro in <* serma. In fondo al cortile, come un incubo, mi riappa­iono i calzoni gialli.

Katinka                         - E chi era?

Radvany                       - Mah! Anche questa volta s'è dilegualo,

Katinka                         - (sorridendo) Avrai sbagliato! Calmali. Siedi qui accanto a me.

Radvany                       - (la bacia in fronte, le siede accanto e an­nusa l'aria) Odore di tabacco. Chi c'era qui?

Katinka                         - Un giovanotto: anzi, un bel giovanotto.

Radvany                       - Chi era? Come si chiama?

Katinka                         - Non me l'ha detto.

Radvany                       - E che voleva? Perché è venuto?

Katinka                         - Ha saputo che sei insopportabilmente ge­loso, e voleva rapirmi.

Radvany                       - Che discorsi sono questi? Sai che non mi piacciono simili scherzi!

Katinka                         - (gli mette sulle braccia la matassa che con­tinua a dipanare) Ma no! Ho fumato io!

Radvany                       - (dopo breve pausa) Sono giunti per le manovre il sottotenente Horkay e il tenente Sandorffy. Oggi verranno qui per la visita di dovere.

Katinka                         - (quasi inavvertitamente) Sandorffy? Miski Sandorffy?

Radvany                       - (sospettoso) Lo conosci?

Katinka                         - Diamine! Non è il deputato? Ha fatto parlare tanto di sé.

Radvany                       - Fu trasferito dal suo reggimento perché faceva la corte alla moglie del colonnello. (Con di­sprezzo) Un tenente di complemento! Non è mai acca­duto, nella storia dell'esercito!

Katinka                         - Forse il colonnello sarà stato un imbecille.

Radvany                       - (prendendo fuoco) Perché non l'ha am­mazzato ?

Katinka                         - Povero Miska?!... E' giovane, simpatico... Sarebbe un magnifico partito per Sari... Anzi, tu dovresti aiutarmi. Invitalo a pranzo.

Radvany                       - Che mestiere vorresti farmi fare? Inviterò soltanto Horkay: Sandorffy no.

Katinka                         - Voi siete colonnello al reggimento; ma qui comando io! (Gli toglie la matassa) Datemi un bacio, e stasera avremo due ospiti a pranzo.

Sari                                - (ora vestita e pettinata da signorina, ha un abito da casa piuttosto elegante, con le maniche corte; entra dalla comune seguita dalle sorelle che hanno in mano racchette da tennis. Salutano rumorosamente Katinka ed entrano a sinistra, lasciando la porta aperta. Allora lì ode di dentro il suono di un pianoforte e la voce di Mitzi che solfeggia).

La sig.ra Gyurkovics     - (dopo qualche istante viene anche lei da destra. Ha sulla testa una pezzuola che

 si

 18

 w

 TROVAR MARITO

 lar-Cen-

 si toglie subito. In mano ha un piccolo cesto con delle uova) Sei uova in tutto! Anche le galline fanno scio­pero, ormai.

Katinka                         - (accennando con la testa verso sinistra) Che ha fatto Mitzi?

La sig.ra Gyurkovics     - L'ho messa in castigo perché li è arrampicata su un pero. Di pieno giorno. Katinka      - Di notte sarebbe stato un po' difficile. La sig.ra Gyurkovics - (grida verso sinistra) Basta, ora. Vieni qui, Mitzi.

Mitzi                             - (di dentro) Lasciami solfeggiare ancora un po'... E' la mia passione. (Ricomincia con voce stridula) Doo... reeee...

La sig.ra Gyurkovics     - Ti dico di venire qui! (Mitzi dà uno strappo rabbioso sulla tastiera e si affaccia sulla porta di sinistra) Bisogna sempre ripetere due volte le cose! (Si interrompe) Ma quello è l'abito di Katinka!

Mitzi                             - (con finta sorpresa) Ah sì? L'ho indossato per distrazione.

La sig.ra Gyurkovics     - Tu una ne fai e una ne pensi. Non vedo l'ora che qualcuno ti porti via.

Mitzi                             - (con gli occhi al cielo in atto di preghiera) Oh, Signore Iddio! Ascolta la preghiera di un cuore materno.

La sig.ra Gyurkovics     - Non sono affatto contenta di te. Vorrei sapere che t'hanno insegnato, in collegio.

Mitzi                             - Insegnato, poco; ma se sapessi quante cose ho imparato!

La sig.ra Gyurkovics     - Tieni la lingua a freno. Siete tutte uguali, ciarliere e pigre. La mattina non vo­lete mai alzarvi dal letto, e durante il giorno non pen­iate che a divertirvi e a fare toletta. Perciò gli uomini non si sposano più. Ai miei tempi, le cose erano molto diverse. Le ragazze, anche quando erano, come ine, figlie di un vice prefetto, facevano il bucato, imparavano a Mirare le camicie da uomo e dirigevano la casa. Oggi non c'è più una ragazza che sia capace di impastare il pane. Perciò ci sono tanti catarri di stomaco e tanti divorzi. (Via a sinistra).

Radvany                       - Ben detto! E su queste savie parole, ber­remo un bicchierino. (Si avvicina alla credenza e beve).

Katinka                         - (a Mitzi) Sbrigati! Aspettiamo ospiti!

Mitzi                             - Persone di riguardo?

Radvany                       - Sicuro! Ufficiali!

Mitzi                             - (gli si avvicina e gli accarezza il volto) E chi sarebbero ?

Radvany                       - Dammi un bacio e te lo dico!

Mitzi                             - No. La vostra barba punge troppo.

Radvany                       - (guarda l'orologio) Io torno in quartiere per il rapporto. Rientrerò presto. (Esce a destra).

Katinka                         - Si può parlare un po' seriamente con te?

Mitzi                             - Figurati! Anzi, mi leverò la sabbia dalle icarpe. (Si toglie una scarpa e la scuote).

Katinka                         - Chi è che ti scrive da Budapest?

Mitzi                             - Nessuno.

Katinka                         - Ieri ho trovato nel cestino delle carte una busta rosa col timbro di Budapest, indirizzata « Cuore trafitto - Fermo posta » ; questa mattina Janko aveva in mano una busta uguale. M'ha detto che era di sua so­rella; ma io ho capito che era per te.

 Mitzi                            - Non è vero! Vorrei perdere la lingua se non dico la verità.

Katinka                         - E' una vera fortuna che non sia capitata nelle mani di mio marito. Avrebbe fatto uno scandalo tremendo. Sei avvisata. Ora va a vestirti. Viene Horkay.

Mitzi                             - (subito allegra) Horkay! Horkay! (Cantic­chiando) Ora mi faccio bella perché aspetto il mio colombo. (Con una scarpa in mano, scappa via saltel­lando su un piede) ;

Janko                             - (da destra) Bacio le mani. Allora cosa devo dire al soldato?

Katinka                         - Quale soldato?

Janko                             - Ah già! C'è un soldato che vuol parlare con la signora del colonnello.

Katinka                         - Fallo entrare.

Janko                             - (mettendosi una mano davanti alla bocca per trattenere le risa) Vedrà com'è bello! (Via).

Toni                               - (entra da destra, in divisa di allievo ufficiale degli usseri: ha un paio di pantaloni di un giallo stri­dente. Il colore deve essere tale da far capire subito che è impossibile sia usato per una divisa. Con voce timorosa) Non c'è lo zio colonnello?

Katinka                         - Oh! (Scoppia a ridere) Toni! Quando siete arrivato?

Toni                               - Stamattina, per le manovre. La mamma manda tanti baci alla zia e alle ragazze. E tanti saluti allo zio colonnello. Ha mandato pure due forme di formaggio.

Katinka                         - Grazie, è molto gentile...

Toni                               - Purtroppo però il formaggio l'ho dimenticato a casa.

Katinka                         - Non fa nulla. Lo porterete un'altra volta. Avete già parlato con mio marito?

Tom                               - (spaventato) No no! Ho paura! Non potete nemmeno immaginare perché.

Katinka                         - (ridendo) Lo so, lo so. (Indica i calzoni) Per colpa di quelli lì. Ma quando mai un ussero ha portato calzoni di quel colore?

Toni                               - Vi giuro che il sarto me li ha portati di sera... e alla luce del lume non sembravano tanto sfacciati.

Katinka                         - Ma quelli si vedono anche al buio!

Toni                               - Il peggio è che non ne ho altri. I rossi li ha mangiati Titania. (Katinka lo guarda con aria interro­gativa) La cavalla. Non tutti, però. (Si china nell'atto del soldato che spara in ginocchio) Io stavo così, per sparare. Titania era dietro di me. Quando il colpo è partito ne ha mangiato un pezzo. Capite dove... E ora, come faccio col colonnello?

Katinka                         - Povero Toni! Mi assumo io la responsa­bilità. Rimanete a pranzo con noi. Mio marito, in ser­vizio è una tigre, ma quando la minestra è in tavola, diventa mansueto come un agnello.

Toni                               - (toccandosi i pantaloni) Siamo nelle vostre mani.

Radvany                       - (si sente la sua voce come un tuono dietro le quinte a destra) Che modo è quello di stare a cavallo! Non sembrate usseri, ma guardie campestri! Mi vergogno di essere il vostro colonnello! Toni       - Lo zio!

Katinka                         - E' ancora in servizio! Toni             - Allora io mi squaglio. (Fa l'atto di allonta­narsi verso destra). i

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 HERCZEG

 Katinka                        - No no! Non da quella parte! Venite con me. (Via a sinistra con lui).

Janko                             - (entra cautamente da destra. Si ferma un attimo sulla soglia, vede che non c'è nessuno, s'accosta al vaso che è sulla colonna di marmo dinanzi alla finestra, cava di tasca la lettera rosa di prima e la nasconde tra le foglie) Ecco fatto! Ho guadagnato il mio solito bic­chierino. (Radvany entra svelto da destra e Janko, per darsi un contegno, fa dei gesti come se volesse acchiap­pare la mosche).

Radvany                       - Che stupidaggine fai? Marsch! (Janko esce a sinistra. Appena Janko è uscito, Radvany si av­vicina al vaso, fruga tra le foglie e prende la lettera. Con voce di rabbia) Eccola! C'è anche oggi! (Con uno scoppio di collera) Cuore trafitto. Queste due parole non mi escono dalla mente! E' già la terza! (Fa per aprire, si trattiene, poi si decide bruscamente) Ah no! Voglio leg­gere! (Apre e legge) Arrivo lunedì, (La gira in tutti i versi) Nient'altro! Calligrafia alterata... Senza firma... Il mascalzone è prudente. Oggi è lunedì. Chi arriva oggi? (Dando un'esclamazione) Ah! Sandorff e Horkay. Dun­que uno di loro! Saprò chi è!

Katinka                         - (do sinistra, dice verso le quinte) E non fate bruciare l'arrosto, mi raccomando.

Radvany                       - (che aveva aperta la lettera con molta pru­denza, la richiude e la rimette nel vaso, e osserva atten­tamente i gesti di Katinka).

Katinka                         - Sei già stato a rapporto? (Si avvicina al vaso).

Radvany                       - Non ancora.

Katinka                         - Giungerai in ritardo.

Radvany                       - (a parte) Mi vuole allontanare!

Katinka                         - (che si è avvicinata alla finestra di sinistra, si sporge fuori e dice) Come si impenna Fulmine!

Radvany                       - (s'avvicina di scatto alla finestra e grida verso l'esterno) Che fai con quel cavallo? Somaro! Non è una mucca!

Terka                             - (mentre Radvany e Katinka sono affacciati alla finestra con le spalle verso la scena, entra rapidamente da sinistra, si avvicina al vaso, prende la lettera ed esce subito senza che gli altri due si accorgano di nulla).

Radvany                       - (ridiscende in iscena) Dammi la sciabola. (Katinka va verso l'attaccapanni, e mentre gli volge le spalle Radvany mette la mano nel vaso. Sorpreso dice) L'ha già presa. Me l'ha fatta!

