Ultimi giorni di Pompei

Stampa questo copione

ULTIMI GIORNI DI POMPEI

Commedia drammatica in due atti

di Raffaele Aufiero

(Segnalazione Premio Calendoli 2003)

(Passioni a confronto, pulsioni in guerra di resistenza, scontro di anime

dilaniate da un passato oscuro: il tutto nell’inquietante prospettiva di

un’eruzione imminente.

Corollario della minaccia naturale, una comunità male assortita in cerca

di riscatto e di espiazione attende il momento fatale del confronto

estremo, sublimante, quello con la lava e con il fuoco: cioè con la

propria coscienza.)

Personaggi

Laerzio Pompei, detto "console", alcolizzato

Empedocle, suo fratello, teleoperatore

Demetra, moglie del "console"

Céline, ragazza (17/18 anni)

Don Teotimo, prete

Arbace, camorrista

Glaukos, giovane innamorato di Celine

Fratelli Vetti, due ricchi commercianti gay

Gestore della pensione Quisisana

Suonatori di tammorre

Luogo

La hall di un albergo non di lusso, ma molto dignitoso. Pochi tavolini con

sedie, qualche poltrona, un televisore e vari accessi sul fondo, uno dei

quali per l’ascensore.

Sul lato sinistro della scena un banco da bar e a destra una veranda dalla

quale si scorge il profilo del Vesuvio come è stato consegnato dalla

tradizione pittorica e fotografica.

Epoca

Presente

ATTO PRIMO

Scena prima

E’ mattina. In scena Céline che sembra ubriaca e il gestore. In fondo al

locale un uomo sonnecchia seduto ad uno dei tavolini: il capo poggiato sul

braccio piegato, una bottiglia davanti e ogni tanto ha dei sussulti, come

stesse sognando.

CELINE (parlando tra sé) Sì, vi dico che è vero. L’ho proprio sognato,

questa notte.

GESTORE (sospettoso) Un grande ragno con gli occhiali da sole?

CELINE Un grande ragno con gli occhiali da sole.

GESTORE (mettendo a posto sedie e tavolini, e lanciando uno sguardo

distratto fuori) Deve essere una tarantola. Già, proprio una tarantola.

CELINE Macché, non so nemmeno cosa sia. (guarda fuori, come sporgendosi

verso la terrazza) E invece quello cos’è?

GESTORE (avvicinandosi per vedere ciò che ella vede) E’ solo uno

scorpione.

CELINE Uno scorpione?

GESTORE E di una razza molto rara anche.

CELINE (con indifferenza sfrontata) Ma davvero?

GESTORE Sì! Uno scorpione del Vesuvio.

CELINE Oh Dio! Mi ripugna il solo pensiero di un essere simile.

GLAUKOS (entrando. La guarda con appassionato interesse) Curioso essere

invece lo scorpione.

CELINE Perché?

GESTORE E’ una razza destinata alla sopravvivenza. Sono qui da trecento

milioni di anni.

CELINE Tutto qui?

GESTORE No, c è dell’altro (si avvicina a Céline, come per farle una

confidenza) Ha di bello che non si cura né del prete né del contadino… E’

davvero una bella creatura non trova? Possiede un grande spirito

democratico. (esce)

CELINE (rabbrividendo) Sarà come dice lei, ma a me fa schifo. Lo uccida!

GESTORE No, perché? lasciamolo vivere. Tanto, si trafiggerà a morte col

suo aculeo. E’ il loro destino.

CELINE Che destino di merda. Con tanti a cui può far male… (tra sé)

camorristi, spacciatori… proprio a lui?

GESTORE Ma lei, piuttosto, trema, signorina. Non sarà mica davvero per

aver visto quello scorpione sulla terrazza.

CELINE Sono affari miei.

GESTORE Non volevo certo intromettermi… e urtare la sua riservatezza.

CELINE Exusez moi! Ho molta paura!

GESTORE Non capisco per quale motivo, signorina. (volge uno sguardo alla

cima del vulcano) Qui c’è tanta gente che ancora si diverte.

CELINE Beati loro! Mi vesri ancora un po’ quello (indica una bottiglia sul

banco e avvicina il bicchiere)

GESTORE (versa con riluttanza) Vede quei due lì fuori che giocano a

tennis?

CELINE (guarda oltre la veranda) Quelli lì? Ebbene, che hanno di

particolare? Sembrano due persone normali, anzi - come dite voi qui? - due

orecchioni!

GESTORE Non è proprio quello il termine… comunque non sembrano. Lo sono

proprio e se ne vantano. I fratelli Vetti. Quei due sono ricchissimi,

possiedono almeno una dozzina di salumerie ben avviate e frequentate dalla

migliore gente della città. Stanno qui per divertirsi, cosa crede, per

divertirsi e riposare, fare i fanghi e curarsi con le acque; altrimenti

avrebbero certo dove andare. Maldive, Seichelles, Rio… Il loro yacht è

ancorato nella baia… (pausa) Perché starebbero al Quisisana?

CELINE (aspra, ormai in preda ai fumi dell’alcool) Si vede che hanno

trovato i cazzi della misura giusta per i loro… (ravvedendosi e cambiando

tono) Mi scusi. Di solito meno espansiva con i miei pensieri più remoti.

No, non è quel tipo di paura che credo di avere. Quel cono che fuma non mi

ispira sensazioni di terrore, affatto.

GESTORE (con aria compassionevole) Signorina, ne sono convinto; tuttavia

penso che dovrebbe smetterla di bere… sta quasi delirando.

CELINE Sì, è vero, sono solo un po’ sbronza, ma è meglio questo che la

paura, credetemi. Come cantava il gobbetto ieri sera?

GESTORE Il gobbetto?

CELINE Sì, quello con il mandolino… quella canzone.

GESTORE Quale canzone signorina?

CELINE Quella canzone che parlava di vino e di amore…

GESTORE Ah, sì, (accenna a cantare) E’ meglio ‘o vino, o vino ca te stona

e nno l’ammore… dice questa, vero? (Céline si abbandona, come stesse per

svenire) Signorina…(chiama) Glaukos! Glaukos! (a Céline, apprensivo) ora

la faccio accompagnare in camera sua. (a Glaukos) Accompagna su la

signorina nella sua camera e accertati che si metta a letto. Così non

regge. (a Céline) Glaukos l’ accompagnerà nella sua camera. Cerchi di

riposare qualche ora. La faccio chiamare per il pranzo. (a Glaukos)

Controlla che non ci sia… roba in giro. Non vorrei trovarmi nei guai.

Céline e Glaukos, che la sostiene, si dirigono verso l’ascensore.

GESTORE (tra sé) Già, la paura. Che ne può sapere una ragazza giovane e

bella, sicuramente ricca, per lo più straniera, della paura.

Entra Arbace e si dirige al banco.

ARBACE (si ferma improvvisamente e guarda a lungo Céline) Buon giorno

signorina! (Glaukos intanto fa forza per condurre via Céline) Fino a

quando fuma non c’è da preoccuparsi. E’ un po’ che ha smesso però. Questo

mi inquieta, mi mette in apprensione. E’ quando non fuma e borbotta che

c’è da temere, quando gonfia quella sua pancia di gas e di fuoco senza

neppure un alito di zolfo su per il cielo, allora fa paura. Che vuoi, a me

il pennacchio mi rasserena.

GESTORE Vi siete alzato poeta stamattina, Arbace?

ARBACE Versami da bere, una Sambuca, liscia.

GESTORE Di prima mattina? Questo succede solo quando siete nero, Arbace.

ARBACE Questa minaccia rende tutto più difficile. E’ una jella per gli

affari.

GESTORE Già, e con la paura niente sbarchi. I Curdi staranno facendo la

muffa al largo…

ARBACE Senti, smettila. Non farti uscire niente da quella bocca se no te

la chiudo a calci. Tu sei qui per ascoltare e servire, per captare e

riferire, non certo per sollevare commenti inopportuni o emettere giudizi

ancor più inopportuni.

GESTORE Ehi, ehi! Stavo solo scherzando, visto che siamo soli.

ARBACE (indicando quella persona che occupa un tavolino in un angolo, la

testa reclina sul braccio, una bottiglia semivuota davanti) Già, e quello?

GESTORE Sì, proprio quello, il console! L’ho lasciato così questa notte e

così l’ho ritrovato stamattina. Non ho avuto neppure l’ardire di

svegliarlo.

ARBACE Che console è?

GESTORE Si fa chiamare così. Ma il suo vero nome è Pompei, Laerzio Pompei.

Non è di qui. Viene da fuori. Dall’estero. E credo sia qui solo di

passaggio: qualche giorno ancora in attesa che lo raggiunga la moglie.

ARBACE Da dove viene?

GESTORE (nel suo modo di parlare s’indovina un tentativo di

dissimulazione) Nei suoi documenti c’è scritto console. Probabilmente sarà

stato console davvero.

ARBACE Ma da qualche parte verrà pure! Che mestiere del cazzo, però.

GESTORE Si può essere anche console. E’ un mestiere come un altro. Può

darsi che abbia fatto il console in un paese africano o del sud America ed

ora è in pensione o l’avranno licenziato.

ARBACE Si licenzia un console?

GESTORE E che ne so io! Ma per quanto beve…se l’avessero licenziato non mi

sorprenderebbe. Pensate ai casini che avrebbe generato nel corso di un

vertice tra persone importanti, militari, ministri… Quando è lucido però

sembra un signore… e parla pure bene… compito, elegante.

ARBACE Ma quando dà di testa!…

GESTORE Ieri notte, prima di crollare, mi ha rifilato un mazzo di lettere

e mi ha ingiunto di chiuderle in cassaforte… ne ha tenute due sole che ha

letto e riletto, tra un bicchiere e l’altro, fino a quando il sonno non se

l’è portato via.

ARBACE E’ stato lì tutta la notte a rileggere quelle due lettere, dunque?

Scena seconda

Come in un flash back il console legge una lettera mentre dietro un

velatino compare una donna. In effetti le parole che pronuncia la donna

sono quelle che egli legge mentalmente.

DEMETRA Io credo di esser la creatura mortale più sola davanti a Dio. Non

ho la compagnia del bere che tu trovi, per insoddisfacente che sia. La mia

infelicità è chiusa dentro di me. Tu solevi chiedermi urlando di aiutarti.

