Ubu sulla collina

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UBU SULLA COLLINA


Riduzione in due Atti

di UBU RE

di Alfred Jarry

PERSONAGGI

PADRE UBU

MADRE UBU

CAPITANO BORDURE

IL RE VENCESLAO

LA  REGINA ROSMUNDA

BUGRELAO, loro figlio

LE OMBRE DEGLI ANTENATI

IL GENERALE LASCY

NICOLA RENSKY

L'IMPERATORE ALESSIO

IL PALOTINO GIRON

NOBILI

MAGISTRATI

CONSIGLIERI

FINANZIERI

TUTTO L'ESERCITO RUSSO

TUTTO L'ESERCITO POLACCO

L'ORSO

IL CAVALLO DA PHYNANZE

DUE GENDARMI

Rappresentata l'anno 1901

al Guignol des 4-z' Arts

con il concorso del celebre

ANATOLE degli Champs Élysées


PROLOGO

Personaggi del Prologo:  guignol, il direttore

Scena prima

guignol.         Bel posto. C'è più gente in questa sala che in tutta la città di Lione. Mi trovo sicura­mente alle 4-Arti  (bussa).

Scena seconda

guignol, il direttore

guignol.         Buongiorno, signora Arte!

il direttore.            Come, signora Arte! Come vi per­mettete di parlare in questo modo?

guignol.         O bella, voi non siete una delle 4-Arti! Ce ne sarebbe una quinta?

il direttore. La quinta, sono io, o piuttosto le dirigo, io dirigo lo stabilimento che porta questo nome, sono il signor Trombert.

guignol.         E io sono Guignol. Molto lieto di fare la vostra conoscenza,

il direttore.            Felicissimo di ricevervi in casa mia.

guignol.         Più felice ancora di ricevere, di accet­tare, voglio dire, i duecentocinquantamila franchi che mi avete promessi per le mie spese di viaggio da Lione e per il mio sog­giorno a Parigi.

il  direttore.           Duecentocinquantamila  franchi! Io vi ho promesso duecentocinquantamila franchi?

guignol.         Proprio a me, Guignol.

il direttore.            Sono disposto a convenirne; ma chi mi dice che voi siete Guignol? Avete qualche documento, una carta d'identità?

guignol.         I miei documenti, eccoli qua, in pasta di legno (gli mostra un bastone).

il direttore (indietreggiando). Signor Guignol, ma cosa fate?

guignol.         Prendete questo ventaglio, picchiatemi sulla testa. Non temete, è solida. Lo vedrete, se suona come legno.

il direttore.            Prima di tutto vi farebbe male, e poi io non ho acquistato soltanto un burat­tino di legno, ma tutto l'assortimento dei pu­pazzi lionesi. Ritroverete qui i vostri amici Gnafron e compagnia.

guignol.         In tal caso sarò io a verificare se voi siete proprio il signor Trombert. (Alzando il bastone) Siete proprio il signor Trombert?

il direttore.            Se è al signor Trombert che desi­derate parlare con la vostra lingua di legno, ebbene no, non sono io.

guignol.         Ah! La vedremo! (1a bastonata) Con­tinuate a non essere il signor Trombert?

il direttore.            Ahi! Ahi! Sono il signor Trombert, tutti i signor Trombert che volete.

guignol.         Siete proprio il signor Trombert che mi ha promesso duecentocinquantamila fran­chi?

il direttore.            Che vi ha... Neanche per sogno.

guignol.         Radunate ì vostri ricordi.

Bastonate.

il direttore.            Ahi! Ahi! È vero, avevo perso la coscienza di me stesso. Ecco i vostri duecento­cinquantamila franchi (gli dà tre grossi sac­chi).

guignol.         Volete una ricevuta?

il direttore.            No, grazie, non accetterò altro. Signor Guignol, dite, vorrei parlarvi.

guignol.         Vi ascolto.

il direttore.            Parlarvi, intendo, senza testimoni. Congedate quell'indiscreto manico di scopa.

guignol.         È mio amico, mio fratello, un altro Guignol: siamo fatti dello stesso legno; ma per voi, e dal momento che ci siamo scam­biati nomi ed epiteti d'ogni genere, accon­sento.

il direttore.            Signor Guignol, voi vi siete pre­sentato a me, ma bisogna che io vi presenti alle persone.

guignol.         Presenti. Presentassatemi alle persone presenti. Ma io non ho più il mio interprete per immanicare la scopa.

il direttore.            Queste persone sono troppo di ri­guardo perché possiate permettervi con loro un simile linguaggio. Tuttavia, informatemi circa la vostra genealogia e tutte le vostre qualità, farò al pubblico la vostra biografia e la vostra genealogia.

guignol.         Scusate, signor Trombert, ma questi sono segreti di famiglia. Non li rivelerò se non sono sicuro che ci sono qui due o tre persone dabbene, o per lo meno tre o quat­tro persone, come voi dite, di riguardo.

il direttore.            Se è solo per questo!

