TUTTO E’
MALE QUEL CHE FINISCE BENE
di
Elio Crifò
(Un giovane,
ben vestito, in giacca e cravatta e con una ventiquattr’ ore, cammina,
accelerando sempre di più il passo)
Sono fiero di questa valigetta in resina di antracite, del mio completo Armani,
di questa cravatta Hermès e del mio Cartier al polso; sono contento di questa
camicia Valentino, delle mie scarpe Samsonite, dei miei nuovi Ray-Ban e delle
calze Missoni; sono felice dei miei due televisori Bang & Olufsen completi
di videoregistratore con sistema DVD, della mia parabolica con abbonamento
totale: Tele+ bianco, grigio e nero, RAI SAT, Disney Channel, Stream con tutte
le partite della squadra del cuore, e del mio splendido ultimo Macintosh; sono
pazzo della mia bella mogliettina, della villetta con giardino dove posso fare
le cene con gli amici, dell’ idea di avere dei figli; sono entusiasta, sì,
entusiasta di questa mia vita che corre, scorre e se scappo mi rincorre, e
così, a braccie aperte corro, scorro e rincorro il mio futuro. Questo pensavo,
e respiravo a pieni polmoni prima che:
Il 22 gennaio iniziarono a fioccare non cristalli di candida neve, ma
inquietanti licenziamenti con le motivazioni più disparate: esubero del
personale, tagli alle spese per difficoltà di bilancio, assunzione di nuovo
personale maggiormente qualificato, eccetera, eccetera, eccetera. Ogni giorno
ci guardavamo smarriti, impauriti, quasi a domandarci: e adesso a chi toccherà?
Così quando incontrai il direttore giù al bar non esitai a chiedergli un
colloquio amichevole appena possibile. D’ altronde s’ era mostrato sempre
premuroso, quasi affettuoso nei miei riguardi, era sicuramente la persona più
adatta per dare chiarimento alle mie preoccupazioni.
Potevo stare assolutamente tranquillo, sarei rimasto bellamente al mio posto.
Sapevo di essere uno in gamba e molto stimato, ma vedevo che anche quelli come
me venivano sbattuti fuori senza tante smancerie. Un pò mi dispiaceva, ma si
sa, in queste cose ognuno si fa i fatti suoi e pensa : meglio a lui che a me.
Trasorsi alcuni mesi tutto sembrava essersi definitivamente placato fino a
quando:
“Caro, tu sei un giovane brillante e di fulgide aspettative! Sei una persona
intelligente, preparata, valida, un ragazzo che tutti vorrebbero avere”,
insomma un coglione. Dopo tanti giri era arrivato anche il mio di turno.
“ Caro, tu sei sprecato in questa società, avresti bisogno di un’ azienda
maggiormente competitiva, di respiro internazionale, in grado di darti il
massimo delle prospettive che offre il mercato. Come del resto tu meriti.”
Davvero carino il mio direttore a sforzarsi di addolcire la pillola, o meglio
la supposta, che pian piano stava inserendo nel mio culettino ancora vergine.
Invece quel sant’ uomo prende un fogliettino e mi fa “ Vedi questi? sono i nomi
di quelli che stanno a capo delle più importanti aziende del nostro settore,
tutte inserite nel cuore della NEW ECONOMY. Ho parlato io con loro. Sanno già
chi sei e quanto vali”.
Non potevo crederci, non potevo immaginare che, nonostante i buoni rapporti, il
direttore si sarebbe esposto in prima persona e a tal punto per me. Gli chiesi
che cosa dovevo fare. Mi consigliò di presentare una lettera di richiesta di
dimissioni immediate che lui avrebbe prontamente accettate e comunicate
personalmente a Milano. Disse che era il modo migliore, perchè la cosa filasse
liscia e senza sospetti, perchè se sei tu che te ne vai le altre ditte non
fanno problemi ad assumerti. Bel principio! Proprio loro che come unico
principio hanno quello di non avere alcun principio!
Ancora frastornato dagli eventi scrissi quella domanda di dimissioni, presi la
mia roba dall’ ufficio, andai ad ossequiare e ringraziare nuovamente il capo e
scappai per le scale. Mentre scendevo stringevo il fogliettino nelle mani e
dicevo ” Fanculo ai capoccia di Milano. Non hanno mai capito niente. Ce ne
vorrebbero di persone come il mio direttore. Si che ce ne vorrebbero! ”.