Ma la supplica che t’invio è di gran lunga più disperata. Aiutami, sì,

salvami da tutto ciò che mi circonda, mi minaccia e tremando esita, pronto

a rovesciarmisi sulla testa. Laerzio, perché non mi rispondi? Io posso

solo credere che le mie lettere non ti siano giunte. Ho messo da parte

tutto il mio orgoglio per chiederti perdono, per offrirti il mio. Non

posso, non voglio credere che tu abbia cessato di amarmi, che tu mi abbia

dimenticata. O che tu forse abbia concepito l’idea errata ch’io mi trovi

molto meglio senza di te e hai deciso di sacrificarti affinché io possa

trovare la felicità con un altro? Amore mio caro, non ti rendi conto che

questo è impossibile? Noi possiamo darci l’un l’altra infinitamente di più

di quel che possa la maggioranza della gente, possiamo riposarci,

costruire l’avvenire…E se tu non mi ami più e non mi vuoi più con te, vuoi

scrivermi per dirmelo? E’ il silenzio che mi uccide, questo stato di

sospensione che si protende fuori di questo silenzio, per impossessarsi

della mia forza e del mio spirito. Scrivi e dimmi che è la tua vita che

vuoi, che sei allegro o infelice, o soddisfatto o irrequieto. Se hai

perduto il senso della mia esistenza, scrivimi del tempo, o della gente

che conosciamo, delle strade in cui passi, dell’altezza delle località sul

livello del mare… Dove sei? Non so neppure più dove ti trovi. Oh, è tutto

troppo crudele. Dove ci siamo cacciati, mi domando? In quale remota parte

del mondo noi passeggiamo ancora, tenendoci per mano?

CONOSLE Smettila, Demetra!

DEMETRA Dove sei, Laerzio? Se soltanto sapessi dove sei, se soltanto

sapessi che mi volevi, sai che sarei già da molto tempo con te. Perché la

mia vita è irrevocabilmente legata alla tua. Non credere nemmeno per un

attimo che lasciandomi tu possa essere libero. Ci condanneresti entrambi

soltanto ad un estremo inferno in terra. Libereresti soltanto qualche

altra cosa che ci distruggerebbe entrambi. Ho paura, Laerzio. Perché non

mi dici che cosa è accaduto? Di che cosa hai bisogno? E, mio Dio, cosa

aspetti? Quale liberazione è paragonabile a quella dell’amore? Le mie

cosce ardono dal desiderio di cingerti. Il vuoto del mio corpo non è che

la famelica necessità di te. La mia lingua è secca nella mia bocca per la

sete che ha delle nostre parole. Se lascerai che qualcosa, qualunque cosa,

ti possa accadere, farai del male anche a me.

Il ricordo svanisce, mentre il console distrugge la lettera e ripiomba nel

torpore.

Scena terza

ARBACE La ragazzina, invece? Ogni volta che ci incontriamo in quest’atrio

mi lancia certe occhiate! Come se riconoscesse in me qualcuno.

GESTORE Invece cosa?

ARBACE Chi è, da dove viene, per esempio!? E in effetti mi ricorda una che

ho conosciuto, qualche anno fa. Proprio su queste scogliere, o a Capri, e

devo averla anche servita.

GESTORE Smettetela di vaneggiare. Non è neppure di qui. E’ al Quisisana da

una settimana. Penso che sia francese, almeno parla francese.

ARBACE E tu conosci il francese?

GESTORE No, ma il francese è una lingua che si riconosce.

ARBACE Anche in Belgio parlano francese… Non sarà mica in astinenza? Se ha

bisogno di roba mandala…

GESTORE E’ pulita. E poi vi ho già detto che la vostra roba la dovete

tenere lontana dal Quisisana. In quanto alla francese, credo sia solo un

po’ depressa. Del resto, che vuoi che abbiano, a quest’età? (senza

convinzione) Magari soltanto una scopatina non proprio felice, lui che non

ne vuole sapere del figlio che le riempie la pancia e lei non sa dove

parare…

ARBACE Sono cose di altri tempi, queste, svegliati! Che ci vuole ad

abortire, poi, specialmente loro, le francesi. Hanno pure la pillola

adesso per farlo.

GESTORE Può darsi che se n’è accorta tardi, quando il bambino…

ARBACE Sei arretrato. Non è come una volta, oggi si fa presto e bene. Gli

ficcano dentro una specie di aspirapolvere molto sottile, una cannuccia

come quella delle bibite, con l’orlo tagliente, un’aspirata d’aria e il

bambino esce triturato dall’altra parte. Lei neppure lo vede.

GESTORE Che schifo! Era meglio ai miei tempi, la femmina lesta era più

umana.

ARBACE Senti, (rivolto verso console) quello là sta dando segni di volersi

risvegliare. Io vado a dare un’occhiata lungo la scogliera. Sta’ in

campana e se ci sono novità attaccati subito a quel cazzo di telefono. Il

cellulare ce l’ho sempre acceso. (esce)

Scena quarta

CONSOLE (stiracchiandosi e avvicinandosi al banco dietro il quale è il

gestore. Osserva con circospezione Arbace che sta uscendo) E’ arrivata la

signora? Mia moglie è arrivata?

GESTORE Ancora no, console, ma arriverà presto. L’aereo è atterrato con

due ore di ritardo.

CONSOLE E lei come lo sa?

GESTORE Ho sentito il telegiornale regionale delle nove.

CONSOLE E che altre novità ci sono?

GESTORE E’ venuto un signore a domandare di lei.

CONSOLE (con sprezzo) Ha saputo anche questo dal telegiornale? (pausa)

Scusi! Chi era?

GESTORE Non lo so, uno alto. Ha lasciato lì i bagagli.

Il console guarda i bagagli lasciati addossati ad una poltrona. Una

valigia abbastanza ordinaria, una sacca e una custodia da videocamera

aperta.

CONSOLE E che intenzione ha quel… signore? Le avrà domandato qualcosa!

GESTORE Di fermarsi: credo abbia intenzione di fermarsi. Ha preso con sé

la videocamera e ha detto che avrebbe fatto una passeggiata. Torna nel

pomeriggio a prendere possesso di una stanza… (scruta di sottecchi il

console come per interrogarlo) Ma lei sa chi è?

CONSOLE Sì, e avrei voluto che non fosse mai venuto.

GESTORE Posso sempre dirgli che non ho più camere.

CONSOLE Non serve a niente. (Il gestore stappa una bottiglia di Porto e

avvicina un bicchiere per versarne, ma il console lo ferma) Ho bisogno di

un caffè. Alla vostra maniera. Mi faccia un bel caffè ristretto ma doppio,

no anzi, triplo.

GESTORE Chi è?… Le preparo il caffè intanto.

CONSOLE Mio fratello.

Entra Glaukos e saluta con un deferente inchino il console.

GESTORE (a Glaukos) Allora?

GLAUKOS Si è buttata sul letto e si è addormentata così come stava.

Vestita. Poveraccia. Chissà quale angoscia…

CONSOLE Chi? Quella ragazza francese, Céline?… non avrei dovuto istigarla

a bere, dovevo immaginare che non l’avrebbe retto. Dovevo pensarci. Avrei

dovuto sempre pensare alle cose che né io né altri avremmo dovuto fare.

GESTORE Non è così grave. Dopo la dormita sarà di nuovo pimpante e

allegra.

GLAUKOS (al gestore) Com’è che è così interessata a quell’animale si

Arbace?

GESTORE In che senso interessata? Se tu stesso mi hai confermato che non

si fa. Di’, mi hai raccontato tutta la verità?

GLAUKOS Sì’, certo, ma è che mi a fatto strane domande sul suo conto.

GESTORE Del tipo?

GLAUKOS Del tipo ubriache… da quanti anni vive in questa città, se è

proprio di questa città, se frequenta stranieri, se gli piacciono le

ragazzine….

CONSOLE (per riaffermare la sua presenza) E che dice il fumo?

GESTORE Il fumo?

CONSOLE Sì, prima che mi addormentassi il vulcano fumava… Lo sterminator

Vesevo, come lo definisce quel poeta che pur non essendo vostro

concittadino tanto lustro vi ha dato vivendoci, in questa città, e

morendoci.

GESTORE (imbarazzato per l’ignoranza) … ehm! Proprio adesso ha smesso.

GLAUKOS Brutto segno, vero?

GESTORE Già! (serve il caffè al console, che comincia subito a

centellinarlo)

CONSOLE Spero di essere lontano quando la sua rabbia esploderà.

GESTORE Ho i miei dubbi.

CONSOLE Come dice?

GESTORE Dico proprio così. Vuole sapere come la penso?

CONSOLE Come la pensa, sentiamo.

GESTORE La penso esattamente così (lo guarda fisso negli occhi)… lei è

venuto qui per assistere allo spettacolo dell’eruzione.

CONSOLE E perché?

GESTORE (mentre un sagomatore lo fissa in un cono di luce) Perché

l’eruzione porterà la distruzione e la distruzione della terra l’interessa

perché essa è la sua stessa distruzione. Quella che fra un po’ ci sarà qua

fuori andrà alla pari con quella che già si porta dentro e cerca di

annegare nell’alcool… è venuto ad assistere all’eruzione per compiacersi

dei danni che arrecherà a tutti noi anche se non ne ricaverà nessun

vantaggio… lei sta aspettando il risveglio del mostro alla cui rabbia ella

ha delegato il compito di placare la sua… lei è qui perché è eccitato

dall’idea della fine e niente e nessuno la potrà portare via, neppure sua

moglie.

CONSOLE Lasci mia moglie fuori delle sue elucubrazioni!

In quel momento entrano i fratelli Vetti, accaldati e stanchi della

partita.

PRIMO FRATELLO E’ stata davvero una bella partita. Peccato per quel

rovescio. Li avremmo sotterrati (al gestore) Ci preparate il conto,

signore?

GESTORE Andate via, signori miei?

SECONDO FRATELLO Noi sì. Quanto prima. Perché, voi no?

Nessuno risponde

PRIMO FRATELLO Il tempo di sbrigare una pratica bancaria e di rifare i

bagagli. Dopotutto ci siamo riposati abbastanza. E non ci sembra

promettente il futuro in questa terra!

GESTORE Per via del vulcano?

CONSOLE Ma via, signori, volete perdervi la scena più bella, il finale ad

effetto, la firma dell’artista? (guardando ai bagagli lasciati da suo

fratello) C’è anche la televisione a riprendere il fenomeno.

PRIMO FRATELLO Non ci interessa. Abbiamo altri impegni.

CONSOLE A giudicare dal vostro tocco di palla, poc’anzi, si sarebbe

scommesso volentieri sulla vostra arditezza, sulla vostra propensione

anche all’azzardo al rischio e ora vi dimostrate dei pusillanimi. O la

vostra sfacciata fortuna non vi ha ancora insegnato che il rischio è

congruente alla ricchezza?

SECONDO FRATELLO E’ pure insolente signore, oltre che estremamente

scortese, tanto più che nessuno ha chiesto il suo parere.

CONSOLE Infatti, ve l’ho dato gratis. Quella democrazia che anch’io ho

contribuito a realizzare, anche e purtroppo per gente della vostra risma,

mi garantisce l’esercizio del giudizio, il beneficio del commento, il

privilegio dell’opinione…

SECONDO FRATELLO Non la calunnia, però, che rimane reato, perseguibile in

termini di legge, signore, e io e mio fratello adesso sporgeremo querela.

Abbiamo testimoni (guarda prima Glaukos che sta entrando e poi il gestore.

Il primo fratello estrae un telefonino dalla tasca e compone un numero).

