Uh, che bella storia!

Stampa questo copione

UH, CHE BELLA STORIA

UH, CHE BELLA STORIA!
Cronaca semiseria di fatti e personaggi del Madioevo
Giulia Tavani


Personaggi:

Giullare (1°, 2°, 3°, 4°);Menestrello; Contadini (Ermentrude; Bodo, suo marito; Figlio; M.me Regenold; Regenold; M.me Frambert; Frambert; M.me Camembert; Camembert); Monna Beatrice; Messer Currado; Messer Guido; Monna Fiamma; Chichibìo; Brunetta; Francesco; Bernardo; Filippo; Orlando; Angelica; Medoro; Astolfo; Pastore; Marco Polo; Niccolò Polo; Maffeo Polo; Paolo; Francesca; Ginevra; Lancillotto; Dante Alighieri; Cecco Angiolieri; Badessa; Abate; Giudice; testimone (1°, 2°); Monaco; strega (1°, 2°); Papa; Robin Hood; Contadino.

SCENA I


(Fondale agreste.
Si fanno avanti i giullari, parlando tra loro in modo ironico della divisione sociale nel Medioevo. Ridicolizzano le tre classi sociali, soffermandosi soprattutto sull'ultima, e raccontano la nascita del villano.)
1° giullare: Certo che gli uomini sono proprio strani!
2° giullare: Perché cosa hanno di particolare?
3° giullare: Forse allude alla divisione in classi sociali.
4° giullare: Ma sì, si distinguono in bellatores, oratores e laboratores.
1° giullare: Già, già, pensavo proprio a questo. Ci vuole proprio una bella fantasia.
2° giullare: ... e altrettanta faccia tosta.
3° giullare: Soprattutto i bellatores e gli oratores che tengono i laboratores in condizioni pessime facendo loro credere che sono liberi.
4° giullare: E loro sono convinti di questo ma invece non devono lasciare la terra incolta neppure quando vanno in guerra per il padrone.
1° giullare: Se il padrone vende il terreno, con esso vende anche gli uomini che lo lavorano.
2° giullare: Pensate un po' che leggi hanno inventato, che dritti!!
3° giullare: L'hai detto; che dritti i bellatores! Sono nobili, hanno terreno e soldi…
4° giullare: E sfruttano i laboratores che sono obbligati a lavorare anche la terra del padrone senza prendere un baiocco o un fiorino, mentre loro…
1° giullare: … passano il tempo facendo la guerra o andando a caccia.
2° giullare: E che dire degli oratores, allora? Non fanno la stessa cosa? Oppure sono diversi?
3° giullare: Ma loro sono dei sant'uomini, pregano, non hanno tempo per lavorare!
4° giullare: Che sfruttatori!! Si fanno anche rifornire di tutto quanto serve dagli artigiani
1° giullare: Sia per il loro mantenimento che per quello del manso.
2° giullare: Di tutto, veramente di tutto. Anche le riparazioni di attrezzi, la manutenzione degli edifici, i vestiti, eccetera, eccetera.
3° giullare: D'altra parte il lavoratore, cioè il villano, colui che vive nella villa, ha un'origine piuttosto umile.
4° giullare: Infatti in un libro antichissimo si racconta che un giorno l'uomo andò da Dio e lo pregò di dargli un aiutante per il suo lavoro.
1° giullare: A questo punto Dio andò da Adamo e gli chiese una costola, per creare un altro uomo
2° giullare: Adamo gli rispose: "Di' un po', ce l'hai con me?" e non gliela diede perché già ne aveva donata una per la sua sposa.
3° giullare: Mentre discutevano, passò di lì un asino e Dio, puntandogli il dito contro, lo fece gonfiare. (fa il gesto con le braccia e la bocca)
4° giullare: Qualche mese più tardi l'asino era gonfio a tal punto che sembrava dovesse scoppiare.
1° giullare: Ad un certo punto dal di dietro uscì un tremendo boato…
2° giullare: … e così nacque il villano.
3° giullare: Dio gli disse che il suo compito principale era quello di aiutate l'uomo nel suo lavoro.
4° giullare: Venne l'angelo e disse al neonato: "Tu sarai il villano minore" e all'uomo " Tu sarai il villano maggiore." (indica con il dito in due punti diversi)
1° giullare: Al villano minore venne anche ordinato di vestirsi con braghe comode e pratiche per non perdere tempo per le proprie necessità corporali.
2° giullare: Il tempo è denaro e non si deve sperperare per cose di poca importanza.
3° giullare: È dunque logico che i laboratores si ritengano liberi e felici.
4° giullare: Sono nati per faticare, senza un momento di distrazione, di divertimento; però si ritengono liberi anche se il padrone li vende con la terra.
1° giullare: Poveri stupidi!
2° giullare: Andiamo a vedere come se la passano.
3° giullare: Sì, andiamo a curiosare, a spiare come passano il tempo.
4° giullare: Ad ascoltare i loro discorsi alla fattoria di Bodo.
(Escono)

