Tutto gratis al primo

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TUTTO GRATIS AL PRIMO

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Personaggi:     Avv. Giacomo Marini, sindaco - Tilde, sua moglie - Luciana, sua figlia - Cosimo Rolandi, consigliere comunale - Marcello Grechi, idem - Adriana Cottini, idem - Fulvio Demartini, idem - Patrizia Pasotti - Dott. Giuliano Varetti, medico condotto - Pina, messo comunale.

Oggi, in un paese agricolo.

La scena: Modesta camera adibita a Sala Consiglio di un piccolo Comune. Due porte: una conduce nell'ufficio del Sindaco, l'altra all'esterno. Finestra verso la strada, sulla parete di fondo. Apparecchio telefonico fissato ad un muro.

ATTO PRIMO

Alle ore 21 di una sera primaverile.

PINA - (messo comunale sulla trentina, sta provando a suonare una marcia con la tromba, alle prime note, però, la linea melodica s'inceppa, e dalla tromba escono stonature che sgomentano la stessa suonatrice. Tuttavia non si perde d'animo, e ad ogni stecca riprende con rinnovato vigore a soffiare nello strumento. Nel momento in cui uno squillo più acuto lacera l'aria, dall'esterno entra)

COSIMO - (ometto di mezza età avanzata, che si porta le mani alle orecchie) Basta con quella tromba!... Rompi i timpani a tutto il paese.

PINA - (scrolla le spalle) Siamo in tempo di campagna elettorale, no?

COSIMO - Non raccolgo allusioni. Piuttosto, visto che non sei qui per fare il trombettiere, ma il messo comunale... è pronta la sala del Consiglio Comunale?

PINA - (indica intorno a sè) Puah!... Ci vuole tutta la sua fantasia, per chiamare sala del Consiglio questo pollaio.

COSIMO - Ma così è!... Del resto tu sei giovane e non hai visto quella che avevamo una quarantina d'anni fa... Ma l'hanno bombardata, accidenti!... Una sola bomba, eh... L'unica caduta sul paese durante la guerra... E magari per sbaglio, o per un guasto all'aereo...

PINA - D'altronde questo non  mica un paese.

COSIMO - (risentito) Senti, senti... Cos'è?

PINA - Un dormitorio pubblico, perché la maggioranza degli abitanti, ormai, è fatta di pendolari che lavorano in città. Addirittura anche il sindaco, suo padrone...

COSIMO - (interrompe) Ti proibisco di definire l'avvocato Marini mio padrone. È vero che sono stato impiegato nel suo studio legale in città fino al pensionamento... Ma da diversi anni, qui, sono il suo collaboratore e…

PINA - ...e schiavo.

COSIMO - Oh, insomma!... Stai superando il limite della tolleranza.

PINA - Ai sindaci degli altri paesi basta il segretario comunale...

COSIMO - ...e all'avvocato Marini, no!... Gli è utile anche la mia collaborazione, che ha la bontà di qualificare preziosa.

PINA - Sarà... E per quale motivo l'avvocato-sindaco riunisce ancora una volta il Consiglio Comunale?

COSIMO - Evidentemente perché considera molto democratico stringere la mano anche agli avversari, prima delle imminenti elezioni amministrative.

PINA - (ironica) Giusto! ... Infatti sono convinto che fra quindici giorni l'avvocato-sindaco ridiventerà solo avvocato, e lei... un pensionato.

COSIMO - Non sperarlo, Pina. E ricordati che l'avvocato è imprevedibile, sempre! ... Per giunta io e gli altri della sua lista saremo confermati con lui. (Pina sta per obiettare, ma Cosimo prosegue) Non dal tuo voto, lo so!... Tuttavia non ho mai capito per quale motivo non lo puoi soffrire.

PINA - Si dà troppe arie, e per darsene di più gioca a fare il sindaco.

COSIMO - Non è vero!

PINA - Lo dicono anche sua moglie e sua figlia, che... Quelle sì, mi sono simpatiche!... E la moglie ha già capito che l'avvocato fa il galletto con Adriana Cottini, sua collega di maggioranza.

COSIMO - (indignato, sta per obiettare; a si frena, perché dall'esterno entra)

LUCIANA - (portando con sé una cartella di cuoio. È la cordiale figlia del sindaco).

PINA - Buonasera, signorina Marini. Stavo proprio parlando di...

COSIMO - (interrompe, preoccupato, e si profonde in quasi inchini) Buonasera, signorina Luciana... Come sta?

LUCIANA - Bene. E lei, signor Rolandi?

COSIMO - Bene anch'io. Suo padre, l'avvocato, non è ancora arrivato.

LUCIANA - Lo so. (Alludendo alla cartella) Mi ha detto di posarla sulla sua scrivania.

COSIMO - (prende la cartella) Provvedo subito. Con permesso (scompare dalla porta dell'ufficio).

LUCIANA - (concitata) Marcello s'è già fatto vedere?

PINA - (sottovoce) No. Prima delle riunioni del Consiglio... forse per concordare il modo migliore per far andare in bestia l'avvocato... Marcello si trova con il suo collega dell'opposizione, Fulvio. (Ammiccando) Sua mamma lo sa che lei e Marcello?... (Luciana accenna di no col capo) E quello? (indica la porta dell'ufficio. Luciana accenna di no) Meno male! ... Altrimenti lo saprebbe subito anche l'avvocato-sindaco-papà, e... Apriti cielo! (Le sorride) Beh... Coraggio.

LUCIANA - Grazie (esce).

COSIMO - (rientra dall'ufjicio) La signorina Luciana sen'è andata senza salutarmi?

PINA - Nooo... Mi ha detto di darle un bacio sulla fronte. Lo vuole? (fa l'atto di baciarlo).

COSIMO - Per carità! ...

PINA - Allora vado a mettermi sull'attenti, al portone del Municipio... Che è poi una porticina a due battenti, nella quale non passerebbe neppure una vacca... Per fare ai Consiglieri gli onori di casa. (Esce, sofjiando nella tromba con dispetto. Mentre Cosimo si tappa le orecchie)

GIACOMO - (dall'esterno entra volgendosi indietro con un gesto di fastidio. È il sindaco, avvocato stilla cinquantina, ma eccessiva ente giovanile, come gli atteggiamenti e i toni con i quali tratta tutti, escluso Cosimo, al quale impartisce solo ordini velati di ironico disprezzo).

COSIMO - Buonasera e abbia pazienza, avvocato. Questo nostro messo comunale è una vergogna. Dopo le elezioni bisognerebbe prendere provvedimenti.

GIACOMO - (indifferente) Tutto a posto, qui? (Cosimo accenna di sì col capo) La signora Adriana?... Cioè! Cottini?...

COSIMO - Non è ancora venuta. E... Scusi, avvocato... Durante il Consiglio dovrò proporre qualcosa, come se fosse una mia idea?

GIACOMO - Oggi, no. Anzi, parli il meno possibile.

ADRIANA - (entra dall'esterno. Bella signora 35enne).

GIACOMO - (subito gentile e galante) Oh, carissima signora Cottini! ...

ADRIANA - (stringe la mano che Giacomo le tende, ignorando Cosimo) Siamo i primi?

COSIMO - (interviene, soprattutto per farsi notare) Certo, signora. Come al solito, noi della maggioranza...

GIACOMO - (lo interrompe) Mia figlia ha portato una cartella?

COSIMO - Si. L'ho messa sulla sua scrivania.

GIACOMO - Non basta! ... Vada a togliere le pratiche che contiene e provveda ad archiviarle.

COSIMO - Subito, avvocato (esce dalla porta dell'ufficio).

ADRIANA - (sorride) Suvvia... Non lo tratti così.