CONSOLE (esaltato e feroce) Ve li potete ficcare nel culo i vostri

testimoni perché tra non molto il fuoco liquido che s’incanalerà giù da

quei costoni vi brucerà i coglioni prima che possiate metterli al riparo

in uno scrigno d’argento e tutta la vostra immonda boria verrà sommersa da

una valanga di cenere purificatrice che di noi lascerà solo un malsano

ricordo.

PRIMO FRATELLO (parlando a telefono) Sì, qui alla pensione Quisisana…

I fratelli Vetti escono indignati.

CONSOLE Certo, se eccellono in qualche cosa quei due… signori, è in

codardia.

GESTORE Che vuole, la morte è un brutto affare, a qualunque latitudine.

Lei dovrebbe saperlo meglio di chiunque altro.

CONSOLE In tanti anni di vita all’estero, in paesi sempre malmessi o

perché poveri o perché governati da regimi politici brutali e offensivi ho

imparato che la morte è come una scommessa.

GESTORE Questo lo sapevo anch’io

CONSOLE Già… che si può vincere e si può perdere.

GESTORE Questa mi risulta nuova. Conosce qualcuno che l’ha vinta questa

scommessa?

CONSOLE Sì, io.

Entra don Teotimo.

Scena quinta

DON TEOTIMO (al gestore) Che avevano quei due? E’ crollata la borsa e i

loro titoli di salumi sono andati in fumo?

GESTORE Buon giorno, Don Teotimo. Vi siete voluto avvicinare anche voi per

godervi da vicino lo spettacolo. E avete lasciato i vostri vicoli e i

vostri bassi ostaggio di ogni peccato, stamattina?

DON TEOTIMO Io il peccato lo inseguo sempre, dovunque esso si trasferisca,

in città come in periferia. E come lui, io non sto mai a riposo, non vado

in ferie. E qui mi hanno detto che non ve n’è meno. Sto cercando una

ragazza…

GESTORE E la venite a cercare qui?

DON TEOTIMO Ho sentito voci, mormorare…

GESTORE Ma quali voci, sono le onde del mare che sbattono fragorosamente.

Chissà che non v’abbiano fatto fare un viaggio a vuoto.

CONSOLE Di quale ragazza parla, padre?

Il console e il gestore si guardano. Entra Glaukos.

DON TEOTIMO E’ una ragazza di diciassette anni, diciotto, forse: francese,

mi hanno detto.

GESTORE (guardando al console) E che peccati avrebbe commesso questa

ragazzina, sentiamo.

DON TEOTIMO Insomma è qui o no?

CONSOLE E’ mia vicina di stanza. Alla 107, io sto alla 108.

DON TEOTIMO E ora dov’è?

GESTORE In camera sua. L’ho fatta accompagnare su da Glaukos perché era

completamente sbronza. Sembrava delirasse, a un certo punto. Poi s’è messa

a cantare quell’aria… come fa? Vendetta, tremenda vendetta!

GLAUKOS Mentre dormiva ho frugato un po’ tra i suoi bagagli. Ha roba fine

la ragazza. E poi ha una valigia piena di fotografie.

GESTORE Fotografie o cartoline?

GLAUKOS Fotografie, sue o di una ragazza che le somiglia molto. Io sono

convinto che si tratti di una sorella… è sempre fotografata di faccia

mentre di spalle, ma in maniera sfocata, si vede un uomo massiccio:

capigliatura castana, ordinario, piuttosto ordinario.

GESTORE (a don Teotimo) E perché la state cercando?

DON TEOTIMO Ho ragione di supporre che sia disperata.

CONSOLE Chi non lo è oggigiorno?

DON TEOTIMO Credo si tratti della stessa persona che è venuta in chiesa

ieri sera, prima della chiusura, e si è messa a gridare verso la Madonna

di una sua intenzione malsana di farla finita con la vita. Non ho fatto in

tempo a raggiungerla perché è subito fuggita.

CONSOLE Ecco un’altra a cui le sta stretto il mondo… a quest’età!

DON TEOTIMO (al gestore) Se poi lo volete sapere, essendo questo l’unico

albergo che potesse ospitare una straniera a poco più di duecento passi

dalla chiesa ho pensato bene di venirla a cercare qui.

GESTORE (a don Teotimo) E avete fatto bene. Se è così dobbiamo vigilare.

Ci penso io don Teotimo. Quando si sveglia la mando a fare un giro in

città e le dico di venire alla parrocchia di Santa Lucia, da voi.

DON TEOTIMO Sì, forse è meglio. E voi pregate. (al console) Soprattutto

lei, ha bisogno di pregare, intensamente, profondamente. E’ una brava

persona, ma in questo momento non capisce bene l’aiuto che Dio e la

Vergine stanno facendo calare su di lei. S’impegni, preghi… (esce).

GESTORE E’ tanto un brav’uomo, don Teotimo. Aiuta tutti. E’ considerato un

santo dagli abitatori dei vicoli e dei bassi.

CONSOLE (tra sé) Un benemerito… Ma che ne sa di me?

GESTORE No, è proprio un santo. Ecco perché conosce tutto di tutti. Gli

basta uno sguardo, un’occhiata che a noi potrà sembrare distratta per

penetrare nella coscienza di chicchessia, nell’anima di chiunque, anche di

chi non ne ha.

CONSOLE Non ce lo facevo affatto.

GESTORE Lo sa lei a quante prostitute ha restituito la dignità di persona,

con tanto di amor proprio a seguito; a quanti cravattati ha dato il

coraggio necessario per denunciare gli strozzini che li stavano

trascinando alla disperazione; quanti drogati ha soccorso, facendo loro

intravedere la luce della vita fuori del tunnel? Tutti i disperati della

città gli devono qualcosa.

CONSOLE Già, come Cristo. E come a Cristo gli stano già inchiodando la

croce.

GESTORE Chi?

CONOSOLE Ma come? I filistei.

GESTORE Ci sono filistei qui? Ne ha visti lei?

CONSOLE I filistei sono dappertutto, il mondo ne è pieno, l’umanità tutta

è ammorbata del loro fetore… quei due, quei due di prima, non sono forse

filistei?

GESTORE Ma chi, i Vetti?… Ma no, quelli son solo ricchi commercianti e per

giunta gay. Console, perché dice così? Lei sa qualcosa di particolare in

merito?

CONSOLE So come va la vita a questo rachitico mondo. Quei due per esempio

saranno pure gay, come dice lei, ma sono senz’altro filistei.

Il Console raccatta un asciugamano e si dirige all’uscita. Da fuori fa

sapere che va a prendere un bagno giù agli scogli.

Scena sesta

GLAUKOS Quello secondo me è pazzo.

GESTORE E da che cosa lo deduci?

GLAUKOS Dal suo comportamento.

GESTORE Il suo non è proprio il comportamento di un pazzo. Di’ un po’,

quanti ne conosci tu di pazzi, che puoi giudicare così?

GLAUKOS Dunque, vediamo… escludendo… già, escludendo anche… no, quello poi

no, semmai è cretino, e ancora… No forse hai ragione tu, forse è solo

ubriaco, è sempre ubriaco. Non pazzo… qua l’unico pazzo va a finire che

sono io. Sì, pazzo di quella ragazza, quella, come hai detto che si

chiama, Céline? E’ da quando ha messo piede qua dentro che la corteggio

con gli occhi: sapessi l’emozione che mi prende ogni volta che trascino la

sedia dal tavolo per farla sedere… salendo su, adesso, mi si è aggrappata

al braccio… non volevo che si arrivasse al piano, alla sua camera…

GESTORE Sì, sì, ma non ti entusiasmare tanto, biondino, quella è roba che

scotta. Oh, non per lei, ma perché ci ha messo già gli occhi addosso

Arbace. Non hai notato con quanta intensità si guardano quando si

incontrano nella hall? Pensa che mi è venuto anche il sospetto che le sue

visite più frequenti delle altre volte siano dovute all’interesse suo per

la ragazza.

GLAUKOS Quanto me ne fotte di quello lì. E se solo s’azzarda…

GESTORE Ehi, ehi, ehi!… non facciamo succedere niente. Quello già gli va

storto perché con questo tempo e questi controlli sottocosta non può

sbarcare i sui clandestini. Che intanto sono in qualche stiva al largo in

mezzo alla bufera.

GLAUKOS Se ha bisogno di puttanelle che gli facciano il lavoro se le

cercasse a casa sua!

Entra Arbace

ARBACE Ho sentito parlare di puttanelle, vero? Il mio istinto non mi

inganna mai (guarda arcigno i due). Vero?

GESTORE Sentite, Abace, si stava fecendo due chiacchiere non ci riferivamo

a nessuna persona in particolare….

GLAUKOS Invece no, Arbace, signor Arbace. Se non la smetti di gironzolare

intorno al Quisisana ti vado subito a denunciare per molestie nei

confronti di una minorenne, poi dovrai vedertela anche con le autorità del

suo paese e se non basta sappi che son pronto anche a riempirti di pugni

quella faccia da mastino fino a spaccartela come una melagrana (esce).

ARBACE Quanta foga! E che temperamento, malriposto però. Ma che vuol fare,

si vuole mettere contro di me quello stronzetto? Di’, tu che lo conosci,

si vuole mettere contro di me? Si vuole mettere contro di me? Di’!

GESTORE No, è solo giovane. Ma gli passerà. Caro il mio Arbace, la vita

riserva due grosse malattie, una, la giovinezza, dalla quale prima o poi

si guarisce, e capiterà anche a Glaukos, l’altra, la vecchiaia, dalla

quale purtroppo non si guarisce più è quella che ha colpito le nostre

persone.

Arbace viene colpito da qualche granello di povere agli occhi e un

sassolino in testa e si volge a guardare verso il soffitto.

ARBACE Che cazzo sta succedendo! (si sgrulla i residui dalla testa)

GESTORE (rassicurante) Oh, niente! C’è una crepa nell’intonaco. Dovrò far

rasare il soffitto. Prima dell’estate è sicuro che lo faccio. Ora vi verso

un bicchierino. Va bene la solita Sambuca?

Entra una donna elegante con una borsa da viaggio tipo 24 ore.

ARBACE No, lascia stare, non è questo il momento di bere. (cerca in tasca

qualcosa, poi ne cava un pacchetto di sigarette, vede che è vuoto, lo

accartoccia e lo butta in un cestino)

DONNA Buon giorno! Ho prenotato una camera l’altro ieri, spero sia pronta.

(Porge i documenti e il vaucher)

GESTORE Sì, signora… (legge il nome sul vaucher) Demetra.

ARBACE E se non è pronta, madame, la faremo approntare subito. (al

gestore) Hai delle sigarette?

DEMETRA Dell’amenità di questi luoghi e della puntuale cortesia dei suoi

abitatori ero stata già prevenuta dall’agenzia. (con sarcasmo) Con chi ho

il piacere di parlare?