SCENA II


(Fattoria di Bodo. Fondale agreste.
Bodo ed Ermentrude e figlio, Frambert e Madame Frambert, Regenold e Madame Regenold, Camembert e Madame Camembert)
Frambert: Uffa, che strazio! Questa è la settimana del lavoro supplementare nel manso dominicale.
Figlio di Bodo: Papà che cos'è il manso?
Bodo: Tutto il terreno coltivabile i cui prodotti sono solo del padrone.
Camembert: Quel lavativo!! Non solo non fa mai niente, ma ci costringe a turni di lavoro massacranti.
M.me Camembert: Poveri uomini! Avete ragione, avete lavoro raddoppiato.
Ermentrude: Fatti loro, le corvées riguardano solo gli uomini, ma noi abbiamo altrettanto lavoro.
Figlio di Bodo: (Ad Ermentrude) Mamma, che cosa sono le corvées?
M.me Frambert: (Al pubblico) Curioso questo ragazzo. Anche piuttosto ignorantello!!
Bodo: Figliolo, la corvée è tutto lavoro in più.
Figlio di B.: Cioè?
Bodo: Una settimana al mese dobbiamo andare a sgobbare nel manso del padrone, gratis.
Regenold: Non è vero, non lo facciamo gratis.
M.me Regenold: Ah no? Vuoi dire che tu non lavori gratis per il padrone?
Frambert: Non è proprio gratis perché il padrone ci dà un rifugio durante le guerre, la terra da coltivare, e una casa in cui abitare.
Ermentrude: Accidenti quanto è buono questo padrone!
M.me Camembert: A proposito di lavoro, marito mio, il nostro manso ha bisogno di cure, il terreno non produce più quanto serve per vivere.
Camembert: Moglie mia, devi aspettare…e poi ricordati che l'uomo è nato per soffrire.
M.me Regenold: E ci riesce benissimo!
Regenold: Poche chiacchiere; uomini, andiamo a lavorare.
M.me Frambert: Sì, sì, andate, è meglio che andiate presto e torniate prima del tramonto.
(Gli uomini escono)
M.me Regenold: Beh, è meglio sbrigarsi, dobbiamo consegnare all'amministratore dell'abbazia quella poca roba che ci rimane.(Con tono rassegnato)
M.me Frambert: Voi che portate?
Ermentrude: Io porto una gallina e cinque uova
M.me Regenold: Io invece una tela per fare una tonaca. Non posso permettermi altro.
M.me Frambert: Anch'io ho preparato cinque uova e una gallina.
Ermentrude: Madame Frambert, Madame Regenold volete venire con me all'harem? (Con tono di complicità)
Figlio di Bodo: Mamma, che cos'è l'harem? (Incuriosito)
Ermentrude: È un luogo per sole donne, dove si può spettegolare in santa pace, finalmente.
M.me Camembert: Cosa? Come? Ci si diverte? Incredibile, le donne hanno anche il tempo di divertirsi di questi tempi? (Meravigliata)
Ermentrude: Ah, non lo sapete? Già, già, voi siete arrivata da poco.
M.me Regenold: Sì, sì, è un ritrovo per sole donne. Dove si lavora sodo ma si può stare un po' tra noi. (Rassicurante)
M.me Camembert: Suvvia, raccontatemi tutto, muoio dalla curiosità.
Ermentrude: Ci sono le operaie che nei laboratori lavorano per i frati. Fanno vari lavori.
M.me Frambert: Le operaie sono però trattate bene. I laboratori sono accoglienti e riscaldati da stufe.
M.me Camembert: Davvero? Ma non avete detto che lavorano sodo e si divertono?
M.me Regenold: È vero. Una dozzina di serve tessono, tingono, cuciono le stoffe e nel frattempo chiacchierano.
M.me Frambert: E non potete immaginare quanto parlano e di che cosa…
Ermentrude: Parlano e sparlano di tutto e di tutti.
M.me Camembert: Dove va a finire tutto il materiale finito?
M.me Regenold: Con le stoffe verranno fatti gli abiti per i frati.
Ermentrude: Ed ogni settimana l'amministratore ritira il materiale finito e lascia quello che deve essere lavorato
M.me Frambert: Mah, fatemi andare a lavorare al manso. Non mi va proprio. (Sospira. Sbuffa)
M.me Regenold: Ma dove andate?! Il lavoro può aspettare.
M.me Frambert: Lo dite voi; alla fine della settimana però bisogna pur pagare il contributo, no?
M.me Camembert: Purtroppo questo è vero. Quanto darei perché le cose cambiassero. (Risentita. Amareggiata)
M.me Regenold: Beh, sapete che vi dico? Dopo il lavoro ci vediamo ed organizziamo la festa.
Ermentrude: La festa? Che festa? (Meravigliata)
M.me Regenold: Il 9 ottobre si sta avvicinando.
M.me Camembert: E allora? Che significa? (Incuriosita)
M.me Frambert: Già il 9 ottobre!!
Ermentrude: È vero!! Il 9 ottobre è una gran festa.
M.me Camembert: Non volete parlare? Io non posso sapere che succederà il 9 di ottobre? Beh, allora me ne vado. (Risentita. Finge di offendersi, di andarsene)
M.me Frambert: Uffa! Questa qui non sa proprio niente!! (Seccata)
M.me Regenold: È un giorno importante!
Ermentrude: C'è la festa di Saint Denis.
Figlio di B. e E.: La festa? Che bello, che bello! Madre, posso venire anch'io? (Rivolto ad Ermentrude)
M.me Camembert: Davvero?
M.me Frambert: Scommettiamo che non sapete neppure come è organizzata?
M.me Camembert: Avete vinto la scommessa!! (Ironicamente)
Ermentrude: Che dite, glielo raccontiamo?
M.me Regenold: E perché no! Dopo tutto M.me Camembert è oramai una di noi.
M.me Frambert: Bene! Dovete sapete, mia cara, che in quel giorno si affollano qui molti mercanti per vendere stoffe e altro.
Ermentrude: Sistemano le loro baracche lungo le strade per poter vendere.
M.me Regenold: E per recuperare il denaro della tassa d'entrata nella città.
M.me Frambert: Ma il punto che mi piace di più della festa è la sera, perché cominciano i balli.
Figlio di B. e E.: E i giochi. Non vedo l'ora. Madre, quanto manca al 9 ottobre?
Ermentrude: Pochi giorni, figliolo.
(Entrano i mariti)
M.me Regenold: Oh, ecco i nostri mariti, già di ritorno. Non possiamo più organizzare niente. Che strazio! (Contrariata)
Ermentrude: Avete lavorato molto oggi?
Figlio di B. e E.: Padre, sapete che andremo alla festa di Saint Denis? Voi a quale gare partecipate?
Ermentrude: Lascia stare tuo padre, non vedi che è stanco?
Figlio di B. e E.: Uffa! Sempre così però!
Bodo: Se abbiamo lavorato molto ? Non me ne parlate, moglie.
Camembert: Io non mi reggo in piedi.
Frambert: Abbiamo dovuto potare gli olivi del manso
Regenold: E arare quasi tutto il campo.
Bodo: Ne avremo anche per i prossimi giorni. Quanto mi piacerebbe essere ricco!
Ermentrude: I ricchi però non sono generosi di natura come lo siamo noi poveri diavoli.
Bodo: Certamente, se lo fossero non sarebbero ricchi.
M.me Regenold: Però i ricchi ci assicurano che la ricchezza non dà la felicità.
Regenold: E purtroppo bisogna credergli sulla parola.
Frambert: Credergli non costa niente, al contrario di tutte le altre cose.
Camembert: Che sia vero o non, non possiamo certo verificarlo.
Ermentrude: Dunque bisogna credergli di sicuro.
M.me Camembert: Perché se non gli crediamo, cosa succede?
M.me Frambert: Rischiamo che ci regalino un po' della loro ricchezza.
M.me Regenold: A pensarci bene avete ragione.
Frambert: E già avete proprio ragione, noi siamo più felici di loro.
Regenold: Se lo dite voi… Io però un po' delle loro ricchezze non le rifiuterei.
Bodo: Noi siamo poveri e come tali non dobbiamo temere di essere derubati e seppure accadesse…
(Musica - Canzone di Fo-Jannacci "UNA VOLTA HO VISTO UN RE". Introduzione recitata - parte cantata da "E NOI VILLAN…")

SCENA III


(Il castello: interno - Fondale che riproduce l'interno di una sala
Feudatario, Monna Beatrice, cuoco Chicchibìo - Menestrello)
Messer Currado: Che fatica stamattina alla battuta di caccia!
Monna Beatrice: Ti sei stancato molto, vedo. (Seduta, lo guarda)
Messer Currado: In compenso però guarda cosa ho preso. (Mostra la selvaggina)
Monna Beatrice: È un animale grandissimo.
Messer Currado: È una gru piuttosto cicciottella. Questa sera faremo un figurone con gli ospiti.
Monna Beatrice: Dalla a me. La farò cucinare da quel cuoco veneziano arrivato da poco. Verrà una squisitezza. Chichibìoooo!! (Si alza e prende l'animale)
(Entra il cuoco)
Chichibìo: Eccomi, son qua. La mi dica, siora.
Monna Beatrice : Cucina questo uccellino per la cena di questa sera. (Porge la gru)
Chichibìo: UCCELLINO??? L'è un elefante con le ali. (La prende e la guarda.)
Monna Beatrice: Fai meno lo spiritoso e vai a lavorare. (Autoritaria)
Chichibìo: Obbedisco, siora. (Esce)
Monna Beatrice: Sei tutto sudato. Non vuoi rinfrescarti? (Al marito)
Messer Currado: No. Adesso ho altri problemi per la testa, molto più importanti. (Si siede)
Monna Beatrice: Quali problemi? (Preoccupata)
(Musica - Base musicale della canzone "Attenti al lupo" con testo modificato)
Messer Currado: Il problema delle investiture è un grosso problema. (Si alza e passeggia)
Monna Beatrice: Il papa e l'imperatore non hanno ancora trovato un accordo?
Messer Currado: Tutto il mondo ecclesiastico è in agitazione.
Monna Beatrice: Il papa sta ancora litigando con l'imperatore per la nomina dei vescovi-conti? (Incredula)
Messer Currado: Se vincerà la lotta, l'imperatore non si darà pace e ci costringerà a muovergli guerra. (Preoccupato)
Monna Beatrice: Certo il papa ha ragione a non volere che l'imperatore decida sulle cose della chiesa.
Messer Currado: E poi Gregorio VII non è persona da arrendersi facilmente.
Monna Beatrice: Lo so, lo so. Fu proprio lui che a Canossa lasciò l'imperatore Enrico IV al freddo e al gelo per tre notti
Messer Currado: La questione si potrebbe facilmente risolvere se la chiesa rinunciasse al potere terreno.
Monna Beatrice: E l'imperatore si facesse i fatti suoi. Se nessuno cede, bella lotta!!
Messer Currado: Ma non è così semplice. Ci sono molti interessi in gioco.
Monna Beatrice: Il potere! Il potere è meglio di qualsiasi cosa, è più inebriante del vino. (Sospirando)
Messer Currado: Forse fra un centinaio di anni si arriverà ad una soluzione così pacifica.
Monna Beatrice: Speriamo che ci arrivino.
Messer Currado: Ma prima bisognerà spargere molto sangue.
Monna Beatrice: Sangue, sangue! Benedetti uomini, giocate ai soldatini anche da adulti. (Spazientita)
Messer Currado: Purtroppo la vita è dura e la civiltà ha prezzo molto alto.
Monna Beatrice: La civiltà? E questa è civiltà? Bisognerà aspettare forse il 2000 per non sentire più parlare di guerre e raggiungere finalmente la civiltà. (Meravigliata. Rassegnata)
Messer Currado: Vivere serenamente, nel proprio castello, da buoni ricchi! (Ironico)
Monna Beatrice: E gli altri? Non pensi a quelli che vorrebbero stare meglio ed avere anche loro qualcosa?
Messer Currado: Dici? Beh, forse bisogna sperare in una società più giusta e più equa. (Incuriosito)
Monna Beatrice: Beh, direi proprio.
Messer Currado: Noi però non ci saremo più. (Seccato)
Monna Beatrice: Così è la vita.
Messer Currado: Ci saranno i nostri discendenti, pazienza. Però un po' mi dà fastidio che godano altri della nostra fatica.
Monna Beatrice: Non ci pensare. Intanto per distrarci un po' chiamiamo il menestrello e facciamoci raccontare una storia. (Batte le mani, entra il menestrello) Menestrello, raccontaci una di quelle belle storie in versi che conosci tu.
(Si seggono)
Menestrello: Ogni vostro desiderio è un ordine, madonna. (Si siede, ha una pergamena arrotolata in mano.)
Ho conosciuto il figlio di un signorone
Il ricco mercante Pietro Bernardone
Che da trafficante di panni
Ardiva salire ad alti scranni.
Perciò ad usura dava denari
Come, si sa, tutti gli avari.
Lui alle fiere andava
Ed oggetti lussuosi portava.
È con Francesco giovinetto
Viveva ad Assisi bel paesetto.
Facendo un salto nel passato
Vediamo come venne nomato. (Srotola la pergamena e legge)
Quando nacque il bel bambinello
Bernardone era partito bel bello,
Per la Francia era andato
Mentre Giovanni fu chiamato.
Pietro di Bernardo poi tornò
In nome in Francesco cambiò.
Però un'altra voce c'è
Volete sapere in vero qual è?
Messer Currado: Certamente, vogliamo sapere tutto di questo… Come si chiama?
Menestrello: Francesco, non sarebbe il nome
Bensì il goliardico soprannome
Datogli dai fedeli amici
Non in virtù dei suoi benefici
Ma per l'amore epico francese
Esempio dell'amore cortese.
Con le chanson de geste dilettava
Gli amici, da giullare le cantava.
Monna Beatrice: E il padre ? (Incuriosita)
Menestrello: Pietro voleva che questo figlio
Facesse luce, con un certo piglio
Alla sua casata dei minores
Per poi passare tra i maiores.
Messer Currado: Come tutti i padri per i figli maschi, anche questo Pietro Bernardone era orgoglioso di suo figlio.
Menestrello: Pietro era fiero di Francesco;
ma pensate! È in vero pazzesco
Che quando l'ha visto cambiato
Lui di casa l'abbia cacciato.
Monna Beatrice: Ma come è possibile?
Messer Currado: Non hai detto che lo adorava? Quando è cambiato?
Menestrello: Dopo la guerra, quando è tornato
Francesco era molto stralunato
Il ragazzo stranamente si portava
A tutti i suoi beni regalava.
Il padre sempre più sbalordito
vide il figlio verso lui indispettito.
Allora per vergogna lo allontanò
E Francesco dal padre più non tornò
Che una nuova dimora ha trovato
Dopo aver il muro ben aggiustato.
(Entrano Francesco e i due più fedeli compagni)