GIACOMO - (scrolla le spalle) Parliamo di lei, piuttosto, che desta tanta simpatia nell'elettorato. (Squillo del telefono. Seccato) Scusi. (All'apparecchio, con tono aggressivo) Chi parla?... Non ho cambiato idea, dottore... Mi spiace. Buonasera (posa il ricevitore e sbuffa) Uffa! ... Era il dottor Varetti, il medico condotto. Continua a chiedere un'elargizione del Comune per la Casa Materna nella quale le suore vorrebbero allevare quel bastar... Quel neonato che hanno trovato in un cestino fuori dalla porta.

ADRIANA - Due o tre anni fa, mi pare.

GIACOMO - Appunto. Quindi è ora di scaricarlo altrove. Tanto più che sarà stato portato qui da chissà dove e da chissà chi. Ma torniamo a noi... Cosa le dicevo?... Ah!... Proprio per sottolineare il suo fascino elettorale...

ADRIANA - (interrompe, vezzosa) Solo... elettorale?...

GIACOMO - (incoraggiato, confuso) Oh no...Anzi...Adriana...Mi permette di chiamarla così?

ADRIANA - (sorride) È il mio nome. Comunque mi dica cosa voleva fare per sottolineare….

GIACOMO - (lievemente deluso) Certo, certo... Soprattutto quando parla nei comizi ho pensato che le donerebbe... Insomma, mi consente di farle un omaggio?

ADRIANA - (lusingata) Ma perché vuole disturbarsi?

GIACOMO - Una cosa da poco...purtroppo… Un foulard di seta che ho acquistato in città e che  incornicerebbe alla perfezione il suo bel viso. L'ho messo in un cassetto della scrivania, e... (fa l'atto di avviarsi verso l'ufficio, ma si ferma, perché dall'esterno entrano)

MARCELLO e FULVIO - (consiglieri di minoranza all'opposizione. Marcello è un giovane sui 25 anni, e Fulvio è sulla trentina. Fredde strette di mano con saluti borbottati a soggetto fra le due coppie).

FULVIO - Si comincia?

GIACOMO - Immediatamente. (Apre la porta dell'ufficio e si rivolge all'interno) Signor Rolandi, si sbrighi a portare il libro dei verbali! ... Aspettiamo solo lei.

COSIMO - (dall'esterno) Vengo, avvocato! ... (entra, portando con sé il libro dei verbali e alcuni incartamenti, e saluta con cenni del capo Marcello e Fulvio).

GIACOMO - Prego.

TUTTI - (siedono in posti evidentemente abituali, ovvero Giacomo fra Adriana e Cosimo; Marcello e Fulvio vicini, quasi di fronte agli altri tre).

GIACOMO - (si alza) Anzitutto chiedo scusa se vi ho disturbati al diapason di questa campagna elettorale che non esito a definire entusiasmante, appassionante, leale...

MARCELLO - (interrompe) Tagli corto, per favore.

GIACOMO - Con piacere. (Siede. A Cosimo) Legga.

COSIMO - (scartabella gli incartamenti, poi estrae da essi un foglio e legge) Entro mercoledì 30 maggio ...

GIACOMO - Ovvero dopodomani.

COSIMO saranno terminati i lavori per la costruzione del nuovo Camposanto.

ADRIANA - (applaude) Bene!

MARCELLO - E con ciò?

FULVIO - Che c'entra la convocazione del Consiglio?

GIACOMO - Quest'importante realizzazione della mia amministrazione deve essere scritta a verbale. E a lettere d'oro!

FULVIO - (sarcastico) Allora, signor Rolandi, cambi la penna!

GIACOMO - Tanto i contemporanei, quanto i posteri, dovranno avere la prova che la mia autentica propaganda è stata sempre costituita dalle opere pubbliche. (A Cosimo, alzandosi in piedi) Prenda nota! (Melodrammatico) Sino ad oggi i nostri poveri scomparsi dovevano percorrere dieci chilometri, per andare a riposare in terra straniera.

MARCELLO - Sì, in Giappone!

GIACOMO - Peggio. I nostri vecchi soffrivano al pensiero che sarebbero finiti nel Camposanto di Borgospina, il paese del quale un tempo eravamo una frazione, e che fin dall'epoca risorgimentale è stato il nostro acerrimo nemico.

FULVIO - Nelle partite a scopone!

GIACOMO - Ora, finalmente, abbiamo un Camposanto che tanti ci invidiano, con posti tutti comodi, morbidi, soleggiati.

ADRIANA - (applaude) Bravo! ... E io chiedo che questa nostra opera venga solennemente inaugurata. (Sguardo d'intesa verso Giacomo) Naturalmente prima delle elezioni.

GIACOMO - Senz'altro! ... Perché è l'unico modo per destare l'attenzione dei nostri compaesani…

ADRIANA - Che normalmente s'interessano solo dell'orario del pullman che conduce in città.

FULVIO - Colpa della vostra inettitudine!

GIACOMO - (sarcastico) Ragione di più per approvare questa nostra iniziativa. D'altro canto abbiamo sempre inaugurato tutto, con fuochi artificiali, concerto bandistico, ballo in piazza e magari elezione di una Miss. Perché, dunque, non dovremmo inaugurare il Camposanto?

FULVIO - (ironico) Con i fuochi artificiali, la banda, il ballo, e magari l'elezione di Miss Camposanto?

GIACOMO - Sì. Cioè... No. (Ad Adriana) Come si fa ad inaugurare una cosa simile?

ADRIANA - Beh... Il Pievano lo benedice.

MARCELLO - E v'illudete che accorra la folla?

GIACOMO - (siede. Ad Adriana) Stavolta ha ragione lui (indica Marcello). Ci vuole l'inaugurazione col discorso, il taglio del nastro tricolore, la banda che suona marce funebri... Ma quando si può fare questa roba?

ADRIANA - Non c'è dubbio, direi... Ossia quando entrerà il primo... ospite. Tutto gratis al primo! ... Faremo un bel funerale...

GIACOMO - (entusiasta) ... a spese del Comune.

FULVIO - Perché a spese del Comune?

GIACOMO - Mah! ... Per... incoraggiare.

ADRIANA - Dovrebbe inaugurarlo un'autorità, un pezzo grosso.

FULVIO - (a Giacomo) In mancanza, potrebbe inaugurarlo lei, come sindaco.

GIACOMO - (sovrappensiero) Eh sì... (si riprende) Eh no! ... Non sono adatto, io! Anzi, ora che ricordo, la prima inaugurazione da fare l'avevo promessa al nostro collega di maggioranza, il farmacista. (A Cosimo) Perché non c'è?

COSIMO - (cerca un appunto, sul quale legge) Dottor Carlo Marelli, assente per malattia.

GIACOMO - Appunto. (Si riprende) Mi spiace, volevo dire. (A Cosimo) Grave?

COSIMO - Penso di no. Però la moglie, quando ha telefonato nel pomeriggio, mi ha pure detto che alle tre di notte aveva chiamato d'urgenza il dottor Varetti.

FULVIO - Vede, avvocato?... Non bisogna mai disperare. Per l'inaugurazione ha già una specie d'autorità a portata di mano.

ADRIANA - Non dica sciocchezze e decidiamo. Tutto gratis al primo, sì, o no?

MARCELLO - Va bè... Fate pure.

TILDE - (entra dall'esterno, agitata) Scusatemi se interrompo, ma ho saputo dal postino che il dottor Marelli, il farmacista, sta molto molto male.

GIACOMO - (balza in piedi) Bene!

MARCELLO - (si alza, imitato dagli altri) Come ha detto?

GIACOMO - Bene. Ovvero che il postino ha fatto bene a dirlo a mia moglie. Così possiamo accorrere al suo capezzale. Signori, la seduta è tolta. La farmacia è qui di fronte. Chi viene con me? (Senza attendere risposta, a Tilde) Tu?

TILDE - No. Almeno in questa visita che mi pare ufficiale.

GIACOMO - (ad Adriana) Lei, allora?

ADRIANA - Sì.

GIACOMO - (sull'espressione seccata e ironica di Tilde)... e lei! (indica Cosimo).

COSIMO - Sì, avvocato.

FULVIO - (a Marcello) Andiamo anche noi.