ARBACE Arbace, servo suo! (ritira in fretta la mano che la signora ha

sprezzantemente rifiutato e accenna un inchino, molto goffo. Poi di nuovo

al gestore) Ti avevo chiesto una sigaretta.

GESTORE Non ne ho, sai che non fumiamo qui!

DEMETRA (al gestore, ma guardando Arbace con sguardo cinico) Mio marito è

in stanza?

GESTORE E’ andato a prendere un bagno. Lo mando a chiamare?

DEMETRA No, non fa niente. Vado in camera, mi cambio e lo raggiungo.

GESTORE (gridando) Glaukos! Signora, (con imbarazzo) vuole che le dia una

camera più grande, per entrambi, diciamo una suite con vista al mare?

DEMETRA Vedremo. Dopo.

Glaukos e Demetra si allontanano verso l’ascensore.

ARBACE Che carattere. Dunque è la moglie di quello sciagurato che chiamate

console? Sarei curioso di sapere che ci farà un relitto umano come quello

ad una donna così… sembra tutta fuoco, fieno per cento cavalli!

GESTORE Ma perché non vi fate gli affari vostri, eh! Fino a prova

contraria questo è il mio locale.

ARBACE Tutto quello che avviene su questo territorio per un miglio

quadrato… sai quanto è un miglio quadrato? -un pezzo di terra di due

chilometri per uno circa… fascia di mare e pendici del vulcano incluse- è

affar mio. Se si gioca a briscola, si bevono alcolici, si fuma; se si va a

far spese o si affittano barche per gite in mare, anche se si fotte qui è

affar mio, sono stato chiaro? Ti forò avere una stecca delle mie sigarette

così non potrai rifiutarmene quando te la chiedo.

Scena settima

Arbace esce. Il gestore mette su un po’ di musica e in quel momento

entrano il Console, da fuori, e sua moglie, dall’ascensore. Si guardano a

lungo, si sorridono e si abbracciano.

CONSOLE (con slancio la bacia su una guancia) Non vedevo l’ora che

arrivassi.

DEMETRTA (con ironia trattenuta) Si direbbe proprio!

CONSOLE …E per ingannare il tempo avevo deciso di prendere un bagno. Ma

poi ho pensato: meglio di no. E’ meglio stare dentro, il mare è grosso,

sottocosta è addirittura pericoloso. Abbiamo anche la musica, poi.

Possiamo ballare se vuoi.

DEMETRA (condiscendente) Da soli?

CONSOLE Che fa! Chiudiamo gli occhi e pensiamo di essere a Parigi, il

giorno del tuo trentesimo compleanno, a "La salle de Buenos Aires", piena

di sfollati argentini invisi al governo di Videla, te lo ricordi? Tutta

quella baldoria poi a Place Véndome.

DEMETRA Sì, è un ricordo che custodisco con molta tenerezza, uno dei

pochi, però (si guardano con severità, poi cominciano a ballare un tango).

Siamo stati sei anni a Buenos Aires e non hai mai voluto ballare, com’è

ora?

CONSOLE Il tango è una una musica da profughi, da esiliati, anche da se

stessi. Ce lo ha insegnato Carlos Gardel, più di tutti gli altri. La

capisci solo lontano dalla terra che l’ha prodotta, e l’apprezzi come

apprezzi tutte le cose che appartengono ad un vissuto che non è più tuo.

DEMETRA Quanto hai bevuto, Laerzio?

CONSOLE (alzando la voce sulla musica che si attenua) E’ il nostro destino

esserci ritrovati qua, Demetra. Osserva questo luminoso paese ondulato, i

suoi monti a terrazze, le sue valli, il suo vulcano incredibilmente belli.

Il profumo dei limoni. E pensare che può essere anche nostro! Allora

cerchiamo di essere buoni, pieni di spirito costruttivo, cerchiamo di

essere degni di questa terra.

DEMETRA Come puoi chiedermi questo, adesso. Tu che hai sempre amato te

stesso e il tuo dolore, ti sei compiaciuto, vittima della tua stessa

sofferenza.

CONSOLE Già io, mentre tu hai sempre avuto gente che si occupava di te,

che ti amava, ti guidava. Hai sempre dato retta a tutti meno che a me, che

ti amavo.

DEMETRA No, tu hai amato sempre e solo te stesso e anche me, mi amavi

quando mi vedevi parte di te, non un tuo possesso, questa nobiltà te la

devo concedere, ma una parte di te, allora sì che mi mettevi sul

piedistallo per poterti ripetere soddisfatto "mia moglie", la "mia donna",

"la mia Demetra".

CONSOLE Basta, basta, adesso sei proprio impietosa.

Escono. Le luci si attenuano ed entra Céline

Scena ottava

GESTORE Buona sera, signorina. Spero stia meglio ora. L’avevo mandata a

chiamare per il pranzo, ma Glaukos mi ha riferito che dormiva

profondamente e non l’ha voluta disturbare. E ha fatto bene. Il riposo le

ha ridato candore.

CELINE Ha fatto proprio bene, sì. Mi sono riposata. Avevo bisogno di una

profonda dormita. (va verso la veranda). L’aria e tiepida e gradevole

stasera ed è molto inviante. Ma mi dica una cosa: è sempre così bella la

luna qui?

ARBACE (entrando) La luna è sempre bella…

GESTORE (alludendo con sprezzo) Specialmente per voi, Arbace. O preferite

che dicessi utile…(a Céline) Sì, da questa posizione è sempre bella, anche

perché si riflette nelle onde e allunga i suoi riflessi sugli scogli, e

quando ode il fragore delle onde le sembra che il suono venga non dal mare

ma dalla luna…. è la luna caprese, questa… la famosa luna caprese che fa

sunnà l’ammore ‘e nnammurate. (sottofondo della famosa canzone)

ARBACE Adesso lo fai tu il poeta, vecchio rimbambito. Ma non credo che la

signorina voglia stare ad ascoltarti ancora per molto. (a Céline) Se lei è

d’accordo signorina, e se le va, possiamo fare una passeggiata lungo la

scogliera, l’aria del mare fa molto bene, soprattutto ai giovani. Così ci

conosceremo meglio e capirà che galantuomo son io.

Céline acconsente e lo precede. Ha un’ombra di sfida in volto.

GESTORE (sottovoce) Arbace, vi consiglio di controllarvi. Nel mio locale

non voglio problemi.

ARBACE Ma quali problemi, se non ti stai zitto li avrai e come i problemi!

GLAUKOS (entrando dalla porta delle cucine appena in tempo per vedere

Arbace uscire) Dov’è? E’ appena scesa. (silenzio) Ooooh! Dico a te, dov’è

andata?

GESTORE Sì, sì… deve essere andata respirare una boccata d’aria. Ha detto

proprio così. Ne aveva bisogno. Ora vedi che torna. Comunque sta meglio,

meno svanita. E dimmi le hai parlato, hai saputo qualcosa delle sue

angosce? L’ho vista e sentita più serena. E il suo passato? Ti ha

raccontato il perché di quella sua tristezza che la stava trascinando al

suicidio?

GLAUKOS Abbiamo parlato un poco, quando si è svegliata. Stava aspettando

una telefonata e non voleva restare sola. Aveva come il timore di restare

sola.

GESTORE Allora?

GLAUKOS Le angosce di Céline non risiedono nei sospetti che tu e quel cane

di Arbace avete sollevato. Ho ascoltato poco fa.

GESTORE Guarda che io non ho sollevato proprio niente e di quello che

sbotta Arbace non sono responsabile.

GLAUKOS Comunque non è incinta e non ha neppure un ragazzo. Probabilmente

lo ha avuto, certo, come non crederci, così bella, così dolce…. No, ci

siamo sbagliati tutti.

GESTORE Sono contento.

GLAUKOS Sono contento. Non sai dire altro. Non ti interessa sapere perché

è stata così costernata tutti questi giorni ?

GESTORE Se pensi di potermelo dire e non si tratta di faccende intime…

GLAKOS Gli ha telefonato la madre, mentre ero con lei nella sua stanza:

perciò è esultante.

GESTORE Per una telefonata?

GLAUKOS Credo che si trattasse proprio di una risposta importante.

GESTORE Roba di lavoro, allora. Ecco, la necessità di sistemarsi… ha la

testa sul collo. Ed è raro per una ragazza della sua età.

GLAUKOS Non è per il lavoro.

GESTORE Oh, se ci tieni a fare tanto il misterioso anche tu!

GLAUKOS Non è che faccio il misterioso. E’ che ho tirato un po’ ad

indovinare. Ora ti dico quello che ho capito, cioè quello che sono

riuscito ad intuire, non quello che so, che è quello che non so.

GESTORE Non capisco, ma ti ascolto.

GLAUKOS L’ho sentita ripetere diverse volte: "voi siete sicuri? Io, da

parte mia, non ho più dubbi… No, non mi sbaglio… adesso… qui.".

GESTORE E che può essere? A che si riferisce?

GLAUKOS E’ una cosa più grave che ho provato a ricostruire…bada, è solo

una mia interpretazione, perciò non te la vendere per vera.

GESTORE Racconta, ma cerca di farlo senza molta fantasia, con concretezza.

GLAUKOS Vedi, ho ragione di supporre che con la madre stesse tenendo una

conversazione piuttosto agitata che ha cercato di controllare quando sono

entrato io. Suppongo stessero parlando proprio di una persona che ha a che

fare con le foto.

GESTORE E come…

GLAUKOS Come faccio a supporre una cosa del genere? Non lo so, puro

intuito, diciamo. Ma non distogliermi… Vediamo se riesco a ricostruire…

Una persona che in qualche modo deve aver fatto loro del male. Che ne so?

Potrebbe trattarsi di uno scippatore maldestro, di un ricattatore, di uno

spacciatore, o un puscher, qualcuno che forse ha venduto della roba, forse

non ora ma in qualche altro momento, forse a sua sorella… ecco perché

quella somiglianza con la ragazza delle fotografie… quella ragazza che non

è lei ma a lei è così somigliante. E, mettiamo appunto che si tratta di

sua sorella, la quale deve esserci rimasta. Secca, con l’ago nel braccio e

la bava alla bocca. Sì, sarà andata proprio così. Overdose o roba tagliata

male. Ne circola parecchia in questi ultimi mesi, anche grazie al tuo

amico Arbace e ai suoi soci albanesi.

GESTORE Non esageriamo, adesso

GLAUKOS Non credo di esagerare… comunque… mi fai perdere il filo… Quindi

la sua famiglia si sarà messa alla ricerca dell’uomo, ricorrendo forse

alla collaborazione di un investigatore privato –che certo se lo possono

permettere- del criminale, mettiamo quello che si vede di spalle nelle

fotografie… ma sì, sicuro, deve essere così… probabilmente. Alla fine

costui sarà stato rintracciato, individuato e denunciato e adesso lei

esulta perché è sicura, convinta che lo arresteranno. E’ credibile, no?

GESTORE Non so su quale rete l’hanno trasmesso questo film, ma a me non mi

convince, proprio per niente, sai.