Nomina un certo numero di spettatori affettando  di  confondere  fisionomie  note  fra  le più disparate.

guignol.         Queste notorietà mi decidono. Inter­rogate.

il direttore.            Dunque, siete proprio il signor Guignol, e siete venuto da Lione, signor Guignol, per riscuotere duecentocinquantamila franchi.

guignol.         Non parliamo di queste piccolezze. Non rinfaccio mai i servigi resi.

il direttore.            Allora, tanto per cominciare, mi renderete i sacelli vuoti. E per aver l'onore di essere presentato al Tout-Paris, riunito per questa solennità nel salone delle 4-Arti, E, signor Guignol, chi era vostro padre?

guignol.         Papà? Guignol!

il direttore.            Ah! Difatti è giusto. E il vostro signor nonno?

guignol.         Nonno? Guignol!

il direttore.            Anche lui! Che strano! E il vostro signor... insomma, un antenato molto lontano?

guignol.         Un lontano antenato? L'Uomo dalla Testa di Legno!

il direttore (indietreggiando, urta contro un montante). Ahi! Mi sono fatto male. È esi­stito un uomo dalla testa di legno!

guignol.         Esattamente. Gli esseri umani, in certi casi, non hanno talora che la... parte anteriore della faccia, la... bocca, così, e voi vi siete fatto male al didietro della testa perché non siete abbastanza intelligente per avere tutta quanta la testa di legno, ma, nella mia istruttiva so­cietà, ci si arriverà.   (Canta):

Al tempo degli dèi antichi, prima dell'età del ferro,

Le teste,

Prima dell'età dell'oro, della carne e del corno,

Le teste si facevano di legno.

In tali scatole di legno si custodiva la saggezza,

E i sette saggi, i sette saggi della Grecia,

Erano sette uomini dalla testa di legno,

Sette uomini

Sorti dalle querce millenarie

Che emanavano oracoli nelle foreste di Dodona.

Le radici di quegli alberi antichi

Affondavano verso il centro della terra

Come dita che palpano tesori,

Nello spazio infinito e nella notte dei tempi

Arrampicandosi verso il sapere, abbracciando l'Universo.

Nel Paradiso l'albero della scienza

E il melo eran di legno,

E il serpente sottile che tentò Eva

Era, era, si osi dirlo, di legno.

Ahimè! il mondo si consuma, ahimè tutto degenera;

Noi, ultimi eredi dei saggi e degli dèi

(parlato) :

E degli uomini dalla testa di legno,

(cantato) :

Noi, piccoli burattini,

Noi siamo nani,

Siamo pitocchi.

In scena, per alzar la testa verso la gente,

Nonostante la scienza, bisogna che ai nostri fantasmi

Il soffio animato arrivi attraverso dita di carne.

il direttore              (parlato). Eppure sono esistiti uomini il cui nome indica che furono, come voi, discendenti dalla razza illustre degli uomini dalla testa di legno: per esempio... il sergente Bobillot.

guignol.         Cosicché gli hanno innalzato una sta­tua.

il direttore.            E ci sono molti che si chiamano Dubois!

guignol.         Qui, amico mio, vi confondete.

(Cantato):

Esistono due sorte di uomini di legno,

Le teste preziosamente lavorate,

Ricettacoli di ammirevoli dottrine,

E i bruti, intendo i non modellati,

Eh, sì, i bruti e i babbei.

il direttore.            E saggi, si diventa?

guignol.         Dite piuttosto, amico mio, uomini dalla testa di legno.

il direttore.            Si diventa uomini dalla testa di legno, o babbei, quando si ha la... bocca di legno?

guignol          (cantato):

Il vino è la verità, una soluzione di verità,

Ricavata dal legno delle botti di legno,

Pieni di vino, si diventa simili a una botte di vino, tutta di legno.

I pupazzi e i burattini

Sono eterni ubriachi.

il direttore (parlato). E sono di legno, così, se cadono, non si rompono. È un vantaggio, infatti. (Pensieroso) Ma allora voi non bevete, dato che avete già mascelle di legno.

guignol.         Eccome, per averle ancor più di legno, e giungere così alla scienza infusa.

il direttore.            Arthur, due...

guignol.         Pernod?

il direttore.            No, Premier, come Napoleone.

guignol.         Alla vostra salute, futuro grande uomo di legno.  Diventerete saggio bevendo.   (Mu­sica di balletto) Eh! Ma dove correte, più ve­loce d'un cavallo di legno? (Cantato):

Donnine, ci son delle donnine!

Non siam di legno noi!

guignol          (parlato). Cosa intendete dire?...

il direttore.            Che vi compiango,  povero Gui­gnol, con la vostra testa di... saggio. Ne ignorate, voi, di piaceri. Uno dei vostri antenati di legno non era forse... Abelardo?

guignol          (torcendosi dal ridere e rotolando ver­so il proscenio). Abelardo non era, poiché ha generato  tutti  i  miei avi,  mio  padre e me stesso. Ma agli Champs-Elysées, alle Tuileries e a Lione lascio credere ai bambini piccoli che i pupazzi del Guignol si trovino sotto i cavoli di legno...

(Cantato):

Delle bancarelle dei bazar.

Ma alle 4-Arti,

Alle 4-Arti, Guignol,

Alle 4-Arti non è Abelardo!

Sarà di legno quanto alla testa

Per via del suo sapere,

Di legno, di legno, Ma non più in giù.

Alle Quattr'Arti, alle Quattr'Arti,

Guignol non sarà di legno!