MARCELLO - (a disagio) Io... più tardi.

GIACOMO - (a Tilde) Scusa, ma temo che purtroppo non ci sia tempo da perdere, se vogliamo ancora vederlo... A presto (esce, seguito da Adriana, Cosimo e da Fulvio, la quale lancia occhiatacce di disapprovazione sarcastica verso Marcello).

TILDE - (dopo un momento d'imbarazzo, con un sorriso) La sua collega dell'opposizione ha capito perfettamente che noi due... (Marcello fa l'atto di obiettare) No no... è meglio che stia zitta, perché sono sicura che anche lei... (tace).

MARCELLO - Ebbene, sì. Volevo parlarle di me e... Luciana.

TILDE - Approvo ogni cosa.

MARCELLO - Sul serio?

TILDE - Senza dubbio. Aggiungo che mi fa piacere. In breve, io sto con l'opposizione.

MARCELLO - Non capisco.

TILDE - Lo credo. Ma capirà subito, se le dico che mio marito ha già avuto tutte le crisi matrimoniali periodiche di cui parlano certe statistiche. Le segretarie e le impiegate dello studio legale, da un po' di tempo, direi che le scelgo io. Però, da quando gli è venuto il pallino della politica, ed è stato eletto sindaco...eh... (sorride) Non posso mica fare brogli elettorali, per scegliere le colleghe di maggioranza, o di partito.

MARCELLO - Immagina forse che con la signora Cottini?...

TILDE - (interrompe) Sì! Direi che non è ancora successo niente... Comunque…

MARCELLO - Quando potremo informare l'avvocato che io e Luciana?...

TILDE - Certamente dopo le elezioni. Abbia fiducia, e vada. Mio marito tornerà da un momento all'altro, e non vorrei che...

MARCELLO - Grazie, signora. (Le stringe la mano) Lei rimane?

TILDE - Qualche minuto.

MARCELLO - Allora buonasera, e arrivederla (esce).

TILDE - (s'assicura alla porta che Marcello si sia allontanato, poi esce dalla porta dell'ufjicio).

GIACOMO - (entra dall'esterno, ansante e agitato, seguito da Adriana e Cosimo. Concitato) Dobbiamo pensare subito al dottor Marelli.

ADRIANA - Che impressione, vederlo in quelle condizioni.

GIACOMO - (ipocrita) Chi l'avrebbe mai detto?... Oggi ci siamo, e domani... inauguriamo un Camposanto.

COSIMO - Era così buono...

GIACOMO - onesto...

ADRIANA - generoso...

GIACOMO - Merita un gran funerale.

ADRIANA - Con una bella corona d'alloro.

GIACOMO - Ottima idea! Appena il dottor Marelli chiuderà gli occhi... Zac! Ci sarà la corona d'alloro del Comune dinanzi alla sua porta.

ADRIANA - Ovvero la prova della tempestività e dell'iniziativa della nostra amministrazione in ogni occasione.

GIACOMO - Avrà l'effetto di dieci comizi! ... Tanto più che in paese non ci sono fiorai, e... (a Cosimo) Lei! ... Vada in città a comprare una corona d'alloro.

COSIMO - (sgomentato) A... Adesso?

GIACOMO - Subito!... E la faccia fare a ferro di cavallo. Porta fortuna.

COSIMO - (sconcertato) E... chi mi porta in città?

GIACOMO - (spazientito) Due colombe bianche, tenendola per le orecchie! Pasquale con il camioncino, diamine!... Di che cosa ha paura?

COSIMO - (sincero) Della corona.

ADRIANA - (ride) Perché?... Morde?

COSIMO - No, ma se penso che dovrò viaggiare con... con quella dietro, e...

GIACOMO - (interrompe) Non dovrà neppure toccarla, lei. Il fioraio la metterà sul camioncino, e arrivati qui la farà scaricare da Pina e Pasquale. Soddisfatto?

COSIMO - Se proprio me lo comanda... (Giacomo fa un perentorio cenno d'assenso) Ma come faccio a partire subito? È tardi.

ADRIANA - Meglio. Perché nessuno saprà della sua missione. E domattina, appena vedrà un negozio di fioraio aperto, si farà confezionare la corona.

GIACOMO - Anzi, in città vada a dormire in un albergo nei pressi di un fioraio.

COSIMO - E Pasquale?

GIACOMO - Dormirà con lei. (Gesto d'orrore di Cosimo) Nel medesimo albergo, voglio dire.

COSIMO - Sì, ma... La cena?

ADRIANA - La offra anche a Pasquale e si faccia redigere il conto con l'Iva.

GIACOMO - Tutte le spese, insomma, le pagherà il Comune.

COSIMO - (quasi infantile) Allora, stasera, in città... solo io, eh... posso andare al cinema?

GIACOMO - (con un occhiata rassegnata ad Adriana) Va bene... Vada anche al cinema.

COSIMO - (felice come un bambino) Grazie. (Fa l'atto d'avviarsi, poi si ferma) Però...

ADRIANA - (ironica) Vuole andare pure al night club?

COSIMO - No, ma cosa faccio scrivere sul nastro della corona?

GIACOMO – È vero! Ci vuole il nastro.

ADRIANA - Bisogna trovare una frase corta, incisiva, martellante... Poche parole che esprimano stima, affetto, riconoscenza...

COSIMO - Ci provo anch'io (siede).

GIACOMO - Soprattutto riconoscenza, poiché nessun altro farebbe per la campagna elettorale ciò che sta per fare il dottor Marelli... (ipocrita). Il nostro indimenticabile collega di maggioranza che stava seduto lì. Proprio lì. (Indica il posto dove sta seduto Cosimo, il quale balza in piedi e si allontana dalla sedia).

ADRIANA - Trovato! ... Il Comune al suo figlio migliore.

GIACOMO - (entusiasta) Stupendo!... Lei, signora, è una miniera d'idee. Mi permetta di baciarle la mano. (Esegue. Dall'interno dell'ufjicio si sente un rumore, come di sedia spostata bruscamente. Stizzito, a Cosimo, indicando la porta dell'ufjicio) Sente?... L'ho sempre detto che nel mio ufficio regnano i topi.

ADRIANA - (a Cosimo) Prenda nota! (Cosimo esegue) Il Comune al suo figlio migliore, scritto sopra a un nastro azzurro.

GIACOMO - Può andare.

ADRIANA - Buon viaggio, signor Rolandi. E si diverta.

COSIMO - Con... Con quella roba... (indica alle sue spalle e inorridisce) Una parola!... Per fortuna c'è il cinema. Buonasera e a domani (esce).

ADRIANA - Beh, me ne vado anch'io.

GIACOMO - Un momento, la prego. Prima del Consiglio stavo per dirle una cosa a proposito del suo fascino.

ADRIANA - (maliziosa) ...elettorale.

GIACOMO – Anche, sì. Ma per me è continuo, suggestivo... dolcemente ossessionante.

ADRIANA - (quasi incoraggiante) Non vorrei che lei...

GIACOMO - (interrompe, emozionato) Nulla... per ora... e qui. (Le si avvicina e le prende le mani) Tuttavia spero che vorrà subito gradire un modestissimo pensiero che...

PINA - (entra dall'esterno, urlando) Permesso?

GIACOMO e ADRIANA - (si allontanano, confusi, l'uno dall'altra).

PINA - Disturbo?

GIACOMO - (a denti stretti) No no... Al contrario... Vada di là (indica l'ufficio) e prenda nel primo cassetto a destra della scrivania una specie di busta rossa.

PINA – Cos’è?

GIACOMO - (irritato e imbarazzalo) Un... Un foulard giallo, a fiori, che la signora Cottini (indica Adriana) ha dimenticato ieri. (Ad Adriana) L'ho riposto in una busta, per proteggerlo dalla polvere.