Schiatteranno tutti dall’ invidia appena sapranno che sarò entrato con la
grande concorrenza. Parliamoci chiaro: La BIG MOVIE, l’ azienda dove lavoravo è
una società seria senza dubbio, ma se vuoi entrare nel grande giro, se vuoi
vedere i miliardi che ogni giorno scorrono come torrenti vigorosi davanti ai
tuoi occhi in tutte le loro mirabolanti e molteplici forme : banconote,
assegni, conti correnti, prelevamenti, versamenti, azioni, fondi d
‘investimento azionari, obbligazionari, fondi flessibili, fondi esteri, cct ,
btp, bri... aaaaah! Devi andartene; devi cercare loro appunto (indica il
foglietto). Fanculo la Big Movie. Adieu a tutti! Si entra nel grande
mondo!
Quel venerdì pomeriggio, appena entrai in macchina, sentii una scarica d’
adrenalina talmente forte che corsi in banca da mia moglie, finsi di doverle
dire qualcosa di importantissimo in privato ed in bagno la possedetti come un
selvaggio per due volte e prima di iniziare la terza le dovetti spiegare tutto
perché non pensasse fossi in preda a qualche allucinogeno. Le feci chiedere un
permesso e così...così sentivo la vita, il mondo nelle mie vene, fluire ad una
velocità incredibile, sconosciuta prima di allora e volavo, volavo sempre di
più, non perché questa cosa in sé mi avesse sconvolto fino a quel punto, no, ma
perché era il rendermi conto sulla mia pelle che se lavori, e studi, e t’
impegni, e vali tutto funziona e s’ incastra perfettamente come un puzzle
perché sei tu l’ artefice della riuscita del quadro finale. E più lavori bene e
più è bello il disegno che ottieni...e così...così volammo per Parigi e
spendemmo tutto quello che si poteva e si doveva spendere per divertirsi e
festeggiare a Paris.
La domenica sera, quando tornammo a casa non riuscii ad addormentarmi. Ero
talmente eccitato che passai la notte a pensare... : come sarebbe stato meglio
vestirsi per l’ indomani, cosa dire, se dirlo con un sorriso smagliante o con
un’ aria professionale leggermente più seriosa e distaccata, se mettere
occhiali o lentine, se accettare subito la prima bella offerta o riuscire a
restar calmo e fare il giro di tutti i nominativi per ottenere una panoramica
dell’ intera situazione, e via così una miriade di pensieri a tutti i minimi
particolari e a tutte le possibili strade del futuro che mi si aprivano. E più
pensavo e più fantasticavo e più sentivo lontana ogni stanchezza. Finalmente le
sette! Dopo due ore ero lì, sotto il palazzo del più grande di tutti. Mi
controllo allo specchietto della macchina, provo il sorriso smagliante, e giù
all’ ingresso di via Pò. Salii senza problemi al quinto piano e direttamente
alla segretaria del presidente dissi di annunciarmi. Questa fece subito la
stronzetta. Disse che non essendo scritto nella lista degli appuntamenti il
presidente non avrebbe potuto ricevermi. Io le dissi che anche se non ero
scritto nella lista mi avrebbe ricevuto lo stesso, bastava solo dirglielo; e
questa disse “ no! “ ; solo dopo venti minuti, la convinsi a spingere il
pulsantino sulla scrivania per dirgli che ero arrivato. Il grande capo sentì il
nome, se lo fece ripetere una seconda volta, e poi una terza e dopo una pausa
allora intervenni io dicendogli che venivo a nome di... Cazsssentii il vuoto,
ma di quelli incolmabili, senza possibilità di arrivare ad un fondo; e il
peggio venne quando m’ intimò seccato che chiunque, prima di disturbarlo in
ufficio, avrebbe dovuto fissare un appuntamento con un delle sue segretarie
specificando a lei anche le motivazioni dell’ incontro richiesto...Cercai di
essere disinvolto, splendido, sfoderando il mio sorriso smagliante e mettendomi
una mano in tasca; ma sentii delle vampate di calore irrefrenabili sul
viso...ero fottuto, ero diventato paonazzo ma con la mano in tasca ed il
sorriso ebete di circostanza e fu senz’ altro per umana pietà che la segretaria
si rivolse dolcemente e disse “Se e quando e perchè gradivo fissare questo
benedetto appuntamento ”. Non ricordo bene, ma dovetti andar via senza dire neanche
una parola, senza rispondere una sillaba. Ero sconvolto. Appena fuori, mi
ripresi dopo un caffè. Cercai di rintracciare il mio direttore. ”Partito.