Entrano due Donnine che il Direttore e Gui­gnol baciano in modo grottesco. Danza bur­lesca.


ATTO PRIMO

Una sala del Palazzo del Re di Polonia

Scena prima

padre ubu,  il re venceslao

il re                (fra le quinte). Ehi! Padre Ubu! Padre Ubu!

padre ubu      (entrando). Eh! Ecco il re che mi cerca. (A parte) Re Venceslao, state correndo alla vostra rovina e sarete massacrato!

il re                (entrando dal lato opposto). Dunque avete bevuto di nuovo, Padre Ubu, che non sentite quando vi chiamo?

padre ubu.     Sì, Sire, sono ubriaco, perché ho be­vuto troppo vino di Francia.

il re.               Come me, questa mattina: siamo brilli, credo, come due Polacchi.

padre ueu.      Insomma, Sire, cosa desiderate?

il re.               Nobile Padre Ubu, venite con me alla fi­nestra, vedremo sfilare le truppe.

padre ubu      (a parte). Attenti, ecco il momento! (Al Re) Veniamo, signore, veniamo.

il re                (alla finestra). Ah! Ecco il reggimento delle guardie a cavallo di Danzica. Sono bellissimi, in fede mia.

padre ubu.     Trovate? A me sembrano miserabili. Guardate quello là. (Gridando dalla finestra) Quanto tempo è che non ti lavi, ignobile bullone?

il re.               Ma quel soldato è pulitissimo. Che co­s'avete, Padre Ubu?

padre ubu.     Ecco che cosa ho! (Lo colpisce con una testata al ventre).

il re.               Miserabile!

padre ubu.     MERDRA.

Bastonate.

il re.               Vigliacco, pitocco, sacripante, screanzato, musulmano!

padre ubu.     Prendi, pitocco, sbornione, bastardo, ussardo, tartaro, bacchettone, spione, savoiar­do, polognardo!

il re.               Aiuto! Sono morto!

padre ubu      (precipitandosi verso il proscenio col bastone). Prendi, cappone, porco, fellone, istrione, briccone, sporcaccione, traversino! Sarà morto ben bene? Oilà, dunque! (Lo fini­sce) Eccomi re!   (Esce).

Scena seconda

la regjna,   bugrelao

la regina.      Cos'è questo spaventoso fracasso? Aiuto! Il re è morto!

bugrelao.      Padre mio!

la regina.      Marito mio! Mio caro Venceslao! Mi sento male!   Bugrelao, sostienimi!

bugrelao.      Cos'hai, madre mia?

la regina.      Sono molto malata, credimi Bugrelao. Mi restano solo due ore di vita. Come vuoi che resista a tanti colpi? Il re massacrato, e tu, rappresentante  della  più  nobile  razza che mai abbia portato la spada, costretto a fuggire come un contrabbandiere.

bugrelao.      E da chi, gran Dio! Da chi? Da un volgare Padre Ubu, un avventuriere» uscito non si sa da dove, vile crapulone, turpe va­gabondo! E pensare che mio padre l'ha deco­rato e fatto conte e che quel villanzone non s'è vergognato di alzare la mano su di lui.

la regina.      O Bugrelao! Quando penso a come eravamo felici prima dell'arrivo di quel Padre Ubu!  Ma ora, ahimè, tutto è cambiato.

bugrelao.      Cosa vuoi farci! Aspettiamo con spe­ranza e non rinunciamo ai nostri diritti.

la regina.      Te lo auguro, ragazzo mio, ma, quan­to a me, non vedrò quel giorno felice.

bugrelao.      Eh! Che cos'hai? Impallidisce, cade, aiuto! Oh. mio Dio! Il suo cuore non batte più. E' morta! È possibile? Un'altra vittima del Padre Ubu! (Nasconde il volto fra le mani e piange) Oh, mio Dio! Come è triste ritro­varsi solo a quattordici anni e con una terri­bile vendetta da compiere!

Cade in preda alla più viva disperazione. In­tanto, entrano le anime degli Antenati. Una dì esse si avvicina a Bugrelao.

bugrelao.      Ah! Cosa vedo! Tutta la mia fami­glia, i miei antenati... per qual prodigio?

l'ombra.         Sappi, Bugrelao, che quando ero in vita sono stato il signore Mathias di Koenigsberg, primo re e fondatore della casata. Ti af­fido il compito della nostra vendetta. (Gli dà una gran spada) Questa spada ch'io ti do non abbia riposo se non quando avrà colpito a morte l'usurpatore.

Le Ombre scompaiono.

bugrelao.      Ah! Venga pure, adesso, quel Padre Ubu, quel furfante, quel miserabile! Se l'aves­si tra le mani...  (Esce brandendo la spada).

Scena terza

padre ubu

padre ubu.     Cornoventraglia! Eccomi re in que­sto paese. Mi sono già buscato un'indigestione e adesso comincerò a prendere tutta la phynanza; dopo di che ucciderò tutti e me ne andrò. Eccone due che sono già morti. Per fortuna qui c'è una botola dove li precipiterò. Uno! e due! E altri ben presto li raggiunge­ranno.