Katinka                         - (gii porge la sciabola e il berretto) Che hai detto?

Radvany                       - (mentre sì affibbia la sciabola) Di' un po': tu mi ritieni proprio un imbecille?...

Katinka                         - Non ti capisco.

Radvany                       - ... perché se mi credi tale, avrai dei di­spiaceri. (Via a destra).

Katinka                         - (seguendo con lo sguardo Radvany) Che avrà voluto intendere?

Mitzi                             - (entra da sinistra. Ha indossato un vestitino estivo molto carino e ha in braccio un fascio di fiori freschi. Entra di corsa e va direttamente alla finestra) Vieni! L'ho visto dal balcone!

Katinka                         - Horkay? (Mitzi fa cenno di sì) Ricevilo tu. Io vado in cucina. Il vecchio è di malumore. Gli

 preparerò i crauti come piacciono a lui. (Uscendo) Mi raccomando, Mitzi. (Via).

Mitzi                             - (siede sul davanzale della finestra) Lascia fare a me! (Guarda un momento fuori e poi lancia con forza il fascio dei fiori).

Horkay                          - (si sente la voce di fuori) Ma questo è un agguato! Un tradimento! (Dopo un momento entra dalla comune) Viva Mitzi! Come state?

Mitzi                             - (rimane seduta sulla finestra mentre Horkay le si avvicina) Siete un mostro! Se non ci fossero state le manovre, non sareste mai venuto a trovarci. Perché non vi siete fatto più vedere?

Horkay                          - Perché mi piace dormire tranquillamente, e i vostri occhi mi fanno perdere il sonno.

Mitzi                             - (con esagerata ingenuità) Questa è una cosa che non capisco.

Horkay                          - Davvero?

Mitzi                             - Davvero. Non potete immaginare come io sia ridiventata ingenua.

Horkay                          - (si pone il monocolo e fissa Mitzi) Ora che Katinka è sposata, quanti anni potete avere?

Mitzi                             - (minacciandolo coi pugni stretti) Toglietevi subito quel vetro! Ho già tanti anni che non mi si può più fissare a quel modo.

Horkay                          - (lascia cadere il monocolo) Ma quanti sono?

Mitzi                             - Non posso dirvelo: è proibito dai regola­menti di famiglia. Vi basti sapere che sarebbe veramente ora che le mie sorelle maggiori si sposassero.

Horkay                          - Niente di nuovo per Sari?

Mitzi                             - Niente. Però all'orizzonte c'è un certo te­nente Sandorffy...

Horkay                          - (fa un gesto negativo con la mano) Nulla da fare: è un deputato.

Mitzi                             - Un deputato non può sposarsi?

Horkay                          - Il regolamento della Camera non glielo vieta; ma di solito si sposa soltanto se col matrimonio può rifarsi delle spese elettorali. Dov'è la signora. Ka­tinka?

Mitzi                             - In cucina.

Horkay                          - (si avvia a sinistra) Si può salutarla?

Mitzi                             - (lo precede, apre la porta a sinistra, e annunzia ad alta voce) Il signor Francesco Giuseppe Horkay, sottotenente di complemento degli usseri. (Esce con Hor­kay a sinistra).

                                      - (Tutta la scena seguente si deve svolgere in tono pitU-tosto sommesso ma misterioso ,e melodrammatico, come se si trattasse di due congiurati).

Terka                             - (dopo un attimo fa capolino da sinistra, ti guarda intorno e scende in iscena, mentre dalla comune entra Gida) Gida!

Gida                              - (è vestito di scuro, quasi come se portasse il lutto. E' piuttosto pallido e ha i baffetti) Zitta! Avete ricevuto la mia lettera?

Terka                             - Proprio ora. Pochi minuti fa. Sono corsa a leggerla tra le basse fronde di un vecchio sambuco, in un rifugiò segreto noto a me sola...

Gida                              - Nessuno deve sapere che ho infranto i ceppi della mia schiavitù per rivedere un'ultima volta...

Terka                             - (interrompendolo) Me?

Gida                              - No. Lei! Katinka! Quella crudele che mi ha vilmente tradito!

 TROVAR MARITO

 Terka                            - (dopo una breve pausa) L'amate ancora?

Gida                              - Non amerò più nessuno! Ho sofferto, ho lot-lato con me stesso, sicuro che avrei trionfato anche se la rinunzia mi avesse ucciso. Ma la vittoria è vana se non si ha un seno unico nel quale versare le proprie lagrime!

Terka                             - (con un gesto spontaneo si pone le mani sul seno) Ma Gida!

Gida                              - (tono normale) Questa è soltanto una me­tafora.

Terka                             - Allora piangete pure; date sfogo al vostro dolore. Voi potete contare sulla mia eterna amicizia.

Gida                              - Ora io lotto contro una nuova passione tragica, e invoco da voi l'aiuto per strapparmela dal cuore.

Terka                             - Contate su me! (Radvany entra dalla co­mune).

Gida                              - (con voce cupa vedendo il padre) Il mio ri-Tale!

Radvany                       - (con giovialità) Oh, guarda guarda chi si vede! Come va monello? (Chiamando a sinistra) Ka-tinka, vieni qui! E' arrivato Gida!

Gida                              - (a parte) Ora verrà il grande incontro! Che situazione drammatica!

Katinka                         - (entra da sinistra e gli va incontro con sem­plice affettuosità) Buon giorno Gida! Vieni ad ab­bracciare la tua mammina!

Gida                              - (guarda impaurito Radvany) Davanti a lui? Pio!

Katinka                         - Che hai?! (Lo abbraccia) Sei diventato quasi un giovanotto. Hai già messo i balletti!

Radvany                       - E sprechi troppo denaro! (A Katinka) Neanche da capitano io facevo tanti debiti quanti ne fa questo moccioso.

Gida                              - (a parte) Umiliarmi così dinanzi a lei!

Radvany                       - (uscendo a sinistra, a Gida) Va a salutare tutti e poi vieni da me. Devo parlarti. (Vìa).

Katinka                         - (piano a Gida) Aspetta un momento, torno eubito. (Via a sinistra).

Gida                              - (a Terka, eccitato) Mi ha detto di aspettarla! Che vorrà mai? Forse mi ama ancora! 0 sorte tragica!

Katinka                         - (rientra in fretta gli mette nelle mani un biglietto) Tieni. Ma non farlo vedere al vecchio, mi raccomando. (Via)., *

Gida                              - (col pugno stretto) Oh Dio! Il cuore mi pal­pita!... Mi ha scritto per giustificarsi... Se quella tigre di mio padre venisse a saperlo! (Dischiude cautamente il pugno per guardare il biglietto. Con sdegno) Denaro! Del vile denaro! Crede forse così di riscattare il tradi­mento! (Con grande cura ripone il biglietto nel porta­monete).

Terka                             - (scuote la testa, con semplicità) -  - Katinka non è mai stata romantica!

Gida                              - (scuotendo la testa anche lui) Donne! Donne! (Via a sinistra).

Terka                             - (molto compassionevole) Povero Gida! (Via).

Sandorffy                     - (entra da destra in divisa di tenente degli usseri e si jerma sulla soglia) E' permesso?

Sari                                - (quasi contemporaneamente entra da sinistra. Ha infilato un ampio grembiale e parla verso le quinte) Potete già mettere la, torta nel forno...

 Sandorffy                    - (guardandola) Oh che bella ragazza! (A Sari) Scusate, è proprio qui che abita il colonnello Radvany?

Sari                                - (un po' stupita) Appunto.

Sandorffy                     - (le parla con tono confidenziale come si farebbe con una cameriera) M'hanno detto che ha una bella moglie!...

Sari                                - (sempre più stupita) Bellissima, infatti.

Sandorffy                     - (e. s.) Scommetto però che siete più bella voi. (Prima che Sari sì renda conto di quello che accade, la prende per il mento e le scocca un bacio sulla guancia).

Sari                                - (indignata) Siete pazzo?! (Si svincola e gli dà un ceffone).

Horkay e Mitzi              - (entrano da sinistra proprio in questo momento. Horkay ha un gomito infarinato e Mitzi si succhia le dita. Guardano stupiti la scena senza essere veduti).

Sari                                - (con voce tremante di pianto) Per chi mi prendete?

Sandorffy                     - (confuso) Scusate... Io, veramente...

Sari                                - (c. s.) Siete uno sfacciato! (Esce a sinistra sbattendo la porta).

Horkay                          - (avanza e si pianta a braccia conserte dinanzi a Sandorffy. Mitzi gli è accanto).

Sandorffy                     - (presentandosi) Tenente Sandorffy... Scu­sino, chi era quella ragazza? (Guarda ora Horkay, ora Mitzi con crescente imbarazzo) Non sarà per caso la moglie del colonnello!? Credevo fosse una cameriera!

Mitzi                             - (ironica) E' un'abitudine dei deputati, ba­ciare le cameriere?

Sandorffy                     - (sempre imbarazzato) Cioè, non ero proprio sicuro...

Horkay                          - (con voce cupa) Era la moglie del colon­nello!

Sandorffy                     - Povero me!

Horkay                          - (fa cenno a Mitzi di ritirarsi, poi prende San­dorffy sotto braccio, lo conduce verso il proscenio e gli dice piano) Ingenuo! E' dunque tanto spiacevole ba­ciare una donna così bella?

Sandorffy                     - Tutt'altro! Ma se lo dice al marito...

Horkay                          -                         - (Non c'è pericolo. (Si guarda intorno, cauto) Lo detesta. / '

Sandorffy                     - (con molto interesse) Davvero? E perché?

Horkay                          - (c. s.) La trascura.

Sandorffy                     - (c. s.) La tradisce, forse?

Horkay                          - E come!

Sandorffy                     - Vecchio mascalzone!

Horkay                          - - E sotto i suoi occhi!... E' qui, in casa... una lontana parente, la baronessa vedova Radvany... la conoscerai a pranzo. Una bellissima donna con dei ma­gnifici capelli biondi.

Sandorffy                     - Incredibile! I mariti non meritano nessun riguardo! E quella povera donna?

Horkay                          - Tollera, tace e aspetta l'ora della vendetta.

Sari                                - (entra sulle ultime parole di Horkay e si avvi­cina a Mitzi che è presso la finestra, parlandole a bassa voce).

Horkay                          - (indicando Sari) Eccola! Ora le parlerò io e cercherò di rabbonirla. (Risale la scena e si avvicina alle due sorelle. A Mitzi) Volete far compagnia al te-

 si

 FERENC HERCZEG

 nente? Ho bisogno di parlare con Sari. (Prende scher­zosamente il braccio di Sari e la conduce verso il divano) Spero che ascolterete i buoni consigli dell'ex cugino Toni.

Mitzi                             - (alla quale Horkay ha fatto un piccolo cenno d'intesa, a Sandorffy) Noi intanto -faremo un giretto in giardino. (Uscendo) Vi mostrerò le nostre rose. Sono una vera specialità. (Via entrambi a destra).

Horkay                          - (col tono di chi inizia una perorazione) Dunque, Sandorffy...

Sari                                - (interrompendolo) Non mi parlate di lui! E' uno sfacciato! ,

Horkay                          - Siete in errore, non è sfacciato, è inna­morato. (Sari ha un gesto di sorpresa) Di voi! Da quando vi ha vista, non ha più avuto pace.

Sari                                - (stupita) E dove mi ha visto?

Horkay                          - Dove? (Pausa, come cercando) ...a Bu­dapest!

Sari                                - (incredula) Se non ci andiamo da un anno!

Horkay                          - (trionfante) Appunto! E' da un anno che vi ama. Vi incontrava spesso...

Sari                                - Sul lungo Danubio? Ci andavamo tutte le sere.

Horkay                          - Vedete? Da allora non ha potuto più di­menticarvi. Figuratevi la sua emozione, quando gli siete apparsa improvvisamente. Senza sapere quel che faceva, vi ha baciata.

Sari                                - Però è sempre una bella sconvenienza!

Horkay                          - La pagherà!

Sari                                - Lo direte allo zio?