PINA - (avviandosi verso la porta dell'ufficio, ripete meccanicamente) Un foulard giallo, a fiori... (contemporaneamente si apre la porta dell'ufficio ed esce)

TILDE - (la quale ha in testa il sopra descritto foulard, e attraversa la scena a testa alta, per uscire dall'altra porta, fra lo sbigottimento del marito e il disagio di Adriana).

PINA - (imperturbabile, a Giacomo, indicando il foulard) Come quello?

SECONDO ATTO

L'indomani mattina, verso le ore 10

PINA - (seduta, sta lucidando accuratamente la tromba).

GIACOMO - (entra, agitato e burbero) Cosa stai facendo?

PINA - (senza alzarsi in piedi) Pulizia.

GIACOMO - Alla tromba?

PINA - Anche.

GIACOMO - Noi ti paghiamo per fare pulizia negli uffici del Municipio.

PINA - E la tromba dovrebbe rimanere sporca?

GIACOMO - No, ma... (rinuncia, sbuffa e si avvia verso l'ufficio).

PINA - (con intenzione, in fretta) Tanto più che la uso anche per suonare nei funerali... (Giacomo si ferma, interessato) ... con la banda.

GIACOMO - Sai qualcosa?

PINA - (finta tonta) Di che?

GIACOMO - Del dottor Marelli.

PINA - No, ma si dice che non abbia superato la notte.

GIACOMO - Il signor Rolandi?

PINA - Non l'ho ancora visto. È vero che ieri sera è andato in città?

GIACOMO - (si ferma) Sì. (Aspetta che Pina prosegua, poi si avvia).

PINA - Per cosa?

GIACOMO - (si ferma) Per... Per una pratica in Prefettura. (S'avvia).

PINA - Allora lei non è informato!... (Giacomo si ferma) Perché il signor Rolandi è andato in città, con Pasquale e il camioncino, a comprare una corona per il farmacista.

GIACOMO - (rabbrividisce) Ssst!... Non mettere in giro simili voci.

PINA - (si alza in piedi) Lo sanno tutti.

GIACOMO - Tutti chi?

PINA – Tutti - tutti. Ieri sera, per esempio, all'osteria del Moro e al Circolo Ricreativo, non parlavano d'altro che della corona. E quando erano stufi di parlare della corona, parlavano del foulard giallo, a fiori.

GIACOMO - (sbotta) È  il colmo! ... Ma io do querela all'intero paese! ... Sissignore! ... Per diramazione, calunnie...

TILDE - (entra con Luciana e il dottor Varetti, medico, in tempo per udire le ultime parole di Giacomo. Sorride) Diffamazione, calunnie... Che succede?

GIACOMO - Niente. Buongiorno, dottor Varetti. (Stretta di mano) Che c'è di nuovo?

VARETTI - (a disagio) Veramente è stata la signora... (indica Tilde).

TILDE - Proprio. Ho pregato il nostro bravissimo medico (indica Varetti) di venire a trovarti.

LUCIANA - Però non impressionarti, papà.

GIACOMO - (con falsa tristezza) Ho capito... L'amico farmacista...

TILDE –È qui per te.

GIACOMO - Per me?!?...

VARETTI - Mi scusino, ma... (la notare la presenza di Pina).

PINA - (nota che tutti la guardano, si scuote) Ah, sì! ... Vado nella mia guardiola (esce).

GIACOMO - (a Varetti) Dica pure.

LUCIANA - (per superare il disagio di Varetti) Parlo io. La mamma, e naturalmente anch'io... In questi giorni siamo in apprensione per te, per la tua salute. Allora avremmo piacere che il dottore ti misurasse almeno la pressione.

GIACOMO - (ride) Cose da pazzi! ... Mai stato così bene. Comunque, visto che l'hanno disturbata, dottore... (si toglie la giacca, rimbocca la manica sinistra della camicia, siede accanto al tavolo e su di esso appoggia il gomito) Accontentiamo le donne! ... E sentiamo la sentenza della scienza medica.

VARETTI - (ha estratto dalla borsa lo strumento per misurare la pressione, e procede) Quanti anni ha, avvocato?

GIACOMO - Quarantacinque.

TILDE - (con tono di dolce rimprovero) Giacomo...

GIACOMO - Quarantacinque compiuti... quattro anni e mezzo fa. Tuttavia è un delitto trattenere il dottore presso un sano, quando in paese ci sarà almeno uno in pericolo di vita.

VARETTI - No no... Stanno tutti bene.

GIACOMO - Come tutti? ... E... il farmacista non lo considera?

VARETTI - Il dottor Marelli sta meglio di me.

GIACOMO - (come se avesse ricevuto una mazzata sulla testa, strabuzza gli occhi, con espressione ebete) Ah... Ah sì?...

VARETTI - (che sta osservando la lancetta dello strumento per la pressione, si preoccupa) Avvocato!

GIACOMO - Che... Che c'è?

VARETTI - (togliendo lo strumento per la pressione dal braccio di Giacomo) Niente di preoccupante, ma... La sua pressione sanguigna ha fatto un balzo, che...

TILDE - (apprensiva) Ci dica la verità, dottore.

VARETTI - Potrebbe essere un sintomo di esaurimento nervoso. Per adesso, comunque, basta un calmante. (Redige la ricetta) Una compressa ogni sei ore. La prima al più presto.

LUCIANA - (prende la ricetta) Vado subito in farmacia.

GIACOMO - (si alza in piedi a stento, e aiutato dalle due donne si rimette la giacca) Sarà chiusa.

VARETTI - Al contrario. Il dottor Marelli è già dietro il banco.

GIACOMO – È  già… già... die-dietro il banco?

VARETTI - Certo. Stanotte, verso le tre, si è... Come dire?... Liberato lo stomaco, e la febbre gli è subito passata. Si trattava soltanto di un'indigestione di acqua e peperoni. Una cosa è sicura... Che se ne avesse mangiato uno di più...

GIACOMO - (borbotta) Per un peperone...

TILDE - Vieni a casa con noi.

GIACOMO - Non posso. Devo aspettare il signor Rolandi con la... (sta per accennare alla forma e alle dimensioni di una corona, poi stringe il gesto) ... pratica.

LUCIANA - Allora la prima compressa te la portiamo qui.

GIACOMO - Fra un po'... (consulta l'ora) ... una mezz'oretta, eh?

VARETTI - (stringe la mano a Giacomo) Arrivederla, avvocato.

GIACOMO - (tenendo la mano) Ma come fa a campare, con tutta la salute che c'è in paese?

VARETTI - Beh... M'arrangio. (Saluti a soggetto, poi Tilde, Luciana e Varetti escono).

GIACOMO - (la qualche passo, borbottando e imprecando, sino a quando la porta si apre, e)

PINA e COSIMO - (entrano, portando una corona d'alloro a forma di ferro di cavallo, coperta interamente da una tela di sacco).

COSIMO - La mettiamo nel suo ufficio?

GIACOMO - Per carità!... Posatela là (indica un angolo della parete di fronte, dove i due depongono la corona).

PINA - Posso guardarla?

GIACOMO - No!... Perché deve addirittura dimenticarla. Vada, vada... E non lasci passare nessuno, senza prima venire ad avvertirmi. Capito?

PINA - Capito (esce a malincuore).

COSIMO - (allegro e orgoglioso, indica la corona) È  bella!...

GIACOMO - Le piace?

COSIMO - Tanto.

GIACOMO - Se la metta al collo!

COSIMO - Ma... avvocato... è arrabbiato?

GIACOMO - (sogghigna) Noooo!... Sono come se avessi ricevuto un pugno sullo stomaco!... (si scuote) Pazienza, e vediamo questa corona.

COSIMO - (contento) Non mi fa mica più paura... A certe cose basta abituarsi... (solleva lentamente la tela di sacco, e appare una corona d'alloro, a ferro di cavallo, attraversata da un nastro azzurro, sul quale sta scritto a lettere d'oro IL COMUNE AL SUO FIGLIO MIGLIORE).

GIACOMO - (si copre gli occhi, infastidito) Ormai è inutile. Il farmacista sta meglio di noi, eccome!... E tutto per un peperone!