Settimana prossima! “. Avevo altri tre recapiti. Decisi di continuare il giro,
ma questa volta con un pò più di prudenza. E meno male, mi sarebbe finita
esattamente come in via Pò. Non capii più niente, avevo solo la sensazione di
essere nella merda fino al collo, ma...dall’alto in basso; sensazione che
divenne ben presto una certezza. S’ erano fatte le due del pomeriggio e non
sapevo che fare : tornare a casa? No, mi sarei depresso. Andare da mia moglie?
Meglio non farla preoccupare; parlare con qualche amico? No. Non mi sentivo di
fare nulla. Bé, e allora? Allora sentii la voglia... pub... vinerie... cantine...
d’ alienazione, di non pensiero, di fuga. Ben presto capii che non avrei mai
più parlato col mio direttore, e con nessun altro. Capii che bisognava
organizzarsi urgentemente per un altro posto di lavoro. Organizzarsi, sì,
certo, organizzarsi era sempre stato uno dei miei punti forti, già, sì...e ...
e invece non riuscii a organizzare niente, o meglio fissavo incontri, colloqui,
eccetera, ma non succedeva niente di niente. E così imparai ad alternare
Buccone, Trimani, Costantini, Cavour 313, Enoteca del Parlamento, Irish pub,
East pub, South pub col dottor Cicchetti, commendator Filetti, ragionier
Bianchetti, cavalier Persichetti. Le prime volte riuscivo a presentarmi in modo
decente, accettabile, ma più passavano i giorni e le settimane e più non resistevo
a scaraventarmi nello stomaco vuoto: gin, vodka, bacardi, rum e cola, barbera,
dolcetto, aglianico, cannonau. In questo modo sopportavo meglio l’ aria
stronzetta di quelli là dietro le scrivanie che ti guardano come fossi un
questuante, mentre stanno seduti al caldo su di una morbida poltroncina in
pelle, che riesce a produrre almeno quella trenta-quarantamila l’ ora che gli
permette di guardare il mondo con occhi tranquilli; ed anche quando stanno lì
con te che ti parlano , quelli lì sono pagati, si, sono pagati per parlare con
te, mentre tu parli con loro gratis. Capisci subito che è già tutto sbagliato.
Insomma andando un pò più allegro mi sembrava più semplice stringere prima un
intesa, giungere ad uno scambio umano, rompere simpaticamente la barriera
agghiacciante del giudicante- giudicato, ma quelli non hanno niente di umano, e
più incontravo queste iene più avevo bisogno della mia Tequila, del mio
Martini, del mio Glenlivet . Abbandonai enoteche e cantine, scoprendo che le
più belle bevute si fanno in certi bar, in alcune trattorie e soprattutto in
molte bettole. Un vero balsamo per gli affanni del cuore e i grovigli della
mente. Lì si che si fanno delle amicizie straordinarie! E’ incredibile la
dilagante disperazione sociale sommersa. Era l’ unica cosa che mi faceva
sentire meno solo. Senza accorgermene, giungevo sempre più sbronzo agli
appuntamenti, fino a quella volta che ascoltando il punto quattro del decalogo
del perfetto neoassunto della ditta Ibici...vattelapesca non ce la feci più e
caddi dalla sedia per le risate, e più vedevo il volto sbigottito di quello lì
e più ridevo, e più ridevo e più mi veniva da ridere, il culmine venne quando
non resistetti e mi pisciai addosso, e più vedevo il liquido urico distendersi
dolcemente, ma rapidamente sulla moquette da centomila al metro e più mi
sbellicavo dalle risate. Credettero opportuno accompagnarmi alla finestra della
stanza per catapultarmi fuori. Ma lo feci da solo, lo feci. Eravamo al piano
terra.