SCENA IV


(Francesco, Filippo e Bernardo)
Bernardo: Certo che quando ci trovammo sconfitti e prigionieri nelle carceri perugine ce la siamo vista proprio brutta!
Filippo: Però i modi cortesi di Francesco ci assicurarono di non essere uccisi.
Francesco: Ero molto triste e depresso allora, anche se non lo mostravo.
Filippo: Che forza d'animo che hai avuto già da allora!!!
Francesco: Beh, io vedevo la paura in faccia ai compagni e quindi facevo di tutto per tirarli su di morale.
Filippo: Mi ricordo che tu come al solito ci intrattenevi e ci facevi tornare il buon umore.
Francesco: Quando poi vi vedevo tranquilli mi sentivo tranquillo e contento anch'io.
Bernardo: Ma che contento e contento, se tornasti a casa dalla paura.
Francesco: Lo sai che non è vero; tornai a casa perché ero malato.
Bernardo: Raccontaci allora qualcosa di questa malattia.
Francesco: Fu una malattia che mi costrinse a letto per un anno intero, delle strane febbri; nessuno riuscì a capirne il motivo.
Filippo: Durante questa malattia però è successo qualche altra cosa.
Francesco: Sì, in quel periodo ho avuto una crisi, perché le cose che gli uomini ritengono importanti sono invece inutili.
Bernardo: È vero che tu volevi costruire delle chiese?
Francesco: No, non volevo costruire delle chiese, ho solo riparato S. Damiano perché me lo aveva ordinato Nostro Signore.
Bernardo: Solo S. Damiano, e basta??
Francesco: Riparerò tutte le chiese che Dio vorrà.
Filippo: Il tuo desiderio più grande qual era?
Francesco: Desideravo e desidero ancora parlare con le creature del mondo e seguire l'esempio di Cristo, che visse povero.
Bernardo: Per questo motivo sei ritenuto matto.
Francesco: Sarei matto perché parlo alla gente?
Bernardo: Non solo per questo, ma soprattutto perché hai lasciato tuo padre e tutte le sue ricchezze.
Filippo: E poi perché per parlare alla gente bisogna andare sempre in giro.
Bernardo: Tu sai che la gente non vede di buon occhio i mendicanti e i girovaghi.
Francesco: Io desidero vivere povero, chi vuole può regalarmi qualcosa da mangiare, io accetterò solo se potrò ricambiare con il lavoro.
Filippo: Ha ragione chi dice che sei un po' toccato.
Bernardo: Se tu non sei d'accordo, prosegui per un'altra strada. Piuttosto, Francesco, spiegami bene cosa dobbiamo fare. (Spazientito)
Francesco: Bisogna rinunciare ai beni degli uomini per aver un buon posto nell'aldilà.
Filippo: Dobbiamo camminare scalzi?
Francesco: Sì. E il nostro abito sarà un saio di panno ruvido.
Bernardo: Ma pizzica, rovina la pelle.
Francesco: Bisogna soffrire in questa vita, con dignità, ma bisogna soffrire.
Filippo: E con i lebbrosi come la mettiamo?
Francesco: Eh... i lebbrosi, mi fanno ancora un po' paura, ma devo superarla. Devo imparare ad amarli.
Bernardo: Come farai?
Francesco: Andrò tra loro e li curerò.
Bernardo: E Chiara?
Francesco: Chiara ha trovato la sua strada. Ha scelto di diventare serva del Signore e sua sposa per sempre.
Bernardo: E tu?
Francesco: La mia sposa è SIGNORA POVERTA', a lei dedicherò la mia vita e insieme amerò tutte le cose del creato!
(In musica CANTICO DELLE CREATURE
Escono)

SCENA V


(Nel castello -
Monna Beatrice e Messer Currado, Menestrello)
Monna Beatrice: Francesco è un bel personaggio. La sua vita dovrebbe essere di esempio per tutti.
Menestrello: Infatti lui aveva proprio questa intenzione, cioè dare l'esempio di una vita semplice e povera.
Messer Currado: È vero che voleva vivere come il Cristo?
Menestrello: Sì, è vero: Il saio che portava era addirittura tagliato a forma di croce.
Monna Beatrice: Quindi ha avuto una vita da Santo?
Menestrello: Sì; attenzione però, non è stato un uomo triste, Francesco ha mantenuto sempre il suo spirito di giullare.
Messer Currado: Perché giullare?
Menestrello: Perché, come ho già detto, intratteneva gli amici con le storie dei cavalieri ed amava farlo come un giullare.
Monna Beatrice: Che vuol dire che ha mantenuto il suo spirito di giullare?
Menestrello: Egli stesso si definiva "il giullare di Dio" perché andava per il mondo a raccontare le gesta di Gesù, e aiutava gli uomini all'amore.
Messer Currado: Menestrello, questa sera ai nostri ospiti racconterai la storia di frate Francesco?
Menestrello: No, per questa sera ho in programma un'altra storia, altrettanto interessante.
Monna Beatrice: Di che cosa si tratta?
Menestrello: Ti dico solo che riguarda un amore travolgente come quello di Francesco per la sua sposa. È, però, un amore profano.
Monna Beatrice: Bene! Adesso vado a controllare la cena.
(Escono -
In cucina)
Chichibìo: E prepara oggi, prepara domani! È sempre la stessa storia. Non si sa come preparare le pietanze a questi signori dal palato delicato!
Brunetta: Chichibìo, cosa ha fatto di buono? (Entra annusando)
Chichibìo: Una delle mie tante specialità: una gru in salmì. (Con orgoglio)
Brunetta: Hmmm.! È il mio piatto preferito.
Chichibìo: Mi fa piacere.
Brunetta: Me ne dai un pezzetto? (Vezzosa)
Chichibìo: No, non posso.
Brunetta: Mi accontento di una coscettina. (Civettuola)
Chichibìo: Non posso, questa gru è per la cena di stasera.
Brunetta: Sei proprio cattivo. (Lo stuzzica)
Chichibìo: Ma come faccio col padrone?
Brunetta: E dai, fai uno sforzo. (Lo corteggia)
Chichibìo: Lo sai che farei qualsiasi cosa per te, ma non posso proprio.
Brunetta: Se non me la dai, io non ti darò quei baci che aspetti da tanto tempo da me. (Decisa)
Chichibìo: Tu mi ricatti?
Brunetta: Nooo!!! Ma che dici? (Falsa)
Chichibìo: Però non posso resisterti.
Brunetta: Davvero? (Provocante)
Chichibìo: Tieni la coscia.
Brunetta: Grazie, sei un amore! (Prende la coscia ed esce di corsa)
Chichibìo: Speriamo bene… E ... i baci? (La segue)