COSIMO - (deluso) Sul serio?... Che peccato!...

 GIACOMO - (aggressivo) Vuol forse dire che le spiace che il dottor Marelli?...

COSIMO - (ipocrita) Sinceramente, no... Però... (indica la corona) Che ne facciamo?

GIACOMO - (irritato) Ce la mangiamo in insalata!... Non faccia domande idiote. Piuttosto... quanto costa? (indica la corona).

COSIMO - (estrae un foglietto) Ecco il conto... Preciso alla lira, come al solito (glielo porge).

GIACOMO - (lo prende, lo guarda e borbotta) Corona, benzina per il camioncino, cena per due persone, due camere, un cinema... Un cinema?

COSIMO - Avevo il suo permesso... Qui al paese non posso mai andarci, perché mi piacciono solo i film di cowboys che proietta il cinema dell'oratorio... Ma io, in mezzo ai bambini, che figura farei?... In città, invece... (entusiasta) Dieci assalti alle diligenze!... Pim-pum-pam... I morti non si contavano più.

GIACOMO - (amaro) Al cinema esagerano sempre... Comunque, pim-pum-pam, il cinema se lo pagherà.

COSIMO - (deluso, ma rassegnato) Come vuole, avvocato... Le altre spese le addebito al Comune, vero?

GIACOMO - Non si può. Mi sembra già di sentire le risate di quei due oppositori. No no... Divideremo il totale, meno il cinema, in quattro... E pagheremo io, lei, la signora Cottini, e... e il farmacista.

COSIMO - (stupito) Anche il dottor Marelli?

GIACOMO - Perché no?... Dovrebbe pagare tutto lui, dovrebbe. Adesso stia attento. Siccome in paese si chiacchiera un po' troppo di questa (indica la corona) faccenda, vada nell'osteria del Moro e al Circolo Ricreativo. Con tutti quelli che incontrerà non neghi d'essere stato in città a comprare una corona d'alloro, ma dica che è per me.

COSIMO - (impressionato) Per lei?!?... Oh, avvocato!

GIACOMO - (fa gli scongiuri) Per me, ma per il funerale d'un mio amico. E aggiunga che l'ha già portata a destinazione.

COSIMO - Dove?

GIACOMO - (sbotta) In Paraguay!... In qualche paese un po' lontano, accidenti!...

COSIMO - Sì (s'avvia per uscire).

GIACOMO - Ah!... (Cosimo si ferma) Mi aiuti a togliere il nastro (eseguono, poi ricoprono la corona. Giacomo osserva il nastro) Avrebbe stupito l'intera regione. Via! E chiacchieri con più gente che può.

COSIMO - Ci penso io (esce).

GIACOMO - (guarda ancora un po' il nastro, e lancia occhiate alla corona, con evidente dispetto e nervosismo).

PINA - (entra) Avvocato.

GIACOMO - (sussulta e intasca in fretta il nastro) Si faccia sempre sentire, prima di entrare.

PINA - Devo suonare la tromba?

GIACOMO - Basterebbe bussare.

PINA - C'è una signora che vuole parlarle.

GIACOMO - Chi è?

PINA - Un pezzo di... (occhiataccia di Giacomo) Una gran bella signora.

GIACOMO - Del paese?

PINA - Mah! ... Mi sembra di conoscerla, ma più ci penso...e più sono sicuro che... Mah!

GIACOMO - La faccia entrare.

PINA - Di là? (indica l'ufficio).

GIACOMO - Qui. Così me la sbrigo in fretta.

PINA - (malizioso) Secondo me, con un tipo come quella (indica verso l'esterno), ci metterà tutto il tempo che ci vuole (un perentorio gesto di Giacomo lo invita ad uscire, ed esce).

GIACOMO - (va ad assicurarsi che la corona sia ben coperta, che nell'ufficio non ci sia alcuno; quindi si rassetta l'abito, si passa una mano nei capelli e infine si mette in posa, ad attendere).

PATRIZIA - (dall'esterno) È permesso?...

GIACOMO - Avanti, prego.

PATRIZIA - (entra. È una bellissima donna sulla trentina, simpatica, elegante e affascinante). Non mi conosce più, avvocato?

GIACOMO - (colpito e imbarazzato) Ecco  In questo momento... Non saprei...

PATRIZIA - (sorride) L'aiuto io, avvocato Marini, vero?

GIACOMO - Giacomo. Giacomo Marini.

PATRIZIA - Oh, sì... Giacomo. E più la guardo, più mi convinco che non è cambiato, da allora. Stesso sguardo acuto, penetrante... Medesimo comportamento vivace, affabile... Si direbbe che è ringiovanito.

GIACOMO - (lusingato) Trova?

PATRIZIA - Senza dubbio.

GIACOMO - Lei è troppo gentile, signorina... (le nota la fede al dito) Pardon!... Signora.

PATRIZIA - (triste) Signora, sì... purtroppo.

GIACOMO - Divorziata?

PATRIZIA - (sorride, divertita) Ora capisco che non si ricorda proprio di me.

GIACOMO – È imperdonabile, da parte mia, non rammentare una signora tanto gentile e affascinante, ma...

PATRIZIA - (seria) Lei è stato anche al funerale di mio marito.

GIACOMO - Al funerale di suo... (lieto di rammentare) Ma sì! ... Lei è la signora che in paese chiamavano la forestiera... La consorte di Giorgio Pasotti, della Cascina Grande!

PATRIZIA - (commossa) ... e due anni dopo il matrimonio, la tragedia. Il mio Giorgio sotto un trattore... Un mese dopo mia suocera morta d'infarto... Dieci giorni dopo mio suocero di dolore... Tutti morti.

GIACOMO - (comicamente commosso, seguendo un suo pensiero) Altri tempi! ... Le cose, allora, si facevano con serietà.

PATRIZIA - E io sono rimasta sola con Cicchi.

GIACOMO - (fingendo di ricordare) Ah, già... Il cagnolino.

PATRIZIA - Cicchi, il mio bambino di un anno. Ebbene, dopo quella catena di disgrazie mi feci coraggio... Mi rifugiai a casa di mia madre, in riviera... Ma dopo tre anni mi ha assalita la nostalgia di questi posti, e per la prima volta sono tornata con Cicchi.

GIACOMO - (tanto per dire qualcosa) ... il suo bambino di un anno...

PATRIZIA - …che adesso ne ha quattro.

GIACOMO - Vero... Il tempo passa anche per Cicchi. Ma s'accomodi, prego (siedono).

PATRIZIA - Come lei forse saprà, non ho mai voluto vendere la Cascina Grande di Giorgio. Cicchi studierà agraria, e io... Io voglio chiudere gli occhi qui.

GIACOMO - Magnifica idea... Questo sì che si chiama sentimento. (Premuroso, confidenziale) E mi dica... Ha già avuto qualche brutto avvertimento? Il cuore?

PATRIZIA - (ride) Io mal di cuore?... Noooo... Voglio morire qui, ma fra cent'anni.

GIACOMO - (con un'occhiata alla corona) Troppo tardi.

PATRIZIA - Come dice?

GIACOMO - Troppo tardi... per me. (Sorridono) Comunque, posso esserle utile in qualcosa?

PATRIZIA - Sì. Vorrei che Cicchi potesse sempre essere fiero del suo papà. Del suo papà, che era il più stimato perito agrario della provincia, e un grande poeta.

GIACOMO - Scriveva poesie?

PATRIZIA - Sì. E tutte pubblicate.

GIACOMO - Me ne rallegro. Perché finalmente apprendo che in questo paese viveva almeno uno spirito superiore, un ingegno che ha lasciato dietro di sé un'orma incancellabile.

PATRIZIA - (commossa, afferra le mani di Giacomo) Oh, avvocato! ... Mi fa piangere.

GIACOMO - (approfitta, e le accarezza le mani) Sia forte, signora...

PATRIZIA - Sì... E dopo le sue belle parole, sono sicura che mi accontenterà.