Roma sembra una grande città , ma le voci corrono ed echeggiano rapide tra cavi
telefonici, schermi internet, posta elettronica, cene e feste notturne; così
quello fu l’ unico e ultimo sfogo che mi hanno permesso di fare. Da allora non
incontrai più nessuno; se non due di Napoli, disperati quasi quanto me, che si
erano convinti a prendermi, dato che di Informatica e Marketing ne capisco
veramente qualcosa. Erano due sprovveduti. Li convinsi io a non assumermi. Non
avevo nessuna voglia di andare a Napoli, ma neanche più di fare nulla. Sapevo
che stavo andando alla deriva, ma era tutto ciò che riucivo a fare. La mia
mogliettina non ne poteva più. Le facevo schifo. Il suo disprezzo era in
quotidiano accrescimento, aveva rinunciato ormai anche a fare i discorsetti che
si fanno in queste situazioni. Da mesi non mi rivolgeva , non dico la parola ,
ma il benché minimo disgustato sguardo. Dormivo dove capitava, a volte anche in
garage sulle scale o accanto al termosifone. Ci mancava poco che avessi le mie
due ciotole per l’ acqua ed i croccantini. Non che mi mancasse la coscienza
dello stato animalesco, della fanghiglia nella quale inzuppavo ogni maledetto
giorno la mia esistenza, ma quando inizi a lasciarti andare per una cosa, ti
lasci andare anche per la seconda, e poi per la terza, e così via; l’ uomo s’
abitua a tutto, anche alle più schifose bestialità. Una notte, mentre come al
solito vomitavo, mi colpì un dolore lacerante al petto e un tonfo sordo lungo
la schiena. Rimasi immobile a bocca aperta per capire cos’ era : m’ ero accorto
all’ improvviso di aver perso ogni direzione. Ero disorientato, avevo smarrito
ogni strada nel buio profondo in cui m’ ero precipitato. Tentavo di tenermi a
galla tra i rifiuti di questa nuova era ed annaspavo nel vuoto disperante di
questa società. Ero distrutto, e solo, dannatamente, fottutamente solo. Per
fortuna l’ alcool smorzò ogni vita ai miei pensieri facendomi sprofondare in un
sonno piombigno per tutta la notte sullo zerbinetto di casa, tanto che la mia
mogliettina dovette prendermi a calci per aprire la porta . Era mattina presto.
Indossava una gonna corta, non troppo, ma al punto giusto per far vedere che
aveva un bel paio di gambe, ed anche un bel culetto, e poi quella camicetta...
era proprio una gran bella fresba, la mia mogliettina. Restai lì a terra
sconvolto da un turbinio d’ impulsi, ma capii che qualunque cosa provassi e
sentissi... non aveva importanza ormai, non avevo più alcun diritto, alcuna
veste, funzione, ruolo, dignità per poter manifestare a qualcuno i miei moti
interiori, figuriamoci le pulsioni. Ogni cosa era immondizia, solo per il fatto
che provenisse da me. Quella mattina mi ricordai dei miei amici del pub all’
angolo: tutto a quattromila. E tra un negroni ed un martini hemingway scoccò la
scintilla della riscossa: tutto questo è stato anche divertente ma... ora è un
pò troppo, no? Tutta qui la tua reazione? Ti buttano fuori come un sacco di
patate e tu non dici niente? Bevi e bevi e bevi!
Iniziai a insultarmi e poi schiaffegiarmi, sì, perché me lo meritavo, si,
chiunque si comporta come mi sono comportato io se lo merita, siii ! Solo che
esagerai nell’ esecuzione della punizione inflittami, e vennero a bloccarmi, a
calmarmi. Faceva sempre effetto un giovane in giacca e cravatta completamente
allucinato dall’ alcool, alle undici del mattino, in pieno centro. Venne molta
gente a soccorermi, vidi anche una donna; è difficile che le femmine soccorrano
qualcuno, soprattutto se ubriaco, hanno sempre la fobia di essere stuprate, ma
evidentemente non tutte, o almeno questa qui no, forse perché era una delle creature
più brutte che madre natura avesse mai concepito, di una bruttezza
sconvolgente, da restarti impressa,come un marchio, per sempre, e la guardavo
come ammaliato, d’ altronde anche la bruttezza ha il suo fascino, e guardandola
mi ricordava qualcosa o meglio qualcuno, ma sì la conoscevo, conoscevo quel
mostro : era Gemma Guidotti, stava con me al Liceo. Era conveniente svenire.