Scena quarta

padre  ubu,  madre ubu, poi  nobili,  magistrati, personaggi  vari

padre ubu.     Portate la cassa da Nobili e l'uncino da Nobili e il coltello da Nobili e il randello da Nobili! Poi fate venire avanti i Nobili.

Vengono sospinti brutalmente i Nobili.

madre ubu.    Di grazia, Padre Ubu, moderati.

padre ubu.     Ho l'onore di annunciarvi che per arricchire il regno farò perire tutti i Nobili e prenderò i loro beni.

nobili.            Orrore! A noi, popolo e soldati!

padre ubu.     Portatemi il primo Nobile e passa­temi il randello da Nobili. Coloro che saranno condannati a morte, li passerò nella botola, cadranno nello scantinato, dove saranno mas­sacrati.   (Al Nobile) Tu chi sei, mascalzone?

il nobile.       Conte di Vitepsk.

padre ubu.     A quanto ammontano le tue rendite?

il nobile.       Tre milioni di rixdales.

padre ubu.     Condannato!

Bastonata.

madre ubu.    Che bestiale ferocia!

padre ubu.     Secondo Nobile, chi sei? Vuoi deci­derti a rispondere, mascalzone?

il nobile.       Granduca di Posen.

padre ubu.     Eccellente! Eccellente! Non doman­do di più. Nella botola. (Bastonata) Terzo Nobile, chi sei? Hai un brutto ceffo.

il nobile.       Duca di Curiandia, delle città di Riga, di Revel e di Mitavi.

padre ubu.     Molto bene! molto bene! Non hai nient'altro?

il nobile.       Niente.

padre ubu.     Nella botola, allora. Quarto Nobile, chi sei?

il nobile.       Principe di Podolia.

padre ubu.     Quali sono le tue rendite?

il nobile.       Sono rovinato.

padre ubu.     Per questa brutta parola, passa nella botola. (Bastonata furiosa) Quinto Nobile, chi sei? Hai un aspetto simpatico.

il nobile.       Margravio di Thorn, palatino di Polock.

padre ubu.     Non è un gran che. Non hai nient'altro?

il nobile.       A me bastava.

padre ubu.     Ebbene! Meglio poco che niente. Nella botola, amico mio. - Cosa stai rimugi­nando, Madre Ubu?

madre ubu.    Sei troppo feroce, Padre Ubu.

padre ubu.     Mi arricchisco. Farò leggere la MIA lista dei MIEI beni. Cancellieri, leggete la MIA lista dei MIEI beni.

il cancelliere. Contea di Sandomir.

padre ubu.     Comincia dai principati, stupido mascalzone!

il cancelliere. Principato di Podolia, Grandu­cato di Posen, Ducato di Curlandìa, Contea di Sandomir, Contea di Vitepsk, palatinato di Polock,  Margraviato di Thorn.

padre ubu.     E  poi,  Cos'altro?

il cancelliere. E' tutto.

padre ubu.     Come, tutto! Be', allora passiamo ai magistrati; adesso le leggi le farò io.

molti.             Vedremo anche questa.

padre ubu.     Prima di tutto riformerò la giusti­zia, dopo di che procederemo alle finanze.

molti

magistrati.   Ci opponiamo a qualsiasi cambiamento.

padre ubu.     Merdra. Tanto per cominciare, i magistrati non avranno più la paga.

magistrati.   E di che cosa vivremo? Siamo po­veri, noi.

padre ubu.     Avrete le ammende che pronunce­rete, e i beni dei condannati a morte.

un magistrato.  Orrore.

secondo.        Infamia.

terzo.             Scandalo.

quarto.          Indegnità.

tutti.              Ci rifiutiamo di giudicare in condizioni simili.

padre ubu.     Alla botola i magistrati!

Si dibattono invano.

madre ubu.    Eh! Che cosa fai, Padre Ubu? E adesso chi amministrerà la giustizia?

padre ubu.     To', guarda. Io. Vedrai come fun­zionerà bene.

madre ubu.    Sì, ne vedremo delle belle.

padre ubu.     Suvvia, taci, buffresca. Ci accingiamo ora, signori, a procedere alle finanze.

finanzieri.     Non c'è niente da cambiare.

padre ubu.     Come! Voglio cambiare tutto, io. Tanto per cominciare voglio tenermi la metà delle imposte.

finanzieri.     Disinvolto!

padre ubu.     Signori! Stabiliremo un'imposta del 10% sulla proprietà, un'altra sul commercio e l'industria, una terza sui matrimoni e una quarta sugli scapoli e una quinta sui decessi, di 15 franchi ciascuna.

primo

finanziere.    Ma è idiota, Padre Ubu.

secondo

finanziere.   È   assurdo.

primo

finanziere.    Non ha né capo né coda.

padre ubu.     Mi avete seccato! Mi si porti una casseruola: inventerà, in vostro onore, la salsa finanziera.

madre ubu.    Ma insamma, Padre Ubu, che razza di re sei, massacri tutti.

padre ubu.     Eh! Merdra! Nella botola! Condu­cete qui ciò che resta dei notabili! (Sfilata d'attualità e testo ad libitum) Tu, che asso-migli stranamente a un famoso rapinatore dell'Eliseo, nella botola! E voi, prefetto della nostra polizia, con tutti i riguardi che vi sono dovuti, nella botola! Nella botola questo mi­nistro inglese, e, per non suscitare gelosie, portate qui anche un ministro francese, uno qualunque; e tu, ben noto antisemita, nella botola; e tu ebreo semita, e tu ecclesiastico e tu speziale, nella botola, e tu censore e tu sifilitico, nella botola! To', guarda, un canzo­nettista che ha sbagliato porta, a te ti abbiamo visto abbastanza, nella botola! Oh! Oh! Que­sto qui non fa canzoni, fa articoli sui giornali, ma la canzone è sempre quella, nella botola! Suvvia, passate tutti nella botola, nella botola, nella botola! Presto, nella botola, nella bo­tola, nella botola!