SCENA VI


(I giullari)
1° Giullare: Hai sentito la storia di Francesco? Che coraggio ha avuto!
2° giullare: Ha avuto tanto coraggio quanto un vero cavaliere del suo tempo, senza esserlo.
3° giullare: Perché senza esserlo? Forse non aveva un cavallo?
4° giullare: Lo aveva, certo. Ma non è stato mai nominato cavaliere.
1° giullare: Tu sai chi sono i cavalieri, vero? (rivolto al 3° giullare)
3° giullare: Si, certo che lo so.
2° giullare: Allora dillo: chi sono?
4° giullare: Sentiamo se sei preparato.
3° giullare: Sono vassalli che hanno ricevuto un feudo in concessione…
1° giullare: Dai, sei sulla strada giusta, continua.
3° giullare: E sono obbligati a prestare servizio militare a favore di un superiore.
2° giullare: È giusto, ma ti sei dimenticato di una cosa: i cavalieri hanno delle regole ferree.
3° giullare: Quali regole?
4° giullare: La prima è quella di mettere il proprio coraggio e la propria forza a disposizione dei nobili.
1° giullare: La seconda è di giurare fedeltà e lealtà alla parola data.
3° giullare: Ma guarda, io non le conoscevo queste regole.
2° giullare: Naturalmente non conosci neppure il rito con il quale si diventa cavaliere?
3° giullare: No, non lo conosco. Qual è?
4° giullare: Un anziano cavaliere in presenza di altri cavalieri, dame e valletti consegna al candidato le armi della sua futura vita di cavaliere.
1° giullare: Quando poi il cavaliere presta il giuramento…
3° giullare: Deve anche giurare?
2° giullare: Certo. Giura fedeltà ad un ideale e non ad un altro uomo.
4° giullare: Il giorno prima della cerimonia di investitura, i cavalieri fanno il bagno…
3° giullare: Una volta tanto si lavano… (Con tono ironico)
1° giullare: …e pregano tutta la notte.
3° giullare: …poveretti…
2° giullare: Lo sai a quanti anni un ragazzo incomincia a studiare da cavaliere?
3° giullare: Io?, no, no.
4° giullare: L'ignoranza è la tua materia preferita.
3° giullare: Faccio quello che posso. Chi mi svela il segreto?
1° giullare: Un ragazzo che voglia diventare cavaliere comincia a prendere lezioni da uno scudiero e da un cavaliere alla tenera età di 7 anni. (Calca la voce sulle ultime parole)
3° giullare: Ed è così che diventano cavalieri?
2° giullare: Sì, proprio così.
4° giullare: Veramente la cerimonia dell'investitura prevede anche la palmata.
3° giullare: Che? È roba che si mangia?
1° giullare: Uno schiaffone. hai capito adesso? (Mostra la mano aperta)
3° giullare: Sì, sì. (Annuisce e si difende una guancia)
2° giullare: Naturalmente non sai neppure come sono vestiti i cavalieri!?
3° giullare: No. (Accenna vergognoso)
4° giullare: Ma dove vivi? Svegliaaaa! (Ad alta voce)
1° giullare: Sono vestiti tutti di ferro dalla testa ai piedi.
3° giullare: Uh, gli uomini di latta! Oppure uomini in barattolo. Si conservano meglio.
2° giullare: Ma sei proprio un testone; il barattolo, come lo chiami tu, è l'armatura ed è resistente alle spade più dure.
3° giullare: Allora questi cavalieri sono dei conquistatori, dei combattenti, cioè dei soldati?
4° giullare: Finalmente hai capito. Sì, sono dei valorosi guerrieri.
3° giullare: I bellatores di prima, no?
1° giullare: Esatto, hai vinto! (Gli dà una pacca e il giullare fa una smorfia.)
2° giullare: Pensa che Orlando fu un grande cavaliere.
4° giullare: Fece molte conquiste, ma poi impazzì per una donna.
3° giullare: Peerr una dooonnnna!?!? (Meravigliato)
1° giullare: Però poi è rinsavito.
3° giullare: Ah, allora è un'altra cosa. Ha capito che non valeva la pena impazzire d'amore.
2° giullare: Non è proprio così, ma va bene lo stesso.
4° giullare: Ascolta la sua storia.
(Escono)

SCENA VII


(Il bosco)
(Angelica, Orlando, Medoro - Angelica a cavallo entra come inseguita)
Angelica: Aiutoooo! Aiutooo! È sempre la stessa storia, Orlando mi insegue. Più lo rifiuto e più si accanisce. Ma non mi piace, che posso farci, mi fa paura. Finalmente l'ho seminato. (Guarda dietro di sé. Esce)
Orlando: Sono innamorato di lei, ma non mi vuole. Angelica, amore mio, dove sei, fatti vedere. (Entra a cavallo. Cerca intorno. )
(Musica e canzone "IO CERCO LA TITINA" -testo modificato-)
(Orlando esce)
Medoro: (Fuori campo) Aiuto, sono ferito qualcuno mi aiuti!! Chiunque tu sia, vieni ad aiutarmi
Angelica: (Fuori campo) La voce di Medoro. Sei tu? Aspetta, vengo ad aiutarti. Mi sembri proprio conciato male.
( Entra, emozionata, esce. Poi rientra sorreggendo Medoro ferito)
Medoro: Come sto male! (Sofferente)
Angelica: Come sei stato ferito?
Medoro: Sono stato colpito in battaglia, mentre recuperavo il corpo del mio re. Andiamo in quella capanna, si sta più comodi; credo che sia abbandonata.
Angelica: Medoro, incidiamo le iniziali dei nostri nomi su questo albero?
Medoro: Che bell'idea, mi piace.
Angelica: Così tutti sapranno di noi e di tutte le cose che abbiamo dovuto subire; figurati che io sono stata inseguita da Orlando. Ho avuto tanta paura. (Si avvicina all'amato)
Medoro: Quando ci sposeremo, per regalo di nozze ti porterò nella tua città, nel Catai.
Angelica: Come sono contenta, mi piace tutto di te.
Medoro: Credi di essere tanto coraggiosa, invece sei molto indifesa.
Angelica: Ma insieme possiamo conquistare il mondo.
(Musica e parole della canzone "SIAMO LA COPPIA PIÙ BELLA DEL MONDO")
(Escono)
Orlando: (Entra, si guarda intorno, vede l'albero, legge le iniziali. Grida disperato) Cosa c'è scritto su questo albero? Una A e una M. Cosa?, Cosa? A sta per Angelica e M per Medoro! Non posso crederci, sarà stato qualcuno che per burlarsi di me ha scritto queste iniziali
Pastore: Bel cavaliere,perché gridi così forte?
Orlando: Perché qualcuno si è voluto burlare di me.
Pastore: Per sollevarti l'animo ti racconterò un bella storia a lieto fine.
Orlando: Niente può sollevarmi, sono disperato e molto triste.
Pastore: La storia è una storia d'amore accaduta proprio qui da poco tempo.
Orlando: Storia d'amore? qui? (Grida)
Pastore: Sì, proprio qui. I due giovani adesso sono partiti. (Meravigliato)
Orlando: …si chiamavamo forse Angelica e Medoro?
Pastore: Sì, perché li conosci?
Orlando: Sì, purtroppo.….noooo! perché l'hai fatto!!! Non pensavo che lei fosse così crudele!
Pastore: Calmatevi!
Orlando: Non posso. Ora impazzisco, divento pazzo per amore!!!! (Impazzisce, urla, cade a terra)
Astolfo: (Entra a cavallo) Caro cugino, non ti preoccupare, conosco un rimedio che ti potrà salvare (scende)
Pastore: Davvero conosci un rimedio?
Astolfo: Sì, certo.
Pastore: Presto allora, fai qualcosa.
Astolfo: Bisogna andare sulla luna dove si trovano le coscienze degli uomini
Pastore: Sulla luna? Sulla luna ci sono le coscienze degli uomini?
Astolfo: Tu forse non lo sai, ma sulla luna c'è anche il senno di Orlando.
Pastore: Allora cosa aspetti; vai a recuperarlo.
(Astolfo esce)
Pastore: Non preoccuparti, cavaliere, che presto tornerai come nuovo. Tuo cugino sarà di ritorno quasi subito. Eccolo, infatti.
(Astolfo rientra con un calice)
Astolfo: Tieni, ecco il tuo senno, Orlando. Bevi e ritroverai te stesso.
(Orlando beve)
Orlando: Grazie, ora potrò andare in guerra, vincere o morire come un vero paladino!
(escono)