Troppe emozioni e troppi pensieri per un uomo solo in così poco tempo.
(cade a terra, di colpo, svenuto).
Era naturale che prima o poi dovessi rinvenire, anche se la la mia anima ormai
esausta si rifiutava di ridar vita a questo corpo e questa mente devastati. “
Ahhh! Nooo! “. Urlai come un pazzo. Ma che ci facevo a casa della Guidotti? Non
volevo vederla, non solo per il suo terrificante aspetto, ma per l’
insopportabilità del confronto col passato, soprattutto se quel mediocre
passato è di gran lunga migliore di questo insulso presente. Volevo risvenire,
ma non avevo forze sufficienti a recitare quella pagliacciata. Alla fine tenni
gli occhi aperti e le dissi di aver avuto un incubo. Andò meglio del previsto.
La sua cordialità mi mise a mio agio, e mentre sciorinava tutte quelle menate
sui ricordi di scuola e gli aggiornamenti post-liceali, dei lampi folgoravano
davanti i miei occhi; cercai di capire cosa il mio cervello si sforzasse di
ricordare, ed ecco si, si...quando stavo per chiudere gli occhi lì al pub e
vidi Gemma Guidotti, lei portava un cappello, come da ferroviere, forse...
era... un capostazione, una bigliettaia, o un vigile urbano? Interruppi il suo
sproloquio per chiederle :
“ Lavori nelle Ferrovie? ”
Ridendo sguaiatamente con 25 denti su 32 mi rispose che era entrata nella
Finanza vincendo il primo concorso misto della Repubblica Italiana e bla bla,
bla bla, finché toccò a me parlare . All’ inizio svirgolai con eleganza
qualsiasi argomento personale ma ad un certo punto lei mi mise alle corde ed io
ero Knock-out da molto tempo per provare alcun tipo di difesa e ...e snocciolai
un pò di fattacci miei : e del licenziamento, e delle bevute, e della mia
mogliettina, insomma di tutte quelle cosettine che in realtà costituivano l’
unico motivo che l’ avevano spinta a portarmi a casa sua . E io in fondo glielo
dovevo. Ma improvvisamente, mentre stavo parlando, mi si ruppe la voce e
scoppiai a piangere. Frignai come un agnello sgozzato. Non riuscii più a
controllarmi. Era la prima volta che ne parlavo a qualcuno; o meglio era la
prima volta che qualcuno mi sembrasse veramente interessato ad ascoltarmi. Così
continuai a parlare, a parlare e a piangere. Lei mi abbracciò continuando a
farmi domande sull’ azienda dove lavoravo: come si chiamava, dov ‘era situata,
di che cosa si occupava, quanti dipendenti aveva...io rispondevo
distrattamente, ancora confuso dallo sfogo del pianto, fino a quando...
“ Lo capisci che non tornano molte cose”.
“ Certo che lo capisco! Ed è per questo che mi stavo schiaffeggiando al pub ”.
“C è del marcio c’ è, ma qualcosa di profondamente marcio c’ è. Se vuoi ...
potrei darti una mano per vederci meglio, un pò più chiaro”. Solo dopo qualche
secondo capii quello che mi stava proponendo. Fui entusiasta dell’ idea, anzi
ero fuori di me dalla gioia. Lei mi calmò subito dicendomi di non essere preda
di facili entusiasmi, che non era detto che... Va bene, va bene, certo, e chi
se l’ apettava! Chi s’ apettava un piccolo aiuto, un barlume di speranza in
questa mia disastrosa vicenda.
Soddisfatto della giornata strusciavo le suole delle scarpe sui marciapiedi
fogliosi del lungotevere ripensando a Gemma Guidotti alla sua disponibilità e
...eravamo stati compagni di classe, sì, però, mi sembrava eccessivo quest’
interesse a risolvere i miei problemi, così, per carità cristiana o per
antropofilia. Anzi, mi convincevo sempre di più; e si, era chiaro che mi
avrebbe sottoposto ad un ricatto. Tutti quelli che sottolineano il loro
disinteresse quando ti porgono la mano sono i più assatanati a spolparti
vertebra per vertebra tutto il midollo fino al buco del cu...ma ragioniamo :
sapeva che soldi non ne avevo, amicizie utili neanche; la sola cosa che poteva
pretendere da me... era proprio la più obbrobriosa che si potesse immaginare!