GLAUKOS Cercherò di capirne di più. Ero sceso apposta per incontrarla e,

se non hai niente in contrario, se non ho niente di urgente da fare qui,

vorrei portarla a fare una passeggiata lungo la scogliera e…

GESTORE … e comunque, che le sue angosce fossero di una natura diversa da

quelle di altre ragazze mi è apparso subito evidente. Era così riservata,

compassata, quasi astratta, forse anche un tantino misteriosa, i primi

giorni, poi un po’ s’è sciolta. E’ diventata più socievole, oltre che con

te per i motivi che mi hai detto, anche con me che le posso venire padre,

se non nonno. Sempre a fare osservazioni sul tempo come un’inglese, e poi

merci qua, merci là, quasi mi mette in imbarazzo. Ma come le era venuto in

mente ieri l’altro di suicidarsi?

GLAUKOS Immagino la disperazione, il senso d’impotenza, il rimorso, il

credere che niente di quello che hai sofferto, niente di quello che hai

fatto per rincorrere la giustizia e per farla trionfare può essere

legittimato dagli altri, il senso di frustrazione, insomma.… ma adesso la

raggiungo.

GESTORE (balbettante) No, no, Glaukos, forse è meglio che l’aspetti qui…

torna subito…mi ha confessato che voleva sta-re un po’ da so-la…

GLAUKOS Che ti succede? Tartagli, adesso.

GESTORE E’ l’aria salmastra che mi stringe la gola e aggrava la raucedine.

GLAUKOS Ma se hai vissuto su questo specchio di mare per quasi

sessant’anni! Senti, che mi stai nascondendo?

GESTORE Niente, niente, te lo assicuro, che vuoi che ti nasconda?…

Entra Empedocle, trascinando il suo armamentario di videooperatore.

Glaukos raccoglie i macchinari e si allontana verso l’ascensore.

Scena nona

GESTORE (a Empedocle) Stanco?

EMPEDOCLE A pezzi. E’ pronta la mia camera? Ho solo voglia di fare un

bagno caldo, lungo, intenso, profumato. Ho filmato la più bella fumata

degli ultimi vent’anni in tutto il mondo. Solo in Guatemala, cinque anni

fa ho visto qualcosa di simile. Era straordinario.

GESTORE Così lei passa la sua vita a filmare i vulcani che fumano, o

peggio, che eruttano, ovunque nel mondo?

EMPEDOCLE Le mie riprese vengono acquisite dalle cineteche delle facoltà

di geologia di molti paesi. Il fumo o il fuoco che sbocca da una montagna

ha un fascino veramente insolito, è un’energia incontenibile che si

sprigiona e che se ne frega dei danni che può arrecare.

GESTORE Come la bomba atomica.

EMPEDOCLE C’è una differenza direi sostanziale. La bomba l’hanno costruita

gli uomini per distruggere se stessi e il mondo. L’energia dei vulcani è

un’esplosione naturale di incontenibile potenza che appartiene all’ordine

dell’universo e, ovviamente, alle divine disposizioni e pertanto ignara,

innocente e pura. Semmai ci dovrebbe far riflettere su tante cose… E mio

fratello, il console, è in camera sua adesso?

GESTORE No, i signori sono usciti per andare a cena fuori.

EMPEDOCLE I signori?

GESTORE Sì, è appena arrivata anche la signora Demetra, la moglie, e così

hanno deciso immediatamente e improvvisamente di andare a festeggiare il

loro incontro in città.

EMPEDOCLE Ne è sicuro?

GESTORE Sì. Credo proprio ne avessero tanta voglia.

EMPEDOCLE Poco male, li vedrò al loro rientro, se sarò ancora sveglio, se

no domattina a colazione.

GESTORE Quindi non cena?

EMPEDOCLE Penso proprio di no. Sono troppo stanco. Stanco, ma anche

soddisfatto. E’ stata una giornata interessante. Quali migliori pretesti

per dormire bene e a lungo?!

GESTORE Beato lei! Se le basta una giornata di stanchezza fisica e di

soddisfazione mentale per poter riposare tranquillo!

EMPEDOCLE (andando via si incontra con Glaukos che entra) So

accontentarmi. Buona notte!

GLAUKOS Che dice il signor Empedocle?

GESTORE Oh, sembra molto soddisfatto della tragedia che probabilmente si

abbatterà su questo posto quanto prima. Oh, non è da meno del fratello. Ci

sono individui che non aspirano ad altro che a partecipare alle disgrazie

altrui per legittimare il loro senso di impotenza a partecipare le

proprie.

GLAUKOS Ancora non mi hai risposto.

GESTORE Io ho paura di gente così, cosa credi? Sono di quelle persone che

non alzerebbero un dito se ti vedessero in difficoltà, non muoverebbero le

chiappe per soccorrerti, e vuoi sapere perché?

GLAUKOS Mhhh!…

GESTORE Te lo dico io perché, perché quando si sono messi in testa di

partecipare gli eventi, di rincorrere le emozioni che loro procacciano

situazioni limite del tutto naturali, allora le persone possono andare a

farsi fottere, loro sono quelli che pur essendoci, pur essendo presenti

travolgerebbero la tua carcassa pur di avvicinarsi al fenomeno che

intendono contemplare.

GLAUKOS Stai camminando su un terreno minato. Questa è filosofia pura. Non

è per te. Ti avevo chiesto semplicemente dov’è Céline.

(buio)

ATTO SECONDO

Due giorni dopo. E’ mattino presto. In scena il gestore e Glaukos che sta

facendo alcune operazioni di pulizia del locale. Entrano suonatori di

tammorre, accennano qualche motivo tradizionale ed escono. Di tanto in

tanto, poi, si udranno dei boati: è il vulcano.

Scena prima

GESTORE E’ strano però… Arbace non si è visto proprio per niente in questi

ultimi due giorni.

GLAUKOS Avrà avuto da fare con i suoi clandestini, o con qualche carico di

coca. Perché strano?

GESTORE Ma se si fermava qui almeno tre volte al giorno!

GALUKOS Quando non aveva come occupare il tempo o per insidiare

giovinette.

GESTORE Mica veniva qui per ozio.

GLAUKOS Figurati se non lo so.

GESTORE La posizione del Quisisana è invidiabile. E’ un’ottima postazione

per poter controllare non solo il mare e la scogliera ma anche tutti gli

strani movimenti che possono avvicendarsi nella zona. ( con rabbia

rassegnata) In quel miglio quadrato sotto il suo… controllo. Sai sempre

chi passa, chi viene, chi va, la gente nuova, i sospetti… eeeeeh!…

GLAUKOS Io mi sono sempre chiesto come ha potuto un uomo onesto, leale

come te sopportare quel criminale.

GESTORE Non esagerare adesso.

GLAUKOS Già, perché è inutile nasconderselo, quello è proprio un

criminale. E per tutti questi anni.

GESTORE Non è facile spiegare.

GLAUKOS Ci puoi sempre provare o mi fai imbecille?

GESTORE Ma quale imbecille!

GLAUKOS Allora, siamo in onda.

GESTORE Conosco Arbace fin da bambino, ed ero amico di suo padre, sono

cresciuto con lui. Era un ubriacone e un poco di buono, ma onesto e

rimasto precocemente vedovo. Il figlio ha tralignato, un poco per volta,

prima le marachelle, poi scippi e piccoli furti, quindi rapine, estorsioni

ed adesso traffico di clandestini dell’est o dal nord Africa. Ma io, che

vuoi da un vecchio ottimista come me?, ho sempre nutrito la recondita

speranza che si ravvedesse.

GLAUKOS Ah, si è ravveduto proprio bene, non c’è che dire.

GESTORE E poi, quando si ha una posizione da difendere come la mia,

clientela di gran classe da ogni parte del mondo, si cede facilmente ai

compromessi, alle alleanze. E’ una regola del commercio, come lo è della

politica, lo imparerai presto.

GLAUKOS Ma è una regola quantomeno immorale. Dove finiremo se tutti la

pensassero così.

GESTORE Tu te lo sei mai domandato perché qui non è mai venuto nessuno a

reclamare il pizzo, a imporre direttive economicamente pesanti, non è mai

saltata in aria qualche vetrata e l’unica polverina bianca che circola è

la salsedine portata dallo scirocco?

GLAUKOS Sarà che io vivo in altro mondo e non riesco a comprende questi…

questi che sono comunque dei cedimenti al sopruso, alla sopraffazione… per

quanto tu voglia indorarli.

GESTORE Sì, tu vivi proprio in un altro mondo e spero proprio che sia più

felice del mio, più leale ed onesto. Senza contare poi che adesso sei

anche innamorato e l’amore, si sa, fa vedere tutto in una prospettiva di

bontà, come dire?, di slancio eroico verso il domani. Proprio quello che a

noi anziani difetta.

Entrano Empedocle e Demetra, ma da due quinte diverse.

EMPEDOCLE Ho sentito proprio adesso per radio che la situazione non è

delle più rosee.

GESTORE Cosa ha sentito, che l’eruzione è imminente? Son più di vent’anni

che ce lo sentiamo ripetere, insieme alle esortazioni di evacuare al primo

allarme concreto.

EMPEDOCLE Come vuole, ma pare che stia peggiorando.

GESTORE Quindi per lei sta migliorando?

EMPEDOCLE Oh, la prego non mi dipinga con i foschi colori del cinismo.

GESTORE Me ne guarderei bene.

EMPEDOCLE Non è affatto così. Almeno non lo è più. Consideri che io

rischio la vita ogni volta che mi avventuro su quei costoni roventi… a

schivare le prime lingue di fuoco che lambiscono le mie gambe, a cercare

sempre e immediatamente il percorso più sicuro, quella striscia di terra

sulla quale, poggiando il piede, non dovrò ritrarlo come una bistecca

arrostita, il percorso più sottovento dove poter respirare la folata

d’aria non ancora avvelenata…

DEMETRA ( a Empedocle) E’ il tuo lavoro, dopotutto. Te lo sei scelto.

EMPEDOCLE E’ vero, ma mi stizzisce il fatto che esso venga considerato non

un lavoro, ma un hobby…

DEMETRA Certo come hobby sarebbe un po’ orrido, macabro o comunque di

pessimo gusto.

EMPEDOCLE … O passatempo di un collegiale secchione e di buona famiglia.

Mi ricorda certe antiche discussioni con nostro padre. D’altra parte, ti

sei mai chiesta perché sono stato sempre privo di vera ambizione come

giornalista? Tuo marito, mio fratello, se l’ho è chiesto, se lo chiede da

tanto.

DEMETRA Ed è riuscito a darsi una risposta convincente?

EMPEDOCLE Convincente secondo i suoi criteri di appercezione della realtà,

ovviamente.

DEMETRA Cioè una risposta distillata con l’acquavite?

EMEPDOCLE Non sarei mai così indelicato verso mio fratello.

DEMETRA Già, come se lui adesso fosse in grado di capire ciò che è

delicato e ciò che non lo è.