SCENA VIII


(I giullari introducono la storia di Marco Polo)
(Marco Polo, suo padre Niccolò e suo zio Maffeo. )
1° giullare: Oggi se vuoi conoscere il mondo e vuoi diventare ricco, devi partire per l'Oriente.
2° giullare: Dove la sete, i damaschi, le spezie te le tirano dietro.
3° giullare: Poi torni in Europa, vendi quel po' di roba e sei ricco.
4° giullare: Come Amalfi, Pisa, Genova e Venezia.
1° giullare: Quelle che chiamano le repubbliche marinare.
2° giullare: Hanno fatto un sacco di soldi con questo traffico.
4° giullare: Certi POLO, mercanti furbacchioni, veneziani, si sono arricchiti proprio in Cina alla corte del Gran Khan.
3° giullare: E il ragazzo, Marco, ha fatto tanti soldi che ora lo chiamano "il milionario".
1° giullare: Ma no, chiamano "Il Milione" il libro che ha scritto, nel quale racconta le meraviglie di quel paese.
(I giullari escono. Entrano il padre e lo zio di Marco Polo, sono indaffarati nei preparativi per la partenza. )
Marco: Padre, dove state andando voi e lo zio Maffeo?
Niccolò Polo padre: Andiamo a commerciare alla fiera di Whuan non molto lontano da qui.
Maffeo Polo zio: Sai, dove si comprano prodotti meravigliosi a costi stracciati e poi verranno da noi venduti a Venezia a prezzi maggiorati.
Marco: Ah, capisco.
Maffeo: Perché quel broncio, Marco?
Marco: Vorrei venire con voi, ma temo che il Gran Khan, con tutta la stima che nutre per noi, non vorrà farmi partire.
Maffeo: Forse non sarebbe male partire tutti insieme,vero Niccolò?
Niccolò: Il Gran Khan è malato e alla sua morte i cortigiani si vendicheranno su di noi.
Maffeo: Già, questo è vero. Con tutta la benevolenza che ci ha sempre dimostrato!!
Marco: A proposito del Gran Khan, mi è stato recapitato da poco un telegramma.
Niccolò: Cosa aspetti a leggerlo? Sbrigati!
Maffeo: Cosa dice?
Marco: Ahimè! Il Gran Khan è morto! Dobbiamo partire immediatamente.
Niccolò: Leggi bene, tutto il dispaccio.
(Musica - Canzone "L'ANNO CHE VERRÀ" - testo modificato)
Maffeo: Torneremo finalmente a Venezia!
Niccolò: Bene, allora partiamo subito. Non c'è tempo da perdere.
(Prendono i cavalli e partono. - Musica. - Arrivano a destinazione. )
Maffeo: Finalmente a casa!
Marco: Avete ragione zio: anch'io ne avevo fin sopra i capelli della Cina e dei cinesi.
Maffeo: Ho sentito dire che i nostri compaesani, avendo ascoltato i racconti di Marco, sono rimasti stupiti.
Niccolò: Si, è vero. Hanno anche deciso di darti un soprannome.
Marco: Davvero? Quale? (Meravigliato)
Maffeo: Te lo diciamo solo se prometti di non montarti la testa.
Marco: Promesso.
Maffeo: Ti chiamano "Il milione".
Marco: E perché?
Niccolò: Per le numerose avventure da te vissute.
Maffeo: Con questo soprannome sembrerà che tu sia un gran riccone!
Niccolò: Ti porterà certamente fortuna.
Maffeo: A chi ti chiederà prove concrete dei tuoi viaggi, cosa dirai?
Marco: Dirò che l'Oriente è un meraviglioso mercato dove abbiamo potuto comprare delle merci preziose.
(Musica e parole della canzone "ALLA FIERA DELL'EST" )
(Escono)


SCENA IX


(Interno del castello - La sera a cena - tavola apparecchiata
Monna Beatrice - Messer Currado - ospiti - Chichibìo - menestrello
Entrano gli ospiti e i padroni di casa)
Monna Beatrice: Prego accomodatevi.
Mr Currado: Lei, messere, si segga pure lì.
Monna Beatrice: Mio signore, gli ospiti possono riconoscere il proprio posto dal contrassegno personale sul tavolo.
Mr Currado: Già, non ci avevo fatto caso.
(Si siedono tutti)
Monna Beat.: Venga servita la cena
(Chichibìo entra, porta il vassoio con la gru cucinata)
(Si sente bussare al portone. Viene introdotto un ospite.)
Messer Guido: Si può? Sono ancora in tempo .
Mr Currado: Oh, carissimo Messer Guido! Sei sempre il benvenuto. (Si alza e gli va incontro)
Messer Guido: Chiedo scusa a codesta allegra brigata per non aver annunciato il mio arrivo, ma…
Monna Beat. : Non dovete scusarvi, messere, voi siete sempre il benvenuto.
Messer Guido: Monna Beatrice, siete sempre gentile. Mi trovavo da queste parti. È scesa la sera e mi sono reso conto di essere troppo lontano da casa.
Mr. Currado: Anche parecchio lontano.
Mr. Guido: Caro Currado, ad essere sincero non mi sono fidato a proseguire con il buio, soprattutto di questi tempi.
Monna Fiamma: Avete ragione. Ho sentito dire che ci sono molti banditi che di notte assalgono i viandanti.
Mr. Guido: Allora anche voi siete d'accordo con me?
M.a Fiamma: Certamente, non bisogna mai avventurarsi di notte in questi territori.
Mr. Guido: Madonna, io non ho però il piacere di conoscervi.
M.a Fiamma: E i nostri ospiti non ci hanno ancora presentati. Io sono Monna Fiamma, sorella di Beatrice.
Mr. Guido: Per me è un onore. (Fa un inchino)
M.a Fiamma: Messer Guido, accomodatevi, qui c'è posto per tutti. Basta stringersi un po'.
(Musica e parole della canzone "AGGIUNGI UN POSTO A TAVOLA" - solo ritornello -)
M.a Fiamma : Come mai messer Guccio e Monna Laura non sono venuti?
M.a Beatrice: Lei è malata.
Mr. Currado: Scuse, tutte scuse. Lui sarà nervoso per la figura fatta alla battuta di caccia.
Mr. Guido: Come al solito non sarà riuscito a prendere neanche un pipistrello.
M.a Fiamma: Pover'uomo!
Mr. Currado: Ha scambiato un masso per una lepre.
Mr. Guido: Vedo che invece voi, Currado, avete cacciato bene.
Mr. Currado: Visto che bella gru?
M.a Beatrice: Marito, dividi la tua preda e assaggiamola.
Mr. Currado: Bene! Il pezzo più prelibato, cioè la coscia, è per la mia cara cognatina. (Le dà la coscia)
M.a Fiamma : Beatrice, quest'uomo se non ci fosse bisognerebbe inventarlo. Sei fortunata.
M.a Beatrice: Eh,eh, chi ce l'ha se lo tiene.
Mr. Currado: L'altra coscia è per il mio caro amico Guido. (Fa il gesto di prenderla)
Ma…dov'è finita la coscia? (Tutti cercano la coscia, anche sotto il tavolo) Qui c'è lo zampino di Chichibìo.
M.a Beatrice: CHICHIBIOOOOO! (Entra)
Mr. Currado: Chichibìo, a questa gru manca una coscia. L'hai mangiata tu, ghiottone?
Chichibìo: IIIOOO?, No, no!
Mr. Guido: Ne sei sicuro? Dici la verità?
Chichibìo: Sicurissimo.
M.a Fiamma: Dov'è finita l'altra coscia?
Chichibìo: La mi dica, lei sa che le gru hanno una sola coscia?
Mr. Currado: A chi vuoi darla a bere?
Mr. Guido: Non riuscirai a prendere in giro un cacciatore provetto.
Chichibìo: Non sto prendendo in giro nessuno.
M.a Fiamma:Attento, Chichibìo!
M.a Beatrice: Pensaci bene.
Chichibìo: Le gru che ho visto giù al fiume hanno una sola gamba.
Mr. Currado: Ma sentitelo cosa sta dicendo.
Mr. Guido: Chichibìo, ti rendi conto dell'assurdità che stai dicendo?
Chichibìo: Confermo tutto quello che ho detto. Le gru hanno una gamba sola.
Mr. Currado: Le gru solo quando dormono tirano su una gamba e rimangono ferme sull'altra.
M.a Beatrice: Normalmente ne hanno due.
Chichibìo: Ecco, cosa vi dicevo? Ho ragione.
M.a Fiamma: Come hai ragione?
Chichibìo: Certamente quando Messer Currado ha ucciso questa gru, stava dormendo. Quindi aveva una sola zampa e dunque una sola coscia. Se l'avesse svegliata, forse…
(Tutti ridono)
Mr. Currado: Beh, ti perdono, perché sei riuscito con furbizia a prendermi in giro. Puoi ritirarti. (Il cuoco esce) Mentre prosegue la cena, volete ascoltare una qualche storia?
Mr. Guido: Purché sia avventurosa.
M.a Fiamma: Io preferisco una storia d'amore.
M.a Beatrice: Menestrello. (Entra il menestrello) Raccontaci quella storia che hai preparato.
Menestrello: Quella che vi racconterò è la storia di un amore illecito che ha mandato in rovina le persone interessate.
M.a Fiamma: Volevo una storia d'amore, non una tragedia; che esagerazione! (Al pubblico)
Menestrello: C'era una volta un signore di nome Gianciotto, che aveva sposato per procura una certa Francesca.
Mr. Currado: Li ho sentiti nominare, i nomi non mi sono nuovi.
Menestrello : Gianciotto Malatesta e Francesca da Polenta sono due personaggi noti fra i nobili.
M.a Beatrice: Ma Francesca da Polenta è anche conosciuta come Francesca da Rimini?
Menestrello: Sì, è lei.
M.a Fiamma : Gianciotto è invece quel marito che non voleva credere al tradimento della sua donna?
Menestrello: È proprio così.
(Musica e parole della canzone "NON È FRANCESCA")
Menestrello: (Legge da una pergamena)
Una volta due giovani innamorati
all'inferno furon mandati.
Loro non sapevano di amarsi
ma volevano guardarsi.
Parlo di Paolo e Francesca.
Il marito scoprì la tresca.
Paolo,cognato bello, aitante
Francesca guardava sognante.
Un dì di Ginevra e Lancillotto
lessero del bacio galeotto.
Di Francesca l'insano desio
scoprì il suo sposo e Iddio.
Poi d'un tratto tutto finì,
poiché Gianciotto tornò lì
e furibondo prese il pugnale.
Trapassò ai due la spina dorsale.