Non avevo scelta. Era l’ unica corda che il destino beffardo m’ aveva lanciato
alla quale aggrapparsi. Non me la sarei mai fatta sfuggire, mai.
I giorni trascorrevano allegramente per lei, un pò meno per me, ma dopo le
prime volte il disgusto passa e si pensa soltanto alla nobiltà della causa in
nome della quale ci si sta immolando.
Non si può certo dire che non me le stessi davvero guadagnando queste...
informazioni, e la ragazza non faceva sconti a riguardo. Ogni volta che
chiedevo novità sulla questione, lei...
“ Non ti preoccupare. Sto lavorando molto per te. Abbi un pò di pazienza “.
Facevo passare un pò di tempo e tornavo alla carica : Novità?
“Non ti preoccupare. Sto lavorando molto per te. Abbi un pò di pazienza”. E io
dopo un ‘ altro pò:
Novità?
“Non ti preoccupare. Abbi un ...”e no! Tutto ha un limite, soprattutto la
pazienza Non capisce che mi fa senso, che provo ribrezzo solo a gurdarla. Così
un giorno mi decisi che, con gentilezza e con tatto, dovevo farle capire che,
bisognava stringere i tempi perchè non ce la facevo più :
Hai avuto novità?
“ Non ti preoccupare. Sto lavorando molto per...” Rischiai d’ ammazzarla, di
strangolarla con le mie mani. Prendere per il culo uno come me, illudere uno
nelle mie condizioni, soltanto per farsi delle scopate è cosa abbietta,
indegna, disumana. Riuscii a controllare la mia furia. Non l’ ammazzai, no, ma
le urlai l’ orrore che provavo nei suoi confronti e dopo aver spaccato la
cucina e divelto la porta, scesi giù per le scale. Insomma misi fine, con tatto
e gentilezza, a quella squallida e ormai inutile storia nella quale si erano
affossate anche le ultime speranze di rivalsa sulla Big movie. Pensai che l’
unica cosa che mi restava da fare era quella di tentare il recupero di quel
poco d’ umano che ancora, nonostante tutto, sopravviveva in me. Oh, un impegno
duro e quotidiano, un lavoro difficilissimo. Comunque mi ci ero messo di buzzo
buono e mi venne di nuovo la voglia di cercar lavoro; e un pomeriggio proprio
mentre stavo a casa a compilare alcune richieste d’ assunzione, DRIIIIIN era
Gemma Guidotti. Con voce inquietante mi disse che se volevo quelle notizie che
m’ interessavano tanto potevamo incontrarci l’ indomani alle tre del pomeriggio
all’ ex Gasometro di Testaccio. In verità non mi interessavano più notizie di
quella storia che mi sembrava lontana ormai, ma...non avrei mai e poi mai
immaginato cosa quello sgorbio sarebbe riuscita a scoprire :
“La BIG MOVIE distribuisce valigie e borse nel territorio Nazionale per conto
della TRAVEL e di se stessa, in quanto soci al 50% della fabbriche di
produzione giusto?”
Si
“ Compito della BIG MOVIE è di raggiungere dai depositi i grossisti, che
venderanno poi la merce al dettaglio, giusto? ”
Si
“Ed è la BIG MOVIE che stabilisce prezzi e clienti con i quali trattare ? ”
Si , io ho sempre trattato con clienti già preventivamente stabiliti dalla
società.
“ E i clienti hanno sempre pagato tramite versamenti bancari? ”
Si.
“Ora seguimi con attenzione. Effettivamente il vero grande fatturato dell’
azienda non proviene dalla distribuzione e produzione delle valigie, ma dal
commercio di sostanze stupefacenti, in quanto, insieme alla merce normale,
provvede a distribuire merce pressocché identica ma contenente cocaina”.
Ma... non è possibile... io stesso ho controllato il materiale, sono stato alle
fabbriche ed anche i controlli della Finanza.. della Polizia...