GIACOMO - (continuando ad accarezzarle le mani) In che modo?... Dica, dica...

PATRIZIA - Facendo collocare in questa stanza un busto di mio marito che donerò, e che lei scoprirà, nel corso di una cerimonia.

GIACOMO - (abbandona le mani di Patrizia) Spiacente, ma impossibile. Si tratterebbe di onoranze ufficiali, e occorrerebbe la deliberazione del Consiglio.

PATRIZIA - La concederà subito, quando si saprà che regalo al Comune, oltre che il busto e la colonnina, dieci milioni.

GIACOMO - Lei è molto generosa, ma comprenderà che non...

PATRIZIA - (interrompe, alzandosi in piedi) Pazienza... Pensi che immaginavo già il suo discorso, gli applausi... E per terra, deposta accanto alla colonnina, sotto il busto di Giorgio, una bella corona d'alloro.

GIACOMO - Le ripeto che mi spiace molto, ma non... (improvvisamente, colpito dalle ultime parole di Patrizia) Ha detto una co-co... co-corona d'alloro?

PATRIZIA - (accenna di sì col capo) Naturalmente l'avrei provveduta io... Ma non si può, e... (fa l'atto d'avviarsi).

GIACOMO - Aspetti!... Ha detto una corona d'alloro... (occhiata alla corona) ... magari a ferro di cavallo, eh?... Fa meno triste, le pare?

PATRIZIA - Se lo dice lei... (rassegnata) Purtroppo non è possibile, e... (s’avvia).

GIACOMO - Ragioniamo, ragioniamo... Lei mi darebbe carta bianca, sia per le onoranze, sia per... la corona?

PATRIZIA - Con piacere. E pagherei ogni cosa. Ma la deliberazione del Consiglio?

GIACOMO - Ci Penso io!... I dieci milioni di donazione al Comune faranno miracoli. Dunque non si preoccupi. Mi mandi il busto, la colonnina e al resto provvederò io.

PATRIZIA - (felice) Grazie! ... Però mi tolga subito una curiosità... Cosa farà scrivere sul nastro della corona?

GIACOMO - Il nastro, eh?... (si tocca istintivamente in tasca) Ma no!... I nastri con le parole d'oro, sulle corone per i monumenti, non usano più!… È più adatto un nastro tricolore, come quello che si taglia nelle inaugurazioni. (Generoso) Glielo regalo io! ... Perché lei, tra la corona, il viaggio, il pernottamento... (con la coda dell'occhio guarda il conto che gli aveva dato Cosimo) ... la cena per due persone, il cinema... No! Il cinema, no. Dovrà già spendere parecchio.

PATRIZIA - Non ha importanza.

GIACOMO - Vediamo un po' ... Oggi è lunedì... Domenica mattina alle dieci, cerimonia ufficiale. Contenta?

PATRIZIA - Felice! (abbraccia Giacomo e lo bacia sulle guance, mentre)

TILDE - (con in mano un tubetto di compresse, seguita da Luciana che tiene in mano un bicchiere d'acqua, e da Adriana, entra dall'esterno. Tutt'e tre si fermano ad osservare la scena. Contemporaneamente)

PATRIZIA - (dopo i baci sulle guance, si commuove e appoggia il capo sopra una spalla di Giacomo, sussurrando) Ero sicura che non mi avrebbe detto di no...

GIACOMO - (Molto imbarazzato, rivolto alle altre) È … è la vedova... (non sa dove tenere le mani. Quindi dˆ alcuni leggeri colpi sulla schiena di Patrizia) C'è... C'è mia moglie.

PATRIZIA - (s'allontana da Giacomo) Molto lieta di conoscerla... (si volta, guarda le tre donne, poi va verso Adriana con la mano tesa) Cara signora Marini...

TILDE - (indispettita, afferra la mano tesa di Patrizia e l'attira dinanzi a sé) Sono io!

PATRIZIA - Mi Scusi, ma l'avevo vista così poco, allora.

GIACOMO - La signora (indica Patrizia) è la vedova di Giorgio Pasotti quello del trattore...

PATRIZIA - ...e delle poesie.

GIACOMO - La signora Cottini, mia collega di Consiglio, e mia figlia Luciana (saluti a soggetto).

TILDE - Toh! ... Prendi la pillola.

GIACOMO - (a disagio) Mi scusino... (ingoia la compressa).

LUCIANA - Non s'è ancora fatto vivo il signor Marcello Grechi?

GIACOMO - Per fortuna, no. (A Tilde) Tu, ora, puoi accompagnare la signora (indica Patrizia) sino a casa, alla Cascina Grande. Vai magari anche tu, Luciana.

LUCIANA - (dopo un cenno d'intesa con la madre) No. Resto qui a farti compagnia. E se devi parlare di politica con la signora Cottini, io andrò di là (indica l'ufficio).

PATRIZIA - (tende la mano a Giacomo) Grazie ancora, avvocato.

GIACOMO - Mio dovere. E per strada racconti a mia moglie ciò che abbiamo stabilito.

PATRIZIA - Senz'altro. (Saluti a soggetto, poi)

TILDE - (esce con Patrizia, dopo aver fatto cenno d'intesa alla figlia, per invitarla a occhi bene aperti sul marito e Adriana).

LUCIANA - (indica la corona) Cosa c'è in quel sacco?

GIACOMO - Niente che ti interessi. Piuttosto vai di là (indica l'ufjicio) e prepara le rispose alle lettere dei miei elettori.

LUCIANA - Sì, ma se arriva Marcello Grechi... (s'arresta, non sa concludere) Ehm... Guai a lui se ti fa ancora arrabbiare! (esce nell'ufficio).

GIACOMO - (allegro) Vuole vederla? (indica la corona).

ADRIANA - Non è il caso. A proposito... Per strada ho incontrato il signor Rolandi... Mi ha detto che dovremo pagarla noi.

GIACOMO - Non più! ... L'ho venduta.

ADRIANA - A chi?

GIACOMO - A quella vedova, per il busto di suo marito. Ora le spiego...

COSIMO - (entra ansante, dall'esterno) Tutto sistemato, avvocato! ... Riverisco, signora. Tra un paio d'ore l'intero paese saprà che la corona era per un suo amico.

GIACOMO - Errore! ... Torni subito tanto all'osteria del Moro, quanto al Circolo Ricreativo, e dica a tutti che la corona è realmente qui, e che servirà per onorare un poeta del paese.

COSIMO - (disorientato) Ma io... Quale scusa posso trovare, per?...

GIACOMO - (interrompe) Dica che prima si era sbagliato, che non sa più quel che si fa per via dell'arteriosclerosi.

COSIMO - (implora) Nooooo...

GIACOMO - Allora dica che sono i film di cow-boys che l'hanno sconvolto. Servirà d'esempio alla gioventù. Ali alle gambe! (ride, mentre)

COSIMO - (stordito, esce più in fretta che può).

GIACOMO - (orgoglioso) Bel colpo, eh?...

ADRIANA - (fredda) Lei mi delude.

GIACOMO - (colpito e preoccupato) Perché?

ADRIANA - A quanto sembra è disposto a perdere il prestigio suo e  nostro... A diventare il bersaglio delle risate dell'opposizione e di tutto il paese... S'è rassegnato, insomma, a non fare l'inaugurazione del Camposanto.

GIACOMO - Dovrei sparare a qualcuno?

FULVIO - (sarcastico, dall'esterno) Si può?

ADRIANA - (concitata) Ecco gli avvoltoi.

GIACOMO - Avanti.

FULVIO - (entra dall'esterno, seguito da Marcello. Con lo sguardo cerca rapidamente la corona, e la indica a Marcello) Scommetto che lì c'è la famosa corona.

MARCELLO - (ironico) Il signor Rolandi ci ha borbottato che sarà utilizzata per onorare un poeta. GIACOMO - Proprio. Giorgio Pasotti, quello del trattore in persona. (Si corregge) Cioè, in spirito. (Adriana frena il disappunto, mentre)

FULVIO e MARCELLO - (si guardano, e ridono).