Horkay                          - La mia vendetta è più raffinata. (Molto cauto) Gli ho detto che siete la moglie del colonnello.

Sari                                - (stupita) Io?

Horkay                          - Non avrà più pace. Potete immaginare il cruccio di quel povero innamorato: finalmente vi ritrova e non siete più libera.

Sari                                - La merita una lezione.

Horkay                          - Dopo gli diremo la verità. Intanto lo chiamo. (Si avvicina alla comune e chiama verso l'e­sterno) Sandorffy, puoi venire. (Breve pausa, A San­dorffy che è apparso sulla soglia) Entra, entra.

Sandorffy                     - (si avvicina a Sari e si inchina profonda­ mente) Baronessa, posso sperare che mi avete per­ donato completamente? (Durante questa battuta Horkay li guarda un momento, scuote il capo, e si allontana inos­ servato), ì

Sari                                - Vi autorizzo a sperarlo.

Sandorffy                     - E che non mi serbate più rancore? (Sari scuote il capo negativamente) Neanche un po' d'anti­patia? (Sari fa ancora cenno di no) Ah! ohe donna affa­scinante! E pensare che quella belva del colonnello... (Compassionevolmente) Povera baronessa!

Sari                                - (turbata) Perché mi compatite?

Sandorffy                     - Io sono psicologo, e leggo sul vostro volto...

Sari                                - Che cosa?

Sandorffy                     - (piano, in tono serio) ... che non siete felice, perché vi sentite sola... qui non vi comprendono.

Sari                                - (con sentimentalità di ragazza) E' vero! E' vero! Non sono compresa. (Su questa battuta Mitzi e Horkay fanno capolino da destra, si trattengono dal ri­dere e scompaiono) Come fate a saperlo?

 Sandorffy                    - (con grande serietà) Avete intorno alla bocca la linea del dolore segreto. (Pausa) Baronessa, voi non amate vostro marito!

Sari                                - Mio marito? (Trattiene a stento il riso) V'in­gannate! Sono una donna che conosce il suo dovere!

Sandorffy                     - Dovere! E' una parola che agghiaccia! (Enfatico) Voi siete giovane e bella: nel vostro cuore certo sbocciano i desideri che la primavera suscita... Lo comprendo dal lampo dei vostri occhi...

Sari                                - (con ingenua curiosità) Che cosa vedete nei miei occhi? Dite! Dite!

Sandorffy                     - Non mi capite? Eppure siete donna...

Sari                                - Che uomo strano!

Sandorffy                     - (molto sentimentale) Oh dura sorte! Perché ci siamo incontrati solo ora?

Sari                                - Siete proprio certo che è troppo tardi?

Sandorffy                     - (la guarda affascinato) Voi non lo cre­dete? Cielo ti ringrazio! Troverete in me un amico ub­bidiente, fedele, e discreto, molto discreto...

Sari                                - (ingenua) Ho sempre desiderato un amico al quale poter confidare le mie pene.

Sandorffy                     - Io sarò quello!

Sari                                - Badate però che sono esigente; e desidero che il mio amico sia tutto per me!

Sandorffy                     - La mia devozione non avrà limiti, e meriterò un premio.

Sari                                - (con civetteria) E come potrei premiarvi?

Sandorffy                     - (a parte) E' una civetta raffinata! Però è deliziosa!

Sari                                - (a parte) Chi sa come sarà contento quando saprà che sono ancora libera. (La voce della madre da sinistra).

La voce della signora Gyurkovics     - Sari!

Sari                                - Devo andare. La mamma mi cerca.

Sandorffy                     - Quando ci rivedremo, baronessa?

Sari                                - Non mi chiamate così!

Sandorffy                     - Come? Mi permettete?...

Sari                                - Chi mi vuol bene, mi chiama Sari. (Via a si­nistra).

Sandorffy                     - (mentre Sari esce) Mia adorata Sari!

Horkay                          - (da destra, ascoltando le ultime parole) Tutto bene, allora?

Sandorffy                     - Oh, amico mio! Che donna! Ogni sua parola ha un sapore piccante; ogni suo gesto è una ci­vetteria raffinata. Eppure nei suoi occhi è rimasta l'inge­nuità di una bambina. Com'è diversa dalla moglie di quell'altro colonnello... Peccato che non abbia potuto parlarle più a lungo.

Horkay                          - Chiedile un appuntamento.

Sandorffy                     - (pensa un po') Un biglietto? E' peri­coloso.

Horkay                          - La baronessa è una donna abilissima.

Sandorffy                     - E come farglielo recapitare?

Horkay                          - Unendo le nostre forze, troveremo la so­luzione.

Sandorffy                     - E' un'idea luminosa! Vado e torno su­bito. (Via in fretta dalla comune).

Mitzi                             - (da sinistra) Bravo Horkay! Ho sentito tutto!

Horkay                          - I merli si prendono con la rete e Sandorffj con l'astuzia. Dobbiamo far cadere quel biglietto nelle mani del colonnello.

 TROVAR MARITO

 Mitzi                            - Gli suggeriremo di nasconderlo in quel vaso. Ho notato che il colonnello vi fruga almeno venti volte al giorno. (Guardando verso il giardino) Eccolo appunto che viene. Che viso scuro! Aria di temporale. Si salvi chi può!

Radvany                       - (entra dalla comune seguito da Katinka. Con­tinuano una discussione animata).

Katinka                         - (con voce irritata) Non insistere perché mi fai arrabbiare sul serio!

Mitzi                             - Se dovete litigare noi ce ne andiamo. (Via con Horkay).

Radvany                       - E tu dimmi a chi vanno quelle lettere.

Katinka                         - Sono convinta che siano per Mitzi, quan­tunque essa neghi: ma voglio andare a fondo a questo stupido scherzo!

Radvany                       - Ah! Perciò è scappata! Andiamo a cer­carla.

Katinka                         - Non mi muovo se non dichiari che non sospetti di me.

Radvany                       - (con condiscendenza) Sia pure. Nessun so­spetto su te.

Katinka                         - Parola di colonnello?

Radvany                       - (si gratta la testa) Questo no.

Katinka                         - (stizzita) Siamo da capo.

Radvany                       - Per ora, non impegno la mia parola; ma se risulti innocente, ti pagherò duecento pengo per risar­cimento di danni.

Katinka                         - Accetto, (Gli porge la guancia) Suggellate ir patto, signor colonnello. (Radvany la bacia, mentre da destra compare Sandorffy che indietreggia precipito-samente) E ora andiamo da Mitzi. (Via a sinistra).

Sandorffy                     - (dopo un momento fa capolino. Poi entra in iscena, si avvicina ad una finestra e fa un cenno. Di fuori compare Horkay) Incredibile! L'ha baciata, ti dico! L'ho visto coi miei occhi! (Cava di tasca un bi­glietto) Bisogna applicare la legge del taglione.

Horkay                          - (indicando il vaso) Mettilo lì dentro.

Sandorffy                     - Purché non vada in altre mani.

Horkay                          - Non c'è pericolo.

Sandorffy                     - (con nobile discrezione) Del resto, non c'è nulla di compromettente: chiunque potrebbe leg­gere. (Mette il biglietto nel vaso. La testa di Horkay scompare).

Radvany                       - (torna da sinistra, parlando ad alta voce) Quando si ha bisogno di lei, non la si trova mai! (Gri­dando) Mitzi!

Sandorffy                     - (che sta accanto al vaso si mette sull'attenti senza aprir bocca).

Radvany                       - (lo squadra un momento come aspettando che parli. Poi bruscamente) Siete muto, giovanotto?

Sandorffy                     - (inghiotte la saliva, batte i tacchi e si pre­senta) Tenente Michele Sandorffy.

Radvany                       - (lo guarda con più attenzione) Ah! (Breve pausa) Sedete!

Sandorffy                     - (rimane in piedi, rìgido) Grazie. (ISon si muove).

Radvany                       - (grida) Sedete, v'ho detto! (Si volge un po' per indicargli una sedia).

Sandorffy                     - (allunga cautamente la mano per riprendere il biglietto. Radvany si volge di scatto e lo scorge).

 Radvany                      - Alto là! Cosa cercate in quel vaso? (San­dorffy ritira di colpo la mano. Radvany si precipita verso U vaso, prende il biglietto) Ah! Dunque siete voi! (San-dorffy affranto si asciuga il sudore) Sedete, tenente! (San­dorffy si lascia cadere su una sedia. Radvany guarda il biglietto e legge l'indirizzo) « Alla baronessa R. ».

Sandorffy                     - (subito) C'è un errore.

Radvany                       - (sogghigna) Eh! Eh! (Si accinge ad aprire la busta).

Sandorffy                     - (alzandosi) Colonnello, voi violate il se­greto epistolare!

Radvany                       - (alzando le spalle) Che dite, giovanotto? Mia moglie apre tutte le mie lettere. (Apre e legge) «Da quando v'ho baciata...». (Lascia ricadere la mano, vacilla, si porta la mano alla fronte) L'avete baciata?

Sandorffy                     - (gli porge la sedia) Sedete, colonnello!

Radvany                       - (ridiventa subito padrone di sé. Molto tran­quillo) Ora capisco tutto! Meglio così! (Il suo sguardo cade sul pacco che è sulla tavola) Ah! Proprio in tempo! (Comincia ad aprire il pacco).

Sandorffy                     - (lo guarda stupito di tanta calma, e il suo volto sì rasserena. A parte) Che marito ideale!

Radvany                       - (che non riesce ad aprire il pacco, sempre più tranquillo) Avete un temperino?

Sandorffy                     - (premuroso, sorridendo) Eccolo, colon­nello! (Gii consegna un temperino. A parte) Neanche uno scatto!

Radvany                       - (cava fuori dal pacco due pistole) Sono arrivate stamani. (Mostrandole) Sono nuovissime. Prima di pranzo possiamo definire la questione. Se la fortuna arride a voi, la baronessa rimane libera: se arrìde a me, nel vostro collegio si dovranno rifare le elezioni.

Sandorffy                     - (spontaneo) Rifare le elezioni? Se sa­peste quanto mi sono costate! (Altro tono) Signor co­lonnello, vi giuro che la baronessa è innocente!

Radvany                       - Lo so, lo so! Si dice sempre così, in queste occasioni. Non perdiamo tempo in ohiacchiere. Sce­glietevi due padrini e attendetemi al maneggio. Fra mez­z'ora ci sarò anch'io.

Sandorffy                     - (batte i tacchi) Ai vostri ordini, colon­nello. (Via da destra).

Radvany                       - (appena uscito Sandorffy ha un gesto di col­lera) Che mascalzone! L'ha baciata! L'ammazzerò come un cane! E ora sentiamo Katinka. (Si sporge da una finestra chiamando ad alta voce) Katinka! Katinka!

Gida                              - (che è entrato da sinistra sulle ultime parole, traversa cautamente in punta di piedi. Quando passa da­vanti alle pistole ha un brivido) Mi vuole ammaz-mazzare! Che tigre sanguinaria! Ma io non volevo ba­ciarla; è stata lei! Non mi farò uccidere... Scapperò. (Esce rapidamente da destra).

Radvany                       - (forte) Katinka! Katinka!

Katinka                         - (tra le quinte) Eccomi, che vuoi? (Entra in iscena).

Radvany                       - (lugubre) E' inutile negare ancora. Con­fessa!

Katinka                         - (allegra) Che cosa?

Radvany                       - (c. s.) So tutto!

Katinka                         - (c. s.) E aUora, se lo sai, che devo dirti?

Radvany                       - Fin dove siete arrivati...

Katinka                         - Con chi?

 FEKENC HERCZEG

 Radvany                      - Con Sandorffy! Katinka   - Sei pazzo? Non l'ho mai visto! Radvany    - (ironico) Davvero? E il cuore trafitto? E il bacio?