EMPEDOCLE Comunque, per tornare al discorso di prima, sarà che

evidentemente non ho mai saputo superare l’antipatia per i giornalisti.

DEMETRA E a cosa lo attribuisci, oltre che alla tua naturale insolenza.

EMPEDOCLE Oh, sicuramente sarà stato la conseguenza della corte assidua

che in origine facevo loro. Entrare nel loro mondo, dove la notizia è

tutto, è la realtà stessa, più realtà della realtà. Non si poteva dire

inoltre che avessi in comune con i miei colleghi la necessità di dovermi

guadagnare il pane. Avevo sempre la mia piccola rendita. Come cronista e

segugio ho lavorato abbastanza bene e continuo così –ma sempre più

diventando consapevole della mia solitudine, del mio isolamento- e

consapevole anche di questa mia vecchia abitudine di buttarmi a capo morto

nelle cose per poi stancarmene prima di averle finite…

Entrano i fratelli Vetti, dalla parte dell’ascensore, portando a mano due

valige.

PRIMO FRATELLO (con una voce atteggiata ad annuncio solenne) Finalmente è

giunta l’ora di salpare le ancore, a quanto sembra.

SECONDO FRATELLO (al gestore) Perché quelle tammorre, poco fa, sul

piazzale?

GESTORE Vengono sempre quando c’è da celebrare un evento, sia esso gioioso

o triste.

SECONDO FRATELLO (ironico) Sono venuti a salutarci, allora?!

GESTORE Passano di tanto in tanto a legittimare con il loro canto e i loro

suoni la letizia di un giorno, di un attimo come pure per annunciare

qualche disgrazia, che Dio ce ne liberi.

PRIMO FRATELLO E oggi sono passati per ottemperare a quale delle due

ipotesi?

GESTORE (mostrando di voler cambiare discorso) Il vostro conto è pronto,

quando volete vi chiamo il taxi.

SECONDO FRATELLO Non serve il taxi, ma qualcuno che ci porti alla baia,

ripartiamo con la barca.

PRIMO FRATELLO Credo faremo un viaggio in Sicilia.

SECONDO FRATELLO Sicuro, l’isola del sole ci attende.

GESTORE Ma lì troverete la lava. (rivolto ad Empedocle) Non è vero signor

Empedocle? L’ho sentito al telegiornale poco fa.

EMPEDOCLE Sì, l’Etna è in eruzione. Qualche lingua di lava sta già

leccando i centri abitati. Comunque è un vulcano dagli affetti

prevedibili. Non desta nessuna preoccupazione…

GESTORE (ad Empedocle) E ci scommetto nessun interesse per lei!

I DUE FRATELLI Il signore si occupa di er…uzioni?

EMPEDOCLE Già, un mestiere come un altro. Faccio riprese televisive.

L’Etna mi ha interessato negli anni passati, quando le sue minacce

sembravano autentiche, poi abbiamo capito che si diverte, si diverte con i

villeggianti, si diverte con i turisti, si diverte con i mafiosi…

un’attrazione turistica, più che altro. La Sicilia non smotta. Anche se

qualche verità ci deve pur essere nella leggenda di quel pescatore, quel

pescatore innamorato della sua terra più che della sua donna e che per un

motivo di onore si tuffò nel mare per sostenere l’isola proprio in seguito

ad un’eruzione. La conoscete questa storia?

I DUE FRATELLI (all’unisono) No!

EMPEDOCLE La leggenda dice che quest’isola si reggeva su tre colonne,

poste in corrispondenza dei tre vertici. E lui andò a sostituirsi proprio

ad una di quelle tre colonne.

PRIMO FRATELLO In ogni leggenda c’è un fondo di verità, signore.

EMPEDOCLE Non ne dubito. Il punto sta nel ricercare dove la leggenda

collima con la realtà e dove ne diverge. Ed è una sfida ben ardua.

SECONDO FRATELLO E secondo lei chi ci sarebbe a sostenere l’isola oggi?

EMPEDOCLE Oh, non certo quel pescatore, Colapesce l’aveva chiamato lo

scrittore, il vecchio cantastorie Buttitta, ma probabilmente una fitta

rete di interessi economici che comunque passano al di sopra della testa e

sicuramente fuori delle tasche della maggior parte dei siciliani.

DEMETRA Stai alludendo?…

Entrano il Console e Don Teotimo. Parlano come in confessione. Tutti si

volgono a guardarli ma non percepiscono quello che si dicono.

Scena seconda

CONSOLE (fumando un lungo sigaro) Nulla è mutato e nonostante la

misericordia di Dio sono sempre solo. Anche se la mia sofferenza non

sembra aver senso, io sono sempre in preda al tormento. Non c’è

spiegazione alla mia vita.

DON TEOTIMO Solo Dio può spiegare la vita che Egli ci ha donato.

CONSOLE Ve ne supplico, padre, Vergine Maria, Signore, concedete a mia

moglie Demetra che si avveri il suo sogno.

DON TEOTIMO Sogno?

CONSOLE Sì sogno di una nuova vita con me, ve ne prego. Lasciatemi credere

che tutto ciò, il fatto cioè che sia venuta qui al Quisisana, avant’ieri,

per me, non sia un abominevole forma di autoinganno. Ve ne prego… fate che

io la renda felice, liberatemi da questa mia terribile tirannide. Sono

caduto in basso, è vero, e fatemi cadere ancora più in basso, affinché

possa conoscere la verità. Se questo è il disegno sono pronto ad

adempierlo. Insegnatemi ad amare di nuovo, ad amare la vita.

DON TEOTIMO Voi avete ancora amore, console?

CONSOLE Ho ancora amore? Dov’è l’amore? fatemi veramente soffrire ma

rendetemi la mia purezza, la conoscenza dei Misteri, che ho traditi,

perduti… Rendetemi veramente solo, ond’io possa sinceramente pregare.

Lasciatemi essere felice ancora in qualche posto, non fosse altro che

insieme, non fosse altro che fuori di questo mondo terribile. Ambiguo.

DON TEOTIMO Ma una possibilità sicuramente vi era stata offerta, voi

l’avete disattesa. Che avete fatto della vostra vita, dove avete relegata

la speranza di una possibile redenzione, perché avete allontanato dalla

vostra mano la stretta divina?

CONSOLE Sono stato tentato, è vero, di parlare di pace, anche con Demetra.

Sono stato distratto dalle vostre lusinghe in un paradiso della sobrietà

analcolica. Suppongo almeno che sia stato con questo scopo che avete

trafficato tutto il giorno. Ma ora mi sono deciso, con la mia piccola

mente melodrammatica, o almeno quel poco che ne rimane, appena sufficiente

a prendere una decisione. (dopo il delirio crolla).

Don Teotimo chiama aiuto e subito è raggiunto dalla moglie e dal fratello

del console. Affida loro il console, raccomandandosi a gesti per la sua

sorte e la sua salute, ed esce.

Scena terza

DEMETRA Ma di’, sei diventato matto?

CONSOLE Perché, perché?

DEMETRA Devo proprio farmi l’idea che ora che tua moglie è ritornata a te,

una cosa per la quale ti ho visto supplicare, piangere, buttato sotto la

tavola, letteralmente sotto la tavola… ora la tratti con tanta

indifferenza, e continui a preoccuparti soltanto di dove verrà la prossima

bevanda?

EMPEDOCLE (a Demetra) Allentagli la camicia… lì… al collo.

DEMETRA (a Empedocle ) Fatti dare una tazza di caffè con sale, presto,

bisogna farlo vomitare.

EMPEDOCLE Sei sicura che funzionerà? Non è meglio chiamare un medico?

DEMETRA Ma quale medico?… funzionerà il caffè al sale. E’ già collaudato.

Vomiterà fino all’ultimo budello.

Empedocle si allontana

CONSOLE Oh, Demetra…

DEMETRA Ti prego, ti prego di credermi, non volevo essere trascinata fino

qua.

CONSOLE Ma ormai ci sei, ci siamo.

DEMETRA Troviamo una scusa qualunque e andiamocene il più rapidamente

possibile. Non baderò a tutto quello che potrai bere poi.

CONSOLE Non m’ero accorto di aver detto nulla in proposito al bere ora o

poi.

DEMETRA Non t’è più rimasto un filo di tenerezza o d’amore per me?

(accenna ad andare via, poi torna sui suoi passi) Sì, ti amo, mi resta per

te tutto l’amore di questo mondo, solo che questo amore mi sembra così

lontano da me e inoltre così strano, perché è come se potessi quasi

udirlo, un brusio, oppure un pianto, ma lontano, lontanissimo, un suono

triste, smarrito, che potrebbe tanto avvicinarsi quanto recedere, non

saprei dire: non puoi dunque pensare ad altro che non sia il numero di

libagioni a cui intendi darti?

CONSOLE Sì, ascolta, mi stai chiedendo di tirarci fuori di qua o hai

ricominciato a farmi delle prediche sul bere?

DEMETRA Oh, io non ti sto facendo nessuna predica, davvero, non te la

faccio, Non ti farò mai più prediche, farò solo tutto quello che vorrai.

CONSOLE (in pieno delirio di collera) E’ stata una fortuna che io abbia

bevuto un po’ di grappa, dato che anche l’alcool è un afrodisiaco. Non va

mai dimenticato che l’alcool è anche un nutrimento. Come si può pretendere

che un uomo sposato adempia ai suoi doveri maritali senza nutrimento?

Maritali? Sì, Demetra, maritali. Anche se mi sei stata tanto lontana, sei

stata così assente…

DEMETRA Ma io sono tornata. Non lo vedi? Da due giorni ristò con te. Siamo

qui, ancora insieme, siamo noi, non riesci a vederlo?

CONSOLE Si, posso vederlo. Io per di più ti amo. Ma… non potrò mai

perdonarti abbastanza profondamente. E’ che a volte sono posseduto da un

sentimento fortissimo, una gelosia disperante, sbalordita, che, quando il

bere l’acuisce, si trasforma in un desiderio di distruggere me stesso con

la mia immaginazione.

DEMETRA Tu sei nato per camminare nella luce? A tuffare il capo fuor del

candore del cielo, brancoli in un elemento sconosciuto. Credi di essere

perduto, ma non è così, perché gli spiriti della luce ti aiuteranno e ti

porteranno verso l’alto, a dispetto di te stesso e di qualunque resistenza

tu possa opporre.

CONSOLE Ma che dici?!

DEMETRA Mi prendi per pazza?

CONSOLE Ma niente affatto, mi attribuisci intenzioni che non ho mai

manifestato.

DEMETRA A volte credo di esserlo, invece. E quando credo di esserlo mi

prendono slanci insoliti di altruismo, perciò ti dico: impadronisciti

dell’immenso potenziale di forza, contro il quale lotti e che è nel tuo

corpo e ancor più fortemente nella tua anima, rendimi la salute mentale

che mi ha abbandonata quando mi dimenticasti, quando mi mandasti via,

quando volgesti i passi verso una strada sconosciuta che hai percorso da

solo.