LUCIANA - (entra dall'ufficio) Se c'è da ridere, mi unisco alla compagnia.

FULVIO - Siamo anche spiati?

GIACOMO - Volete forse negare che il Pasotti scriveva poesie, che per giunta venivano pubblicate?

ADRIANA - (amara) ... sul bollettino parrocchiale.

MARCELLO - Esatto (ride con Fulvio).

LUCIANA - E adesso, papà, cosa farai?

GIACOMO - (esita, quindi scrolla le spalle) Le onoranze al poeta Giorgio Pasotti.

ADRIANA - Come?

GIACOMO - Collocando lì (indica un angolo della stanza) il busto che regala la sua vedova, con la colonnina che lo sostiene, e dieci milioni per il Comune, più le spese per la corona.

MARCELLO - Certo che mettere nella sala del Municipio il busto di un tale, che... Un brav'uomo, certo...

FULVIO - Ma sono cose che devono essere fatte solo per i personaggi illustri.

GIACOMO - Eh, cari miei... Se si dovessero innalzare monumenti solo ai personaggi veramente illustri... metà delle piazze d'Italia rimarrebbero vuote. Del resto qui non abbiamo altri monumenti... (amaro) Neppure quello dei Caduti... E i giovani del paese non erano mica riformati, macché! ... Tutti in prima linea, ma non si sono fatti nemmeno una scalfittura.

FULVIO - (a Marcello) Opponiamoci a questa farsa di onoranze ufficiali.

MARCELLO - (indeciso, guarda Luciana, la quale gli fa cenni di accondiscendere) ... no. (a Giacomo) Fate pure.

FULVIO - (che ha capito) Vergognati!... Non avrei mai immaginato che il futuro del nostro paese fosse condizionato dalle moine di una smorfiosetta.

GIACOMO - Non capisco.

MARCELLO - La lasci dire.

FULVIO - Ne riparleremo! (esce).

GIACOMO - (a Marcello) Grazie. Lei dimostra che...

MARCELLO - (interrompe) Niente! ... E non s'illuda che lo faccia per lei!... (strizza l'occhio a Luciana, che gli sorride e approva) Perché lei è solo un esibizionista un venditore di fumo...

GIACOMO - (si volta e vede Luciana che sorride a approva).

LUCIANA - (di colpo diventa seria e scrolla negativamente il capo, mentre Adriana, indignata per la situazione, esce).

GIACOMO - (disorientato, rivolto ad Adriana che esce) Signora...

MARCELLO - E io la combatterò sempre, perché ho dichiarato guerra ai fanfaroni, agli incapaci, ai tromboni, ai... Beh, per oggi basta! (esce, scontrandosi con)

COSIMO - (il quale entra ansante) L'ho detto a tutti... L'ho detto a tutti... Se posso ancora fare qualcosa...

GIACOMO - (esasperato) Sì!

COSIMO - Comandi, avvocato.

GIACOMO - Si spari! ... Così il Camposanto lo inauguriamo domani! ... (e mentre Cosimo, ebete, crolla a sedere, Giacomo esce agitato, seguito da)

LUCIANA - Papà! ... Papà! ...

TERZO ATTO

La mattina di sei giorni dopo, domenica, verso le ore 10. In un angolo della scena, sopra ad una colonnina, c'è un busto marmoreo ricoperto con un lenzuolo bianco.

PINA - (sta spolverando la corona deposta sopra una sedia. Ad un tratto, rivolto verso l'ufficio, chiede) Trovato?

COSIMO - (dall'interno) Sì. (Entra dall'ufficio, portando un paio di metri di nastro tricolore, che dà a Pina) Sistemalo di traverso alla corona, facendo un nodo al centro. Sei capace?

PINA - Provo. (Esegue) Che ore sono?

COSIMO - Le dieci meno cinque.

PINA - L'avvocato come sta?

COSIMO - Di pessimo umore.

PINA - Va a finire che il Camposanto lo inaugura lui.

COSIMO - (con tono di rimprovero) Pina! ...

GIACOMO - (entra dall'esterno. Dall'espressione, dai gesti e dai toni stanchi sembra invecchiato di dieci anni) Tutto pronto?

COSIMO - (accenna di sì col capo) Con la solita puntualità.

GIACOMO - Bene. (Va a sollevare il lenzuolo e guarda il busto, senza farlo scorgere al pubblico. Fa una smorfia e lascia ricadere il lenzuolo).

PINA - (alludendo alla corona) Dove la metto?

GIACOMO - Nel mio ufficio.

PINA - (porta la corona nell'ufficio, poi rientra).

GIACOMO - Lei sa già cosa dovrà fare. (Cosimo accenna di sì col capo. A Pina). E lei, mi raccomando... Un semplice squillo di tromba, non una sinfonia.

TILDE e LUCIANA - (entrano dall'esterno).

COSIMO - Signora Marini... Signorina... (saluti a soggetto, come d'ora in poi, quando entreranno altri personaggi).

GIACOMO - (a Cosimo) Adesso vada di là (indica l'ufficio) e attenda tutt'orecchi. Quindi, al momento convenuto...

COSIMO - Si fidi di me, avvocato (esce nell'ufficio).

FULVIO e MARCELLO - (entrano dall'esterno. Freddi saluti a soggetto).

ADRIANA - (entra dall'esterno) Sta arrivando la vedova del poeta.

GIACOMO - (si agita) Tutti a posto, per favore. La signora Cottini alla mia destra. Alla mia sinistra uno spazio vuoto per la vedova, quindi mia moglie e mia figlia. (Quando, dopo alcuni confusi e affannosi spostamenti, sono sistemati al posto voluto da Giacomo, rimangono fermi impettiti. Pausa d'attesa).

TILDE - (sottovoce) Giacomo...

GIACOMO - Ssst!

TILDE - La sciarpa tricolore.

GIACOMO - Ah, sì! ... Ma... Quando arriva questa benedetta vedova?

PATRIZIA - (entra dall'esterno. Indossa un abito sgargiante).

GIACOMO – Signora…

PATRIZIA - (con espressione beata, assente, si rivolge a Giacomo) Come dice?

GIACOMO - Ci sarebbe da... da... (fa segno tirar giù il lenzuolo dal busto),

PATRIZIA - Certo, certo... (fa l'atto di dare uno strattone al lenzuolo).    

GIACOMO -  Un momento! ... (Patrizia si ferma) Prima il discorso.

PATRIZIA – È vero... Mi scusi. (A Giacomo) Dove mi metto?

GIACOMO - Qui. (Indica la propria sinistra)

PINA - (va a prendere posto, con la tromba in mano, accanto al busto).

GIACOMO - (estrae di tasca un foglietto di appunti e attacca di botto, con tono freddo e rapido) Siamo qui riuniti per onorare un nostro illustre concittadino, il quale, operando un felice connubio della poesia all'agricoltura, ha ben meritato che la sua sculturea effige entrasse in questa sala. Si tratta del poeta rurale Giorgio Pasotti. (Sottovoce, a Patrizia) Lo scopre lei?

PATRIZIA – (commossa) Faccia pure lei

GIACOMO - (dà uno strattone al lenzuolo che cade, scoprendo il busto)

PINA - (lancia uno squillo di tromba)

GIACOMO – (applaude,subito imitato dagli altri. Poi, guardando la porta dell'ufficio, prosegue con tono particolarmente marcato) Il Comune è fiero e orgoglioso... (guarda la porta dell'ufficio) è... orgoglioso e fiero, il Comune... (guarda nuovamente la porta dell'ufficio, imitato istintivamente dagli altri) è fiero e orgoglioso, ripeto... (esplode) Signor Rolandi! (la porta dell'ufficio si apre, ed entra).