ATTO SECONDO

A   destra,  un  mulino  a finestra praticabile, a sinistra rocce, in fondo si scorge il mare

Scena prima

Entra l'esercito polacco preceduto dal generale lascy

canzone di marcia

(Aria: Marcia dei Polacchi, Cl. Terrasse).

La mia giubba a due, tre, quattro bottoni,

Cinque bottoni!

Sei, sette, otto bottoni,

Nove bottoni!

Dieci, undici, dodici bottoni,

Tredici bottoni!

La mia giubba a quattordici, quindici bottoni,

Sedici bottoni!

Diciotto, venti bottoni!

Ventun bottoni,

Trenta bottoni!

La mia giubba a trent, quarant bottoni,

...rant bottoni!

Quarantacinque bottoni,

cinque bottoni!

Settanta bottoni,

...tanta bottoni!

La mia giubba a cinquantamila bottoni,

...mila bottoni...

il generale

lascy.             Divisione, alti Fronte sinist, sinist! In riga... a... dest! Fissi! Riposo. Soldati, sono contento di voi. Non dimenticate che siete dei militari e che i militari sono i soldati migliori. Per camminare nel sentiero dell'ono­re e della vittoria, portate dapprima il peso del corpo sulla gamba destra, e partite di slan­cio col piede sinistro... Attenti! Per sfilare: fianco dest.,.. dest! Divisione, avanti! Allineati a dest, marsc! Uno, due, uno, due...

I soldati, con Lascy al fianco, escono gridando.

i soldati.       Viva la Polonia, Viva il Padre Ubu!

padre ubu.     (entrando con elmo e corazza). Ah! Madre Ubu, eccomi armato della mia corazza e del mio pezzetto di legno. Sono pronto a partire in guerra contro lo Zar, ma ben pre­sto sarò talmente sovraccarico che, se sarò in­seguito, non riuscirò a camminare.

madre ubu.    Uff, che vigliacco.

padre ubu.     Ah! Tutta questa ferraglia mi in­tralcia. Non ne verrò mai a capo, e i Russi avanzano, e mi uccideranno.

madre ubu.    Com’è bello, con l'elmo e la corazza, lo si direbbe una zucca armata,

padre ubu.     Ah! Adesso monterò a cavallo. Con­ducete, signori, il cavallo da phynanze.

madre ubu.    Padre Ubu, il tuo cavallo non ce la farà a portarti, sono cinque giorni che non mangia ed è quasi morto.

padre ubu.     Ma bene! Mi si fanno pagare dodici soldi al giorno per questo ronzino e non è in grado di portarmi. Mi volete prendere in giro. corno d'Ubu, oppure... mi derubate? Mi si porti un'altra bestia, allora, io a piedi non ci andrò, cornoventraglia!

Il Palotino Giron, rappresentato da un negro, conduce un cavallo enorme.

padre ubu.     Grazie, fedele Palotino Giron. (Ac­carezza il cavallo) Hop, hop... Monterò in sella. Oh! Sto per cadere. (il cavallo parte) Ah! Fermate la mia bestia. Gran Dio, sto per cadere e essere morto!!! (Scompare tra le quinte).

madre ubu.    È proprio imbecille. (Ride) Rieccolo in sella, ma era caduto per terra.

padre ubu      (rientrando a cavallo). Cornoventraglia, sono mezzo morto! Ma non importa, partirò per la guerra e ucciderà tutti. Guai a chi non righerà diritto. Me lo ficco nella mia tasca con torsione del naso e dei denti e estra­zione della lingua.

madre ubu.    Buona fortuna, signor Ubu.

padre ubu.     Dimenticavo di dirti che ti affido la reggenza. Ma ho con me il libro delle phynanze, peggio per te, se mi derubi. Ti lascio come aiutante il fedele Giron. Addio, Madre Ubu. Sii savia, custodisci la tua virtù.

madre ubu.    Addio, Padre Ubu. Uccidi bene lo Zar.

padre ubu.     Questo è certo. Torsione del naso e dei denti, estrazione della lingua e conficca­mento del pezzetto di legno nelle orecchie.

Si allontana al suono delle fanfare.

Scena seconda

madre ubu,  il palotino giron

madre ubu.    Adesso che quel grosso burattino se n'è andato, corriamo a impadronirci di tutti i tesori della Polonia. Qua, Giron, vieni ad aiutarmi.

il palotino

giron.             A far cosa, padrona?

madre ubu.    A far tutto! II mio caro sposo vuole che tu lo sostituisca in tutto e per tutto men­tre lui è in guerra. Così questa sera...

il palotino   

giron.             Oh! Padrona!

madre ubu.    Non arrossire, caro: tanto, sulla tua faccia non si vede. E ora dammi una mano a trasportare i tesori.