CONSOLE Il sole e il caldo infuocato della giornata ti prosciugano le

labbra, che poi si spaccano. Non senti il sapore come di una ferita? Che

ne puoi sapere tu di un fenomeno come la vergogna della solitudine quando

anche la follia cui ti eri aggrappato sfugge e ti abbandona.

EMPEDOCLE (venendo con la tazza di caffè e sale) Infatti, da che sono

arrivato qua, mi par di assistere ad una sequela di atti da folle.

CONSOLE L’atto di un folle, o di un ubriaco, fratellino, o semplicemente

di un uomo in preda ad una violenta eccitazione ti sembra meno libero e

più inevitabile se conosci la condizione mentale dell’uomo che compie

l’atto e più libero e meno inevitabile se non la conosci.

EMPEDOCLE Ecco, Laerzio, (gli porge la tazza) prendi questo e andiamo di

là (lo sorregge, mentre si avviano fuori).

CONSOLE Che sei venuto a fare, qui, dimmi? L’attrazione del vulcano come

fai credere in giro o per le cosce di mia moglie? Il fuoco che erutta dal

cono lassù o quello del corpo di mia moglie? Sai come la chiamano qui

l’invitante alloggiamento del cazzo che ogni donna ha in dotazione

naturale? La chiamano purchiacca, un termine greco, deriva da pur/purpuros

e kenos/kenou che vuole dire abisso di fuoco. Che combinazione!…

EMPEDOCLE Se non conoscessi molto bene tua madre sarei autorizzato a dirti

che sei un bel figlio di puttana.

DEMETRA Smettetela. Laerzio, adesso sei proprio fuori di te!

CONSOLE (sempre ad Empedocle)Vuoi riprendere la tua relazione con Demetra,

tua cognata, in questo momento così difficile per me, per noi, per tutti?

Pensi che tutti questi anni che ho passato fuori delle osterie in attesa

che aprissero i battenti al vecchio ubriacone e dove ho soggiornato fino a

quando, a tarda ora, non mi si invitava, spesso anche con modi sgarbati ad

uscire, io non abbia rimuginato su quella vostra gita in barca, da soli,

al largo di Ibiza, convinti che sarei tornato solo il giorno dopo? E

quanto ho rimuginato la subdola conversazione che ebbi con Pachito…

EMPEDOCLE Il ridanciano marinaio che aveva cura della nostra barca? Ma se

era ubriaco un giorno sì e l’altro pure!

CONSOLE (ricorda la conversazione con Pachito imitando le parti). "E’

stata la mia immaginazione" mi dice "o davvero ho visto vostra moglie

prendere il largo un momento fa?". Poi aggiunge, visto che non gli davo

credito, "Non è la prima volta, del resto, che sta via un bel pezzo". E

quindi insiste "vostro fratello è sempre qui?" Ed io: no credo sia in

città. E lui "secondo me lo troverete qui al molo al rientro della barca"

fino a quando non la disse tutta, mentre esplodeva di rancorosa invidia

per me, per noi tutti "credo sia uscito con vostra moglie".

DEMETRA Laerzio, non ti controlli più, stai facendo una tale scenata!

CONSOLE No, Demetra, non faccio nessuna scenata. Sto parlando con estrema

calma… Vedi le mie mani? Non tremano… Una calma alla quale non ero più

abituato. Come quando ti chiedo: che cosa hai mai fatto per qualcuno

all’infuori di te?

DEMETRA Ma che stai dicendo?

CONSOLE E dove sono i bambini che avrei potuto volere?

DEMETRA (disperata) Quali bambini?

CONSOLE…Ti è lecito supporre che avrei potuto volerne, no?. Annegati. Con

l’accompagnamento gorgogliante di un migliaio di irrigazioni vaginali.

Già, perché non potevi prendere la pillola, né sostenere la spirale. Bada

bene, tu non fingi di amare l’umanità, nemmeno un po’! Non hai nemmeno

bisogno di illusione, sebbene tu ne abbia qualcuna, purtroppo, che ti

serve per rinnegare la sola buona funzione naturale che tu possegga. Per

quanto, a pensarci bene, forse sarebbe meglio se le donne non avessero

affatto funzioni.

EMPEDOCLE Non dire più porcate, Laerzio!

CONSOLE (a Empedocle) Resta dove sei, maledizione. Naturalmente vedo i

romantici guai in cui vi siete cacciati tutt’e due. Ma anche se Empedocle

a tutto questo dà ancora tanta importanza, non metterà molto tempo ad

accorgersi d’essere soltanto uno dei cento smidollatelli, con le branchie

come merluzzi e vene come cavalli da corsa – sempre pronti come capri,

caldi come macachi, vogliosi come lupi in calore. Mi par di vederlo tirar

su baci dai coglioni e metterle una gamba sulla coscia e sospirare.

Davvero, in che modo originale, insolito dovete esservi divertiti voi due,

cincischiandovi le dita e dandovi tremuli palpeggiamenti per tutto il

giorno…

EMPEDOCLE Oh, Laerzio, quando la finirai con questa storia. Tra me e

Demetra non c’è stato mai nulla. Quella che tu chiami gita in mare,

vacanza d’amore, o di sesso, non lo fu affatto. Accompagnai Demetra al

largo, è vero, per una regata, poi ci sorprese la burrasca e rimanemmo

fuori fino al giorno dopo. Ma non ho mai cercato di concupire tua moglie.

CONSOLE Né tu né lei siete riusciti mai a provarlo.

EMPEDOCLE Non c’era nulla da provare, ma da credere, credere a lei, tua

moglie, e a me, tuo fratello. Eravamo in lotta con la burrasca, non con i

nostri sentimenti che sono stati sempre limpidi e rispettosi di te. E’

solo la tua mente obnubilata a vedere tradimenti e sospettare intese

sentimentali contro di te. E’ la monotonia della tua vita che alimenta

questi fantasmi più ubriachi di te, ti vuoi ravvedere Laerzio?

CONSOLE Ci penserò, in vecchiaia, se ci arrivo

EMPEDOCLE Oh, fai come credi. Per quanto mi riguarda io sto andando a

filmare l’eruzione e non so neppure se farò ritorno. Nel qual caso sappi

che le mie ultime parole per quel mio fratello, le cui doti professionali

e le cui qualità umane ho sempre invidiato, sono di perdono per i

pretenziosi sospetti… e soprattutto non fare scontare a tua moglie colpe

dalle quali ella neppure ha immaginato di doversi redimere. (si dirige a

mettere ordine tra le sue apparecchiature).

CONSOLE Oh, Dio mio, Dio mio… (gridando) Empedocle, allora ho preso la mia

decisione: quando vuoi io sono pronto, sono pronto a sfidare l’ignoto

adesso e perdonami se t’infliggo quest’ultimo sacrificio… Non t’azzardare

a lasciarmi qui!

DEMETRA Dio sa che ti ho già visto così infinite volte, troppe volte

perché tutto questo possa rappresentare comunque una sorpresa. Tu mi stai

rinnegando ancora…

CONSOLE Niente affatto!

DEMETRA Ma questa volta c’è una profonda differenza. Questa è come

un’ultima rinnegazione … oh Laerzio, perché non puoi ritornare indietro?

Dovrai continuare così, sempre così, all’infinito, a camminare in questa

stupida tenebra, cercandola, anche ora, là dove non potrò raggiungerti,

sempre più a fondo, nella tenebra della separazione, della scissione!

Laerzio, perché lo fai?

CONSOLE (agitando la bottiglia) Ma dammi retta, Demetra, diamine, non è

poi tenebra del tutto. Tu non mi capisci se credi che siano tutte tenebre

quelle che vedo, e se insisti nel crederlo, come posso dirti perché lo

faccio? Ma se guardi la luce del sole là, oltre i Faraglioni, oh, allora

forse avrai la risposta, capisci, guarda il modo in cui essa penetra

attraverso la finestra: esiste bellezza paragonabile a quella di

un’osteria a primo mattino? Il vulcano fuori? Le tue stelle… L’Orsa,

Abelardem, Antares che infuria a sud est? Perdonami, no, non tanto la

bellezza necessariamente proprio questa, che, decadenza da parte mia, non

è forse una vera e propria osteria, ma pensa a tutte quelle terribili

altre, dove la gente impazzisce all’idea che calino le saracinesche,

perché nemmeno le porte del cielo, spalancandosi a ricevermi, potrebbero

colmarmi di una così celestiale gioia, complessa e disperata come quel

cilindro di ferro che si arrotola all’in su con uno schianto, come quelle

porte battenti, non affrancate da chiavistelli di sorta che, sospinte

danno accesso a chi ha l’anima che trema insieme al liquore che si porta

con mano malferma alle labbra. (si dirige verso la porta a vetri) Ogni

mistero, ogni speranza, ogni delusione, sì, ogni disastro, è qui, oltre

queste porte battenti. (esce)

PRIMO FRATELLO Che spettacolo indecoroso!

SECONDO FRATELLO Ma dove siamo capitati?

PRIMO FRATELLO Credo che siamo finiti in un manicomio, altro che

"Quisisana", questo è il "Quisimpazzisce".

SECONDO FRATELLO (gridando al gestore) Gestore, gestore, faccia qualcosa…

non vede che qui si sta andando oltre ogni limite di decenza, si sta

scivolando nel putridume delle peccaminose attitudini private, nei

mefitici recessi delle corrotte anime individuali… (entrambi si accasciano

esausti su una poltrona).

Scena quarta

Entra Céline

GESTORE Ben arrivata, signorina. Ha un aspetto magnifico questa mattina. E

un profumo di primavera…

GLAUKOS (al gestore) Nonostante l’età, te la cavi ancora con le galanterie

e i complimenti. (a Céline) Credimi se ti dico che è sincero.

CELINE Vi ringrazio, siete molto apprensivi. Per quanto riguarda oggi il

fatto è che credo di essere un animale dalla vivacità mattutina. Sarà che

da un po’ di tempo scambio il giorno con la notte

GESTORE A noi non ci è sembrato affatto, vero Glaukos?

CELINE … oh, non nel senso che faccio le ore piccole e vado a dormire

all’alba. E’ solo che durante il giorno mi si placano le ansie e riesco

finalmente a ricomporre l’equilibrio tra l’inconscio e la coscienza. Cose

che alle persone normali succedono di notte. Comunque il caldo è

opprimente e le mosche più aggressive e fastidiose del solito.

GLAUKOS Però ti sei ripresa. Ti vedo splendente, come questa giornata… in

attesa che il sole l’accenda ancora di più e ne preservi la luminosità

fino a tarda sera. In queste terre non c’è niente di meglio che una

giornata di sole.

CELINE Sono molto lusingata di queste attenzioni affettuose e diciamo

così… poetiche. Sto per partire, Glaukos, ritorno a Brest. Qui non ho più

nulla da fare.