COSIMO - (che porta la corona, tenendola all'altezza del viso, che rimane incorniciato dall'alloro. Con passo lento e solenne va a posare la corona alla base della colonnina, mentre)

GIACOMO - (prosegue) ... di onorare il nostro poeta Giorgio Pasotti. E ringraziamo la sua diletta, inconsolabile sposa, per la generosa offerta, e soprattutto per il suo ritorno fra noi, dove certamente ritroverò la pace, la serenità... e ciò che le mancava. Ovvero l'affetto dei compaesani di suo marito  (pausa) Ho finito.

COSIMO - (applaude, imitato dagli altri che, esclusi Fulvio e Marcello, si congratulano con Giacomo, mentre)

PINA - (lancia uno squillo di troniba che fa sussultare tutti, ed esce impettita).

GIACOMO - (a Patrizia, mentre gli altri formano gruppetti e parlano fra loro) Perché non ha portato anche Cicchi?

PATRIZIA - Per non farlo piangere. Capirà che vedere... (indica il busto) Sono cose che commuovono.

GIACOMO - (con approvazione esagerata, e quindi ironica) Commuovono, commuovono.

PATRIZIA – È Stato veramente gentile, avvocato. E mi prepari il conto. Domani verrò a saldare ogni cosa.

GIACOMO - Non c'è fretta.

PATRIZIA - Ancora grazie a tutti.

TILDE - Andiamo anche noi, vero?

FULVIO - Come no? (concitata a Marcello) Visto che la pagliacciata è finita... (saluti a soggetto, poi escono tutti, esclusi Giacomo e Landi).

GIACOMO - (sospira, e guarda fuori dalla finestra, dopo un po’ pensa ad alta voce) Dove sta andando mia moglie. Ah, sta attraversando la piazza, perché dall'altra parte c'è... (si interrompe bruscamente) Ma che fa?... (urla) Attenzione, Tilde! ... (si sente la brusca frenata di un'automobile e un acuto grido di donna, seguito da altre grida e confusi commenti di diverse persone, mentre Giacomo si è coperto gli occhi con le mani, e, barcollando, s'allontana dalla finestra, si passa una mano sulla fronte sudata, vorrebbe estrarre di tasca un fazzoletto, ma gli capita fra le mani il nastro IL COMUNE AL SUO FIGLIO MIGLIORE. Con un gesto di stizza lo scaraventa per terra, in un angolo. Poi si alza in piedi a stento, estrae un fazzoletto e si asciuga la fronte. Mentre s'avvia verso la finestra, entra)

PINA - Non si è fatta niente!

GIACOMO - (s'illumina in volto) Davvero?

PINA - Sì. Il signor Rolandi la sta accompagnando qui. Vado a prendere un bicchiere d'acqua. Per... È  proprio un miracolo. Si vede che in questi giorni non deve morire nessuno (esce).

GIACOMO - (fa un gesto d'imprecazione verso Pina, poi va ad aprire la porta) Tilde! ... (sulla soglia abbraccia la moglie) Vieni. Siedi. (fa sedere Tilde, mentre entra Cosimo).

TILDE - (ansante, spaventata, guarda il marito, poi scoppia in pianto).

GIACOMO - Suvvia... È tutto passato.

PINA - (entra, portando un bicchiere d'acqua) Beva, signora.

TILDE - Grazie. (Beve tremando. Giacomo l'aiuta mentre)

PINA - Chissà perché, con tante medicine che hanno inventato, in queste occasioni si beve solo acqua.

LUCIANA - (entra trafelata) Mamma! ... (l'abbraccia) Oh, mamma! ... Ho sentito dire che eri morta investita da una macchina.

MARCELLO - (entra, emozionato) Luciana! ... (si ferma, ansante) Uh, che spavento! ... (stringe a sé Luciana e appoggia una mano sulle spalle di Tilde) Ho sentito dire che eravate morte tutt'e due, investite da un'autobotte.

GIACOMO - Ehi, giovanotto ... Come si permette queste confidenze?

MARCELLO - Senta, avvocato...

TILDE - (si alza in piedi, interrompendo Marcello) No. E meglio che glielo dica io. Dunque... Stai calmo, Giacomo... Devi sapere che... Marcello e Luciana si vogliono bene.

GIACOMO - Co-Co... Co-come sarebbe a dire?

TILDE - Intendono sposarsi.

GIACOMO - Ah! ... E da quanto tempo dura questa storia?

TILDE - (a Luciana e Marcello) Quasi un anno, direi.

LUCIANA e MARCELLO - (accennano di si col capo).

GIACOMO - (a Marcello) Le proibisco di sfiorare mia figlia! (a Tilde) E non farti illusioni che approvi una cosa simile! ... Ma te l'immagini come sarebbe la nostra vita?... In casa tutti sorrisi e gentilezze. Poi io e lui (indica Marcello) verremmo qua, e... Via! Uno contro l'altro.

TILDE - (ironica) La più perfetta realizzazione della democrazia.

FULVIO - (entra ansante, guarda Giacomo, prende fiato, poi si rivolge verso l'esterno) Ma no! ... Non è vero. (Entra, seguito da Adriana).

ADRIANA - Che sollievo! ...

GIACOMO - Cosa?

ADRIANA - Abbiamo sentito dire che lei era morto investito da un autotreno.

GIACOMO - (esplode) Morto! Morto! ... In questo paese i morti ci sono solo nella fantasia!

PATRIZIA - (irrompe trafelata) Dov'è?... Dov'è l'eroe?... (si precipita accanto al sindaco). È ferito?... Ho sentito dire che ha salvato sua moglie dallo scontro di due treni.

GIACOMO - (sbotta) Basta! ... Non voglio più vedere nessuno! ... Nessuno! (Contemporaneamente, con toni diversi, urlano)

TILDE - Giacomo, le coronarie.

MARCELLO - Non faccia così!

LUCIANA - Papà! ...

FULVIO - Lo racconterò nel prossimo comizio!

ADRIANA - Le dà di volta il cervello?

VARETTI – (entra) Per favore, signori... Si sente urlare dalla piazza.

TUTTI - (gradatamente, si calmano).

VARETTI - Scusino l'intrusione, ma si tratta di una cosa importante. Almeno per me. (Pausa). È morto... (tace, commosso).

GIACOMO - Chi?

TUTTI - (fissano Varetti, con espressioni stupite, disorientate).

VARETTI - (li guarda, uno ad uno, lentamente; poi dice) Un bimbo.

GIACOMO - (sinceramente colpito) Un bimbo?... (Varetti accenna di sì col capo) Di chi?

VARETTI - (con un mesto sorriso) Di enne enne.

GIACOMO - (sconcertato) Quello delle suore?...

VARETTI - (accenna di sì col capo) Sono venuto per incarico delle suore... Desidererebbero che Benvenuto... Così l'avevano battezzato... Come gli altri piccoli del paese, facesse la sua ultima passeggiata sulla carrozza bianca del Comune.

MARCELLO - (interviene, sincero) Gli spetta di diritto. Vero, avvocato?

GIACOMO - Sì, sì... Tutto gratis al primo... Quel... Quel bambino avrà la carrozza bianca, la banda... e io, in prima fila.

FULVIO - Ci saremo tutti.

ADRIANA - Tutto il paese.

COSIMO - (burocratico come sempre, riporta la situazio e sul piano formale) E... la corona?

GIACOMO - (istintivamente) La corona... (guarda quella alla base della colonnina) Eh, no! ... Bisogna acquistarne un'altra.

ADRIANA - ... di fiori bianchi.

FULVIO - Con un nastro sul quale faremo scrivere...

GIACOMO - (interrompe) C'è già. (Lo cerca nelle tasche, poi ricorda e va a tirarlo su da terra, nell'angolo dove l'aveva scaraventato) E le parole che ci sono scritte, forse.... (maligno, guardandosi intorno) ... sono le più giuste che io abbia mai visto... (distende il nastro, affinché lo legga anche il pubblico: IL COMUNE AL SUO FIGLIO MIGLIORE. E tutti rimangono immobili, mentre il sipario si chiude lentamente).

FINE DELLA COMMEDIA