SCENA X


(Paolo e Francesca - Lancillotto e Ginevra
Entrano Paolo e Francesca)
Francesca: Siamo Paolo e Francesca, quei due poveri disgraziati che se ne vanno in giro per l'inferno ancora abbracciati
Paolo: La tempesta ci fa girare senza sosta.
Francesca: Io ero moglie di Gianciotto Malatesta da Rimini, un signore molto distinto, ma…racchio, brutto e pure zoppo. Poi mi sono innamorata di questo povero sventurato.
Paolo: Ma che sventurato e sventurato, io sono stato il più bel fico di Rimini. Non a caso mi chiamavano Paolo il bello.
Francesca: Certo che sei bello, io mica vado a prendermi quelli brutti. Sei degno di me.
Paolo: Lo vedi che lo ammetti pure tu. Nessuna mi resiste.
Francesca: Quando ho conosciuto Paolo ci siamo innamorati l'uno dell'altra e ci incontravamo di nascosto.
Paolo: Ci incontravamo? Mi venivi a cercare tu!
Francesca: Seeee…io…
Paolo: Non mi hai lasciato in pace un attimo da quando ci siamo guardati.
Francesca: Come? Io? Una ragazza per bene come me?
Paolo: Per bene, è vero. Ma con uno sguardo languido…
Francesca: Insomma posso finire il mio racconto?
Paolo: Va bene, prosegui.
Francesca: Un giorno stavamo leggendo per caso…PER CASO, la storia di Lancillotto e Ginevra e ci prese il desiderio di baciarci.
Paolo: Eh, quel giorno….(Sospira)
Francesca: In quel momento passò di lì mio marito che per gelosia ci uccise, ma tanto nella Caina andrà a finire.
Paolo: È stata colpa di quei due amanti e del loro bacio se adesso siamo qui.
(Entrano Lancillotto e Ginevra)
Francesca: Sì, è proprio così per colpa di quei due galeotti.
Ginevra: Galeotto fu l'intermediario che ci aiutò ad incontrarci, noi non siamo galeotti.
Francesca: Eccoli i due amanti disgraziati.
Lancillotto: Disgraziati a chi?, modera le parole. Io sono stato un cavaliere della tavola rotonda: Lancillotto, ex cavaliere di re Artù.
Ginevra: E tu ragazzina bisbetica, ricordati sempre che sono una regina, moglie di re Artù, perciò portami rispetto, chiaro?
Francesca: Bisbetica?
(Coro "A CHI ?")
Francesca: E poi regina non sei più, perché sei morta, e non darti tutte queste arie altrimenti… Beh, lasciamo perdere.
Paolo: Hai ragione, lasciamo perdere. Non mi va di litigare con questi due ignoranti.
Francesca: Nel libro non sembravano così…
Ginevra: Lancillotto, senti quello che ci stanno dicendo? Non reagisci?
Lancillotto: Ti ci metti pure tu? Con tutte le preoccupazioni che ho…e il dispiacere di non aver potuto conquistare il santo Graal.
Ginevra: Stai calmo, non ti agitare. Ci ha pensato tuo figlio al Santo Graal.
Lancillotto: Però a me sembra che questi due ci stiano prendendo in giro. Gioventù bruciata!!!
Francesca: Certo che a re Artù gliela avete combinata bella!
Ginevra: Pensa ai guai tuoi
Francesca: Non gliele ho certo messe io le corna ad Artù.
Ginevra: Ma a Gianciotto, sì.
Paolo: È vero, anche noi non siamo anime pure, tanto è vero che Dante ci ha mandati all'inferno, quindi è meglio che stai zitta.
Ginevra: Fingi di essere una santarella, però sotto sotto sei peggio di me.
Francesca: Noi eravamo piccoli incoscienti. Non sapevamo cosa stavamo facendo, ma voi eravate già emancipati e aristocratici.
Ginevra: Almeno lo sai che vuol dire emancipati?
Francesca: No! Però ci sta bene e io lo metto dove mi pare.
Lancillotto: Smettetela di litigare. Siete ridicole. Abbiamo tutti fatto del male. Per il nostro peccato tutti i cavalieri della tavola rotonda si sono uccisi tra loro, compreso il mio amato re Artù.
Paolo: Ben detto! Siamo tutti colpevoli.
Francesca: È vero. Però ,l'amore, a cui non sfugge un cuore gentile come il nostro, l'amore che ha riempito per un attimo la nostra vita e che ci ha portati alla morte, l'amore è ancora vivo in noi.
Ginevra: Allora, viva l'amore! L'amore ci ha inebriati, l'amore ci ha dannati e l'amico Dante ci ha immortalati.
(Musica della canzone"CI VORREBBE UN AMICO" con testo modificato.
Escono tutti)

SCENA XI


(Commensali - Dante e Cecco Angiolieri
Entra Dante)
Dante: Nel mezzo del cammin di nostra vita / Mi ritrovai per una selva oscura / ché la diritta via era smarrita
(Entra Cecco)
Cecco: Ahi quanto a dir qual era cosa dura / Questa selva selvaggia…
Dante: ...E aspra e forte / che nel pensier rinnova la paura!
E sì a Firenze alla fine del XIII secolo c'era proprio da rinnovare la paura.
Cecco: La situazione era drammatica, c'era una lotta interna tra Bianchi e Neri e tu, caro Alighieri Dante, ti schierasti con i Bianchi.
Dante: E tu come fai a saperlo?
Cecco: Lo so, lo so, e so che intervennero a rovinare la festa Bonifacio VIII e Carlo di Valois.
Dante: Ma tu chi sei?
Cecco: Cecco Angiolieri, in carne ed ossa.
Dante: Ah, già! Ma non sai, caro Cecco, che quelli si impadronirono del governo e mi condannarono all'esilio nel 1302.
Cecco: Con quale imputazione?
Dante: Mi condannarono per frode. Ma io non mi presentai e così quella condanna si trasformò in condanna a morte.
Cecco: A morte? Quale morte?
Dante: Fui condannato ad essere bruciato vivo se avessi rimesso piede a Firenze.
Cecco: E allora cosa hai fatto?
Dante: Mi sono fatto un bel giro per l'Italia di corte in corte.
(Parole e musica della canzone "LO STRANIERO")
Dante: E u cosa mi dici della tua vita?
Cecco: Nacqui a Siena intorno al 1260. Mi innamorai di una certa Becchina, molto ricca, figlia di un cuoiaio. Che gran donna!!
Dante: Un buon partito! Mica fesso l'amico (al pubblico). Però ti andò buca.
Cecco: Beh, proprio bene non andò. Però mi sono sposato con un'altra donna e ho fatto molti figlioli e…anche numerose poesie.
Dante: Già, già. Sei tu che hai provato a cambiare la tradizione poetica descrivendo la realtà e i sentimenti veri degli uomini.
Cecco: Sì, sono proprio io quello là. Volevo anche provare ad usare un linguaggio comprensibile a tutti, un italiano.
Dante: Ah, volevi farlo tu?
Cecco: Sì, proprio io, non so se lo sai che mi chiamavano il maestro della lingua italiana.
Dante: Lo so, lo so, però non è esatto, perché il vero maestro della lingua italiana, caro mio, sono proprio io.
Cecco: Se mi chiamano così, si vede che sono io il vero maestro.
Dante: Io ho scritto tante opere in prosa e in poesia. Ti ricordo quella che dice "Tanto gentile e tanto onesta pare…
Cecco: PARE!!!
Dante: …pare la donna mia quand'ella altrui saluta.
Cecco: Quando saluta altrui…e quando saluta te?
Dante: Perché la tua era meglio?
Cecco: Becchina, per la quale sono triste, poco gliene cale. Sia maledetto Amore che mi diede a lei. (Pensieroso e malinconico)
Dante: È proprio una popolana di nome e di fatto.
Cecco: Sei molto divertente. Tornando al discorso di prima, non c'è dubbio che chi scrive meglio sono io. (Allegro)
Dante: Ma va, va ,ancora non l'hai capito che il meglio sono io?
Cecco: Ma che dici, tu non hai capito ancora niente, quello che è vero è che tu hai la cucuzza vuota e per questo che non puoi capire.
Dante: Io la cucuzza vuota? Certo che sei sempre così rabbioso:
'S'i' fosse foco, arderei 'l mondo;
's'i' fosse vento, lo tempesterei;
's'i' fosse acqua, i' l'annegherei;
's'i' fosse Dio, mandereil' en profondo.
Cecco: 's'i' fosse papa, allor sarei giocondo
's'i' fosse Cecco, come sono e fui,
torrei le donne giovani e leggiadre;
e vecchie e zoppe lasserei altrui.
Dante: Non sei cambiato affatto; sei sempre il solito presuntuoso.
Cecco: D'altra parte quando si è sicuri della propria bravura…
Dante: Ed io allora cosa dovrei dire? Sono stato nominato il "padre della lingua italiana".
Cecco: Ancora insisti, quello sono io!
Dante: Basta , mi sono stancato, sei proprio uggioso. Ora me ne vado e ti lascio solo, altrimenti ti sbatto all'inferno. (Fa per andarsene)
Cecco: Vengo anch'io, comunque continuo a dire che il meglio sono io. (Lo segue)
Dante: Non ho voglia di continuare questa discussione sterile. Ai posteri l'ardua sentenza…
(Esce)