Molto in fretta, parlato mentre trasportano:

madre ubu.    Per primi, ai miei occhi, Ecco qui dei vasi polacchi.

il palotino

giron.             Uno scendiletto in pelle di faina Della Regina morta, povera Regina.

madre ubu.    Un ritratto che somiglia, tratto a tratto, Al mio sposo adorato e mentecatto.

il palotino

giron.             Anfore che ubriacaron la Polonia Ai  bei  tempi  d'Augusto  Sbornia.

madre ubu      (portando una clisopompa). Il famoso narghilè Che a Maria Leczinska dette il re.

il palotino

giron.             I documenti, in un baule,

Della difesa nazionale.

madre ubu     (portando una scopetta).

Il piumino che rese savia

La gente di Varsavia.

madre ubu.    Ahii!  Sento un rumore! Il Padre Ubu che ritorna! Di già! Fuggiamo!

Fuggono, lasciando cadere i tesori.

Scena terza

L'esercito attraversa la scena, poi entra il padre ubu, trascinando una lunga briglia

padre ubu.     Cornoblù, gambadiù, faccia di vacca! Periremo: ha! moriamo di sete e siamo stan­chi perché, per timore di demolire la nostra cavalcatura, abbiamo fatto tutta la strada a piedi trascinando (solo ora compare il cavallo) il nostro cavallo per le briglie. Ma quando saremo di ritorno in Polonia, immagineremo, per mezzo della nostra scienza in patafisica, e con l'aiuto dei nostri consiglieri, un'automo­bile per trascinare il nostro cavallo e una car­rozza a vento per trasportare tutto l'esercito. Ma ecco Nicola Rensky che arriva di corsa. Eh!  Che cos'ha questo ragazzo?

rensky.           Tutto è perduto, Sire, i Polacchi sono insorti. Giron è scomparso e la Madre Ubu è fuggita portandosi via tutti i tesori dello Stato.

padre ubu.     Di già!!!  Uccello notturno, bestia del malaugurio, barbagianni! Dove hai pe­scato  queste  corbellerie?  Ci  mancava  anche questa! E chi ha fatto tutto ciò? I Cosacchi, ci scommetto. Da dove arrivi?

rensky.           Da Varsavia, nobile signore.

padre ubu.     Ragazzo della mia merdra, se ti cre­dessi, farei fare dietro-front a tutto l'esercito. Ma, signor ragazzo, ci sono sulle tue spalle più piume che cervello e tu hai sognato delle sciocchezze. Va' agli avamposti, ragazzo mio, i Russi non sono lontani e noi ben presto do­vremo dar stoccate con le nostre armi.

il generale

lascy.             Padre Ubu, non vedete i Russi nella pianura?

padre ubu.     È vero, i Russi! Eccomi servito. Se almeno ci fosse un modo per andarsene, ma niente affatto, ci troviamo su un'altura e fa­remo da bersaglio a tutti i colpi.

l'esercito.     I Russi! Il nemico!

padre ubu.     Suvvia, signori, prendiamo le nostre disposizioni per la battaglia. Noi resteremo sulla collina e non faremo la sciocchezza di scendere. Io, starò nel mezzo come una vivente cittadella e voialtri graviterete intorno a me. Devo raccomandarvi di mettere nei vostri fu­cili tante palle quante ne potranno portare, perché otto palle possono uccidere otto Russi e altrettanti io non ne avrò alle calcagna. Met­teremo i fanti in basso, ai piedi della collina per accogliere ì Russi e ucciderli un po', i ca­valieri più indietro, per gettarsi nella mischia, e la nostra artiglieria tutt'intorno al qui pre­sente mulino a vento e tireremo con la nostra pistola da phynanze attraverso la finestra; di traverso alla porta metteremo il nostro ba­stone, e, se qualcuno si azzarda a entrare, guai a lui!

l'esercito. I vostri ordini, Sire Ubu, sono stati eseguiti.

padre ubu.     Eh, va bene, saremo vincitori. Che or'è?

Si sente: Cucu! tre volte.

il  generale

lascy.             Le  undici.

padre ubu.     Allora andiamo a pranzare, perché i Russi non attaccheranno prima di mezzogiorno. Dite ai soldati, signor generale, di fare i loro bisogni e di intonare la canzone polacca.

lascy.             Attenti! A destra e a sinistra, formate il cerchio. Due passi indietro, rompete le righe!

L'Esercito esce, gran ritornello, il Padre Ubu comincia a cantare, l'Esercito rientra alla fine del primo couplet. Canzone polacca.

padre ubu.

Quando degusto

Devo esser ebbro,

Diceva Augusto

In un giù giù!

coro.                 Giù giù giù, giù giù giù.

padre ubu.

Ci tormenta la sete

E ci sfinisce;

Beviamo d'un fiato

Nei nostri kepì

coro.                 Pi pi pi, pi pi pi!

padre ubu.

Pel mio mustacchio

Nessun si burlò

Del bianco pennacchio

Del mio tchapska

coro.                 Ka ka ka, ka ka ka.

padre ubu.