GLAUKOS Invece avrei sperato il contrario. Tutto ieri sera ho ripassato la

descrizione che mi hai fatto della tua camera, affacciata sull’oceano, e

ho avuto come dei sussulti di desiderio, desiderio di raggiungerti, di

scoprire quei luoghi con te, di vedere i gabbiani prendere il volo dalle

scogliere. L’anelito dell’oltre…

CELINE Sei carino, Glaukos e vorrei ringraziarti per la premura che hai

avuto per me in questi ultimi giorni. Mi ha fatto bene credere di poter

essere circondata da amici. Sapermi protetta in qualche modo. E’

rassicurante la certezza che qualcuno è dalla nostra parte, pronto a

soccorrerci, ad aiutarci, anche solo a confortarci, come hai fatto tu.

GLAUKOS (con amarezza) Dici così adesso. Appena sarai lontana ti

dimenticherai di me, del Quisisana, di queste scogliere azzurre… della

luna caprese…

CELINE No, proprio della luna caprese non mi dimenticherò mai, n’oublieré

jamais. Pour toute ma vie. Quando sarò a Brest ti scriverò ogni settimana.

Almeno una cartolina, se non proprio una lettera perché mi ritengo pigra.

Te lo prometto (lo sfiora con una carezza). E comunque vorrei che

conservaste questa mia poesia (porge a Glaukos un foglio), per ricordo…

siete tutti poeti in questa terra.

GLAUKOS Perché non ce la leggi tu?

CELINE Volentieri! (le luci si abbassano):

Canterò di questa città

volti biechi e torrenti di noia

aspre albe che scricchiolano

sui cardini del giorno

arrugginito, prima di sera.

E con nubi d’inchiostro

invaderò i cieli

offuscherò il sole:

quella chiara atmosfera di disinteresse

e di mesta tracotanza

compagna delle nostre giornate

opache e tenebrose.

GLAUKOS Dammela, l’attaccherò nella mia camera, proprio sulla mia

scrivania. (Céline gli porge il foglio) Non so se riuscirò a stare senza

di te. Sempre, in questi giorni, andando a letto la sera, ho pensato: ho

vissuto una giornata utile. E mi sono sempre chiesto perché le giornate

non durano la metà? Mi ero abituato alla tua presenza…

CELINE Alla mia fragilità, vorrai dire. Ti sentivi appagato di soccorrermi

ogni volta che mi vedevi depressa o stanca o addirittura ubriaca.

GLAUKOS Oh, niente affatto Céline, non mi ritengo un soldato dell’esercito

della salvezza. Mi dispiace della valutazione che mi rende un po’ meschino

ai tuoi occhi, ma ti assicuro che mai come adesso ho sentito l’esigenza di

una corrispondenza così piena, indispensabile, appagante oserei dire, ma

adesso non ho più il coraggio di confessarti cose che non ho saputo dirti

e svelarti passioni che mi sono rimaste attaccate addosso.

Entra Don Teotimo

GESTORE Meno male che siete tornato, don Teotimo, in tempo per benedire

un’amicizia che forse sfocerà in qualcosa di più serio. (a Glaukos) Se

avessi vent’anni come te, farei già le valige e prenderei il primo treno

per Parigi. Che ci fai più qui. Non sappiamo neppure se il Quisisana potrà

continuare la sua attività…

DON TEOTIMO Per un amore che finisce ce n’è uno pronto a nascere. La

natura è sempre equilibrata. Comunque mi dispiace interrompere questo

momento di gioia, ma sono tornato per annunciarvi le preoccupazioni delle

autorità per l’imminente eruzione. Si ritiene che sarebbe prudente

evacuare al più presto tutta la zona interessata dalle eventuali colate…

anche se qui siamo lontano, ma non si può mai sapere… poi fate come

volete. Infine, con rammarico, con rammarico perché si tratta comunque di

un mio parrocchiano, vi porto la notizia della morte di Arbace.

GESTORE e GALUKOS Morto?!

DON TEOTIMO Il suo cadavere è stato rinvenuto un’ora fa tra gli scogli. Mi

avevano chiamato appunto per una benedizione.

GESTORE Una benedizione non si nega a nessuno. E cos’è stato? Un malore

improvviso…

DON TEOTIMO Deve essere morto, secondo il medico legale, da due giorni…

GLAUKOS (guardando Céline) E che si dice? Sulle cause. Sarà scivolato

mentre andava…

DON TEOTIMO Non ne so molto, del resto le indagini sono state appena

avviate. Ma pare che sia stato spinto giù dal precipizio da qualcuno.

GLAUKOS Già, un regolamento di conti. Un torto arrecato alla mafia

albanese: può essere. O qualcuno dei clandestini che ha fatto sbarcare nel

golfo, indignato per un trattamento criminale o per le maleazioni subite…

ha deciso di vendicarsi e fargliela pagare. Nella sua posizione se lo

doveva anche aspettare. Non oggi, domani sarebbe successo. A un cane...

DON TEOTIMO Un po’ di rispetto, comunque! Non ci resta che pregare per la

sua anima dannata e per quell’infelice che lo ha perduto.

CELINE Padre, è così sicuro che si tratti di un infelice?

Tutti guardano Céline con apprensione mentre il console rientra brandendo

un rasoio in una mano e agitando nell’altra una vaschetta col sapone da

barba.

DON TEOTIMO L’omicidio non può mai sostituire la giustizia e l’appagamento

che ci dona la vendetta non è quello, mai quello del giusto premiato da

Dio.

CONSOLE Cos’è, sono arrivato tardi per l’ultima rivelazione? Ho bisogno di

radermi, di pulire questa faccia sozza e mascherona. Devo presentarmi in

forma.

EMPEDOCLE Ti rado io, allora, mettiti seduto, non puoi così, in questo

stato.

Il console si siede ad una poltrona. Empedocle gli appoggia addosso un

asciugamano e inizia a insaponargli il viso.

CONSOLE Vedi quel povero acero, esile, là in giardino, sorretto da quelle

stampelle di cedro?

EMPEDOCLE (allontanando il rasoio) No, per tua fortuna. Ti avrei già

tagliato adesso.

CONSOLE Uno di questi giorni, appena il vento si metterà a soffiare da

un’altra direzione, crollerà.

EMPEDOCLE Vuoi rassicurarmi che questo è il tuo destino?

CONSOLE No, voglio semplicemente darti una lezione di vita.

SECONDO FRATELLO Credo, console, che abbia finito di dare lezioni a

chicchessia.

PRIMO FRATELLO Sta venendo il commissario, al quale abbiamo denunciato il

suo comportamento irriguardoso. Finalmente mettiamo fine al capitolo

indecente di questa vergogna. Chiuderà con lui i conti che ha in sospeso

con noi.

CONSOLE Rabbrividisco al solo pensiero.

SECONDO FRATELLO Vedremo se il commissario sarà capace di farle perdere

questa albagia, questo odio inveterato per i ricchi, tutta questa sua

supponenza.

CONSOLE Aspettate, non andate ancora via. E lei, Don Teotimo, ascolti

anche lei, questa parabola. Sapete… mi sono spesso domandato se non ci sia

in quell’antica leggenda dell’Eden più di quanto non sembri. E se Adamo

non fosse stato cacciato affatto dal Paradiso Terrestre? Nel senso, voglio

dire, in cui siamo soliti intenderla, questa antica leggenda…

DON TEOTIMO Ma che dice? Adesso rischia di diventare blasfemo.

CONSOLE (ignorando il rimprovero) E se il suo castigo fosse consistito in

realtà nel dover continuare a viverci da solo, naturalmente… soffrendo,

non visto, escluso dalla tutela del Signore… O forse, forse Adamo fu il

primo proprietario terriero e Dio, primo sostenitore della ridistribuzione

delle terre, una specie di Pancho Villa o Emiliano Zapata, o anche Lenin

lo espropriò a calci. Eh? (si alza e si asciuga il viso, mentre Empedocle

raccatta la videocamera e sparisce)

I DUE FRATELLI Ha raschiato il fondo, è vergognoso!

CONSOLE Che dice, padre, dato che la realtà salta agli occhi di tutti

ormai, non lo crede anche lei, padre?… Che il peccato originale era di

aver avuto una proprietà terrena? (si leva dalla sedia e si avvicina

all’uscita)

DON TEOTIMO Dio abbia pietà di lei, anche.

Rientrano i suonatori di tammorre per un’altra breve parentesi musicale.

DEMETRA (avvicinandosi al console) Certo devi aver pensato molto a noi

due…

CONSOLE Sì, più di quanto tu non creda.

DEMETRA …a quanto abbiamo costruito insieme, alla leggerezza con cui

abbiamo demolito la struttura della bellezza.

CONSOLE E’ stato questo che ti ha ossessionata notte e giorno?

DEMETRA Se mi volgo al passato vedo te e me in cento luoghi diversi, con

cento sorrisi diversi sul volto e cento espressioni diverse di

soddisfazione.

CONSOLE (sprezzante) Condivido i tuoi progressi e mi complimento con te.

DEMETRA …Sbocco in una strada ed ecco che tu ci sei. La sera scivolo sotto

le coltri e tu sei lì che mi aspetti. Che altro c’è nella vita oltre alla

persona che più si adora e alla vita che con questa persona si può

costruire? Per la prima volta comprendo il senso del suicidio...

DON TEOTIMO (allarmato, a Demetra) Pure lei, signora! Ma finiamola una

buona volta di bestemmiare. Sono veramente indignato.

DEMETRA Dio mio, come il mondo è vuoto e privo di significato! Giorni

fatti di momenti mediocri e tarlati si succedono l’uno all’altro, notti

agitate e ossessive si seguono in tetra monotonia: il sole splende senza

fulgore e la luna si leva senza luce, pallida, diafana. Il mio cuore ha un

gusto di cenere e la gola mi si stringe, stanca di piangere. Che cos’è

un’anima perduta?

CONSOLE Che cos’è un’anima perduta?!…

DEMETRA È quella che uscita dalla vita brancola nelle buie strade dei

ricordi. (a Laerzio) Tu cammini sull’orlo di un abisso dove non mi è dato

seguirti. Io mi desto ad una tenebra in cui devo seguire me stesa

eternamente, odiando l’io che senza fine così mi perseguita e mi affronta.

Se potessimo sollevarci dalla nostra miseria, cercarci ancora una volta

l’un l’altra, e trovare nuovamente la consolazione delle labbra, degli

occhi e delle mani dell’altro…Chi si frapporrà fra noi, chi può opporsi?

CONSOLE Il tempo, Demetra, il tempo. Quella bestia famelica e onnivora che

ha già fagocitato le nostre anime e adesso si appresta a divorare nostri

corpi. Quello scorpione nero e peloso che ci si avvicina sempre più

minaccioso sbattendo le chele per catturare la nostra attenzione col loro

orrido suono e agita l’aculeo prima di tenderlo e iniettarci il veleno

della vita. Già, un rituale scontato per una conclusione imprevedibile.

Demetra, la nostra morte è la vita (esce).

FINE