SCENA XII


(I giullari)
1° giullare: Il padre della lingua italiana è davvero lui, che ha avuto il coraggio di scrivere in italiano.
2° giullare: Per la verità un italiano un po' volgare. Chi l'ha letta dice che è "divina"
3° giullare: Però a dire il vero, la prima cosa scritta in italiano è un indovinello. Lo volete sentire?
4° giullare: Dai, mi piacciono gli indovinelli.
3° giullare: Se pareba boves, Alba pratalia araba, albo versorio teneba, negro semen seminaba.
1° giullare: Che significa?
2° giullare: Spingeva avanti i buoi, arava un bianco campo, teneva un bianco aratro, seminava un seme nero.
3° giullare: Indovina indovinello.
4° giullare: Facile. Le dita che scrivono sulla carta bianca con una penne che sparge inchiostro.
3° giullare: La risposta è esatta!
4° giullare: Che ho vinto?
1° giullare: Come hai fatto?
4° giullare: Intelligenza, mio caro.
2° giullare: Io conosco invece un fatto.
3° giullare: Racconta.
4° giullare: Siamo tutt'orecchi.
2° giullare: Un notaio di Capua per dire che un certo terreno apparteneva al monastero di Montecassino e non alla madre Badessa, parlava una specie di italiano straniero.
1° giullare: Italiano straniero?
3° giullare: Stiamo a sentire. (Si fanno da parte)

SCENA XIII


(Tribunale: Abate - Badessa - testimoni - giudice
Entrano l'abate e la badessa)
Badessa: Come te lo devo dire che la terra mi appartiene?
Abate: Come sarebbe a dire che la terra è tua? È mia e basta.
Badessa: È mia, vecchio scimunito!
Abate: Va bene, ne discutiamo davanti al giudice e vedrai che avrò delle buone carte da giocare in mio favore!
(Entra il giudice)
Giudice: Silenzio! Qual è la questione per la quale siete qui?
Abate: La terra che si trova presso il Monastero di Montecassino è mia, signor giudice.
Badessa: Ti ho detto che è mia! (Litigano, gridano, spintonano.)
Abate: No, è mia, ci sono le carte.
Giudice: Silenzio! La parola alla badessa.
Badessa: Signor giudice, questa testa di iena e frate della malora, è convinto che quella terra gli appartenga, ma non è vero.
Abate: Sì, sono convinto di quello che dico ed ho anche i testimoni.
Giudice: Avanti i testimoni.
1° testimone: Io sono una persona seria e dico sempre la verità. Quella disgraziata monaca è una morta di fame ed anche una grande bugiarda.
Badessa: All'anima del serio, e poi disgraziata e morta di fame ci sarà tua sorella.
2° testimone: Come si permette! Il mio compare dice la pura e santa verità.
(Entra un messaggero con un dispaccio)
Giudice: Silenzio! Mi è giunto un importante documento, Ve lo leggo:
"Sao ko kelle terre, per kelle fini que ki contene,
trenta anni le possette parte Sancti Benedicti."
In base a questo scritto la Corte emette la sentenza:
"La terra spetta al convento di Montecassino e al suo abate". L'udienza è chiusa.
(escono)

SCENA XIV


(Fondale agreste -
I giullari - le streghe - il monaco - il papa)
1° giullare: Questa storia non toglie niente alla paternità di Dante.
2° giullare: Certamente. Anzi conferma quanto abbiamo detto prima. Egli ha saputo trovare le parole giuste che tutti potevano capire.
3° giullare: Dante è stato un intellettuale del suo tempo. Chissà dov'è finito: nel purgatorio o nel paradiso?
4° giullare: Per me può anche essere andato all'inferno! (Spazientito)
1° giullare: No, all'inferno vanno i peccatori che con i diavoli si trovano bene.
2° giullare: A proposito di diavoli, la sapete l'ultima?
3° giullare: No, diccela tu.
4° giullare: Parla, parla. (Incuriosito )
2° giullare: In questo periodo è incominciata la caccia…
4° giullare: …ai diavoli.
2° giullare: IDIOTA! Alle streghe che adorano i diavoli. Ne avete sentito parlate?
3° giullare: Io mai.
(Escono.
Entrano le streghe)
1° strega: Ieri ho partecipato per la prima volta ad un sabba.
2° strega: A cosa? Un sabba? Che cos'è? Non mi ci ha mai portato.
1° strega: È una bella riunione tra colleghe, fatta per adorare il diavolo.
2° strega: Deve essere una cosa molto bella.
1° strega: Certo. Se tu per caso volessi partecipare, devi essere molto preparata e soprattutto non devi farti vedere da nessuno, altrimenti il demonio ti ucciderà.
2° strega: Sssssss. Stai zitta, sta arrivando un monaco. (Si guarda intorno, indica.)
1° strega: Certo che sto zitta, mica sono una pettegola che va in giro a raccontare le cose che sente.
(Entrano il monaco e il papa che si va a sedere su una sedia alta, tanto da poter guardare dall'alto la scena e dominarla)
Monaco: Io sono il vertice della scala sociale degli uomini di preghiera.
Papa: Attento a te, monaco impertinente!
Monaco: Sotto di noi ci sono i chierici e sotto ancora i laici. I monaci sono i più puri degli uomini.
Papa: Ricordati che il più puro degli uomini, il rappresentante di Dio in terra, sono soltanto io, il PAPA.
1° strega: Monaco, hai ragione, è vero tu sei l'uomo più puro del mondo. (Tono adulatorio)
2° strega: È vero tu conosci verità che altri non immaginano neppure. (idem)
Monaco: Donne, su di voi si fanno pettegolezzi. (Minaccioso)
1° strega: Le solite malelingue.
2° strega: La gente non sa cosa fare per questo parla male di noi.
Monaco: Sapete che è stato pubblicato un libro intitolato "Il mantello delle streghe"? (Allude sospettoso)
1° strega: E allora? Cosa intendi dire?
Monaco: Voglio dire che questo libro presenta tutti i poteri malefici delle streghe.
2° strega: E vieni a dirlo a noi? Cosa vuoi che ce ne importi?
Monaco: Voi non ne sapete niente?
1° strega: Chi? Noi? Nooo, niente. Proprio niente. Giuro. (Giurano)
2° strega: Ma chi sono le streghe? Tu lo sai?
1° strega: Per queste….brave persone che sono i monaci, le streghe sono tutte quelle donne che preparano pozioni medicamentose per i malati.
Monaco: NO!! Non è vero! Le streghe sono donne cattive che fanno malefici ed incantesimi.
1° strega: No! Non posso crederci.
2° strega: Chi l'avrebbe mai detto!
Monaco: In quel libro c'è anche scritto come si combattono.
1° strega: Tu menti, vecchio barbagianni. Le streghe non esistono e tu vuoi solo spaventare due povere donne come noi.
2° strega: Io uso le erbe officinali per curare alcune malattie, e non sempre ci riesco.
1° strega: Ed io invece uso il calore delle mani per curare altri malanni. Vuoi provare? Senti come sono calde le mie mani.
Monaco: Volete far credere che siete delle brave guaritrici?
1° strega: Tu ci stai accusando.
2° strega: Noi siamo guaritrici, perché hai qualcosa in contrario?
Monaco: Siete delle bugiarde! (Le accusa)
1° strega: Noi ?
2° strega: Tu sei un visionario!
Monaco: Nel libro c'è scritto che le streghe possono volare a cavallo di una scopa…
1° strega: Tu ci vedi con le scope?
Monaco: Si ungono con il grasso dei bambini…
2° strega: Senti, forse che il nostro profumo è quello del grasso dei bambini?
(Il monaco si avvicina ed annusa, poi fa una smorfia di disgusto.)
Monaco: Trasformano gli uomini in animali…
1° strega: Non ti abbiamo trasformato in nessun animale, eppure tu sei proprio un asino.
Monaco: Provocano tempeste.
2° strega: Guarda, in cielo non c'è una nuvola! (indica il cielo)
Monaco: Però ho sentito che voi avete partecipato ai sabba.
1° strega: Che c'entra!
2° strega: Per curiosità, pura curiosità.
Monaco: La PUREZZA dell'anima è preziosa e voi fate solo del male a questa gente che vi crede.
1° strega: Ci crede?
2° strega: A cosa crede?
Monaco: Ai vostri malefici. Vade retro, vade retro! Finirete sul rogo.
1° strega: È meglio che ce ne andiamo.
2° strega: Sì è meglio, questo monaco è pazzo. (Prende la scopa)
1° strega: Questa è mia! La tua sta a casa. (Le strappa di mano la scopa)
Papa: Tra i monaci che si ritengono puri, quel Pietro Valdo non ha le idee molto chiare.
Monaco: Non si sa cosa vuole, non c'è da fidarsi.
Papa: E poi tutte queste streghe che infestano il mondo. Bisogna trovare una soluzione radicale.
Monaco: Ben detto! (Ironico)
Papa: Li farò sterminare tutti…
Monaco: Bene, bravo! (Ironico )
Papa: Bandirò una crociata ed istituirò il TRIBUNALE DELL'INQUISIZIONE…
Monaco: Fa sul serio, accidenti! (Ironico)
Papa: …che non lascerà vivo un solo eretico!!!
Monaco: Io non sono eretico, sono solo il più bravo. (Presuntuoso )
Papa: Vedremo, sarai processato. Ora vado, ho molto lavoro! (Scende dalla sua postazione)
Monaco: Ma io non ho fatto niente. (Intimorito )
Papa: Attento a te, stai molto attento e ricordati che devi morire! (Severo)
(escono)