S'ha bella cera

Se si è bevuto:

Viva la Polonia

E il Padre Ubu!

coro.                 Bu bu bu, bu bu bu!

padre ubu.     Che brava gente, li trovo adorabili! E adesso, a tavola!

i soldati.        All'attacco!

padre ubu.     Dite al signore nostro intendente militare di portarci i viveri messi in serbo per tutto l'esercito.

lascy.             Ma, Padre Ubu, viveri non ce n'è, non c'è niente da mangiare.

padre ubu.     Come, mascalzone! Non c'è niente da mangiare? Di che cosa si occupa, allora, la nostra intendenza militare?

lascy.             Non ricordate che l'avete precipitata nella botola?

padre ubu.     Ah! Respiro. Sapevo bene che quel­l'eccellente amministrazione non poteva sba­gliarsi. Nessuno ignora che essa ama ingozzare la truppa di truppioni, pardon! di codrioni di tacchino, polli arrosto, paté di cane, cavol­fiori alla merdra e altri volatili. Insomma, an­drò io stesso a vedere se c'è rimasto qualcosa per guarnire la nostra panza (esce).

lascy              (gridando). Avete trovato qualcosa di buono da mangiare, Padre Ubu?

padre ubu      (rientrando con la scopa). Ho tro­vato solo questo:  assaggiate.

lascy e

l'esercito.     Puah! Puah! Puah! Sono morto! Miserabile Padre Ubu, traditore, pi­docchioso mascalzone!

Escono in preda a convulsioni. In lontananza, cominciano le cannonate.

padre ubu      (solo). Ma ho fame, io. Cosa metterò nella mia ventraglia?

Prima palla di cannone nel ventre.

lascy              (rientrando). Sire Ubu, i Russi attaccano.

padre ubu.     Eh be', e con ciò? Cosa vuoi che ci faccia? Non sono stato io a dirglielo. Ciono­nostante, signori delle Finanze, prepariamoci al combattimento.

Seconda palla di cannone. Il Padre Ubu è rovesciato, la palla gli rimbalza a più riprese decrescenti sulla pancia.

lascy.             Un'altra palla; qui non ci resto  (fugge).

padre ubu.     Ah! Non ce la faccio più. Qui piove piombo e ferro. Eh, signori soldati russi, fate attenzione, non tirate da questa parte, c'è gente.

voci al

di fuori.         Urrà, largo allo Zar!

I Russi attraversano la scena.

padre ubu.     Avanti! Attaccherò l'imperatore mo­scovita con questo pezzetto di legno.

lo zar             (comparendo). Choknosof, catastrof, merdazof!

padre ubu.     Prendi questa, tu!

Lo Zar gli strappa il bastone e attacca a sua volta.

Oh! Ma insomma! Ah, signore, scusate, la­sciatemi in pace! Oh, ma non ho fatto appo­sta! Ahi! Sono morto, sono travolto! (Scappa, lo Zar lo insegue).

lascy              (attraversando). Stavolta è la disfatta.

padre  ubu.     Ah!  Ecco l'occasione per  togliersi dai piedi.  Orsù,  signori Polacchi, avanti!  O piuttosto, no, indietro!

polacchi        (attraversando).  Si  salvi  chi  può,  si salvi chi può!   (Fuggono, inseguiti dai Russi).

Scena quarta

La scena resta vuota, poi passa l'orso

padre leu       (rientrando). Non c'è più nessuno? Che mucchio di gente, che fuggì fuggii Dove nascondermi, gran Dio? Ah, in questa casa sarò certo al riparo.

lascy              (uscendo dal mulino). Chi va là?

padre ubu.     Aiuto! Ah! Sei tu, Lascy? Anche tu ti sei nascosto qui? Dunque non sei ancora ucciso?

lascy.             Eh! Signor Ubu! Vi siete rimesso dal vo­stro terrore e dal correre?

padre ubu.     Sì, non ho più paura, ma continuo a correre.***

lascy.             Che porco.

l'orso             (tra le quinte). Hhron!

lascy.             Cos'è questo ruggito? Andate a vedere, Padre Ubu.

padre ubu.     Ah, no, perbacco! Saranno altri Rus­si, scommetto, ne ho abbastanza; e poi, se mi attaccano, è semplice: li ficco nella mia tasca.

Scena quinta

Gli stessi. Entra l'orso

lascy.             Oh! Signor Ubu!

padre  ubu.     Oh!  To', guarda che bel ciccino. È grazioso, però.

lascy.             State attento! Ah! Che orso enorme!

padre ubu.     Un orso! Ah! Che bestia atroce! Oh! Poveruomo,  eccomi  mangiato.  Che  Dio mi protegga. Eh, mi viene addosso. No, acchiappa Lascy, così va meglio!

L'orso si getta su Lascy, che si difende. Il Pa­dre Ubu si rifugia nel mulino.

lascy.             A me! A me! Aiuto, Padre Ubu!

padre ubu      (affacciandosi alla finestra del mu­lino). Stai fresco! Sbrogliatela da solo, amico mio. Per il momento, diremo il nostro Pater Noster. A ciascuno il suo turno, per essere divorati.

lascy.             M'ha preso, mi morde!

padre ubu.     Sanctificetur nomen tuum.