“La cocaina non è contenuta dentro a pacchi, o nascosta in doppi fondi. Essa
una volta giunta nelle fabbriche tramite corrieri, viene miscelata nella resina
plastica delle valigie, cioé diventa parte costitutiva della stessa valigia, la
quale viene successivamente separata con un particolare processo chimico. I
pagamenti da parte di questi clienti non avvengono mai direttamente perchè i
soldi entrano nel grande giro dei conti esteri. Tutto il denaro dapprima viene
accumulato su di un conto sudamericano, dal quale vengono effettuati svariati
bonifici su conti in banche svizzere detratti esattamente del 5 %. Da questi
conti svizzeri prendono il via altri bonifici, detratti sempre di una piccola
percentuale, verso altri conti, secondo un complesso sistema che fa sì che
delle cifre da capogiro si disintegrino via via in pochi miliardi di lire, i
quali senza dar nell’ occhio vengono distribuiti a numerose società italiane.
Il bello è che spesso un’azienda risulta formata da molte società, perchè
esistono le cosidette società fantasma. Società intestate a pensionati e casalinghe
ottantenni, con dei conti bancari fecondissimi le quali hanno l’ esclusivo
compito di riversare tutto il denaro nell’ unica società veramente esistente :
la Big Movie! Sono questi i soldi che permettono di truccare le gare d’
appalto, pagare gli uomini di potere ai posti chiave, insomma di oleare tutto
il meccanismo che permette ad un’ azienda di assicurarsi nient’ altro poi che
il proprio lavoro lecito.
SILENZIO
Ma...ma io in tutto questo, che c’ entro?
“Niente, assolutamente niente! La grande ondata di licenziamenti si è
verificata per il notevole incremento di questo giro d’ affari, al quale ormai
partecipano molti imprenditori, bancari, banchieri, onorevoli, senatori, alti
ufficiali della Finanza, della Polizia e forse anche un ministro. Ognuno di
loro ha richiesto l’ inserimento all’ interno del sistema di propri uomini di
fiducia e ben addestrati. In parole povere la BIG MOVIE non poteva più
permettersi il lusso di avere dipendenti che, come te, non fossero parte
integrante di questa organizzazione. Chiaro”?
E si che era chiaro, chiaro come il sole maledetto che m’ arrostiva il cranio
in quel pomeriggio d’ agosto. Tutte le ambiguità, le apparenti inspiegabilità,
i percorsi contorti e misteriosi di certe procedure da me classificate come
incapacità gestionale, errori di marketing o semplici assurdità avevano adesso
una concatenazione logica ferrea, una intelligenza assolutamente funzionale
proprio in quel tipo di amministrazione!
Come ringraziare quel rospo geniale che m’ aveva svelato cose che noi umani non
potremmo neanche immaginarci? Finsi un arrapamento improvviso ed incontenibile,
da sfogare immanentissimamente nella stanza dell’ albergo più vicino . E in
quel cesso con due lettini dell’ hotel TOURING chiusi a doppia mandata tutti e
cinque i sensi e m’ avventai sullo scorfano. Gemetti come un cinghiale in piena
stagione d’ amore e mimai una eiaculatio elefantiaca. Stavolta se lo
meritava.Si, che se lo meritava! E si che se lo meritava! E si che se lo
meritava!
L’ unico che non aveva meritato nulla di tutte queste atroci punizioni ero io.
Nessuno di noi due poté chiaramente dire nulla di questa storia, e nel mio
piccolo silenzio meditavo le maggiori roboanti vendette. Ma di vendetta in
vendetta m’ accorsi quanto piccolo e debole fossi io e quanto enorme e potente
il meccanismo che con un piccolo soffio m’ aveva spazzato via per sempre. Anche
se sapevo quello che sapevo ero totalmente immobilizzato dal terrore che
qualunque azione, fosse quella sbagliata; e con quelli non puoi sbagliare. Era
inevitabile che la mia infinita disperazione mi costringesse di provare, di
tentare almeno una cosa.
Dopo una lunga serie di ricerche e appostamenti il piano prese il suo avvio.