Katinka                         - (con sincero stupore) Quale bacio? Radvany       - Smettila di fare la commedia. Non sono un imbecille! Katinka          - - D'accordo, sei un asino! Radvany            - (si porta una mano al cuore) Pagherà anche questa! (Prende il pacco delle pistole e via a sinistra). Katinka          - (rimane stupita. Lo segue con gli occhi) Ma fa proprio sul serio? Che sarà accaduto? Non posso lasciarlo così. (Si accinge a seguirlo, quando da destra entra Sandorffy) Un tenente! Sarà lui!

Sandorffy                     - (presentandosi) Tenente Sandorffy. Che fortuna trovarvi qui, baronessa.

Katinka                         - Voi saprete certamente che cos'ha il colon­nello.

Sandorffy                     - Purtroppo. Il suo sdegno è senza limiti... Ma francamente mi pare eccessivo per un marito che non è senza macchia. Katinka   - Che intendete dire?

Sandorffy                     - Un uomo che ha una relazione d'amore, non può erigersi a giudice di morale. Katinka          - Una relazione? E con chi? Sandorffy         - Non mi fraintendete. Non voglio essere severo con chi si mette fuori delle legge sociali. Katinka   - Ma che significano queste parole? Sandorffy     - Vi ho sorpresi poco fa... mentre il colon­nello vi baciava. Katinka             - E poi?

Sandorffy                     - Quello che è lecito a lui, perché non deve essere lecito a me? Katinka   - (indietreggiando) A voi? Come osate? Sandorffy           - (senza badare all'interruzione) Vi chiedo quindi di aiutarmi.

Katinka                         - In che modo, per amor di Dio? Non ci capisco niente.

Sandorffy                     - L'unica soluzione è che il colonnello divorzi e che io sposi la baronessa. Katinka         - Me?

Sandorffy                     - ONo, la moglie del colonnello. Katinka   - E io chi seno?

Sandorffy                     - Rispetto il vostro legame, ma esso non può chiamarsi un matrimonio. Io parlo tTella moglie legittima, dell'altra.

Katinka                         - Mi pare di impazzire! Chi è quell'altra? Radvany            - (da sinistra a Sandorffy) Ancora qui?!! Che volete?

Sandorffy                     - - Chiedevo consiglio alla baronessa ve­dova. (Controscena di Katinka).

Radvany                       - (facendo le corna con le mani) Vedova? Ancora no. Prima sarà vedovo il vostro collegio. Katinka        - Che significa?

Radvany                       - Significa che io non sono un imbecille come l'altro colonnello e che ammazzerò il tuo amante! (Indica Sandorffy).

Katinka                         - Questo signore? (Alzando la mano per dargli un ceffone) Ripetilo un'altra volta, se ne hai il

coraggio

-84-

 Sandorffy                    - Colonnello, non è degna di nn ufficiale attribuire ad altri la propria amante... (Katinka e Radvany si guardano sbigottiti) Sono pronto a darvi ogni soddisfazione. Amo la baronessa e non desidero che di farla mia moglie.

Radvany                       - (con tono risòluto) Lo farete se prima non vi ammazzo. Andiamo! I padrini ci aspettano! Katinka        - I padrini?

Sari                                - (da sinistra. Ha sentito le ultime parole. In tono concitato) Un duello? Oh Dio! Perché?

Radvany                       - Dove c'è stato un bacio ci deve essere IV deguata punizione.

Sari                                - E che, volete battervi per me? Radvany   - Che c'entri tu? Sari   - Sono io la causa di tutto. Gida             - (che è entrato da destra, si avvicina precipitosa­mente) .    - No! Sono io. (Radvany guarda Suri e Gih stupito).

Mitzi e Horkay              - (di fuori) Ecco Toni, ecco Toni! (Irrompono da destra trascinando, ognuno per un braccio, Toni Kemeny). Radvany      - Ah! (Guarda fisso i calzoni gialli di Toni). Toni     - (batte i tacchi davanti a Radvany) Toni Ke­meny! (Lo stesso dinanzi a Sandorffy) Kemeny! (Lo j «tesso dinanzi a Gida) Kemeny!

Radvany                       - (dimenticando di colpo le sue preoccupa­zioni, con voce cavernosa) Che cosa siete voi? Toni          - (balbettando) Proprietario di terreni. Radvany       - (con un riso terrìbile, scandendo) Che co-sa sie-te? Toni         - (c. s.) Cattolico Apostolico Romano. Radvany      - (alza le braccia al cielo) Ma che siete? Questo, voglio sapere.

Horkay                          - (suggerendo a Toni) Un ussero. Toni       - (con voce fioca) Sono un ussero! Radvany          - Chi ve lo ha dato ad intendere? Credete di portare l'uniforme? Siete un pulcinella! Una balle­rina! Un pappagallo! ma non un ussero! (Toni fa un gesto, come se volesse parlare) Non una parola di più! Ritiratevi in quella stanza e aspettate il vostro destino. (Accenna la prima porta a sinistra. Toni esce). Mitzi     - (a Horkay) Gli eventi maturano. Horkay    - (a Radvany) Domando la parola. Radvany     - Che volete? E che cercate qui? Horkay      - "Sono il padrino del tenente. Ma prima di battersi, egli deve rispondere ad una mia domanda. (A Sandorffy) Chi è, qui, la moglie del colonnello Radvany? Sandorffy   - (indica Sari) La signora baronessa. Katinka - Ah, ora capisco! Ha baciato Sari! Horkay   - (a Sandorffy) Ecco. Tu sei la vittima di un deplorevole equivoco. Quella signorina è Sari Gyurkovks, sorella della baronessa Radvany. (Indica Katinka).

Sandorffy                     - (guarda spaventato Sari) Come? La moglie del colonnello è una signorina? E la moglie del barone è vedova?

Radvany                       - - E smettetela con queste vedove! Sandorffy      - Ora mi spiego tante cose! Radvany          - (a Horkay) Chi mi assicura che tutto queste è vero? Mitzi            - (avanzando) Io! E vorrei perdere la lingua

 H dico una bugia. (Indicando Sari) L'ha sempre chia­mata baronessa.

Radvany                       - (o Sari) E tu, perché non hai protestato?

Sari                                - (guardando Sandorffy con civetteria) Diceva delle cose tanto interessanti... Ed è una persona così sim­patica... (Tirando Radvany un po' da parte) E poi, Horkay mi aveva detto di lasciarlo fare.

Radvany                       - (scuotendo la testa fa cenno ad Horkay per chiamarlo) Ma dobbiamo averlo sempre tra i piedi?

Horkay                          - (si avvicina. Con molta confidenza, piano) Sandorffy è un ottimo partito... (Sorride) E Sari penserà tenerlo lontano dalle mogli dei colonnelli.

Radvany                       - Il gioco era pericoloso... Però le inten­sioni erano buone.

Katinka                         - (a Mitzi) E le famose lettere a « Cuore trafitto? ».

Gida                              - (che era rimasto accasciato su una poltrona, si ja avanti) Le ho scritte io.

Radvany                       - Tu? E a chi?

Gida                              - A Terka. E' la mia stella confidente. (Guar­dando Sari) Ora che tutti mi hanno abbandonato... (Si rimette a sedere).

Radvany                       - (avvicinandosi a Katinka) Dunque, era tutto un malinteso! Facciamo la pace. (Le stende la mano, Katinka gli volge le spalle con dispetto) Ho ca­pito! (Prende dai portafogli un biglietto e glielo sven­tola davanti agli occhi) Sono cinquecento.

Katinka                         - (glielo strappa di mano e gli getta le braccia il collo) Colonnello, siete assolto.

Radvany                       - (a parte, dopo averla baciata) Forse avrebbe fatto pace anche per duecento.

Horkay                          - Bene! La vertenza coniugale è chiusa... resta ancora quella del capo di famiglia...

Sandorffy                     - (con enfasi) In tutta la mia vita politica e sociale, non sono mai sfuggito alle conseguenze delle mie azioni.

Mitzi                             - (impaziente) Veniamo ai fatti.

Sandorffy                     - (a Sari) Se sapessi che la signorina Sari non rinnega i sentimenti della baronessa...

Mitzi                             - (interrompendolo sullo stesso tono) ... parle­reste subito alla mamma. (Indica a sinistra).

Sandorffy                     - (ìnghiotte la saliva, prende la sciabola sotto il braccio, si aggiusta la giubba e assume l'atteggiamento marziale di chi sta per compiere un atto eroico).

Mitzi                             - Avanti! Non abbiate paura d'aver coraggio! (Mentre Sandorffy sta per avviarsi, la prima porta a si­nistra si spalanca ed entra la signora Gyurkovics al oraccio di Toni che ora ha un paio dì calzoni rossi).

Radvany                       - (lo fissa esterrefatto, poi si stropiccia gli occhi) Ma sono rossi?

Toni                               - (disimjoZto) Si, signor colonnello: sono rossi.

Radvany                       - Sono stati sempre rossi?

Toni                               - (e. s.) Sempre, signor colonnelle.

Radvany                       - (a Katinfca) Mi parevano gialli!!

Katinka                         - Quando sei arrabbiato, tu vedi tutto giallo!

Horkay                          - (piano, a Toni) Dove li hai presi?

Toni                               - (piano) Nell'armadio del colonnello. (Si mette Findice davanti alla bocca) Ssst!...

FINE DEL SECONDO ATTO

 ATTO III

QUADRO PRIMO

La camera da letto di Terka e Mitzi. In fondo una fi­nestra che dà nel giardino. Accanto alla finestra un cas­settone. A destra, in primo piano, la porta che va nella camera da letto di Lisa e di Clara. Accanto a questa porta, una poltrona con un grande mucchio di abiti fem­minili. Questa poltrona però è quasi celata da un pic­colo paravento. In secondo piano i due lettini di Terka e Mitzi. A sinistra, in primo piano, un gran divano con un lume a stelo. In secondo piano una porta che è la co­mune. Un anno dopo il secondo atto. Sono le due di notte. Il lume centrale è acceso. La finestra è aperta.

                                      - (Mitzi, inginocchiata sul divano, fa le carte a Clara, che la segue con grande attenzione insieme con Lisa. Le tre ragazze hanno dei graziosi scendiletti, le cuffiet-tine da notte, le pantofole).

Mitzi                             - (un po' stizzita) Che ore sono?

Claba                             - (guarda l'orologio sul cassettone) Le due.

Mitzi                             - (c. s.) E non sono ancora rientrati! E' un vero scandalo. Non avete sonno?

Clara e Lisa                   - No.

Mitzi                             - Anche io non posso dormire quando gli altri si divertono. Sono così arrabbiata! (A Clara, indicando il mazzo di carte) Taglia! (Clara stende la destra, ma Mitzi dice subito come se fosse una cosa importante) No no! Con la sinistra! (Clara esegue, Mitzi mette in fila le carte) Uno, due, tre... Avrai una visita, uno, due tre... questo è tuo marito, il cavallo.

Clara                             - Ma io cavalli non ne voglio.

Mitzi                             - E allora rimarrai zitella. Non avrai figli e vorrai bene soltanto ai cani e ai gatti. (Continua ad allineare le carte) ... e avrai quattro gatti e tre cani.

Clara                             - Non ne voglio neanche uno, invece.

Mitzi                             - (getta il mazzo delle carte sul divano) Sarai noiosa come la zia Stanzi, e rattopperai calze per l'eter­nità. (Sta un momento in ascolto verso la porta) Zitte! Viene qualcuno! (Spegne rapidamente il lampadario, e si getta a letto tirandosi addosso le coperte. Clara e Lisa fuggono a destra).

Katinka                         - (sottovoce da sinistra) Dormite, ragazze. (Anche lei è in veste da camera).

Mitzi                             - (sottovoce) Sei tu, Katinka? (Salta da letto e riaccende la lampada) Temevo che fosse la mamma.

Katinka                         - La mamma riposa sugli allori del grande bucato. Non hanno ancora riportato a casa Terka? Nean­che il vecchio è tornato. Eppure m'aveva promesso d'esser qui a mezzanotte.

Mitzi                             - Come stava bene lo zio generale in costume da sultano!

Katinka                         - Neppure Sari è tornata.