SCENA XV


(I giullari e il menestrello - Fondale agreste -
Foresta di Sherwood - Robin Hood - contadino
Argomento: La libertà individuale e la libertà sociale)
1° giullare: Che ti avevo detto? La caccia alle streghe è incominciata.
2° giullare: Il papa è molto arrabbiato.
menestrello: Sì, il papa è arrabbiato ed ha ragione. Però anche il monaco dal canto suo ha ragione e le donne ne hanno dal loro punto di vista.
3° giullare: Perché litigano se hanno ragione tutti?
4° giullare: Hanno ragione in modo diverso, perché diverso è il punto di vista della realtà. Vediamo cosa succede ora.
(Entrano Robin Hood e il contadino)
Robin: Ce l'abbiamo fatta! Anche questa volta siamo riusciti a fare giustizia.
Contadino: Abbiamo fatto giustizia?
Robin: Sì, giustizia. Perché?
Contadino: Giustizia da sudditi repressi, compressi, oppressi, strizzati.
Robin: Hai reso bene l'idea. Se ci fosse Re Riccardo tutto questo non sarebbe necessario.
Contadino: Purtroppo Riccardo Cuor di leone è impegnato in ben altre faccende.
Robin: Questa crociata non promette niente di buono; il Saladino non molla Gerusalemme.
Contadino: Intanto re Giovanni fa il bello e cattivo tempo.
Robin: Noi però non lo lasceremo in pace. Perché è ingiusto che dobbiamo pagare tante tasse.
Contadino: Cosa faremo?
Robin: Intanto ho ucciso il cervo reale.
Contadino: Perché?
Robin: Per due buoni motivi: prima di tutto è un avvertimento e poi serve per sfamare i contadini sfruttati.
Contadino: Re Giovanni l'ha saputo?
Robin: Sì, certo. Gli ho portato la testa del cervo.
Contadino: Non ti hanno arrestato?
Robin: Non mi ha riconosciuto. Per lui ero un semplice cacciatore.
Contadino: Beh, anche come semplice cacciatore avrebbe dovuto arrestarti.
Robin: Sono io che gliel'ho portato ed ho denunciato l'accaduto. Poi ho fatto una descrizione dettagliata del colpevole.
Contadino: E chi hai descritto?
Robin: Me stesso, naturalmente! Ah, ah… (Ridono)
Contadino: Chissà come sarà arrabbiato.
Robin: Ha organizzato una spedizione punitiva nella foresta per catturare il pericoloso Robin Hood.
Contadino: E tu ti sei nascosto?
Robin: Sì e no! Ho preparato con i nostri amici delle trappole nelle quali far cadere la guardia reale.
Contadino: Il bosco è l'ideale per le im-boscate.
Robin: Che fai giochi di parole?
Contadino: Ogni tanto ci provo. Raccontami piuttosto com'è andata.
Robin: Una bella battaglia.
Contadino: Che peccato, io non c'ero.
Robin: La mia banda ha messo tante trappole nella foresta.
Contadino: Seee…!! Ma va!!!
Robin: Finalmente è arrivata la guardia del re e noi tutti addosso.
Contadino: Mi immagino che caos…
Robin: Siamo saltati da una erta altezza, dopo averli irretiti…
Contadino: Irr…irr….irrechè?
Robin: IRRETITI,cioè coperti con le reti.
Contadino: E siete saltati da dieci metri?
Robin: Esagerato, saranno stati tre o quattro metri.
Contadino: Vi siete fatti male?
Robin: No, noi siamo uomini duri.
Contadino: E dopo aver catturato la truppa, cosa avete fatto?
Robin: Li abbiamo spogliati…
Contadino: …che sporcaccioni…
Robin: Che hai capito?
Contadino: Quello che hai detto, che li avete spogliati, cioè gli avete levato i vestiti.
Robin: Ma no, li abbiamo spogliati delle armi e dei denari che abbiamo dato ai poveri disgraziati come te.
Contadino: È vero il mondo è diviso in ricchi e poveri: i ricchi comandano e i poveri sono comandati.
Robin: I ricchi sono o sembrano liberi, mentre i poveri è sicuro che liberi non sono.
Contadino: Abbiamo sempre dei padroni ai quali dobbiamo ubbidire.
Robin: I ricchi sono potenti, i potenti comandano e commettono tante ingiustizie sociali.
Contadino: Pensano solo alla propria libertà e benessere.
Robin: Ma per fare questo devono rubare la libertà a qualche altro loro simile.
Contadino: Però una cosa rende uguali tutti, ricchi e poveri.
Robin: Cosa?
Contadino: Il sonno. Io mi ritiro, Robin. Domani è una giornata pesante. Devo lavorare per il padrone. (Sbadiglia )
Robin: Anch'io mi ritiro, è ormai notte.
(Escono.
Musica della canzone"VECCHIO FRAC" -testo modificato)
Menestrello: La gente si è sempre ribellata alle oppressioni e alle ingiustizie.
1° giullare: Stai parlando di libertà?
2° giullare: È ovvio, di quella libertà che è tutta personale, ma anche di quella sociale, non meno importante.
3° giullare: La libertà è una cosa seria. Nessuno ha il diritto di toglierla a nessuno.
Menestrello: Però c'è chi si prende il diritto di usare la propria a scapito di quella degli altri.
1° giullare: Quindi bisogna ricordare che la propria libertà finisce dove incomincia quella degli altri.
2° giullare: Non si possono sopraffare gli altri.
3° giullare: E poi libertà non vuol dire anche solidarietà.
4° giullare: Solidarietà fa rima con libertà, qualità, tranquillità, tolleranza uguaglianza, pazienza.
Menestrello: Non sono tutte rime però vogliono esprimere più o meno lo stesso concetto.

Il discorso libertà
È di grande serietà
Va diffusa nel mondo
Per quanto è tondo.
È chiara la differenza
Tra libertà e prepotenza
Cosa difficile da spiegare
Come si va a confermare.
C'è la libertà personale
Insieme a quella sociale
E non si può impedire.
Qualcuno avrà da ridire?
È una cosa importante
Per alcuni irrilevante
Una volta era limitata
Poi è stata conquistata.
Però non ne approfittiamo
Altrimenti la perdiamo
Speriamo di aver reso l'idea
A questa gentile platea.
Si spera non sia una delusione
Ma un momento di riflessione
Gli attori vi sono piaciuti?
Per recitar si sono spremuti
E hanno dimostrato
Il loro talento innato.