Rintracciai il mio direttore nella sua nuova sede, un’ ufficio di una società
da poco affiliata affiliata alla Big movie, e quel pomeriggio, vestito da
agente segreto , aspettai che uscisse da lì . Il vecchio porco abitava vicino,
infatti tornava a casa sempre a piedi. Dalle 18:00 in poi drizzai come un
segugio nella macchia occhi e orecchie per non farmi sfuggire alcun movimento.
Ma di lui per ore neanche una traccia. Finalmente alle 21 e 41 minuti si spense
la luce della sua finestra. Alle 21 e 43 giunse al portone. Tolsi il cappello
per rimettermelo subito dopo aver indossato il passamontagna. Alle 21 e 44 ero
già in pieno inseguimento, gli stavo secondo dopo secondo sempre più alle
calcagna. Alle 21 e 46 la mia preda sentendosi il fiato sul collo si bloccò e
terrorizzata biascicò, “Cosa vuole da me?”
Il mio approccio fu duro ma assolutamente ragionevole e dialogico. Volevo che
la merda parlasse subito, che confessasse di far parte di quel lurido giro; e
invece no, negava in modo categorico. Non c’ era verso di scucirgli una benchè
minima ammissione. Ma quando lo sollevai dai quattro capelli sopravvissuti
sulla nuca umidiccia, m’ accorsi che a terra luccicava il coperchio di una
latta da un chilo di tonno Callipo; con un calcio feci roteare nell’ aria il
pezzo di latta, afferratolo al volo glielo puntai immediatamente alla gola mentre
a denti stretti gli descrivevo per filo e per segno tutto lo sporco gioco
megamiliardario : dal Sudamerica ai conti svizzeri, dalla cocaina ai
licenziamenti e gli dissi che questa storiella era corredata dei nomi e dei
numeri dei conti bancari di ogni singolo passaggio, e che tutti i documenti
erano ben custoditi nelle mani di un amico avvocato pronto a darle in pasto ai
mille avvoltoi della concorrenza bramosi di dilaniare ogni piccolo brandello
della BIG MOVIE, a cominciare da te!
“Basta, basta. Ho capito. E’ tutto vero. Che cosa vuole da me ? “
Togliendomi il cappuccio di lana inzuppato di sudore a quel faccione incredulo
di trovare me lì sotto quel cappuccio, ordinai di farmi tornare a lavorare, di
farmi tornare nel mio ufficio...solo che adesso che anch’ io sapevo, avrei
potuto essere, come dire... attivo in tutte le direzioni.
Alle 21 e 52 su di un marciapiede deserto riebbi il mio posto. Quel mio
schifoso, fottutissimo posto di lavoro
Con un piccolo bluff a metà strada tra una burla goliardica ed un tentato
omicidio mi sono riimmesso nel flusso emozionate della vita. Sono entrato nella
grande famiglia, in questa grande famiglia della gente che ha voglia di
diventar ricca e non di sopravvivere fino alla fine dei nostri giorni
colonizzati dalle angosce di : questo posso , questo non posso, questo qui a
rate, quest’ altro vediamo se il prossimo anno...risparmiando un pò...e poi
magari schiattate al primo infarto con le rate degli ultimi 10 acquisti che
vostra moglie e i vostri figli non sapranno mai come pagare! Ma come fate a
vivere così, è talmente penoso! Tra di noi ci conosciamo quasi tutti, e se non
ci conosciamo ci riconosciamo, perché noi guardiamo le cose con occhi sereni;
forse sono spietati e feroci come dice la mia mogliettina, ma...così è il mondo.
L’ importante, ( si aggiusta il vestito e sale sul rullo restando impietrito )
adesso e sempre, è avere il passo giusto, e passo dopo passo camminare nella
direzione giusta, e passo dopo passo camminare sempre di più e quindi iniziare
a correre, e continuare a correre, accelerare passo dopo passo questa corsa,
correre disperatamente ancora di più fino a spolmonare tutto quello che puoi
per abbracciare delirante ogni giorno: la tua mogliettina, i figlioletti, i
cuginetti, il televisore, il giardino, la mercedes, la parabolica, il
condizionatore, gli abiti freschi di boutique, i telefonini, i tappeti
persiani, le ultime novità di Ikea e tutte le altre stronzissime cose che in
questo schifo di vita ti scaldano il cuore.