Mitzi                             - E' la prima volta che va a un ballo da quando s'è sposata.

Clara                             - (uscendo di dietro il paravento) Come stava bene con quell'abito da Pompadour, così scollato. Pro­prio una signora...

 FERENC HERCZEC

 Mitzi                            - Io scoppio dall'invidia! (Non vedo l'ora che anche Terka si sposi. ,

Clara                             - Non vedo l'ora di poter fare la signorina!

Mitzi                             - Vedrai quando sarà il tuo turno! (A Katinka) Perché non sei andata anche tu?

Katinka                         - (alzando le spalle) Non cerco più ma­rito... Però il vecchio aveva una gran voglia di ballare, e gli ho dato il permesso serale. (Ride) Pareva un vero sultano... (Durante queste battute Clara e Lisa si sono avvicinate alle sorelle, sedendo sul divano).

Mitzi                             - (che si è sempre agitata per la stanza) Vorrei fare qualche cosa. Sono così nervosa... (Si guarda intorno come per cercare) Fumerò una sigaretta. (Dal cassettone prende sigaretta e fiammiferi, lasciando aperto il tiretto).

Katinka                         - (allungandosi sul divano) La mamma te l'ha proibito!

Mitzi                             - (offrendole da fumare) Noi donne siamo fatte così; tu fumi perché è di moda e io perché è proibito. Ma a nessuna di noi piace. (Tira una gran boccata di fumo. Con amarezza) Mio Dio! Fino a quando dovrò rimanere bambina?

Katinka                         - Finche Terka si sposerà.

Mitzi                             - Ma se essa non vuole che Gida! Katinka mia, tu sola potresti mettere a posto questa faccenda. Parlane con tuo marito.

Katinka                         - Ho già tentato varie volte, ma fa il sordo. Dice che Gida è troppo stupido.

Mitzi                             - Occorre tanto cervello per sposare?

Katinka                         - Il padre vuole avviarlo alla carriera diplo­matica.

Mitzi                             - E non teme per l'equilibrio europeo?

Katinka                         - Gli ha ordinato di iscriversi all'accademia consolare; ma per ora il ragazzo se la spassa a Budapest.

Mitzi                             - Se sapessi come si vogliono bene Gida e Terka! /

Katinka                         - Oh, le conosciamo le grandi passioni di Gida. Prima per me, poi per Sari... se Terka sposasse un altro, si innamorerebbe di te.

Mitzi                             - No no, ti assicuro: Terka è proprio la sua anima gemella. Sembrano Giulietta e Romeo. Ogni set­timana, in gran segreto, le scrive, ed io, in gran segreto, leggo tutte le lettere. (Corre al cassettone e ritorna con una scatoletta di legno) Qui c'è tutto l'archivio. Terka porta sempre la chiave in petto.

Katinka                         - E tu come fai ad aprire?

Mitzi                             - Non c'è serratura in casa che mi resista. (Con una forcina apre la cassetta e prende una lettera) Senti un po' questa. (Legge) « Pispliper dusanky iupiteni exe-mor... ». Non è commovente?

Katinka                         - (stupita) Che lingua è questa?

Mitzi                             - Una lingua inventata da loro, perché nessuno la capisca... Come il Volapuk. Però io... (Legge) «To-tania crancek crunk ». (Mentre rimette la lettera nella cassetta e questa nel tiretto) E tutta questa roba significa che le vuol bene e non può vivere senza di lei. (Katinka ride) Se io fossi nei tuoi panni, gli farei fare tutto quello che voglio, al generale.

Katinka                         - Non è facile.

Mitzi                             - Aspetterei sempre quando s'è fatta la barba.

Katinka                         - Perché?

Mitzi                             - Quando gli uomini sono rasati di fresco, si

 discute meglio. (Si tocca il mento e le guance) Altri­menti tutto il viso diventa rosso.

Katinka                         - (in ascolto) Eccoli!

Mitzi                             - (alle ragazze) Nella vostra camera! Marsch! (Clara e Lisa escono).

Terka                             - (entra da sinistra in un grazioso costume) Siete ancora sveglie?

Mitzi                             - E' già finito il ballo?

Tebka                            - (sembra un po' di malumore) Non è finita, ma la signora Sandorffy ne aveva abbastanza...

Katinka                         - E il mio maritino?

Radvany                       - (entra da sinistra vestito da sultano. In mono ha una lunghissima pipa della quale si serve come un bastoncino) Ecco un sultano al quale basta una mogli» sola. (Abbraccia Katinka).

Katinka                         - Hai bevuto molto? (Lo scosta gentilmente.

Mitzi                             - E i signori Sandorffy? (Sandorffy e Sari e* trono, in costume. Sari da Pompadour e Sandorffy di Luigi XV).

Sandorffy                     - Che bel frescolino, fuori.

Radvany                       - Poiché abbiamo riportato a casa le donne, incolumi, possiamo andare...

Sari                                - (a Sandorffy) Dove?

Radvany                       - (a Katinka) Abbiamo visto Horkay. (Mitri a questo nome si fa attenta) Mi ha chiesto di te coi molta premura.

Sandorffy                     - Ci ha fatto promettere di tornare per bere un bicchiere insieme. Vuole avere notizie di tutte voi.

Radvany                       - E un gentiluomo mantiene sempre la p«- rola. /

Sandorffy                     - (abbracciando Sari) Hai paura di rimaner sola?

Katinka                         - Sola? Siamo in sei.

Radvany                       - (prende Sandorffy sottobraccio e si avviant a sinistra) Ma manca il meglio... il sesso forte.

Katinka e Sari               - Tornate presto!

Mitzi                             - (a Terka e Sari) Dite, dite: com'era la festa?

Katinka                         - (si avvicina alla finestra aperta. Di fuori, abbtt stanza vicino, si sentono passare Radvany e Sandorffy che canticchiano: « Non permetteremo mai che una donna ci comandi »).

Mitzi                             - (con un po' di disprezzo) Oh, i mariti!

Katinka                         - Chi aveva il più bel costume fra le li-gnore?

Sari                                - Dipende dal gusto.

Mitzi                             - (a Katinka, indicando Sari) La modestia le impedisce di pronunciarsi.

Sari                                - Il costume più scandaloso lo aveva la signora Ratkay. Era vestita da Pierrette, con le braccia e 11 schiena completamente nude. Ma gli uomini la guardi-vano come matti.

Mitzi                             - Specialmente Stephanic: non è vero?

Katinka                         - Non facciamo malignità!

Sari                                - In principio ci siamo ' divertiti molto. Poi Horkay s'è messo in testa di far ubriacare i nostri mi­riti...

Katinka                         - Mi pare che ci sia quasi riuscito.

Sari                                - Poi c'era un uomo misterioso, un guerriero con la corazza: Riccardo Cuor di Leone. Sembrava ni enorme « samovar ».

 TROVAR MARITO

 Terka                            - (piccata) (Non è vero! Era imponente!

Sari                                - Nessuno sa chi è, perché non ha mai alzato la visiera. (Indicando Terka) E' sempre stato alle sue cal­cagna...

Terka                             - Oh no, non sempre!

Katinka                         - (alzandosi) Ho sonno. Andiamo a dor­mire. (A Mitzi e Terka) Buona notte, ragazze. Subito a letto, eh? Non cominciate a chiacchierare, mi racco­mando. (Esce a sinistra, con Sari).

Mitzi                             - (le accompagna fino alla porta che richiude) Buona notte. (Resta un po' in ascolto, poi corre verso Terka) Dimmi, dimmi, che costume aveva?

Terka                             - Chi?

Mitzi                             - Lui.

Terka                             - (coti semplicità) Riccardo Cuor di Leone.

Mitzi                             - Macche! Horkay!

Terka                             - Ah! Aveva una tonaca nera, sembrava don Basilio!

Mitzi                             - Ha parlato di me?

Terka                             - Sì. E ti ha anche mandato un pacchetto.

Mitzi                             - Dov'è? (Terka lo tira fuori da una tasca e glielo dà) Caramelle! (Triste) Solo caramelle! Nemmeno un fiore!... (Si mette in bocca una caramella e con voce quasi di pianto) Mi tratta sempre come una bambina!... (Breve pausa. Altro tono) Ora parliamo del « samovar »... Cioè di Riccardo Cuor di Leone. (Terka scrolla le spalle. Con tono di rimprovero) Vedi? Non è bello! Io ti rac­conto tutto, e tu invece sei muta come un pesce. E poi la notte piangi come una faraona vedova.

Terka                             - (con voce di pianto) Sono così infelice!

Mitzi                             - (con. le mani sui fianchi la guarda con pietà) Che bambina! (La bacia) Non piangere, scioccherella. Era Gida, non è vero? Non crucciarti. Ti ama e questo è l'importante: « Pislipor dusansky »: lui ti ama... « Ju-pìteni exemor »: tu lo ami... (Le mette una caramella in bocca, con molta affettuosità) Veramente non potete vi­vere l'uno senza l'altro? (Terka sospira) E' un po' stu­pido quel ragazzo!... Non t'importa?

Terka                             - Mio Dio! Non pretendo che mi tenga delle conferenze accademiche, ma che mi voglia bene. Se sa­pessi come ha il cuore tenero e buono... Ma che ne sai tu dell'amore?

Mitzi                             - (la squadra dall'alto in basso) Io? Che bam­bina!

Terka                             - Sei già stata innamorata?

Mitzi                             - (con importanza) Finora solo tre volte.

Terka                             - (con convinzione) Veramente, non si può amare che una volta sola.

Mitzi                             - Dipende dalle persone.

Terka                             - E di chi sei stata innamorata?

Mitzi                             - Prima, di un farmacista; allora «erissi nel mio diario: «un farmacista non merita che una donna d'animo nobile sperperi per lui i germogli del suo cuore ».

Terka                             - I germogli del cuore? E che vuol dire?

Mitzi                             - Non lo so. Ma l'espressione è bella. L'ho letta in un romanzo... Poi, ho amato un altro... ma il miserabile non se n'è accorto...

Terka                             - E il terzo?

Mitzi                             - (dopo una pausa) La cosa non è ancora ma­tura per essere di pubblico dominio.

 Terra                             - (un po' a bassa voce) Mitzi, vorrei chiederti una cosa... Non avresti paura di sposarti?

Mitzi                             - (sorpresa) Paura? Non ne hanno gli uomini; perché dovremmo averne noi? (Riflette un momento) Però, se fossi un uomo, non mi sposerei. Farei girare la testa a tutte le signore, ma non degnerei neanche di un'occhiata le ragazze, che sono tutte oche.

Terka                             - (scandalizzata) E' sconveniente quello che diei!

Mitzi                             - E' assai più sconveniente quello che sen­tiamo dire... (Pàusa. Dalla finestra aperta si sente il suon di una serenata) Senti?,

Terka                             - Una serenata?

Mitzi                             - Chi può essere?

Terka                             - Forse Horkay.

Mitzi                             - (scuote la testa) Non è la sua canzone. (Clara e Lisa entrano in punta di piedi, da destra).

Clara                             - Una serenata?

Mitzi                             - (in tono piuttosto severo) Siete ancora sveglie? (Spegne la lampada) Vediamo chi è! (Si sporge senza far rumore dalla finestra).

Terka                             - (è rimasta presso il divano con le altre due so­relle) E allora, chi è?

Mitzi                             - (guardando cautamente fuori) Oh che strana figura!... Non vedo bene. Ma ora passa sotto il raggio della luna. (Breve pausa) Ah! (Si volge verso Terka) Risplende come un « samovar ».

Terka                             - (commossa) E' lui!

Mitzi                             - (enfatica) Riccardo Cuor di Leone, il cava­liere di Spagna, porta la serenata alla sua bella. (Ride) S'è appoggiato al muro e ha la testa penzoloni come se si sentisse male.

Terka                             - (c. s.) Poverino! Soffre!

Mitzi                             - (dopo una lunga pausa durante la quale è con­tinuata la serenata, con tono allarmato) Ahi, ahi!

Terka                             - (agitata) Che c'è?