Lascy, afferrato dall'orso, caccia un urlo, l'orso attraversa lentamente la scena dondolandolo tra le fauci, e scompare.

padre ubu.     Panem nostrum quotidianum da nobis hodie... To', guarda, eccolo mangiato ed eccomi tranquillo. Sed libera nos a malo. Amen. Posso scendere dalla mia finestra. Dob­biamo la nostra salvezza al nostro coraggio e alla nostra presenza di spirito, non avendo esi­tato a salire in questo mulino molto alto af­finché le preghiere avessero meno strada da fare per giungere fino al Cielo. Inoltre non ne posso più e mi prende una strana voglia di dormire. Ma non mi coricherò in questa casa perché, sia pure con un berretto di cotone (se lo mette), quando si temono le correnti d'aria, non bisogna rifugiarsi in un mulino a vento!

Scena del letto, con apparizione dì topi, ragni, ecc, classica del teatro Guignol.

padre ubu.     Starò meglio sotto le stelle. (Leg­gero rumore di fuori) Sarà ancora l'orso? Mi divorerà! Non c'è modo di dormire, ma con questo pezzetto di legno riuscirò a sbarazzar­mene.

Entra la Madre Ubu, che si busca una bastonata.

Ah! È la Madre Ubu! Sapevo bene che doveva trattarsi di un animale! Come mai sei qui, stupida arpia? Da dove vieni?

madre ubu.    Da Varsavia, i Polacchi mi hanno cacciata.

padre ubu.     A me m'hanno cacciato ì Russi; i begli spiriti s'incontrano.

madre ubu.    Di' piuttosto che un bello spirito ha incontrato un asino!

***   Vedi sopra la nota a p. 49.

padre ubu.     Ahi Madre Ubu! Ti strapperò il cervello e ti dilanierò il posteriore! (La scuote).

madre ubu.    Vieni via con me, piuttosto, Padre Ubu, questo non è un paese tranquillo. Ab­bandoniamolo, approfittiamo di essere sulla riva del mare e imbarchiamoci sulla prima nave in partenza. Ma dove andremo?

padre  ubu.     Dove andremo?  Quo vadimus? È semplice:  in Francia.

La Francia riunisce per noi tutte le attrattive;

Fa caldo d'estate, d'inverno fa freddo,

Le istituzioni son tenute sotto vetro:

Proibito toccare il clero, la marina,

Lo scettro immacolato dei custodi della pace,

il duro lavoro dei burocrati indaffarati.

L'esperienza del mio randello mi decide

A credere che di fatto tutto ciò non è solido,

E che non si riuscirebbe a tener nella bambagia

La finanza, l'esercito e la magistratura,

Fragili ninnoli che il mio bastone spezza.

L'età dell'oro brilla ancora, più dorata del naturale:

Un suffragio illuminato nomina deputati

I  cui programmi vengono sempre eseguiti;

E il carro dello Stato è dello stesso sistema

Che se lo avesse costruito il Padre Ubu in persona.

La Francia è il paese delle lettere e delle arti:

Il  numero di quest'ultime si eleva a 'quattro':

Così è chiamata il paese delle 4-Arti,

Antico cabaret, celebre in Montmartre!

È là che andremo a vivere ormai, Madre Ubu.

madre ubu.    Bravo, Padre Ubu, andiamo in Francia.

padre ubu.     Vedo una nave che s'avvicina. Siamo salvi.

bugrelao       (entrando). Non ancora!

paure ubu e

madre ubu.    Ahii! È Bugrelao!

bucrelao.      Miserabile Padre Ubu, hai ucciso mio padre, il re Venceslao (il Padre Ubu geme), hai ucciso mia madre, la regina Rosmunda (il Padre Ubu geme), hai ucciso tutta la mia famiglia, la nobiltà, hai ucciso la giu­stizia, hai ucciso la finanza, ma c'è una cosa che non hai ucciso, perché è imperitura: la gendarmeria nazionale!

Entrano due gendarmi.

padre ubu.     Dove nascondermi, gran Dio? Che ne sarà della Madre Ubu? Addio, Madre Ubu, sei ben brutta oggi, è perché abbiamo gente?

Entra il Palotino Giron.

madre ubu.    Il nostro fedele Palotino Giron mi accompagnerà in Francia.

bugrelao.      E voi, gendarmi, accompagnate il Padre Ubu. Portatelo a Parigi in una prigione, o piuttosto in un macello dove, per punizione di tutti i suoi delitti, sarà decervellato!

Canzone finale

(su aria nota)

padre ubu fra  i  gendarmi,  madre ubu, il palotino giron

Verso le rive di Francia

Voghiamo                

                      cantando

Vogate         

Voghiamo                

                      pian piano

Vogate      

                  noi

Per          

                  voi

Soavi sono i venti.

Imbarchiamoci

                              con speranza

Imbarcatevi       

Verso la dolce Francia,

Viva il Padre Ubu!

Affidiamoci alla Provvidenza,

Il Cielo ricompensa

ognora la virtù;

Tutù, rlutù, ci pensi tu?

Turlututù!

La virtù ricompensa...

La nave scompare. Sipario.