Mitzi                             - Il sultano torna a casa col re di Francia... E c'è anche un altro, vestito di nero... Cuor di Leone, scappa!

Terka                             - (c. s.) Oh Dio!

Mitzi                             - Lo inseguono!?... (Sporgendosi di più) Ha scavalcato il muro di cinta... (Si ritrae dalla finestra, corre verso le altre ragazze) E' entrato nel giardino!

Terka                             - Mio Dio, che accadrà ora? (La musica è cessata).

Mitzi                             - Oh, che guaio! (D'improvviso apre alle pic­cole) Cosa fate ancora qui? A letto! (Lisa e Clara si muovono a malincuore) Avanti! (Clara e Lisa scom­paiono a destra. Dalle quinte tramestìo e suono di voci).

La voce di Sandorpfy   - Da questa parte!...

La voce di Radvany     - Gliela darò io la serenata! (Pausa. Dalla finestra aperta si ode un tintinnìo metal­lico. Mitzi e Terka, impaurite, si stringono sul divano fis­sando la finestra).

Gida                              - (scavalca la finestra, con la visiera. E' vestito da Riccardo Cuor di Leone, col corpo racchiuso in una corazza e sul petto le effìgi di tre leoni d'oro. Le braccia e le gambe sono coperte dalla corazza, alle mani ha i guanti di maglia d'acciaio. Nel buio viene lentamente avanti a tentoni, poi si ferma con le ginocchia tremanti. Si toglie un guanto e cerca di alzare la visiera. Non vi riesce. Fa qualche passo, inciampa contro un letto e vi

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 FEKENC HEKCZEG

cade sopra. Nella caduta il guanto gli sfugge e rimane poi sul letto) Povero me! Dove sono?

Terka                             - (si stringe a Mitzi tremante) Ho paura! Ho paura!

Mitzi                             - (energica) Non è il momento! Sia fatta la luce. (Si avvicina alla finestra, la chiude e tira la tenda. Poi accende la lampada a stelo vicino al divano).

Gida                              - (che è rimasto seduto sul letto, appena si accende la luce si rivolge alle ragazze) Chi siete? Che volete?

Miizi                              - Guarda, guarda! E' lui che comanda adesso! (Con tono imperativo) Sgombrate subito il mio letto!

Gida                              - (si alza di scatto lasciando il guanto) Per amor di Dio, non gridate... Vi scongiuro, salvatemi!

Mitzi                             - (ironica) Un cavaliere come voi ha paura?

Terka                             - Siamo noi, Gida... Non ci riconoscete?

Gida                              - (disperato, portandosi le mani alla visiera) Non sono capace di alzarla. S'è guastato il congegno.

Mitzi                             - Andate via subito, di corsa!

Gida                              - (sforzandosi inutilmente di aprire la visiera) Vi scongiuro, non mi scacciate.

Mitzi                             - Non vi possiamo tenere tutta la notte qui. (Voci a sinistra, dalle quinte).

Terka                             - Oh Dio! Vengono qui!

Mitzi                             - (corre alla finestra e guarda) Da questa parte non potete uscire.

Gida                              - Salvatemi! (Si accascia di nuovo sul letto).

Terka                             - (smarrita) Che si può fare?

Mitzi                             - Alzatevi, cavaliere « samovar ». Vi salveremo. (Sposta il paravento. Appare una poltrona sulla quale è gettato alla rinfusa un gran mucchio di biancheria e di abiti femminili. Rapidamente toglie tutto gettandolo a terra. A Gida) Sedetevi là. (Gida obbedisce macchinal­mente. Mitzi a Terka) Aiutami. (Raccolgono i vestiti da terra e ricoprono completamente Gida).

Terka                             - (con voce tremante) Mio Dio, fa che non. lo trovino. (Mitzi tira nuovamente il paravento in modo che la poltrona non rimanga completamente nascosta).

La voce di Sandorffy   - (molto vicina ma incerta come quella di un ubriaco) Dev'essere qui! (La porta a si­nistra si spalanca. Mitzi e Terka si nascondono dietro il paravento).

Radvany                       - (entra impetuosamente, si pianta in mezzo alla stanza) Dev'esser qui!

La sig.ra Gyurkovics     - (in vestaglia) Ma cos'è tutto questo chiasso?

Horkay                          - (nel costume di don Basilio, con la mano si­nistra sorregge Sandorffy. Nella destra ha lo spadone di Gida) Ecco lo spadone del cavaliere. (Accompagna verso il divano Sandorffy che vi si lascia cadere pesantemente, addormentandosi subito).

Sandorffy                     - (nel sonno brontola) Lo ammazzo! Lo ammazzo!

La sig.ra Gyurkovics     - (guarda i letti vuoti, stupita) Ragazze, dove siete?

Mitzi                             - (facendo capolino da dietro il paravento) Siamo qui, mammina. Abbiamo tanta paura!

La sig.ra Gyurkovics     - Venite avanti.

Mitzi                             - (c. s.) Ci vergognami, con tanti uomini.

Radvany                       - (a Mitzi) Vogliamo sapere se avete sentito qualche cosa.

Mitzi                             - (c. s.) Prima abbiamo sentito la musica, e poi un gran chiasso. Abbiamo paura.

 Radvany                      - Coraggio! Non c'è più pericolo. Ci siamo noi. Qui non è entrato nessuno?

Mitzi                             - (ingenua) Katinka e Sari.

Sandorffy                     - (nel sonno) Lo ammazzo! Lo ammazzo!

Radvany                       - (a Horkay) Scommetto che si è arrampi­cato per la finestra della cucina. Vado a vedere. (Enee a sinistra).

La sig.ra Gyurkovics     - (si avvicina al paravento « guarda dietro) -         - Ma siete vestite! Perché non venite fuori?

Mitzi                             - (con voce tremante) E' notte... Ci vergognami! (Esce dal paravento con Terka).

Horkay                          - (frattanto si è accostato al letto di Mitzi, ve­dendo il guanto lo prende e lo agita in aria) E questo?

Terka                             - Ahimè!

La sig.ra Gyurkovics     - Che cos'è?

Mitzi                             - (con ingenuità) Sembra un guanto.

Horkay                          - E che fa qui?

Mitzi                             - Forse aspetta il compagno per fare il paio...

Sandorffy                     - (c. s.) Io ammazzo il guanto! ,

Horkay                          - (da questo momento appare agitato e parla con l'irritazione dell'uomo geloso) Girava qui intorno e l'avete nascosto!... Ci dev'essere ancora... Non può essere uscito. (Con lo spadone dà dei colpi di punta sotto ai letti. Poi corre verso la porta a destra) Forse sarà qui. (La spalanca).

La sig.ra Gyurkovics     - Ma lì ci sono le bambine! (Di dentro, a destra, si ode uno strillo acutissimo) Dio mio, ragazze! Che cosa avete fatto?

Horkay                          - (richiude la porta di destra) Non c'è.

Katinka                         - (viene da sinistra in vestaglia. Ha i capelli sciolti) Che cos'è accaduto? Che vuol dire questo chiasso?

Sari                                - (a sinistra, anch'essa in vestaglia) Dov'è mie marito ?

Sandorffy                     - Io ammazzo quel miserabile!

Sari                                - (a Sandorffy) Che hai?       - (Gli siede accunto).

Mitzi                             - (piano a Horkay) Fate allontanare subito tutti.

Horkay                          - (piano, sbigottito) Allora è qui?

Mitzi                             - Prima fate allontanare tutti.

Horkay                          - (furioso) Mitzi! Siete diventata pazza!

Radvany                       - (irrompe da sinistra) In cucina non c'è.

Horkay                          - (guarda i vestiti sulla poltrona. A parte) Dev'essere lì. Voglio sapere chi è. (Ad alta voce con al legria forzata) Quanta roba su quella poltrona! (Mitzi gli fa cenno di tacere. Horkay a parte) E' là! (Forte) Quante gonnelle... Quante camicette! (Si avvicina alla poltrona).

La sig.ra Gyurkovics     - (alle ragazze) Dove avete messo il mio bucato? Non c'era posto più adatto? Che disordinate! (Con una grande bracciata prende un muc­chio di vestiti e biancherìa).

Terka e Mitzi                 - (si abbracciano) Siamo finite.

La sig.ra Gyurkovics     - (scorge Gida) Gesù mio! Che cos'è questo?

Gida                              - (si alza, con voce profonda e irriconoscibile) Servo suo!

Radvany                       - E' lui!

Sandorffy                     - Io ammazzo il miserabile!

Horkay                          - Arrenditi! (Gli punta contro lo spadone).

La sig.ra Gyurkovics     - Com'è capitato qui?

 Mitzi                            - (piano a Horkay) Badate, è Gida!

Iìorkay                          - (come se gli avessero tolto un peso dallo sto­maco) Ah! Gida?

Radvany                       - Chi è quest'uomo? Come ha avuto il co­raggio di introdursi in questa casa? (Alle ragazze) E voi, come avete osato di nasconderlo? (A Gida) Rispon­dete, ailrimenti vi spacco in due come un'aragosta. (Fa l'alio di prendere lo spadone dalle mani di Horkay).

Horkay                          - (ora calmissimo) Sangue freddo, generale,

Radvany                       - Di fronte a una simile ingiuria, non c'è posto per il sangue freddo!

Hoekay                         - Domando la parola! Calma e chiarirò la situazione.

Katinka                         - (a Radvany, in tono conciliante) Senti prima Horkay.

Horkay                          - (a Radvany) Voi siete il capo della famiglia e giudicherete il temerario. Io sono un estraneo e proprio per questo sono obiettivo, quindi...

Radvany                       - (interrompendolo. A Gida) Chi siete? Vo­glio vedere il vostro muso.

Gida                              - (tenia di levarsi l'elmo. Piagnucoloso, ma sempre con voce irriconoscibile) S'è rotta la molla.

Radvany                       - (con gesto di minaccia) L'aggiusterò io!

Horkay                          - Sedete, generale!

Radvany                       - (siede sul divano, sul quale prende posto an­che la signora Gyurkovics. Essi, insieme con Sandorffy e Sari, sembrano formare una giuria).

Horkay                          - (assume il tono e la posa di un avvocato) Il caso ci ha consentito di non vedere il volto del col­pevole. L'oltraggio da Ini compiuto è inqualificabile, e i termini della soddisfazione saranno fissati senza ri­guardo alla sua persona.

Sandorffy                     - Duello alla sciabola all'ultimo sangue.

Horkay                          - Cavaliere, svelateci il nome del vostro com­plice. Chi vi ha nascosto?

Gida                              - (con voce soffocata) Terka.

La sig.ra Gyurkovics     - Mia figlia?

Radvany                       - Mia cognata?

Sandorffy                     - Io l'ammazzo!

Horkay                          - Sapete, cavaliere, che col vostro atto in­consulto avete compromesso la reputazione di una nobile donzella?

Gida                              - (a capo chino) Se fossi un uomo libero...

La sig.ra Gyurkovics     - (lo interrompe, spaventata) Siete sposato?!... (Gida nega con la tèsta).

Horkay                          - Chi si oppone alla vostra felicità? Vostro padre? (Gida fa segno dì sì con la testa).

Radvany                       - (si alza) Basta! I fatti sono evidenti, e solo un matrimonio può lavare l'onta. Se quest'uomo è un calzolaio, tanto peggio per Terka. Se un magnate, tanto peggio per il padre che non sa sorvegliarlo.

Horkay                          - (a Radvany) E se il padre si ostina?

Radvany                       - L'avrà da fare con me. Parola di generale!

Horkay                          - Avete sentito, cavaliere? Il generale ha im­pegnato la sua parola. (Facendo a Gida cenno di avvici­narsi) Col mio aiuto potrete togliervi anche l'elmo. (Gida ji avvicina e, con Vaiuto di Horkay, si toglie l'elmo).

La sig.ra Gyurkovics     - Ma è Gida!

1-ADvAN.                    - MÌO tìglHI .

Horkay                          - (a parte) Io, prudentemente, mi ritiro. (Ap­profittando dello stupore generale, esce in punta di piedi

a sinistra).

 Radvany                      - (a Gida) Perché hai lasciato Budapest?

Katinka                         - Forse perché non vuole oscurare la fama di Bismarck...

Mitzi                             - (interrompendolo) Ma preferisce sposare Terka. Ormai ha la vostra parola.

Radvany                       - Anche questa è opera di Horkay. (Si guarda intorno, stizzito) Dov'è andato? (Sotto la finestra si sente la serenata di prima).

Mitzi                             - (corre alla finestra) Oh! Se ne va con gli zigani! (Sporgendosi fuori, grida) Horkay! E tre!

Radvany                       - Me l?avete fatta! (Con la canna della pipa tocca la spalla a Gida) Cavaliere, vi consacro mio co­gnato! (Altro tono) Ma queM'Horkay dovrà fare i conti con me!

Mitzi                             - (che è tornata dalla finestra) Invitatelo al matrimonio come compare... Ma i conti li farà con me!

QUADRO SECONDO

La stessa scena del primo e secondo atto, addobbata con festoni di fiori e lampadine. Tutti i mobili sono stati portati vìa, ad eccezione del divano e delle poltrone die erano sul davanti. Verso il fondo, dinanzi alla finestra, una lunga tavola apparecchiata ma in disordine, come alla fine di un banchetto. Nel giardino, a destra, si sup­pone che vi sia un'orchestra di zigani, la quale suona danze ungheresi. Quando il sipario si alza, si ode da destra una « csardas » vivace e colpi di mano e di grida come di chi accompagni un ballo. Infatti, Horkay e Mitzi ballano in giardino. L'intervallo tra il primo e il secondo quadro deve essere brevissimo.

                                      - (Quando si alza il sipario, intorno alla tavola sono seduti Sandorffy, Sari e Radvany a un capo. All'altro Semessey. Tutti nella posa stanca di chi banchetta da molte ore e ha bevuto abbondantemente. I personaggi devono avere la buona allegria del vino, ma non l'ubria­chezza. Qua e là i posti vuoti dei convitati assenti. Tutti gli uomini, eccetto Radvany che è in divisa, sono in marsina; le donne in grande toletta. Si è festeggiato il matrimonio dì Terka con Gida. Dopo pochi momenti l'or­chestrina, a destra, termina la musica con un « fortis­simo ». Mitzi e Horkay, che hanno finito di ballare, en­trano da destra qnsanti e accaldati. Mitzi è vestita di bianco da damigella d'onore, con gli abiti lunghi, da si­gnorina. Horkay si asciuga ripetutamente la fronte con il fazzoletto. Radvany fuma un sigaro).

Mitzi                             - (facendosi vento con un fazzolettino) Un mo­mento di riposo e poi si ricomincia.

Sari                                - Basta col ballo! Ti stancherai troppo.

Semessey                      - (con la cantilena degli ebbri e accompa­gnandosi col cucchiaio che batte sulla tavola) « La mandra dei buoi non vuole andare a bere ».

Sandorffy                     - (a Horkay) Avete già fatto dodici bis. -

Horkay                          - Ma tredici è il numero dei magiari.

La sig.ra Gyurkovics     - (anche lei in toletta, entra dalla seconda porta a sinistra, s'avvicina a Mitzi e le ravvia i capelli) Va nella tua camera. Sei bagnata come se t'avessero ripescata dal Danubio. (La spinge verso si­ nistra. Mitzi esce a malincuore. La madre, durante tutto l'atto, entrerà o uscirà da destra o da sinistra, come una padrona di casa che si occupa dei suoi invitati. Qualche volta potrà anche passare Janko con bottiglie e orcioli di vino). >

 29

 FEKEfiC HKKCZKG

 Horkay                         - (che è venuto un po' sul davanti, seguendo con

10 sguardo Mitzi) Quella ragazza balla come Celicòre, no, Tersimene... no, fa lo stesso. Quello che è certo è che bisogna farla sposar subito, altrimenti commetto una sciocchezza...

Semessey                      - (c. s.) « La mandra dei buoi non vuole andare a bere ».

Radvany                       - (fa cenno ad Horkay di avvicinarsi. Indicando Semessey) Ma chi è quel mandriano?

Horkay                          - (con sicurezza) Un parente.

Radvany                       - Tuo?

Horkay                          - Lo vedo per la prima volta.

Radvany                       - (a Sandorffy) Lo hai invitato tu?

Sandorffy                     - Io non so nemmeno se è mandriano o bue.

Sari                                - Strano! E' tutta la notte che mangia e beve e nessuno sa chi è.

Horkay                          - - Lasciate fare a me. (Siede accanto a Se­messey) Uno sposalizio riuscitissimo, non è vero?

Semessey                      - (ha un lievissimo difetto di pronuncia, per cui le « esse » sono quasi delle « effe ». Ma il difetto non deve dar fastidio, e soltanto dovrà essere più evidente quando pronuncia il suo nome) Riuscitissimo!

Horkay                          - Quante belle ragazze, eh?

Semessey                      - Oh sì! Ma la più bella è Mitzi Milkovics.

Horkay                          - Mitzi Milkovics?! Non la conosco!

Semessey                      - Ha ballato con te dodici « csardas ».

Horkay                          - Ah! Ma non si chiama Milkovics, si chiama Gyurkovics.

Semessey -                    - Ne sei certo?

Horkay                          - Se te lo dico io!

Semessey                      - Allora... (Con calore) Mi piace perché è docile, modesta, riservata... Un bocciolo di rosa.

Horkay                          - (interessato) Te ne intendi di donne, tu!

Semessey                      - (fa un gesto della mano come per dire: « molto ». Indicando Radvany) Chi è quell'ufficiale ?

Horkay                          - Il generale...

Semessey                      - (interrompendolo testardo) ...Milkovics.

11 tutore.

Horkay                          - Mi dispiace, ma quello è il barone Radvany.

Semessey                      - Ne sei certo?

Horkay                          - Se te lo dico io! (Si alza e va verso Radva­ny. A quest'ultimo) Crede che vi chiamiate Milkovics.

Radvany                       - Non voglio sapere come mi chiamo io, ma come si chiama lui e chi è.

Sandorffy                     - (a Horkay) Non sai far nulla. Ora ci penso io: sono avvocato! (Siede vicino a Semessey) Sei parente dei Gyurkovics?

Semessey                      - Non li conosco.

Sandorffy                     - Sei parente dei Radvany?

Semessey                      - Non li conosco.

Sandorffy                     - Allora di chi sei parente?

Semessey                      - Dei Milkovics. Ma li ho conosciuti ora allo sposalizio di Duzza.

Sandorffy                     - Sicché, secondo te, quella sposina che è partita poco fa, si chiama Duzza?

Semessey                      - (lo guarda, scuote un po' la testa, e gli ri­sponde col tono compiacente che si usa verso gli ubria­chi) Non l'hai vista anche tu?

Sandorffy                     - (che comincia a capire) Oh bella! E dove abitava?

Semessey                      - Qui... a Tamassy di Sopra.

 30 -

 Sandorffy                    - (ha capito l'equivoco) Ah! Per Tamassy di Sopra ci sono ancora 180 chilometri. Qui siamo a Ta­massy, senza il sopra.

Semessey                      - Allora avrei dovuto cambiare treno a Baja?

Sandorffy                     - Ecco.

Semessey                      - E ora che faccio?

Sandorffy                     - Continua a bere. (Torna dagli altri) Ho scoperto tutto. Ha sbagliato treno, ha sbagliato paese, ha sbagliato sposa.

Radvany                       - (ostinato) Ma come si chiama?

Sandorffy                     - Questo non lo so. Non è una cosa facile tirargli fuori il nome.

Sari                                - Non siete buoni a nulla. (Con aria d'impor­tanza) Lasciate fare a me. (A Semessey, da lontano) Pss! Come vi chiamate?

Semessey                      - Femeffey.

Sari                                - (ripete) Femeffey? (Agli altri con Varia di chi ha fatto una cosa difficilissima) Ecco.

Semessey                      - Non «effe», «effe», prego! (Cava fuori un pacchetto di biglietti da visita e li distribuisce).

Sari                                - (legge) « Ferdinando Semessey. Membro del­l'Accademia Scientifica ».

Horkay                          - (eccitato) Semessey di Seremseg?

Semessey                      - Appunto.

Horkay                          - (a Sari sottovoce) Quarantamila ettari di proprietà. Terreni fertilissimi e senza ipoteca.

Sari                                - (con aria ammirativa) Che fortuna!

Horkay                          - ...per Mitzi!

Sandorffy                     - Propongo un brindisi per Semessey.l        - (Horkay, con molta premura, mesce il vino a Semessey e glielo offre. Durante le battute seguenti manovra ini modo da trascinarlo con lui verso il proscenio dove poi siederanno sul divano).

Tutti                              - Viva! (Da sinistra appare Katinka. Il suo aspetto tranquillo e riposato fa contrasto con quello degli altri).

Katinka                         - (entrando) (Ne ho visti di bevitori, ma coutil voi, mai!

Radvany                       - Di dove venite, bella donna?

Katinka                         - (gli si avvicina) Dall'acqua fresca.

Radvany -t- Allora è proprio il caso di bere un buon bicchiere con noi! (Radvany, Katinka, Sandorffy e Sari I restano aggruppati al fondo accanto alla tavola. Bevono I e conversano ma in modo da non disturbare la scena tra Horkay e Semessey). *

Horkay                          - (a Semessey) Ignoravo che sei uno scienziato.!

Semessey                      - (con modestia) Uno studioso...

Horkay                          - (fingendo molto interesse) E di che ti oc­cupi specialmente?

Semessey                      - Ho scritto qualche cosa sul miocene, seb­bene abbia studiato a fondo anche il pliocene.

Horkay                          - (con finto stupore) Perbacco! Anche il pliocene? Se lo sa Mitzi, impazzisce dalla gioia.

Semessey                      - (con lieto stupore) La signorina si inte­ressa di geologia?

Horkay                          - (come se facesse una confidenza) Ti dico una cosa... (Cerca a parte il nome sul biglietto da visita).

Semessey                      - (suggerendo) Femeffey...

Horkay                          - Ti chiamerò per nome: Ferdinando! L'armo scorso un conte giovane e bello domandò la sua mano, f Essa chiese: « Che cosa ha scritto sul miocene? » Nulla, i

 «

 «Allora addio». (Durante questa battuta, dietro le quinte a destra, è ricominciata la musica in sordina, aumentando ài tono quando la battuta di Horkay è finita).

Semessey                      - (dopo aver meditato un momento) Ragazze simili, sono rarissime.

Radvany                       - (si alza e guarda fuori a destra) Ricomin­ciano a ballare. Andiamo a vedere. (Tutti si alzano).

Sari                                - (a Semessey e Horkay) Venite anche voi?

Semessey                      - Con piacere. (Si avvia).

Horkay                          - (che ha sbirciato verso sinistra) Vi rag­giungo subito. (Durante la scena che segue la musica seguita ma senza coprire le parole. Quando tutti sono usciti, Horkay si avvicina alla prima porta a sinistra e fa un cenno).

Mitzi                             - (entra) La mamma voleva che andassi a letto. Ma io non posso dormire mentre gli altri si divertono. Datemi una goccia di spumante. (Siede sul divano) Come sono allegra, oggi.

Horkay                          - (.s'avvicina al tavolo e alza una dopo l'altra le bottiglie cercandone una piena, finche la trova) Anch'io sono contento di trovarmi un po' solo con voi... Cosi possiamo regolare i nostri conticini.

Mitzi                             - (con finta ingenuità) Quali?

Horkay                          - Dai miei libri contabili risulta che la vostra partita è scoperta per sei baci.

Mitzi                             - (turbata) Pagherò. (Dopo breve pausa) Se «spettare un poco non vi procurasse danno, vorrei pre­garvi di concedermi una dilazione.

Horkay                          - Non posso.

Mitzi                             - Sono anche disposta a calcolare gli interessi.

Horkay                          - (diffidente) Voi tentate di truffarmi.

Mitzi                             - (offesa) Protesto contro la vostra insinuazione! Io mantengo sempre quello che prometto.

Horkay                          - (che finalmente ha trovato il vino in una bot­tiglia riempie due coppe e si avvicina) E fino a quando dovrei aspettare?

Mitzi                             - (imbarazzata) Fino a quando sarò sposata!

Horkay                          - (sinceramente scandalizzato) Mitzi! Vi ren­dete conto di quello che dite?

Mitzi                             - I baci sono baci. Per voi è lo stesso averli da una ragazza o da una signora. (Lo guarda negli occhi) Non è vero? (Horkai si allontana un po' facendosi vento col fazzoletto).

Horkay                          - (a parte) Bisogna maritarla d'urgenza. (Una breve pausa, durante la quale ridiviene padrone di «è. Accosta una sedia al divano, siede e dice in tono calmo) Cara Mitzi, ragioniamo tranquillamente. Io ho un ottimo amico, un uomo interessantissimo...

Mitzi                             - (indicando il posto nel quale prima era Semessey) Quello col quale stavate parlando.

Horkay                          - Appunto. E' un po' goffo, ma ha un carat­tere nobilissimo e quarantamila ettari di terreno. E' entu­siasta di voi. Vi trova adorna di tutte le virtù che egli ri­cerca in una moglie: modestia, docilità, riservatezza. Ha l'animo di un poeta e la testa nelle nuvole. Bisogna pro­cedere delicatamente... (Di fuori la musica è cessata. Sulla soglia a destra compare Semessey).

Mitzi                             - Ecco il vostro cherubino.

Horkay                          - (alzandosi subito) Mi raccomando: siate il tuo ideale solo per dieci minuti.

Semessey                      - (avvicinandosi) Disturbo?

Horkay                          - (mollo gentile) Ti pare? Proprio ora la

 signorina mi diceva di chiamare qualcuno, perché non voleva che rimanessimo noi due soli!

Mitzi                             - (durante la scena che segue assume un tono ed un atteggiamento spavaldo, quasi sfrontato) Ah sì! Io ho bisogno di avere sempre intorno almeno tre o quattro uomini che mi facciano la corte. Sono fatta cosi. (A Se­messey) Datemi una sigaretta.

Semessey                      - (con sgradevole sorpresa) Io non fumo! (A Horkay) Ma la signorina...

Horkay                          - (subito) No no! Ha mal di denti, oggi. Gliel'ho consigliato io. (Mentre Mitzi accende) Ma non fuma mai sigarette.

Mitzi                             - Fumo sempre sigari.

Semessey                      - (spaventato) Sigari?

Mitzi                             - (tirando una grossa boccata) Dalla mattina alla sera, e qualche volta anche la notte, quando leggo a letto. Sere fa mi sono addormentata col sigaro in bocca. Per poco non s'è incendiata la casa.

Semessey                      - Leggere di notte guasta la vista...

Mitzi                             - Ma io non posso prender sonno se prima non leggo qualche pagina di romanzo            - (strizzando l'occhio) di quelli... mi capite?

Semessey                      - (scandalizzato) Vostra madre vi permette di leggere romanzi?

Horkay                          - (subito) La storia di Paolo e Virginia.

Mitzi                             - Che Paolo e Virginia! Ah! Ah! sono una ragazza moderna, io. E' passato il tempo in cui si cre­deva che i figli li portano le cicogne! Non è vero Fé-meffey? (Pronuncia, accentuando molto il difetto di Se­messey. Horkay, dietro le spalle di Semessey, minaccia Mitzi col pugno).

Semessey                      - (ridendo amaro) Alla signorina piace scherzare.

Horkay                          - Già, è tanto giovane... proprio un bocciolo di rosa.

Semessey                      - Con le spine, con le spine!

Horkay                          - Può darsi, ma ha un cuore d'oro, un animo retto...

Mitzi                             - (interrompendo) ...e un carattere risoluto. E quello che prometto mantengo. (A Semessey, indicando Horkay) Gli ho promesso che appena sposata gli darò una dozzina di baci. (Horkay tossisce stizzito) Ecco, ne dubita, mentre io non vedo l'ora di sposarmi per pagare il mio debito. (Prende la coppa che aveva posata) Ma­giari! Beviamo alla salute del mio futuro marito. (Tra­canna il vino d'un fiato).

Semessey                      - (si alza) Permesso... (Via di corsa).

Mitzi                             - (a Horkay) Con quello, ho già fatto divorzio!

Horkay                          - (correndo dietro a Semessey grida) Femeffey! Femeffey           - (A Mitzi) Com'è contagioso quel difetto!

Mitzi                             - (tranquilla) Ho recitata bene la parte della ragazza modesta, docile e riservata?

Horkay                          - (irritato) Basta! Non contate più sulla mia protezione. Non mi vedrete più! Vi abbandono al vostro destino! (Esce a destra. Dalle quinte si ode il grido di giubilo col quale è salutato).

Clara                             - (dopo un po' fa capolino da sinistra. Ha un ampio grembiale e i capelli stretti in una reticella. Vede che non c'è nessuno e avanza).

Mitzi                             - (che era rimasta un po' soprapensiero, si volta di scatto, stupita) Che fai qui, a quest'ora, e conciata a quel modo?

 

FÉRENC HEfiCZEC

 Clara                            - Mi sono alzata adesso. E' l'alba. Voi avete fatto baldoria tutta la notte. A me ora tocca rimettere in ordine... (Si appoggia alla spalliera del divano) Perché è andato via Horkay?

Mitzi                             - Non è andato via, ritornerà... fra cinque mi­nuti. Vorrebbe resistere, ma non può sfuggire al suo destino. (Breve pausa. Altro tono) Ti piaceva la casa di Horkay?

Clara                             - Sì!... Non è molto moderna.

Mitzi                             - E' una vecchia casa di campagna. (Breve pausa) Le stanze non sono ben disposte... ma io trasfor­merò la, sala da pranzo in salotto; metterò la stanza da pranzo nella camera col balcone, farò buttar giù il muro interno e avrò il mio salottino...

Semessey                      - (compare a destra, ma, vedendo che c'è an­cora Mitzi, fa un gesto irritato come per ritirarsi. Anche Clara fa l'atto di fuggire, ma Mitzi la trattiene per mano). i Mitzi - ('a Semessey) Venite Semessey, ho qualche cosa da dirvi. (Semessey si avvicina e guarda Clara) E' Clara, la mia sorellina. (Clara abbassa la testa) Si ver­gogna un po' perché l'avete sorpresa nelle sue funzioni di donnina di casa. (A Clara) Va pure, cara... (Clara fa un cenno di saluto ed esce) Clara sì, è una buona crea­tura, docile, modesta, operosa. Io non sarei per voi. Dopo un anno vi lascerei per Horkay.

Semessey                      - (indignato) Ma signorina...

Mitzi                             - Potete credermi, se ve lo dico. Conosco lui e conosco me. Ci amiamo da tre anni.

Semessey                      - A me ha parlalo in altro modo.

Mitzi                             - Vi ha ingannato. (Semessey fa un gesto di irritazione) Non mi credete? Vi convincerò. Horkay sarà qui a momenti. Non può rimanere dieci minuti lontano da me. (Accennando alla prima porta a sinistra) Nascon­detevi lì e ascoltate.

Horkay                          - (si sente la voce di fuori) Torno subito per il brindisi.

Mitzi                             - Eccolo! Presto! Presto! (Semessey scompare a sinistra).

Horkay                          - (entra da destra e finge di non vedere Mitzi).

Mitzi                             - Mi tenete ancora il broncio? (Horkay an­nuisce) Che devo farvi per rabbonirvi?

Horkay                          - Perché non volete sposare Semessey? Ma insomma, come dev'essere un uomo, per piacervi?

Mitzi                             - (enigmatica) Lo so io.

Horkay                          - (geloso) Allora c'è qualcuno? Che tipo è?

Mitzi                             - Giocatore, attaccabrighe, bevitore, donnaiolo...

Horkay                          - Un mascalzone?

Mitzi                             - Precisamente. Però ha anche i suoi lati buoni. Non perde mai; non è mai ubriaco, non ha rifiutato un solo duello ; non guarderà più nessuna donna quandi sarà mio marito.

Horkay                          - (geloso) E voi lo amate?

Mitzi                             - Credo di sì.

Horkay                          - (arrabbiato) Bella porcheria! A mia insa­puta... Sono veramente disgustato. Pagatemi i sei baci che mi dovete e addio!

Mitzi                             - (con finto imbarazzo) Vi ho già detto: quando sarò sposata.

Horkay                          - (brusco e scandendo le parole) Niente! Non voglio saper niente! Pagate!

Mitzi ---------------------- - (rassegnata, porgendogli la guancia) E' nel vostro diritto. (Horkay la bacia con passione. Mitzi si al- 32

 lontana commossa poi con voce appassionata) Horkay.»   - (Si guardano ancora un momento, sorpresi e turbati, pei si abbracciano di nuovo).

Semessey                      - (esce cautamente da sinistra senza che i im se ne accorgano e, mostrando loro i pugni, traversa in fretta la scena ed esce a destra. Dopo un istante riappari seguito da Radvany e Sandorffy, e poi ancora da Katinkt e da Sari. Indicando i due) Vedete? (Alle esclamazioni i due si staccano bruscamente e rimangono confusi nel vedere tanta gente).

Sandcrpfy                     - (avanza e porge a Horkay la mano) Corp gratulazioni, caro cognato.

Horkay                          - (per un po' resta come pietrificato, poi, coi»' prendendo che non c'è nulla da fare, si batte la fronti e dice metà sul serio e metà per ischerzo) Questa è stata organizzata veramente bene! (A Mitzi) Ma voi vo­lete proprio diventare mia moglie?

Mitzi                             - Io, un altro non lo sposo.

Hsrkay                          - (ha un gesto come per dire: « Peggio per voi>) Io... me stesso, non mi sposerei...

Radvany                       - E allora si può bere alla salute dei fidanzati.

Mitzi                             - (a Sari) Va a chiamare la mamma. (Sari via a sinistra mentre Sandorffy, Katinka e Radvany si occupano dei preparativi del brindisi. A Semessey) Avevo ra­gione io?

Semessey                      - (convinto) Sì. Riconosco che non siete la donna per me. A uno studioso occorre una moglie sem­plice... tranquilla... (Dalla sinistra entrano la signora Gyurkovics e Lisa, seguite da Clara che si ferma sulla so­glia. Clara ha tolto il grembiale e la reticella dai capelli. Indossa un modesto vestitino da casa ed è pettinata molto semplicemente. Durante la battuta che segue, quasi ri­chiamata dalle parole di Mitzi, Clara avanza fino a giun­gerle vicino).

Mitzi                             - (continuando) ...che sorvegli i lavori... accudisca alla casa... faccia il bucato... allunghi il latte... fatturi il vino... (Prende per mano Clara e con molta grazia, quasi insensibilmente, la spinge verso Semessey) Sono certa ohe vi intenderete benissimo. Sembrate fatti l'uno per l'altra. (Cìara e Semessey rimangono vicini un po' confusi e ài tanto in tanto si sorridono. Senza che la cosa sia osten­tata, nella formazione dei gruppi le due coppie devono rimanere vicine e un po' isolate dagli altri).

Radvany                       - (alzando la coppa, con voce tonante) Evviva i fidanzati!

Tutti                              - Viva, viva!

La sig.ra Gyurkovics     - (avanza un po' e guardando h coppie e poi il pubblico dice) Che bella giornata per una madre: una figlia sposa, una fidanzata e un'altra... (Guardando Clara).

Katinka                         - Mammina, non rimarrete troppo sola con Lisa, quando anche Mitzi e Clara saranno partite?

La sig.ra Gyurkovics     - (dopi, una breve pausa sorridendo maliziosamente) Inviterò Toni Kemeny...

FINE